OMAGGIO ÀL XIII CONGRESSO DELLA SOCIETÀ NAZIONALE PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO RADUNATO IN GENOVA NELL’OTTOBRE DEL MCMXXV. ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA — SERIE DEL RISORGIMENTO — VOLUME li. f ARTURO CODIGNOLA LETTERE DI GIOVANNI E AGOSTINO RUFFINI ALLA MADRE DALL’ESILIO FRANCESE E SVIZZERO CON INTRODUZIONE E NOTE Parte I. (1833-1835) w IB1*1®*- a geno'LV GENOVA nella Sede della Società Ligure di Storia Patria PALAZZO ROSSO MCMXXV -V- Ciascun autore degli scritti pubblicati negli Atti della Società Ligure di Storia Patria è unico garante delle produzioni e opinioni esposte in essi scritti. PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA Stai). Tip. G. B. MARSANO GENOVA - Via Caaaregis, N.» 24 Hanno contribuito alla spesa di stampa del volume: « Il Comune di Genova.....con Il Comitato Ligure della Società Nazionale per la storia del Risorgimento Italiano » Il socio Avv. Pier Francesco Casaretto . » La Banca Commerciale Italiana ...» presente L. 4000 » 2000 » 2000 » 1000 SOCIETÀ’ LIGURE DI STORIA PATRIA Al Presidente DEL XIII CONGRESSO DELLA SOCIETÀ NAZIONALE PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO. Signor Presidente, La Società Ligure di Storia patria porge a’ Congressisti il saluto ospitale e fraterno. Poiché, Signor Presidente, la Vostra e la nostra Società attendono alla medesima opera costruttiva della Storia italiana, compito altrettanto per noi difficile, quanto necessario e proficuo per le generazioni che succedono in questa madre-terra italica, di cui è gloria Vesser nato figliuolo. Bene a noi si addice parafrasare il sapiente dell’antica Grecia, dando grazie a Dio dell’-esser nati uomini anzi che bruti, e, fra gli uomini, d’esser nati Italiani. Nessun popolo della Terra ebhe, come noi e a lungo quanto noi, glorie e miserie, imperi e servitù, opulenze ed inopie, gioie e dolori: nessun cittadino d’altra patria può, scrutando nella sua storia nazionale, avere la somma di tutti i beni e di tutti i mali, la mèsse di tutte le esperienze, il ciclo chiuso di tutte le facoltà umane, dalle sublimi alle brutali, nel pensiero e nell’azione. Cosicché la nostra storia, più di tutte le altre piena, lunga, gloriosa e dolorosa, può e deve addi ventare la maestra della vita de’ popoli. Ahimè, che gli scolari poco o niente l’ascoltano! le sue aule sono quasi affatto deserte. Ma, perchè ella insegni ed i popoli imparino, noi studiosi ci affatichiamo a farla parlare. E, mentre gl’istituti di Storia patria la vanno tutta eccitando e interpellando, che ci dica il vero che essa sa, e, ascoltandone i racconti due volte millenari, ci sentiamo aprire o stringere i cuori, la Vostra Società Nazionale gode di ascoltarne i racconti epici del risorgimento e del riscatto nazionale, coronamento di tutta la storia nostra. - VI - Nella quale fonte, fresca e ristoratrice, anche la Società Ligure di Storia patria ha voluto libare. Già al 1902 per cura del socio Barrili aveva raccolto in volume gli Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli. Dal socio Giuseppe Roberti fece inserire nel volume XXIII de' suoi Atti i Due diari inediti dell’assedio di Genova nel 1800. Due anni or sono iniziò una nuova serie di Atti destinata al Risorgimento col grosso volume del socio Franco Ridella sulla Vita e i tempi di Cesare Gabella. Sono in preparazione due ampi volumi del socio Francesco Poggi sulla Emigra-zione politica in Genova dal 1848 al 1860. E oggi stesso, Signor Presidente, ho Vonore di presentare al Congresso il primo volume delle Lettere dei Fratelli Giovanni ed Agostino Ruffini, scritte alla loro madre fra il 1833 e il 1836 durante l’esilio in Isvizzera, curato dal socio Arturo Codignola e stampato appunto per farne omaggio alla Società Nazionale per la Storia del Risorgimento in questo XIII Congresso. Per tal modo lavoriamo insieme e fraternamente collaboriamo per la conoscenza del vero, per la istruzione de’ concittadini, per dar norme alla politica, per l’onore, per la gloria e soprattutto per V avvenire d’Italia. Genova, 26 ottobre 1925. IL PRESIDENTE LUIGI VOLPICELI A A V V E R T E N Z A Il ricco Archivio Enfimi, da cui son tratte le lettere di Giovanni ed Agostino alla madre, che vengono pubblicate qui per la prima volta nella loro integrità, fu donato al Museo del Risorgimento di Genova nel 1916. Ma già molti anni avanti, le lettere erano venute a conoscenza di vari studiosi, ed avevano anche fornito materiale a varie pubblicazioni. Fra le altre il noto lavoro del Cagnacci, che ne pubblicò molti brani tradotti, con non eccessiva fedeltà ; ed incorse anche in non pochi errori di identificazione delle persone nominate nel carteggio. Lo studiò poi (e fu il primo a sistematicamente ordinarlo) il Prof. A. Lazzari, il quale ne fece oggetto anche di varie pregevoli monografìe. In ultimo lo riordinò definitivamente nel Museo del Risorgimento il compianto Prof. Achille Neri, che ne diede una descrizione sommaria nel 2° volume testé edito del Catalogo del Museo stesso. Incaricato dalla Società Ligure di Storia Patria di curare la stampa dell’ importante carteggio, mi sono attenuto al criterio della pubblicazione integrale delle lettere trascrivendo fedelmente dagli autografi, e permettendomi soltanto non poche correzioni di errori ortografici — moltissime parole mancavano d’accento — fatti evidentemente currcnti calamo, che rendevano la lettura del francese insopportabile. Ho preferito la. pubblicazione integrale ad una scelta di brani — criterio al quale mi era sembrato più opportuno attenermi in un primo momento, data- la scarsa importanza storica di molte tra queste lettere — perchè oltre l’interesse strettamente storico-politico, esse hanno un alto interesse umano che non poteva essere affidato al criterio di scelta ed al gusto di un qualsivoglia raccoglitore. Considerando poi la cattiva prova che tale metodo aveva già dato nell’opera del Cagnacci, mi risolvetti per la pubblicazione integrale. Nella prefazione piuttosto che illustrare la giovinezza dei Ruffini, considerati isolatamente, ho preferito studiare l’ambiente in cui vissero ed i compagni di studi e di giovinezza, — Vili - sui quali fino ad ora si è sempre sorvolato, mettendo necessariamente nella luce ipiù viva la personalità più forte e suggestiva : quella del Mazzini. Così per la ricostruzione dell’am-biente universitario, ho abbandonato la traccia, fino ad ora seguita, del Lorenzo Benoni, per attingere direttamente ai documenti del tempo conservati nelFArchivio della R. Università di Genova. Per l’identificazione delle varie persone citate nel carteggio con nomi convenzionali, il lettore potrà ricorrere diVIndice dei nomi, nel quale saranno fatti gli opportuni richiami. Per rendere più agevole la lettura, dirò qui soltanto Che in Emilie o Emile, si deve ravvisare il Mazzini; in Antoinette o la Cousine il Ghiglione ; in François Giovanni Ruffini; in Paulin Agostino Bufimi ; in Marthe Maria Mazzini; in Cristo il Campanella ; in Gatto Federico Rosazza ; in Lilla Laura Spinola Di Negro ; in Laurent o 1’Avocat l’Avvocato Filippo Bettini. Le fonti da cui ho ricavato i »documenti citati nello studio sono : 1.) Y Archivio Ruffini posseduto dal Museo del Risorgimento di Genova; 2.) Fondi vari dello stesso Museo, che verrà indicato con la sigla M. R. G. 3.) A rchivio della R. Università di Genova, indicato con la sigila A. U. G. 4.) Arch ivio della R. Sottoprefettura di S. Remo. 5.) Carte varie presso di me e presso altri privati, che saranno volta a volta citati. La giovinezza di G. Mazzini, dei Ruffini e dei primi mazziniani liguri i. Il gruppo ligure, quello lombardo, torinese e fiorentino — Mazzini e la sua crisi religiosa — Frammenti di un suo poemetto giovanile — I primi amici di Mazzini — Gli studi universitari di Mazzini — Il suo arresto nel ’20 — Jacopo Ruffini e G. E. Benza — L’influenza religiosa del Benza sul Mazzini — Napoleone Ferrari e gli altri studenti universitari della Riviera di Ponente — Giovanni Ruffini e Federico Campanella : loro disavventure universitarie — La narrazione del Lorenzo Bertoni vagliata attraverso i documenti universitari — Filippo Bettini e G. B. Castagnino •— I primi « mazziniani ». Nel fervore delle prime affermazioni della coscienza nazionale, che si veniva, svegliando in Italia, in quel periodo di vita politica italiana che va dal Congresso di Vienna ai moti mazziniani del ’33, Genova, col suo gruppo di giovani, capitanati dal Mazzini, si rivelava e restava anche pel cinquantennio che ne seguì uno dei più importanti centri di azione per il risorgimento della nazione. Le caratteristiche di questo movimento sono già chiare fin dalle sue espressioni iniziali, per l’impronta che Valtissimo ingegno del Mazzini gli dà fin dai primi momenti della sua!• azione politica; e sono tali, che lo differenziano nettamente dai consimili, che s’erano venuti formando precedentemente in altre regioni italiane. Infatti tanto il Conciliatore a Milano, quanto l'Accademia dei Concordi a Torino, e VAntologia del Viessieux a Firenze, erano state, sì, ardite e squillanti manifestazioni della nuova vita italiana, ma l’ispirazione da oui traevano origine era ormai insufficiente ad alimentare la nuova 'azione. UItalia alfieriana, col suo lirismo patriottico, aveva prodotto i moti del ’21 e creato ed alimentato in pochi Vesaltazione, che — X - aveva condotto a sporadici individuali eroismi — fra tutti il più mirabile e significativo quello del Santarosa —; ma non avrebbe certo avuto il potere di rigenerare V Italia e portarla alla redenzione. Il pensiero politico dell’Alfieri rappresentava il pensiero politico dell’Italia futura, specialmente per il cenacolo del Conciliatore e dell’Accademia (lei Concordi. Ludovico di Brente, uno dei più audaci e più franchi del gruppo milanese, compendiava M ^pensiero politico suo e degli amici in queste' parole : « L’Italia futura avrà Vittorio Alfieri per suo filosofo politico non meno profondo talvolta di quanto lo ravvisi sublime tragico » (1) e gli amici del gruppo torinese, per bocca del Provana, formulavano il giuramento : a Giuro pel nostro Alfieri che l’onore d’Italia sarà sempre il mio scopo)) (2). Rivoluzione alfiermna era stata quella del ’20 e ’21, che il Mazzini aveva studiato « quanto meglio aveva potuto)); e dopo aver meditato lungamente sulle cause del suo fallimento, era giunto alla conclusione che nè da una sedizione militare, come queliti della rivoluzione Carbonara che s’era compiuta senza le forze del popolo, nè dal lirismo patriottico del Pellico avrebbe potuto V Italia sperare la su-a redenzione. Alla « mancanza di fede politica )) della Carboneria, per la quale « V Italia non appariva che come terra diseredata d’ogni potenza per fare » (3) alla generosa esaltazione degli eroi alfìeriani, che troppo da vicino • ricordavano il classicismo letterario, occorreva opporre la « re- gola senza eccezione » del Foscolo, che « Vindipendenza non si deve nè si può ricevere in dono; ma si acquista per determinata volontà universale di .mìa nazione, e col concorso di tutte quante le forze degl’ individui riuniti)) (4). E dapprima attraverso il culto di Dante (e del Foscolo che gli aveva fatto scoprire Dante) e poi fra gli scrittori italiani a lui più vicini nel tempo, come il Cuoco e quindi dopo il ’28, dalla diretta conoscenza delle correnti più rive del pensiero europeo, egli, ed il cenacolo che in lui avrà la voce più chiara e più appassionata, abbandoneranno la retorica esaltazione alfieriana, e a differenza degli altri gruppi clic qua c là avevano già innalzato il grido appassionato di libertà, vedranno chiaro il problema critico della nuova coscienza. Occor- (1) A. Luzio, Studi e bonetti di Storia letteraria e politica, Milano, 1910, voi. I, pag. 30; E. Clerici, IZ Conciliatore, Pisa, 1903, pag. 19. (2) L. Ottolenghi, La vita e i tempi di Luigi Provana del Sabbione, Torino, 1881, pag. 20; L. Ottolenghi, Vita, Studi e lettere inedite di L. Ornato, Torino, 1878, pai?. 29. (3) G. Mazzini, Scritti, 8. E. I., I, 23. (4) TT. Foscolo, Opere, voi. XI, pag. 99. — XI — re va rifare l’uomo nell’italiano ; risvegliare in lui quella coscienza di cittadino e quella integrità di carattere, senza cui tutte le altre conquiste, anche quella della libertà politica, sarebbero stale conquiste vane. Ma come risveglia,re l’uomo nell’italiano, come formarne il carattere c creare questa coscienza politica ? Egli fin dalla prima giovinezza non intravvede che un mezzo : l’azione. Uscito dalla profondacrisi religiosa che lo aveva travagliato, il Mazzini si guarda intorno e questo scopo lo vede : « Quella prima tempesta — egli scriveva nel ’61 — si racquetò; e diè luogo a men travolti pensieri. L’amicizia ch’io strinsi coi giovani Ruffini — ed era per essi e per la santa madre loro un amore — mi riconciliò alla vita e concesse sfogo alle ardenti passioni che mi fermentavano dentro. Parlando con essi di lettere, di risorgimento intellettuale italiano, di questioni filosofico-religiose, di piccole associazioni — ch’erano preludi alla grande — da fondarsi per avere di contrattando lilbri e giornali vietati, l’anima si rasserenava: intrawedeva possibile, come chè su piccola scala, l’azione. Un piccolo nucleo di scelti giovani, d’intelletto ■indipendente, anelante a nuove cose, si raggruppava intorno a me. Di quel nucleo, la cui memoria dura tuttavia nel mio core come ricordo di una promessa inadempita nessuno è rimasto a combattere per l’antico programma, da Federico Campanella in fuori...... morti gli uni, disertori #li altri: taluno fedele tuttavia alle idee, ma inattivo. Allora quella pleiade fu salute all’anima tormentata. Io non era più solo » (5). Gli amici, che gli erano vicini, Valutarono a superare questa crisi, di cui del resto ben poco sappiamo; ma, per molte ragioni non crediamo che fosse appunto uno di essi, il Benza, a togliere il Mazzini dal materialismo, convertendolo all’idealismo. Si presenta invece spontanea la supposizione che il giovane, turbato « dalle ardenti passioni che gli fermentavano dentro » si abbandonasse, con l’ardore della sua natura esuberante a ricercare l’alimento per la sua mente, assetata di sapere; e che quest’alimento trottasse nelle opere di quei « bri-seurs d’idoles » che furono gli enciclopedisti e gl’ideologi della seconda metà del secolo precedente (6). La nostra ipotesi è corroborata dalla testimonianza che dello studio su di essi, si trova negli Zibaldoni. Nel materialismo democratico del Rousseau e nell’ateismo volterriano, il giovinetto trovava una conferma a tutta l’ideologia democratica e giansenistica, cui s’era ispirata (5) G. Mazzini, Scritti, S. E. I., I, 16. (6) F. L. MannucCi, G. Mattini e la prima fase del suo pensiero letterario, Milano, 1928, pag. 58-59, — XII - Veducazione materna; ma esse gli apparivano illuminate da uno splendore articolar modo un intimo amico del Noceti e cugino del Mazzini. « A che ini vai dicendo — scrive fra l'altro al Noceti che si trovava a Torino — dove mi ragioni del tuo mal umore, che la mancanza di lettere del Solari sopratutto ti agita ? E a che per una ventina quasi di righe mi vai tessendo am magnifico elogio di Solari ? Scusami: non erat hic locus. Se io ti ho parlato di lui, che non dovrebbe mai entrare ne’ ragionamenti miei, l’ho fatto perchè, conoscendo la tua immensa amicizia per lui, ho voluto toglierti la pena, col dirti la ragione, o vera, o falsa, colla quale ci si potea scusare del suo silenzio con te. Ma perchè calcare sempre su tal discorso, quando tu devi sapere, che sono con me parole gettate al vento. Tu non usi in questo di quella moderazione e tolleranza scrupolosa, che tu richiedi in me, ogni qualvolta mi sfugge una parola su certe altre materie. Che vale ripetere cento volte le stesse cose ? Solari è uno di quelli uomini, coi quali, non potrò mai far lega sincera — ho creduto scoprire in lui ch’ei ragioni troppo, e senta nulla: ch’ei sia calcolatore freddo in tutto ciò ch’egli opera — e su questo posso ingannarmi; — ho scoperto, e su questo non m’inganno davvero, che spesso ei parla, diverso da quel che pensa, e ch’ei si regola più dal suo interesse e dal numero degli spettatori, che da ciò che gli detta il cuore. Ora con tal gente non stringerò amicizia mai più : e ho sempre sentito una ripugnanza invincibile per questi calcolatori, che non ammettono definizione. Ben dice l’Ortis: che è Puomo, se lo lasci alla sola, e fredda ragione calcolatrice ? Scellerato, e scellerato bassamente. Del resto t’inganni, se credi, ch’io serbi rancore contro di lui. Ti giuro, ch’io ho dispiacere del suo danno, e godo del suo bene: perchè non è dato, che tutti coloro, che non sono miei amici, abbiano ad essere miei nemici. Ho avuto caro di conoscere di lui quello, che ho conosciuto : perchè mi piace di conoscere le persone mie conoscenti: ma sa il cielo, s’io spontaneamente ho mai fatto ricerca alcuna delle sue azioni! ho sempre anzi disapprovato altamente quelle persone che forse cercano di sapere le sue minute operazioni, per accertarsi ognor più delle sue opinioni e del suo carattere. La mia opinione è formata, e non si cangia più per qualunque evento. Eccoti intera la mia professione di fede sopra Solari, e queste sieno l’ultime parole, te ne prego, circa alla sua persona : tu non udrai uscir biasimo dalla mia bocca: ma non vorrei sentir uscir dalla tua si- Uenova. D’altra mano, probabilmente del Noceti, vi è stata apposta a tergo l'indicazione: Da Genova 5 novemire 1824. L'autografo della lettera (non riprodotta dalla Ediz. Naz. degli Scritti) è conservato presso di me. - XX - mili elogi, nè-da questo puoi dedurre alcuna animosità; perchè finalmente il sentirsi sempre lodare, chi non si stima, è un sentirsi dire: tu sei un invido, un birbante, o almeno uno sciocco. Per conseguenza, dappoiché la mia opinione, (che d’altronde non si manifesta con lutto il mondo, ma con voi pochi, e prudenti) non può recar danno, o vantaggio a Solari, sia silenzio eterno sopra di lui ». Domenico Solari di cui la lettera si occupa quasi esclusi-riamente, era cugino del Mazzini e di lui più anziano di alcuni anni, essendo nato a Cliiarari nel 179!) (28). Dopo aver compiuto gli studi secondari nella città natale, si era iscritto alla Facoltà di Legge presso VUniversità di Genova, dorè si era laureato assai giovane nel luglio 1819 (29). Di fervidi sentimenti liberali, verrà indicato nel '33 dalla polizia come uno di coloro che serviva di tramite per la corrispondenza tra il Mazzini e la congrega della « Giovine Italia » in Genova (30). L’aspro giudizio, che ne dà qui il Mazzini sarà da lui stesso più tardi favorevolmente modificato (31). Ma quel che più importa far osservare si è che anche in questi primi •anni la personalità morale del Mazzini era già così soverchiante, da costituire il punto di partenza di ogni suo giudizio c di ogni sua azione. L’accenno all’Ortis, e la massima : « che è l’uomo, se lo lasci alla sola, e fredda ragione calcolatrice ? Scellerato, scellerato bassamente » ci rivela a quali esigenze il suo spirito obbedisse fin nelle meno importanti contingenze della sua vita privata. Ma prima di riprendere a trattare delle relazioni del Mazzini coi suoi primi amici di gioventù, non sarà inutile una breve di- (28) Domenico Solari era nato a Chiavari da Giuseppe e da una sorella del padre di Mazzini, Maria il 1« febbraio 1799 (dai Documenti Scolastici in A. V. G.). (29) Documenti Scolastici in A. V. G. (30) Cfr. A. Luzio, Mazzini carbonaro, cit., pag. 433, e un accenno ai fatti del ’33 nella sua necrologia dettata dal Bettini in Gazzetta di Genova 1835. (31) Il Mazzini apprendendo nel ’35 la notizia della sua morte con queste parole ne scriveva alla madre : « Mi duole del patriota, perchè, comunque egli pensasse, ei s’è portato benissimo sempre, e fra quanti avvocati conosco, egli era appunto il migliore sotto quel rapporto ». (Cfr. Scritti, Epist., Ediz. Naz., IV, 78). Su di lui vedi invece un aspro giudizio della madre di Mazzini in Lezio : La madre di Mazzini, cit, pag. 93-94. Vedansi anche su di lui e sul fratello Emanuele le poche note di M. Pozzo: Domenico ed Emanuele Solari, Tip. della Gioventù, Genova, 1907, nel quale 9 è pure riprodotta la necrologia di Domenico Solari pubblicata nella Gazzetta di Genova cit. e firmata a. f. b., nella quale sigla devesi ravvisare l’avv. Filippo Bettini. Il fratello di Domenico, David Emanuele Solari era nato a Chiavari il 19 febbraio 1807. Si iscrisse all’Università. di Genova, alla Facoltà di Medicina e si laureò nel '29. Anch'egli e ricordato spesso da Mazzini nell’Epistolario, da cui si ricava anche che la necrologia di Laura Spinola Di Negro edita dalla Gazzetta di Genova in foglio separato, e firmata S., è sua. Morì a Lima nel 1853. (Cfr. Xccrolooia di Emanuel» Solari in « Gazzetta di Genova », 3 novembre 1853). — XXI — pressione sulla sua vita studentesca Dell’educazione materna abbiamo già parlato alti-ore (32), e della sua vita durante gli studi secondari abbiamo la testimonianza precisa di Cesare Cabalici (33). Il quale, riandando le reminiscenze degli anni in mi era sfato « discepolo insieme a Giuseppe Mazzini di uno scolopio De Gregori, Vardente e severo giansenismo del quale non è .stato forse senza influsso nel temprare il carattere del grande agitatore )) narrava « della grande impressione, che in lui adolescente facevano l'aspetto austero e il carattere serio e riflessivo del giovi netto Mazzini » (34). Il Gabella più giovane di lui di due anni, doveva aver frequentato la scuola del De Gregori prima del ’20, perchè lo troviamo in quest’anno alunno del Collegio Reale di Genova. Egli è’era iscritto nel ’23 alla Facoltà di legge e s’era laureato nel ’28. La testimonianza del Gabella non può quindi essere messa in dubbio, e viene a confermare la poca consistenza delle leggende create intorno al Mazzini in questi anni (35). Ma un particolare assai importante non è stato ancora ben (32) Cfr. il mio studio: « Nuovi documenti sulla giovinezza di G. Mazzini» in « Rivista d’Italia », 1920. (33) Cesare Cabella era nato a Genova il 2 febbraio 1807 da Giovanni e Vittoria Parodi (Cfr. atto di battesimo in Carle Universitarie A. U. G.). Aveva percorso i primi studi alla scuola dello scolopio De Gregori, giansenista, ed era poi passato al Collegio Reale, dove nel 1820 troviamo ch’egli recita un poemetto: «La Chioma di Berenice » egloga in sesta rima composta e recitata dal signor Cesare Cabella. (Trattenimento letterario dei Signori Convittori del Reale Collegio di Genova -Genova, 1820, presso Tomaso De Grossi, stampatore della R. Università). Il 4 agosto 1823 venne ammesso agli esami di magistero presso l'Università di Genova per essere iscritto allo studio di legge. Le carte universitarie ci conservano le due orazioni, una in latino ed una in italiano ch’egli presentò all’esame di magistero. Il componimento latino porta come titolo « In Brutum Caesaris interfectorcm - oratio » e l’italiano « Amilcare obbliga il suo figlio Annibaie a giurare odio ai Romani ». — Questi componimenti rivelanti una vivace intelligenza ed una solida preparazione letteraria in colui che sarà più tardi un sommo giurista, vengono a confermare quanto Giovanni Ruffini narra nel suo Lorenzo Benoni a proposito dell’istruzione classica che, certo non per volere delle autorità costituite, infiammava i petti dei giovani ai più alti sensi dell’amor patrio. Il Cabella nel suo componimento rettorico scrive fra l'altro : ■t Vanti pur Roma gli altri popoli soggetti, e servi, ma non creda di atterrire Cartagine. Tali sentimenti deh accendano il tuo animo di generoso valore, e pronto sii per la patria a sacrificare la tua vita. No. non altro più glorioso retaggio lasciar possono a’ loro figli i Padri Cartaginesi che dell’odio a’ Romani, che eccitando ne’ lor giovanili petti il guerriero ardore gli fa terribili sul campo, e feroci. Ma tu che devi un giorno combattere alla testa dell’armi nostre con che altro mostrar potrai l'amor per la patria, che giurar eterno odio a’ suoi crudeli nemici ? Rammenta che alla patria dee cedere ogni altro affetto, e tutto sacrificar per essa si dee........ Il componimento è controfirmato dal Padre Bertora, dal Prof. Giacomo Lari e dal Prof. Luigi Cambiaso. (Documenti scolastici in A. U. G.) (34) P. E. Bensa, Necrologio di C. Cabella riportato in Salvemini, Ricerche e documenti, cit., pag. pag. 32 e 33. — Intorno all’attività politica del Cabella e ad altre notizie sulla sua giovinezza vedasi ora l’ampio studio di F. Ridella : La vita c i tempi di Cesare Cabella. Genova, 1923. (35) Salvemini, Ricerche e documenti, cit., pag. 46 © seg. XXI f - chiarito : fu o no il Mozzini arrestato nel 1820 'in occasione del tumulto per la festa di 8. Luigi ? Il Bettini ricorda «ch'egli ebbe brevi questioni con i professori » (36) e non diversamente si e-sprime la madre; (37) più esplicito il ('elesia racconta con abbondanza di particolari l'aneddoto, sulla cui veridicità si, è assai dubitato, e che non sarà forse inopportuno riprodurre integralmente : « Celebravasi nella chiesa dell’università la festa di San Luigi Gonzaga, alla quale non manco degli studenti intervenivano gli alunni del Collegio reale. Insorse tra gli uni e gli altri questione rispetto ai posti cui dovevano occupàre, e i Padri che reggevano il Collegio s’interposero a prò de’ loro allievi, usando contro la scolaresca sconvenienti maniere. Tanto bastò perchè questa, rotto ogni freno, levasse un vivo tumulto nel quale vennero per ordine del Direttore di polizia catturati Giuseppe Mazzini e Andrea Gastaldi che n’erano a capo. Ma gli studenti offesi da un lato dei mali portamenti dei Padri e inaspriti dal veder sostenuti que’ due fra i loro compagni che con maggior vivezza n’avean caldeggiate le parti, protestarono apertamente di non voler porre più piede nelle scuole, finché non fosse lor data quella soddisfazione ch’erano in diritto di attendere. La saldezza de’ loro propositi ed il pericolo di nuovi scandali vinsero infatti la prova. I direttori del Collegio reale scrissero lettera conveniente di scusa, le porte del carcere s’apersero, e i due sprigionati furono trionfalmente scortati alle loro case. Da quell’istante la scolaresca ebbe Mazzini a suo duce; ed ei raggruppati a sè intorno i giovani più spericolati, audaci e magnanimi, cominciò quell’apostolato di libertà a cui non venne meno giammai (38) ». Il racconto del Celesia appare da nuovi documenti venuti in luce assolutamente esatto. Il Mazzini fu davvero arrestato insieme al Gastaldi il 21 giugno per ordine del Direttore della Polizia; e soltanto parecchi giorni dopo i due giovani ribelli furono lasciati liberi, dietro le insistenti richieste della R. Deputazione agli Studi presso il Direttore Generale della Polizia. Infatti da un documento inedito rintracciato nell'Archivio della R. Università, risulta che il 22 giugno 1820 la Regia Deputazione, venuta a conoscenza che, erano stati arrestati « per occasione dei disturbi accaduti il giorno precedente nella chiesa di S. Gerolamo gli studenti Andrea Gastaldi e Giuseppe Mazzini » interveniva presso la Direzione Generale della Polizia suggerendo (36) I Ricordi del Bettini sono pubblicati in Mazzini, Epist., Ediz. Sansoni, I, XXVIII. (37) Ibidem, I, XXVI. (38) E. Celesia. Storia dell’Università di Genova, in continuazione di quella del-l'Isnardi, Genova, 1881, 7, II, 303, — XXIII - che (( ad evitare maggiori disordini » « molto contribuirebbe— il rilascio dei due detenuti » (3!)). Non risulta che il Mazzini, liberato per intercessione della R. Depili azione, avesse altre noie per i fatti avvenuti nel giorno di 8. Luigi ; però non fu questa la sola volta che le superiori autorità dovettero riprenderlo. Infatti egli. Vanno seguente 1821 non solo partecipò armato di bastone ai moti del 21, 22, 23 marzo, in Sotto Ripa, (40) ma il 2<> marzo « se non fautore, complice almeno è stato nel complotto segnatamente di vari studenti in filosofia per impedire, come gli è riuscito, che studenti delle altre facoltà non intervenissero alle loro lezioni ». E il Prefetto delle Scuole annotava « benché giovane di singolare talento é pure molto dissipalo e di frequente esce dalla sua scuola per intrattenersi nei cortili a conferire coi suoi compagni » (40 bis). Egli fu punilo con la (( prolungazione dei gradi » ; ma anche questa volta non subì la punizione, o per la soverchia indulgenza della R. Deputazione, o per riguardo particolare dei professori verso il figlio di un loro collega. Qualunque ne sia stata la causa, il fatto si è che avendo il Mazzini richiesto nel maggio delVanno successivo di essere ammesso « all’esame di magistero, onde essere in grado di passare alla Facoltà di Legge», la Depilazione, « risto lo stato segreto degli studenti, dal quale risulta che è stata decretata a suo carico la prolungazione dei gradi » ; rilevato che l'applicazione della punizione avrebbe avuto come conseguenza che (39) L’intervento della Deputazione a favore degli studenti si spiega agevolmente se si tien presente che il conflitto avvenne per una questione di preminenza fra i somaschi e gli studenti universitari. L’Università prese subito le parti dei propri studenti, d'accordo in questo anche con il Ministro Balbo il quale scriveva da Torino il 24 giugno del '20 : « Avendo ricevute altre notizie del fatto, penso di scrivere pel prossimo corriere a Mons. Arcivescovo di chiamare a sè il Padre Brignardelli, e fargli sentire il suo torto, come pure di far sentire in generale a quei Padri Somaschi, che debbono usare maggior deferenza verso codesta Università, e in molte cose dipendere da codesta rispettabilissima Deputazione. Quanto agli studenti mi rimetto appieno a quanto sarà per deliberare la Deputazione, credendo però che possa bastare un’ammonizione abbastanza grave» (Corrispondenza, 1820 (A. V. G.). (40) La testimonianza dello stesso Mazzini mi pare che non possa essere messa in dubbio. Egli infatti attraverso i Ricordi raccolti da Pietro Cironi narra : « La rivoluzione del 1821 fu il primo avvenimento politico che mi scuotesse, ed io era ragazzo, con gli studenti che armati di bastoni si portarono dal Governatore Degenay» per intimargli la proclamazione della Costituzione, e ricordo sempre come cominciò l’oratore il suo discorso: «Siamo schiavi noi o siamo uomini?«. Eravano tutti in bastone ed il Governatore ci rimandò trattandoci da ragazzi. Io era Sotto Ripa, quando fu ordinato alla Cavalleria di dare la carica, per cui, entrati i cavalli sotto quella volta cosi bassa, tutti gli uomini si rovinarono ». (Cfr. Epist., Ediz. Sansoni. I, XXXIII. • (40) bis Cfr.Registro dell'Università di Genova conservato nell’Archivio di Torino tra gli atti riservati del '21 e pubblicato dal Luzio in Mazzini Carbonaro, cit,, pag. 34, — XXIV - il giovane « non avrebbe potuto intraprendere lo studio che si proponeva di fare nella carriera legale », lo (im metterà agli esami di Magistero « con che si debba tener conto della prolungazione come sopra indicata all'occasione che lo stesso aspirerà a conseguire il diploma di Baccelliere, e di autorizzare l’Ill.mo Big. Deputato all’insegnili mento a fare ni Big. Mazzini quella ammonizione, che stimerà conreniente con partecipargli la presente deliberazione, e farne nota al libro degli studenti ammoniti ». Né la punizione venne inflitta nel giugno del ’23, quando il Mazzini subì l’esame di baccelliere', deliberando la Deputazione che «si debba tener conto allo stesso della prolungazione de’ gradi contro di lui pronunciata, all’occasione degli altri esami » (41). Soltanto nel ’26, quando il giovane chiederà di poter sostenere l’esame pubblico di licenza in legge, la Deputazione applicherà la punizione inflitta e poi sospesa. Infatti il Deputato di mese il 2 maggio 182(! « considerata la condotta tenuta dal Sig. Mazzini » dopo il ’21, se ne dichiara (( pienamente soddisfatto )) e propone « di stabilire il tempo che deve durare la prolungazione a giorni quindici il datare dal giorno dell’estrazione dei titoli per l’esame (( pubblicodi licenza in legge» (42). E il 6 di maggio la Deputazione, accogliendo la proposta del Deputato di mese, stabiliva la prolungazione dei gradi per giorni quindici, incominciando dal 31 aprile precedente. Ma nemmeno questa sospensione di quindici giorni subì il Mazzini, perchè con R. Biglietto del 23 febbraio 1827 gli a furono abbonati quindici giorni di studio » (43) in modo che egli potè regolarmente laurearsi il 6 aprile 1827. La dichiarazione della R. Deputazione, che il giovane Mazzini dopo il ’21 non avrebbe dato motivo a lagnanze, contrasta con quella del Celesia, il quale afferma che egli, dopo il tumulto del giorno di S. Luigi, divenne « duce della scolaresca■ » e raggruppati intorno a sè i giovani più spericolati audaci e magnanimi cominciò quell’apostolato di libertà a cui non venne meno giammai. Noi crediamo che il Celesia, veritiero nell’esposizione dell’aneddoto, abbia poi tratto una conclusione arbitraria ma seducente, e suggerita quasi naturalmente da quella che fu poi Putta la vita del Mazzini. In realtà questi, dopo le sue prime di- (41) I documenti relativi a questa punizione sono pubblicati dal 8alvemi.ni, Ricerche € documenti ecc., cit., pag. 34. (42) Registro dell'Ill.mo Signor Deputato di mese del 1826, pag. 30 in A. V. G. (43) Cfr. Salvemini, Ricerche e documenti, cit., pag. 87. - XXV - (¡avventure universitarie, non ne ebbe altre; ed i suoi Zibaldoni (/¡avallili ce lo mostrano tutto pervaso da un’ardente brama di sapere, e tutto dedito agli studi, che non furono solamente letterari, ma anche scientifici. Con Jacopo Raffini, appassionato cultore detta fìsica e detta storia naturale, egli si dà a ricerche, delle quali resta una traccia nei suoi Zibaldoni (44); con (ì. E. lienza, uno dei suoi più cari amici di questi anni, dedito agli studi giuridici, egli si approfondisce nel diritto penale, di cui /•('•stano centinaia di pagine d’appunti nei suoi Zibaldoni (45). L'amore allo studio, oltre che alla libertà teneva avvinti in un sodalizio fraterno non pochi giovani al Mazzini, il quale, con Villibatezza dei costumi, con Vintelligenza vivissima, esercitava un fascino straordinario sui suoi coetanei, che non pensava ancora però di stringere a sè per uno scopo politico. Oltre il Torre ed il Noceti ed altri amici suoi e di famiglia, egli fu unito da strette affinità spirituali ai fratelli Raffini ed al Benza. A Jacopo specialmente e al Benza si sentirà vicino oltre che pel comune ardore di libertà anche pel tormento della crisi religiosa, la cui soluzione contenera implicitamente la soluzione di tutti gli altri problemi che s’affacciavano alla mente dei giovani. Jacopo, più passionale, più ardente, avera col Mazzini maggiori affinità che il Benza; il quale di temperamento più freddo e di niente più equilibrata, per quanto singolarmente acuta, non sapeva toccare le profondità donde tracra ispirazione ed alimento l'anima del Mazzini. Jacopo Raffini ed il Benza costituiscono il primo nucleo (li quel cenacolo in cui il Mazzini, superato il suo scetticismo e chiaritasi la ria da percorrere, predicherà hò sua fede. E certo l’adesione dei giovani compagni e l’affettuosa devozione da cui venne circondato sin dagli inizi della sua titanica opera, contribuì non poco a creare quella speciale atmosfera spirituale tanto favorevole a spingere il giocane, dall’animo caldo d’idealità morali e patriottiche, sulla, via dell’apostolato. * * * L’ambiente famigliare in cui crebbero il Mazzini ed i fratelli Raffini è ormai sufficientemente noto, perchè occorra soffermarvisi ancora. Le tradizioni repubblicane e democratiche genovesi avevano trovato nel padre del Mazzini e in quello dei Raffini due caldi propugnatori, che nella loro giovinezza avevano (44) In particolar modo vedi lo Zibaldone conservato in M. R. G. n. 3627. (45) Gir. Zibaldone M. R. G. n. 3626. partecipalo atticamente alla vita pubblica tenendo fede alle loro idealità (4(i). E se, con l'andare (lenii anni e eoi imitar degli e-retiti i reechi s’eran ritirati scoraggiati dalla lolla, le due madri tenevano desto il fuoco sacro delle più pure idealità. seconda lido col loro ardore e la loro tenerezza gl'impulsi pii) generosi dei giovani figli, ('osi come il Mazzini somigliava alla madre, Jacopo Raffini aveva preso da donna Eleonora l’eccessiva sensibilità del carattere e quel misticismo, che, come, ben osserva il Momigliano, fa di Jacopo e, in genere, ilei fratelli Ruffini una delle personalità più significative- della sua generazione (47). Jacopo aveva fatto i primi studi in Taggia presso lo zio canonico, Don Carlo Ruffini, e gli erano stati impartiti i primi elementi di lingua latina da un «abataccid lungo, pallido e smuntq » l'abate Tommaso Anfossi (48). Venuto a Genova continuò gli studi nel Collegio Reale, dove l’avevano preceduto i due fratelli maggiori Ottavio ed Emanuele Vincenzo e dove lo seguiranno i fratelli minori Giovanni ed Agostino, avendo la famiglia Ruffini diritto ad una retta di favore in quel collegio in seguito ad mi certo lascito Boleri. Nella nuova scuola si distinse presto al corso di eloquenza del sacerdote Bartolomeo Ri vara e del Prof. Giacomo Lari, meritando menzioni onorevoli. (40). E un poemetto in ottave, conservatoci, che gli valse un premio, se non proprio una facile vena di poesia, denota tuttavia nel giovinetto Jacopo una intelligenza assai viva (50). Ma questi primi trionfi (46) Sul padre di Mazzini vedi: A. Neri, Il padre di Giuseppe Mazzini in «Rivista Ligure», Genova, 1910; sul padre dei Ruffini, vedi il mio studio: Il padre dei Ruffini in « Rassegna storica del Risorgimento italiano », anno 1922. (47) F. Momigliano, G. Mazzini e le idealità moderne, cit., pag. 68. (48) G. Ruffini, Lorenzo Benoni, (traduz. Rigutini) cap. I. La notizia è confermata nella biografia di Jacopo Ruffini, scritta dal fratello Ottavio. (Cfr. A. Lazzari, Una biografia efcc., cit., in « Rivista d’Italia », settembre 1909, pag. 476). (49) In data 25 novembre 1825 il Rettore del Collegio Reale gli rilasciava la seguente dichiarazione: «L’ornatissimo giovine Giacomo Ruffini deH'Ill.mo Avv. Bernardo di Genova, che ha studiato più anni in questo collegio compresovi il corso di rettorica con lodevole diligenza e profitto, ha compiuto ancora tutti i doveri di morigerato studente, e specialmente agli esercizi di pietà, ed alla frequenza 'lei S. S. Sacramenti ». — Tralasciamo di pubblicare le dichiarazioni dei professori delle singole discipline, tutte assai favorevoli al giovane e ci limitiamo a riprodurre il giudizio che su di lui dava il Prof. Giacomo Lari, docente di letteratura latina e greca il quale faceva fede : « quemadmodum ornatissimus iuvenis Jacobua Ruffini adfv.it in eodem R. Collegio per biennium integrum lectionibus meis et ingenii, mo-ruraque adeptus est sane laudem plurimi aestimandam » (Carte universitarie dei patriota liguri in M. R. G., inserto 17). (50) Nel Trattenimento Poetico dei Signori Convittori del Reai Colleoio di Genova, Genova, De Grossi, 1819, troviamo fra gli altri elencato nella classe di matematica il poemetto « Difesa di Siracusa e morte di Archimede », Ottave composte e recitate dal Sig. Giacomo Ruffini. — L’autografo del poemetto è conservato ora nel M. R. 0, — XXVII — furono presto amareggiati da ingiustizie a beneficio dei figli di Itadri />ririlegiali, di cui troviamo un vivo quadro nel « Lorenzo Baioni, » ed egli se ne afflisse tanto, da abbandonare il collegio e gli studi. Impiegatosi dapprima come commesso passò poi praticante nello studio di un notaio (51) ; ma sia nell’uri posto che nell'altro, egli natura ardente ed irrequieta, non potè rimanere. iE lo troviamo nel ’22 a seguire il corso di Filosofìanel >Seminario Arcivescovile di Genova (52). Frattanto una sciagura famigliare dorerà ancora una volta fargli cambiare strada. 11 23 luglio 1S25 il fratello maggiore Vincenzo, alla vigilia di laurearsi in medicina, per ragioni rimaste ignote, si troncava la vita. « A mitigare il dolore di quella perdita inaspettata, amarissima — racconta il fratello Ottavio (53) — tutta la famiglia fissò lo sguardo sul giovane Jacopo e fu deliberato che egli intraprendesse la carriera della medicina. Quell’anima sensibile e pieghevolissima, ove si trattava di fare il bene, s’arrese facilmente al desio nostro comune, e coll’entusiasmo della passione fermò in suo pensiero di seguire le traccie con tanto onore seguite dall’estinto Germano ». Il 3 novembre 1823 egli si iscrisse al corso di filosofia e subito frequentò come uditore il corso di medicina, mentre il Iladre invocava dalla Regia Deputazione agli studi che fosse concessa al figlio, in considerazione della sciagura recente, una « benigna deroga » di due anni (54). (51) A. Lazzari, Una biografia ecc., cit., pag. 477. — Cfr. anche Lorenzo Benoni, cit., cap. XVI. (52) Lasciato il Collegio Reale aveva frequentato nel '22 il corso di filosofia nel seminario Arcivescovile di Genova, il quale gli rilasciava il seguente certificato : « Joannus Jacobus Nicolaus Ruffini Bernardi filius, in Archepiscopali Seminario Ge-nuensi Colleoium frequentavi philosophicum anno Domini millesimo octingentesimo vigesimo secundo, atque optimis moribus non dubia praebuit studiique specimina » (Documenti scolastici, cit.). (53) A. Lazzari, Una biografia ecc., cit., pag. 478. (54) Il 3 novembre 1823 fu ammesso al corso di filosofia all’Università che frequentò anche per tutto il '24 in qualità di uditore. Il padre Bernardo aveva intanto fin dal dicembre '23 presentata una supplica dichiarando che « ebbe non ha un mese, a piangere la perdita del secondo de’ suoi otto ’ figli, già vicino ad essere laureato nella facoltà di medicina » e quindi « per rimpiazzare in qualche modo il vuoto rimasto dopo una perdita sì dolorosa, ora detto supplicante prostrasi appiedi del-l’Augusto Trono della Sacra Reale Maestà Vostra, onde pregarla a voler per Sovrana Grazia accordare al suo quartogenito Giacomo, dell’età di circa vent’anni, che ha terminato il corso de’ suoi primi studi nel Reale Collegio di Genova, una benigna deroga di due anni, e dell’esame di Magistero, affinchè possa egli nel nuovo anno scolastico seguitare le lezioni della facoltà di medicina ». •— La R. Deputazione considerando esser vero che il ricorrente « sul finire dell’anno scolastico p. p. aveva perduto altro de’ suoi figli per nome Vincenzo, il quale era prossimo a compiere la sua carriera scolastica in questa R. Università, lasciando dopo di sè una distinta memoria per l’assiduità alla scuola, per il profitto che ne ha ricavato e per la — XXVIII - All'Università, conosci ufo probabilmente in questo tempo ¡1 Mazzini, cf/ii dovette esserne attratto, come era accaduto anche al Renza, il (¡naie, ) era intimissimo del Muggini. E cailc appunto in quest'anno, secondo quello che il Renza stesso ci lasciò scritto, quella corrispondenza Ira i due giovani che avrebbe avuto la straordinaria efficacia di togliere (Giuseppe del materialismo in cui l'anima sua intristirà, e di portarlo allo spiritualismo (56). Certo dovevano «vci■ luogo tra i regolare sua condotta » era di parere favorevole che gli venisse abbuonato un anno. Ma il ricorso venne rigettato da Torino. Nel gennaio del '25 il padre di .Tacopo ripeteva l'istanza la quale veniva questa volta accolta e il giovane venne il 29 luglio 1826 ammesso agli esami di Magistero. Fra i documenti ch’egli dovette presentare ritroviamo la dichiarazione del Direttore della Polizia di Genova, Peirano, il qual, dichiara che « dalle note e registri negli Archivi della Direzione di Polizia non risulta che il Sig. Ruffini Giacomo...... abbia preso parte ai disordini politici accaduti nel mese di marzo 1821 », e quella del Parroco G. A. Casanova in data 17 novembre ’23, il quale testifica che il Sig. Giacomo Ruffini « domiciliato in questa parrocchia de’ SS. Cosmo e Damiano...... è un giovane d’ottimi costumi, e che frequenta le funzioni parrocchiali, non che i SS. Sacramenti colla debita devozione». — 11 2 agosto ’26 subiva l’esame di Magistero « con tutti i voti favorevoli » ed era ammesso alla Facoltà di Medicina. Il 24 luglio 1827 subisce l’esame annuale del lo anno di medicina ed è approvato con lode. Lo ritroviamo il 15 febbraio del '28 baccelliere in medicina « con tutti i voti favorevoli ». Subisce gli esami di laurea il 22 giugno 1829. Fatta la pratica all’ospedale di Pammatone otteneva 1’11 agosto del ’30 la concessione dell’cxcrceaf. — (nocumenti scolastici, cit.). (55) Tale data vien data dal Benza. L’admittatur del Benza all’Università per il lo anno di legge è del 4 luglio 1823. Egli però risulta residente a Genova . in dalla metà di maggio del ’23, da un’autorizzazione concessagli di abitare presso Don Raimondo Campanella. E’ probabile ch’egli conoscesse subito il Mazzini per mezzo del fratello Giacomo che sappiamo aver frequentato col Mazzini il biennio di filosofia ; e secondo una tradizione orale assai diffusa a Porto Maurizio, la conoscenza fra i due giovani si sarebbe trasformata in amicizia durante le lunghe attese per confessarsi. E questo non è improbabile se si tien conto che il sacerdote scelto dai due giovani era di idee liberali. Era questi il Parroco di S. Agnese, Stefano Bottaro, il quale il più delle volte si limitava a firmare i due certificati che i due amici stendevano di propria mano. La famiglia Bottaro era amica della famiglia Mazzini. Sappiamo infatti che uno degli indirizzi del quale si serviva il Mazzini per far pervenire le lettere alla madre era quello di Geronima Bottaro, la quale, per questo, fu anche sorvegliata dalla Polizia. (Cfr. A. Luzio, La madre di Mazzini, cit., pag. 372-3733). — Ad un prete Bottaro «il salmista. che non può per interdetto celebrare» infine, Maria Mazzini, morendo lascia una modesta somma nel suo testamento; Cfr. Sfinge, Maria Mazzini in «Nuova Antologia », 1915, pag. 46 dell’estratto). — Le notizie date qui sulla vita universitaria del Benza sono desunte dalle sue Carte Universitarie conservate presso il M. R. G. (56) « Ho sempre deplorato e deploro — scrive il Benza nel 1886 — che molte sue lettere mi siano state smarrite, e più di tutte le sue prime, 50 circa, scrittemi nei primi anni della nostra conoscenza o fratellanza, nel 1823 e 1824, quando in esso si andava formando l’uomo politico e religioso, che fu poi sempre. Ricordo, che allora nel primo bollore del suo pensiero critico e inconscio negava Dio : ma non finì quella nostra corrispondenza ch’egli consentì meco e mi ringraziò. L’indole del suo ingegno artistico lo spingeva a cercar l’ideale, anche nella politica, ed il lung» studio e il forte amore d’Italia e di Libertà a cercarne il compimento in un predestinato progresso indefinito: quindi l’idea di un Dio umanitario, astraendo quasi del resto dall’universo e dalla natura ». (Note autobiografiche in Carte Benza, M. R. G.. n. 179). Pubblicò un brano-di queste memorie C. Cagnacci nel suo volume: Giuseppe Mazzini e i Fratelli Ruffini, Porto Maurizio, 1893, pag. 425, e la Mario: Scritti scelti di Mazzini, Firenze, 1914, pag. XVII. - XXIX - diue, durante Vanno scolastico, fervide discussioni su questioni filosofiche, religiose, politiche, fin dal ’23: discussioni che continuavano in forma epistolare durante' i mesi dell’estate, in cui il ¡lenta tornarti a l'orto Maurizio ed il Mazzini si ritirava a Posalunga. Di circa una cinquantina di lettere scritte al Benza in questi anni, una sola è conservata ventilata in uno Zibaldone; (57) ma essa è tale, che dimostra non solo Vintimità tra i due amici, ma la stima e quasi direi la deferenza di Giuseppe verso il Benza. Certo costui si eleva sugli altri amici del Mazzini sia per la vivacità dell’ingegno, che per la scrupolosa rettitudine: ma questo non è sufficiente per farci accogliere senza dubbi la pretesa conversione del Mazzini per opera sua (58), Ricorderemo tuttavia come Giuseppe Elia, dopo aver fatti i primi studi in Porto Maurizio, sua patria, fosse entrato nel Collegio delle scuole Pie di Carcare, dove aveva avuto la rara ventura di avere a maestro, per sei anni consecutivi, cioè tino all’inizio dcirUniversità, il padre Domenico Baccelli di Va-razze, allievo del Padre Assarotti, benemerito educatore (59). (57) La lettera al Benza, rintracciata dal Salvemini negli Zibaldoni (G. Salvemini, Ricerche e documenti, cit., pag. 76-77) è indubbiamente una delle cinquanta perdute. La minuta di essa, non datata, è posta dal Salvemini nella primavera del ’25. Noi crediamo bì debba far risalire al ’24 ; poiché se il Mazzini in essa dice « non mi sovviene, da quattro anni incirca d’aver vissuto un giorno, un giorno solo felice » probabilmente non avrà tenuto un conto esattissimo dei mesi, dal primo giorno di crisi, come ha fatto il Salvemini. E perchè poi collocarla proprio nella primavera del ’25, se il Benza, s’allontanava da Genova nell’estate, e soltanto allora si scrivevano i due amici? Inoltre non risulta che nell'estate del ’25 essi fossero in corrispondenza, poiché il Benza parla solo del ’23 e ’24. (58) Di una reale influenza del Benza sul pensiero religioso del Mazzini dubitava già il Momigliano (F. Momigliano, G. Mazzini e le idealità moderne, Milano, 1905, pag. 24). L’ammetteva invece la Mario (Scritti scelti di Mazzini, cit., pag. XVII) il Donavek (Vita di G. Mazzini, Firenze, 1903, pag. 40) ed altri basandosi indubbiamente su quanto aveva affermato il Benza. — Ma come debba essere intesa la sua affermazione « d’aver ricondotto l'amico a Dio », egli stesso ci spiega, quando soggiunge che il Dio del Mazzini non è che un « Dio umanitario » astratto quasi dal resto dell'universo e dalla Natura ». E’ un giudizio conforme a quello che darà più tardi il De Sanctis il quale chiamerà « politico » il Dio mazziniano (Ofr. De Sanctis : La letteratura italiana nel secolo XIX, Napoli, 1897, pag. 417). Ma il Benza aveva preceduto di parecchi decenni il De Sanctis in questa critica, in una polemica religiosa ch’egli appunto ebbe a sostenere col Mazzini nel ’39 e ’40 e che fu già da me illustrata in Azione del 25 febbraio 1921. Egli fu quindi il primo critico del pensiero religioso del Mazzini; ma anche ignorando tale polemica, la Mario conoscendo la definizione che il Benza nel 1886 dava del Dio mazziniano avrebbe dovuto piuttosto dubitare di una profonda divergenza di idee in materia religiosa fra i due amici, che ad un influsso decisivo dell’uno sull’altro. (59) Il Padre Domenico Buccelli era nato a Varazze nel 1778. Era stato a Genova allievo del padre Assarotti e quivi aveva vestito l'abito di Calasanzio. Aveva insegnato a Firenze e quindi a Carcare. Morì ad Ovada il 18 marzo 1842. Del Buccelli pubblicò un affettuoso cenno nccrologico il Benza nello « Letture di famiglia » di Torino nel 1843, num. 9. - XXX - Questo Padre Baccelli era uno di quei rarissimi uomini che hanno il genio dell’amore e della carità cristiana; e giovanissimo, chiamato all’insegnamento dalla sete vivissima (li operare il bene, vi dedicò le forze non comuni del suo intelletto e la vastissima coltura. Buono, umile, di spirito profondamente religioso, portò tutta la vita della sua anima nell'ammaestramento dei giovanetti ; alle vuote e noiose formule già in uso sostituì l’eloquenza dell’esempio; e fu impareggiabile non già nel creare i germi del vero, del buono (che l’educazione non crea) ma nel trarli in luce agli occhi stessi dei discenti, così com’erano nelle anime loro, e nello svilupparli, fruendoli alla maggior perfezione col sacrificio costante della sua rifa. Animo veramente evangelico, ei viveva la sua fede; e si può comprendere con quanta efficacia sapesse porre nell'animo dei giovani i fondamenti del retto smentire e del retto rivere; quei fondamenti che dovevano essere incrollabili, perchè derivati dal concetto della divinità, prima ed unica base di vita. Tanto più egli riusciva efficace, in quanto viveva quella massima, e tutta la sua vita si spendeva -nell’operare il bene altrui; dentro e fuori del suo collegio. Quale ammirazione e gratitudine gli serbasse il Berna, dice chiaro un suo scritto apologetico in oc-casione dell’anniversario della sua morte. E dopo a verni conosciuto il maestro, si può comprendere il vero senso della frase con cui il Bejiza era qualificato negli atti ufficiali « un modello dì religiosità))-, tale giudicandolo, il buon prete Michele de Tommaso, (CO) intendeva certo, dire che il giovane aveva assorbito da quell’impareggiabile maestro il meglio della sua dottrina : cioè quella profonda religiosità che gli fu guida sicura durante tutta la vita anche quando negli ultimi anni egli s’era fatto un ardente anticlericale (61). Essa però, appunto (60) Nel certificato del prete Michele di Tomaso del 29 novembre 1822, egli, come prefetto delle scuole comunali di Porto Maurizio certifica che il Benza fu nel numero dei migliori alunni della classe. Il Di Tomaso, infatti, certifica che « reggendo egli la scuola di fisica e di filosofia » il Benza « intervenne alla scuola dove studiò la Fisica, la Geometria e le altre parti della Filosofia e che vi si distinse per l'applicazione, assiduità ed impegno nello studio, non meno che per la sua esemplarità di costumi, e principi di religione, che perciò esso fu nel numero dei migliori della classe, e in molta stima fra i giovani del Collegio, essendo esso reputato come un modello di religiosità, moralità ed applicazione». (Dalle Carte universitarie, cit., al M. R. G.). (61) Appartengono agli ultimi anni della sua vita queste irose espressioni contro il clericalismo e contro ogni culto, che riproduciamo dai suoi Zibaldoni: «Io non so di Dio ciò che egli sia; so ciò ch'egli non è. So che non è nè irascibile, nè vendicativo, nè geloso, nè superbo, nè vanaglorioso, nè ingiusto, nè imbecille come le religioni lo hanno fatto a similitudine dell’uomo».