(jlORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA fondato da ACHILLE NERI e UBALDO MAZZINI * * Pubblicazione trimestrale NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini ANNO V. Fascìcolo I - II 1929 Gennaio - Giugno SOMMARIO Vito Vitale, Genovesi colonizzatori in Sicilia nel Secolo XIII - Ubaldo For-mentini, Note sui Buonaparte e sulla basilica di S. Andrea di Sarzana -Emilio Pandiani, Un cronista genovese del Rinascimento (Bartolomeo Senarega) - Ferruccio Sassi, Rapporti fra i Mazzini e i Solari - Mario Battistini, Lettere inedite di G. Garibaldi - M. Vicino Paganoni, Statuta Saone del 1404-1405 - RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Annali Genovesi di Caîfaroe dei suoi continuatori dal MCCLXXX al MCCLXXXXIII (Vito Vitale) - Pier Francesco Casareto, La Moneta Genovese in confronto con le altre valute mediterranee nei secoli XII e XIII (Vito Vitale) - Alfredo Schiaffino, Il Mercante genovese nel Medio Evo e il suo linguaggio (Ubaldo Formentini) - Antonio Canepa, Vicende del Castello di San Remo dal 1297 al 1359 e Vicende del Castello di San Remo dal 1359 al 1361 (Vito Vitale)^ - C. Bornate, La nomina di B. Senarega a cronista ufficiale d. Repubblica di Genova (Emilio Pandiani) - Noberasco Filippo, Un compagno di Magellano Leon Pancaldo, Savonese (Emilio Pandiani) - Manfroni Camillo, Genova in collezione delle storie municipali d’Italia (Emilio Pandiani) - Jean Borei, Gênes sous Napoléon I.er 1805-1814 avec quatre illustration en hors-texte, entroduction de G. Pessagno (x. y.) — SPIGOLATURE E NOTIZIE - Appunti di bibliografia Savonese (1927-1928) - Appunti per una bibliografia mazziniana. Genova Stab. Tip. G. B. MARSANO SOCIETÀ ANONIMA EDITRICE IQ2Q Giornale storico e letterario della Liguria NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini. COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale. L’annata 1928 esce sotto gli auspici del Municipio e della R. Università di Genova, e del Municipio e della Società d’incoraggiamento della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Il Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali di circa 80 pagine ciascuno. Ogni fascicolo contiene scritti originali, recensioni, spigolature, notizie e appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per l’Italia Lire 30; per P Estero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. GENOVESI COLONIZZATORI IN SICILIA NBL SECOLO XIII Trovo negli atti di un ,notaio de.l 1200 un contratto inconsueto. Convenzioni mercantili, ac comenda zio ni, società per commerciare nei più diversi paesi, atti di noleggio .dii navi sono innumerevoli; frequenti anche, corn’ è naturale, atti di «compra-vendita di terre le contratti agrari delle ipiù 'vantile forme ma un vero contratto di colonizzazione non ina era accaduto dii trovare. Navigatori, mercanti, viaggiatori genovesi sd trovano iin tutte le parti «del mondo medioevale entro i confini del Mediterraneo e fuori, dalle iFiandre e diali’ Inghilterra all’ India. (Ma colonizzatori no. Eppure questa seconda lajttiviità, conseguenza deli’ altra, non deve essere manciata nei luoghi dove ii mercanti erano arrivati .trasfoiman dosi in possessori di (terre e (Sfruttando 1’ attiva operosità dei co r regio naM. Il documento riguarda -la .Sicilia, anzi quella parte dell’ isola colla quale -Genova ha avuto i più caratteristici se non i più frequenti rapporti. Per tutto dii sec. XIII, così negli atti notarili di Giovanni Scriba, edJiti nel secondo volume Chartarum dei Monumenta Historiae Patriae, come lin queliti ancora in gran parte inediti di Lanfranco, di Guglielmo Cassiinese, di Guglielmo da Sori, le città siciliane costantemente ricordate sono PaJlerano e iM'essii'ma, e, meno frequentemente, Trapana, alle quali bisogna pensare anche nei moltissimi casi in cui chi riceveva merci o somme di denaro da impiegare s’impegnava con la formula generica di portarle « in. Siciliam » o « per riiperLam (Sicilie ». E si comprende, non solo .perchè quelli erano i porti che p nini a sii presentavano, a seconda. delila direzione del viaggio, a chi veniva da Geinova, ma anche perchè in altri porta,( come quello -di iSiracusa, si erano caldamente insediati i Pie ami. E s1 intende come tra le amplissime concessioni con le quali iFedenico iBanbarossa prometteva di compensare 1’ aiuto genovese alia progettata conquista della (Sicilia ci fosse il possesso di Siracusa, posizione d’ importanza capitale perchè sbocco di una ricca plaga di prodotti agricoli, ed anche, e più, per quella via del ,Levante che acquistala per .i traffici genovesi ogni giorno maggior valore (1). Ma a cagione delie vicende politiche successive la promessa rimase inadempiuta e la situazione immutata; così che anche negli atti della fine del - * (1) Y. lo studio Le relazioni commerciali di Genova col regno Normanno-Svevo. L' età Normanna, in questo Giornale, 1927, fa*c. I, e da bdlbdiiogr&fìa ivi indicata. 2 secolo si può dire che .i!l nome di Siracusa non compare nei notula ri genovesi. L;a situazione si muta ai piincLpio del secolo XIII, quando Genova alle vecchie aspirazioni (aggiunge il desiderio di vendicare il recente affronto di Enrico VI, -che, dopo aver confermato le concessioni paterne ed .esse 1*611 impadronito dell’isola con l’aiuto dei Genovesi, feroce e beffardo, ha tolto loro il possesso di -Siracusa occupata nel 1194 e li ha anzi allontanati dal regno (1). Dopo la morte di Enrico VI, approntando delle gravi «discordie sorte tra i vari reggenti, Genova riconquista l’antica influenza e^riprende la consueta attività dei traffici; riesce anzi a ottenere nel dicembre 1200 dall cancelliere Gualtiero .d;i Palearia un nuovo diploma, nel quale si confermano ed estendono le antiche concessioni, specialmente per il’-esportazione esente da dazi del grano e di ogni vettovaglia, e si (aggiunge pro negotiatoribus Ianue et disit rictus Ianue » una casa a Miessiina, «urna a Trapani, una a Siracusa (2). iMa nè il diretto dominio promesso dai .diplomi anteriori nè la nuova concessione di case 'di fondachi ad uso commerciale sono possibili finché ii 'Pisam rimangono padroni della città di Siracusa ove sì sono insediati, cacciandone anche il vescovo e molta nobili cittadini e facendone il covo della guerra di corsa contro Genovesi e le lor navi traversanti lo stretto (3). Ma appunto un episodio della guerra di corsa capovolge la «situazione. Alemanno da Costa, una di quelle complesse figure di marinai mercanti insieme e corsari allora così frequenti, hen pratico dei mari siciliani dove era già stato a mercanteggiare (4), nel 1204 assalta presso Candia una grossa nave pisana facendo un gran numero di prigionieri, incontra una poderosa flotta .genovese, le si unisce e fa vela per Malta di cui è conte Enrico Pescatore appartenente alla cospicua stirpe genovese dei Da Castello (5). 'Le forze così unite compaiono dinanzi a Siracusa, si impadroniscono di altre due navi pisane, pongono 1 assedio (1) Liber Iurium Eeip. Gen. in Monumenta esc., vol. I, p. 369; Annali Genovesi (Fonti dell’istituto Storico Italiano), τοί. II, pag. 50. Cfr. Le relazioni commerciali, p 27 seg. (2) Lib. Tur.; I, 462; Huillabd-Bseholles, Eistoriu diplomatica Friderici secundi, I. 64 seg. . (3) Nello stesso anno in cui il cancelliere fa quelle concessioni, negli atti genovesi non si accenna a possibilità di scalo im Siracusa posseduta dai Pisani nemici del cancelliere perchè alleati ai Tedeschi suoi avversari. Il 23 marzo Guglielmo StraUeira rioeve tanto danaro -per cui renderà 50 once « tana eunte galea ita. qua vada it comi· tus Ugus ferarius aut maiori parte rerum et infra dies XV quam fuerimus in Bici ìa ubi portum faciamus vel Messine, aut Panormi, aut Tretpene vel Marzarii aut ubi volueramus et .tibi placuerit». Archivio di Stato di Genova, Not. Guglielmo da Bori, Notari ignoti, Ms, 102, c. 133 v°. crwn*· (4) Not. Lanfranco, vol. II, c. 26; 5 maggio 1193: riceve 38 lire gen. da Sibili* Maloccello da portar a negoziare in Sicilia. (5) O. Desimoni, I quartieri dei Genovesi in Costantinopoli, in « Giornale ligustico », 1876, p. 222 seg. Genovesi colonizzatori in Sicilia nel sec. XIII 3 alla 'Città che dopo una settimana s»i .amende e allora i capi detta flotta, i-adunati a consiglio i nobili che sono fiutile navi, proclamano conte di Siracusa (Alamanno da Costa investendolo del feudo a nome di Genova (1). Respinti, negli anni successivi, ripetuti tentativi pisani per r.i-pi elidere da citta, cui 'Genovesi rimane il predominio nell’ isola. Possessori di iSiiracusa, dove Alamanno si proclama nel 1211 « per grazia di Dio, ded re ie del (Comune di Genova iconte dii iSiracuisa e fedele del re », con una numerosa codonia a Messina, appoggiati a Malta e sonetti dal suo conte, che a lor volta sostengono nedile aspre guerre con Venezia, essi si (Sono assicurata una posizione marittima di eccezi onale importanza a cavaliere delle 'linee di comunicazione fra il bacino occidentale e l’orientale del Mediterraneo (2). .Non importa che durante le guerre con Venezia Alamanno sia fatto prigioniero nel 1217 per essere poi liberato Γ anno successivo, e che Federico II, riconfermati i privilegi nel suo passaggio da Genova, li annullili appena stabilito saldamente sul trono imperiale e, proseguendo nell intento di ristabilire Γautorità regia tanto compromessa nella sua giovinezza e di ritogliere .agili elementi estranei la situazione dii monopolio goduta, cacci il Costa da (Siracusa ned 1221 (3) : ormai notevoli correnti di .traffici si sono stabilite «anche con quella parte del-risola. Si spiega perciò che da questo momento si trovino anche atti privati, sebbene non numerosi, che si riferiscono a commerci in Siracusa o anche di Siracusani dimoranti o commercianti a Genova. Il 24 settembre 1210 un Croso di Tortona riceve in accomendazione da Guarnerio giudice 176 diire di gen ovini da portare in Sicilia « et habeo potestatem portandi de predictis re«bus gracia mercandi de Messina ad iPalermum et ad ISaragosam et ad Cataniam » (4). Un gruppo di documenti riguarda il settembre 1213 : è probabile che allora partisse una nave o un gruppo di navi : id 7 settembre Badario da Voltni e Ottone Caperio pure di Voltri ricevono -da iNicola de Ando 20 lire da portare in Sicilia; renderanno in proporzione un’oncia per quarantun soldi entro un mese se approderanno a Messina o a Siracusa, entro due mesi se a Trapani o 'Palermo (5): poiché da jaltri atti contemporanei risulta che quel Nicola possedeva un mulino e commerciava in grano, si può supporre che anche qui si tratti di commercio granario del quale Siracusa appare in documenti posteriori centro importante. Oberto Bancherio e suo figlio Amico daranno invece due once per 4 lire genovesi entro 25 (1) Amali II, 91-92; C. Imperiale. Genova e le sue relazioni con Federico II, Ve-nezdia*, 1923, p. 10-11 ; A. Schaitbe, Storia del commercio dei ]>opoVi latini del Mediterraneo sino alla fine delle Crociate, Biblioteca dell'Economista, vol. XI, Torino; 1915, p. 579 seg. (2) Schaube, 581. (3) L. lur. I, p. 561, 614; Annali, II, 170 sgg. ; 192 sgig\ (4) iNot. Giov. di Amandolesio, I, c. 117 V° Cfr. Ferretto, Documenti di Novi e Valle Scrivi a {Biblioteca della· Soc. Stor. Subalpina, voi. LI) I, 185, n. COXXXVII. (5) Not. Lamifranco, vol. Ili, c. 189. 4 Vito Vitale giorni dai!’.arrivo a Siracusa; mentre una «Dolce figlia di Fabiano di Rapallo darà tre onice per 6 lire — ili cambio è lo stesso entro 12 giorni dall’arrivo in Sicilia della nave « S. Giovanni », la quale se approderà a Messina prima di andare a Siracusa non dovrà trattenersi più di otto giorni (1). Si trova anche una schiava che ha nome Siracusia, venduta da Guglielmo Gaforio a -Guglielmo Da Castello (2), ma non ci sono eie-nienti per determinare se d'I nome abbia qualche rapporto con la sua origine. Far qual titolo Pietro Bonobasso ripetesse da Guglielmo de Costa un oredito « in tarinis ducentis quadraginta boni auri ad rectum pondus Siracusie » nom dice il documento, ma certo si tratta di qualche residuo o effetto di contrattazione colà avvenuta (3). iNegld anni della tensione dei .'rapporti con (Federico II, che culmina con l’aperta rottura nel 1239 e con la lega di Genova col Papa Gregorio IX e Venezia, anche le relazioni commerciali si allentano senza interrompersi del tutto perchè è notorio che l’imperatore desiderava si lasciasse libertà d’azione a quei mercanti che o andavano o erano nel Regno senza intendimenti ostili, occupandosi soltanto dei paopri affari (4). Doveva lessargli però sospetto ogni rapporto con Siracusa: dacché il trattato tra Genova e il Pontefice assicurava alla Repubblica, dopo la vittoria, il possesso della città agognata <5). Ed è perciò caratteristico che proprio di questo tempo siano i primi documenti dei Siracusani in Genova .in cui mi sia imbattuto, dei quali però i contraenti non sono genovesi. L’ uno è un atto di procura TÜasdiiato .con insolita solennità di forme da un Giovanni Negro : « qui solitus eram habitare Messane et iSiracussie » :in favore della moglie (6); «gli altri due si riferiscono alla stessa (persona, Ottobono Adami « burgensis Siracuse », ài quale riceve Via un Decehile Corbo di 'Gaeta 3 lire genovesi per cui renderà a Napoli un’oncia di tari 15 giorni dopo l’arrivo colà della nave sua e di Oddone di S. Matteo chiamata S. Giovanni capo d’oro e si impegna con alcuni vercellesi di portarli verso interessanti condizioni a Palermo con la nave *nedesima (7). Negli ultimi anni di Federico li i rapporti con la SioiMa cessano quasi interamente per riprendere con maggiore intensità èubito dopo la (1) Not. Lanfranco, IV, c. 123 e 100 v°. (2) Not. Pietro Ruffo, c. 108. (3) Ferretto, Liber Magistri Salmonis, Atti Soc. Lig. St. Patr., vol. XXXVI, 1906, p. 316, n. OCXL; 10 marzo 1224. (4) Schaube, 590. (5) Lib. lur., I, 381. (6) Not. Palodino de Sexto, vol. I, par. I, c. 8; aprile 1236. Doc. I. (7) Not. Bonvassallo de Cassino, c. 115; 7 ottobre 1239, e c. 116, 14 ottobre, Doo. II. Genovesi colonizzatori in Sicilia nel sec. XIII 5 'Sua morte: e in mezzo agli infìntiti atti relativ.i a Messina e Palermo, e più genericamente e più spesso alila Sicilia, si trovano con certa frequenza anche accenni siracusani e a Siracusa dove, abbandonata ormai 1 aspirazione al diretto dominio, la repubblica otteneva, come in molte altre città, da Mianfiredii un terreno « pro logiis faciendis >* (1). Un genovese abitante a Siracusa riscuote a /Genova il fìtto dii terre che gli appartengono (2); un Lorenzo de Aurohello di Siracusa e suo figlio Giuliano uniti in società con mercanti di Tropea e di Salerno hanno portato a Genova da Cagliarli un carico di grano e di formaggio, e sono stati assaliti in viaggio da uomini di Varazze : ne deriva, una serie di questioni fra i soci con vendite, cessioni dii difritti e intervento di arbitri (3). Altri vende i più vari oggetti: una cassa, una tunica, alcune •spade (4) o dichiara ricevuta di somme destinate ad acquistare merci, •lana, pece ed altro, ad Agrigento o dove potrà, per condurle a Genova (5); e non manca accanto alile solite forine di prestiti o di somme da impiegare (6) un interessante atto testamentario che dà Γ idea dell’ attività mercantile di un siracusano stabilito 170 v<\ 6 ottobre 1252. (3) Not. Guido di S. Ambrogio (veramente Guglielmo di Pegflfi.) I, c. 2, 3, 6 vo, 30: 8, 9, 13 Gemi, e 14 Febbr. 1253. (4) Donartene de Oliva de Siracusia a Nicola Melgiroeio. Not. Gio. Vegio, par. U, c. 79 vo; 24 Febb. 1255. (5) Domenico Pietri di Siracusa riceve 60 lire di tornesi da Veaaeario Spaerio. Not. Palodimo de Sexto, I, par. LI, c. 181; 10 Febbraio 1255. i6) Not. Giberto da Nervi, III, c. 222 vo e 224 (1266). (7) Not. Guido .dii S. Ardbrogrio, J, <*. 49 ivo, doo. IY. <8) Not. Giberto da (Nervi, ΠΙ, 172, 222 vo; Ferretto, Codice Diplomai, delle relazioni fra la Liguria e la Toscana, Atti Soc. Lig. XXXI, par. I, pag. 66. (9) Not. Bartolomeo de Fornari, V, par. Π. o. 10; 12 gennaio 1263. 6 Vito Vitale Tartaro di andare con lui in Sicilia e di fermarsi ad abitare nel casale detto Casiibil, nel territorio di iSiracusa, nelle Iter-re di Antonio Tartaro e di non aAlontanarseno impegnandosi a lavorare e bonificare le terre e a dare ogni anno al padrone i fruttò secondo l’uso degli altri lavoratori del luogo. In compenso Opicino si impegna di trasportarli con le loro famiglie le con quanti vogliano accompagnagli, senza aiisuna spesa, sulla nave chiamata et Supeta », fornendo loro l’acqua — del cibo non si parla ma forse è sotti inteso — e, all’ arrivo, .a ciascuna famiglia la casa e tarata terra quanta sarà sufficiente. Nel primo anno avranno gratuitamente i viiveri e ia prestito gli strumenti da lavoro necessari per tutto l'anno. Se trascorso Tanno non crederanno dii rimanere potranno tornare a Genova, purché non si trattengano in altre parti dii iSicilia (1). E’, come si vede, un -contratto sul tipo di quelilii -che si fanno ancora, ina lascia supporre, poiché quell’ Antonio Tartairo possedeva già delle terre, un esperimento su larga scala. Anche se non ne siano ritmaste più vii si bili tracce, è supponibili e che, stanziatisi i Genovesi in Siracusa dopo la conquista di Alamanno, alcuni mercanti abbiano acquistato teirre da bonificare e coltivare specialmente a girano, mentre altri delie stesse case — i Tartaro dovevano essere tra questui — vendevano a Genova i prodotti forniti dai parenti stabilirti neH’iisola. I qnaJi, conoscendo le vnrtù di operosità e di tenacia dei lavoratori! liguai, procuravano di attirarli con una forma di contratto che doveva apparire abbastanza favorevole, rappl'esentando una forma di possesso per quanto .limitato, ma che l’espressione indeterminata del dover rendere al proprietario « secundum quod alii habitatores in ipso casaili sibi reddunt » non permette di giudicare nel suo pieno valore. •Comunque, questo tentativo di cotionizzaakme, mi è parso non indegno di memoria in un momento nel quelle molto si parla di colonizzazione e di bonifica integrale. Vito Vitale DOCUMENTI I. Aprile 1236 Giovanni Negro abitante di Messina e Siracusa rilascia procura alla moglie Druda. In marnine domini amen. Janue sub porticu domus 'Raimondi de venitimiilio Judicis. Anno dominice nativitatis Millesimo iGC° XXXVI0 Indictione VIT (1). Notum sit omnibus prementibus et futuris per hoc publicum instirumentum quod ego Johannes ìNiiger qui solitus eraan esse habitator Messane et Siraoussie consti tuo facio et ordino dominam Dru- :(1) Not. Jamuino de Predono. I, par. II, c. 59; 21 agosto 1253; w. doc. Itti. Genovesi colonizzatori in Sicilia nel sec. XIII 7 dam uxorem meam absentem meum certum nuwcium et procuratorem et loco mei ad omnia 'negotia miea (gierenda et. ajd vendenda bona, mea et possessiones quas habeo in iSiracusia sive insimul habebamus sive ad ‘dictas possessiones locandas* et demum ia>d omnia hacienda que ego per me sive linsimud eum ea facere posscm isive vellem promittens me ratum ei. (firmum habere quidquid dicta Druda in predictis et circa p redacta fecenit tam iin predictis distra endis quam eciam in predictis vel aliis recipiendis sive locandis. Sub pena dupli de quanio dicta Druda vendiderit vel promissent occasione dictarum rerum et proinde omnia bona mea habita et habenda eit supra dictis omnibus observandis pignori obligo. €ui vendricioni seu vendici onibus sii p redicta Druda fecerit volo et esit de mea voluntate quod ibaiulus ini penatoris et duddces curie suam auctoritatem anteponant et prestare debeant. Quod instrumentum feci et composui ego Palodinus de Sexto notamus de mandarto dicti Johann is in presemela subscnip torum testium, videlicet (Raimondi iudicis et r uberti de reguardo. Arch. dd iStato, Oeno va. Not. iPalodino de iSexto, vol. I, parte I, c. 8. (1) Spazio ibiainico al posto del g-iormo ohe, icoane appare dagili atti precedenti e eegiuenl4 è tra di 4 e ili 7 aprile. II. 14 Ottobre 1239 'Contratto di trasporto per nave tira Ottobomo de Adamo di Siracusa e iPietro Brine e Guglielmo di VeroefllM. Ego Ottobonus (de Adamo iburgensis Syracuse promitto et convenio vobis (Petro 'Brine et Willielmo de Veroeililiis pro vobis et sociiis vestris portare vos et alios socios vestros quos vodiuerit-is oum rebus vestris et eorum in barella mea que dicitur sanctus Johannes capitis >auri bona fide siine fraude ad Palermum -et non intrare afliiquod aliud portum quousqrue P-alLermium vos duxero ni,sii iforte impedimento temporis et si prò tempore ad aliiquod docum ivero cum dieta barcha quani cicius potero inde libo versus iPalermum et ibi moram non faciam et si forte ibi vos tenerem contra vestram voluntatem debeo vobis dare viandam quousque tibi steteritis, nisi forte temporis impedimento fuerit. Et promitto vobis dare aquam duilcom ad bibendum et viandam ad coquendum quousque fueritis iPaJermum. Alioquin si de predictis omniibue omnia bona etc. Et hec vobis facere promitto et. facere idebeo pro solidis quatuor ot pro quolibet quos omnes Confìteor a vobis et omnibus sociis vestos accepisse. iRenunciane etc. et possitis etc. Actum Janue sub vodtu qui funt furnariorum. Testes Obentus Alamannus et 'Rainerius Gaçus castellanus de Vercellis. Die quarta-decima «ootubris inter tereiam et nomam. A. S. G. INot. Bonvassallo de Gassino, c. 116. III. 21 Agosto 1253 (Contratto tra Giovanni e Giacomino Perei vai di Albi ssala e Opicino Tartaro per andar a bonificare e coltivare terre di Antonio Tartaro a 'Siracusa. In nomine -domini amen. Nos Johannes iPercdval de Albi gola et Ja-cobinus Pere iva! fratres promiitinrus tiibi Opecino Tartaro venire tecum ari iSicilia et stare et habitare in (Sicilia in casali qui appellatur Casdbil 8 Vito Vitale in territorio Saraguxiie ad marinam que est domini Aratomi Tartaro et -non dimittere habitaculum ipsius casaJiis ailiquo modo pro alio habitaculo et 'laborare et 'bonificare terras quas nobis consignare feceris et reddere omni aeno dicto domino terre secundum quod alii habitatores in ipso casali sibi reddunt. Versa vice ego diotuis Opicinus pro-mitito vobis portaire vos et portari tacere cum famuli na vestra et omnes alios qui ventre voluerint ad vestrum condicionem an nave que dicitur Supeta siine aliquo naulo sive precio 'et dare vobis «t omnibus predictis aquam de dicta nave. Et, quando apptlicuerimus Siciliam factiam dare vobis et omnibus qui venerint ad vestrum condicionem in drcto casale domum et tantam terram quanta vobis et cuilibet vestrum erat sufficiens et lin primo a-n,no faciam dare vobis et vestre familie eMmmbus auiid venerint ad vestrum condiicioneim victualia valut laborantibus terram domini et faciam vobis et cuilibet vestrum prestare ^ves cum eorum amexio per totum dictum primum annum. Eo acto inter me et vos quod ai infra 'ainraum non placeret vobis stalium possetis' vemre Januam et non habitare i;n tota Si-oidiia. iPredictia omnia promisei unt ad immeem inter se -aictendere compile re et observare et in mullo contravenire sub penia il'ib ra.ru m decem Jan. limiter G. INot. Januino de Pire dom o, vol. I, par. II, c. 59. IV. 21 Aprile 1254 Testamento dd Michele di 'Siracusa abitante a Genova. Ego Michael -de Saragusa icail-afatus habitator Janue prope sanctum (Naçarium licet eger corpore sana· tamen irniente et in mea bona memoria consistens Dei timens dndicium, ultime voluntatis mee contempla-cione rerum mearum talem facio disposicionem. Primitus eligo sepulturam meam -apud ecclesiam sancti.... (1) pro exequiis et serviicio fundis mei iddmwtto dicte «ecclesie soü. XX. pro anima mea dego sol. X pauperibus eit (locis piiis in distributione Johanne uxoris mee. lego ddete uxori mee «barream meam a portu et iliectmm meum furnitum et massaricia mea et utensilia -et vestes suas quilbus ipsa utitur in dorso et a. dorso. Item confiteor quod habui in ac comen datione a iBergolo macellari o iib. VII isol. XIII Jah. iimplicatas inpeUlbibus de qua accomendaiiiome est carta scripta mami Willieilmi de Peilfio notario de quJibus pellibus ven-diitis in maritima processerunt 'lih. XX sol. VI piisan. quas implicavi m grano conducto in ligno sine maulo quod inde solvi debet, et quod arbitror fore den. XXII usque in. portu J anuie pro qualnbet mina salvo quod de modiis XII grani emptis in maritima e all’architettura caroliingiia dielll’iEst; generalizzato in Itailia dai maestri lombardi, specie nelile tonni campanarie, mantenutosi, ma con forme variate, nell’architettura .romanica; giudicherei la nostra finestra del tipo arcaico, giacché la colonnina centrale è posta qui, veramente, a sistema d’ un carico equilibrato. Ed a questa stima d’antichità mi persuadono altri dati, come la testa umana nell’imposta degli archetti, motivo ripetuto nei più vetusti monumenti lundgianesi (nello stesso ufficilo d’imposta nella chiesa di S. Giovanni della Palma-ria) (2), oltre gli elementi coetanei già notati nel fianco destro della chiesa; nonché i materiali di spoglio che questa presenta: cioè forse un avanzo di colonna, iromana '(con base romanica e capitello recente) posta a sorreggere ii pulpito, e sicuramente una antefissa marmorea scolpita a foglie d’acanto che ho ritrovato in sito corrispondente al frontone della facciata primitiva; lavoro .romano del I ο II secondo d. C. di cui ho poi iriveduto l’eguale nella sala lunense del Museo Archeologico di Firenze (3). La seconda fase della chiesa corrisponde, secondo ogni probabilità, ai periodo della fervida attività artistica dei -Sarzanesi, dalla fine del Dugento all’età di .Niccolò V, nel quale sorsero S. Francesco e il Duomo. Credo anzi che le opere di S. Andrea siano state lungamente protratte entro questo lasso. Il nuovo ordine dii lavori dovette iniziarsi con un programma di ricostruzione totale dell’edifìcio, accusato, nel lato destro, da un cospicuo tratto di muro parato a -grandi bozze d’aaemaria (poggiati sopra una triplice fila idi piccoli conci dì calcare, rappresentanti, in questo lato, il basamento, superstite della chiesa preiromanica); nel muro s’apre una poirta con architrave scolpito, so/rmontato da un arco di scarico rotondo, in marmo, a cornice 'dentellata; sopra è disposta una fila di finestre arcuate, d’ampia luce, con tracce superstiti, in una,'d'or-namentaziione gotica. iL’opejva non fu terminata col medesimo apparec- (1) Atto genn. 950 : Cod. Pel. 441. Non credo si riferisca a questa chiesa, come ha supposto il Mazziini, (La notizia d’un a chiesa di IS. Martino data dalla lapide di Fil altiera del sec. Vili; cfr. il mio otpuecolo : I Longobardi sul monte Bardone, Parma, Tip. Bodoniana, 1929. (2) Gfr. 'Conti, Chiese medioevali a 2 navate in Lunigiana, in Memorie della Accademia Lunigianese di Scienze G. Capellini, VIDI, pp. 7-22. (3) Segnato nell'inventario come proveniente da Lnni (raccolta RemecLi). Note sui Buonaparte e sulla basilica di S. Andrea di Sarzana 15 chio. (Dopo una sosta ipiù o meno lunga, la trasformazione fu condotta a termine con 1’,in inalzare semplicemente sui vecchi nuovi muri; nei lato destro, dove non è traccia di pagamento d’arenaria, un ordine di finestre .arcuate corrisponde perfettamente con quello già descritto del lato sinistro. Il sollevamento dei muri laterailii, condotti all’altezza della nave mediana della vecchia 'basilica, e la nuova distnibuzione delle luci dicono che la chiesa fu ridotta ad unica vasta aula con copertu/ra Lignea, secondo lo siile umbro-toseano già manifestatosi a Sarzana nellla chiesa municipale di S. Francesco. Non possiamo sapere, già che la parte pa-stioa della chiesa è rifatta per intero, se contemporaneamente abbia avuto S. i And rea, come S. Francesco e il Duomo, e nello stesso stile, un abside quadra con cappelle collaterali : certamente ebbe in questa età la snella torre merlata e traforata a poiifore marmoree, con crescente apertura- di luce ad ogni palco, che riscontra con la torre del duomo e ch’oggi (rivediamo, libera dalle croste, nel suo vertiginoso salire. Del terzo rimaneggiamento subito dalla chiesa sulla fine del secolo XVI ho detto innanzi. * * * iLa basilica di S. Anidrea, sorta e rimasta lungo tempo in luogo soli-tairio, divenne, col prosperare di Sarzana, la parrocchiale, abbiamo detto, dei boirg'hii nuovi (1), in principio uniti, territorialmente, ma non fusi, giuridicamente, col più vecchio borgo rappresentato dalla pieve di iS. Basilio. Infatti nell’elenco delle pievi, contenuto nella bolla di Eugenio III dell 1149, è nominata la pieve di S. Basilio non quella di S. Andrea, sebbene la chiesa già esistesse; questa invece compare nella successiva bolla di Anastasio IV del 1154; avanti questa data deve porsi, forse, una prima immigrazione di profughi Innesti, che, in mancanza di documenti, potrebbe esser testimoniata dalla traslazione del crocefìsso di Guglielmo, dipinto com’iè noto nel 1138, e venuto da Limi, secondo vuole la tradizione, in S. Andrea, dove rimase fino al secolo XVI. Gli emigrati dd Luni, deii quali una seconda mandata è testimoniata dai famoso documento d’Asiano del 1170, dovevano acquistare melila città una posizione preponderante, in ragione idei privilegii civici ch’essi poetavano dalla diserta capitale lunese. Sono questi i burgénses superiores, che hanno una casa più grande e un viridario nella città che nasce e avranno poi, com’ebbero i Buonaparte, la torre. Nel sottosuolo della chiesa di S. Andrea noi dovremmo trovare i loro sepolcri gentilici, a giudicare dai frammanti che ne rimangono alla luce. Purtroppo, nei rifacimenti successivi, essen- (1) 8 marzo 1181: petizione dd libello d’un casamento in burgo novo de Carcandula appartenente alla chiesa di S. Andrea : Cod. Pel. 91. 16 Ubaldo Formentini do stato il pavimento della chiesa ogni volta soprelevato, sono andate disperse le vecchie tombe terragne che coprivano il suolo della basilica. Fra gii avanzi superstiti noterò in primo luogo una lastra marmorea eh’ è stata murata sull’esterno della chiesa; essa reca l'iscrizione in caratteri gotici: +In nomine domini amen. Sepulcrum Mercadantis de Pe-zamezana. E' questo un personaggio perfettamente identifie abile, inter-λ enuto il 21 novembre 1270 fra i testimoni aLl’atto di composizione ricordato fra Buonaparte e il vescovo Guglielmo; e sono i Mere ad ante, come dice il nome, una famiglia mercantile della città, credo d’origine feudale, giacche forse ne abbiamo Teponimo in un Merendante del fu Drago di Graginana (1), che appartiene ad una vetusta famiglia longobardica di Garfagnana. -Nobili imborghesiti, i quali, sulla fine del secolo XIII, fanno un solo ordine patrizao con i borghesi, come i Buonaparte, saliti dalla curia e dal mercato al grado d*ei militi. Un altro più cospicuo marmo funerario ci serberebbe la chiesa, posto come lastra da pavimento, senza che più vi corrisponda nessun sepolcro, come ho constatato : riproduce la figura supina d’un personaggio in veste dottorale, dentro un padiglione gotico; ma l’iscrizione ricorrente in giro, mutila e usata; ci resta anonima (2). * * * Termino con una notizia araldica, a proposito della quale esce, sia pure casualmente, il nome d’un Buonaparte. Achille Neri ha pubblicato un esemplare del vecchio sigillo del Comune di Sarzana recante il crescente di luna sormontato da una stella ad otto raggi con la leggenda: +Sigilum €> Civitatis © Sarzane (2). Sarzana ebbe iil blasone dii città con atto di papa Paolo II, dato il 21 gdugno 1465; in questo tempo era capo >e priore degli Anziani ser Cesare Buonaiparte (3), il quale, pertanto, deve aver ricevuto a nome della nuova città, o meglio, secondo il tenore del privilegio papale, a nome della risorta Luni, Γambito privilegio. L'impronta del sigillo usato dal Comune, e più precisamente il Sigillum Antianoi'um, ch’era in custodia del Priore, non doveva essere, prima di queilla data, la stessa del sigillo descritto dal Neri. .Nella rubrica quinta del capitolo I degli Statuti, compilato nel 1327, si parla di un «< sigillum scuûptum ad sidus, idest ad arma Communis Sarzane (4) »; vero è che sidus può significare anche (1) Ricordato in corta del Monastero dei Tino, 1196; ed Falco, BSSS, XOI, 88. <2) L’iscrizione si legge : ... DIE — XXVII — ITJNIT ET — FRANCISCI Fratr IS — SUI — NEPOTum MÜLL1ERTJM — AUORuM — DE — STLEtPE... Secondo il Neri, Giornale Ligustico, IV, 1877, -pp. 315-317, ei tratterebbe d’un altro sepolcro della famiglia Mercadante. (3) Neri. Sigillo del Comune di Sarzana, in Giornale Ligustico, II, 1875, pp. 205-9. (4) Deliberazioni del Com. di Sarzana dall’anno 1451 al 1465, cc. 223; cfr. Bernucci, op. cit. pp. 94-95. (4) Statuta Civitatis Sarzane, Parmae, apud Yiottnm 1529, cc. 3; cfr. Neri, 1. c. Note sui Buonaparte e sulla basilica di S. Andrea di Sarzana 17 una costellazione e compr endere la luna e la siedila che appaiono nella impronta già detta, ma è più probabile che iil crescente lunare fosse adottato dopo iil (privilegio di Paolo II, come simbolo delia città di Luni, e che di vecchio stemma avesse ila etefflla soltanto. Infatti nel fianco sinistro delia chiesa di β. Andrea ho notato uno stemma in lastra marmorea con lo scudo caricato unicamente dell’astro ad otto -raggi, stilizzato con molta semplicità ed eleganza : opera mi sembra del primo Quattrocento. E’ questo senza dubbio il sigillum Antiano-rum Sarzane scolpito ad sidus di cui parlano gli statuti, e, come la più vecchia arma della-città, ho creduto di farla rimuirare, in luogo d’onore, sul frontone della veneranda facciata Ubaldo Formentini ÜN CRONISTA GENOVESE DEL· RINASCIMENTO: BARTOLOMEO SENAREGA .Notizie di Bartolomeo iSenarega, dei suoi ascendenti e dei suoi discendenti sono sparse in una ricca se nie di manoscritti conservati nelle biblioteche genovesi e contenenti preziose memorie dedde antiche famiglie e degli uomini più illustri di Genova. Ili iFedericd, famoso raccogilitore di notizie di storia genovese, offre in una sua opera poderosa di parecchi volumi, detta « Abecedario » un (lungo elenco dei Senarega dai 1356 ad 1536 con qualche cenno degli uffici da essi coperti, e detllLa loro parentela, sicché la discendenza di alcuni .Senarega può essere seguita nei secoli (1). Il iRicheri, altro memorabile studioso di caritè di archivio, ci offre in un suo « F odi ati uni » ed -in numerosi « Libri di Cartina » una grande messe di regesti di «atti notarili e mercè un buon indice possiamo renderci conto idi aicuni nessi dd parentela tra va rii Senarega ed avere qualche notizia dei loro affari famigli ani (2). Questi due idilustri raccogliitori attinsero direttamente dalle numerose fonti conservate negfld archivi defllla antica Repubblica. Ma poiché i Senarega ascesero cod tempo alla nobiltà, sono da consultarsi anche i molti manoscritti die espongono le .genealogie delle famiglie nobili genovesi. Una grande opera composta da un /Buonaroti presenta gli « Alberi genealogici di famiglie nobili » in una bella e chiara prospettiva con molteplici ramificazioni, ma tranne qualche richiamo ad atti notarili per i personaggi più importanti, i rami non portano che una pura elencazione di nomi, senza -indicare su quali basi 1’ autore abbia edificato la sua genealogia, e può sorgere qualche dubbio sulla loro esattezza specialmente quando è dato raffrontare in alcuni punii la genealogia con (Le notizie del Federici e del iRicheri (3). Un’ opera di genealogia ben nota ai cultori di storia è la « Origine delle nobili famiglie di Genova » del Giscardi e contiene anch’essa buoni cenni sulla famiglia Senarega, benché molti di essi si trovino già nel-1’ opera del /Federici (4). (1) Fedebici Federico, Abecedario delle famiglie genovesi, ms. in Biblioteca delle missioni urbane in Genova; 30, 9, 9, 140. (2) Bicheri, Foliatium 9/541; Libra di cartina 14/546, miss, in Archivio di Stato di Genova. (3) Buonaroti Ant. Maria, Alberi genealogici di diverse famiglie nobili genovesi, ms. in Biblioteca Civica Berio in Genova, D. bie. 12, 7, 19-25. (4) Giscardi Giacomo, della Congregazione di 3an Filippo Neri, Origine e fasti delle nobili famiglie di Genova, ms. in Biblioteca Civica Berio in Genova, D. bis 11, 8, 22-25 Un cronista genovese del Binas cimento: Bartolomeo Senarega 19 Odoardo Ganduoio nelle eue « Origini delle nobili famiglie di Genova » ha poche notizie, ma offre in compenso 1’ effìgie degli stemmi patrizi, tratteggiati molto sommariamente a /penna (1). Miigdiore è un’ opera di Federico Federici « Scruttinio della nobiltà ligustica » con accurati disegni a penna degli stemmi e con brevi ma succose notizie isul patriziato genovese (2). V’ è anche un’ opera di anonimo intitolata : « Origine delle case antiche nobili di Genova » che presenta gli stemmi oon il oro colori facendoli seguire da qualche.· breve notizia (3), ma da più superba sintesi del patriziato genovese è nel magnifico volume di Agostino Fratìsone, «Famiglile nobili di Genova, anno 1636 )) che raccoglie in una serie di tavole dipinte con vivaci colori gli stemmi di tutte le famiglie nobili di Genova, nei loro ventotto alberghi (4). Da tutti questi elementi di ricerca, ma specialmente dai primi due, possiamo ricavare le prime preziose notizie sulla famiglia Senarega, alle quali aggiungeremo quanto potemmo raccogliere da altre fonti. Pare dunque, secondo id Federici ed ili Giscardi, che i Senarega siano venuti dail paese di Senarega di Val Brevenna o da Fiaccone o dalla villa di Senarega presso Savignone in città verso il 1350 e che feppar-tenessero in quei tempi alla piccola borghesia bottegaia; due di essi sono connettori; indi compare un Antonio formagiaro ed un Antonio macellaro. Il Federici, dopo la lunga enumerazione dei Senarega incontrati nei secoli, pone come conclusione il seguente giudizio: « I Senarega bora viventi iNobiii discendono da uno delli suddetti due di contro cioè Antonii, uno formagiaro e Γ alltro macellaro quali essendo contemporanei può essere che fussino tutt’ uno e facessero ambedue Γ arti suddette, pur può anche essere che siino due ». Piace ila dubbiezza dell’ insigne studioso che, pur avendo raccolto una selva di notizie, non formula che un’ ipotesi su quanto gli possano dire i documenti. Il Buonaroti nel suo elegante prospetto genealogico dei Senarega pone come capostipite un iRonco Senarega, dal quale fa discendere quattro rami dei Senarega. Uno di questi si inizia con un Antonio che ha cinque figli tra i quali un (Bartolomeo, che genera un Quilico e questi un Bartolomeo senza successori, ma di essi non dà che il nome; invéce il ramo «che ha origine da un Tomaso e prosegue con un Giovanni, (1) Gànducio Odoabdo, Origini delle nobili famiglie di Genova, ms. in Biblioteca Civica Berio in Genova, D. bis 11, 8, 19-20. (2) Scruttinio della nobiltà ligustica composto dalVEcc.mo Senatore Federico Fe-debici ad uso delVIll.mo Sig. Tomaso Franscne q. Tomaso, ms. in Biblioteca Civica Berio in Genova, D. bis 11, 8, 16. <3) Origine delle case antiche nobili di Genova, ms. in Biblioteca Civica Berio cit., D. bis 11, 7, 7. (4) Fransone Agostino, Famiglie nobili di Genova, ατνηο 1636, ms. in Biblioteca Civica Berio, D, bia 11, 8, 18. 20 Emilio Pandiani da cui nascono ben dieci figli tra i quali un Bartolomeo, è discretamente ricco di notizie ma intorno a questo ramo che è il più importante ben altra dovizia di notizie aipporta.no gli zibaldoni del Federici e del Richeri, dai quali possiamo ricavare che tra i primi Senarega venuti a Genova molti rimangono nella condizione di modesti borghesi ed infatti troviamo un Nicolò Senarega fonnagiaro e console .della sua arte nel 1413, un Bartolomeo Senarega macellaio morto prima d&l 1443; un Bartolomeo Senarega lanero che -ha bottega verso il 1449 nella contrada dell’ Oliveta e nell 1490 un Bartolomeo Senarega sartore nella valle del Bisagno nella « villa » di Staglieno. Tra essi però balza fuori un Bartolomeo Senarega (figlio di un Antonio formagiaro del 1392), il quale è notaro nel 1390, anziano del 1411, consigliere nel 1427, sposo ad una Sescharina schareLla, e pei atti notarili sappiamo che, essendo morto nel 1430, lascia eredi i figli : Quilico, Bianchina e Maria. Verrebbe la tentazione di unire con vincoli di parentela questo primo notaio della famiglia Senarega con il nostro cronista che porta lo stesso nome e che nacque all’ incirca trenta anni più tardi, ma 1 assenza di docirnienti probatori non lo consente. Il nostro Bartolomeo Senarega discende invece da un Giovanni Senarega, tìglio di un Tomaso formagiaro. Sappiamo dal Federici che questo Giovanni di .Senarega q. Thome fu testimoio in atti di Raffaele di Simone di Chiavari nel 1392; il Buonaroti aggiunge che ebbe in moglie una Allegranza Zoagli q. Giov. q. /Raf. e -comprò una villa in Carignano dallo suocero. Intorno a lui ed ai suoi discendenti le notizie sono scarse e dubbie. Sono sicuramente suoi figli : Genevra, Ambrogio, Tommaso, Gregorio, Gerolamo, «Pietro, Giovanni. Il Federici (Scruttinio ecc.) ed il Giscardi aggiungono un Vincenzo, notaro, nia il p. Amedeo Vigna, della cui opera parleremo fra poco, lo esclude. Il Buonarroti dimentica Gregorio e aggiunge un Andrea, una Giorgia ed un Bartolomeo, marito di Sescarina Scarella, unendo così, per suo conto, (Fanello della catena dei Senarega notari : ma forse egli è in errore perchè al marito di Sescarina attribuisce come discendenti Tomaso e Geronimo, mentre gli atti notarili del Richeri indicano come suoi figli quelli di cui testé ho fatto cenno. % Dai figli di Giovanni Senarega comincia la gloria della casata : Ginevra va sposa al notaro Bartolomeo Franzone ed il figlio di lei, che ripete il nome del padre, diventerà Cancelliere della Repubblica; Ambrogio è notaro e viene eletto cancelliere della Repubblica a 33 anni nel 1448; Tomaso, Gregorio, Gerolamo e Giovanni sono padroni dall’ anno 1442 (secondo il Federici, Scruttinio) di un castello nel Mar Nero, alla foce del Danubio, nel territorio di Mocastro, acquistato con somma difficoltà dai Tartari e ricostruito con ingente spesa e da loro intitolato Lerici {è incerto se si chiamasse prima Castrice). Sappiamo dal Fede- Un cronista genovese del JRinascimento : Bartolomeo Senarega 21 rici (Abecedario) che a Gregorio fai in ispecial modo raccomandato nel 1451 la custodia dj quel castello detto alla latina, di Ililice (cioè Lerici), e dal p. \ igna che nel 1455 il notaio Ambrogio Senarega presentava, a nome dei suoi fratelli, una relazione sulla improvvisa occupazione del castello, nel maggio di quell’ anno, da parte di quei di Mocastro colla prigionia di Gregorio e Pietro Senarega che lo avevano difeso. Tomaso, in quel tempo a (Mocastro, era stato arrestato e derubato, ma era riuscito a fuggire e tentava, invano, di riavere il castello ed essere risarcito dei danni. Gregorio ferito ed incatenato era stato consegnato al Voivoda della \^alacchia che lo aveva tosto liberato e gli aveva dato balia di rifarsi sui Mocastresi (1). Ambrogio chiedeva al comune di Geno\ra o meglio all’Ufficio di S. Giorgio dal quale dipendevano! allora le colonie del Mar Nero, il diritto di rappresaglia suite persone e gli averi dei Mocastresi per la somma dei danni recati, ed il Federici (iScruttinio) assevera che i Senarega ottennero dalFUfficio di San Giorgio il diritto di rappresaglia lino alla somma di ottomila fiorini d’oro. Nell anno seguente (1456) Tomaso ritorna a Genova per sostenere presso l’Uffioio di San Giorgio la supplica presentata dal fratello; i Protettori dell'Ufficio, pur prome ttendogdà forti aiuti in tempi migliori lo nominano, per ristorarlo ailquanto del danno patito, ufficiale della « iagataria » del grano in Caffa per un anno, eleggendolo comandante di una flottiglia diretta a Caffa; ma anche questa spedizione non ebbe, sembra, buon esito, e non è ardito il presumere che i Senarega non riebbero più la loro colonia, poiché in quel periodo le codonie genovesi nel Mar Nero caddero ad una ad una nelle mani del Turco invasore (2). Gerolamo, che era stato notaio della Corte di Caffa ed aveva coperto alte cariche nelle colonie genovesi del Levante, ritornò probabilmente in una sua casa in Carignano con la moglie Maddalena Zoagli q. Antonio, poiché lo troviamo per ctLrca ventanni, dal 1460 al 1482, nei più alti uffici del Comune di Genova (3). Documenti di Archivio oi parlano di una sua figlia Chiaretta che nel 1496 cedeva una somma ad una Cipriana figlia del q. Antonio di Zoagli (forse una zia materna) per consiglio di Jacopo e di Bartolomeo Senarega (suoi cugini paterni) (4). Il Buonaroti nella sua genealogia attribuisce a questo Gerolamo altri due figli : Cristoforo il) Vigna Amedeo, Codice diplomatie punì di carcere duro. La condanna fu realmente mandata ad effetto? (4) Bichhbi, Libro di cartina, 13/545, p. 482. 22 Emilio Pandiani \ e Zaccaria, ma anche qui è in errore, perchè essi erano fìgM di un altro Gerolamo Senarega, esso pure notaio, morto prima del 1476, mentre il nostro moriva certamente dopo il 1482 (1). Abbiamo lasciato per ultimo il cancelliere Ambrogio, chè di lui dobbiamo parlare più a lungo per la sua importanza politica, e perchè egli è padre del nostro annalista. Su una piccola lapide, conservata ancora oggi in una cappella della vecchia Chiesa di S. Maria di Castello, si legge la seguente epigrafe : 1478 Ambrosio Senaregae genuen. fideli Cancellario Barths ceterique filii patri Benemerenti, sibi posterisque Posuerunt Vix. Ann. 63. Ai lati dell'ultima riga sono riprodotti due scudi araldici con una partizione mediana per il lungo ed runa fascia che traversa lo scudo da destra a sinistra. La lapide c’ insegna dunque che il padre di*Bartolomeo nacque nel 1415. Il prezioso Abecedario del Federici ci favorisce ampie notizie sulla sua vita. Nel 1444 egli è testimonio in un istrumento notarile nel quale Daniele Fieschi allivella al padre di lui, Giovanni, una villa in Carigna-no. Egli è notaio ed è assunto al cancellierato, senza salario, nel 1447 : ma nel 1448 è già cancelliere effettivo ed è mandato al Marchese di Monferrato ed al Duca di Savoia; nel 1451 è rettore del Collegio dei Notari, nel 14Ó3 si ha notizia di sua moglie Frajnceschetta, figlia di Gerolamo de Pomari; nel 1454 è inviato ambasciatore a Milano e così pure nel 1465 e 1466 (non 1460 come afferma il Federici) : nel 1471 è clavigero del Catino, conservato nel tesoro della Chiesa di S. Lorenzo; nel 1476 è Anziano; si ha pure notizia di una sua casa alla Gervara, regione tra Portofì-no e S. Margherita nota più tardi per la breve prigionia che soffrì in quel convento il Re di Francia Francesco I nel 1525. I regesti notarili del Richeri, oltre ad offrirci qualche documento sulla attività di Ambrogio in favoni di certi suoi parenti, -ci dicono che una sua figlia, Peretta, si sposò nel 1471 con Nicolò de frignali (non Bargaglii, come scrive il Federici nell’Abecedario), più tardi Cancelliere del Comune ed ebbe in dote lire 2500, e riportano iil testamento di Ambrogio, redatto il 26 Febbraio 1478, nel quale il testatore legava lire mille a sua figlia Pometta ed altrettante alla figlia Isabelletta. « ad eorum maritare», legava « dotes suas Simonette uxori sue», istituiva eredi a) Cfr. Büonaboti, op. cit. e Richeri, Libro di cartina, 14/546, p. 1934. Un cronista genovese del Rinascimento : Bartolomeo Senarega 23 • Bartolomeo, Venerio, Giacomo, Giov> Battista e Bernardo « filios suos legitimos ». Era presente all’atto « Nicola/us de Brignali notarius gener dicti ‘testatoris » (1). Sapevamo dal Federici che la moglie di Ambrogio era una France-echetta de Formari e troviamo invece nel testamento una Simonetta, ma ci soccorre il Buonaroti avvertendoci che il Gancedttie-Te aveva sposato in seconde nozze una Simonetta De Mari q. Bartolomei. Tuttavia ci attende ima nuova sorpresa. In un atto sucessivo del 19 Marzo 1479 Nicola (certamente il Brignali) e Bartolomeo de Senarega « tutores Venerii, Jacobi, Io. ©api et 'Bernardini filiorum q. Ambrosii de Senarega, scientes decessisse Franeeschettam eorum matrem relictis Barth.eo, Venerio, Ja-cobo, Io. Rapt.a et Bernardino eius filiis, millllis aillis relictis, quare hereditas dict-e q. Frane esche t-te spectat ab intestato dictis fratribus » dividono -la eredità iin cinqu-e parti (S). (Ritorna dunque in luce ìa prima moglie Frane eschet ta; ma credo di essere nel vero interpretando che i cinque figli -della prima m agili e di Ambrogio dividevano fra loro Γ eredità della madre che il cancelliere aveva lasciato loro, legando invece alle (figlie di secondo letto e alla seconda moglie quanto è scritto più sopra. «Non era passato un mese dalla spartizione suddetta quando Bartolomeo Senarega, cancelliere, comperava, a nome suo e dei fratelli, una casa «posita Janue in corri rat a Vallis Aurie cui coheret ab uno latere domus dicti Barth.ei et fratrum, ab alio Carruibeus in parte et in parte domus Barth.ei Saliceti, retro domus Genesij et Nicolai de Brignali et in parte domus dicti Barth.ei et fratrum, pretio IL. 350 Janue » (8 Aprile 1479) (3). Da questo atto notarile impariamo che la casa dei Senarega era in VaJloria, via che porta anche oggi questo nome e conduce da Via'Giustiniani a Via Canneto il Lungo, locaMtà vicina a San iLorenzo ed al Palazzo del Comune e propizia per i Cancellieri che avevano il loro Ufficio nel Palazzo e per i campanari della chiesa, poiché pare che da certi Va-lauri o Valori, campanari di S. Lorenzo, stipendiati dal comune, e non già da Valle aurea, abbia tolto predicato la via (4). Già osservammo nella famiglia del notaio Antonio Gallo, e torniamo ad osservare in quella dei Senarega la bella usanza delle antiche famiglie genovesi di mantenersi saldamente unite non solo per gii affetti, ma anche per la vicinanza delle abitazioni (5). Oltre ai fratelli qui vi (1) Richeri, Libro di cartina, 14/546, p. 2040. Il regesto è cavato dagli atti del notaio Obeirto Foglietta·. (2) Richeri, ms. cit., p. 2101. (3) Richeri, ms. cit., p. 2105. (4) Podestà Francesco, II colle di S. Andrea in Genova, m Atti Soc. Lig. di Storia Patria, Vofl. XXXIII, p. 88. (5) Prefazione mia ai Commentari Ant, Galli de rebus genuensium, in riedizione RR. II. SS., T. XXIII. 24 Emilio Pandiani moglie, formando un simpatico nucleo di persone dotte e dedite allo stesso ufficio. Delle sorelle e dei fratelli di Bartolomeo ben poco abbiamo a dire : Peretta, moglie a Nicolò de -Brignali, visse' sino al 1520, poiché è di quel>-l’anno il suo testamento; Isabella andò moglie di Filippo Guano q. Gi-rardo (1); Venerio, Battista e iBernardo non i lascia no traccia ecceitto che si voglia crederei che un iBemiardo Senarega, bandito da Genova dal Governo francese nel 1507, sia fratello del CanceQlliere, cosa assai dubbia se pure mon eia da scartarsi senz’ altro (2). Giacomo Semarega invece eccelle accanto al fratello 'maggiore .nella dot triina e nella estimazione presso i suoi cittadini. Egli è dottore in utroqite, è creato conte palatino dall'imperatore Federico III nell 1484; è inviato ambasciatore ai Duca di Savoia nel 1495 («secondo il Federici; nel 1498 secondo documenti d’Archivio) : viene eletto Savio del -Comune nel 1499, nel 1504, nel 1511 : è inviato ambasciatore al gran capitano di 'Napoli nel 1502, ed è commissario alla Spezia nel 1508 (3). Il Buonaroti -afferma -che prese Iti moglie Brigida Spinola q. Ambrogio, che gli dette un ifiiglio Nicolo e si sposò In seconde nozze con Luigina de Franchi di Paolo q. Frane. Da documenti d’archivio appare la sua cordiale unione negli affari col fratello Bartolomeo di cui finalmente ci è dato dii parlare. Già il Muratori, avendo saputo dei preziosi volumi di Federico Federici sulle Famiglie Liguri aveva fatto copiare le notizie relative a Bartolomeo Senarega, che pubblicò nella prefazione agli Annali del Senarega, ma dopo averle riferite fedelmente, egli osservò con la consueta acutezza che vi doveva essere un errore di data circa, una ambasceria affidata al Senarega presso il Duca di Savoia, la quale ipveice dell’anno 1448 era forse avvenuta nell 1478; l’osservazione del Muratori è giusta ed è probabile che il Federici, iniziando la stesura delle notizie su Bartolomeo, abbia errato attribuendo a lui la missione compiuta dal padre suo Ambrogio nel 1448; d’altra parte non consta che Bartolomeo abbia mai avuto, fra le tante, una missione al Duca dii Savoia; riassumeremo tra poco la serie degli onorevoli incarichi affidati al Senarega essendo essa già pubblicata dal Muratori e daremo invece qualche notizia degli inizi e dei progressi nella carriera cancelleresca del nostro cronista. Era allora tradizionale in Genova l’usanza che aknen-o uno d-ei figli continuasse la professione del padre ed anche molle famiglie dei cancellieri della iRepubblica v’ era qualche esempio del succedersi dei figli ai genitori negli uffici delia pubblica amministrazione. Così nel 1477, vivente ancora il padre, Bartolomeo Senarega ebbe in Cancelleria l’incarico di raccogliere in un cartolaro tutti i decreti che venivamo emessi <1) Buonaroti, Alberi genealogici oit. (2) Ofr. Pandiani E., Un armo di storia genovese, in Atti Soc. Ligure Storia Patria, vol. XXXVII. (3Ì Cfr. Federici, Abecedario cit. Un cronista genovese del Rinascimento: Bartolomeo Senarega 25 dal Governo, affinchè fosse reso più facile trovarli quando occorresse prenderne visione (1). La mercede era quella di una « soib scrivani a » e l’incariico era soltanto provvisorio, ma pochi mesi dopo, nel febbraio del 1478, Ambrogio moriva e si offriva propizia la successione del figlio. Occorreva però Γapprovazione del Duca di Milano, essendo in quel tempo Genova sotto la signoria degli Sforza. Il governatore di Genova, Prospero Adorno, scriveva per ciò ai signori di Milano esponendo che di Cancelliere Ambrogio, poco prima di morire, aveva impetrato dalla Signoria di Genova che il ^figlio gli succedesse nella carica di Cancelliere ed il governatore, per quanto era in suo potere, glielo aveva concesso « ob ipsius erga patriam et renupnblicam fidem longevosque labores verum et filii virtutem qui ingenio 'ac ‘bonis moribus studioque litterarum de se ppem pollicen bonam videret/ur ». V’era forse qualche diffidenza in Milano e forse anche in IG-enova per Ha troppo giovane età del candidato, ma nelila epistola si girava la difficoltà con eleganza dicendo che è pur necessario che un uomo sia giovarne prima di diventare vecchio « sed satis est si adolescenti a e initia virtutes ostendant. Si igitur ves-tra sublimitas illum probaverit et. nos iam probatum etiam probabimus» (2). Risulta da queste Archivio di Stato di Genova, Diversorum, registro 113/608, 30 gennaio 1477. (2) Archivio cit., Litterarum registro 25/1801, lett. n. 86, 9 marzo 1468. (3) Archivio cit., Littêr% ,reg. cit., ilett. n. 136, 18 maggio 1478. (5) Arch. ci/t., Diversorum reg. 156/650, 6 ghigno 1496. (4) Arch. odrt., Diversorum reg. 157/651, 22 agosto 1497. Emilio Pandiani tizia di una querela del Senarega; ooautro Battista di Podio per ingiurie e una controquerela di questi contro il Senarega per la stessa ragione (•21-22 Aprile 1490), e un cenno ne'Lla pagina di guardia di un -registro che il 30 Ottobre 1490 « Georgi us Mere a opposuit B art od. de Senarega » (1); ma oltre a queste notiaie di poco conto ve ne è pure qualcuna» circa la carriera e gii stipendi del nostro cancelliere. Ned 1492 egli riceve solennemente lMncarico di soni ve re ta cronaca degli avvenimenti della Repubblica finché eglti viva e gli sono conferiti gli onori, le prerogative, le immunità e le esenzioni che sollevano godere i precedenti scrittori di cronache; in più gli si promette un compenso annuo di fiorini cento della moneta di Genova, compenso che non si era mai dato ai precedenti scrittori, aggiungendo però l'incarico di completare le cronache dal tempo nel quale erano interrotte, di rivedere e correggere e limare le precedenti ed infine di raccogliere e trascrivere in un volume i molti -decreti recenti ed antichi riferentisi ad utilità pubblica e privata che erano ancora sparsi nei diversi uffici di cancelleria o presso privati ^(2). •Nel 1493 una. breve deliberazione del governatore e degli Anziani determina che idi Franzone lire 100 dal tempo della morte del Gotardo (3). Il documento può essere così spiegato : Alla morte di Gottardo Stella Tuffi ciò di custode dei privilegi del Comune era stato devoluto, con deliberazione 12 ottobre 1492, a.l Cancelliere Stefano Bracelli che, con l’adire alla nnuova carica, doveva godere (supponiamo) un lauto stipendio e perciò la somma che si dava -anteriormente al Bracelli come cancelliere era stata divi/sa fra i due cancellieri sopra indicati. Dieci anni dopo (12 Giugno 1503) anche l'egregio Stefano Bracelli lasciava questa terra (4) ed allora, essendo molti li concorrenti al posto vacante, ei nominava una commissione per sis ternaire gli stipendi e le cariche della Cancelleria. «Non riferiremo per esteso la relazione e la deliberazione, ma accenneremo soltanto a quello che riguarda il Senarega. Questi, che aveva già per stipendio lire 189, soldi 19, denari 11 (se da questa somma togliamo le lire 44 aggiuntegli nel 1493 possiamo dedurre che sino a quest'anno egli aveva avuto come stipendio dire 145 e poiché la stessa somma era stata percepita dall Bracelli sino al 1492 possiamo concludere che (1) Arch. cit., Diversorum reg. 144/639, contiene ile tre notizie sopraindicate. (2) Questo documento fu ritrovato e largramen/te commentato da C. Bornate, La nomina di BartoÌOmeo Senarega a cronista ufficiale della Repubblica di Genova, in Annuario del R. Istituto Tecnico V. E. II, Arano Scolastico 1927-28 (A. VI). (3) Arch. cit., Diversorum reg. 148/642, 27 marzo 1493. (A) La notizia è in Diversorum reg. 166/660. à Un cronista genovese del Rinascimento : Bartolomeo Senarega 27 eeea fosse lo stipendio iniziale dei Cancellieri del Comune), ebbe un aumento di L. 10, den. 1 che gli portò la somma a lire 200: oltre a ciò si aggiungevano lire 20 alle lire 125 che egli (percepiva come mercede straordinaria « ab officio Dominorum Revisorum Camere p-ro mercede scribendi Cr on icam » ed in/fine si attribuivano a lui altre lire 20 per T'incarico di compilare le bollette « seu appodisias sumtue ordinarii communio » cioè di tenere il registro delle epese ordinarie del Comune (1). In questo modo il Senarega riusciva a raggranellare, tra stipendi ordinari e straordinari, la somma di lire 375, di parecchio superiore agli stipendi dei suoi colleghi cancellieri, ma di gran lunga inferiore a quella percepita dal defunto Bracelli, il quale aveva raggiunto, con lo stipendio e le mercedi straordinarie, la somma complessiva di lire 801. Ben poco ci è noto della vita famigliare del Senarega. LI Buonaroti ci dice che ebbe in moglie Inndjenza Giustiniani die OMverio q. Matteo, che gli dette quattro figli: MâTfêo, Bernardo, Gerolamo, ed Ambirogk): ma, eccetto che per Ambrogio, non dà di essi alcuna notizia. Il iFedericis segmala, oltre al notaio Ambrogio, un Andrea Senarega q. Bartolomei nel 1536. Troviamo traccia di un suo figliuolo che nel 1500 frequentava la scuola del (maestro Antonio Castiglione (2) ma non è detto il nome. Abbiamo infine due documenti che sono testimoni del vivissimo interessamento del padre per un suo figlio, anche esso innominato, che egli mirava a fare progredire nella carriera ecclesiastica, ma non ci consta quale ne sia stato l’esito, benché le << raccomamjdazioni >> fossero aesai potenti. Infatti in una istrùzione data a Gerolamo Palmaro e ad Agostino Foglietta, inviati nel novembre 1506 al Sommo Pontefice, per congratularsi con lui « della liberazione di Bologna » v’ è la seguente commissione : « Ambasciatori, voi haveti in mandatis de ricomandare alcune persone a la Santità de nostro Signore e questo fareti a suo loco e tempo e, benché desideramo ogn.iuno habie lo intento suo, tamen per amare special-menti noi Bartolomeo de iSemarega nostro cancelliero [che ha] longam enti operato e travagliato per la repubblica nostra, siamo coetreti di cercare ogni -comodo suo e adoperarsi per tute le sue cosse. Dicto Bartolomeo à uno suo figliolo dedicato e la miilicia ecclesiastica al quale desira. habi forma che possa cum qualche fundamento substen-tarsi e darsi a li studili, acio possa col tempo crescere ón la chiesa de Dio; perho vogliamo che strettami en ti da nostra parte ricomandati dicto figliolo a sua Santità dicendo esser quello a lo quale siando sua beatitudine in minoribus fu contenta di conferire uno canoniicato di Sam (sic) iLaurencio mancando quello che adora se dtcia fusse per manicare et ai (1) Arch. eit. Diversorum reg. 166/660 . 21 agosto 1503. (2) Massa A., Documenti e notizie* per la storia della istruzione a Genova, in Giornale storico e letterario deUa Liguria, a. 1906, p. 323. 28 Emilio Pandiani quale sua sanctìità fece si bono animo sìando epso Bartolomeo a Roma cum li nostri Am basiato ni, come pare per uno memoriale dato de ordine de sua sanctità alora a messer faoio datario, pregando sua Santità si degna segnare la supplicazione quale epso Bartolomeo vi dara, la quale signata fareti opera sita expedita per viam brevis -e de questo dara curala domino Gu il Ledano de Rec-io che viene in vostra compagnia, il quale informato di tutto vi solicitera, da*gandoli etiiam quelli favorii chi serano necessarii. Quando fareti la ricomandatione de epso Bartolomeo vogliamo la faciati sola e non in compagnia del resto, perho che cossi come desiramo epeciaimenti habie lo suo desiderio, cossi etiiani nostro signore cognosca fra gli a/litri specialmenti esser ricomandato. Vi daghe-mo etiam una lettera nostra dirrecta a sua Santità, dopio testimonio del desiderio nostro » (1). •Alla lettera di cui è cenno nell’ultima parte della istruzione ne fu fatta seguire una seconda anch’essa commendatoria, che qui riferiamo, essendo assai breve: « Sanctissimo Domino nostro papae : Sanctissime et Beatissime pater et Domine noster colendissime. Privatorum hominum cum multa sint officia magnorum dominorum illud est. solium ac preciarum prodesse quam plurimis : servare multos qui muttis prosint. Commendavimus Sanctitati vestrae dilectum cancellarium nostrum Barth.eum de Senarega pro filio suo quem ecclesie dicavit quem admodum sanctitati vestrae notum essie credimus. Commendare iteirum non desumus: ita fides eius in nos et republioam, ita ilabores quos pro patria suhstitinuiit exigunt constantissimeque affirmamus illum ex numero civium nostrum esse pro quo efficatiores preces effundere nos possimus. Accedit quod scimus illum antiquissimum sanctitatis vestre fuisse servatorem. Petivimus pro aliis gratias : nunc ab ea pro dicto Bartho-lomeo expectamus nobisque factum arbitrabimur quicquid illi in füio fuerit collatum qui nos et nostra humillimis quibus possimus votis illi commendamus. 'Datis Xanue die XVI Decembris 1506 » (2). Questi due documenti provano quanta stima godesse il Senarega e come fosse riconosciuta l’opera di lui presso il suo governo. Un’ultima prova di affetto gli fu data quando nel luglio 1514, sentendosi già logoro per la età e la salute malferma, chiese che fosse assicurata al suo «figlio iGian Ambrogio la successione al suo ufficio di Cancelliere. Egli ricordò al Doge ed agli Anziani che già suo padre Ambrogfro ed in seguito egli stesso avevano servito per sessantasei anni il patrio governo. Egli desiderava ardentemente che quell’ ufficio perseverasse « in domo sua ». Il figlio Gian Ambrogio st-ava per compiere i ventun anni e per la sua probità e per gli studi letterari pareva idoneo a quell'ufficio nel quale già da alcuni anni si esercitava con lode sotto la gui- (1) Archivio di Stato di Genova, Istruzioni e Relazioni politiche, n. 2707 C, 19 novembre 1506. (2) Archivio cit., Litterarum reg. 43/1819, lefct. n. 399, 16 dicemlbre 1506. Un cronista genovese del Rinascimento : Bartolomeo Senarega 29 da di dui, perciò il padre chiedeva che, con pubblico decreto, esso fosse eletto canceillieine. Id Doge e (gii Anziani, dopo avere chiesto l’opinioine degli altri cancellieri ed avere udito da essi che l’adolescente dava buona speranza dii essere di ornamento alla Rie/pubblica, lo eleggevano cancelliere, « isdne onere communis », e sotto condizione che non potesse esercitare 1’ufficio finché non fosse ammesso nel collegio dei notai « ei pari-ter misi quando lipse Bartholorneuis viitam finierit » (1). In verità, il buon .BartoJlomeo aveva presentito la sua prossima fine. E qui è doloroso che, mentre noi conosciamo l’anno di nascita e quello di morte del padre -suo e possiamo fissare facilmente quello della nascita di suo figlilo, non ci sia dato di sapere l’età nella quale morì (1). Figura dii secondo piano quindi sino alla condanna in contumacia decretatagli ii 1° luglio di queir anno, convinto della santità de»lla causa, ma trainato più che animatore, e comunque obbligato ad agire tin silenzio dalia disciplina militare volontari am en te impostasi, il Vaccarezza, spinto dail bisogno, doveva essersi presentato al iMazzini, di cui evidentemeaite conosceva la parentela col proprio patrono. Ciò a prescindere dal fatto, che ha pur la sua importanza, che il nome del Vaccarezza non si riscontra neLT e-pistolario prima d’ ora. E, contrariamente a quanto ii Mazzini aveva scritto ai proprii ÌanrigLiari, sia per tranquillizzarli, sla perchè già altra volta danneggiato dal suo carattere eccessivamente eoriiìdenziaile, il grande esule, «ricevuta confettine della verità dell* episodio Vaccarezza dalla lettura della « Gazzetta di Genova » (2), non manca d’ interessarsene nuovamente presso la famiglia in una lettera alla madre scritta da Ginevra il 6 agosto 1833 : « tL’ amico dell’ avvocato atteiwle riscontro dietro la commissione che mi dite aver fatta » (3). E aincora, il 24 agosto, pure da Ginevra (-4) « Vi prego di far sapere per ultimare il piacere eh' io fò, all’ avvocato, che queli’ amico suo lo ringrazia » etc. £’ proprio al Vaccarezza che dobbiamo dunque il ri avvicinamento tra i due cugini: perchè il Alazzini e’ inducesse ad intervenire ripetutamente presso il Solari, occorre pensare che Γ ufficiale esiliato abbia ben saputo convincerlo sul patriottismo dell’ avvocato Domenico. Scrivono gli editori deli’ Epistolario esser -incerto se il Solari abbia, oppur no, appartenuto alla « Giovane Italia »». Certamente aveva adento da giovane a quel movimento intellettuale che raccoglieva attorno al cugino Mazzini gii studenti più (idealisti ed entusiasti dell’ Ateneo Genovese, e a cui si informavano gii spiriti di numerosi divulgatori e preparatori dell’ idea nazionale. E’ il Mazzini stesso che ce lo fa capire quando, nella sua lettera del 24, pubblicata per la prima volta dal Co-d>gnola (5), scrive a Giambattista (Noceti, che faceva parte, com’ è noto, del « cenacolo mazziniano » : « La mia opinione (intorno al Solari) non si manifesta con tutto il mondo, ma con voi «pochi e pi udenti.... con tal gente non stringerò amicizia mai più ». (1) Cfr A. CofciGsola, op. cit., p. 169. <2* Rpwt II. 4SI. (*) Ep>« li. 405. (4) Ib, 460 (6) A. Cosi6.vola. op. oit., pagf. Si »rg c 237. Rapporti fra i Mazzini e i Solari 33 Ma, lin base a quanto di è dato capire dai documenti e dalle testimonianze pervenuteci, riterrei doveimi escludere U’appartenenza del Solari alila « Giovane Italia ». Fonderei quest’ opinione su due ordini di considerazioni. » Il Solari rimane in primo luogo pienamente indisturbato al1’ epoca dellle delazioni contro i (Carbonari nè parrebbe poi facile che potesse eludere lia sorveglianza, ed ingannare la polizia, persona tanto prossima all fondatore dell’incriminata « 'Giovane Italia ». Non basta: nella relazione, pubblicata dal ‘Luzio (1), del Ministro dell1 Interno iLascarène a S. M. ii ‘Re Carlo Alberto in udienza 10 luglio 1832, si propone 1’ arresto della madre di Mazzini, dei Ruffini, del Gambini, di Dapino, mentre sodo in una lettera del 16 luglio troviamo che il Conte di Castelborgo governatore dii Genova indica « Solari » -come sospetto (o sospetti ? alludeva anche al fratello dell’ avvocalo, id dottor Emanuele ?) di servir di tramite per la corrispondenza Ira liil Mazzini esule e ila « Giovane Italia » (2). E su queeto punto particolare potremmo anche, oggigiorno, concordare. Ma abbiamo in proposito ila parola rivelatrice del grande agitatore ligure. 