— «Io non posso amare, e perciò - XXXI - perchè tale, non escludeva che il giovane, il cui spirito era aperto alla coni prensione di ogni problema, non discutesse coll’amico Mazzini anche di questioni religiose; e non è affatto impossibile che egli nutrito dei seri studi religiosi fatti nel collegio, e fermamente convinto della verità della fede, contribuisse non poco a trarre l’amico da quel suo desolato ateismo, combattendone i dubbi, discutendone le opinioni ; ma sarebbe eccessivo affermare ch’egli, da solo, abbia avuto l’efficacia. di convertire il material ¡sta, nello strenuo idealista, quulc fu poi sempre il Mazzini. Iscrittosi all’Università, il Benza continuò a tenere una copiosa corrispondenza epistolare con l’antico Maestro, cui inviava i suoi scritti, dal Buccelli molto apprezzati (62). Durante gli anni dell’tlniversità, (63) egli non ci appare mai come un non posso credere a un Dio ebe ha creato l’uomo, pur sapendo che di mille si salverebbe uno e mezzo e novecentonovantanove e più sarebbero dannati eternamente. Il libero arbitrio..... grazie del dono ! Ironia ! E la grazia senza cui..... (sic) o Dio ! come ti hanno conciato i teologi e anche i filosofi e tutti ! per voler decifrare con le proprie passioni e con i propri sentimenti. Dio è Dio, null’altro ». (Dalle Carte Berna conservate presso di me). (62) Dal carteggio tenuto dal Buccelli col Benza, che trovasi presso il Signor Carlo Anfossi Bonza di Milano, che qui ringrazio per la sua cortesia d’avermene trasmessa copia, riproduco soltanto questi passi che più mi sembrano interessare l’oggetto delle mie ricerche. Da Carcare il 9 luglio del '26 il Buccelli scriveva al suo antico allievo : « Ho letto con piacere le ultime vostre osservazioni amichevoli sul periodico. Non mi dispiace (sebbene mi dispiaccia) il vostro consiglio di sopprimere il sonetto; ciò non pertanto la postilla mia vorrei mi diceste se l’approviate, e se lascereste così andare il sonetto........ Il Dellavalle ha scritto contro Spotorno per contrastare e sembra vittoriosamente ». — Il 2 febbraio del 1830 ancora da Carcare, in una lunga lettera fra l’altro scrive al suo « Benza carissimo : Ancora ho veduto con piacere l’articolo vostro, dal quale eziandio alcun utile si può ritrarre, come voi dite. Ma poiché voi mi chiamate qui a esporvi il mio senso circa il vostro etile, io dirò (poiché volete) che meglio mi piacete allorquando scrivete di vostro, che non quando semplicemente traducete. Dna prova mi fornite di ciò nell'articolo medesimo da voi prodotto, dove, a mio credere, vale più quel piccolo preambolo che avete posto in testa di vostro che non forse l’intera traduzione..... Circa me, (poiché ne chiedete) mi trovo all’usato ed a voi noto; ed è, con li consueti miei incomodi. Il Signore concedemi di occuparmi ancora alquanto più che non sembra comportarlo quelli, e il poco mio scrivere è diviso fra la Gioventù e la Religione. Sul finire di questo anno ho dato fuori in Torino di mie cose, tre cosette, delle quali l’una è per gli alunni di belle lettere; le due altre sono sacre a’ fanciulletti miei: di tutte tre, per mia memoria, ne avrete esemplare...... (Dalle Carte Benza presso Carlo Anfossi Benza, cit.). (63) Il Benza si laureò in giurisprudenza nell’aprile del 1828 e il 30 dello stesso mese così lo annunciava alla madre « .... mi affretto a darle la grata notizia della fine de’ miei studi (universitari, perchè anzi ora comincia per me il vero studio). Lunedì scorso, al dopo pranzo, subito l’esame pubblico a pieni voti, fui decorato dell’anello d’oro, insomma fui proclamato avvocato. Ora finalmente ho scosso il giogo di una giurisdizione ormai troppo pesante : comincerò fin da domani la pratica all'ufficio de’ poveri, per esser quanto, più tosto in stato di poter soccorrer la famiglia, se la sorte vorrà secondarmi. Perchè l’avvenire anche degli avvocati che paiono i meno soggetti alla sorte poggiando la loro professione sulla base solida e facile a conoscersi dell’abilità, è pure in mano del destino per la maggior parte... ». (Dalle Carte Berna presso Carlo Anfossi Benza, cit.). - XXXI1 - giovane « spericolato », nessuna traccia di punizioni a suo carico; le testimonianze degli amici ce lo dipingono concordi come il più serio ed il più equilibrato fra quanti starano intorno al Mazzini (04). Il Buccelli aveva lasciato « come un de’ ricordi che (/li diede al sito uscir di collegio)) che «ogn'uomo desse quel po’ di bene che può operare in sua vita primieramente al suo parse »' e il consiglio e l’incitamento accompagnarono il giovane come un viatico all’entrare nella vita (65). Quanta maturità di pensiero e quanto ardore fosse in lui già in questo tempo, dire chiaramente questa pagina, ancora inedita, ((ili) scritta assai probabilmente in questi anni, la quale è un saggio dell’altezza d’ingegno del giovane Benza. <( Che l’Italia sia stata la maestra delle presenti nazioni, nè gli stranieri stessi osano contenderlo. Che la presente civiltà sia d’origine italiana, è un fatto storico, è una conseguenza del fatto primo. Non per vanagloria io rammemoro agli Italiani questi lor vanti: la gloria è personale, nè si trasmette per successione come un’eredità; bensì debbono i figli conservare viva la memoria e incontaminata dall’invidia straniera. E a noi un siffatto deposito, più che a nessun popolo della terra, fu affidato dagli avi nostri ricco e hello. Se sia stato sempre da noi custodito vigilmente e intero, più d’un furto impunemente fattoci, la mancanza tuttavia di tante parti essenziali della storia italiana, e più di tutto la presente infelicissima condizione d’Italia lo attestano. Ma questa nostra non lieve colpa non fu che l’effetto necessario d’una colpa maggiore. Ohi cessò di precorrere a tutte le nazioni sulla via dell’incivilimento, chi sminuì di corso e si soffermò anche a mezzo dell’arringo, chi retrocedete talvolta più d’un passo, poteva apprezzare abbastanza il nobile ardore con (64) Agostino Ruffini, scrivendo alla madre il 13 novembre 1842 ne fa il seguente ritratto : « Avrai qualche visita dell’ottimo Elia, secondo a nessuno per cuore, superiore a tutti per mente. Gli altri amici tuoi sono brava gente, ma irrequieti, appassionati, come chi non ha trovato ancora il centro della propria gravità. Elia è equilibrato : in lui costante preponderanza della Ragione, cosa del Cielo, 6Ugli impeti generosi spesso, più spesso ciechi, del cuore, cosa della terra; egli è calmo, sobrio di parole, senza i fuochi fatui dell’entusiasmo : questi sono i caratteri della saggezza e della virtù. E a che gioverebbero queste sorelle siamesi, se non c’ingegnassimo d’accettar la vita in qualunque crocicchio di circostanze come un benefizio, come una gloria, a professare con gli atti nostri un culto alla Ragione, unico idolo che non sia vuoto dal di dentro, ad essere solennemente o temperatamente calmi così neH’avversa come nella buona fortuna? Giovinetto, posseduto da un’influenza cieca, indomabile, incorreggibile, funesta, turbinante come le arene del deserto, io non avevo inteso in Italia l’intelletto e il carattere di Elia. Cogli anni l’uomo interiore manifestandosi alla mia mente, contornandomi^ all’occhio intellettuale il Saggio Ideale e riandando la mia vita a vedere se mi fossi abbattuto in caratteri personificanti parte di quel l’idealità, primo sempre m’occorse Elia». (C. Cagnacci, G. Mazzini c i Fratelli Ti»!fini. cit., pag. 275-276). (65) Cfr. il cenno necrologico sul Buccelli dettato dal Benza per le Letture di Famiglia, cit. (66) L’originale è conservato fra le Carte Bensa presso di me. — XXXIII - cui i suoi avi si slanciarono primi nella carriera ? poteva emularli ? Primo mezzo di progredire efficacemente nella via della civilizzazione è il sentimento della propria dignità, dei propri diritti: nè altrimenti gl’italiani del medio evo giunsero a porre la prima pietra del grande edifìcio dell'incivilimento europeo. Qual forza di coscienza poteva nella magnanima impresa avvalorare l’animo e il braccio de’ nipoti degeneri di tanto dall’avita virtù ? E’ noto il detto sapientissimo d'Omero, che la servitù dimezza l’uomo. Se gli Italiani ridiverranno mai uomini interi, cioè liberi; allora i primogeniti della famiglia europea ripiglieranno nel concorde cammino quel posto, a cui pare che Iddio li destinasse creandoli; allora la gloria degli avi nostri non sarà un inverecondo vanto per velare impudentemente la nostra vergogna, allora con una nobile partecipazione sarà fatta veracemente nostra. Sino a che il dì non venga — La gloria altrui splende a mostrarci obbietti. 0 Italiani! •— la nostra patria fu potente e bella di commercio, d’impero, di scienze, d’agi e d’aJbbellimenti, quando le altre nazioni gemevano ancora nelle barbarie, nell’ignoranza e nella povertà. Ed ora... chi parla di noi se non come d’iloti ? Perchè ? Questa questione io propongo alla meditazione di coloro che la schiavitù non ha ancora automizzati: questa questione racchiude, parmi, la soluzione del problema delle nostre felicità e della nostra gloria, della nostra miseria e del nostro avvilimento. Avvilimento ! E’ questa la parola caratteristica delle nostre presenti condizioni — nè giova dissimularlo, come le femmine e i fanciulli che in faccia ad un pericolo imminente chiudono gli occhi o strepitano di disperazione, invece d’affrontarlo animosi e tentar di vincerlo, quando non v’è modo di fuggirlo. L’avvilimento nostro, per Dio, mi par cosa viva, vera e palpabile : a che giova dunque il dissimularlo, e schiamazzar tanto allo straniero, che a piene mani ve ne getta sul viso il rimprovero, come la donna di bordello che non vuole essere chiamata col suo nome ? La vergine ad un tal nome arrossisce di verecondo pudore e di nobile sdegno, non ischiamazza sfacciatamente. iSta bene, che all’insulto straniero opponghiate con patrio orgoglio i vanti antichi, i vostri monumenti, i vostri Grandi; ma voler coprire col loro manto le vostre vergogne, rammenta troppo il noto apologo della cornacchia. Nè vedo che vi giovi, quand’anche valesse a celarle; perchè un male nascosto non è men doloroso, ed è più mortale. Meglio varrebbe tutte a nudo contemplar le ferite, onde geme l’Italia, quanto profonde sono, miserande e deturpatrici di quella floridezza e beltà, di che la dotò natura con sì larga mano: e se stilla vi rimane dell’italico sangue, accendersi di vergogna e porre mano e vita a riconquistarle salvezza e onore. Ostano i fati ? Troppo spesso vi ho udito lamentare e imprecare ai destini d’Italia; ma che cosa siano questi destini, che vogliono misera e serva una patria che fu già grande come nessun’altra lo fu mai, e che ha ancora lo stesso cielo e la stessa terra, le stesse sue mille città e gli stessi milioni di abitatori, non so. So che di repubblicana divenne imperiale, parteggiando e l’impero spense le virtù patrie, spegnendo la - XXXIV - patria, e i barbari si gettarono su lei, e la vinsero e la divisero, quando gli abitatori suoi non avevano più patria da difendere. So che quando fu vinta e divisa, imbarbarì anch’e&sa.... ». Troviamo già qui evideutissima l'infliienza, se non l'imitazione foscoliana. Intorno al Benza- si raqgrupparano parecchi giovani di Porto Maurizio die andati a (ìenova per seguire gli studi universitari, avevano potuto conoscere ed amare Mazzini. Tra costovo merita umi menzione speciale Napoleone Ferrari (G7). Le famiglie Bensa e Ferrari erano strette d’intima amicizia, che diverrà più tardi parentela; tanto che fu il padre del Benza a tener a battesimo Napoleone nato nel 1802, cioè nell’anno stesso della nascita di Giuseppe Elia. Lo aveva prece* duto alVUniversìtà di Genova suo fratello Leonardo. (68) che, troncati gli studi, era corso a combattere in Ispagna col Paedi iarotti, (60) cercando in terra straniera quella gloria delle armi clic in Italia. non si poteva acquistare. Al Pacchiarotti appunto ed ai suoi prodi compagni il giovane Mazzini indirizzava un'ode, della quale solo un frammento è rimasto in uno degli Zibaldoni (70). Napoleone Ferrari, percorsi gli studi secondari in patria, nel 1825 s’iscrisse all'Università di Genova alla Fa- (67) Napoleone Ferrari era nato a Porto Maurizio il 2 luglio 1802 da Nicolò e da Angela Rambaldi. Fu tenuto a battesimi da Vincenza, sua sorella e da G. B. Benza, padre di Giuseppe Elia. Fece gli studi secondari in patria « dove si distinse sommamente tra i suoi eguali per la applicazione e la sua assiduità e quindi per i suoi progressi, ciò che gli meritò di essere prescelto per presiedere al Circolo o disputa di filosofìa che si fa ogni settimana in dette scuole. Sicché si attirò la stima generale di tutti i suoi compagni, come l’aveva meritata in altre classi inferiori di detto Collegio». — TJno dei suoi insegnanti lo definisce: «Giovane dotato di ottimi costumi, e di sanissima morale e di soda religione », assiduo alle pratiche religiose e alla Congregazione per cui ne fu nominato Prefetto : « vero esemplare di studio e di pietà a tutti gli allievi ». — Dopo la morte del padre egli si portò in Genova per terminare gli studi. Il 12 febbraio 1825 il Consiglio Comunale rilascia il certificato prescritto dai Regolamenti per essere ammesso all’Università. Si rileva da esso che la famiglia era « composta della vedova, di sette figli maschi... di cinque figlie, tre delle quaU maritate, una monaca in S. Remo e la quinta nubile ». Il padre risultava di condizione proprietario. In data 19 novembre 1824 la Polizia dichiara che « nulla risulta a carico del Sig. Ferrari Napoleone fu Nicolò, nato e domiciliato a Porto Maurizio, d’anni 22, studente in medicina nè appare tampoco che abbia preso parte alcuna negli avvenimenti politici del mese di marzo 1821 ». Nel 1825 è ammesso all’Università di Genova e nel giugno del 1830 prende l’esame privato e pubblico di laurea. Nel giugno 1831 dopo un anno di pratica all’ospedale subisce l’esame di pratica e in data lo luglio 1831 la R. Deputazione gli concede il libero esercizio. (Documenti Universitari in M. R. G.). (68) Leonardo Ferrari s’era iscritto all’Università di Genova il 15 luglio 1818 (Documenti Scolastici cit., n. 13). (69) G. Faldella, Giuseppe Mazzini e i Fratelli Ruffini, cit., pag. 447. (70) Pubblicato in Mannucci : G. Mazzini e la prima fase eoe., cit., p. 61. Il Pacchiarotti condannato a morte nel ’21 s’era portato in Ispagna dove cadde combattendo nel ’23. I versi del Mazzini furono probabilmente scritti all'annuncio della morte del Pacchiarotti e quindi nei primi tempi della sua amicizia col Benza e col Ferrari. — XXXV - coltà di Medicina, donde uscì laureato nel 1830. Di (( natura dolce c simpatica » (71) temperava il suo vivo amore per le idealità mazziniane con ima fredda prudenza, (72) tanto che, pur impegnato, come vedremo, sia nella « Giovine Italia » che in imprese ausai arrischiate anche dopo il ’48, seppe sempre eludere ogni sospetto della polizia e vivere indisturbato a Genova, dapprima consigliere fido della madre di Mazzini, sino alla morte di lei, poi fidatissimo agente di Giuseppe in Genova. Un ricordo viro della sua giovinezza ce lo avrebbe conservato il R/uffini nel « Lorenzo Baioni », dove lo avrebbe adombrato nella figura di Alfredo (73). Insieme col Ferrari e col Berna il Mazzini cita spesso, tra t/lì amici dell'Università, Andrea Fabre, (74) che ritiratosi dopo la laurea a Porto Maurizio, era diventato fidato emissario della « Giovine Italia » insieme coi Tito Rubando (75) c con Luigi Rambaldi (70) entrambi di Porto Maurizio, i quali saranno nella (71) « La natura dolce e simpatica di Alfredo quadra a puntino colla natura dolce e simpatica del Dott. N. F., che voi conoscete, uno dei pochi che prendesse parte attiva ai lavori della Giovine Italia e non venisse molestato dal Governo nel '33 » così Federico Campanella nel suo articolo cit. neWItalia e Popolo del '55. (72) « Sempre bello e sempre freddo come la neve alpina. Dio lo conservi nella felice sua calma, che mi eccita qualche volta la bile, a mio grandissimo vantaggio ». Così Eleonora Ruffini scrivendo al Benza nel ’40. (Cfr. A. Lazzari : Lettere di E. Ruffini a G. E. Benza in « Rassegna Storica del Risorgimento », anno III, fase. Y, VI, pag. 40 dell’estratto). (73) Generalmente nell’Alfredo si è ravvisato Federico Rosazza. Ma la testimonianza del Campanella — vedi sopra nota 71 — ha per noi un valore decisivo, non solo perchè il Campanella fu intimissimo del Ferrari, ma anche perchè l’articolo suo comparve in un giornale — L’Italia e Popolo — del quale il Ferrari era condirettore. Il consiglio di Direzione del giornale era infatti composto dal Ferrari, dal Remorino, dal Daneri, da Luigi Stallo e da Alberto Mario che ne era il segretario. (Cfr. Constituto Alherto Mario - Processi del ’57 in data 25 agosto - M. R. G.). (74) Andrea Fabre era nato in Porto Maurizio da Giacomo ed Arcangela Bruno il 14 gennaio 1804. Avea anch’egli fatto i primi studi presso il padre Vincenzo Guasco delle Scuole Pie a Porto Maurizio, ed ivi lo definirono « iuvenem praeterea praeditum mira docilitate et pietate; ideoque inter primos emicuisse ». Nel dicembre del '20 subisce l’esame di magistero presso l’Università di Genova « per intraprendere la carriera della giurisprudenza». Dai documenti ch’egli presenta risulta non av§re egli preso parte ai moti del ’21 mentre il fratello Francesco, nato a Porto Maurizio il 25 ottobre ’98, studente nel ’21 del secondo anno di legge, era stato escluso dal proseguire gli studi per aver partecipato ai moti. Andrea Fabre si laureò in legge il 4 febbraio 1828. (Documenti Scolastici in A. U. G.). (75) Tito Rubaudo era nato a Porto Maurizio 1*8 agosto 1807 da Antonio e Laura Corradi. Aveva percorso gli studi secondari presso il Reale Collegio di Oneglia e s’era portato a Genova nel ’26, dove aveva subito l’esame di magistero presso l'Università il 27 novembre. L’ultimo anno scolastico aveva ottenuto di studiare in Porto Maurizio « sotto la direzione del Big. Avv. Giuseppe Benza » e s’era poi laureato in legge nel luglio del ’32. (Documenti Scolastici in A. U. G.). (76) Luigi Rambaldi, compagno di studi del Rubaudo, era nato anch’egli a Porto Maurizio il 14 agosto 1809 da Angelo e Anna Mazza. Dopo aver compiuto gli studi nel Collegio dei Padri Barnabiti di Final Marina s’era portato a Genova e nel ’27 aveva subito l’esame di magistero presso la R. Università. S’era laureato in legge nel dicembre del ’32. (Documenti scolastici A. U. G.). - XXVI - partecipato attivamente alla vita pubblica tenendo fede alle loro idealità (4<>). E -se, con l'andare degli anni e eoi multar degli e-venti i vecchi s'eran ritirati scoraggiati dalia lotta, le due madri tenevano desto il fuoco sacro delle più pure idealità, seconda lido col loro ardore e la loro tenerezza gl'impulsi più generosi dei giovani figli- 0osi come il Mazzini somigliava alla madre, Jacopo Raffini avera preso da donna Eleonora Veccessiva sensibilità del carattere e quel misticismo, che, come ben osserva il Momigliano, fa di Jacopo e, in genere, dei fratelli Raffini una delle personalità più significative- della sua generazione (47). Jacopo aveva fatto i primi studi in Taggia presso lo zio canonico, Don Carlo Ruffini, e gli erano stati impartiti i primi elementi di lingua latina da un «ahataccid lungo, pallido e smuntq » l’abate Tommaso Anfossi (48). Venuto a Genova continuò gli studi nel Collegio Reale, dove l’avevano preceduto i due fratelli maggiori Ottavio ed Emanuele Vincenzo e dove lo seguiranno i fratelli minori Giovanni ed Agostino, avendo la famiglia Ruffini diritto ad una retta di favore in quel collegio in seguito ad un certo lascito Soleri. Nella nuova scuola si distinse presto al corso di eloquenza del sacerdote Bartolomeo Rivara e del Prof. Giacomo Lari, meritando menzioni onorevoli. (49). E un poemetto in ottave, conservatoci, che gli valse un premio, se non proprio una facile vena di poesia, denota tuttavia nel giovinetto Jacopo una intelligenza assai viva (50). Ma questi primi trionfi (46) Sul padre di Mazzini vedi : A. Nebi, II padre di Giuseppe Mazzini in « Rivista Ligure », Genova, 1910 ; sul padre dei Ruffini, vedi il mio studio : II padre dei Ruffini in « Rassegna storica del Risorgimento italiano », anno 1922. (47) F. Momigliano, G. Mazzini e le idealità moderne, cit., pag. 68. (48) G. Ruffini, Lorenzo Benoni, (traduz. Rigutini) cap. I. La notizia è confermata nella biografia di Jacopo Ruffini, scritta dal fratello Ottavio. (Cfr. A. Lazzari, Una biografia etc., cit., in >< Rivista d’Italia », settembre 1909, pag. 476). (49) In data 25 novembre 1825 il Rettore del Collegio Reale gli rilasciava la seguente dichiarazione : « L’ornatissimo giovine Giacomo Ruffini deH’Ill.mo Avv. Bernardo di Genova, che ha studiato più anni in questo collegio compresovi il corso di rettorica con lodevole diligenza e profitto, ha compiuto ancora tutti i doveri di morigerato studente, e specialmente agli esercizi di pietà, ed alla frequenza dei S. S. Sacramenti ». — Tralasciamo di pubblicare le dichiarazioni dei professori delle singole discipline, tutte assai favorevoli al giovane e ci limitiamo a riprodurre il giudizio che su di lui dava il Prof. Giacomo Lari, docente di letteratura latina e greca il quale faceva fede: «guemadmodum ornatissimus iuvenis Jacohus Ruffini adfuit in eodem R. Collegio ver l)iennium integrum lectionibus meis et ingenii, mo-rumoue adepius est sane laudem plurimi aestimandam » (Carte universitarie dei patriotti liguri in M. R. G., inserto 17). (50) Nel Trattenimento Poetico dei Signori Convittori del Reai Collegio di Genova, Genova, De Grossi, 1819, troviamo fra gli altri elencato nella classe di matematica il poemetto « Difesa di Siracusa e morie di Archimede », Ottave composte e recitate dal Sig. Giacomo Ruffini, — L’autografo del poemetto è conservato ora nel M. R. 0. XXVII - furono presto amareggiati da ingiustizie a beneficio dei figli di Iladri privilegiati, di cui troviamo un vivo quadro nel « Lorenzo Benoni » cd egli se ne afflisse tanto, da abbandonare il collegio c gli studi. Impiegatosi, dapprima come commesso passò poi praticante nello stadio di un notaio (51); ma sia nell'un posto che nell'altro, egli natura ardente ed irrequieta, non potè rimanere. E lo troviamo nel ’22 a seguire il corso di Filosofia nel bruì ina rio Arcivescovile di Genova (52). Frattanto una sciagura famigliare doveva ancora una volta fargli cambiare strada. Il 23 luglio 1825 il fratello maggiore Vincenzo, alla vigilia di la/uvearsi in medicina, pev ragioni rimaste ignote, si troncava la vita. « A mitigare il dolore di quella perdita inaspettata, amarissima — racconta il fratello Ottavio (53) — tutta la famiglia fissò lo sguardo sul giovane Jacopo e fu deliberato che egli intraprendesse la carriera della medicina. Quell’anima sensibile e pieghevolissima, ove si trattava di fare il bene, s’arrese facilmente al desio nostro comune, e coll’entusiasmo della passione fermò in suo pensiero di seguire le traccie con tanto onore seguite dall’estinto Germano ». Il 3 novembre 1823 egli si iscrisse al corso di filosofia e subito frequentò come uditore il corso di medicina, mentre il padre invocava dalla Regia Deputazione agli studi che fosse concessa al figlio, in considerazione della sciagura recente, una « benigna deroga » di due anni (54). (51) A. Lazzari, Una biografia ecc., cit., pag. 477. — Cfr. anche Lorenzo Benoni, cit., cap. XVI. (52) Lasciato il Collegio Reale aveva frequentato nel '22 il corso di filosofia nel seminario Arcivescovile di Genova, il quale gli rilasciava il seguente certificato : « Joannus Jacobus Nicolaus Ruffini Bernardi filius, in Archepiscopali Seminario Ge-nuensi Collegium frequentavi philosophicum anno Domini millesimo octingentesimo vigesimo secundo, atque optimis moribus non dubia, praebuit studiique specimina » (Documenti scolastici, oit.). (53) A. Lazzari, Una biografia ecc., cit., pag. 478. (54) Il 3 novembre 1823 fu ammesso al corso di filosofia all’Università che frequentò anche per tutto il ’24 in qualità, di uditore. Il padre Bernardo aveva intanto fin dal dicembre '23 presentata una supplica dichiarando che « ebbe non ha un mese, a piangere la perdita del secondo de’ suoi otto * figli, già vicino ad essere laureato nella facoltà di medicina » e quindi « per rimpiazzare in qualche modo il vuoto rimasto dopo una perdita sì dolorosa, ora detto supplicante prostrasi appiedi del-l’Augusto Trono della Saora Reale Maestà Vostra, onde pregarla a voler per Sovrana Grazia accordare al suo quartogenito Giacomo, dell’età di oirca vent’anni, che ha terminato il corso de’ suoi primi studi nel Reale Collegio di Genova, una benigna deroga di due anni, e dell’esame di Magistero, affinchè possa egli nel nuovo anno scolastico seguitare le lezioni della facoltà di medicina... — La R. Deputazione considerando esser vero che il ricorrente « sul finire dell’anno scolastico p. p. aveva perduto altro de’ suoi figli per nome Vincenzo, il quale era prossimo a compiere la sua carriera scolastica in questa R. Università, lasciando dopo di sè una distinta memoria per l’assiduità alla scuola, per il profitto che ne ha ricavato e per la - XXVIII - All'Università, conosciuto probabilmente in questo tempo ¡1 Mazzini, etili dovette esserne attratto, come era accaduto anche al Ben za, il quale, — Ma come debba essere intesa la sua affermazione « d’aver ricondotto l’amico a Dio », egli stesso ci spiega, quando soggiunge che il Dio del Mazzini non è che un. «Dio umanitario» astratto quasi dal resto dell’universo e dalla Natura ». E’ un giudizio conforme a quello che darà più tardi il De Sanctis il quale chiamerà « politico » il Dio mazziniano (Cfr. De Sanctis : La letteratura italiana nel secolo XIX, Napoli, 1897, pag. 417). Ma il Benza aveva preceduto di parecchi decenni il De Sanctis in questa critica, in una polemica religiosa ch’egli appunto ebbe a sostenere col Mazzini nel ’39 e '40 e che fu già da me illustrata in Azione del 25 febbraio 1921. Egli fu quindi il primo critico del pensiero religioso del Mazzini ; ma anche ignorando tale polemica, la Mario conoscendo la definizione che il Benza nel 1886 dava del Dio mazziniano avrebbe dovuto piuttosto dubitare di una profonda divergenza di idee in materia religiosa fra i due amici, che ad un ¡influsso decisivo dell’uno sull’altro. (59) Il Padre Domenico Buccelli era nato a Yarazze nel 1778. Era stato a Genova allievo del padre Assarotti e quivi aveva vestito l’abito di Calasanzio. Aveva insegnato a Firenze e quindi a Carcare. Morì ad Ovada il 18 marzo 1842. Del Buccelli pubblicò un affettuoso cenno necrologico il Benza nelle « Letture di famiglia » di Torino nel 1843, num. 9. — XXX - Questo Padre Buccelli era uno di quei rarissimi uomini che hanno il genio dell’amore e della carità cristiana; e giovanissimo, chiamato all’insegnamento dalla sete vivissima di operare il bene, vi dedicò le forze non comuni del suo intelletto e la vastissima coltura. Buono, umile, di spirito profondamente religioso, portò tutta la vita della sua anima nell'ammaestramento dei giovanetti ; alle vuote e noiose formule già in uso sostituì l’eloquenza dell’esempio; e fu impareggiabile non già nel creare i germi del vero, del buono {che ¡’educazione non crea) ma nel trarli in luce agli occhi stessi dei discenti, così com’erano nelle anime loro, e nello svilupparli, fruendoli alla maggior perfezione col sacrifìicio costante della sua vita. Animo veramente evangelico, ei viveva la sua fede; e si può comprendere con quanta efficacia sapesse porre nell'animo dei giovani i fondamenti del retto smentire e del retto vivere: quei fondamenti che dovevano essere incrollabili, perchè derivati dal concetto della divinità, prima ed unica base di vita. Tanto più egli riusciva efficace, in quanto viveva quella massima, e tutta la sua vita si spendeva nell’operare il bene altrui; dentro e fuori del suo collegio. Quale ammirazione e gratitudine gli serbasse il Benza, dice chiaro un suo scritto apologetico in occasione dell’anniversario della sua morte. E dopo averne conosciuto il maestro, si può comprendere il vero senso della frase con cui il Beyiza era qualificato negli atti ufficiali « un modello di religiosità » ; tale giudicandolo, il buon prete Michele de Tommaso, (GO) intendeva certo, dire che il giovane aveva assorbito da quell’impareggiabile maestro il meglio della sua dottrina : cioè quella profonda religiosità che gli fu guida sicura durante tutta la vita anche quando negli ultimi anni egli s’era fatto un ardente anticlericale (Gl). Essa però, appunto (60) Nel certificato del prete Michele di Tomaso del 29 novembre 1822, egli, come prefetto delle scuole comunali di Porto Maurizio certifica che il Benza fu nel numero dei migliori alunni della classe. Il Di Tomaso, infatti, certifica che « reggendo egli la scuola di fìsica e di filosofia » il Benza « intervenne alla scuola dove studiò la Fisica, la Geometria e le altre parti della Filosofia e che vi si distinse per l’applicazione, assiduità ed impegno nello studio, non meno che per la sua esemplarità di costumi, e principi di religione, che perciò esso fu nel numero dei migliori della classe, e in molta stima fra i giovani del Collegio, essendo esso reputato come un modello di religiosità, moralità ed applicazione». (Dalle Carte universitarie, cit., al M. R. G.). (61) Appartengono agli ultimi anni della sua vita queste irose espressioni contro il clericalismo e contro ogni culto, che riproduciamo dai suoi Zibaldoni : « Io non so di Dio ciò che egli sia; so ciò ch’egli non è. So che non è nè irascibile, nè vendicativo, nè geloso, ne superbo, nè vanaglorioso, nè ingiusto, nè imbecille come le religioni lo hanno fatto a similitudine dell’uomo ».- « Io non posso amare, e perciò - XXXI - perchè tale, non escluderà che il giovane, il cui spirito era aperto alla coni prensione di ogni problema, non discutesse col-Vamico Mazzini anche di questioni religiose; e non è affatto impossibile che egli nutrito dei seri studi religiosi fatti nel collegio, e fermamente convinto della verità della fede, contribuisse non poco a trarre l’amico da quel suo desolato ateismo, combattendone i dubbi, discutendone le opinioni; ma sarebbe eccessivo affermare ch’egli, da solo, abbia avuto l’efficacia di convertire il materialista, nello strenuo idealista, quale fu poi sempre il Mazzini. Iscrittosi all’Università,, il Benza continuò a tenere una copiosa corrispondenza epistolare con l’antico Maestro, cui inviava i suoi scritti, dal Baccelli molto apprezzati (62). Durante gli anni dell’Università, (63) egli non ci appare mai come un non posso credere a un Dio che ha creato l’uomo, pur sajpendo che di mille ei salverebbe uno e mezzo e novecentonovantanove e più sarebbero dannati eternamente. Il libero arbitrio..... grazie del dono ! Ironia ! E la grazia senza cui..... (sic) o Dio ! come ti hanno conciato i teologi e anche i filosofi e tutti ! per voler decifrare con le proprie passioni e con i propri sentimenti. Dio è Dio, null’altro ». (Dalle Carte Benza conservate presso di me). (62) Dal carteggio tenuto dal Buccelli col Benza, che trovasi presso il Signor Carlo Anfossi Benza di Milano, che qui ringrazio per la sua cortesia d’avermene trasmessa copia, riproduco soltanto questi passi che più mi sembrano interessare l’oggetto delle mie ricerche. Da Carcare il 9 luglio del ’26 il Buccelli scriveva al suo antico allievo : « Ho letto con piacere le ultime vostre osservazioni amichevoli sul periodico. Non mi dispiace (sebbene mi dispiaccia) il vostro consiglio di sopprimere il sonetto; oiò non pertanto la postilla mia vorrei mi diceste se l’approviate, e se lascereste così andare il sonetto........ Il Dellavalle ha scritto contro Spotorno per contrastare e sembra vittoriosamente». — Il 2 febbraio del 1830 ancora da Carcare, in una lunga lettera fra l’altro scrive al suo « Benza carissimo : Ancora ho veduto con piacere l’articolo vostro, dal quale eziandio alcun utile si può ritrarre, come voi dite. Ma poiché voi mi chiamate qui a esporvi il mio senso circa il vostro stile, io dirò (poiché volete) che meglio mi piacete allorquando scrivete di vostro, che non quando semplicemente traducete. Una prova mi fornite di ciò neH’articolo medesimo da voi prodotto, dove, a mio credere, vale più quel piccolo preambolo che avete posto in testa di vostro che non forse l’intera traduzione..... Circa me, (poiché ne chiedete) mi trovo all’usato ed a voi noto; ed è, con li consueti miei incomodi. Il Signore concedemi di occuparmi ancora alquanto più ohe non sembra comportarlo quelli, e il poco mio scrivere è diviso fra la Gioventù e la Religione. Sul finire di questo anno ho dato fuori in Torino di mie cose, tre cosette, delle quali l’una è per gli alunni di belle lettere; le due altre sono sacre a’ fanciulletti miei; di tutte tre, per mia memoria, ne avrete esemplare... ». (Dalle Carte Benza presso Carlo Anfossi Benza, cit.). (63) 11 Benza si laureò in giurisprudenza nell’aprile del 1828 e il 30 dello stesso mese così lo annunciava alla madre « .... mi affretto a darle la grata notizia della fine de’ miei studi (universitari, perchè anzi ora comincia per me il vero studio). Lunedì scorso, al dopo pranzo, subito l’esame pubblico a pieni voti, fui decorato dell’anello d’oro, insomma fui proclamato avvocato. Ora finalmente ho scosso il giogo di una giurisdizione ormai troppo pesante : comincerò fin da domani la pratica all’ufficio de’ poveri, per esser quanto, più tosto in stato di poter soccorrer la famiglia, se la sorte vorrà secondarmi. Perchè l’avvenire anche degli avvocati che paiono i meno soggetti alla sorte poggiando la loro professione sulla base solida e facile a conoscersi dell’abilità, è pure in mano del destino per la maggior parte... ». (Dalle Carte Bonza presso Carlo Anfossi Benza, cit.). - XXXil - giovano (( spericolato », nessuna traccia di punizioni a suo carico; le testimonianze degli amici ce lo dipingono concordi come il più serio ed il più equilibrato fra quanti starano intorno al Mazzini (G4). Il Buccelli aveva lasciato a come un de’ ricordi che gli diede al suo uscir di collegio)) che «ogn’uomo desse quel po’ di bene che può operare in sua vita primieramente al suo paese »’ e il consiglio e l’incitamento accompagnarono il giovane come un viatico all’entrare nella vita (65). Quanta maturità di pensiero e quanto ardore fosse in lui già in questo tem,po, dice chiaramente questa pagina, ancora inedita, (66) scritta assai probabilmente in questi anni, la quale è un saggio dell’altezza d'ingegno del giovane Benza. « Che l’Italia sia stata la maestra delle presenti nazioni, nè gli stranieri stessi osano contenderlo. Che la presente civiltà sia d’origine italiana, è un fatto storico, è una conseguenza del fatto primo. Non per vanagloria io rammemoro agli Italiani questi lor vanti : la gloria è personale, nè si trasmette per successione come un’eredità; bensì debbono i figli conservare viva la memoria e incontaminata dall’invidia straniera. E a noi un siffatto deposito, più che a nessun popolo della terra, fu affidato dagli avi nostri ricco e bello. Se sia stato sempre da noi custodito vigilmente e intero, più d’un furto impunemente fattoci, la mancanza tuttavia di tante parti essenziali della storia italiana, e più di tutto la presente infelicissima condizione d’Italia lo attestano. Ma questa nostra non lieve colpa non fu che l’effetto necessario d’una colpa maggiore. Ohi cessò di precorrere a tutte le nazioni sulla via dell’incivilimento, chi sminuì di corso e si soffermò anche a mezzo dell’arringo, chi retrocedette talvolta più d’un passo, poteva apprezzare abbastanza il nobile ardore con (64) Agostino Ruffini, scrivendo alla madre il 13 novembre 1842 ne fa il seguente ritratto : « Avrai qualche visita dell’ottimo Elia, secondo a nessuno per cuore, superiore a tutti per mente. Gli altri amici tuoi sono brava gente, ma irrequieti, appassionati, come chi non ha trovato ancora il centro della propria gravità. Elia è equilibrato : in lui costante preponderanza della Ragione, cosa del Cielo, 6ugli impeti generosi spesso, più spesso ciechi, del cuore, cosa della terra; egli è calmo, sobrio di parole, senza i fuochi fatui dell’entusiasmo : questi sono i caratteri della saggezza e della virtù. E a che gioverebbero queste sorelle siamesi, se non c’ingegnassimo d accettar la vita in qualunque crocicchio di circostanze come un benefìzio, come una gloria, a professare con gli atti nostri un culto alla Ragiono, unico idolo che non sia vuoto dal di dentro, ad essere solennemente o temperatamente calmi così nell’avversa come nella buona fortuna? Giovinetto, posseduto da un’influenza cieca, indomabile, incorreggibile, funesta, turbinante come le arene del deserto, io non avevo inteso in Italia 1 intelletto e il carattere idi Elia. Cogli anni l’uomo interiore manifestandosi alla mia mente, contornandomisi all’occhio intellettuale il Saggio Ideale e riandando la, mia vita a vedere se mi fossi abbattuto in caratteri personificanti parte di quel' l’idealità, primo sempre m’occorse Elia». (C. Cagnacci, G. Mazzini e i Fratelli Ruffini, cit., pag. 275-276). (65) Cfr. il cenno necrologico sul Buccelli dettato dal Benza per le Letture di Famiglia, cit. (66) L’originale è conservato fra le Carte Bensa presso di mo. — XXXIII - cui i suoi avi si slanciarono primi nella carriera ? poteva emularli ? Primo mezzo di progredire efficacemente nella via della civilizzazione è ir sentimento della propria dignità, dei propri diritti: nè altrimenti gl’italiani del medio evo giunsero a porre la prima pietra del grande edificio dell’incivilimento europeo. Qual forza di coscienza poteva nella magnanima impresa avvalorare l’animo e il braccio de’ nipoti degeneri di tanto dall’avita, virtù ? E’ noto il detto sapientissimo d’Omero, che la servitù dimezza l’uomo. Se gli italiani ridiverranno mai uomini interi, cioè liberi; allora i primogeniti della famiglia europea ripiglieranno nel concorde cammino quel posto, a cui pare che Iddio li destinasse creandoli; allora la gloria degli avi nostri non sarà un inverecondo vanto per velare impudentemente la nostra vergogna, allora con una nobile partecipazione sarà fatta veracemente nostra. Sino a che il dì non venga — La gloria aitimi splende a mostrarci obbietti. 0 Italiani! — la nostra patria fu potente e bella di commercio, d’impero, di scienze, d’agi e d’abbellimenti, quando le altre nazioni gemevano ancora nelle barbarie, nell’ignoranza e nella povertà. Ed ora... chi parla di noi se non come d’iloti ? Perchè ? Questa questione io propongo alla meditazione di coloro che la schia-virtù non ha ancora automizzati: questa questione racchiude, parmi, la soluzione del problema delle nostre felicità e della nostra gloria, della nostra miseria e del nostro avvilimento. Avvilimento ! E’ questa la parola caratteristica delle nostre presenti condizioni — nè giova dissimularlo, come le femmine e i fanciulli che in faccia ad un pericolo imminente chiudono gli occhi o strepitano di disperazione, invece d’affrontarlo animosi e tentar di vincerlo, quando non v’è modo di fuggirlo. L’avvilimento nostro, per Dio, mi par cosa viva, vera e palpabile : a che giova dunque il dissimularlo, e schiamazzar tanto allo straniero, che a piene mani ve ne getta sul viso il rimprovero, come la donna di bordello che non vuole essere chiamata col suo nome ? La vergine ad un tal nome arrossisce di verecondo pudore e di nobile sdegno, non ischiamazza sfacciatamente. ■Sta bene, che all’insulto straniero opponghiate con patrio orgoglio i vanti antichi, i vostri monumenti, i vostri Grandi; ma voler coprire col loro manto le vostre vergogne, rammenta troppo il noto apologo della cornacchia. Nè vedo che vi giovi, quand’anche valesse a celarle; perchè un male nascosto non è men doloroso, ed è più mortale. Meglio varrebbe tutte a nudo contemplar le ferite, onde geme l’Italia, quanto profonde sono, miserande e deturpatrici di quella floridezza e beltà, di che la dotò natura con sì larga mano: e se stilla vi rimane dell’italico sangue, accendersi di vergogna e porre mano e vita a riconquistarle salvezza e onore. Ostano i fati ? Troppo spesso vi ho udito lamentare e imprecare ai destini d’Italia; ma che cosa siano questi destini, che vogliono misera e serva una patria che fu già grande come nessun’altra lo fu mai, e che ha ancora lo stesso cielo e la stessa terra, le stesse sue mille città e gli stessi milioni di abitatori, non so. So che di repubblicana divenne imperiale, parteggiando e l’impero spense le virtù patrie, spegnendo la - XXXIV - patria, e i barbari si gettarono su lei, e la vinsero e la divisero, quando gli abitatori suoi non avevano più patria da difendere. So che quando fu vinta e divisa, imbarbarì anch’essa.... ». Troviamo già qui evidentissima l'influenza, se non l'imitazione foscoliana. Intorno al li e n za si raggruppavano parecchi giovani di Porto Maurizio che andati a Genova per seguire gli studi universitari, avevano potuto conoscere ed amare Mazzini. Tra costoro merita una menzione speciale Napoleone Ferrari (67). Le famiglie Bensa e Ferrari erano strette d'intima amicizia, che diverrà più tardi parentela; tanto che fu il padre del Benza a tener a battesimo Napoleone nato nel 1802, cioè nell’anno stesso della nascita di Giuseppe Elia. Lo aveva prece* duto alVUniversità di Genova suo fratello Leonardo. (68) che, troncati gli studi, era corso a combattere in ISpagna col Pacchiarotti, (G9) cercando in terra straniera quella gloria delle armi che in Italia non si poteva acquistare. Al Pacchiarotti appunto ed ai suoi prodi compagni il giovane Mazzini indirizzava un’ode, della quale solo un frammento è rimasto in uno degli Zibaldoni (70). Napoleone Ferrari, percorsi gli studi secondari in patria, nel 1825 s’iscrisse alVUniversità di Genova alla Fatti) Naipoleone Ferrari era nato a Porto Maurizio il 2 luglio 1802 da Nicolò e da Angela Rambaldi. Fu tenuto a battesimo da Vincenza, sua sorella e da G. B. Benza, padre di Giuseppe Elia. Fece gli studi secondari in patria « dove si distinse sommamente tra i suoi eguali per la applicazione e la sua assiduità e quindi per i suoi progressi, ciò che gli meritò di essere prescelto per presiedere al Circolo o disputa di filosofia che si fa ogni settimana in dette scuole. Sicché si attirò la stima generale di tutti i suoi compagni, come l’aveva meritata in altre classi inferiori di detto Collegio ». — Uno dei suoi insegnanti lo definisce: « Giovane dotato di ottimi costumi, e di sanissima morale e di soda religione », assiduo alle pratiche religiose e alla Congregazione per cui ne fu nominato Prefetto : « vero esemplare di studio e di pietà a tutti gli allievi ». t— Dopo la morte del padre egli si portò in Genova per terminare gli studi. Il 12 febbraio 1825 il Consiglio Comunale rilascia il certificato prescritto dai Regolamenti per essere ammesso all’università. Si rileva da esso che la famiglia era « composta della vedova, di sette figli maschi... di cinque figlie, tre delle quali maritate, una monaca in S. Remo e la quinta nubile ». Il padre risultava di condizione proprietario. In data 19 novembre 1824 la Polizia dichiara che « nulla risulta a carico del Sig. Ferrari Napoleone fu Nicolò, nato e domiciliato a Porto Maurizio, d anni 22, studente in medicina nè appare tampoco che abbia preso parte alcuna negli avvenimenti politici del mese di marzo 1821 ». Nel 1825 è ammesso all’Università di Genova e nel giugno del 1830 prende l’esame privato e pubblico di laurea. Nel giugno 1831 dopo un anno di pratica all’ospedale subisce l’esame di pratica e in data 1° luglio 1831 la R. Deputazione gli concede il libero esercizio. (Documenti Universitari in M. R. G.). (68) Leonardo Ferrari s’era iscritto all’Università di Genova il 15 luglio 1818 (Documenti Scolastici cit., n. 13). (69) G. Faldella, Giuseppe Mazzini e i Fratelli Ruffini, cit., pag. 447. (70) Pubblicato in Mannucci : G. Mazzini e la prima fase ecc., cit., p. 61. Il Pacchia-rotti condannato a morte nel ’21 s’era portato in Ispagna dove cadde combattendo nel 23. I versi del Mazzini furono probabilmente scritti all’annuncio della morte del Paochiarotti e quindi nei primi tempi della sua amicizia col Benza e col Ferrari. — XXXV - coltà di Medicina, donde uscì laureato nel 1830. Di « natura dolce c simpatica, » (71) temperava il suo vivo amore per le idealità mazziniane con lina fredda prudenza, (72) tanto che, pur impegnato, come vedremo, sia nella « Giovine Italia» che in imprese assai arrischiate anche dopo il ’48, seppe sempre eludere ogni sospetto della polizia e vivere indisturbato a Genova, dapprima consigliere fido della madre di Mazzini, sino alla morte di lei, poi fidatissimo agente di Giuseppe in Genova. Un ricordo vivo' della, sua giovinezza ce lo avrebbe conservato il Rujfini nel « Lorenzo Bottoni », dove lo avrebbe adombrato nella figura di Alfredo (73). Insieme col Ferrari e col Bonza il Mazzini cita spesso, tra gli amici dell’Università, Andrea, Fabre, (74) che ritiratosi dopo la laurea a Porto Maurizio, era diventato piato emissario della « Giovine Italia » insieme coi Tito Rubando (75) e con Luigi Romboidi (76) entrambi di Porto Maurizio, i quali saranno nella (71) « La natura dolce e simpatica di Alfredo quadra a puntino colla natura dolce e simpatica del Dott. N. F., che voi conoscete, uno dei pochi che prendesse parte attiva ai lavori della Giovine Italia e non venisse molestato dal Governo nel ’33 » così Federico Campanella nel suo articolo cit. nell’Italia e Popolo del ’55. (72) « Sempre bello e sempre freddo come la neve alpina. Dio lo conservi nella felice sua calma, che mi eccita qualche volta la bile, a mio grandissimo vantaggio ». Così Eleonora Buffimi scrivendo al Benza nel ’40. (Cfr. A. Lazzari: Lettere di E. Ru 1 lini a G. ®. Benza in « Rassegna Storica del Risorgimento », anno III, fase. V, VI, pag. 40 dell’estratto). (73) Generalmente nell’Alfredo si è ravvisato Federico Rosazza. Ma la testimonianza del Campanella — vedi sopra nota 71 — ha per noi un valore decisivo, non solo perchè il Campanella fu intimissimo del Ferrari, ma anche perchè l’articolo suo comparve in un giornale — L’Italia e Popolo — del quale il Ferrari era condirettore. Il consiglio di Direzione del giornale era infatti composto dal Ferrari, dal Remorino, dal Daneri, da Luigi Stallo e da Alberto Mario che ne era il segretario. (Cfr. Constituto Alberto Mario - Processi del ’57 in data 25 agosto - M. R. G.). (74) Andrea Fabre era nato in Porto Maurizio da Giacomo ed Arcangela Bruno il 14 gennaio 1804. Avea anch’egli fatto i primi studi presso il padre Vincenzo Guasco delle Scuole Pie a Porto Maurizio, ed ivi lo definirono « iuvenem praeterea praeditum mira dooilitate et pietate; ideoque inter primos emicuisse». Nel dicembre del ’20 subisce l’esame di magistero presso l'Università di Genova « per intraprendere la carriera della giurisprudenza ». Dai documenti ch’egli presenta risulta non avgre egli preso parte ai moti del ’21 mentre il fratello Francesco, nato a Porto Maurizio il 25 ottobre ’98, studente nel ’21 del secondo anno di legge, era stato escluso dal proseguire gli studi per aver partecipato ai moti. Andrea Fabre si laureò in legge il 4 febbraio 1828. (Documenti Scolastici in A. V. G.). (75) Tito Rubando era nato a Porto Maurizio l’8 agosto 1807 da Antonio e Laura Corradi. Aveva percorso gli studi secondari presso il Reale Collegio di Oneglia e s’era portato a Genova nel ’26, dove aveva subito l’esame di magistero presso l’Università il 27 novembre. L’ultimo anno scolastico aveva ottenuto di studiare in Porto Maurizio « sotto la direzione del Sig. Avv. Giuseppe Benza » e s’era poi laureato in legge nel luglio del ’32. (Documenti Scolastici in A. U. G.). (76) Luigi Rambaldi, compagno di studi del Rubando, era nato anch’egli a Porto Maurizio il 14 agosto 1809 da Angelo e Anna Mazza. Dopo aver compiuto gli studi nel Collegio dei Padri Barnabiti di Final Marina s'era portato a Genova e nel ’27 aveva subito l’esame di magistero presso la R. Università. S’era laureato in legge nel dicembre del ’32. (Documenti scolastici A. U. G.). - XXXVI - riviera di Ponente gli nomini su cui Mazzini conterà più sicuramente per la sua azione politica. D’importanza ben maggiore per la storia del movimento mazziniano è la figura di un altro giovane pur della riviera di ponente, intimo del Mazzini <’ del Benza, e al quale noi non possiamo che accennare rapidamente: G. B. Cuneo (77). Nato ad Oneglia di famiglia popolana nel 1809, dopo aver fatto in patria gli studi secondari, era andato a Genova per studiarvi nautica, èli era poi dato alla navigazione quale pilota; e più tardi servì di tramite al Mazzini per diffondere i principi della « Giovine Italia)). IV nolo come sia stato lui ad iniziare Garibaldi a questa società a Taganrog; (78) e quale preziosa opera abbia svolto a Montevideo dapprima come segretario di Garibaldi, poi come direttore di vari giornali (79). Un altro di questi giovani, Vincenzo Goglioso, (80) nato a Civezza presso Porto Maurizio e compromesso per l’organizzazione dell’insurrezione della Riviera di Ponente dovrà poi nel ’34 interrompere gli studi e prendere la via dell’esilio. Oltre il gruppo dei giovani di Porto Maurizio, capitanati dal Benza, sono da ricordare altri giovani genovesi, i quali anche se men preparati, intellettualmente, di quel che non lo fossero il Benza e Jacopo Ruffini, lasciarono più tardi un’orma profonda nella storia : voglio dire Giovanni Ruffini, il cui nome (77) G. B. Cuneo era nato ad Oneglia il 9 novembre 1809. Fatti i primi studi in patria egli si iportò a Genova dove si strinse in intima amicizia col Mazzini e coi Ruffini. Egli verrà compromesso nei moti del '33 e dovrà prendere la via dell’esilio. (78) Di questa sua iniziazione alla Giovine Italia così Garibaldi nelle sue Memorie : « Certo non provò Colombo tanta soddisfazione alla scoperta d’America » (Memorie, Firenze, 1888, pag. 14). (79) A Montevideo egli fondò il giornale Vitaliano e rappresentò in Montevideo il punto di riferimento per tutta l’emigrazione politica italiana di quegli anni. Da Monte-video egli si fece il corrispondente attivo e prezioso del Mazzini (Scritti, Epist., Ed. Naz., XV, 221; XY, 236 e passim). <— Nel ’48 fu deputato al III Collegio di Genova. Nel '50 scrisse una biografia di Garibaldi e fu uno dei più zelanti propugnatori delle idee mazziniane. Fu nel '62 alla direzione dei Comitati di provvedimento per Roma e Venezia e quindi evolse la sua attività all’organizzazione del movimento operaio d’ispirazione mazziniana. Morì a Firenze nel 1875. (80) Vincenzo Goglioso era nato a Civezza il 9 aprile 1808. S’era portato a Genova ed aveva chiesto il 23 novembre del ’29 di subire l’esame di magistero per poter iniziare lo studio della Chimica contemporaneamente allo studio di medicina. In data 8 giugno 31 si conserva una sua supplica « per ottenere la restituzione in tempo a fare la sua dichiarazione pel proseguimento del corso de’ suoi studi ». (Documenti Scolastici A. U. G.). — Non risulta ch’egli si laureasse in Genova essendo fuggito dopo il tentativo del febbraio ’34, come avremo occasione di vedere. Rifugiatosi più tardi a Montpellier egli rimarrà sempre in contatto col Mazzini come risulta dal-1 Epist. e dal Protocollo della Giovine Italia, passim. Egli veniva fin dal ’33 notato dalla polizia genovese come un « sansimoniano esaltato ». (Cfr. Luzio: Mazzini carbonaro, cit., pag. 472). — XXXVIJ - (filale romanziere non è dimenticato nè in Italia, nè in Inghilterra, e Federico Campanella, che sarà poi strenuo campione della democrazìa in Italia, ed uno dei pionieri del movimento operaio italiano. Giovanni Raffini, nato a Genova il 22 Settembre 1807, (81) aveva trascorso, come i fratelli maggiori, i primi anni a Tag- ii ìa, e quindi proseguito gli studi nel Collegio Reale di Genova, distinguendosi per la vivace e profonda intelligenza. Nei primi capitoli del « Lorenzo Benoni » ci ha lasciato, degli anni del Collegio, una viva rappresentazione. « Per quanto ripugni alla mia modestia — egli narra — il dovere di storico verace mi costringe a dire che il mio nome era autorevolissimo tra i miei compagni. iSempre il primo della classe, avevo raccolto nella mia umile persona tre medaglie d’onore, nell’Eloquenza, nella Poesia e nella Geometria, cosa forse senza esempio negli annali del Collegio. Questo mi conciliava molto rispetto e considerazione, non solo da parte dei compagni miei di camerata, ma anche di tutta la comunità. I maestri mi erano larghi di lodi e mi additavano agli altri come un bell’esempio, specialmente il maestro di Poesia, che nella semplicità del suo cuore vedeva in me, per usare la sua classica espressione « il futuro restauratore del Parnaso italiano » (82). Dobbiamo credere che il Ruffini, dipingendo con tanta vivezza i trionfi della sua adolescenza abbia assolto in questa parte del suo romanzo oltre che ai doveri di romanziere, anche a quelli di storico? Parrebbe di sì per quanto riguarda i suoi trionfi letterari (83), anche se non si può dire lo stesso per la descrizione della sua vita universitaria. Iscrittosi all’ Università V 13 Febbraio 1822, per compiere il biennio di filosofia, dovette seguire i corsi in casa (81) Nelle sue oarte universitarie rintracciamo l’estratto del suo atto di nascita dal quale risulta « Anno domini 1807. Die 23 Septembris. Joannes Dominicus Septimius fil. D. Bernardi Ruffino q. D. Vincentio et D. Eleonora« Curio D. Ottavii Coniug. natus et liodie a me Praeposito baptizatus est......... (82) Lorenzo Benoni, Ediz. Rigutioi, pag. 51. (83) Nel « Trattenimento poetico dei signori Convittori del Collegio Reale » del 1820 Giovanni Ruffini risulta premiato nella classe di poesia per " una canzone italiana composta e reoitata Sopra l’Europa ». Nel cap. XII del Lorenzo Benoni egli racconta che nel ’22 il suo « Inno alla Provvidenza » in versi sciolti, deolamato con molt’anima, fu accolto con grandi applausi » ed ebbe il premio. Questo episodio di vita studentesca appare esatto. Nelle premiazioni del 1822 troviamo infatti ricordato Giovanni Ruffini premiato per un « Inno alla Provvidenza ». (Cfr. Trattenimenti poetici ecc., cit.). — XXXV11I - dei singoli professori, essendo ancora chiusa l'Università per i moti politici dell’anno precedente (84). Anch'egli presenta i documenti comprovanti di non aver preso parte ai disordini e di avere osservato i doveri religiosi (85). Approvato con lode alVesame di magistero PII dicembre del ’23, pure con lode otteneva il diploma di baccelliere il 29 novembre ’2G. Ma prima di conseguire il Baccellierato, aveva avuto agio di farsi notare per quella vivacità ed irrequietezza della quale aveva già dato saggio nel Collegio Reale. Il nome di Giovanni Raffini è unito spesso nei documenti, a quello di Federico Campanella ; quindi daremo qualche cenno anche della vita universitaria di costui, che doveva militare poi tanto fedelmente nelle file mazziniane, e sul quale manca ancora anche il più modesto studio biografico. Il Campanella nacque a Genova il 10 luglio 1804 da Sebastiano e Benedetta Tassava, (86) e si iscrisse alWDiversità contemporaneamente a Giovanni Raffini. Frequente) il primo anno di filosofia al Seminario Arcivescovile, dove anch’egli si distinse per certi componimenti poetici (87). All’Università subì, una settimana prima del Ruffmi, l’esame di Magistero per essere ammesso alla Facoltà di legge, e diventò baccelliere il 30 maggio 1825 (88). Sin dal primo anno d’Università fa palese il suo spirito ribelle. Egli infatti osò mettere in dubbio, conversando con amici, nientemeno che l’autenticità e la veridicità dei libri santi, giungendo a dimostrare «disprezzo intorno alle pratiche ecclesiastiche » (89). La punizione che ne seguì consistette in un mese di sospensione dall’Università ed in una paternale del (84) Admittatur speciale per proseguire gli studi nell’anno scolastico 1821-22 a tenore del manifesto deH’Ecc.ma Deputazione agli 6tudi del '19 Dicembre 1821 ». (Gir. Documenti Scolastici cit.). L’admittatur è firmato dai Professori di Eloquenza, Geometria, Logica e Metafisica. Il Ruffini compì dunque il biennio di filosofia all’Uni-versità e non al Seminario come apparirebbe dal Lorenzo Benoni (Ed. cit., pag. 154). (85) Documenti Universitari cit. (86) Dai documenti presentati alla segreteria dell’Università risulta che al 5 dicembre del 1823 la famiglia Campanella era composta oltre che dai genitori da due figli e cinque figlie, tre maritate e le altre nubili. La famiglia era agiata : la moglie aveva portato in dote L. 4000 di Genova e il capo famiglia di professione mediatore denunciava un capitale di L. 30.000. (Documenti Scolastici Campanella, ibidem). (87) Nell opuscolo pubblicato nel ’21 : « La Religione e le Lettere, trattenimento accademico per conchiusione dell’anno scolastico 1821 nel Seminario Arcivescovile di Genova in occasione della solenne distribuzione de’ premi fata dall’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Arcivescovo Luigi Lambruschini » (Genova, Stamperia Arcivescovile) ritroviamo « nell ordine della recita e notizia dei componimenti » che Federico Campanella si presentò con uno «scherzo».: «La Religione e le Lettere» e con un'ode : « Le lettere vendicate ». (88) Documenti Universitari Campanella, ibidem. (89) Rapporto del Prefetto agli Studi Gerolamo Bertora in data 6 marzo In Documenti Universitari cit. - XXXIX - signor Vicario Generale. Ma castigo e predicozzo dovettero a-vere ben poca efficacia, sul ribelle, s’egli poco dopo ebbe rinnovata la stessa pena per la stessa colpa. Risulta infatti dai documenti universitari che il Campanella con Giovanni Ruffini e con certo Pietro Guindani non soltanto s’erano permessi « di disturbare Verdine e la disciplina, degli studenti nella smola di fìsica, chiamando fuori della scuola medesima altri collcghi al mentito nome del prefetto » (per la qual cosa, insieme coi compagni, aveva avuto un mese di sospensione dalle lezioni) (00) ; ma che ancora (( s’era permesso di avanzare delle massime contrarie alla Religione ed alVautenticità dei libri Santi » (91). Così quando, scaduto il termine dell’espiazione, egli presentò coi compagni il ricorso per essere riammesso, si sentì rispondere che la sospensione era per lui rimandata sine! die (92). Ed assai amara gli dovette essere la supplica presentata alla Eccellentissima Deputazione, con la quale umilmente pregava « le E. E. L. L. a non voler interpretare in mala parte dette questioni, protestando aver ciò fatto accademicamente per solo esercizio d’argomentazione e non già per non essere persuaso delle verità sante insegnate ne’ sacri libri, delle quali si protesta umile e sincero credente » (93). Nè la Deputazione incrudelì contro di lui. Anzi la figura del Signor Molini del Lorenzo Benoni «.un raro composto di scimmia e di iena » (94) che deve identificarsi col prof. G. B. Molini, il quale era appunto «Veterno commissario di mese)), esce riabilitata da questi documenti. Egli infatti fece risultare dall’inchiesta « che le proposizioni, poco giuste proferite dal Signor Campanella in fatto di religione, erano state dette non già con animo pertinace di sostenerle e di crederle, ma sola mente per esercizio di questione ; e quindi « avuto riguardo a tale circostanza, il Deputato era in sentimento, quando l’Ecc. Deput. stimasse vere le cose contenute nel secondo rapporto, che il detto Signor Campanella potesse essere riammesso alla scuola, alla condizione che dovesse (90) Registro delle deliberazioni, n. 5, 18 febbraio 1824, in Docuni. Universitari, cit. (91) Registro delle deliberazioni, n. 5, 11 marzo 1824, ibidem. (92) Registro delle deliberazioni, n. 5, 18 marzo 1824, ibidem. (93) Documenti Universitari Campanella, cit. (94) Lorenzo Benoni, ediz. cit., pag. 223. Il Molini morì nel ’31. Vedasi la sua necrologia in «Gazzetta di Genova» del 5 marzo 1831. - XL - precedere una ammonizione )). Accettata la relazione del Molini, il Campanella fu riammesso alle lezioni (95). Abbiamo accennato alla figura del Merlini del Lorenzo Benoni, descrittaci con tanta evidenza dal Raffini, là dove il protagonista del romanzo viene punito per mia mancanza non commessa. Come al solito anche in questa parte del romanzo esiste un fondo di verità, sul quale poi l’artista ricamerà con la sua fantasia. L’avventura raccontata risulta formata di elementi presi da tre disavventure universitarie. E’ infatti esatto che egli, durante il secondo anno di università, e cioè nel ’24,, venisse sospeso dalle lezioni per la sua indisciplinatezza, (96) come s’è già visto; ma la data del mese di giugno in cui tale punizione sarebbe stata inflitta e la causa della punizione stessa, come risulta dal romanzo, appartengono ad, un’altra sua disavventura del ’26. Tralasciamo di ricordare come anche egli fece, la punizione subita nel 1° anno, il 30 giugno del ’23, perchè insieme con un suo compagno s’era permesso in tempo di lezione a delle indecenze alquanto libere))', per la qual cosa egli ebbe « l’interdizione alle scuole d’Università » che durò fino al 4 settembre, fino a quando cioè dall’inchièsta fatta dal Deputato all’Insegnamento, che era, il Molini, non risultò che il fatto imputatogli era, sì, accaduto, ma «più per una irriflessione che per decisa malizia)) (97). E veniamo alla punizione del ’26, dovuta alle cause stesse descritte dal romanziere. <( Gli studenti — racconta il Ruffini nel Lorenzo Benoni — accolsero malvolentieri il ristabilimento della Congregazione. Sulle prime avvenne anche qualche leggero disordine che spiegava abbastanza bene il generale malcontento. Talora tutta la Congregazione pareva muta e nessuno rispondeva, tal altra dava in un tale scoppio di voci da farne tremar le finestre, come se fosse avvenuto lo sparo di un cannone. Altre volte durante la predica un insulto universale di tosse e di starnuti veniva a soffocare la voce del predicatore. In verità le funzioni non finivano mai, e si facevano due volte al giorno, la mattina e la sera » (98). Le carte universitarie, ci confermano, nel loro stile burocratico Vesattezza, del racconto del Ruffini. Si rileva infatti nei rapporti del Prefetto degli Studenti che non solo « il contegno di molti di essi nella: Congregazione maggiore è riuscito di, pocai (95) Registro delle deliberazioni, n. 5, 6 maggio 1824. (96) Lorenzo Benoni, ed. cit., pag. 153. (97) Documenti scolastici presso il M. E. G., cartella n. 7. (98) Lorenzo Benoni, ed. cit., pag. 151. - XLI - soddisfazione c che fra le altre cose degli affettati scoppi di risa hanno unito luogo senza che motivo sufficiente vi abbia dato occasione » ; ina che uno studente « alla presenza di molti suoi condiscepoli in istrada ebbe l’ardire di lacerare VTJffizio della Beata Vergine » e che «la condotta dello studente Federico ( ampanella... ha dato luogo ad una indecente irruzione di molti studenti nel rastello situato nel portico, all’oggetto di custodire i paracqua ed i bastoni » (99). Dal rapporto non risulta che Giovanni Ruffini avesse direttamente partecipato a questi atti d'indisciplina ; ma egli fu punito ugualmente, probabilmente per la condotta tenuta precedentemente, insieme con Federico Campanella, con due mesi « d’interdizione dalla scuola e dall'accesso al Palazzo dell’Università ». Il Ruffini narrò nel suo romanzo questo piccolo episodio di vita studentesca in tutti i suoi, particolari, e cercò di metterne in rilievo Vimportanza. La narrazione di esso si prestava a chiarire non soltanto lo stato d’animo degli studenti; ma anche l’ambiente in cui cresceva la nuova generazione. Il romanziere, iniziando il suo racconto con la considerazione che « l’ingiustizia e l’oppressione generano lo spirito di rivolta » mette in rilievo come esso non si, limitasse ad una, ribellione scolastica, ma, ciò che ben altrimenti era grave ed importante, venisse preparando gli animi ad una, ribellione di carattere politico. « Mettiamo che voi riusciste a tagliare le teste di tutta quanta la Giunta — esclama la zio Giovanni nel romanzo — (in questa figura è adombrato Andrea Gambini, il vecchio amico di casa Mazzini e Ruffini) avreste fatto un ibel niente. Nuovi Merlini sorgerebbero ad occupare i loro posti; Merlini e compagni sono i frutti dell’albero, mio caro ragazzo: il male è alla radice ». (100). Tale convinzione veniva radicandosi nell’animo dei giovani, e le famiglie dei vecchi genovesi che serbavano ancora nel cuore l’amore e l’orgoglio della spenta libertà repubblicana, anziché cercare di spegnerle venivano sempre più rafforzando le aspirazioni dei giovani anelanti a libertà. Ne abbiamo la prova in un altro episodio studentesco, che si ricollega a quello testé narrato. (99) Rapporto del Deputato all’insegnamento alla R. Deputazione agli Studi in data 31 maggio 1826 in Documenti Scolastici presso M. R. G. (100) Lorenzo Benoni, cap. XIX, pag. 162. — XLJI - Le punizioni cui abbiamo accennato erano state rigorose soprattutto perchè in quegli stessi giorni era «stata decretata la sortita dell’Università compresi gli studenti di tutte le facoltà pel conseguimento delle indulgenze del Giubileo » ; e gli studenti avevano fatto sapere, per mezzo di una lettera anonima, clic non avrebbero partecipato, o, se. costretti, avrebbero « prodotto dei disturbi ». Di qui, secondo la relazione del Deputato agli studi, la necessità di un esemplare rigore nelle punizioni per far rinsavire i giovani male intenzionati, i quali a-vevano osato annunziare alla Deputazione un temporale che vedevano « con dispiacere addensarsi » ; protestavano contro di essa, che voleva « violentare soverchiamente le coscienze » e minacciavano gravi conseguenze per la imposta processione. La lettera anonima (101) di cui si è conservato l’originale, ci rileva un particolare significativo ed, assai interessante; essa, essendo stata scritta, quasi certamente, dalla madre dei Ruf-fini, ci conferma — se ce ne fosse bisogno — quanto la «madre santa » fosse solidale coi suoi figli e cogli amici dei figli nella ribellione agli ordini vessa,tori del regime costituito. Della provenienza della lettera dubitò allora la Deputazione degli studi, che la fece esaminare da periti calligrafi, i quali, sotto «il vincolo del giuramento e del segreto)) dichiararono non essere fondato tale sospetto. Ma. per alcuni, almeno dei componenti la Deputazione il sospefto permaneva, poiché, non soddisfatti della perizia, incaricarono il Deputato alla Disciplina « acciò facesse eseguire» ex officio «un’altra segreta verificazione)). Non risulta che la nuova inchiesta, modificasse le conclusioni della prima, nè che il temporale minacciato avesse poi a scoppiare. Anzi la Deputazione, compiuta la visita, si dichiarava « sommamente soddisfatta del religioso contegno serbato dai signori studenti della Regia Università »; e manifestava al Prefetto e ai Direttori delle Congregazioni « la più distinta sua approvazione incaricandoli di partecipare ai medesimi signori studenti questo stesso sentimento, unitamente alla più costante sua disposizione di promuovere all’occasione ogni loro vantaggio » (102). (101) La lettera, che c’è stata conservata porta la data di Genova 23 maggio 1826 I documenti che si riferiscono a quest’episodio si conservano nei Documenti Universitari presso M. R. G. (102) Deliberazione della R. Deputazione in data 8 giugno 1826. In Documenti Scolastici presso M. R. G. n. 38, pag. 227. Il giorno precedente la « Gazzetta di Genova » ne dava la notizia con questo comunicato d’ispirazione eividentemente ufficiale : » Lunedì — XLIJI — L’edificazione degli studenti infatti dovette essere somma; noi sappiamkt clic alla visita era preceduto « un breve esercizio spirituale delle due Congregazioni » ; e che inquadrati a due a due tanto gli studenti che i professori « con le rispettive loro toghe », in processione avevano percorso tutta la città. E dopo la processione non, erano mancate « le esortazioni spirituali, le confessioni e le comunioni » ed era stato anche provveduto « un numero sufficiente di libretti contenenti le sacre preci » elie dovevano essere distribuiti a tutti gli studenti (103). Parteciparono a questa processione il Mazzini, Giovanni Raffini e Federico Campanella ? Secondo la testimonianza di quest’ultimo, il Mazzini non vi sarebbe andato, avendo ottenuto per quel giorno, per mezzo del padre, «un certificalo di così grave malattia, che i professori, pronti a intenerirsi a tempo e luogo secondo le circostanze e le persone, compiansero e non molestarono il povero malato » (104). Si sarebbero astenuti dall’andare, sempre secondo la stessa testimonianza, anche il Raffini ed il Campanella : per cui fu loro inflitto un anno di bando dalla R. Università. Questa è la- vera ragione della punizione, cui accenna il Raffi ni nel Bononi, e non quella di aver masticato gaggie. « Lorenzo è reo, è reo di ben altro delitto — esclama il Campanella — che di aver masticato gaggie : è reo di irreligione, reo di ribellione agli ordini superiori per non essersi recato in processione cogli altri studenti a visitare le chiese nell’anno del giubileo, reo come Sforza (il Campanella) punito al pari di lui » (105). E’ troppo precìsa la testimonianza del Campanella, perchè si possa dubitare della sua veridicità; è probabile però che, scri- mattina (5 giugno) i Sigg. studenti di questa E. Università, accompagnati da’ direttori Spirituali, e seguiti dai Sigg. Professori e da’ Colleghi delle quattro Facoltà, ed in ultimo dall’Eoc.ma Deputazione agli studi, hanno fatto la prima visita delle quattro chiese per l’acquisto del S. Giubileo, e questa mattina hanno fatto la seconda. L’ordine e la compostezza che regnarono in queste processioni corrisposero all’aspettativa de’ loro Capi, Professori e Istitutori, e sono stati di generale edificazione e buon esempio ». (103) « Instruzione intorno al metodo delle visite alle Ghiese per il Santo Giubileo in Documenti Scolastici cit., n. 38, pag. 214-216. (104) Federico Campanella, Il Conte Ru.ffi.ni, cit. in «Italia e Popolo» del 1855. (105) E’ esatto quanto afferma il Campanella intorno alla punizione inflitta per altre ragioni che non fossero quelle di aver masticato gaggie. Ma il Eufllni, come al solito, raccontando lo soherzo combinato con le gaggie, prendeva lo spunto da un fatto veramente acoaduto all’Università, ma diversi anni prima però ch’egli la frequentasse. Risulta infatti dai documenti universitari che nel ’17, alcuni studenti, col mezzo raccontato dal Ruffini, impedirono ad un professore di far lezione, e furono per questa ragione severamente puniti. (Cfr. Registro lettere segrete cit., anno 1817, A. V■ O.). - XLIV - vendo molti anni dopo il fatto, egli abbia attribuito la punizione del bando per un anno a questa mancanza, mentre cava cre campo di stringere altre relazioni in Genova e in Italia, oltre il cerchio degli amici della pvima giovinezza, e dei compagni d’Università, ma questi suoi primi compagni di adolescenza, coi quali aveva avuto comuni ideali ed affetti, oltre dargli la sicura certezza che la Liguria, in qualunque momento, sarebbe stata pronta ad insorgere iniziando il movimento insurrezionale in tutta la penisola, (come risulta da numerosi accenni del suo epistola) io) rimasero per lui sempre la sorgente più fresca di affetto, alla quale Vaniina sua, inaridita e tormentata dai disinganni e dalla-amarezze, attinge di frequente nuova forza di vita. E se 'tra questi suoi giovani compagni, troppi son sembrati e sembrano allo studioso di mediocre statura per quel formidabile vicino, non bisogna dimenticare che nomini del calore di Jacopo e Giovanni Ruffìni, di Gr. E. Benza e di F ed eneo Campanella bastano di per sè soli a render degno di memotia il movimento che si effettuava anche per opera loro (108)- r tutte — escluso s’intende il Mazzini — la figura che in questi anni sovrasta alle altre per la preparazione intellettuale e u goria d’ingegno è quella di G. E. Benza; Jacopo Ruffìni < iC derico Campanella, pure assai diversi per temperamento, sono notevoli per la generosa nobiltà d’intenti e per l'ardore di sa orifìcio; mentre Giovanni Ruffìni, che modera l'esuberanza sen timentale con un’amabile punta d’ironia e di scetticismo, non riesce mai ad essere del tutto dominato dai propositi genetosb di un vago e religioso idealismo, al quale pure egli soggiace, per la preponderante influenza del Mazzini. Più tardi lo vana personalità di questi giovani prenderà più netti contorni, < reagirà diversamente di fronte alla prepotente e fascinati i° ^ tica di questi giovani mazziniani, posteriormente al ’33. Certo l’attività po i * letteraria di tutti costoro meriterebbe di essere studiata ed illustrata, mentre fi»0 a ora non possediamo su di essi delle monografie che illuminino le loro figure <■ I tanza ch’essi ebbero nei fasti del Bisorgimento. Ci limitiamo qui a ricordare che ,in il Benza, quanto Giovanni e Agostino Euffini, G. B. Cuneo, Domenico Ferrari e Dama»“ Pareto saranno nel ’48 rappresentanti della Liguria al Parlamento, che Cesare Ca e Federico Campanella, Napoleone Ferrari, Filippo Bettini, M. G. Canale ed altri c io abbiamo avuto e avremo occasione di nominare ebbero notevole influenza sullo 01,0 gersi degli avvenimenti in Liguria propugnando le idee liberali sia dalla cattedra, come da1, foro e dal giornali. personalità del Mazzini ; ed' ognuno assumerà « sua forma e sua figura » ; per ora essi sono definiti a Genova non altrimenti clic « mazziniani » ; almeno così li chiamava nel suo linguaggio burocratico la polizia (109) quando la prima volta ebbe ad occuparsi degli amici del giovane Mazzini. (109) A. Luzio, Mazzini Carbonaro, cit. pag. 412. XL Vili — II. 11 cenacolo mazziniano e il culto di Dante e del Foscolo — Le caratteristiche del romanticismo dei mazziniani — L’interpretazione mazziniana di Dante e quella foscoliana del Benza — Le correnti del pensiero europeo e la loro influenza sul gruppo ligure — L’Indicatore Genovese — I principali collaboratori — La lotta politico letteraria contro i olassici reazionari — Il padre Spotorno e il suo Giornale Ligustico — L’ambiente intellettuale genovese — Reali condizioni dell’tJniversità di Genova — Sua lotta col Governo Sardo — L’ostilità dei professori universitari al Governo — Realtà romanzesca e realtà storica nel Lorenzo Bcnoni — Il cenacolo classico e sua importanza — La lotta dello Spotorno contro i mazziniani — La soppressione deU’indiraiore Genovese — Collaborazione del Mazzini, del Benza, del Bettini e dell’Anfossi all'indicatore Livornese — Gruppo livornese e genovese — Il Mazzini e il Benza banditori della nuova concezione di una « letteratura europea » — La denuncia dello Spotorno e gli arditi scritti dei genovesi — Conseguente soppressione dell’/ndicatore Livornese. Abbiamo già accennato come la crisi spirituale si venisse risolvendo, nel giovane Mazzini, attraverso la sua potente personalità morale; ed è questa forza incoercibile del suo spirito, che ha soprattutto il potere di esercitare, già in questi primi anni della sua attività, uno straordinario fascino sui giovani che avvicina. Questa esigenza morale non solo informa la sua attività pratica, ma anche, e specialmente, influisce sull'orientamento dei suoi studi, sulla sua attività intellettuale. Egli vede sempre più chiaramente che l’opera prima ila campiere per giovare al proprio paese è quella di rifare l'uomo nell' i-taliano. Nella tradizione nazionale non erano poche le figure magnanime dei cittadini, cui la nuova generazione doveva tener fisso lo sguardo, per rifarsi degna del nome italiano : primo, fra tutti, Dante. Così egli, abbandonati gli esercizi di pura letteratura, sotto l’influsso del Foscolo (1), si riavvicina a Dante, che diventa oggetto di un vero culto. Il Foscolo aveva visto « primo degl’italiani, come nella Divina Commedia si dovesse ricercare non tanto il poeta, quanto invece l’uomo; non la fantasia, ma il sentimento; non il letterato e l'erudito, ma l’apostolo, il riformatore » (2) ; e il Mazzini, guidato da lui, trovava in Dante l'uomo e il poeta, l’animo religioso e l’artista insieme fusi in quella (( tremenda unità » ch’egli cercava di attuare anche in se stesso. E’ appunto di questi anni il suo stu- (1) Il Foscolo sono parole dello stesso Mazzini indirizzate a Eleonora Rujfi-ni era stato « l’amore di Jacopo e dei loro lieti anni » (Scritti, Ediz. Naz., XV, 441). (2) G. Agnoli, Il Foscolo commemoratore di Dante, in « Rivista d’Italia », giugno 1904, pag. 1015. - XL1X - dio dei Discorso .sul testo della Divina Commedia del Foscolo, uscito nel 25, e di cui si conservano tracce in uno Zibaldone. Il primo appunto che troviamo sul discorso foscoliano, è un pensiero del Foscolo sulla vera originalità del genio, ch’egli ricopia, e che è abbastanza significativo per chiarire l'atteggiamento assunto dal Mazzini nell’antagonismo tra classici e romantici. « Se non ’che molta, se forse non tutta, l’originalità viene al genio dalla attitudine,di arricchirsi di tutto e di tutti, e fare suo proprio l’altrui, e rimodellare e immedesimare ogni cosa, sia straniera o antichissima, tanto da trasformarle che assumano le sembiante e le qualità confacenti a nuova età ed altro popolo » (3). E subito dopo fa una considerazione su un ¡¡indizio del Foscolo sul romanticismo, contemito nello stesso scritto su Dante, che è uno spiraglio di luce sul fine che il Mazzini si. proponeva facendosi banditore delle teorie romantiche in letteratura. « Vedi alla pagina 9 — egli nota — la derivazione de’ Romantici e classici spiegata a suo modo. Pare ch’ei diffidi della romantica come uomo che non crede a’ progressi irresistilbili della ragione. Pure ei dice « Pare in ogni modo che la religione per l’antica scuola sta forse a rischio di vedersi ricondotta da’ gesuiti a supposizioni dimenticate oggimai da trent’anni — che l’ammirazione alla nuova darà da piangere a molte madri ed emolumenti alle spie (4) ». Il primo moto sentimentale di adesione del Mazzini al romanticismo sta appunto sul significato di rinnovamento spirituale-che ad esso si attribuiva in contrapposto al classicismo, che portava la religione ad essere a ricondotta da’ gesuiti a supposizioni dimenticate da trent’anni »; sta nell’essere la scuola che (( darà da piangere a molte madri » quella che porterà a ribellarsi all’ordine politico costituito. L’intensa religiosità del Mazzini, del Benna, e in particolar modo di Jacopo Ruffini (5), il cui misticismo assumeva forme quasi morbose, (3) Zibaldone cit., ibidem, pag. 207. (4) Zibaldonb cit., ibidem, pag. 207 (Cfr. Foscolo, Opere, Firenze, 1850, voi. Ili, 121). (5) Cfr. quanto dice sulla religiosità di Jacopo, Alfonso Lazzari in « La giovinezza di Jacopo Ruffini» (Rass. Stor. del Eisorgimento, anno VII (1920), pag. 640). — Il Mazzini scrivendo di lui così accenna alla sua religiosità : « Forti tendenze religiose combattevano in lui lo sconforto che gli veniva da quasi tutti e da tutto. La santa idea del progresso che alla fatalità degli antichi e al caso dei tempi di mezzo sostituisce la Provvidenza, gli era stata rivelata dalle intuizioni del core fortificate da studi storici. Adorava l’ideale come fine della vita, Dio come sorgente di vita, il genio come suo interprete, quasi sempre frainteso" (Mazzini, Scritti scelti a cura di J. White Mario, Firenze. 1916, pag. 78), — Vedasi anche il ritratto che di Jacopo fa il fratello Giovanni nel Cap. XIV del Bcnoni. «vhwtolc. ZH:ailZ!:: « ITT0 c0" Wm',A (6)' tempo, e no,, soltanto g-1,J generazione di quel Perchè lo consideral a aderivano al romanticismo spiriZteZ Ti ' r'° SOt,° r"SI>eU0 di letteraria in sieZVTi?0"™« MtC,WÌa" AUa ***** "nche dopo aver ,1 ' J(izzmi f" sempre ripugnante (7), Fr* i Suoi amici il °nl° ^ tCOrÌG dc11a nn0m scuola-la dichiarazione di f i (lnche Quando fa esplicita miniano, ha cura di J. r°mn>t^a da Parte del gruppo maz-r°mantico » (S) 1/ ò(nvere cli 'egli non è a nè classico, nè l’una scuola Che nrr r'T0 a1teg^iamento di critica sia per -i»i, noi crediaiiK / COmune a tutti 9li amici del Maz' C9H esercitò su ,/• <)>< non men0 dei classicisti, rondo esser lea, ,■ a<ì °ffn' passeggero capriccio, igno- la vita di un?e"*,oc,1” UlC^aJe bell'arte « che l'arte o compendi un’epoca che st< ' <^< G^udendosi, 0 annunzi la vita di egli, pur non nrof ' /'0rgere (9)- Crediamo col Mannucci che non fosse giunto a ÌS""<Ì0SÌ ancora romantico, in questi anni, tardi; ed è anche ([^"C^a ^finizione dell’arte, cui giunse più le quali non aderì ’n ' n,contestaJ)l1mente, che le ragioni per debbono ricercarsi ", !' n"ova scu°ìa letteraria in quanto tale, di letteratura poLh - lmtlhtà’ {Ja ¥* sentita, di a discorrere nè nazione)), rjore chè generale negli studenti per divinità era nrof irrelieÌ09i per natici ^annico.- Eppure - egli dice - pochi conservano . ament« radicato ne?li -, •’ dea di Di°. il culto interno della e non vaghi di'° tnttavia. q,^0 Mimi loro e i più’ d'essi l'han conservato *1 cattòlicismr» 1 Scienze teologiche avrphv°rma DOn 6i discuteva in allora. Digiuni Bibbia, il cui «t r 11 cattolicismo fosse F° accettat° qualunque forma ed anche ciliare - »«.«.bile. .1,11. ■—-¿ur: srsrr« :~ •«, ? M~ — «• °- I, pag. 17. (Cfr. Mannucci, op. - LI - ciò che urgeva, era fare gl’ italiani, temprandone il carattere, risvegliando in essi quella coscienza civile, assopita in tanti anni di servitù politica. Il problema eradunque, più morale che politico. Infatti noi sappiamo quanto egli titubasse ancora tra federalismo c unitarismo, tra monarchia e repubblica : quel che gli importava veramente, era la restaurazione, spirituale. Anche in ciò non fa, forse, trascurabile, Vinfluenza del Foscolo a La necessità di un'unità nazionale — (l’una unità anche più morale che politica — è Valtra delle idee più perspicue del Foscolo in riguardo al problema del risorgimento d’ Italia : ed è forse quella parte del suo pensiero che più lo rese caro a quel rigido unitario che fu il Mazzini)) dice, nel suo bel saggio sul Foscolo, il Donadoni (31). La prima delle idee cui accenna il Donadoni e che deriva, (¡naie conseguenza, dalla seconda, è la necessità che V Italia conquistasse da sé, con armi proprie, la propria indipendenza■; necessità che il Foscolo arditamente propugnava nell’ Orazione per i comizi di Lione, tanto ammirata dal Mazzini; di cfuell’orazione in cui « mostrò — son parole del Mazzini — la mancanza d’armi nazionali, nervo ed anima dello Stato, e l’annientamento della cittadina milizia, primo e forte sostegno di nascente repubblica » (32). Sappiamo che l’una e Valtra idea furono il cardine del pensiero politico mazziniano nel suo svolgimento ulteriore. * * * Non possiamo affermare che a questa coscienza critica del problema nazionale fossero giunti anche gli amici, che intorno al Mazzini s’eran venuti stringendo; se non forse Jacopo Raffini ed il Bonza, coloro cioè che maggiormente contribuirono a dare un’impronta caratteristica al cenacolo giovanile. Le sue meditazioni il Mazzini comunicava ai compagni, esortandoli a non cercare ((.in Dante il solo divertimento)) (13). E quando, nel •’25, un certo Repctti, rispondendo al colonn. G. Pepe riguardo a certe congetture su Dante (14), accusò sull'Antologia di Firenze il grande poeta d’intollerante, d'ostinata fierezza e d'ira eccessiva contro Firenze, egli volle opporre alcune considerazioni alla rinascente opinione che muoveva « querela all' amor patrio (11) Eugenio Donadoni, Ugo Foscolo, pensatore, critico, poeta, Palermo s. a., [ma 1910], pag. 132. (12) Ricordate dal Donadoni, op. cit., pag. 128-129. (13) G. Ruffini, Lorenzo Benoni, ed. cit., pag. 201.- (14) « Risposta di E. Repetti al Colonnello Gabriele Pepe sopra alcune congetture tuli’Alighieri » in Antologia, 1825, voi. XXV, n. 74. Cfr. Mazzini, Scritti, S. E. I., I, 17. dell’Alighieri )) ed inviò «//’Antologia un lungo articolo cha non fu dal Yiessieux pubblicato, per non poche ardite espressioni che vi si trovavano (15). Nell’articolo, di ispirazione evidentemente foscoliana, dopo aver affermato che i poeti, il cui compito in origine era quello di educare la gioventù al rispetto delle leggi religiose e civili e all’amore della libertà, sono ormai ridotti, per la corruttela dei tempi, ad essere maestri spesso di corruzione, quasi sempre d’inezie, si domanda quanti furono, tra gli scrittori e i poeti, coloro che « non prostituirono l’ingegno e la penna alla tirannide politica » ; e dopo avere affermato, che pochissimi invero son tali, addita nel «divino Alighieri » quegli cui l’Italia, avida di lavar la memoria dell'antica ingiustizia, diè il primato ». Ma per valutare appieno Vimportanza ed il significato dell’opera di uno scrittore, bisogna conoscere anzitutto i tempi in cui ei visse e la vita. Quindi, dopo avere tratteggiato la fisionomia del sec. XIII mettendone in rilievo la profonda corruzione, soggiunge i tempi esser tali, che non blandizie ama voleansi parole di fuoco. parole d’alto sdegno, d'iracondo dolore, di amaro scherno, tali insomma, che colpir volessero (/nelle menti indurate)). E Dante quindi, « vestita la serenità d'un giudice, flagellò le colpe e i colpevoli, ovunque fossero; non ebbe riguardo a fazioni; a partiti, non s’inorpellò ad apparenze di libertà, dui denudò con imparziale giudizio Vanirne ree, per vedere se il quadro della loro malvagità potesse ritrarre i suoi compatriota dalle torte vie, in che s’erano messi ». Questa dunque non è « mente indegna di buon cittadino » perchè s’ egli « inveisce aspramente contro le colpe, onde l’itala terra era lorda » questo non è (.(.scoppio di furore irragionevole, o (l'offeso orgoglio)) ma (( suono d’alta mestizia, come d’uomo che scriva piangendo; è il genio della libertà patria che geme sulla statua rovesciata, e freme contro coloro, che la travolse)' nel fango ». Scagionato Dante dall’accusa « d’ira eccessiva contro Firenze )) egli accenna alle altre opere del grande in cui a traluce sempre sotto forme diverse l’amore immenso ch’ei portava alla patria ». Nel De Monarchia, infatti « egli mirò a congiungere in un sol corpo V Italia piena di divisioni, e sottrarla al serraggio, che allora minacciavaia da più parti; nel De (15) E’ l’articolo « Dell’amor patrio di Dante » ripubblicato in Scritti, Ediz. Naz., voi. I, 4-23. Sulle vicende di questo articolo vedasi quanto è detto nell’introduzione del volume cit. degli Scritti mazziniani. — LIII - Vui'gari Eloquentia « che concitò in questi ultimi tempi lo spirito irritabile de’ letterati italiani a controversie più argute forse, che utili » (è uno strale ai letterati che s’accapigliavano nelle discussioni intorno alla formazione della lingua italiana) « egli s’erge luminosamente al di sopra di quella torma di grammatici, che fanno intiSichire la lingua per volerla costringere nelle fasce della sua infanzia » e « dimostra la vera favella italiana non essere Toscana, Lombarda, o d’altra Provincia: ma una sola, ch’Appennin parte, e’1 mar circonda e l’Alpe ». E dopo aver accennato al Convivio, viene a parlare di ciò che più gii preme : della nobile vita, della magnanimità del « ghibellin fuggiasco ». La sua vita, egli esclama, può presentarsi con latta■ fidanza a modello di coloro, che sanno cos’ è patria, e coni’ essa vuol essere servita. Un’ esistenza d’ undici lustri non fu per lui, che un solo sospiro, e questo fu per l’ I-talia. Non ebbe riposo giammai nella lotta, ch’egli intraprese animosamente contro i suoi oppressori, contro i pregiudizi che la dominavano, contro Vignoranza che sovr’essa pesava. Toccati quindi i punti salienti della vita dell'Alighieri, viene a parlar dell'esilio, a Quando più gemerà sotto il pondo delle ingiurie della fortuna ritrovò tanta forza d'animo da condannarsi ad un bando perpetuo, anziché avvilii• sè, e la sua patria colla vergogna d’una sommessione disonorevole ». E il giovane che. tra poco, come Dante, andrà in esilio per amore di patria, e in esilio passerà la sua vita, commentando la forza d’animo dell'Alighieri afferma — e, l'affermazione tradurrà presto nell’aspra realtà —che, « l’uomo deve prima di tutto rispettare la sua patria in se stesso, c la qualità di cittadino allora veramente si perde, quando ottiensi colla viltà o coll’infamia ». Gl’italiani, dunque, studino Dante, succhino « da quelle pagine profondamente energiche quello studio magnanimo, onde l’esule illustre nudriva l’anima »; apprendano « come si serva alla terra natia, finché l’operare non è vietato; come si viva nella sciagura ». Non c’indugeremo qui ad esaminare l’importanza, dal punto di vista letterario, di questo o d’altri saggi scritti in questo tempo; nè metteremo in rilievo l’interpretazione della personalità di Dante falsata in parte dal Mazzini (16). Quello (16) Si veda a questo proposito lo studio di F- L. Mannucci, « L’Ideale politico di Dante Alighieri e il verbo di Giuseppe Maziini» nel volume «Dante, e la Liguria», Milano, 1925, pagg. 88-105. che importa osservare, anche attraverso la sua attività lettera-ria, è l’affermazione della sua personalità morale. Egli già si avvia per quella strada, che lo condurrà ad essere in ogni atto a un maestro di vita ». Anche in queste prime, manifestazioni egli appare quel che sarà più tardi un genio morale non diverso sostanzialmente dai più grandi riformatori religiosi che la storia ricordi; per i quali, i problemi dello spirito non hanno interesse, se non in quanto riguardano la loro coscienza morale. Il problema dello spirito non si presenterà mai corno, argomento di pura e semplice speculazione intellettuale. ma come un problema nel quale è implicita tutta la vita profonda del suo essere. Egli è soprattutto, ripetiamo, un maestro di vita. Poiché specialmente attraverso la sita azione, il suo pensiero risplende, attraverso le sue opere la sua fede irradia una luce fasci natrice. In lui il profondo sentimento religioso domina sempre sovrano; ed è tale da far impallidire al confronto sia Voriginalità del suo pensiero, sia l’indefessa attività per il fine precipuo posto alla sua vita terrena : l’unità politica e spirituale d’Italia. Certo, non dovette essere stata poca l’influenza di Dante (17) e del Foscolo sulla formazione della sua personalità morale e, attraverso lui, su quella degli altri giovani che jli si stringevano intorno. Di sé infatti narra Giovanni Raffini « Debbo a lui (Mazzini) se ho letto e gustato Dante veramente. Più e più volte, prima di aver fatta la conoscenza di Fantasie, avevo presa la Divina Commedia con la ferma intenzione, di leggerla di cima in fondo, ma presto,'scoraggiato dalle difficoltà, avevo abbandonato l’impresa, contentandomi solo di leggere quei tratti del gran poema che sono più famosi e più popolari. In una parola, avevo cercato in Dante il solo divertimento. Fantasio m’insegnò a cercarvi il modo d’istruirmi e di nobilitare le mie facoltà. Ed io bevetti a larghi sorsi a quella sorgente di profondi pensieri e di generosi sentimenti; e fin da quel tempo il nome d’Italia che così spesso ricorre nel poema, diventò sacro per me e destò i palpiti del mio cuore. Noi leggevamo insieme i passi più oscuri » (18). Ed il Benza, proprio in questi anni, scriveva pagine infocate •mirindicatore genovese e su quello Livornese esaltando Dante a poeta eminentemente italiano ed originale » « Se si seguissero (17) Degli studi giovanili di Mazzini su Dante non son pochi gli accenni ohe si ritrovano negli Zibaldoni posseduti dal M. E. G. (18) G. Buffini, Lorenzo Benoni, ediz. cit., pag. 201-202. — LV — le orme di Dante, egli esclama, la nostra letteratura non a-< vrebbe impresso nelle origini il marchio della servilità, ma tratterebbe argomenti, usi e costumi putrii : sarebbe cioè quel che non è : letteratura nazionale)) (19). Non solo. Ma come Mazzini s’era assunto la difesa di Dante, egli assumerà la difesa del Foscolo in due articoli (20) in cui il patriota ed il poeta, saranno esaltati con parole degne del cantore dei Sepolcri. Ma la viente del Mazzini, assetata di sapere, non si contenta. di attingere ai grandi maestri italiani, e, specialmente tra il ’28 e il ’30 la diretta conoscenza delle opere principali contemporanee delle letterature straniere, specialmente inglese e francese, lo mette a contatto con le correnti più vive del pensiero europeo. Non possiamo qui indugiarci su tale ricerca, e, attendendo che siano compiute le indagini iniziate dal Salve-mini, e dal Man micci. (21), ci limiteremo ad un richiamo ad esse, perchè, secondo noi. non si può pienamente comprendere la genesi del suo pensiero ignorando la grande influenza che sio di esso ebbero i. santimonia ni ^ e soprattutto il gruppo di scrittori raccoltisi intorno alla rirista il («lobo, gli scritti di Pierre Leroux, del Dubois ed altri. Soltanto tenendo presente la grande importanza del morimento religioso francese di questo periodo, si capisce come il Mazzini giunga ad aver chiara definitivamente l'esigenza religiosa del suo spirito che lo porterà d’ora in poi a cercar con ogni sforzo di dare un’unità religiosa ai-mondo moderno. Titanica opera, clic è la sorgente stessa della sua vita e che si esplica non nel rinchiudersi in un’astratta speculazione filosofica, ina nelle opere d’ogni giorno, sorretto da (19) Indicatore Genovese n. 30 (29 novembre 1828), articolo sulla « Sposa di Messina ». (20) « Discorso storico sul testo del Deeamerone di U. Foscolo », in Indicatore Livornese n. 26 (17 aprile del 1829). — « Finché io credo nelle umane virtù — scrive il Berna — non eroderò, se non costretto, di Foscolo cosa non degna e che mi paia repugnare con quanto io so di lui. E so, ch’egli nasceva d’animo ardente © di potente ingegno, e l’ardenza dell’animo ne’ suoi anni giovanili trovò campo di speranze nell'epoca; e il suo ingegno vestiva di forme quelle immagini che il core vagheggiava, e ne risultò una lega indissolubile dell’ingegno col core — so, ch’egli visse in tempi, sotto diverse influenze e severe, e nondimeno camminò diritto sempre sulla prima via, e dichiarò la verità ch’ei credeva, nè transazioni fece, nè adulò mai — so, ch’egli visse privato quando ognuno che volle, minore di lui, merco impieghi e pensioni e titoli — so, ch'egli ha perorato la causa italiana, quando presso che ogni voce era muta o peggio; e tornò a Milano ad offrire se stesso all’Italia quand’essa più abbisognava dell’amore de’ suoi figli — so, ch’egli non patteggiò co’ vincitori, e visse quindi e morì in terra straniera... ». (21) Il Salvemini nel suo Mazzini (Catania, 1915) ha già iniziato tale indagine per le « fonti » del pensiero religioso, sociale, politico del Mazzini ; il Mannucci nel suo lavoro cit. su G. Mazzini e la prima fase ecc. ha particolarmente studiato le influenze della letteratura nazionale e straniera nella formazione del suo pensiero letterario. pochi fondamentali principi, ispirali da mia semplice, tremenda verità, ch’egli lia trovato meditando sullo svolgersi degli eventi della storia ed interrogando la sua anima nei momenti migliori: « la vite è missione ». In questa credenza, in questo atto
  • tragedia di F. Schiller, tradotta da A. Mafiei in Indicatore Genovese n. 30 (29 novembre 1828, pag. 115). - LX1 - alle situazioni, e artefà i caratteri, che riescono quindi di convenienza, non di natura. Questo potrà impararsi il giovane, che fu creato per essere poeta, e dov’egli alcune volte è caduto tra via, imparerà a non porre il piede in falso : noi che siam nati poeti, noi pure gli sapremo buon grado dei forti eccitamenti a virtù, che ritrarremo nella lettura delle opere di lui, e dei beati momenti, quando eccitati in noi da queste letture medesime i più sublimi affetti dell’anima, scorderemo per alcun tempo la bassezza del fango. Sia plauso però al Maffei, che a questo fonte di puri piaceri ci guida, che scorreva inutile per tanti di noi ». (28) Questi sono i principi estetici del Mazzini, per il quale, come è noto, la critica letteraria doveva aver ufficio pedagogico; qui il Benna si fa al’educatore letterario » compiendo, senza grande sfoggio d’ingegno nella teoria mazziniana l’ufficio del critico, che deve « spiare velie condizioni dei tempi le necessità letterarie, e predicarle alle nazioni perchè s’avvezzino a presentirle, a bramarle, a invocarle y> (2i)). Questo fine si rivela chiaramente nell’indagine, che il giovane critico fa, sulla genesi della letteratura nazionale germanica, continuando la disanima della nota introduttiva dell’Amhrosoli. . Seguendo la traccia del discorso, vorrebber ora riferire come diversa dalla nostra nella sua origine e ne’ suoi progressi sia la storia della letteratura alemanna : come a nessuna delle cagioni, che quella offesero nella sua originalità sia stata questa sottoposta; come perciò quei popoli tosto che al loro orizzonte spuntò un lume di civiltà e di gentilezza, si siano rivolti con l’entusiasmo della giovinezza a cercare l’indipendenza del pensiero, e come quindi le loro lettere riuscissero piene di una originale energia, dopo che la guerra dei trent’anni pose come il sigillo al carattere nazionale di molti fra essi. Si vedrebbe ancora un appoggio de’ principi romantici, come nel loro periodo, che essi per infantile desiderio corsero dietro alle traccie dei francesi, che il secolo di Luigi XIV avea radunati in tutta Europa illustri, deviassero di gran lunga dal vero cammino e si vedrebbe con utile lezione, come seppero di certo rimettersi nella diritta via, a cui i sentimenti lor naturali e i propri bisogni li richiamavano : come la letteratura inglese lor servisse di non inutile esempio per progredire verso il loro vero perfezionamento nazionale, e come quindi divenuti in più robusta età la Musa germanica abbia tentato un volo suo proprio, per emular la maestra, come la dipinse Amadeo Klop-stoch nella sua celebre ode » (30). Il paragonare la vita nazionale italiana a quella di altri popoli è già un primo ed importante passo per raggiungere il fine che si proponevano i giovani romantici : la creazione della (28) Articolo su « La Sposa di Messina », cit. (29) Del Dramma storico - Scritti, Ediz. Naz., Letteratura, voi. I. (30) Indicatore Genovese n. 30, pa.g. 113. - LX1I - nostra nazionalità prima spiritualmente e dopo politicamente. Da questa premessa■ fondamentale il Mazzini giungerà al concetto deir unità. Nessuna unità politicit era possibile senza unità spirituale, la quale, non esistendo, doveva essere creata negl’italiani; e che, determinandosi appunto in questo tempo nel -1 [azzini come un'esigenza ineluttabile, lo dorerà portare di conseguenza ai principi informatori della Giovine Italia. Un dramma del Guerrazzi « I Bianchi e i Neri)) tutto fervido di ribellione e di libertà, capitato nelle mani del lienza, gli diede occasione, recensendolo, di mettere ancori■ in rilievo « Videa romantica ». La letteratura, essendo l'espressione fedele delle condizioni morali e politiche di una nazione, ne consegue che ogni, nazione ha la sua particolare letteratura, ma ad ogni periodo della sua vita politica corrisponde una diversa manifestazione letteraria che da esso deriva. Così, per esempio, nell'Italia dei comuni quando le fazioni partigiane e il desiderio d’indipendenza dilaniavano i petti, anche sulle labbra degli scrittori erano voci irate e sdegnose; ma quando a quell’età forte successero i secoli della viltà e del quietismo, anche il linguaggio degli uomini di quel tempo fu vile e basso, se si eccettui il genio, che pur ritenendo sempre qualche cosa dei caratteri del suo tempo, lo supera e parla solo. « Così anche questo secolo — egli soggiunge — apre nelle lettere un periodo novello, perchè nuove sono le speranze i timori le passioni i desideri che ci agitano; e noi siamo certamente indirizzati verso il meglio ». Il dramma del Guerrazzi gli sembra « frutto del sentimento di quel Bello, novellamente avvertito....». « E grazie noi gli (all’autore) sappiamo, eh’ egli ebbe cuore e ingegno di scuoter questa fibra...-. Chè caratteristico distintivo della romantica è appunto lo scuoter l’animo misteriosamente, e sì, che anche dopo le impressioni prime, pur ti si ridesta dolcissimo il sentimento ad ogni felice istante che tu vagheggi i sogni dell’anima » (31). Il Guerrazzi rispose a quell’articolo non firmato con una lettera in evii diceva che il dramma, lodato molto dai censori dell’Antologia, aveva avuto a subire urla e fischi e risa quando era stato rappresento a Livorno. Ma l’ignoranza e /’ingratitudine dei cittadini se ¡’avevano addolorato, non l’avevano però distolto (31) Indicatore Genovese n. 11 (19 luglio 1828), pag. 37. — LX1II - dalVint rapreso ca mini no ; e avevo scritto «La Battaglia di Bene-vento ». Concludeva chiedendo il nome del gentile censore, ancora a lui sconosciuto (32). A questa lettera dovettero seguire Ir, risposte del Senza e del Mazzini entusiasti cemento aderenti ai generosi sentimenti del (ju e ¡-razzi. Pochi giorni dopo, il 26 luglio, comparve, sullo stesso argomenta, • nello stesso giornale (33). un secondo articolo dei Beata, nel (piale egli cercava di mettere in rilievo V intendimento del Guerrazzi. Egli mole persuadere la pace e V unità — dice — e perciò tra i tanti fatti della storia nostra, ne ha scelto uno che più abbonda di orrori e di delitti fraterni, causai; dalle cirili discordie. Se ciò riesce poco drammatico, < però altamente morale. TI vero intendimento non tanto di critica letteraria, quanto politico e filosofico, cui s’informano le considerazioni contenute nei due articoli, cercò il Benza di dissimulare sotto la reste di una vera e propria analisi critica letteraria del dramma. Il Guerrazzi rispondeva con una lettera diretta al Benza, in cui erano messi bene in rilievo i suoi sentimenti liberali ed il suo amor di patria. I giovani, che tra poco sarebbero divenuti dei cospiratori, si erano bene intesi attraverso un semplice articolo di critica letteraria, apparentemente innocuo. 11 Guerrazzi rispondeva subito con una lettera che era piena di ammirazione per l’amico : (.