'Scrivendo (infatti ai famigli ari lin occasione della morte del cugino, rapito dalla peste in Genova nel 1835, così egli sii esprime: Mi duole del patriota, perchè, comunque egli pensasse, ei s' è portato benissimo sempre, e fra quanti avvocati conosco, egli era pure iil migliore sotto quel rapporto (3). La frase non ammette dubbi. 11 Solari, come Gian Cario Di Negro, Domenico De Andreis e Francesco ‘Pozzo, nessuno idei quali risulta implicato nei processi famosi del ’30 e del 32, e cui il Mazzini consiglia al Melegari con lettera 12 Marzo 1834 1 invio d’ una copia della lettera indirizzata dalla Giovine Italia al sospetto traditore Ramorino (4), doveva -appartenere a quella non esigua (schiera di intellettuali che, pur non accogliendo completamente le lidee della « Giovane Italia », tuttavia nutrivano aspirazioni e sentimenti nazionali. Ed il Solari, anzi i due fratelli Solari, come inducono a sospettare numerosa pased dell’ epistolario materno, possono ritenersi fra quegli « ardenti » che il già citato rapporto del iCasteiliborgo indicava essersi ritratti dal frequentare la -casa Mazzini, dopo Γ arresto d.i Giuseppe, e che sii lagnavano del-Γ imprudenza di questo che li aveva compromessi (5). Nè ibasta: tutta la preparazione spirituale, Γ indirizzo mentale del-1’ avvocato sono tali da trattenerlo da una troppo aperta azione politica. Si ricordi quanto ne scriveva ili Mazzini nella sopra citata lettera al-Γ amico (Noceti « ...ho creduto scoprire in lui eh’ ei ragioni troppo e (1) A. Luzio, Mazzini Carbonaro, pagg. 440-1. (2) Ib., pa«. 443. (3) Epi*t. IV, 78. (4) Ib. LI, 232-3. (5) A. Luzio, op. oit., pag. 442. 34 Ferruccio Sassi senta nulla: eh* eì sia calcolatore freddo in tutto ciò eh egli opera. e su questo posso ingannarmi —; ho scoperto, e su questo non m inganno davvero, che spesso ei parla di verno da quel pensa, e eh ei si regola più dal suo interesse e dal numero degli spettatori, che da ciò che gli detta il cuore ». Che iJ Solari nulla sentisse e che in lui ogni slancio dii ide»aiLità fosse soffocato sul nascere dalla fredda ragione e dal calcolo, il Mazziini stesso ebbe ad esperimentare non esser completamente rispondente al veio allorché sul finire del 1833 a lui si rivolgeva pregandolo di procurargli un prestito di quattromila lire che dovevano di certo servire pei 1 allestimento della spedizione di Savoria. In quest’ occasione il Sodar! si portò da « amico » procurando il denaro presso « Andrea » senz altra garanzia che una lettera del profugo (1), e ciò, nonostante dovesse ben sapere che ili denaro serviva a ilnanziare ila « Giovane Italia »>. I-a delicatezza della condotta del Solari è ampiamente lodata dal Mazzini nella lettera alla madi e in cud rileva che il « Domenico rispondendo («ni) non (mi) disse nulla intorno » all’ offerta di corrispondere i frutti legali al \%, così come nulla aveva sin allora reclamato, nè inai aveva parlato del debito. Per le quali considerazioni il Mazzini giustamente rileva come d* offerta di pagamento fatta ai cugino prima dei termine stabilito e pel tramite dei famigliar!, anziché direttamente a lui come la richiesta della somma, avrebbe potuto sembrargli per lo meno strana. Dal contesto della lettera, datata da Losanna il 1G agosto 183-i, appare evidente Γ intenzione del Mazzini di tener celato ai famigUari il nuovo prestito per non arrecar loro nuovi pensieri, e che la « scoperta » è dovuta a qualche indiscrezione del buono ma ciarliero « Dria >». Al Solari però il Mazzini deve « ri conoscenza e non vorrebbe >» eh egli potesse menomamente dubitarne ; nell* ordinativo di pagamento 17 agoeto, unito alla citiiìa lettera, prega quindi la madre di ringraziare il cugino col massimo affetto, e aggiunge : « Io profitterò della prima occasione sicura per farlo, e se noi fo scrivendogli direttamente, ei deve, pensando bene, indovinare j1 riguardo che mi trattiene : io gli son grato della prontezza e della fkiucia eh’ egli ha messo in questo affare a mio riguardo »». Delicatezza di tratto che non si comprenderebbe facilmente nei confronti di persona di cui non si abbia stima. Sembra, piuttosto, interessante studiare i dati di fatto che possono aver spinto il Mazzini ad emettere nel '24 un’ opinione cosi sfavorevole al cugino, e vedere su quali basi il giudizio stesso poggiava per legittimarsi. NeUa lettera, una frase merita particolare rilievo: « Ho sempre anzi di-approvato altamente quelle persone che forse l) Epurt. ILI, 20-22. · Andrei * e certamente il « Dria· deU' epistolario materno, il DcfovtaUi Andrea Gambini *eoiore ro*p«tiato cià dalla pollila di connivenza oogli «*u&. oc*me acche «opra ni è ricordato. Rapporti fra i Mazzini e i Solari 35 cercano di sapere iLe su-e minute operazioni, per accertarsi ognor più dellle eue opinioni e del suo .carattere ». Vengono spontanee le domande : a chi allude il Mazzini ? a qual epoca risale questa investigazione diretta ad-accertare le opinioni ed il carattere dell’ aw. Solari ? E’ intanto asso lutarne n te da escludersi che il Mazzini intenda qui riferirsi a quella più o meno larvata vigilanza ohe, a seconda dei momenti e deüile persone, veniva esercitato in tono maggiore o minore sui goliardi dell’ Ateneo Genovese, e di cui ci restano amplissime, documentate e ormai conosciutissime prove. A parte anche la circostanza che ili iMazzini entrava all’ Università quando il Solari ne era ormai uscito, per modo che della vigilanza cui si fa cenino non sarebbe rimasto che un ricordo orale non giustificato dalla calma neilda quale il Solari pare abbia compito i suoi studi universitari, 6ta di fatto che nella lettera si accenna ad orna sorveglianza iin atto. Occorre quindi ricercare la causa determinante di qualche fatto o meglio 'in qualche momento notevole nella vita del Salari, quasi direi anzi decisivo, pel quale 1’ o-rierutamento del suo avvenire dipendeva dall’ esito d’ una stretta ed intdma sorveglianza. Eliminato affatto il dubbio d’ un’ azione Carbonara (ibas-terà fra 1’ altro ricordare che solo nel 1827 il 'Mazzini accenna a voci d’ «una risorta iGarbonernia (1) mon mimane -che porre nel debito risalto il fatto che « ancor giovane d’ età.... potè fai* parte deilL Università come Dottore del Collegio di iLegge » (2). Troviamo ‘il -Solari Consigliere di tal Facoltà, con assoluta certezza, per l’anno scolastico 1830-31, pur non potendosi escludere che lo fosse già prima. Quest’ assunzione, costituendo mi (Collegio dji .Facoltà un integramento accademico secondo gli ordinamenti introdotti in esecuzione al Trattato di Vienna (3), poteva facilitare al Solari la carriera universitaria cui per la fama di esperto giurista in breve acquistatasi, per 1’ attività culturale e scientifica e fors’ anche per propria tendenza (si ricordi che anche il fratello Dott. Domenico aspirava alla cattedra) egli doveva mirare con isforzo costante e tenace. In un’ epoca come quella, dopo i tumulti scoppiati nella stessa Uni versila, preparata da uno stato d’ animo e da una sorda propaganda ostiilii al {Regime, che continuavano a serpeggiare sebben fiutati dalla polizia, e nei quali già era implicalo uno stretto parente dell’ avvocato, v’ era quanto bastava per sottoporre il Solari ad un accurato esame diretto a scoprire i suoi veri sentimenti ed il suo carattere, ed a far sì eh’ egli non ritenesse oppor- <1) A. Luzio, op. cit. ipa-g. 1. (2) V. Δ. Pozzo, Domenico ed Emanuele Solari, Genova, Tipografìa della Gioventù, 1907. Trattaci da poche note redatte non a scopo di studio e quindi forzatamente non approfondite. (3) Qfr. Isnardi e Cilesia, Storia dell’ Università di Genova, Genova, Tip. Sordomuti, 1867, P. II·, pag. 286. 36 Ferruccio Sassi tulio aprirsi con chiunque, cionca le ©ue iaspirazilomi ed ri suoii penai eri. Cosa che sola spiega liti contegno ambiguo fustigato «d'ali cugino. ■La « fredda ragione calicollia-trice », che a parerne del Mazzini costituiva unica guida delle azioni del Solari, è dunque il vero movente, in apparenza almeno giustificato, degli screzi sorti «fra i due al punto da suggerirne al Mazzini di non stringere più amicizia con tal gente e da desiderare il silenzio eterno sul cugino, anche se scevro di rancore non essendo « dato che tutti «coloro che non .sono (lcumi passi dell’ Epistolario mazziniano, «co-me ad esempio il seguente tratto da una lettera del 1836 scritta dal Mazzini, allora in Soletta, alla, madre (1) : « Bravo il Solari ! 'Gli permetto perarltro di divertirsi, ma non gli permetto di fare -il bello », forse integrato da un altra frase in lettera 28 iSettenuhre 1837 (2): «Vedo del medico Solari, e così doveva essere ». Quasi certamente invece, si riferisce alla passione giovanile del cugino Γ espressione « L’ aneddoto di Emanuele Solari è bellissimo : che modo di fare Γ amore è mai quello ? » (3). Certamente 1’ affetto del Solari verso la ‘Spinola fu profondo, duraturo e sentito, se per essa, pur essendone stato respinto, si indusse a pubblicare sulla « Gazzetta genovese » quella necrologia che lo stesso Mazzini, con evidente allusione ai sentimenti patriottici di lei, trovò « abbastanza ardita » (4). Questo particolare ci induce a fare una riflessione. Dall’ Epistolario mazziniano traspare (5) che Γ essere male accolto dalla Spinola — cosa che lo rendeva stranamente infelice — e la morte dell’ amata furono i motivi determinanti la partenza del Solari per iLima del Perù nel 1840, mentre Γ autore della necrologia dell Dott. Emanuele vuole affermare che la causa del volontario esilio va ricercata nel rifiuto, opposto dal-1’ autorità al 'dottore, dii accordargli una cattedra universitaria per motivi politici, o, per servirmi, delle parole stesse delila (necrologia, « per motivi noti alla superiore autorità, come si diceva in linguaggio del Governo passiate (6) ». Anche ammettendo che, per comprensdb.ile delicatezza verso l’amico, l’autore della necrologia del Dott. Emanuele non abbia fatto alcun cenno della sua passione (Sfortunata, bisogna pair convenire che anche la ragione dallo stesso addotta e affermata, partendo da un intimo del defunto, doveva avere reale fondamento di verità. Ciò basta ad escludere nel modo più assoluto che i fratelli Solari si fossero macchiati della vergognosa faccia di spie che, in seguito ad accuse dei suoi famigliali, il iMazzini affaccia come dolorosa ipotesi ed in modo invero dubitoso (7). Tale sospetto non è del resto neppur confermato nè dal padre nè dalla madre delll’ esule, ii quali invece sii soffermano siu altri punti. Precisa il padre che proprio i parenti cercavano di spargere notizie avverso Pippo ; che, trovandosi in compagnia di persone che lo conoscevano e lo stimavano, facevano il possibile per far loro cambiare opinione; che proprio essi vivi e morti (i iSolari) avevano fatto tutto il possibile per porlo -in ridicolo e disprezzarlo e che i vivi continuavano l’eredità del (morto (8), finché ad allusione del tàglio che si meraviglia dell’al- (1) Epiet. IV, 428. .(2) Ib. VI, 110. (3) Ib. Vili, 101. (4) Ito. VIII, 63. (5) Ilb. IX, 312. (6) Pozzo, memorie cdt., pag. 23. (7) Epiet. VII, pag. 128. (8) A. Luzio, La madre etc,, pag. 160. Rapporti fra i Mazzini e i Solari 41 1 ont an amen to del Dott. Emanuele (1), la madre risponde che non vede mai il Solari « ed il beilo si è -che quando (questi) vede il padre per via, gira strada. Egli sente dii suo torto, se pur n è capace », ma essa non si ricorda « nepfpur di conoscer Ili.... : tutta quella famiglia è gente morta » (2). ipgrQigQ rpp.TflilitiTio che quest’ avversione dovesse essere in buona parte alimein'tatia dalla divergenza di vedute, e quindi dalla disapprovazione dell·^ predicazione «deil Mazzini giudicata, com è naturale, superficialmente e per quanto era di dominio pubblico, vero o presunto che fosse. Basterebbe ad Alluminiarci al riguardo l’aneddoto, che ritengo medito, e che ho appreso dal Comm. Avv. Leopoldo (Ferrarmi, di Sarzana, la cui nonna era cugina di Giuseppe Mazzini. Era essa Colomba Solan, sorella <1'θ1!Γ avvocato Domenico e del dottor Emanuele, ed aveva sposato un Liuigi Schiffini di Spezia, trasferendosi col marito in questa città e andando *ad abitare in una casa, tuttora esistente, situata dietio 1 attuale stazione ferroviaria principiale (3). (Raccontava dunque una ‘figlia della Solari, iPa-lmiira, al genero (Marchese iFrajnioesco De 'Ferrari di Genova, che una notte, essendo essa ancora giovinetta, giunse nella loix) casa, un prete. iLa Paimira si mise ad origliare .dalla (porta «della sua camera e sentì che La (mamma sua rimproverava l’ospite dicendo : « Tu stai a tavolino e mandi gli altri a farsi uccidere, 'ed ora fuggi ». Si accese naturalmente una disputa, ed il prete, colto da un accesso di furore, afferrò ad un certo punto il calamaio che era sul tavolo, im atto di scagliarlo altrove. Il Luigi Schiffini tentò di trattenerlo, ma il calamaio andò ad infrangersi sul muro, schizzando Γ inchiostro sul muro stesso e sulla porta dietro la quale la g!ovincita stava in ascolto. Questa, spaventata, tornò a coricarsi ben sotto le col tiri -e si laddormentò. IL’ indomani sentì dire in famiglia che il prete era il Mazzini, ili quale, in quella stessa notte, era fuggito attraverso i manti accompagnato sino al confine dal padre di -lei, cui premeva (1) Epiist. Vili, 101. (2) A. Luzio, op. oit., pag. 235. (3) Ha scritto il Salucci (Amori Mazziniani, Vallecchi, Firenze, pag. 60) che caratteristica della famiglia Mazzini, coni une a molte famiglie geniali, fu la sterilità. Sarebbe stato pi il esatto i.1 ricordare ohe anche in questo cairnipo si notano quelle con-tradidizioni che già il Saiucci stesso rilevava (op. e luogo cit.) a proposito di casi di morte precoce misti a casi di longevità. Se infatti è vero che il padre di Mazziini non aveva fratelli, che il’ unica sua figlia sopra wiissuta isino a tarda età non lasciò prole, e ohe Oixise(ppe non lasciò discendenti, è pur vero ohe la sorèlla· del dott. Giacomo, Maria, sposa del Notaio Giuseppe Solari, ebbe ben 8 tra figli e figlie. Mentre non trovo traccia di idi scendenti, maschi viventi, e mentre due delle quattro femmine presero il velo, ile altre due che «si accasarono (Pellegrina in Viviani, Colomba in Schiffini) èbbero entrambe numerosa prole per la quale si legarono poi in parentela con famdiglie sar-zamesi ('Ferrarini) spezzine, (Borgato) chiavareei, (Ghio, Va-ssaillo), genovesi (Mara gliano, Pozzo). 42 Ferruccio Sassi salvare 'il congiunto e non compromettersi, e si era quindi pasto in salvo varcando la Magra.. Non v’ è alcun motiivo per mettere in dubbio l’esattezza storica dell'aneddoto, che non può certo non aver prodotto note-v od e im p ressi o ne sul 1 ’ immiagii nazi on e ti ’ u ma gi o v an ìet ta, stia p er âd p a rii -collare dellia disputa avvenuta fin casa, sia per esservi Ooimvolto il cugino del quale aveva certo tgià sentito parlare in ifamiglia. iNon sarà male altresì 'ricordare come già iall’ epoca, press’ a poco, dell matrimonio della cugina iColomba, e precisamente im lettera 84 giugno 1840, il Mazzini ringraziasse la (madre per le notizie trasmessegli! sul comto dei Soia ri (1); egli doveva ben conoscere il domiciiLio dei suoi parentd. E se qualche rilievo può farsi, si è pei· istabilire con precisione l’anno e quindi le circostanze della vita dei Mazzini quando accadde il fatto. Per quanto Tesser ancora molto arretrata la pubblicazione dell’epistolario mazziniano intralci questa ricerca, che potrà esser condotta, con sicurezza di procedimento soltanto a pubblicazione avvenuta, p>ur tuttavia, basandosi su numerose testimonianze che attesfta/no il Mazzini presente in Genova e in iRiviera vestito ora da prete ora da frate' pei· la preparazione dell’impresa di Carlo Ptisacane, che doveva essere aiutata da un moto nella metropoli ligure, e tenendo conto d i quanto gii à è conosciuto circa la vita dell’Agitatore, opima il Manmucci che la visita del Mazzini alla cugina Colomba Schifimi possa con fondatezza essere riferita all’anno 1857. Rii accostando a questa data la frase che dette origine ailla disputa, e alla circostanza che lo Schifimi accompagnò al confine il suo grande congiunto per salvarlo e per non esser compromesso egli stesso, non si può allora non pensare che la visita avvenne dopo il fallimento della spedizione Pisacane e quindi non prima del luglio di quell’anno. ìNeli’attesa che nuovi elementi consentano una soluzione non soltanto molto attendibile, ma storicamente esatta, del quesiito, possiamo senza tema d’errore rilevare che la frase colta dalla giovinetta Paimira conferma come non tanto ad innato malanimo fosse dovuta l’ost/ilità dimostrata al Mazzini dai Solari, che non essendo sordi aLl’amor di patria attendevano e forse ne speravano la risurrezione per altre vie, quanto piuttosto all’ incomprensione dell’ attività dell’Agitatore (2). ü) Epiet. IX, 169. (2) Alquanti anni dopo la visita agli Schifimi, e forse idopo il disastro di Mentana, allorché organizzava l'insurrezione per la liiberazione di Roma, il Mazzini ebbe a trovarsi nuovamente in Lundigiania, e certo venne accolto in casa Chiocca a Sar-zama ove viveva allora com la propria madre — ulna (Ferrarin — il oanonico Carlo Chiocca, st/udrioso di discipline matematiche, noto iper le .sue tendenze nazionali e rivoluzionarie che lo portarono anche a subire un (processo, fin ve a tore idi una boanba speciale il cui modello spedì nel 1849 al Ministro della Guerra della Repubblica Romana perchè se ne servisse contro i francesi. 11 Mazzini giunse preceduto da um emissario che, come ebbe modo di accorgersi un vecchio servitore di casa, /portò al canonico una nota di istruzioni avvolta entro la foglia- esterna d’un sigaro avana. Il Mazzini stette alquanto tempo nascosto in casa, ma probabilmente la presenza sua. Rapporti fra i Mazzini e i Solari 43 Dopo lutto, non bisogna -dimenticare neppure la divergenza di opinioni che esisteva nel seno stesso della famiglia Mazzini. Siamo nel periodo in cui si acutizza e raggiunge il diapason dell’intensità la polemica tra padre e figlio. /Non è male rievocare brevemente lo sfondo dell’ambiente in cui la polemica stessa 6i svolge, e toccarne i momenti salienti, venendo ad un certo momento 'in essa coinvolta anche una delle due Solari, Angela e Luigia, che avevano preso il velo. Ancora 'giovane entusiasta, e affatto disinteressato il figlio, convinto assertore del sistema politico-religioso da lui ideato e che reputava il migliore. /Di contro, l’ormai stanco e vecchio giacobino, che, di fronte alla lunga ed amara esperienza della vita, aveva fatto getto del suo bagaglio ideale, sfiduciato per non trovare nella massa quella risonanza, nei reggitori quel disinteressato amore, in -ohe egli pure si era illuso un tempo. Illusione lo sperare da stranieri l’unità della Patria; illusione confidare in un’ umanità resa migliore da un brusco rivolgimento interno; errore iil credere iaJH’ antico regime, nulla doversi attendere dal nuovo, da lui stesso puir isimpaticamente accolito sugli inizi. Tutto contribuiva a crearci quella figura -di persona, che .si ritrae nauseata -dal vivo delle lotte e dal rumore del gran mondo per concentrarsi negli studii, nelle meditazioni solila caducità delle cose umane e sull’ immortalità dell’ anima, quale balza viva, scultoriamente efficace, dalle pagine degli epistolari. Il pad/re « ormai attacca tutto il suo mondo » a quei due o tre asini imbelli di nobili e « quando intende parlare del mondo crede che consista in questi tre o quattro » (1). Egli « vorrebbe veder guadagnar denari e va ripetendo « guadagna, guadagna » (2), non tanto però per innata avarizia in quanto egli stesso scrive che dall’ avarizia e dall’ ambizione non posso'ii nascere che mali e disordini morali (3) e cita in appoggio al suo asserto il caso dell’ avvocato e del medico Solari dei quali si dicevan « orrori nella curia e (negli) amici : tanto per ciò riguarda alle opinioni che ad altre operazioni poco morali », frase questa che provocava un avvertimento del figlio sulla grande malignità degli uomini. Donde la 'necessità di procurarsi i mezzi d’ un’ onorata sussistenza e nulla più. Ma la polemica famigliare 6i -accende più viva a proposito delle divergenze ideali : « l e tue opinioni, le tue credenze devon essere considerate come piaghe, ulceri che tormentano il tuo fisico e il tuo mo- ailmeno come quella, d’un estraneo alla famiglia, dovè esser notata perchè fu notte tempo fatto fuggire dalla terrazza, fper una porticina ohe su essa ei apriva, nella contigua casa del pittore Camillo Pucci, e condurre quindi in località Calcandola ove i Chiocca possedevano un mulino con una piccola casa d’abitazione. (1) A. Luzio, opera cit., pgg. 181-182. (2) ib.% pag. 177. (3) ib., pag. 155 44 Ferruccio Sassi ralle » (1).... Ripeto quanto ho fìtto nella mia testa già da ann.i— che 6e per disgrazia uno ha delle credenze opposite a quelle del genere umano deve fare tutti ii suoi ©forzi per modificaiUi » «(2). La questione verteva ormai puramente su divergenza di principii, nella quale il Dott. Giacomo, non troppo forte in dialettica, non poteva rò/uscire, non dico a smuovere, ma anche solo a far comprendere al figlio come egli andasse vagheggiando, miste a concetti buoni, utopie irrealizzabili affatto, ancor più per quei tempi. Da un’dnteressantflssdma lettera del Mazzini alla madre, scritta da Londra il 15 Agosto 1838 (3) in risposta alle solite linee interne scritte in calce a misisiiv-a della madre del 3 stesso mese, e -che, se ben in’appongo, deve ritenersi almeno per ora smarrita, parrebbe che il Dott. Giacomo, forse riferendosi alle idee polliliico-religiose del -figlio, a\7esse scritto che -anche il dottore della Chiesa Origene, certi re, e persino la cugina Salari e la iDegoda, che «avevano preso il velo abbandonando i più stretti congiunti, avevano invocato Dio per dar ragione delle loro risoluzioni, e che quindi nulla, mostravano in sostegno delle idee del figlio le sue invocazioni alla divinità. Dalla risposta del Mazzini s’ intuisce che 1’ esempio 'della cugina e della conoscente ha suscitato in lui un piccolo moto di sdegno, potendo la citazione intendersi, nonostante in fondo egli >si auguri d’ ingannarsi, quasi larvato rimprovero diretto a lui che aveva, esso pure, abbandonati i vecchi genitori jDer dedicarsi alla missione di cui si riteneva investito dall’alto. iLa risposta mostra ancora una volta come il Mazzini affrontasse il sacrificio con piena coscienza: « ...la via di sadvarsi non può essere che nel sacrificio, e il primo dovere è quello di sacrificare il proprio piacere a'I bene degli altri ». Più tardi il Mazzini daTà del Dott. Emanuele un giudizio generico, che nel suo intimo intendeva forse estendere a tutti i suoi parenti. « Sono nature miste che non 6’ hanno da assolvere nè da condannare interamente » (4). Del resto egli non poteva certo aver dimenticato come nel 1835 il Dottar Solari avesse anch’egli affrontato l’epidemia di colera, per cui periv-a il fratello suo avv. Domenico, esponendosi accanto al Dott. Giacomo sì da meritare egli pure particcylare menzione di lode sulla Gazzetta iPemontese del 1° ottobre 1835 (5). « Se egli ha buone intenzioni, ora eh’ è fuori, vedremo cosa farà; perchè i nostri italiani all'est ero, e specialmente quelli delie Americhe, cercano tutti stampando, o in altro modo, di fare qualcosa pel loro paese, e certo, presto o tardi, anche a (Lima se ve ne sono si rannoderanno (6). (1) iA. Luzio, op. cit., ,pag. 176. (2) -ib., pag. 180. (Z) Bp., VII, (pag. 123 e sgg. (4) Ειρ., IX, ,pgg. 312-13. (5) Cfr. Ep., ITV, 100, n. (6) Ep., X, pag. 288. 4 Rapporti fra i Mazzini e i Solari 45 Questo il patriottico augurio del Mazzini. Per quanto non mi sia possibile oggi, per ovvie ragioni, .accertare &e e in qual misura il Solari aibbia corrisposto alile -speranze del grande cugino, non va però obliato il fatto che non solo egili non ruppe con questo i rapporti, ma per primo li riannodò mantenendoli, poi, come le circostanze particolarmente diffìcili lo oornsentivano, sino alla morte avvenuta nel 1853 alla vigilia del ritorno in Patria, dopo che in iLAima con La profondità della dottrina, di cui già aveva offerto in Italia e in Francia ampie prove, con l’abbondante ingegno, e con quel « savoir faire » che il Mazzini (l’espressione è sua) gli riconosceva in gran copia sì da meravigliarsi che con doti siffatte non avesse potuto farsi, largo iin Genova (1), aveva saputo conquistarsi briiMantiesima posizione ufficiale mostrandosi ben degno di appartenere a queslla lunga teoria di scienziati che in tutti i tempi, anche nei più oscuri, ha sempre saputo tener all’estero gloriosamente alto il nome e il prestigio dell’Italia. Ferruccio Sassi (1) Ep., IX, pag. 277. DOCUMENTI ITALIANI ALL’ ESTERO LETTERE INEDITE DI G. GARIBALDI iLa Biblioteca Reale di Bruxelles conserva fra gli autografi alcune lettere di Giuseppe Garibaldi -che il Signor Charles Fritz Barbour volle, con amorosa sollecitudine, donarle. Alile lettere del grande patriota dirette ad Anthélme Fritz, padre del donatore, sono unite 3 fotografìe dii Garibaldi, due delle quali con dedica autografa e tre altre di iFmancesica, Clelia e Manilio. Camp!etano la raccolta 3 lettere di Maria Dandolo dirette a Victoire Fritz, sorella d’An-thélme, con ila quaJle era 'legata da vincoli di affettuosa amicizia. 'Certamente le Lettere non sono tutte quelle che Garibaldi diresse al Fritz. Fa infatti parte della raccolta una 'lettera dell 14 novembre 1861, diretta al journal « La Réformation » con la quale Garibaldi protesta contro un articolo apparso il 2 novembre di quell’anno sul N. 44 di quel giornale che si pubblicava a Bruxelles e che ebbe non -lunga vita. Non sappiamo a quaile preciso fatto della vita di GanLbalda si riferisse l’articolo « Un épisode peu connu dans la vie de Garibaldi » contro ili quale questi protestava con poche ma sentite parole, perchè invano ricercato il numero di quel giornale, anzi la collezione dii esso. Nessuna biblioteca del Belgio la possiede, solo la biblioteca de la Ville possiede due numeri di queirebdomadario che aveva un carattere democratico ed emanava da un centro, con tutta probabilità, protestante, perchè dopo la testata: « ìLa Réformation » journal hebdomadaire politique scieintiiifìque, ilittéraire et religieux, porta la frase : Suivant la véri/té avec la charité. Anche le ricerche che abbiamo fatto presso privati sono riuscite vane, ed anzi possiamo dire che anche le persone bene addentro al movimento democratico e protestante non hanno alcun ricordo del giornale stesso, il quale non è neppure ricordato in una recente ed interessante pubblicazione. Sappiamo però che Fritz era un collaboratore del giornale « iLa Ré-formation » e la protesta di Garibald/i fu, con ogni probabilità, l’occasione per Firitz dii entrare (in relazione col grande italiano, che aveva ammiratori sinceri fra i democratici di tutti i paesi ed anche dell Belgio. Gli avvemmenti del 1859-60 avevano richiamato un’attenzione più viva su Garibaldi, specialmente in Francia ed in 'Belgio ove gli elementi reazionari sostenevano, con danaro e con uomini, la causa ded pontefice, combattuta ed avversata da tutti i democratici e dai liberali che davano a questa parola ai suo vero significato. Documenti italiani all estero - Lettere inedite di G. Garibaldi 47 Il Belgio aveva dat-o e dette, anche in seguito, un potente aiuto alla caixsa pontifìcia. Di qui partivano infatti danari ed uomini in gran numero, ma dadi]'altra parie gii uomini di sinistra, deboli di forze finanziarie ed anche di numero, non dimenticavano di dare il loro aiuto alila causa democratica, che era ila causa d’Italia. iL’argomento interessante sarà, fra breve, oggetto di un mio studio; ma qui sarà sufficiente riaffermare che tutti gli uomini avverai ad ogni forma idi reazione erano favorevoli alla causa italiana e Garibaldi riscuoteva La più grande ammirazione. LI grande avvenimento di Mentana dove, come disse Bovio, « sii compie il ciclo Garibaldino, diciotto anni di epopea pop odiare, che comincia da Roma e finisce sulla via di Roma », rinforzò Γ ammirazione per il grande di iCap-rera. Anche in Belgio i non numerosi giornali democratici che già arditamente battevano in breccia contro la boighesia retrograda e conservatrice, .riprendono con maggior forza la lotta contro i cattolici papisti interni e contro la Francia iimjperiaile. Gli scritti contro gli uni e Γ.all tra non sono sempre temperati, si a che partano da uomini della sinistra liberaLe, o dai liberi .pensatori o da coloro che apriranno il varco aill-a nuova corrente. -Mentana ! quanti cuori ha fatto essa fremere di dolore, di sdegno, di ammirazione ! Nei circoli democratici Γammirazione per Garibaldi era forte e vivo il desiderio di -possederne l’effigie; ma veramente il Belgio era povero in questo genere. Del resto anche in Francia ed in Italia stessa fra le tante riproduzioni di Garibaldi ch-e circolavano, quante riproducevano esattamente 1-e sembianze del generale ? Spesso la «camicia rossa, o la papalina erano gli unici elementi per (identificare, sotto sembianze fantastiche, l’eroe di (Roma. In Bedgio circolava -largamente un’effigie di Garibaldi incisa dal vero da Angelo /Rossena di Parma e stampata a Torino ed uin’ailtna con La scritta: — Garibaldi général des chasseurs des Alpes — us/cita dalila litografìa Kirsck a Liegi ove si vendeva da Jean Beretta. Ma sfido chiunque a riconoscervi Garibaldi, senza la dicitura ! Mentana eccitò potentemente il desiderio d;i conoscere veramente le sembianze del puro eroe italiano. Eugène de Block, uno deii pittori ritrattisti più popolari del Belgio si recò in Italia, sul finir dell’anno 1867, per compiere un ritratto di Garibaldi. Si recò infatti a Capreira e nel giugno del 1868 egli rientrava in ReQgio, avendo quasi compiuto il suo lavoro. Il quadro esposto poi a Gand ed a Bruxelles -riscosse la generale approvazione ed anche critici recenti, parlando .(JiefliTopera del De Block, non hanno dimenticato di citare, fra le sue opere migliori, il ritratto di Garibaldi (1). Contemporaneamente al De Block, un altro artista Belga, d1 Anversa, eseguiva un quadro avente per soggetto Mentana. L’artista era Léonard (1) Lemonnier C., L’école Belge de peinture, Bruxelles, 1906. 48 Mario Battistini Van den Kerkhoven nato ad Anversa nel 1828, di famiglia ricca e nobile decorata del titoilo (comitale. Eglii si applicò prima alila scultura e fece speciali studi di an atonia, ima passò poi alila pittura, ailila quale si dedicò esclusi vameote. Repubblicano convinto egli non portò mai il titolo nobiliare, rifuggì ogni onore e, milite devoto della proprio idea, s’interessò a tutti i grandi avvemimeniti storici del suo tempo. Così le piaghe sociali, gli omeri della guerra, gli abusi di certe teorie filosofiche tentarono il suo pennello. Ned 1851 espose a Bruxelles « La chûte des Anges et L’Epiisode du déluge ». La rivoluzione del Messico io interessò vivamente e in un quadro « \L’invasion du Méxique » predisse, può dirsi, la caduta di quei l'effimero trono imperiale che doveva bein presto travolgere Γ ambizioso Massimiliano, portando il lutto e la sventura neila stessa casa reale del Belgio. , Ammiratore delda resistenza messicana, Léonard dipinse vari quadri, prendendo a soggetto alcuni dei principali avvenimenti di quella rivolutone e trovandosi al Messico Γ artista ricevette un gio-rno una grande corona di fiori con questa ascrizione : « Léonard, reçois cette couronne, faiihle gage du peuple opprimé, qui rend justice à ton pinceau révolutionnaire. Tu nous montras la Lutte prochaine que nous aurions à soutenir pour reprendre cette fois à jamais la liberté, que nous avons constamment perdue par notre faiblesse. » (Le peuple de /Bruxelles. Anno XIV. 5 septembre 1898, N. 248. Nécrologie di Léonard). -Fedele alle proprie idee, Léonard de;tte tutta la propria simpatia ai moti parigini della comune e quando, ned 1871, all’enitrata dell’airmata di Versailles in Parigi, i membri della comune furono fucilati, egli fece ogni sforzo per salvarli dall’eccidio e ne raccolse modii, fra i quali Blan-qui, che ospitò è riuscì a salvare dalla furia sanguinaria deltla reazione trionfante. Questo suo atteggiamento, gli valse 1’ avversione di tutti gdi elementi retrogradi e paurosi del proprio paese e non è a maravigliare se la critica contro la sua opera fu più aspra di quel ohe meritasse. Léonard morì fedele e, trasferitosi poi a Parigi, (1870-89) col'laborò a vari giornali francesi e, studioso dei fenomeni spiritici, codlaborò anche al « The spiritualis t » dii Londra. Democratico, protestante, avversario della chiesa catto Mie a, la questione romana, alla quale dedicò numerosi articoli, ίο interessò vivamente. Legato di amicizia con 'Garibaldi, del quale era un fervente ammiratore, non lasciava passare occasione per ricordare il grande italiano, per metterne .in evidenza Γ opera patriottica e disinteressata. .Fritz dette subito notizia a Garibaldi del quadro dipinto da ■Léonard ed il solitario di Caprera non mancò di manifestare ad ambedue la propria riconoscenza. Un mese dopo la risposta di Garibaldi, Fritz ipuibbliioaiva un liungo articolo intorno al quadro idii Léonard. Il critico, ^mettendo in rilievo il nobile scopo del pittore, che, raccogliendo iil pensiero del grande Wiertz, aveva tanto nel suo quadro « L’ invasion du Mexique » quanto nel « Garibaldi dévant (Ro\me » mostrato che 1’ o-pera. del pittore deve tendere alla educazione del popolo, ed a fargli conoscere i grandi avvenimenti della storia ed li grandi uomini, dà una descrizione particolareggiata del quadro che riteniamo utile di -riferire, poiché il quadro è andato «disperso, con de parole stesse del critico : .« A gauche, planant dans la fumée du combat, on voit Napoléon à la (figure calme et impassible, eit le Pape, criant de rage et de joie. lia regardent la lutte héroïque de un contre tous, du droit contre la force, de la justice contre Γ injustice, de la liberté contre la tyrannie. 50 Mario Battistini Garibaldi, formant le centre lumineux du tableau, les. .regarde d' un air de mépris et de digm/té. Quelle belle tête ! quelle noble .physionomie ! quelle (lumière d’intelligence édaire ce beau visage ! quel sentiment de son «droit est empreint dans ce 'regard à La fois doux et peiv çanit ! iLa force numérique Γ arrête, maiis ce n’ est qoie pour un temps, il sait qu’ il vainera, tôt ou tard, et que Home appartiendra nécessairement aux .Italiens, que le jour arrivera bientôt où la Liberté et La justice y .feront (leur (entrée solennelle, en balayant Γ idolâtrie et 1’ iniquité. ■Et puis regardez ses ennemis à droite, ce soldat ivre de rage et de jofe à l’idée du pouvoir arracher des anains du libérateur die 1’ Italie ■le drapeau 'de Roma o la morte; cornane éette expression de (figure est bien sentie et parfaitement rendue ! Un peu plus bas, un officier, à la physionomie sombre d’ un traître, tire violemment à lui le bras droit de /Garibaldi afin de le terrasser; à gauche, deux soldats il’ attaquent: et eon prêts à le transpercer; en face de lui et à gauche du .spectateur, da troupe mercenaire essaie les merveilleux fusils chassepot. Au-dessus,, dans ila fumée de la fusillade, apparaît Victor-Emanuel lançant «un regard suppliant à Napoléon et au pape, implorant leur pitié et leur tendant son épée. iMentama est. acquise à 1’ histoire; Mentana est immortalisée également par la peinture. Léonard a fait belle oeuvre, Léonard a bien mérité de la liberté ». Fritz giudica benissimo riuscito il quadro sia per Γ azione ed il movimento, sia peT 1’ espressione dei personaggi. La disposizione, la prospettiva, la iluce, gli accessori studiati, tutto felicemente riuscito. (Le peufle belge di 'Bruxelles, iN. 379. ιΑηηο 5°, 29 agosto 1868). La c/iitica sicuramente la più entusiasita possibi/le, non sappiamo se essa fosse, come richiedeva dii pittore nel suo manifesto-promessa, la più sensata; ma iè certo che Léonard la ritenne tale e, mantenendo Ha promessa, dipinse il ritratto idei critico. Il quadro è magnifico. Monsieur Léonard - -Charles Fritz - Rarbouir, (figlio di lAnthélme, che ebbe a padrino d’onore (Garibaldi stesso, me ilo mostrava, or sono due mesi, mentre con mal celata commozione ricordava il tenero padre e con fierezza pensava tal suo grande padrino. La faccia incorniciala di nera barba, ì’ occhio aperto e calano, Anthélme Fritz, che \ha tutta 1’ aria di un apostolo, sembra sia per parlare. La penna nella mano posata sulla carta, nella quale si elegge: Garibaldi dévant IRome - Anthélme Fritz -Remy 1867. L’ artista ha firmato, com’ era suo uso, col solo nome : a Léonard » e non ha dimenticato di porvi la dedica « A il’ auteur de la critique la plus sensée du tableau de Garibaldi dévant /Rome ». L’ amicizia fra (Fritz e Garibaldi si rinsaldò e Léonard ebbe pure un posto nel cuore del Nizzardo; grande cuore pieno di infinita bontà. L’ anno dopo, il 4 luglio 1869, iFritz, che già aveva avuto da sua Documenti italiani all* estero - Lettere inedite di G. Garibaldi 51 moglie Jeanne IRemy due figli, lAdrienne mel 1862 e Théophile nel 1863, vedeva la propria famiglia aumentata di due -nuovi membri: Léonard-Charlee e Leonora-Miranda venivano ad allietare la sua casa. Egli non mancò di informarne Garibaldi e di chiedergli nel tempo stesso di volere essere il padrino d’ onore dei maschio. Léonard fu incaricalo dal Generale di rappresentarlo. Nè Fritz volle limitarsi a ciò, ma chiese a Maria Dandolo, di volere esserne la madrina. La nobile donna, che aveva vissuto qualche tempo a Bruxelles, aveva stretto amicizia con Vi-ctoire Friitz, sorella d’ Anthélme, signorina di elevata cultura, che aveva incontrato nella casa della contessa d’Outremont. L’ interesse che Fritz portava alla causa italiana, la sua costante opera a favore di essa e della democrazia avevano cementato la nuova amicizia. Ritengo anzi che nella sua casa convenissero uomini nostri e -che le conversazioni suiil’ Itailia non fossero nè occasionali, nè rare. E’ certo che 1’ Aleardi era amico della famiglia /Fritz, poiché Victoire ne aveva certamente domandato notizie all’ amica lontana, se questa, il 22 lugtlio 1869, le rispondeva « Je ne sais d’ Aleardi rien d’ autre sono η qu’ il est à 'Florence ». Informata subito dell’ avvenimento, Maria Dandolo, il 6 luglio, rispondeva all’ amica accettando volentieri di essere la madrina del piccolo Léonard-Charles ed aggiungeva : « Ecriis-moi aussi si Garibaldi a accepté. Vous avez bien choisi; le nom de ce gran homme, qui est toujours grand malgré tout, portera bonheur au petit garçon ». Il 18 luglio nella chiesa protestante del 'Museo i due piccoli Fritz ricevevano dii battesimo e iLéonard Van den Kerkhoven presenziava a Γ atto, in rappresentanza di Garibaldi. (Atti di battesimo N. 31 e 32). E il piccolo « iGari », come Garibaldi 'lo chiamava nelle suç brevi, ma sempre affettuose lettere e come era chiamato dai famigliari, era ricordato con tenerezza dalla madrina « presque jalouse de Mr. Léonard qui peut le voir et 1’ embrasser à chaque (instanit » (22 luglio). E all’ a-mica, alla zia del piccino, raccomandava di abbracciare « mon bien-airné petit filleul ». Povera e dolce madrina la quale purtroppo, colpita idaJ/La malattia -terribile che ella temeva e che Garibaldi, con affettuosa preoccupazione, smentiva, ben poco doveva sopravvivere. Sposatasi infatti il 27 ottobre di quel medesimo anno 1869 con Costantino Naselli, edla isi spegneva, ancora giovane, ad Algeri Γ 11 maggio 1871. Garibaldi era in Francia coi suoi fidi : sempre pronto per combattere -contro la forza, per sostenere la buona causa. Fritz, a Bruxelles, aveva il pensiero travolto all’ amico in armi contro i Prussiani ed era certo 1’ ispiratore dell’ articolo in lode di Garibaldi apparso nel N. 20 del Giornale « L’ Indiscret ». L’ articolo, firmato dal direttore del giornale, Jules Caumartin, merita, per la parte riguardante Vittorio Emanuele lì, una speciale attenzione che gli dedicheremo fra non molto. L’ affettuosa corrispondenza non cessò, nè durante i pericoli della guerra, nè durante la solitudine di Caprera. Nel 1878 la vittoria dei li- 52 Mario Battistini berail'i contro il clericalismo·, ohe portò al governo Frère-Orban, riempi di .gioia Garibaldi. Amiche nel 1880 ila sinistra beP. s. — J’ ai ireçu les magnifiques photographies. Je vous en remercie de coeur. V. Dole, 21 octobre 1870. Mon cher Compère, Je suis bien heureux à la fin de ma carrière de pouvoir encore servir la cause sacrée de la liberté que .i’ ai idolâtrée toute ma vie. Mes saJlutation à la famille et un baiser à mon fi'lfleul de votre dévoué G. Garibaldi VI. Amange, 27 octobre 1870. Mon cher Fritz, J’ ai répondu à votre première lettre de -Dôle. Dites à Mad. Dandolo que je suis certain qu’ elle n’ a pas la maladie qu’ on lui suppose. A Γ indiscret ma gratitude. A votre famille un salut du coeur. Votre G. Garibaldi 54 Mario Battistini VII. Caprera, 12 septembre 1871. Mon cher Compère, Je suis fatigué de remédies et je voue rémercie pour celui que vous me conseilliez. [Un baiser à mon filleul et mes compliments à toute 'la famille. Votre dévoué G. Garibaldi VIII. Mon cher Fritz, Merci pouT le nouveau portrait de mon cher Gari à qui vous pouvez apprendre îles deux maximes suivamt.es : ((—(Passiamo presto e sulla punita 'dei piedi questo montici no di fumo e di sangue, che si ‘chiama Papato ». — '(Guerrazzi). (( — (Les mortels sont égaux; ce n’est· point la niaieisance, c’ est la senile vertu qui fait, leur différences ». — (Voltaire). Mes salutations à la famille, de Votre dévoué /G. Garibaldi Caprera, 1er juin 1872. IX. Mon bien cher Fritz, Fâ'ché de ne pouvoir vous écrire longuement, je me contente de vous assurer de mon amitié sincère et de ma igratitude. J-e vous envoie mon portrait, un -baiser à mon fillleul et mes salutations affectueuses à la Cammère, de votre dévoué 'G. Garibaldi X. Comprerà, 18 juin 78. Mon cher Fritz, La défaite 'des prêtres .en Belgique c1 est le triomphe du bien dans le monde et «nous le saJluon® avec enthousiasme. Honneur aux braves Bel'ges ! toujours votre dévoué G. Garibaldi Note sui Buonaparte e sulla basilica di S. Andrea di Sarzana 55 Mon cher Fritz, XI. Caprera, 16 juin 80. Honneur à la vaillante Belgique qui lave 1’ humanité de ses noires souillures. Je voue envoie les portraits de ma famille. Mes salutation à ila vôtre et un ibaiser à mon fiM-eul. Toujours votre dévoué G. Garibaldi Merci pour vos portraits. Mes enfants sont blonds. XII Mon cher Fritz, Alassio, 21 février 81. Merci pour le -beau portrait. Mes ea/lutations à votre chère famille. Votre dévoué G. Garibaldi STATUTA SAONE DEL 1404-1405 Gli Statuti del Comune Savonese esistono in più esemplari. In ordine cronologiico di primo è quello degli « «Stallita Antiquissima » ohe Giovammii iFdil i'P p i (1) ascrive al 1345, e dii cui p airi'ano anche il iNoberasco {2) e il Bruno (3). Ili .secondo esemjplajre iè quello del 1376, la cui tot e*tìpretazdone è diffìcilissima pei’ la cattiva scrtittura; quindi '.seguono la doppia redazione dell 1404 in pergamena, i Cnmiiimadd pure fin pergamena. Appunto gli « fStatuti » del 1404 intendo -studiare e per ora solo i « Poilitica Amministrativa », essendo troppo vasta la materia. Più tardi, se questo mio lavoretto, coronerà la mia pazienza, md invogilieirò niaig’gùoa'niente, alla continuaz ionie deglii latoi due volumi. I « Politica Ammimdistrativa » di suddividerò ancora, e ne stiudierò Γ aspetto « Politico Amministrativo », il 'Culto, Γ Igiiene, Γ Istruzione e le Arti. Infine ogni parte del 'Diritto Statutario Savonese sarà confrontata con quello di altre (Città LijgiUiri, inoltre farò anche confronti con alcuni statuti piemontesi. Ho detto che 1-a (redazione del 1404 è doppia. (Di.fatti consta di due volumi, ambedue iin pergamena. /Uno, il più antico, contiene la parte PoiliticoAmniinistiratirva, misura cm. 38x26, è .legnato in pelle io ssa, è scritto tutto dalla stessa -mano; qualche pergamena è leggermente tarlata, le rubriche spiccano in caratteri rossi, e belle miniature in roseo e in turchino tornano la lettera iniziale di ciascuna rubrica. L altro volume contiene oltre Ha parte Politico-Amministrativa ii « Civilda », misura icm. 39x28, è legato dn pelile .scura, ha inove chiodi .rilevati per ogni lato della copertina; è scritto daJlilia stessa mano, ma delta stessa mano non sono le .aggiunte ii fondo; ha alcune corrosioni mediiane. In questo votane precede 1’ indice, le rubriche spiccano in caratteri rossi; anch'' esso contiene deMe miniature, ma non sono così numerose e 'Così belle come nel primo volume. Ambo i volumi contengono aggiunte in margine e appiè della pagina; inoltre dll secondo contiene parecchie (1) Giovanni Filippi, Studi di Storia Ligure, Roma, 'Soc. Editrice D. Alighieri, 1897, pag. 171 e segg. •(2) 'Filippo INoberasco, Gli Statuta Antiquissima del Comune di Savona, in « Gazzetta di Genova », anno iLXXXIV, N. 5 e 6, Tip. F.ll'i Pagano, 1916. (3) Federico Bruno, Gli Si aiuta Antiquissima Saone, in « Atti della Soc. Savonese di istoria Patria », Voi. I, Tomo I, Savona, Stato. Tipo-grajftco (Ricci, 1918, pag. 27 e segg. Statuta Saone del 1404-1405 57 pergamene con aggiunte di animi posteriori iscritte da diverse mani, e in periodi di tempo diversi. «Detti volumi sono conservaci 'in uno -stipo miei la Sala delia Giunta del (Municipio di Savona. •COME ERA GOVERNATA (LA CITTA’ 1/1 Comune era -retto da un Podestà straniero, coadiuvalo da due sooi ; -dal 'Giudice « ad Civlilia » e dal 'Giudice « ad Malefica ». C era pod un Consiglilo Cittadino, composto di quairantoitto membri, rappresentanti ideila nobiiltà e del popolo. L’ Anziania ohe aveva otte membri quindi tuie Ministeriali o verificatori dii pesi e misure; due razionali, dodici camp ari, tre estimatori, sei scribi, due c-intraci o preconi; due massari; tre siabarbari che sopri intendevano alla cura del porto, del molo e deli navigli; quattro consoli per 1’ Amministrazione delle ville, dipendenti da 'Savona; quattro Ufficiali pier la «cura delle vie e per 1’ Igiene della città, e altri Ufficiali minori. Lé Arti, che eran parecchie, saggi amente governate ton propri statuti. POLITICA AMMINISTRATIVA Il «Podestà tre mesi prima delle icalende di febbraio, radunava il Consiglilo Grande della Città al suono del corno e, deltla. campana per eleggere sei Probiviri i quali nominassero il suo successore (1). Il Podestà non poteva -essere sceüito tra. quelli già eletti negli anni precedenti, era sempre straniero, da quest’ anno in poi doveva essere genovese (2). •Quando il Podestà era scelto, si mandavano -all’eletto, entro otto giorni dalla nomina, due -ambasciatori e un notaio della città di Sa-, (1) Statata Saone del 1404, f. 1-10 (a). (2) Statuta antiquissima Saone del 1345, (ms. im Biblioteca Civica di Savona), foglio 18: il Podestà è scelto tra >i migliori uomini di Genova. — Statuti di Noli, del 1500, 1670, (ms. presso famiglila Boccalandiro di (Novi), f. 3 b : il Podestà è forestiero, ed eleggevaisi quando per interne discordie sarebbe stato imprudente affidare il Governo e la tutela del Comune ai 'cittadini di 'Noli. Talvolta il .governo è affidato a due Consoli cittadiiimi che duravano in carica -quattro mesi, giuravamo di governare con onore, non potevano ricusare Itale 'incarico, pena quattro fiorini. Non potevano essere contemporaneamente Consoli il padre e il figlio, o due cognati, nè -essiere min-ori di 21 anni di età. Un Console poteva assentarsi con il permesso del Consiglio e solo per quindici giorni; nella sua assenza doveva essere sostituito daJll’altro Console, -specialmente nell’amministrazione della. Giustizia. — Statuti di Albenga anteriori al 1484 editi da Antonio Valsecchi, con 'prefazione- di (Bernardo 'Mattiauda (Albenga, iGnaviiotto, 1885); pag. 427: il Consiglio nominava otto tra i più idonei e adatti uomini dà Albenga che avessero profonda conoscenza dei cittadini dii Genova per eleggerne uno a Podestà. — Capitula Ville Quiliani del fa» Per brevità verr ameno citati nel «coirso dello et/udio i Tari Statuti col no-me di città melile quali ebbero vigore. 58 M. Vicino Paganoni voua fi). Se <Γ eletto riifì/utava, la venga in presenza degli Anziani e del popolo, e giurare soitì Vangeli di esercitare con on-ore ;iil suo Ufficilo (3,i. Egli giurava di salivare, custodire, difendere I diritti die'lile 1407 editi da 'Federico Bruno, in (( Attk*e Memorie della So*c. di Storia Savonese », (Savona, Bertolotti, 1889-1890); pag. 330: il Podestà, è forestiero fde^oelto fra gli uomini ec«ce 1 lenti di Savona. — Statuti di Nizza dei 1162-1346 (in «(Monumenta Historiae Patriae, cit.) — Statuti di Costo — Id. Id. Mendatica — Id. Id. Montegrosso :de 1 1297 e 1368, ion «Atti della Società (Ligure di Storia Patria edite da iGerolamo Bossi (Genova, 1888), appendice al voi. XIV, pag. 75. — Le g es et Statuta Levanti, in tres libros divisa, del sec. XIV, »con aggi unte ìfìno lajll’anino 1475 per (R. Dominici de Rubeis J. G. (ms. in .« Biblioteca Civica dii Savona), f. 12 e f. 102. — ILeges Genuenses del 1403-1407, dettate da Joannts ILemetngre detto Bouci-cault (in « .Monumenta Historiae » cit.), col. 530. — Capitola Communicatis Di ani dell 1365 editi da Gerolamo IRossi in « Miscelarn e a di Storia Italiana », serie ITI, toono Vili (Tonino, Bocca, 1902), pag. 37. — Statuti di Nicosia del 1406, (mis. in B. Biblioteca 'Univensitaim di Genova), p. 66. — Statuti di Albisola deflil’ a/nno 1389 (ras. in Biblioteca Umiiversitaria di Genova), pagina 27. — Statuti di Órtonovo, (mis·. unito a quello di ?*osia), 62: Capo del Comune è un Console. —Statuti di Vezzi d.e«l 1456 (mis. in Archivio Storico del Comune di Savona n. 2) f. I: Capo del Comune è un Console dipendente dal Podestà dii Savona. — Statuti di Spotorno dell 1582 '(?) (ms. in Archivio Storico del Comune di Savona n. 22) f. 46: il Podestà ® il Vicario; idem n. 22, f. 7: ili Podestà o i.l Vicario erano sottoposti al Podestà di Vado. Il Vicario era scelto fra gli uomini di Spotorno. — Statuti di Celle dell’anno 1403-1414 (ms. in BibL Civica di iSavona) f. 2 a: ha il Podestà. — Statuti di Biella (secondo il codice originale del 1245, edito da Ferdinando Gabotto, Pinerolo, 1918), pag. 332: quattro Consoli reggevamo il Comune. — Statuti di Chieri del 1313 (editi da Francesco Cognasso, Pinerolo, Bonetti, 1913), pag. 1. — Statuti di Villafranca Piemonte del 1384 (editi da iR. Marini, Torino, Bocca, 1918), pag. 83: iil Podestà è un Castellano. — Statuti di Ivrea del 1313-1329 fin Leges Municipales » edito nei « iMonomenta Historiae Patriae » cit.) .col. 1107-1108. — Statuti di Mone alteri d-%- vedove, degli orfani, dei pupilli, della chiesa dii Santa Maria del Castello, del Vie scovo, dei Monastlefrii e di tutti gli atei Enti ecclesiastici; giurava inoltre di sostenere >i diritti del Comune e di tenere lin pace La Città (1) 11 Podestà poteva (sposarsi fin dallo stesso mese in cui eira entrato dai carica, ina era obbligato ia tenere Ha sposa in Città per tutto i:l tenupo del suo Ufficio (2), che durava un anno. Percepiva un salario di Li.re 2200 in moneta allora corrente (3). Teneva due ottimi isoci detti « miiLites collatérales » che, sotto pena di sessanta solidi, dovevano andare per la Città con «macia» e non col bastone (4). Aveva associati a lui due giudici (5): uno deputato «ad pag. 332. — Chieri, cit., pag. 1, cap. I. — Casale, oit., coll. 929. — Ivrea, cit., col. 1108. — Moncalveri, cit., col. 1363. — Torino, cit., col. 636. —· Villafranca, ciit., pag. 83, cap. I e ΙΓ. — Arosio, cit., pag. 295, cap. XXII: Il Podestà dove /recarsi ad Arosio tre volte aliTamno, cioè in Gennaio, in Maggio e in ‘Settembre per esigere multe, bandi, oneri, ecc. che gli abitanti dovevano a'1 Cornarne. (1) Savona, Statuti, del 1345, cit., f. 9 a e 10 b. — Albenga, oit., pagine 13 e 428. — Nizza, cit., col. 45. — Noli, cit., f. 3 b, 4 a. — Diano, oit., pag. 37, cap. I. — Villafranca, ic,it., pag. 83-84, cap. I-II-III. — Chieri, ciit., pag. 2, cap. II. — Biella, pag. 332. — Ivrea, col. 1108. — Monca-lieri, cit., col. 1363. — Torino, cit., «col. 636. — Casal'e, cit., col. 929. (2) Leyanto, Statuti, -cit., if. 91. —Tvrea, cit., col. 1113: era proibito all Podestà portarsi -la sposa in Ivrea per tutto Tanno dii suo regime, nè poteva «abitare con Ila madre o con ili padre; sotto pena di bando e venti -soldi di multa. (3) Savona, Statuti, del 1335 c-it., f. 18db: salario del Podestà è di lire 500 genovesi. — Nizza, cit., col. 73: il saJlario del Podestà con il suo giudice non deve eccedere le trecento «liire genovesi e quaranta soldi per i -suo1 due scrivani. — Qwiliano, cit., pag. 354: i-1 salando del Podestà è di lire 200 in moneta di Savona. — Albenga, cit., pag. 428: il salario del Podestà è di lire 1000, in moneta dii Albenga, il qualle veniva diviso in tio parti : La p rima parte era data al Podestà en tiro id 1° mese di carica, la. .seconda parte gliela, pagavano entro ii seguenti cinque mesi, Γultima gliefta pagavano dopo -ili eindiacamento e a seconda del risultato dii questo. - Noli, «ait., f. 4· a: lo stipendio dell Podestà non eira ugual/e ogn'i anno. — Cosìo, cit. — Mendatica, cit. — Monterosso, cit., pag. 75: salario del Podestà è di lire 25. — Levanto, cit., f. 12-13 : Il salario del Podestà 'è di .lire 250 genovesi le tocca la terza parte di ogni bando, pena, una multa, che esigeva dalle persone «che recavano danni alle terre del Comune. — Levanto, cit., f. 91: ii! salario del Podestà non deve eccedere le 200 lire genovesi. — Chieri, cit., pag. 3, caip. Ili: il salario del Podestà è di cinquecento fiorini fissatogli dall’imperatore. — Arosio, cit. p. 295, cap. XX : il sailajrdo del Podestà è lire 3 d.i terzolà. (4) Savona, Statuti, del 1345, cit., f. 18 b: uno solo era prima il milite. (‘5) Savona, Statuti, del 1345, cit., f. 18 b. — Nizza, cit., col. 45: uno solo era il Giudice del Podestà e due scribi. — Albenga, cit., pag. 17 e segg. : v’ è il Vicario, manca Γ «altro Giudice. — Cos’io, cit.; Mendatica, cit.; Monterosso, cit., pag. 88: li! Podestà ha un Notaio. — Quiliano, Cfr. Statuti Savonesi del 1345, pag. 26 a e b: prima deÌT entrata del Podestà in Quiliano, veniva nominato Idal Consiglio di iSavona un Notaio Savonese,· che diventava scrivano del Podestà di QuiiLiaino. Egli giurava 60 M. Vicino Paganoni 'GiviMia » con funzione di Vicario e con salario e b; idem ad Albisola. — Vìillafranca, cit. pag. 144, cap. 254. — Casale, cit., col. 259. (3) Savona, Statuti del 1345, cit., f. 10 b. — Nizza, cit., col. 53: il Podestà non doveva far società con alcuno, nè ricevere servigi da persone sottoposte alila sua podestà o che dovesse giudicare. — Albenga, cit., pag. 20 - 429. — Quiliano, cit., pag. 354: iil Podestà non poteva percepire doni, salvo frutta, ortaggi, iatte e simiili sino al valore dii 10 soldi. — Cosici, cit.; Mendatica, cit.; Monterosso, cit., ipag. 75. — Celle, cit.; Albis-sola, cit.; Varazze, cit., f. 21 b: era punito colui die faceva doni, tributi al Podestà sia apertamente che occultamente, pena 'Mire 10 genovesi in monete di Savona. Bar il Podestà, se accettava, c’ era la punizione da lire 10 genovesi in moneta savonese, che gii erano trattenute sui salario. — Casale, cit., col. 931 : il Podestà e i Giudici non possono chiedere doni di demaro, nè dal' «Comune, nè dalie persone, nè ricevere e dare pranzi. _ Ivrea, cd't., coll. 1110, vedi Nizza. (4) Savona, Statuti del 1345, cit., f. 18 b. — Noli, cit., f. 4 a. Al- 62 M. Vicino iPaganonî esercitato per ila Città (1). Il Podestà e li iGiudd.cà non potevano abbandonare la iCittà di Savona durante dii laro incarico senza espressa licenza (2), ila quale iera concessa urna voilta sola dn un anno, e solo per motivi gravissimi, nè di essa dovevano «abusare sotto pena di spergiuro e dii « sindicamento ». Se per detta licenza un Giudice mancava, Γ altro doveva sostituirlo; se per malattda o pei· altro giusto impediirnento iti Podestà era obbligato a lì asciare ili su o Ufficio, veniva sostituito dal suo Vicario (3). 1/1 « sindiicamento » del Podestà e dei suoi Uffì-ciad i consisteva nel-Γ indagare se essi si fossero comportati, durante il tempo dettila loro carica, contro lo Statuto, contro (il diritto comune, contro i buoni co- benga, ciiit., pag. 20 e seguenti, pag. 420. — Quiliano, cdit., pagg. 355, 356. — Vezzi, cit., n. 21, f. 7 b: nè il Console, n!è di suo tNotadoi ^potevano ricevere doni da ajlcuno di Vezzi, eccetto «latte, frutta, ortagigi fino a soldi 10 di Savona. — Chieri, cit., paig. 112. — Ivrea, cit., coll. 1110. (1) Albenga, cit., pagg. 145, 428: avevano «la multa di iL. 20 o 30 e la peina di sindacami e nto. — Vezzi, cit., n. 21, f. 7 b: didem e pena di L. 25 per il Console e L. 15 per il Notaio e io scriba. — Albenga, cit., pag. 53: nessuno della famiglia del Podestà, neppure il Vicario potevano esercitare altri incarichi durante iil proprio Ufficio. (2) Savona, Statuti del 1345, cit., f. 7b: il Podestà aesentavasi da Savona tre volte all’anno, e ogni sua assenza constava di otto gio/rnd, non compresi i giorni d ivdaggiio; idem, del 1345, f. 59 a: Il Podestà non poteva lasciare dii suo ufficio per licenza, pena L. 50 genovesi; lo stesso per i Giudici la cui pena era ipure di L. 50 mentire per ogni milite era d ìjL. 25. —·Quiliano, cit., pag. 331: il Podestà non poteva lais/ciare Qui-ili amo peni a 10 fiorini; però poteva andare a iSavona nei giorni di gæan festa, ma doveva tornare da «sera a dormire in. Quiiiliano. — Noli, cit., f. 4a: id Podestà non poteva abbandonare Noli senza ili permesso del Consiglio, il quale concedeva un permesso di 15 giorni e non di più. — Levanto, cit., f. 44: il Podestà non potevasi assentare, se non* con licenza delia maggior parte del Consiigdio, la quaJle licenza non eccedeva gli 8 giorni. — Diano, ait., pag. 52: se il Podestà e i suoi Giuiddci dovevansi recare fuori di 'Diano per il Comune e con licenza del Consiglio avranno una mercede stabilita dal Consiglilo. Così se dovevano mandarsi per (conto ded Gomtume fuor di Diano, i (Nunzi i iCongigiliierii .erano nominati dal Console di Vezzi. — Casale, cit., col. 935: il Podestà, un mese pruna dea-Γ uscita della sua cariva, eleggeva «gül ufficiali del comune, eccetto 1 sin-dicatori e i campari. — Ivrea, cit., col. 1115: dal Consiglio erano eletti gli Ufficiali. Statuta Saone del 1404-1405 65 c attardimi delia città (1). Gii i Ufficiali 'eletti giuravano medile marni del (Podestà di essere buoni Ghibellini, di (difendere la parte ghibellina, e di esercitare con onore il loro ufficio (2). Gli Ufficiali del Comune non potevano esercitare due Uffici e percepire due stipendi con/temporaneamente (3), pena lire 10 e la espulsione dal loro Ufficio (4). Chi prima dellla nomina esercitava un Ufficio, doveva abbandonarlo, pena lire 25 e la perdita della nomina. Così pure non potevano affidare ad altri il proprio Ufficio (5), se non peir volontà e deliberazione degli Anziani, Nè uno dei (Notai e Deputati eletto all’ Ufficio di Cancelliere degli Anziani poteva esercitare da scrivano presso altri, pena lire 10 e 1’ espulsione dall’ Ufficio (6). Gflu Ufficiali (7) rimaneva,ηo un anno in carica e non più; se qual- (1) Albenga, Statuti, pagg. 53, 54: nessuno eia Ufficiale del comune se non è cittadino di Albenga o tabi tanti vi con ila famiglia « prom ed ie-tate anni », chi contravveniva pena IL. 25 da applicami alla comunità di Albenga -e dia persona pagava da multa di L. 100 « et ultra consulta per ipsum, isive rïpsos sint ipso (iure nudda (irrita, àmania et niullius va-loris, 'efficacie, roboris, (firmamenti » — Casale, cdit., col. 971: il comune di iGasale, dopo aver nominato ii ‘Consiglieri, nominava anche due secondi 'giudici d’-appello nelle varie cause a cui ci si poteva appellare dopo de sentenze dei primi due — Arosio, cit., pag. 284: I vicini non possono -eleggersi gli Ufficiali del luogo e costituire convenzioni su di essi.senza licenza della Badessa o idei suo Nunzio, pena multa di 60 soldi — lldem, cit., pag. 284: chi fingiuriava e -chi smentiva d gastaldi nominati dalla Badessa pagava una multa di 60 soldi. (2) Albenga, Statuti, pag. 404: (oltre al giuramento prestavano una cauzione; e «a^ pagg.« 406, 407 si dice che -erano -esenti da tasse e oneri, eccetto quelli pertinenti ai proprio ufficio — Biella, cit., tpag. 346, n. 85 — Chieri, ciit., pag. 7: il Podestà non (poteva eleggere Ufficiali di sua volontà — Casale, cit., col. 1207: nessuno (poteva essere Ufficiale se non era di /Gasale — Moncalieri, cit., col. 1574: gli Ufficiali del Comune erano nominati da 10 Consiglieri con 10 credenziali. (3) Levanto, Statuti, -f. 31 1— Celle, Albisola,. Varazze, oit. f. 5 a e (b: 1’ Ufficiale, (il iNotaio, il Nunzio di Gelile, ed altri non potevano tei* nere un secondo Ufficio oltre quello tenuto nell’ amministrazione del Comune; così il (Notaio per es. non poteva fare scritture, 'precetti tfuor di queOilii inerenti al suo impiego; nè, di conseguenza percepire altra mercede — Ivrea, cit., col. 1117. (4) Genova, Statuti, col. 506: Varie pene per gli Ufficiali ©e trattenevano denaro del Comune — idem, col. 508: gli Ufficiali, entro Tulti-mo mese di carica, dovevano consegnare conti ë denaro ai Massari, altrimenti erano puniti, -come pure punivansi i loro sorivani die tenevano .i conti. — Celle, cit., f. 5 b: multa da 25 lire fino a 100 genovesi, secando 1’ arbitrio del Podestà, 'eventualmente anche 1’ espulsione dad-l’Ufficio. (5) Nizza, Statuti, col. 152, 153: gli Ufficiali non potevano lasciare il proprio posto se prima non erano sostituiti, eccetto che fossero licenziati — idem, cit., col. 135, 136: non potevano lasciar la 'Città se non dopo quindici giorni ch’-eran scaduti di carica. (6) Albenga, cit. pag. 407 e eegg. (7) Savona, cit., del 1404, f. 27. 