(.veramente non sarà mai che ■manchiate a nobile scopo dacché a si hello amore pel nome italiano, a così delicata generosità di sensi magnanimi, tante e siffatte aggiungete la libertà, e la potenza di esprimervi in liberalissime parole : nè i tempi sempre ci correranno contrari... almeno giova sperarlo)) gli annunciava l’invio della Battaglia di Benevento. « Ora riceverete per amor mio — la Battaglia di Benevento — dove forse scorgerete che mi sono in molte cose corretto, meno in una che mi riesce impossibile, e che sia ragione sia fallo considero pel distintivo carattere de’ miei scritti: ed è quell’imperversare di pensiero, quello sprofondarsi d’induzioni in induzioni, ricavare da una premessa quante più posso conseguenze, e da queste altre ancora, e così all’infìnito; m’accorgo anch’io qual debba essere l’attenzione del lettore per tenermi dietro in tutti questi andirivieni se il mio stesso cervello ne rimane talora vinto, e abbattuto; pure qui natura nrget. Di ciò tanto — perchè se mi preme la (32) Indicatore Genovese n. 12 (26 luglio 1828). Fu ripubblicata dal Neki nello studio cit. sulla Soppressione dell’indicatore Genovese, pag. 7 dell’estratto, ma non nell’ Epistolario del Guerrazzi. (33) Indicatore Genovese n. 12, pag. 42. — LXIV. — fama di scrittore molto e più mi preme quella di buon italiano — però se trovate male parole, e mali scherni indirizzati alla nostra Patria.... deh! vi prego, rammentatevi se aveste un padre amoroso, che non omise mai di riprendervi dei vostri trascorsi, e se... rammentatevi di quel tale nell’antichità che in corte iacea da matto » (34). Il Mazzini il 13 agosto, pubblicò un articolo critico sulla (( Battaglia di Benci'ento » ch’egli non conoscerà, prima di averla ricevuta dall'autore (35)- Anche in quest’articolo s’ispira agli intendimenti del Benza: anche a lui importa mettere in luce « l’anima di fuoco, clic si rivela per ogni pagina » piuttosto che il valore dell’opera letterariamente considerata. La corrispondenza dei due amici col romanziere dovette farsi più frequente. Ce ne fa fede un brano di lettera del Mazzini, tratta da un Zibaldone : « Non ho mutato sillaba al secondo articolo; avrei creduto avvilirvi ed avvilirmi: perchè io non avevo bisogno della vostra lettera per conoscere l’animo vostro veramente italiano. Nè io, nè Benza, che mi è fratello di cuore, abbiam mosso duMno giammai sul fine che vi proponete ne’ vostri scritti. Entusiasta di Dante, ho sempre maledetto gl’ipocriti o stupidi, che blandiscono il sonno a’ nepoti colle lodi codarde. I vili! Essi infiorano i ceppi: incoronano la vittima onde altri più sicuramente la sgozzi. Ma non credo ottima via per eccitare un popolo, quella di cacciarlo nell’abisso della disperazione, bensì quella di gridargli: Vedi! Tu sei in fondo: tu gemi sotto il peso dell’avvilimento.... » (36). Vedremo più innanzi quanta importanza ebbe nell'ulteriore svolgimento dell’attività dei giovani mazziniani l'amicizia che essi strinsero col Guerrazzi e con altri livornesi. Non, meno ardito del Mazzini e del Benza nelle sue affermazioni, e soprattutto nell’esporre senza veli i pii perseguiti dal gruppo mazziniano, è Filippo Bettini. Egli, dopo aver dichiarato .apertamente di non essere nè classico nè romantico, esalta il romanticismo quale espressione della (( volontà del secolo » piuttosto che quale scuola puramente letteraria. Espressioni a-udaci non sparse nei suoi numerosi scritti, le quali assumono spesso apertamente il carattere di giudizi politici (37). Non diversa è l’aspra censura eh’ egli fu al Genuensein Tlheatrnm Carmen di (34) Pubblicata da D. Setti « Rifiuti di carta... e scarti d’archivio » in « Secolo XIX » di Genova 17 novembre 1916. La lettera è datata da Livorno 28 luglio 1828. Non è riprodotta nell’Epistolario guerrazziano. (35) Mazzini, Scrittit Ediz. Naz., I, 21. (36) Pubblicata in F. L. Mannucci, G. Mazzini e la prima fase ecc., cit, pag. 106. (37) Indicatore Genovese n. 23. — Vedasi ad esempio l’articolo polemico: « Gior naie Arcadico », pag. 87. — LXV. un suo compagno di studi, Lorenzo f.osta (38), al quale, consiglia (.(di non starsi contento al posto dei comuni dicitori di parole rimate »'(39), censura, cìw indurrà un altro giovane, Antonio Crocco (40), pure suo compagno d’università, ad, intervenire nella polemica. In un altro articolo notevole sai « Monti e Foscolo » (41) egli non esita ad affermare, lodando la Bassvilliana come opera altamente poetica : a deh avesse pur meritato tanto elogio V argomento che imprendeva a trattare!.....» e soggiunge: «Guai se Vargomento non sia degno d’esser celebrato dalle Muse, (piai se tu imprendessi a lodare una evasa non giusta! tu sedurresti i tuoi simili, tu volgeresti a lar danno quei mezzi che possedevi per sollevarli, tu corruttore, saresti l’abominio dei secoli. A Monti s’aspetterebbe inai per avventura sua e dell'Italia si orribile taccia ? Tolga il cielo che uni sentiamo non nobilmente di lui. Deh possa benedire la posterità le sue ossa, nè mai scorgere in esso l'uomo che nutrisse non degni sensi d'italiano)). Parole, queste, — nota il Nevi — (42) che specie là dove qualificano a causa non giusta)) quella che forma argomento della Bassvilliana, sorpassano i limiti della critica letteraria ed entrano nel campo dei più audaci giudizi politici. * * * Quali resistenze e quali consensi trovarono nel loro cammino il Mazzini ed i suoi amici in questa opera politica che venivano sempre più arditamente svolgendo ? Dopo la bella fioritura d’ingegni e la forte rinascita di (38) Lorenzo Costa di Gio Batta era nato a Spezia il 9 ottobre 1798. Dopo aver compiuti gli studi secondari in Lucca, s’era portato a Genova dove s’era iscritto alla Facoltà di Legge presso quella Università, nell’anno scolastico 1818-19. Si laureò in Legge l’il agosto del '23 (Documenti scolastici in A. V. 0.). Amico e compagno di G. Mazzini, pur essendo di tendenze liberali, non militò nelle file dei romantici. Fu scrittore forbito e di tendenze classiche. Vedasi su di lui A. Crocco : Commentario della vita e degli scritti di Lorenzo Costa, in « Rivista Universale », voi. IV (1868), pag. 513-530 e A. Neri in « Rassegna Nazionale », voi. XVII (1884) pagg. 2-25. (39) Indicatore Genovese n. 6 (14 giugno 1828), pag. 20. (40) Antonio Crocco di Giuseppe era nato in Genova il 29 Agosto 1800. Dopo aver compiuti gli studi secondari al Collegio Reale s’era iscritto alla Facoltà di Legge presso l'università di Genova nel '19 e s’era laureato nell’agosto del ’23 (Documenti scolastici in X. V. G.). Era compagno di studi del Costa ed anch’egli scrittore di tendenze piuttosto olassiche. Collaborò ugualmente all’indicatore Genovese (vedi n. 9 e 11 del giornale) e Bel ’48 fu uno dei principali collaboratori della Gazzetta di Genova. Su di lui si veda: L. T. Belgrano, Elogio di Antonio Crocco, Genova, 1885; F. M. Parodi, Commemorazione del Crocco, Genova 1885; P. M. Salvago, Necrologia di A. Crocco in « Rassegna Nazionale », 1884, pag. 566. (41) Indicatore Genovese n. 26, 27, 31. (42) A. Neri : La soppressione dell'indicatore Genovese, cit., pag. 29. — LXVI. •s'indi — aopratutto scientifici — del rent-ctulio precedente, sembrara ora che (¡cuora si fosse accasciata sotto il peso della libertà perduta e del suo orgoglio inimici pale piegato. Tmta la generazione che arera fatto trionfare i principi della rivoluzione francese e s’era formata una coscienza civile e politica durante il periodo napoleonico, s’era sdegnosamente ritratta dal partecipare alla vita pubblica dopo la resimi razione, nutrendo per i nuovi dominatori soprattutto un grande disprezzo. Per tale ragione Genova sembra in questi anni non vivere a chi guardi soltanto alle pubbliche manifestazioni . in realtà nutriva profondo uno spirito di ribellione che non tarderà molto a scoppiare per opera delle nuove generazioni. Nel campo degli studi essa sembrara una morta gora : i pochi giornali che in questo periodo vivacchiavano, tutti ufficiosi, ligi allá Casa Savoia e ai funzionari del Governo, la Gazzetta di Genova e il Corriere Mercantile poco s’occupavano di lettere, e niente di politica. Unica manifestazione letteraria e politica era il Giornale Ligustico il quale era sorto nel ’20, diretto (43) dal Padre G. B. Spotorno, erudito di un certo merito ed altresì acre e bilioso polemista, rigido propugnatore dell’ordine costituito, difensore strenuo del classicismo in letteratura e del regime reazionario in politica (44). Nel campo degli studi egli era il capo riconosciuto di tutti i barbassori fra gli insegnanti genovesi; e chiamato fin dal ’21 a dirigere le scuole pubbliche della città, era stato nel ’23 promosso per motu proprio del Re Carlo Felice dottore in. filosofìa e lettere della R. Università; e nel ’21) alla cattedra di eloquenza latina. Suoi coadiutori nella lotta contro i novatori, erano, naturalmente, tutto il clero, ed in particolar modo i gesuiti, il Conte Gian Francesco Galeani Napione, il Marchese Marcello Dura zzo, presidente dell’ Accademia Ligustica di Belle Arti, Antonio Bacigalupo, direttore spirituale delle scuole, Carlo Leoni, professore d'etica all’Università e qualche altro ragguardevole uomo del mondo accademico genovese. Ma se i componenti di tale cenacolo godevano com’era naturale tutti i favori delle alte sfere governai ire, essi rimasero però isolati e (43) Erano direttori del Ligustico .nominalmente, due sacerdoti amici dello &po-torno. Antonio Bacigalupo e Paolo Rehmffo. In realtà lo Spotorno era egli non solo a dirigerlo ma anche a redigerlo quasi completamente. (44) Vedasi la sua biografia in D. Müller, Biografie autografe ed inedite d’illustri italiani viventi, Torino, 1853; e L. Grillo, Elogi dei Liguri illustri, Torino, 1846, -voi. Ili, pagg. 308-388. — LX Vii. — furono uh gruppo assai sparato e senza vera influenza nella vita intellettuale genovese. La parte più colta della città, aveva subito come un affronto l’annessione al Piemonte, il quale rappresentava per lei la quintessenza dello spirito retrogrado e reazionario ed era quindi — come è ben noto — ostilissima al nuovo regime. Tale ostilità nella classe intellettuale genovese si manifestava soprattutto con una significativa resistenza ¡tassiva, negando al nuovo regime ogni collaborazione, disprezzando e sdegnando gli onori di cui il governo piemontese si mostrava prodigo per ingraziarsi la classe dirigente della vecchia e gloriosa repubblica. I liberi professionisti e la grassa borghesia seguivano in questo il fiero atteggiamento di tutta la nobiltà genovese che sdegnava d’aver qualsiasi contatto con la rozza « genti- nuova » del Piemonte. Questo atteggiamento d’ostilità verso il governo era più vivo nella parte più elevata della classe intellettuale: quella del corpo degli insegnanti universitari. Uomini come Giacomo Lari (45), professore di lettere greche e latine alVUniversità e di poetica nel Collegio Reale, come Domenico V¡viani (46), Giacomo Mazzini (47), Paolo Sconnio (48) ed altri non eran certo tali da essere considerati spontaneamente convertiti al nuovo ordine di cose, e parecchi fra questi professori, come il Mangini (49), il Marre (50) e VA rdizzoni (51) avevano avuto (45) Su Giacomo Lari si veda F. L. Mannucci, Vn maestro di G. Mazzini (Giacomo Lari), estratto dal « Giornale storico della Lunigiana », Spezia, 1900, voi. I, fase. Ili, pag. 36. — E per i suoi rapporti col Damaso Pareto, A. Del Pin, L. A. Damalo Pareto in « Giornale storico e letterario della Liguria », 1925 (nuova serie, anno I, fase. I). (46) Domenico Viviani aveva fatto parte nel 1797 dell’Amministrazione centrale di Levanto ed era stato eletto rappresentante di quell’amministrazione presso il Governo Provvisorio della Repubblica. Nel 1803 fu chiamato alla Cattedra di Botanica presso l’università di Genova e nel 1812 si adoperò a promuovere istituti d’istruzione in Genova e nel dipartimento (Cfr. Gazzetta di Genova, 1840, 415; Canobbio, in Elogi di Liguri illustri, Torino, 1846, III, 295 ; Isnardi-Celesia, Storia dell’Università di Genova, II, 146 ; Neri, Ricordi aneddotici intorno a Domenico Viviani in « Giornale Ligustico », anno VI, 1879, pag. 21; Nebi, Lettere inedite di G. Mazzini, Genova, 1911, estratto dalla « Rivista Ligure », pag. 31). (47) Su Giacomo Mazzini si veda lo studio di A. Neri, Il Padre di Mazzini, in « Rivista Ligure », Genova, 1910. (48) Isnardi-Celesia, op. cit., II, 343. (49) Pier Rolando Mangini aveva svolto una intensa attività politica dopo la rivoluzione del ’97. Fra i più ardenti giacobini, egli ebbe nel ’99 un momento di grande notorietà essendo sfuggito al pugnale del Queirolo, il quale s’era poi rivolto contro Sebastiano Biagini. Nel 1816 fu aggregato ai dottori del Collegio dell’Università e ne! ’18 successe a Luca Solari nell’insegnamento delle Pandette. Di fervidi spiriti liberali egli era molto amato dagli studenti. — Ottavio Ruffini dedicherà alla sua memoria una collana di sei sonetti (Cfr. A. Lazzari, Un documento universitario di G. Mazzini in «Rivista d’Italia», Roma, agosto 1911). (50) Su Gaetano Marrè e le parte da lui avuta nella rivoluzione del ’97 (Cfr. A. Neri, Un giornalista della rivoluzione genovese in «Illustrazione Italiana», 1887, 79). (51) Nicola Ardizzoni era stato iscritto nel ’97 nel Corpo Legislativo dei 60. / — LXV1II. — parte non secondaria nel movimento vi voi azionario chi '!)7 e naturalmente mal sopportavano Ir costrizioni che il nuovo regime imponeva loro. Per avvalorare questa nostra affermazione — che contrasta con quanto fin qui s'è detto intorno all’ambiente universitario di questi anni — entriamo per poco — sulla scorta di nuovi documenti — nella vita universitaria. soffermandoci su qualche fatto clic getterà nuora luce anche sulle condizioni dello spirito pubblico genovese del momento. Nel giugno 1817 con decreto di 8. M. venivano chiamati a far parte del Collegio dei professori della Facoltà di Legge, alcuni noti avvocati della città, per rimettere in efficienza la Facoltà la quale sia per la morte, che per il ritiro di non pochi, professori s’era ridotta a non poter più svolgere Vopera sua. Il governo aveva nominato i nuovi professori senza prima interpellarli, sicuro che essi non avrebbero rifiutato una carica che avrebbe dovuto essere d'onore per dei liberi professionisti. Ma le risposte che costoro diedero dovettero certo produrre una non piacevole sorpresa nel Governo. Sopra un medesimo foglio infatti — in data 30 giugno 1817 — gli avvocati Benedetto Perazzo, Pietro Mera ni, Giuseppe Gandolfo, Filippo Molfino, comunicavano alla Regia Deputazione, senza nemmeno salvare le forme, eh’essi non accettavano l’incarico, non permettendolo le loro occupazioni (52)- La risposta era evidentemente concordata Grande avvocato, spirito fin© e colto, egli esercitò una grande influenza nella vita intellettuale di questo periodo a Genova. Dopo la restaurazione fu uno dei professori più ostili al nuovo regime. (52) Il Priore G. B. Bernardo Gandolfo, incaricato dalla Deputazione di comunicare la nomina ai neo professori con la seguente lettera la trasmetteva : Ill.mo Signore, Ho ricevuta dall’Ecc.ma Deputazione agli studi una di lei deliberazione, quale trasmetto autentica a VV. SS. Ill.ma per invitarla come membri del Collegio di Legge eletti da S. M. a prestare il giuramento secondo il disposto del R. Regolamento tit. 3 C. C. De Collegi F. 6 cioè lll.mi Sig. C. Luigi Schiaffino, Filippo Molfino, Pietro Merani, Benedetto Perazzo, Giuseppe Gandolfo. Per tanto partecipo a VV. SS. Ill.me detto fattomi invito ed in attestazione d’un loro riscontro, quale potranno significarmi con loro opportuna nota anche sotto il presente biglietto, sono con la maggiore stima ecc. Di VV. SS. Ill.me Gio Batta Bern. Gandolfo - priore. 30 Giugno 1817. Ne riceveva le seguenti risposte: Ill.mo Signore, Non mi permettono le mie occupazioni di attendere agli affari del Collegio, e quandi la prego a riguardarmi come dimissionario e farmi rimpiazzare da altri certamente più degni di me. Ho l'onore di professare a V. S. Ill.ma particolarmente la mia più profonda stima e rispetto. Benedetto Perazzo LXIX. — e rappresentava una manifestazione di carattere non dubbio. Dato lo scacco ricevuto — e dovendo d’altra parte procedere alla nomina di altri professori — il Governo prima di fare altre nomine aveva fatto fare dalla Deputazione opportuni approcci presso altri avvocati per averne il preventivo assenso. Pare che i nuovi designali, ed erano gli avvocati Cesare Parodi, Cesare Pallavicini, Ar.gela De Ferrari e Luigi Germi avessero « da'ti indizi di accettare la carica onorevole, offerta loro da 8. M. » ma — così troviamo in un rapporto segreto inviato dal Presidente della De;mazione al Ministro Segretario di Stato in data 4 agosto 1817 (53) a con sómma sorpresa del- V E oc.ma Deputazione, hanno tuth meno il Germi, domandata la loro scusa ». E il buon Presidente della Deputazione soggiungeva : « Non è per ora possibile, che l’Ecc.ma Dep.ne proponga a V. E. altri soggetti in rimpiazzo. Il ceto dei Sig.ri Avvocati, non so se mi si dica guasto (sic) dallo spirito di partito, non lascerebbe scegliere con sicurezza, nè è decoroso azzardare più oltre ». E si lamentava il Marchese Grillo Cattaneo della situazione assai difficile nella quale essa doveva svolgere il suo compito : « Forse nell’anno successivo — egli soggiungeva — si potrà provvedere, sperando che il Governo vorrà prendere delle misure efficaci, a togliere tanta franchezza di dire, di scrivere, di operarp che nuoce certo alla discrezione, e al buon ordine ». E si scolpava la Deputazione a riaffermare la sua buona volontà, ma anche la sua incapacità a modificare uno stato di cose ben superiore alle proprie capacità. « Sia persuasa l’Ecc. V. che l’Ecc.ma Deputazione non negligenterà mai i propri doveri sicura di essere protetta, ma sappia insieme, che mal soffre una lotta scandalosa, che tende a disanimarla, e con questo a toglier di mezzo ogni salutare disciplina. V. E. col suo consiglio, e la sua autorità, potrà giovare a tutto, e tolga il Cielo la possibilità di vedere distrutto il nostro stabilimento universitario sol perchè viene contrariato da alcuni pochi ». Parole quest’ultime che indurrebbero a credere che la De- 30 Giugno 1817. Mi uniformo anch’io a quanto sopra. Pietro M. Merani Sorto anch'io nel medesimo caso, e perciò prego a considerarmi dimissionario. Giuseppe Gandolfo Li attuali miei affari non mi permettono di attendere come è conveniente a quelli del Collegio e prego perciò a riguardarmi come dimissionario. Filippo Molfino (A. U. G., Corrisponderne). (53) Registro lettere segrete, n. 14, in .1. U. G. — LXX. — pii fazione fosse umilissima esecutrice dei servizi che il Governo ad essa imponeva. Ma non è così. Possiamo dire che in genere il corpo insegnante — e bene spesso anche la Uccia Deputazione — dell’Università di Genova seppe in questi anni tenere un contegno fiero e dignitoso di fronte all’invadente, corta e meschina politica scolastica del Governo, il quale d’altra parte trovando tanta resistenza e conoscendo bene quale favore trovasse nell'animo dei cittadini tale atteggiamento dei dirigenti la sua Università. dovette più di una volta mordere il freno e tollerare. Ne abbiamo la riprova in un breve carteggio polemico del ’19 tra il Marchese Grillo Cattaneo e il Ministro Se-gretario di Stato Prospero Balbo sulla indipendenza dell7 niversità. Nel gingno del ’10 il Ministro Balbo con Reale Decreto aveva stabilito di togliere alla Direzione dell' Università la « riforma di S. Remo » e di altn? città del Ducato, senza prima èssersi consultato e aver avvertito la Regìa Deputazione. Il Marchese Grillo Cattaneo aveva perciò il 17 giugno del '19 arditamente protestato, terminando la sua rimostranza con queste significantissime parole : « Resterà solo che V. E. si degni di togliere colla sua protezione, e autorità ogni ombra di dubitazione per noi sulla indipendenza della nostra Università favorita fin qui con tanta distinzione dai Sovrani Rescritti, dai quali vien conservata la forma illustre, ed il decoro di questo nostro letterario stabilimento » (54). Il parlare d’indipendenza in regime di Governo assoluto e con Varia che spirava sotto il Governo sabaudo in questo periodo non era certo testimonianza di illimitata devozione. E il conte Prospero Balbo immantinente rispondeva con una lettera assai fine, nella quale non sai se più ammirare la finezza] diplomatica o la perfezion letteraria. « Ella desidera, prestantissimo signor Marchese — cosi risponde in data 28 giugno ’19 al Marchese Grillo Cattaneo — ch’io le tolga ogn'ombra di dubitazione sulla indipendenza della sua Università. A questo vocabolo d’indipendenza, che talvolta suona male, io son lontanissimo di dare un mal senso, allorché viene da persona tanto rispettabile e rispettata quanto è V. S. Ill.ma. So che per ogni persona e fisica e morale, vi può essere, anzi vi è sempre qualche sorta d’indipendenza lodevole e desiderabile. Ma qual sia quella di cui si tratta, non arrivo a capirlo. Sua Maestà ha voluto, oltre ogni mio merito e fuori d’ogni mia domanda, e (54) Registro lettere diverse 1816-1820, pag. 445, in A. U. G. LXXI. — contro ogni mio desiderio, che l’Università di Genova da me dipendesse. Forse ha saputo che in altri tempi il caso ne fece quasi da me dipendere l’esistenza. Ma se la Maestà Sua, mossa dalle mie suppliche, o da qualunque motivo, in vece mia metta un altro capo, od altrimenti muta la superior direzione o delle due università o di sola codesta, siffatte mutazioni, di cui pure non v’è ombra di apparenza, non saranno mai prova di meno (benignità nell’animo del Re, alle cui paterne cure, vedo V. S. 111.ma ben a ragione riconoscente. Lei dunque io prego ed i rispettabili suoi colleghi a non adombrarsi mai d’uno sbaglio, o d’un ritardo, od anche d’un provvedimento che forse non sia conforme all’opinione d’al-cuni, cose tutte che giornalmente succedono in ogni amministrazione. Fatto sta che sotto al Governo di S. M. l’Università di Genova è diventata più ricca di quel che fosse, e credo anche di quello che sia stata mai. Resta dunque che tutti di buon accordo, bandita ogni vana diffidenza, ci adopriamo a secondar le mire dell’Ottimo Sovrano, ed a far il bene della Nazione in oggetto tanto importante quanto l’ammaestramento della studiosa gioventù. Gradisca Riverentissimo Signor Marchese, gli atti sinceri dell’ossequiosa distinta stima, colla quale ho l’onore di protestarmi, ecc. » (55). Da questa fine ed elegante risposta risulta chiara la ferma volontà del Governo di non riconoscere all' 1 niversità nemmeno Vombra dell’autonomia, ina nel medesimo tempo per i termini con cui essa è redatta ci fa conoscere in quali guanti di velluto esso celasse la mano ferrea, timoroso certo — e ben a ragione — dell’insofferente spirito rii ribellione che pervàderà gli ambienti genovesi, alla cui influenza non sfuggivano nemmeno le- più alte cariche ufficiali del Bucato. Nè la Deputazione si dette per vinta di fronte alla lettera del Balbo. Il Marchese Grillo Cattaneo arieva radunato il 1° luglio la Deputazione alla quale aveva partecipato « il dispaccio dell’Ecc.mo Capo delle Regie Università, relativo all’hi dipendenza di questo nostra)) e la Deputazione ad unanimità di voti aveva incaricato il suo Presidente (( di rispondere lettera all’ E. 8., a tenore dei discorsi fatti nel Circolo» (56). E la risposta partiva il 3 luglio e in essa — in una forma assai ossequiosa e non meno diplomatica — il Marchese Grillo Cattaneo richiedeva che fosse tenuta dal Governo « la conservazione della Università nello stato in cui la clemenza del Sovrano ha voluto costituirla con le precitate Regie Patenti (quelle del 30 dicembre 1814) e coi successivi decreti, che ne hanno realizzata l’ese- (55) Corrispondenza varia in .4. V. G. (56) Registro deliberazioni dell’Ecc.ma Deputazione dal 30 giugno 1819 al 14 febbraio 1821. Deliberazione del 1. luglio 1819, pag. 10 in M. R. G. — LXXII. — cuzione sotto l’immediata direzione di un Capo siccome attualmente succede ». E soggiungeva non senza- una gioita di malizia nel richiamo ch’egli fa dell’osservanza da parte del Sovrano c del Ministro suo alle Leggi in rigore : « Qualunque possano essere in seguito le disposizioni della suprema autorità a riguardo di questa Università, la Deputazione Ecc.ma riposa tranquilla sulla illuminata protezione dell’E. V., sicuro, che, in ogni occasione non lascierà di far presente all’imparziale giustizia di S. M. il tenore delle anzidette Regie Patenti, le quali contengono le onorevoli concessioni, che saranno un eterno monumento della Sovrana Clemenza verso di questo ducato » (57). Le relazioni, dunque, che correvano tra il Governo e la Regia Deputazione moderatrice degli studi in tutto il Ducato della Liguria erano assai delirate, e aggravava sempre più la situazione l’incomprensione da parte di Torino del vero stato d’animo dei genovesi di fronte a qualsiasi attività svolta da'! Governo Piemontese. Poiché non è a credere che il Marchese Grillo Cattaneo, e in genere la Deputazione, fosse decisamente ostile al Governo per idealità politiche, come lo era una buona parte dei colleghi d eli’Università ; ma l’orgoglio di un certo privilegio e, in fondo, la dignità stessa dell’ufficio eh’essi ricoprivano e, forse, sopra ogni altra cosa, l’abito di una certa libertà civile e politica a cui erano stati avvezzi in lunghi anni di esercizio dei più alti uffizi ch’essi avevan coperto nella repubblica ligure, li rendevano insofferenti di un giogo che prima ancora che opprimente, sentivano stupido. Perciò anche i conservatori e i reazionari della più bell’acqua si trovavano ad un certo momento ad essere d’ accordo con i liberali, perchè V a-zione loro era rivolta contro la gretta corta meschina politica del Governo piemontese. Questo il Governo di Torino non riesci mai a com/prendere, reso cieco dalla diffidenza ed anche probabilmente un poco da timore. E la Deputazione si trovò q^iindi a combattere da una parte col Governo per mantenere una certa dignitosa indipendenza e dall’altra con le ribellioni continue sia da parìe degli stude/nti che dei professori. ' ' Anche, si, dei professori. Citiamo wraltro esempio : Il 14 agosto del ’18 « colle solite formalità » aveva avuto luogo a Genova la chiusura della Università. ed era avvenuto per opera di due professori un assai grave scandalo. Infatti (57) Registro lettere diverse 1816-1820, pag. 455-456 in A. XJ. G. -- LXXIII <( in questa occasione — lasciamo parlare il Marchese Grillo Cattaneo che in tali termini scriveva in forma riservata al Ministro Brignole il 15 agosto — in questa occasione per la seconda volta i signori professori Luca Solari e Gaetano Marrè con ammirazione universale si sono ricusati di mettersi in piedi, a norma di quanto prescrive la civiltà, nell’atto del passaggio dell’Ecc.ma Deputazione che in corpo si portava alla Chiesa. Disprezzò questo fatto la Deputazione Ecc.ma la prima volta, che ebbe ad osservarlo, ma non deve tacersi la seconda, temendo di malizia, d’insubordinazione, e di un cattivo esempio per l’avvenire. La Facoltà di Legge, meno i due nominati professori, presenti solo forse per insultare, è sempre povera d’individui nelle pubbliche funzioni. Il Professor Molini mai interviene, rare volte il Sig. prof. Ardiz-zoni » (58). Figurarsi la gioia e i coni menti degli studenti a tali scene! Nè la Deputazione riusciva a spuntarne una poiché anche in questo caso la corta e pauroso, politica del Governo aveva sentenziato per mezzo di (( S. E. il luogotenente del Re di non farsi luogo a provvidenze contro il detto prof. Marrè» (59). Ma un assai più grave avvenimento dorerà mettere di fronte recisamente il Governo e la Deputazione dell’Università : i moti rivoluzionari del marzo 1823, ai quali gli studenti universitari avevano largamente partecipato. Anche in questa occasione la Deputazione si comportò in modo corretto ed assai fiero, in netto contrasto con la corta e poliziesca attività del Governo. Domata l’insurrezione del marzo ’21 e dopo che il Governo di Carlo Felice, ebbe ripreso le redini, questo aveva preteso dalla Regia Deputazione un particolareggiato rapporto, sulla partecipazione che al moto allevano avuto gli studenti, ma soprattutto ad esso premeva conoscere il modo con cui s’erano comportati i professori. La Deputazione avrebbe dovuto inviare un rap porto circos tari zi ato « sulle qualità morali dei Sigg. Professori, sul loro modo di pensare, sui principii in materia di religione, sulla riputazione intorno alla capacità, sulla riputazione a riguardo delle abitudini e rapporti sociali, sul-l’attivita e zelo nell’adempimento de’ loro doveri, sulla condotta nelle ultime vicende politiche » (60). (58) Registro lettere segrete n. 21, in A. U. G. (59) Registro lettere segrete n. 30, in A. U. G. (60) Non abbiamo rintracoiata la lettera diretta alla Deputazione. Ma dalla risposta da cui abbiamo stralciata la parte che nel testo abbiamo virgolata, risulta in dettaglio quali fossero 1© richieste. Le lettere che riguardano l’inchiesta sui professori universitari sono del 29 giugno, 17 settembre, 3 ottobre 1821 e son tutte conservate nel Registro delle lettere segrete cit., in A. U. G. LXXIV. — La Deputazione s'era rifiutata di compiere tale basso servizio di polizia ed il suo Presidente comunicava al Senatore Efisio Carro, come al Senatore (1 rattarola già precedentemente aveva fatto, in data 17 settembre '21 che, arca consultato la sua Deputazione Ecc.ma la quale arcra pensato adì non poter, trattandosi di si gelose informazioni, oltrepassare i limiti di quanto era significato nei giornali (sic: giornalieri) rapporti del prefetto delle scuole, in quelle dolorose occorrenze »• E soggiungeva : (.(.Rifletteva inoltre (la Deputazione) che le riuscivano impossibili le altre ricerche sulla moralità, cioè, condotta, e modo politico di pensare dei Sigg. Professori, poiché questi non frequentano VTJniversità che per pochi momenti, e dai rapporti indicati non consta che abbiano tenuti discorsi e tanto meno usate operazioni sospette ». E, in cauda venenum, concludeva : « Credeva invece che ciò dovesse ben sapersi dalle altre autorità alle quali viene dal Governo affidata la Polizia generale destinata ad invigilare appunto sulla condotta morale, sui principi discorsi, riputazioni abitudini e rapporti sociali di ciascun individuo ». La fiera e dignitosa risposta della Deputazione non poteva certo essere accolta favorevolmente dal sospettoso e diffidente Governo di Torino, il quale (quem deus vult perdere dementai !) si decise allora di indagare sulle opinioni politiche dei componenti la Deputazione; e, a chi affida l’incarico ?, nientemeno che ai priori delle varie facoltà e perfino al Prefetto de’ cortili! Il Presidente della Deputazione, non senza una punta (li sarcasmo, scrivendo al Ministro Segretario di Stato e capo delle Università, dice di essere a conoscenza di tale inchiesta e comunica che la Deputazione Eccellentissima ben lontana ((da ogni idea di far querela per tale fatto non fa che accennarlo storicamente al di lei capo dal quale tanto si stima onorata e distinta » (61). Noi crediamo siano sufficienti queste testimonianze — senza addurre altre delle assai numerose che si conservano nell’Archivio delle Regia Università di Genova — per indurci a credere che non corrisponde assolutamente a verità la dipintura a tinte fosche che sì fa, ormai per abitudine, dell’ambiente universitario di questi anni e delle angherie senza nome fatte agli stu- (61) Registro lettere segrete cit., in A. V. G. n. 31. 1 — LXXV. — denti per allontanarli dal percorrere la via degli studi. Il quadro. che dell’ambiente scolastico fa Giovanni Raffini nel Lorenzo Bertoni, c clic può ad ora è stato considerato e seguito come testo, anche dagli storici più seri, va sfrondato di tutto quello che c dorato alla fantasia accesa del brillante, romanziere, e tanto più si deve togliere all’invrntiva sbrigliata di qualcuno, che, sulla traccia del Raffini, parlò delie condizioni di vita degli studenti universitari di questi, anni. Secondo costoro, avendo il Re Carlo Felice manifestato il desiderio che i suoi sudditi imparassero appena a leggere e scrivere, san libero stati, dai loro insegnanti, ossequienti alla rolontà regia, sottoposti alle più dure costrizioni d’intelletto e di coscienza, affinchè il loro orizzonte non si allargasse, sviluppando in essi qualche pericolosa tendenza. Dopo il ’21 , specialmente. che area »vesso sull’avviso i potenti, i reazionari, lamentando l’eccessiva libertà lasciata ai gio-vani studenti, avrebbero dato una buona tirata di morso; e limitato il numero degli studenti, che potevano essere ammessi al-l’Università, rendendo intricatissime le pratiche dell’ammissione, arrelìbero potuto all’ultimo momento, escludere Vaspirante alla matricola, sedo se il parroco avesse negato il certificato di frequenza alle funzioni, o se i (( precedenti » fossero stati tali, a giudizio della commissione esaminatrice, che non si potesse ammettere lo studente all’Università. Non solo; ma, dopo aver reso quanto mai difficile l’accesso alla carriera universitaria il governo piemontese avrebbe continuato ad angariarli di anno in anno, fino a giungere, nel ’28, ad imporre alle teste più calde, ai giovani d’ingegno più acuto, un esame straordinario, oltre quello ordinario, che sarebbe stato come una spada di Damocle sul capo del disgraziato studente, al quale fosse fatto Vobbligo di sottostarvi. (62) Il quadro però, se pur seducente non risponde alla verità storica. In realtà, se pure giungevano da Torino rigidi ordini per tenere imbrigliata la gioventù, è altrettanto vero che questi ordini erano accolti ed eseguiti dalla R. Deputazione genovese con iena certa larghezza di vedute; e che, all’occorrenza, essa, sempre nei modi che i tempi permettevano, non esitava a manifestare alla Segreteria dello Stato e al Re Carlo Felice il suo parere contrario. Così — ed è l’ultimo esem- (62) Sarebbe lungo, ed anche superfluo, l’elenco degli studi su questo periodo che, attingendo l’un dall’altro, han riprodotto con le stesse tinte il medesimo quadro. La fonte principale — sarebbe superfluo ripeterlo — è sempTe stata il Lorenzo Benoni del Eufflni. — LXXVI. — pio che oi fortunatamente così numerosi, da dover fai* degradare in un giudizio troppo affrettato tutta la danne degl'insegnanti genovesi. X * * A riprova di ; e che dovrebbe ormai cessare « le viete teorie della scuola, che fastidisce a ragione ed irride il dotto secolo » ; e poiché il volume del Leoni, è scritto in lingua latina, e per di più (( tanto diversa dalle pure sue forme e del tutto povera d’ogni onesta eleganza » conchiude « scritture di sim.il ’ fatta non accrescono al patrimonio della scienza. nè adempiono al desiderio degl’ Italiani. Non bis auxiliis nw defen sori bus istis tempiis egot » (70). (70) Indicatore Genovese n. 18 e 19 (6 e 13 settembre 1828). E’ curioso notare che nella copia da me studiata dell'indicatore, appartenuta già ai Budini ed ora al Civico Museo del Risorgimento di Genova tra il penultimo e l’ultimo periodo del — LXXX. — Poco dopo comparirti nello stesso (/¡ornale un altro articolo, accolto fra gli scritti di Mazzini di dubbia attribuzione (71), nei quale l'autore non si limitava a condannare le viete teorie clic i giovani mazziniani avean dovuto loro malgrado imparare, ma colpiva i principi a cui s'ispirava la scuola e conseguentemente tutto ¡'ordinamento di essa. Nell’articolo intitolato « Alcuni perchè sulla pubblica istruzione » l’autore si domanda, con un fuoco di fila di interrogazioni, perchè mai, dopo i miglioramenti e le riforme adottate in altri paesi, intorno al metodo d’istruzione dei giovani, si debbano tormentare i fanciulli sin dalla più tenera età, « esclusivamente occupandoli nello studio complicatissimo d’una lingua che più non si parla », « col solo risultato di un abbonimento invincibile allo studio, che vien radicandosi ne’ giovanetti applicati in materia sì arida, e sì faticosa. Perchè all’uscire delle Umanità, Rettoriche e Filosofie si vedono tanti latinisti, e tanti filosofi senz’alcuna nozione di principi ragionati sulla Religione, e sui Divini Codici che la racchiudono, senza un’idea adeguata di Lingua Italiana, di Logica pratica, di Geografia, di Storia patria, di Storia naturale, almeno attinta ne’ suoi elementi, cose tutte a cui più utilmente e più gradevolmente potrebbero consacrarsi quegl’ingegni nascenti, che non ai Supini, ai Deponenti, alla Prosodia, alle Amplificazioni, ed ai Sillogismi ? ». Invece che esercitazioni latine per formare periodi bimembri o quadrimembri, perdita di un preziosissimo tempo, per fanciulli che si daranno alle industrie ed ai commerci, meglio sarebbe che ai giovinetti i quali non studieranno mai nè medicina nè legge, s’insegnassero, dopo le prime nozioni di lettere indispensabili a tutti, la Meccanica, la Geometria piana, il Disegno lineare, la Nautica, VAgricoltura, suscettiva sempre di nuovi miglioramenti, onde (( formare esperti navigatori, buoni architetti, intelligenti artigiani, industri coltivatori, fabbricanti ingegnosi » i quali sarebbero di maggior profitto ad una nazione che una miriade di vuoti parolai, inutili a sè ed agli altri. Perchè si continua quella dannosa abitudine ((di fomentare nei giovinetti, collo specioso pretesto di un utile Emulazione i segreti germi dell’odio, della invidia e del-. /^ambizione ; passioni di sì dannosa influenza nel corso di no- brano citato vi sono tre righe accuratamente cancellate, probabilmente dalla censura Esse dicono testualmente: «...nè l’armi sole invadeano il Santuario, che la più sfrenata dissolutezza ardia contaminare la Sedia Pontificale, fra roghi e spade e corone degne insegne di ambizione e tiranniche brame... ». (71) Indicatore Genovese cit., n. 19. - Mazzini, Scritti, Ediz. Naz., Letteratura, I, 396. LXXXl. — stra vita, e fonte di tanti mali sociali ?» E perchè ricordare tuttora la virtù di Catone e di Bruto, « e tanti esempi sì inopportuni al presente staio de' popoli!)) Perchè nel secolo XIX molti precettori usano ancora la sferza « facendo urlare sotto ai loro colpi la prole dì liberi genitori, come già un tempo si adoperava cogl-' Iloti », a non avvisando, imprudenti!, che il gastigo che avvilisce deprava ? ». Perchè nelle scuole si cura solo Vintelletto e si dimentica di educare il cuore « da crii come radice germogliando ogni affetto, derivano pur le cagioni di una vita abbietta c agitata, o d'una pura, fruttuosa e riposata esistenza ? Perchè insom. ma nelle scuole si tende unicamente a formare lo scrii torcilo »'ano glorioso, il sonettista, il sofista, il pedante e non V Uomo, non l’utile cittadino, V autore modesto e filantropo, il provvido padre di famiglia ! ». Perchè si moltiplicano « i cucitori di frasi, i cruschevoli, gli attaccabrighe eruditi)) « e non appar indizio che possa venir suscitata la santa semenza dei Galilei, dei Colombo, dei Boria, dei Franklin, degli Washington, dei Fenelon? ». L’articolo, violento e troppo spietatamente veritiero, veniva a colpire indirettamente il padre Spotorno direttore a Genova delle pubbliche scuole; e c’era da aspettarsi da costui una non certo blanda reazione; tanto più che in polemiche precedenti egli era stato personalmente colpito da una critica assai vibrata dall’Indicatore Genovese dove Lorenzo Damano Pareto (72) intervenuto in una polemica■ tra lo Spotorno e ¡1 Salfi, a-veva appoggiato quest’ultimo nella critica acerba ch'egli aveva fatto sullaRevue Encyclopédique a proposito della Storia letteraria della Liguria dello Spotorno. (72) Lorenzo Anton Damaso Pareto era nato a Genova nel 1802 da Gian Benedetto e da Aurelia Spinola, di nobile famiglia genovese. Della sua famiglia erano assai noti a Genova per aver ricoperto elevate cariche pubbliche, Agostino Pareto, che aveva militato fra i giacobini durante il periodo rivoluzionario del ’97, meritandosi per il suo ardore l’appellativo di Robespierre genovese, e Lorenzo Pareto, già in quegli anni salito in fama per i suoi studi geniali di geografia e di geologia e che diventerà più tardi ministro del primo ministero costituzionale del Piemonte. Il Pareto aveva percorso gli studi secondari nel Collegio Beale di Genova, dove ebbe per maestro il Prof. Lari che abbiamo già avuto occasione di ricordare più volte. Nel ’17 troviamo già il giovinetto recitare alcuni versi sciolti sulla Reggia delle arti e nel '18 un altro poemetto pure in isciolti « La scoperta dell'America fatta da Colombo ». — E’ notevole l’attività letteraria del Pareto nella sua giovinezza ed essa è stata recentemente studiata da Anna dal Pin (Damaso Pareto in « Giornale Storico e Letterario della Liguria», cit., pagg. 24-47). Qui ci limiteremo a notare l’importanza notevolissima delle sue tradizioni del Shelley, del Campbell, del Medwin, per cui egli può a buona ragione essere giudicato « uomo di vasta e varia coltura, dotato di uno squisito senso del bello che lo rese per tempo fine intenditore e critico geniale della più eletta poesia inglese ». (Dal Pin, op. cit., pag. 47). Il Mazzini lo ebbe in grande considerazione e — LXXXII. « Un articolo assai ragionato — con queste parole aveva iniziato il suo attacco il Pareto — che abbiamo letto sulla rivista Enciclopedica intorno alla storia letteraria della Liguria, ne mise a schiamazzo l’autore, che, non istimando se non quelli, che il lodano, quindi pochissimi, esce furibondo in campo a dar colpi nell’aria per difendere quell’opera d’una mediocrità consolidata ». Prosegue dicendo che forse « una spiacevole imparzialità di lodi)) lo indussero a scagliarsi contro il Salfi «con quella vivacità che somiglia al mal umore di chi. abbia perduta la propria causa )). Certo, deve averlo ispirato uno straordinario a-mor proprio, o una eccessiva coscienza della propria superiorità, perch’egli siasi indotto a scrivere quello che ha scritto, e il Salfi gli potrà facilmente mostrare che la stima ch'egli fa della propria opera, mal s’accorda col risultato. E infatti, chiunque la legga con animo imparziale non ri trova se non (.( una sterile abbondanza di notizie biografiche, e bibliografiche, di lunghe cronologiche discussioni, e di minute particolarità di letterati, nelle quali l’autore pose ad usura il proprio ingegno accumulando noiosi ed incerti vanti per una folla di scrittori suoi favoriti, il cui nome di ninna fama risuona, e eh’a ei trasse daJlle tenebre, ov’era meglio lasciarli. Ma il desiderio dei più sani principi di e-stetica e di filosofia, alle quali dovrebbe sempre offrire la Musa della Storia il più puro incenso, si accompagna non soddisfatto mai sino alla fine di quell’arida lettura ». E — prosegue — non gli mancava splendidi esempi da imitare, come il Sismondi, l’Ugoni e lo stesso Salfi, nella continuazione della storia del Ginguené intorno alla letteratura italiana. « Noi confessiamo ingenuamente, conclude, che la lettura di questa storia fa fede della nostra pazienza » e che « il mal vezzo di romper guerra con le irresistibili accuse di irreligione e di libertinismo, metodo non infrequente nel nostro storico, è sovente una bassa basterebbe a provarlo il seguente brano di lettera indirizzatagli nel ’32 da Marsiglia, invitandolo a collaborare alla Giovine Italia: «Noi abbiamo insieme fatta la guerra — la piccola guerra contro i pedanti; allora ci gridavano la croce addosso, ma le idee prevalevano e il povero romanticismo, che usciva fuori pauroso e incerto, è diventato re delle menti, e meno Spotorno, i redattori dell’Accademia, de’ quali non ho più udito dacché mi partii, e pochi altri che nacquero, vissero e moriranno eunuchi, gl’ingegni sono universalmente emancipati in letteratura : se noi paiono si è perchè la tirannide uccide anche le lettere e mortifica gl’ingegni, ma abbiate in Italia tre mesi di libertà e vedrete. Battiamo dunque il resto; il cavaliere non il destriero. Emancipiamo gli intelletti da ben altri vincoli, diamo una tribuna all’Italia... ». — La lettera è pubblicata in A. Neri, Lettere inedite, di G. Mazzini in « Rivista Ligure di Scienze, Lettere ed Arti », Genova, 1911, pag. 7 dell'estratto). — Lxxxm. — e infruttuosa calunniti, sempre fuori luogo nelle discussioni letterarie ». (73). Non soltanto a questo attacco al bilioso e violento barnabita s’era limitato il Pareto; ma ''era permesso — naturalmente reagendo alle contimi e punzecchiature contro i romantici che lo Spotorno ven ira serirendo sul suo Giornale Ligustico — di esaltare la figura del ;professor Lari in contrapposto a quella del direttore del Ligustico (74). Non ci soffermeremo a parlare dello strascico di queste polemiche già illustrate dal Neri, ma ei limiteremo a notare come per il ricorso dello Spotorno presso le autorità politiche, queste non avevano ((.potuto non ravvisare dettati da maligno animo gli articoli riguardanti il trattato di filosofia morale del professor Leoni, ed il metodo attuale d’insegnamento » ; ed erano perciò intervenuti presso i compilatori (ZeZZ’Incìicatore Genovese, minacciandoli «che ove mai si fossero permessi nuovamente consimili critiche intorno a, quanto emana con autorità dal Governo, Terrebbe loro proibita l’ulteriore compilazione del giornale » (75). Naturalmente i giovani compilatori non se ne dettero per inteso tanto più che ormai gli attacchi, del Ligustico contro di loro erano continui e violenti. Interessanti sono in quest’ultimo scorcio di vita del giornale mazziniano parecchi articoli del Mazzini, del Benza, del Bcttini, del Pareto e di Cesare Leopoldo Bixio (7G). Ma mentre nel dicembre del ’28 il Mazzini e gli amici suoi, ripromettendosi di dare maggior sviluppo al giornale, chiedevano alle autorità il permesso di farlo uscire nel ’29 con carattere esclusivamente critico-letterario, si ebbero in risposta il decreto di soppressione del giornale stesso. Il Senatore Rovereto, inviando a Torino la domanda del Maz- (73) Indicatore Genovese n. 16 (23 agosto 1828). (74) « Accademia del E. Collegio » in Indicatore Genovese n. 17 (30 agosto 1828). (75) A. Nebi, La soppressione dell’indicatore Genovese, cit., pag. 27. (76) Cesare Leopoldo Bixio era di qualche anno più anziano di Mazzini essendo nato a Genova il 15 settembre 1800, da Felice e da Maria Brusco. Aveva frequentato i corsi della Facoltà, di Legge presso l’Università di Genova e s’era laureato nell'agosto del 1825 (Documenti Scolastici in A. U. (?.). Nell’ Indicatore Genovese egli pubblicò un articolo nel n. 18 (6 settembre 1828) sopra le Lettres sur la Profession d’Avvocat del ÌVarée. — Secondo le delazioni del Doria egli era a Genova uno dei più ardenti Carbonari, tanto che nel ’30 andava ogni giorno a « fare i rapporti » al Doria stesso in casa sua insieme al Mazzini, al Torre, al Costa, al Morelli, al Gerva-soni (Luzio, Mazzini Carbonaro, cit., pagg. 27 e 316). Nel ’30 fu arrestato e subì alcuni mesi di detenzione nella fortezza di Gavi. Sopra la sua attività politica dopo il ’30 vedasi il breve cenno biografico di F. Poggi in « Il Risorgimento Italiano - Dizio nario illustrato » diretto da M. Rosi, voi. II, fase. 8, pag. 303). — LXXXIV. — zini, così commentava lo svolgersi dell'attività del cenacolo mazziniano : « ... Poco a poco questo foglio, trascendendo i limiti del suo titolo, si destinò pressoché esclusivamente ad articoli di critica letteraria che per la loro intensa mordacità ed arditezza malgrado tutta l’attenzione posta da me, a cui restò quasi esclusivamente affidata l’incomlbenza, nel rigettare alcuni, temperarne negli altri l’asprezza, cancellarne i periodi più offensivi, non mancarono di riuscire spiacevoli a diversi scienziati di merito riconosciuto; ed anzi, pendente la nostra assenza, se ne pubblicò uno (n. 18 del 6 settembre) che sfuggito alla vigilanza del senatore dalla S. V. Illustrissima ed Eccellentissima incaricato di fare le nostre veci, in grazia di trovarsi solo a questo ufficio, in mezzo a tante altre Occupazioni, fu causa di reclami che peryennero fino all’orecchio di Sua Maestà. Dopo di ciò non mancai di tenere ancora a più stretto freno gli editori di tale foglio; ma non dissimulo a V. E. che questa sorveglianza mi ha dato, finora, un’occupazione incompatibile affatto col poco tempo che mi lascian libero i doveri della mia carica; e niun consiglio, niuna persuasione han potuto fino ad ora ridurre gli editori del medesimo (tutti giovani assai colti, ma sgraziatamente che hanno troppo alta idea di sè stessi, e non conoscono la deferenza che si deve ai scienziati di più provetta età) a non presentare se non articoli scritti in gentile e urbana maniera, con assistenza di sode ragioni; insomma tali da non incontrare contrasto per esserne permessa la stampa » (77). L’ultimo numero de//’Indicatore uscì il 20 dicembre del ’28. * * * 1 giovani mazziniani, però, non si lasciarono per nulla intimorire dal provvedimento che colpiva di morte il loro giornale. Sembra anzi che la loro attività prenda nuovo vigore dalla persecuzione; ed anche nel bandire i loro ideali si fanno piti a/ii-daci e lacerano ormai anche quel sottilissimo velo con cui nel-Z’Indicatore genovese avevano in parte celato il loro credo. L’amicizia stretta col Guerrazzi apriva loro l’accesso ad un altro giornale, che sorgeva col proposito ben chiaro di continuare l’opera di quello soppresso in una regione in cui la tollerante inerzia del Governo permetteva di esprimersi assai più chiaramente che nello Stato Sardo. E /’Indicatore livornese, diretto dal Guerrazzi, (78) vedeva la luce pochi giorni dopo la morte di quello genovese. Ma sia per V ini portanza che ad esso diedero (77) A. Nebi, La loppremone ecc., cit., pag. 35-36. (18) Mentre sto rivedendo le bozze mi giunge il bello studio del compianto li. Cambini : L’Indicatore Livornese pubblicato nella « Biblioteca Storica del Risorgimento » (serie Vili, n. 11), Milano, 1925. — Chi desiderasse più ampi ragguagli sull’attività svolta iù che, data l'estrema rarità del periodico, esso può considerarsi inedito. « A questo nostro secolo — egli dice — è stato plauso unanime dalla giovane Europa non per il progresso scientifico, pur notevole, nè per le invenzioni meccaniche, nè per il progresso che vi ha portato il genio; ma per qualche cosa di più e di meglio, per il bisogno di miglioramento morale che è in ogni animo, per il ridestarsi misterioso di sublimi pensieri, per l’anelito concorde alla virtù: in una parola per lo slancio unanime degli spiriti verso il bello morale. Quest’ansia del bello, soggiunge, a me pare che costituisca lo spirito del Romanticismo... E così mi giovasse la mente a svolgerne la genesi per entro le Facoltà dell’anima, a graduarne lo sviluppo per entro i periodi della civilizzazione, come a me basterebbe il cuore di provare ch’egli è necessaria conseguenza dei secoli che adempiono l’opera degli umani destini, sarebbe allora manifesto essere questo principio, che taluni suppongono non estendersi oltre la letteratura, un modo speciale di esistenza influente su tutte le nostre relazioni morali, un raggio solo di un centro luminoso che rischiara l’universa periferia del suo circolo... Io affermava poc’anzi l’intellettuale tendenza allo spiritualismo, non ha guari con tanto vigore manifestata, e da me genericamente descritta col nome di Romanticismo, derivare dal tempo che va compiendo l’opera degli umani destini. A chi mi opponesse, non esser degno delle generazioni passate farne scalino — LXXXVIII. — alle vegnenti per locar l’uomo, quando che sia, nel seggio fatale, risponderei, che troppo ardua cosa è investigare le leggi di tanto arcano volere A me basta l’osservazione del fatto, e fosse pur benigno intendimento di questo stesso volere commetter l’uomo alla cura della sua felicità, e considerarlo come artefice non è giusto pensiero: però gli spirava in cuore col soffio della vita il sentimento del bello, e negli oggetti circostanti gliene additava gli esempi, e gli diceva: or per te il trova. Quindi l’anelito dell’anima a non so quale immagine tutta pura, ed ideale, l’inquietudine di affetto che di nulla si appaga quaggiù... ». Chi sa mai quando sarà dato a noi di vagheggiare da presso questa immagine divina, ma intanto « il desiderio è stimolo al meglio, e dove l’esperienza dei secoli ci abbia condotto tant’oltre che vaglia, potrà la società desumerne norme sicure alla economia religiosa e politica ». Questo desiderio è il vero e solo patto che fondò la società, unendo l’uomo al suo simile e conducendolo alla civiltà. E se noi indaghiamo nelle tenebre del passato fino ad oggi, ci accorgeremo che ogni azione veramente degna compiuta dall’uomo o dalla collettività è stata suggerita e causata da questo stimolo. Sarebbe interessante quanto arduo dimostrare come esso operi sugli individui o sulle masse, come il tempo e le circostanze influiscano su di esso, ed esso su la civiltà, come in alcuni sia più vivo, in altri quasi il germe che è indistruttibile, non essere tuttavia se non fecondato dall’uomo. La volontà ci è stata data appunto per questo scopo: tener desto, alimentare questo divino desiderio e destarlo ove in altri dorma assopito. Questo, che è dovere di ogni età, è il dovere per eccellenza dell’età nostra. « Lo spirito Europeo — conclude — nuovamente con tanta forza manifestato forma l’essenza, e la generalità del Romanticismo. Conosco poi che un vocabolo non denota un sentimento, e ben mostrerei torpidezza d’ingegno dove tanto facessi caso di un nome. Basta a noi che il buon principio viva, e sia nato coll’uomo. Pensai, e dissi che non sempre comparve sotto la medesima forma, che i tempi e i casi lo modificarono senza mutarne la sostanza, pensai che quando una religione spirituale si diffuse pel mondo quell’epoca segnò due periodi — e il secondo di questi intesi appellare romantico: pensai e penso offrire la letteratura di per sè stessa troppo ristretto campo al romanticismo, che egli come conseguenza di una causa generale sia strettamente congiunto con quanto ad essa si riferisce, che le inspirazioni dei romantici sono attinte a questa fonte, che i principi desunti dall’anima uguali per tutti sieno i soli che possano constituiré letteratura. Chiunque ami meditare sulle cause e su le intenzioni della nuova letteratura non dirà paradosso l’essenza, e la generalità del Romanticismo » (85). Il Guerrazzi non pubblicò l’articolo, senza averlo 'prima corretto, e sarebbe interessante il raffronto dei due testi, perchè segnerebbe precisamente dove e quanto divergessero le opinioni del livornese da quelle del ligure. Si intravvede tuttavia, dalla (85) Indicatore livornete n. 2 (2 marzo 1829). L’articolo è firmato E. — LXXXIX. — risposta del Guerrazzi al Bensa, annunciante l’arbitrio che costili fr'era preso sul lavoro dell'amico, l’abisso che li separava. « Il Botta chiamerebbe questo tuo articolo utopia — egli scrìve al Benza il 9 febbraio del ’29 — e forse la mia naturale malignità basterebbe a dimostrartelo o almeno a gittare un dubbio amaro sull’anima tua; ma no; serba, o felice, queste tue care immagini, che, se pur son sogni, devono certamente somigliare a quelli d’Eva innocente. Forse potresti domandarmi : e tu perchè operi ? Tu stesso sei prova al mio sistema. Io ? non so nemmeno io qual sia la ragione che odiando me stesso e altrui tanto rabbiosamente operi sull’altrui felicità. Ne vorrei domandare al mio cuore se non che temo svegliarlo. Forse sarà un brulichio nel sangue, forse... chi sa ? un moto del corpo che sta per disfarsi. Qui faccio un punto forzato perchè altrimenti non so dove me ne andrei a riuscire. Sappi pertanto che di mia mano ho ricopiato il tuo articolo, e così per via ci ho tolto un po’ dì ridondanze di stile,., te ne hai a male ? Mi avevi detto che eravamo amici... e prima che tu me lo dicevi lo eravamo già tanto che per certo tu non lo prendi in mala parte. Del resto mi è piaciuto assai, sebbene diverso dal mio demonio, e i pensieri vi abbondano in guisa che se ne potrebbe fare -un libro. Avanti dunque, ti prendo co’ tuoi stessi argomenti, che in Livorno o in Genova si faccia la fiera poco importa, andando oltre l’Italia non può rimanervi un membro. Questo mio paese è più nudo che non pensi, ed io qui apprestai per voi un mezzo onde manifestiate i vostri pensieri e un asilo. Sprona que’ giovani. Non sono sepolte in Genova Tossa del Doria ? Il tuo articolo sarà posto nel secondo numero, vaglia quasi d’impronta per farne conoscere lo spirito. Mandatemi quanti potete più scritti. Avvertimi come possa fare a rimettervi i numeri se la posta non basta. Un bacio in fronte a Mazzini » (86). Proclamando questo scritto « un’ impronta per far conoscere io spirito » del nuovo giornale, non s’avvedeva il Guerrazzi che la sva ironia sui concetti « utopistici » ai quali s’era ispirato il Benza nel dichiarare alto lo spirito, europeo del secolo, non sarebbe stata sufficiente, nemmeno con le forbici censorie, ad impedire che gli utopisti liguri proseguissero imperterriti il loro cammino. Il Mazzini infatti eollalxorerà con diversi notevoli articoli, ispirandosi sempre a quelle dottrine che egli era venuto appunto in questi mesi definitivamente chiarendo ed ordinando in quel suo bellissimo studio sopra la letteratura europea, cui nel ’61 riconoscerà come il primo suo serio lavoro, ripudiando tutti gli altri scritti anteriori ad esso. (87) A questo che ben fu definito il «manifesto del romanticismo democratico rivoluzionario » (88) egli farà seguire altri no- (86) F. D. Guerrazzi, Lettere, cit., pag. 17. (87) Mazzini, Scritti, S. E. I., II, pag. 9. (88) F. li. Mannfcci, G. Manini e la prima fase eoe., cit., cap. V. xc. tevolissiuii articoli ¡sul Livornese c su I Antologia fia i (piali il più si unificai il' o, quello « 1 ><-1 Dramma storico» in (>ii de scrivendo i progressi dell' « incivilimento rappresentato nella let tenitura y) bandirà lo « sviluppo progressivo del romanticismo » rivendicandone Vapplicazione alla letteratura come (osa nuota affatto (SO). Si trova in questi articoli organicamente espressa quella dottrina a oui il Benza nel suo manifesto del roman ì cismo aveva accennato nel proclamare che alo spinto europeo forma l’essenza e la generalità del romanticismo ». ^ Non ci soffermeremo, perchè non lo comporta l indo e i questo studio, ad illustrare la grande importanza di scritti, in cui si trovano organicamente esposti i principi fon damentali del credo religioso-letterario-politico del • Osserveremo soltanto, limitandoci a toccare brevemente (e a tività lettcrario-politica dei liguri nell' Indicatore livornese^e delle sue ripercussioni nell’ambiente genovese, che fu aPPu lo Spotorno a mettere in rilievo, in un suo vivace articolo po v mico sul «Ligustico» (90) le conseguenze politiche danari logicamente dalle teorie mazziniane, le quali, per quanto^ glianti, potevano, six interessare una ristretta cerchia < » diosi, ma non avere una pratica influenza politica. « Qui il segreto è caduto di bocca al Romantico — esclama tomo — e in noi la benda dagli occhi; sventurati poeti e le er quale aspro ginepraio avete mai a cogliere gli allori della le ®rvandQ europea ! Voi che finora vi ricreaste in un sentiero di rose, co i ■ . le lettere come « dolce sollievo delle umani cure », l’età deg i sc poetici, della poesia campeste e pastorale, degli sfoghi amorosi è pass Le lacrime versate sulla sorte di Merope, e sul destino di Ed*P° U Liperdute per la Patria. Dalla nuova scuola non possono uscire c e cuTghi e Soloni con la lira al collo e la spada ai fianchi; e potr 1 dello scrittore europeo, come fu detto di Mecenate che spesso col pugnai temprò la penna. ... Fuvvi già, nei tempi andati, in qualche parte d’Europa, ques concorso di scrittori, i quali esplorando i supposti segreti dei popo i, discesero ad interrogare il cuore dei loro fratelli, ne rilevarono il segreto, e maturarono gli avvenimenti che ormai tutti conoscono. V questa loro letteratura, che per poco non divenne europea, ne sortì una tragedia che fece spandere torrenti di lagrime ad un’intera nazione; ma non furono di quelle che si spargono con tanta dolcezza sulle tombe di Agamennone, o per la morte d’Ifigenia ». L’accenno alla rivoluzione francese, tanto chiaro quanto (89) ^ L. MANNUCCI, G. Mazzini e la prima fase, cit., pag. 134. (90) Giornale Ligustico fase. V, settembre-ottobre 1829. — XCI. — velenoso suonava denuncia esplicita dell’attività del gruppo genovese alle autorità politiche; per le quali essa poteva anche ex-sere superfhoa, se soltanto avessero dato un’occhiata ad altri articoli, in cui si mirava più direttamente ad accendere l'animo dei giovani, proclamando, in un’allusione assai chiara alle condizioni dell’Italia d’allora « che la nazione ch’è conculcata merita d’esserlo, perchè sta a lei alzarsi, e gettare l’ohhrwsa soma, e starsi ritta sulla persona, come natura la creava » e chc « nell’unione è la forza » (91). Nè il Bettini ristava dall’attaccare i metodi d’insegnamento delle pubbliche scuole, senza preoccuparsi delle conseguenze a cui il giornale sarebbe andato incontro, come l’esperienza insegnava a proposito del confratello genovese. In un articolo « Dell’educazione del cuore » dopo avere accennato ai deplorevoli metodi didattici, esclama : « Duoimi nel più profondo del cuore veggendo i fanciulli, che pure un dì debbono essere italiani, e speme della patria afflitta, dannati a inaridir l’intelletti in educazioni di ghiaccio, atte ad estinguere nei cuori la divina fiamma che è somiglianza di Dio, dannati a pedantesche e odiose fatiche; nel tempo in cui l’anima chiede pascolo, in cui il pensiero e la mente la prima volta s’imprimono, in cui il candore del cuore li fa capaci di ricevere le più dolci sensazioni della virtù. — Ma vi sarà — si domanda — in Italia, cui dolga l’anima di tanta rovina ? » (92). Intanto s'era sparsa la voce che il Pellico fosse soggiaciuto ai patimenti dello Spielberg. E il Bettini lo commemorava con queste parole : « La sventura gli fu indivisa compagna e nell’esilio dal suolo natio (esilio per chi non abbia per patria ogni spanna di suolo italiano) cercò di spargere sane idee sulla letteratura che si addiceva al suo secolo. Nel Conciliatore milanese sparse i semi del romanticismo, che poi crebbero con vigorosa pianta che non provoca, ma che non teme alcun turbine. Silvio però che co’ principi della nuova scuola cominciò a sradicare l’antica cadente quercia, dovè patire la morente rabbia del pedantismo die, fatto ultimo sforzo, potea strappare la penna al Pellico, ma non urtare la volontà del secolo. E Silvio riebbe sventura. Se fu pari a Dante nell’esilio e nelle dottrine, la sua sciagura non ebbe pari. Chi nel rammentarle non manderà grido che suoni ad ogni uomo: — Volgi uno sguardo alla catena che pesa ancora sulle ceneri di Silvio e un voto alla di lui tomba ! Quando spunterà quel giorno di ventura, in cui si erga un monumento di fama a coloro che il prevennero col pensiero. (91) Indicatore Livornese n. 7, articolo del Benza « La Jaquerie - Scénes Fcudales ». (92) Indicatore Livornese n. 167, articolo del Bettini : « DcU’cducazione dei more ». Il Bettini si firmala F. B, — xcn. — che l’affrettarono coll’eccitamento, non ultimo sarà quello di Silvio fra tanti nomi italiani de’ quali è sacra la memoria nei contemporanei e de’ quali è spiato con ansia ogni detto, ogni fatto » (93). « 0 io m’inganno — nota qui il Cambivi nello studio citato sii/rindicatore livornese (92) — o non ancora era comparso ne a stampa periodica italiana articolo si fiero e animoso. oic nessuno, credo, potè pensare clic Silvio Pcllico fosse in ga era per essersi opposto al classicismo, chiaro doveva apparite qua parola il Bettini sostituisse, nell'intimo dell'animo, a que ape dantismo », cui attribuiva la condanna del Pellico, e che cosa fosse quella a antica cadente quercia » che Silvio aveva comin ciato a sradicare. ... Non possiamo più oltre trattenerci sull’esame deg i a articoli del Mazzini, del Benza, del Bettini, fra i quali pur ve ne sono di assai importanti. Ci limiteremo a rilevare da un a° l'audacia dei giovani mazziniani, dall’altra la tolleranza Governo. In risposta ai continui attacchi polemici del o ».po torno, ¡1 Benza si indusse quindi a dare liberamente la defin zione di romanticismo, secondo che essi la intendevano, per contenti i reazionari del Ligustico, che più d’una volta ave vano richiesta; ed il Mazzini, in tono di sfida sprezzantemente dichiarava : a forse l’autorità che fulminò in Italia il liatore ed angariò i giovani scrittori di quel giornale, tri vino più che altri il senso vero della parola ». (95) Quel che era prevedibile accadde. La sfida usciva nel dicembre del ’29. e at primi del febbraio successivo Don Neri Corsini inviava al Gian felli l’ordine della immediata soppressione del giornale, acre aveva più volte oltrepassato quei limiti di savia e moderata di scussione che può essere permessa in simili casi ». (9fi)- Ed il giornale cessava tosto di vivere, per causa dei mazzi^ niani liguri. Si chiudeva, con esso, il periodo di operosità giornalistica breve, ad intensa, ma per ciò non s’arrestava la loro attività, volta ormai fatalmente a ben più pericolose rn traprese. (93) Indicatore Livornese n. 26 (24 agosto 1829) articolo del Bettini su « Tragedie di Silvio Pellico ». (94) L. Cambini, L'Indicatore Livornese, cit., pag. 99. (95) Indicatore Livornese n. 41 (14 dicembre 1829). Articolo di Mazzini : « Sa00w sopra alcune tendenze della letteratura europea nel XIX secolo ». (96) E. Guastalla, La vita e le opere di F. D. Guerrazzi, Rocca S. Caeciano, 1903-vol. I, pag. 181-182. III. Gli inizi dell’attività politioa del Mazzini — S'iscrive alla Carboneria — Fonda una associazione di cultura — Agostino Eufflni, Federico Eosazza, Antonio Ghiglione, Cesare Grillo — Le relazioni politiche col gruppo toscano — Mazzini e Guerrazzi — I riflessi a Genova della rivoluzione del luglio — Le delazioni di Baimondo Doria — L’arre9to di Mazzini e di altri carbonari — L’arresto di Benza — Il gruppo ligure dal ’30 al ’33 — La Congrega genovese della Giovine Italia — La sorveglianza politioa su Jacopo Eufflni e sul Benza — La Congrega genovese centro della Giovine Italia — La sua organizzazione nelle Biviere e in particolar modo in quella di Ponente — Una missione del Benza nell’Italia meridionale — Scoperta a Genova del baule a doppio fondo e fuga del Benza a Marsiglia — Suo ritorno a Porto Maurizio — La Giovine Italia fa proseliti nell’esercito — I delatori — I processi del ’33 — I genovesi nei processi di Genova, di Chambéry, d’Alessandria — Il suioidio di Jacopo Eufflni, l’arresto e la fuga degli altri genovesi iscritti alla Giovine Italia — Il tentativo d’insurrezione della Biviera di Ponente e di Genova nel ’34 — La dissoluzione della prima Giovine Italia e le « crisi del dubbio » del Mazzini e dei suoi amici. L' attività letteraria e giornalistica del Mazzini non era, come abbiamo veduto, fine a se stessa; come ad un ben determinato scopo miravano Ir relazioni d’amicizia con le quali il Mazzini si stringeva intorno i migliori tra i giovani che incontrava nel suo cammino. Già fin dal '25, se dobbiam credere al delatore Doria, egli accarezzava insieme col Castagnino il disegno di un attentato all’ imperatore Francesco 1 e al Principe di Mettermeli, convenuti a Genova con Carlo Felice (]); e risale al ’27 la sua iniziazione alla Carboneria per mezzo del condiscepolo Pietro Torre (2). &Udì'atti vita politica di Mazzini carbonaia non ci soffermeremo, essendo esauriente, a questo riguardo, lo studio del Lazio : noteremo soltanto come già nel ’29 egli fosse stato promosso maestro e dignitario, e, secondo afferma il Lazio, « fos.se già il braccio destro del Gran Maestro Passano che ne sfruttava la febbrile attività per allargare la cerchia degli adepti » (3). Che l’attività letteraria del Mazzini fosse, in qualche momento, tutt’uno con l’attività politica, lo prova il fatto che proprio nella « libreria di Antonio Doria, cugino di Paimondo, facevano capo i Carbonari genovesi in apparenza col pretesto di apprendere le novità, così scarse, letterarie e politiche del giorno; in realtà, per improvvisare « coram populo ii capa- (1) A. Lnzio, Manini carbonaro, oit., pag. 35. ¡,‘ (2) Ibidem., pag. 36. ; (3) Ibidem., pag. 43. — XclV. — velli fidati di setta, tutte le volte clic ffli liafoitués si « sentivano al coperto)) (4), ma non crediamo che fosse scopo picci-p-uo del Mazzini la ricerca di numerosi adepti alla Oatboneria. Infatti sono carbonari solo pochi dei suoi più intimi amici, c precisamente il Benza, Jacopo e Giovanni Raffini, Damaso 1 a-reto, il Torre e il Canale. Fuori della Carboneria egli cercava di legare i giovani amici in un’ associazione clic avendo uno scopo soprattutto culturale, avrebbe potuto tuttavia, al momento opportuno, trasformarsi in un importante centro di laccolta per l'azione.- E’ del '29 la fondazione in Genova da pa)t< d29 (10). W noto come dell’avventnrosa vita studentesca idi Agostino il fratello Giovanni abbia fatto argonif nto p< > la prima parte del suo « Lorenzo Iiinoni ». La min anione < o ni sponde in gran parte alla verità, come risulta da una ìcienU monografia sulla sua giovinezza (11). D' ingegno pianto < ina cissimo, anche il minore dei Raffini era dominato dalla passione per le lettere; ed insieme con altri compagni d T nireisita, tia cui Federico Rosa zza (12), Antonio Ghiglione (13). ( esart '• •*. „ ohe a Malaga bì biella ed alcuni altri che non ricordo, ed il Dona cominciò a di Genova nel ’28. Il 13 gennaio del ’31 egli chiede alla Deputazione, e gli viene con cessa, la dispensa di un anno di corso, (Registro deliberazioni della R. Deputazione in M. R. G., n. 9, pag. 301) ma egli non riesce egualmente a laurearsi. Frequentava ancora l’Università quando gli avvenimenti del ’33 e '34 lo consigliarono a fuggire da Genova e riparare in Svizzera presso il Mazzini ed i Ruffini. Dopo la fuga dei Ruffini e del Campanella nel '33 egli era infatti rimasto a Genova come uno degli emissari più fidati del Mazzini. Nell ’Epistolario del Mazzini e più in quello dei Ruffini con la madre, il Ghiglione, sotto il nome di Antoinette, di Cousine o di Arnaldo (nome di battaglia assunto entrando nella Giovine Italia) è continuamente ricordato. Sopra la sua attività letteraria vedasi quanto dice il Manndcci, G. Mazzini e la prima fa*e ecc., cit., pag. 166. — XCVII. — Grillo (14), seguiva da ricino Voperosità letteraria dei (( fratelli maggiori » che coni ha Iterano la buona battaglia sugl’ Indicatori, componendo tragedie, drammi, epitalami ed altro. Della produzione letteraria di costoro quel poco che conserviamo non supera le solite composizioni rettorielie roinanticheg-gianti, proprie del momento. Ma generosi, ardenti, entusiasti, essi sarebbero stati soprattutto elementi preziosi nell’ ora del- V azione; ed il Mazzini, pur non facendoli partecipi, per la loro troppo giovane età, del suo lavoro più specialmente politico, non contava meno e fidava su di loro, che sentivano per questo loro « grande)) fratello maggiore, un affetto ed una devozione illimitata. Con questa molteplice azione sia giornalistica che letteraria, col fondare associazioni di cultura e con lo stringere intorno a sè i migliori giovani liguri con l’impegno e la promessa di «presentarsi ad ogni chiamata)) egli si disponeva ad agire preparando il terreno dell’ insurrezione, anche fuori del campo Settario. Dal contatto con queste giovani forze egli attingeva la sua mirabile sicurezza di fede; non certo dal Carbonarismo, del - prop. Ved. Ghirardi: Alberti Bartolomeo q. Giacomo - anni 58 - n. a Rossiglione - proprietario - con Rosa Drago - moglie -anni 58 - n. a Genova — Carlo - loro figlio - anni 33 commesso di commercio — Catterina - anni 20 - Genova ». — Gli editori degli scritti mazziniani hanno confuso l’Alberti con il De Albertis attribuendo a quest’ultimo la paternità di Carlo. (Cfr. Scritti, Epistolario, Ediz. Naz., V, 245). (41) Luzio, Mazzini carbonaro, cit., pag. 113 • «egg. — OIV. — Ma mentre viene definitivamente organizsando la nuova associazione, non ristà dal lavorare per tener unite le fila dell’organizzazione ligure, ch’era già di fatto costituita, e dal tenersi a contatto in tutta Italia coi settari clic sperava, al momento "buono, di sottrarre all’influenza della carbonería. Che fanno i giovani liguri dopo il volontario esilio del loro capo ? Del periodo che va dai primi mesi del ’31 sino al ’33 non ci rimungono che pochi clementi su cui ricostruire, sopra un’esatta documentazione, lo svolgersi dell’attività di questi giovani, che pur dovette essere intensa, a giudicare da non pochi indizi. Certo è che l’attività della polizìa non si era fermata dopo l’assoluzione degli otto processati per aver appartenuto alla Carboneria. Oltre la rigorosa sorveglianza sul Benza, essa non perdeva d’occhio Jacopo Ruffini, il quale tuttavia nei processi del ’30 non appare nemmeno come indiziato. Egli, probabilmente per sfuggire alle indagini della polizia sulla sua attività politica, aveva fatto domanda di allontanarsi da Genova « per un tempo indeterminato, onde accompagnare la madre ad una campagna, e vegliare sulla di lei esistenza minacciata da infermità » implorando anche (d’abbuonamento di due mesi e mezzo » che gli mancavano per finire l’anno di pratica (42). Nel febbraio del ’31 si reca a Taggia; e non sarà senza ragione che lo stesso giorno, il 10 febbraio, il Mazzini liberato da Savona il 2 febbraio, partiva per la Francia, ed anche assai probabile che raggiungendo Taggia, Jacopo vedesse a Porto Maurizio il Benza, e desse a lui i ragguagli, che dal Mazzini aveva avuto. Non solo. Ma se dopo quattro mesi di dimora a Taggia, Jacopo, pur sorvegliato dulia polizia ed ammonito di non allontanarsi, si reca con un pretesto a Porto Maurizio, prevedendo prossima la sud, partenza obbligatoria per Genova, è indebitato che avrà avuto i suoi buoni motivi; forse dare o ricevere dal Benza nuove di Mazzini. Quando infatti Jacopo il 13 giugno, tornò a Genova, il Mazzini doveva aver già fatto pervenire agli amici una copia della sua lettera a Carlo Alberto, che appunto veniva pubblicata in quei giorni. Intanto il 12 febbraio del ’31 il Governatore Generale della Divisione di Nizza scriveva al comandante militare della provincia di Sanremo che dai rapporti della Polizia si aveva motivo di credere che un tale medico Ruffini figlio del vice presidente (42) Carte Jacopo Ruffini in Documenti Scolaetici oit., M. R. G. — cv. — del Tribunale di Q-enova si fosse portato a Taggio, (( all’oggetto di concertarsi con alcuni soggetti di Porlo Maurizio, e special-mente col noto Rami)aldi di costà, già capitano di artiglieria di Marina, per rivoluzionare la riviera di Ponente » ; così che si pregava caldamente di far sorvegliare tanto il Ruffini, ove andasse a Taggia, quanto il Rami)aldi. per sventarne le eventuali trame. Il comandante militare della provincia di Sanremo faceva pervenire l’ordine in cui raccomandar a la sorveglianza non solo del Raffini, ma anche del Bonza. A lui il luogotenente militare rispondeva, in data 20 febbraio, che il Rnffini aera giunto a Taggia la sera del 10 andante con un carrozzino, e era smontato in casa di Don Raffini suo zio, domiciliato in Taggia »; ma che poi il Ruffini non era più stato visto, essendo solito trattenersi in casa e passare il suo tempo « con suonare il violino)) ; *che egli tuttavia aveva dato ordini severi al maresciallo d’alloggio di Taggia « affine faccia notte e giorno per quanto può vigilare tal detto Rnffini ». Senonchè gli ordini giunti dal Governo erano perentori : il Ruffini doveva far ritorno a Genova. E il comandante militare di Sanremo, in data 25 maggio, comunicava che, secondo Vavviso dato dall’arma dei Carabinieri Reali, che si trovava in Taggia, sprovvisto di carte « il noto medico Ruffini di Genova » egli aveva ordinato al Raffini di recarsi al Comando, dove a-. vrebbe ricevuto un foglio di via obbligatorio per ritornare in provincia di Genova; il Ruffini s’era presentato con un vecchio sacerdote suo zio, e aveva mostrato di essere inalato di infiammazione alla gola e di avere a le cicatrici ancora fresche delle sanguisughe eh’erangli state esteriormente applicate » ; aveva detto di essersi presentato solo per obbedienza e pregato di concedergli il tempo di ristabilirsi » motivo per cui, soggiunge « stimai di lasciarlo ritornare in Taggia avvertendolo a farmi prontamente tenere, com’ebbe ad eseguirlo, un attestato in debita forma- dello stato di sua malattia ...» ch’egli rimetteva per quelle disposizioni ulteriori che si fossero volute dare non a-vendo intanto « tralasciato d’inculcarne la debita sorveglianza dei Carabinieri Reali ». A questa rispondeva il 30 maggio il Governatore appror>ando per lo stato di salute del sorvegliato gli fosse prolungato il soggiorno in Taggia; ma che tuttavia essendo assai sospetto in materia politica » lo interessava mio- — evi. — vamente « a far attentamente sorvegliare i di lui andamenti e pratiche nel ridetto comune ». Il giorno stesso, intanto, Jacopo Raffini, in conseguenza di scosse di terremoto fattesi sentire a Taggia, rivolgerà domanda al Comandante di Sanremo affinchè, non avendo più casa abitabile senza pencolo, e non potendo esporsi più a lungo senza danno della sua salute agl’incomodi « che presenta l’abitazione di una capanna all’aria aperta » gli si concedesse di profittare di un asilo offertogli a Porto Maurizio da Antonio Bensa, fu Carlo, negoziante. E’ chiaro che il Ruffini voleva recarsi colà per prendere accordi con Elia, omonimo dell’ospite suo. Ma il Commissario militare di Sanremo il giorno stesso, 30 maggio, rispondeva « l’interinale dimora da Ella, prescelta in Porto Maurizio, non sarebbe stata probabilmente approvata dal R. Governo » E infatti, il 1° giugno il Governatore di Nizza scriveva che molto opportunamente s’ era rifiutata la dimora, anche provvisoria, del giovane Ruffini a Porto Maurizio, al quale si doveva « costantemente rifiutare d’andar colà a soggiornare ». Ma se davvero egli non aveva in Taggia un ricovero adatto alla malferma salute, poteva trasferirsi a Sanremo, « dove le sarebbe piti agevole, e di far attentamente sorvegliare la di lui condotta, e d’assicurarsi lei stessa quando sarà in istato di sopportare il viaggio, onde farlo ripartire alla volta di Genova))'. Ma il Ruffini, senz’attender risposta, s’e n’era già andato: e la comunicazione del Comandante militare di Sanremo lo trovava già a Porto Maurizio, di dove egli scriveva il 5 giugno, riconfermando « d’aver cercato al Porto Maurizio un momentaneo rifugio dai ben noti terribili frangenti occorsi in Taggia))' « e non meritare quindi in modo alcuno la sua qui venuta il nome di progetto ». Soggiungeva che se il suo soggiorno colà fosse inviso al Governo, egli sarebbe partito per Genova appena ricevuto il foglio di Sicurezza. A questa lettera il Commissario militare di Sanremo rispondeva inviando immediatamente il foglio di via obbligato-rio per Genova, e il 9 giugno se ne dava avviso alla Direzione Generale di Polizia di Genova. Il 16 giugno il Provana, Direttore Generale di Polizia del Ducato di Genova, rispondeva: (( Rendo alla S. T7. IH.ma i piv viri ringraziamenti peli’ut-ile notizia datami col pregiatissimo di Lei contro citato foglio, in- — ovil. — torno al Medico Ruffini che appunto giunse in questa città il 13 coir.te mese » (43). Abbicano riportato con una certa larghezza ì documenti comprovanti la stretta sorveglianza cui il Benza, e sapra tutto Jacopo Ruffini erano soggetti, sorveglianza che probabilmente comprendeva anche il fratello Giovanni, perché ci sembra assai importante rilevare come i Raffini, il Benza e gli altri a-mici, rimasti improvvisamente sen,za i loro capi riconosciuti tali in Carboneria quali il Doria e il Passano, e privi della prej ziosa guida del Mazzini, continuassero ad operare in cospirazione, pare essendo strettamente sorvegliati dallo polizia. Non quindi solo nel "33 essa avrà ad occuparsi di loro, in seguito alle delazioni dei militari arrestati; ina già anteriormente alla costitnzionc della « Giovine Italia », essi erano sospettati di essere dei cospiratori tutti intenti a lavorare, per «.rivolli-, zionare )> i paesi dove si recavano. Fondata poi la (( Giovine Italia » Jacopo e Giovanni Ruffini, ed il Campanella avranno dal Mazzini Fincar ico di dirigere la congrega genovese. Ma V attività di costoro non si limita a lavorare Genova e la Liguria: per le relazioni precedentemente strette dal gruppo genovese con la Toscana, con la Lombardia, col Piemonte c altre regioni, esso costituiva il centro d’azione cui il Mazzini faceva capo per preparare l’insurrezione in tutta Italia. Sappiamo così di viaggi compiuti da Jacopo Ruffini a Torino presso il Brofferio e Carlo Azario, (44) di viaggi del Castagnino in Toscana, (45) del Benza nell’Italia "Meridionale, di Angelo Orsini in Alessandria dove aveva iniziato alla « Giovine Italia » l’Avv. Girar-denghi. (46) L’opera per l’insurrezione in tutta Italia proseguiva febbrile. Ancora non si conosce, nel suo complesso, il meraviglioso portentoso lavoro di preparazione alla rivoluzione, che per mezzo della « Giovine Italia » il grande agitatore compì in questo periodo. Solo i dodici fucilati di Genova, di Chamberí/ e di Alessandria e la fallita, spedizione di Savoia sono i tragici episodi cui i contemporanei e posteri s’appigliano per tacciarlo di colpevole utopista. Ma non certo si può accettare questo giudizio come definitivo. I documenti che su, questo periodo (43) Documenti riguardanti la sorveglianza politica esercitata sopra Jacopo Rtif-fini nel 1831 (Archivio della R Sottoprefettura di S. Remo). (44) Faldella, I Fratelli Ruffini, cit., pag. 196 e segg. (45) Luzio, Carlo Alberto e Mazzini, Torino, 1923, pag. 133, (46) Carte Orsini (M. B. 0.). — CYIII. — man mano vengono in luce, ci svelano quanto largamente si fosse estesa nel '33 la propaganda mazziniana in tutta Italia, e quale titanica opera il Mazzini, pur senza mezzi adeguati, avesse compiuto in così breve volger di tempo. La storia di questo periodo non s'è ancora fatta: nè è ancora possibile fare oggi. Troppi clementi ci sfuggono, che pur s* intra vvedono, e la documentazione, per cause particolarissime è resa oltremodo difficile. Non ci soffermeremo sulle diramazioni che la « Giovine Italia » ebbe nelle varie regioni italiane, se non quando esse avranno ad intrecciarsi con l’azione svolta) dal gruppo ligure. A noi, nella nostra indagine, sta special-mente a cuore il vedere la « Giovine Italia » in azione presso quel nucleo di amici della prima giovinezza del Mazzini, su cui egli tanto contava; sta a cuore il vedere come costoro, stretti intorno a lui in Genova, abbiano saputo poi nell’azione tra\ sfondere la generosa esaltazione che fino allora li aveva sorretti. Abbiamo già amito occasione di accennare a non pochi giovani genovesi e delle due riviere, sui quali il Mazzini facevcù maggiore assegnamento per il giorno dell’azione; a costoro occorre aggiungere altri, taluno dei quali sconterà con la vita la sua iscrizione alla « Giovine Italia ». Fra questi sono da annoverarsi Paolo Pianavia Vivaldi (47) e Doinenico Ferrari (48), entrambi di Taggia, ed intimi amici dei Ruffini. Era di Taggia anche Paolo Anfossi, avvocato, di cui abbiamo accennato parlando della sua collaborazione aZPIndicatore livornese, il quale era coadiuvato nella propaganda per la « Giovine Italia » nella Riviera di Ponente dal fratello Giovanni, anch’egli giàì compromesso nei moti del ’21. E non bisogna dimenticare nel Fi-nalese la figura di Giuseppe Cesio, di Filippo, e infine quella di Nicola Arduino di Diano Marina. Egli s’era stretto in amicizia col Mazzini, col Benza e coi Ruffini già fin dagli anni degli studi Universitari; interrotti i quali, era poi entrato nell’esercito, dove lo troviamo fin dal ’27 sottotenente d’ ordinanza (47) Paolo Pianavia Vivaldi era figlio di un fattore dei Bufimi in Taggia. Egli pubblicherà nel ’33 le « Ricreazioni di un milita/re » e per aver aderito alla Giovine Italia verrà processato. 8i salverà facendosi delatore. (Ofr. su di lui: Luzio, Mazzini e Carlo Alberto, cit., pag. 138 e segg.). 448) Domenico Ferrari nato a Taggia il 25 agosto 1808, entrato nella milizia raggiunse il grado di furiere nel primo reggimento Cuneo di stanza ad Alessandria. Affigliato alla Giovine Italia dal Pianavia si fece anch’egli delatóre, dopo aver avuto a®siourazione d’essere fucilato non ignominiosamente. (Cfr. Luzio, Mazzini e Carlo Alberto, cit., pag. 138 e segg). _ — CIX. nella Brinata Pinerolo (49). Il Raffini nel Lorenzo Benoni ci ricorderà come iscritti alla « Giovine, Italia » A ndrea lHancheri di Ventimi glia, (50) e le carte di polizia indicheranno come sospetto anche Giacomo, fratello di G. Elia Renza (51). Tenere il contatto fra tutti costoro e con gli altri amici della Riviera di Levante, dei quali qui ricorderemo soltanto David Vaccarezza (52) e Pasquale Berghini (53), era il mandato che il Mazzini aveva assegnato ai Raffini ed al Campanella. Ma il loro compito precipuo era quello di curare la Riviera di Ponente. Sembra infatti che la. base iniziale d’insurrezione dovesse essere Porto Maurizio, da dove il moto si sarebbe esteso a Genova e a tutta la Liguria. Ma, oltre a ciò, essi dovevano anche diffondere la « Giovine Italia » nelle altre regioni della penisola. Così, per esempio, pei■ una missione assai importante nell' Italia meridionale, il Mazzini ricorse al Benza. Nella primavera del '32 egli aveva dato l’incarico, ad un associato rimasto ignoto, di andare a Napoli per fondarvi una congrega della ((.Giovine Italia)>; ma arrestato costui (49) Nicola Arduino, di Diano Marina nacque il 14 ottobre 1804. — Il 9 marzo del ’27 lo troviamo sottotenente d’ordinanza nella Brigata Pinerolo (Carte Arduino -M. B. G. n. 1214). Egli s’era fatto uno dei più ardenti propugnatori degli ideali della Giovine Italia. Mazzini scriveva di lui al Melegari il 21 settembre del ’33 : « Ardoino verrà, ma se tu sapessi che perdita è per la Savoia, dove la brigata Pinerolo è mezza sua!». (Scritti, Epistolario, Ediz. Naz., II, 51). — E il 15 settembre del ’33 ancora al Melegari : « Se viene Arduino narragli il colpo, e consultalo. Abbi fede illimitata — è un dei pochissimi davvero — e ti potrà essere estremamente utile ». IScritti, Epistolario, cit., II, pag. 55). — Fallita la spedizione in Liguria, ch'egli doveva comandare, ebbe parte importante in quella di Savoia, poi con grande rinorescimento del Mazzini, che si rammaricava di perdere un compagno sì fido e valoroso (Epistolario cit., II, 227) andò nella Spagna, ove fu accolto nei « Cacciatori di Oporto » organizzati da Borso di Carminati. — Nella guerra di Spagna si segnalò in molti combattimenti. Sulla sua attività specie dopo il '48 vedasi il breve cenno del Badii in « Il Risorgimento Italiano » , dizionario cit., a cura di M. Rosi, fase. Ili, pag. 104). (50) Il Biancheri è dato come iscritto alla Giovine Italia anche in un elenco redatto da G. Mazzini e che la spia Accursi trasmetteva nel '33 al Governo Pontificio. (Cfr. I. Riniebi, Le cospirazioni mazziniane nel carteggio di un transfuga in « Il Risorgimento Italiano », Rivista Storica, voi. XVII (1924), fase. I-II, pag. 196). (51) Carte Benza in M. B. G. (52) David Vaccarezza, sottotenente nel 2° reggimento della Brigata Pinerolo era stato condannato con sentenza lo luglio 1833 dal Consiglio divisionario di guerra di Chambéry, in contumacia alle pena di morte ignominiosa « dichiarandolo incorso in tutte le pene e pregiudizi portati dalle Regie Costituzioni contro i banditi di primo catalogo » per avere insieme con l’Arduino ed altri tentato di « rovesciare il governo di S. M. e stabilire un governo repubblicano che si estendesse a tutta Italia » (Gazzetta Piemontese, n. 80 - 6 luglio 1833). Egli, fallita la spedizione in Liguria, prese parte a quella di Savoia (Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., I, 96). (53) Sul Berghini ei veda: A. Neri, Un condannato del 1833 (Pasguale Berghini) in « Rivista Storica del Risorgimento », voi. II (1898), pag. 895, dove «i trovano anche non poche notizie sullo sviluppo della Giovine Italia in Lunigiana. / — ex. ad Aiaccio « dall’infame governo francese » (54) il Mazzini, senza por tempo in mezzo, era ricorso per la difficile missione al Benza e gli aveva inviato la lettera d’istruzione già pronta, accompagnandola con una seconda lettera sullo stesso argomento. Nella prima v’era no istruzioni per un semplice contatto con Napoli, i segni carbonici, e la indicazione del reagente; tutte notizie che il Benza già doveva avere: la seconda era propriamente indirizzata a lui. L’incarico che gli affidava era di ben maggiore importanza (55). Il Benza avrebbe dovuto stabilire una congrega provinciale in Napoli e «mettere un accordo di centralizzazione e 'indi’altro fra le Società dei patrioti, che esistessero già, e lavorassero allo stesso scopo, a Marsiglia » (50). Da consigli sul modo da adottarsi per mettersi in contatto con le varie sette e stabilisce come base assoluta per l’accordo l’accettazione, da parte delle diverse società dei patrioti: del programma riassunto nelle tre parole : unità, indipendenza, libertà. E dopo molte indicazioni di persone e consigli sul modo migliore di fondare la nuova congrega dell’Associazione, il Mazzini conclude : « Puoi, e devi riuscire. — La missione è alta e difficile, ma io ti credo degno di essa » (57). Dopo Napoli il Benza avrebbe dovuto andare in Sicilia. Queste due lettere al Benza insieme coi biglietti di presentazione per la missione affidata', e 5 copie del primo numero del giornale « la Giovine Italia » e altri fogli di propaganda, erano stati inviati dal Mazzini in. un baule a doppio fondo, diretto alla casa di spedizione G. IL Ricci a Genova. Scopertosi l’inganno del doppio fondo — e sembra fortuitamente, non per opera di spia — la polizia di Genova si affrettava a comunicarne il contenuto a quella di Napoli. Le lettere non pervennero quindi nelle mani del Benza, il quale tuttavia era già partito per Napoli (58). E’ probabile (54) Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., I, 90. (55) E’ quella che gli editori degli Scritti mazziniani danno come indirizzata al Benza (mentre è evidente che fu scritta per un altro) datata 16 aprile 1832 (Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., I, 96). (56) Tbidem. (57) Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., I, 104. (58) Lo nota anche il rapporto della polizia piemontese alla napoletana: .....l'avvo- cat Elia Joseph Benza de Port Maurice; connu pour ses opinione politiques, ami de Mazzini, et qui vient de partir dernièrement pour Naples, de manière qu’il aurait devancé les inetructions de Mazzini ». Il rapporto è stato riprodotto in Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., I, 84 e segg. — Ch’egli sia partito intorno al 16 giugno ce lo con- che il Mazzini, non credendo troppo sollecito Vanivo del haute alla sua destinazione, (e di ¡fatti, partito da Marsiglia poco dopo il 16 giugno, arrivò a Genova il 4 luglio) inviasse all’amico un’altra lettera di istruzioni, che noi, non possediamo, ma che dovette giungere prima del baule. Non solo; ma risaputosi dagli amici di Genova la scoperta fatta dalla polizia, essi, più solleciti della stessa polizia piemontese, dovettero comunicare le novità al Benza in Napoli. E costui diffatti riuscì ad allontanarsi indisturbato da Napoli, e non potendo ormai senza sicuro arresto, rimettere piede in Genova, imbarcatosi sopra idi veliero, si rifugiò a Marsiglia. Quivi, in quel perìodo epico della « Giovine Italia y>, che il Mazzini ricorderà poi come tempo a di vita giovine, pura c lietamente devota » il Benza raggiungeva la schiera numerosa dei profughi italiani; e sarà uno dei pochi ormai che potrà, avvicinarsi a Mazzini, il qualei era stretto da vicino dalla polizia, che gli aveva intimato lo sfratto. Il 24 agosto ’32 alla madre, tremante per la sua sorte, le scriveva fra Valtro : (( Non ho seguito il consiglio suggeritomi di andare a Tolone, perchè mi sarebbe stato impossibile, non fisicamente ma moralmente. D’altronde quando giunsi trovai che era stato significato l’ordine a Mazzini di partire sull’ istanza del Ministero di Piemonte e sotto il pretesto ch’egli fosse legato col comitato repubblicano a Parigi. Dopo alcune trattive e proteste per constatare l’illegalità dell’atto, partì ieri. La ingannerei s’io le dicessi d’essere stato in questi giorni separato da lui: ma nè il mio core me lo permetteva, nè avrei potuto conservare la stima di me stesso, s’ io l’avessi fatto. Quanto al console, io era abbastanza informato prima, e non 1’ ho ancor veduto : non eh’ io creda d’essere esente dalla sua sorveglianza : ciò è impossibile. Attendo le istruzioni che gli verranno da Genova, non perchè io conti molto sull’esattezza ed importanza delle stesse ma perchè serviran sempre di qualche norma » (59). A Marsiglia egli è dunque sorvegliato dal console italiano, contrae amicizia con tutti i profughi che s’ erano stretti intorno al Mazzini, collabora al giornale ala Giovine Italia» con un notevole articolo (OO). Sembrava quindi logico che antenna. una lettera inedita ohe il Benza stesso indirizzava da Genova alla madre il 16 giugno 1832 in cui fra l’altro scrive: «Spero che lunedì potrò imbarcarmi sul vapore Ferdinando che è giunto questa mattina da Livorno, dico spero, perchè non so se avrò così presto tutte le carte necessarie dai consoli di Napoli, Toscana, Roma, però spero di si, e mi fa piacere aver trovato un’occasione così pronta...... (Carte Benza possedute da Anfossi Berna cit.). (59) Lettere inedite in Carte Berna possedute da Anfossi Benza cit. (60) « Considerazioni sulla rivoluzione » in la Giovine Italia, fase. IV, ripubblicato in La Giovine Italia, nuova edizione a cura di M. Menghini, Roma, 1912, pag. 61. — OXII. — eh' egli dovesse condividere la sorte degli altri emigrati e non potesse ormai più senza pericolo, tornare in patria. Invece, senz’aure noie, improvvisamente nell’ottobre del ’32 se ne tornii indisturbato a Porto Maurizio. Tale ritorno non sarebbe credibile e darebbe adito alle più svariate supposizioni se non ci portasse luce il seguente documento rintracciato fra le carte Benza. « In riscontro delle due graditissime sue particolari delli 16 e 23 corrente, ho il piacere di potere significare a V. S. che da questo Ministero non è stato dato alcun ordine di arresto in odio del Sig. Giuseppe Benza, e soltanto dopo l’arrivo della nota cassa di carte, ove esisteva una lettera per il suddetto, furono chieste delle informazioni ed ordinato che lo stesso fosse sorvegliato dalla Polizia per conoscere quale procedura teneva, ma ripeto non fu dato alcun ordine di arresto. li soggetto a cui ho ricorso mediante un mio caro amico per avere una tale notizia, è uno impiegato al Ministero, ed a quell’ufficio precisamente che riguarda affari di Politica e Polizia, onde è in caso di conoscere ogni cosa ed in riguardo al Sig. Benza se ne ritorni in Patria ad esercitare la sua professione di avvocato, e non far luogo colla sua assenza a maggiori sospetti, vada cauto nel conversare e nel praticare, così facendo se ne stia tranquillo che non verrà molestato ma badi di non immischiarsi, e non tener propositi in ciò che riguarda politica perchè sorvegliato, come dissi, dalla Polizia. Questo è quanto in tutta confidenza debbo comunicare a S. V. astenendomi di raccomandarle circospezione giacché son certo che ne conoscerà tutta l’importanza » (61). Dunque il Benza arrestato nel '30 per corrispondenza sospetta, condannato al confino in Porto Maurizio, denunciato dal Doria, sorvegliato nell'anno precedente dalla polizia, come abbiain visto; denunciato dal Tausch ; identificato dalla polizia come il destinatario delle lettere trovate nel baule a doppio fondo, sospettato di essere partito per Napoli a fondarvi una congrega della « Giovine Italia », riparato infine a Marsiglia presso Mazzini, può tornarsene senz'altro in patria (( purché se ne stia tranquillo » e « non tenga propositi in ciò che riguarda politica ». 11 fatto sarebbe inesplicabile, e testimonie-rebbe di una generosità, da parte del governo piemontese, che confina con la dabbenaggine, ove non si facesse strada, nell’animo di chi legge il singolare documento, che esso sia dovuto all’infiuenza che, anche nelle alte sfere, la Carboneria esercitava, secondo anche quanto affermava Raimondo Iìoria (62). (61) Carte Anioni Benza cit. — Dalla lettera sono state accuratamente tagliate l’intestazione e la firma. (62) Lezio, Mazzini carbonaro, passim. — cxiii. — In ogni modo, ammettendo o no, per quanto riguarda il Bensa) le pressioni della setta cui egli apparteneva, è questo uno dei casi in cui si dimostra non la « stupida ferocia » del governo ■piemontese verso i giovani liberali, ma piuttosto una tolleranza che è quasi benevolenza. Appunto per questa benevolenza verso il Benza e il Mazzini, aveva avuto a protestare (e quel che è più strano pochi mesi prima che fosse concesso al Berna il ritorno a Porto Maurizio, come ahi) ¡ani già veduto) il Governatore di Genova, presso il Governo di Torino. Egli infatti, che già per i processati del ’30 aveva fatto le sue rimostranze al Governo nel -marzo del ’31 perchè la Commissione apposita niente nominata a Torino avera trattato i cospiratori con soverchia indulgenza ; poco dopo, nell/aprile, venuto a conoscenza, dal Ministero, che Giovanni Alitinola, arrestato il 9 febbraio del ’31, avera confessalo la sua intima amicizia col Benza, in casa del quale conveniva di essere stato affiliato alla Carboneria dal Mazzini (le notizie raccolte sui settari erano state inviate dal Console generale sardo di polizia a Milano al Venanson), così protestava : « Ella non ignora che la maggior parte delle notizie in essa contenute furono da me molto tempo prima date alla R. Segreteria di Stato Interni in seguito alle propalazioni di Raimondo Doria. Si è creduto di ■dover rilasciare gli individui che in dipendenza delle medesime erano stati arrestati e non è perciò dipeso da me se questa pratica non ha avuto l’esito che doveva avere, e che ne sarebbe indubbiamente risultato se invece di renderla pubblica e di rimetterla all’esame di legali, i quali non fanno caso di nozioni di polizia e di convinzioni morali ma vogliono prove giuridiche, si fosise conservato gelosamente il segreto aspettando che lo sviluppo delle circostanze imminenti avesse provato legalmente le trame, i progetti e la colpabilità d’ individui che moralmente parlando non si potevan credere innocenti senza declinare da ogni ragionevole raziocinio ». In ogni modo egli era lieto di constatare di non essersi ingannato, ed attendeva istruzioni per agire. « Soggiungerò — diceva inoltre — che fra gli individui sudditi di S. M. compromessi coll’Albinola, l’Avv. Mazzini trovasi all’estero, giusta la facoltà lasciatagli al momento del suo rilascio. L’Avv. Elia Benza di Porto Maurizio fu rimandato in patria, sotto sorveglianza della Polizia » (G3). * * * I giovani cospiratori sconteranno tra poco, terribilmente, questa benevolenza. Poiché il Mazzini ed i suoi amici non erano rivoluzionari d'operetta ; ed ormiti, dopo aver tesa soli <6i) A Neri, Lettore inedite di G. Mazzini oit., pag. 4 e 5 dell'estratto. I - — OXIV. — damente la rete dell'organizzazione qua e là in Italia, e soprattutto in Liguria, non si arrestarono di fronte al passo più grave: quello di compiere opera d’ infiltrazione nell’esercito per avere in mano al momento opportuno le anni, e impadronirsi così di colpo dei poteri dello Stato (64). /S'opra gli altri Jacopo Ruffini, che appunto in questi mesi aveva scritto un lungo articolo sul « Giuramento prestato al tiranno » (65) (dettato appunto per svolgere opera di persuasione sui militari), si diede alla pericolosa impresa. A Genofiia riesce, per mezzo del maestro di scherma Ga-votti a fare non pochi proseliti specialmente tra i sottufficiali/, e avrà come punto di ritrovo la sala di scherma del Gavotti e la casa di quel Lorenzo Boggiano, che, scoperta la congiura, sarà il ■primo a togliersi la vita (66). Per mezzo degli amici di Tag-gia, Paolo Piana-via Vivaldi e Domenico Ferrari, egli riuscirà a far breccia nel Reggimento di stanza ad Alessandria; per mezzo di Nicola Arduino convertirà al credo della (( Giovine Italia » non pochi ufficiali della Brigata Pìnerolo a Chamberí/. Il compito che questi militari si proponevano non era certo tale da non dovere impressionare moltissimo il Governo, qualora ne fosse venuto a conoscenza. Si trattura nientemeno a di disegni rivoluzionari audacissimi » « poco meno che un nuovo Vespro — nota il Lazio (67) — la cui esecuzione si era ventilata nei conciliaboli militari guadagnati alla causa repubblicana ». « Udiamo parlare — narra sempre il Luz io riferendosi alle rivelazioni dei processati del ’33 — di assalti alle caserme, a’ palazzi del Governo; svaligiamenti d’arsenali; arresti ed occorrendo uccisione di ufficiali malvisi, di governatori detestati, acquisti di fucili; fabbrica di pugnali; ed anche invenzione di qualche nuova arma dagli effetti impensati, fulminei ((¡8). Anche tenendo nel dovuto conto Vesageratone naturale in (64) Il Mazzini scriveva a Jacopo Ruffini il 16 giugno 1832 : « ...Curate la truppa, e spronate Dapino ad occuparsene attivamente, però che noi possiamo essere costretti dagli elementi (sic, ma devesi probabilmente leggersi eventi) e dalle circostanze a fare. Convien cacciarsi nei sergenti, nei caiporali etc., etc. fino ai capitani inclusivamente. Caccia qualche filo nella Cittadella in Torino, in Alessandria e in Castelletto, e non temere... (Mazzini, Scritti, Ediz. Naz., Epistolario, I, 94). (65) Pubblicato nel secondo fascicolo della Giovine Italia. Ristampato dal Menghini in La Giovine Italia cit., pagg. 21-50. (66) Su Lorenzo Boggiano cfr. la nota biografica di F. Poggi in « Il Risorgimento Italiano », dizionario illustrato, a cura di M. Rosi cit. (67) Luzio, Carlo Alberto e Mazzini cit., pag. 67. (68) Luzio, ibidem. queste rivelazioni, gli effetti dalla congiura erano tali da attentare 'profondamente alla sicurezza dello Stato. E se per questa ardua impresa ufficiali e soldati potevano essere utili per favorire il colpo di mano, non erano certo capaci di vero sacrificio', e di resistenza di fronte ad’ un eventuale urto con la ferrea giustizia militare. Dalla; recente importantissima pubblicazione del Luzio, vengono finalmente messe in chiaro le vicende di questi processi e vengono a cadere così molte leggende. Noi dobbiamo far subito la triste constatazione che nessuna saldezza morale c’ è nel campo dei militari aggreganti. Nei processi di Genova, le delazioni del furiere Sebastiano Sacco, del caporal maggiore Ludovico Turffs e del cannoniere Luciano Piacenza portarono a perdizione i compromessi genovesi, ed al suicidio Jacopo Raffini. Si salverà soltanto il Castagnino per la sua abile difesa, e non per essere stato impunitario come per molto tempo fu creduto. Tn Alessandria il Pianavia, arrestato, non aveva esitato a porsi sulla via delle rivelazioni; e Domenico Ferrari, quasi in un accesso di pazzia, vedendosi ormai compromesso, chiesta ed ottenuta la grazia di essere fucilato in petto, invece che ignominiosamente nella schiena, si abbandona alle più ampie rivelazioni. Notevole fra l'altro, è quello ch’egli narra sulla efficienza, della preparazione rivoluzionaria in Genova. Secondo lui in Genova « tutta la nobiltà, tutti i facchini erano guadagnati : pronte tutte le armi pei medesimi (12 mila circa) tutti i forti di Genova guadagnati ; tutta la guarnigione di Genova, meno l’artiglieria e la cavalleria, implicata in tale congiura (60) )). Anche se queste notizie sono esagerate, la preparazione rivoluzionaria compiuta dalla Giovine Italia in Genova doveva essere ben più importante di quel che s’è fino ad. ora creduto. Da un’altra deposizione, quella, del Gastaldi, veniamo a conoscere anche i particolari della preparazione dell’ imminente insurrezione. Il Gastaldi aveva infatti saputo dal Gavotti « che. i fratelli Cambiaso erano i cassieri della Giovine Italia; che erano stati depositati in casa B.... ottanta schioppi in cinque casse, i quali dovevano servire ad armare i. paesani che il Marchese Nicolò Cambiaso avrebbe fatto venire da Begato, suo vasto tenimento, in Genova, allo scoppiar della congiura; che la congiura sarebbe scoppiata nell’ora in cui i soldati assistevano • (69) Luzio, Carlo Alberto e Mazzini cit., pagr. 191. — CX VI. — alla Messa, che in quel giorno e nei successivi un congiurato preposto ad ogni strada avrebbe distribuito del pane gratuitamente a tutte le persone del volgo; clic l'arsenale sarebbe stato immediatamente occupato c le anni distribuite a chi ne volesse; che infine, alcuni cannonieri del forte di 8. Giorgio s’erano impegnati a consegnare il forte nelle mani dei congiurati » (70). A Chambéry i primi arresti erano avvenuti per la soverchia audacia dell'Arduino, il quale, dopo aver scritto un « Dialogo per i militari » ispirato ai principi della « G ¡orine Dalia)) si era assunto anche il compito di distribuire Vopuscolo fra coloro che aveva aggregato. Ma alla notizia dei primi arresti s’era, dato alla fuga, scampando al carcere. Ma per una fatale imprudenza comprometteva coloro stessi che aveva affiliato inviando loro due lettere, sulle quali si basò l’accusa