66 M. Vicino Paganoni cuiio ara eletto indebitamente, o perchè non aveva Γ età (1) o non aveva sufficiente durata di domicilio in Città, o perchè aveva Uffici salariati deli’ anno precedente, non potevano gli altri Ufficiali esercitare con lui Γ Ufficio, e, sotto pena di spergiuro ed infamia, dovevano denunziarlo al Podestà. Il Podestà (2), gli Anziani, i razionali, nei primi quindici giorni di carica dovevano sincerarsi sull’ eleggibilità dei singoli Ufficiali, e convocarli inoltre per far loro prender visione degli (Statuti; anzi in tale circostanza era consegnata agli Ufficiali «una pergamena, ove stava scritto il dovere di ognuno, cosicché essi non potessero dire poi di ignorarlo. Tale pergamena tramandavasi ai successori in presenza degli Anziani. Non tutti gli Ufficiali erano stipendiati dal Comune; era-n pagati solo i principali (3), cioè i custodi (notturna, che vegliavano sulle mura, ili custode della lanterna, della torre del molo, i porticieli, i tubatori. Tutti gli Ufficiali, eccetto i giudici, gili vAnziani, i Razionali, erano obbligati a pagare le gabelle come gli all tri Cittadini. I Consiglieri (4). — Ogni anno (5), in febbraio (6), erano scelti dagli eiettori degli Ufficiali sei cittadini (7) nati a Savona o quivi abitanti da almeno 20 anni. I sei scelti, tre della Piazza Brandade e tre della Piazza Maddalena, distinti così : un nobile, un mercante, un artista, acciocché la Città fosse meglio governata, giuravano sui Vangeli di nominare, entro sei giorni, quarantotto cittadini di Savona fra a più prudenti ed esperti che formassero il grande Consiglio della Città. I quarantotto Consiglieri (8) erano così suddivisi : otto nobili, otto mer- li) Xillafranca, Statuti, pag. Θ3: dovevano avere 25 anni compiuti — Casale, cit., col. 942: il Podestà doveva inquisire se gli Ufficiali avessero commesso frode durante la loro carica; ci colpevoli li multa,va in soldi cento Pavesi. (2) Savona, Statuti del 1404, tf. 64 b, e 65. (3) Albenga, Statuti, pag. 63 — Nizza, cit., col. 73, 74. (4) Savona, Statuti del 1404, f. 17, 20. (5) Albenga, Statuti, pag. 300: ogni tre lanni — Celle, Albissola, Varazze, cit., f. 16 b: ogni sei mesi — Casale, oit., col. 697: il Consiglio è di 120 membri e anche più, come sembra opportuno al Podestà. (6) Albenga, Statuti, pag. 300: si radunavano in maggio. (7) Savona, Statuti del 1245, f. 56 b : erano otto popolari — Nicosia, cit., b, 1, 9, pag. 62b : il Console del Comune nomina quattro Consiglieri — Spotorno, cit., n. 22, f. 1 b: ogni tre anni radunavasi la comunità di Spotorno e il Podestà di Vado per nominare diciotto consigliesri, che succedevansi in carica sei per anno. I diciotto nomi scelti erano custoditi in una borsa dal Podestà di Vado e alla 'fine di ogni anno r*e vena-vano sorteggiati sei da un bambino, che rimanevan in carica per quell’anno. Esauriti i diciotto nomi tomavasi a radunare il Consiglio per la scelta di altri Consiglieri. (8) Savona, Statuti del 1345, f. 56 b : sessanta Consiglieri: 10 nobili, 20 popolari per ciascuna piazza — Mioglia, cit. ded 1450; manoscritto presso la Bilioteca Universitaria di Genova, c. Ili, 10, i. 5: sei Consiglieri — Albenga, cit., pagg. 390, 391: dodici Consiglieri, sei della Statuta Saone del 1404-1405 67 canti e otto artisti per ciascuna (piazza (della Maddalena e ded Brandagie), dove vaino abitare in Città con La -propria moglie e sena, avere 25 anali di età, esser Cittadini di Savona da ailmeno 20 anni, aver fama di «sapienti e utili cittadini per il Governo deflfla [Repubblica. Chi era edetto Consigliere poteva essere rieletto Γ anno successivo : però a detto ConsàgiMo non potevansi eleggere più di due deila stessa parentela o Città, sei delle Vii-Ile; quelli deJjla Città distinti in tre nobili o mercanti e tre artisti — Cosio, cit., pag. 67: non si conosce il numero dei Consiglieri — Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 67: d Consiglieri non potevano dare, nè prestare alcuna cosa del Comune, che per opere di misericordia — Noli, oit., f. 7 a: 18 Consiglieri — id., ciit., f. 7b: oltre ai Consiglieri — id. cit., f. 7 b : oltre ai Consiglieri vii sono due Padri del Comune, l’Ufficio dei quaili è di congregare i Consiglieri, di aver cura dei beni «diel Comune, di sorvegliare il Clavigero o Cassiere — idem, cit., f. 8 a: i Consiglieri non possono spendere nulla del denaro del Comune, se non per consenso di ftutto il Consiglio — Diano, cit., pagg. 56,57: ventiquattro Consiglieri — Levanto, cit., un. 23, 24, 25: quattro uomini stimati con il Podestà sceglievano da quaranta a cento uomini dei migliori rin GLevanto, d nomi idei quali erano scritti in cedole eguali, che eran messe in un sacchetto dal quale lestraevansd, ogrui sei mesi, due di quei nomi ifìnchè fosse 'esaurito il numero dei Consiglieri. I Consiglieri non potevano promettere, obbligare, donare, far grazia dei beni del Comune, oltre la somma di lire 25 genovesi; nè potevano imporre, agli abitanti, mutui, collette oltre a Olire 25, se non con il consenso Idi tutta la comunità di Levanto, pena «la multa di .cinquanta Eoldi genovesi — Diano, cit., pag. 81 : nessun «Uffici-ale del 'Comune poteva mutuare, ricevere in mutuo denaro a nome del Comune, e se ne avesse preso, doveva (restituirlo in qualche modo — idem, pag. 124: gli Ufficiali del Comune non potevano dare denaro del Comune se non con licenza di tutto il Consiglio, eccetto che taie denaro andasse per gabelle e per opere'.Pie — Savona, cit., del 1345, f. 12 b: nè di Podestà, nè 1’Abate' potevano far spese per il Comune superiori ai venti soldi, senza il consenso del Consiglio, così pure non potevano dare mutui, nè alcun bene mobile o immobile, nè alienare denaro idei Comune — Nicosia, cit., b, 1, 9, pag. 6 b: quattro Consiglieri — Ortonuovo, cit., b-1-9, pag. 62: cinque Consiglieri — Toirano, cit., dedl’ anno 1836 a cura di Paolo Accame: « Cenni storici sugli statuti di Pietra Giustenice e Toirano, ecc: >*, in « Giornale ‘Ligustico », anno XVII, pag. 11 : esistono i Consiglieri, non ue dà il numero — Spotorno, cit., n. 22, f. 2 a: diciotto Consiglieri scelti, ma ne funzionavano sei per anno — Celle, Albisola, Varasse, cit., f. 16 b: otto Consiglieri — Casale, cit., col. 981: venticinque Consiglieri — idem, col. 965: nessun Ufficiale può dar denaro del Comune oltre a cento soldi, dn qualunque occasione, neanche per spese in favore del Comune stesso, contro V ordine del Consiglio — idem, col. 981 : non possono dare denaro del Comune per nessun motivo, eccetto la somma di dire 25 pavesi, ilo stipendio del Podestà, dei Capitani, dei Proconsoli, degli Ambasciatori, dei Campari, ecc., e il denaro dovuto ai frati minori e alle opere Pie — idem, col. 1026: i Consiglieri non possono esercitare un altro Ufficio durante quello del •Comune — Chien, cit., pag. 3-4: non si conosce il numero dei Consiglieri — Moncalieri, cit., col. 1569: cento sono i Consiglieri — idem, col. 1379: oltre ai Consiglieri vi era il Consiglio di credenza che, di comune accordo con i Consiglieri, eleggeva una parte degli Ufficiali — Ivrea, cit., col. 1123: nessun Ufficiale, nemmeno il Podestà, nè il 6uo 68 M. Vicino Paganoni •albergo (1), come nessuno poteva riputare tale incarico e-ccetto per infermità o per altra giusta causa, nei quali casi era effetto dagli1 Anziana un altro defilo 'stesso cognome, stato e colore. I GonsigJieaii avevano tutti i poteri « consulendii - ordinari - pi*evadendi - absolvendi - concedendi, ecc. pro bono et utii'iitate comunis » (2). I nomi dei Consigliera erano scritti in un foglino chiuso con sigillo e affidato ad un guardiano dei Frati Minori o dea -Predicatori di Savo7ia, perchè lo custodissero fino a quando si portasse agli Anziani. Oli Anziani a loro volta lo tenevano fino ail primo Consiglio dopo le calende di Febbraio, nel quale, a suono di campana e di corno, erano radunati nel palazzo tutti i (Consiglieri degli anmi precedenti. In presenza -di essi, degli Anziani, del Podestà veniva aperto quel foglio, si leggevano i nomi e cognomi dei 48 nuovi (Consiglieri, quindi i nomi venivano scritti in apposito libro, che era accuratamente conservato in apposito stipo e sotto chiave (3). I Consiglieri giuravano sul Vangelo, di esercitare, per tutto quell’anno id loro ufficio con onore (4). Dovevano intervenire sempre ad ogni iConsiglio e arrivare in pa- Giudice, potevano dare ad alcuno denaro del Comune eccettoaLte sone bisognose, ai giudici del collegio di Ivrea, e agli adiri Umciali a * Comune, come remunerazione — Torino, cit., col. 543: dei Q^ajt vari sono eletti 60 credenzari che formino il Consiglio grande della Uut - idem, col. 544: eran scelti quattro tra i credenziali, a quali erano chiamati clavari, costoro a lor volta eleggevano ogni tre qü^m. estimatori, quattro notai per 1' Ufficio Notarile e per la Cuna della > tanto sopra cause -criminali che malefìci, quanto per cause cavilli e " narie, ed eleggevano anche tutti gli altri Ufficiali e sapienti pipttii cit., pag. 303: i Consiglieri sono eletti dalla Badessa, più tardi sono eletta d"llà(Ì"£«, Statuti, pag. 397 - Noli, cdl f. 8 a: dii non possedeva almeno L. 100 di immobili non poteva essere Consiglia ere — ^osza,ut., f. 1-9, pag. 7: non poteva il Consigliere essere rieletto se non dopo anni dalla nomina — Moncalievi, cit., col. 1569. „it (2) Albenga, Statuti, pag. 400 — Levanto, cit f. 24 — .N f. 1-9 pag. 6 7 b : il Console nuovo come i muovi Consiglieri sindacavano il Console e ’i Consigliera vecchi, entro i primi 10 giorni di 1 or carnea Ortonuovo oit. f. 1-9, pag. 62 — Spotorno, cit., η. kx, i. > · Consiglieri cor, l’intervento dei Padri del Comune, dere, per beneficio della Università, iti denaro del Comune, s p il dénairo non fosse stato sufficiente avrebbero potuto ohaederntmb imprestilo o tassare anche i cittadini idem, in. 22, f. ~ b. ® .. potevano esigere, alla fine dell’ anno, dagli Ufficiali dei Comune i conta dell’ Amministrazione del loro Ufficio — Celle, Albisola, Varazze cot f 1G b - Casale, cit., col. 981 - Arosio, cit., pagg 302 e 296: tre volte all’ anno devono rendere ragione Ideila riscossione delle tasse e son tenuti anche a renderne conto a chi ne faceva richiesta. — "dem e t, pag. 297: i Consiglieri dovevano tener adunanza nel giorno stabilito dall’ Ufficiale del Comune di Milano. (3) Albenga, cit., pag. 392 , (4) Savona, ciit., del 1345, i. 56 b — Miogha, cut., f. 5 — Noli, gì ., f 7 b —· Albenqa, cit., pag. 395: i (Consiglieri non si potevano assentare da Albenga durante il loro ufficio — idem, pagg. 393-394 : i nuovi consi- Statuta Saone del 1404-1405 69 lazzo -ail terzo tocco di camipana e prima che fosse consumata la candela (1), sotto pena di due solidi e sei denari, se non avevano una giu-sticazÌOne: in questo caso erano surrogati da uno deilla famiglila (2). /N*el Con.sig.Iio non. era .ammesso nessuno all’ infuori dei 48 Consiglieri, del Podestà, dei -Giudici, degli Anziani, dei Notai, dei Cancellieri, dei Cintraci e dei Banditori ' (3). Esso Consiglio doveva deliberare nel palazzo «aibi àura redumtuir » e solo eirano valide quelle deliberazioni fatte da almeno 40 Membri del Consiglilo, eccetto güi Anziani. Il 'Podestà invigilava a che al pi presto gli Ufficiali facessero quello che era stabilito dal Consiglilo, sotto peina di spergiuro e di una multa di L. 100. Gli Anziani, quando -trattavasi della giurisdizione, libertà e convenzione del Comune, eccetto quanto riguardava la giustizia, potevano icongiregiaire i(l Consiglio validamente neH’Anziania. In ogni Consiglio non potevano essere che « 4 poste » per ogni seduta (4); ogmiuno degli Anziani e dei Consigflieri poteva deliberare nella adunanza sopra qualunque posta -e non poteva « ascendere ipsam aren-giariam » più di tre volte (5), pena un fiorino. Le votazioni facevamsd per tavolette bianche e nere, raccolte in due bossoli; aveva la maggioranza da proposta che avesse ottenuto più tavole bianche. Tutte le ri- glierii 'venivano solfeggiati ; si procedeva quindi ad una cerimonia d’ in-staziamento : .essi dovevano sedersi su di una panca a parte della loggia comunale mentre i vecchi stavano su di una panca superiore a quella. Successivamente i vecchi ne scendevano e d nuovi vi salivano; seguiva il giuramento dei neo-eletti prestato sugli 'Statuti del Comune che uno dei Cancellieri presentala loro — Diano, loiit., pagg. 56, 57 — Nicosia, cit. f. 1-9 — Ortonuovo, cit. f. 1-9, pag. 62: *chi vendiva meno ai propri doveri era multato di soldi cinque — Spotorno, Celle, cit. n. 22, f. 1 b *— Varazze, Albisola, cit., f. 16 b — Casale, cit., coll. 969: ili Consigliere o 1’ Anziano che non completa il compito affidatogli dall 'Comune non veniva retribuito Arosio, cit., pag. 301, cap. L. 11°: se un Console doveva .reoarsi per di Comune a Milano, riceveva un compenso di due soldi aü giorno, se irecavasi a Mariano od altrove, toccava due denari per miglio. (1) Statuti di Mentone del 1290-1390 edili in Atti della Soc. Lig. di Storia Patria, >app. lai vol. XIV. A cura di G. Rossi, Genova Tip R Istit Sordo-Muti, 1888, pag. 44 — Levanto, cit., f. 38 — Costo, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 87 — Spotorno, cit., n. 22, «f. Ί a^ Celle, Albisola, Varazze, cit., f. 2 b: il Podestà puniva i Consiglieri assenti alle adunanze — Casale, cit., col. 940: una pena simile era. inflitta a colui che, presente dapprima iin Pagamento, se ne assentava di poi; se qualcuno parlava in Consiglio senza esserne richiesto, subiva la /multa di cinque soldi di Pavi19' — Torino, oit., col. 663 — Arosio, cit., pag. 299. (2) Albenga, Statuti, pagg. 395-396: il Consigliere che assentavasi, se non fosse rientrato entro 2 Ogiorni, veniva sostituito da un altro dello stesso grado e colore — Levanto, cit., f. 24: veniva sostituito da uno degno di tal carica »— Spotorno, cit., n. 22, f. 2b: sii sostituivano con idonei a tale ufiioio. (3) Savona, Statuti del 1345, tf. 39 b. (4) idem — Albenga, cdt. pag. 55. (5) Savona, Statuti del 1345, f. 59 b: una posta (fatta non potevasii discutere di nuovo neillo stesso anno. 70 M. Vicino jPaganoni forme e le deliberazioni dei Consigliarli, ordini e Decere ti, non erano validi per più di un anno (1), salvo che si disponesse altrimenti^ Ogni anno (2), in Settembre, radunavasi il Gran Consiglio dellla Città e i 48 Consiglieri, tra i quali sceglievi ansi dagli Anziani 6 « emendatori o correttori )) dei Capitoli del Comune (3). I Correttori emendavano i capitoli del Comune per il vantaggio dei Cittadini, duravano in carica tre mesi; e nel giorno del Beato Andrea, ultimo giorno di settembre, in cui era convocato il Gran Consiglio, gli Emendatori manifestavano pubblicamente le modificazioni fatte ai capitoli. A loro era unito uno scrivano del collegio dei Notai (4). Gli Anziani (5). — Prima furono otto, poi dodici, tofine tornarono a otto. Gli Anziani erano scelti dagli elettori nel seguente modo : Un nobile di una delle due Piazze, un mercante di una Piazza e due dell altra, due artisti dii ambo le Piazze, un mercante delle Volle della Città, scelti tutti tra i più saggi cittadini di Savona o che vi labitavano da almeno 20 anni. Se colui che era eletto Anziano fosse in debito col Comune, prima di accettare la carica doveva pagiare il debito. Neppure poteva essere .« Anziano » chi aveva compiuto 70 anni dii età; inoltre era eletto uno solo dei Giudici del Collegio dei Giudici; se per caso ne era, sortito più di uno, era annullata una nomina. La prima elezione degli Anziani si faceva prima di febbraio; essi duravano in carica tre mesi, e otto o dieci giorni prima della scadenza ai eleggeva il nuovo Collegio. •Nel primo giorno di lor ufficio, gli Anziani eleggevano un proprio Priore che durava in carica 13 giorni; poi ne eleggevano un secondo, pure per 13 giorni, e così via, l’ultimo Priore durava in carica 14 giorm. Gli Anziani curavano le cose del Comune e che tutto avvenisse con giustizia secondo gli Statuti (6), giuravano nelle mani del Podestà e sul fi) Ortonuovo, iStatuti, f. 1, 0, pag. 63: i precetti e gli ordinamenti del Comune duravano solo due anni. (2) Savona, Saluti del 1404, f. 50 b, 51. (3 Idem del 1345, f. 25 a: otto sono gLi emendatomi dei capilo li. — Celle, Varazie, Albissola, oit., f. 1 b : otto sono gin emendatori. — /«rea, cit., col. 1100: esistevano propri Statutari per (fare ed emendare gli fci-a-tuti, coadiuvati da un Notaio. Arosio, cit., pag. 303: solo la Badessa poteva modificare gli Statuti. (4) Savona, Statuti del 1345. f. 25 a. — Levanto, cit.., f. 25. — Noli, cit., f. 8 b. — Genova, cit., col. 580, 581. (5) Savona, Statuti del 1404, f. 20 b, 24. — Spotorno, bit., n. 22, f. 3i>: invece degli Anziani abbiamo qui i Padri del Comune, che erano tre, duravano un anno in cairica. — Casale, cit., col. 985: ivi erano i Proconsoli invece che gli Anziani. — Moncalieri, cit., col. 1439: erano chiamati Sapienti, ed erano 12. (6) Spotorno, Statuti, n. 22, f. 4. — Moncalieri, cit., col. 1440. — Casate, cit., col. 985: sorvegliavano sugli Ufficiali, tanto su quelli appartener al diritto pubblico, che al privato e dovevano denunziare i colpevoli al Podestà. Statuta Saone del 1404-1405 71 Vangelo di amministrare e difendere e salvare con tutta equità il Comune (1). Oli Anziani radunavansd nel palazzo delll’Anziania, posto sotto la Torre del Bran dal e, specie nei giorni di luna - mercurio - venere, negli aJltri giorni potevansi radunare ovunque, sia per la necessità del diritto che per la qualità della causa. (Non (deliberavano ©e non erano almeno in numero di &ed, poiché qualcuno poteva mancare o per infermità o per e di aitati ohe percepivano denaro per il Comune. — Ivrea, oit., col. 1123: tre Razionali, di 30 anni; idem, cit., col. 1121: ogni sei mesi iè eletto un Clavigero che ha le stesso mansioni di quello di Diano. — Chieri, cit., pag. 5, oap. IX: quattro erano i Razionali. — Casale, oit., col. 1070: il Clavigero del Comune doveva essere un religioso il quale prestava giuramento di ben disimpegnare il suo Ufficio. (2) Levanto, Statuti, f. 88. Statuta Saone del 1404-1405 75 dovere (1), pena lire cento, e dii non ricusare opere attinenti al porto e /al (molo. I [Razionali 'avevano dal Comune pieni poteri <( querendi -sicrutandi - oaüculandi - linvestigandi - ratione, iujrait, actiones - debita, eredita, (bona mobilia, immobilia, res· pecunias » del comune; dovevano esigere i pagiamenti (2) e dentro due mesi consegnare il tutto ordinato all 'comune. «Se ili Podestà, il V>icario, liCL Giudice dei Malefìci e feltri Ma^ giistrati eirajn staiti negligenti o remissivi nello spingere i debitori a pagare a tempo, i Nazionali trattenevano defilo stipendio dei detti magistrati la [quantità di denaro non versata dai debitori; dio veniva scritto da un Cancellili e re sul 'libro del iSadvamiento. 'Se i Razionali trattenevamo dell deoairo del Comumie, eran puniti con unta multa dii L. 100, penia II’ 'infamila. I Razionali, isotto vincolo di (giuramento, dovevano con i loro iscrivami, nei tre giorni di luna, mercurio e venere d’ ogni eetti-mana (3) e im ailtri giorni ordinati dagli An ziaalti, radunarsi nel « tha-damo icamcedajrie » per trattare del doro ufficio, dare udienza alile persone, 'die denunzJiavano eose per il berne e *1’ utilità del icomune, sotto pena imposta dagili Anziani. Il Notaio (4) dei [Razionali doveva presenziare aille adunanze (5) nel luogo predetto, pena isoddi 10, che gii trattenevano sullo stipendio; detto iNotajio, ii Ointraci e i Preconi dovevano (presenziare, servire ed esegruire 'ciò che doro era imposto dai razionali. I razionali tenevano i libri del Salvamento (6), dei Luoghi (7), deilde Massaie e altri, nei quadi notavamo tutti gli -avvenimenti idei 'comune. I tRazionaM ogni anno badavano >al pagamento dele cedole «e dei lloro interessi, che pagavano a scadenza (8). I iRaziomalli avevamo un Maestro che aveva valore di atto pubblico (9). I Massari e gili altri Ufficiali rendevano i conti ai Razio- (1) Noli, Statuti, f. 11 a. — Albenga, cit., pag. 410, pag. 399: giuravano dimanzi al Gran Consiglio. — Ivrea, ait., col. 1123. (2) Noli, Statuti, f. Ila. — Nicosia, cit., f. 1-9, pag. 9b: erano nominati due Sundaci che sindacavano gli· Ufficiali ded Comune e le persone che dicessero parole ingiuriose o facenti lite. — Ivrea, cit., col. 1123. (3) Albenga, Statuti, pag. 411. (4) Noli, Statutix f. Ila. — Albenga, cit., pag. 410: avevano uno scriba. (5) Idem, cit., ivi. (6) Idem, «cit., ivi. — Arosio, cit., pag. 298: Colui che spendeva per conto del Comune doveva far scrivere le spese in un mastro del Comune stesso adda presenza di due Consoli, entro quindici giorni dal giorno delle spese fatte. (7) i« iLuoighi )) sono cedole o prestiti fatti dall Comune che ne pagava .gTimteressi «dovuti : corrispondono alle « campare » di Genova. (8) iLevanto, Statuti, f. 88. — Albenga, icit., pag. 412: e se non eseguivano tali pagamenti nel tempo dovuto, pagavano una multa di L. 25. (9) Albenga, Statuti, pag. 411: tale libro veniva rinnovato ogni anno. 76 M. Vicino (Paganoni mali (1) i quali esaminavano il tutto diiddgeniteanénté ; passavamo sotto la responsabilità degli Anziani, quindi, p r onrumicfiiavamo parere, risolvevano da questionìe e facevano trascrivere tutto (da un Caracedddere nel libro delle 'Massarie. Nè dii Cancelliere, nè iNotad, nè altri potevano cancellare adouma cosa jsul libro del iSailvamento >e sull illibro delle Maissarie e se non per ordine degli Anziani, pena IL. 25 e ila perdita della propria carica. I Razionali trasmettevano He procure agli Anziani per id. sigillo del Priore ie ided Sotto Priore; non dovevano (distribuire fin deb itamemte le cariche (agli Ufficiami, sotto vincolo dd giuramento e penia da L. 10 a 50; erano ^indicatori generali degli Ufficiali del comune, quindi li sindacavano ogni tre mesi, multavano i colpevoli dn (denaro o Oli condannavano a seconda dello Statuto. iSe per infermità o morte (mancava uno dei iRazionald, era sostituito da unto dello stesso grado, condizionte e stato dedlT assente (2); se fra i i due Razionali nasceva discordia, sia assolvendo che condannando, doveva un terzo Giudice, il Podestà, ròconcdO/iarli; in adtrii casi intervenivano (güâ Anziani. Ad termine dd flioir carica (rendevano ragione del loro operato ai successori (3) i quali entro i primi 25 giorni di loro ufficio inquisivano i predecessori. Tenevano un iNotarìo (4), del collegio dei Notai di 25 anni di età, iesperto, che ili assisteva e scriveva in ambo i libri del iSMvamento e delle IMassairie, (quanto venivaigli ordinato dai Razionali ; salario del Notaio erano lire 35 (5), da pagarsi quando pa-gavamsi d iCancedüieri idegli Anziani, inoltre riceveva 2 fiorini dal Comune per mutuare il libro del « saJlvamento »; se rifìutavasi di cambiare 'libri mastri, era cacciato dalli’ ufficio ; se percepiva altra mercede in più Ideile dette, doveva restituire 12 venite tanto od ricevuto. I Razionali, (entro il primo mese idi icarica, -esigevano da tutti i notai « legata operi portus et moduli, et testaanentis », esigevano purè dai Consoli, dai Massari la Tagione delle condanne delle Arti, inoltre facevano il computo « proventibus et debitis » del Comune (6), ded salario del Podestà /e dei Giudici e destinavano per questi sailari una congrua somma presa dalle gabelle, fino oltre a dire 1000. (1) Albenga, Statuti, pag. 63, 64. — 'Levanto, cit., ff. 91-92: i Massari e gii Ufficiai rendevano conto ad Razionali del loro operato ogni sabato. (2) Albenga, Statuti, pag. 411. (3) Idem, cit., pag. 63. (4) Idem, cit., pag. 412. — Chieri, cit., pag. 5: due Notai. (5) Albenga, Statuti, pag. 412:’ salario del notaio e dei Razionali: lire 25. — Levanto, ait., f. 88: il salario ai (Razionali è decretalo ogni volta dal Consiglio; f. 34 : la remunerazione ded Sindacatori, quando andavano fuori di Levamio, per conto del Comune, era di 6 soldi e tre denari. — Chieri, cit., pag. 5: salario dei Razionali e dei Notai: 3 denari ognuno. (6) Albenga, Statuti, pag. 411. Statuta Saone del 1404-1405 77 Affinché (1) lia sostanza del Gommine nom si spendesse indebitamente sri sitalbidì che nulla si spemidestse del denaro del Comune nè alcun berne si vemdesee, se nom per consenso idi tre quarti dei gran Consiglio; eocez’ioine fajtta per gli stipendi dovuti agli Ufficiali e spese obbligatorie, perchè iciò passava sotto la responsabilità (degli Anziani; gli Ufficiali colpevoli -eran puniti in lire 200 (2). 1 Ministrali (3). — Due vollte all’ anno, ogni sei mesi (4) erano eileitti tre cittadina Miimiistrali defila Città (5) : un nobile, un mercante ed un artista. Dovevamo essere Savonesi, o abitanti in Città da almeno dieci anni con la famiglia (6), dii 25 anni di età (7), com beni1 mobili del valore di lire 100 (8) dn Savona o ned Distretto. iPr e stavano ili giuramento (9), la cauzione di lire cento (10) agli Anziani; loro saHario era la metà di ogni condamna o multa (11); loro Ufficio andare per da Città e sobborghi almeno orna volta durante Γ Ufficio ad. asplorare e >ad investigare chi vendeva « victuaiia » all’ in- (1) Savona, Statuti del 1404, f. 60. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 12 b. (3) Savona, Statuti del 1404, f. f. 33, 34 b. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 60 b: ogni tre mesi. — Vezzi, cit., n. 21, f. 8 a. x (5) Savona, Statuti del 1345, f.f. 13 b, 60a: due cittadini. — Noli, cit., f. 13a: due -Miimistrali. — Levanto, oit., f. 22: ogni tre mesi erano eletti due Ministrali per « apodisda ». — Diano, cit., pag. 53: saprainten-devano alle misure e ai pesi: un Ministrale e i Posperod; idem, pag. 46: i Rasperii erano nove, giuravamo di esercitare a dovere id loro Ufficio, die consisteva ned sorvegliare i macellari, i pamettiieri, i tavernai e altri rivenditori al minuto, i fornai e i mugnai e controllare le misai re. — Mioylia, cit., f. 11 : i Ministraild e iRasperiii esercitavano come sopra. — Albisola,’ cit., b. Vl-27, pag. 67: in seno -ai Consigilieni erano eletti due Ministrali. — Vezzi, cit., n. 21, f. 8 a: due Ministrali. — Spotorno, cit., n. 22, f. 2h: quattro Ministrali. — Celle, Albissola, Varazze, cit., f. 12 a: due Ministrali. — Villafranca, ait., pag. 96: ogni anno, nel mese di maggio, nomiinavansii due Ministrali. — Chieri, cit., pag. 24: è il Massaro -dei Comune addetto alle misure. — Ivrea, cit., col. 1150: ogni anno erano eletti tre buoni e fedeli uomini che segnavano le misure del vino e le stadere per il grano. — Torino, cit., coi. 721 : un Massaro era addetto adle misure e presso di sé teneva le misure ded Comune* idem ioit., col. 722: alcuni dei Razionali andavano a segnare i pesi e le misure; percepivano da due a dodici denani a seconda della grandezza delia misura e del suo stato. (6) Savona, Statuti dei 1345, f. 14 a. (7) Idem, cit., f. 14 a: trenta anni di età. (8) Idem, cit., 14 a: cinquam/ta lire. (9) Idem, cit., f. 14 a. — Spotorno, oit., n. 22, f. 2b. — Noli, cit., f 13 a — Celle, Albisspla, Varazze, cit., f. 12 b. — Levanto, cit., f. 22. — Albissola, cit., b VI, n. 27, pag. 67. — Vezzi, cit., n. 21, f. 8 a. - Diario, cit pag. 46 : anche i Rasperii giuravano. (10) Savona, Statuti del 1345, f. 14a: di lire cinquanta. — Levanto, cit., f. 22. (11) Savona, Statuti del 1345, f. 14 a; idem, cit. iva, f 14 a. 78 M. Vicino Paganoni grosso ed all minuto, i pesi e le misure (lj, a muli taire i coJpevoM. e condannarli anche senza processo, dentro otto gliomi (2). li multato era obbligato a pagare entro otto giorni, altrimenti pagavano petr lui i Ministrali; a ohi era puntuale, era invece rimessa la qu airta parte della multa. Le misure e i pesi non segnati col marchio del iComune, erano portati ad aggiustare e a marchiare a spese dei padroni; chi fera sorpreso recidivo a usare false misure, era condannato da sessanta a cento soldi (3). I Magisitraili, specialmente dii Giudice dei Matafìzi, eseguivano le condanne, e le muilte ordinate dai Ministraiii (4); tuttavia il (1) Spotorno, Statuti, n. 22, f. 2 b. — Noli, cit., f. 13 a. — Quiliano, cit., pag. 337. — Levanto, cit., ff. 21-22. — Diario, cit., pagg. 53-54: i Rasperii controllavano come già abbiamo detto due volte all’anno le misure adoperate dai rivenditori. — Celle, Albissola, Varazze, cift., f. 13 a. — Alba Pompeia, col. 35: era proibito usar misure fadise; multa di sessanta soldi. — Mio glia, cit., f. 11 : i rivenditori al minuto di carne, di vino ecc. devono vendere con giuste misure e a prezzi stabiliti dai Ministrali. — Albissola, cit., b. VI-27, pag. 67. — Diano, cit., pag. 46: lo stesso per i Raspetrii. — Nicosia, cit., b. 1-9, pag. 23 b : i « Suppiiassar-tee » sopraintendono alle misure. — Toirano, cit., pag. 11 : non pania di Ministrata; ma dice che gli Emendatori stabilirono che ogni venditore di vino al minuto, posto nel territorio di Toirano e suo Distretto, deve anche vendere pane e usare misure buone, vistate dai « Stancdatori » deil Comune; il colpevole era multato di cinque soldi genovesi. — Casale, cit., col. 1004: il Podestà inquisiva le misure e i pesa. — Torino, cit., col. 721; i rivenditori al minuto e alPing rosso devono usare misure buone e inarcate. — Villafranca, cit., pag. 96. — Biella, cit., pag. 363, nm. 163, 164, 165: non parlasi dei Ministrali, ma era stabilito eli non usar misure guaste o false; idem, pag. 334: i Consoli del Comune badavano alle misure se eran giuste. — Chieri, cit., pag. 24: il Massaro del Comune sopraintendeva alle misure. (2) Savona. Statuti del· 1345, f. 60 a. — Spotorno, cut., n. 22, f. 3 a. — Noli, cit., f. 13 b. — Diano, oiit., pag. 46: lo stesso i Rasperai. —Diano, cit., pagg. 53, 54: i colpevoli erano multati iin dieci soldi per ogni misura falsa. — Nizza, cit., col. 66: .i colpevodii erano munitati dii dieci eoldi per misura — Levanto, cit., f. 22: i colpevoli erano multati senza processo. — Finale, Statuti del 1311 a cura di G. iA. Silla in « Finale dalle origini aH’dnizio della dom. spagnuola (cenni e memorie) » Stab. Tip. V. Bolla e F., Finalborgo, 1922, pag. 289: nomina le misure che usavansi per ogni mercanzia, dà la tariffa delia gabella sulile masure, pesa e pedaggio. — Celle, Varazze, Albissola, oit., f. 12 b: entro 10 giorni. — Chieri, eit., pag. 25: i colpevoli erano puniti con la multa di sei soldi per misura. — Villafranca, oit., pag. 96: la multa era di venti soldi per misura. — Casale, ci(2) Savona, Statuti del 1345, f. 16b — Noli, cit., f. Ila: due estimatori, duravamo in carica un anno — Albenga, cit., p. 421 e segg. : 4 estimatori, due per ila ciiittà, due peir lie vilUlle, il’ -un. mercante, Γ ai tiro artista. — Quiliano, cit., pag. 368: otto estimatori. — Mentone, oit., pag. 45: ci sono gli estimatori, ma non se ne conosce il numero — Levanto, cit., f. 67: 2 'estimatori, edieggevansi ogni sei mesi e prestavano « apodixia » — Diano, cit., pag. 45: 3 estimatori duravano un anno in carica — Albissola, cit., b-6-27, pag. 38: 4 estimatori — Vezzi, cit., n. 21 f 8b: 3 estimatoti1! — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 89: nomina gli estimatori, ohe durano un anno lin carica e non possono essere rieletti se mom dopo cinque anni, nel qual frattempo non possono •avere antri 'uffici — Nicosia, cit., b - 1 - 9, pag. 8: erano detti « supras-sartes »; erano due nominati daflj (Console e dai (Consiglieri — Ortonuovo, oit. b - 1 - 9, pag. 62 b : esistono gli estimatori non se ne conosce, il numero, duravano un anno in carica. — Toirano, cit. pag. 11: ci sono gii estimatori, idem. — Spotorno, cit., n. 22, f. 4 a: due estimato! — Celle, Albisola, Varazze, f. 13 b: quattro estimatori^— Villafranca, cit., cap. II, pag. 86 : sei lestimatord — idem, /cap. 58, pajg. 97 : nei son nominati quattro — Torino, iciiit., col. 729: nomina gii estimatori, non se ne dà il mumeiro ; in ogni loro estimazione erano sorvegliati da un Notaio — lidem, col. 643 : il Giudice e iti Vicario coll Consiglio ded Clavigeri 'eleggevamo 24 uomini per la custodia dei beni forensi — Chieri, cit. p. 5, m. X: quattro (estimatori — Casale, oit., col. 948: otto estimatori che eleggevamsii ogrui sei mesi — Ivrea, cit., col. 1127: tre estimatori — JÆon-calieri, cit., col. 1384: due estimatori — idem, col. 1574: gli estimatori venivamo eletti da 6 Consiglieri e 4 Credenziali. (3) v. p. 49 - Diano, cit. cap. X, pag. 45 — Vezzi, cit., n. 21, f. 8b: 25 arnni di età — Spotorno, cit., n. g2, f. 4 a: 33 anni di età —* Casale, cit., col. 949. 84 M. Vicino Paganoni stretto, essere cittadini 'di 'Savona o abitanti vi da almeno dieci anni, non dovevano avene temuto tallie ufficio (per 4 lanmi cofnisecaitivi (1). Gli (estimatori non potevano ricusare detta carica, nè durante (questa esercitare altro Ufficio com o senza isaüario, -eccetto cihe non fossero comandati dagili (Anziani icoame Ambasciatori. Prestavamo dii solLLto giuramento (2) prima di assumere 'la carica, per dia quaile riicevevaimo fumo stipendio stabilito idallilo .Statuto (3). ILoiro icompito »era giudicare la servitù delle case, quando esse do-» vevamsii (demolire, giudicando tra le parti in contesa circa le vite pub-» foliche e private, d termini (4) ai moiri, di fossati i(o quintane) (5). Se uno di essi mancavi per .infermità, il (Podestà o ili Vicaria lo surrogava con un .alltro, iftmchè 11’ assente riprendeva lill suo posto (6). Gli estimatori -trasmettevano -con atto pubblico, che aveva assoluto valore tutto iciò che deliberavano. .Se per .caso -erano discordi, interveniva il Giudice ad Civilia a rappaccifìioarli. 'Niellila posizione dei segni di con- fi) Moncalieri, Statuti., col. 1384: per 2 animi ^ consecutivi. (2) Savona, oit., del 1345, f. 16 b - 17 a —- Noli, cdt., f. Ila P.V'1' liano, cit., pag. 368 —* Levanto, cit., f. 67 — Diano, -cit., pa^g- 45 Albi-sola, 'cit., b. -VI, 27, pag. 38— Vezzi, cit., n. 21, f. 8 b — Spotorno cit., n. 22, f. 4 a — Celle, Albissola, Varazze, cit., m. 13 b — Ivrea, ciit., col. 1127 5 ' {3) Savona, ait., dei 1345, f. 16 b: stipeinduo : 60 soldi (4) Savona, cit., del 1345, f. 16 b ■— Vezzi, cit., n. 21 f. 8 b -benga, pag. 50 e segg. — Spotorno, cit., n 22, f. 4 b — •b. VI, 27, pag. 38, pag. 30 — Nicosia, cit., b. 1, 9, p>ag. 9: oltre· che iati beni soprairitendevano alile misure e ai rivenditori al mumuto — Ono-nuovo cit. b 1 9 pag. 62 b — Toirano, dit., 'pag. 11 — Costo, cat., pagg. 80 81: chi av-asse voluto far condotti a uso proprio per urragazio-me, funzionamento di mulini e fosse stato costretto attraversare t^rr^oa. -trai lo avrebbe potuto fare ugualmente senza -tema di vale voli opposizioni; però era obbligato, in caso dii dammi, al risia re nmemto dei medes -mi in (base alila relazione di estirpatori. Inoltre, se talli comdiutt/ure avessero attraversato urna delle vie comunali dovevasi allora costruire um bendo: e, sempre che l’acqua arrecasse alcun damino sa do-vieva ripararlo. Se, altri, avessie osato rompere (il bendo lo si pun.iva d,i una muilta - Finale, cit., pag. 282: mon deve si piantar alberi lungo i termini di poderi confinanti; gli alberi fruttiferi possono essere piantati a distanza di 15 palm/i, i colpevoli erano multati di cinque soldi e gli si sradicavamo gli allberi — Diano, cit., pag 45: glli estaimatori devomo giudicare dei beni mobili ed immobili — \tllafranca, cat., pagg. 85-o9-y e 91· circa la concordanza fra vicini per piantare o tagliare alberi iru -tiferd comprese Le viti, per poirtare viiia alberi secchi rii proprietà altrui, ecc. — Casale, cit., col. 1030: gli estimatori devono recarsi a stipare c dammi e i guasti fatti nel territorio dii Casale » Moncalieri, cat., co . 1384· gii estimatori dovevano giudicare i bemi consegnati al Castellaro e al Giudice — idem, col. 1574: gli estimatori e gli aterimmatori cura- vamsi ded termiini e dei bemi. (5) Noli, cit., f. 11 b — Spotorno, cit., n. 22, f. 5 a — Albissola, cit., b. VI, 27, pag. 38. .. . Γ7 (6) Albenga, Statuti, pag. 412 — Levanto, cit., f. 67. Statuta Saone del 1404-1405 85 fine do ve van tessere presenti die ip ajnüi (1). Olii estimatori non potevano esaminare .liti di loro ipareniti, nel qua'l «caso dovevan essere surrogati (2); ise urna delle parti diceva ie eon giuramento di avere in cospetto uno degili estimatori, otteneva di cambiarlo (3). 1-1 Magistrato di Savona [per mezzo degli estimajtori scioglieva; le liti dando al creditore im igiiiusta misura dei temi moibillii o fimmobili dell debitore (4) ; ogni soluzione di dite doveva essere risolta dentro tre mesi dall principio della lite stessa; però se i litiganti riconoscevano i proprii torti, il debitore poteva, entro un mese, pagare in denaro dii sìuo creditore (5). Il Magistrato doveva far dividere iti terreno o ailtri beni in questione dagli 'estimatori, se potevansi dividere senza danno evidente dei consorti (6); e se un consorte aveva possesso Vicino a quello diviso dagli Elstimatori, dovevano assegnargli la parte .contigua; se »i consorti nion *si accordavano, dii Miajgìiistrato poneva il bene all’ (incanto (7). Se uno dei Consorti «era fuori di 'Savona, all di là di Pisa o di iNizza, in Provenza o nel Giogo, e ciò constava da un suo procuratore, per accertamenti la moglie, o parenti, o vicini dii casa, llia proprietà 'non era divisa, nè venduta finché non f eusse passato un 'anno di tempo (8) e ciò era bandito per la Città; spirato 1’ anno, ili Magistrato procedeva ailla divisione o alla (1) Savona, Statuti del 1345, f. 17 a — Genova, cit., col. 522 — Albenga, ait., paig. 51, — Spotorno, -cit., n. 22, f. 4 b. (2) Savona, oit., del 1345, f. 17 b. (3) Savona, cit., del 1345, f. 17 b : ili Giudice ad Civilia esaminava con gli estimatori per evitare questioni — Spotorno, cit., n. 22, f. 4b: chi sospettava degli estimatori poteva scegliere 2 uomini di sua fiducia affinchè li controllassero nel disimpegno del loro ufficio. (4) Noli, oit., f. 12 a — Spotorno, cit., n. 22, f. 5a: gli estimatori erano obbligati denunziare Γ estimo, tre giorni dopo averlo fatto, medi-ante relazione scritta al Magistrato; se questo non veniva osservato pagava un multa di Lire 10. Una parte di questa amdava. a benefìcio del Podestà, e r-altra a benefìcio deil Comune — Celle, Varazze, Albisola, cit., f. 13 b. (5) Noli cit., f. 12 b: gli estimatori dovevano denunciare all Magistrato, entro tre giorni, Testini azione fatta e Ha lite per tale estimo. — Villafranca, oit., pag. 143: se era un bene immobile, il termine della soluzione diellia lite era un anno, partendo dal gioirne dev'estimazione; se un bene mobile, 8 giorni. (6) Albenga oit., pag. 51. — Statuti \di Carpasio del 21 luglio 1433 a cura di Vii-tt. Poggi in « Mise, di Storia Italiana », 3a sede, tomo IX, FMi Bocca, Torino, 1904, pag. 225. (7) Albenga, -ait., pag. 423 e segg. : v’ era un ospedale curatore che sor vegliava i beni dii oolloiro cine sii assentavano da .Albenga. — (Le-vanto, ait., f. 73: potè vasi vendere alT incanto un bene immobile da cui nascesse contestazione per disagevole divisione del medesimo. — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 65 b: l'estraneo mon poteva comprale aùicun incanto. \ i(,8) Albenga, ciit., pag. 52: parlasi di un termine di tempo ma non è fissato. — Spotorno, cit., m. 22, f. 5 a. 86 M. Vicino Paganqni vendita (1). Dietro richiesta di un (consocio 'di qualche nave, potevasà procedere alla 'vendita di quella nave, salvo il cai&o di dolo, il pagamento della nave dovevasii fare dentro i quattro mesi. Nei casi di estimo di un Ibenie (2); isie qualcuno degli intereissati opponieva diritto di prio--rità, .ii Mago strati dovevamo iri tirarsi fino «alila «sentenza del Magistrato. Se una persona levava ilia cosidetta « Camelia » (3) in presenza del Magistrato predetto, entro otto -gliomi doveva darne giustificazione (4); &e (La ca/usa non era giusta. (la persona veniva condannata entro altri 8 giorni. Se tale estimazione al trépassa va Mire cento, il colpevole era multato in soldi quaranta; se passava le lire dueoendo, in soldi sessanta, ise meno di liire icenito, in soldi venti (5), eoe. L»a Gamella del 'Comune o misura con la quale gli estimatori di terre o possessioni stima vano, misuravano tali possedimenti, misurava dodici canne e sei (1) Albenga, cit., pag. 52: lia vendita veniva fatta in favore della moglie e dei figli. Nessun padrone di navi poteva, intraprendendo un viaggio, vendere la nave, se non per espresso ordine del proprietario. (2) Meritorie, cit., pag. 44: Se un creditore avesse votato essere soddisfatto nel suo diritto poteva appellarsi alla curia di Montone che costringeva il debitore a liquidare ili debito; se quegli non avesse avuto denaro, pagava con beni immobili, in ragion di due o tre volite il debito fatto. (3) Noli, cit., f. 11 b. ·— Celle, Varazze, Albissola, cit., f. 20 b : deve giustificarsi entro un mese, contando dal giorno della levata' della ca-nel.la. (4) Mioglia, cit., f. 9: non devesi togliere i termini. — Albenga, c-it., pag. 258-260. — Levanto, cit., f. 67: entro due giorni, da quello del- 1 estimazione, devono fare la relazione del dianno al Notaio della curia, pena la multa di venti soldi genovesi in caso di inosservanza. Gli estimatori tenevano un cartolario, su cui il loro Notaio scriveva a sua volte la relazione entro 2 giorni, dal momento in cui gli era state presentata quella degli estimatoini, pena la muilta di 20 soldi genovesi se ciò non eseguisse. — Albissola, cit., cap. 6: pena quaranta soldi genovesi a chi togiieya la canella; e gli estimatori dovevano farne denuncia entro otto giorni. — Ortonovo, oit., b 1-9, pag. 62 b : chd toglieva i termini pagava la multa dii quaranta saldi; idem, b 1-9, pag. 63 b : chi toglieva i termini pagava la multa di cento soldi imperiaM. — Vezzi, cit., n. 21, f. 2 b : pena sessanta soldi di Savona chi toglieva i termiini; pena lire dieci Savonesi per chi trasportava da un luogo alTaltre i termini. — Biella, cit., pag. 355, n. 129-131 : gli uomini di Biella, denunciavano ai Consoli, entro otto giorni chi levava i termini del Comune. — Moncalieri, cit., col. 1436: chi toglieva i termini posti dagli « apakatoni », era multato di cento soldi. ^— Ivrea, cit., col. 1196: chi toglieva.! termini o la canella imposti dai Sapienti dell’Ufficio di Credenza, era multato di lire cento imperiali e lire venticinque per ogni Console e lire 10 impetriiaili per ogni persona speciale. — Torino, cit., col. 729: chi toglieva i termini era punito a pagare L. 10 viennesi. (5) Albenga, cit., pag. 259: pagavano un pena da lire 10 a 25. — Celle, Albissola, Varazze, cit., f. 20 b: pagavano una pena da denari 4 per ogni lira di estimazione. Statuta Saone del 1404-1405 87 piedi, uno dei quali otteneva de delle altre iscritti]re del Comune si dice lui stesso e in questa vestn attende non solo alla compiliamone degli Annali che dal 1280, dopo aver collaborato con altri negli anni anteriori, continua tutta da eolo, ma. anche alla trascrizione ordinata e sistematica dei privilegi e dei documenti comunali già cominciala regili anni precedenti: a lui sii deve perciò una copia del primo dei libri Iurium corredata d-i noi-e e tavole genealogiche preziose che già sono state da. tempo pubblicate per opera del Desimoni e dell’ Imperiale. Taluni indizi lo farebbero perfino autore di una Pratica equorum, di un trattato cioè di terapeutica veterinaria. Il particolare atteggiamento dello spirito rivolto a una speciale forma di studi e di attività fa sì che egli sia il solo degli Annalisti che abbia consacrato la maggior parte dell’ opera propria, poco distratto da 90 Rassegna Bibliografica altre occupazioni, aillla camp il azione della cronaca e alile raccolte documentarie. \Si direbbe che egli è veramente un tecnico della storia; e questa speciale tendenza e Ja naturarle sicurezza eh giudizio lo fanno, come il Pertz 'ha. detto, più perspicace di ogni ailt.ro Annalista. Perciò egli è il màjggiore dei continuatori di «Gaffa ro e, come quel vecchio gtlorioso aveva (narrato Raffermarsi del 'Comune nelle 'Crociate e in tutto il cammino ascendente del sec. XII, così Iacopo narra l’età della maggior potenza di Gemo va. e id trionfo dellla iMeloria, -arrestandosi alla vigilia della battaglia delle Curzollari. In tutti e due è lo stesso profondo -senso religioso che attribuiijsce a Dio (più che agli uomini ogni evento fortunato, la stessa devozione allia patria, Ίο stesso sgomento peir le lotte interne rovinose. Questo si converte anzi in ansia più accorata in lui che, dopo aver narrato con minuta preoiisione e abbondali za di particolari i precedenti della guerra, i provvedi nienti navali, i primi scontri e poi la. grande battaglia vinta dal fratello e 1 ’iimpreseionie di (stupore quassu mistico prodotto dalla, meravigliosa vittoria sugli animi dei concittadini, vede finire, e vi accenna discret am ente senza dame le ragioni, da gloriosa diarchia dei due Oberti, 'Spinola e D’Oria, che aveva costituito un governo saggio e forte, ordinato 'e tranquillo, tale da rappresentare 1 età aurea del Comune Genovese. Un anno dopo la Meloria, Oberto rinuncia all’ufficio dii Capitano del popolo — e manca ancora, un triennio ailla scadenza ileigale — e sii ritira a /Rapallo eoa' figtli. iNon dice il fratello i'I motivo di questa decisione, nè parla mai di dissidi tra i due capitani : ma Oberto sembra ritirars/i perchè avverso alla troppo stretta a/lleamza coi Guelfi di Toscana, la quale mette capo effettivamente a una grande delusione quando, per la politica del conte Ugolino, Genova mon si vede aiutata dal Guelfi di Lucca e di Firenze, -e Oberto (Spinola 'sotto 'Pisa non raccoglie gli allori del collega. e deve ritirarsi dopo quaramta giorni di inutile assedio. Ce n’ era abbastanza per un dissidio personale e di principio, neppure sanato dajLla sostituzione di Corrado figlio di Oberto D’Oriia nel-Γ ufficio abbandonato dal padre. I contrasti e le discussioni si acuiscono; 1-e lotte dei partiti si riprendono, le trasformazioni costiituzionali 'già comi'fuci-ate col Capi ternato dèi popolo sii accelerano; il malcontento del marratore trapela frequente. In quest’ultima parte /gli Annali sono ancora, come al tempo di Caf faro, opera personaile: l’in divi-dualità dello sciiittore veccbiio, autorevole, indipendente si sovrappone al carattere ufficiale, rappresentante l’azione e il pensiero dei partiti al governo, che avevano avuto quando erano st>ati opera di un collegio di scrittori. Π coro anonimo riprende cioè una voce singola e un volto determiinato : sebbene non lo dica esplicitamente, •l’annalista sembra voler indicare che dopo l’allontanamento del fratello Oberto dalla direzione del Governo t/utto v.a meno berne. Può essere il naturale rimpianto dei vecchi che 'Si sentono superati dai tempi — lo stesso era, accaduto a Caffaro —; ce riamente però l’ambizione, rapidità, Rassegna Bibliografica lMndiscipli.na dei nobili, primi appunto i DOria, dopo iil trionfo di (Lam-ba a CurzoOa daranno alla vita deftla repubblica frutti dolorosi. Com-umque, questa ultima parte degii Annali che narra fatti e mo-memti importanitdeisiimi (le lotte con Posa e coe costituiscono un capitolo di interesse capitale neilda storia del commercio genovese vista da un angolo diverso dai comune. Cini studierà d’ora innanzi igili attd commerciali dei notai genovesi dei secoli XII e XIII, imbattendosi in pavesii, augustali, perperi, masamutini, onci-e d’oro, dinari e eimlli, non potrà a meno dii ricorrere ia questo studio serio ie coscienzioso al quale nuoce soltanto la mancanza dii una forma definitiva e la deficienza metodica caratteiri&tica dei dilettanti. Con la qual parola non si intende assolutamente indicare ned compianto autore una specie d’inferiorità ma soltanto la mancanza di quegli strumenti di metodo che, si diica ciò che si vuole dai facilomi improvvisatori, sono indispensabili ned lavoro scientifico. Così fossero molti i dilettanti comte 1’ avv. iCasaretto che 1’ ingegno e la dottrina soccorsi dalla -cospiiic.ua fortuna famigliare rivolse a più larghi mezzi di studio e a benefiche benemerenze ! Pur troppo è da temere che id suo esempio non trovi molti imitatori. Di memorie antiche e di tradizioni da. rinverdire molto si parla ma ci si limita alle parole; i denari spesi per malinconica studi siul passato sembrano a troppa gente vanamente sprecati, e temo che id prof. Poggi sii illuda molto se spera cine istituzioni pur sorte col proposito di ispirare e coUtivaire la religione delle memorile del passato vagliiano andar più in là delle cerimonie occasionali o delie belile parole. ιΕ quanto ai preziosi protocolli notarili dei quali vorrebbe giustamente augurare la pubblicazione sono -certo destinati a rimanere inediti finché qualcuno di quei vecchi .di cui parla con legittimo orgoglio « ai quali la passione per gli studi dà bastevole forza e tenace entusiasmo per compiere l’opera laro » non assuma su di sè pier quanto possa il grave compito o, più facilmente finché qualche aJltro americano come il Byrne non venga a farne chilo-metriche fotografie da studiare e pubblicare in America. Vito Vitale 96 Rassegna Bibliografica Alfredo Schiaffine 11 mercante genovese nel Medio Evo e il suo linguaggio , Genova, R. Università degli Studi, 1929. » Genova è un magnifico anfiteatro gettato fra il maire e la montagna e taile che i suoi abitanti non possono faire un passo senza salire sulle rupi o senza ondeggiare sull’acqua », ha iscritto uno storico italiano, più volte « rivendicato » e sempre più p rotondami ente dimenticato, Giuseppe Ferrari, scolpendo poi in una sintesi perfetta, se beai forbita per lo più da vedute intuitive, la storia e il 'destino dedita città, dall’atri-stocrazia alla democrazia fluttuante « come una goletta di smisurata alberatura » e sospinta, quasi per forza di questa intima alternativa, alile sue più lontane 'espansioni (Rivoluzioni d'Italia, I, 480 e passim). Alfredo Schiaffici ha ripreso in qualche modo l’idea ded Ferrari, con più ampi sussidi documentari e letterari, e con modeima comprensione dellla storia poilitica e giuridica genovese, odtrechè con gli accorgimenti della filologia e della linguistica che gli sono peculiari. La storia di Genova è storia di mercanti e di navigatori, non solo come fatto obiettivo, e, in certo senso, come fatalità geografica, operante positiva mente e negativamente, in sul nascere e in sul cadere delle fortune della Repubblica, ana soggettivamente, come coscienza di questo compito, la qualie trova persino, con prestezza inaudita, una precisa per quanto in apparenza -audace e cavillosa definizione giuridica nei termini del diritto pubblico. Werner Sombart, in Der Bourgeois (uscito nel 1913, dopo la prima edizione dell’altra sua più nota opera sul Capitalismo moderno, che abbiamo ora in una parziale traduzione italiana), ha posto id problema della storia deil Capitalismo, vale a dire della civiltà moderna, sopra basi soggettive, cioè più precisamente come nascita e svolgimento dello (( spirito capitalistico » : il « perfetto borghese », per il Sombart, e’in-contra in Toscana verso la fìnte del Trecento, nato evidentemeinte, dice, nel corso di questo secolo: ed egli ne studia le manifestazioni sovra-tutto sud <( Governo della famiglia » di· Leon Battista Alberti, « nel quale si trova già tutto quello che Defoe e Beniamino Franklin diranno poi in inglese ». Ora, nel componimento deiH’Anonimo Genovese, che, lo Schiaf-fìni offre e commeinta, con arguzia -e geniale analisi psicologica, allo scopo d’affigurare il mercante genovese del iDugento in alcuni ben riposti segreti, dell’anima sua, abbiamo un documento in tutto paragonabile con i più tardi libri fiorentini del Tre e Quattrocento; dove lo « spirito borghese », nel suo duplice aspetto della .razionalizzazione della condotta economica > a restringere la narrazione in confini meno ampi dii quanto egli stesso vorrebbe; occorre infatti a iluii ed a noi id ricordo che si tratta qui di una monografia non di una storia vera e propria, ama è giusto anche ricordare che in queste poche pagine si raccoglie una narrazione che rispecchia in ogni 106 Rassegna Bibliografica linea lo studio diretto di tutti ii lavori uisoiti in questi ultimi cinquanta anni s>u Genova, Studio del quale .si danno qui in brevi cenni i risultati più certi e più veri. In conclusione il volume idei (Marni roni è utilissimo per una visione d' insieme della vita politica deilila città -e può essere un ottimo compagno per chiunque vaglia 'Studiare qualche parte deüla «storia genovese per ambientarlo, coirne suol dirsi, nell’ epoca -e nel carattere generale della città. Adornano il volume alcune tavoile illustrative; ini una prossima riedizione sarebbe berne correggere due didascalie alle medesime. Quella dello « Sciabecco genovese del secolo XVII » potrebbe essere coiiretita in « Galea genovese contro uno sciabecco » per non indurre in errore l’inesperto di cose marinare che vede dn maggior luce ila galea ; in quella della « 'Caracca genovese del secolo XVI » (sarebbe forse meglio chiarire « della fine del secolo XVI o del principio del secolo XVII » poiché la struttura della caracca ci sembra più tardiva del secolo XVI. ■Circa ii famoso assedio ailla (Lanterna (1513-14) sarà dn una prossima -pubbliicazione chiarito che Andrea Doria vi partecipò con ile due galee dell governo ma non diresse Γassedio per mare e che quando prese parte ali’eroico episodio dell’arrembaggio alla nave francese (1513) diretto dal nocchiero Emanuele Cavallo era già stato eletto comandante delile due gailee benché «esse fossero ancora dn costruzione ed era incaricato egli stesso di affrettare i (lavori e l'armamento. IL avere partecipato come combattente alle dipendenze di un nocchiero gli reca grande onore perchè postergò ogni diritto di nascita e di grado pur di combattere in difesa della patria ed il fatto che ili Senarega ed il Giustiniani lo citano con onore -accanto al Cavallo, dimostra che «egli era già tenuto in gran conio fra i prodi marinai della sua Genova. Emilio Pandiani Jean Borel, Gênes sous Napoléon l.er 1805-1814, avec quatre illustration en hors-texte, introduction de G. Pessagno, iParis, Alliingeir, 1929. La dominazione Napoleonica in Genova è stata speseo paragonata dagli storici a una meteora. Forse, avuto riguardo alla durata, la metafora può correre ma nella sostanza il fenomeno presenta delle caratteristiche speciali che lo distinguono nettamente da tutte le dominazioni che ‘Genova ha subito. IL’ annessione alla Francia è stata Γ-epilogo necessario della Grande Rivoluzione: Genova aveva sentito ii contraccolpo del 1789 solo.... nel 1797; otto anni era durata Γ agonia di un organismo decrepito di cui la morte era preveduta da tempo. Ma se -Γ organismo s’ era disciolto, gii elementi perduravamo e costituivano un fermento che produsse fenomeni disparati. La lotta della vecchia aristocrazia con gli uomini nruovi provocò 1’ intervento de.lla Coalizione Europea — eotito il manto ufficiale della Neutralità — e la reazione sempre più preponderante dei Francesi; questi colla intelligente propaganda delle « idee d’ oltr’ alpe » Rassegna Bibliografica 107 e sotto Γ abilissimi a direttiva dei 'Residenti Tilily e Faypoult, precipitarono giti ©venti e il vecchio Regime crollò d’ improvviso senza resistere. 'Con la Repubblica Ligure Democratica del 1797 avvenne la vera e propria annessione alla Francia, consacrata dalle giornate memorande del Blocco, due anni dopo. ‘Quand-o il Bonaparte si era già incoronato Imperatore, la piccola (Repubblica .alleata di Francia si trovava im una situazione insostenibile; la sua Sovranità .essendo soltanto una espressione, non mancava di procurare -a Genova tutti i dammi senza quei vantaggi che la riunione formale alla Francia le arrecò in seguito. Cosicché quel famoso ricorso all’ Imperatore che d nostri Senatori furono costretti a presentare nel 1805 — secondo certi storici « con la morte n-el-Laninia » — non era ailtno che la -regolarizzazione dii uno stato di fatto preesistente. -La perdita -dell’ indipendenza datava dal 1797, e, anzi da un’ epoca molto anteriore. (Genova, Prefettura Imperiale, offre all’indagine dello storico un fenomeno dei più interessanti : l’adattamento ai tempi moderni di un paese refrattario per natura e per tradizione ad ogni novità. Questa brusca transizione avvenne non senza contrasti, ma finì per arrecare vantaggi sensibili alla vita morale e materiale dei Liguri. Sotto il ferreo regime Napoleonico fu annientato 11 brigantaggio e. il banditismo, vecchie piaghe del passato. Le strade di comunicazione furono create, a devante e a ponente; l’edilizia cittadina curata e disciplinata per la prima volta: il commercio — compatibilmente codile ciireastamze di guerra — tutelato. Le arti e le belle arti ebbero un periodo di splendore. .11 rovescio della medaglia: esazioni, coscrizioni, rincaro della vita, va pure poeto sullia bilancia, pur non esc lueiv an lente a carico deli’Impero essendo noto che la Restaurazione, che doveva essere la panacea di tutti questi malli, li mantenne e accrebbe per conto suo. Nessuno, si può dire, fra gli storici si era occupato sistemamicamente dei « tempi dell’impero a Genova». Bisognava 'raccogliere e coordinare i documenti : pochi e poco noti, e bisognava stabilire un confronto fra il risultato di queste e ciò che dedi’Lmipero è stato detto, occasionalmente, da qualche nostro scrittore. Questo fine sii è prefìsso J. Borei, nel suo Gènes sous Napoléon Ί. Naturalmente la mole ridotta della pubblicazione non pretende alla Grande Storia, ma nondimeno tutti gli elementi essenziali possono essere trovati in questo studio. Um quadro morale, fìsico, statistico della nostra regione sotto l’impero è sommariamente ma sicuramente delineato, in base alle fonti; raggiunta di copiosi estratti della corrispondenza personale dell’Iniiperatore, in tutto quello che tocca Genova, dal 1796 al 1813, non manca di accrescere l’interesse per questo libro, edito con precisione ed eleganza notevole dall’ Attinger a Parigi. x. y. 108 SPIGOLATURE E NOTIZIE In un opuscolo estratto da « (La Grande Genova » del Dicembre 1928 è pubblicata un'importante relazione su quanto venne fatto dal Cornarne di Genova nell’ anno ■testé decorso in pro’ dell' arte |e deUla cultura genovese. -Sotto la guida ^luminata ed (i nfaticabile di Orlando Grosso si son perseguiti importanti restauri di monumenti, fra cui ricorderemo qui quello veramente monumentale della Chiesa di iS. Agostino, e quelli aesai importanti della loggia del sec, XII che trovasi in Vico delle Scuoce Pie e dei trittico di Turino Vanni da Pisa nella Chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni. Dalla scoperta di affreschi di Bernardo Strozzi nel Palazzo ex Doria di ìS. Matteo, alila nuova istituzione della Galleria d’Arte Moderna d-i Nervi, atl riordinamento della Pinacoteca di Palazzo Bianco, alile opere più svariate (per il tiecoro della città, è tutta una rassegna dii fervridp, ed intelligente operosità nel campo culturale ed artistico che da soila vale a smentire la fama non meritata che i genovesi non curino con sufficiente amore l’arte e la cultura, * * * c( Caffaro » del 3 gennaio 1929 in occasione-dei Centenario di Tomaso Salvini, ricorda ìLe sue récite a Genova. * * * « Il Secolo XIX » del 5 gennaio 1929 rievoca nel centenario della morte un grande filantropo genovese, Tl Padre Ottavio Assarotti apostolo dell'educazione dei -Sordo-Muti in Italia. * * * Lazzaro Desimovi scrive in « Nuovo Cittadino » del 6 gennaio 1929 su La Chiesa dei S.S. Nazario e Celso già esistente nell luogo ove ed stende il Corso Italia, presso il .Forte di S. Giuliano. * * * Passeggiate dugentesche per la Superba di A. Jì. (in « Giornale di Genova » del 10 gennaio 1929) sono una breve e vivace rassegna della vita spirituale genovese in quel tempo lontano. * * * I ciMELii bobienst illustrati da V. in «Corriere Mercantile ». del-Γ 11-12 gennaio 1929 interessano anche gli studiosi di cose genovesi. Bobbio, ecclesiasticamente, appartiene alla Provincia Ligure. * * * Donna Virginia (ossia Virginia Bracelli gentildonna genovese, fondatrice del Conservatorio di N. S. del iBifugio) è ricordata da Amedeo Peserò in « -Secolo XIX » del 12 gennaio 1929. * * # (La Chiesa di San Vittore -già esistente in Via Pre, ed ora scomparsa, è ricordata da Lazzaro Or Simoni in « (Nuovo Cittadino» del 13 Gennaio 1929. Spigolature e Notizie 109 * * # F. Car es so cod titolo (Reminescenze sceniche ricorda recite di Gustavo Moderna .e di Tomaso Saiviini a Genova, in « (Lavoro » dei 15 gennaio 1929. * # * F. Ernesto Morando> pubblica in « Corriere Mercantile » dei 15-16 gennaio 1929, un 'lungo seri ito dall t itolo Dimostrazioni comiche e tragiche, nel quale olire spunti di cronaca della Genova ora scomparsa, attorno a vari tiiipi e riuaccluiette genovesi. * * * •Genova Romantica è iliustrata, soprattutto con ricordi stonici riieren-tisi ailile celebri Ville Albareeì, da A. tì. lin « Giornale di Genova » dei 17 gennaio 1929. V’ è ricordato ii Dickens >e la celebre Tomasiina Spinola amata dal iRe di Francia. * * * Gotifredo ha un lungo articolo illustrato dal titolo Genova vecchia e le sue fontane in « Corriere Me re aiutile » dei 17-18 gennaio 1929. Il lavoro linteresisa egualmente l’arte corne la storia genovese di cui si rievocano .interessanti spunti. * * * »Di Arturo Saiucci è lo scritto Genova negli scrittori nord-americani in « iLavoro » del 19 gennaio 1929. * * * ■La Chiesa di San Benedetto a Faesolo è illustrata da Lazzaro De Si-moni dai <( iNuovo Cittadino » del 20 gennaio 1929. * * * A firma Antonìoli il « Nuovo Cittadino » del 22 gennaio 1929 pubblica /una commemorazione di Benedetto XV, il genovese Giacomo Della Chiesa, « * * Il Padre dei Sordomuti (Ottavio Assaro tti) è ricordato con rilievi storiai suilla sua vita e le sue opere, da P. M. S. In « Lavoro » del 24 gennaio 1929. * « * Filippo Cris polli recensisce in « Caffaro » del 24 gennaio 1929 La prima storia di Benedetto XV dovuta al Sac. Francesco Vistali!! che fu un fervido ammiratore del papa genovese. * * # Una corrispondenza da Napoli a firma erre pubblicata in « Corriere Mercantile » del 26-27 gennaio 1929 enumera Ricordi e Monumenti Genovesi a iNapoli. V’ è descritta soprattutto l'origine della Chiesa Nazionale dei Genovesi che risale ai primordii del ©écolo XVI. * * * A. R. in uno scritto dal·titolo All’ombra dei. Paradiso in «Giornale di Genova » del 27 gennaio 1929 rievoca ricordi storici sulla antica Villa Podenas (ora Bombrini) ad Albaro, volgarmente detta « Il Paradiso ». * # * iLa Chiesa dei Santi Genesio ed Alessandro, antico edifìcio sorgente presso alla Cattedrale, è illustrata da Lazzaro De Simoni in « Nuovo Cittadino » del 27 gennaio 1929. * * * Esiste una colonia genovese nel cuore del Caucaso ?. Sotto questo titolo è riassunta in « Giornale di Genova » del 30 gennaio 1929 una con- 110 Spigolature e Notizie ierenza di Ugo Mpricìùni die ebbe .ad investigare di presenza le traccie lasciate daìl’aitività .genovese sui Mai· Mero e sul Cosipiu. * * * £. Deledda ini « Mediterranea » geminalo 1929 [prelude occasione idalla pubbdiioazione dell’opera «di P. 'Corrado 'Corsica e dati statistici, pubìxLioa Piero PariselLa nel fascicolo del febbraio 1929 di « Mediterranea ». * * * 'x Livia Albertini Fornaroli pubblica un liimportante saggio su Cristo-foro Colombo marinaio e cosmografo secondo il cap. E. A. D’Albertis, nel fascicolo del febbraio 1929 de « La -Grande Genova ». * * * Il Visconte Ido, vicario di Oberto conte di iLuni è ricordato con corredo di note storiche da Januensis nel fasci-colo del febbraio 1929 della « A Compagna ». * # # * Sotto il titolo Un figlio della Superba nella piccola Polonia del xv secolo, lLeonardo Koc.iemosk illustra nel fascicolo di febbraio della « A Compagna » la (figura di Cristoforo Guardia de San Romolo. * * * Stefano Rebaudi pubblica nel fascicolo di febbraio della « A Compagna » un breve studio su (Francesco 1 in [Liguria. * * * Antonio Cappellini illustra ned fase, di febbraio 1929 de « La Grande Genova » il Santuario di N. S. di Belvedere. # * * •Due savonesi e la questione romana, è il titolo di un articolo comparso ne « Il .LetimbTO » di Savona del 1° marzo 1929, nel quade A. Ca-saccia illustra l’opera compiuta per ila risoluzione della questione romana da due benemeriti cittadini savonesi: Giuseppe Saredo e Alessandro Corei. # # * iRievoca la notissima cospiratrice Principessa Belgioioso « Il Lavoro )> del 5 marzo 1929. * * * A. Barbagelata scrive ne « Il Lavoro » del 12 marzo 1929 su II matrimonio di G. Garibaldi con la Marchesa (Raimondi. * * * Di Gian Giacomo Cavalli il noto poeta dialettale genovese, traccia il profilo Manno Merello nel fascicolo del marzo della « A Compagna ». * * * Un’amipia recensione del volume La Consulta dei Mercanti Genovesi del Miold, vien fatta da Spectator nella rivista « Le Vie d’ Itadiia e del-l’Ameiùca Latina » del mairzo 1929. * * * Le quattro grandi casate della frazione dei Nobili e cioè dei Fieschi, Grimaldi, Doria, Spinola, sono illustrate da Ianuensis nel fascicolo del marzo 1929 della « A Compagna ». * # # Giuseppe Pessagno illustra interessanti episodi della marineria ligure dn /un articolo I Drammi del mare, pubblicato ne « iLa Grande Genova » del marzo 1929. Spigolature e Notizie 113 * * * Nino D'Althan nel fascicolo del marzo 1929 de « La Grande Genova » illustra, alcuni notevoli Tesori d’arte in (Liguria. * * * iLe vicende ded Palazzo iDuirazzo di Cornigtliano son rievocate in un gustoso articolo anonimo publicato da « Il Lavoro » del 13 aprile 1929: Da reggia a scagno. * * * G. S. Panisi pubblica due .importanti Lettere inedite di Goffredo Mameli ad An tornio Giovanni Papa idei marzo 1848 in « Quattro pagine » del 15 aprile 1929. * * * Un lungo -articolo .di F. Ernesto Morando è dedicato in « Corriere Mercantile » del 16-17 aprile 1929 a Gli antichissimi Liguri in una Monografia MAL NOTA E DISPERSA DI A. G. BARRILI. * * * iUna Gentildonna francese a Genova durante la Restaurazione (La Contessa Osmand De Boigne) rievoca Ars .in « Lavoro » del 17 aprile 1928. * * * [Ricordando Enrico Morselli, G. Vidoni passa in rassegna ÌT opera scientifica dello scomparso psichiatra e antropologo genovese in « Corriera Mercantile » del 19-20 aprile 1929. * * # iNed « (Secolo XIX » -del 25 aprile 1929 Amedeo Pescio pubblica uno scritto su: San Marco - Poema del Molo nel quale è evocato il passato d’un caratteristico quartiere delia vecchia Genova, ili Molo e della vetusta chieea da /S. Marco. * * * iscrivendo in « Giornale di Genova » del 25 aprile 1929 su Trine i Merletti di Genova, Renato Crippa dà notizie intorno a questa notevole industria genovese. * * * Una buona recensione ded volume Gênes sous .Napoléon del Borei vien fatta da R. S. ne a II Lavoro » del 27 aprile 1929. * * * (Di Santa Zita, la vecchia tratta Ars in « (Lavoro » del 28 aprile 1929. Viene ililustrata l’antica chiesa, già dei Lucchesi, suil Bisagno presso il Ponte Pila. * * # Vito Vitale esamina con la consueta precisa informazione i volumi IV e V degli Annali Genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, ned fascicolo gennaio-aprile 1929, della « (Rivista Storica Italiana ». * * * et iLa Grande Genova » nel suo fascicolo deJ-Γ aprile 1929 ha uno studio di Mario Bonzi sul pittore genovese Tavedda, Lo studio che e’intitola Paesisti Genovesi del Settecento è in continuazione. * # * Paul Ghauvet traccia nella « iRevue de .la Corse » del marzo-aprile 1929, una bene informata biografìa di Un grand artiste corse Iacques Tessaregh. * # * Omicron illustra II pittore genovese Antonio Traverso nel fascicolo dedd'apriile 1929 della « A Compagna ». 114 Spigolature e Notizie * * ' * F. Lemmi recensisce ned faseLcolo della « IRiviiisiba Storica Italiana » del geamajio-^priile 1929, id recente vodume di Giovanna Gallio : L opera di Giorgio Doria a Genova negli albori della libertà. * * * iSavona nella storia e nell’arte, iscritti offerti a Paolo BoseLli; e Savona nella prestoria e nella storia, son recensiti da Vito Vitelle nel fase, della t< (Rivista Storica Italiana» ded gennaio-aprile 1929; Mentire il critico plaude -ai collaboratori del 1° votane, ricco d:i studi condotti con ricchezza d’ informazione e .rigoroso Imetodo isciientifico, non altrettanto •può dire per gli studi contenuti nel 2° volume, dii cui il tono apologetico di molti fra essi contrasta con il carattere di aditni compresi nedda stosa r-ac coita. * * * E. F rane e schini pubblica nedda « iR e vue de la Coir&e » del marzo-apnide 1929 un interessante studio condotto su documenta inediti, in cui v.ieme illustrato Une guerre religieuse en Corse en 1797: la Crocetta. * * * Fumaroli pubblica sulla « Revue de la Corse » del marzo-a^prile 1929 un’ importante silloge di documenta tratti daM’Archivio di Stato di Genova, illustranti la lotta di Samipiero contro Genova dall 1553 al 1567, senza note illustrative e col titolo Documents relatifs a la periode de Sampieru corsu. * * * L’opeira di Pia Coirrado Corsica e Santa iSede, Un episodio religioso-politico nella Corsica di Pasquale Paoli 1760-1770, La Missione del Visitatore Apostolico, viene recensita in « Rivista Storica Italiana », gen-naiio-aprdile 1929, da E. Michel, che pur giudicandola lavoro quasi esauriente e definitivo, lamenta là deficiente conoscenza bibliografica e 1 unilateralità delle fonti a cui la scrittrice ha attinto. * * * Vito Vitale in un’ampia e acuta rassegna critica pubblicata nella « iRiivista Storica Italiana » del gennaio-aprile 1929, esamina le opere su Goffredo Mameli usicite in occasione del centenario a cura di Marco Mar-chini, F. A. iFerrari, F. iS. Mannuccd, L. Collino, U. Biscottini., A. Codi-gnola, E. Bertotti, e le due raccoitte, Goffredo Mameli e i suoi tempi e Studi e documenti su G. Mameli e la Repubblica Romana (1849). * * * In « (Rivista Storica Italiana » gennalo-apimle 1929, Vito Vitale recensisce I Dogi perpetui di Genova 1339-1528 di P. Luigi Maria Levati. Pur riconoscendone la scrupolosa diligenza nella ricerca, l’autore si augura una più organica «ricostruzione del periodo, di cui la materia non è stata sufficientemente 'elaborata. # * # -Col titolo : Tu cadevi ο Mameli..... « Il Lavoro » del 1° maggio 1929 pubblica un capitolo del recente iromanzo « Il mio Poeta è biondo » di Marcello Arduino. # * * Ne « Il Giornale di Genova » del 2 maggio 1929 rim illustra un amore di Luigi XII a Genova che avrebbe dato ii nome alla Piazza dell’Amor Perfetto. Spigolature e Notizie 115 * * * In « [Lavoro » del 5 maggio 1929 A. Barbagelata rievoca: La partenza dallo scoglio di Quarto con uno scotto ricco d’interessanti richiami stornici. * * * iNie « Il Nuovo 'Cittadino » del 12 maggio 1929 Lazzaro De Simoni illustra le vicende storiche de La Chiesa di S. Francesco d’Albaro. * * * Di Giovanni Domenico Peri, genovese ed autore di un votame pregevole « Il Negoziante » stampato in Genova nei 1638, tratta Luigi Celle ne « Iil Nuovo Cittadino » ded 19 maggio 1929. Evidentemente per un errore del proto, l’articolo porta il titolo Un illustre scrittore genovese di ragioneria del ìMedio Evo. * * * /La regione -di Piccapietra già occupata 'ned!’ antica Genova dai Tin-tosni, è iltostrata da Ang. in « (Lavoro » del 29 maggio 1929. * * * Con la «consueta ricchezza di informazioni lanuensis illustra nel fascicolo di maggio 1929 dellla «A Compagna» le Iscrizioni e tombe nell’antica chiesa di & Tomaso. * * * Giuseppe Rizzo illustra da figura di Maestro Opizzino di Susilia in un succoso articolo pubblicato nella « A Compagna » del maggio 1929. * * * iNe « Le Opere e i Gioirai » ded maggio 1929 Giuseppe De Luigi scrive intorno a L’anima della Corsica. * * * Illustra l’opeæa del noto poeta dialettale Giuliano iRossi, Marino Me-rello ned fascicolo dellla « A Compagna » del maggio 1929. * * * /Rapallo in versi e in prosa di Renzo Bianchi ne « Il Lavoro » ded 4 giugno 1929 ricorda ed illustra, tira le cose antiche di qued luogo, il Castello nuziale di Avenazzii e Valle Chris ti. * * # In « Il Lavoro » ded 5 giugno 1929 uno scritto anonimo dal titolo Porta Aurea, ossia Piccapietra interessa id lettore adda storia remota d’una delle iregioni più note e caratteristiche di Genova antica, Portoria. * * * Umberto di Leve ha .in « Giornale di Genova » del 6 giugno 1929 uno 'Scritto rievocante un fie io -nemico della (Repubblica in Corsica, cioè Sam-piero della Bastelica. * * * Rossano Zezzos descrìve In « Il Lavoro» .ded 7 giugno 1929 le bellezze pittoresche dii San Cipriano in Valpodcevera. # * # iCol titolo: I portoghesi di Genova, Guido Monaldi offre in «Giornale di Genova » del 7 giugno 1929 una buona pagina di folk-lore genovese, anzi prettamente portoriano, in quanto coU’epiteto di portoghesi sono designati i monelli che in gaio sciame empiono dei doro giochi rumorosi Pontexello e la popolare Via della Marina. « 116 Spigolature e Notizie * * * F. Ernesto Morando in « Corriere Meroanitide ·)> del 7-8 giugno 1929 ricorda la dimora di Agostino Bertani a Genova. * #· * L’israelita Duca delle Isole Egee, scritto di Vico Montegazza in « Corriere [Mercantile » del 7-8 giugno 1929, lacoemua ai Giustiniani di Chios e aii Gatti lusio di Mitiilene. * * * P. Mormino Arcoleo sorive in « iSeicolo XIX » deli’ 8 giugno 1929 sulla vita, romanzesca di Teodoro I ìRe di Corsica. * * * Antonino Gallemja rievoca in « Giornale di Genova » del 9 giugno 1929 -La Fucina dei 'Musicisti in Liguria, e «cioè àia stoda del conserva-torio di musica iNiicolò Ptaganiiini. * * * In uno scritto anonimo nel « iCa.ffaro » dedi’ 11 giugno 1929 vien rievocato id soggiorno' di (Nietzsche a Genova, Rapallo e Ruta. * * * IL Giullare del Signore piibbiòca in « Nuovo Cittadino » del 12 giugno 1929 un breve profilo di Francesco da Camporosso nota e popolare figura di frate ligure, vissuto a Genova, testé elevato aU’onor degli altari. * * * R. S. recensisce ne « Il Lavoro » del 13 giugno 1929 iti recente volume di Camillo iManfroni su Genova nella storia d’Italia. * * # c( Christi miles » in « .Nuovo Cittadino » dell 14 giugno 1929 offre brevi notizie storiche sulla vetusta Chiesetta de La (Madonna delle Grazie a Genova-Voltri. # * * .Su Genova nel XIII secolo scrive « Ars » dn « (Lavoro » del 15 giugno 1929. Vi si paria del rude carattere speciale ai genovesi prendendo ie mosse da un recente volume di iC. M. Brunetta : « Genova e 1’ arte dei suoi Cavalieri », * * * C. S. Panisi, usufruendo di importanti documenti esistenti nel suo archivio famiiliaTie pubblica in « Quattro 'Pagine » del 15 giugno 1929, un bel profilo della principessa Belgioioso, ed annuncia prossima üa pubblicazione di lettere inedite di lei a patrioti genovesi. * * * iDeLle « Sette giornate di Genova \per la cacciata degli austriaci » e del Quartiere generale del popolo tratta F. Ernesto Morando dn « Corriere (Mercantile » ded 15-16 giugno. Vien recensito do studio ded Masnovo pubblicato ineJjl’ ultimo fascicolo di questo Giornale storico con vibrante passionalità polemica ma con deficienza di buoni argomenti e di buoni documenti. # * # Eleonora D’ Arborea, sposa di Brancaleone D’ Orla, eminente figura di sovrana sarda del sec. XIV, è ricordata .in « Giornale di Genova » del 22 giugno 1929 da Stanis Ruinas. ¥ Spigolature e Notizie # * * Lazzaro De Simoni illustra La 'Chiesa della Maddalena in « Nuovo Cittadino » del 23 «giugno -1929. * * # « Vie. », col titolo : /Paisciùn riconto iin ((Lavoro» del 23 giugno 1929 è iiîkustrata da un ibreve scritto divulgativo di Franco Ridella neflflia « A Compagna. » del giugno 1929. * * # Importanti INotizie sulla battaglia del Colletto di ìDego son contenute in .una 'memoria dedl’ arciprete 'Giovanni Damiani, pubblicata da Mario D' Incisa di Camerana nella « (Rivista di (Storia, Arte, Archeologia per la provincia d’ Alessandria », del’ apriile^giaigno 1929. * * * Goffredo Mameli e il suo « Inno » sono illustrati, unitamente a Michele /Novaro, che ornò di note la poesia ded bardo genovese, in un 118 Spigolature e Notizie discorso commemorativo che Angelo Custòdero pronunciò al Liceo Cavour in occasione dèlio (scoprimento di una lapide apposta nella casa « che fu di Lorenzo Valerio ». Il discorso è 'stato ora pubblicato in nitida veste -con i tipi deil iParavia di Torino. * * * Francesco Trucco nel'l’ occasione dello scoprimento d’una lapide a Piero Isola «avvenuto il 6 giugino 1927 *a iNovi Lagiure, ha dettato una dotta commemorazione, che ora, corredata da importanti documenti tratti, dall’ archivio di Stato dii Torino pubblica coi tipi del Chiantore di Torino: Un cospiratore del 1833, Pietro Isola, opusc. di pagg. o 1. APPUNTI DI BIBLIOGRAFIA SAVONESE (1927-1928) Noberasco Filippo, La «prima Università Popolare savonese, in « J»1 Brandade », Savona, 29 maggio 1927. --,7 giochi dei nonni (LI gioco del pallone), id, 5 giugno 192Y *---, I Colombo di Savona, in « Il Cittadino », Genova, 17 Giugno 1927. --, Il 1847 in Savona, id, 9 luglio 1927. --, Un modesto uomo illustre (IL’ avvocato Bernardo Mattiauda), in « II Branda! e », Savona, 4 settembre 1927. --, La ceramica savonese, /in « Il Cittadino », «Genova, 9 sett. 1927. --, Santa Maria di ·Castello V antica Cattedrale savonese, id, 18 ottobre 1927. --, La nuova Provincia di Savona. 'Cenni. Ne « L’ ILLustrazione Italiana », Milano, 30 ottobre 1927. --, Savona, iti « Guida d'i Savona e Provincia », anno 1927-28, Ed. A. Caill egaris. --, Elenco dei Corsi, Piazze, Vie, Calate, Vicoli, Salite di Savona, id. Ettore Zunino, Fundatio Monasterii Wasti Thetis Marchionis - MXXVII -Savona, 1927, pag. 13. v S. L. Astengo O. S. A., V Ordine di S. Agostino in Savona, Firenze, iLi'br. Editrice Fiorentina, 1927. VITI0 (IHnistr.), pag. 58. Cortese Alessandro, Un interessante cimelio savonese, «in « Il Lavoro d’ Italia », «N. del 30 dicembre 1927. Camillo Gigli Molinari, Bilancio intellettuale a Savona, id, N. del 7 germano 1928. Noberasco Filippo. Ricordi savonesi per il cinquantenario della morte di Pio TX. i-d. N. 7, marzo 1928. λ Cortese Alessandro, Ricordi dì S. Maria di Priamar in Savona, id, N. 15 marzo 1928. \'orep*sco Filippo. TI Sac. Car. Cesare Queirolo. id, N. 2 maggio 1928. Cortese Atessavpro, Ricordi di Savona romana, id, 5 Masrsfio 1928. Noberasco Ftt t^po. T/ isola di Liguria, id, N. 20 Maggio 1928. Zunino Ettore» Usanze riie se ne vanno - 11 nostro Folklore, id, N. 24 maggio 1928. Cortese Alessandro, La prima moneta d' oro di zecca savonese, id, N. 26 ma ergrio 1928. __, Lucerne figurate in Jìarcolta Queirolo di Vado, id, N. 19 giugno 1928. Rava C., Cali zzano. Stazione climatica estiva, id. N. 16, Giugno 1928. M. L., Le ceramiche di Albissola. Ne « 11 Lavoro d’Italia », N. 27, giugno 1928. Norer\sco Filippo, Sulla maiolica savonese - Chiarimenti opportuni, id, N. 30 giugno 1928. ISO Supplemento di Bibliografia Savonese ---, Nell* Vili Centenario della morte del B. Ottaviano, Vescovo di Savona, id, N. 5 luglio 1928. Montini P. (Leandro, Una grandiosa opera d’ arie nella chiesa di Vado Ligure, n-e « Il iLetimbro » di Savona, N. 15 giugno 1928. Sabatelli iSilvio, Note ed appunti sulla Storia di Savona di I. Scovazzi e di F. Noberasco, id, N. 8 e 12 gtagno 1928. Bazzano Ό. B., Innocenzo 111, id, IN. 27 aprile 1928. Noberasco Filippo, Ancora sulle maioliche albisolesi, « Lavoro d’ Italia », 'N. 8 luglio 1928. --, Il problema demografico a Savona, id, N. 17 iluglio 1928. --, La tradizione artistica in Savona - I doveri di oggi, in « Il Lavoro d’ Italia », iN. del 22 agosto 1928. Sabatelli Silvio, Il pensiero di B'ernardo Mattiauda, Savona, Tiip. Ita-Marna, 1928, VIII°, pagg. 34. Noberasco Filippo, Nel primo ventennale della morte di Anton Giulio Barrili, in « ΙΊ Lavoro d’ Italia », di Roma del 14 febbraio 1929, in cui v.ien sostenuta la ben -nota tesi che il Mazzini mai Appartenne aiLlìa massoneria. --, 10 marzo 1872; Giuseppe Mazzini, in « Voce d’ Italia », Montevideo, 10 marzo 1929. Breve commemoraziojie dell’ anniversario della morte del Mazzini. Pasini {Nella, Giuseppe Mazzini contemporaneo della posterità, m « Patria degli Italiani », Buenos-Ayres, 10 marzo 1929. Ditirambica commemorazione détti’ Apostolo dell’ Unità. Tirabassi A. M., Ricordando Giuseppe Mazzini X marzo 1872 -X marzo 1929, in « La Follìa », New-York, 10 marzo 1929. Abbondantemente condita di retorica è quest’ altra commemorazione mazziniana. Becchia Silvio, Lettere torinesi, in « Patria degli Italiam », Buenos Ayres, 11 marzo 1929. « Se Pio (EX, dopo aver benedetta Γ Italia — afferma MB*. — l’ha mandat» a farsi benedire, eecondo 'la mite espressione del cattolicissimo Manzoni, la colpa non è stata certamente di Mazzini..... ». Diremo col Poeta : «.... parole non ci appulero ». Cappa Innocenzo, La conciliazione fra il Vaticano e V Italia e una lettera di G. Mazzini, in « Patria degli Italiani » , Buenos Ayres, 16 marzo 1929. Il O. ripubblica in gran parte, illustrandola, la ben nota lettera indirizzata da Mazzini a Pio IX 1’ 8 settembre 1847. 122 Bibliografia Mazziniana --, II pensiero religioso di Giuseppe Mazzini, m « Voce d Italia », Montevideo, 16 marzo 1929. Vengono ripubblicati i brami -Κ'ι^ϋ,_Μ»ιη·._-Λ tO>u~ forniture COMPLETE per amministrazioni CASE di COMMERCIO - BANCHE - ISTITUTI feST JSJBIJ .TTVir ΙΗΊΙ^ΤΟ TIPO OrB. A FICO Or. B. MARSAKO ^(ΠΧΟϋΠΕΊΓΑ ]E]D>]nrJF&][L’ abbazia di S. Venerio, edificata secondo la leggenda nel sec. VII dal vescovo iLucio sopra la sepoltura del Santo, era «servita, intorno al 1050, da un prete Pietro, nel quale si riconosce ili -fondatore del cenobio le ;il primo abate (3); d’ altra parte i riferimenti cronologici desumibili dalle fonti agiografiche della vita di S. Venerio permettono d’ affermare che nell’ età di Gregorio Magno, e alla data delle lettere in questione, IS. Venerio era in vita, facendosi fra 1’ altro menzione, negli atti del -Santo, di una leggendaria visita fattagli dall’ imperatore Foca (602-609) e ponendosi concordemente il suo transito all’ anno 630 (4). Se, pertanto, 1’ abbazia di Portovenere di cui parla il papa Gregorio I non può essere 1’ abbazia del Tino, per una perentoria ragione di date, è ovvio ricercarla, secondo le testuali e ripetute indicazioni topografiche delle epistole, in Portovenere stesea; e eh’ essa fosse connessa col vecchio S. Pietro non parrà dubitabile quando sia dimostrato che gli avanzi monumentali di queeta chiesa possono risalire al secolo VI, e che, nel tempo stesso, la chiesa ha origini monastiche. Avuto riguardo al tipo ed ai particolari dell’ edificio più sopra descritti, il primo assunto è facilmente suffragato: — richiamiamo 1’ irn- (1) Greg. I., Ep. V, 3, 4. (2) Mazzini U., Per i confini della Lunigiana, in GSL, I (1909), p. 24. (3) Cfr. Falco, Le carte del mon. di 6. Venerio del Tino, BSSS, XCI-I, imtjnxl. pp. V egg. (A) A. SS. sepi. IV, pp. 115-120. Ubaldo Formentini pianto del tetto, la struttura del catino absidale, il tipo delle finestre; queste, -di apertura rettangolare, come s’ è detto, ridotte a feritoie arcuate, mediante una cornice a cordone semicircolare rilevata alla metà dello spessore del muro, rappresentano un archetipo delle strette finestre a doppio sguancio, dd cui uso sd diffuse neliT architettura ravennate durante di jsec. VI, pur mon mancando più antichi originali (1). Ma sovra-tutto notevole è il particolare dell’ abside curvilinea nel muro rettilineo. Per (juanto s’ abbia 'ritegno ad ammettere, in generale, le influenze siriache sull5 arte occidentale, delle quali è venuto di gran moda parlare dopo gli studi famosi dello Strzygowski, non 6i può negare che questo tipo di struttura absidale, sebbene ve ne siano esempi nell’ arte classica, appartiene più propriamente all’ architettura cristiana dell’ Asia Minore : e questa osservazione, mentre ci fornisce un dato cronologico importante — giacché la pianta perfettamente rettangolare con Γ abside inclusa, si mantiene fino al V secolo, e non è sostituita dal tipo con 1’ abside uscente, in forma poligonale, o semicircolare, se non nel corso dd questo secolo e più generalmente nel VI (2) — ci procura anche una indicazione della probabile origine monastica della chiesa di S. Pietro. Infatti, non sapremmo spiegare queste influenze siriache in Porto-venere, se non come un «riflesso della primitiva diffusione del monachiSmo nell’ Arcipelago e nel lido tirrenico, di cui abbiamo memorie letterarie e testimonianze archeologiche assai taote. Chi non ri-corda, fra Γ altro, nel Reditus di Rutilio Namaziano, riferibile all’ anno 416, l’ostile accenno agli eremiti della Capraia : Squallet lucifugis insula plena viris. Ipsi se monachos Grajo cognomine dicunt ? Questo grande movimento monastico del V secolo attinse, per certo, le isole e i promontori del Golfo. iN’ è testimone il romitorio dell’ isola del Tinetto (Tyrus minor), i cui avanzi, insieme con sicuri elementi medievali, mostrano alcune strutture della tarda età romana (3). Ed anche la prossima Palmaria fu antico ricetto di monaci, se è vero, come riferiscono gli agiogTafì, che S. Venerio vi fece vita cenobitica, prima di i’ritrarsi nella perfetta solitudine del Tino (4). Possiamo credere, dunque, che anche Γ abbazia di Portovenere, nella quale lo zelo religioso ed i costumi erano già profondamente rilassati sudi a fine del sec. VI, (1) Cfr. Eivoira, Le origini dell’ architettura lombarda, pp. 107-109. (2) Diehl, Man. d’Art byzantin, Paris, Picard, 1925, pp. 29 eeçg. (3) Sug*li avanzi del Tinetto, v. Mazzini, in GSL, III, pjp. 117-120; P. F. Ferro, .Ln Il Comune della Spezia, VI (1928), pp. 19 sçg. (4) Non è però la nostra, come voleva lid Ferretto (71 [distretto di Chiavari romano, preromana, medievale. Chiavari, 1928, p. 96), Γ insula Palmaria d cali monaci =ono ricordati neU'ep. di 8. Gregorio Magno al suddiacono Antemio, del 691 (I, 50); la quafe era invece, davanti a Terracina, nell'arcipelago campano, tdove Astemio esercitava il euo ufficio. IL’ Abbazia di S. Pietro in Portovenere (Sec. VI) quando scriveva S. Gregorio Magno, fosse un cenobio di lontane origini anacoretiche. Non saprei affermare che, de’ «suoi contatti con 1’ Oriente, oltre gli influssi artistici primamente osservati, eia documento il semitico nome Jobino dell’ unico, indegno abate che ne conosciamo; non parmi però un fatto puramente casuale che, quando la chiesa di S. Pietro, perduta non sappiamo ‘in qual tempo, 1’ offici atura monastica, fu unita con la nuova parrocchiale di S. Lorenzo, fondata dai Genovesi nieŒ 1130 (1), questa abbia serbato, come una tradizione de Lia prima, il culto principale di li susseguirsi degli episodi che la spedizione nel suo svolgimento incontrò sono abbastanza, noti, ma non lo è così un altro ordine di fatti nel quale va appunto cercata la ragione che determinò l’invio della spedizione stessa. Le cause, che avevano (posto in altri tempi Veneziani contro Genovesi per il possesso di Famagosta non erano mai venute meno, ed era naturale che i primi non sotto vedessero di buon occhio ogni tentativo di togliere la città dal dominio dei rivali, ma anche lo appoggiassero. E’ innegabile che il Re di Cipro non avrebbe potuto sperare un buon «esito del progetto di conquisita di quel territorio, qualora non fœse stato forte di un valido aiuto, e quesito Venezia non aveva mancato e non mancava di offrirlo di buon grado. In un’ altra lettera del 28 luglio trovasi : « Adì. 30. INon c1 è a dire 'altro. Temesi da1 Viniziani a costoro non sia di nuovo, osda se mon anno costoro da Re di Cipri quelo fu lor pro-rneso pel suo anba&adore. Saprete che fia ». Il che conferma le nostre parole e dà fun argomento di non poco valore per affermare veridica la novella divulgatajsii di un combattimento avvenuto tra la flotta veneziana e la genovese in rotta verso Cipro. Se alle armi venete fosse arrisa la vittoria, le forze a disposizione del Boucicaut sarebbero state diminuite di tanto, che il Re avrebbe potuto ridersi delle ire genovesi. Ma così non era avvenuto, anzi il contrario, perciò stimò essere per sè il miglior partito pacificarsi cogli avversari. A questo punto terminava la missione dell’armata, se non che nelT animo del Governatore riarsero giLi spiriti bellicosi per la vicinanza delie contrade abitate dagli infedeli e la volontà di vendicarsi dei Veneziani per Γ aiuto prestato all’ (infido sovrano. L’ una cosa e 1’ altra volle effettuare puntando colile sue navi verso la costa siriaca. « Arete sentito le nuove ci furono dell1 armata di chostoro, ch1 à preso Baruti chon asai avere di Viniziani, che forse fia caxione di ghuerra frani!oro; e per questa nuova cotoni son qui forte montati a li 22... » scriveva il 4 ottobre la solita compagnia, e bisogna tener conto del tempo impiegato perchè la nuova giungesse a Genova, infanti allora Tarmata era sulla via del ritorno, e già aveva fatto un buon tratto di cammino, quando si scontrava di nuovo coilla flotta avversaria guidata da Carlo Zeno. Lasciamo parlare la compagnia dei Ricci a proposito del risultato del combattimento (1) : « Sentirete dell’armata di chostoro suta alle mani chon quella de7 Viniziani; e chostoro rimasone chol peggo, vhè 3 loro ghalee rimarono prese. Erano 8 e quelle di Vinizdani XIIII0. Poi i resto di quelle di chostoro venendo se ne presono la nave e la ghaleazza di Viniziani chol valemfte] di fr. 30 ed è ila ghuerra in champo. Che Idio provegha a quel (1) Lettera del 24 ottobre 1403. 136 (Renato Piattoli bisogna. » Nel poetscritto dedia lettera fu poi aggiunto : « Per la presura dele 3 ghalee di costoro non si sa anco se gu-era fia o non. Aspetasi il Crhovernatore e Γ altre ghalee e diliberando. die Dio dia bene a deliberare loro. Ma eia come si vogiliia, per ora m-on credi anno i Viniziand s’ arischino· a venire in costà. » In una seguente lettera ded 31 ottobre era poi annunziato : « Tornò qui iil Ghovematore chon 5 ghalee, e oggi fanno gliran chon-eigldo se debono fare la giiuerra cho’ Viniziani o-nino. (Saprete che Beghui-rà. » Forte era l’ira contro i Veneziani speda]mente ned primi momenti, quando le offese inferte ancora ardevano, ma LI buon senso e la ponderata riflessione fecero scorgere che una guerra, oltre tutti i danni che seco avrebbe portato, tanto per la «situazione interna quanto per quella degli altri Stati delila Penisola, era allora inopportuna. Da parte loro gli avversari vedevano ciò e provavano le stesse ' sensazioni al riguardo, quindi una via alla conciliazione vi era, e «infatti bene accolsero 1’ inviato di Genova, che aveva il compito di trattare il riscatto dei prigionieri nonché la pace. Il 13 gennaio 1404 la compagnia dei Ricci poteva scrivere : « Tra chostoro e’ Viniziani non fia ghuerra secondo lettere fresche ci sono da Venezia, che pare il sindacho di chostoro era quasi d’achoT-do. E’ buona nuova. » (1). E qualche giorno dopo, il 18 del mese stesso : « Tra chostoro e’ Viniziani si spera pace senza fallo. Buon fatto fìa ». Tuttavia le trattative richiesero del tempo ancora, e in una lettera del 13 febbraio abbiamo sentore della lentezza con cui procedevano: « Da Vinezia non c’ è fresche lettere nè altro di nuovo che sapiamo. » In un’ altra del 3 marzo trovasi : « Atendesi da Vinegia 1’ altro invase adore di chostoro vi sia giunto, e vedrassi que.lo /deb’ essere... ». Ma infine giungevano in porto, e il 4 aprile era pubblicamente proclamata la raggiunta pacificazione, tuttavia, come sempre avvendva durante i conflitti politici, il commercio, e in special modo quello marittimo, già aveva risentito della situazione formatasi tra le due città marinare. Più sopra abbiamo visto come non si credeva che le navi venete, le quali solevano negoziare con i centri della costa iberica e delle Baleari, continuassero a compiere i viaggi nei mari occidentali per timore di scontrarsi con quelle dei Genovesi, eppure alcuna sprezzando il pericolo per amore del guadagno ardiva, però non sempre felicemente. « Voi non dite nulla della nave Choppa saita presta a ievizza da quela fu d Araon Dona, e da’ vostri di Zarzalona ahi amo di più roba v’ avea t liaricho Agnolo vostro della cliompagnia e d’al/tri amici da Firenze. Che in ciò potremo, ne saremo buoni qui per riaverla », diceva agli 11 di di- di E subito dopo: «Sentirete chôme la Duchessa di Merlano à fatto tagliar la te3ta h meecT Antonio Porro e’I fratello e alchuni altri. Fia ora più sodo suo Stato «. La spedizione del Maresciallo Boucicaut contro Cipro ecc. 137 cembre 1403 'lia compagnia dii Ardingo /Ricci /rivolta al fondaco datiniano d/i Valenza, -e poiché quest’ultimo 'eira interessato avendo 1’ altro fondaco datim/iano di Barcellona subito jpa/rte del danno -della pirateria, gii inviava in seguito frequenti notizie intorno a ciò. Il 2 gennaio 1404 gli narrava : « Gunse qui la nave Doiria, mia quella pre&ono die’ Vinizdand no aneli ora, e porta gran perichoio no ne venme e che quella roba non sia sbarattata, perchè, chôme arete sentito, quela bargetta Damtua che fu a prenderla 6' è achordato chol Chapitano di Viidilafranca chon darli il J-del.la roba, e aliavi menata e forse già dischanicho. la roba; e quest’è suto fattura di parechi chattdvii di qui. Al Ghovematore è molto dispia-cuto questo ehas-o, e avi mandato chon ispressd chomandamenti che qui sia menata, che /pure crediamo gioverà /assai. Saprete -che-ssegliudrà, chè per noi e per li altri Fiorentini]' se ne adopera quelo sd può di buono. » in un’aiRra lettera del 18 gennaio, nel postscritto, erano annunziate nuove complicazioni : « Delia nave viniziana che fu presa saprete eh’ è seguito. Fu menata a /Ni za : «là diisch ari eh ottono e’1 Governatore di Niza /mandava dire a costoro che la roba di Viniziani è salva e che se ne farà quelo vorà raxione se guera fìa o non. Di quela de’ Fiorentini dice voleva per sè, perchè à represagliia su’ Fiorentini; nè altro ci v’ è. Saprete che seguirà. » (Non rimaneva ai mercanti fiorentini che mettere mano alla borsa per riscattare le merci dalle mani adunche dei rapinatori, e non mancarono dd farlo, come si rileva da una lettera del primo febbraio, dove è ricordato l’arresto di uina nuova nave : « Fumo bene av.isati della nave di Viniziani eh’ andava in Fiandra eut a presa da due di chostoro. Chosì va di ghueirra. », e più appresso : « La roba de’ Fiorentini in sulla Choppa si riarà, ina chon choeto di fior. 1500. Clìosj pare abi fatto achordo questo Gerozzo de’ Bardi c’ è venuto da Firenze per questa chaxdone. Siatene aviisaiti. » Appresso attraverso un altro avvisa del 13 febbraio conosciamo il risultato definitivo delle trattative per il riscatto: « Chonchiudesi l’achordo chon Panbello Dantuo della roba de’ Fiorentini p[resa in] sulla Choppa, ed èssi mandato per farla qui venire. Quando ci sarà si vedrà quelo ne toccherà per C di spesa o richatto chenssia, che qualche 10 o 8 pei· C si stima sarà. Che mal pio possa fai' loro. » Di pari passo dovettero procedere Ida parte dei veneziani interessati altre trattative dirette a rientrare in possesso della nave sequestrata, e queste pure si saranno risolte col pagamento di una somma non indifferente, secondo il costume solito a praticarsi in casii simili; ma una voglia rimase ai daneggiati, il desiderio di rifarsi ad usura sui Genovesi e di vedicarsi. Se stiamo però a quello che trovasi scritto in una lettera del 29 gennaio 1405, non furono troppo felici nel tentativo che fecero: « E’ qui chapifata per tempo la nave di Giovanni Spinola andava di 138 Renato Piattoli Spagna in Alessandra, e in Cicilia prese la nave Choppa che charichò a Chartageaiia per Viiueigia, e ànoiliLa chon dotta a Portovenen. Pare questa de’ Viniziani asaltas&e quela di chostoro, e trovarodia sì bene a punto che àrnio fatto quello vedete. Dio metta buona pace per tutto. » A ogni modo tutto l’episodio visto nelle diverse fasi del suo svolgimento due cose soprattutto dimostra. Per {prima come al iBouoicaut ben capesse nascondere 1’ animosità contro i Veneziani e i Fiorentini. All’apparenza sembrava che volesse svolgere un’azione moderatrice mentre in realtà era il fomentatore e il favoreggiatore dei rapinatori. Secondo l’annalista Giorgio Stella egli «ut persona privata Venetis immicans» ecrasi accordato di depredare le navi avversarie con Niccolo da Mo negli a, e idiò durante al 1404 (1), il che vuol diire che solo 'le contimgeiize lo avevano costretto a preferire la pace, mentre ned suo animo avrebbe desiderato lo scoppio delle ostilità, se non altro per soffocare nel sangue l’onta dello scacco patito. In secondo luogo è 6trano come a nulla avesse portato il suo intervento per la restituzione delle merci fiorentine, data la prestezza con cui da tutti era ottemperato ad un ordine del temuto governatore, è perciò da dubitare che avesse agito in malafede. Renato Piattoli (1) Annales Genuenset, nel XVII ταΐ. dei Rerum Italicarum Scriptores del Murator;, Milano, 1730, col. 1207. Ivi parla anche di diverse rapine e tra l'altro ricorda oom# - cepit et hoc tempore navem aliam Venetorum Jocvnree “Spinola », e noi sappiamo la ragione. CIVEZZA / E UN EPISODIO DEL RISORGIMENTO ITALIANO DEL 1849 Tra i primissimi seguaci di Giuseppe Mazzini, tutti liguri e quasi tutti originari di questo estremo lembo di 'Patria, deve annoverarsi Vincenzo Goglioso. Dalla natia Civezza, dove era nato il 19 apr. 1808, egli si era recato a Genova per compiervi gli studi di medicina e chirurgia. Colà anche insegnava lid dott. Giacomo, padre del grande Agitatore. Scrive Arturo 'Codlgnola nella sua « Giovinezza di G. Mazzini » che egli aveva appunto chiesto il 23 novembre 1829 di subire Γ esame di magistero, per poter iniziare lo studio della chimica contemporaneamente a quello defila medicina. In data 8 giugno del ’31 si conserva una ena supplica <( per ottenere la restituzione in tempo a fare la sua dichiarazione pel proseguimento del corso de’ suoi studi ». Ainch’ egli, come i fratelli Ruffìni, Elia Benza e i fratelli Ferrari, con A. Fabre, Tito Rubaudo, L. Rambaldi; tutti, eccetto i primi, di Porto Maurizio, subì il fascino del fervente Apostolo di italianità; e forse, com’ era costume nei Carbonari di darsi (un nome speciale, fu quegli che in Carbonerìa si chiamò Garzia, quantunque sia più probabile che tal soprannome spetti al librajo di Piazza Campetto di Genova, Antonio Doria, dove si radunavano i patriotti (1). Comunque, e ciò forse gli impedì dii 'laurearsi, per i moti mazziniani del 1834, in essi coinvolto, dovette fuggire contemporaneamente a Federico Campanella, e da Marsiglia, primo luogo di asilo di tanti esuli, riparò a Grenoble indi si recò a Montpellier; e infine, verso il 1846, a Chàteilet, presso S. (Quentin. Colà si stabilì con la famiglia, e ei acquistò rinomanza. Fu Capitano di battaglione della Guardia Nazionale Francese; e nel 1848 ebbe l’incarico di una missione ufficiosa dal francese Ministro degli Esteri, Drouyn de Lhuys, presso il Mazzini triunviro, e si recò a 'Roma, ove nel febbrajo del 1849, per opera della Costituente Romana, era stata proclamata la Repubblica, e donde nel novembre del-1’ anno 1848 era fuggito il Papa per (riparare a Gaeta. Le dolorose ed anche immortali vicende della Repubblica, assalita da quattro eserciti, e strenuamente difesa, principalmente per Γ invitto coraggio di Garibaldi e de1 suoi legionari, sono a tutti ben note. Ecsa 1) Vedi l'opera della sig.ra Itala Oremona-Oosutolimo Mario Mazzini e il suo ultimo carteggio. Davide Bertone lottò meraviigl i osam ente per oltre due mesi, e terme testa agli assalitori fino iai primi dii fliugìio, finché dovette cedere al rmme.ro. Ma ‘la sconfìtta toccata dai Francesi il 30 aprale, li aveva ben persuasi della difficoltà dell’ impresa; e dovettero ben -rifornirsi di forze, per riattaccare ai primi di giugno, quando cioè Garibaldi tornava dal-Γ aver cacciato i Borbonici da VeLl-etri e da Rocca d’ Arce. E’ la battaglia nella quale i Francesi compiono la nota strage di Villa Corsini, ςοη la caduta di Masdna, Daverio, Peralta, Marocchetti; con Bixio ferito che riprende la posizione, e Mameli che cade colpito &lla gamba, per cui dovrà poi soccombere. Ecco come ne scrive il Go-glioso all’ amico e conterraneo Elia Benza : Roma, 7 giugno 1849. Caro Elia, I francesi hanno attaccato Roma il giorno 3, alile 5 antimeridiane; eppure il Generale Oudinot aveva dato la -sua parola per iscritto di non attaccare avanti .il 4 (1). Furono dunque fatti {prigioniieiri per sorpresa ne-glii avamposti dai Francesi. Ma Roma risvegliata in un baleno, e G ari baldi con Man ara sortiti in campo aperto, fecero prodigi di valore, e ripresero ai Francesi tutte quante le posizioni alla baionetta. Il fuoco na durato fino ajlla 8 l 6 corrente un improvviso battere alla porta di casa sorprese la famiglia, che era con noi raccolta a dome-stica veglia. Una nipote di Goglioso si affacciò ad una finestra, poi tutta spaventata corse ad avvertimi che erano genti di polizia e gendarmi, parie travestiti, parte con uniforme e fucile, che guardavano più lati della casa Non vi so descrivere l’agitazione e lo sgomento di qu-ell’eccellente famiglia, di quelle povera donne in ispecie. Io e Goglioso intanto ordinammo che si aprisse la porta ai nuovi ospiti; ed egli andò a riceverli. Ouei di casa intesero che si trattava di arresto; e allora tutti mi furono intorno affannatissimi, uomini e donne; e chi voleva nascondermi nel tale o nel- 1 altro -ripostiglio; ehi trafugarmi per certa porticina segreta che metteva alla campagna, chi farmi usci/re pei tetti; ed ebbi un bel fare e un bel aire a ricomporre in calma quel mare burrascoso, e a persuadermi che a me conveniva meglio subire la violenza e la vessazione e che la mia ga sarebbe stata prima di tutto una viltà, poi un’occasione a far sospettare male dove non era. Dissi loro che questo non poteva essere alno che un arbitrio di bassa polizia, e mi presentai anch’io nella stanza urn e Geloso spendeva invano ragioni e proteste per* me e per se slesso, giacche 1 ordine di arresto era per ambedue. Il mal tratto derivava da /tS? rÌ?pOS1Z1°ne, assoluta € diretta dell’ Intendenza Generale di Nizza ( re e < ura), m forza della quale io e il dottor Goglioso dovevamo immediatamente arrestati e tradotti al Commissariato di Genova, con severo comando agii esecutori di una tale prodezza di adoperare la forza ove noi frapponessimo indugi e resistenza a seguirli. Non valsero, come vi aiceva, passaporti, ragioni e proteste... L’Intendente Generale di Nizza. c,.ff ? υηο dei zelanti di vecchia razza e perciò odiato da tutta la Riviera (.1..· dente a quanto sembra delle Autorità Locali, (che sono galantuomini; senza curarsi di prender nè da queste nè da Genova informazioni precise sui motivi della nostra dimora, mandò direttamente da Nizza ad eseguire 1 suoi ordini; e ci fu mestieri andar subito col lume di luna <*iù per quei monti a S. Lorenzo, altro piccolo paese in riva al Mare, dove* ci attendeva la vettura; abbandonato nel pianto e nella desolazione quella infelice famiglia, che sino a quel punto era stata tutta lieta e contenta di poter passare con lo zio alcuni giorni soavi dopo 15 anni di separazione, e che ormai considerava me pure come un altro parente. E il giorno appresso per maggior contrasto al nostro triste viaggio in compagnia degli sbirri, era preparata una festa di famiglia, e dovevano venire dalie vicinanze alcuni amici e parenti dell’amico mio; e fra gli altri una sua sorella con una bella e graziosa figliuola, che è una delle rarità di quelle innocenti montagne, e sarebbe stata come una regina del convito. Povera Margherita ! Abbiamo saputo dopo che fu presa da tanto male al1!’ inaspettato annuncio dell’ arresto dello zio, che ne fin fermò. » 146 Davide Bertone La lettera prosegue narrando come giunta a Genova i viaggiatori, 11 Governatore La Marmora trova illegale l’arresto de! Goglioso e lo fa rilasciare, mentre insiste perchè il Saffi lasci lo Stato per Arona sotto scorta. Solo dopo le osservazioni di Gogüioso e perchè il Saffi sdegnato minaccia di lasciare sì l’Italia, ma a piedi, pur dii levansi da quel luogo, ai ottiene che egli possa attendere a Genova, proseguendo poi per Torino, dove può anche attendere l’arrivo dei bagagli, sotto l’osservanza di .una /certa precauzione. Qui avvertito da lettere dell Goglioso, lo attendeva alla diligenza 1’ amico 'Corneo, deputato di Genova, il quale unitamente al deputato di Porto Maurizio e a /Lorenzo Vaie rio e ad altri, si lagna «col Ministro deU’iinsulto loro fatto daM’ Intendente di Nizza. Il Valerio lo presenta al Questore, iil quale dà Ila responsabilità deli incidente al detto Intendente, ignaro il Ministro, Iche ise ne scusa, l'asciandolo libero anche di stabilirsi in Torino. Ma il Saffi rifiuta, e va ali’indomani a visitare il Ministro, che scusa il Governo del l’arresto da lui subito. Cuneo approfitta dellla visita per domandare al Ministro se sia vero che 1 Austria abbia imposto l’abbassamento dei colori, ma il Ministro risponde, che il trattato di pace è legato da un nastro tricolore. Si lanciano molto affabilmente, e l’indomani il Saffi parte per Ginevra, dove spera di poter passare l’inverno; se no, procurerà di recarsi presso l’amico Goglioso ad ArgicuTt, presso St. Quentin. * * * 'Così finisce quest’iepisodio,· che mentire mette in simpatica luce un ligure di questo estremo lembo di Patria, ne fa rifulgere il valore morale ed intellettuale, formando per noi un motivo di (legittimo orgoglio; poiché un patriota della fama di Aurelio Saffi, uno cioè dei Capi deil Governo della Repubblica Romana, ha potuto apprezzare nella famiglia Goglioso questo a torto calunniato popolo di Liguria, dailla apparenza rude, ma dal cuore colmo di bontà e ricco di amor patrio. Davide Bertone UNA LETTERA INEDITA DI GIUSEPPE MAZZINI Mazaini, è noto, non dimorò mai in Belgio, neppure brevemente, nè vi ebbe, se non molto tardi, relazioni estese. Vi fu però un periodo nel quale Γagitatore ebbe, speciallmente a Bruxelles, con esuli francesi e con nazionaili beilgi, più strette relazioni sulle quali da tempo ho portato la mia attenzione, per fissare Γ azione che il grande genovese compiè o tentò di compiere in questo paese in un’ epoca nella quale la democrazia si andava organizzando, guidate da uomini d’intelligenza e d’autorità. Compito grave, lungo e diffìcile il mio ed in attesa di raccogliere il frutto delle mue fatiche, mii sembra utile non ritardare ila pubblicazione di una lettera dell’ esule la quale, neilla sua brevità, prova con sicurezza che anche ad Anversa egli aveva annodato relazioni (1). La lettera, senza data di anno, ed intorno alla quale non oso, per il momento, avanzare neppure una debole ipotesi, è diretta a Charles Nys d’Anvers, nato nel 1825, noto per alcune pubblicazioni di carattere storico, ma specialmente come giornalista. Egli cofLLaborò infatti a molti giornali: dal 1845 al Journal du Commerce, nel 1852 al De Schelde, nel 1855 & L’ Avenir e nell 1858 al Lloyd Anversois, giornale marittimo de/l quaile fu redattore fino ajl 1881, anno in cui òli (Nys morì. .Salvo un brevissimo periodo il Nys visse continuamente nella sua. città natale e fu d’idee democratiche ma di tendenza liberale. Non fu però un uomo politico e resta per il momento difficile stabilire anche approssimativamente, anche perchè la sua corrispondenza andò, sembra, dispersa, con quali personaggi politici egli fosse legato. E’ certo però che i.l Nys fu in redazione epistolare col Mazziini ed in attesa di potere stabilire in quale misura il Nys coliaborò col genovese, ci sembra utile che la lettera che questi gli diresse, sia resa nota. Mario Battistini Citoyen Je répond à votre lettre du 18 ; je le fais par Bruxelles parce que la poste n’ est pas sûre, et si votre lettre à mon adresse a été ouverte, ma réponse venant de Londres, le serait aussi. Veuillez adresser vos paquets pour moi à l’adresse suivante: Th. Brown, Esq. - 43 Lion Street. City -London. Il n’ y a pas besoin de sous enveloppe. Faites-le, je vour prie, pour ce premier paquet aussi vite que possible. Je me prévaudrai, Uie cas échéant, de vos offres patriotiques. Soldats de la même cause, chacun de nous doit «apporter sa pierre à l'édifice. Si tous le faissions nous sortirions bientôt vainqueurs de la lutte. Merci et fraternité. 20 mare Votre dévoué Jos. Mazzini (a tergo) Mons. Ch. Nys chez M.r Conp. Ten Bruggen Marché aux Oeufs. - ANVERS (1) La lettera sd conserva nella Biblioteca reale di Bruxelles, nel Codice miscellaneo, II, 2680. IL VICARIATO DELLA LIGURIA D’OCCIDENTE Neiraimo 1234 i Ghibellina fuorusciti avevano sollevato e tenevano ribellata la Riviera di ponente da Varazze sino a Monaco. In quel tempo fu davvero agitata que-sta parte della Liguria perchè i feudatari non avendo più ritegno della Repubblica di Genova che li aveva costretti a firmare le convenzioni, conturbavano miseramente con guerre civili le -Comunità, e i Del Carretto non peritavano di intitolarsi pubblicamente Marchesi di Savona. Ma nell’ anno 1250 essendo venuto a morte 1’ Imperatore Fed-erico e per opera di Innocenzo IV essendosi pacificati i due partiti dei Guelfi .e dei Ghibellini il Governo di Genova pensò di istituire nella 'Liguria d Vicariati. Fu nel 1521 che cominciò >1’ istituzione dei Vicarii i quali nella loro prima origine non costituivano una carica permanente, ma sebbene d’occasione e temporanea; eletti specialmente per pacificare i Comuni della Riviera con la Repubblica di Genova, e all’ uopo condurli all’ obbedienza, questi Vicarii sive capitanai 'a Varagine ùsque ad Monacum. dovevano vigilare tsu tutte lie Comunità del Vicariato vdsitaindol>e, ascoltando le lamentele dei cittadini e Signori, pronunziando d giudizi d’ appello, e seguiti dadi’ esercito ispesso con Γ aspetto della forza ai Marchesi di Ponzone nell’anno 1227 e poi Genova aveva acquistato Albissola e Celle, ie tutti questi tre luoghi erano perciò stati costituiti in un unico Podestariato col nome di « Podesteria Varaginis C ei lorum e t Al-bis-sole ». I Vicari nel 1258 avevano l’autorità /sopra tutti i luoghi ed uomini da Varazze sino a Monaco. Ed -ecco (Le lettere patenti della podestà e badlliia attribuita ai detta Vicari: « Rainero iRosso Podestà dii -Genova a Guglielmo Boccanegra Capitano, e gli Anziani del popolo di Genova a tutti quanti i Podestà, i Castellani, Consoli, Rettori dei luoghi e a tutti gld ailtri costituiti (oioè costituiti e preposti all’ anumm'istira-zione e governo dei luoghi) dn tutto il Distretto di Genova a noi diletti, gaudio e salute. Vogliamo che si sappia da tutti che i nobili viri Zaccaria, De Castro e Ansuiwo Cortoni /ambedue Anziani dii 'Genova, da parte nostra si mandano a voi creandoli Vicari ossia Capitani sopra tutti i luoghi e sopra tutti gli uomini abitanti da Varazze sino a Monaco; ai quali Vicari comoediiamo pieno potere di bandeggiare, condonare, punire qualunquesia-si persona dimorante entro detti confimi e che abbiano facoltà di contrarre convenzioni con gli uomini del contado di Ventimiglia e con qualun-queisia altri, ridurli a ubbidienza e fedeltà del Comune di Genova in quel modo che loro parrà espediente. Pertanto ordiniamo a voi tutti sotto il dovuto giuramento, e sotto pena da esigersi irremissibilmente da lessi in loro arbitrio da qualsiasi di voi vorrà disubbidire, che porterete fede ed ubbidienza come fareste a noi stessi in tutto ciò che ordineranno a voi. Poiché noi confermiamo sin d’ora ogni comando, bando e -condanna che faranno per l’utilità di Genova e queste faremo inviolabilmente osservare. Dato a Genova il 10 aprile 1258 ». Dopo il 130& noi vediamo che i Vicariati temporanei almeno con tal nome ed ispezioni non sono più eletti e le attribuzioni di questa autorità sono passate al Podestà di Porto Maurizio il quale assume il titolo di Vicario della -riviera occidentale e Podestà di Porto Maurizio, 1-e attribuzioni di riscuotere le tasse ordinarie e straordinarie, imposizioni che la Repubblica esigeva dalle Gomunità convenzionate e non convenzionate da Varazze a Monaco, invigilare che la pace non fosse turbata, le vie sicure, e rendere la giustizia in appello per tutti i Podestà Rettori e Signori sparsi nel territorio del Vicariato. La sua residenza era fìssa nei Porto Maurizio e fino a frutto il 400 prendevasi in affitto case dia particolari; nel 1-402 fu poi fabbricato di palazzo del Vicario ove si stabilì la $ua residenza. Ma benché il Vicario avesse sede in Porto Maurizio si recava frequentemente nei luoghi del Vicariato ove la sua presenza era necessaria. La sua Corte era composta di un Giudice Dottore di legge, due Cancellieri Il Vicariato della Liguria d' Occidente 151 e un vario numero relativo di militi per l’esercizio del «suo potere e di cinque donzelli e famigli, e di un uomo d’armi, due ragazzi e servitori e quattro cavalli. Alla carica di Vicario veniva scelto uno dei più riguar-devoli ed influenti cittadini di Genova o avente cittadinanza genovese, il quale doveva col suo stipendio mantenere la corte a proprie spese. Quando egli si doveva assentare dal Porto Maurizio lasciava suoi luo-gotenentii g,Li Anziani della .Città. Il Vicario aveva laitresi la cura che ogni Comunità pagasse 'la quota delle tasse assegnate. A questo proposito è da notarsi che la (Repubblica non s’ 'ingeriva menomamente nella maniera con cui ile Comunità convenzionate dovessero ripartire tra i loro cittadini ila quota. Essa mon faceva che assegnare ila quota totaJe sicché le ammiiiniistrazioni comunali aveano iiil diritto e la libertà di ripartirla, come meglio conveniva. Orbene le tasse ordinarie che dovevano pagare ailla Repubblica fu stabilito nel 1403 in lire di Genova quarantaquattro miila. E’ dia notami che tutti i paesi di montagna sparsi per il versante degli Appennini e delle Alpa Liguri, i quali erano sottoposti a innumerevoli feudatari, cittadini di Genova, non erano compresi in detta somma perchè i Signori venivano tassati direttamente tra i cittadini di Genova, così pure la Comunità di -Savona, Noli Albenga, Diano avevano avuto il privilegio di non dipendere dal Vicario della Riviera d’occidente ma direttamente dal Governo centrale, e perciò dalle Compagnie della Repubblica. Il Vicario non veniva ammesso se prima non giurava innanzi a tutto il popolo radunato in duomo di osservare li Statuti del luogo che stabilivano le norme per l’appello di tutto il Vicariato. Così Genova lasciava libero dì Comune di Porto Maurizio il cui Parlamento facendo le leggi aveva l’estesa giurisdizione e sovranità sul Vicariato. Lagorio Leonardo STATUTA SAONE DEL 1404-1405 I iConsoli (1). Come gli i Campari — Savona. cit., ded 1345, f. 54 a: 2 Campari per Villa Bruxatis - AlbìisoiLa. — Mioglia, cit., f. 5: erano 6. — Carpasio, cdt., cap. XLIII, pag. 223 — Quiliano, oit., pag. 338: le accuse dei Campari erano accolte con piena fiducia — Albenga, cit., pag. 425: erano dd e ci — Nizza, cit., col. 46: dodica Caonpari, prestavano runa mallevadoria al Podestà (per soldi 100 — idem, col. 7h : giuravano di guardare e salvare i (possedimenti del Comune e degli abitanti — idem, col. 179: non possono entrare ne LI e vigne da S. Osebio fino alle vendemmie — Cosio, Mendatica, Monterosso, cit., pag. 89: sono nominati i Campari e, « prò forma » loro si fanno consapevoli del tempo stabilito per la carica (un anno), dei divieto durante questo periodo, da ogni altro ufficio; infine, del quinquennio di iloro ineteziore al termine della toro carica — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cdt. pag. 73: i Campari dovevano accettare le denuncie dei danni da chiunque; inoltre dovevano recarsi .sul luogo danneggiato, e se constatavano, ded danno, potevano denunciare i colpevoli, però se questi avessero potuto provare con testimoni la loro innocenza, venivano assolti dai Campari. — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 64: i Campari non devono disboscare nei boschi di Cosio, ecc. pena una multa a seconda del gua-sto — Cosio, Mendatica, Monterosso, cit., pag. 82:, j iNunci o il Sig. di Cosio non facciano violenza a coloro che si recano a prendere formaggi e bestie in plano Guido, la qua.l cosa era proibita, e ipagavasi la pena di 100 soldi genovesi — iStatuti di Castellaro del 1283 a cura di G. Rossi in «Atti della Soc. Lig. di Storia Patria» append. al vol. XIV, Genova, Tip. del R. Istit. Sordo-Muti, 1888, (pag. 34: i Campari erano nominati dal Consiglio idei 33 e duravano un anno in carica — Vezzi, cit., n. 21. f. 3 a : ampia fede dovevasi prestare lalle denunoie dei Campari — Spot-omo, cit., n. 22, f. 6b: 4 campari — Celle, Albissola, Varazze, cit., £. 48 b : [da 4 a 6 Campari — Levanto, cit., f. 28: 5 Campari: 2 per da custodia degli uomini del borgo di Levanto, e tre per le fterre della Valle di Levanto — Levanto, cit., f. 43: eleggevansi anche 24 Campari segreti; 12 per il borgo, 12 per la Valle — Diario, cit., cap. XVII, pagg. 49-50: îl Podestà pag. 55: non potevano percepire più del -salario fissato, penala mu L. 5 genovesi con 1’ infamia e Γ espulsione dall ufficio —- Nizza, ci ., c . 166; idem Albisola — Levanto, cit., f. 28: toccavano la terza pairte delie denunci e - idem, f. 35: i Nunzi o Cavalieri del Comune dovevano poi-tiare con riguardo le citazioni che godevano piena fiducia e come pensa avevano un denaro e mezzo per il borgo e nove denari per leviii« - Diano, cit., cap. XVIII, pag. 50: il salario era fissato dal Maglio a volta a volta. I Campari dovevano godere 'la immunità da ogni avaria personale fuori del distretto di Diana ed ^avevano anche la me a, * „ ' accusa — Noli, cit., f. 15 a, b: i (Nunzi percepivano 12 denari dal Comune e 'una mercede. Per ogni bene all’ incanto ^recepivano la terza P d: tassa — idem, f. 16 a, b : i 4 Campari percepivano la meta delle condanne che (facevano — Spotorno, cit., n. 22, f. 7 a : percepivano _ di ogni condanna — Villafranca, cit., -cap. 97, pag. 106: il sa ai era fìsso, -calcolavasi le giornate di lavoro — idem, pag. luJ, _ · * . ^ cepivano la terza parte di ogni accusa — Moncalieri 'Cit., co·. « · lario dei Nunzi -era di 25 -soldi che percepivano dal Comune, se ^re-cavamsi a Torino, a Chieri, ecc. avevano una percentuale c. da 6 a 8 soldi, nel caso avessero portato in detti luoghi deille gnd P , cepivano 5 soldi in più ·— idem, col. 1388 : toccavano la quarta par e ogni accusa— Torino, cit., col. 731: idem Moncalieri, seconda no a Chieri, cit., cap. XVIII, pag. 7, idem Torino — Casale, cit., col. 104^: te'rza parte di ogni accusa. (2) Savona, Statuti del 1345, tf. 16 a. (3) Savona, Statuti del 1345, f. 16 a: per relazione -percepivano Sa terza parte - Nizza, cit., col. 174-175: .percepivano iper un incanto L. 1UU provinciali coronate, dal compratore — idem, -col. 177 : per un^eaxunen percepivano 2 danari genovesi se fuor di iNizza —· idem, col. 178: se poi-tavano una lettera in Nizza per -un abitante dellla città percepivano e-•nairi 12, se per un -estraneo percepivano denari 18 — Nicosia, cit., d, ì, pag. 21b : dà torna tabella del salario dei ‘Nunzi per ogni atto. Statuta Saone del 1404-1405 15ί* limento o sequestro, sei denari; se facevano uua relazione (1) fuori dei Distretto di Savona (2) percepi vano d denari per di viaggio e 3 per la relazione Bea se si trattava di un fallimento; se andavano a Segno, a Vado percepivano 18 denari per il viaggio, 3 iper il precetto, 6 per il fallimento. I Campari portavano in capo un berretto con 1’ arme del Comune, donato ognd anno dallo stesso comune otto giorni prima dii Natale; con esso erano .rieonosciuti per Nunzi ded (Comune. Prestavano ii solito giuramento (3); le loro relazioni erano tenute in buona fede (4 e (mediante testimoni diventavano pubblici iist rumenta; ma se celavano il vero o esprimevano falsità erano puniti dai magistrati fino a soldi 5 (5); se la cosa celata era assai grave, allora «erano condannati in pul> bilico (parlamento secondo la forma dei capitoli. I Nunzi non potevano dimorare fuor di iSavona se non un giorno solo, necessario per il loro Ufficio (6), altrimenti dovevano avere di permesso del Priore e del (1) Levanto, cit., f. 28: dovevano fare la relazione entro 8 giorni — Diano, cit., cap. XVIII, pag. 50: la relazione dovevano farla entro 3 giorni — Cosio, Montegrosso, Medatica, cit., pag. 73: entro 8 giorni dovevano far la relazione — Chieri, cit., cap. XVIli, pag. 7, idem a Diano — Casale, oit., col. 1042; lidem a Diano — Villafranca, cit., pag. 103, cap. 87, pag. 103, idem ta Diano. (2) Quiliano, cit.,: vedi nota 1 a pag. 68 — Nizza, cit., col. 1771: per ogni citazione percepivano dagli estranei tre oboli, ma entro Nizza. (3) Savoia, Statuti del 1345, f. 16 a — Castellavo, cit., pag. 33: giuravano al « Bailli » — Levanto, cit., if. 28 — Diano, cit., cap. XVIIJ, pag. 50 — Nizza, cit., col. 75 — Noli, cit., f. 16 a-b : giuramento dei 4 Campari — Albissola, cit., b, VI, 27, pag. 55 b, cap. 18 — Celle, Varazze, Albisola, ait., f. 49 a — Spotorno, cit., n. 22, f. 6 b — Villafranca, cit., pag. 105, n. 93: giuramento e prestavano 4 mallevadori — Torino, cit., col. 702 — Mone alteri, cit., col. 1387. (4) Albenga, cit., pag. 425: i Campari avevano ampia balia di denunziare chi recava danni — Levanto, cit., f. 28 — Mioglia, cit., f. 5 — Spotorno, cit., n. 22, f. 6b — Villafranca, icit., cap. 80, pag. 103. (5) Albisola, cit., b. VI, 27, pag. 55 b, cap. 18: pena L. 5 e l’espulsione dall’ ufficio — Albenga, cit., pag. 425 — \Cosio, Mendatica, Monte-grosso, cit., pag. 45: i Campari che recavano guasti nella Castellania di Coeio, ecc. erano puniti — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 73: non potevano vendere, nè alienare una propria camparla, pena perdere per dieci anni il diritto ad unIUfficio del Comune e la perdita della camparia venduta — Levanto, ciit., f. 28: se colpevoli di falso, pene la multa di cento soldi genovesi — Diano, cit., cap. /XVIII, pag. 50: se colpevoli di falso sarebbero stati multati di 40 soldi e sospesi daJ-1’ufficio — Celle, Albisola, Varazze, cit., f. 14 a: i Compari non potevano fàre una soluzione di debito, se questo oltrepassasse i venti soldi genovesi, poiché ciò spettava agili estimatori — Villafranca, cit., pag. 103: pena sessanta soldi di multa e la perdita dell’ ufficio — Chieri, cit., cap. XVIII, pag. 7 : pena venti soldi di multa. (6) Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 73: tutti i giorni devono esercitare i.1 loro (ufficio — Levanto, -cit., f. 28: più di un’ ora non potevano trattenersi nella valle o borgo di Levanto — Diano, cit., cap. XVIII, pag. 50: ii Campari devono esser presenti tanto di giorno che di notte — Castellaro, cit., pag. 33: i Campari non devono dimorare IGO M. Vicino Paganoni Sottopriore degli Anziani, pena venti soldi e anche più a seconda del parere degli Anizani. Gli Ambasciatori (1). Non potevansi mandare più di due ambasciatori -alla volta fuori delia Città, se non con ili permesso degli Anziani, e non potè varisi surrogare con ailtri durante la loro ambasciata, pena (Idre venticinque. Il Podestà e gli Anziani non potevano mandare un ambasciatore fuori di trenta migtiia di distanza da Savona, senza il permesso dell Gran Consiglio (2). ‘L’ Ambasciatore prima di lasciare la Città (giurava sull Vangelo di eseguire a dovere il’ ambasciata e tornare con dovute istruzioni, giurava di nulla mutare nello scritto dell1 ambasciata (3) la quale consisteva in uno scritto fatto da un cancelliere e (registrato nel libro delie lettere e dei trattati. Durante un’ ambasciata, «1’ ambasciatore non poteva assumere altri lineari chi (4): Ogni ambasciat ore portava, seco un seirvo, sia che andasse per mare o per terra, sia ifìno a Monaco >che a Corvo; portava seco moneta del Comune per le spese del viaggio. Come salario gli Ambasciatori percepivano (5) quindici soldi, e fuor di Castellare nè ili regio Baiiilo poteva a ciò f orzargli, se non per irragionevole rigorismo — Biella, Statuti, n. 187, 368: i Campari devono rimanere sempre nei campi da maggio a San Martino — Chieri, cit., cap. XVIII, pag. 7: non dovevano andar di notte, pena venti soldi di multa; nè bere, nè mangiare in taverne, pena cinque soldi; nè ricevere servigi dal alcuna persona sia laica che ecclesiastica, pena lire 10. (1) Savona, Statuti del 1404, f. 51 a, 52. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 11 b. (3) Savona, Statuti del 1345, f. 12 b — Albenga, cit., pag. 433. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 12 a — Albenga, cit., pagg. 433, 434: 1 Ambasciatore non poteva ricusare detto (ufficio, se Dottore era punito con la privazione per tre anni dell’ esercizio dell’ avvocatura, ma se avesse voluto esercitare doveva (pagare lire venticinque per ogni processo fatto; se 1’ Ambasciatore poi fosse un mercante o altra persona era multato in lire venticinque e privato dell’ufficio e dei benefìzi conseguenti, per dieci anni. (5) Savona, Statuti idei 1345, f. 12 a, b: il salario è minore di quello stabilito negli statuti del 4404 — Levanto, oit., f. 34: ΓAmbasciatore percepiva otto soldi e quattro denari al giorno — Biella, cit., pag. 34G, n. 83: salario sette soldi — Chieri, cit., cap. CXLVI, p. 48: il salario del- 1 Ambasciatore eTa di cinque soldi viennesi; se avesse avuto cavalli avrebbe percepito cinque soldi in più per ciascuno di essi; se 1’ Ambasciatore poi era inviato presso Γ Imperatore o presso il Pontefice o altro iRe, aveva Tina speciale remunerazione assegnatagli daf. 25 a: un denaro e un obolo. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 24 b: un soldo. (5) Savona, Statuti del 1345, f. 24 b. (6) Savona, Statuti del 1404, f. 79-82. (7) Chieri, cit., cap. CCXXXVIII, pag. 76: 4 uomini andavano col milite del Podestà a stimare il grano delle ville e cascine e farlo trasportare in Chieri — idem, cap. CCXLII, pag. 78: non vendere grano a chi poi; non lo rivendeva in Chieri — idem, cap. GOL, pag. 81 : erano nominati dei custodi perchè non avvenissero frodi nel grano e nel pane — idem, cap. CC-LI, pag. 81: non devesi portar grano fuori di Chieri — idem, cap. CCLIV, pag. 82: nessun impedimento devesi fare a chi porta grano in Chieri per venderlo — idem, cap. OQLVIII, pag. 83: il Podestà di Chieri ha ampia balia di obbligare gli uomini dei Comuni soggetti a Chieri a prestare sicurtà 6ul grano e altre vettovaglie che custodivano. 168 M. Vicino Paganoni nove soldi par di « Domicilio », ©e doveva, portare Γ Ambasciata per maire (1) o per terra dentro ii Conifinii tra 'Corvo e «Monaco; ©e era necessario un cavallo, percepiva soldi trentacinque di salario comprese le spese per !il cavallo e soldi diaiassette per il servo; se Γ Ambasciatore scavasi oltre i detti conimi, glii Anziani fissavano iil salario a seconda deilla distanza del luogo. I Mediatori (2). Dagli Anziani venivano nominati ii Mediatori o Censari (3) del Comune, scelta fra coloro che aspiravamo a detta carica. Gli eletti prestavano il solito giuramento (4) e /una cauzione di Mire 100 (5); non potevano vendere, nè comprare per proprio conto (6), nè allearsi con altri mercanti per far spese o compere; nè potevano ricettar merce nelle loro case o magazzeni (7), pena Lire dieci. Non potevano firmare, nè far mercato, senza di patto, dà alcune merci portate dall1 oltre « giogo », -esistenti o (poste in qualche parte delle mura deilila Città; così se prestavano denaro a un venditor e, dovevano dirlo al compratore, pena ilire dieci ise ciò non eseguivano (8). Due giorni prima del mercato dovevano dichiarajre al compratore e al venditore il prezzo della merce e dii termine fissato per il pagamento (9). iSe in detto mercato i due erano concordi per di tenore dea patti, ά censori scrivevano tal mercato in un mastro; se tra i due c’ era discordia, il censore interveniva e prestava giuramento al Podestà con la relazione dei mercato. Di tutto ciò il Podestà faceva pubblico atto, quindi dava esecuzione al contratto salvo iche vi fosse qualche atto no tarile. Allora i Magistrati udivamo le parti in contesa; quindi senza forma di processo, dovevano condurre a termine ogni litigio secondo i Capitoli del Comune. Se imo comprava o vendeva ancora senza osservare i patti prescritti dal sensale, dai Magistrati era assolto, purché desse mia parte al sensale. In qualunque mercato dove già per intromissione del mediatore, era fissato il prezzo, se il compratore non pacava, doveva consegnar la merce al venditore, oppure obbligarsi a pagare entro otto giorni; se in tal termine non pagava, era perquisito e cacciato dal mercato. 1162: Γ Ambasciatore oltre che percepire 20 soldi imperiali per sé e per la famiglia percepiva altri 6 soldi per ogni cavallo. Non poteva però possederne più dii tre. (1) Albenga, cit., pag. 433: dovevasi provvedere al·!’ Ambasciatore la nave se il viaggio effettuavasi per mare. (2) Savona, Statuti del 1404, f. 71 b, 73 b. (3) Genova, cit., col. 548: nominai Censard, non spectìfìca il numero (4) Savona, Statuti del 1345, f. 24 b. (5) Savona, Statuti del 1345, f. £4b: lire venticinque di cauzione. — Genova, cit., col. 548 — Albenga, -cit., pagg. 110, 111: parlaci deJila fede che dovevasi attribuire ai Ce/nsarL (6) Savona, Statuti del 1345, f. 24 b. (7) Genova, cit., col. 548. (8) Savona, Statuti del 1345, f. 25 a. (9) Savona, Statuti del 1345, f. 25 a. Statuta Saone det 1404-1405 I Raibaroli dovevamo in presenza degli Anziani versare la cauzione di Ί4re duecento (1) ad un cancelliere, giurare di vendere legalmente e (merce buona. Così pure i fideiussori che soprainitendevano a tale vendita, giuravamo di sorvegliare de misure per vedere se erari giuste e inarcate ; se ciò non avveniva, c’ era pena da ilire cinque a dieci tanto per il Riai barolo che per il Malie vadare. Per chi mese alava grano a frumento a orzo, ecc. oppure gramo nuovo con vecchio, cattivo, putrido, oppure gramo dii Sicilia con quelo di (Sardegna, o Romano, o Francese’ ecc. c era la pena di lire 10. Cosi li Raibaroli che altri venditori dovevano conservare la quarta parte della merce tanto per uso proprio che della famiglia (2); se un padrone di merci ricusava la quarta parte a ohi gli aveva venduto detta merce, era punito dai Magistrati con soldi dieci per ogni misura di frumento ricusato. Per vendite ail’ ingrosso i meircanti dovevano pagare la gabella di soldi due per marca al Comune; se la vendita eccedeva le veniii mine, gli stessi Raibaroli la denunziavano al Podestà, a ciò ehè ila facesse « precoraire » -pubblicamente. li mercante poteva domandare di trasportare su una piazza la merce che doveva eccedere le venticinque mime (3); se vi era piazza vacante, subito gli era concesso il trasporto (4); se tutte le piazze erano occupate, si obbligava un mercamte, che da tempo era stanziato su una piazza, a sloggiare o a ristringerei. Il nuovo occupante pagava due demari ogni gnomo di più che stava in detta piazza; sicché un mercamte non poteva tenere contemporaneamente due piazze. I Raibaroli potevamo vendere la merce in qualsiasi tempo salvo contraria disposizione del Podestà e Anziani. Dovevamo cominciare e finire una vendita tenendo la merce allo stesso prezzo per otto giorni continui; dopo potevano aumentarlo, ma prima no, pena lire quattro per ogni mina di merce rincarata; e il venditore era obbligato a restituire al compratore dû denaro estorto in più. I Raibaroli non potevano comprare merce per poi rivenderla per (1) Savona, Statuti del 1345, f. 130 a, lb : cento lire di cauzione- che della Vendita’ °ppure n*Meva. (2) Levanto, cit., f. 16: il Raibarolo che compri grano forestiero deve prima servire i cittadini.· una mina per famiglia poi trattenere per se la quarta parte del grano. Se non lo vendesse prima ai cittadini sarebbe multato di 100 soldi genomi; la stessa multa per il compratore o pei il venditore, che non dichiarasse, dietro .giuramento, il vero prezzo del gramo. Sappiamo che il compenso del Raibarolo altre la suddetta parte da frumento, è di due denari. . (3) Quilia.no, cit., pagg. 371, 372: il mercante che portava grano a Quiliano, poteva depositarlo dove meglio gli piaceva; entro otto giorni pero do\ e va denunziarlo al Gabellotto e pagare la tassa di due denari al giorna H igrano poteva venderlo a chiunque, a;l prezzo che gli piaceva. I Quilianesi che compravano il grano per rivenderlo, dovevano rivenderlo per quel prezzo. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 98 b. 164 M. Vicino Paganoni proprio conto (1), pena lire 25; potevano commerciare con 1 oltre giogo e’1' oltre mare, ma non potevano associarsi nella vendita persona estranea, pena 10 solidi. Mercede dei (Ra/ibaroli erano dodici denari per ogni mina venduta; per la merce non venduta, toccavano eei denari peir mina. Le vettovaglie savonesi non potevansd spedire fuor di Savona se non con espressa licenza (2). Per misurare dii girano si adoperavano misure di degno e di ferro col marchio del Comune, esempio : quartanos - stari a - quarta et medias quairtas. Sulle misure sorvegliava il gabeillotto; se ne trovava delle guaste obbligava i padroni di esse a farle aggiustare; se ricusavano, il ga-béllotto le prendeva e le faceva ‘aggiustare e imponeva la spesa al padrone delle misure; se il gabellotto non faceva il siuo dovere, era punito con la multa di lire 10. I Ponderatori (3). I Ponderatori delle stadere del Comune giuravano di pesare le merci di qualsiasi persona con buona fede e senza frode (4), facevano pagare a tutti i compratori una gabella (5). I gabelilotti come d compratori dovevano conoscere tutte le stadere e ogni tre mesi far riparare le guaste. Il Gabellotto (teneva due esperti Ponderatori (6), di almeno venti anni dd età, non mediatori, nè c in traci, nè esercenti, nè mercanti. I due Ponderatori andavano anche ad investigare per la Città e sobborghi se e· Susa, cit. col. 15, 16: gli abitanti di Susa tpregano il Conte Amedeo IV di concedere che, nel -tempo delle vendemmie, vengano in Susa gii -abitanti -del Delfinato con ile lior-o bestie per aiuto melila raccolta diel- 1 uva; ie lil 'Conte concede protezione a iquediM idei Diélfìnato i quaili durante dia loro permanenza in Susia possono anche esportane vino e merci di cui abbisognino. (5) Savona, Statuti del 1345, f. 93 b. (6) Savona, Statuti del 1345, f. 94 a, b. Statuta Saone del 1404-1405 171 nominato un -ad'tro, sicché tutti e quattro nello spazio di sei m^ea sacce-deviamisi ned (Priorato ; tenevano un isiguiUo speciale (per le ajpodixie >, (1). In «carica duravano tre giorni, ιροά dovevanei irmuovare senza aver diritto ad lailcoma memcede per iil servizio (prestato. Olii Ufficiali addetti alla custodia dei vini avevano ampio, balia cTim-vestlgare, accusare, denunziare i colpevoli; perciò di notte e di giorno recavansti dai venditori di vino, gustavano i viini per controiLlare se contenevano inganni (2); lo scrivano scriveva .su un mamoiaietto la quantità di (1) Savona, Statuti del 1345, f. 95 a, b: sigillo. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 94 a, b. — Cosio, Mendatica, Mon-le grosso. cit. pa,g. 69: i rivenditori di vino che non osservavano gli ordini degli Stanciatori, venivano multati di 5 soldi. — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit. pag. 82: i tavernai 0 altri che prendevano o tenevano taverna, nel Plano Guido nell tempo in cui gli uomini della Castellania di Cosio calavano in dette località per comprar formaggi e alrtro, eran multati' im 20 isoildii .genovesi per gianno — Nizza, cit. col. 202: non devesi mescolar a viini, nè anacquarli troppo; sii deve dare la gfasta misura al bevitore pena, da dieci a sessanta soldi di malta. — Levanto cit f. 86: non devesi mescolar vim nè aniacquarli ,pena da 10 a 100 soldi di multa. - Albisola, cit. b. \I, 27, cap. 34, pag. 69 b: i rivenditori di vino devono usare misure buone, vendere vini genuini e il prezzo deve variare da 16 a 24 soldi per metreta e non di più, altrimenti pena 5 soldi di muilta; nella stessa multa incorrevano se eran trovati colpevoli in qualchecos altro. — Villafranca, iciit. cap. 266, pag. 147: i Tavernai non dovevano mescolare vino di uva -con altri vini fatti in altro modo pena venti soldi di multa per ogni bottallo; idem, cap. 264-265 pa«\ 147 :’ gli estimatori dovevano stimare il vino presso i rivenditori, ma stimare un bottallo al giorno, ne fissavano il prezzo di vendita, affinchè i tavernai non lucrassero ; salario degli estimatori : metà dell vino stimato Questo doveva esser denunciato dal tavernaio, entro /tre giorni al No taio, che percepiva un denaro per bottaililo. — Chieri, cit cap XiLVI pag. 16: (non vi sono appositi Ufficiali alla custodia dei vini· chi corrompeva il vnno, incorreva nella multa di lire 25. — Biella cit ’pa°- 360 n. 147, 152: i Consoli dovevano sorvegliare sui rivenditori di vino f anali se lo avessero dato a un prezzo superiore a 6 denari al quartino eran puniti in 5 soldi di multa e messi al bando ; idem pag 361 n. 153, 156: nessuno in Biella poteva vendere il vino più di δ' denari al' quartino; devono dare la giusta misura al bevitore, pena 5 soldi di Pavia. Nessuno poteva vendere in casa vino. — Arosio, oit. cap XVIT pag. 284: non devesi commettere frodi nel vino venduto o dato in cambio o dato « 'Pro ficto seu medietate », pena 60 soldi di inulta per il colpevole, idem, cap. XVIII, pag. 295: i Consoli devono investigare due volte alla settimana cominciando dalla metà di settembre fino al termine delle vendemmie. Chi -tiene mosto o uva di nascosto in casa propria viene multato da 5 fino a 10 soldi di terzoli a seconda della quantità di mosto o uva che trovavano. 172 M. Ricino Paganoni vino comprata idad. tavernaio (1), i nomi dîi laditri venditori (2), id prezzo dell vino. Id maimualetto era consegnato [poi al soie cessor e dello scrivano, -che iconitdmuava la stessa opera Γ amino successivo. Talvolta to*ascevano Liti tira gli Ufficiali e i rivenditori. Per controllare gli abusi di potere degli Ufficiali veniivan nominati due custodi pubbldci o· (privata, che ili seguivano nelle loro visite ai rivenditori, e poteva®. così attestare 3a verità. \I due custodii pubblici e privata percepivano peir sialariio 10 soldi mei due imesii idi loro carica e ila terza panie dii ogni demiunciia fatta ai condir avventori. Nessuno poteva patrocina re la causa idi «costoro, pena soldi 100; e i magistrati giuravano di sostenere gii ufficiali. Chi intercettava vino in casa, magazzeno, bottega senza Licenza degli ufficiali, subiva la pena di 100 soldi e il suo vino veniva confiscato; chi vendeva vino di cui era proibito la vendita dagli ufficiali, era punito con 60 soldi di multa per metreta e con la perdita del vino. Gli ufficiali non (facevano -spargere il vino confiscato, ima se lo dividevano fra loro. Essi dalla metà, di ottobre a tutto novembre investigavano neLle ville la quantità del vino fatto e che dovevasi introdurre in città, il che poi veniva controllato dai custodi presso le porte, e dagli ufficiali presso i rivenditori >(3). Viiino di 'altre campagne e di oltre giogo e dii oltre mare non poteva essere accettalo (4), pena 5 soldi per metreta. Era (proibita 1’ importazione per la via di mare e di terra, tanto di notte -che dii giorno, di vini fatiti fuori di (Savona (5) e oltre giogo, sal- (1) Savona, Statuti del 1345, f. 94 a. — Chieri, cit. cap. LXIX, p. 24. sulle misure buone che il tavernaio doveva .adoperare ; idem, cap. CAJ-., pag. 47; cap. -CXiLII, pag. 47: il t ave maro non doveva far uso di uova, formaggi in venerdì, nè nei giorni di vigilia; idem, cap. OCXXav, p. il tavernaio non poteva comprare pesci, capponi, uva, e selvaggina pei rivenderli. —Arosio, cit. cap. XIV, pag. 294: non devesi vendere vino a minuto ; misurarlo con le misure del Comune, pena 11 denari αα multa; idem, cap. XV, pag. 294: chi vuol vendere vino al mimi.o deve prestar cauzione di L. 10 e anche L. 5 di terzoli per i danni e spese cne il Comune incontrerebbe a cagione della taverna. (2) Levanto, Statuti, f. 69: colui che avesse venduto vino senza esserne pagato subito, non aveva più alcun diritto, trascorso un anno dal giorno della vendito, sul debitore, neppure se fosse doter venuto a suo favore, dii Magistrato. (3) Savona, Statuti del 1345, f. 94 a, b. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 94 a, b. (5) Savona, Statuti de'l 1345, f. 86 b, 94 b. — Finaro, cit. pag. — Finale, cit. cap. LX, pag. 284. — Mentone, cit. pag. 45. — 1Levanto, cit. f. 17: pena 40 soldi di multa per metreta. — Nizza, cit. col. 170. cit. pag. 115, cap. 124: pena 5 soldii per metreta; idem, cap. OLI, p. 1~7 : il magistrato 15 giorni dopo la sua entrata in carica, chiama avanti a sè tutti i barcari di Diano, i quali devono versiare una sicurtà di L. 100 genovesi per le vettovaglie e i vini che comprano in Diano stesso ogni mese. Finito il mese e tornata la barca a Diano per nuove provviste, de- Statuta (Saone del 1404-1405 173 vo per que:i cittad'iiui 'Savonesi, che avevamo possedimenti fuori di Savona (1). Ugual benefìcio avevano idi uomini di Vado, dd Segno e dii Celle, che erano sotto la giurisdizione di Savona, sino alla quantità di 700 metrete; ina taie vino dii privati non poteva&i vendere ai riven-dfiitori sotto pena di soldi 20 a metreta e la perdita del vino. Chi con navi o con animali trasportava del vino proibito per mare o per terra (2), pagava eol-dì 60 ; chi non poteva pagare perdeva il naviglio ο Γanimale. Se il vino era stato trasportato a braccia l’uomo era punito in 60 -solidi per metreta (3j e fustigato pubblicamente, se tale multa non poteva pagare. Nessun ufficiale, 'cominciando dal Podestà, poteva tenere o far tenere bottega, dove ve n devasi vino adì’ingrosso e al minuto pena 100 fiorini; neppure potevano esercitare tale commercio per mezzo dd gabeiiotti, pena 200 fiorimi (4). I custodi del bosco (5). — E-rano 4 i custodi del bosco di Savona (6), ve il barcaro, entro 3 giorni del suo arrivo, pagare la merce comprata nei mese precedente, pena 50 soldi genovesi da pagarsi ai clavigeno ded .Comune di Diano. Se il barcaro, desse motivo a dagnanze dei creditori presso sili Magistrato, verrebbe trattenuto e costretto in qualche modo a pagare; se non potesse Lui assolutamente si ricorre ai suoi mai-Levad'Oirii; a loro volita costoro impossibilitati isi vendono i beni del bar-caro o si ricorre alla dote della moglie o della madre. — Torino, cit. col. 720: non devesi importare in Torino vino straniero, pena la multa di L. 50 e la, perdita del vino, delie bestie, del carro, ecc., con cui fu effettuato il trasporto; idem, col. 548: è proibito importare vino straniero in Torino eccetto in tempo di sterilità e di tempesta. — Chieri, cit. cap. OCXXXIV, pag. 75; Casale, cit. col. 1002; Casale, cit. col. 1028: non si può esportare vimo da Casale se prima non pagasi ial eiavario soldi 2 par stardo e (ricevere dal cilavario Uia bolletta; ü colpevole vien punito con la perdita del vino, ded carro e dei buoi; idem, -cdt. col. 1033: chi importa vino lin iGasaile deve essere onunito della bolletta irilasciataglii dal eia-vario, e pagare 2 soldi pavesi ad ogni stario per ili pedaggio. — Moncalieri, cit. col. 1425: non si può esportare nè uva, nè vino da Moncalieri, pena L. 10 per ogni carrata e la perdita dell’uva, del vino, del carro, dei buoi; idem, col. 1445: chi ha possedimenti in Mancadieri e ne vuol trasportare uva e vino a casa propria, deve denunziare quanto esporta, pena 20 soldi di multa. Ciò vale tanto per chi esporta per proprio consumo, quanto per rivendere. (1) Finaro, Statuti del 1311, a cura di Fioroni in « Giornale Ligustico », pag. 152. — Finale, cit. cap. 60, pag. 284. — Levanto, cit. f. 17., 1λ. — Torino, cit. col. 720. — Casale, cit. col. 1002. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 95 a, b. — Levanto, cdt. f. 16, 17: e pena 20 soldi a metreta. — Nizza, cit. col. 201: perdeva l’animale, la barca, e dd vino. — Diano, cit. cap. GLI, pag. 127 : vedii nota prima della pagina 93. (3) Savona, Statuti del 1345, f. 95 a, b: il bastaxo era multato di 100 soldi. (4) Savona, Statuti del 1404, f. 133, a; b. (5) Savona, Statuti del 1404, f. 121-123 b. (6) Savona, Statuti del 1346, f. 99 b, 100 a, b. — Nizza, cit. col. 81, •82: 2 custodi. — Susa, cit. «col. 7 e 11: i boschi di Susa sono comuni a tutti, per essi nominavansi dei custodi. — Celte, cit. f. 9 a: erano i Campani (custodi idei boschi. 174 M. Vicino Paganoni di atoeno 25 anni d’età, possedevano L. 500 tra bemi mobili ed immobili, oltre la dote della moglie; duravano tre mesi in carica, prestavano il solito giuramento 0 soldi .un monete di Savona. — Celle, Albisola, Varazze, cit f 9a· e proibito tagliare Aeri, e vigne -ecc.; e -all f. 29 a: è .proibito tagilliaire legna, pali, frasche, ecc., da terra altrui, sia boschiera o no senza •espressa licenza del padrone di quei terreni. — Susa, cit. col 14 ’l5* abitanti di busa, usa a porre cavalli, muli, asini, buoi sul monte Panario a far pascolare per queOile Alpi, vi dimoravano moilito tempo chie-dendo protezione aJ Conte Amedeo IV di Savoia, ai quali concede vaia. casale, cit. col. 1047: non devesi tagliare e rubare legnami da poeses-sram altrui ; mdem, col. 1052: chi taglia e porta via legni da boschi altrui pena da 5 a 60 soldi pavesi, a seconda della quantità e Qualità della legna presa — Moncalieri, cit. col. 1392: chi prende legna in boschi altrui, pena 20 soldi ogni carrata; idem col. 1393: chi prende le^na m boschi propri, di notte tempo, pena 5 soldi ogni fascio. — Biella cit pag. 3/4, n. 223 e p. 376, nn. 237, 238, 239. (1) Savona, Statuti, del 1404, f. 112; idem cit. del 1345 f 87 b · la legna dei boschi di Savona non potevasi asportare. (2) Levanto, Statuti, f. 15: non dovevasi comprare legna nè vettovaglie dall’angolo della casa « rab.itorum », verso porta dello Stagno imo alla Villa Montalis ridaroliiis, alla chiesa nuova, per rivendere pena 5 soldi genovesi di multa. Mentre invece gli uomini delle sopradette ville potevano comprar legna e vettovaglie peT proprio uso; idem f 16 · non devesi asportar legna da Lev.anito; idem f. 86: col non denunziare al gabellotto tutta la quantità di legna che si trasporta, si è multati di 5 soldi genovesi col sequestro defila legna non denunciata. — Albenga, cit pag. 344, n. 293: parla di legna domestica, danni di legnami e danni arrecati ad altri per scopo di vendita. — Quiliano, cit. pag. 339, 346: parla di danni recati a luoghi altrui sia per disboscameneo sia a causa degli animali. Chieri, cit. cap. GLXVIII, pag. 54: è permesso venire in Chie-1*1 a far legna per venderla nella valle di S. Leonardo e nella Piazza di S. Maria. — Casale, cit. col. 1002: non devesi esportar legna dal distret- 176 M. Vicino Paganoni tari (1) e alitai simili artigiani avevan .diritto a tailii leigruaand. La legna costava 3 soldi per ogni soma ta (portata — Gli Anziani, in febbraio, nominavano tire ufficiali!: 1 nobile, 1 mercante, 1 airtiisita, per 1’ ufficio monete (9). I tre le e comune di Casale, pena 20 soldi pavesi e perdita della •col. 1074 : non devesi vendere o dar legna ai forestieri, pena IV solca pavesi. (1) Biella, Statuti, pag. 378, n. 245. (2) Savona, Statuti del 1404, f. 139 b. (3) Savona, Statuti del 1404, f. 55 a b. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 23 a. — Biella, c\\. cap. 32, pag. MV. — Ivrea, cit. col. 1124: un sapiente custodiva le scritture e ι privilegi ae Comune. (5) Savona, Statuti del 1345, f. 23 a. (6) Savona, Statuti del 1345, f. 23 a. - (7) Savona, Statuti del 1345, f. 23 a : alila presenza dei Governatori * dei 3 Custodi. (8) Savona, Statuti del 1404, f. 108 b, 109 b. (9) Genova, cit. col 575-576. Statuta Saone del 1404-1405 177 scelti prestavano dii solito giuramento, discutevano nella Torre del Brandiate, tenevano un (Cancelliere (1) degli Anziani per scrivere, i loro decreti. Erano a loro disposizione i iNunzi, i 'Campari, per far preco-rare i propri ordini; detti Ufficiali, ognii -tire mesi, dovevano assaggiare e provare He monete in corso se erano giuste e punire ohi ne smerciava diedi e guaste (2). Per consenso delia maggior parte deil Consiglio potevano coniare nuove monete .secondo iil bisogno, e Dovevano coniarne la quantità dii miil-e fiorini >d’ oro -da consegnarsi aJl /comune. Chi teneva bamca in Icittà, prestava una cauzione .ali’ Ufficio monete ohe variiava da liiire 200 ia 500 e .i cambiavalute dovevano 'osservare /le regole di det/to ufficio. Gli estranei (3) peir essere 'ammessi nella cittadiinianza dovevano presentarsi agili Anziani, esporre dii proprio intento, se volevano essere -cittadini e (abitanti di iSavona, ise vi si stabilivano con Ola moglie e le loro cose; tutto Oliò veniva steso su di un pubblico strumento aggiungendovi il -luogo (d’abitazione, i possessi e 1 titoli che possedeva. Tutto ciò veniva ancora -controllato; se ‘1’ estraneo era persona onesta, lo sii faceva giurare idi essere un buon icittadino, dii osservare gli statuti, dii essere ghibellino e difendere la parte ghibellina, 'quindi con il consenso del Po-diestà eira accettato fra ii cittadini. Tale -accettazione era scritta mi uh pubblico strumento da un iCancelliere degli Anziani, ed era rilasciata alla persona stessa, mediante un fiorino, perchè se ne valesse e fosee riconosciuto ovunque come Savonese. Se un estraneo, fatto cittadino Savonese, mancava per sei mesi consecutivi dalla città, non era più calcolato (Savonese, eccetto che fosse mancato 'per ragiomi di studio o di commercio. In questi ultimi casi ü neo 'Cittadino lo -dichiarava subito all’atto delia iclttadinanza e giurava di tornare ad abitare ìin iSavona (appena finito i fcuoi affari; nello stesso tempo obbliga vasi a pagare le tasse ed a comportarsi tome se foisse isempre presente* Più tardi fu emanato un -nuovo decreto dea, 1428, giorno 12 Novembre '((4) in cui il Podestà e gli Anziani, per ripopolare la città desolata dalla peste (5), stabilirono in pieno e geneialle consiglio, mediante votazione, che fosse accolto qualunque estraneo con o senza (famiglia, ii quale volesse 'abitare in 'Genova con d’intenzione -di starvi sempre, purché tacesse manifesta la sua intenzione ad un Cancelliere del Comune (6). (1) Genova, cit., col. 576-577. (2) Alba Pompeia, cit., icoene «siine trezeno ailiquo et laudeoniio >>, mentre gin esfurariei non possono fare altrettanto : &i intende gli estranei non abitanti in ca-etellaro. — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 82: queLbi cw cosao non potevano dare a nessuno forestiero del (legname dei taro boscna, pena dieci soldi di nruMa; pag. 84: ^estraneo non può venire i/n Cosao a ricuperare (beni venduti dai paranti. ■— Finale, cdt., -cap. '38: gli estranei sono trattati dai Finalesi, come questi eran (trattati fuori del Marcne-sato. —Levanto, cit., f. 81: giri estranei che vogliono abitare per sempie in 'Levanto, debbono farsi se nivere ne! (Libro del Connine. — °v cry I f. 26 ai l’e&tiraaieo doveva prestare una cauzione — didean, cit., f. or a. devesi trattare l’estraneo come cittadino nolese che abbia preso la cittadinanza. — Diano, cit., cap. 64, *pagg. 74, 75: se un estraneo non fosse oriundo di Diano, da parte del padre o della madre, non lo ai accettava nella cittadinanza, a meno che fosse venuto ad Bibitare (in Diano con la faimiglda; nessuna immunità però gli era concessa. — Nicosia, cit., b. 1, 0, pag. 24: paga venti soldi impeiiali ali’anino, e le tasse come 1 C1tja-dind — Celle, cit., f. 4 b : un estraneo era trattato in Celle, cotme im Cei-· .lese era [trattato nel Comune dell'estraneo — Biella, cit., -pag. 364, n. 169, idem pag. 365, 11. 365, m. 170: l’estraneo che non abita con la sua glia dm Biella, non può ivi comprar terreni nè «case — idem, pag. 365, n. 171: uomo o donna di Btledla non può vendere nè ail/ienare o donare terreni, case dii ohi non sia dii Biella e -che non (paga frodi, nè- le ta^se al Comune — idem, cit., pag. 365, n. 173: l’estraneo doveva prima abitare tre anni consecutivi in Biella con la famiglia, per essere accettato melila cittadinanza. — Villafranca, cit., cap. 5, pag. 84. — Casale, cit., col. 946: gli estranei prima di essere accentati come ab i/tanti di· Casale dovevano rispondere del diritto e della gioistriizia a tutti quoi di Casale, in presenza del Podestà o del sruo Gindiice — idem, col. 1061. — Ivrea, cit., col. 1152: chi veniva ad abitare vn Ivrea con la famiglia,, era trattato come un cittadino, nè doveva pagare alcuna tassa — idem, cit. col-1199: all’estraneo che comprava case o possessioni! dm Ivrea e distretto erario imposte delle tasse a seconda dell’'importanza di tali acquisti·. — Moncalieri, cit., col. 1378: iil Cartellare deve ricevere il forestie.ro ohe Stallila Saone del 1404-1405 179 veniga in città (1); avrebbe goduto idei privilegi idei Cittadini, pagando le gabelle alide qualli erano (sottoposti ig.Li stessi Cittadini. (Non erano accettati d banditi e i iribelilli·. Chi non p/agava tasse, fosse iSovonese o no, non poteva 'prender (parte mè deliberare su ‘aJlcunia c a/usa proposta dial Con-isiigiLiic| Magno, pena Uire 25, nè poteva avere voce 'in capitolo in deitto Consiglio, riè votare (2). Vesti roibe, utensili, arnesi, sfuppe,Mettili, monLLi, penle, vaisi d’ oro e d’ argento nessuno poteva vendere nè lin bottega ena o di altri o m casa propria, se non a mezzo di inaile vador i icbe prestassero fede e cauzione idi (liiire 200 ail Comune. Quesiti rivenditori dii d ebbe una propria / e spubblica, che potremmo1 designare col nomen etnico dei Tiiguli? O non piuttosto fece parte di munii oipii oltrappenninici, come Ldbama ? Il comitato di Lavagna, ohe appare nel secolo X, è di quelli che riflettono un titolo puramente personale dei Signori., o riproduce una divisione organica 'del territorio, romanica o alito-medi e vale, bisantina o longobardo^ franca ? Il Ferretto non ci ha dato /una trattazione sistematica di questi pi oblemi, siibbene egli ha Inteso modeetamente lad apparecchiarcene id materiale. (Ricerca fervorosa e sovrabbondante, secondo il temperamento dello studioso, portato dal suo stesso entusiasmo ia sconfinamenti, digressioni, trascrizioni aerose; ma ricerca che solo era data dall’ infaticabile investigatore degli archivi genovesi, padrone, ad un tempo, della topografìa storica de/llla Liguria. Cosicché la materia (òhe al Ferretto ci offre neJKle ottocento e più pagine tdeflla sua monografia, sebbene in parte fecondità e, diremo, incandescente, presenta, tuttavia, altre parti criticamente elaborate ile quali conducono a iricostruzàonii dà non lieve interesse. Un Ibel risultato degli studi del F. è, iiin primo luogo, la precisa, e, crediapno, definitiva identificazione delle tenute dell’ Alpe Adira e di Montedungo contemplate nel famoso diploma del 774 di Carlo Magno al-il’ Abbazia Ibobbiese : documento fondamentale per la geografìa storica della Liguria orientale, sul quale si sono affaticati (Lungamente gli storici genovesi fino lai Belgrano e da ultimo gli editori del Cartario dà San Colombano. L’ Alpe Adra non abbraccia, come è stato creduto, un territorio senza continuità fra la valle Fontanaibuona il Valtarese e il mare, ma rappresenta un complesso unitario, che di Ferretto definisce, sulla base di (antiche carte dii confini dell’ .archivio genovese, come Imitato nel territorio {fra iSestri e iMoneglia e più partieolarmente nei confini di Gas-tigli one Chiavarese; ie nelle stesse adiacenze trovasi la tenuta di Montelungo, che altri ha confuso con omonime località dell’ Appennino di Re-doniia o di. Pontremoli. iNon meno (interessanti isono le osservazioni topografiche del F. ed il relativo corredo documentario intorno tal territorio dell’ Alta Valle di Fontanabuona, d’ Uscio e di Bargagll : esse concorrono a (definire il patrimonio beneficiario assegnato agli larcivescovi milanesi durante il loro rifugio a Genova (569-645), nel mentre forniscono nuove e preziose indicazioni sul feudo d’ awocazia goduto da uin ramo dei visconti genovesi, illuminando, a parer nostro, (il problema della provenienza di questa-consorteria nella quale si personifica, nel periodo delle origini, il comune 182 Rassegna Bibliografica genovese. Altri innumerevoli dati, «che non è possoibile classifica re, an oli e per la mancanza di indici sistematici, ci offìre dd F. sopra tutta la zona Litoranea (della (Liguria orientale, venendo jfìno alla Vali di Vara ed ai confini \di Ponitiremali; dati 1 quali risalgono, daii catasta· e dia! documenti dd contee ded secoli XVI e XVII, allie carte medievali, e attingono, specialmente sulla base della toponomastica, 11’ età ramaina le preromana. E, (per quanto riguarda 1’ età preromana, dobbiamo esser girati all F. da una quantità id' indicazioni, lassotataimente (inedite, relative ag-ld antichi casteddieri, lia cui ricerca costituisce ila base di una vena conoscenza dell’ archeologia ligure. sNon occorre soggiungere che molite affermazioni del F., in campo siffattamente oscuro, suscitano dubbi e controversie : così, peir esempio, desidererete allora prevalente deilia Iguenra unirlittima, «specie nei secoli me-dioevaJLi, con larghezza di ricerche e importanza di risultati. Sarebbe utile che altri, -e meglio ili Sassi stesso, rifp,rendesse l'argomento tpeir Genova, rendendo costante quel 'confronto ο accostamento tira lie vicende e le .istituzioni tìieflle due repub bllitche ohe in questo lavoro è soltanto occasionale. Il materiale non manca, a cominci acne dagli Annali che sono pieni dii notizie sudile guerre di iconsa e idaii Libri Jurium dove molti documenti di carattere diplomatico si potrebbero trovare timpor-tam.tii iali’ ass-unto. Per esempio, lia clausola icontènuta ned .trattato del 1175 * tra Venezia e Guglielmo II normanno secondo lia quallie ii corsari e i nemici idei re sono esclusi dalla sicurtà data per mare e per terra ai Veneziani, era già compresa nel trattato del 1156 tra Genova e Guglielmo I (Liber Jurium, 190 e cfr. questo Giornale, 1927, p. Î0) ed è ripetuto in moliti consecutivi. Ma ile ricerche più fruttuose, almeno pei i sècoli XIII e XIV dovrebbero essere condotte nella miniera inesauribile dei protocolli notariili. Il trattato di iGremona del *1270 pubblicato dal Manfroni (Giornale Ligustico, 1901) e citato dal Sassi fp. 19) esclude dalla proibizione della guerra di corsa il castello di Bonifacio : ebbene, una serie di atti ivi redatti nel 1245 riguarda appunto la guerra di corsa alla quale partecipano attivamente, e si direbbe ufficialmente, oltre ai navigatori, che sono i corsari., e ai mercanti e cittadini di ogni cebo, che sono li finanziatori, -a/mche gli stessi castellani. iE fin atti stipulati a Genova in quel torno di tempo si tratta della guerra di corsa come dii un normale impiego di capitali, tanto più lucroso quanto maggiore è LI '.rischio. L’argomento è di grande interesse e ferace di risultati assai notevoli a chi lo istudi anche per Genova, così sotto e 'la Conse » del maggio-giugno 1929 Un projet de mariage de Pascaì Paoli, soffermandosi ad illustrare ile simpatie che Giuseppe Parini quand’era direttore della « Gazzetta di Milano » ebbe per 1’ opera del grande corso. * * * v7 Gian Piero Bognetti scrive su L’abbazia regia di S. Salvatore di Tolla : NOTE DI STORIA E DI DIRITTO, CON UNA SENTENZA INEDITA DELX’ ARCIVESCOVO DI Genova del 1191 in: « Bollettino Storico Piacentino » del gii ugno 1929. * * * Ettore Zunino in « Giornale di Genova » del 3 luglio 1929 rievocando Scene della prima conquista napoleonica parla dell’occupazione di importanti centri di Val Bormida, Cairo, Carcare ed altri da parte delue truppe repubblicane (1796). * * * Giulio Miscosi parla in « Caffaro » del 4 luglio 1929 dei Nomi arcaici ih Liguria: « Manilla » antica diventata «Monegüia, « Vulnietia » Ver-nazza ecc. * * * Umberto Di Leva fa nota una richiesta di Margherita d’Austria Regina di Spagna diretta ad ottenere dalla Repubblica di Genova una pai-te delle Ceneri di S. Giovanni Battista conservate nel Duomo di S. Lorenzo. L’articolo, intitolato Le Ceneri del Precursore è apparso nei « Giornale di Genova » del 5 luglio 1929. * * * Di F. T. Morando è uno scritto su il « Corriere Mercantile » del 5-6 luglio 1929 dal titodo La quistione del Balilla e del regazzo de le sassate. Risposta polemica all’ articolo del Masnovo pubblicato nel iaeoicolo di giugno-dicembre 1928 nel nostro Giornale. * * * Ne «Il Popolo d’Italia » del 6 luglio 1929, col titolo: Goffredo Ma-meli, P. Giangiacomi ricordando 1’ eroe nejir anniversario della morte, discorre di proposito dei ritratti che di lui esistono fermandosi tra cinque che ne elenca, sull’ ultimo, disegnato dail Bar ab imo e (pubblicato nel 1849 dal litografo Armanino di Genova. Spigolature e Notizie 137 * # * 7 lM^MELI è ™,vooato da G. M. in « Giornale di Genova » del ( luglio 1929 nel momento in oui cadde p.ræso «la Casa dei Quattro Venti sulla scorta del libro di Marco March ini * * * Col titolo Scene della prima conquista napoleonica, Ettore Zunino Φ&Μ a iuimgo m « Giornate dii Genova » MI’ 11 luglio 1929 dediT assalito a/l Castello idli Cosser.ia (13-14 aprite 1796). * * * De II Promontorio di S. Benigno e del Cenobio benedettino che lo incoronava 6i parta in (( Corriere Mercantile » dell’ 11-12 luglio 1929 sulla s-corta del noto poderoso studio che su 11’argomento stesso fu pubblicato da Don GugilMmo Salvi. * # * Nel numero de'l 12-13 luglio 1929 lo stesso (( Corriere Mercantile » a complemento dello scritto di cui sopra, fornisce cenni storici su i Fuochi avvisatori da Capodifaro a Finale. * * * Giulio 'Rossello è i.l tìtolo d’uno scritto di Umberto Di Leva in « Giornale dii1 Genova » el 13 luglio 1929. Vi si evoca una leggenda della fine del seicento intorno alle lotte pel feudo di Sassello tra i Doria, la Repubblica di Genova e ili Duca di Savoia. # * * •Una buona illustrazione storica de La Chiesa dell’Annunziata pubblica Lazzaro De Simoni in « Nuovo Cittadino » del 14 lugilio 1929. * * * A Firma L. K. « II Secolo XIX » del 16 lugilio 1929 pubblica uno scritto storico intorno a II carattere genovese dell1 immigrazione italiana nella Polonia del XIV Secoli Si rideva da questo scritto che a (Leopo/Li i mercanti genovesi eran più numerosi che in altre città della Polonia. * * * Sulla Biblioteca Civica Berio pubblica un cenno storico e descrittivo il (( Carriere Mercantile >> ded 16-17 luglio 11929. * * * Col titolo La voce degli antichi Palazzi uno scrittore anonimo illustra In (( Lavoro » del 18 luglio 1929 motti -latini dei quali sono fregiati antichi palazzi genovesi. * * * INeMo scritto intitolato Pre Minettt, Umberto Di Leva traccia la figura d’un benemerito educatore genovese contemporaneo, Don Vincenzo Minetti, in « Giornale di Genova » del 19 luglio 1929. * * * iLOratorio di San Giacomo della Marina è illustrato in « Nuovo Cittadino » del 21 luglio 1920 da Lazzaro De Simoni. # * * Umberto Di Levo ricorda in. « Giornale di Genova » del 21 luglio 1929 UiN legislatore eccezionale, Giacomo Durazzo-Grimaldi Doge di" Genova dal 1573 al 1575 autore di leggi penali severissime intorno alle quali l’autore si sofferma illustrandole. 188 Spigolature e (Notizie * * * Guglielmo Paolo Persi in « Lavoro » dèi 24 luglio 1929 ricorda Genova medioevale sull’ Atlantico imovendo dall’ accenno di A. G. Barrili nel ro~ manzo « Le confessioni di Fra Gualberto ». * * * Dal recente volume di Ersilio Michel «Bsuili e cospiratori in Corsica » « 11 Secolo XIX » del 26 luglio 1929 riprouoe una pagina che illuBtra L’ultimo MOTO MAZZINIANO E LE COSPIRAZIONI IN CORSICA. * * * 'Nello scritto II ILeon Pancaldo comparso in « Giornale di Genova » dei 26 luglio 1929 Alberto Lumbroso ricorda 1 ’ avventai rosa vita del navigatore savonese che diede nome recent enne nte ad un cacciatorpediniere deULa R. Marina. * * * Il <( Corriere Mercantile » del 26-27 luglio 1929 lia un’ampia recensione dello studio del Michel su^la Esuli e cospiratori italiani in Corsica (1850-61). * * * (Nei « iNuovo Cittadino » del 28 luglio 1929 Lazzaro De Simoni traccia la storia de La Chiesa di San Giorgio vetusto edifìcio legato aile antiche vìioende cittadine. * * * Meteco in « Lavoro » de ~ ^ su Λ® ΓΗ,r«Pe Sim0rr Scrive in “INuovo 'Cittadino ,, del 4 agosto 1929 p™ 44* DELLA 'Congregazione al sommo \deifla via Martin Piaggio POTroS d°RttnnT6p ri dT T5*6 6 morì il Beato (Fra Fjr^esco ,dd Cam-potgirosso detto mi Padre Santo. * * * neæ^Uustrarv» “ €aifaP » inizia una rubrica speciale V m ai ,i PU, ooepocm dlefe viie di Geinova col titolo i Ìi e strade. .Nei numero idei 4 agosto 1929 si parla tìi Cipro mnovpnHn dalla 'Piazza omonima che .ricorda 1' Isola ben nota nei fasti genovesi. * * * mentkatoT'RAGGI°, P^re Agrare dell’ ottocento alquanto dd-•sto lM evocata (da a. p. I. in « Corriere Mercantile .. del 6-7 ago- * * * Francesco Geraci in «'Giornale di 'Genova,» dei 7 a&osto 1929 ha ræsagi ssts™· ■>· — - ss * * * Rill,i‘( 'C^Moaco » deJJl’8 agosto (a (firma ■« Lo Scriba ») la interessante Rubrica « λ ìchi e strade » con uno scritto (che, a proposito del Vico TSSSi ldeiraite de LA STAMPA’ in geAere e P^iLalInte * * * q ,, ^ «,Lar° Γ 8 agqeto 1929 reca ani buon saggio di poesia dia-^dovuta ai compianto Dott. G. B. Rapallo col .tìtolo: Sonetti υ, Baciccia. * * * JLinda Rebosio Persi raccoglie in «Lavoro» del 9 agosto 1929 co] titolo Voci DI nostra terra proverbi e leggende liguri. * # * Paolo Marcello Raffo rievocando San Lorenzo nella storia, nel cuito t nell; arte (« Nuovo Cittadino 10 agosto 1929) ha una buona pL™ suMa iconografia genovese del :Santo che fu raffigurato dal Cambialo e dal Brea m tele pregevoli, nspert-tivamente possedute da due graziosi paesi della Liguria orientale; S. Lorenzo della Costa e Cogorno. * # ìfr Eugenio Ballino scrive in « ,\ucvo Cittadino» del 13 no-osto l‘J°i) Paola Frassinetti, genovese, fondatrice della Congregazione delle « Dorotee ». * * * I parenti di 'Cristoforo Colombo a Milano, è un interessante scritto a orma « Il Viandante » in « Lavoro » del 14 agoeto 1929. * * * (Ranuccio da (Leca, scritto di Umberto di Leva in « Giornale di Genova » del 18 agosto 1929, rievoca un fosco dramma politico svoltosi nell secolo XV tra Genova e Corsica, teatro SI Castello di Lerici. * * * Col titolo I Precursori di Cristoforo Colombo il « Nuovo Cittadino » •del 18 agosto 1929 ripubblica 'inno scritto dell’ Ammiraglio C. Sdrianni. 190 Spigolature e Notizie * * * In (( Corriere Mercantile » del 20-21 agosto 1929 Stefano Fermi rievoca Echi letterarii d’ un concerto ωι Nicolò Paganini a Piacenza. * * * « Januemis » ha in « Corriere Mercantile » dei 20-21 agosto 1929 ama taiga recensione dello scritto di BmiiLio IPandiam (/pubblicato nei fascicolo scorso di questo giornale) : Un cronista genovese del Rinascimento - Bartolomeo Senarega. * * * Di Uno scritto intorno a iLuigi Corvetto (Luigi Corvetto e il Cod. di Comm. Napoleonico del Prof. fi. Bensa in « Atti della 'Soc. Ligustica di Scienze e Lettere ») -dà notizia il « Corriere Mercantile » del 21-22 agosto 1929. * * * Di F. Ernesto Morando è uno scritto comparso in « Corriere Mercantile » del 23-24 agosto 1929: In Bezagno, prima di Piazza di Francia. Rievoca memorie di cose genovesi di iiin cinquantennio addietro. * * * In « Nuovo Cittadino » del 25 agosto 1929 Lazzaro De Simoni illustra La Chiesa di San Salvatore, una deille più popolari di Genova. * * * Il P. Luigi M. Solari jS. J-, di insigne famiglia chiavarese, che fu insegnante, predicatore, educatore di molta fama, ned primo quarto del secolo scorso, è ricordato in « Nuovo Cittadino » del 27 agosto Ì9~9. * * * iL’ Osteria dei Poeti è ii titolo d uno scritto pubblicato da A. Gì aride. in « Giornale di Genova » del 28 agosto 1929. E ricco di r^oxidi mtorino a Guido Gozzano che dimorò a « La Mariinetita », presso ili laido d Albaro, * * * Garibaldi in Valdinievole nel 1867 è ii'l titolo d’uno scritto di Bruno Bruni apparso in « Secolo XIX » del 28 agosto 1929. * * * Sulila fallita congiura di Giuseppe Mas9aria emissario di P. paoli pei impadronirsi di sorpresa il 21 aprile 1763 di Aiaccio, porta, nuovi ompoi-tanti documenti tratti dall’Archivio di Stato di Genova Fumaroli In un articolo Un episode de l’ histoire de la* République Corse a l époque P. Paoli, pubblicato nel fascicolo del luglio-agosto 1929 della « ìRevue de La Corse ». * * * Sebastiano Silvani in uno «tudio su iLa conqulte du Sudan et les Corses, pubblicato nel fascicolo di luglio-agosto 1929 della « ìRevue de la Corse », illustra il contributo dato dagli isolani all1 esercito francese dal 1879 al 1883 e soprattutto quello del valent/e condottiero capitano Pietru. * * * Ersilio Michel continua .le sue ricerche sugli IEsuli e cospiratori in Corsica. L' ultima parte di esse testé usoita (nel fascicolo dell « Archivio Storico di Corsica » porta un notevolissimo contributo cilla storia degli esuli dal 1850 al 1861. La « Revue de la Corse » recensendo la pregevole? opera, nel fascicolo del luglio-agosto 1929 non esita a doiÿifiarare che essendo « admirablement fourni de notes, appuyé sur une bibliographie abondante, le travail! peut être considéré à peu près définitif ». Spigolature e Notizie 191 * * * fkJTranceschini Pubblica nella (( Revue de la Corse » del luglio-agosto 19-9, la seconda parte dello studio già fsegn alato: Une guerre religieuse en Corse en 1797 : la Crocetta. * * * Il Generale Colonna de Giovellina (pubblica un’ importante monografìa sud Generale gorso Antonio Gentili ne«l fascicolo del masr^io-giugrno 1929 della « Revue de la Corse ». Un’ appendice adda monografia 'in ouì |si contengono documenti inediti sul G. è pubblicata nel (fascicolo successivo della stessa (Rivista, del luigiMc-agosto 1929. * * * Il Banco di San Giorgio è studiato da Marino Merello in « A Compagna », nell fascicolo di agosto 1929. * * * iSulle antiche porte di Genova Jaiiueusis ha un articolo (illustrato) in (( A Compagna » dell’ agosto 1929. ^ * * * Arturo Salucci nella Rivista «’Manmi, Pietre e Graniti» (igià: Il Marmo idi Cairrara), fas/cicolo del luiglio-agoeto 1929 scrive di Genova la città marmorea . * * * M. C. recemsuisoe lin « Rassegna Nazionade » di [Roma dediT agosto 1929 Γ opuscolo di A. Custòdero : G. Mameli, già da noi segnalato. # * * Nel numero di agosto 1929 il Bollettino iMunicipalie « ÙLa Grande Genova » si trova amo scniftto di Antonio iCappeliini siudda laittadina di Nervi. * * * La -Chiesa di Santa Zita (vecchia e nuova) è illustrala da Lazzaro De Sivioni in « (Nuovo Cittadino » del 1° settembre 1929. * * * Virgilio Cena scrive in « Lavoro » del 3 settembre 1929 cui Paesaggio e donne genovesi secondo 0. Di Balzac. * * # Fra Francesco da Camporoseo, il Cappuccino genovese, testé elevato add’ onor degli altari, è ricordato da « Il Giullare del Signore » lin « (Secolo XIX. » del \ settembre 1929 con uno scritto ititi-tolato La cara imagine paterna del Padre santo. * * * Un romanzo amoroso di Giuseppe Verdi ? è il titolo d’ uno scritto di C. Belviglieri in « Lavoro » del i settembre 1929. Vi si indaga intorno ad una (passione amorosa tra il Maestro e Teresina Stolz che si sarebbe s volita nelle olaseiiche teaile del Palazzo allies siano dei (Sauli in Genova, in Carignano. * * * Lo scritto di Fra Ginepro in « Giornale di. Genova » del 5 settembre 1!)29 Padre iSanto e i Marinai è un altro contributo alla scorna dell’azione benefica dii iFir. Francesco da Camporoisso nei più tornili ambienta genovesi. # * # Continuando la sua .rubrica « Vadid e Strade », di « Caffaro » ded 5 settembre 1925 /dedica una pagina, di storila genovese ad tempi dell* Ala- 192 Spigolature e Notizie gihieni sotto il titolo Dante. Lo scritto· è firmato, come i precedenti, Lo scriba. * * * II Giullare del Signore, scrive in « (Nuovo Cittadino » del 5 settembre 1929 «su II Padre Santo maestro e consolatore dei Genovesi. * * * Pietro Rembado àn « Lavoro » del 6 settembre 1929 scrive col titolo Un Ligure in Palestina di Mone. Giuseppe Valerla, nativo di Loano, che fu per (malfarmi Patriarca di Gerusalemme, operoso e benefico. * * * F. M. Zandrino rievoca jin « -Lavoro » idei 7 settembre 1929 una notevole figura di marinaio (ligure : Giovanni Bettolo, il disincagliatore. ■* * * /Nel « Giornale di Genova » del 7 settembre 1929 G· P. col titolo II Borgo, offre ricordi di cose antiche del Borgo Incrociati, caratteristico rione presso Porta Pila a Genova. * * * Il restauro del Palazzetto di Andrea Doria presso S. Matteo ispira ad fun anonimo in il « Corriere Mercantile » del 7-8 settembre 1929 rdiLievi stonici ed artistici attorno ad vetusto monumento ed ailT ambiente ricco di patrie memorie. * * * Il Buonvino, il Pacciugo e la Pacciuga è il titolo d’ uno scritto anonimo in od « Lavoro » dell’ 8 settembre 1929. La festa che si celebra in questo giorno al Santuario di Coronata (presso Comigliano) dà occasione a interessa/n ti spunti storici e folkorisitici. * * * Lazzaro De Simoni illustra La Chiesa di S. Pietro della Foce in « Nuovo Cittadino » ideili’ 8 settembre 1929. * * * Col titolo: IL’epistolario del Padre Santo il <« (Nuovo Cittadino » del 12 settembre 1929 pubblica uno scritto a firma II Giullare del Signore dove si analizza alcuni buoni scritti .o «ritto é nel tcinbre 1929** Ukjstra^n^HpA dÌ Giosuè Boriine nel « Lavoro » dei 20 settarioPm **■*"* P*»«i liguri: Valle PÏÏ- * * * SlrigZG1J'T^o^XoTetLÌf ί^° d’Un artÌC0l° di Fede™° «ni» di 0««*«, dai, ^ 'ffvSZifeSSS,^ ^Æ.X'olaSïteSSS^.lt i1"0™ f PlEtì dl B«m sono tentae 1929. Lo SS I °"®"ηΙ' “* *IUm>ro “ άΛ « »*- ♦ * * Cristoforo Colombo e l’Orientf è il titola ,1·.™« c, »*·*+ j· -«r nel «Corriere Mercantile » del 24-25 Lten^re ^ Mazzo pagine di storia djrί-^^Γτόη ^ìevoca alcune ', 'Casann-a ,,) ™, ,. GionnX^S?^ fato„”S,X^S£S,^“»cloè <*' ·* «— * * * # ICIO’ CHE RESTA DI iLUIGI CaRNIGI.IA è :I tìtolo d’UTIO scritto di Fpdrrirn striglia nel « Lavoro » dei G7 settembre iqì>q Federico menti ri mangano sul Pilota di 'Garibaldi 'a compierne^ di'hK? 1°Cq’ ha scritto nell’ articolo del 20 settembre già segnali ^ to S' 194 Spigolature e Notizie in « La Grande Genova „ Bollettino J?3 Antonio Cappellini iliustra II Santuario di N. (S. dell Acquasanta 4 di Voi tri. Buscar el Levante per el Poniente è il titolo cartografici •ante rassegna dell’ epopea e dell’America Latina .» antichi di Oreste Bignardelh in « Le Vie d Italia e aen λ fascicolo ded settembre 1929. * * * Il « Bollettino «Storico Luccheee », (fajsc.l e 1. , Romischi Quart aJschrift » (Iffi) to rtuto ^ li Sa L'ETÀ E LA PROVENIENZA DEL Y0L™. SaNT°· ^ a*b0™g Q d&Ua legg€nda limigianese giacché l’aipprodo della celebre , V , ül tre A che il a Luni, nel sec. Vili; -e la conclusione a ^ g^nge U ums^. no]i prezioso Crocefieso possa essere stato traspor a- P Cfj_ accenna a relazioni marittime della metropoli i^i^anese, rolingia, di cui non abbiamo nessun altro documento. IMI* .«** Storica Λ\ΐ mina 1’ opera po&tmna di Giovanni Sfor*, . cin-ri« Patria per le Tir* di Lud. Ariosto, stampata nei « Monumenti di Stona Patria per Prov. Modenesi », Tomo 22°. * * .* E Comune dèlia Spezia, ina occasione ^olumkioso Saggio naie di Storia delle Scienze am Firen P ^ contiene la bibliogra- bio-bibliografico sugli scienziati di Lunigiana, volume è fia .di 42 scienziati lunigianesi dal sec. XV ai .giorni nostri, u stato compilato la C. Caselli. ^ ^ Nel terzo volume degl, « Studi Etruschi >, pubblicala ^xenze. n^l c. a. sotto la direzione di Antonio on riferimenti alla que- Formentini Per la storia preromana del pago, con mìenmen et ione dei rapporti fra Liguri ed Etruscni. * * * , ■ 1QOQ r» 99.9 contiene una recensione La « Rivista Storica Italiana 1929 p^ SU, «ara & gli Sta- di Alessandro Lattes, con importanti o della Soc' Ligure di Sto- ■FUTI DI Carrara editi da Adolfo Angeli n^llp^id n. dominio dei ma Patria, vol. LIV, con una nota di F. Poggi, ^irla J. , --- — 7 Campofregoso a Carrara. APPUNTI per una Bibliografia Mazziniana STUDI SU G. MAZZINI PUBBLICATI ALL’ESTERO V. A. (Martini, Gandhi e VIndia. Apostolo o Rivoluzionario, in «Progres-so Italo-Americano », New York, 2 giugno 1929. Il 'Martini ritrova me1 Gamète « amalgamati nella sua anima grande (il corsivo non è nostro) che riscalda imo sconfinato amore per tutta l'umanità che dolora eli spanti immortala dei Veda e degli Upanishada, di Cristo e di Platone, di ’Virgilio, di Bonssean, dii Beethoven, di IMazzini, di B/uskin... » e chi più ne ha più ne metta... Luzio Alessandro, Mazzini * Kossuth. L'aiuto deWAmerica ai rivoluzionari d'Europa, in « Progresso Italo-Americano », New York 16 giiugno 1929. 8i ripubblica. l’articoJo che il Luzio dedicò al vói. del Katsfcner sul Corriere della Sera del 24 maggio, già 'da noi segnalato. Flit, Mazzini, Garibaldi e Trotzky, in « Piccolo », San Paulo 12 luglio 1929. ’ ° Prendendo lo espunto da una discussione avvenuta alla Camera dei Comuni 1*11 luglio sul diritto d'asilo, in occasione del rifiuto di concedere ospitalità in terra inglese, al Trotzky, -1Ά. si scaglia- contro l'affermazione di un deputato socialista, il quale nel suo discorso-protesta ha fatto segnacolo in vessillo, accomunando i nomi di Marx, iGarSbaldi e .Mazzini. «Paragonare Trotzky a Garibaldi e Mazzini, ma pare — annota — che sia dir male del primo e non conoscere il sécondo ». --, Note del giorno, in « Voce del Popolo Italiano », Cleveland Ohio 22 agosto 1929. Breve nota politica di ^carattere polemico: « Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e gli eroi dell Risorgimento lottarono per fare l’Italia libera dal giogo straniero ed unificatila. Lo iscopo è stato felicemente raggiunto. Ora si lavora a fare gli Italiani ed a mettere l’Italia, «sia pure con severa disciplina, al livello delle altre più potenti nazioni. Ohe cosa si vuole di più e idi meglio?». Mussolini Arnaldo, Luci alVorizzonte, in « Opinione », Philadelphia 23 agosto 1929. Prendendo occasione dalla recente proposta fatta da un noto uomo politico francese di fondare gli (Stati Uniti d’Europa, trivendica all’ « anima nobilmente romantica di Giuseppe Mazzini » questo « sogno » accarezzato dal Grande Esule con visione ben « più ampia » e « con principii di carattere universale ». 196 > Bibliografia Mazziniana V. Bruno, Un amore di Leone Gambetta, in « Opinione », Philadelphia, 2 settembre 1929. Rievocando giLi amori dii Gambetta con Léonie Léan, 11 B. tenta, con poca esattezza storica, ìin raffronto fra tali amori e quelli© del Grande Ligure per la Stidoli. --, Mazzini ·e gli S. U. di Europa. Una rivendicazione del pensiero mazziniano affermata da Milano, in « Progresso Italo-Americano », iNew York, 11 settembre 1929. E’ pubblicato il «voto emesso alla Comunità Mazziniana di Milano, in oui, dopo aver rivendicato all’Apostolo deH’TJnità, la priorità della proposta per la Confederazione deglà Stati d'Europa-, lanciata da un noto nomo politico francese, cui θ’ è già accennato, si fa verta perchè esso senz’ altro venga tradotta in atto. --.y Un ordine del giorno del Gruppo mazziniano, in « Italia », Chicago, 12 settembre 1929. E' pubblicato dii voto emesso dalia Comunità Mazziniana di Milano, cui già. e è accennato. ---, Gli Stati Uniti d'Europa, in « Araldo del Canada », Montreal, 14 settembre 1929. E’ illustrata brevemente la proposta «lanciata già oltre (mezzo secolo fa da vari eminenti uomini nostri e stranieri, con a capo Giuseppe Mazzini di concretare un accordo finanziario-economico sotto forma di Confederazione Pan-Europea*». ---9 Il gruppo mazziniano e la Confederazione, in « Voce del Popolo Italiano », Cleveland Ohio, 14 settembre 1929. E’ data notizia del voto emesso dalla Comunità ta azziniami di Milano cui già e’ ò accennato. --:f Za Lega: 10 anni, in «Progresso Italo-Americano », New York, 25 settembre 1929. V* è pubblicata la prefazione, dovuta al marchese Paoluccd He' CaTboli Barone, al HI. votane deET Annuario della Società delle Nazioni. A Mazzini, fra gli altri, è rivendicata la istituzione di tale organizzazione. Scrive, fra l’altro il Paolucci : « Quando si scriverà la storia di questi dieci anni si potrà constatare che Io sviluppo di questa istituzione è stato sol© poaaMe (per il connrnibao di lum grande ideale con un senso pratico della realtà. - Una simile organiszazione non potrebbe properare se non foeee sostenuta da una viva fede e da un profondo sentimento dd ginetizia. La Società delle Nazioni s'è ispirata atta pace mondiate, per creare legami di amicizia fra i popoli. Questo ideale è stato in ogni teamp© il sogno di nobili pensatori, da Dante a Mazzini, a Wilson. Ma rimarrebbe l’utopia di pochi, se non foese illuminato da una’ visione imparziale delle esigenze della vita e realizzato con uno spirito di collaborazione diretto a conciliare i vari interessi. E’ precisamente questo senso defila realtà che potrà laesicurare l’avvenire deila Società delle Nazioni. Essa non è un organismo cristallizzato, ma subisce evoluzioni progressive, per meglio rispondere ai bisogni dei popoli e facilitarne le relazioni, in un modo reso sempre più ristretto dalla rapidità delle comunicazioni «. Bibliografia Mazziniana OPERE E STUDI SU G. MAZZINI PUBBLICATI IN ITALIA Mazzini Giuseppe, Scritti editi ed inediti, voi iLII, Imola, Galeati 1929 nU°VO accuraU> voiume dell'EdiaiOTie Nariomaie è pubblicato il asteggio Mazzoni dalii’a^priile od lucido 1854. 6 " COntri'buto che in —«> “ sporta all* «atte oonoecenza T '° promosso, con iafeMce eeito, da Pedice Or s ni neflla, ImmflgTjaiLa il 13 maggio di quell'amno. B0LLAr^.™’ C°me si ™™ono certi testi di Storia, in ,< L'Idealismo realistico », (Roana, 1 gaoigno 1929. KerÌ9ri:eqUÌeÌtOTÌa 001111X0 * S’toria temporanea oompUata da Ajdo Vaiori ΕΡ,ΐίΛ1'^ «““*”*«* » e fra costoro, in prima linea, deve esser collocato il Mazzini, h prosegue· «Per alcuni, per molti noi dovremmo gettare via per sempre, senza pensare: mai più il mirabile libro ideale che dai moti del '21 alla prima monarchia itailica con reggia in Roma, reca una data in ogni pagina, un eroismo e un'amta, una nascala e una agonia, una morte e una resurrezione, quel libro immenso fatto con tutti i dolori della Patria e che ha sul frontispizio il nome immortale: Mazzini. Dovremo gettarlo ria? Bibliografia Mazziniana II buon senso ital'iano sorride nella arguzia del Manzoni e suggerisce: - Bisogna. prima, pensarci su ». Bosco Emilio. Progetto di monetazione della «Repubblica Italiana» di Giuseppe Mazzini, din « Bollettino di numismatica » Napoli, maggio 1929. Interessante e curiosa rievocazione di un progetto di monetazione della Repubblica IrtaJliana, ideato dal Mazzi cui nel 1849. Scurto Ignazio, Una \Lettera inedita del grande Esule genovese, in * Idea assoluta ». — —, Mazzini e Kossuth, in « Il Lavoro Fascista », Roma, 1 agosto 1929. ■Breve recensione del vod. più volte efit. del Kastner. Zingarelli Italo, Il sogno di Pan-Europa, /in « Stampa », Torino, 1 agosto 1929. Lo Z. illustra la figura, del filosofo austriaco Riccardo Nicola Condenhove KaJergi, il quale partendo dalla ben nota teoria mazziniana propaga da anni l'idea della Confederazione ddgli Stati Uniti d’Europa, propugnata ora dal Bri and . L’ex Alpino, La casa di Mazzini e Vambiente giansenista, di Genova, in « Liguria del Popolo », Genova, 3 agosto 1929. E’ la prima delle sei puntate in cui in una violenta diatriba vietn trattato de « Il padre e .la madre Irli Mazzini », ed ove son sparse dalIT anonimo scrittore non poche graziose amenità, dalle iquaili verremo cogliendo fior da fiore. E per iniziare ripubblichiamo la prima notizia eh' egli dà della madre dell' Apostolo : « Essa nacque il 31 gennaio 1784 e morì il 9 agosto 1852 : e viene glorificata come donna eroica, incomparabile, sublime; ma alla luce della religione, che saggia e misura He vere grandezze, essa appare molto meschina e bisognosa di pietà e di pendono.... ». Il padre fon oantrapposto è un rdmnegatore dei principi che lo ebbero seguace nella gioventù. E questo perchè? — afferma il bene imiformato ex-Alpino — Perchè « le iniziative rivoluzionarie del figlio cominciavano con le sommosse, e fi n'ivano con gli assassinai, le carceri ed i patiboli, i/l padre gli parla di se stesso... Bibliografia Mazziniana 201 e per in-sinu aggiri nell' anima quella benignità e tolleranza, senza delia quale •la società diventa un covo di fiere, e per torgOi queJla implacabile ferocia, che sebbene contrastasse coJ g»uo carattere «ensirbiile, pure ei manifestava fredda e tsaniguana/ria, apecde nei snoi procLa»mi e ariani d’ msnrrezioino.... « gli prospetta 1 ideale -di vita che eglÜ da 'buon osservante tettonico perseguiva. F. E. Morando, Il marchese Ernesto Pareto, in « Secolo XIX », Genova, 4 aigosto 1929. E' TàpTibibüiicajta una pagina del volume più volte cit. del Morando, Mazziniani * Garibaldini nell’ ultimo periodo del Risorgimento. Il P. come è noto, era un fervente 'seguace deQ Maestro. » Perchè Giuseppe Mazzini non ebbe una famiglia Ke non sposò la Sidoli, vedova del patriota di Montecchio Reggiano ?, in « Avvenire di Tripoli », Tripoli, 4 agosto 1929. Cose dette, ridette, senza alcun nuovo cointrdibiito non di critica nè di documenti. F. Ernesto Morando, Sintesi mazziniana, im « Lavoro », Genova 4 agosto 1929. Il M., paiibblAca un brano (Ma’ opera da Ina edita idadla Oaaa. Editrice Nazionale dii Genova: « Mazziniani e Garibaldini nell" ultimo (periodo del Risorgimento». F. Ernesto Morando, Fiamme della vampa mazziniana, in «Messaggero», (Roma, 7 agosto 1929. Viene ripubblicato un brano della muova opera del Morando eu Mazziniani e Garibaldini ecc., cit. L’ex Alpino, La casa di Mazzini e Vambiente giansenista di Genova, in « Liguria del Popolo », Genova, 10 -agosto 1929. E Ila seconda puntata dettila diatriba dell’ ex Alpino, in cui vien trattato de « 111 sistema róvolnaionardo di Mazzini». Esposizione ad usum delphini del sistema filoeofico mazziniano e considerazioni del tenore seguente: «E perciò le perfidie più atroci ed i più spaventevoli déldtti diventano fatti incolpevoli, anzi virtuosi ed eroici -quando abbiano per movente J'amor di (patria...», La con-cdaisione di quest' esame è inoltre talle da esser divullgata : « Questo è da sistema reliiigioso e politico tìel Mazzani ; e perchè suo padre abominava, come inesplicabile delitto, tali, errori, e cercava dìi consservare il figlio fedele a Gesù Cristo e di a Montanari o dalle isette e dalle congiure anticristiane, non gli è risparmiata nessuna contumelia, nessun vituperio». Abruzzese A., 1 fratelli Bandiera e Giuseppe Mazzini, in « Gazzetta di Venezia », Venezia, 10 agosto 1929. Esaltazione ded martini del Eorvito e dell’influenza che di Mazzini ebbe eull’atteg-ig-iaanento sufblime da conscio sacrificio dei due eroi. F. G. Massuccone, Le lettere di Antonietta Mazzini, in « Giornale di Genova », Genova, 14 agosto 1929. Il M., nipote di Anitomietta, sorella dei (Mazzini, ribatte l’asserzione fatta da Umberto Idi Leva dn un articolo comparso su il « Giornale di Genova » 1’ 11 agosto, ohe le lettere inviate dalla Antonietta al grande frateULo siane state scritte dal padre Persogilio. E questo perchè — afferma il M. — essa oltre ad essere, come appare al Di Leva, « buona, affettuosa, nobile sorella di Pippo» era 202 Bibliografia Mazziniana anche, per « personale scienza » dello scrittore, di « naturaJe intelkgenza, pronità e vivace, sviluppata attraverso fouoni Btudi compiuti nella ciasa. patema sotto la guida di un amico idi famiglia che ila addestrò aielle liingue italiana, francese, nella letteratura ecc. ecc. >». tf ,’ex Alpino, La casa di Mazzini e Vambiente giansenista di Genova, in a Liguria del Popolo », Genova, 17 agosto 1929. E’ la terza puntata della 'diatriba Idell’ ex alpino, in oui vien preso in esame « HI carattere di Maria Mazzcini ». Cogliamo anche qtui, scegliendo, fior da fiore: « I*a madre di Mazzini è l’opposto del padre : è rum (insieme di smisurato orgoglio, rii vana e goffa saccenteria e di durezza e di râibelQioiie. Oon :1a smai moi> (bosa sensibilità di madre poco savia approva ed encomia tutto ciò che opera il figlio, e abomina le 'disprezza come « bruti e vilir >* tutti quanti non gili sono devoti ». «.... Ah ! povera donna cieca ed insensata, che, nel figlio, idolatra se stessa, e che, priva di senno, va dove ila passione la .porta, senza voiler nulla vedere e n/ulOa sentire. Quando in una famiglia ci isono di talii madri, addio pace, adkiio virtù domestica ! HL diavolo se la porta ; e vi si com piono delle vere tragedie», chte son segrete, ma non meno spaventose ». ---, Il Risorgimento non fci tocca, im « Giornale di Genova », Genova, 20 agosto 1929. !Nota polemica con 1’ Osservatore Romano e con quei giornali che ei indugiano a « scrivere di τι omini e di avvenimenti del Risorgimento con tono di disprezzo e con spirito di denigrazione ». Il giornale facendo sua la nota pubblicata dal Settimelli (nell’ impero conclude in tal modo : « Giuseppe Mazzini genio e A-Tìirm^. di sublime grandezza è una purissima glloria d’Italia ed il toccarlo può essere pericoloso. « La Repubblica romana, poi, è una fra le stupefacenti espressioni del coraggio, della lealtà e dell’idealismo umano e gli italiani >di queeta gloria che nessun popolo può vamtare, sono gelosissimi. » Bertone Davide, Elia Renza letterato, in « Eco della Riviera», Sanremo, 21 agosto 1929. lia figura e l'opera del Benza, uno de’ primi segiuaci più Unteliigenti del giovine Mazzini, è rievocata dai! Bertone in pochi sobri e ben informati cenni. L’ex Alpino, La casa di Mazzini e Vambiente giansenistico, in « Liguria del Popolo », Genova, 24 agosto 1929. E' Oa quarta puntata della diatriba dell’ex alpino in cali vien trattato di « Maria Mazziini e i preti giansenisti genovesi » — Accenni all’ opera evolta dai noti giansenisti Luca Agostino Descalzi e PeUlegro Boggiamo dai quali vengono tratte le seguenti conclusioni : « Come si vede, i giansenisti non avevamo punto dismesso dal fare proseliti, e cercavano 'di trarre a sè il giovine dlero : e in}· sinuavamo nelle famiglie come istitutori, e trovavamo ardente sequela epecne fra le donne; petrchè fu sempre arte volpina dei giansenisti adulare le loro vanità e infervorarle nelle discussioni teologiche; quindi ispiravamo, in quamiti potevamo quel senso di malignata, d’ avversione e d'odio ohe si vide cosi diffuso in Genova contro ili Frassinetti, lo Stufila e di Oattaneo; e di sorda ribellione oontro la Chiesa, e spargevano cautamente i loro errori ». --f Documentazione, in « Giornale di Genova », Genova, 27 agosto 1929. Aepra nota polemica contro i redattori della « Lignina del Popolo ». 6i raccolgono anche qui non poche affermazioni tamene sparse come gemme nel giornale 203 genovese neri&simo, e si ribattono in tail anodo : « Sa parla di figure e di ombre pam'icide che non riisparmiarotno a Pio IX gl’insulti più feroci, le calunnie, le congiure, i tradimenti, le armi, ile rivolte, le spoliazioni eaorilleghe ». Ohi isono i parricidi, o turpi alligatori del vituperio e della menzogna? Il martirologio della prima unità italica annovera nomi purissimi e anime adamantine insuperabili di eroi. Ohi tsono i parricìdi ohe non rispanmiarono ile armi e le spoliazioni eaorileghe? Ombre .di Garibaldi, di Vittorio Emanuele II e di Mazzini non fremete d’indi-ginazione nei vostri avelli ! Ancora nel «numero dell’11 felbbraio suddetto, a proposito del Convegno del Centro Nazionale Cattolico, s’ironizza sul programma di eeso con un redetrato « couplet » che intenzionalmente è oltraggioso a S. M. il He e al Duce, anche ee d loro nomi sano uniti a quelli del Papa e dell' Italia. E in cauda venenum. Nel inumerò del 16 marzo 1929 in una polemica con un giornale fiorentino, si afferma che «nelle file fasciste Vi sono dei traditori anche altolocati ». Ah, basta oramai ! Lo eturziemo più inverecondo e più perfido è la ragione dd vita de La Liguria del Popolo. I borborigmi deiliLe più oscene ventraie itur-ziane e le smorfie laide e grottesche delle più fognose bocche di chiercutd sono i ponzamenti 'settimanali dedl’ignobiile foglio ohe, (preso con le mani nel sacco, non ha più diritto d’interloquire. » L’ex Alpino, La casa di Mazzini e l'ambiente giansenista di Genova, in « Liguria del Popolo », Genova, 31 'agosto 1929. E’ la quinta (puntata della diatriba del’ ex alipino, in cui vengono esaminata «< Le lodi e ile condanne della Mazzini e Ugo Bassi a Genova ». A proposito della stima che dii Mazzini godeva paresso i sacerdoti liberali genovesi : « E lo eajppiamo pur troppo che vi erano in Genova e preti e fratd ascritti, per kxro sciagura, alla Giovane Italia. Neflia esaltazione dii quei giorni ben pochi avevano la esatta cognizione deille cose, e non sapevano quali fossero le mire supreme, a cui tendeva il Mazzini ; e isolo incantati dall’ idea splendida e bella della Dilbertà, ed accesi dall’ amor di ipatria, che pure inculcò Gesù Cristo, e che la Chiesa insegna e salva dalie aberrazioni dell’ orgoglio e dell’amor patrio (pagano, si lasciarono faciiknente trarre (fuori dellla via dell’onore e della virtù sacerdotale......». Fra costoro l’autore pone Ugo Bassi ma soprattutto ili Gavazzi e Fra Pantaleo. Volpicelli Luigi, Eugenio Kastner, Mazzini e Kossutli, in « Italia iLet-teraria », Roma, 1. ætteanbre 1929. Breve recensione del tvod. del Kastner ipdù volite cit. G.,L'Ungheria di ieri e di oggix in « Gazzetta del Popolo », Torino, 2 settembre 1929. Ampia, notizia dell’opera del Katsner cit.., di quella di Guido Zadei sui barone Alessandro Monti e la sua azione in Ungheria nel 1849 (Brescia^ 1929), © di quella di Gino Oucchetti (Nel cuore dei Magiari, Milano, 1929) nei quali accenni all’ opera del Mazzini isono assai numerosi. Abruzzese A., La costituzione del circolo mazziniano a Venezia nel 184S, in « Gazzetta di Venezia », Venezia, 3 settembre 1929. Non all 1842 risale la prima società repubblicana ohe ed staibilì a Venezia, detta, quale sarebbero usciti « apostoli convinti e martiri punissomi i fratelli Bandiera », ma al 10 aprile 1848. L’ A. pubblica 1’ atto di costituzione della società «d il nome dei fondatori di essa. Bibliografia Mazziniana Aas, Mazziniani e Garibaldini nell'ultimo periodo del Risorgimento, in « Lavoro », Genova, 3 settembre 1929. Ampia e garbata recezione del voi. del Morando già citato. Cattaneo Enrico, Lo Stato Sindacale Fascista e la Carta del Lavoro, in « Provincia di Como », Como, 5 settembre 1929. Il C. recensisce un recente volume di Edoardo Cecconi sull* argomento indicato nel titolo dell1 articolo. -Giuseppe Mazziini - afferma il C. — fu id prèmo a etu iai>e di ^problema del lavoro e ad insorgere contro il socialismo, specialmente straniero, creando Γ ordinamento speciale ded Lavoratore Italiani ». Zadei Guido, Mazzini, Kossuth \e il colonnello Alessandro Monti, in a Popolo di Brescia », Brescia, 8 settembre 1929. Lo Z. autore della memoima sul Monti, recensendo do etudtio del Kastner più volte oit. mette in rilievo gli accenni che in esso si trovano riguardanti il patriota , Nella. Comunità mazziniana, in « Corriere Mercantile », Genova 9 settembre 1929. Si da notizia deir ordine del giorno votato 1’8 di settembre dalla C. M., dn cui si ri\eradica al Mazzoni «Ja nobiltà del disegno» clie sd sta propugnando per la creazione deg^i Stati Unità d’Europa. , E ape?ta la caccia, in « Lunedì delVUnione », Cagliari. 9 settembre 1929. Nota intorno alle (polemiche sui precursori : ,< E' aperta la caccia : non quella alOe pernici, o aJfle lepri, o aille quagtfde, et» danno modo agii appassionati di sudare, giornate intere, dietro una selraggrina, che è molto (più comodo comperare al mercato : è aperta ila caccda· al precursore. Tutti i giomaJlusta venata dii Jetteratume, e tutti gli sfaccendati si teono dedicati a questo nobilissimo spart. E, ogni tanto, appare un articolo, o, magari, un'articolessa, in cui si dimostra come e qualmente Mazzini o Pascoli, Parini o Λ inceii-zo «Monti, Dante Alighieri o Leone XIII furono precursori del Fascismo, giù citazioni di frasi e di aneddoti a suffragare (l'asserto; dove non è poesibide arrivare altrimenti, si giunge a furia di buona volontà. Se non ^ fosse ridicola, questa precursorimania sarelbibe sconcia. Come è possibile attribuire a uomini vissuti negli anni degli anni punti dd vieta, modi di essere, eccetera, che presuppongono rivoluzioni del (pensiero ed esperienze di vita-, che do\ ettero, assodutamente mancar a chi agì e pensò, a dir poco, quindici anni fa ? Certo, se due righe bastano a rovinare un galantuomo, poche parole passate traverso il vaglio del sofisma setno sufficienti a rilevane un qualsiasi punto di contato: anche tra id Fasciamo e i /personaggi della Bibibia. Ma questo non è serio nè dignitoso. E’ ^giullaresco ». MMazzini e Kossuth, in « Italia », Milano, 11 settembre 1929. Ampia recensione (del volume del Kastner più volte citato. Guardione Francesco, Mazzini a Gaela, in « Ora », Palermo, 12 settembre 1929. Interessante rievocazione dei ben noto ultimo tentativo rivoluzionario del Mazzini Bibliografia Mazziniana 205 M., Mazzini e Kossuth, (m « Corriere d'Italia », Œfcoma, 14 settembre 1929. E’ ripubblica/ta -la recensione già, comparsa su 1'« Italia» di Udìlano dell'll set·, tembre. L ex Alpino, La casa di Mazzini e Vambiente giaiisenista di Genova, ion « Liguria del Popolo », Genova, 14 settembre 1929. E ^ SeSta θ a’ 'ujM'ÌTn'a Puntata (dell’ ormai stucchevole diatriba, che «bratta di « M. Mazzini e del Priore Fremetti - , ima che è interessante soprattutto per le storiche conclusioni con cui vien chiusa : « Sii comprende quindi ohe, data V indole della Maria Mazzini, e®a fosse dal buon popolo genovese detestata.... E r,a pairte ü ®««nie .dei figrlio era -per essi un incubo spaventoso, e significava quasi un pericolo imminente, ed una sovrastante minaccia di -sommosse, strabi e di rovine »......! ! ! A. Babb., E i lavori per la casa di Mazzini ?, in « Lavoro », Genova, 17 settembre 1929. Si chiede ohe vengano sollecitate le pratiche burocratic&e riguardanti la nuova sistemazione della Casa di Mazzini deliberate dai Governo flai dai 1927. Galimberti Alice, Riflessi occidui del Risorgimento, in « Messaggero », Roma, 20 s-ettembre 1929. Recensione del recente volume del Morando più volte citato sui Mazziniani e Garibaldini nell' ultimo periodo del Risorgimento. --, Commemorazione di Armando Casalini, in « Resto del Carlino », Bologma, 23 settembre 1929. Resoconto delila commemorazione di Annando OasaiMni tenuta dal Ministro Bottai a ForJì >il 22 settembre 1929, chiusasi con la seguente perorandone : a Noi farcisti non abbiamo ancora sufficientemente fermata la nostra attenzione sui trasporti che intercorrono fra S pensiero mazziniano ed ili pensiero fascista. Forse, g?li scritti tdi Armando C-asafàni possono ricondurci ad una visione' critica del pensiero di Mazzini, onde spogliarlo di tutto quanto M ara-ini dovette concedere al suo tempo, per ritrovare tciò che in Lai vi fu di essenziale. Ebbene, d'idea di cooperatane fra le alassi, questa idea di Giuseppe Marini, è viva nei nostro movimento, costituisce il filone principale della nostra dottrina e dei nostro pensiero. Ubi asseriamo ohe se qualche cosa di νάνο vi è neà pensiero ey neàla dottrinar <ϋ Giuseppe Mazzini, questo «à appartiene;, perché abbiamo saputo proseguirne l'esempio ». LUIGI STAFFETTI Si è spento il 29 agosto u. s. in Genova ,iil conte prof. Luigi Staffetta, preside del ÎR. Liceo Andrea Doria. (Scompare con ‘lui una bella figura di educatore e di cultore degli studi storici Ebbe intelligenza vivacissima, ferrea memoria, eloquio elegante e queste doti affinate dagli studi e dalla cura assidua di migliorarsi fecero di lui un ottimo docente. Insegnò storia nel OR. Liceo di Massa e venne poi al Liceo Doria in Genova ove fu professore fregli anni daJ 1902 ai 1911. Molti ricordano ancora le sue lezioni al Liceo ed ailla Università ove era libero docente, le sue conferenze di arte e di Btoria ricche di contenuto, forbite nella forma, suadenti per squisitezza di lingua e per sapienti toni di voce. La nobile ambizione di salire più in alto lo indusse a lasciare un campo ove poteva ancora mietere molte dolci soddisfazioni per iniziare la carriera dei supremi moderatori degli studi nelle provincie italiane. Seppe tenere degnamente 1’ alto ufficio per molti anni nelle provine ie di Campobasso, di Siena, di Bari, di Torino; per la riforma scolastica dell’ anno 1923 ritornò a Genova come iPreside in quel Liceo ove aveva trascorso parte della sua fiorente virilità. Accanto all’ opera dell’ educatore è (da ricordare I* opera dello studioso. Durante gli Studi Superiori a Firenze je negli anni di insegnamento a Massa, sua patria, egli indirizzò la sua attività alle ricerche negli archivi fiorentini e ìmassesi intorno agli inizi del ducato mediceo e alla età più florida della famiglia Cybo nella signoria di glassa. Frutto di tali fatiche furono le sue pubblicazioni eu « La Congiura del Fiesco e la Corte di Toscana » (in Atti della Soc. iLig. di St. Pat., vol. XXIII); « Giulio Cybo -Malaspina, marchese di Massa » (Modena 1892, pp. 328); « Il Cardinale Innocenzo Cybo » (Firenze, Le Monnier, 1894, pp. 255) che gli valsero le lodi del suo maestro P. Villari e (Γ ammirazione degli studiosa. Negli anni dell’ insegnamento al Liceo di Massa, spronato e guidato dall* illustre conte Giovanni Sforza, eruditissimo direttore deld’ archivio massese, raccolse grandissimo numero di documenti intorno ai Cybo e specialmente all’ epoca nella quale uscì da quella famiglia il papa Innocenzo Vili che aiutò i suoi famigliari facendo loro concludere importanti iparentadi con le più illustri casate del tempo. iLo Staffetti divenne in breve uno « specialista » per i fatti storici di quell’ epoca e pubblicò numerosi studi tra i quali sono da ricordare in special modo : « Cosimo I de1 Medici e la tregua di Nizza » (in Giornale Ligustico, anno XXI, 1896) e il « Libro di ricordi ideila famiglia Cybo » (in Atti della Soc. Lig. di St. Pat., vol. XXXVIII) che è forse la sua opera maggiore, ricca di ampie note erudite che danno prova della sua ampia preparazione culturale. - ■ Ma oltre che in questo ambito storico egli segnò pure una profonda oiTna in campo meno -esplorato e cioè in quelle ricerche della Storia dei costume «che -ebbero negli ultimi unni del secolo XIX e nei primi del presente esigua ma valorosa schiera di studiosa. I suoi due opuscoli su « Due case di campagna nel sec. XIV i(in Atti e Memorie d. R. Deput. di St. Pat. per le prov. Modenesi serie V vol. I) e su Γ « Inventario di beni e robe dell7 opera di San Martino in Pietrasanta del 1420 (in Gior. Stor. e ilett. della Liguria, anno VI, 1905) sono così ànirabiii per solidità dìi coltura, sagace senso di critica ed abilità di descrizione che possono essere additati come esempio a >chi voglia dedicarsi a questi studi così dilettevoli per chi vi si addentri, così ingannevoli per chi creda di percorrerli senza una lunga e severa preparazione. iFra le più notevoli opere sue, quella la cui teneva di più, perchè ad essa aveva (dato tanto amore e fervore e tutta la maturità dell1 ingegno temprato da lunghi studi, è la « Storia dell Europa dalla pace di Cateau Cambresis a quella di Westfalia », edita nella Storia Universale illustrata, cominciata e non si sa perchè interrotta dalla Casa Editrice Vallardi. I metodi editoriali quasi clandestini di questa Casa Editrice •fecero sì che Γ opera irionaee quasi ignorata e di questo di compianto studioso si doleva. In questi ultimi tempi egli dette ancora qualche saggio della 6ua erudizione pubblicando in questo Giornale (anno 1926) uno studio su « Donne e Castelli di Lunigiana » che tratta in particolare della interessantissima figura della moglie di Gian Luigi Fieschi, e pubblicando nel volume « Savona nella Storia e nell Arte » edito in onore di S. E. Paolo Boeelli, un contributo alla biografìa di Gian Battista Cybo, vescovo di Savona, indi papa col titolo di Innocenzo Vili, ma ben più ricca avrebbe potuto essere la sua produzione scientifica se nella seconda metà della sua vita avesse avuto agio di dedicarsi ai suoi Btudi diletti e non fosse stato distratto dalle assidue assorbenti cure della scuola. Tuttavia, se è giusto il rincrescimento di non avere avuto da Uomo fornito di pregevoli doti quanto si poteva aspettare per la cultura italiana, non è men giusto riconoscere che (quelle doti furono usate per la educazione e la istruzione nazionale e potrà forse apparire più benefica e di più immediata utilità per -la nostra Patria Γ opera svolta dal conte T .ni ori Staffetti in favore delle generazioni incessantemente rinnovantisi nella nostra stirpe che quella, pur ammirevole per altro lato, svolta per risvegliare e rinverdire antiche glorie dalle antiche nobili carte. E per Γ una e per Γ altra opera Egli lascia ampia eredità di affetti e di stima e Γ esempio di una vita integra e proba nobilmente spesa per la famiglia, gii studi, la scuola. - LUIGI BOCCONI Il 1° settembre c. a. dopo breve malattia, Bipiinava a Pontone moli dii N. U. Or.'Uff. Avv. {LUIGI BOCCONI, Ministro Pilempotenaario di S. M. Appassionato Ibiblioiiìk), iaitóligiente iraccogiitore dii patrie miemo»rde e documenti, fu patrono inifaticaMLe degfl'i studi storie* ragionali, apprezzato consagMere e «collaboratore bibliografi 00 della mostra «e dd adire riviste. Intenditore d’ Arte, (studiò con partie odiare cura d monumenti della sua i/erra, collaborando con preeiise, .Lucide monografie aita bella raccolta dei Castelli di Lunigiana, pubblicata, per iniziativa Sua e d’ altri perditori della ^regione, dalla Stamperia Gavanrca in Pontremoili. Alda memoria deilil’ editto Gentiluomo 51 oommooso omaggio deMa nostra Redazione. .......................Λ..................................ritieni.......ituHi.........ti..li.- ili·//^ ■ '· ί!η!ί«ίί^ B FORN1TUUE COMPLETE per AMMINISTRAZIONI CASE Di COMMERCIO - BANCHE - ISTITUTI i TiïBïMMlENTO ΊΓ 1[ ]P O G II ti aFICO G. JB. MÆttMNO SOiOJIJE'JrÀ ΆΓ^τΟJLMÆ EOJÌXJRMKCIE ■ V o e o va Lavori di Lusso Cataloghi · cüsahegis. 24 â Tricromie telefono 55*104 Edizioni Riviste Illustrate Rilievografia Tranciatura Cartelli Réclame Calendari Tutti i Moduli di Prescrizione per la R. Dogana e Ferrovie dello Stato IL PIÙ MODERNO MACCHINARIO MACCHINE A COMPORRE ” LINOTYPE” □ ......