per la loro condanna. Di una, indirizzata ad Efisio Tola, il 13 maggio del ’33 diceva tra Valtro : « Dopo l’avviso che qualche copia del mio « Dialogo per i militari » era cascato in mano del generale, nel timore d’esserne scoperto l’autore, avevo già cominciato a prendere qualche disposizione di sicurezza. Alcune copie avevo preparato per te, e quindi per farle leggere in giro, furono sull’istante bruciate; ma se qualcuno fosse curioso di conoscere la verità che in quello vi dico, avrò ancora mezzo di farvelo pervenire. Saputo ieri mattina all’esercizio l’-arresto dei bassi ufficiali, sebbene in nulla mi riguardasse, mi sembrò peraltro che il brutto tempo si avvicinasse e volli vedere come fossero le cose. Fui poco dopo informato che il generale cominciava a pensare a me ed io per non dargli tanto disturbo e levarmi dal pensare a lui stimai di prendere il largo, per ora ». Prosegue dicendo «La giustizia della nostra causa è evidente: Dio stesso la protegge. Or chi siete voi ? schiavi del dispotismo che operate contro la volontà del cielo, contro l’evidenza, e contro il vero e reale interesse della patria. Calpesterete voi i diritti più sacri, i legami di consanguineità per sostenere i barbari oppressori del nostro paese ? ». Finisce raccomandando che gli sia spedita ad Echelles la sua cagna, che nella fretta della partenza non aveva portato seco (71). Ed al Fissare, dopo aver esposto le ragioni della fuga e dato su di essa altri particolari, dice « Non mi pento affatto dell’operato : solo mi rincresce di non aver fatto abbastanza; vedere le cose a male, tanti amici in guai; e la patria sempre più in schiavitù ! Il non ita semper erit mi lusinga però di poter (70) A. Dal Pin, Patrizi genovesi nel ’33 nel volume La Liguria nel Risorgimento, Genova, 1925, pag. 143. (71) Copia di questa lettera e di quella al Fissore mi fu comunicata dal compianto Prof. Achille Neri. CX VII. — morire repubblicano italiano. Ciò è tutto quanto forma la mia gioia, e tutto ciò che m’inteTessa. Noi siamo i martiri, le prime vittime della repubblica, ma più saremo, questa maggiorenente trionferà » (72). Il 1° luglio, VArduino veniva condannato in contumacia a morte ignominiosa, imputato d’essere dii principale motore delle trame e complotti che tendevano a rovesciare il Governo di S. M. ))-. Fermatosi qualche tempo prima ad Echelles e poi a Grenoble raggiunse a Marsiglia il Mazzini, che lo sostituì temporaneamente al Melcgari nel Gomitato Italiano (73). ■fc * Le tragiche fucilazioni di Genova, di Alessandria, di Cham-Tìéry avevano riempito di sgomento e di orrore tutta V Italia. Inoltre il suicidio di Jacopo Raffini, aveva profondamente colpito il gruppo ligure. Il fratello Giovanni, eoni’c noto, sfuggì all’arresto per un errore della poliziav che aveva arrestato in sua vece il fratello Ottavio; anche Agostino fu preso, ma subito rilasciato. Viene arrestato, ed è tra i più compromessi, il Castagnino (74); a Damavo Pareto si decreta il confine (75) : sono arrestati il Cuneo e A rigelo Orsini, per non citare se non coloro a cui abbiamo accennato nel corso del presente studio. Riescono a fuggire il Campanella e il Goglioso; e, cosa strana, non sono molestati nè il Benza, nel suo tranquillo rifugio di Porto Maurizio, nè Napoleone Ferrari, i quali pure indubbiamente erano stati gli organizzatori principali della congiura di Genova. E nei processi che indi a poco saranno fatti, si farà notare per l’audacia della difesa di parecchi imputati un altro dei giovani amici del Mazzini, che inizierà con questi processi la sua luminosa carriera di giurista-. Cesare Gabella. Il Mazzini, a Marsiglia, con l’animo schiantato alla notizia del suicidio di Jacopo, e delle esecuzioni capitali di Genova, di Chambcry e di Alessandria, non piega sotto il colpo mortale infet to alla « dorine Italia ». Infatti, secondo notizie ufficiali, oltre ai dodici fucilati ed ai cinquantasette arrestati, due ufficiali, sci sottufficiali e circa duecento individui compromessi negli Stati Sardi erano sfuggiti all’arresto, varcando le fron- (72) Vedasi nota precedente. (73) Notizie ricavate dalle Carte Arduino in .Ai. R. G. (74) Ltjzio, Carlo Alberto e Mazzini cit., pag. 130 e segg. (75) A. Dal Pin, Damato Pareto in « Giornale Storico e Letterario della Liguria », cit„ pag, 44 e segg. — CX Vili. — fiere Sarde (76). Tutto Vaspro e febbrile lavoro di anni doveva sembrare perduto a chiunque esaminasse con fredda mente la situazione. A chiunque : non al Mazzini. Nel suo tenace lavoro di preparazione per far insorgere V Italia non troviamo che egli si sia arrestato nemmeno per un giorno. I terribili avvenimenti del Piemonte non esaurivano la capacità rivoluzionaria delle altre regioni italiane, dove il lavoro mazziniano era stato intenso; nè si potevano ormai fermare gli avvenimenti. Era infatti già predisposta V invasione della Savoia e V insurrezione napoletana. Anche se non fosse insorto il Piemonte, sarebbe insorta la Liguria, della quale il Mazzini non dubitò mai, come non dubitarono i Ruffini e gli altri liguri esiliati. Anzi, concretandosi via via il- piano dell’insurrezione, si era venuti nella determinazione di curare in modo speciale i due punti da cui sarebbe partita Viniziativa : la Liguria e la Savoia. In ambedue questi luoghi si doveva fare una spedizione. Da Ginevra il Mazzini incaricava il Melegari di preparare questa spedizione, che aveva nel piano generale una capitale importanza. Essa quindi viene per una lunga serie di mesi, dall’agosto al novembre del ’33, meticolosamente preparata (77) ; un manipolo di emigrati si sarebbero imbarcati, muniti di passaporti falsi, su un vapore napoletano o francese a Marsiglia; e, dopo essersi antecedentemente intesi con qualcuno dell’equipaggio, giunti al largo, si sarebbero impadroniti del vapore, che, cambiata rotta, si sarebbe diretto sul litorale francese nei pressi di Tolone. Qui si sarebbe imbarcato il corpo della spedizione, circa un centocinquanta uomini, che sarebbero approdati sopra un punto della riviera, precedentemente preparato, dando inizio all’ insurrezione, che avrebbe dovuto in breve estendersi sino a Genova e per una parte penetrare in Piemonte, per l’altra nella Toscana. Il 9 agosto il lavoro di preparazione in Riviera era terminato : « la riviera è lavorata di paese in paese » (78) scriveva, appunto in quel giorno, il Mazzini a Melegari. Non pochi liguri dovevano partecipare al moto; il Mazzini stesso così prezioso direttore del movimento generale, voleva intervenirvi insieme coi Ruffini benché a questo si opponessero i suoi più intimi, come VUsiglio (76) Tali notizie erano date dal ministro degli esteri De La Tour in una circolare inviata alle Legazioni sarde, ora pubblicata in Luzio, Carlo Alberto e Mazzini cit, pag. 185. (77) Vedasi la corrispondenza ool Melegari neìl'Epistolario mazziniano, passim. (18) Mazzini. Epitt. Ediz. Haz., II, 409. — OXIX. — e i Raffini .stessi (70). Esso sarebbe stato capitanato da Nicola Arduino, c la spedizione sarebbe stata in parte sussidiata dal Marchese Carlo Cattaneo di Bel forte. A questo manipolo di giovani liguri ardimentosi, vecchi e provati amici del Mazzini, i quali cerio avrebbero operato, por liberare la loro regione, con fede e valore, si aggiungevano non pochi emigrati, anche stranieri, che avrebbero reso possibil“ una prima buona riuscita dell’ audace colpo di mano. La preparazione era stata condotta a termine in breve tempo: ed il Relega ri, comunicando al Mazzini d’essere pronto, lo sollecitava a dar l’ordine atteso (SO). Ma i preparativi per la, spedizione di Savoia andavano in lungo; e volendo il Mazzini che essa fosse contemporanea a quella di Liguria era costretto a temporeggiare. Intanto le continue dilazioni del Ramorino per il moto della Savoia rendevano impossibile la simultaneità delle due a-zioni; così si decise disperatamente di tentare solo quella di Savoia. Il disastro che ne seguì è noto. Il Mazzini, che pure aveva dato a Genova Vordine di sollevarsi PII febbraio del ■’34, non doveva ormai nutrire soverchia fiducia che il moto si tentasse, e tanto meno con esito felice (81). Alla demoralizzazione si aggiungano gli arresti fatti pochi giorni prima a Genova, di cui (79' Angelo TJsiglio scriveva al Melegari il 9 ottobre ’33 : « Chi mi fa scrivere vorrebbe impegnarti a distogliere Pippo dall’ idea di essere esso stesso a far questo colpo. 0 non riuscendo la cosa, o essendo esso, cosa non impassibile, arrestato nel suo viaggio in Francia, abbiamo l’unica persona necessaria all’ Italia, fuori di combattimento. Tu vedrai con me clie da ciò ne verrebbe vero scoraggiamento, un danno incalcolabile. E' però la sua idea fissa, e noi non abbiamo forza a distornelo o argomenti a dissuaderlo, perchè li abbiamo esauriti tutti». (In Dora Melegari: La Giovine Italia e la Giovine Europa, Milano, 1906, pag. 154). E pochi giorni dopo ancora al Melegari « .... penso che la presenza di Strozzi fosse più utile qui che altrove e quindi io vi iacea tentare come colui che assai potete sullo spirito di lui: subordinatamente però ai vostri consigli e alle viste vostre. La tenacità delle idee di Strozzi tronca il filo a tutte le questioni a questo riguardo. Vari ragionamenti avuti seco lui, dopo che Arnaldo aveva espresso qualche mio dubbio mi hanno convinto ohe nessuno, che gli toccasse questo tasto riuscirebbe a smuoverlo » (Ibidem, pag. 156). (80) « E’ impossibile del resto — rispondeva il Mazzini — eseguire il colpo prima di quest’altro; e quest’altro, come ti diesi, non è, per metà, in mani mie. Pazienza, ti prego : e credi che per quante mille ragioni mi faocdano ormai frenetico d’azione, non fa male il ritardo » (Epist., E die. Naz., II, 67). (81) Scriveva il Mazzini al Melegari pochi giorni dopo la spedizione di Savoia: « Tutti partono — tutto è pel momento finito da questa parte. — 0 Genova farà, e ci ridurremo a Genova — o non farà — e alla primavera andremo in banda — ma in Italia... » (Epist., Ediz. Naz., II, 176). — Tale sfiducia troviamo anohe in un’altra lettera, di pochi giorni posteriore: « Giorno fissato per Genova è martedì. Ma lo sfiduciamento derivato dalle nuove nostre può aver mutato gli animi. Su ciò, ognuno si regoli dietro ciò che la coscienza gli detta. Noi aspettiamo per deoidere qualche cosa sul conto nostro, fino al corriere di giovedì, o venerdì. Se la cosa di Genova andasse, e se potremo aiutare in 50 o 100, sono a tutto, puoi crederlo » (Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., II, 185). — oxx. — il Mazzi»i era conscio, c si comprenderà come non dovette certo essere una sorpresa per lui, la mancata insurrezione, benché nel-l'averne la notizia imprecasse (82). * # * Il grande sogno dell'agitatore infaticabile, di far partire dalla Liguria la scintilla della rivoluzione italiana ed, europea, cadeva definitiva mente; e tutto l’enorme lavoro compiuto in pochi anni con ardore sempre nuovo, da quel generoso nucleo di amici della giovinezza. sembrava dover essere sterile. E inutile anche il sangue versato con tanta generosità. Giungeva così al suo punto di crisi con tragica conclusione, il generoso tentativo di questi giovani che s’erano dati a cospirare non più per ispirito settario, o per trionfo di casta, come avevano fatto i loro padri, ma per un ideale di ben più alta umanità, che tendeva, come a fine supremo, alla libertà mediante la rigenerazione interna del popolo nostro. Il battesimo di sangue sfrondava molte illusioni, e poneva chiaramente il problema del nostro riscatto nella dura realtà; ciò che il Mazzini aveva affermato, l’Italia essere non tanto ima regione geografica quanto una fede nella sua spiritualità, fede che voleva dir sacrificio, non era più soltanto retorica di romantiche congiure al chiaro di luna, ma realtà viva, che prendeva Vimpronta eterna dalla capacità di sacrifizio, dalla potenza di affermazione dell’anima umana sopra ogni dolore ed ogni tormento. Il ’33 è la prima affermazione dell’Italia nuova, perchè abbiamo superato a contatto con la dura realtà, una ben dolorosa crisi spirituale. Ma quale fede alimentasse la forza che vinceva l’atroce prova del fuoco, ce lo dice, in tutta la tragica umanità dolorosa soltanto il Mazzini. Egli sarà vorticosamente aggirato nella terribile tempesta del dubbio, ma ne uscirà vittorioso, rinsaldato anzi nell’eroica fede; egli solo rimarrà fedele all’eroico programma di rigenerazione del suo popolo, attuandolo dapprima in sè; egli solo saprà vincere il dolore e gli affetti, ultima catena che l’avvinceva — come dirà poi — alla materialistica filosofia del secolo XVIII. L’anima sua è nuda, ormai; eppure e- (82) Scriveva al Rosales : « Ti narrerò di Genova — cose inesplicabili — non si tratta più di delusioni, di tre giorni, come a Napoli — si tratta di tre ore — si tratta di gente in piazza aspettando il segnale, con armi : Incredibile ! Il popolo e capi popolo hanno mancato al momento prefisso per la mossa. Che Dio fulmini loro e me prima! Che razza di fatalità è questa, contro la quale non c’è modo di poter lottare!» (Mazzini, Scritti, Epiit,, Ediz, Naz,, II, 218), gli supererà anche lo spaventoso abisso dello, solitudine morale, che spalancatosi al suo sguardo dopo il ’33, gli cagionò l’indicibile strazio degli anni posteriori sino al ’36, e gl’ispirò le pagine immortali sul tormento del dubbio. Ma ciò che gli dovette recare Vangoscia maggiore furono le defezioni degli amici pii) intimi. Si dissolveva la prima « Giovine Italia))) ma il sangue generoso, che aveva consacrato i principi santi cui esm s’ispirava, non poteva essere stato versato invano. Che se i processi del 33 e la fallita spedizione di Savoie allontanarono molti dal Mazzini, conviene anche riconoscere che questo allontanamento aveva le sue buone ragioni d’essere. Lasciamo da parte i pusillanimi, che in ogni modo, al momento d’agire, si sarebbero sempre ritratti, e quindi non fu male che tornassero subito nell’ombra; ma gli altri, che generosamente avevano aderito agli « entusiasmi di poesia » che loro giungevano attraverso i caldi appelli mazziniani, era naturale che al contatto della terribile realtà trasformassero la protesta sentimentale in fredda concezione politica, con l’esatta valutazione dei mezzi più opportuni da usare per il raggiungimento del fine cui tendevano. Non tutti potevano essere d’accordo col Mazzini, chè non tutti ne avevano la potenza d’intelletto ed il fervore eroico di fede. Ma non dimentichiamo che appunto quelli che nella loro gioventù furono con lui, formarono poi la nuova coscienza italiana, che sarà quella che farà la rivoluzione nel '48. Se dunque ci poniamo dal punto di vista di critica al pensiero ed all’opera mazziniana, quale dovette apparire in questi primi anni anche agli amici più intimi, i quali giudicavano generosa illusione la pretesa del Mazzini di creare la coscienza italiana per mezzo del sacrificio della vita dei migliori, comprenderemo facilmente come non pochi, dopo il ’34, si dovessero arrestare dub itosi, cercando altre vie per risol-verc il terribile problema. Poiché, se dopo il suicidio di Jacopo e gli a vvenimenti del ’33 e ’34 il Mazzini stesso fu trascinato e quasi travolto dalla « tempesta del dubbio » è naturale clic in altri, questo turbamento non fosse dominato e avesse il sopravvento. Nessuno dei giovani che fin qui lian seguito il Mazzini si sottrae a questa crisi. Dello stato d’animo di coloro clic, rimasti in patria, e sorvegliati dalla polizia, erano impotenti ad agire; e di quelli che,,numerosi, trascorsero lunghi anni d’amaro esilio, danno testimonianza singo- — OXXII. — lare le lettere che alla madrq• lontana scrivevano Giovanni ed Agostino Raffini. I quali, sono fra i più 'tipici rappresentanti della gioventù dell'epoca; e noi, dopo averli, nel nostro studio, accompagnati fino alla loro partenza per l’esilio, lasciamo che essi, nell' intimità di un carteggio famigliare, parlino di sè. # * * Nella introduzione alla seconda parte del carteggio ci ripromettiamo di trattare dei loro rapporti col Mazzini e del loro esilio. » —^— I Fratelli Ruffini I. Agostino alla Madre Ginevra, 30 Novembre 1833. Carissima Madre ! La tua lettera de’ 25 morente ini dà gioia e pena. Gioia, perchè allorquando i miei ocelli si fissano sulle linee tracciate dalla tua mano, e il mio cuore si commove fortemente a’ sensi amorosi, santi, materni insomma, che tu sola sai tradurre, tu sola, io scordo quasi l’amarissima separazione, e la distanza de’ luoghi si raccorcia nella mia mente. Ma tra quella ¡piena d’affetto trapela un dolore, cupo, senza tempo, dilaniante; ed ecco, che mi affanna. O madre mia, poss’io scrivere la parola della consolazione ? Ornai abbiamo scordato di ohe colori si dipinga la gioia, ornai nell’anima nostra non c’è più dolce, tutto tossico, tutto fiele. Pure abbiamo qualche cosa dentro di noi, che è nostro ancora, che nessuno ci può torre, qualche cosa di santo, eli grande, direi quasi d’immortale : una coscienza pura, e un amore senza confine. La prima, come un usbergo impenetrabile, deve difenderci da tutte offese, deve spuntare gli strali della fortuna; il secondo deve aprire i nostri petti alla speranza, deve mantenere in noi la fede, e la costanza, rompere la solitudine, in cui i fati vogliono costringerci, solcare, come un raggio lunare, il buio degli spiriti nostri. Chi noi fà, manca al patto segnato dalle anime nostre : offusca il nitore della propria coscienza, tradisce il più santo degli amori : il materno ! il figliale ! ipSù salito in noi, (perchè la virtù, il sacrificio, la sciagura, il martirio l’hanno affinato, come il fuoco l’oro. Amare! essere amati! la madre, i figli, se- I. — Inedita. A tergo di essa: Mademoiselle Rose Boeri - Arma pour Taggia -Italie - Rivière occidentale de Génes — Bollo postale: Genève, 2 Decemìjre 1833. « 4 parati corporeamente, più stretti, confusi insieme, immedesimati colle anime! V’è tanta sublimità in questa idea da ridere sprezzantemente sugli uomini che si credono potenti a ogni cosa. Potranno mai spegnere essi la sacra fiamma, che custodiamo e custodiremo ne’ nostri petti ? potranno mai interrompere, intraprendere questa corrispondenza, soave, mistica, celeste. degli animi nostri ? Tu mi accenni del tuo fisico con parole non iscure. Debbo crederlo [che tu] non cerchi ingannarmi pietosamente, e crudelmente ad un tratto ? Pure il com[pagno] tuo scriveva, te abbattutissima, spossatissima. Veramente il riposo t’ha ristorato ? Hai ripigliato tante forze da metterti alla volta dell'Italia ? (1). Non illudermi, per amor di Cristo, parlami la verità, tutta, sempre, qualunque : quanto a me ti ripeto la mia costipazione affatto, affatto svanita, sebbene non mi diparto da un certo regime per esuberanza di cautela, ossia per ¡piacere a te. Godo che la buona Rosina (2). e l’Angela (3) siano teco. Quanto mi accenni intorno la prima, ti proverà, i mastini non cambiar indole nè per vicende, nè per altro. Assicurala della mia riconoscenza, e tenerezza, e dalle un bacio, un altro, due altri alla sorellina. Mille cose all’ottimo Canonico (4), che godo sentir bene in salute. Saluti all’Ottavio (5), se è giunto, allo zio Giacomo (0), a tutti insomma: Abbi i saluti amorevoli di tutti, e l’abbraccio interminabile del tuo Ag[ostino] (1) La madre Eleonora si era imbarcata nel giugno da Genova per accompagnare Agostino ed era giunta a Marsiglia ai primi di luglio. Qui aveva trovato il figlio Giovanni, che di poco l’aveva preceduta, il Mazzini, la Sidoli ed aveva conosciuto la maggior parte degli esuli, che si eran stretti intorno all’agitatore genovese in Marsiglia. Dopo pochi giorni il Mazzini, col passaporto di Agostino, si recò a Ginevra, dove Agostino Euffini lo raggiunse poco dopo. Anche la madre dei Bufimi, lasciato il figlio Giovanni a Marsiglia si recò a Ginevra dove rimase fino verso la metà di novembre e non di dicembre, come viene erroneamente detto dagli editori degli Scritti; (Mazzini, Epist., Ed. Naz., II. 168). Infatti, già. il 25 novembre da Taggia. dove si sarebbe fermata fino alle feste natalizie (Cfr. lett. V di Agostino) ella scriveva una lettera al figlio, il quale rispondeva con questa lettera. (2) Eosina Boeri era la domestica di casa Euffini; la Santina del Lorenzo Benoni. (3) E’ la sorella minore dei Euffini, la Nina. (4) E’ lo zio Canonico del Lorenzo Benoni. A Carlo Euffini, fratello di Bernardo, era stata affidata l’amministrazione dei beni che la famiglia possedeva in Taggia. (5) Il fratello maggiore di Giovanni ed Agostino. D’indole tranquilla ed alieno dalla politica, Ottavio era l’unico figlio rimasto in ipatria accanto alla madre, unitamente alla Nina. (6) IJn altro fratello del padre Bernardo. 5 IT. (¡10 VANNI ALLA MADRE Marsiglia, li 12 Dicembre [1833] Mia unica amica ! Ricevo la ,preziosa tua del 9. Cristo nù compensa con la gioia presente l’angoscia passata — così va sempre — 8,pero che a quest’ora sarai già rassicurata sul conto delle tue lettere, iperchè credo, anzi son certo averti a vvertito nella festa del mio cuore, appena ebbi ricevuta la prima. Io però non ho avute di tue che una del 2, un’altra del 7 e questa d’oggi del 9, che ti riscontro — ma poco o nulla conta. — Io non sono ingrato di mia natura e ringrazio cordialmente il Oidio di quello che ha voluto mandarmi. Capisco così confusamente di che offerta intendi parlare che tieni in serbo. Io te ne ringrazio di cuore perchè di denari non ho bisogno nè di altro al mondo — fuorché di saperti non male. —- Del resto tutto andrà come avevamo combinato fra noi — Io partirò fra una settimana al più tardi per raggiungere il fratello (3) — nulla è cambiato al nostro piano di andare a passare l’inverno a Lione dove ci hanno fatto sperare occupazione con poco, ma pur qualche lucro (2). Ma e della mia partenza da (pii, e della nostra gita a Lione ti avviserò secondo che siamo d’accordo non pensare a nulla, sta men trista che puoi, e fida nel Cielo e nel nostro amore invariabile. So che tu non ci lascerai mancar mai di nulla ma se possiamo alleviare in parte gli oneri della famiglia, è nostro dovere il farlo — eppoi, tu sai che nelle mie abitudini specialmente nell’inverno io ho bisogno di occuparmi per non incarognire del tutto. II. — Edita da A. Lazzari in Nuova Antologia, 16 luglio 1909. — Qui sì confronta con l’originale. E’ lacerato il secondo foglio. Dell’indirizzo si legge : «......Ruffini ■ Taggia ». (1) Il fratello Agostino a Ginevra. (2) Siamo alla vigilia della spedizione di Savoia. L’ardito tentativo doveva essere fatto nell’ottobre, ma poi il Gen. Ramorino differendo sempre la data, esso non si effettuò — come è noto — se non in febbraio. Giovanni Ruffini, organizzatore fra i principali della spedizione, probabilmente scrivendo questa lettera confidava che il tentativo potesse avere inizio il 25 dicembre, giorno nel quale avrebbe dovuto recarsi a Lione — non per cercarvi impiego — ma per sorvegliare in persona l’organizzazione e la partenza di quei mille uomini armati agli ordini del Generale Ramorino, e per i quali il Mazzini aveva versato 40.000 lire. E’ noto come il Ramorino tradisse la causa e si presentasse alla vigilia dell’azione a Ginevra non con mille uomini armati ma « senza uomini, senz’armi, senza cavallo, con due generali, un aiutante un medico » (Mazzini - Scritti, Ediz. Naz., Ili, 366 e segg.). 6 Non intendo perché tu esprima qualche dubbio circa la assicurazione che ti davo di essere in buona salute — quando sono mai stato malato ? — Io sono di ferro, e capace di resistere a qualunque fatica benché gracile in apparenza — e tu sai che ho passato delle traversie tali da ammazzare un bue senza menomamente soffrirne — Sicché, credimi in parola, mia cara, che io non vorrei ingannarti, anche per fin di bene, e sta certa che io sto bene, e starò sempre quando avrò tue buone notizie. Leggo con emozione profonda i postscriptum dello zio, di Ottavio, della Nina, e di Rosina, con tanta maggiore emozione,in quanto che contengono la assicurazione" del tuo ben essere, e la solenne promessa di cooperarvi pur sempre per quanto è in essi ! Dio li rimeriti tutti pel bene che mi hanno fatto le loro proteste e pel bene che faranno a te ! Io non posso che piangere di tenerezza e pregare Dio per essi. Forse Dio ne’ suoi decreti mi serba ancora la consolazione di poter dir loro a voce tutta la mia gratitudine e di far qualche cosa per essi ! En attendant, si abbiano il fervoroso abbraccio del povero esule che non può dar ad essi che amore, e nuli’altro - e mi giovi anche il silenzio con essi perchè la fredda carta mal saprebbe ridire quello che io sento in cuore. Si abbiano le lagrime dolcissime di che io imbevo la carta scrivendo, pensando a tutto quello che ho perduto e a quanto ancora Dio mi ha lasciato, tanto da far insuperbire il più orgoglioso mortale — tanto, che io non cangerei la mia sorte col Re il più potente del mondo — l’ainor tuo impareggiabile, mia buona, e infelicissima madre — l’amor de’ fratelli, e di pochi, ma buoni, che si interessano al loro disgraziato amico davvero. Vi lascio in un abbraccio — tu, mio angelo, abbi cura di me e di noi, avendola di te, serbami in te il mio orgoglio, il solo e dolce compenso che Dio riserba alle sventure, di che ci ha colpiti! Il Sig. Achard, (3) e Federico (4) stanno bene e mi incaricano di mille cose a te. Addio ama immensamente Il tuo Giovanni (3) Sotto il nome di Achard si nasconde probabilmente Vincenzo Goglioso, ¡1 7 III. Agostino alla Madre Ginevra, 14 dicembre 1833. Carissima Madre! So non ho tue notizie dirette col corriere di oggi, ne ho almeno delle indirette da Giovanni, che dopo tanta aspettanza, ed incertezza ha finalmente ricevuto, come mi scrive, din tue lettere in una volta, quantunque vi fosse nelle dace una differenza di cinque giorni. Ma le poste per nostra sciagura fanno così male il debito loro, che non è a stupirsene, ed è per questo, ch'io insisto sempre nell’obbligo nostro di non allarmarci., quando qualche corriere ci manca. Il complesso delle nuove, che Giovanni mi dà di te, non è cattivo, e consuona con quanto scrivesti a me stesso, e mi dimostra una sì pura, una sì viva, una sì figliale gioia dello aver avuto tuoi caratteri, che l’animo me ne gode per tutti noi. Lunedì mi lusingo, che non sarò frustrato d’una tua lettera : non ti perdonerei un silenzio di tre corrieri consecutivi, e mi arrabbierei contro Ottavio, e la Mna, che, ove lo scrivere a lungo ti possa nuocere, almeno in questi primi giorni di riposo dopo tante fatiche, non sottentrino a tua vece. Da quanto mi scrive Giovanni, pare che, o tu non abbia ricevuta ancora la lettera, dove io ti annunzio la mia perfetta guarigione, o tu non voglia persuadertene. Ma credi tu, che nel mentre scrivo a te, scongiurandoti a mandarmi mai sempre la verità, qualunque III. — Inedita. Manca del secondo foglio con l’indirizzo. quale s’era rifugiato a Marsiglia, sfuggendo anch’egli, come il Campanella, all’arresto. Si porterà più tardi a Grenoble e quindi a Montpellier, ove eserciterà la medicina. (4) Federico Campanella e non Federico Rosazza, come dice il Lazzari nel suo « La fuga di Giovanni Raffini nel 1833 », estr. Nuova Antologia 16 luglio 1909, pag. 19. Federico Campanella insieme con Iacopo e con Giovanni Ruffini era stato fino al giugno in Genova a dirigere il Comitato della «Giovine Italia». A questo triumvirato il Mazzini aveva affidato l’incarico dell’insurrezione che avrebbe dovuto aver inizio in Genova nella primavera del 33. Scoperta la trama rivoluzionaria per la delazione dei sergenti Sacco, Turffs, del caporal maggiore Aimini Giuseppe, e del cannoniere Luciano Piacenza (A. Luzio : I processi della « Giovine Italia » 1833-34 in Carlo Alberto e Mazzini, Torino, 1923, pag. 128 e segg.) Iacopo Ruffini si toglieva la vita la notte dal 13 al 14 giugno, Giovanni riusciva a sfuggire alla polizia e dopo una fuga avventurosa, sbarcava in Francia. Il Campanella « diede in quei giorni terribili prova d’animo più che fermo: rimase ultimo fra i più pericolanti dei nostri in Genova e non ne parti che dopo i supplizi _© disperata ogni cosa, il 23 giugno del 1833 » (Mazzini - Scritti, S. E. I., V, 36). 8 essa sia per essere, e a non ingannarmi, perchè sarebbe indegno della santità del nostro amore, credi tu, ch'io vorrei bruttarmi sfacciatamente di questo peccato stesso, contro il quale vò declamando ? Io torno a dirti solennemente, e sacramentalmente ch'io [non] ho pili che la memoria del mio male. Il Dottor nostro, e più di tutto [l']uso largo di bevande semplici, come tiglio, violetta, acqua nitrata, hanno fatto ottimo effetto, liberandomi d’ogni più piccolo stimolo di tosse. Ora mi sento bene, che da molto non mi sentii così, e, mentre quasi tutti gli italiani soffrirono, o soffrono d’influenza (grippe), io, e tutti i più gracili torreggiano illesi, anche l’Emilio (1), reduce dalla sua gita, stette due giorni in letto per l’accennata influenza; adesso si è alzato, e sta meglio: tutti gli altri, ch'io avea descritti mezzo malati, ora pienamente ristabiliti. Io spero di schifarmela da questa maledetta grippe, perchè vivo con tanto riguardo che di più non farebbe un vecchio; anzi c’è Fabrizi (2), che va moltiplicando i miei ritratti, dipingendomi ora col mantello sulle spalle, e il berretto negli occhi, ora a tavola rimpetto allo specchio colle gambe tese per godere un po’ di fuoco, e col piatto patriarcalmente davanti, etc. etc. Tu conosci che originale, e che buona pasta egli è. Ricevo quest’oggi una lettera del buon Simone (3), e di suo figlio Paolo. Mi fanno mille proteste di amicizia, mille esibiti) Giuseppe Mazzini. — Il Mazzini, nel coreo di queste lettere sarà sempre chiamato Emilia e soltanto eccezionalmente, Emilio o Emile o Pippo. (2) Nicola Fabrizi nato a Modena il 4 aprile 1804 da Ambrogio Fabrizi e da Barbara Pieretti. Prese parte agli avvenimenti del ’31 e fu arrestato il 3 febbraio mentre Francesco IV con le sue truppe assediava la. casa di Ciro Menotti. Liberato dall’insurrezione del 6 febbraio, egli veniva nuovamente arrestato sul brigantino che avrebbe dovuto trasportare gli esuli modenesi a Marsiglia, secondo i patti stipulati ad Ancona. Liberati i modenesi, per l’intervento della diplomazia, alla fine di maggio del ’32, Nicola Fabrizi si portava su Marsiglia, dove stringeva subito una calda amicizia col Mazzini, facendosi uno dei banditori più intelligenti ed attivi dei principii della « Giovine Italia ». Il Mazzini nel ’61, così ricorderà questi esuli e in particolar modo il Fabrizi: « V’affluivano gli eBuli da Parma, da Modena, dalle Komagne, oltrepassando il migliaio. Frammisto ad essi, conobbi in quell’anno i migliori, Nicola Fabrizi, Celesrte Menotti frateUo del povero Ciro, Angelo Usiglio, Giuseppe Lamberti, Gustavo Modena, L. A. Melegari, Giuditta Sidoli, donna rara per purezza e costanza di principii, e altri molti, giovani, ardenti, capaci e tutti convinti degli errori commessi e ch’io aveva in animo di distruggere. Erano elementi preziosi al lavoro, e taluni d'essi lo provarono all’Italia negli anni che seguirono. Ci affratellammo della solidissima tra le amicizie, che è quella santificata dall’unità d’uri intento buono: amicizia che con alcuni, come Nicola Fabrizi, vive anch’oggi carissima.....» (Mazzini - Scritti, S. E. I., I, 50) (3) Probabilmente Simone Casamara, tipografo genovese, al cui indirizzo i Ruffini facevano pervenire le loro corrispondenze politiche (cfr. G. Faldella - Lettere inedite della « Giovine Italia», in: Il Risorti. Ital., Riv. Storica, voi. I (1908) pag. 81). 9 zioni por te : la Signora Maria, e la Signora ]STina anelano al momento del tuo arrivo iper venire a riceverti, come essi scri-vonmi ; solo terno, che per mitigare la tua affezione non ti vogliano far soverchia compagnia, e lo induco dalle loro frasi. Sono buoni, ottimi anzi, capaci di amicizia vera più di tante altre .persone, che ti pioveranno addosso, ma senza dubbio lo starti sempre intorno riuscirebbe immensamente noioso. Per ovviare a questo eccesso di bontà mi raccomando adesso alla Nina mi raccomanderò in seguito a qualchedun’altro che avrà mezzi efficaci. Sono già in relazione col Padre: egli è alquanto rozzo, e sgarbato ; vorrei, che li trattasse bene, ma per ciò mi affido a te, che saprai o rimediare, o compensare. — Quali sono le tue risoluzioni pel futuro ? pensi di fermarti ancora in Taggia, accedere all’invito del Signor Antonio (4), o continuare difilatamente a Genova ? Sopratutto non lasciarti tiranneggiare da influenze straniere alla nostra famiglia, fa quello che ti par più conveniente, a cui il tuo cuore inclina di più. Giovanni mi scrive di mandarti una ciocca de miei capelli : eccola. Possa il Signóre darti tante contentezze quanti sono i capelli contenuti in essa, la dimenticanza del passato, la costanza del presente, la fede nell’avvenire ! Cosa fa la Nina, la Rosina ? come sta il bravo Canonico, il nostro Ottavio ? Dammi notizie di tutti, salutali amorosamente a mio nome. Se è teco sempre il Signor Antonio, non dimenticarmi presso [di lui]. Per Napoleone (5) non ti dirò nulla perchè vorrei dir troppo. E la Mannenin, e suo marito, e suo figlio ? E Marietta, la serva dello zio ? E Cecilia, e Tomaso, e Vincenzo, con tutto il codazzo di figli, nipoti, cugini, etc. etc. (4) Antonio Bensa, negoziante di Porto Maurizio, amico da lunghi anni di casa Ruffini. (5) Napoleone Ferrari di Porto Maurizio, sul quale vedi quanto ho detto nella introduzione. Il Ferrari, pur essendo uno dei più compromessi non era stato disturbato dalla polizia. Era stato lui a procurare il passaporto per Giovanni Ruffini, sbarcato a Ventimiglia- e sulla sua sorte i Ruffini avevano tremato, pochi mesi prima, temendolo arrestato. Scriveva infatti Agostino il 29 giugno, non appena giunto a Marsiglia, a Cesare Grillo: «Sono inquietissimo circa Federico e il medico; il primo dovrebbe essere partito e mai non giunge; del secondo vociferano l’arresto e il non veder mai una sua linea mi ingrossa la paura-» (Cfr. Faldella, op. cit., pag, 82). Federico è il Campanella e non il Rosazza, come erroneamente dice il Faldella, così il « medico » è Napoleone Ferrari e non il Castagnino, ch’era già, dai Ruffini, sebbene ingiustamente, sospettato quale delatore (Cfr. la lettera stessa edita dal Faldella). 10 Non ti dettaglierò i saluti, di cui sono incaricato per te, perché sarebbe troppo lungo. Tutti ti rammentano con amore e rispetto, tutti vogliono conservare una parte nella tua memoria. Jeannette (6), Madame Durand (7), la petite Suzanne, et Jenny parlano, e mi domandano continuamente di te. Stringendo tutto in una parola — Amiamoci — speriamo in Dio! — Dammi di te notizie non affatto cattive, e credimi sempre Il tuo Agostino (6) Jeannette era probabilmente una persona di fiducia del Durand proprigtario dell'Albergo della Navigazione (Mazzini - Scritti, Epist., Ediz. Naz., II, 188). (7) La moglie del proprietario l’Hótel della Navigazione di Ginevra; Suzanne e Jenny erano i famigliar! dei Durand (1i freddo, di sonno, e di fatica inseipa- scrivo oggi, oio^o ’lnVern°’ ÌPrÌ mattÌna a LÌone’ donde tì mita e mamlif ir- 0Inpre> ^Palpato (sic) da una buona dor- la gioia ineffabile dHrova^t tT° ^^ ^ aVUt° ha fatto più bene delh ni ^ 28 ^ la ^ sopra. Dunque erano 11 8 6 dorimta di che tì (Parlavo giorni povera donna, che tu passavi Inedita. A tergo: Al Siano-Ruffini - Prefetto al Tribunale di Pre/la VVOCato Proc- Cimo - Il Signor Bernardo tura m Genova - Italia. 25 senza mie notizie! bisogna dire che le lettere siano ritenute, o smarrite, perchè io ti ho scritto immancabilmente tutti i corrieri, meno una volta, e ti ho scritto il come, e il perchè di questa mia involontaria mancanza. Pazienza ! perchè non si può dar delle pugna in cielo — ma se questa mancanza procede da fatto di uòmini Dio lor ¡perdoni, che io non posso, e Dio faccia lor provare un giorno tutte l’a-marezze dell’esilio lontano da quanto hanno di caro, incerti della loro sorte, senza consolazione di una riga. Ma lasciamo andare. Osservi che l’ultima mia era breve, e come di uomo preoccupato — probabilmente lo ero in quel momento, perchè lo sono stato molto in quel ¡porco paese, dal quale non mi par vero di essermi tirato fuori. Ora ritorno ai miei dolci ozi del Pàquis (1) e voglio indennizzarmi con usura di tutti i travagli sofferti. Mi sono vita le buone nuove mi dai del tuo fegato, e tua salute in generale — possano esse continuare almeno ! Parto stassera alle 9 con Federico (2) per Ginevra dove saremo domani sera all’istess’ora. Non mi scriverai più che là. Achard è a Grenoble — mi ha incaricato di mandarti a dire tante cose da parte sua, come pure Federico qui presente. Quanto alla salute, sto benone — in verità, sono di ferro. Salutami tanto il Padre, Ottavio, Nina, e tutti i soliti. Dirai poi alla L[aura] (3) che il suo saluto mi è dolcissimo, che già d’altra parte a Marsiglia l’ho avuto da parte sua — che se vi fossero molti uomini come Lei io potrei riconciliarmi ancora coll’umanità, che l’ammiro e l’amo come una nobilissima eccezione — e che m’abbia fratello come io 'la tengo sorella davvero. Tu pensa ad amarmi, a star forte e a star bene — questo basterà perchè la terra di esilio si cangi per me in Eden delizioso. Qui a Lione il solito freddo, pasticcio immenso per terra, e noia per mancanza della conoscenza della città. Il nostro bravo Mentore, che ci ha al nostro passaggio fatte attenzioni infinite, l’ho perduto — è stato obbligato ad abbandonare la Francia. Me ne duole assai perchè era tanto buono ! Se tu vedessi il Rodano adesso, non lo riconosceresti più — figurati che sembra mi mare, ed è innavigabile, ha straripato in molti siti. Non si è (1) Nell’i Xberoo della Navigazione in Ginevra. (2) Federico Campanella, l'Achard è il Goglioso. (31 Laura Spinola di Negro (vedi nota alla lettera XXXIII). 26 veduta da 30 anni a questa parte simile piena di acqua, effetto del caldo, che fonde ile nevi alla montagna. Non mi sorprende che tu non abbi ancora gli oggetti di coco ma gli avrai in fai -ibilmente. Bada che la maggiore, e migliore parte è destinata pei te, fra gli altri quel piccolo coco che si apre da metterci dentro il ditale, e dhe è il men male lavorato. Ti scrivo dalì’Hótel des Gcnerales, dove mi ha trovato un credito di 1, fr. e 50 dell’altra volta. Il padrone mi parla spesso di te chi ti conosce e non ti ama? Addio ama sempre il tuo Giovanni XIV. Giovanni alla Madre Ginevra, li 10 Gennaio del ’34. Mia Cara ! Ilo la cara tua dei 4 diretta ad Agostino. Vedo con mio dispiacere che in essa si allude a certa nausea periodica, di cui non avevi stimato far motto a me; cos’è questo dissimulare? intendi bene che questa diffidenza m’offende, ma voglio attribuirlo per questa volta a una dimenticanza— e ti serva di regola, per-c liè io di te voglio saper tutto, bene, e male indistintamente. Quello che poi mi spiace più di tutto, è che ricavo dalle tue che tu non hai ricevute mie lettere ; come diavolo possa essere la cosa, io non l’intendo — figurati se io non mi ero fatto un dolere di scriverti per avvertirti della mia partenza — l’istessa notte del 2 che io partivo, quantunque all’indomani non partisse la lettera, scrissi pure due righe, calcolando così di compensare il silenzio forzato del viaggio. Ma spero che a quest’ora sarai rassicurata appieno. Gli oggetti di coco devono esserti arrivati, anzi lo so di certo un'altra bella commissione devi aver rice- ^ uta da parte mia insieme ad essi, e tale che mi è spiaciuto assai dirtelo. Ma, come fare? Em" ■ r'”‘' * «»» • ■ 27 Ho trovato Agostino perfettamente guarito, e ristabilito — credo che non ti rimarrà più dubbio a questo proposito. Quanto la una certa idea sua, a cui m’alludesti, e che ti dava qualche ansietà, non pensarci nemmeno — esso lux abbastanza buon senso per non far di queste minchionerie, e poi ! non mi hai investito di tutta la tua autorità su di lui? appoggiato a questo io lo farò marciar dritto, e far a modo mio. Fra un mese, alla più lunga, andrò a stabilirmi a Lione : (1) per prender possesso <1(4l’impiego promessomi — siccome non pagano anticipato, bisognerà che io abbia qualche fondo per vivere almeno un mese, ma di questo scriverò al Padre, che tu mi saluterai caramente unitamente agli zii, Ottavio, Nina, e quanti si ricordano di me. Io sto bene, benone al fisico — ottimamente al morale, perchè sono tranquillo, e non penso a niente. Faccio la vita del Michelasso, mangio, bevo, e vado a spasso, e dormo per non scordarmi. Mi godo i dolci miei ozii, finché venga il tempo di pensare a industriarmi, che sarà fra un mese, al principio Vappoìntement saranno (sic) pochi, quasi nulla, ma dopo avermi provato mi fisseranno. E’ impiego di commercio, che non mi garba poi molto, ma bisogna fare di necessità virtù, e della mia laurea legale in questi paesi posso forbirmene ! Tu se mi ami, cura la tua salute, che è quanto ho di prezioso al mondo, e sta tranquilla su noi, e metti l’animo in pace, che dal nostro ben essere ne hai una garanzia assoluta nell'a-mor nostro immenso. Non ho bisogno di ricordare allo zio Carlo le raccomandazioni che gli ho fatto al nostro desiderio, e la promessa che ne ho avuto, riguardanti te — Io pregherò il Signore per lui. e il Signore lo rimeriterà per tutto il bene che farà a te, a noi, a te sì virtuosa, e infelice, a noi infelici pure, se non virtuosi. Addio ama immensamente Il tuo Giovanni (1) Vedi nota alla lettera II. 28 XV. Agostino alla Madre [Ginevra, 10 Gennaio 1834], Carissima Madre ! Mi fa piacere il sentire, che l'ultimo eco di nausea sia aneli esso svanito. Abbiti sempre somma cura, e mandaci ogni corriere tue precise, ed intiere notizie. Odo, die li due zii Carlo, e Jacopo sono ivi. Ciò non può non darmi consolazione perchè son persuaso, che le sollecitudini ¡per te s’aumenteranno in ragione diretta del numero di parenti affettuosi, di uomini sensibili alla virtù, e alla sventura, che ti saranno attorno. Tu salutameli amorevolmente, come anche il Padre, il fratello, e la Xina. L'ultima mia ti parlava d’un tumore in gola sofferto dal buon Nicola: (1) sappi ora, ch'egli è pienamente ristabilito. Nè ho cattive nuove di Celeste : (2) va ripigliando forza, e sarà fra breve in istato di venirci a visitare. Nel dopopranzo d’ieri la famiglia..... (3) è tornata alla sua solita stanza, incaricato ine prima di porgerti i loro cordiali saluti, e fervidi voti. Abbi ì saluti di tutti gli altri, peculiari quelli di Federico (4), e del p(tit homme (5), che è alquanto in frega (sic) per l'imminente arrivo della contessa. — Odo con noia di questa nuova tiritera de regali di quelle signore: amerei che si facesse in modo, che la intendessero che ci noiano, ma senza sgarbi. Capisco che la è impresa ardua perchè hanno il cervello non sagacissimo : si potrebbe tentar l’esperimento di pagar una o due volte, più del loro valore, i regali colla mancia della serva. Dovrebbero capirla. Io odio i regali, perchè si contraggono obbligazioni, senza che ve ne sia il merito, e per altri motivi miei particolari. Le hai più vedute queste Signore ? — Cosa fa il nostro D. Tenui io . (0) Ora che 1 acre suo censore è lunge, è tornato egli a va- XV. — Inedita. Scritta sul foglio in cui il fratello Giovanni aveva scritto al a madre. La lettera porta la data: Ginevra li 10 [Gennaio] del ’34, come si ricava dal timbro postale. (1) Nicola Fabrizi. (2) Celeste Menotti. (3) Nome dllegibile. (4) Campanella. (5) Angelo Usiglio. <6) E’ probabilmente Federico Rosazza. 29 gheggiarsi al fonte, il moderno Na re isso ? Noi voglio credere, perchè non basta esser buono, bisogna esser ottimo. Del resto egli ha un modello vicino 1’........ (7) quello. Salutamelo, e digli che mi perdoni questa reminiscenza dell’antico pedantismo. Salutami l’arnica, gli amici, le serve, il proletario (8), e chi è tanto buono da ricordarsi ancora di me. Tu curati, e sta men trista che puoi, se mi vuoi, e ci vuoi bene, e ricevi l’ardente abbraccio del tuo Ag [ostino] Hai riveduto mica la mia Mamma ? (7) Manca una parola per la lacerazione della carta. (8) Era un domestico della famiglia Ghiglione, come ei ricava da una lettera ad Agostino Ruffini pubblicata dal Faldella in Lettere inedite della « Giovine Italia » in : Il Risorgivi. Ital., Riv. Stor., voi. I, pag. 91. XVI Agostino alla Madre Ginevra, li 14 Gennaio 1834. Carissima Madre! Riceviamo la tua consolatrice de’ 9 corrente. Vedi, ch’io profetava bene, dicendoti non disperare, che la lettere del riccio potesse trovarsi. E grazie ne sieno alla buona Rosina, che si è tanto scaldata pel ricapito delle mie. Il giudizio tuo sulle Signore di S. Cosmo mi par giustissimo : panni ch’io ti dicessi, essendo ancora a Genova, aver maggiore simpatia colla madre che con gli altri membri di quella famiglia, e godo trovarmi in accordo teco. Però, lo ripeto, mi noiano immensamente questi regali, o grandi, o piccoli, che si siano, ma vedo che sarà difficile por rimedio al male. Come ti ho scritto, il fratello s’è ricongiunto al fratello, e a me, come puoi figurarti, è dolcissimo il ricongiungimento, nè credo meno a lui. Ho eseguito la tua commissione con Federico (1), ma all’ora che fa, sua madre dovrebbe essere rac- XVI. — Pufobl. un brano in Cagnacci, op. cit., pag. 13. Sullo stesso foglio ha soritto pure il fratello Giovanni. (1) Federico Campanella. 80 consolata, perché egli le ha scritto ipiù giorni fanno. Quanto alla pietà, che tu risenti per lei, non mi fa meraviglia, e ciò è indeclinabile al tuo carattere : solo io ti dirò, che per buona Madre ch'ella sia, ho ragione di credere, che sia avversa a noi, e non molto benigna a te. Lascia perdere gli ignavi : studi, o no l’affaretto (2). che monta all’economia del mondo ? lascialo perdere affatto. Consigliando, ammonendo si acquista il nome di pedanti, e non altro. Se vorrà prendere l'esame della Laurea, dovrà pur far forza di tutti i remi, se non, no. Lodo che la Mna si applichi allo studio delle lingue. Non ho ricevuto però il saggio promessomi, pure l’aspet-tavo con desiderio. Non si stanchi in ogni caso di mandarmi dei saggi di traduzione francese : mi fanno piacere i progressi, eh io vedo fatti da lei, dacché in quei saggi c’è nessuno, o pochissimi errori. Abbracciala stretta da parte mia, ed esortala a far bene. olevo mandarle questa volta una Romanza da cantarsi sulla chitarra, ma in punizione del non avermi mandato il brano annunciato, la riserbo per un’altra A7olta. Noi fratelli abbiamo deciso di lasciar Ginevra, la città è triste, pesante, i dintorni, vaghissimi l’estate, sono orridi adesso. Poi fa un freddo del diavolo, il quale ci cagiona grossa spesa quotidiana di cammino (sic). Andremo provvisoriamente a Lyon, se troviamo da impiegarci tanto da buscarsi la vita, bon, se no, passeremo a Londra, dove potremo guadagnar qualche cosa, associandoci alla redazione di qualche Rivista per parte italiana : ciò almeno ci fa sperare un Inglese nostro amico. Alla fin fine ci porremo a fare i ciarlatani, ma senza dubbio non a ogliamo più vivere alle spese della famiglia. Ma per tutto ciò è indispensabile, che il Padre nostro faccia un ultimo sforzo. Penso ch’egli si troverà alle strette, ma i due Zii presenti potranno aiutarlo d’una mano. Fatto sta, che noi non possiamo metterci in viaggio senza una certa somma in tasca. E questa provvigione bisognerebbe che la ci fosse spedita almeno ai 28 del corrente, o prima se occorre, imperciocché non più tardi del 30, o 31, ci porremo alla volta di Lyon o d’Inghilterra (3). Leggi questo paragrafo della lettera al Padre : siigli interprete (2) Nomignolo di uno dei compagni di Agostino; forse Federico Roeazza che era appunto in quell anno laureando. (3) Vedasi la nota alla lettera XXI. 31 del dispiacere ohe proviamo di queste reiterate, e successive dimande, della riconoscenza nostra per la sempre pronta soddisfazione de’ bisogni nostri, e salutalo caramente da parte nostra. Salutami pure caramente i due ottimi zii, Ottavio, la sorel- 1 uccia, etc. Accetta tu i caldi saluti di noi tutti, ed ama Chi ti ama tanto. Il tuo Ag [ostino] XVII. Giovanni alla Madre [Ginevra, li 14 Gennaio 1834]. Aggiungo due righe per dirti come stiamo benone in salute, e come abbiamo ricevuto la cara tua del 9 corrente. Coma fai tu a trovare sempre nuovi modi, ed espressioni a dire una cosa scritta, e riscritta, che è pur sempre la stessa — che ci ami immensamente ? — io cerco pure di cavare inspirazioni dal mio cuore per dirtelo, ma sono sterile, e quando ho scritto una riga a questo proposito lascio star lì, arrabbiato di tradur così male, e insuflìcientemente in parole una cosa che io sento pur si fortemente, e sì addentro. Ma tu sei un angelo, una santa, e io sono un povero peccatore. Il Padre si adonterà forse che noi gli domandiamo denaro mentre non è guari che ha mandata una cambiale di 600 fr. Egli pensi però fra le altre cose che nella mia dimora di un mese a Marsiglia io son vissuto con denari di questa cambiale, e che io sono arrivato a Ginevra indebitato di 190 fr. che ho tosto mandato al mio creditore, 100 di questi fr. gli ho spesi pel viaggio. Pensi anche che probabilmente questa sarà l’ultima volta che abusiamo della sua bontà, dacché dal paragrafo dissopra di Agostino avrà visto le nostre idee di toglierci almeno in parte dall’essere a carico della famiglia. Poi me lo saluterai tanto assieme agli Zii, Ottavio, Nina, e quanti si ricordano di me. Che fa Rosina, figlia di Catterina ? ha preso poi questo marito ? al pensare che quel tappetto possa esser Madre di XVII. — Sul foglio sul quale il fratello Agostino aveva scritto alla madre. La ietterà è datata da Ginevra li 14 gennaio 1834. 32 famiglia non posso trattener le risa — ho poi un presentimento che il primo parto le sarà fatale, e vi lascerà le ossa. Guarda che idea ! Jeannette qui presente m’incarica di dirti tante cose da parte sua. La famiglia Durand non manca mai d’informarsi di te, e della tua salute. Hai lasciato qui un vero odore di santità. E' venuta ad alloggiare costì (sic), la Sig.ra Dal Verme, che tu conosci. Avean detto alla Susanna che eri tu, e quando ha visto che non lo eri si è.messa a piangere. Sua madre gli (sic) permette di baciarmi tutti i giorni per te, sicché intendi che ha perduto molto della sua selvaticheria. Ti intrattengo di queste piccole inezie perchè so che ti sono cose care, e perchè manco di materia. Ti lascio colla penna e non col cuore che è sempre < on te. Addio addio amami, come t’ama Il tuo Giovanni - XVIII. Agostino alla Madre Ginevra, 16 Gennaio ’34. Madre carissima pendiamo alla tua carissima degli 11 corrente mese, verti f COn*USa memor‘ia di aver tralasciato un corriere di seri-silenzi 01 ^6r mancaDza di tue missive. Quindi è .spiegato il cessivp0,T -1 ° 6 ^ acceimi’ ma sai>à tostamente rotto dalle suc-rissinm IKI° 11011 avra* ad allarmarti. Ma pure, ca- bisoffnerà ^ ^Uanc*° c sbarcheremo alla volta d’Inghilterra, Ma di fin ^UI’e u*.1' ^ua^c^e tempo almeno rassegnarsi al silenzio, circa ai motM j" T,ìng“’ji sulia supposizione, che (ai, cava in allora mìe’ 111 “ia «turione. Io igne- mi allarmavano, perchè so che Ì P°™ ^ gl’i,,doviuai' Ma non una tendenza invano arte Sta Ia ,le8*erez2a> assiduamente combattuta alla va- XVIII. — Inedita. A tergo: Al Sig. Avv. Bernardo Ruffini - Prefetto al Tribunale di Prefettura - Genova (Italia) — Bollo postale: Genève, 17 Janv. 1834. 33 » nità, e femminilità, ma in fondo un buon cuore ; dall’altra una mente, e una prudenza impareggiabili, accompagnate dal più squisito, e generoso sentire. Pure mi dispiacciono, e m'irritano contro la leggerezza del primo per più capi, e principalmente perchè nello stato di salute, nel quale si trova il secondo, dovrebbe cercare ogni mezzo per riuscirgli a conforto, non a disconforto. — Mi dai vero piacere annunciandomi delle cuffie, e delle carnicine : tu ne abbisognavi davvero. Ma perchè ti fai una robba solamente ? Quando si fa una cosa, la si deve far completa, o niente. Se fossi in te, me ne farei due. Così il numero delle cuffie panni limitato assai. Il tavolino poi sarà un pò lunghetto, se lo zio deve mandarti ancora il legno : comprandolo fatto, si sarebbe speso un poco di più. ma acquistato in tempo. L’omaggio Bettiniano (1) testifica almeno del suo buon cuore. Quand’anche fossero poste le iniziali, panni potresti accettare. Ma certo non andrai alla posterità con quella traduzione che non credo l’ottima delle possibili. — Perchè Ottavio non vuole curarsi ? Le raucedini noiano : con due giorni di letto si cacciano via. Raccomandaglielo, e salutamelo amorosamente. — Quanti matrimonii ! E anche quel briccone di Noceti ce l’ha fatta. Però la sua sposa non è più sul primo flore, ma contento lui, contenti anche noi. Capisco le tue pene circa Angiolina, ma sai che il suo torno viene per tutti, e per tutte. — Anche la Signora Tognina si fa dunque mia persecutrice eh... ! brava! brava! Le ho scritto, rispondendole per le rime, e a dir vero me ne son poi quasi pentito, perchè, quantunque per ischerzo, qualche frase era troppo pungente, ma anch’io ero piccato sul vivo. Appena lette le prime linee, ho detto : qui gatta ci cova. Dille ciò per farle vedere, che se le Donne son più furbe del Demonio, gli uomini non sono gonzi. Intanto assaggi questa, e la trangugi, se può. Mi spiace delle tre cacciate di sangue della buona cameriera, e che Catta-min non sia pienamente ristabilita, ma fa forza aver pazienza. — Dunque la Ninetta ha aggradito la mia Romanza ? ne godo, ma gli elogi, che me ne fa, e quelli che fa alla mia persona, mi fanno arrossire. Non ci vuole che il suo ottimismo per trovar belli, versi appena mediocri, e stimar me tanto, che valgo appena la metà di lei in tutto, e per tutto, (1) Di Filippo Bettini. 34 Lo dico colila massima ingenuità. Parlami un ¡pò della Signora Marta (2). Ho piacere che l’altra abbia reso meno frequenti le sue visite (3). Chi è il mio successore presso di ìei ? non nominarmelo, perchè me lo figuro. Ma non nasceranno duelli. Le voglio bene, ma tanto pacatamente, che non so adirarmi nemmeno co’ miei rivali. Salutami tanto le signore di S. Cosmo. A proposito, come sta la Cuxacia ? Salutamela affettuosamente. Vedi, che ti abbiamo prevenuto quanto alFart. denaro. Non dubitar, che ci scordiamo gl’interessi nostri, e quando li scordassimo non ci sei tu, provvidenza nostra ? Tutti stanno bene, e ti salutano : io son costretto a cedere loca mJajot i. quindi ti abbraccio con amore, che brucia. Addio, addio. Il tuo Agostino (2) Maria Mazzini, madre di Giuseppe. (3) Probabilmente Laura di Neigro Spinola. XIX. Giovanni alla Madre [Ginevra, 16 Gennaio 1834]. Mia cara ! Agostino, col prendermi sempre le devant mi tarpa le ali allo scrivere, in due modi — col lasciarmi poco spazio e c°l' 1 esaurire la materia; giacché esso rispondendo articolo per ar-tieolo alle tue, fa che, per non ripetermi inutilmente, non mi lesta a parlarti che della mia salute, che è ottima, e dell’amor mio per te, che è immenso, cose dette in due parole. Ci è nn punto però, sul quale ti domando spiegazione relativo a due righe scritte da parte tua dal buon Antonio, riguardo a certi obblighi pecunjari che avevi col Sig. B[ensa] (1) e dai quali parmi che mi annunci di esserti liberata e aggiungi che ciò mi deve aver fatto piacere. A dir vero, quantunque alletterà,1^ riatti m °U1 11 fratell° Agostino aveva scritto alla madre. La ietterà e datata da Ginevra 16 Gennaio 1834. (1) La carta è lacerata. 35 l’interesse, die il Sig. Bensa avea dimostrato pella tua persona, e alle sue espressioni di servizio non abbia risposto il fatto, secondo quello che ti ho scritto del quantitativo pecuniario, di cui mi aveva aperto credito a Marsiglia (2), non ostante io dico, spiacerebbemi che per causa mia egli avesse avuta la mortificazione, e che tu ti fossi messa in maggiori imbarazzi. Scrivo un pò enigmatico, ma tu mi intendi, certo. Mi spiegherai un pò bene il tutto, quando potrai. Ho scritto a Lione per ritirarne le due tue lettere, che devono essere là — forse in esse ci è la spiegazione che desidero ! Mi saluterai all solito, e caramente il Padre, gli Zii, la Nina, e Ottavio, che esorterai anché da parte mia ad aversi cura, per conservarsi airamor nostro, e tuo. Un ricordo da parte mia alla malata Giovannetta, e mille voti pel suo ristabilimento, a te mia buona e cara, e santa amica, mille baci, e un abbraccio continuo, se non in corpo, in ispirito. Abbiti cura, e conservati all’amor furioso del tuo barbuto Giovanni (2) Vedi la nota alla lettera IX. XX. Giovanni alla Madre Ginevra, li 29 Gennaio ’34. Mia tanto cara ! Prima di tutto devo avvertirti che finalmente sono riuscito a ritirare le due lettere in questione dalla posta di Lione — meglio tardi che mai. L’una antichissima datata dal Porto-Mau-rizio, l’altra di Genova che contiene i complimenti della S.ra Arnaldi. Riscontro adesso la tua ultima dei 23 corr. Vedo con piacere che tu sei rassegnata alla forzata interruzione della nostra corrispondenza, checché ne costi al tuo cuore — e credi ohe costa anche a noi — ma come fare ? siamo così fatti in questo mondo che il più delle volte ad ottener un bene bisogna passar per un male. Confortati, abbi pazienza, che noi faremo -ì XX. — Inedita. Manca il secondo foglio con l’indirizzo. tutto il ¡possibile perchè l’interruzione sia il men lunga possibile — e veglieremo da lontano col pensiero al tuo fianco. Abbiamo ricevuta, e riscossa la cambiale di 1000 ir: mi-sanguina l'anima pelli aggravj, che noi occasioniamo per forza alla famiglia — ma anche questo durerà più per poco, e se Dio vorrà, potremo un giorno compensarvi in parte almeno con tante consolazioni le pene e imbarazzi che vi occasioniamo adesso. La somma è più che sufficiente per far fronte al viaggio, e alle prime spese di stabilimento. Tu mi fai arrossire quando mi supponi occupato assai — ti ripeto che tutta la mia occupazione è di far la vita del miche-laccio (1), stando a letto* fino a mezzogiorno, mangiando, bevendo. e andando a spasso. Quanto alla salute mia non può esser di meglio. Agostino benone, benone ad litteram intendi ! La tua lettera mi ha fatto piangere dove ¡jarla della gioia, che strazia l’anima. Hai fatto benissimo a procurarti il ritratto di quella persona (2) — ti farai portare delle semprevive, e ne intesserai una corona, che appenderai al quadro secondo la mia intenzione. Quando le circostanze me lo permetteranno, conto, e ho promesso a me medesimo di fare un pellegrinaggio a quella parte, unicamente per sincerarmi d’una somiglianza, che mi ìende tanto interessante la persona a cui il caso l’ha compartita. Quando poi le circostanze lo permetteranno, daremo ben altro tributo che di semprevive a quel Santo. Tu domandi se 10 consento a questo conforto. Imagina un pò, ci ho pensato un millione di volte — te l'avrei procurato questo conforto con tutto il mio sangue — imagina dunque se son contento adesso. ‘Mille cose al Padre, a cui scriverò due righe ¡prima di partire, a Ottavio, alla Nina, a quanti si sovvengono del povero (sule. I n ricordo a Vittoria, da cui più non spero nè ricci, nè righe, perchè verranno troppo tardi. Angelo (3), Nicola (4), Sully, tutto il mondo ti abbraccia, e ti esorta a star tranquilla, e lieta. Io ti verso tutta l’anima mia in un abbraccio in ispirito, en attendant che io possa farlo in carne, e in ossa, quando Dio vorrà. Amami immensamente, come t’ama II tuo Giovanni Pativi IV DOn .dimenticlli che fervevano in questi giorni i febbrili prepa- .r6" lmm!nfnte spedizione di Savoia. Giovanni Ruffini era insieme n H direzione del moto e sottoscrisse tre giorni dopo (il 1° febbraio) 11 proclama d insurrezione. 1 ' (2) Il fratello Iacopo. (3) Angelo Usiglio. (4) Nicola Fabrizi. 37 XXI. Agostino alla Madre [Ginevra, 29 Gennaio 1834]. Carissima Madre ! Anch’io genio del silenzio, a coi saremo costretti per alquanto tempo. Ma non sarà lungo, spero. Durante il viaggio potremo forse inviarti qualche letteruccia, e se tu scriverai all'indirizzo del nostro banchiere le missive ci verranno ricapitate. La somma che ci avete inviato è sufficientissima alle spese del viaggio. Ringraziamo te, ringraziamo il Padre. Ho piacere che la Cuxacia abbia risposto alla mia aspettazione. Prima di mettermi alla volta d’ Inghilterra (1), ti scriverò ancora una volta. Salutami Giovannetta. Le lettere che ti scriverò domani ile farai leggere alla Signora Nina vi sarà qualche cosa per lei. Perdonami se ti scrivo così breve : avrei mille cose a dirti, ma questo mediocre carattere, che ho, mi danneggia: quando c’è qualche cosa da scrivere nitidamente tocca a me, ed ora ho non poco da trascrivere (2). Ti abbraccio, ti abbraccio sono II tuo Ag [ostino] XXI. — Pubblio, in parte dal Cagnacci, op. cit., pag. 14. Sul foglio in cui il fratello Giovanni aveva scritto alla madre. La lettera è datata : Ginevra 29 gennaio 1384. (1) Non alla volta dell’Inghilterra ma alla volta di Plan-les-Ouates, dov’egli era stato addetto allo stato maggiore con Angelini, Scotti e Ramorino per dirigere l'operazione d’invasione nella Savoia (Mazzini - Scritti, Ediz. Naz., III, 364 — Faldella, op. cit, pag. 16). (2) Fra gli altri il « Proclama ai Soldati » del 31 gennaio, e il « Proclama ai Savoiardi ». Tre giorni dopo, il lo di febbraio, veniva emanato il « Decreto del Governo Provvisorio insurrezionale della Savoia » firmato da Mazzini, Melegari, Giovanni Ruffini e Rubini. (Vedansi questi proclami in Mazzini - Scritti, Ediz. Naz., Ili, 345 e segg.). XXII. Giovanni alla Madre Génève, le 9 Fevrier ’34. Je reçois votre précieuse (lu 3 Février, baume au blessures de mon âme, et au malheur qui nous accable. C’est l’unique consolation que j’ai au monde, vos lettres, et être uni à Paulin, XXII. — Pubblicata in parte tradotta in Cagnacci, op. cit., pag. 14. 38 et Emilie. L'endroit où nous nous trouvons est provisoire, comme vous entendez bien ; peut-être nous serons obligés de sortir de la Suisse, ou de s’interner, mais nous ne pouvons le faire à présent, parce que nos papiers ne sont pas encore en règle. Encore tout cela dépend des événemens — et si la promesse d’Antoinette (1) de venir nous, rejoindre, se réalise, tous nos plans changeront. Je vous défends absolument de nous rejoindre pour le moment — nous sommes actuellement dans une position exceptionnelle, laquelle ne ferait que se compliquer de plus en plus par votre présence, et nous occasionnerait de nouvelles douleurs. Saluez tout le monde de ma part, et croyez que, quoique ma lettre soit froide, mon coeur brûle de l’amitié la plus vive, et plus ardente. Je suis votre affectionné neveu Jean (1) Antonio Ghiglione; vedi la nota alla lettera seguente. Ma douce amie XXIII. Agostino alla Madre [Genève, 9 fevrier 1834]. —ujuu: temos31e>a\S 11,611 des choses à vous dire, mais je n’ai pas le n ? k~ac e/ seulenjent, que je suis très-bien au physique: lever m' ^01a* une ^e^re <3e M.e Antoinette peut seule le re- • î vous embrasse de tout mon coeur. Adieu -i / / votre dévoué Aug[ustin] ì a Inedita. Sul foglio in cui Giovanni aveva scritto alla madre. La lettera e datata: Genève, le 9 Fevrier 1834. (1) Il tentativo d’invasione era fallito miseramente il due febbraio, ma era h ^ ^ ^ svizzeri la speranza che riuscisse il moto dell’ll febbraio r e dovuto scoppiar© in Genova, secondo i concerti presi con la Congrega enove e. noto come tale moto non riuscisse e portasse invece come conseguenze a condanna a morte di Giuseppe Garibaldi ivedansi nuovi docc. in A. Luzio : Garibaldi e illanini, cit., pag. 165 e segg.). Sulle speranze di Mazzini in tale moto vedansi anche le lettere di Mazzini alla Madre di quei giorni (EpistII, 203). La Mad.lle An-toniettc, da cui Agostino attendeva notizie che gli risollevassero il morale, è Antonio Ghighone, iscritto alla Giovine Italia », il quale in Genova aveva il compito di preparare il moto insurrezionale. Fallito il tentativo egli riuscì a sfuggire alla polizia e si recò poco dopo - come vedremo nelle lettere seguenti - presso Mazzini e ì fratelli Ruffim a Ginevra. 39 XXIV-Giovanni al Padre > Bienne, li 3 Marzo [1834]. Carissimo Signor Padre Sento extra viam che V. S. manca di mie, e nostre notizie da vari corrieri. Ciò mi addolora estremamente, ¡per ¡l’inquietudine che suppongo in V. S. e nella madre. Noi scriviamo tutti i corrieri, ma le lettere per fatalità vanno smarrite. Suppongo vadano smarrite, perchè non saprei supporre, che lettere innocenti fossero trattenute, e si pretendesse con delle leggi umane ostare alle leggi di natura, e divine che fanno una necessità dell’amore, fra Padre, e figlio. Le scrivo dunque queste due righe che raccomando alla buona sorte, e alla Madonna, ¡per dirle qualmente noi siamo a Bienne, in ottimo stato di salute, tanto Paolino, che Emilia, e la cugina che Le si raccomandano tanto. Non aggiungerò altro pella madre — essa imagina certo come mi sanguini il cuore per questi ritardi, come imagino sanguini a lei per mancanza di nostre nuove. Abbia fede in Dio, e nel nostro amore. Amatemi tutti. Sono dal profondo Giovanni Siamo senza vostre lettere. L’ultima era datata dal 22. XXIV. — Inedita. Manca il secondo foglio con l’indirizzo. XXV. Giovanni alla Madre Bienne, le 23 Mars 1834. Mal chère amie ! Me voilà donc à Bienne ! Bienne est une ville, qui fait deux-mille âmes environ, oii il y a un Cafté et un billard, deux auberges, décorées du nom d’Hôtels, un Cabinet de lecture, dont XXV. — Inedita. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes — Bollo postale : Berne, 25 Mars 1834. 40 » le j°urna'ï le pins prononcé est le et une Société consé- qm minent en harmonie avec tout ça. Vous pouvez vous faire api (s cette courte esquisse une idée des ressources physiques, et moi ailes, qu on peut trouver dans ce pays- A peu de différence pies est une espèce de Taiggia. Peut-être le cadre est un peu rembiuni par suite des dispositions de mon âme en ce moment, qui ne me laissent voir le beau côté de la médaille. Nous verrons après. Le lac est à vingt minutes de la ville, et offre ainsi peu de îes.sources. Le paysage, pour quelqu’un, qui sort d’Italie, et a îabité les belles rives du lac Léman, où la campagne près de eme, peut être appelé horrible. L’on parle généralement l’allemand, mais 011 connaît aussi généralement le français — par fatalité, la fille de chambre qui nous sert dans l’auberge où nous sommes tombés, ne connaît pas 1111 mot de français, et nous débite des tirades d’allemand, comme si nous étions obligés de le connaître; je m’exerce avec elle à la mimique, et je cherche <1 111e faire comprendre par signes, ce qui constitue un diversif. Au leste, je prends tout ça philosophiquement, je ris, et je mange, et je bois. L’unique chose qui me tourmente réellement < < st le manque absolu de vos lettres ; je vais de ce pas à la poste voir si je serai aujourd’hui plus heureux. •Te reviens de la poste, pas un mot de vous. Je n’y comprends i^en■_ J’apprends pourtant par Mad.me Marthe dans sa lettre <■ u 3 7 que vous avez reçu la mienne du 11, ça 111e console un peu. Je vous quitte parce qu’il est tard, et je vous aime infiniment. [Jean] XXVI. Agostino alla Madre Berne, 25 Mars 1834. Olière Dame ! IVnicm 1 !/ '°11s ‘*”ai Pôur vous tranquillisez, que M.r etC C,!“;* ™‘reS fussent d1ffto,mM™;1lCT™eer..... • 1 t (jue je me suis tantôt empressé XXVI — Pubblicata tradotta e mutila in Cagnacci, op. cit., pag. 17. 41 de Ini envoyer à Bienne. Au moment, où il vous écrivait, il ne les avait pas encore reçues, mais je suis certain, qu’il n’a pas beaucoup tardé à être ôté de peine. Que cela vous serve de consolation ! Voilà trois ou quatre jours, que je me flatte toujours de vous pouvoir annoncer l’arrivée de ma cousine, (1) mais, je ne sais pourquoi, on ne la voit pas encore. Je sais qu’elle a quitté Genève le 21 de ce mois. Peut-être elle se sera arrêtée quelques jour à Lausanne, mais je ne lui pardonnerai jamais de ne m’avoir pas écrit un mot. Ici nous sommes dans le chagrin. Le petit-homme, (2) que vous aimez tant, a eu un rude coup à supporter. Sa soeur chérie Elise, mariée à Casai, est morte en accouchant. Vous vous figurerez aisément la douleur de ce brave, et bon jeune homme. Nous essayons toutes les voies de consolation, et nous espérons de réussir à amortir l’impression de cette très funeste nouvelle. Mais en attendant on ne peut ne pas gémir du sort, qui s’appesantit si cruellement sur une famille déjà assez malheureuse. Lorsque ma cousine sera arrivée, je pense de rejoindre François (3) à Bienne. Soyez sûre que je suis bien, très bien et crovez-moi toujours, quoique à la hâte. • Votre dévoué Aug[ustin] (1) Antonio Ghiglione s’era rifugiato a Bienne presso Giovanni Ruffini. (Cfr. lettera seguente). (2) Angelo Usiglio. La morte della sorella dell’TJsiglio veniva annunciata anche da Mazzini alla madre con queste parole : « Quel povero Angelo non è con me ; ci sarà tra pochi giorni riunito; intanto la sciagura l’ha colpito all’impensata. Una sorella ch’egli amava assai, assai, e ch’era in Italia gli è morta — e gli se n’è dovuta dar la nuova. E’ addolorato altamente — e lo compiango. Quei che ci amano ed amiamo son così pochi, che la perdita d’uno di que’ pochi ci ruba la metà del cuore » (Mazzini - Epist., Ediz. Naz., I, 270). L’Usiglio che aveva abbandonato Marsiglia per accompagnare Agostino Ruffini a Ginevra, lo aveva poi seguito a Berna (vedi vol. I Epist., Ediz. Naz., di Mazzini - passim). (3) Il fratello Giovanni. Scacciato da Berna s’era rifugiato insieme col Mazzini, col Rosales, con lo Scotti, con l’Allemandi, con l’Usiglio in un paese vicino a Berna (Berthoud?) dove rimasero pochi giorni. Il 22 marzo il Mazzini era già a Bienne dove l’aveva preceduto Giovanni (Mazzini - Epist., Ediz. Naz., II, 226, 244, 258 - vedi Autobiografia, di Agostino - ad mensern). Agostino li raggiunse pochi giorni dopo. 42 XXVII. Agostixo alla Madré Berne, 29 Mars 1834. Ma chère Dame J’ai envoyé votre charmante lettere à Monsieur François ; il vous répondra. En attendant sachez de moi, qu’il se porte assez bien, quoiqu’un peu ennuyé de son nouveau séjour. Enfin j’ai embrassé ma chère Cousine. Elle était allée me chercher à Bienne, tandis que je l’attendais à Berne. Connue je ne voulais point quitter le bon Usiglio pour le moment je lui ai écrit de me rejoindre ici. Elle est venue. Quel doux moment pour moi. Elle m’a conté tout ce que je désirais savoir. Elle m a surtout parlé de vous- Quel enthousiasme, quelle admiration, quelle affection elle a pour vous ! Et en effet vous la méritez si bien ! Elle vous a écrit une longue lettre, que vous recevrez plus tard, car elle fera un long détour. Pour le moment elle me charge de vous dire mille choses, que je ne sais pas traduire assez bien, mais que vous seule pouvez bien interpréter. Dimanche c’est-à-dire après demain, nous comptons rejoindre nos amis, François, et l’autre (1). Le cher Ange commence à être mieux, à devenir plus tranquille. Il a eu un rude coup à supporter ; pauvre jeune homme ! Il vous remercie de la part que vouz prenez à sa douleur, et me prie de vous assurer qu’il ne peut ni pourra jamais vous oublier. Quant à la Césarine, (2) que voulez-vous que je vous dise ? Je ne suis pas trop content de sa conduite. N’oubliez ipas le pro-Aerbe: tout ce qui luit n’est pas or. Au reste je l’aime, et je 1 aimerai toujours, et je lui écrirai. Nous avons aussi parlé beaucoup de la famille Bruzzon (3). Oh les bonnes gens! Je vous prie d’embrasser la mère, Marie! La chère femme ! Adieu, ma chère, recevez 1' embrassement le plus tendre que peut vous donner votre dévoué. AUG[USTIN] ,, , XXVIi\7 Pubbl^ato un brano tradotto in Faldella, op. cit., pag. 17. A tergo : Madame Catherine Parodi Veuve - Gênes - Italie. (1) Giovanni e Mazzini., S ÜSt .GrlUV^ Iedi le notizie date nella introduzione. Pur non (3) All ind o dl Carlotta Bnmone> Agostino inyjava j gue corrisp0ndenze politiche al Grillo e ad altri a G-enora (Cfr. Faldella, op. cit., pag. 637-638). 43 XXVIII. Agostino alla Madré Bienne, 31 Mars 1834. Ma clière Dame Me voilà donc réuni à mes amis. Sera-ce pour longtemps ? J’en doute fort. Il y à des causes, qui pourront contraindre l’Emilie à nous, quitter au moius pour quelques jours. Il serait inutile de vous détailler toutes les raisons, qui nous conseillent cette séparation ; peut-être vous les devinerez par vous-même. Sachez cependant, qu’elles ne sont point d’une nature à vous alarmer. Au reste, si nous pourrons, nous éviterons cette séparation ; nous espérons même d’v réussir. Je vous écrirai sur cela avec le premier courrier : alors il y aura quelque chose de décidé. Bien entendu la bonne Cousine est ici avec moi, bien portante, et toujours plus aimable. Elle vous dit un million de douceurs, que vous comprendrez sans que j’essaie de les traduire, car je ne le saurais pas. Est-ce-que vous n’ avez pas encore la lettre que vous a écrite 1’ Emilie ? Il vous avertissait de sa lettre par un petit bout de billet, que vous avez sans doute reçu par l’entremise de Mad.me Marthe. XXVIII. — Pubblicata in parte tradotta in Cagnacci, op. cit., pag. 18-19. A tergo : A Madame Catherine Parodi (Veuve) - Italie pour Génes. avendo avuto luogo il moto, lungamente preparato, del febbraio, in Genova, Cesare Grillo, come Luigi Rossetti, come Antonio Ghiglione ed altri dovette prendere la via dell’esiglio. Cesare Grillo era già ben noto alla polizia, che aveva intercettata la corrispondenza politica tenuta con Agostino Ruffini (Cfr. Faldella, op. cit.). Egli quindi, interrotti gli studi, s’imbarcò per l’Egitto. In una lettera indirizzata ad Antonio D’Oria, egli così ricordava nel ’48 il suo passato patriottico : « Sai che io aveva quasi compito il corso di legge quando io dovetti sfrattare, sai che sono stato dodici anni in esigilo, e sai ohe son di buon conto per la santa causa d’Italia e della libertà; ma sai ancora che bisogna vivere e che bisogna guadagnarsene quando non si ha fortuna ed io mi sono ingegnato come ho potuto megUo strappaz-zando la mia vita per vivere sia in Egitto che altrove. Sai che nel 1842 stanco e malconcio chiesi di ripatriare e fumimi negato, sai che finalmente nel 1845 mi fu concesso.......... Da una lettera inedita conservata al Museo del Risorgimento di Genova. Non è datata, ma è certo del maggio 1848. Della fuga in Egitto del Grillo fa cenno anche il Faldella in « Genova nel 1834 - La profezia sabauda di un eroe della « Giovine Italia » in II Risorgimento Italiano, Rivista Storica, voi. III (1898), pag. 814. L’accenno di Agostino alla condotta del Grillo non riguarda la sua attività politica, ma sibbene un suo « engouement pour une /emme méprisaljle » (Cfr. lettera XXXV di Agostino alla madre). 44 i / Il y avait un bien doux mot pour vous dans cette lettre; Emilie vous disait enfin au revoir, ce mot, qui ne peut être entendu par une oreille amie sans que le coeur redouble ses battemens (1). Par conséquent ayez la bonté de nous dire quelque chose à cet égard — Le ton de vos deux dernières lettres était bien triste, et presque alarmant. Certes, vous n’êtes pas sur les roses, la douleur est votre partage ici-bas. Mais l’amitié, et la force d’âme ne sont-elles pas les boucliers, que nous devons opposer à l'adversité ? -Te sais aussi, que vous souffrez beaucoup de la mort de la pauvre Elisa. Je vous dirai ce que j'ai dit à son frère — elle était très malheureuse dans ce monde, à présent elle est un Ange dans le ciel — Au reste son frère est trop vertueux pour ne pas surmonter son affliction. Il est ici avec nous, et la mélancolie qui succède à sa tristesse nous fait présager encore mieux pour l’avenir — Vous manifestez des inquiétudes sur ma santé, qui sont tout-à-fait- sans fondement. Sans doute je fume; vous le savez, c’est 25°m‘ moi une habitude, dont je ne saurais pas me passer. Mais d'abord il ne faut pas s’imaginer, que je reste là avec la pipe à la bouche tout mon temps, sans faire, ni penser autre chose- En second lieu je vous dirai franchement, que je crois que le tabac, soit par la force de l’habitude, soit que ses effets soient exagérés, n est poin dangereux pour moi ; au moins j’ai le fait de ma part; car je n’ai jamais joui d’une si bonne santé, qu à présent. Xe vous forgez pas des chagrins imaginaires ; nous en avons assez de réels. Je vous quitte,-pour ne pas être indiscret envers François (2). Recevez les salutions du bon Usiglio. Faites les miennes à toute la famille Opensi, et aimez-moi toujours, car sans cela je ne pourrais pas vivre. Adieu Aug[ustin] (1) Era nei propositi di Mazzini di recarsi a Genova, alla testa della colonna di invasione, come abbiamo già detto, unitamente a Giovanni Ruffini (Mazzini - Epist., II, , ettera a Melegari) ma questo contemporaneamente all’invasione in Savoia. Eleonora Ruffini aveva anche preparato la bandiera che la « Giovine Italia » avrebbe innalzato sbarcando in Liguria (ibidem, II, 73). Come fallisse anche questo tentativo si veda nell ’Epist cit., II, 68, 72, 80, 88, 103, 115, 121, 123, 126, 134, 145). - Non si comprende come nel marzo egli ancora pensasse di recarsi a Genova, se non di passaggio, viaggiando per mare verso l’America. Le parole di colore oscuro ai Agostino, contenute in questa lettera e più quelle di Mazzini alla madre, del giorno precedente 30 marzo, danno adito a supposizioni le più varie. Scrive infatti il Mazzini, 45 XXIX. Giovanni alla Madré | Bienne, 31 Mars 1834]. Ma chère Amie ! Votre lettre du 22 trahit un sentiment de mélancolie si profond, qu’elle me fait mal au cœur. Au nom de Dieu, pour quoi ce découragement ? c’est bien au moment de l’adversité qu’il faut redoubler de fermeté et de constance. Et puis, en qui notre position a-t-elle empiré ? Nous sommes bien, très bien au moral, et au physique. Cela ne vous suffit-il pas ? Si vous avez besoin d’un mot d’encouragement de nous, vous l’aurez, mais au nom de Dieu un peu de patience. Faisons abstraction de 1’ humanité, et suffisons à nous-mêmes nous seuls. Que nous fait le monde quand nous nous aimons ? que peut le monde et l’adversité contre nous ? nous sommes à l’abri de tout sous l’égide de notre affection, et des nobles sentiments, qui nous inspirent. Courage donc, ma bonne amie, courage encore une fois. Paulin est ici avec Ange et la Cousine. Je doute qu’ Emilie et moi nous serons encore contraints à déménager, et à nous séparer pour un temps de Paulin, et de la cousine. On nous tracasse, on ne veut absolument nous laisser tranquilles. Ces petite tracasseries n’ont plus le pouvoir de nous émouvoir; nous ne faisons qu’en rire, et nous y sommes habitués- Que cela ne vous inquiète nullement, je le dis uniquement pour rire. Vous avez deviné l’état de détresse de ma bourse, mais deux lettres, qui sont en voyage, et où je vous faisais part de XXIX. — Inedita. Sul foglio in cui Agostino aveva scritto alla madre. La lettera è datata: Bienne, 31 Mars 1834. alludendo alla lettera inviata alla madre dei Ruffini, di cui è cenno nella lettera di Agostino, in questi termini : « M’accongo anche che l’amica non ha ricevuto una lettera delle cugine, che spiegava in parte la mia: temo dal biglietto acchiuso m una delle vostre, che essa abbia preso in serio quel mio scherzo suU’America, e sul viaggio delle cugine. Pazienza. Mi duole infinitamente, perchè mi duole averle dato un’inquietudine di più, senz’aloun utile, come almeno m’avveggo » (Mazzini, Epist., II, 276). Non è facile comprendere a che cosa si alludesse annunciando tale viaggio, nè ci è rimasto completo il carteggio dei Ruffini con la madre che avrebbe forse potuto portare un po’ di luce su quest’episodio. (2) Nello stesso foglio Giovanni scrive lungamente alla madre. 46 ce secret me purgeront vis-à-vis île vous du reproche de peu de confiance. Jamais je n’en manquerai pour vous. Je vous embrasse, ma bonne et unique amie, avec passion, et je vous adjure, au nom de notre amour, et du vôtre à vous tranquilliser, à prendre courage, et espoir. Dieu ne peut pas nous abandonner. J’écris à la hâte. Saluez pour moi Octave, Nina, Bernard, Victoire (1). Benoite (2), et tous ceux qui se souviennent de votre invariable ami il) Era una conoscente della famiglia Ruffìni. (2) Era una vecchia affezionata domestica dello zio Canonico. XXX. Giovaxxi alla Madré Berne, le 18 Avril 1834. Ma très chère Dame ! je sJe reÇOis votre chère du 12 avec le billet à Emilie, s-u t'11S °n 11 6 Per obbligare, nostro malgrado, la Svizzera a 1 dmtt0 d’asilo ch’essa accordava ai rifugiati» (Cfr. P. Thureau Dangin: Ta Snln 7, i0nrhw de Juillet- Paris- »88. vol. II, pag. 361; e Pietro Silva: infato dotelt f TorÌD0’ i917’ ^ 2«>- Quasi tutti gli esuli italiani, Mazzini ed i RuffinT Ugiars1’ ctn in Spagna, chi in Inghilterra, chi in America. Il continuamente reni i 'lsSero Dascoati. in volontaria prigionia, dovendo tuttavia cambiar fu poi tollerata daîîe T ì?01* dÌ TCnÌr arrestati’ La loro permanenza in Svizzera fino alla fine di^ maggio de^’Jò- ^ata^în no°os.tante i continui richiami dell'Austria, Sli esuli genovesi a riparare in Inghilterra'aZlTLnl ^ 53 XXXV. Agostino alla Madré Bienne, 16 Mai 1834. Chère Dame ! Un courrier .s'est écoulé sans que je vous envoyasse un seul mot- La poste de Bienne pour le Piémont part un jour plus tôt que celle de Berne. Comme j’étais 'habitué à vous écrire de cette dernière ville, j’ atténdis le jeudi pour vous écrire, et voilà que tou-à-coup, en calculant le jours de la partence du courrier de Bienne, j’aperçois que j’ai commis la grosse faute de ne pas vous écrire le mercredi. Pardonnez-moi : je suis bien fâché de mon étourderie, mais cela ne m’arrivera plus, soyez-en sûre. Je vous remercie de votre charmante lettre du 8 de ce mois. Je suis bien aise de votre réconciliation avec M.r César. En ne lui soufflant pas le mot de ce que je vous avais écrit touchant son engouement pour une femme méprisable, vous m’avez infiniment obligé. Je ne dirai pas que M.r César soit un aigle ni de vertu, ni de talent. Toutefois, je crois qu’il a quelque chose de bon au fond du cœur, et qu’ il nous est sin cèrement attaché (1). Pour cela nous pouvons lui pardonner une étourderie de jeunesse, qui au reste n’ a pas eu de suite. Pour ce qui regarde Emilie, je n’ai pas renoncé à m’ouvrir franchement là-dessus avec vous toutes les fois qu’il y en aura besoin. Vous m’aimer trop, et vous êtes trop vertueuse pour vous effaroucher jamais de ce que je pourrais vous dire. Cependant comme c’est un sujet, que je ne puis aborder de sang-froid, et qui nons rappelle des lugu'bres et cruels souvenirs, je crois qu’il est bou et convenable d’en parler le moins souvent possible. D’autant plus, que j’ai eu dernièrement l’occasion de lire une des lettres que vous adressiez à M.lle Emilie, et je 1’ ai trouvée tout-à-fait selon mes désirs ce qui m’a prouvé, que même dans les plus difficiles situations de la vie vous savez toujours ce qu’ il y a à faire, et comme l’on doit se comporter. — J’ai remis le 'billet à la Cousine. Elle m’a dit qu’aujourd’hui elle vous enverra deux mois, que j’inclurai dans ma lettre. J’ai XXXV. — Pubblicato un brano, tradotto, in Cagnacci, op. cit., pag. 20. A tergo: Madame Rose Vernetti - Génes - Italie. (1) Cfr. nota alla lettera XXVII. 54 reçu la très-affectueuse lettre de M.r Op[ensi]. Je ne saurais pas vous dire combien elle m’a touché. Ses expressions simples mais toutes empreintes d’une véritable amitié et d’une tendre me anco ie m auraient fait ipleurer, si le ciel m’avait accordé e on ^es ^rmes. Dites-lui que je lui réponds ce même courrier ; par conséquent qu’ il ait la bonté d’aller à la poste retirer ma lettre, à l'adresse Sim. Casamara, t e îemercie Catherine la grondeuse du souvenir qu’elle oetiTs'6 IUailssi’ Je pense bien souvent à elle, à nos 1 es guerres, à nos réconciliations et alliances pour gagner un terne au lotto. Dites-lui de ne jamais venir en Suisse. Ce jeu-là est delà*1 Comment ferait-elle? Dites-lui de jouer ces trois nu-neios. G, 14, -¿ü. ^ ous-même ayez la bonté de les jouer pour mon compte, mais pas plus d’un franc. Les deux premiers numéros marquent deux époques bien différentes. Au 14 de Mars le ^îand tonseil de Berne décrétait qu’ il donnerait asile dans • es états à tous les Proscrits, quels qu’ il fussent. Au G de Mai ^e même Conseil décrétait qu’il chasserait de ses états tous les i ose rit Polonais, Allemands et Italiens. Concevez-vous une contiadietion si honteuse? Concevez-vous que les Puissances ccupent de deux cents exilés, comme s’ils étaient deux cent mille: Saluez de ma part M.r Bernard et toute la famille ; ur out la bonne Mna. Ce que vous me dites de sa tendresse Ad'1 -us ma vivement ému. Embrassez-la au front pour moi. a plus chère des créatures, soignez-vous, et aimez-moi t0|°m aWvSTIN] XXXVI. AftOSTINO ALLA MADRE [Passy] 22 Mai [1834], Chère Amie nrésentin?!01^. V°tre charmante 11,1 14 Mai. J’avais un heureux nous envoyait T*! T"1* me -l’avocat. (.1) ne réponse décisive. Vous comprenez aisément, XXXVI. — Inedita. A tereo • luogo -di partenza. Dal boilo nn-tai . uline Ferrari - Gênes - Italie. — Senza (1) Ii’avv. Filippo Bettini il nual^ r,1Cava ch’essa fu impostata a Passy. di Antonio Ghiçlione. 6 S era assllI1to l’incarico di curare grli affari 55 mon amie, que cette situation est insoppurtab'le. Nous en sommes à souhaiter, que M.e Tagliavacche dise une fois, non, non, •non, pour sortir de cette incertitude par trop pénible (2). Quant à moi, si dans une dizaine de jours, vous ne pouvez pas nous dire quelque chose de positif, je me lave les mains de cette affaire-là pour toujours. J’aimerais mieux être réduit à mendier, que de passer de délusion en délusion de cette manière. Que Tagliavacche aille au diable ! Au reste je ne l’avais que trop prévu. Pour nous c’est fini. Nous avons trop de guignon. Il ne sera ¡pas dit, que nous puissions jamais réussier [dans] une idée quelconque. Encore ! patience, si [nous] seuls en souffrions. Mais vous, pauvre Ange, tourmentée toutes les minutes, toutes les heures, tous les jours pour nous, et par nous! 'l’avocat excédé de fatigue. Tout cela me tombe sur le cœur comme un poids immense. Je veux me tranquilliser. Malgré vos douces paroles je ne peux plus croire à la bonne volonté de Tagliavacche. Je vais prendre des mesures en conséquence. Adieu, mon amie. Le malade va assez mieux ; le blessé va mieux lui aussi. Ces gens-lfi ne meurent pas. Au reste je ne lui souhaite pas la mort, mais c’est une remarque. Adieu, je suis parfaitement bien, et je vous aime comme un fou. Aug[üstin] (2) Antonio Ghiglione, prima di prendere la via dell'esiglio era a Genova impiegato in una casa di commercio (Mazzini, Epist., Ed. Naz., I, 351). Di condizioni famigliai non troppo agiate, e di metodi di vita assai irregolari, egli si trovò in tristissime condizioni finanziarie, l’eco delle quali ritroveremo sovente in queste lettere. Era infatti partito da Genova con denari presi in prestito dalla madre dei Ruffini (Mazzini, Epist., IV, 189) e tra poco, come vedremo, con la cauzione ancora di Eleonora Ruffini ■egli otterrà in prestito duemila lire da Laura Spinola di Negro (Mazzini, Epist., IV, 103). Qui si accenna a pratiche che l’avv. Filippo Bettini avrebbe dovuto compiere per trovare denari probabilmente sopra una piccola proprietà che il Ghiglione possedeva in Sampierdarena e che fu posta all’incanto per 12.000 lire il 5 marzo 1835 ■(Gazzetta di Genova, 14 Febbraio 1835; Mazzini - Scritti, Epist., Ediz. Naz., Ili, 401). XXX VII Agostino alla Madre Bienne, 23 Mai 1834. Chère Dame ! J’ai reçu votre très-aimable lettre du 17 de ce mois, avec le petit billet de ma bonne Lille, dont vous la remercierez de XXXVII. __ Inedita. Manca l’indicazione dell’indirizzo. 56 ma part. Je lui écrirai le courrier prochain. Je n ai pas le temps à présent. Je viens d’écrire une très-longue lettre à M.lle ^nn îe, e^ l’heure de la part enee du courrier approche. Par cons quen je vous écris un peu à la hâte à vous-même, et je ni empiesse e vous tranquilliser relativement à ce que je vous ai cri , me trouvant encore à Berne. Je connais tout le dévouemen , que vous avez pour vos amis, je sais que lors même je vous eman derais l’impossible, vous tâcheriez de le faire pai amour e moi. Je connais aussi la belle âme de M.r Bernard, qui ne ses jamais démentie, depuis que le malheur s’est ac arne c ^ moi. S’il n’y avait eu autre moyen pour moi, que c^m’ a j’ai fait allusion dans une de mes lettres datée de erne , j’ aurais en tout de suite recours à vous. Mais d a or ce yen-là est encore fort incertain. Il dépend de la eclS1° . Conseil Exécutif de Berne. En second lieu il n est pas convéniens pour moi. Entr’autres il m’exposeiait a un veillance continuelle. Pour cela j’ai renoncé P°^r j’^faire au moins à mon idée. Si jamais je serai à usage, ne doutez pas que je ne m adresse mi vous. Ayez-en ma parole d’honneur. ondrai Une autre fois je vous écrirai plus longuement e rep à tous les articles de votre intéressante lettre. ^ ontre- Pour le moment, je n’ai que le temps de vous pi esser c mon cœur- [Augustin J (1) La lettera non esiste nel carteggio. Si trattava della fa01'*ta''“^0 Una dal Governo agli emigrati di rimanere nel Cantone a condizione c ìe seguente.- cauzione di 1200 lire (Mazzini, Epist., II, 313) come si ricava dalla leu*« XXXVIII. Giovanni alla Madeb Genève, le 24 Mai 1834. Ma chère Amie ! Je n’ai pas reçu de lettre de vous ce dernier courrier, je tiens d’Emilie que vous n’avez cette fois écrit qu’ à 1 au r fA T ai je tiens aussi d’elle l’assurance précieuse de votre sani 21 A XXXVIII. — Pubblicate poche parole tradotte in Cagnacci, op. cit., Paj=- ^ tergo: Madame Rose Vemetti - Italie - Gènes. — Bollo postale: Genève, 25 Mai 57 oublié (le vous avertir dans ma dernière que, pour ce qui touchait notre correspondance, quel (pie soit le pays, d’où je date mes lettres, vous ayez à vous en tenir pour l’adresse et le reste à ce (pie je vous fis dire par Emilie dans une de ses lettres à sa tante 'Marthe. Je vous ai donné 'une adresse stable, et toujours dans la même ville, en raison de la continuelle locomotion, à laquelle je suis obligé ¡pour mes affaires. J’aurai vos lettres, peut-être un peu tard, mais je les. aurai. Je suis tout à fait sans matière. Il fait un temps très lourd, qui ne contribue pas peu, à ce que je pense, à la vacuité de ma tête. Le lac est voilé par le brouillard. Au moins, s’il tombait de la pluie, cela ferait un diversif, ce serait de la vie au milieu de cette torpeur de la nature. J’ai des nouvelles de Paulin et d’Antoinette ; ils sont ensemble, et se portent bien. Mille amitiés de leur part à leur bonne maman. Emilie et moi, nous sommes ensemble et jouissons aussi d’une santé parfaite. Que j’aie toujours de bonne nouvelles de vous, ma chère et bonne amie, et je serai toujours bien! Ménagez-vous pour l’amour de votre ami. Saluez tout le monde de ma part, B, et O, (1) et particulièrement la Nina. Vos ligne d’éloge à cette enfant m’ on attendri. Bonheur à elle, si elle les mérite! le Ciel l’en récompensera. Qu’elle continue à être bonne, et qu’elle m’aime. Il me suffit de savoir que Victoire se porte bien, qu’elle songe à se rètabilir complètement. Je voudrais trouver une expression qui résumât tout ce que je sens pour vous; en désespoir de cause, vous suppléerez à mon silence forcé, vous, ange de bonté, âme éminemment aimante. Je vous embrasse avec culte et ivresse Zane P. S. O’ est la trosième fois que vous me parlez d’argent, et que je vous réponds. Voulez-vous me procurer des remords nom de Dieu ? n’envoyez rien, quand j’aurai besoin, je vous le dirai. Je suis habillé, j’ai une redingote, un gilet, un pantalon, un chapeau tout neufs. Vous n’avez pas seulement le nécessaire, et me parlez d’épargnes, de superflu ! ! (1) Bernardo e Ottavio. 58 XXXIX. Agostino alla Madré Bienne, 28 Mai ’34 Obère Dame ! La dernière fois je vous ai écrit un ipeu à la hâte, attendu que l’iheure du départ du courrier était très-prochaine. Cette fois-ci j'ai bien des choses à vous écrire, niais je doute qu’elles soient telles que votre cœur le voudrait. D’abord une mauvaise nouvelle. La bonne Cousine est malade. La «maladie n est nullement dangereuse mais en revanche elle est assez ennuyante. Vous savez qu’elle souffre bien souvent «de la douleur aux dents. Cela dernièrement lui a produit une telle irritation aux glandes de la gorge, que toute la joue droit et la gorge même se sont entiées. Par conséquent, elle ne peut presque rien manger ni boire. On lui a appliqué deux fois les sangsues, niais sans trop d'effet. L’enflammation demande son cours, et je ne réponds pas qu’elle en soit quitte avant dix jours. Il faut se résigner, et porter sa croix. Tourmentée au physique, elle 1 est aussi au moral. Son amie, qu’elle aimait beaucoup, Joséphine lanch, est morte il y a peu de jours à Milan en accouchant. Il paraît que la mort veut moissonner toutes les bonnes gens. La nouvelle lui en a été apprise avec une certaine cruauté, et comme 1 ii-ritation était déjà en cours, elle a empiré par suite de la douloureuse secousse à 1’ esprit. Pour surcroît de malheur, je me trouve forcé de la quitter. Vous vous figurerez aisément combien il en colite à mon cœur, mais comment faire ? Mon Dieu, je suis bien contrarié dans toutes mes affections. Ce matin j ai été mandé chez M.r le Préfet de Bienne- Il m’a dit que je dois entre deux jours me présenter à M.r Blamenstein, directeur de la Police du Canton. Il me faut donc partir pour Berne, où réside le directeur. Mais à quoi bon, ai-je demandé à M.r le Préfet. — Afin d’obtenir votre passeport pour l’Angleterre. — Vous vous moquez de moi, Monsieur, et donnerai une caution telle que le Gouvernement voudra (c’était le projet dont je vous parlais dans ma dernière, qui a été discuté, et rejété au Conseil Exécutif de Berne), j’achèterai même la bourgeoisie, mais je (1) E’ il passaporto che, non appena giunto a Marsiglia, Agostino aveva ceduto a Mazzini (vedi Cronologia autobiografica) di Agostino. 59 ! • ' ne partirai pas pour l’Angleterre — Mais, Monsieur, on a fait nu décret, en force duquel il vous est défendu d’abord de rester dans le Canton ; en second lieu vous ne pouvez ni jouir du bénéfice de la loi du cautionnement, ni de l’achat de la bourgeoise — J’avais fait toutes ces bravades pour mieux réussir dans le projet, que j’ai dans la tête, et que je ne puis pas vous détailler dans ce moment. Le fait est que je n’irai pas en Angleterre. Par conséquent je répondis à M.r le Préfet: Eli ! bien, ça m’est égal, j’irai en Angleterre, dans l’enfer même. Je ne m’en moque pas mal. En effet je partirai pour Berne après-demain. De là je vous dirai le lieu, où je compte de me rendre. Pour le moment adressez vos lettres à M.r Sebastien à Berne. Ce qui me fâche c’est de m’é-loigner de la Cousine. Bienne est une petite ville, à peu près comme Ta-ggia. Le moyen d’y rester caché! D’autant plus que les habitants nous sont défavorables, parce qu’ils sont ignorants, égoïstes, qu’ ils n’entendent pas notre langue, ni la française, ni nous leur infâme patois, que nous portons des moustaches, et toutes choses insignifiantes par elles-mêmes, mais qui nous ameutent contre ces rustres-là, que le diable les emporte, qui au lieu de cœur ont, ma foi, dans leurs poitrines un bats, pièce qui coûte trois sous de France. Je mordrai mon frein et j’ irai à Berne. Là j’achèterai une de ces choses si utiles dans les voyages, dont je ne me rappelle plus le nom. Peut-être vous vous souviendrez que j’en avais une, lorsque je suis arrivé à Marseille ; je l’ai prêtée à M.le Emilie, lorsqu’elle partit pour Genève. Vous savez qu’elle l’a portée tout le temps qu’elle est restée à Genève (1). A présent on m’en offre une qui me va à ravir, qui est toute neuve, qui me sera infiniment utile. Mais ravir, qui est tout neuve, qui me sera infiniment utile. Mais on m’en demande un prix énorme : 100 Frs. ce qui ferait un effroyable trou clans ma bourse, d’autaut plus dans ce moment ■qu’on ne peut pas nier quelque secours à ces malheureux, qui sont traînés comme des nègres en Angleterre. Je sais bien que si je m’adresse à vous, ce sera une chose faite. Mais mon Dieu puis-je le faire sans remords ? Cependant ce n’est pas notre faute à nous. Nous pouvrions trouver une pension honnête quelque part. Mais peut-on rester tran- XXXIX. — Pubblicata tradotta e mutila in Cagnacci, op. cit, pag. 21. A tergo : Madame Rose VeT^netti - Gênes - Italie. 60 qui < ni) momeiu ! II faut voyager sans cesse, et cela coûte," i ^ous faut rester aux auberges, car vous n’êtes jamais sûr . U)fle lendemain, et cela coûte encore plus. Il y a [deux] jouis que j ai loué une chambre. J’épargnais la moitié de ce que [nous] coûtait une chambre à l'hôtel. Mais on n’a pas: ■vou u me la louer pour moins de quinze jours, et j’ai dû payer < avance. A présent on me chasse de Bienne, et voilà qu’en croyant économiser j’ai jété mon argent. De même à Berne, a uns une chambre. On me chasse de Berne. Je viens à Bienne, ' ^ 'oila que je payais double, mon loyer à Berne, qui n’était point encore expiré, et celui de Bienne, car on ne peut pas couc ei à la belle étoile-... Je sais bien que nous n’avous pas esom d excuses près de votre cœur, qui va toujours au devant d élies, mais j’ai voulu vous donner une très-faible idée f notre position de nomade. Revenant à notre propos, si atous pom ez m envoyer ces 100 frs. sans trop de gêne, faites-le Mais i ce a vous gêne trop je vous supplie à genoux, n’en faites rien ’ Je dépenserai de ce qu’il me reste. ^0,ls ^es cas il faudrait les faire passer à l’ordre de Fnn ,I.anÇOis ^authier à Berne. J’aimerais même que ni M.r ^'018’ Emilie n’en sussent rien. Je suis certain qu’ils °u eraient de ne m’être pas adressé à eux plutôt que de Emilie01 ,PI en°01fi ce conp-là. Mais mon Dieu je sais que M.lle fai/ 7 Par laquelle vous me M.lle Emilie et de M.r Pra!!l'oif 'y* m°n S°ft’ et SUr Celui de Ç ls- \ ous me demandez si je compte XL. - Pubblicata, tradotta e mutila in Cagnacci, op. cit., pag. 24. A tergo- Madame Rose Vemetti - Génes - Italie. 61 is, qui êtes sa plus parfaite image, et de nous, qui n’eussions ’"s Vautre titre à la misericorde, sommes aimés par vous, emezezez toute cette bonne famille des choses affectueuses qu’ils li ‘ üan^n^' ^,eur billet m’a vivement ému. Je leur répondrai. nV U+( n iU ï,as temps. Seulement je szzis fâché, qu’ ils cher ^ Ie^U ma ^e^re ^ Mai. Dites-leur d’aller la cher-que ■ 11001 f "m‘ *'°*s à poste, et répétez-leur l’adresse telle on les /°US ^ 1,1 < nvo-vni-U ^°n (iue d’ennuis pour ces lettres. Quant à jamais T'Us ioil^ours à la veille de partir d’ici, et je ne pars de rptQwi°",S °S J0urs qilel(ïue chose survient, qui me contraint lancé un pem'umt^f 'P°nr rhermita«e’ dont vous ai âéîà mission de Al llP v ' -v present Je dois remplir quelque oom- partimi pL El,. ’ * Jn8Q’à <* que ™ fait’ *e ne ^ part à Me Lille^t^ï^ d>écrire Quelques lignes de et a M.r Gatto (1). Je ne sais pas s’il vous XLI1- ~ Pubblicata, tradotta „ eecondo foglio con l’ind'irizzo. * * mUtila in Cagnacci, op, cit., pag-. 26. Manca il (1) Fodcrico Rosazza. _ Int duzwne. - Sulla ragione del nomL-nolo' ,Eosazza si veda quanto si dice nella intro-Itaha », Tonno, 1895, pag. n5. 0 Tedi ^ldella, Storia délia « Giovine 65 •souvient encore de ce bonhomme, rude, misanthrope, qui venait souvent me voir, qui a un excellent coeur, malgré son apparence tout à fait froide. Si j’avais le temps je ferais un billet pour lui, et je 1’ inclurais dans celle-ci, aujourd’ liui même. Pour le moment il me faut sortir. Les tracasseries gou-vernamentales continuent. Beaucoup de Polonais et d’Italiens ont déjà filé vers l'Angleterre. Filé ce n’est pas le mot, car il importe le libre exercice •de la volonté. Ils y ont été emmenés, escortés par les gendarmes de Louis Philippe. Un même destin attend les autres. Bienheureux celui qui l’échappe. — Avez-vous lu les Paroles d’un Croyant par M.r Lamennais ? Tâchez de les lire. Cinq éditions sont déjà épuisées. C’est une fureur, un délire pour ce iivre-là. Il fera beaucoup d’effet, sans doute c’est une des brochures les plus marquantes du siècle XIX (2). Je dois soi’tir. Avant de cacheter la lettre j’ajouterai un mot. [Augustin] (2) Anche il Mazzini, non appena uscito il lilbro ne scrive alla madre ed agli amici in termini entusiastici; e senza perder tempo, pensa di farlo tradurre rapi-dissimamente per introdurlo in Italia prima « che sia censurato dalla Chiesa e proibito dai^ Governi ». Al Eosales scrive alla fine di maggio: «E’ un’adesione solenne ai nostri principii di un uomo che ha incominciata la propria carriera quasi sulle òrme di De Mairtre..... Bisogna dunque trarne profitto. Aspetto il libro domani — ■ed ho risolto tradurlo — forse non io; ma lo tradurranno Ghiglione e Agostino. Io lo rivedrei e v’apporrò un discorso preliminare. Bisogna dirlo, ond’altri non s’invogli a tradurlo, non ci tolga di poterlo far nostro col discorso preliminare. Lo tradurremo Tapidissimamente.....». ) Mazzini - Scritti, Epist., II, 359. — I timori del Mazzini, che lo prevenissero nella traduzione, non erano infondati; infatti alla fine di giugno usciva la prima traduzione italiana curata dal Pallia. XLIII. Giovanni alla Madre Genève, le 4 Juin 1834. Ma chère Amie! Depuis votre chère du 22 Mai, je n’ai plus de vos lettres, «c’est une chose en toute régie, puisqu-elles sont obligées à faire un tour, qui les retarde d'un jour au moins : ainsi, saus en sentir moins la ¡privation, je ne m’en inquiète pas. XLIII. — Inedita. A tergo : A Madame Pauline Ferrari - Gênes • Italie. — Bollo postale; Genève, 6 Juin 1834. Peut-être en aurai-je ce soir, mais je ne serai plus à temps pour vous l’annoncer- Ma santé est excellente ainsi que celle de tout le monde. Je mange, bois, dors, fume et lis, voilà toute ma vie en résumé. Je me couche après minuit et je lis jusqu’au jour infailliblement. Quan il fait jour, j’essaye de m’endormir, le plus souvent sans y réussir, et les jours ne sont pas rares où je m’en vais aux six, sept, huit heures du matin sans avoir fermé l’œil- 0 est que mes pensées ne peuvent pas dormir en moi, et il paraît qu elles se donnent toutes rendez-vous dans ces heures de silence et e recueillement, pour enflammer mon sang et éloigner le sommei En m’endormant si tard, vous ne serez pas étonnée si je vous disais que je me lève à midi, et même à une heure, jamais avan midi. Je déjeune, fais la barbe et semblables choses, puis .1® passe mon temps jusqu’à 6 heures, époque du dîner, à Lire ou à écrire, ou à arpenter de long en large ma chambre, c an tant ou blaguant [avec] Emilie. Je elhante de préférence vedrai la sventurata du Pirate, ou Isolato sulla terra e or lacchi, des morceaux doux et mélancoliques, et je me surpren s à m’ émouvoir avec mon chant plus que ne ni ont^ jamais ému les plus grands artistes. Oh, la musique d Italie, a y rêne! il n’v a que celle-là! tout le reste est désaccord, ^ iss° nance, chaos. Sur la brune, vers les neuf heures du soir, je sois pour prendre un peu d’air et faire un peu de mouvemen travers les champs. Je ne sors jamais le jour. Après une ore ^ de promenade, je rentre, je fume encore, je chante, je 'la bière, je fais des projets, je dis et pense des choses o es jusqu’à minuit et à une heure, puis je me couche et voilà ma Me. Paulin a reçu votre dernière lettre. J’espère qu’à cette heure vous aurez sa réponse. Saluez chèrement tout le monde de ma part ; ménagez votre précieuse santé de toutes les manières, en tendez-vous, si vous ne voulez me faire mourir désespéré. Si malheur vous arrivait, j’en deviendrais fou pour le moins. Ma chère Nina, je me fie à toi pour soigner, pour consoler ta bonne matman ; tu possèdes un trésor, et elle, je te le confie, sois fière et jalouse de ton trésor, et ne m’oublie pas. Adieu, chair de ma chair, os de mes os, vie de ma vie, mon orgueil, ma consolation, ma providence. Je suis tout à vous ZaNE 67 XLIV. Giovanni alla Madré Genève, le 7 Juin 1834. Ma chère Amie ! Je suis, jusqu’à présent, sans vos lettres. Il est possible que j’en reçoive plus tard. Je serai court, très court parce qu’il est tard, et j’ai encore à écrire deux ou trois lettres pressées. Ainsi, je ne ferai que vous rassurer sur l’état de notre santé, qui est complètement satisfaisant, ainsi que sur celle de Paulin dont j’ai une lettre aujourdihui- Comme il ne parle nullement dans sa lettre d’Antoinette, dont vous connaissiez l’indisposition, j’ infère de son silence qu’il y va mieux, car autrement il en parlerait. Emilie se porte très bien aussi et vous salue cordialement. Elle [aussi] est sans lettres aujourd’hui. Nous avons eu deux journées 'bien maussades: bise et pluie, et un ciel lourd, comme un linceul de plomb. Aujourd’hui la nature est souriante et calme, le lac tranquille, et resplendissant, le ciel bleu et serein. Ou se sent vivre. Adieu, ma bonne, ma charmante amie. Que je suis ¡peiné de devoir amdus quitter, que je vous quitte à regret ! mais vous, savez que si la plume vous quitte, le cœur est toujours avec vous, le cœur qui bondit de joie à votre souvenir, qui franchit la distance, qui vous touche, vous parle, vous entoure dans une spirale d’amour ineffable. Saluez tout le monde et aimez-moi comme je vous aime. Zanb XLIV. •— Inedita. A tergo : A Madame Pauline Ferrari - Gênes - Italie. — Bollo postale : Genève, 8 Juin 1834. XLV. Giovanni alla Madré Genève, le 11 Juin 1834. Ma chère Amie ! En vain me suis-je bercé d’une douce espérance jusqu’au dernier instant. En vain ! voilà deux courriers, deux éternels XLV. — Inedita. A tergo : A Madame Bose Vernetti à Gènes Italie. — Bollo postale : Genève, 11 Juin 1834- 68 courriers, que je manque de vos nouvelles. Je tâche de raisonner, je fais la part de tous les petits inconvénients, qui peuvent aujourd’hui empêcher une lettre d’aller à sa destination, mais cela ne m empêche pas d’être passablement inquiet. Je me console dans l’idée que le Seigneur ne voudra pas m’exposer a une épreuve si cruelle, en m’ôtarit l'unique bonheur, dont je sois encore susceptible. Emilie manque aussi de lettres, mais le courrier d'aujourd'hui seulement. Vous pouvez de temps en temps écrire directement à M. Fr[ançois] à Lausanne, comme ^ous avez fait jusqu'ici; les [lettres] arrivaient très bien, et jamais au moins la consolation [d’avoir] des nouvelles indirectes de vous. Quoi qu’il en soit, je ne manquerai pas de vous en donner < < s miennes en accompagnant ma lettre de vœux bien ardents pom qu elle fasse bon et prompt voyage, afin que vous ne soyez < ans ] état d incertitude pénible, dans lequel je nie trouve, e me porte donc très bien, ainsi qu’Emilie, et Paulin. - e ne sais rien d’Antoinette, parce que Paulin n’en parle pas, ce qui prouve pour moi qu’elle est mieux. ous concevez que, privé de vos lettres et faisant une vie Tou.fr16 ^ San‘S accirïents, je suis aujourd’hui sans matière. ous oie 1 amour îa reconnaissance, l’admiration que je ressens sent ^°US’ eSf c‘k°se impossible — ce sont des choses que l’on , mais qu on ne rend pas — vous savez comme je vous aime ! meur 6 A°n^‘S r^Pon^re à Victoire, mais je ne suis pas d’hu-enntiù C™t que de l’eau chaude. comme je vous aime, c’est-à-dire inexprimablement. Zase i 69 XLYI. Giovanni alla Madré Genève, le 18 Juin 1834. Ma chère Amie ! Je suis sans lettres cle vous aujourd’hui, et je ne m’en plains pas ; je suis encore trop riche, et ce serait presque de ¡’ingratitude après avoir reçu trois lettres à la fois. Je conclus de votre aveu même que vous êtes très occupée, et je crains qu’une correspondance suivie avec moi et Paulin, menée de front avec ces occupations, ne vous fatigue trop et ne nuise à votre santé ; c’est pour cela que je vous conseille et vous adjure, au nom de mon amour, à ne multiplier pas les lettres dans un même courrier, et de ne pas écrire à l’un quand vous écrivez à l’autre. 