- ; . . ■„·■-: Direttore responsabile : Ubaldo Formbntini G lORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA Raffaele di Tucci, Le imposte del commercio genovese durante la gestione del Banco di S. Giorgio - Ubaldo Formentini, documenti riguardanti la storia della Lunigiana avanti il Mille - Renato Piattoli, La novella del Convegno di Savona del 1407 dalla lettera di un mercante - Davide Bertone, Contributi mazziniani - M. Vicino Paganoni, Statuta Saone del 1404-1405 — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Meuccio Ruini, Luigi Corvetto genovese ministro e restauratore delle finanze di Francia (Vito Vitale) - Annali di Caffaro e dei suoi continuatori vol. VI e VII (Vito Vitale) - Scovazzi Italo - Noberasco Filippo, La rivoluzione democratica e V impero napoleonico a Savona secondo una cronaca contemporanea (Vito Vitale) Carlo Mioli La consulta dei genovesi con introduzione di G. Pessagno, (Vito Vitale) — SPIGOLATURE E NOTIZIE -Appunti per una bibliografia mazziniana. fondato da ACHILLE NERI e UBALDO MAZZINI * * Pubblicazione trimestrale NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini ANNO V. 1929 Fascicolo IV Ottobre - Dicembre SO/AMARIO GENOVA Stab. Tip. G. B. MARSANO SOCIETÀ anonima editrice IQ2Q Giornale storico e letterario della Liguria COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale, La pubblicazione esce sotto gli auspici del Municipio e della R. Università di Genova, e del Municipio della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Il Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali. Ogni fascicolo contiene scritti originali, recensioni, spigolature, notizie ed appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per l’Italia Lire 30; per l’Estero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. — Doppio Lire 15 LE IMPOSTE SUL COMMERCIO GENOVESE DURANTE LA GESTIONE DEL BANCO DI S. GIORGIO Citazioni più frequenti: Belgrano, Registrum Curiae Archiepiscopalis Januensis, Atti Soc. Lig. II, 2; Liber Jurium Reipuhlicae Genuensis, H. P. M. voi. VII e ΓΧ; Documenti del R. Archivio di Stato in Genova (A. S. G.). Ailcune altre opere, necessario presupposto del nostro lavoro: Sieveking, Studio sulle finanze genovesi nel medio evo, trad. Suardi, Atti Soc. Lig. XXXV; Manfroni, Marengo e Pessagno, Il Banco di S. Giorgio, Genova, 19; Pessacno, Introduzione a La Consulta dei Mercanti Genovesi per Carlo Mioili, Genova, 1928; Lie storie del commercio delJo Schau'be, del Heyd, del Luzzatto e del Segrè; gli annali genovesi (ed. Imperiale di Sant’Angelo e l’edizione tradotta, con richiami istorici e note dal prof. Giovanni Mondeone), la etoria del Canale, che è ancora utilissima per la conoscenza dell’economia genovese dal medio evo. T. Sulla fine del secolo decimoquinto il sistema delle imposte, delle tasse e dei dazi genovesi, individuato comprensivamente in gabelle e dritti, per quanto attenevano al commercio in generale, si poteva considerare definitivo, perchè si era fermato sulla linea estrema di sviluppo ; racciata dalle circostanze economiche precedenti, a cominciare dai primi anni dalla costituzione del comune. Con una progressione graduale, Genova aveva assorbito e amministrato le gabelle che percepivano già i signori e le altre unità demografiche del territorio che costituirà il suo dominio, da Capo Corvo a Monaco e le tre Podesterie, e aveva sperimentato, per la riscossione dei diritti e delle gabelle, la gestione diretta e l’appalto; e così, per avvenimenti finanziarii eccezionali, specialmente per riordinare il debito pubblico, aveva dato come garanzia, od anche in pegno, una parte del prodotto delle imposizioni (1). Sul chiudersi del cinquecento il periodo daziario è assestato nel senso che l’ossatura fondamentale del sistema non acquistò nuove voci da colpire con tasse, la pressione, di queste non subì oscillazioni nè aumenti, i concetti -amministrativi e percettivi rimasero immutati. Qui esamineremo, singolarmente, secondo la formazione economica e storica di esse, le diverse gabelle che colpivano il commercio, e metteremo in rilievo il carattere che le distingueva, come esposizione preliminare della trasformazione che si operò in questo carattere, quando, nel 1539, il Banco di S. Giorgio assunse la gestione delle dogane e fino alla creazione del Porto Franco. (1) Cfr. Sieveking cit., parte I. 210 Raffaele Di Tucci Divideremo, per semplificare, le gabelle, le tasse e i diritti in tre gruppi, di cui il primo comprenderà le importazioni e le esportazioni, sia per via marittima che terrestre, il secondo il commercio interno e i consumi, il terzo le attività di speculazione che si riferivano al commercio. II. Sezione I. — Introiti dall’ esportazione e l’ importazione. gl. — a) Carati dal mare (karati maris). Era una tassa generale sulla navigazione che, poi, si specializzò in una tassa sulle merci. La percezione di essa era un diritto dominicale di competenza dei marchesi, e, a cominciare dal secolo decimoprimo, dei visconti che li rappresentavano, nella città (1). I visconti, da quel periodo, divennero arbitri non solo della tassa di navigazione, chiamata decima maris, ma della navigazione stessa : in una parola diventarono armatori e proprietari di navi, in senso monopolistico. Il placito tra il vescovo Sigfrido e Bonifacio de Volta e soci, assegnato dal Cicala al 1129, dice che i visconti pretendevano la decima delle navi ad ogni viaggio di esse, mentre il vescovo, protettore degli interessi popolani, sosteneva che la tassa dovesse essere annuale (2). Nel placito la proprietà delle navi soggette alla decima apparisce essere dei visconti: decimam navium suarum, decimam navium illorum, dice il testo. Questi gruppi di famiglie signo-riali, miste insieme dai vincoli del sangue e poi da un interesse sociale ed economico comune, cominciano fin da allora ad usare del capitale mobiliare, che veniva ad essi dalla percezione delle gabelle, per costituire il primo elemento della loro ricchezza futura; essi cioè si trasformano in armatori, costruttori, proprietarii della prima marineria genovese *(3). E ciò dovette assumere fin dall’inizio un carattere monopolistico: ne abbiamo una prova indiretta, quanto eloquente, nella tariffa che riportiamo in appendice, in cui è stabilita una tassa assai forte sulla vendita di navi e di àncore forestiere a genovesi. Le navi della prima crociata sono degli Embriaci; quelle che compaiono nel traffico intenso del secolo decimoterzo, sono dei Lanfranco, dei Zaccaria, degli Spinola, come tutte quelle dei secoli posteriori appartengono ai gentiluomini della città, dai Doria, ai Di Negro, ai Lomellini (4). La particolarità, che poi si estese anche ad altre repubbliche marinare, di frazionare la proprietà (1) Cfr. Sieveking, oit. pag. 4 e eegç. (2) Belgrano, H, 27. (3) Cfr. Heyeck, Genua und seine in Zeitalter der Kreuzziige, Inmebriic, 1886; Manfroni, Storia della marina italiana dalle invasioni barbariche ai trattato di Ninfe/o, Livortno, 1899. (4) Cfr. Canale, Nuova storia della Repubblica di Genova, Genova, 1858, vol. I; Bybne, Genoese Trade Witli Syria, in thè tweltli Century, Am. Eist. Rev. 1920; 2; Bra-tianu, Recherches sur le commerce génois dans la Mer Noire au XIII.me siècle, Paris, 1929; e le o>pere di storia commerciale eema>re xutiilï del I/usti g, del Heyd e dello Bchro-der. Le imposte sul commercio genovese durante la gestione ecc. 211 di una nave in tante parti, rivela la stessa collettività di interessi e di diritti. Una nave apparteneva ad un gruppo, come a un gruppo apparteneva una quota sopra i proventi delle gabelle. Con lo stesso capitale liquido, derivante dal gettito delle gabelle e, ormai, dai guadagni della navigazione, i nuclei consortili usciti dal ceppo degli antichi visconti, formeranno il secondo grande elemento della ricchezza genovese, i banchi, le salde organizzazioni finanziarie, sorte anch’esse e mantenute con carattere monopolistico, sia perchè il numero di essi doveva essere limitato, sia perchè i fondi necessari per la gestione autorizzata erano determinati in una misura non accessibile ad altre classi sociali. Già prima della grande crociata, per il fatto della navigazione e del commercio, i gruppi associati delle famiglie di origine viscontile avevano instaurato le basi della ricchezza privata con i rilievi e le manifestazioni di una ricchezza pubblica. Dallo slancio della prima crociata, la cui partecipazione fu effetto di iniziativa e di impresa di privati, in fondo, i genovesi presero le mosse per quella meravigliosa espansione politica ed economica che li rese arbitri delle due riviere, e quindi creatori e: padroni dell’unità economica di una intiera regione, e arbitri, quasi, di tutto il movimento commerciale del mediterraneo (1). Questo enorme sviluppo di affari non rappresentò che la realtà di ricchezze incalcolabili in possesso delle famiglie che chiameremo ancora di origine viscontile, perchè procedono più o meno direttamente dalle primitive famiglie che agiscono nei periodo precedente a quello in cui apparisce il comune. Ma il comune, come ente pubblico, non arricchisce; la sua azione non è che un riflesse di quella che attuano le famiglie che l’abitano. La stessa origine del comune è il risultato diretto di questi gruppi gentilizi vincolati da impostazioni e da fini economici. Esso sorge a traverso l’unione delle compagne, e queste, raccolgono, per ogni quartiere, non gli abitanti tutti e non le arti, ma gli uomini rappresentativi di una potenza finanziaria, in beni stabili e più di tutto in ricchezza immobiliare, intorno ad un nucleo di famiglia viscontile. Aggregazioni temporanee, come società commerciali, sviluppatesi da un centro primitivo di affari diventato più complesso e più esteso man mano con lo sviluppo dei traffici. I rappresentanti di queste associazioni dovevano essere quegli stessi che le avevano promosse, e cioè gli stessi partecipanti alle famiglie viscontili; e da ciò, dice esattamente lo Spinola (2), derivò che i membri maggiorenti delle compagne costituirono un ordine di cittadini superiore, al quale spettarono di fatto i diritti politici, e che, poi, per consuetudine, furono chiamati nobili consolari. Questa costituzione della compagna a guisa di (1) Oltre il Byrne e i.1 Brattami cit. e gili annalisti, si veda: Caro, Genua- und die-Machie am· Miltelmeer, 2 voli. Halllle, 1895-99; Langer, Die politieche Geschichte Genuas und Fisas in 12 Jahrhundcrt, Ledpziig, 1882. (2) Massimiliano Spinola, Compendiose osservazioni intorno al governo aristocratica che resse la repubblica di Genova dai dogi biennali, Gior. Ligr. 1879. 212 Raffaele Di Tucci clientela sulla base di una cooperazionè economica liberamente accettata, si vede anche nella disposizione materiale della città, nella quale le arti erano accantonate nei borghi, e ciascuna delle famiglie nobili occupava una zona propria, con i palazzi suoi e dei suoi aderenti e con una propria chiesa; gli Spinola in Luccoli, i Doria in S. Matteo, gli Em-briaci intorno a S. Donato. Divenute parte del comune le compagne perseverarono, assumendo anche un carattere politico, per se stesse : ma questo a scàpito della loro origine nettamente economica, perchè, a cau&a del maggiore afflusso di ricchezza e di più grande forza di influenze, le famiglie consolari esercitavano un predominio maggiore, e tendevano a separare dal gruppo più vasto della compagna un numero minore di più ricchi. L’indirizzo del comune, guidato dai gruppi finanziari delle famiglie di vecchia propaggine, si svolse parallelamente con quello già stabilito da essi. Integrò le organizzazioni degli armatori e dei commercianti, come un’azione sussidiaria e dando all’azione che essi svolgevano un riconoscimento pubblico e un carattere ufficiale, o collettivo. Il primo effetto di questa immissione di interessi privati nella sfera della pubblica ricognizione fu la coesistenza dell’intero sistema delle imposte viscontili sul commercio : anzi, il comune comincia la sua vita tributaria agendo ai margini di quel sistema, prendendo da esso la base e l’esemplare delle sue attuazioni tributarie e allargando da esso, come da un centro, gli sviluppi successivi con la creazione di nuove voci. Mutua, infine, da quelle seguite dalle famiglie patrizie, la modalità per la riscossione delle imposte. L’uniformità di tutto l’andamento che abbiamo riassunto qui, è evidente nella storia finanziaria della Repubblica fino alla trasformazione integrale portata dalla rivoluzione francese. La differenza consiste in questo: l’Amministrazione del Banco di S. Giorgio che assume la gestione di tutte le imposte nel 1539, avvicina il giuoco di esse, molto più, alla loro conformazione iniziale : le rende anche di più una rispondenza ed una espressione completamente aderenti al movimento ed alle necessità commerciali. Dimostriamo, prima di ogni altra cosa, la coesistenza delle tasse viscontili e di quelle del comune sullo stesso piano di azione. In appendice giova riportare, come facciamo, una tariffa di diritti viscontili, perchè, contrariamente a ciò che afferma il Sieveking, riteniamo che quella che è pubblicata nel Liber Jurium, sotto la data del 1128, non appartenga alle famiglie consolari, ma sia una emanazione del comune. In essa, il complesso delle tasse che percepivano i discendenti dai visconti e quelli che ne ereditarono i diritti, si chiama introitus vice-mitatus e se ne scorge chiaramente l’origine signoriale dalla natura delle imposizioni che colpiscono le persone, gli approdi (ripatico), il transito (pedaggio), e premono esclusivamente sugli stranieri. Il meccanismo della ripartizione e la quantità della imposta sono evidenti dal documento. L’esistenza di esso è la prova iniziale dell’imposta: ma il Comu- Le imposte sul commercio genovese durante la gestione ecc. 213 ne, eccettuata una .sola circostanza, della quale ci occuperemo, non ha mai contestato alle famiglie nè il diritto di imporre nè quello di riscuotere gli introiti viscontili. Se pure, durante avvenimenti tempestosi, la questione di questi diritti, è stata portata davanti al Consiglio, la soluzione del quesito non è mai stata sfavorevole per gli interessati. Anzi, nelle convenzioni politiche e commerciali stipulate con altre città, la Repubblica tenne costantemente presenti quei diritti. Così, nel trattato con Raimondo di Tolosa, che è del 1174, Genova esentò dal pagamento delle tasse i sudditi del conte, salvo jure vìcecomitum quod ad Commune non perlinet (1). Lo stesso è notato nella convenzione col comune di Montpellier *(2). Anche nei riguardi dei fiorentini, nell’accordo del 1281, furono riservati i diritti del pedaggio di Voltaggio e di Gavi, nei quali partecipavano i visconti (3). In molte sentenze pronunciate dai consoli dal comune da quelli delle Càlleghe, da loro delegati, da podestà, da dogi, da arbitri, il diritto dei vicecomiti a percepire le gabelle secondo le antiche tariffe è solennemente confermato, sopratutto nei confronti di coloro che ne pretendevano l'immunità. Vogliamo addurne qualche esempio. Vi è una prima sentenza, perfettamente instruita, con prove testimoniali diffuse, tanto sulla sostanza dei diritti che vantavano i visconti, quanto sull’ interrotto esercizio di essi (4). E’ del 1236, scritta da Piacentino, notaio di Palazzo, per ordine di Andalò podestà del Comune. Nell’istrut-toria sono portati in esteso i documenti della nostra appendice e quello pubblicato con la data del 1126 nel Liber Jurium: più, si producono i registri di esazione dell'introito viscontile, ripa e porto. Un primo testimone, Manassale, afferma che i diritti sono quelli e si sono esatti sempre: Arnaldo Portonario ripete le stesse cose, e si riferisce ad altre venti persone che hanno la stessa sua esperienza. Chi sono i visconti ? gli chiede il giudice. Sunt illi de Carmedino, illi de Insulis, Guercii Spinule, T ab ardi, Pinelli, illi de Murono, illi de Mari, illi de Sancto Pietro de Porta, item Schoti, Piperis. Avocati, Cabot Gabencie et Cimata, De Campo et Busii, Canevarii, Ficinatarii et alii plures. Non hanno, invece, nulla a vedere con quegli introiti, Grimaldi, Za-charias de Castro, Ansaldus de Nigro, Guillelmus de Vivaldo, filii quondam Johannis de Nigro, filii quondam Marchisii Elefantis et plures alii, di cui, dice il teste, non recordo nomina (5). Come si vede, il gruppo il quale rappresenta il diritto è costituito dalle famiglie che più hanno (1) Gfr. Lib. Tur. 1, col. 52. (2) Cfr. Lib. Iur. I, col. 80; cfr. Germain, Histoire du commerce de Montpellier, 2 vol., MonrpePier, 3861 ; Levasseur, Histoire du comm. de France, I, Paris, 1911. (3) A. S. G. Membr. I, foi. 45. (4) A. S. ?G. (Membr. X, fofl. 26-41. (5) Su queste famiglile, cfr. oltre ai primi a/nnalisti, Doneaud, Sulle origini del c-o-mune e degli antichi partiti in Genova e nella Liguria, Genova, 1878; Desimoni, .4 fit Soc. Lig. St. I, pa#. 113 e segg. ; Belgrano, Atti, II, ipaç. 314 e segg.; Caro, Die Yerfa sung Genuas zur Zeit des Podestats, Strassburg, 1891, pa*r. 10 e sefrg. 214 Raffaele Di Tucci influito alla costituzione economica genovese, gli Spinola, i Pinelli, i De Mari. L’ esclusione degli altri, poi, giova rilevarlo, non è una prova che essi non discendano dagli antichi visconti, perchè, il vie e comitatus, come un diritto patrimoniale di natura privata, subiva la possibilità di atti giuridici, vendita, donazione, pegno ecc. Una seconda sentenza è pioferita dall’ assessore del podestà, su consiglio del giureconsulto Bertolino Bonifacio il 14 giugno 1264: i naviganti di Amalfi, posta com’ è questa città, più ad est di Gaeta, dovevano pagare il vicecomitatum propersonis et conductoribus, secondo la tariffa (1). Quella alla quale si faceva riferimento con maggiore preferenza, per 1’ autorità del consultore, Giovanni della Croce, fu emessa dai consoli delle Calleghe il 15 marzo 1345, a vantaggio di Leonino da San Sisto, collettore dell1 introito del viscontato e delia ripa, e contro Nicola de Perota, un messinese che aveva venduto, nel porto di Genova, metà di una sua cocca a Franceschino Camille, e non voleva pagare i diritti della ripa, sostenendo che non si trattava di una imposta del Comune set singularum personarum, e che, pertanto, nessun privato dovesse avere facoltà di sottoporlo a tasse. Il giureconsulto dichiara che realmente, quello del viscontato, è un diritto che compete a persone private e che non fu imposto dal Comune di Genova, ma che il Comune, in diversi tempi, fece statuti e ordinanze per ricognizione di quel diritto e per obbligare i renitenti a riconoscerlo. D' altra parte, se pure il De Perota accampava V immunità per i siciliani, essa si doveva intendere limitata alle imposte del Comune, non estesa ai diritti del vicecomitato, perchè questi, non appartenendo al Comune, erano percepiti o condonati dagli aventi causa <2;. Un’ altra deliberazione simile è presa dai consoli delle Calleghe il 28 febbraio 1354, in una causa fra lo stesso Leonino di San Sisto e Raimondo Savagerio, di Narbona, che agiva per ottenere 1’ esenzione dal pagamento del vicecomitato (3). Finora, però, abbiamo assistito ad un intervento indiretto delle autorità del Comune per la difesa delle tasse viscontili. E’ una prova sufficiente, anche questa, ma forse non definitiva della situazione privilegiata delle famiglie aventi causa dagli antichi visconti rispetto ai tributi. Osserviamo, adesso, qualche elemento più immediato. Importante è davvero la formola di un giuramento speciale che i podestà del comune erano obbligati a prestare, all’ atto di assumere la loro funzione, in merito alle tasse viscontili. Ne conosciamo una, relativa agli anni 1247-1249 (4). Da essa appariscono pure le regole che si erano fissate per disciplinare Γ esazione dei diritti. Il podestà, nei quindici primi giorni del suo ufficio, convocaca i compartecipi al diritto di viscontato e ripa nella chiesa di S. Lorenzo, e faceva (1) (A. (S. G. Mem/br. I, pag. 22 e segg. (2) A. β. G. Memibr. I, pag. 43. (3) A. S. G. Memibr. I, fol. 106. (4) Cfr. Μ. H. P. Leges Jan. Le irnposte sul commercio genovese durante la gestione ecc. 215 procedere alla elezione di quattro collettori pel mercato del grano. Se fra gli interessati fosse nato dissenso a proposito della designazione dei collettori, prevaleva il voto di coloro che possedevano una quota maggiore sulle percezioni, ancorché fossero stati in minoranza numerica. Il podestà invigilava, poi, a che gli esattori avessero riscosso lealmente gl’ introiti, e sottoponeva a pene ed a multe i contravventori (1). E1 pure molto notevole .una relazione inquisitiva che, per mezzo di suoi stimatori speciali, il Comune fece compiere e redigere nel 1236 e che accertò, in pratica, la percezione dei diritti secondo le tariffe (2). Di valore più grande, però, perchè più esplicita, è la deliberazione presa dagli emendatori delle gabelle del comune nominati pel 1353. In essa, per sopprimere ogni controversia, si stabilisce, prima di tutto, il ragguaglio fra 1’ antico denaro pavese indicato nella vecchia tariffa e il denaro genovese in corso, nella proporzione di un denaro pavese per ogni obolo ed un nono genovino, poi la quota di riparto dell’ intero gettito del pedaggio di Gavi, fra il comune e gli aventi causa dai visconti, specialmente per le voci più importanti (3). Qui vorremmo notare che il Sieveking, il quale, per altro ha quasi completamente trascurato Γ importanza e la funzione economica di questi diritti viscontili, li chiama proprietà privata delle famiglie. Ed è una definizione che danno gli stessi documenti. Proprietà privata, certamente, riconosciuta e garantita dal comune. Però, lo abbiamo già accennato, gli interessi del comune sono costantemente, a Genova, in legame strettissimo con quelli di un gruppo di famiglie, non di tutti i privati, che detengono completamente la ricchezza cittadina formata e attivata dalla navigazione, dal traffico, dalle speculazioni di denaro, dalla gestione delle colonie. Quasi sempre non si riesce a determinare, come avverrà con la Banca di S. Giorgio, dove sia il punto di separazione fra interessi del comune e interessi delle famiglie. Per ritornare all1 argomento, una lotta contro la situazione viscontile fu aperta e sostenuta vanamente da Guglielmo Boccanegra, il quale, essendo capitano della città e dello stato, emanò, nel giugno del 1259, un decreto col,quale condannava «la protervia di quei cittadini che con troppa avidità, con ingegnosa sottigliezza, violando i decreti, contro il giuramento prestato, hanno venduto a se stessi per lungo tempo le entrate e i redditi del Comune, facendosi così venditori e compratoli ad un tempo » (4). E, giustamente, in questo decreto, il Monleone vede la causa della congiura che rovesciò Guglielmo Boccanegra (5). Il Giustiniani, poi, racconta che nel settembre del 1339, dopo Γ accia- ili Gfr. Appendice II. (2) A. S. G. Memibr. I, fol. 21-42; le tariffe in appendice I. (3) A. S. G. Memibr. I, Cfr. Ajppenidice IV. (4) Cfr. Imperiale, Annali, IV, .pa^r. 37 e seggr. (5) Monleone, Annali di Caffa-ro e dei suoi continuatori, VI, pa?. 70. nota. 216 Raffaele Di Tucci i inazione di Simone Boccanegra a doge guelfo e popolare dello Stato, « andarono molti alla casa domandata il capitolo per contro la chiesa di S. Lorenzo e con gran furia e poca prudenza in pubblica piazza bru-sarono i libri dove si contenivano i computi et conti della Repubblica et il somigliante fecero nel palazzo della marina domandato la Dogana abrusarono i libri di quella casa » (1). Ora questa drammatica soppressione dei documenti finanziari del comune e della dogana mirava pure, e forse, sopratutto a impedire la partecipazione dei nobili, fra i quali gli Spinola e i Doria, alle tasse pubbliche, annullandone i titoli materiali. Nello stesso mese di settembre o poco dopo, Simone Boccanegra, con parere del suo Consiglio, ne soppresse il titolo giuridico, dichiarando cassati, nulli ed irriti i diritti del vescovado. Però, con parere dello stesso Consiglio, e nel gennaio del 1340, revocò la cassazione, sul motivo che chi comanda non può invadere interessi privati se non per giusta causa (2). La questione dei diritti viscontili fu però discussa dal Comune in? sede di giurisdizione, e più volte, specialmente quando la città, come avvenne spesso, mutò di dominazione e di governo. Monsignor vescovo di Meaux, governatore della Repubblica durante il primo dominio francese, nel 1398 sequestrò le somme che avevano riscosse i collettori dei diritti del viscontato, e ne sospese le esazioni. Su di una denunzia degli interessati, i quali richiedevano, come primo atto, la restituzione sul diritto durante il processo, fece iniziare la lite. Lui stesso e il Consiglio dei sedici Anziani si costiturono parti in causa, con rappresentanza di Raffaele Brunengo, contro Pietro Usodimare, Giuliano de Felice, Raf-iaele de Calvi e Benedetto di San Sisto, il quale rappresentava pure Bartolomeo de Carrega. Il giudice delegato, esaminati gli atti, udito il consultore, sentenziò che nè il Brunengo, attore pel comune, nè gli uomini di Genova potevano contra dictam consuetudinem juris exigendi quandocumque 'probare, e «finché non si fossero addotte altre prove, in contradittorio con quelle somministrate dai convenuti, non era lecito mettere in dubbio un diritto esistente tanto tempore cuius memoria contarii non extitit (3). Così, in seguito, ogni volta in cui accadeva di demolire il diritto, le autorità genovesi erano costrette a proclamarne la fondatezza. Esso scomparve in una convenzione del 1639 pel Porto Franco, di cui ci occuperemo. Esso aveva avuto la sua apparizione con Γ assestamento feudale della città: ma, insieme con esso, e forse anche prima di esso e dal periodo carolingio, vi sorge un altro diritto sviluppatosi sul porto. Nel consorzio viscontile, o almeno, in quelli che, dopo il secolo decimosecondo, come vedemmo, furono considerati come persone private, (1) Giustiniani, Annali, 1537, IV, ipag. 129. (2) Cfr. H. P. M. Leges Jan., fol. 35. •(3) A. S. G. Mem(br. I, pag. 132-157. Le imposte sul commercio genovese durante la gestione ecc. 217 cadono anche i diritti che, sul movimento del porto, competevano al vescovo, come decima. Il vescovo interviene nel placito del 1126 per definire un aspetto del grado di applicabilità dei diritti viscontili; ma, nel 1159, difende un diritto suo, cioè quello della decima su di un carico di grano portato dalla Sardegna (1). Questo diritto era riconosciuto dai consoli e dai cittadini. I limiti di esso ci possono essere indicati dall’appalto della decima del mare goduta in Rapallo, fatta dall’ arcivescovo Siro nel 1152 all’arciprete Giberto (2), e dal documento del 1166 (3): si svolgono sulla navigazione e sulle merci. La carta, senza data, ma dello stesso periodo, che riproduce il Belgrano (4) dimostra che 1’ arcivescovo aveva un diritto di quattro denari genovesi, prò decima sue porcionis, sulla vendita delle navi. L’ arcivescovo, sulla base della decima ecclesiastica, percepiva dunque una tassa sul commercio, la navigazione e la costruzione e la vendita del naviglio. Queste tasse, come ci spiega una carta del 28 marzo 1241 (5), erano state concesse in feudo, ab antiquo, alla famiglia Bulgaro, ai loro parenti e consorti. Sono infatti Maiino ed Andrea di Bulgaro, il (figlio di costui, Enrico, Bulgarino figlio del fu Simone, i quali prò se et fratribus suis qui sunt absentes et pronepotibus suis filiis quondam Ugolini eius fratris, dichiararono che posseggono in feudo, tranquillamente, la metà della decima dovuta al-1' arcivescovo in portu januensi, sive pro portu, e cioè la decima sul sale, sulle biade e denariorum, mentre 1’ altra metà è controversa in giudizio. Sperano però di ottenere anche questa metà in discussione in investitura, perchè dichiarano che non hanno nulla in contrario a prestare il giuramento di fedeltà. Certo è che, posteriormente a quest’ atto, non compariscono più diritti vescovili sul movimento commerciale del porto. I diritti viscontili sono : quelli chiamati propriamente vicecomitatus, quelli indicati col nome di ripe, quelli indicati col nome di porte, i pedaggi di Voltaggio e di Gavi. Esaminiamo ora in che modo il Comune abbia assunto le tasse viscontili come un esemplare per la sua azione tributaria, sempre in materia di tasse sul commercio e la navigazione, che è il nostro argomento. La tariffa del 1128, in massima parte, è ricalcata su quella adottata dai visconti: comprende una tassa personale sui commercianti e sui naviganti, varia, quantitativamente, per le diverse nazionalità, non in rapporto con le vicende storiche del Comune, ma come rappresentazione di situazioni speciali create dagli stessi visconti, e comprende una tassa sulle mercanzie, da pagare, per una (1) Belgrano, II,, pag. 127. (2) Belgrano, Ili, pag. 384, da completare il resto del doc. che è in principio della, pag. 404. (3) Belgrano, II, pag. 389. (4) IX, -pag. 404. (5) Belgrano, II, pag. 474. 218 Raffaele Di Tucci parte, in natura, per esempio, sul pesce, il sale e il grano, e per un’ altra in denari pavesi, esattamente come nella tariffa viscontile, nonostante che, già dal 1102, in Genova avessero corso 1 brunetti (1). Insieme col complesso di quelle imposte che si dissero comprensivamente jus vicecomitatus, si organizza la sezione di imposte comunali che si chiameranno i carati del mare : i quali procedono con le stesse caratteristiche del jus predetto, e cioè, colpiscono i soli forestieri, investono le persone e le merci in entrata e in uscita, sopratutto dal porto, ma anche per via di terra. Si sono fusi, allora, nell’ assestamento dei carati, il jus vicecomitatus e il jus porte. Il diritto di ripa persisterà accanto alle forme comunali di ripa grossa e di ripa minuta. E noi assistiamo a queste manifestazioni : 1.) i dazi viscontili permangono con la loro impostazione originaria, distinti in viscontato e porta, coordinati nei carati del mare comunali, e in ripa, e in pedaggi di Voltaggio e Gavi, i dazi comunali, anche mantenendo Γ assimilazione iniziale con quelli dei visconti, si allargano in nuove voci. Nel 1144 il Comune creò una nuova gabella per ogni Kg. di lino, in ragione di quattro denari (2). Stabilì pure nuove zone di scarico, moli o ponti, per la mercanzia, nel porto. Cominciò nel 1163 pro novis scariis faciendis a marnano extra, cioè quasi dall1 attuale Ponte dei Mille verso occidente >(3). Indicò pure i limiti territoriali e giuridici del mercato di S. Giorgio, del mercato vecchio di Soziglia e di quello di S. Pietro alla Porta, destinato alle granaglie; e, siccome sono suoi, avrà il diritto, come vedremo, di imporvi tasse per suo conto i(4). Il sèguito della nostra esposizione ci dirà quali altre gabelle impose il Comune, indipendentemente da quelle create dai visconti. 2.) si definisce anche nei nomi il parallelismo tra le due fonti di diritto alla percezione delle tasse: come abbiamo visto, i gruppi signorili conservano la loro nomenclatura, il Comune chiama le sue tasse introitus expedicamenti (5), introitus regiminis, introitus communis. 3.) il comune sviluppa il suo sistema di imposizioni sul traffico, assorbendo le imposte sugli altri scali dei centri abitati delle due riviere, e sulle sue podesterie, sopratutto, sottoponendo a imposte anche i genovesi e i distrettuali e le loro merci, ciò che ai visconti non era concesso. 4.) la finanza del comune si integra con Γ applicazione delle così dette avarie, contribuzioni annuali in danaro addebitate a tutti i suoi (1) Assereto, La moneta genovese, eie. Atti Soc. Lio. 1928; La notizia è già data dal Caffaro. (2) Lïb. Iur. I, pag. 92. (3) Lib. Iur L, rpate. 215, cfr. Podestà, Il -porto di Genova, Genova, 1913, pag. 29. In nota 16, ricorda i ponti dei Cattanei, dei Chiavari, degli Spinola e dei Calvi. (4) Lib. Iur., X, a abiajmo auto maninchonia, ched el sa quanto gli scrivemmo tornasse, ch’era a Firenze iper acchoncare suo’ fatti, e mai non ci fu modo fino v’ à lascato la pelle. Che Dio abia auto 1 anima. E per detta cagione la conupagnia dura come vedrete di sotto (accennasi alla sottoscrizione che più sopra ho riportato indicante il modo come la ΚλΟΙΟΝΒ erasi trasformata) e attende ora un poco a stra-lcare molte cose vechie, e non di meno teremo pure iti trafioho, eh è pe\r lui è rimaso Tomaso suo fratello. lia moria è forte in a[n]ohora in Tosschana, e a Firefnlze ne va. al presente da 30. Che seghuirà saprete. » (4) Il passo che segue e tutti i ramanenti sono stati tolti da lettere raccolte nella •cit. cant. 993. (5) Frequentemente nelle lett. mercantili trovasi il vocab. scisma cosà corrotto. 226 Renato Piattoli cese sulla Città eterna e Γ obbedienza al Papa di Avignone (1). Il Bou-cicaut accettando le profferte aveva avuto la mira di troncare avanzata dell’avversario Luigi d’Angiò e di far penetrare in Roma, nel centro religioso del mondo, la propria autorità di rappresentante delia corona di Francia (2). Έ , Il mal tempo aveva reso impossibile ifìno ad allora il viaggio delle navi verso la foce del Tevere: subito dopo venne a cadere il fine per cui era stata messa insieme l’armata. In una, anche il grande pensiero dell’Antipapa sfumò, ed il colpo gli fu tanto più esiziale in quanto piese a mancargli l’appoggio francese. Di lì a non molti giorni gli tu noti -cato che con suo decreto Carlo VI gli aveva tolto l’ubbidienza per abbracciare il partito della neutralità. Il soggiorno di Benedetto XIII m un territorio sottomesso alla Francia divenne a quel modo impossible, dato anche l’atteggiamento di conseguenza mutato di colui cne vi rappresentava la regale potestà, quindi se ne allontano trasportando la corte nei domini del re d’Aragona. « Jeri si dovea partire da Porto veneri il Papa, poi s’è visto passare ghalee, che si stima fìa desso. Non si sa ove vada: chi dicie a Choliveri » (3). Così i mercanti fiorentini videro veleggiare al largo di Genova la nave che portava uno dei travagliati casi della cristianità e ne vollero dare contezza ai loro collegm io tani in una lettera cominciata a redigere il 15 giugno del l-±0o. Renato Piattoli (1) Novelle della lotta combattuta per Roma e intorno a Roma le si hanno pure nel carteggio della solita compagnia, che in una sua lettera del 21 giugno 1407 aveva scriitto: « Ècci da Firenze che a dì 17 ben VI mila chavalli di-rre Bracislaio entrarono i Roma per pigliarla per loro, Paolo Orsini col popolo gli rupe e presono ben IIII mila, è preso Gian Colonna e messer Nichola Colonna e uno Orsino era oho loro, esendoli venuto fatto troppo grande ventura. Che sentiremo saprete. » Invece in altra del 23 giugno 1408, a proposito degli stesei avvenimenti : « I re Lan-zislao ei sta a Roma, e per anchora non ei vede che altra -intenzione abia d'inprendere I>ifi : bene debe apetere chose asai non si veghono manifeste. Apparendo di nuovo el saprete. » Infine il primo settembre soggiungeva: «I fatti dd Lombardia al modo usato, e Lanzi lao si sta a Napoli e altro non cercha di nuovo che si vegha. » (2) N. Valois, La France et le Grand Sciime d’Occident, Paris, III, 1901, 578 e eegg. (3) Colioure. CONTRIBUTI MAZZINIANI Grazie alla cortesia del sig. Francesco Battifoglio, il più antico socio della Società Operaja di Imperia-Oneglia, il quale è stato in rapporti con eminenti patrioti liguri, come il concittadino G. B. Cuneo, giornalista e fondatore della stampa italiana nell’ America Latina, e il capitano Andrea Rossi di Diano Marina, uno dei piloti dei Mille di Marsala — persona che passa qui, a ragione, per una specie di « archivio vivente » — ho potuto leggere due lettere inedite di illustri italiani. Questi documenti preziosi sono stati donati ai soci in copia in occasione del 76° anniversario della fondazione di detta Società. La prima di tali lettere è del Cuneo, e Γ altra è di Giuseppe Mazzini, che nel 1862 era stato eletto Membro Onorario dello stesso antico Sodalizio. In questa ultima lettera, datata da Londra, il Grande Agitatore genovese, esprimendo al Consiglio sentimenti di riconoscenza per l’onore fattogli, come una delle espressioni di quel popolo italiano, per redenzione del quale egli aveva tanto lottato e sofferto sino ad accettare l’esilio a vita per la bellezza di un ideale, dichiara di gradire tale nomina, ed incita i suoi nuovi confratelli a lavorare per la rapida unità del Paese. Mi affretto a ricopiarla e ad offrirla alla lettura dei numerosi ammiratori del Grande Italiano e lettori del dotto « Giornale Storico e Letterario della Liguria », che continua ad occuparsi di studi mazziniani, con quell’ appassionato fervore che è pari alla grandezza del tema. A questa lettera faccio seguire quella che G. B. Cuneo, da Montevideo dove risiedeva, sin dal 1834, salvo intervallo di qualche anno, dirigeva nel 1851 all’amico e concittadino Ludovico Berardr. Questo documento, anch’ esso inedito, almeno per il gran pubblico, è stato rinvenuto dal citato sig. Battifoglio nel cassetto segreto di un mobile vecchio, da lui acquistato. In questa lettera, come si vede, si parla molto di giornalismo, materia molto appassionante pel Cuneo, che prima nell’Uruguay, e poi in Argentina tanto si adoperò a favore dell’ Italia attraverso la stampa, della quale egli può considerarsi, ripeto, come il fondatore nell’America Latina. Infatti, il Cuneo, nato in Oneglia nel 1780, ed esule dalla Patria per sentimenti mazziniani poco dopo la tragica morte di Jacopo Ruffini, continuò ad occuparsi del suo Paese attraverso il giornalismo. Fondò 228 Davide Bertone dapprima «La Giovine Italia» (1836), mentre Garibaldi, alloia coi saio a Rio Janeiro, e che si (firmava « Borei », gli dirigeva quella lettera, nella quale gli descrive il suo bel bastimento, che doveva fin da alloia servire ad attuare il sogno di uno sbarco in Italia, sogno che lo rendeva infelice, perchè lo costringeva a fare il mercante marinajo, mentre egli si sentiva destinato « a cose maggiori », e confessava al Cuneo di essere, come lui, « fuori del proprio elemento ». A questo periodo appartiene anche Γ altra lettera (17 settembre 1836) dove il Garibaldi ragguaglia Γ amico di aver catturato un legno da pesca, al quale ha imposto il nome di « Mazzini »; e una seconda (22 aprile 1837), in cui, rispondendo al Cuneo che lo invitava a lasciare Rio pei Montevideo, si rammarica di non potere accettare per non essere a carico degli amici, e per altri motivi che non può spiegare. Sempre a questo periodo appartiene ancora un altra lettera del 1° ottobre 1837, nella quale il Garibaldi descrive al Cuneo le conseguenze di un combattimento navale, nel quale Γ Eroe resta ferito al capo da una palla e al braccio destro, e annunciagli di essere stato fatto prigioniero. Sono di questo tempo i versi dell’ Eroe che il Cuneo riporterà nella sua « Biografìa di Garibaldi ». Questi, durante la pesante piigionìa, cantando dell’ Italia, scriveva: « Io la vorrei deserta — E i suoi palagi infranti — Pria che vederla trepida — Sotto il baston del vandalo ». * * * Fu questo periodico « La Giovine Italia » che fece conoscete il Cuneo al Mazzini, che gliene scrisse in data 8 agosto 1841 (lettela 1*8* del- Γ Edizione Nazionale^. Il Cuneo fondò quindi « L’Italiano », foglio che si distribuiva giatis fra gli emigrati italiani, e che era stato annunciato da un Manifesto tanto attraente che il Mazzini copiò e spedì alla Madre (lettera 1478 del 16 luglio 1841). Di questo giornale si occupò anche il Grande Esule nel suo « Apostolato Popolare » di quell’ anno. Il Cuneo lanciò pure il giornale « Il Popolo » (1*842), e in seguito « Il Legionario Italiano » (18-46), finché restò a Montevideo. Passato nel 1854 nell’Argentina tentò di fondarvi ancora un pei iodico dallo stesso titolo di quello uscito a Montevideo nel 1841: «L’Italiano », ma non ebbe fortuna. Di esso non potè uscire che il semplice Manifesto. Quivi collaborò anche nella « Tribuna », antico ed autorevole gioi-nale argentino, e in molti altri giornali di quella Repubblica scrisse di cose italiane. Più tardi, quando cioè sorse nel colonnello Silverio Olivieri l’idea di creare una legione agricola-militare, composta in massima parte di ita- Contributi mazziniani 229 liani, e destinata a difendere la Repubblica dagli attacchi degli Indiani ai confini, il Cuneo ideò ed attuò la pubblicazione di un altro periodico: « La Legione Agricola » (1856), che visse solo otto mesi. A questo periodico appartiene una lettera del Garibaldi al Cuneo, datata da Nizza 13 aprile 1856, nella quale, rispondendo, dichiara di accompagnare 1’ Olivieri col suo voto sincero, perchè è un prode. Quantunque in essa 1’ Eroe confessi di trovare il secolo molto bottegajo, pure non dispera del popolo italiano, e si dimostra convinto più che mai che 1’ Italia raggiungerà il proprio intento : 1’ unità Termina informando il Cuneo d’ avere acquistato « un po’ di terra nel-F isola di Caprera » e un « cutter ». Quando il Cuneo avesse da tornare in Europa dimandi del suo ritiro, e se ci andrà, dividerà con lui il pane. E così pure un’ altra, direttagli dallo stesso da Genova, 7 giugno 1856, nella quale, infervorato, scrive al Cuneo di sentire il « Paese » alla vigilia di grandi cose » ed esclama : « Sì, fratello; noi daremo questo resto di vita alla nostra terra ! Il sogno di tanti anni è per farsi realtà, e pugneremo degnamente ». Intanto il Cuneo tenga svegli 1’ Olivieri e gli altri, aspettando le prime mosse. Ma i tempi non sono ancora maturi: Cosenz non riesce neppure a colorire il disegno di una spedizione, e il Barone Bentivegna finisce tragicamente. Queste sventure tolgono fede al Garibaldi nei tentativi isolati. E’ 1’ anno in cui Egli finisce per aderire al partito monarchico, persuaso che bisogna essere appoggiati da un esercito regolare, da mezzi pecuniarii e da una forte base di azione. E’ Γ anno in cui falliscono i moti del Carrarese e la spedizione Pisacane ! Non sarà che alla fine del ’58 che Garibaldi « all’amico del cuore », Cuneo, può scrivere che crede veramente infallibile un movimento in Italia, con imponenza non vista da venti secoli. « Sì, fratello; io ringrazio la Provvidenza di offrirmi ancora 1’ occasione di servire il mio Paese. Io potrò ancora marciare alla testa dei nostri giovani, e 1’ anima me la sento più robusta che mai ! » (125 die. 58). * * * Nella lettera che pubblico il Cuneo, come scrissi, intrattiene Famico, tra l’altro, di giornalismo; e così ha modo di esprimere anche le proprie idee politiche e sociali. Scrive ironicamente del Parlamento Subalpino, al quale, come è iioto, appartenne per due legislature consecutive (e a questo si deve la interruzione della sua vita di Montevideo), e dal quale si era poi dimesso; le sue parole spiegano il perchè delle sue dimissioni. 11 Ricardi, del quale fa cenno, deve essere uno dei concittadini mazziniani (in Carboneria: Carlo Zeno) citati dal Maestro in una nota B, di suo pugno, e sequestrata dal Governo Pontifìcio ad un emissario* 230 Davide Bertone mazziniano, spedito a Napoli nei primi del dicembre 1833, e quindi arrestato a Perugia con passaporto inglese; come mazziniano è il pittore Ulisse Borzino, che fece, se non erro, quel ritratto di Mazzini, il quale illustra uno dei volumi degli scritti dell’edizione nazionale. Il Cuneo, deputato di Genova al Parlamento subalpino nel 1849, è infine colui che dopo la caduta della Repubblica Romana, in seguito alle lettere del dottor Vincenzo Goglioso, come pubblicai nel fascicolo di luglio-settembre 1929, attende a Torino Aurelio Saffi, già arrestato a Civezza (Porto Maurizio) assieme al Goglioso, e poi prosciolto e lasciato libero di allontanarsi dagli Stati Sardi per la via di Arona, cosa che questi fa con gioja per recarsi a Lugano, dove l’attendeva il Triumviro. Ebbe parte importante, se non primaria, nei difficili anni del Risorgimento; fece anche parte dei Comitati Garibaldini di Provvedimento e della Società Emancipatrice di Genova. Giuseppe Fumagalli, Direttore della Biblioteca Nazionale di Brera, già ordinatore della Mostra degli Italiani all’estero all’Esposizione di Milano 1906, e Consigliere della Società Nazionale « Dante Alighieri », nel suo studio storico su « La stampa periodica italiana all’ estero », riproducendone il ritratto, ricavato dalla « Illustrazione Italiana » del 9 gennajo 1876, ne parla come di « persona famosa nella storia dell’ emigrazione diretta nella Repubblica Argentina ». Fu anche segretario di Garibaldi a Montevideo; scrisse per due anni il diario della Legione Italiana, e ne fece la relazione per i lettori italiani in una lunghissima lettera del 1° novembre 1846, pubblicata in più numeri del « Corriere Livornese » (luglio-agosto 1846), non conosciuti, a quanto sembra, dal Mazzini (v. Ep. G. M. lettera MMCCLVL, Parigi, 7 novembre '1847, vol XVIII). E’ autore anche di una « Vita di Garibaldi », pubblicata a Torino nel 1850; opera per la quale fu definito « il primo diligente biografo » dell’ Eroe dei due Mondi. Morì il 18 die. 1875 a Firenze, ove il Municipio, con atto partigiano da tutti deplorato, rifiutava sepoltura alla salma del repubblicano onesto, morto nella sue fede intransigente (come scrive il Fumagalli); per cui fu necessità trasportarla ad Oneglia; ciò che avvenne nel febbrajo 1876, con onori quasi trionfali lungo tutto il viaggio. Le sue spoglie riposano nel Camposanto di Imperia-Oneglia, in una tomba recante un’-espressiva epigrafe, dovuta alla penna di Paolo Man-tegazza, scrittore che lo ebbe caro e diletto. La Repubblica Argentina, come si legge in una lapide apposta anni sono nella sede della Società Operaja del suo paese, lo nominò cittadino onorario; e 1’ ex Comune di Oneglia intitolava al suo nome la calata del porto di mare, e il suo ritratto faceva collocare nell’ ex aula delle adunanze consigliari. Davide Bertone Contributi mazziniani 231 Ed ecco ora le lettere : I. Londra, 10 aprile 1862. Fratelli miei, Ebbi la vostra del 2S marzo. Accetto con riconoscenza Γ onore che avete voluto farmi. Ogni affetto di popolo mi è singolarmente caro. In me voi non potete amare che le idee in nome delle quali ho per oltre trent’anni combattuto com’io poteva, patito e sperato. Or quelle idee sommano in due: — che l’Italia è nazione, non d’aristocrazia, ma di popolo, di grandezza collettiva, di destini maturati dall’opera e dal sacrifìcio di tutti, e realizzabili soltanto col lavoro ordinato di tutti : che il lavoro di tutti dev’essere a prò di tutti, e che se la nazione, sorgendo, potesse mai escludere dall’ esercizio dei diritti politici e dal progresso morale, intellettuale, materiale, che è suo scopo e dovere, una classe, e la più numerosa di cittadini, non meriterebbe d’esistere e non esisterebbe gran tempo. Il vostro eleggermi a membro onorario della vostra Società, inchiu de la vostra adesione a quelle idee, e mi è quindi nuovo pegno per l’avvenire. Io so che oggi l’Italia è governata da uomini pei quali la Nazione non è se non un piccolo numero di cittadini privilegiati di censo e la maggioranza è plebe temuta, diseredata di diritti politici e abbandonata, senza ajuti, ad un’esistenza che non è vita, dacché si consuma esclusivamente in atti materiali, in un lavoro incessante, comandato da condizioni che non si tenta di migliorare e che pur potrebbero migliorarsi, senza danno alcuno o violazione di ricchezza acquistata. Ma quelli uomini passeranno. I destini dell’Italia saranno più potenti eh’essi non sono, e chiameranno il popolo, gli uomini del lavoro, i capitalisti delle braccia, al godimento di quei diritti e di quel progresso, ch’essi hanno più di tutti contribuito a fondare col sudore e col sangue. Preparatevi, o fratelli, per quei destini: accelerateli con l’opera vostra. Le classi operaje devono « conquistare coscienza di sè », e « ordinamento ». Predicate con l'esempio, col sacrifìcio, con la parola, perchè i vostri fratelli in ogni punto conquistino quelle due cose. Il giorno in cui ogni località della terra d’Italia avrà un’associazione come la vostra, e tutte avranno, al di sopra della loro vita locale, un centro unico, uno statuto generale uniforme, una solidarietà ordinata da un punto all'al-tro della Patria comune, i destini che stanno in serbo per voi saranno per compirsi. Lavoriamo intanto per la rapida unità del Paese, ed abbiatemi fratello Giuseppe Mazzini 232 Davide Bertone II. Montevideo 6 settembre 1851. Mio caro e buon amico, La tua lettera del 23 marzo, è vero, tardò molto a venire, ma non per questo giunse meno gradita al cuore del tuo antico compagno, che ti ringrazia delle affettuose e calde parole, con che ti piacque dargli novella prova della costante amicizia tua. E’ passato pur troppo tempo da che io ti scrissi, per aspettare a risponderti. L’occasione di un legno a vela frapporrebbe alla nostra corrispondenza un troppo lungo intervallo; perciò colgo l’opportunità del vapore. E prima di tutto ringrazierò la tua signora Madre, l’ottima tua Consorte e i tuoi ragazzi del pensiero con che han voluto consolare questo lontano e quasi ignoto amico loro, pregandoti di ricambiar loro gli affettuosissimi saluti, con la aggiunta dei miei caldi voti, perchè Dio li conservi tutti lungamente al tuo amore. Molte delle cose di cui mi fai parola erano già a mia notizia, come tu prevedevi, ma questa circostanza non deve farti credere che io leggessi con minore interesse quanto me ne dici in proposito. La tua opinione sul corso delle cose quantunque note, non può non riescirmi utile, e cara ad un tempo. Del Parlamento so le prodezze fino agli ultimi di giugno, e nulla mi sorprese. Sapevo bene di quali elementi fosse composto nella sua maggioranza; pure qualunque più iniquo uomo di partito che possa immaginarsi contro le attuali istituzioni, è cosa più che certa che quei servili lo ammetterebbero con tanto di cuore, purché il Ministero lo volesse; ma il Ministero vorrà fino ad un certo segno per non chiudersi da sè 1 adito agli onori, ed agli ambiti posti. Leggo anche i giornali meno i due nuovi campioni che disputano, o meglio occupano oggi il posto lasciato dalla « Gazzetta del Popolo », i quali non ci vengono spediti. Del « Progresso » io non sono pienamente soddisfatto, e ne parlo al nostro egregio amico Ricardi. Si direbbe che questo giornale dopo la sua iondazione fino a tutto maggio — che io non ne conosco date posteriori abbia subito una non lieve modificazione, sia nelle sue tendenze, come nella redazione dei suoi articoli. E il suo primo parevami meglio confacente ai nuovi bisogni, e più degno atleta della idea italiana; — il suo linguaggio era caldo, disinvolto, e talora spirava una nobile audacia che scuoteva e infiammava; — oggi lo ravviso, o m’inganno, alquanto dimesso, guardingo, e trascinarsi dietro le altre orme, e vivere quasi • Una, ^ ^Prestito. Io non vi scorgo più l’espressione sentita, energica, della vita italiana, che ha coscienza di sè e delle sue cose; panni, direi, la eco di sentimenti, ed affetti d’altre persone. Tu saprai meglio di me se veramente è retto il mio giudizio — e a quali cause è dovuto questo mutamento — se pure come io credo, vi è fatto. La« Croce di Savoja »> giustifica il suo titolo; — tu’non t’aspetti cer-tamente eh io me le cavi il cappello e m’inchini ad essa dinanzi; — ma non negherò che io ne leggo con attenzione gli scritti specialmente in materia di economia e chç in genere trovo il giornale fatto con amore e cura instancabile; — motivi per cui io considero pericolosa la sua dif-usione. Bisogna conlessare che gli organi della demodrazia non sono ne cosi diligentemente condotti, nè diretti con tanta intelligenza, e tanta copia di dottrina; e questo è difetto gravissimo nelle attuali circostanze del Paese. Dell « Italia e Popolo » di Genova, del quale ho veduto appena i primi numeri, lodo l’intento e gli sforzi, ma finora offre poco valido appoggio alla combattuta democrazia. Mi duole che «L’Uguaglianza» Contribuii mazziniani 233 faccia eco al « Socialismo », e vorrei che codeste fantasticherie di Francia fossero tenute dai severi intelletti italiani in quel conto che meritano. Io non vedo che nella Francia medesima i pensatori più assennati dieno gran peso a tutto quel gridare d’alcuni utopisti, od illusi; nè Mazzini, che certo comprende quant’altri mai le questioni sociali, dà importanza, più che di vaghe aspirazioni, alle pretese dottrine dei nuovi riformatori, che altro non fanno se non introdurre l’anarchia, e mantenerla nel campo democratico. Della « Propaganda di Governo » non avevo saputo più nulla, e da quanto me ne dici mi pento anch’io di averla raccomandata; e ben facesti a lavartene le mani. In oggi qualunque associazione che non tenda a fortificare negli animi l’idea nazionale italiana, e ad istruire nel tempo medesimo intorno ai doveri del cittadino e dell’uomo, deve essere condannata come inutile e dannosa — scopo al quale sono certissimo mirerà sollecita l'associazione degli operaj stabilitasi costì, e in altre parti dello Stato. Ottima cosa fai, caro mio, dirigendo le tue premure in pro’ di questa nobile classe di cittadini, che con le robuste sue braccia mantiene in (fiore lo Stato, e con imperterrito animo lo difende; operaj e cam-pagnuoli sono il nerbo della nazione, e coloro che meglio comprendono le verità, che gli Apostoli della dottrina trasmessaci da Cristo, unico nostro Padrone, non tralasceranno di ripetere loro. Gli uomini dati al lavoro son quelli che meglio conservano, così come il corpo, sani la mente ed il cuore, e perciò de’ più nobili e generosi sensi; che hanno a sdegno il servaggio, od ogni altro imperio che non sia quello votato e voluto da essi. Perciò immenso è il bene che da Associazioni siffatte potrà derivarne tra non molto all’Italia, la quale — Libera ed Una — potrà farsi soltanto con 1’ efficace concorso di tutti gli uomini del Popolo. In una mia, scritta a Meneghin, prima di ricevere la tua, incaricavalo dirti che sarebbe stato conveniente promuovere la stessa Associazione a Porto Maurizio e nella valle; — ora io vedo che tu avevi già pensato a questo, e me rallegro teco, e meco ad un tempo. Manifestavo pure il pensiero di collegare in una tutte le Associazioni di Operaj sparse, e ne sciissi anche a Genova a taluni dei promotori in quella città, e se mai voi non aveste altri dati ancora per i passi opportuni, potresti rivolgerti in mio nome al signo Ulisse Borzino, pittore — in ogni caso però terrai questo nome per quello di un amico. A* Pro£etto ^ elevare un edifico che si costrurrebbe mediante fondi dell Associazione, e lavoro gratuito di soci; destinato alle sue adunanze, ed il progetto realizzato sarebbe il più bell’elogio e dell’istituzione e del generoso sentire dei nostri fratelli, — ed io mi auguro che presta mi arrivi la nuova dei lavori già cominciati. Io suppongo che e nello stesso locale o in altro, penserete egualmente a istituire una scuola tecnica, che è una necessità per tutti. I metodi trovati dalla scienza per quasi ogni lavoro di mano, non devono essere trascurati — se o*i0va _ ed è lo scopo principale educare il cuore, e infondere sani principi tra il popolo — conviene in pari tempo additargli quelle vie che ponno riuscirgli più utili nel risultato dei suoi lavori, e renderglieli più spediti più facili e perfezionati. ’ Erami entrato in mente di mandare alcune mie parole perchè tu le leggessi per me in una delle adunanze, ma poi parendomi vanità da parte mia più che altro, ne dimisi il pensiero — sentivo e sento quasi il bisogno di mettermi a contatto in ispirito almeno con codesti fratelli che hanno saputo ispirarsi a uno dei primi bisogni dell’epoca: quello di associarsi. Dà loro almeno il mio fraterno saluto, accompagnato dal voto di abbracciarli presto sotto auspici pùi lieti per l’Italia nostra. Ho veduto con piacere che hai fatto relazione con quei due buoni 234 Davide Bertone amici miei, l’uno in Nizza, l’altro in Genova — al primo ti prego far presenti i miei saluti, — all’altro soglio scrivere — e scrivo con questa occasione medesima. I tempi camminano veloci, ogni giorno che passa accumula elementi di tempesta — il momento in cui scoppierà non è forse lontano tienimi al corrente di quanto sai — e giovati della via che indico a Carlino — così non saremo più discosti per mesi e mesi, ma di soli 42 giorni — non tralasciamo di porgerci la mano per trovarci meno discosti — e da te esigo questa prova di amicizia. Saluta i comuni amici — il dottor Gaudo nominatamente. Addio, caro Ludovico, ama e ricorda il tuo antico ed aff.mo compagno di infanzia. G. B. Cuneo STATUTA SAONE DEL 1404-1405 Convenzioni (1). Chi conveniva con altra persona, di ambo i sessi, Savonese, circa un lavoro era costretto a restare presso il datore di lavoro per il tempo pattuito: per es. un domicello assunto al servigio di un padrone era obbligato a starie presso di Ojuì tutto ii tempo pattuito con esso (2). Se il servo prima del termine del tempo fissato, se ne andava, gli ^era intimato dal padrone di tornare entro due gioirai al suo lavoro; se il servo rdfìutavasi, perdeva il salario di tutto il servizio già prestato (2), se per caso avesse avuto già tale denaro, doveva restituirlo (3), inoltre di Podestà per -'tutto quell’ anno lo bandiva dalla Città, acciocché non potesse associarsi con altra persona (4). Lusso (5). Per proibire l’immoderato lusso delle donne, dal Febbraio dell’ anno 1430 in poi, era permessa alla sposa una veste di qualsiasi prezzo, ima per cinque anni -consecutivi non poteva fame altra stimile, (1) Savona, Statuti del 1404, f. 65 a, b. (2) Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 46; pag. 86: colui che prometteva di aiutare un altro in denaro era obbligato a versaiolo ugualmente anche se avesse voluto ritrattare la promessa. — Cai'pasio, cit., cap. LXXXV, pag. 237 — idem Cosio. — Levanto, cit., f. 41. — Diano, cit. 'cap. CXLII, pag. 123: colui che ha promesso di venire in aiuto di alcuno col proprio lavoro, con le proprie bestie, deve tarlo effettivamente altrimenti -è multato del doppio della paga che avrebbe percepito lavorando, a vantaggio .sempre di colui con il quale aveva preso accordi, a meno che egJü avesse da presentare una buona giustificazione. — Albisola, cit. f. VI, 27, cap. 26, pag. 53: un bovaro o un lavoratore che concorda vasi con alle uno di lavorare in un giorno fissato, se avesse mancato ai suo dovere, era punito in 12 soldi genovesi. — Celle, Albisola, Varazze, cit., f. Ί0 a, b : chi concordavasi con alcuno circa un lavoro e avesse mancato •alla promessa, era punito in soldi 12 genovesi in moneta Savonese. — Villafranca, oit., cap. 36, pag. 117. (3) Levanto, Statuti cit., f. 41. —Villafranca, cit., pag. 117, n. 137: •tratta del salario dei maemenghi e servi; se uno di questi non veniva pagato ia dovere dal padrone, se ne appellava -al Cast ed darò di Villafranca, il quaüe, lem-tiro otto giorni, oibb'liga.va il padrone a soddisfarlo. (4) Levanto, Statuti, f. 41. (5) Levanto, Statuti, f. 41. 236 M. Vicino Paganoni pena (lire 50 di cui runa Iterza (parie andava a (beneficio della chiesa, 1 altra per il molo, il resto all’accusatore. Potevansi portare perle, gioielli che non Oltrepassassero il ìvalotre di 20 fiorini, così corregge e zone d a-gento non (maggiori de il valore di 12 ducati; inè costellili con marnilo e va-ginia d’ argento di jnolto valore, pena llire 10. Il Cittadino e Distrettuale non doveva permeittere alla moglie e alle fìgilie vestirti suntuosi, e troppo lâcchi d.i painno, cioè con una coda oltrepassante la terza parte di un palano, e il panno inglese doveva 'essere non più largo dd. rtre canne e tre palmi, d panni fiamminghi e francesi 4 canne, sotto pena per il capo· famiglia di spergiuro ie lire 25 di multa. An,che per il pranzo dd nozze era stabilito intervenissero non più di venti persone (5), poi per 10 giorni consecutivi al matrimonio non dovevanisi fare inviti pena lire 40, eccetto per d suoceri degli sposi. Più 'tardi gli 'egregi uomini, Giacomo Revello, Priore degli Anziani, e di iSottopriore iLodieio De Pruneto, Bartolomeo De Zocco e 'Luciano Natomus, (cittadini dii Savona, nominati dagli Anziani', ponevano un freno agli eooessii del lusso muliebre, dettando quald vesti, cappella, {berretti, ornamenti «e altri 'abbigliamenti dovano indossare le donne isda sposate o no, pena una multa da stabilirsi.. 1 polli e volatili (6) non potevansi spedire fuori città, senza licenza degli Anziani, pena 20 soldi e la perdita della merce esportata (7); gli (1) Savona, Statuti del 1404, aggiunta del 1430, f. 68-70. (2) Albenga, Statuti, pag. 141: cinquanta persone. — Levanto, cit. f. 37, 38 : in giorno di nozze non potevasi dare più di due mense, e dove-vasi/ denunziare la quantità di carne, di doiLoi, ecc. che consumayasi, pena la multa di 10 lire genovesi — idem, f. 87 : quaranta uomini e dieci donne dovevano intervenire nel pranzo di nozze e non più, pena la multa di lire 10. (3) Savona, Statuti del 1404, f. 112 b-113. (4) Savona, Statuti del 1345, f. 91 a : non potevano comprare o tar comprare prima dell’ora nona. — Albenga, ait., pag. 49: nessuno poteva spedir merce fuori di Albenga, pena una multa che variava a seconda della merce. — Diano, cit., cap. 128, pag. 117 : non devesi spedire fuori di Diano, polli, pernici, uccelli, uova e selvaggina, pena la multa di cinque soldi. — Albisola, ciit., b. VI, 27, cap. XXXI, pag. 34: persona straniera può venire in Albisola a vendere le eue merci, purché paghi il pedaggio, b, 6, 27, cap. XXVIII — idem, p. 64 b: era proibito vendere letame >e arundini fuor del distretto dd Albissola, pena 7 soldJi genovesi di multa per il letame e soldi uno e denari 6 per ogni fascio di arundini (canine) — Casale, cit. icoil. 999 : non si può esportane vettovaglie dal borgo e Distretto idi Gasale, pena da 20 a 60 soldi paveisi a seconda della merce; ddem, col. 1000: uno di 'Casale non poteva vendere nel suo paese per conto di un forestiero, 'grano, legumi, farina, pena 20 soldii di multa e la perdita delda merce; ddem, icol. 1001: devesi portare le vettovaglie-da vendersi isuilla piazza di Casale per 'essere pesate prima della vendita; -idem, col. 1001 : i circolatori e i masnenghi possono esportare da Casale He vettovaglie che han comprato, ma devono pagare se/i denari. Statuta Saone del 1404-1405 237 estranei potevano comperarne per portarseli via, purché i rivenditori Savonesi non partecipassero ail negozio. (Nessun Ciititadiino poteva passata Γ ora mona, giocarsi ai dadii ideiglii animali di (curi sopra, pena soldi 20. Potevansi cacciare tutti gli animali, eccetto i colombi (1). I rivenditori non potevamo comprare prima dell’ ora terza, castagne, fichi, frutta e ortaggi, pena 5 soldi (2). L’ arte sagittaria >(3) perchè meglio si sviluppasse, gli Anziani stabilirono di fabbricare un locale adatto, ove i giovani sarebbero stati istruiti appositamente (4). 1 ;prestiti o loci (5) dovevano farsi quando eran deliberati dal Grande Consiglio, *e perchè fossero vaDidi si tìoveva imporre una nuova ga- di pedaggio per ogni ©acco; idem, col. 1001 : non devesi esportare selvaggina, e pesci. — Ivrea, citato, col. 1220: non si può comprare veittovaglie fuor di Ivrea per da distanza di un migiMo, pena da perdita dieilla 'merce ie dii « valimento » ©e /il compratore {fosse αιη 'Cittadino, se forestiero (perdeva solo la merce — Torino, icod: 724 : non si può vender selvaggina agii «estranei per rivendenLa fuori di Torino; dldem, col. 728: nessun ni·venditore o rivenditrlioe può lin 'altri giorni, tanto fcneno nel sabato, uscire da Torino per -andare a comprare fagiani, perniici, capponi, (lepri, olii, fotam aggi, eoe., niè per -altri, nè per siè; :idem, col. 728: non devesi -esportare da Torino selvaggina, nè galline. (1) Diano, cap. 12S, p. 117: pena 60 solidi di multa — Chieri, cap. CCXIX, p. 71, colombi e quaglie — Torino, cit., col. 699: pena 20 soldi — Ivrea, cit., col. 1163: dai procuratori del Comune di Ivrea eran eletti 6 Sapienti, ii quali curavansi con dii Vescovo di pronunciar sentenza (ài scomunica contro quelli che cacciavano i colombi. — Moncalieri, cit., col. 1423 : chi cacciava i colombi pena 2 soldi per colombo preso; idem, col. 1487 : clii cacciava i colombi con rete, pena 60 soldi ogni volta; idem, coll. 1506: olii cacciava i colombi -era punito con il taglino Ideila mano destra in pubblico. (2) Savona, ait., vedi nota (2) pag. 105 — Albenga, cit., pag. 43 b: pena 20 soldi di multa e la perdita della merce — Mentone, cit, pag. 43 b : non devesi comprar dd (notte, pena pagare il doppiio del valore della merce comprata — Albenga, cit., p. 3-43: è proibito comprar fichi acerbi — Genova, cit., col. 581: non potevaisi far compere passata Γ ora terza; Idem, cit., col. 703 — Diano, cit., cap. 128, p. 117: non devesi comprare sul mercato prima dell’ ora nona, pena cinque soldi — Torino, cit., col. 728. — Moncalieri, citato, col. 1408: pena 12 denari. — Ivrea, oit., col. 1220: nm mercante che comprava fuori o dentro Ivrea, nel giorno di venerdì, peiscii, polli, uova, frutta, selvaggina, prima dell’ ora nona, doveva venderli al prezzo di costo. Così /pure all tavernaio o albergatore poteva -comprare in vigilia ie in venerdì, pollili, pesci, ecc. prima dell’ ora nona non /più dii due solidi, pena 5 solidi di muMa. Ό3) SavoTiia, cit., ded 1404, f. 142 b. ,{ì4) Albenga, oit., p. 64: ogni amino lerano isititanite 12 « coclearie » a spese del 'Comune, per l’lanmiaeslramento dei giovami nell’ arte sagittaria, ma nessiun scopo di iluc.ro, 'doveva avere tale gioco. (5) Savona, cit. del 1404, f. 109 b. 238 M. Vicino Paganoni belila per do sdebito di -detti pestiti; una volta sdebitati, «cessava la gabella (il). Il Collegio dei Notai (2). Per regolare Γ arte Notarile e Γ Ufficio dei Notei (per il benaid aesentar si, potevano farsi sostituire da altri idonei a tale ufficio. (2) Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., p. 89: il Notaio non ivi nato non poteva Ifare testamento o fim/ventardo «dii quaJlouno «dii 'Cosio, poiché era temuto .nudilo 'in suo latto — Celle, cit., f. 39a: nessnn notaio di Celle o di ladftird icomuni, jecoetto i notai di Varazze, /GeillLe, Albissoia e del collegio dedita ciittà idi Genova, può esercitare ii notariato in Celle, se non con diicenza del Consiglio generade -di Cedile. <11 /Notaio colpevole era multato dii L. 50 genovesi, di cui 'la metà lanidava ia {benefìcio del porto di Genova, imjetà del Comune Idi Celie. — Chieri, cit., cap. XIII, p. 6: (ii Notaio non era accettato negli uffici del Comune se non era nato nel Comune — Ivrea, cit., col. 1131: come Chieri — Casale, cit., col. 94: il Notaio non poteva, durante il suo ufficio, esercitarne altri nè essere Notaio del Comune se non dopo passati 6 mesi dall’uscita di sua carica pena la multa di lire 10 pavesi e perdita dell’ufficio. (S)Ivrea, cit., col. 1131: se il nato altrove fosse meritevole, veniva esaminato e approvato. •(4) Nicosia, cit., f. 1, 9, p. 2 b — Casale, cit., col. 940: il Notaio giurava di giudicare nel luogo dove era autorizzato ad esercitare. (5) Savona, oit. del 1345, f. 22 a: ogni ‘Notaio depositava una cauzione di L. 50 genovesi. Se forestiero non era accettato nell’ufficio scrivani. (6) Ivrea, cit., col. 1132: idem, e pena 50 Idre. 240 M. Vicino «Paganoni dava i suoi cartolari ad un altro notaio del detto collegio (1). Costui poteva far atti del Notaio assente alle persone che ne chiedevano; il guadagno andava metà al Notaio assente, metà a quello che faceva •l’atto. Nessun Notaio poteva abbreviare lo strumento di un Notaio assente, se non in un libro a parte, quindi stendere gli atti entro 2 mesi dalla richiesta (2) pena L. 10. Prima di stendere un atto, occorreva la licenza del Notaio assente, e in mancanza di questo, il permesso dei Magistrati o del Grande Consiglio di Savona. Nell’ istrumento stesso veniva scritto 1’ anno, il mese, il giorno in cui era stata data tale licenza. Detti Notai giuravano di non fare, nè accettare gli strumenti contro la volontà del Comune e senza ordine degli anziani (3) sotto pena di L. 50 e di essere privati del loro ufficio. (1) Savona, cit., del 1345, f. 22 b: il Notaio che si fosse assentato da «Savona o iche morisse doveva lasciar i suoi cartolarli ail^ Comune o ad un motaiio eittadiino «di 'Savona — Celle, cit., f. 40 a: il Notaio delila Curii a di Calile non può assent arsi dal Comune, pena 5 lire genovesi di muilita in moneta savonese. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 22 b : da Podestà giurava che aveva tutti gli strumenti e cartolari, fatti per mezzo dei p«ubbiliicii Nota] a quali pubblicamente eran dotati e confermati dal Podestà e dal Consiglio -dellla città, cittadini e abitanti dn Savona con la famiglila da almeno 10 anni. 'Poiché, sodo a talli condizioni .avrebbero potuto esercitare ad notariato in Savona. iSe ad un Notaio ohe dai! Podestà o dai giitudicio dall-1’ assessore del Podestà o dall Nuncio «del Comune, venisse proibito ai abbreviare, idi comporre 'qualche strumento in Savona, secondo forma dello statuto, doveva eseguir 1’ ordine altrimenti dopo essere multato in soldi 10, era 'cacciato d'afilla icittà — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., p. 88: il Notaio, se richiesto, deve dare spiegazione delle sue accuse, se rifiuta perde il salario ed è cacciato dall Lincio per 10 ann!i; «pag. 88: la stessa multa che nella noia precedente se vende la sua arte — Ivrea, cit., col. 1131 : i notai del collegio possono scrivere ed estrarre gli strumenti e protocolli idei potai viventi e porre ili proprio sigillo — idem, >col. 1133: (appena dJl iNotaio ha un nuovo strumento deve in presenza delile parti ie deli (testimoni renderlo pubblico idem, coi 1134: gM 'strumenti devono 'restituirsi entro lo giorni dal giorno in cui vengono richiesti. (3) Savona, Statuti del 1345, f. 22 b: i notali giuravano di non abbreviare nessun istrrumento, se non in un (manuale che fosse almeno di 8 cedole ed entro 3 giorni \doveivano scrivere e porre gli strumenti abbreviati negli stessi manuali nei propri 'cartolari. Circa poi gli strumenti delie gabeLlie del Comune dovevano osservare la volontà del Podestà e dei Giudici. I Notai giuravano ancora di ricordare a chi faceva testamenti, di lasciar qualcosa per le opere del Molo e del Porto. Essi potevano estrarre strumenti fatti e dardi «entro 8 giorni «a chi ne facesse richiesta. Statuta Saone del 1404-1405 241 I Notai di detto collegio eleggevano 2 di loro (1) di almeno 25 anni 'di età «accdocchè sii icuraesero delle cose eodlesdiastiahe; inoltre «per i due -Rettori iniotmiLnjavamo un Massaro e uno (Scriba scelti fra, d detti Notai. Il Massaro e lo Scriba dovevano rendere ai successori le relazioni di quanto era avvenuto nell* anno in detto Consiglio e giuravano di adempiere onoratamente »al loro Ufficio. Ogni Notaio doveva possedere un <( pa-lium » e « octo brandonos », se /aid uno di essi moriva la moglie o una figlia, con quel pallio e quei «ceri poteva irendere gli onori alila morta fino afe sepoltura; fcna se di Notaio eira povero, ile spese del funerale erano •sostenute da tutti gli altri Notai del Collegio. iSe tra .i Notai nasioeva questione, i rettori dovevano rappaciarli e se uno deii 'litiganti ancora si opponeva, veniva multato dal Podestà in soldi 100, iddi 'Cui {metà andava -al Comune, metà al Collegio; chi non ubbidiva agli ordini di detto Collegio èra punito :in 25 lire, dal Podestà. I rettori del (Collegio dei iNotai sotto vincolo di giuramento -e la pena di L. 10 per ognuno, tenevano un armadio nella casa o convento dei; frati Minori (2), nel quale riponevano i cartolari dei Notai defunti e viventi (3). Due dei migliori Notai avevano in consegna detto armadio e si mutavano a vdioemda, secondo l’elezione «e volontà ded Rettori e Consiglieri del Collegio. I due Delegati avevano una ohi ave della porta della stanza, ove -era posto l’armadio, la 'Chiave doveva essere diversa da quella posseduta dagli altri Notai, di modo che questi non potevano aprire Γ armadio se non alla presenza dei due delegati. Costoro prendevano visione dei protocolli dei Notai morti (4), e per ordine del Podestà li rendevano pubblici, estendevano quelli abbreviati, nell’ interesse delle persone che i protocolli, gli istrumenti e le abbreviature volevano. La mercede dei Notai (5) per questo lavoro veniva pagata metà (1) Ivrea, cit., col. 1124: eleggevano 1 Giudice e lo deputavano alla riforma e dettatura di altre scritture Idei Comune. (2) Albenga, cit., p. 67: 1’ armadio era niello Archivio· della Can-celileriia — Diano, cit., icap. XVI, p. 48: era nominato un uomo capace e discreto che tenesse presso di sè i cartolari e i privilegi del Comune, chiusi in un banco o cofano con 3 chiavi, il cofano era tenuto in Sacrestia — Ivrea, «cit., col. 1132: ii protocolli si «conservavano presso i notai propri, pena 60 soldi. (3) Albenga, -c.it., pag. 67 — Levanto, -cit., f. 46, 47 — Genova, cit., •col. 641 — Nizza, ledit., «col. 156: i 'Cartolari del INotaio defunto, solo il Siniscalco poteva 'concederli ad un’ .ailtro notaio e con speciale licenza — Casale, cit., col. 941: le carte perdute e Ile carte abbreviate da altri, possono «essere rifatte -dai notai di Casale. (4) Albenga, cit., pag. 68 e segg. — Ivrea, cit., col. 1132: nessun notaio può estrarre fan istrumento dii uhi notaio defunto senza licenza del Podestà, o Vicario, o Giudice. •(5) Nizza, cit., col. 97-100: stabilisce la mercede dei Notai; idem, col. 115-116 : i notai debbono chiedere il giusto prezzo dei loro pubblici strumenti e mon di più — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 87: mercede dello scribano o Notaio è fissata da 1 a 8 denari, secondo l’impor- 242 M. Vicino Paganoni dalle persone dntere&sate, metà dagli eredi ded defunto Notano; questa mercede era divisa tra i due delegati. Se il defunto Notaio aveva υη lerede, figlio di nipote, o figlio dei fratello, nipote del fratello, presente nel detto CoDlegic, toccava a lui ili Cartolaio del defunto' parente (1). Se per caso vi erano due eredi del Notaio defunto, interveniva il Podestà, che (esaminava a ichi toccava il cairtolairio del defunto parente. Il Collegio degli Avvocati (2). Era nominato dagli Anziani, in febbraio, ogirui anno, un avvocato specìiadie e consultatore· del Comune scelto tra i giurisperiti ded collegio della città. Il prescelto non poteva ricusare tale carica, pena L. 100. Esso doveva con buona fede1 e onore difendere il Comune in ogni contingenza, doveva mandare lettere e strumenti del comune e trattati degli ambasciatori (3). I dottori di diritto sia canonico, civile e altro del detto collegio, giuravano di adempiere con onore al loro dovere (4) pena lo spergiuro e Γ infamia e L. 100 di multa. Gli avvocati non dovevano prestare il proprio patrocinio in nessuna causa (5), se non ad ambo le parti litiganti, non tralasciando nessuna parte del loro diritto, sotto pena di infamia e privazione dell’ Ufficio e L. 25 di multa. Nessun avvocato poteva cominciare la sua carriera se prima non era provato da un Magistrato civile o criminale (6). Se era un awocato- tanza dello strumento. Il iNotaio di Coeio, ecc. percepiva 4 denari « de teste maleficiorum » — Nizza, cit., col. 146: i Notai giurano di non alterare i prezzi, ed è fissata la tabella delle mercedi che percepiscono — Diano, cit·., cap. VII, p. 43: varia la mercede a seconda della importanza ded documenti e delle scritture — Quiliano, oit., pag. 356j era proibito ai .Notai di Quiliano di ricevere doni da alcuno, pena L. 5 di multa. Inoltre nella seguente rubrica sempre a pagina 356, trattasi deflla mercede tanto per gild atti e scritture fatte quanto per d processi, civili che criminali — Levanto, cit., f. 26, 27: dovevano scrivere ogni strumento peir il Comune, senza alcuna mercede; mentre per le persone hanno una tariffa che varia secondo Γ importajnza della (Scrittura — Nicosia, cit., f. , p. 20 b : dà una tabella idei «satorio dei Notai e dell Console a seconda degli atti — Celle, cit. f. 25 a-b : la mercede dei Notai varia da un soldo e 3 denari fino a 5 saldi — Ivrea, ciit., col. 1117: varia la mercede) al seconda della importanza dei documenti. (1) Albenga, cit., pag. 68. <2) Savona, cit. del 1404, f. 110 b, 111 b — Albenga, cdt., pag. 426: esiste iil coliUegio degli avvocati — Nizza, cit., col. 05, 97: torddnatio comitis Provinciae super advocatis et eorum salariis. (3) Albenga, cit., pag. 426: Γ Avvocato non poteva distrugge re document!, pena L. 100. (4) Finale, cit., cap. 37: gli avvocati e Procuratori giuravano di esercitare bene il loro ufficio, pena l’intendizione. (5) Levanto, cit., f. 36. (6) Genova, cit., col. 725: qui est quali ter ireicdpian tur in matricula iudicum Januae. Statuta Saone del 1404-1405 243 estraneo (1), prima doveva farsi cittadino Savonese, poi era esaminato, quindi poteva entrare a iar parte di detto collegio. Non poteva 1’ avvocalo 'Giudice patrocinare per altrii e contro uno strumento pubblico che egli stesso aveva fatto, pena L. 10, eccettuato il caso in cui in Savona non si trovassero lailitro -che due avvocati, restando ammesso· che in quel caso potevano cambiarsi i patrocinatori. Quando il Magistrato sedeva in Tribunale, .nessun avvocato poteva allietare in sua presenza, pena iL. 25, alla quale pena eira pure condannato il mag.ist.rato stesso se consentiva alla allagazione. •Nessun avvocato poteva patæocümare privati ed Ehti contro il Comune '(2), pena L. 100 e la perdita della cittadinanza, e la cacciata dal collegio, a tmemo che non gli fosse concesso dai tre quarta degli Anziani. Gli avvocati potevamo però difendere chicchessia nei delitti criminali. Næsun avvocato poteva parlare e intrattenersi col Vicario dell Podestà se mon .della sala del palazzo in pubblico, isotto pena, di fiorini 4; alla stessa, pena 'incorreva il Vicairio, se avesse ricevuto altrove un avvocato, s’intende che iciò non valeva nel caso in cui (Γ avvocato dovesse allegare sopra qualche causa. Istruzione (3). Per 1’ istruzione pubblica gli Anziani nominavano ogni 'anno ; du e d eli più notabili .cittadini ohe avessero prole maschile, vivente, i quali sotto vincolo di giuramento, investigavano se i giovani e i fanciulli savonesi venivano sufficientemente istruiti nelle grammatiche e negli autori. Due erano i maestri che insegnavano in Savona, grammatica, logica, rettorica e autori (4); il loro salario era di L. 35 ogni (1) Genova, cit., col. 726: de inspectione originis et patriae iudicis. (2) 1Genova, cit., col. 514; idem, col. 634; idem, col. 726: de non consulendo vel advocando pro iniusta causa — Albenga, cit., p. 426 — Levanto, cit., f. 36, 37: e pena 100 soldi — Celle, f. 29 a: nessuno di Celile poteva /avocare contro il proprio Comune per uno estraneo o forense, altrimenti pena 10 soldi di multa genovesi im monete savonesi. (3) Savona, Statuti del 1404, f. 66 b, 67. (4) Finaro, cit., pagg. 127-128 — nGenova, cit., col. 653: chi voleva 'insegnare .nel collegio dei maestri era prima esaminato moralmente ed totellettualimente da 2 tra ì migliori maestri idi grammatica del Collegio stesso *— Genova, cit., col. 711, 712: era proibito ai maestri oriundi del Ducato delle Marche, Toscana, Napoli, .Sicilia, Romagna, e Patrimonio di iS. 'Piatro, di venire ad insegnare a Genova — Chieri, cit., cap. CCCXI, p. 99 : .possono· istruirsi .dai maestri di Chieri i giovani che pagano· le taglie deii loro possedimenti. Chi avesse però offeso o percosso un abitante di Chieri stesso non poteva godere del privilegio — Casale citato, colonna 9o8: un maestro di grammatica ivi ad insegnare, era esente dal servizio militare, c stipendiato dal Comune — Ivrea, cit.’, coL 1130: anche qui vi sono i maestri, che possono insegnare liberamente e gli allievi imparare e sono trattati in tutto come cittadini; idem, cit.„ col. 1343: solo il maestro Facio di S. Paolo può insegnare agli abitanti d’ivrea, che voglion imparare grammatica. Il maestro designato dal Comune non può aumentare il salario consueto pagatogli dagli allievi. 244 M. Vicino Paganoni sei mesi, lassia L. 70 iaLTaiirio. I maestri mon potevano (Licenziare uno scolaro senza permesso del Governatore, nè .ricusare di insegnare ad un allievo paria 60 soldi, che gli -ai trattenevano sull salario dai razionali. Un maestro non poteva togliere gli allievi iad un altro, pena 50 fiorini. Oli allievi texano obbligati a pagare una -tassa; chi pagava l’alfabeto o tavola, pagava soldi 10; il Sallter/i-o, solidi 20; dii [Donato (grammatica latina) -e il primo latino un barino; il secoindo latdino soldi 60. Il Culto (1). Il Culto è la parte vitale del Comune, ed è scrupolosamente osservato e professato. Nei giorni festivi qualsiasi lavoro era sospeso, chiuse le botteghe (2); in vigilie e in Venerdì non si doveva mangiar formaggi, nè uova (3); non si amministrava la giustizia (-4), neppure i «Campari lavoravano; eran puniti i bestemmiatori e il turpiloquio (5). Tutti andavano alla messa ogni domenica, anzi la prima (1) Savona cit. del 1404, f. 66. (2) Albenga, dit., pag. 341 : neanche il panie cuocevasi in g-iomi festivi — Mentone, -cit., p. 42: piena 5 soldi /chi lavorasse dii fèsta — Letanto, pagg. 35, 36: e pena 5 soldi genovesi di multa — piano, cit., cap. 133, p. 119: come Mentone — Mioglia, cit., f. -1 1— Celle, dii., f. 28 a: pena 10 soldi genovesi dn moneta savonese — Nizza, clit., col. 117, 118 — AU bisola, cit., f. VI, 27, cap. 44, p. 43: e multa di L. 3i genovesi — Nicosia, cit., f. 1-9, pagg. 20, 30: e pena 5 soldi dii umiltà — Ortonuovo, cit., f. 1-9, pag. 63 — Biella, cit., cap. 117, 120, p. 352 — Chieri, cit., cap. OCX, p. 67 — Casale, ait., col. 1004: e pena 10 soldi di multa; idem, col. 1070: non si deve vendere panni e altri generi in giorni festivi, pena, 5 solidi pavesi — Moncalieri, cit., col. 1499; idem, col. 1500: è proibito anche ai fornai, mugnai e fornaciai lavorare di festa — Torino, cit., col. 725: nessun asinaro, carrettiere ecc, poteva in giorni festivi passare con carico per le strade — Ivrea, cit., coaveva come sialario 10 fiorini, 17 lire e 10 teoidi all’ anno (2). Due Massari (3) erano nominati anche per la Chiesa di S. Bartolomeo con requisiti pari ai due Massari precedenti; prestavano anch’essi giuramento, avevano iil proprio mastro. Era proibito che alcuna persona ecclesiastica o no, tenesse stalle, fuochi in vicinanza della Chiesa, pena dire 5; nlè potè vasi lasciar pascolare e stanziare lanimali; ma doversi tenere d.l bosco in buona condizione, pena 20 soddi per ogni animale trovato. Inoltre (era proibito, nello spazio tra la Chiesa di iS. Battista e di S. Caterina, transitare con buoi, tori, maiali, capre, ecc. pena una multa di eui una terza parte toccava al (Comune, l’altra a benefìcio della Chiesa. Due Massari (A) erano eletti con gli stessi requisiti dei precedenti, per la Chiesa di S. Pietro; anch’essd esigevano delle tasse da chi possedeva beni e tenevano un mastro. tre giorni, dal giorno che lo aveva ricevuto. Questo denaro veniva impiegato per la manutenzione e accrescimento delle Chiese, e con pubblica scrittura gli Ufficiali addetti dovevano dar conto di tutte le entrate e spese che facevano. (1) Albenga, cit., pag. 80 e sgg. — Nizza, cit., col. 57. (2) Diano, cit., cap. XVII, pag. 49: i tre Ufficiali, addetti alle Chiese di Diano, percepivano la decima parte di quello che raccoglievano, vano. (3) Savona, Slattiti del 1404, f. 50 a, b. (4) Savona, Statuti dell 1404, f. 68 a, b. Statuta Saone del 1404-1405 247 Bue Ufficiali eletti in gennaio d1 ogni anno, attendevano alla manutenzione delle case, ospedali, Chiese, Conventi ed altri luoghi pii (1). EiseiL (giuravamo ail Podestà di adempiere con onore al proprio dovere; duravamo· un lainmo in cartìioa; Ànvestiiigavainio ise gii edàfici affidati aiLLa loro custodia -avessero bisogno di restaurazioni ; -nel qual caso nife ri vano agii A anziani, dai quaili ricevevano .i mezzi per le riparaziorui. Pure dagli Anziani era stabilito ogni anno una elemosina per i Conventi della Città i(2), nella misura di L. 20 per ogni Convento e anche più se era necessario (3). I Conventi erano esenti da tasse, ed erano obbligati a dare pane e mangiare ai poveri che a loro ricorrevano (4). Ufficiali appositi raccoglievano denaro per le persone bisognose, ed acciocché queste venissero sollevate, tre quarti del Consiglio Grande stabilivano che i Cittadini, i Distrettuali, i beghini, i terziali dell’ ordirne dei beati, sia domeniicali ohe augustiand, contribuissero col Joro ad aiutare chi ne aveva necessità (5); esigevano le somme a seconda delle sostanze dell’ individuo e costringevano a pagare i renitenti. I Massari del Comune poi sorvegliavano gli Ufficiali, acciocché tutti versassero in equa parte; e tassavano anche gli estranei, specie se possidenti. Nessuno potevasi scusare di non conoscere tali provvedimenti, poiché si facevano preconare pubblicamente. Igiene (7). Quattro Ufficiali, nominati dagli elettori, soprintendevano all’ igiene pubblica (8), duravano un anno in carica, dovevano (1) Savona, Statuti del 1404, f. 141. (2) Savona, Statuti del 1404, f. 61 b. (3) Casal e, cit., col. 1062: il Podestà o,gni anno versava, a conto deil Conmine, 30 iiire pavesi ad frati minori e 25 ad frati eremiti per elemosina, e sussidio — Ivrea, cit. col. 1186: iil convento dei frati predicatori e minori dii Ivrea riceveva dal ^ Comune Mémos ima di 20 (imperiali, per i loro vestati ed al tiro —Moncalieri, cit., col. 1375: ogni amno, ned giorno di S. Michele li frati minori ricevevano' dal Comune come elemosina 6 l'ire per ili loro vestiario. (4) Albenga, cit., pag. 84 — Chieri, cit, pag. 126, 134: immunità dei momasteri. (5) Savona, Statuti del 1404, 1 58-59. (6) Genova, cit, col. 526, 528. (7) Savona, Statuti del 1404, if. 62, 64. (8) Savona, Statuti dell 1345, f. 86 b: quattro uomini erano nominati per lia ri attivazione delle vie e strade di Savona e distretto — Albenga, cit., pag. 95: gli Ufficiali addetti alle pubbliche vie eran chiamati «pubblici» — Levanto, cit., f. 12: sei Ufficiali per l’igiene — Mioglia, cit., f. 9 a: due Ufficialii per Γ Iigliene — Finale, cit., -cap. 55, pag. *293: alla manutenzione deille strade pubbliche erano preposti i giuratori, e la manutenzione delle strade era a carico delle Compagnie — Diano, cit., cap. XCIII, pag. 99: due Ufficiali per le vie deìla città — idem, cap. XI, pag. 45 : Oigmii sei mesi eleggevamsi nove GRasperii, tre in castro, tre per la Parrocchia di S. Michele di BureHo e tre medila vtiUia dei iF.arkdi e din pa.roiochiia di S. iLoremzo, di 25 animi di «età che possedessero almeno cento lire di immobili. Costoro sopraimtendevano all’igiene pubblica dei eo- 24β Μ. Vicino Paganoni essere letterata, dd almeno 25 airmi di età, prestavano di polito giuramento ed avevano ampia balia di spendere e fare tutto ciò thè abbisognava per il bene pubblico (1). Era proibito costruire, distruggere vie, ponti, archi se non dietro permesso della maggior parte del Grande Consiglio (2), pena lire cinquanta; salvo che detti ardii fossero d’ .impedimento alle pubbliche vie (3) ; era anche proibito costruire pontili di legno che dessero su pubblica via, pena lire 25 e la distruzione di detti pontili (4). Dove-\7ansi distruggere i pontili ostacolanti fle fortiifìcazioni deille mora. Era proibito tenere vasi con fiori sulle finestre; se gli Ufficiali li trovavano, praddetti luoghi — Albenga, oit., pag. 06, 97: ogni anno erano nominati dia! Consiglio da 4 a 8 uomini per 1’ iigiieaie della Città — Albisola, cit., b. VI-27, cap. 81, pag. 65b: i iMinistrali e giti estimatori con il Podestà sopraintemdevano all’igiene pubblica; rii loro compenso era un soldo e sei denari per ogni via fatta aggiustare o costruire — Nicosia, cit., b-I, 9, pag. 31 b: gli Ufficiali dell’igiene percepivano una terza parte di ogni condanna ohe eseguissero — Spotorno, cit., n. 22, f. 4 a: i Padri dei Comune ciiravanei delle opere ed iilii zi e e delle vie pubbliche — Villafranca, cit., cap. 13, pag. 86: spetta al Castellaro occuparsi della manutenzione delle strade — Casale, cit., col. 1067 : alla manutenzione delle strade, fossati, ponti, pensava il Consiglio Generale — Torino, cit, col. 645: due Ufficiali *— Moncalieri, cit., col. 1375: due Ufficiali; per salario avevano 5 soldi per ogni feudo. (1) Albenga, cit. pag. 96. (2) Carpasio, cit., cap. LlV, pag. 230 — Nizza, cit., col. 47: non fare « solium » ossia area fra muri pripri e di altri, pena cinque soldi — Levanto, cit., f. 13: senza permesso del Consiglilo non poteva si nè costruire, nè distruggere porticati o altro su vie pubbliche, pena lire 10 geno* vesi di multa — idem, f. 37: non alienare, nè trasporta/re in altro luogo la piazza di Levanto — Diano, cit., cap. 93, pag. 99: per costruire o distruggere vie, ecc., rivolgersi agli Ufficiali d’igiene — Celle, Varazze, Albisola, cit., f. 14a: era proibito fare opeira nuova in strade e vie pubbliche senza il consenso del Consiglio di Calile e la volontà dei vicini al luogo presso cui vole vasi fabbricare; il colpevole era multato di tre lire genovesi -in moneta savonese — Celle, Varazze, Albisola, cit., f. 30 a era proibito erigere muro, parete anche in legno; cosi una casa o altro edifìcio verso i vicoli di Celle; f. 41 a: nessun Celilese poteva costruire una casa troppo vicina a un’altra; doveva tenere Ila distanza di 4 palmi; colui che contravveniva era multato di tre lire genovesi in moneta savonese — 'Chieri, cit., cap. CLXIII, pag. 53: circa i porticati; cap. CLXIV: circa le piazze; cap. OLXV: circa le vie private — Casale, cit., col. 974: non poteva^i edificare entro il Comune di Casale, se non con il permesso dei Proconsoli, pena la multa di 70 soldti pavesi e ila distruzione del fabbricato — Ivrea, cit., col. 1233: il Podestà entro i primi quindici giorni dd sua carica faceva restaurare il ponte Burlo e altri ponti dell Comune. (3) Finaro, cit. pag. 121. {4) Savona, Statuti del 1345, f. 86 b: era* proibito costruire e distruggere pontili — Finaro, mi., pag. 124, 125 —* Genova, cit., «col. 598, 599 —- Casale, cit., col. 1064 — Torino, oit., col. 441, 723 — Casale, cit., col. 1064. Statuta Saone del 1404-1405 ì 249 li distruggevano. Chi voleva costruire un balcone o una finestra (1), che si protendesse verso un altro edifìcio, 9e la via era larga 15 palmi, il balcone doveva tessere di 3 paloni; se la via era larga 12 palmi, il balcone doveva essere di un palmo; l’altezza dedlla finestra era sempre di 4 palimi; chi non osservava dette 'leggi, era punito in soldi cento e doveva ridurre i balconi fatti aLLa misura prescritta. Dinanz/i l’entrata della casa, non potevano costruirsi più di tre scalini di marmo o di laterizi, larghi un palmo di canne ognuno (2), ruè scale o salile di case nella via pubblica, con ringhiera, potevansi fare nella via, pena lire 10 (3). Non potevasi costruire edifìcio a finestre in muratura, contigua o fìssa ad altra cajsa, protendente nella via puibbllica, oltre un palmo e mezzo dii larghezza. Era pure proibito ammucchiar legnaia, come ammassa di frasche in qualsiasi parte della Città (4); come chi aveva in Città pozzi, cisterne le doveva murare, acciocché non vi si cadesse dentro (5). Nessuno poteva scusarsi di non conoscere detti statuti, poiichè gito Ufficiali addetti .adii’Igiene, otto giorni dopo (l’ingresso nel loro Ufficio, facevano preconaiiìe i propali statuti (per ila Città e per le ville. Essi, almeno una volta allTanno, facevano pulire dii pozzo dedilia Foce, quello deil Ferrino, quello del Piano, ekitato dinanzi al monastero di S. Chiara e quello fuori della porta di S. Agostino (6). (1) Finaro, ci't., pag. 122, 124 — Finale, cit., cap. 50, pag. 284. (2) Finaro, cit., pag. 122: dà le misure per costruire le scale. (3) Finaro, cit., pag. 122 — Filiale, cit., pag. 283, cap. 48, p. 283: de scale 'dovevano oocuipa.re soltanto tre pa'lmi e mezzo di suolo pubblico — Ivvea, cit., col. 1284. (4) Savona, Statuti deil 1345, f. ili b: non deveei coprire alcuna via pubbltiioa, pena 50 lire genovesi di muilta e la distruzione dell’edifìcio che vi si costruisce — Albenga, oit., pag. 139 — Cosio, cit., pag. 66 — Diano» cit., cap. 93, pagg. W, 99: devesi tagliar gli alberi eie siepi che pendono sopra le vie pubbliche, o le ingombrano in qualsiasi altro modo — idem cit.: non gettar pietre nelle vie, pena cinque soldi di muta — .4Ibi-sola, cit. η. VI, 27, cap. 32, pag. 67: chi teneva impedimenti in via pubblica veniva punito di 10 soldi di multa — Nicosia, cit., b. I, 9, p. 30: chi teneva impedimenti nella olia pubblica era multato di 20 soldi — Torino, cit., colonne 725 e 723: non devesi coprire di paglia i portici sulle pubbliche vie Casale, oit., col. 979: non ingombrare le vie, le piazze di Casale, *, nè nelle fonti « vinelie » di Montegrosso — Xicosia, cit., b. I, S, pag. 26 b: non buttar immondizie nedle fonti — Torino, cit., col. 725: i ritani che uscivano in vie pubbliche dovevansi coprire con assi — Ivrea, cit., col. 1289: i fossati in Ivrea si mantenevano a spese del Comune — idem, col. 1232: chi ha acquarolis e altro che butta acqna nelle vie, deve tenerlo chiuso — Casale, cit., col. 973 : nessuno di Casale doveva occupale un acquedotto pubblico, pena 20 soldi pavesi, per ogni giorno della occupazione, e sotto la stessa pena deve pulirlo — idem, col. 1005: non gettar carogne nel fossato di Casaie, pena cinque soldi pavesi — idem, col. 1019: «ion devesi lavar panni ned pozzi — idem, col. 1021 : le latrine devono essere coperte — idem, col. 1021 : chi ha « ruttis » anche in comune con vicini devono tenerli puliti — idem, col. 1035: non far fosse o pozzi in casa propria che mandino fetore, nè condurre acqua che danneggi i vicini, pena 60 soldi pavesi di multa — Brella, cit., pag. 369, n. 192, 197 — Chieri, cit., ea£). CCXC, pag. 91. (1) Savona, Statuti del 1345, f. 80 a — Levanto, cit., f. 14: idem e pena 20 soldi genovesi — Levanto, cit., f. 71, 72: e i colpevoli potevano essere multati dal Magistrato e processati — Diano, cit., cap. 93, p. 99 — Albisola, cit., b. VI, 27, cap. 81, pag. 65 b: le vie devono eæere 12 palmi di lunghezza e sette di larghezza — Biella, cit., pag. 369, nn. 192, 197 — Chieri, oit., cap. CCLXXIX, p. 88 — idem, cap. CCLXXXII, p. 89. (2) Albenga, cit., pag. 96 — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., p. 78: chi doveva riattare una strada non doveva impedire il passaggio in altre vie adiacenti a quella, nè con terra o pietre, pena cinque soldi Statuta Saone del 1404-1405 251 Oli Ufikâaili dovevano temere iin buono stato le vie pubbliche e le strade nel Distretto (1), quella verso Albisola, di Cantagalletto, ecc. per -sopperire a queste spese tassavano ichi -confinava con la terra a dette strade. Siccome i terreni acquistavano maggior valore se la strada era t ermi ta beai e, obbûijgavasi i padroni tìi quei terreni a prestar valida opera per la buona manutenzione di esse. Anche le strade in Città dovevan essere tenute bene, lastricate con mattoni o laterizi a spese di quelli che vi abitavano (2); chi ciò non faceva era condannato dai vecchi ufficiali per disubbidienza e negligenza da soldi 10 a 20. con 1 obbligo di togliere 1 impedimento entro 15 giorni. Inoltre nessuno de\e impedire a chi costruisse strade di portare e prendere acqua — £ os/o, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 81 : « qui ariaverit » per una strada J acqua pluviale, pena cinque soldi. Chi « aria\Terit » acqua viva per la sua terra, e quell acqua reca danno ad altri, deve pagare il danno a seconda del giudizio di due buoni uomini, oltre alla multa di cinque 5-oldi genovesi. Chi getta o rotola pietre o sassi in terra altrui pena cinque soldi genovesi al giorno, finché non ha tolto quelle pietre. fi) Quiliano, cit., pag. 347: chi ha terreni confinanti con la via pubblica deve chiuderli — Levanto, cit., f. 40: come Quiliano e pena due soldi genovesi — Mioglia, cit., f. 9: come Quiliano — Genova, cit., coi. oJl : deJd obbligo che avevano i vari paesi della manutenzione della strada che da Sa\ona porta a Genova — Levanto, cit., f. 14: la strada che scendeva dal Piano di iLevanto doveva essere sempre in buon stato quindi era proibito prendervi delila terra; le strade poiché mettevano ai vari venivano curate da coloro che abitavano nei pressi; a questo erano obriligat! dal Comune. Invece i cittadini erano obbligati a turno per la manutenzione della strada Romana — Albìsola, cit.. b. VI, 27, capitolo XXXIII, p. 35: i prati, gli orti e le terre lavorate che trovavansi vicino alla via pubblica, devono essere chiusi entro 15 giorni da tale decreto, pena la multa di 10 soldi genovesi — Vezzi, cit, n. 21, f. 56: chi ha terreni confinanti con la via pubblica, deve chiuderli con mura, sotto pena di soldi 5 — Celle, cit., f. 6b: i terreni di proprietà dovevano esseTe chiusi — 1 iUafranca, cit., pag. 87, n. 16 — Biella, cit., pag. 368, n. 191 e sg. — Casale, cit., col. 1037: chi ha orti confinanti con la via pubblica deve tenerli chiusi, pena 60 soldi pavesi di multa se inosservanti — idem, cit., col. 1066: le strade tanto campestri che delle vie devono essere tenute bene — idem, cod. 1068: le strade maestre devono essere, nel mese di maggio, bene coperte di ghiaia; a sopraintendere tale lavoro sono eletti due uomini capaci per ogni cantone, i quali percepiscono 3 soldi pavesi al giorno c chi porta la ghiaia percepisce uri soldo pavese per ogni carrata di ghiaia — idem, coJ. 1079: la strada che va (dalla vigna di Francesco Bubulco fino al ponte della Valle, deve «essere riattato" dal Comune — ideili, col. 10-%: la strada che va in Vallisenda, cominciando dal campo dei figli del .Sig. Manfredi de Canibus, fino alla vigna di Giacomo Gobi da ambe le parti devesi riattare. 2 Levanto, cit., f. 15: tanto nelle vie del Comune che nelle strade comunali se vi erano macerie, il magistrato obbligava il padrone di quel terreno a toglierle e riattare la via nel suo stato primitivo — Mio-glia, cit., f. f>: devesi riattare le vie e strade del Comune a spese dì coloro che le abitavano « vi avevano possedimenti — Albisola, cit b VI 27, cap. 18: idem a Mioglia — idem, b. VI, 27, cap. 42, p. 40 : chi osava 252 !M. Vicino (Paganoni Chi voleva far opera necessaria ai suoi possedimenti ed ai vicini, poteva eseguire Γ opera col permesso degli ufficiali; anzi i vicini eiano obbligati ad aiutarlo come meglio potevano (1). Chi voleva chiudere V abitazione con porta e questa con chiave, poteva tarlo : ogni vicino aveva ima chiave, e a ciò nessun poteva opporsi. Chi aveva possedimenti vicino al -fiume di Lavagnola, se voleva far muri o vincere ostacoli che impedissero la via dal ponte di Lavagnola, sino alla foce, poteva. farlo e i vicini con denaro e con uomini, pena una tassa dovevano aiutarlo a seconda dei possedimenti. Le persone che abitavano il piano di Lavagnola dovevano pulire i fossati che erano nelle loro terre, acciocché 1’ acqua scorresse liberamente. In città pure dovevansi tener pulite le fogne (2), far sì che le vie non fossero ingombre nè da acqua, nè da immondizie (3). Nessuno po- lavorare nel territorio deil Castellaro e tenere impedimenti melila pubblica strada, che reca ai possessi ded Castellare stesso, era punito in L. 3· genovesi — Casale, cit., col. 1008: la strada ohe dalla piazza di Casale va a Porta Nuova, devesi dagli abitanti lastricare da ambo le parti —-idem, col. 1078: la strada che conduce dalla. piazza fimo alla chiesa^ di S. Stefano deve essere lastricata con buoni « Pioris » — idem, col. 10<8: la strada che va. dalla porta di Casale fino alla prima colonna della casa Filipponi di Lacaxina verso la piazza fino alla porta Lacus, deve essere dai vijCiimi lastricata e tenuta boi buon stato, pema 20 solidi pavesa a chi dei vicini rifiutava/si — Chieri, cit., cap. GOLXXVII, p. 87 e segg. : chi voleva fare una strada rivolgevasi ad Podestà, se quesitii la reputa\:a necessaria la faceva fare e tassava tutti gli abitanti di essa per la costruzione della medesima — Ivrea, cit., cod. 1284: il Podestà obbligava i vicini di urna casa a restaurare il porticato dellla casa, e a riattare la via che passa per quella — idem, col. 1286: le vie dovevansi temere pulite e lastricate a spese di quelli che vi abitavamo. -(il) Albenga, cit, pag. 140 — tidem, pag. 139: chi voleva far nuova costruzione poteva porre puntelli di legno alile case situate dal lato opposto a quella che fabbricavasi, e nessun poteva lamentarsene — Alba-Pomyeia, cit., col. 34: Γecclesiastico che vuol chiudere chiesa o conivento con mura, può farlo; erano perciò tassati gli abitanti e la terza parte andava all’ecclesiastico stesso e due parti al conte. (2) Savona, Statuti del 1345, f. 81 b: non fare alcun « clavdgis », die sbocchi in vie pubbliche; e tenerli puliti — Albenga, cit., pag. 97 — Chieri, cit., cap. CLXVII, p. 63. <3) Savona, Statuti del 1345, f. 81 b: .i calzolai e gli untori non devono stendere corami sulle vie pubbliche; così i macellai buttar residui dei macelli nelle vie — idem, cit.., f. 97 b : chi accumulava immondizie in via pubblica o dinanzi alla sua porta pagava soldi 20 genovesi di multa — Vezzi, cit., n. 21, f. 6 a: non buttar letame o zeto o pietre in via pubblica, pena 5 soldi di multa in monete di Savona — Nicosia, cit., b. I, 9, pag. 26 b: pena 5 soldi di multa — Albenga, cit., pag. 97 — idem, cit., pag. 146 : non far fumo a danno dei vie imi — idem, pag. 285, 286 : non buttar aielle vie acqua sporca — Finaro, oit., pag. 126, 127 : non tenere galline nei vicoli, nè mandare nella loggia immondizie e visceri di animala — Finale, cit., pag. 283, cap. 50-51, p. 283: come Finaro — Mioglia,.. Staluta Saone del 1404-1405 253 teva distruggere torre o palazzo senza il consenso del Consiglio Grande, pena da L. 10 a 50 (1). Chi aveva una casa mezza diroccata (2), oppure intera, in città e sobborgo, che tenesse chiusa con porta e chiave e dove tenesse ammucchiate immondizie o zeto che mandassero fetore, se avvertito da detti ufficiali, non sbarazzava la casa, era punito da soldi 20 a 60. Gli Ufficiali dell Igiene giuravano di ispezionare almeno due volte al mese se gli statuti dell’ igiene erano osservati. Due speciali Ufficiali erano eletti per soprintendere alle opere edilizie per il palazzo Anziani e del Porestà, per riparare il tetto e parti di detti palazzi che minacciavano di diroccare (3). Ancora in una aggiunta del 1428 (4) dicesi che nel febbraio di ogni anno, erano eletti due massari iper 'l’ospedale di S. iLazzaro, i quali giu-rava/ηιο inedie maini ded Capitano di adoprarsi per la manutenzione ed accrescimento di detto Ospedale; finito il loro anno di carica consegnavano ai successori tutto iil loro operato. I due massari avevano ampio potere di esigere dalle persone che avevano redditi e beni, delle tasse per detto Ospedale, nel quaile erano anche mamtenute persone povere, infermieri, ecc., addetti agli ammalati e porgevasi ancora elemosina ai poveri che ne chiedevano. Tutte le entrate e le spese i massari le regi- cit., f. 11 : non l-avar panni im fonti — Quiliano, cit., pag. 348 — Albenga, cit., pagg. 131- 132: non mandare putredine neillle vie, nè verso il mare; nè tener .roba chiusa che mandi fetore — Nizza, dit., col 201 202* idem e pena 10 denari — Biella, cit., pag. 391, n. 304; pag. 398, . 48, p. 283: i banchi devono ^occupare solo ire palmi e mezzo di suolo pubblico — Chieri, Statati, cit., pag. 55, num. CLXXII : le tavole, ossia banchi posti dinanzi alle botteghe, dovevano essere collocate in modo da potere transitare per la via anche con bestie — Torino, cit., coll. 1553: non costruire -sulla piazza dei mercato meissun banco· — Casale, cit., coll. 980: nessun .abitante di Casale può porre un banco dinanzi alla casa altrui, pena la multa di 5 jsoldi pavesi, -eccetto se fosse d’ accordo col padrone -di quella casa e avesse la licenza dai Proconsoli — Ivrea, cit., jcoil. 1318: non devesi tener banco dinanzi (alle botteghe nelle vie, come non devesi tener banco in piazza del mercato, che [impedisca il passaggio, eccetto per la piazza, s’intende nei giorni di mercato. Statuta Saone del 14044405 255 ziaflii - Orefici - Fornaciai - Mattoni-eri - Muratori - Ferrai - Sarti - Calzolai - Calatati - Maestri d’ ascia - Bottai - Barilai - Vasai - Pignatari Macerali ^ iPiesicatori - Mugnai - Fornai - Peliipari - Basterà - Bastaxi -Barhierd - Mulattieri - Oadde/raii - Bombaciai - iRaibaroii. •Non è da, credere 'che dette Arti siano Isorte in quesito periodo; anizi pi ima .erano più ‘numerose e avevamo già .raggiunto dd proprio sviluppo e reggevansi con propri Statuti (1). Vediamo de Arti mel loro insieme. Tutte (le (Corporazioni dovevano lispettaie il riposo domenicale e di altri giorni festivi -fìssati (2); però vi era quadiche eccezione per chirurghi, fornai, ecc. In una dedde domeniche oediebravasi 1’ usata Messa collettiva. Initier veni, vano alila solenne processione del « Corpus Domini », ove ile Arti precedevano al clero. E obbligatorio \1 accompagnamento dei maestri defunti esteso anche alle loro mogli e figli. Ogni Arte era retta da uno o più Console (i3), che, soprintendevano al buon (andamento e all’ incremento dell’ Arte stessa. -Gli associati alle Aiti dovevano pagare una tassa d’ entrata che variava da arte ad arte; e i a/no distinti .in maestri e discepoli; quesiti olitimi venivano istruiti dai maestri ip,er un -certo numero idi anni, finito |ii quaJle, di discepolo otteneva un cartario. Il caratano valeva come oggidì vale un a buon servito » rilasciato ad un operaio; -era il maestro che rilasciava il cartario, sai cui scriveva la capacità del proprio allievo; lil cartario poi veniva firmato e vistato dai Consoli dell arte stessa, prima di essere rilasciato. Senza di esso, un discepolo non aveva diritto ad aprire un negozio, nè ad esercitare privatamente il suo mestiere, nè ad essere assunto come maestro. Premesso questo sguardo generale alle Arti, passerò a trattarle singolarmente. Aito della lana (4). Comincerò a parlare dell’arte della lana, come la più impoi tante delle arti cittadine, poiché all’ esercizio di essa erano connessi troppo larghi interessi. Difatti lo Statuto del 1404 considerava il lanifìcio e 1 esercizio di esso come il mezzo per cui riempivasi di abitanti la città di Savona, deserta per la peste ed epidemia avvenuta nel 1348. Era perciò stabilito di mantenere èd aumentare detto lanifìcio; regolare e privilegiare gli operai ad esso addetti. L’ arte della lana era composta, (secondo do Statuto dei 1404, dei mercanti 'di panno, dei maestri, dei battitori di dama, dei cardatori, tessitori, tintori, ecc. Era staibiflito che due degli Anziani nominassero per 1’ arte (1) Savona, Statuti del 1345, f. 28 b, 36 b. ori Ivrea, cit., col. 1339, 1343: tutte le Corporazioni erano obbligate ad offrire un cero a S. Maria in segno di reverenza, nel giorno della sua lesta. (3j Levanto, oit. f. 107: d Consiglieri devono eleggere lun Console per agim mese an (Levaolio per di buon andamento delle Arti 6tesse (4) Savona, Statuti del 1404, f. 75, 78 b. 256 M. Vicino Paganoni della lana, ogni sei mesi, due Consoli (1), uno mercante, P altro operaio -e otto Consolili : 4 mercanti, 4 operai, i quaWi lutiti (insieme Provvedevano saggiamente a far (fiorire (detta iarte. L iarte era ietta 1 a onsoa, che duravano un anno in carica (2), loro ufficio era quello di tutelare il retto andamento della Corporazione. Se nascevano litigi fra gli uomini dell’ arte i Consoli, entro otto giorni, dovevano sedare il litigio, e far pagare una multa di 40 soldi ai litiganti. Se il litigio era di grave peso -era portato ,ai Razionala. Se una .pairte 'dei Mitiganti opponevasa ai CooisoUii, era condannata da soldi 10 a 100, idejnaro che terd)ietuin » o sequestro delle cose di uno appartenente ailiT arte desila lana. Il Console dei mercanti «poteva (tanto di notte che di giorno tatirodursi in case, magazzeni, botteghe per investigare se si contravveniva alle leggi e aveva facoltà di (multare i contravventori e ichi.si opponeva dd lajpriire la porta di detti luoghi al Console (3). Per appartenere alla Corporazione non bastava vendere i panni o altra simile professione, occorreva pagare una tassa d* ingresso di 6 soldi; ciò tanto per i Cittadini che per i forestieri. Oltre ai Consoli e ai Consiglieri, nell1 arte della lana abbiamo 4 « tarezatori », che venivano nominati due dagli elettori, 2 dai Consoli, otto o dieci giorni prima di febbraio. Questi « tarezatori » giuravano nelle mani del Podestà di adempiere scrupolosamente ai doveri del loro Ufficio e ognuno versava una cauzione di L. 50. Essi sorvegliavano alla vendita e compera della lana, alla sua lavorazione, alla scelta delle lane greggie e sporche da quelle pulite e lavorate, al peso dei sacchi contenenti la lana, alla tara, ecc. Per mercede percepivano tre soldi venditore e dal compratore per ogni sacco di lana venduto, sia lana savonese, che catalana, che di barbarie. Ogni sei mesi questi Consoli dovevano nominare i « revisori » e dovevano osservare le pezze di panno tessute, le quali non dovevano uscire dalla Città se non erano bollate col piombo o marco del Comune (4) sotto pena di un fìorino; i « revisori » ricevevano dodici denari per ogni pezza bollata. (1) Pinerolo, Statuti del 1440, a cura di Albino Caffaro ne « L’Arte dell lanifìcio im Pinerolo e gli 'Statuti di essa » i/n Mise, di iStor. Ital., Tomo XXX, ITorino, F.l'li Bocca, 1813, ipag. 528: abbiiamo anche qui due Consoli. (2) Pinerolo, cit., pag. 528: duravano in «carica 4 mesi e venivano multati dai maestri dell’ 'arte della lana, alla presenza Idei Castelliano e del Giudice di Pinerolo. (3) Pinerolo, cit., pag. 529. (4) Pinerolo, ci-t·., a 25, non potevano esercitare detta arte In Città se prima non pagavano ai Consoli lire 5 se estraneo, 40 soldi se Cittadino. I Componenti Γ arte della lana non potevano vendere, nè comprare, pena lire 60. Per il resto conformavansi allo statuto. Arte dei draperi (2). I draperi di panno e di lana, i venditori di tali stoffe al minuto, cioè quelli che potevano vendere meno di una pezza o mezza di quelle che venivan di fuori, non dovevano vendere in bottega propria o di altri, o in casa, uno per l’altro, panni Lombardi, Genovesi, Savonesi, Francesi, di Fiandra, Inglesi, Normanni, di Barbante, o di qualsiasi altro luogo al di là dei monti, ma vendei li con buona fede, qualità per qualità (3). Ad ogni misura di panni con la canna di nove palmi dovevano aggiungere tre quarti di palmo in più, detti in lingua genovese: « preisa » (4). La canna portava il marchio del Comune. Chi comprava una pezza intiera doveva dedurre il prezzo di due palmi giusti di canna (5); al contravventore era inflitta la pena di 40 soldi di cui metà andava al Comune, metà all’ accusatore. Chi levava le « cerras » ai due capi della pezza prima di essere venduta, era punito con la pena dello spergiuro e di lire 10. I Ministrali del Comune sorvegliavano i draperi. I Filatori di canapa (6). I Filatori tanto maestri che discepoli dai 14 anni in poi, giuravano al Podestà di «filare bene e senza fi ode (7), di non filare canapa cattiva, nè venderne iper proprio conto, pena lire 10; giuravano di restituire ili lavoro fatto a chi lo aveva comandato, neJ (1) Savona, cit., del 140-4, f. 140: « De iuramento' lavatorum lana-rum et ligatorum ballarum ». (2) Savona, cit., ded 1404, f. 71. , (3) Savona, oit., del 1345, f. 27 b — Genova, cit. col. 5o7, 6o8: da le mdJsure dei p amn i — Genova, oit, col. 677: non vendere panni rubai. i(4) Savona, cit., del 1345, f. 27 b — Albenga, cit·., pag. 10·* ■ Genova, «cit., col. 556, 558, e 560, 561. . (5) Genova, cit., col. 678: i Drajperi dovevano vendere a giusta misura ·— Nizza, cit., col. 77 — Albengacit., pag. 103, 104: vendere a giusta misura, nè vendere in giorni festivi, pena la multa di 20 soldi. (6) Savona, cit., dei 4404, f. 86-88 — Savona, cit., del 1345, f. 29 — Cosio, Mendatica, Montegrosso, cit., pag. 83: pena cinque soldi e restituire il danno del filo — Diano, cit., cap. XXVII, pag. 54 Torino, cit., col. 723: idem, il salario dei filatori era da 3 a 7 soldi a seconda deilla tela tessuta. Statuta Saone det 1404-1405 261 tempo dovuto. I filatori -dovevano far pesare dalla stadera del Comune la canapa o «altro da filare che eccedesse il peso di libbre cento, per ridurla al giusto peso (1). Al contravventore, la pena di 10 soldi. Le sartie dovevano essere ben torte e lunghe 120 passi se erano semplici, lunghe 60 passi se erano doppie. Il filatore non doveva filare sartie o altri generi marinareschi in tempo piovoso e' nuvoloso (2), pena lire 10. Il filatore non doveva mescolare canapa buona o nuova a canapa guasta, pena lire cento (3). Il Comune eleggeva un mobile, un mercante, un filatore, esperti conoscitori deiliT a^te marinaresca e dell’ arte dei filatori ; essi duravano un «anno in carica e dopo tre anni potevano essere rieletti. I tre Ufficiali (4) giuravano al Podestà di far osservare lo Statuto ai filatori (5) di notte e di giorno visitavano ovunque i filatori all’ ingrosso e al minuto, esaminandone la canapa e il lavoro ; i colpevoli eran puniti. I tre Ufficiali avevano per salario 4 denari per ogni balla di canapa (6), nessun esercente all’ ingrosso e al minuto poteva filare la canapa, pena lire 2; nè far filare in segreto per proprio conto. Nessun filatore o altri segretamente, o apertamente poteva estrarre « faxiis » canapa o cajnapa eottiile per vendere, pena lire 25. (Nessun filato fatto fuori di Savona per la distanza di 2 miglia e portato a Savona, poteva essere rispedito per mare, pena fiorini 1 per ogni sacco di canapa (7). I Consoli dovevano ogni mese sorvegliare i filatori e il loro operato, per il buon andamento dell’arte stessa (8). 1 Curatori di tele e fustagni (9). Costoro giuravano di lavare, im- (1) Sarona, cit., del 1345, f. 29 a — Genova, cit., col. 719: « ne laboretur canabum, nisi primitur taresatum ». (2) Savona, cit., del 1345, f. 29 a — Genova, cit., col. 719: «ne filetur canabum balneatum »; idem, col. 721 : « ne tempore pluviali fìat opus pertinens arti ifilatorum ». (3) Savona, cit., del 1345, f. 29 a — Genova, cit., col. 720, 721: « ne quis filator faciat veterem sartiam » — Ivrea, cit., col. 1142. (4) Savona., cit., del 1345, f. 27 a: due erano gli Ufficiagli. (5) Savona, cit., del 13-45, f. 27 a — Diano, cit., cap. KXVII, p. 54. (6) Savona, cit., del 1345, f. 27 a: avevano due denari per ogni fascio di canapa. (7) Genova, cit., col. 719: «de duobus filatoribus eligendis qui recognoscant canabum et filatum extra januam apportatum » — Genova, cit., col. 721 : « ne filatimi extra januam apportatum committatur nisi fascio fuerit approbatum ». (8) Savona, cit., \del 1345, f. 27a: era proibito ai filatori di filare canapa nelle vie di Savona; dovean lavorare in luoghi adatti — Nizza, cit., col. 214: i filatori non potevano macerare il lino, nè la canapa, da porta Paiioni fino al mare, pena cento soldi e la perdita del materiale — Le vanto, cit., f. 29: tratta dei venditori di tela e canapa; queste devono essere vendute misurandole con una canna non minore di 10 palmi (9) Savona, cit., del 1-404, f. 101. 262 Μ. Vicino Paganoni bianchire le tele, di conservarle, di non commettere furti (1) e restituirle al padrone intatte non chiedendo di più della mercede stabilita dall’ arte loro, pena da 5 a 20 soldi. Era punito maggiormente chi defraudava pezzi di tela o fustagno e li vendeva per proprio conto (2). M. Vicino Paganoni (continua) (1) Savona, cit., del 1345, f. 30 b: prestavano la cauzione di lire 50 genovesi — Levanto, cit., ff. 39, 40 — Genova, cit., col 716. (2) Savona, cit., del 1345, f. 30 b: prestavano la cauzione di -lire 50 genovesi — Genova, cit., colL 601 : Ί curatori di tele non potevano stenderle, bagnate, alle -finestre che dessero sulla via pubblica — Biella, ci/t., pag. 384, m, 272: i tessitori -di Biella devono tessere all prezzo giusto prima per i Biellesi e poi per gli estranei. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Meuccio Ruini, Luigi Corvetto genovese ministro e restauratore delle finanze di Francia (1759-1821), Bari, Laterza, 1929, pag. 365. Siamo in un periodo fortunato per Luigi Corvetto e anche un poco per la storia di Genova nell’età francese e napoleonica. Alberto Lumbroso, in una conferenza dotta e brillante, come si può attendere solo da lui in materia napoleonica, ha studiato La Liguria e il Mediterraneo nella leggenda e nella storia del primo impero Napoleonico (Atti della Società Ligustica di Scienze e Lettere, voi. VII, fase. IV), guardando alla funzione ohe la Liguria ha avuto nel programma navale di Napoleone. Vi è profusa con una liberalità da gran signore una vasta e multiforme coltura; ma sia lecito verso l’illustre storico un rationabile obsequium e il dubbio su talune affermazioni. Certo, anche per Genova l’età napoleonica ha segnato il principio di innovazioni e di istituzioni benefiche, ma quante riserve si potrebbero fare sulle intenzioni che l’imperatore si attribuiva in vantaggio dei Liguri che gli « stavano nel profondo del cuore », e come quell’accentramento, da prima benefico e intelligente, finisce coll’essere macchinoso, pesante, insopportabile ! E qualche cosa di simile mi pare si possa ripetere, con in più la tenuità e la superficialità del lavoro, a proposito dello studio del Borei (Gênes sous Napoléon 1er, Paris, 1929), veramente troppo apologetico e unilaterale. Ma per tornare al Lumbroso, due punti importa ora fermare. A proposito dell’idea dell’impero napoleonico egli afferma « è sempre l’idea madre, l’idea romana fattasi idea italiana, l’idea che esaltava Napoleone prigioniero all’Elba allorché — non pensando ancora al trionfale e fugace ritorno a Parigi — meditava di cingere la corona d’Italia offertagli da parecchi patrioti italiani nel 1815, fra i quali Melchiorre Delfico ». E parlando di Luigi Corvetto sembra che l’immagine dell’uomo politico, del Direttore della Repubblica Ligure, del Consigliere di Stato napoleonico, del ministro di Luigi XVIII, del finanziere tra i maggiori del suo tempo, gli si rimpicciolisca nella fantasia per effetto di quella maledica lingua del padre Luigi Serra, scrittore satirico, pornografico, professore di storia e di matematica, giornalista, poligrafo irrequieto e spesso maligno : « Corvetto ognor mellifluo — è un fiorellin di maggio — cangiante, carezzevole — che agli altri sopra sta... ». Ma si è ripreso, il Lumbroso, in due articoli del Giornale di Genova a proposito dello studio di Enrico Bensa (Luigi Corvetto e il Codice di Commercio napoleonico, Atti della Società Ligustica, vol. VIII, fase. I-II) e dell’opera del lìuini. 264 R a s s e g na Bib li o grafica Non ho visto però che egli abbia rilevato in quest’opera veramente solida e organica alcune pagine notevoli perchè con molto vigore critico e con serrato ragionamento che ha molta forza persuasiva si dimostra impossibile la partecipazione di Melchiorre Delfico e del Corvetto, che gli si vuol assegnare compagno, alle segrete riunioni di Torino e di Genova per l’invito all’esule dell’Elba; anzi si mette risolutamente in dubbio tutta la storia' di quegl’inviti e di quelle macchinazioni. E’ vero che la questione non è proprio nuova; ma poiché da un lato a quel racconto hanno creduto uomini come il Carducci, il D’Ancona e il Ma zzi otti, e lo si trova sempre ripetuto come un fatto reale e indiscutibile, e dall’altro il Lumbroso aveva riassunto le varie opinioni concludendo in senso negativo nella Bibliografia napoleonica, sarebbe stato proprio interessante il giudizio di un competente e specialista del suo valore di fronte a quella serrata critica negatrice; tanto più che se quel fatto è insussistente, non crolla certo l’aspirazione all’impero universale di Napoleone ma la concezione italiana riceve un colpo formidabile. Nessuna meraviglia perciò che le pagine del Ruini nelle quali si tratta di quella questione mi abbiano destato un profondo interesse; ma tutto il libro, solido, quadrato, meditato, conforta e attrae perchè egualmente lontano dalla pedanteria microscopica e dalla vacuità vaporosa, dalla illeggibile pesantezza erudita e dalla nebulosità delle storie romanzesche di moda. L’opera si divide in tre parti e studia i tre momenti o le tre vite, come dice l’autore, del Corvetto: la Repubblica di Genova, l’impero napoleonico, la Restaurazione. Anche il lettore più distratto si accorge però subito, e lo rileva del resto il titolo stesso dell’opera, che l’autore è uno studioso di materia e di storia finanziaria ed economica e perciò quel che più lo interessa e lo avvince nell’opera del Corvetto — quel che in realtà è anche più importante — è la sua opera -finanziaria in Francia, alla quale sono dedicati più che due terzi del volume. Ma il lavoro è egualmente organico e saldamente inquadrato e, sebbene narrativo e non intralciato da note e richiami, poggia sopra una salda base bibliografica, come appare dalle avvertenze finali dove la bibliografia è criticamente vagliata. Al solito, a voler essere pedanti, si può notare qualche lacuna; piuttosto sarà da osservare che alcune delle indicazioni hanno l’aspetto di seconda mano e presentano curiosi svarioni che potrebbero anche essere errori tipografici. Il segretario del Faypoult, l’autore della Rélation de la Révolution de Gênes è Poussielgue non Poussielge; il Sieveking è mutato in Dieveking, Manfioni in Mau-frin; l’autore delle vite dei Serra è Grillo e non Grilli, e così via; e qualche analoga svista si ha anche nel testo: il ben noto Stefano Rivarola, che fu primo e unico ambasciatore della vecchia repubblica presso la Russia e nel 1814 era a Parigi, a p. 81 è dato come Rivarolo. Ma sono inezie. Piuttosto è da notare che l’opera, non essendo di indagine documentaria, ma di carattere riassuntivo e sintetico si serve’ Rassegna Bibliografica 265 degli studi anteriori ma non ha uso diretto delle fonti archivistiche. Non so se un’indagine di questo genere farebbe mutare la figura del Corvetto anzi credo che in sostanza rimarrebbe quale è fermata in questa immagine riassuntiva; potrebbe essere soltanto compiuta e precisata nei particolari dell’azione saggia e moderatrice e nella somma veramente cospicua di lavoro compiuta da quel benemerito cittadino che per vero spirito di dovere e di civismo si sobbarcò a uffici molteplici e delicatissimi. Ma con lui quante altre figure verrebbero lumeggiate che sono ancora neH’ombra o in penombra ! e soprattutto verrebbe chiarita la vita di quella repubblica che è nota soltanto nelle linee generali e che anche i lavori recenti, dal Bigoni e dal Trucco fino al Nurra, hanno appena sfiorato. Il Ruini ripete quel che tutti, dal Pessagno al Nurra, hanno detto, cioè che la storia della Repubblica Ligure è da fare. Non si troverà nessuno che affronti l’argomento ? C’ è tanto materiale nelle biblioteche di Genova e una intera sala all’Archivio di Stato contiene atti e carte di quel tempo; e chissà quale materiale prezioso si trova negli Archivi di Parigi ! Ma i giovani non hanno più tempo e voglia per questi studi, e, se mai, preferiscono le grandi ricostruzioni con libero gioco di fantasia o a base di astrazioni filosofiche; i vecchi sono stanchi e sfiduciati o si attardano e si intestano, con la tenacia e col risultato del moscone che batte caparbio contro i vetri delle finestre, a risolvere problemi di ben limitata entità storica, come sarebbe la famigerata identificazione dello stato civile di Ballila ! Ma torniamo a Corvetto. Il periodo nel quale la vita dell’avvocato di modesta origine si identifica con quella della nuova Repubblica Ligure, mostra le sue doti di acume, di abilità, di duttilità agile ed esperta nel destreggiarsi in una situazione paradossale; una forma di governo che è in gran parte imposta dal di fuori, che è voluta e sostenuta da una minoranza, a sua volta screziata e divisa, e subita e avversata dai più, e si chiama democratica. Il Corvetto, che il Ruini acutamente definisce un moderato che capeggia le sinistre, è quasi il simbolo e il rappresentante di quella situazione. Bonaparte lo conosce e lo apprezza, Massena ha in lui un collaboratore attivo, tenace e intelligente, uno dei pochi di cui abbia stima, durante l'assedio dell’ 800, e l’uomo serio e intrattabile subisce tuttavia l’ascendente di quella assennata e persuasiva dolcezza. Le pagine sull’assedio, nello stile caratteristico, incisivo e a scatti, del Ruini, hanno una forza attraente. Di grande interesse anche la parte relativa alla situazione economica di Genova; ma quel sistema di narrare a rapide sintesi per accenni e scorci fa desiderare qualche volta, come in questa materia, una maggiore diffusione o dilucidazione di cose importantissime. Ma lo scrittore è spinto verso il suo argomento e perciò è rapidamente accennata anche la seconda vita, la napoleonica, del Corvetto, partecipe per necessità anche lui dell'opinione dell’inevitabile unione di Genova alla Francia; manipolatore anche lui di quella strana maniera 266 Ras scgna Bibliografica di annessione (chi sa se si troveranno mai le lettere sue e di altri che so esser passate dalle mani del marchese Staglieno e finite, ma presso chi ? a Parigi ?) è organizzatore delle festose accoglienze al trionfatore che inviterà a cambiare l’antico motto cesareo nell’altro: «Venni, vidi, felicitai ». « Di fronte all’ inevitabile era sempre questione di atteggiamento e di tono, ed a noi, i nepoti, dispiace il tono del Corvetto » commenta il Ruini. Perfettamente. Ma il tono si rialza, al momento di partire per la Francia nella nuova veste di Consigliere di Stato: « Non sarei degno della mia nuova patria, se non amassi sempre meglio l’antica ». E comincia la seconda vita nell'Impero Francese. Con piena naturalezza, senza alcuna crisi di coscienza, il Corvetto acquista la nazionalità francese, ma in realtà francese rimane, perchè sino a ora ha servito necessariamente gli interessi della Francia. « Era il tempista per eccellenza. Colui che si adattava ai tempi ed alla storia. Non avrebbe mai fatto cosa, che apparisse bassa o vile alla sua coscienza; ma questa non andava oltre alla morale politica dell’epoca e dell’ambiente nel quale egli viveva ed agiva ». E, onestamente, non si può chiedere ad ogni uomo di essere un martire o un precursore. L’immagine del Corvetto al Consiglio di Stato, di quel borghese che aveva avuto bisogno della rivoluzione e « sentiva il programma e la struttura della borghesia come rivendicazione dell’ordine e del gioco regolare delle forme sociali », e che « dal suo angolo del Consiglio di Stato era in buona posizione per apprezzare l’opera napoleonica nel suo aspetto più durevole, 1 organizzazione giuridica, finanziaria, amministrativa del nuovo mondo emerso dalle convulsioni rivoluzionarie » ha nelle pagine del Ruini, che possiede oltre al resto la virtù di farsi leggere con diletto, una rappresentazione viva, e, direi, definitiva. A differenza di tutte le altre biografìe del genovese, o apologie di amici o oscillanti ondeggiamenti di nemici o quasi nemici, questa ha una capacità di ricostruzione morale e psicologica dentro 1 ambiente storico che avvince perchè, coi suoi meriti e le sue debolezze, ne esce, vivo, un uomo, un uomo nel suo tempo, un uomo che aveva « una vita operosa e raccolta di servitore dello Stato e di operaio silenzioso della sua potenza, senza cercare i primi piani e le luci violente della risonanza e dalla fama ». E il libro mi piace, specialmente in questa parte, per l’enunciazione di idee che non saranno peregrine ma alle quali aderisco pienamente : « Vi è un coefficiente di luogo comune e qualche revisione da compiere nell’esaltazione della sua genialità costruttiva [di Napoleone], e di tutti gli istituti che passano col suo nome. Ma l’opera civile di Napoleone in confronto delle macerie rivoluzionarie spiega perfettamente Γammirazione quasi religiosa che ebbe per essa il Corvetto ». E altrove: « In verità, a fame l’inventario, nulla resta di vivo, oggi, dell’epopea militare di Napoleone, tranne il ricordo; vive ancora la sua opera civile, dovuta Rassegna Bibliografica 267 ad uomini meno baciati dalla gloria, grossi burocrati ». Di questi era il Corvetto; e alle brevi notizie del Ruini sulla sua opera per il Codice di Commercio si possono ora aggiungere quelle che il Bensa ha ricavato dai Verbali delle sedute del Consiglio di Stato. Poi venne il crollo; e il Corvetto si trovò concorde nel 1814 con tutti i suoi concittadini, uniti nel richiedere la ricostituzione dell’antica repubblica. Ma in Italia non venne; e non si trovò quindi ai convegni, se pui ci furono, di Genova e di Torino coi quattordici tra i quali, nientemeno, Melchiorre Delfico, Pellegrino Rossi, Vincenzo Cuoco e Ugo Foscolo ! Leggenda, e più nel mondo del romanzo che nel mondo della storia, dice il Ruini, e temo che abbia veramente ragione. Le speranze svaniscono, Genova è annessa al Piemonte; il San Marzano, primo ministro di Vittorio Emanuele, offre al suo antico collega del Consiglio di Stato napoleonico il portafoglio delle Finanze del Regno piemontese; ma Corvetto ricusa, (forse entra nel rifiuto l’innata avversione genovese al Piemonte ?); è già impegnato in Francia; e, nuovamente naturalizzato francese, rimane Consigliere di Stato. La terza vita è interamente francese. Corvetto è riguardato e onorato dai concittadini come un illustre genovese all’estero che fa onore alla patria d origine, ma l’opera sua è tutta connessa ormai alle vicende e specialmente alle finanze della Francia. Ed è certo la più importante della sua vita. 11 Ruini la esamina analiticamente con profonda competenza e con vivo interesse, un interesse che si può dire attuale. 11 Corvetto ebbe infatti la funzione di liquidatore finanziario del terribile periodo bellico e di restauratore delle finanze francesi sospese sull’orlo dell’abisso per la necessità di quella liquidazione e per i pagamenti dei debiti agli alleati. Si comprende che problemi recenti e ancor vivi e urgenti facciano rivolgere con immediato interesse lo sguardo a problemi analoghi del passato; e il Ruini lo fa con competenza tecnica e amministrativa profonda, con visione viva di storico e di economista, confrontando anche l'opera del Corvetto con quella degli altri ministri francesi del suo tempo, ricordando come il suo nome sia stato rievocato più volte nelle discussioni finanziarie del Parlamento francese negli ultimi anni. Ma poiché questa parte non riguarda la Liguria, non è il caso di trattenervisi più minutamente. Colpito da insanabile esaurimento fisico, nel 1818 chiese di essere esonerato dalle sue funzioni, e arrivò a Genova disfatto e moribondo (Le parole di saluto della « Gazzetta di Genova » alte e nobili non sono ricordate dal Ruini). Visse ritirato ancora pochi mesi e morì povero con la preoccupazione che la moglie, alla quale era stato sempre profondamente unito, non avesse mezzi sufficienti a una vita che non fosse disagiata. E tanti altri ministri della vecchia Francia si erano arricchiti ! Fu sepolto n Nervi nella terra degli avi plebei e la epigrafe del Crocco è efficace compendio della sua vita, anzi delle sue vite. 268 Rassegna Bibliografica Tale, quale fu, non figura di primo piano, ma un amministiatore, uno dei grandi tecnici usciti dalla Rivoluzione, è ricostruito e ìievocato con attraente efficacia dallo studio del Ruini che si può dire veiamente compiuto ma che acuisce il desiderio di un’opera generale organica, solida e definitiva anche sulla Genova democratica, francese e napoleonica Vito Vitale Annali di Caffavo e dei suoi continualovi, Vol. VI e VII - Tiad. di G. Monleone, a cura del Municipio di Genova, 1929, anno VII. La bella traduzione del maggiore tra i monumenti storici genovesi procede con celere ritmo regolare e via via si presenta anche più compiuta e perfetta. Il testo italiano, pur conservando la necessaria adesione all’originale e un colorito lievemente arcaico che piace e risponde al modo onde la cronaca fu concepita e scritta, ha una notevole vivacità di forma e di espressione e conserva appunto quella viva e immediata lap-presentazione di fatti, di stati d’animo, di parlate e di atteggiamenti di singoli e di gruppi collettivi che è una gustosa caratteristica del testo. La forma arcaica dei nomi locali, che altra volta era stata indicata come non sempre opportuna, è ora di molto ridotta e conservata soltanto per i casi più necessarii : opportunamente è data anche in nota la forma odierna dei nomi stessi. Degne di particolare rilievo sono le note, anche più ampie e frequenti, che accompagnano il testo e quando è necessaiio lo spiegano e commentano con riferimenti e notizie derivate da documenti o da altre cronache contemporanee. Non occorre aggiungere che, molto opportunamente, il traduttore tiene a base del suo lavoro, pei il testo e per le annotazioni, l'ottima edizione dell'istituto Storico Italiano a cura del march. Imperiale, che ci ha finalmente tolti da quella specie d’inferiorità culturale e nazionale che derivava dalla necessità di leggere gli Annali nell’edizione tedesca del Pertz. E a sua volta il Monleo-ne, continuando e compiendo con ben meritata tenacia un opera tante volte e da tanti promessa e cominciata, ci dà, ottima nel contenuto e nella veste, la prima versione italiana degli Annali che può portare questa narrazione a contatto di chi non possa o non voglia valersi del testo originale. Il periodo compreso nei due volumi ora pubblicati corre dal 1250 al 1279; si apre col ritorno a Genova, specialmente per opera dei Fieschi, dei Mascherati o ghibellini, che furono con esempio nuovo persino risarciti dei danni subiti — e un’altra volta si rileva che non sempre e in tutto la politica locale che si dice guelfa coincide con la politica generale e che allo stesso Pontefice può convenire, per interessi suoi particolari o «Iella sua famiglia, di accordarsi con i ghibellini di luoghi determinati ; segue con la narrazione della morte di Federico II « superato dalla divina potenza, esso che le umane, genti non avevano potuto superare », col ritorno del Papa in Italia e la lunga dimora a Genova, con le vicen- Rassegna Bibliografica 269 de del regno di Napoli e, attraverso le guerre con Savona e le altre città della riviera e le eterne sempre rinnovate lotte con Pisa, arriva alla rivoluzione che porta al potere, sopra tutto per opera dei nobili ghibellini riavutisi, il primo Capitano del Popolo, Guglielmo Boccanegra. Ci sono in questa parte pagine che hanno una vivacità drammatica notevole, ben conservata e riprodotta nella traduzione; e gli Annali, non favorevoli al Capitano, pure ne danno quasi involontariamente una'figura vigorosa e virile. Gli è che gli Annali rappresentano lo spirito della reazione nobiliare manifestatasi nella nuova rivoluzione del 1262 quando i nobili, delusi nell’aspettazione d’aver il Boccanegra a loro devoto e sottomesso strumento, riuscirono ad abbatterlo. Il Monleone accetta la geniale e plausibile ipotesi dell’ Imperiale che la parte del racconto relativa ai Boccanegra sia stata scritta dopo il 1262 e rappresenti appunto lo stato d’animo del nuovo governo e della cancelleria comunale alla quale il racconto è certamente dovuto. Perchè la cosa più notevole e caratteristica è che la narrazione compresa tra il 1250 e il 1264 è opera collettiva di un gruppo forse o di singoli che si sono succeduti nella redazione del racconto, anonimo lavoro uscito dalla curia del Podestà e rappresentante perciò la narrazione e la visione ufficiale degli avvenimenti. I successori li chiamano « viros sapientes » ma non si danno la pena d'indi cani e i nomi. Sono funzionari che compiono, senza alcun accenno a opera e ad intenti personali, un dovere d’ufficio; perciò qui più che mai gli Annali danno il giudizio dei partiti e degli uomini che sono successi vaniente al potere. Giudizi che mutano perciò di tono, atteggiamenti che appaiono diversi col mutar delle situazioni, perchè il periodo è particolarmente agitato e la redazione, con ogni probabilità, è stata fatta a sbalzi e a intervalli riempiendo con affrettate note le lacune» Dopo, tra il 126-1 e il 79, l'opera è ancora collettiva, non più anonima. Sono quattro personaggi scelti tra i patrizi e i giureconsulti. C’ è Lanfranco Pignolo, giurista insigne, rivestito di molteplici cariche e presente ad atti assai notevoli, rappresentante della nobiltà comunale formatasi con l'esercizio continuato per molte generazioni, e nelle stesse famiglie, delle più alte cariche pubbliche; mentre Marino Usodimare rappresenta la nobiltà viscontile, discendente cioè dagli antichi vassalli dei marchesi già signori della città nel periodo feudale. E non è senza meraviglia trovar con loro il marchese Enrico di Gavi discendente da una delle famiglie di feudatari più a lungo in lotta col Comune e costrette alla fine ad abitare in Genova e a giurare la Compagna; ed ora quel Marchese partecipava alla redazione degli Annali, pieni nelle età anteriori delle lotte dei suoi antenati col Comune. Tra questi nobili di varia origine è assai probabile che il giudice Guglielmo di Multedo facesse la parte del compilatore o del materiale espositore. Certo, lo si trova nelle altre due Commissioni che yia via si rinnovano fino al 1269; dal 70 e per nove anni la redazione è invece dovuta al nobile Oberto 270 Rassegna Bibliografica Stancone, a Marchesino di Cassino, notaio noto per la partecipazione a molti atti pubblici e privati, a Bertolino di Bonifacio e a Jacopo Doria; ma è assai probabile che la parte maggiore abbia avuto appunto il Doria che nel 79 riprenderà l’opera da solo, continuandola sino al 9-4; il Doria che, più vicino di ogni altro a Caffaro per carattere e per valore, era destinato a chiudere la serie degli annalisti. Ciascuna di queste Commissioni si può dire abbia una sua funzione e rappresenti un momento diverso nel vario atteggiarsi della vita del Comune; la prima, l’attenzione rivolta all’Oriente e alla guerra, in alcuni episodi non fortunata, con Venezia, senza perdere interamente di vista le aspirazioni italiche di Carlo dAngiò; la seconda l'atteggiamento di attesa oculata rispetto alle ambizioni angioine pericolose per gli interessi politici e commerciali genovesi nel Tirreno; la terza il disorientamento seguito alla rapida vittoria guelfa e il momentaneo accodarsi per 1 o-pera del partito guelfo cittadino alla politica di Carlo; la quarta il periodo di ripresa dovuto al nuovo governo dei diarchi o Capitani del Popolo, Oberto Doria e Oberto Spinola, alla loro opera sagace e ferma, all atteggiamento ora abilmente resistente ora apertamnte ostile alle pretese angioine, alla lunga e complessa lotta che si chiude col trattato del 127G che distrugge nella forma e nella sostanza le esose disposizioni strappate con l’accordo del 1269, contrarie all’indipendenza di Genova, pur confermando le concessioni economiche nel Regno. E’ così narrato da questi cronisti un periodo del massimo interesse nel quale si vede alla fine un governo saggio e forte imprimere al Comune un vigoroso impulso fatto di serena energia e di misurata prudenza e avviarlo ai prossimi trionfi della Meloria e di Curzola. Resta da augurare che quest’ultima parte venga presto a compiere l'opera tanto felicemente condotta (nella quale anche debbono essere lodate le belle tavole e gli indici accurati e preziosi) e a dare a Genova la prima intera e leggibile traduzione dei suoi gloriosi Annalisti. Vito Vitale Scovazzi Italo - Noberasco Filippo, La rivoluzione democratica e l impero napoleonico a Savona secondo una cronaca contemporanea, Atti della Società Savonese di Storia Patria, vol. XI, Savona 1929, pag. 237. Gli egregi autori della Storia di Savona continuano infaticabili nell’opera meritoria di illustrare le vicende della loro città. Pubblicano ora una cronaca sull'età della Repubblica Democratica e del dominio napoleonico che ha un’importanza più che locale. La Storia della Repubblica Democratica ligure è ancora da fare. Come notava or sono alcuni anni con la sua particolare competenza Giuseppe Pessagno, tutta la bibliogra/fìa di quel periodo importantissimo per lo sconvolgimento e la trasformazione arrecata dal moto democratico e dall’invasione francese, si riduce agli Annali del Clavarino. Studi /{assegna Bibliografica 271 particolari più recenti sopratutto sul passaggio dalla repubblica aristocratica alla democratica non mancano, come non mancano lavori speciali sull’età napoleonica, ma non sono sufficienti: nè sufficiente nè sempre persuasivo mi sembra lo studio recente del Borei troppo unilaterale e apologetico. Chi riprenderà Γ interessantissimo argomento, al quale non manca, ma è stato sino ad ora poco sfruttato, il materiale nell1 Archivio di Stato Genovese (e chissà quali tesori saranno conservati a Parigi !), avrà un aiuto e una guida anche in questa modesta cronaca savonese. Modesta ma importante a conoscere gli avvenimenti della parte più occidentale della Repubblica, più a diretto contatto coi Francesi e col Piemonte; modesta e locale ma non priva di notizie di più ampio riferimento, notevoli per la conoscenza dell’ambiente, degli atteggiamenti dei Francesi conquistatori e dominatori, del contegno della popolazione. L’autore, G. B. Cassinis, vissuto tra il 1767 e il 1843, non è troppo amico della Francia e delle nuove idee, ma è sereno ed equilibrato; non è uomo di grande coltura ma di buon senso e appare molto informato. La cronaca comincia col 1708, mancano cioè i primi mesi del nuovo governo, e si apre con le elezioni dei rappresentanti ai due Consigli dei Giunion e dei Seniori da cui escono uomini come il Copello e il Monte-sisto dell’opera dei quali sono pieni i giornali del tempo e i verbali delle sedute consigliali. Segue con minuziosi particolari, spesso d’importanza esclusivamente locale; assurge a maggior interesse nelle alterne vicende dell anno 1800 quando la città fu presa e tenuta da Austriaci e da Inglesi fino alla convenzione di Alessandria. Ritornati, i Francesi riprendono le requisizioni e le imposizioni di tasse e la cronaca è piena di lamenti dei cittadini. Una grande questione, che si dibatteva allora anche a Genova, era quella della sepoltura dei defunti; la resistenza alla proibizione della sepoltura nelle chiese veniva donde meno si aspetterebbe, dall ufficio di Sanità; e ci sono in proposito curiose notizie. La narrazione degli avvenimenti del 1800 comprende una parte cospicua della cronaca e si aggiunge come fonte non disprezzabile alle molte già note su quell' anno agitatissimo. Meno ampie ma pur sempre di qualche valore le notizie degli anni successivi, le quali, come quando si narra degli atteggiamenti del Provveditore Ferdinando Demarini, o del Giustiniani, commissario di Sanità, portano qualche nuova pennellata al vecchio quadro dei rapporti tra Genova e Savona. E per questi antichi non cordiali rapporti Savona accolse lietamente 1’ annessione all Impero, fiera di divenire Capoluogo di dipartimento e sede del Prefetto e del Tribunale Civile e Criminale e vide senza rimpianto abbattere tra molto concorso di popolo quell’ albero della Libertà che anni prima tra molto concorso di popolo era stato innalzato. Molto interesse hanno le notizie sul passaggio dall’ un governo all’ altro, special-niente per la parte fiscale e di dogana; ma la cosa più curiosa fu la fretta con la quale quanti poterono accelerarono i matrimoni da con-trarsi, per non essere soggetti alla legge francese che voleva il matrimo- 272 Rassegna Bibliografica nio civile e la sua precedenza sul religioso. Utile certo sotto tanti rispetti il governo imperiale, ma come pesante per le imposizioni, gii alloggiamenti forzati ai soldati, per la coscrizione obbligatoria ! Ma la cronaca non ne dà che il principio, terminando a metà del 1806. I suoi minuti particolari hanno un carattere descrittivo e una pittura di vita che manca alle storie auliche dei fatti politici e militari. La cronaca è accompagnata e corredata di brevi note esplicative biografiche e topografiche e preceduta da un’ampia relazione statistica compilata dall’ avv. Giuseppe Nervi per il conte Chabrol, il noto e forse benemerito certo poco simpatico Prefetto napoleonico di Savona, celebre per la duplicità del contegno durante la cattura del Papa Pio VII, e sul quale ha scritto recentemente il Gallavresi. Vito Vitale La consulta dei mercali genovesi - Rassegna storica sulla Camera di commercio e industria di Carlo Mioli con introduzione di G. Pes-sagno, 1928-VII. Il magnifico volume pubblicato dalla Camera di Commercio e industria di Genova nel momento della sua trasformazione in Consiglio provinciale dell· economia a riepilogo del passato e ad auspicio dell avvenire, avrebbe meritato anche prima d’ ora un cenno in questo Giornale che vuol tener conto di tutte le attività liguri nel campo della coltura storica e letteraria. Esso è infatti opera di notevole valore non soltanto nella veste signorile e perfetta,, nelle illustrazioni magnifiche, nella riproduzione delle varie sedi per cui la Camera è passata nella sua laboriosa e gloriosa esistenza, nell’ immagine dei maggiori uomini che le hanno dato la propria attività volenterosa e preziosa, ma anche dal punto di vista storico, come contributo efficace e geniale alla conoscenza di quel lato specifico dell’ attività ligure, e genovese in particolare, che iè il commercio. Già lo aveva detto Gerolamo Serra; e anche recentemente Alfredo Schiaffini nelle sue belle ricerche sul mercante del Duecento ripeteva che quanto più la si studia, tanto più la storia di Genova appare storia di mercanti; e 1’ antico motto affermava Ge-nuensis ergo mercator, verità, certo, quando al mercator si tolga il senso troppo volgarmente attribuito di esoso ignobile trafficante e di pirata e si dia invece, com’ è, quello di uomo che vive il suo lavoro con 1 intensità profonda con la quale Γ artista vive la sua arte, quando si intenda il commercio, si, come un mezzo poderoso di ricchezza ma anche come un bisogno dello spirito, una passione, e, appunto, un’ arte. Questo giudizio esce rinvigorito dalla lettura del bel volume al quale, dal punto di vista dell’ opportunità e, per così dire, di tecnica storica, una sola riserva mi sembra da fare. Esso risulta infatti di due studi distinti : Γ uno è una rassegna acuta e sagace, quale era da attendersi Rassegna Bibliografica 273 da un esperto conoscitore, e in modo particolare delle fonti archivisti-che, come Giuseppe Pessagno, della storia del commercio genovese nelle sue tipiche manifestazioni sino al secolo XVIII; 1’ altro è quasi la biografìa della Camera, cioè dell’ organismo centrale ordinatore e propulsore di quel commercio. Due ottimi e utilissimi lavori ciascuno nel suo genere e nel suo campo ma accostati in modo (e mi posso ben ingannare) che mi sembra arbitrario poiché Γ uno generico sull’ attività mercantile, Γ altro specifico su un suo organo particolare e direttivo. Di più l’enunciazione di Prefazione data allo studio del Pessagno non induce a cercarvi quel che effettivamente vi si trova, ma piuttosto o una generica presentazione, o una illustrazione di organismi che ab-oiano precorso e preparato Γ istituto della Camera di Commercio. E questo riesce, in definitiva, dannoso al lavoro stesso e alla sua conoscenza. Ripeto che questa osservazione di opportunità e di metodo non tocca affatto il valore intrinseco dei due lavori, diversi anche di intonazione e di sviluppo. E1 un peccato che quello del Pessagno sia confinato come introduzione a un’ opera di altro genere; cappello sopra una testa e un corpo die non sono i suoi. E1 Γ eterna storia di Socrate e dei calzari di Sicione. Il Pessagno ha quasi una serie di accenni, di scorci, di appunti; il Mioli narra distesamente in una esposizione continuata che s’ inquadra e prende luce, talora a sua volta illuminandole, dalle vicende del tempo. Luoghi e generi del commercio di importazione e di esportazione, viaggi di mercanti e navigatori (non mancano spunti colombiani, chè, come ognun sa, il Pessagno è un vero specialista in questa materia) notizie tecniche sulle costruzioni navali, notizie sul Portofranco, dati economici e finanziari desunti da atti archivistici sono i punti, o meglio alcuni dei punti, trattati e più spesso accennati; e meriterebbero più ampia illustrazione di quella che il minore spazio e la costrizione della prefazione consentivano. In qualche punto non mi trovo perfettamente d’ accordo col Pessagno. Spirito pratico di autentico genovese aborrente dalla retorica e dalle frasi convenzionali, come avviene a chi ha una posizione da difendere, qualche volta si lascia trascinare oltre il segno. D’accordo che le spedizioni commerciali e marinare del 1200 hanno uno scopo immediato, pratico, utilitario, non scientifico, non ideale; che 1’ impresa dei fratelli Vivaldi, preparata minutamente nei particolari tecnici ed economici, non era ispirata dalle ragioni che Dante attribuisce al suo Ulisse; ma mi pare non si possa neppur negare che lo stato di spirito che Γ ha determinata e resa possibile di fronte alla difficoltà pratica immane, che pur doveva prospettarsi a quegli uomini di commercio, sia inerente al bisogno di espansione e di dominio, anche spirituale, che è negli Italiani del secolo XIII, in quell’ ansia di più vedere di più conoscere di più sapere che prepara e preannuncia il Rinascimento. E per quanto certe de- 274 Rassegna Bibliografica rivazioni siano assai difficilmente dimostrabili, c’ è chi pensa che non Γ immagine avventurosa ed eroica attribuita ai Vivaldi sia derivata dairuiisse dantesco, ma che l’Ulisse dantesco tragga, almeno in pai te, Γ origine dalla notizia e dalla fama degli arditi e sventurati navigatori genovesi. Il viaggio dei quali, lo si voglia o no chiamar « folle volo », che sarà questione di parole, doveva apparire così nuovo e mirabile ai contemporanei che Jacopo D’ Oria ne fa cenno speciale negli Annali parlando di « quoddam viaggium » che nessuno aveva tentato « quod* quidem mirabile fuit non solum videntibus sed etiam audientibus » e termina con l’affettuoso grido verso gli scomparsi che non dispeia ancora di rivedere: «Et postquam locum qui dicitur Gozora tiansieiunt, aliqua certa nova non habuerunt de eis. Dominus autem eos custodiat et sanos et incolumes reducat ad propria ». Ma veniamo, che è tempo, alla Consulta dei Mercanti genovesi. Lo studio si apre con la riproduzione fotografica del decreto emanato il 28 pratile anno XIII, 17 giugno 1805, da Sua Eccellenza Giovanni Battista de Champagny duca di Cadore e ministro dell’ interno di Napoleone I, col quale si istituiva una Camera di Commercio con funzioni di camera consultiva delle arti e delle manifatture e formata di quindici mei canti in attività di servizio. Quei quindici sono per lo più nomi che chi abbia scorso atti e notizie degli anni agitati della ifìne del XVIII e del principio del XIX ha trovato più volte, nel Corpo legislativo, nel Senato, nella Municipalità : specialmente Antonio Delarue, Domenico Celesia, Felice Gnecco, Giovanni Quartara, Domenico De-Albertis, Domenico Straffo-rello, Venceslao Piccardo nelle storie del tempo, e più negli atti di ai-chivio, compaiono molto di frequente. Presidente nominale il Delaiue, bel vecchio dell’ ampia fronte e dall’ aspetto dignitoso, che si può ammirare in una delle molte e belle illustrazioni del testo, Senatore pi ima dell’ annessione all’ Impero, anzi uno dei componenti la commissione che si recò a Milano a ossequiare 1’ Imperatore e a offrirgli, pei necessità, il dominio di Genova; ma in realtà il Presidente effettivo era il Pie-fetto del dipartimento. Della nuova istituzione il Mioli traccia minutamente la storia desumendola dai registri dei verbali e dagli altri atti d’archivio conservati presso la stessa Camera. Credo che qualche altra notizia utile e interessante si sarebbe potuta ricavare da altre fonti, non tanto archivistiche, e specialmente a Genova, quanto piuttosto dalla Gazzetta di Genova in cui la Camera è ricordata più volte e spesso sono contenute sue disposizioni e notizie, ma convengo che la fìsonomia generale del lavoro non sarebbe stata punto mutata. Con molta abilità il Mioli ha saputo evitare uno scoglio pericoloso: dovendo riassumere ed esporre cronologicamente dati desunti da processi verbali c’ era il pericolo di dare una monotona filza di provvedimenti con pesantezza dell’ esposizione e tedio del lettore. Egli ha saputo invece serbare per sè 1’ inevitabile tedio che deve essergli ve- Rassegna Bibliografica 275 nuto da quella lettura e darne ai lettori il succo in un riassunto sintetico che domina la materia e la presenta in forma attraente, mantenendo appieno il proposito e la promessa enunciati nella prefazione. Ma più è importante che attraverso a questa storia di elementi economici, così tipicamente importanti in una città come Genova, vengono lumeggiati i momenti principali della vita economica e per riflesso della vita politica genovese, dall· Impero napoleonico ad oggi. La sua esposizione di dati di fatto di natura pratica, non teorici, non evanescenti, prova ancora una volta che se i Liguri stavano « nel profondo del cuore » di Napoleone e se si istituirono, anche per 1’ opera vigile e prudente del principe Le Brun, ordinamenti durati poi -fino al 1814, dall’ assetto dato alle cose genovesi non derivarono quei salutari benefìci che i traffici e le industrie liguri si ripromettevano. « Una via meravigliosa, lastricata di encomiabili concetti informatori... ma la desiderata ed opulenta floridezza del passato rimase senza ritorno ». Colpa dell’ ostinato egoismo inglese che costrinse Napoleone pacifico a una serie ininterrotta di guerre e di misure danneggianti il commercio, o colpa di Napoleone ambizioso e insaziabile ? colpa di qualcuno o di tutti o colpa, più comodamente, della fatalità storica ? Fortunatamente il Mioli non si pone cosiffatti problemi e si accontenta di allineare dati di fatto: ma quelle sue pagine vive, per quanto documentarie e verbalistiche, vanno raccomandate come lettura da contrapporre alle esaltazioni encomiastiche del Borei. Se si passa all’ età dell’ unione al Piemonte, le vicende della Camera di Commercio confermano quanto avviene nella vita amministrativa: ostentato disinteressamento da ogni occupazione di carattere pubblico e rifiuto di far parte di commissioni e cariche. Anche la Camera ha una sua vita svogliata e sonnolenta sotto una valanga di editti e di biglietti regi; pure importanti discussioni avvengono su varie materie interessanti il commercio e in particolare sugli usi di piazza e sul mantenimento dei Tribunali di Commercio. Ma forse Γ atto più importante della Camera in quegli anni è stata la costruzione di una fregata intitolata appunto Commercio di Genova, destinata ad aumentare la modesta marina sarda in via di formazione sotto 1’ energico animoso impulso dell’ ammiraglio Giorgio De Geneys, che tanta importanza ha avuto anche nei fatti del 1821, minutamente narrati dal Bornate, ed illustrato recentemente, più che da qualche abborracciatura locale, dalla bella conferenza del comandante Po, sino a pochi mesi addietro capo dell’ ufficio storico della Regia Marina. Poi, progetti di ferrovie e di strade carrozzabili, questioni doganali e diritti di privativa, costruzioni pubbliche e imposte, lotto e salari: tutti i lati della vita economica offrono motivo a discussioni e provvedimenti e già Γ aria si fa più mossa e respirabile, i tempi si mutano; 3 attlvlta della Camera acquista un ritmo più celere e intenso quando 276 Rassegna Bibliografica s: tratta di preparare 1’ esposizione che accompagna il Congiesso dei dotti nel 1846 e dimostra il risorgere — fenomeni indissolubilmente legati — della vita economica, della coltura, del sentimento patiiottico. Interessante e piacevole per gustosi particolari il capitolo sulla na \7igazione a vapore e il varo alla Foce della prima nave L Elidano pei opera di Luigi Pellico, fratello di Silvio, varo avvenuto tra uno scetticismo indifferente e ostile tanto che il Vapore dovè esser venduto all fisterò. Ma poi naturalmente il nuovo sistema s’impone; ed ecco ei gei si la figura di Raffaele Rubattino, antesignano delle affermazioni mannare italiane, ligure tempra tenace, audace, intelligente, che qui si rivela benemerito persino dalla bachicoltura nazionale. La materia si alza, il tono si eleva e, in argomento che sembieiebbe non prestarsi, si direbbe che si commuove; la storia economica e la po litica si intrecciano, come sempre. Sono memoriali e petizioni e offerte a Carlo Alberto e poi a Vittorio Emanuele; la Camera partecipa dilettamente e con profondità di sentimento alle grandi vicende del 48-49 e del decennio successivo. Come sono lontani i tempi dell’ assenteismo arido e dispettoso ! . Nessun accenno nei processi verbali alla faccenda delle due navi, i Piemonte e il Lombardo, fintamente rapite dal Bixio e condotte a Gari baldi; certe cose era meglio non consegnarle alla carta. Ma dopo gli anni eroici, è tutta una attività, rinnovata nelle trattative col Lesseps per il taglio del canale di Suez atteso con ansia vivissima, per mille iniziative per la nuova vita economica che si irrobustisce; e i nomi di Già corno Millo, di Girolamo Boccardo, di Domenico Balduino, di Raffaele Rubattino sono sempre in prima linea. E poi attraverso tutte le vicende della vita nazionale, superato anche un periodo nel quale si eia laiga mente parlato della soppressione delle Camere di Commercio, la Camera-di Genova accompagna e dirige Γ ascendere del traffico del primo poito mercantile d’ Italia e in tutte le questioni economiche più importanti, in tutti i momenti politici di maggior rilievo, ha la sua parola da dire con senno, con pratica saggezza, la sua iniziativa da prendere; finché ne generale rinnovamento degli istituti e degli organi della vita nazionale non muore ma si trasforma per rispondere sempre meglio alle esigenze della vita economica del paese. Non arida cronaca questa del Mioli ma utile e brillante rassegna della più cospicua e tipica attività genovese rappresentata nel suo organo propulsivo e direttivo; ottimo contributo, specialmente, alla storia politica o piuttosto alla storia intera e senza aggettivi, alla quale offre un punto di vista di solito trascurato nell’ esposizione di un attività che, importante sempre e dovunque, assume a Genova un aspetto fondamentale e un particolare rilievo. Vito Vitale SPIGOLATURE E NOTIZIE 0. b. Tencajoli in Libri di Corsica e di Malta, comparso nella « Tri-kutta » eli Roma del 14 luglio 1929, recensisce il volume « Poesies » di A F. Filippini, edito recentemente a Livorno dal Giusti. * * * Nel « Petit Marseillais » del 23 agosto e 28 settembre 1929, R. traccia brevi monografìe sugli Anciens évêchés de la Corse. # * * Il c( Marzocco » di Firenze del 29 settembre 1929 segnala l’articolo di Mai io Battistini pubblicato in questo « Giornale », Lettere inedite di Garibaldi nel Belgio. * * * Francesco Trucco in Congiure e Cospiratori in Piemonte nel 1831 e nel 1833, pubblicato nella « Rivista di Storia, Arte, Archeologia per la provincia di Alessandria », fase, luglio-settembre 1929, pubblica interessanti ragguagli sui genovesi compromessi in quegli eventi. * * * Francesco Picco in « Corriere Mercantile » del 2-3 ottobre 1929, scrive su Le meraviglie della Liguria, recensendo ampiamente il recente volume « Liguria » di Stefano Grande. * * * La Chiesa della Costa di Sestri e la Storia degli Eremiti Girolamini t· ar°n0’ sono narrate in breve da Pasquale Canisto in « Nuovo Cittadino » del 4 ottobre 1929. * * * Sotto il titolo L assedio di Genova il « Lavoro » del 5 ottobre 1929 pubblica un estratto dal volume di M. Ruini « Luigi Corvetto » testé pubblicato. * * * Un Nobile Genovese poeta, musicista e pittore (Luigi Gavotti contemporaneo) è ricordato da Umberto di Leva in « Giornale di Genova » del 6 ottobre 1929. * * * La Chiesa di S. Giacomo in Carignano, recente costruzione ideata dal Rovelli, ie descritta in « Nuovo Cittadino » del 7 ottobre 1929 da Lazzaro De Simom. * * * uui’· \ Doria ha tradito a Lepanto ? è il titolo d’uno scritto anonimo pubblicato m « Lavoro » dell’ 8 ottobre 1929. Specialmente interessanti i rilievi sulla flotta Sabauda e la piccola squadra Genovese di E. Spinola. # * # Su La Compagnia dei Caravana scrive M. 0. Randi in « Giornale di Genova » del 9 ottobre 1929. # * * In « Lavoro » del 9 ottobre 1929 Enzo Ferrari ricorda il poeta Giuseppe De Paoli, genovese. 278 Spigolature e Notizie * * * « La Stampa » di Torino del 9 ottobre 1929 pubblica con un articolo illustrativo anonimo Un sensazionale documento sull’italianità di C. Colombo. Il documento tratto dagli Archivi Vaticani darebbe Cogoleto come patria dello Scopritore. Nel giorno seguente 10 ottobre tutti i 'jrl^“ nali di Genova pubblicano un Comunicato del Civico Ufficio Stampa diretto a rivendicare a Genova l’onore d’aver dati i natali al grande Ammiraglio. Il « Corriere Mercantile » aggiunge un rilevante commento. * * * A firma Cincali è pubblicato in « II Lavoro » del 10 ottobre 1929 uno scritto dal titolo Un genovese allievo di Cagliostro. Si tratta del Cav Ri-chettini nipote della Contessa di Briars vedova del Senatore Richettim ed ammiratrice del Cagliostro. * * * Intorno a Federico Fregoso, genovese, uno tra gli interlocutori del celebre Dialogo « Il Cortigiano » del Castiglione, scrive Amedeo Pescioy in « Secolo XIX » dell’ 11 ottobre 1929. * * * A >fìrma: Bizeta il « Lavoro » del 13 ottobre 1929 pubblica uno scritto retrospettivo dal titolo Farmacie d’oggi e di cent’anni fa. Lo scritto pur non avendo speciali referenze a Genova o alla Liguria interessa come descrizione generica dell’ambiente illustrato. * * * y Il (( Corriere Mercantile » del 12-13 ottobre 1929 ha uno scritto dal titolo Da Quinto a Genova senza passare per Savona e Cogoleto inteso ad affermare che C. Colombo è nato in Genova. * * * a II Lavoro » del 13 ottobre 1929 ha una lunga recensione del recente studio di Alfredo Schiaffino, sotto il titolo Saggezza e linguaggio dell’antico mercante genovese. * * * Col titolo L’altro Inno si rievoca in « Il Lavoro » del 13 ottobre 1929 1’ Inno Militare scritto dal Mameli ad invito di G. Mazzini. * * * « Il Nuovo Cittadino » del 13 ottobre 1929 stampa uno scritto di M. Staglieno sotto il titolo: Genova ai tempi di Cristoforo Colombo. * * * Intorno a La Chiesa di S. Torpete (gentilizia dell’antica famiglia dei Della Volta, poi Cattaneo), scrive Lazzaro De Simoni ne « Il Nuovo Cittadino » del 13 ottobre 1929. * * * Il « Giornale di Genova » del 13 ottobre 1929 pubblica L’esaltazione dell’eroico Cantore della Patria, e cioè il testo integrale della commemorazione che l’on. Corrado Marchi fece del Mameli il 12 ottobre al Teatro Carlo Felice, in occasione della cerimonia per la consegna del gagliardetto al nuovo sommergibile, cui fu dato il nome dell’Eroe-Soldato. * * * « Bibliograjfìa fascista » di Roma del 15 ottobre 1929 recensisce II mio poeta è biondo di Marcello Arduino, già da noi segnalato. Il recensore trova nel romanzo storico « troppa oleografia, troppo sentimentalismo, troppa zuccheritudine » e stile « spesso sciatto e diluito, con un che di pedantesco e curialesco insieme da dar la nausea, e non ai puristi soltanto ». Spigolature e Notizie 279 * * * 11 « Corriere Mercantile » del 15 ottobre 1929 dà notizia di Un autografo di Mameli donato al Comune dall’Avv. Edoardo Devoto. Si tratta dì una lettera inedita di Goffredo a Stefano Castagnola sul trasferimento a Genova della Società Entelema, da datarsi quindi dal novembre 1846 e non del 1847, come erroneamente vien pubblicato dal giornale genovese. * * * 1. Tiozzo nella « Gazzetta di Venezia » del 15 ottobre 1929, riprende m esame la questione della nascita di Giovanni Caboto, in un articolo · Intorno a Giovanni Caboto. Il T. sostiene la tesi della « venezianità » del Caboto. * * * Una delle più antiche e tipiche Corporazioni genovesi, La Compagnia «F V;^AFATI> è studiata in « Giornale di Genova » del 17 ottobre 1929 da Favilli. * * * Lo Scriba continuando in « Caffaro » del 22 ottobre 1929 la Rubrica « Vichi e Strade » parla di C. I. Frugoni. * * * (( 9affaro )} d.el ^ ottobre 1929 ha uno scritto di Camillo Manfront v£i· (( L.Italia Marinara»: A proposito d’un docümento colombiano pubblicato di recente da « La Stampa ». Vi è sostenuta Γorigine genovese di Colombo. * * * Lazzaro De Simoni illustra in « Nuovo Cittadino » del 27 ottobre 1929 La Chiesa di S. Donato, una delle più vetuste di Genova. * * * Luigi Sorrento riprende dopo un anno e mezzo in « Ì)evum » di Milano, nel fascicolo aprile-giugno 1929, pubblicato il 30 ottobre successivo ia sua rassegna bibliografica Folclore e dialetti d’Italia (1925-1929) in cui son contenute non poche interessanti notizie sul folclore della’Liguria. * * * ÌT\ (( ^avor? \\ del .30 ott°bre 1929 su Dante in genovese, esa-ìico Gazza9* a ne della Divina Commedia in dialetto del P. Ange- * * * l’nttnhrp 109Q «La Grande Genova» Bollettino Municipale del- twa \ q at n Son.to delle Vlcende subite da II Palazzo di Andrea doria a S. Matteo, storico monumento del quale si sta attuando il re- * * * «nvì+L ^ wa+n(?e ^enova ” Bollettino Comunale dell’ottobre 1929 ha uno· Wptta^1+!ΰh0: GENOVESITA DI COLOMBO ALLA MOSTRA OCEANOGRAFICA DI o to to dauna comumcazione del Prof. Revelli al Congresso Intemazionale di Oceanografìa tenuto a Siviglia nel maggio 1929. * * * Pubblica nella « Revue de la Corse » del settemhrp-nttn bie 19^9 un importante rassegna della penetrazione commerciale in Algeria ed in Tunisia da parte dei Corsi; in occasione de? Quarto centenario del Bastione di Francia, fondato nel 1530 Lo studio Les Corses dans l’Afrique du Nord contiene oltre a numerosi documenti inediti anche importanti notizie sui primi Corsi che Separarono alla Francia la conquista dell’Algeria P 280 Spigolature e Notizie * * * A. Ambrosi pubblica una lettera inedita di Bonaparte al neglo lous-saint Lou vertu re del 13 marzo 1801, illustrando l’opera svolta da questo emissario francese nell’isola di San Domingo. L’articolo Bonaparte et Toussaint Louverture, è comparso nella « ±\e-vue de la Corse » del settembre-ottobre 1929. * * * In uno scritto a (firma A. Barb. comparso in « Lavoro » del 1. novembre 1929 è detto Perchè il Comune ha corretta la lapide della casa di via San Lorenzo preteso luogo natale di Goffredo Mameli. * * * Lo scritto Trittico Castagnino di Amedeo Pescio in « Secolo XIX » del 1. novembre 1929 offre una collezione di folk-lore genovese rieoi dando tipici rivenditori di castagne lesse e arrostite in città. * * * Briciole di Storia genovese (col sottotitolo : V incubo dell’ oste Tomaso) offre Umberto Di Leva in « Giornale di Genova » del 1° novembre 1929. Si tratta d’un famoso oste che per la conoscenza che ebbe di tutti i banditi del tempo era spesso interrogato dalla polizia a fornirne notizie. * * * Col titolo : Pro Sancto Benigno uno scritto anonimo in « Corriere Mercantile » del 1-2 novembre 1929 traccia la storia dell· antica abazia di S. Benigno a Capo di Faro auspicando che del luogo, prossimo a distiug-gersiy sia fatto a cura del Comune un plastico che lo ricordi. * * * Giuseppe Faveto scrive in « Lavoro » del 2 novembre di Carloforte, piccola cittadina sarda che vanta lontane origini genovesi e che ancora conserva il dialetto ligure. * * * La Chiesa di San Carlo è illustrata come insigne monumento genovese da X. in « Corriere Mercantile » del 2-3 novembre 1929. * * * De La Chiesa di San Carlo in un profilo d’arte e di storia genovese, scrive Lazzaro De Simoni in « Nuovo Cittadino » del 3 novembre 19~J. * * * Enrico Bottini Massa rievoca nel « Popolo » di Milano del 6 novembre 1929 II Poeta dei Mille, Giuseppe Cesare Abba. * * * In « Nuovo Cittadino » del 7 novembre 1929 Pasquale Canisto scri\e su Gente nostra sul mare ricordando soprattutto antichi marmai di be-stri Ponente tra i quali eccellono i Pessagno. * * * P. G. Giacchino in « Nuovo Cittadino » dell’ 8 novembre 1929 illustra Le tre giornate settembrine del 1797 nella regione di Sestri Ponente in base ad una lettera del Governo Provvisorio rinvenuta nelTArchivio Comunale. * * * In (( Nuovo Cittadino » del 10 novembre 1929 Lazzaro De Simoni illustra La Chiesa di S. Marta cospicuo edifizio sacro genovese. * * * Lo Scriba continuando in « Caffaro » del 13 novembre 1929 la Rubrica « Vichi e Strade » scrive sul casato dei Denegri al cui nome è intitolato un vicolo della vecchia Genova. Spigolature e Notizie « * * In « Lavoro » del 14 novembre 1929 Giuseppe Macaggi scrive su Un cenacolo fourierista a Genova nella casa del De Assarta in Salita S. Caterina. * * * Luigi xii a Genova e Tomasina Spinola è il titolo d’una breve nota di Mercure in « Corriere Mercantile » del 14-15 novembre 1929. Vi si riporta una nota del Rodocanachi letta alla Academie des Sciences Morales et Politique di Parigi sull’argomento. * * * Alberto Lumbroso in « Giornale di Genova » del 16 novembre 1929 ricorda Luigi Corvetto, Un grande genovese d’un secolo fa. * * » In (c Nuovo Cittadino » del 17 novembre 1929 Lazzaro De Simoni illustra la Chiesa di San Pancrazio in Genova. * * * In « Lavoro » del 19 Novembre 1929 Guglielmo Persi col titolo Favola breve, commemora un poeta ligure rimasto oscuro : Riccardo Pallavicini, di tendenza tolstoiana. * * * Stralciando da un recente volume del Caddeo (Historié di C. Colombo per Don Fernando Colombo) il « Corriere Mercantile » del 19-20 novembre 1929 pubblica un Ritratto fisico e morale di Cristoforo Colombo. * * * Martel in Gli stranieri e la Corsica, pubblicato nel « Resto del Carlino » di Bologna del 22 novembre 1929, illustra non pochi documenti lasciatici da stranieri sull’ italianità di Napoleone. * * * La Chtesa di S. Margherita a Marassi è descritta da Lazzaro De Si-moni in « Nuovo Cittadino » del 24 novembre 1929. * * * « Il Nuovo Cittadino » del 26 novembre 1929 col titolo San Domingo e firma B. C. illustra 1’ isola scoperta da Colombo nell’ ottobre 1492 e da lui creduta 1’ antico Ofir di biblica memoria. * * * Un genovese ministro di Francia è il titolo d’un scritto a firma P. S. pubblicato da «Il Lavoro» del 26 novembre 1929. Si tratta di* Luigi Corvetto di cui s’ è occupato con la sua pregevole monografìa Meuccio Ruini. * * * Il « Corriere Mercantile » del 27 novembre 1929 dà notizia di Un cimelio religioso appartenuto a Goffredo Mameli. Si tratta di una piccola statua, raffigurante Santa Filomena, di terracotta senza pregi artistici, sotto alla quale trovasi la leggenda : « Toccata in sorte a Goffredo Mameli, in una fìera di beneficenza a Portoria; fu dalla famiglia donata a questa Chiesa Parrocchiale nell’ anno 1835 ». Il cimelio si conserva nella Chiesa Parrocchiale di Fontanegli. * * * Col titolo Genova Cittv di Noè è ricordato da Ars in « Lavoro » dei 28 novembre un curioso libro del Congora stampato a Genova nel 1669 dal titolo: « Reai Grandeza de la Ser.ma Republica de Genova ». * * * In La morte cristiana di Goffredo Mameli, L. Alpino fa sua la tesi di E. Martire che il poeta-Eroe sia morto « nella pienezza pratica del- 282 Spigolature e /Notizie Γ ideale religioso in cui era cresciuto ed educato », portando quale prova decisiva il fatto che il Mameli, dopo la punizione subita nel ’45 per «esser divenuto a vie di fatto con alcuni giovani, si recò al Collegio delle Scuole Pie di Carcare, restandovi per qualche tempo in tranquillo rifugio operoso ». Non è qui il caso di entrare nel merito della questione, solo si osserva che Goffredo, addivenne a vie di fatto con un solo compagno, e non si ritirò mai a Carcare « in tranquillo operoso rifugio ». Delle Scuole Pie di Carcare fu invece allievo il fratello di lui Giovanni Battista. • Lo scritto è apparso nell' « Italia » di Milano del 29 novembre 1929. * * * Una ben informata monografìa sulle manifestazioni religiose in Genova nella prima metà del seicento, compilata su notizie tratte da documenti conservati nell’ Archivio di Stato, inediti ed assai importanti, offre Antonio Costa in Dogi e Senatori in processione. Il pregevole studio è apparso in « Il Padre Santo », periodico mensile che si pubblica dai Padri Cappuccini di Genova nei fascicoli del febbraio, marzo, aprile, maggio e novembre 1929. * * * Renzo Ricciardi nel fascicolo di « A Compagna » del novembre 1929, intrattiene i lettori, da buon napoletano, su Costanzo Carbone, le canzoni genovesi e le squadre di canto. * * * G. Carraio nel fascicolo di novembre della « A Compagna » illustra con copiose note storiche II Castello di Tqrriglia. * * * « La Grande Genova » Bollettino Municipale del novembre 1929 ha (in continuazione) uno scritto di Raffaele di Tucci su Le relazioni commerciali tra Genova e il Levante dalla caduta di Chio al 1720. * * * Su Sant’ Eligio e la Corporazione degli orefici in Genova scrive G. R. in « Nuovo Cittadino » del 1° dicembre 1929. * * * Colla (firma E. Bra, ed il titolo La Liguria dalla preistoria alla romanità « Il Lavoro » del 1° dicembre 1929 ha un notevole articolo illustrativo delle Collezioni del Museo Archeologico di Genova recentemente ordinato da Orlando Grosso. * * * In « Il Lavoro » del 5 dicembre 1929 un anonimo illustra la legione di Domoculta, una delle più antiche di Genova. * * * Il poeta della Spezia, Ubaldo Mazzini, cui il nostro Giornale tanto, è rievocato da Mario Bettinotti (Marbet), nel «Lavoro» de / dicembre 1929. Lo stesso articolo è ripubblicato ne « L’ Opinione » delia Spezia del 16 dicembre 1929. * * * I Monumenti genovesi dedicati all’ Immacolata sono illustrati con uno scritto anonimo in « Corriere Mercantile » del 7-8 dicembre 1J2J. * * * Ars dà notizia in « Il Lavoro » dell’8 dicembre 1929 della Gerusalemme Liberata in genovese con Balilla prode scudiero stampato a Genova dal Tarigo nel 1755 ed opera collettiva di diversi autori. Spigolature e Notizie 286 * * * Lo Scriba rievoca in « Caffaro » del 12 dicembre 1929 la memoria di Agostino Bertani. * * * Michelius scrive in « Giornale di Genova » del 13 dicembre 1929 su La vita intima di Nicolò Barabino. * * * Col titolo: Il piccolo Eroe, Temistocle Celotli ricorda in « Giornale di Genova » del 15 dicembre 1929 il Balilla ed il suo gesto audace. * * * De Pasquale Francesco illustra nell’ « Unione Sarda » di Cagliari del 15 dicembre 1929 Un falso episodio delia vita di Garibaldi. Il D. P. dimostra che tanto il Tommaseo quanto, più recentemente, il Carraresi, errano nell’ individuare Γ Eroe dei due mondi in quel Garibaldi, che fu ospite di S. P. Viesseux a Firenze nel 1834. Si tratta di un altro Garibaldi che nulla avea a che fare con 1’ Eroe. * * * Ancora di Lazzaro De Simoni è lo scritto La Chiesa del Rimedio in « Nuovo Cittadino » del 15 dicembre 1929. * * * « Il Marzocco » del 15 dicembre 1929, riassume 1’ articolo di Renato Piattoli : La spedizione del maresciallo Boucicault contro Cipro, nei carteggi mercantili fiorentini, pubblicato nell· ultimo fascicolo di questo Giornale. * * * Da un articolo di Clinio Quaranta in « Nuova Antologia » del 15 dicembre 1929 è riprodotto in « Caffaro » del 20 stesso mese un estratto col titolo: La vita intima di Garibaldi a Caprera - L’ Eroe e gli animali. * * * La solennità centenaria della « Revue des deux mondes », è trascorsa senza aver messo nel dovuto rilievo la -figura di un grande italiano, il chiavarese Alessandro Bixio, fondatore con Francesco Buloz, nato in Savoia, suddito del Re di Sardegna, della gloriosa rivista. Per primo Francesco Salata ha fato una lodevole eccezione ricordandolo in un articolo II Risorgimento Italiano e la « Revue des deux mondes », comparso nel « Corriere della Sera » di Milano del 17 dicembre 1929. * * * Giuseppe Silvestri in un articolo dal titolo Passeggiate tra Rapallo e Portofino, comparso sul « Popolo d’ Italia » del 17 Dicembre 1929 illustra caratteristici aspetti di quel suggestivo tratto della Riviera Ligure. * * * Vito Vitale col titolo: Donne in platea offre ricordi tipici di antichi Teatri genovesi in « Giornale di Genova » del 19 dicembre 1929. * * * Luigi Papa col titolo Dopo la caduta della Repubblica Romana aduna ricordi garibaldini in a Giornale di Genova » del 19 dicembre 1929. * * * J. Tivaroni in « Giornale di Genova » del 19 dicembre 1929 recensisce ampiamente il recente libro di M. Ruini: Luigi Corvetto genovese. * * * L’ Albergo dei Poveri di Genova è illustrato nelle sue origini e vicende in « Il Lavoro » del 22 dicembre 1929. Lo scritto è anonimo. 284 Spigolature e 'Notizie * * * A· Sansevero pubblica ne « Γ Opinione » di Spezia del 23 dicembre 1929 curiose Osservazioni sul dialetto spezzino. * # * Col titolo II Chiabrera sgabriellato, Amedeo Pescio scrive in « Secolo XIX » del 27 dicembre 1929, intorno ad una monografìa sul Poeta savonese dovuta al Prof. F. L. Mannucci. # * * Giuseppe Dovara scrive in « Giornale di Genova » del 27 dicembre 1929 su I cimeli paganiniani, rendendo conto di ima intervista col Ba~ rone Attilio Paganini. # * # F. M. Zandrino, in una lettera al direttore de « Il Lavoro », in data 28 dicembre 1929, Scienziati e scrittori nostri onorati dalla Società delle Nazioni, deplora il fatto che nessun giornale genovese abbia dato una notizia doverosa, « e per l’orgoglio di Genova, e per i premiati e per l’onore della intellettualità e della scienza italiana », e cioè quella che la Società delle Nazioni, « tra le sue ottime istituzioni, ha creato un Istituto di cooperazione intellettuale internazionale, che ha sede a Parigi », il quale pubblica ogni anno un elenco per segnalare « agli studiosi del mondo, le opere scientifiche e letterarie più importanti, opere che per l’Italia sono venti, ogni anno. Questa limitazione accresce il significato della scelta ». I nostri scrittori, segnalati per il 1927 e il 1928 sono i seguenti: Pietro Silva con II Mediterraneo da Roma alV unità d’ Italia; Nicola Pende e Carlo Foà con La Fisiologia e la clinica degli increti; Amerigo Barlocco con il Trattato di clinica delle malattie dei reni; Arturo Codi-gnola con Goffredo Mameli, La vita e gli scritti; Egisto Roggero con 11 mare nella scienza, nella vita e nella civiltà. Lo Z. con commossa parola rievoca fra costoro la figura del Barlocco, morto a soli 46 anni, senza aver avuto notizia della meritata alta distinzione. * * * Vito Vitale in « Giornale di Genova » del 28 dicembre 1929 rievoca opportunamente Un Consigliere di Cavour, Alessandro Bixio, nella ricorrenza centenaria della « Revue des Deux Mondes ». * * * A firma. Paria « II Lavoro » del 29 dicembre 1929 pubblica uno scritto su Gli amori di Luca Cambiaso. * * * Genova e BOxNaparte è il titolo d’ uno scritto a firma P. S. in « Il Lavoro » del 31 dicembre 1929. Il Silva con la sua consueta acutezza fa una chiara disanima del volume recentemente pubblicato da Simone Askenazy, contenente documenti della gioventù del Bonaparte, fra i quali preziosissimi una memoria sulle condizioni di Genova nel 1794 e abbozzi con proposte di operazioni militari da svolgersi nella Riviera di Ponente, per giungere a rompere le forze austro-piemontesi opposte alle francesi sugli sbocchi alpini. * * * Lazzaro De Simoni in « Nuovo Cittadino » del 31 dicembre 1929-scrive su La Chiesa di S. Sabina antico edifìzio sacro in Genova. * # * M. Celle in « Grande Genova » Bollettino Municipale del dicembre 1929, scrive su Gli Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori tradotti da G. Monleone ed editi dal Comune. Spigolature e /Notizie 285 * * * Januensis scrive in « A Compagna » del dicembre 1929 su Un provvedimento GENOVESE DEL SEC XVI PER UNA MAGGIORE PRODUZIONE GRANARIA. * * * Giovanni Grifo pittore genovese è ricordato da Costanzo Carbone in in « A Compagna » del dicembre 1929. * * * Di Giovanni Ramorino insigne naturalista genovese e fondatore della « Società Letture Scientifiche » a Genova, scrive brevemente R. Gestro in « A Compagna » del dicembre 1929. * * * Nella Rivista « Marmi, Pietre e Graniti » del novembre-dicembre 1929 Arturo Saiucci col titolo La selva marmorea di Staglieno illustra i migliori Monumenti della Necropoli Genovese. * * * Il Civico museo d’ Archeologia Ligure nella Villetta Di Negro è copiosamente illustrato da Orlando Grosso in « La Grande Genova » del Dicembre 1929. * * * Il « Bollettino Storico Piacentino » del Luglio-Settembre 1929, apparso a fine Dicembre, contiene una nota, a firma D, su Piacenza e i Piacentini negli Annali Genovesi di Caffaro e dei continuatori. * * #■ Le Glorie di Genova marinara negli Annali Genovesi di Caffaro e dei continuatori, sono rievocate da Vito Vitale nella « Rassegna Italiana » di Roma del dicembre 1929. Lo studio è in continuazione. * * * nainoA0C*e^ae ^ Campanassa » di Savona, pubblica un Calendario per il 1930 corredato da numerose note storiche e folcloristiche. La gemale opera, dovuta agli amici savonesi, è ricca inoltre di un buon nu-mero eh canzoni in poesia dialettale, premiate dal 1° Concorso Canzo-nettistico bandito dalla « Campanassa » pél 1929. * * * r. } R;*p^orti Lodi-Genova son studiati da 1’ «Archivio storico per la Litta e i Comuni del Circondario e della Diocesi di Lodi » (anno XLVIII 1929, 2° semestre). Sono elencati i vari Podestà di Genova nati a Lodi ed altri personaggi che ebbero nascita a Lodi e svolsero attività artistico-politico-ecclesiastica nella Superba. * * * E’ stata pubblicata per i tipi della « A Muvra » un’ Antologia degli scrittori còrsi, a cura di Yvia-Croce, con prefazione del Graziani. La pubblicazione che è in corso, essendo fino ad ora uscito il solo primo volume che contiene notizie e pagine degli scrittori del XV, XVI e XVII secolo, è opera pregevole. * * * Una ben informata monografìa su II Duomo di Savona, offre Filippo Noberasco, in un opuscolo edito a Savona dalla Tipografìa Savonese. * * * Pietro Rembado, traccia un bel profilo di Monsignor Giuseppe Va-lerga di Loano, che fu il primo Patriarca latino di Gerusalemme, in un articolo La Palestina e Monsignor Valerga, pubblicato ne « La Cavai cata » di Firenze del novembre-dicembre 1929. APPUNTI per una Bibliografia Mazziniana STUDI ED ARTICOLI SU G. MAZZINI PUBBLICATI ALL’ESTERO F. Ernesto Morando, Giambattista Cuneo, V iniziatore di Garibaldi e i suoi ricordi di Buenos Aires in « Patria degli Italiani », Buenos Aires, 16 settembre 1929. E’ ripubblicata orna pagina del liibro del Morando già segnalato, « Mazziniani e Garibaldini ecc. » precednto dalla seguente (breve presentazione dovuta allo Zan-drino : in tale volume « nel quale senza le inesplicabili partigianerie del Curatolo, con parole d’indefettibile affetto al Mazzini e al Garibaldi. Γ Autore Francesco Ernesto Morando, narra quella ohe si può dire la storia intima degli ultimi anni della Rivoluzione italiana ». --, La patria russa, in « Giornale d1 Italia », Buenos Aires, 21 settembre 1929. L’anonimo autore rivendica, di fronte alle utopie .bolsceviche, la realtà, della patria propugnata con l’apostolato dal Mazzini. « Oliatiti A. 0., La mutualità in Regime Fascista, in « Piccolo », San Paulo, 25 settembre 1929. « .... Le nuove forme di assicurazione, di previdenza e di assistenza sociale devono essere nettamente mutualistiche. Le « Mutue di categoria » sotto il controllo e con coordinamento agli istituti parastatali costituiranno la spina dorsale delle corporazioni proprie in formazione. Saranno organismi non privati, non statali non parastatali in senso stretto, ma veramente e «schiettamente «corporativi». La mutualità è il princdipio rivoluzionario che storicamente precede la· idea dello Stato corporativo. Ad esse affidarono I. P. Prondhon, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi la soluzione della questione sociale. In un certo momento il genio istintivo delle nostre clasei operaie aveva riempito l’Italia di « Fratellanze artigiane » e di società di mutuo soccorso... ». Paolo Toschi, Tradizione italiana a Malta, in a Opinione della Domenica », Philadelphia, 29 settembre 1929. XI T. rievoca ìe figure di non pochi ferventi mazziniani che ricercarono un rifugio in Malta durante le ?otte per il nostro Risorgimento. Castrocaro Filippo, Un omaggio patriottico, discorso ufficiale del Columbus Day in « V Ora », Newark, New Jesrsey, 19 ottobre 1929. Discorso commemorativo tenuto nella giornata dedicata a Colombo, nel quale il C. esaltò insieme allo scopritore dell' America, il Galilei ed il Mazzini « la triade gloriosa di civiltà, di scienza, di wnanità ». Bibliografia Mazziniana 2*7 Remo Renato Petitto, Mazzini e Kossuth, in « Messaggero di Rodi », Rodi, 25 ottobre 1929. Breve recensione del lavoro del Kastner, già da noi segnalato. , II Museo degli Esuli incorporato al Museo del Risorgimento, in « Corriere d1 America », New York, 27 ottobre 1929. Si Idà nctiaia dell'acqui feto da parte dei Museo del Risorgimento di Milano, delle collezioni raccolte dai professori Manzoni e Ghisleri nel Museo storico degli esnili a Como. « Ijn particolar modo — scrive il corrispondente — ne trarranno giovamento gli studi intorno a Mazzini e ai suoi discepoli perchè si tratta di documenti in gran parte mazziniani »». E. D., 1 doveri deli uomo di Mazzini, in « Vita del Libro Italiano al- V estero », Milano, ottobre 1929. E’ annunciata una versione in lingrua fruì gara dovuta a P. Dragoev. --, Mazzini et Kosjutli, in « Risveglio Italico », Parigi, 2 nov. 1929. Breve recensione ded voi1, del Kastner più volte citato. --, £’ Epopea, di Vittorio Veneto è una delle Pagine decisive della Storia mondiale, in « Corriere d' America », New York, 5 novembre 1929. Breve e commossa celebrazione della vittoria — « Vittorio Yeaieto »> — si afferma — realizzò a quasi iun secolo di distanza, la divinazione» di Mazzini, sulla ineluttabilità Ideila «finis Austriae». Neolder Nilsson, Den italienska politikensiste romanliker, in « Nya Da-gligt Allehanda », Stockholm, 7 novembre 1929. Breve rievocazione degli ideali mazziniani che condussero Cesare Battisti al supplì zio. La figura dell’eroe trentino è rievocata con opportune parole. Dario Rossi, Ricordi di George Scind, in « Piccolo », San Paulo, 14 novembre 1929. Λ emgono rievocati episodi dell’amicizia che unì il Mazzini alla grande scrittrice francese. Giuseppe Gallavresi, Gli amici inglesi del Risorgimento Italiano, in « Vita Nuova », Bologna, novembre 1929. E ripubblicato tradotto in italiano da Bice iRavà Corinaldi, l’articolo che il G. pubblicò a Londra nella « Contemporany Beview » del settembre. Si tratta di un’aciuta e ben informata rassegna degli amici inglesi dei nostri esuli in Inghilterra, fra i quali primeggia, naturalmente, il Mazzini. > Cimeli patriottici, Lettere di Garibaldi e di Mazzini, in « Messaggero degli Italiani », Costantinopoli, 13 dicembre 1929. Tengono pubblicate, con una breve nota illustrativa, 8 lettere inedite di Garibaldi e 4 di Mazzini, dirette alla Società Operaia di Costantinopoli, della quale il Garibaldi fu il ;primo Presidente effettivo e più tardi unitamente al Mazzini, presidente onorario. Le lettere del Mazzini sono del 25 luglio 1863, 24 agosto 1865. 13 maggio 1871; ed ama non è datata. 288 Bibliografia Mazziniana OPERE E STUDI SU G. MAZZINI PUBBLICATI IN ITALIA Armando Lodolini, Vita di Mazzini raccontata ai giovani fascisti, Firenze, Bemporad, 1929. Opera di carattere divulgativo per i giovami italiani, (ben informata, come tutte le opere del valoroso studioso deQ pensiero mazziniano. G. D. Leoni, Giuseppe Mazzini, La vita e V opera del grande apostolo narrata ai bimbi d’ Italia, Edizioni de « La Diana Scolastica », Bologna, 1930. E’ «un’operetta di carattere divulgativo per i fanciulli italiani, corretta e ben informata, come son di consueto gli studi del valente studioso bolognese. Antonio Pagano, Dalla idea cristiana alla idea fascista, in « Politica », Roma, vol. XXXI, fase. LXXVI-VII. In questo Saffgio il Pagano esamina fra l’alitano la concezione religiosa del M., con acute osservazioni, giungendo però a conclusioni non sempre persuasive. Eccone un breve saggio: «Giuseppe Mazziini, chiuso ail bisogno spirituale della speculazione filosofica-, al sentimento dell'Arte in quanto tale e alla comprensione delle determinazioni storiche, volle essere, e fu, l’annunciatore di una nuova morale. La morale del M. ha un doppio e concorde fondamento, soggettivo e oggettivo. Innanzi tutto essa è legge e atto della coscienza. Y è un dovere, e l’uomo può e deve sentirlo. Il valore della vita condiste nel compimento del dovere. Ma il dovere, nella concezione del non filosofo Mazza ni, non è, come in quella del filosofo Kant, privo di oggetto o contenuto. L’uomo deve cooperare-(ciascun uomo secondo le sue attitudinii e nei limati delle sue forze) al progresso collettivo del pensiero umano, secondo il concetto di Dante nel De Monarchia, ad quale il Mazziini, lettore di poeti più che di filosofi, ned Doveri dell'uomo si riferisce. « Il pensiero è dal Mazzini inteso nella sua coamplessiva e. indifferenziata unità più che nelle sue specifiche determinazioni. E’ politico, sociale, scientifico, filosofo, religioso. Sopra tutto religioso. In c-iò sta la caratteristica e anche 1 equivoco della concezione mazziniana e il Mazzini credeva· che le religioni positive, ormai tutte antiquate, dovessero venire sostituite da una religione razionale, avente l’autorità e alcune delle forme delle positive. Era il programma ο 1 ideale dei suoi contemporanei Saint-Simon, Comte, Towianski. Ma questi erano spiriti ieratici e mastici; il Mazzini, senza essere un positivista, anzi essendo tutt’altro, era più positivo (del Comte ed era uno spirito ilaico. La sua religione non poteva essere adottata che da anime semplici ed entusiaste, più strumenti che realizzatrici deQUa sua politica... ». G. Perticone, Gli errori di Marx, in « Politica sociale », Roma, settembre 1929. Serrata critica alla· teoria marxista, cui in Italia, s’oppone fra i primi il Mazzini,, di quale uscì vinto dalla dotta. Ma l’idealismo — afferma il Ρ. sulle orme del Gentile — « come fede nella necessità deflll’avvenito d’una realtà ideale, come concetto della vita che non deve chiudersi nei limiti del fatto, ma progredire e trasformarsi incessantemente e adeguarsi a una legge superiore, che agisce sugli animi con la forza stessa Bibliografia Mazziniana 289 dellla sua idealità-, questo idealismo è ila sostanza dell’ineegn amento mazziniano. In questo senso si può dire ohe l'opera di revisione dei dogmi del marxismo, aiutata potentemente dal l'influenza del Sorel, eia ila rivincita del mazzintómo...». Tristano Salinas, Mazzini profeta delta patria, in « Scena Illustrata », Firenze, 1° ottobre 1929. Il S. pubblica tre importanti lettere inedite Idi Mazzini a Garibaldi del 23 settem bre e 17 ottobre del' 1860 e del 23 gennaio 1861. Nella, (prima ili M. (propone di far firmare un indirizzo al Parlamento dn favore dell'umanità e del compimento rapido deU'iflnpresa dei Mille, da d 20.000 volontari garibaldini ; nella seconda raccomanda un capo popolano influente, Giuseppe Rizzo, e scongiura il duce dei mille a « non cedere troppo le armi » : nella terza offre un Ibattaglione dd soldati volontari drlandeei concludendo con questo accorato appello: «Qui dicono ohe Tiirr riesca a conciliarvi con Cavour. Se cdò è vero è scdaigura. E’ il (segnale dell’anarchia : conosco Cavour : io con mi riconcilierò mai con -lui, a meno ch’egli non rompa pubblicamente con Luigi Napoleone. «Io vi dicevo un anno addietro: «Lavorate pél re» giacché, non so perchè, lo volete; « ma senza il re ...Il re è Cavour, Cavour è Luigi Napoleone. Possibile che voi, difensore di Roma, possiate sottomettervi a quella influenza? « Garibaldi, facciamo l’Itali a, non dipendente da anima viva ; ila daremo poi a ohi vorrete. .Scrivetemi una parola sulle vostre intenzioni. E’ l’ultima volta che ve lo chiedo, perchè mi avete scritto che m'eravate amdico ». Enzo Palmieri, Problemi di Storia Letteraria e di Cultura, Il Romanticismo, in « Giornale di Politica e di Letteratura », Roma ottobre 1929. Il Ρ. in una critica acuta e spassionata riprende in esame il. problema del roman iticiismo, cercando una definizione che ne colga l’essenza, attraverso le innumeri proposte dn opere dedicate, in più d’un secolo di studi, all’argomento. La conclusione, di sembra non priva di valore. « Nel 1829 il Mazzini - egli scrive - ne affidava la soluzione ad letterati : « Il vocabolo - Romanticismo - venuto a noi di Germania, e coniato, pare, a distìnguere (daill’amtica ttitta quella (letteratura ohe invalse in Europa, poiché ■l'idioma Romano padre delle moderne favelle fu sostituito al Latino, fu tra ^portato mon so quando e (perchè a indicare le opinioni di coloro che traevano scrivendo, le loro ispirazioni d’altronde che dagli antichi esemplari». Questo in nota al Saggio sopra alcune tendenze della· .letteratura europea del XIX Bevalo. Ma nel testo fa radura di tutte le pedanterie romantiche e classiche di tutte le polemiche letteratesche ed endemiche, fatte di paradossali arcui- e non .di meno stravaganti apologie ; e, per primo, tenta il Mazzini un’ interpre-tazione intellettualistica del Romanticismo, inquadrandolo in un’esistenza d’idee più diate e comprensive d’ogni teoria particolare. Quando due principi — ©gli argomentava - sono in lotta aperta, è certo che un terzo principio più vasto e più filosofico ne emergerà, intorno a cui s’cxqueteranno le gare. Così del Ho imanticiiamo, bandiera degli antielassiodati, per decidere se possa o no dirsi interprete dei ihisogmi dell’epoca, è necessario -saperne in prima l’essenza, i mezzi e lo scopon ohe, conchiudeva il Mazzini, «parrà, credo, innegabile’a tutti tranne forse ai professori di lettere». Pu facile profeta·: che appunto perciò U problema romanico, superstite alla storia 'letteraria del romanticismo dai punto di vasta filologico, come da quello estetico, è rimasto insoluto e pare insolubaile ». Eugenio Casanova, Nicola F ah vizi e i « Cacciatori del Faro », in « Boi- 290 Bibliografia Mazziniana iettino dell' Ufficio Storico dello Stato Maggiore del Regio Esercito », Roma, 1° novembre 1929. Importante contributo alla storia dell© vicende eroiche dei Mille, ed alla Parte che ad eeae preee ii Mastini con i suoi fra i quali in particolar modo, e illustrata in tutti i particolari l'opera di Nicola Fabrizi, finora poco nota. Vna lettera inedita del Mazzini a Fabrizi del 23 giugno 1860 arricchisce ancora l'importanza dello studio. Roberto Mirabelli, Mazzini ed il riscatto politico del Mezzogiono per VU-nità della Patria, in « La Vita Italiana », Napoli, ottobre-dicembre 1929. Il M. rivendica al M. la -priorità della concezione dell'impreca dei Mille, ripubfa i cando una lettera del M. a Garibaldi del 14 novembre 1851, già edita dal Mirabelli, e che ora si trova ripubblicata nel vol. XLYII degli Scritti. Evidente-mente per un errore di stampa — ripetuto però più volte — si accenna a Co stanti no Reta, chiamandolo Bota, eri. a un suo libretto di Memorie, il quale è da identificarsi nell’opuscolo: Delia Rivoluzione di Genova nell’aprile 1849, memorie e documenti edito con falsa data in Italia, ma pubblicato dal Dannino di Genova nel 1849. ARTICOLI VARI IN RIVISTE E GIORNALI Pia Onnis, Swinburne e Mazzini, in « L' Eroica », Milano, settem. 1929- A-vu rato breve saggio sul’]'influenza che il M. esercitò sul ben noto poeta inglese. __.f II Museo degli Esuli di Como, in « L' Ambrosiano », Milano, 11 ottobre 1929. Si dà notizia della cessione fatta al Museo del Risorgimento di Milano delle pre ziose collezioni raccolte a Como nel Museo storico degli esuli dal pi*>f. Romeo Manzoni e dal prof. Arcangelo Ghisleri. Fra i cimeli numerosi ve ne son pure del Mazzini, fra cui due importanti lettere scritte dall’Apostolo a Giacomo Ciani nel 1845 e 1846. Arnaldo Cervesato, Un' amica di Mazzini, Malvida di Meysenburg, in « Gazzetta di Venezia », 11 ottobre 1929. Breve profilo dell’autrice dei « Ricordi di un’idealista ». H C. si sofferma ad ifia-etrare le relazioni che intercorsero fra il M. e la Meysenbug. F. F. Falco, La missione di Roma nella civiltà moderna, in « Il Nazionale », Torino, 12 ottobre 1929. Sei dà notizia di una conferenza tenuta dal F. nel 1919, ora pubblicala con una prefazione di Pietro Gorgolini, il quale afferma «Ti si presenta l’aziotne di Mazzini a Roma nel 1849, come appare nella luce «di alcuni episodi caratteristici meno noti e spogliata dalle adulterazioni settarie con cui i fanatici delle due parti, sostenitori e nemici, l’adombrarono*. S.ariette. Famiglie illustri, in « Italia Letteraria », Roma, 13 ottobre 1929. Sariette dà notizia di una pubblicazione testé edita dall’- Archetipografia di Mi- Bibliografia Mazziniana 2S1 lano »> contenente la storia delle famiglie Ordono de Rosalee, Cigolimi e Dell& Torre Rezzomco. La pubblicazione, fuori coananercio e a tiratura limitata* in-tereesa gli studi mazziniana (perchè narra delle « gloriose e tormentate imprese del patriota Gaspare Ondofio de Rosalee. , La Mostra del 1848-49 alla Loggia in « Popolo di Brescia » 16 ottobre 1929. Si dà notizia della Mostra organizzata nelle fetate commemorative temute a Brescia in onore del colonnello Monti. In essa furono esposti non pochi cimeli mazziniani. '» lezione dell On, Lgo Barrii su Mazzini contro Marx a San Filippo, in « Caffaro », Genova, 20 ottobre 1929. Ampio resoconto della conferenza temuta dal Barai nell’ex Oratorio di San Filalo, dietro invito della presidenza della Comunità Mazziniana, la sera del 19 ottobre. Virgilio Fiorentino, Momenti di vita italiana in « Corriere Adriatico » Ancona, 22 ottobre 1929. Il F. recensisce l’opera testé uscita di Maurizio Maraviglia, indugiando in parta-colar modo su quanto il M. scrive iniziando 1' opera sul Re Galantuomo e sul- 1 Apostolo dell’ Unità. Dopo essersi soffermato ad illustrare la prima parte, ooeì prosegue : . E di Mazzini dice: — «La concezione religiosa delia Patina, raffermatone dei carattere trascendente delia Nazione e della irrésolu*ilità del suo valore negli egoisma individuali, è dottrina che gli italiani hanno appresa da ini ed è forza che l’Italia ha acquistato da lui. E per questo Egli vive ancora e resterà in eterno il « cuor dei cuori . della nuova JJtadia d. «La concezione che Maraviglia ha di Mazzini è essenziale ed originalissima... .. F. Ernesto Morando, Giuseppe Mazzini e la missione di Roma in « Corriere Mercantile », Genova, 22 ottobre 1929. η M fa un’ampia recensione del discorso di Francesco Federico Falco, cui già ii P AAMmnoiiA ’ , Il Congresso della Società di Storia del Risorgimento Nazionale in « Roma », Napoli, 23 ottobre 1929. Si dà il resoconto dei lavori del XVII Congre*, della Società Nazionale Nella prxma seduta, tenuta il 21 ottobre, Francesco Landogna intrattenne gH studiosi del Risorgimento, intervenuti da ogni parte d’Italia, su . Il pensiero po-JStoco di Giuseppe Mazzini fra il 1870 e il 1871, a proposito di alcune lettere deI 22 °ttobre G- °- I*»* le®* una memoria «il colonnello Francesco Pigozzi bolognese, strenuo mazziniano. Le due memorie furono ™wi Γ” daÌ Che aWlaUd— calorosamente i va^i cultori del pensiero e dell azione mazziniana. Francesco Bernardini, Antonietta de Pace, in « Gazzetta », Messina 24 ottobre 1929. Il B. illustra la figura della Della Pace, nata a GallipoÜ e morta a Napoli che de^* Tlt^’ ^ si>ess° dl tramite fra i congiurati meridionali ’ed ii 2f2 Bibliografia Mazziniana A. H., La reazione borbonica in Sicilia ed il trionfo della rivoluzione unitaria (1850-1861) di Francesco Guardione, in « Popolo di Calabria », Reggio Calabria, 31 ottobre 1929. Breve recensione del nuovo libro del Guaglione. Il Mazzini non si » tate opera in seconda linea. Come -Garibaldi col -braccio possente - «".I recensore - cori Mazzini con la luminosa intelligenza div-inatmce, rispose an-oh'egii al richiamo dei fratelli siciliani e da lungi segnò la jia delia Inazione. Giuseppe Mazzini è Va figura tthe l’Autore delinea con ipiu studio e grande amo , avvolgendola d'un caldo senso di (devota ammirazione. Mazzini dalla oui .nenie nacque la nuova idea deirUnftfc; Mazzm m^co profeta^ repubblicanamente intransigente. Ed il fervente mazziniano, ha parole amare d> biasimo verso coloro ohe disconoscendo la grande opera rigeneratele compiuta dall'apostolo fervente- ripagarono tanta abnegazione con quell esilio co.i umiliante per Ja nuova Itaflia e che scoese -la generosa anima di Giuseppe ua-ribaldi... ». __Mazzini e Kossuth, in « Italia che scrive », Roma, ottobre 1929. Breve recensione del volume Idei Kaatner già segnalato. L'esame dell’opera si con cdude con queste parole: . .Da queste lettere, «he riflettono i tentativi e le trattative compresi *** gionia dell 'e x -governatore d’Ungheria a Kut-aya e il moto del 6 febbraio, ci sembra ancora più chiaramente dimostrato ohe mei malintesi e nelle incresciose polemiche che a quel moto seguirono il torto non era certo dalla parte Φ Ito Zini, il quale, allora come semipre, si comporto con -tutta leal/tà e con perf dignità ». Tigellio, Nel Camposanto di Cagliari, in « Unione Sarda », Cagliari, 2 novembre 1929. Viene rievocata, fra le altre, la figura di Mario De Candia, fervente marmano i-a gioventù, che ei distinse più tardi nel campo artistico. Luigi Falchi, Riflessi sardi negli amori mazziniani, in « Lunedì del-l’Unione », Cagliari, 4 novembre 1929. E F dopo aver affermato che «il mazzinianismo isardo costituirà, in una stona della vita spirituale idei sardi del secolo XIX, un capitelo importante», si sofferma ad illustrare i rapporti che il M eWbe con Adele Zoagli ed Anna Cour-voisier. __. Vagabondaggio patriottico di Carlo Pisacane e la sua tragica fine a Sapri, in « Giornale del Lavoratore », Brescia, 9 novembre 1929. Viene rievocata la figura del martire napoletano e le -relazioni oh’ egli ebbe co’ Mazzini. Historicus, Giuseppe Mazzini intimo, in « Fede e Ragione », Fiesole, 10 novembre 1929. E’ un'altra diatriba, sul modello di quella segnalata nel fascicolo scorso dovuta alla penna dell’ ex-alpino. Rimandiamo il ettore a giudizio che ne dà Γ « Au-Igustea » di Roma, che segnaliamo in data 30 novem/btre. Domenico Petrini, Storici e politici dell1 800, in « Italia Letteraria », Roma, 10 novembre 1929. H P. recensisce il recente volume dii A. Vicinelli sugli. « Storici e politica dell’800 », Bibliografia Mazziniana 293 edito dal Va li ardi, che dedica fra Γ altro, un ca.pitolo al M azzini, «definito dal recensore « senz’ altro bello ». F. Ernesto Morando, Gustavo Modena e i suoi grandi allievi a Genova, in « Corriere Mercantile », Genova, 13 novembre 1929. Il valoroso pubblicista rievoca dn questa prima puntata gustosi eptodi della vita dell’intrepddo mazziniano e grande artista drammatico ed attore veneto. L'articolo è in continuaziine. Luigi Volpicelli, Il Bealo Giovanni Bosco, in « Bibliografìa fascista », Roma, 15 ottobre 1929. Il V. recensisce la recente opera di Mone. Carlo Salotti su « 11 Beato Giovanni Bosco », edito recentemente a Torino dalla Soc. Editrice Intera azi on ale. Si mettono in rilievo, fra l’altro, ceneurandole, affermazionji del seguente tenore, contenute nel volume: « .... la proclamazione della· repubblica romana, il triumvirato famoso di cui fece parte Giuseppe Mazzini, lo scempio sacrilego che si fece in Roma delle persone e delle cose più sacre e venerande.... ». Tristano Salinas, Mazzini profeta della patria, in « Italia », S. Francisco di California, 17 novembre 1929. E’ ripubblicato l’articolo già editto dalla «Scena Illustrata » del 1. ottobre. Alessandro Leonori, Il pensiero politico di Vincenzo Gioberti, in « Popolo Toscano », Lucca, 17 novembre 1929. Viene anteposta « la politica realistica, fondata sui fatti o sull’azione, poggiata eu di un sano sistema filosofico » del Gioberti, alle « nebbie dell’avvenire » attraverso ile quali n tutta la sua importanza psicologica che definisce i primordi dell'no-mo che ebbe così profondo spirito profetico nelTavrenire della Patria nostra .. F. E. Morando, 7 grandi allievi di Gustavo Modena, in « Corriere Mer-cantile », Genova, 13-14 dicembre 1929. Il M continua in quesfultima puntata lo studio coi già s’è accennato, ^fferman-dosi ad illustrare la figura di Gustavo Salvini. 296 Bibliografia Mazziniana L. M., A proposito déS1 esilio còrso di F. C. Marmocchi, in « Avvenire di Tripoli », Tripoli, 15 dicembre 1929. L'A.. sulla scorta dei documenti pubblicati recentemente dai Michel eu Cospiratori ed esuli in Corsica, rievoca la figura del grande scienziato fedele seguace di Mazzini, augurandosi «che qualcuno dei nostri studiosi del Risorgimento, glia riprendere in esame l’attività poditica e scientifica » del Marmocchi. F. Ernesto Morando, Guglielmo Oberdan, in « Corriere Mercantile », Genova, 18-19 dicembre 1929. Commossa e vibrante commemorazione del martire. «Giù ohe dalla bibliografia oberdaniana - écrive il M. - non venne ancora posto in quella luce che si merita, è la schietta dominatrice influenza ch’eibbe l’etica e la dottrina p tica mazziniana sulla mente di Guglielmo Oberdan e sulla formazione de a sua civile coscienza». A dimostrazione di quante afferma, il M. porta un ab-bondante messe di notizie dooumeniate. Luigi Papa, Dopo la caduta della Repubblica Romana, l'esilio del Gigante Genovese, in « Giornale di Genova », Genova, 19 dicembre 1929. Il Papa rievoca un drammatico incontro fatto a Parigi dal Mazzini, al termine del suo calvario, dopo la caduta delia Repubblica Romana, il riconoscimento di un traditore che gli si profferisce amico per impossessarsi delia preda ed incido con oui il Grande Esule riuscì a ©fuggire all’agguato. Luciana Valli, Mazzini, in « Grido d’Italia », Genova, 27 dicembre 1929. Ditirambica esaltazione del pensiero e dell’azione mazziniana. f 1f FORNITURE COMPLETE per AMMINISTRAZIONI CASE di COMMERCIO - BANCHE - ISTITUTI STMmMENTO XIJP OGBA FICO Gh B. IM[ÆB8Æ IVO Società Anonima JEjcìitlmrxce GENOVA ìf Lavori di Lusso Il Cataloghi vka casai» egis. 24 A Tricromìe ^ i? _ ,TSJL.JEF,OI*O 55-104 A Edizioni f Riviste Illustrate ----^ f Rilievografia # Tranciatura Cartelli Réclame Calendari -V A Tutti 1 Moduli di Prescrizione per la R. Dogana e Ferrovie dello Stato § IL PIÙ MODERNO MACCHINARIO A MACCHINE A COMPORRE ”LINOTYPE” HJH·—ii«ji ·1|ΐι·.....>IU' Direttore responsabile : Ubaldo Formbntini INDICE DELL'ANNO 1928 Sassi Ferruccio - Bigmorie in Lumiigiana - Spinetta Malaspitna . . . . Pa«. 1 Bassi AjDOLFO - La Consortia Idei Forastici di Μ. V. della Misericorddta . . » 17 Piattoli Renato - A/mìrea di Giovanni dii Lotto da Prato, maestro di .grammatica dm Genova............. Noberasco Filippo - iH ,giornalismo savonese...... · · · Dell’Onore Ekasmo - H tvia&gio di Cardo Felice da Genova a Nizza . Pessagno Giuseppe - Ancora una poltemicia colombiana...... B 73 Umberto Giampaoli, Michele Ferrari - Discussioni intorno aù problema delle origami di iSarzama............... ” 101 Pietro «Nurra - Genova durante da rivolta aion e francese. Un cospiratore : H patrizio Luca Gentile............. H 124 Mario Battisti ni - Visitatori stranieri a Genova........ Aroldo Chiama - Il Generale Mambrot a Genova nel 1800 ..... » 140 Omero Masnovo - La radiose giornate genovesi dal dicembre 176 secondo muovi documenti.............. Ferruccio «Sassi - Signorie lliguri. I Camjpofregolso im Iiunag’-iama .... Giannina Gnecco - Il Parlaprat nell!’ opera di Stefano iDe Franchi ... » 222 Mario Battistini - iGflovam (Maria Lampredi a Genova nell 1789; imipreeeiond e igoiudizd - Due lettere inedite di GdJovanmd F an tomi . ... » 234 Giusbppb Leti, A. Codignola - Polemichetta Mamelia/na...... » 246 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Studi e documenti su Goffredo Mameli e la Repubblica Romana (Vito Yita’.e) Pag. 80 Carlo ©ornate - Un amico d/i Cristoforo Colombo (Niicoliò Oderico) (Giuseppe Pesisagmo) .........................” ^ Marcaggi - Terre de Corse