11 me suffit de savoir que vous n’êtes pas mal et je puis très bien me passer pour un ou deux courriers de vos caractères, pourvu que je sois tranquille sur l’état de votre santé, et pour cela un mot à Emilie peut suffire. Je ne puis pas vous dissimuler que plus d’une fois le plaisir produit en moi par vos précieux caractères est en partie empoisonné par l’idée que cela vous a coûté une migraine ou des horribles douleurs d’estomac. A propos, comment va l’estomac, et le mal de tête, et la cardialgie, et le foie, et le corpus ? quoiqu’il vous en coûte d’ennuis, je crois qu’il vous faut toujours tenir lubrieum ce dernier si vous voulez que le reste du système s’en ressente en [mieux]. Et les dents, comment vont-elles ? Continuez-vous à vous trouver bien des conseils de M.r Taillefer, ou y a-t-il détérioration ? Paulin m’écrit aujourd’hui ; il se porte on ne peut mieux. 11 paraît qu’on ne le laisse pas tranquille, et après tour et demi-tour, à gauche et à droite, il finira par nous rejoindre bientôt. Antoinette a en deux coups de bistouri dans la mâchoire ; à présent elle va mieux. Quant à moi, je suis à merveille et Emilie de même. Comme vous vous apercevrez probablement, je suis sans matière ; le cercle de ma vie est si uniforme et rétréci qu’il ne m’en offre guère. Beaucoup d’arguments, sur lesquels je m’arrêterais assez volontiers, me sont interdits, comme vous savez. XLVI. — Inedita. A tergo : A Madame Pauline Ferrari à Gênes - Italie. — Bollo postale: Genève, 20 Juin 1834. 70 Essayer de vous exprimer tout ce que je ressens pour vous, c’est essayer l’impossible ; c’est détremper xine goutte d’éther le plus pur dans un océan d’eau ; et c’est dommage. Vous saluerez bien chèrement M.r Bernard, son fils, la Nina, Victoire, Benoite, leur mère, Catherine, et tout ce qui ne m'a pas totalement oublié. En ayant occasion d’écrire à l’oncle Chanoine et à l’oncle Jacques, vous n’oublierez pas de les certifier de mon profond attachement et de mon éternel souvenir. Adieu, ma bonne, mon indulgente amie, aimez bien votre ami qui n’a que vous, qui ne pense qu’à vous, qui n’aime que vous, qui n’est compris que de vous. Zane / XL VII. Agostino alla Madre [Boujan] (1), 18 Juin 1834. Ma chère Amie ! Monsieur Augustin est parti de Bienne. Ayant reçu son passeport pour l’Angleterre, il a réalisé le projet, dont je vous avais touché quelques mots. Il s’est retiré dans uu endroit tout à fait solitaire, mais cependant agréable. Il restera là tant qu’il le croira convenable, puis il ira rejoindre M.lle Emilie et M.r François; j’espère qu’il y réussira, puisqu il est possesseur de quelque chose, qu’il doit à vous et à M.r Bernard (2). Soyez tranquille sur son compte, car je vous répond de lui. Malgré mon vif désir de posséder votre portrait, je u ai plus le courage de vous proposer l’échange que vous savez. Toutes vos raisons sont excellentes, moins celle qui se fonde sur la misérabilité de votre figure. En m’écrivant cela, vous m’avez fait du mal. Je connais le caractère un peu sauvage du peintre en question, mais je croyais qu’à l’heure qu’il est sa mère 1 a^ait décidé à venir vous voir- Lorsque vous me dites que je n’ai pas besoin de portrait, vous dites juste. Votre image P.?b,?llCat0 un brano, tradotto e mutilo in Cagnacci, op. cit., pag. 26. î ?°, paTODza. nè questo si può ricavare dal bollo postale a b“ fcr^TrtlZZ0'09* aUtm°0raÌÌCa riSU,ta Ch’egU 8Ì tr0VaVa (2) Il passaporto, sul quale vedansi le lettere precedenti. 71 •est là dans mon cœur, et ni le pinceau de Michel Ange, ni celui de Raphaël pourraient soutenir le confront. Par conséquent, n’en parlons plus. Je suis bien fâché au contraire de vous avoir causé de l’ennui à propos de cela. J’aurai bien d’autres choses à vous écrire mais je suis contraint d’en finir. J’écris dans une salle d’hôte, où il y a un bruit horrible qui me fait tourner la tête. Je vous embrasse •donc avec tendresse, et suis Aug[ustin] P.S. Si vous n’avez pas reçu le courrier passé de mes lettres, donnez cela au départ tout à fait soudain de votre Augustin XLVIII. Agostino alla Madré [Boujan], 20 Juin [1834]. Chère Dame ! J’ai reçu votre charmante et tant-soit-peu mordante lettre du 14 de ce mois. J’avouerai ma faute. 11 y a quelques lacunes dans ma' correspondance. Mais est-ce de ma faute? Ballotté comme je le ,suis, tantôt dans un endroit, tantôt dans l’autre, il faut me plier au circonstances sans murmurer. Cependant, je me suis fait un devoir de vous donner le plus souvent possible des nouvelles de ma cousine. Elles sont de telle nature à vous charmer. L’enflam-' mation à la gorge a disparu tout à fait, la joue n’est plus entlée. A présent elle se promène. Enfin on peut dire qu’elle est entièrement rétablie. De même qu’au physique, elle est assez mieux au moral. L’énergie de son âme n’a pas succombé au coup que le sort lui a porté. Elle ne cessera de regretter sa tendre amie qu’elle a perdue, mais ses larmes coulent doucements. Il y a une expression italienne (pii explique très-bien cela — del dolor la gioia — Voilà la fidèle description de notre aimable convalescente. A présent grondez-moi, si vous le pouvez. Entre peu de jours, elle viendra me rejoindre dans ma solitaire retraite, dans laquelle au reste je me trouve parfaitement XLVIII. — Pubblicati e tradotti pochi brani in Cagnacci, op. cit., pag. 27. A tergo: Madame Rose Vemetti - Gènes - Italie. — Bollo postale: Bienne, 23 Juin 1834. bien. Tout le peu du monde qui se trouve ici m'entoure de soins tout à fait cordiaux. Entr’autres il y a un jeune homme Neuchâtelois, qui se donne toutes les peines pour moi, quoique je sois catholique et lui ministre protestant, quoique je professe des opinions républicaines et lui des opinions de moyenne couleur. Il remplacerait près de moi le bon petit homme, (1) si le bon petit homme polirait jamais être remplacé. La nature dans cet endroit est sauvage, mais magnifique. Au nord, le Jura paraît nous menacer de tomber sur nous. Le terrible pic du Veissenstein me donne l’idée d'un Géant qui surveille tout le vallon. Au midi, nous sommes bornés par une immense chaîne des Alpes, le plus-beau spectacle que j’aie vu de ma vie. Quant à ma santé, elle est parfaite, et la solitude qui m’environne ne contribue pas peu à me rendre bien dispos. Je suis bien aise aussi d’apprendre de vous le bon état de votre santé, quoique je sache bien que le bon chez vous n’est que relatif à votre malaise habituel. Par conséquent je ne puis traduire votre bon que par passable. Mais il faut toujours remercier Dieu de ce qu’il nous envoie. Vous dites que les Opensi sont tristement occupés. Je comprends, leur vieillard est mort. Pauvre famille! je les plains, mais mon Dieu! ne savons-nous pas que la vieillesse est nécessairement tributaire de la mort. Saluez de ma part ces bonnes gens, et priez-les de me vouloir du bien. J’ ai envoyé la lettre incluse dans la vôtre du 34 à M.r Frédéric (2). Cela pour votre règle. Un des inconvénients attachés à ma nouvelle demeure c’est qu’étant un endroit très retiré la poste ne ipart pas trop souvent, d’autant plus que je suis obligé de faire affranchir mes lettres à Bienne. Je vous préviens de cela afin que vous ne vous effrayez pas, si quelque lacune aura lieu dans ma correspondance, quoique je tâcherai bien de mettre remède à cela. Saluez de ma part M.r Bernard et toute la famille. Saluez aussi la bonne Catherine. Je lui envoie trois numéros 3-1840.. Jouez-les aussi pour mon compte de 30 centimes. Ma chère amie je vous embrasse de toutes les forces de mon âme, et je vous prie d’aimer celui qui ne vit qu’en vous et pour Y0US- Aug[üstin] (1)Angelo Usiglio ei trovava a Losanna con Mazzini. (2) Federico Campanella. La madre del Campanella si serviva del tramite dei Bufimi, per far pervenire al figlio denari e corrispondenza, come avremo occasion» di vedere nel corso di queste lettere. 7a XLIX. Giovanni alla Madré Genève, le 4 Juillet 1834. Ma chère, et bonne Amie ! Je suis tout fier de posséder votre charmante du 26 passé, et de toutes les belles choses que vous me dites. Oh! si c’était vrai qu’il pût découler de ma plume quelque peu de baume sur vos plaies vives et saignantes, je remercierais bien vivement Dieu 1 et qu’est ce manque de mes lettres pendant deux courriers ! Je n'y conçois rien, c’est-à-dire ne conçois que trop, mais il n’y a nullement de ma faute, car nul courrier ne se passe sans que je lui confie mon tribut d’amour pour vous. Une seule fois j’ai manqué de vous écrire dans le temps, m’étant trompé du jour, et je vous ai dit mon Mea culpa, et j’en ai eu mon pardon. La chaleur n’est plus si étouffante, grâce à Dieu et à un orage qui a éclaté hier après dîner, et nous a donné de la pluie à torrents, comme si elle ne voulait ¡plus en finir. De manière qu'on peut respirer. C’est pour vous dire implicitement avec ça que je me porte très bien ainsi qu’ Emilie, et que même l'ennui de l’extrême chaleur, l’unique ennui que nous eussions, a disparu. Je voudrais'bien que vous puissiez en dire autant, car je sais que la chaleur vous est fatale à vous. Je suis tout charmé aussi et je m’efforce de croire à tout ce que vous me dites relativement à votre physique, et je bénis M.r Taillefer, [et je] ne le trouve pas exigeant, car dans une affaire aussi capitale que les dents ce n’est pas à la dépense qu’on regarde, mais à la durée, et à la bonté du travail. J’étais un peu inquiet à ce propos, et j’avais besoin d’être rassuré à cause d’un enfantillage, d’un rêve que j’avais fait. Je suis devenu superstitieux, mais que voulez- vous ? les hommes ne sont que de grands enfants. Paulin vous écrit sans doute, c’est que ses lettres ne vous arrivent pas. Il faut vous contenter en attendant des nouvelles que je suis à même de vous en donner. Il se porte parfaitement, ainsi qu’ Antoinette. Mon Dieu, pour quoi s’effaroucher du bistouri ? l’on fait avec le bistouri des opérations de la pierre,, mais aussi l'on fait de simples coupures peu larges et peu pro- XiiIX. — Inedita. A tergo : A Madame Rose Vemetti à Gênes - Italie. — Bollo postale : Genève, 9 Juillet 1834. 74 fondes, sans nul risque, et sans grandes douleurs, et voilà justement ce qu’ on a fait à Antoinette. A propos, elle n’a eu de sa mère ni lettres ni argent, que cela vous serve de gouverne. Pas plus tard «pie le jour du 0 j’enverrai l’obiet que vous savez, de manière que vous pouvez être sans inquiétude quant à présent pour elle. Je vous avais parlé de deux billets de 100 frs., toute la fortune de M.r Acihard, qu’il avait crus perdus. Il n’en est rien. Après avoir mis le monde sens dessus dessous, ne voilà-t-il pas qu’il retrouve ses billets dans un pli de sa poche ! En effet, il y a des organisations heureuses, et Achard en est une, qui ne peuvent rien perdre, auxquelles il ne peut rien , arriver de sinistre. Je vous le dis pour vous décharger de l’impression douloureuse que vous aura produite, à vous si bonne et si compatissante, la première nouvelle. Sommes-nous près de l’époque de la récolte des olives ? où est-elle passée ? et si elle n’est pas passée, aurez-vous une annata, ou une demie, ou un quart, ou rien ? ma foi, j’en ai tant entendu parler dans le temps que je ne suis pas fâché de n'en entendre parler depuis longtemps. Les questions ci-dessus ne sont pas oisives. J’en ris bien en vous les faisant. S’il vous arrive d’écrire au Chanoine, saluez le bien, et dites-lui qu’il ait à se souvenir de notre dernière entrevue, que moi je ne l’oublierai jamais. Saluez chèrement M.r Bernard, Octave la Nina, envers laquelle je n’ai pas oublié ma dette, et je l’accomplirai, et tous ceux qui m’aiment, Victoire, Benoite, Laurent (1), etc. A propos de Victoire, j’ai rêvé d’elle cette nuit J'étais transporté en songe dans une certaine salle que vous connaissez très bien. J’entends sonner à une sonnette que je reconnaîtrais entre mille, et Victoire entre et est très étonnée de me voir, mais elle ne me dit rien. Moi je ne dis rien parce que c’était Victoire, et ce n’était pas elle, comme il arrive souvent en songe. Elle se dirige vers certaine chambre qui renferme tout ce que j’ai de cher au monde. Puis, comme repentante, rebrousse chemin et vient vers moi. Alors reconnaissance. Moi, je brûlais d’envie de me jeter à son cou, mais ma fausse honte me retient, et je me contentais de pleurer et de lui baiser vivement et incessemment les mains. Or, dites-lui qu’elle s’attende- (1) Col nome di Laurent viene indicato Filippo Bettini. 75 la première fois que je la verrai, (Dieu sait quand) que je ne serai si modeste, et que j’entends de l’embrasser tout bonnement et plus d’une fois sur la joue, quand môme son Bartoloinmeo serait là! Adieu, ma chère vous voyez que je suis gai passablement ! C’est l’Îieure de l’orage d’hier. Nous avons répétition, le tonnerre gronde, et la pluie tombe. Je vous embrasse mille fois, je vous suffoque de baisers, mon cher Ange. Zane L. Agostino alla Madré [Boujan], 6 Juillet [1834]. Ma bonne Amie Je suis vraiment fâché. Je reçois votre lettre, dans laquelle vous vous plaignez du manque de mes lettres et, par conséquent, du manque aussi de nouvelles de la Cousine ; je brûle du désir de vous répondre tout de suite, afin de vous ôter de la double inquiétude, et voilà que justement ce jour c’était un de ceux que le courrier ne passe pas par ici, chose dont je vous ai parlé déjà dans une de mes lettres précédentes. Je cherche quelque occasion pour envoyer ma lettre à Bienne, et je n’en trouve pas. Voilà du guignon comme il faut. Je suis obligé d’attendre jusqu’au samedi, c’est le plus grand inconvénient attaché à mon séjour que celui de la poste. Il me faut prendre patience. Quant à la Cousine, je m’étonne, qu’à l’heure qu’il est, vous en soyez encore à la croire malade. Bien des fois je vous ai complètement rassurée sur cela, en vous annonçant le très heureux résultat de la visite chirurgicale et son entière guérison. J’espère qu’à présent vous aurez reçu quelqu’une de mes lettres qui vous aura ôté ce doute amer du cœur. Je crois par là qu’il est inutile de me répéter. De même je vous instruisais dans mes dernières lettres des événements politico-diplomatiques, à la suite desquels j' avais quitté le canton de Berne et m’étais réfugié dans cette demi- L. — Pubblicata, tradotta e mutila in Cagnacci, op. cit., pag. 5. A tergo : A Madame Rose Vernetti - Gênes - Italie. — Bollo postale: Bienne, 8 Juillet 1834. 76 solitude où, au reste, je passe assez bien mon temps. Le peu de-personnes que j’ ai trouvées ici nie témoignent beaucoup de bienveillance et d'estime, quoique, quant à la dernière, j’en mérite assez peu. L’endroit est très pittoresque, l’air fort sain, la vue du Jura imposante, celle des Alpes sublime. Combien de fois je m’asseois tristement auprès de ma fenêtre, et contemple ces Alpes, les bras croisés sur la poitrine. Vous voilà pics majestueux, rochers qui paraissez vouloir menacer les cieux avec votre crête de glace centenaire. Vous voilà, et derrière vous la belle, la riante, la magnifique Italie, l’Eden où les Anges devraient hanter et où les Démons séjournent. /• . 0 ma patrie, te reverrai-je? Et vous, Alpes impuissantes, qui n’avez ni frimats ni dangers pour l’étranger, vous ouvrirez-vous au proscrit qui soupire après le souffle embaumé de la terre natale ? Tout ce que les Poètes ont dit, tout ce que les prosateurs ont écrit sur ces Alpes, se retrace dans ma mémoire. De pensée en pensée, j’arrive au lieu où je suis né. J’entre dans la maison où j’ai émis le premier gémissement qui annonçait ma naissance. Je vois dans une Chambre une femme, l’incarnation de la douleur, de la vertu, du dévouement, du sacrifice, assise sur sa « poltrona ». Je lis sur sa figure le souvenir du passé, d’un passé horrible, l’anxiété du présent. J’ombrasse cette femme, je lui fais mille caresses. Je lui murmure à l’oreille des mots de consolation, d’espoir, de foi, de constance. Cette personne, cette femme adorable, c’est vous, ma tendre amie, ma mère, ma sœur, mon Ange protecteur. La famille Opensi est-elle toujours navrée de douleur ? Je suis bien peiné de la petite Emilie. Elle est presque toujours malade. Mon Dieu ! serait-ce à cause que cette enfant s’est attachée à moi ? Lorsque vous reverrez la chère Lille, dites-lui bien des choses de ma part. Priez-la de me garder une petite place dans son coeur, et de soigner surtout sa santé. Et vous aussi, ma bien aimée, vous devez vous soigner et vous porter bien, si vous nous aimez véritablement. Ne nous ôtez pas cette assurance (pii nous compense bien des chagrins. Recevez tous les vœux les plus ardents d’un cœur filial; je [vous] presse sur mon cœur, et suis Aug[ustin] 77 LI. Agostino alla Madré [Boujan.], 6 Juillet [1834]. Ma chère Dame ! Comment ? pas même encore à présent vous n’avez appris par mes lettres la guérison cle la Cousine ? Cela est fort étonnant et tant soit peu embêtant. Vous me grondez de ce que je me tais là-dessus. Ah ! mon Dieu, c’est au moins la dixième fois que je vous annonce cette bonne nouvelle. IJ faut que quelqu’une de mes missives se soit, perdue, ou que ces Messieurs .aient trouvé bon de la garder pour eux. Je ne sais pas qu’est ce qu’ils y gagneront ; apparemment pas trop. Il est impossible -cependant que d’un côté ou de l'autre, par la première, ou par la seconde, ou même par la sixième des lettres concernant la Cousine, vous n’appreniez ce qui vous intéresse d’apprendre-Par conséquent je me tranquillise. Quant à la solitude où je me trouve dans ce moment, je vous ai déjà écrit, et je vous répète encore, que je me plais assez dans mon nouveau séjour, autant au moins que je me peux plaire loin de ma patrie, de vous et des deux autre. Je trouve aussi que l’endroit est très favorable à ma santé. Voilà un argument qui pour sûr vous réconciliera avec ma solitude- Lorsque je quitterai ces parages, vous savez où je compte me retirer. J’y serais déjà à l’aide du talisman de M.r Bernard, si quelques considérations ne m’arrêtaient encore ici. Venons à quelque chose de plus sérieux. Je crains que vous Arous soyez méprise sur mes paroles concernant votre portrait. Peut-être en vous écrivant à la hâte, il s’est glissé dans ma lettre quelques expressions qui ont donné lieu à cela. Mais je vous donne ma sacrée parole d'honneur qu’il n’en est rien : non seulement je ne suis pas fâché sur vous, mais au contraire je suis fâché sur moi-même de ne m’être pas clairement expliqué. J’ai trouvé vos raisons assez bonnes. Je connais votre caractère timide, je dirais virginal. LI. — Pubblicato un brano tradotto dal Cagnacci, op. cit., pag. 29. A tergo: Madame Rose Vemetti - Génes - Italie. — Bollo postale: Bienne, 9 Juillet 1834. autant qu'il en faut pour comprendre que vous souffririez de-vous soumettre à l’inspection minutieuse et annuyante d’un peintre. Il y a une autre considération aussi qui me fait changer d’avis. Pourquoi posséderais-je moi seul ce trésor ? M.r François n’aurait-il pas le droit de se plaindre un petit peu ? Non, non, votre image, votre portrait tout vivant est dans mon cœur. Ne vous vois-je pas toujours ? N’êtes-vous pas toujours devant mes yeux, dans ma mémoire, dans mon âme, dans mon cœur, dans tout mon être ? Vous voyez, ma bienaimée, que ce n'est pas à moi à vous pardonner, que c’est bien plutôt moi, qui dois demander mon pardon à vous-même. Donnez-le moi ce pardon, et ne revenons plus sur cela. J’ai bien l’intention de vous embrasser vous-même, vous, divin, sublime, original. Je ne veux pas d’une froide et inanimée copie. Adieu, vie de ma vie, souffle de mon âme. Je vous prie de ne pas négliger votre santé qui est aussi la nôtre. Je vous prie de souffrir héroïquement et noblement, comme il convient à une Cornélie. Je vous prie de mettre votre confiance dans l’avenir et en Dieu. Si l’un peut tromper, l’autre ne trompe jamais. Rappellez-moi à toutes les personnes, qui m’aiment. Je vous embrasse mille et mille fois. Aug[ustin] LU. Giovanni alla Madré Genève, le 11 Juillet 1834 Ma chère Amie ! Mon espérance a été trompée cette fois. Le courrier, qui avait pourtant une lettre de vous pour moi, ne m’a rien apporté. Patience! je ne suis pas inquiet, je ne veux pas l’être;-je suis affligé uniquement du manque de ma nourriture fortifiante. Le courrier de demain sera plus aimable avec moi. LII. — Inedita. A tergo : A Madame Pauline Ferrari à Génes - Italie. — Bollo- postale: Genève, 11 Juillet 1834. 79' Je suis forcé d’être court pour les deux même raisons qui me l'ont fait être la dernière fois, le manque de matières, et beaucoup d’occupations d’autre part. Vous m’excuserez, bonne que vous êtes, parce que si la lettre écrite est courte, la lettre de mon coeur est intarissable, et ardente. Quant à la santé tenez-vous en au formulaire d’habitude, qui est l’exacte vérité. Paulin, Antoinette, Emilie et moi, nous sommes tous les quatre compris dans le formulaire. Et vous, comment vous portez-vous ? La chaleur vous laisse-t-elle vivre ? Chez nous le soleil a repris son [em]pire, et il nous verse des flots de lumière et de chaleur sur les épaules. La nuit est passablement fraîche par manière de compensation. La lune en était hier à son premier quart : d’ici à une semaine il fera le plus beau promener du monde le soir, et je compte d’en profiter. Mille salutations amicales à toute votre brave famille, à M.r Laurent, à la Nina, à Victoire, à Benoîte, à Catherine, à tout le monde. Je vous quitte à regret, ma bonne amie, mais mon cœur est toujours avec vous, il vous enveloppe de ses replis et de son amour. Zane LUI. Giovanni alla Madré Genève, le 16 Juillet 1834. Ma chère Amie ! Depuis votre charmante du 5 dont je vous annonçais réception dans ma dernière du 12, je manque de vos lettres, mais point de vos nouvelles, ce qui me tranquillise ; somme faite, il y a vide d’un courrier, à moins qu’avec le courrier de ce soir je ne reçoive double ration, chose qui pourrait bien arriver. En LUI. — Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 29. A tergo: A Madame Pauline Ferrari à Gênes - Italie. — Timbro postale: Genève, 16 Juillet 1834. 80 tout cas, je ne pourrai vous en avertir que dans ma prochaine lettre, parce que le courrier arrive quand ma lettre d’aujourd’hui est déjà dans la boîte. Ma vie est si monotone et privée d’intérêt, les jours se suivent et se ressemblent tellement qu’ils ne présentent pas matière de conversation : j’écris, je lis, je fume, je dîne, je bois de la bière, je me couche, je me lève, aujourd’hui tout comme j’ai fait hier, et je ferai demain- C’est la roue d’Ixion. Vous vous tromperiez pourtant si vous preniez argument de cette monotonie pour croire que je m’ennuie; pas du tout; je m’occupe la plus grande partie de la journée, et quand je suis désoccupé, alors je me pose face à face avee mes pensées, je bataille avee elles, je bâtis mes châteaux en Espagne etc. Bien entendu que dans mes châteaux il y a toujours une châtelaine, toujours la même, c’est la maîtresse de ma pensée et de mon cœur, une Châtelaine bonne et compatissante, que vous devinez, de manière que, ( "ïame je vousdisais, le temps me manquepour m’ennuyer. Pourtant, or que j’y pense, j’ai tort deparler de monotonie ; hier ilest arrivé un grand événement dans ma vie, j’ai pris une excellente îJ victoire .? ou bien, retiré comme Achille sous sa tente, mord-il son frein, tout maudissant l’injustice des hommes qui lui a ravi sa Briseïde ? Dans le premier cas, je me félicite du fond du cœur de son bonheui. Dans le cas contraire, qu’il sache supporter avec résignation les coups de l’injustice humaine. Nous tous en sommes les victimes. Le jour viendra, dans lequel ce sera Dieu et non le Diable qui régnera sur la terre ; alors l’injustice disparaîtra de ce monde. Jusqu’à présent.... il faut que la loi d'Expiation s’accomplisse ! Il ne me reste plus qu’à vous prier de faire bien des ■salutations à toute la famille du susdit Monsieur, à la bonne Lille, si elle n’est pas encore partie pour la campagne, à M.r le Traducteur, à M.r Octave, M.r Bernard, Ninette, Catherine, Jeannette, etc. et de vouloir bien croire au parfait état de ma santé. A présent, je me mets en train de tracer le portrait moral de M.lle Elise Jselin (3), puisque le physique est achevé. Ne m'accusez pas d’irriter toujours votre curiosité et de ne jamais la satisfaire. J’aurais bien la dernière fois voulu prendre une autre feuille, la commencer et la remplir toute, car j’étais en verve, et les paroles coulaient de ma plume, comme d’une source inépuisable, mais 1’ heure du départ du courrier approchait, et force fut de cacheter ma lettre inachevée comme elle était. Peindre Elise au physique est très-difficile, mais du moins possible ; son portrait moral touche de l’impossibilité. Certes : Dieu ne peut pas avoir caché autre qu’une âme supérieure, poétique et ardente, dans cette forme gracieuse, pensive, mélaeolique, aérienne, parfumée, blanche, pâle, souffrante, harmonique, musicale. Regardez dans ces yeux grands, bleus, qui réfléchissent (3) Dell’Iselin e dell’avventura amorosa cui è argomento questa lettera v’è pure un accenno nella Cronologia autobiografica (ad mensem). 111 ]e ciel, lorsque l'atmosphère est dégagée de toute vapeur, et vous direz : le feu sacré de la sensibilité brûle au centre de son cœur. Ecoutez sa voix, vous croyez que c’est l’écho du dhant d’un ange, tant elle est douce, mélodieuse, flexible. Vous direz : la gamme de cette âme est le la mineur : il y est dâns cette âme toutes les plus belles vertus de la femme ; la pitié, la tendresse, la compassion, la sympathie pour le malheur. Voyez-la sourire : c’est l’Ange de l’innocence. Elle est attaquée d’éthisie. Cette fleur ne pouvait pas croître sur la terre, le ciel la réclame. Je l'ai vue extrêmement souffrante, et seulement alors la femme s’est révélée à moi, j’ai reconnu le cachet du type divin en elle. J’étais dans sa chambre, les persiennes étaient fermées, un demi-jour. Elle était sur un sopha, abattue, souffrante, et cependant elle souriait, et c’était à moi qu’elle souriait, d’un sourire.... oh ! quel sourire, d’un sourire d’un Ange mélancolique, et puis elle murmurait des vers, des vers tristes, comme son sourire. « Pâle, comme la pâle automne. Je m’incline au tombeau — et puis encore — au printemps de ma vie, je tombe comme l’herbe fauchée dans la prairie. » Et moi j’étais là béant ; mon âme était toute dans mes yeux et dans mes oreilles, et je croyais n’être plus ici-bas, et d’étranges, mystérieuses pensées, des intuitions, des métamorphoses d’esprit, me passaient sur le front, s’opéraient en moi. Et puis elle me souriait encore, et ses yeux se fixaient sur moi : alors je crus avoir une vision céleste. J’avais sa main, sa main blanche, ses doigts affilés, dans ma main, entre mes doigts. Elle était coiifée d’un simple bonnet de nuit ; elle était enveloppée dans une longue robe de chambre. Aucun ornement, elle n’était qu’elle, par conséquent, elle n’avait été jamais plus belle, plus poétique, plus intéressante que ce jour. Quel jour que celui-là ! Son intelligence est étonnante pour son' âge, pour un enfant, elle n’a que 17 ans. Entendez-la lorsqu’elle parle de liberté, de Schiller, de Goethe, du Macbet, du Wal-lenstein. L’expression de ses yeux change; la mélancolie, le sentiment fait place, et l’enthousiasme y brille. Un jour nous parlâmes de l’Italie. J’ai rougi devant elle. Elle connaît l’histoire, la géographie, la topographie de l’Italie assez mieux que moi. Elle me conduisit à Rome, s’arrêta devant les monuments 'les plus célèbres, passa à Florence, interrogea les tombeaux de Santa-Croce, parla des Médicis, monta l’escalier du Palais Pitti. Puis encore à Milan, puis à Naples, puis à Palerme. Là, les 112 ombres de Procida, d’Alaîmo, de Charles d’Anjou, le petit Con-radin, toute la magnifique scène des Vêpres Siciliennes défilèrent, se déroula devant elle. J’étais obstupié, ravi, niais, j’étais tout. Ce jour-là elle se révèle à moi, comme Corinne. Lorsque je la vis souffrante, faible, sur son soplia, elle me ¡parut Ermen-garde. Je l’avais vue danser, courir dans les près, cueillir des fleurs, et la Marguerite de Faust s’était présentée à ma mémoire. Et à présent, sous quel type m’apparaît-elle à présent ? Je n’en sais rien, je suis désorienté, elle est un mystère, un ange, ou un démon en a la clef. Mais non, non, je ne veux, je ne ¡peux blasphémer la plus belle créature de Dieu. C’est un Ange qui tient dans sa main le secret de cette âme. S’il ne se révèle pas à moi, je ne dois m’en prendre qu’à ma nature trop imparfaite. Pourtant cette jeune femme sensible fut de marbre pour moi, cette jeune femme tendre compatissante au malheur, fut cruelle pour moi, si malheureux !, cette jeune femme, si intelligente, cette Corinne ne sut pas entrevoir, à travers cette rude écorce, la noblesse de mon âme, la puissance de ma sensibilité, cette Ermengarde n’eut pas un soupir pour moi, pas une fleur, cette Marguerite. Et malgré tout cela, il fut un temps où elle m'aima. Oh oui, je l'ai lu dans son regard, je l'ai senti dans la mélodie avec laquelle elle prononçait mon nom. Elle parlait à tout le monde de moi, et tout le monde croyait, et malheureusement croit encore, qu’elle m’aime. C’est une é-trange histoire, un nœud gordien. Elle aimait un autre en moi. La femme-type cherchait l'homme-type. Elle crut le trouver en moi, et elle m’ aima, c’ est-à-dire elle aima le type qu’ elle croyait avoir trouvé en moi. Une fois le bandeau tombé de ses yeux, je ne fus plus pour elle qu’un étranger sans intérêt : elle ne m’aima plus, peut-être elle me méprisa. Un portrait, ce maudit portait de Harro Harring, (4) que vous connaissez, quelques mots de son beau frère qui prétendait me connaître très-bien, d’autres circonstances, qu’ il est superflu de développer, lui firent accroire que j’étais Pippo. (5). Alors cette âme enthousiaste, sublime, dévouée, se passionna pour celui qu’elle croyait le type et le martyr de l’Humanité, (4) Allude cutamente all’opuscolo allora useito di Harro Harring col titolo: « Mcmoires sur la Jeune Italie et sur les derniers événemens de Savoie par un témoi* oculaire » , Pans, Librairie de M. Dérivaux, 1834. (5) Inutile aggiungere che si tratta di Mazzini. 113 elle se passiona pour moi. Le jour où elle m’apparut comme Ermengarde mourante, j’entrevis cette fatale illusion. Je sentis bien que du moment où elle connaîtrait la vérité, elle cesserait tantôt de m’aimer, car il n’ y a rien de plus funeste à l’amour, que de se voir trompé sur l’objet de cet amour. Je prévoyais aussi que je lui causerais une vive douleur, car lui briser une illusion, si douce, si chère, si homogène à son caractère ! une illusion qui s’était enracinée en elle, comme une vérité mathématique ! Cependant il était de mon devoir de la détromper : un homme d’honneur ne peut consentir à porter un masque, quel qu’il soit, longtemps. Je lui écrivis une petite lettre au crayon. Je lui dis qu’elle se trompait sur mon compte : qu’elle me croyait quelque chose de sublime, tandis que je n’étais que très-vulgaire. Que je n’osais pas aspirer à son amour, mais que je me sentais digne de son amitié. Le soir je lui remis ce petit bout de billet, et le matin je partis sans la voir pour la Chaux-de-Fonds. Ma tête était troublée, mon cœur battait comme par anévrysme. Je sentais que j’aimais Elise, et en même temps que je l’avais perdue pour toujours. Antoinette était avec moi, elle me fut d’un grand soulagement. Nous arrivâmes à Saint-Imier par un temps affreux. Nous couchâmes dans la même chambre. Il m’était impossible de dormir. J’écrivis encore un petit billet à Elise, la priant de me répondre un mot, fût-il une malédiction. Je continuai ma route vers la Chaux-de-Fonds, Antoinette retourna vers Brügg, petit village dans le canton de Berne, près de la Thile, où Elisa resta. Il m’écrivît, qu’elle avait promis de me répondre. Je partis de la Ohaux-de-Fonds, plein d’un douce illusion. J’étais destiné à passer par les plus rudes épreuves. Je vole vers Brügg, j’arrive, je la cherche des yeux, elle se cache, elle ne paraît pas, cependant elle sait que je suis là. Enfin je la demande. Elle vient, elle était un peu mieux, mais quel changement je remarquais en elle! Froide, indifférente, elle n’a plus un sourire, un regard, un mot pour moi. Alors je vis toute la profondeur de l’abîme dans lequel j’étais tombé, mais en même temps une nouvelle puissance surgit dans mon âme. Ma fierté, ma noble fierté m’a sauvé. Je lui jetai deux mots en passant : M.lle vous êtes bien injuste ! Elle avait une pemée sur son sein. Je ne sais si c’était une ironie pour moi, ou l’effet du hasard. Je montai en voiture, et je partis sans presque la saluer. J’espérais avoir le billet qu'elle avait promis 114 à Antoinette ; je voulais avoir l’explication de sa conduite envers moi, car si elle avait le droit de cesser de m’aimer, elle n’avait pas celui de me mépriser. Au contraire je crois avoir noblement et loyalement agi en la détrompant sur mon compte. J’attendais [.....](G) dernier. Il n’arrive, pas de billet d’elle. Les jours, les semaines [passent . • • ] et le billet promis, promis en pleurant, n’arrive pas. Cette [ . . .. manque] de foi me piqua vivement. Antoinette 'la vit un jour, passant par Briigg, parla avec elle... Elise ne lui souffle pas même un mot de moi. Toutes les puissances de mon âme se concentrèrent dans une seule : ma fierté, ma noble fierté. Je jurai à moi-même de ne pas avoir de faiblesse pour-elle ; de rendre indifférence pour indifférence, de payer le mépris par le mépris. Jusqu’à présent j’ai tenu mon serment, et je le tiendrai toujours.. Je l'ai revue encore une fois. J’allai exprès à Briigg pour lui apprendre que je ne suis pas un enfant, mais un homme, qui sent toute sa dignité. Je la vis : elle était mieux ; elle était resplendissante de beauté, elle paraissait un soleil qui se montre après une tempête. Encore faible, mais les joues avait repris un peu d'incarnat, ses yeux étincelaient. L’Ermengarde, la Marguerite avaient disparu, il ne restait plus que la Corinne, mais la Corinne au Capitole. Un moment, je crus que je ne résisterais pas au combat, je craignis même de défaillir. Mais la fierté, la noble fierté me protégea de son bouclier, et je revins à moi-même. Je fus gai, animé, galant auprès des dames qui étaient là ; pour elle, je fus froid, glacé, presque incivil. Elle ne resta pas en arriére de moi, seulement lorsque je partis,elle me donna un regard, oh mon Dieu ! quel regard, il me donna le frisson. Dans ce regard il y avait du reproche, de la tendresse, de la tristesse; c était un regard à faire tomber à ses genoux. Ce regard jeta le trouble dans mon âme; cependant je partis sans lui adresser un mot qui eut tant soit peu de douceur. Cela m’a coûté bien cher, mon cœur se fendait. Je revins par une soirée délicieuse : a lune, un paysage enchanteur, la blanche chaîne des Alpes au mi 1, la Jung-frau, cette véritable vierge des montagnes, au ,norc e sombre, le sourcilleux Jura, l’Aar argentée par la lune une paix solennelle, le calme de la métitation, l’abandon de la na-ure ans les bras de son créateur. Si j’avais été seul, j’aurais (6) Questa lacuna e le seguenti sono dovute ad una lacerazione della carta. 115 pleuré. Depuis ce temps-là, je ne la revis plus. Nous ne sommes qu’à la distance d’une ¡heure et demie, et nous vivons comme si l’océan nous séparait. Elle ne s’inquiète pas de moi, ni moi d’elle. Chez une âme noble la juste estimation de soi-même peut contre-balancer la puissance de l’amour. Je me souviendrai toujours d’elle/ peut-être je n’ aimerai plus, car après avoir trouvé et perdu le type de mon imagination, il n’y a plus de femme qui puisse m’intéresser, mais elle^n’aura pas une marque de faiblesse de ma part. Elle dira un jour : ce jeune homme était bien passionné, mais il a été encore plus fier que passionné. Et- si dans tout cela, il doit s’y mêler du remords, ce n’est pas moi qu’il ira trouver. Telle est l’étrange, mais véridique histoire de votre ami et d’Elise Jselin. Adieu. Je vous embrasse mille-fois. Aug[ustin] LXX. Giovanni alla Madré Genève, le 8 Septembre 1834. Ma chère Amie ! A force d’attendre le retour de mon ami Ange, sorti exprès pour aller voir s’il y avait des lettres de vous pour moi, et dans l’espérance de vous pouvoir l’annoncer, me voilà réduit à la dernière demi-heure, et Ange n’est pas de retour. Cela veut dire que. depuis votre charmante du 28 Août je n’ai plus de vos nouvelles ; je m’en console, en songeant au retard nécessaire apporté dans vos lettres par ma translocation, et je relis votre bienheureuse du 28 qui m’en console mieux que toutes les réflexions. Je suis on ne peut mieux quant au physique et au moral.. J’ai toujours mon cher entourage de Lam[berti] et d’Ange, qui sont deux véritables frères pour moi et qui m’aident puissamment à tuer le temps le moins désagréablement possible. J’ai de bonnes nouvelles de! Paulin et d’Antoinette et d’Emilie, qui m’écrit immancablement toujours. Elle se plaint à vrai LXX. — Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 44. A tergo; Alla Signora Maria vedova Cogorno - Genova. — Bollo postale: Genève, 10 Sept. 1834, 116 dire d’une légère fluxion de dents, qui me chagrine un peu. Mais nous y mettrons bon ordre en l’enlétant aux humides exhalaisons du lac, desquelles dépend la périodicité de son mal de dents. Je suis toujours un peu occupé : j écris beaucoup de lettres, et je fais un petit travail, dont elle m’a chargé. Ainsi excusez-moi auprès de M.r Bernard si je ne lui écris pas ce courrier pour le remercier de son obligeance. Ce sera poui quand je le pourrai; j’espère qu’entre nous il n’est pas nécessaire de faire des compliments. Au plus tard demain je toucherai l’argent de la lettre de change, et j’enverrai à Paulin ses 500 francs. Ange ne revient pas, et je suis obligé de fermer ma lettre dans la crainte [qu’]elle ne parte pas, ce qui serait la plus affreuse contrariété pour moi. Quoique courte et écrite à la plus grande hâte je sais qu’elle vous charmera, puisqu’elle contient les nouvelles de ma santé et de celles de personnes qui vous intéressent. Saluez de ma part tout votre chère famille, Victoire, Benoîte, Laurent, 'Catherine, Jeannette et tout le monde. Embrassez pour moi la Nina. Soignez votre précieuse santé de toutes manière, et ayez l’assurance de mon bien-être parfait, de ma brûlante amitié, de mon complet dévouement à faire tout ce qui peut vous rendre moins lourd le fardeau de la vie, hélas ! si malheureuse pour vous. Je vous embrasse. Zaxe Ange arrive. Il a une lettre de vous pour moi du 30 Août. ,Je n’ai pas même le temps de la lire; je ne peux que atous en accuser réception. Adieu, ma Providence. LXXI. Giovanni alla Madré Berne, le 11 Septembre 1834. Ma chère Amie ! Je crois vous avoir annoncé réception de votre charmante du 30 Août, au moment de fermer ma lettre dernière ; j’ ai reçu, LXXI. Inedita. Manca il secondo foglio con l'indicazione dell’indirizzo. 117 et encaissé le produit de la lettre de change, que vous m’avez envoyée. Je vous l’ait dit, mais en matière d’argent, et grâce aux rètards et autres incidents que mes lettres subissent avant que d’arriver, il n’y; a nul inconvénient à se répéter. Non seu lement je vous dirai que la somme suffit pleinement à mes besoins, mais je vous répéterai hautement que je ne veux pas d’argent de vous, et qu’il suffit d’une indiscrétion. Je n’en veux pas d’autres. Je crois bien à votre joie d’avoir retrouvé la Comédie ; je sais que vous êtes si bonne ! mais la comédie le mérite très peu, à ce que j’en rappelle! Au reste, ce qui n’a été que l’effet d’un cas fortuit, moi, je pouvais vous la procurer en connaissance de cause, car Antoinette me l’avait dit, que la Comédie était enfoncée entre ses livres. Quant à l’autre joie, que vous 111’annoncez, et dont vous me donnez le mot d’énigme à devinez, vous pouvez bien supposer que je n’ai pas perdu beaucoup de temps pour le faire. En effet comme vous le dites spirituellement, c’est une joie de famille. Je désire que vous fassiez cas de ce que je vous dis. Ce sera la manière de me prouver vraiment la sincérité de votre joie. Je suis très peiné du manque de mes lettres, que vous m'annoncez dans votre chérie du 4. Helas ! vous savez bien qu’il n’y a pas de ma faute. Ma marchandise est de bon aloi, loyale, sincère, sans détours. Je ne comprends pas comment les douaniers de la pensée puissent s’y acharner. Patience! Vous devez avoir à cette heure mon jugement sur les chemises, et ajoutez, sur les foulards. Est-ce que tout ce qui vient de vous peut ne pas être parfait ? Les chemises son telles, et mieux que je ne les aurai choisies. Les foulards magnifiques. En attendant, voilà encore de la dépense que je vous occasionne par mes caprices. Mais il y avait tant de douceur dans cette idée ! être habillé de votre choix, presque par vos mains. Ce sont de ces choses qui rendent égoïstes, même ceux qui ne sont pas nés pour l’être. Je crois que vous êtes dans votre tort, quand vous vous plaignez de mon insouciance à vous donner des nouvelles de ma santé. Mon Dieu ! est-ce que je puis l’avoir oublié une seule fois ? c’est possible, mais ordinairement je n’y manque pas, et j’en rougis presque, de faire mon bulletin à moi, qui mange, bois et dors comme un bienheureux. Je n’v manquerai pas 118 certes cette fois; je vous dirai donc que je me porte on ne (peut mieux, que je déjeune à la fourchette à 10 heures avec quatre bons plats, et dessert, et une petite bouteille de vin : je suis levé à 9 heures toujours. Voyez quel progrès. De 11 à 2 et 3 heures je fume tout en faisant mon courrier, ou en écrivant autre chose, ou en lisant. Je m’en vais me promener ipar le beau temps qui fait jusqu’à 5 heures, heure du dîner très bon et très copieux. Je prends mon café et lis mes journaux jusqu’à 7 ou à peu prés, et puis je me promène, et quand je suis fatigué je reviens au café prendre ma demi-bouchée de bière. Vous voyez que je ne m’éparagne pas, et que je m’en donne à cœur joie! Une dépense très forte dans ce pays, qui me va au cœur, et dont je n’ai pas encore pu me résoudre ù me priver, c’est celle du vin. Il est si cher, que pour une petite bouteille à dîner et une demi à déjeuner, je dépense 21 sons de France ! voyez quelle horreur ! Paulin se porte bien aussi de même qu’ Antoinette. Ne me grondez pas si je ne l’ai pas encore embrassée à cette heure. J’ai eu mes raisons pour attendre, et vous savez que je ne suis pas capricieux. Ayez foi en moi. Emilie va mieux de ses dents : j’ai de ses nouvelles fraîches de ce matin. Je ne tarderai pas à l’embrasser. Saluez toute la famille pour moi,, puis Victoire, Benoite, Laurent, Nap.[oleon], (1) Catherine, et tout le monde. Qu’on se souvienne un peu de moi, car moi je me souviens de tout le monde. Embrassez aussi M.me Lille pour elle et pour son cadeau. Qu’elle sache l’estime et le souvenir éternel que son bon cœur et sa bonté m'ont inspirés. A vous, je vous recommande de m’aimer comme vous faites pour me rendre heureux, et je vous embrasse comme on embrasse les Anges du Ciel. Zaxe (1) Laurent, come s’è già avuto occasione di dire è Filippo Bettini; .Vap„ Napoleone Ferrari. 119 LXXII. Giovanni alla Madré Suisse [Berne], 15 Septembre 1834. Ma chère Amie ! Je reçois aujourd’hui une lettre de vous, qui me fait pleurer bien amèrement. Elle est datée du 6 septembre; vous n’avez pas de mes nouvelles depuis un temps bien long, et pourtant vous supposez bien qu’il n’y a pas de ma faute, pourtant vos regrets si amers, si déchirants me déchirent à mon tour. Mon Dieu, comment ai-je mérité cette épreuve ? La force me manque, je suis terrassé quand je vous vois affaissée sous le poids du malheur, car toute ma force, ma vie, c’est de vous que je la tiens, mon bon ange. Je ne puis que vous exhorter à la patience et à l’application de cette philosophie haute, et religieuse, qui est le meilleur baume pour les cœurs ulcérés. Il faut vous mettre bien dans le tête, que quand même vous seriez une année entière sans recevoir de mes lettres, vous ne devriez pas inférer de cela que le moindre malheur eût pu m’arriver ; car vous savez que dans ce cas j’ai assez d’amis et de parents pour qu’il trouvent le moyen de vous en instruire, toujours, et dans quelque •circonstancié que ce soit. Il faudrait tout simplement en conclure que mes lettres à vous ne passent pas, voilà tout. IMa lettre ne sera pas longue. Je crois que même un des caractères essentiels d’une lettre pour vous arriver est d’être courte; on aime mieux les squelettes que les chairs coloriées et luisantes. Je m’y conforme. Je vous prie donc, avant de finir, à avoir bonne patience, à ne vous chagriner pas comme vous faites, à songer qu’il y a un Dieu qui veille sur nous, comme j’y songe moi-même à propos de vous, quand je suis à jeun de vos nouvelles. Faites-le, ma bonne, ma chère amie, pour mon amour. Lettre de change et chemises, tout est arrivé sain et sauf ; j’espère qu’à l’heure que j’écris vous serez consolée, et vous aurez reçu mes nouvelles. Ma santé est parfaite, ainsi que celle de Paulin, qui inclut une lettre pour vous, et celle d’Emilie. LXXII. i— Inedita. A tergo : .4 Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale: Genève, 17 Septembre 1834. A propos d’Emilie, elle vous a inculqué de refuser quelque chose de relatif à votre Nina; je vous engage de toute mon âme à vous conformer à ses idées et à refuser nettement: le manque d’argent n'est pas capital, mais selon Emilie et moi, il manque au mari proposé les qualités du cœur, capital nécessaire. Saluez tout le monde de ma part. Saluez le bon Chanoine, et que son voyage soit heureux. Je vous embrasse et confonds mon âme dans votre âme. Adieu, ma chère, mon incomparable amie. Zane LXXIII. Giovanni alla Madré [Berne], le 15 Septembre 1834. Ma chère Amie ! J’ai reçu ce matin une chère vôtre, datée du 6 Septembre. Elle me navre le cœur par le tableau effrayant de votre inquiétude à propos du manque de mes lettres. J’en suis moi aussi au désespoir, mais je n’y puis rien, absolument rien. J’écris toujours ; si l’on retient mes lettres, que puis-je y faire ? En attendant il n'en est pas moins vrai qu’en voyant comme votre bon cœur saigne, mon cœur saigne aussi. En vain je voudrais vous consoler, vous exhorter à la patience, à la philosophie ; je sais qu’il n’y a de calmants pour les blessures du cœur. Mais le fait de manquer de mes lettres est un fait en soi même assez positivement douloureux pour vous, sans y ajouter de craintes chimériques et imaginaires. Vous sentez bien que, quelle que soit la distance qui nous sépare, nous ne sommes pas au Kamstskaka, et que, si jamais malheur pouvait m’arriver, qui m’empêchât momentanément de vous écrire, je ne suis pas si isolé que je ne trouve un ami qui fasse pour moi en tout lieu possible. Ainsi, réfléchissez, ma chère, et tranquillisez-vous, reposez-vous du soin de vous faire avoir toujours de mes nouvelles, dans le cas d’impossibilité de ma part, sur mon amour ; et quand vous n’avez pas de mes lettres n’allez pas dire — il est malade — non parce que si jétais malade LXXIII. — Inedita. A t«rgo : Signora Maria vedova Cogorno ■ Genova. — Bollo postale : Genève, 17 Septembre 1834. 121 vous auriez une lettre, dites : Il est bien. Il a écrit, mais la lettre est retardée ou égarée. Voilà, ma chère, ce que je désire que vous disiez. La santé est excellente; celle de Paulin et d’E'milie aussi. Antoinette se porte très bien aussi. Je ne serai pas long, car je crois que la longueur, ou la brièveté d’une lettre peuvent beaucoup sur sa destinée. Saluez tout le monde, le Chanoine particulièrement. Quant à vous, tranquillisez-vous encore une fois. Ayez foi en mon amour. Je vous embrasse avec délire, je suis tout à vous, corps et âme. J’espère bien qu’une de mes lettres vous arrivera. Zane LXXIV. Giovanni al Padre [Berna], li 15 Settembre 1834. Carissimo Signor Padre Sono con questa, mia a darle notizia del come io abbia ricevuta a tempo la cambiale di mille franchi, che le piacque inviarmi, del che la ringrazio infinitamente, e ad assicurarla »nel ' tempo stesso dello stato soddisfacentissimo di mia salute, come pure quella di mio fratello, che unisce pure ai miei i suoi ringraziamenti, e distinti saluti. Ho ricevuta stamani una lettera dalla madre, dalla quale sento con moltissimo dispiacere che la famiglia manca da qualche tempo di nostre notizie, ed è quindi inquieta; la presente appunto è scritta nello scopo principale di rassicurar tutti sul nostro ben essere, non mancando d’esortare alla pazienza, virtù che a noi tocca d’esercitare spessissimo. La prego di dir mille cose da parte mia, e del fratello al bravo zio Carlo ; la memoria di quanto ha fatto per noi, colla riconoscenza che gli dobbiamo non sortirà mai dal nostro cuore. Possa il viaggio ch’egli intraprende essere felice, come noi glielo desideriamo. V. S. pure resti persuasa del sentimento di ripugnanza, con LXXIV. — Inedita. Manca del secondo foglio con l’indirizzo. 122 che noi vediamo d’essere a carico della famiglia più che non vorremmo ; colpa forse ¡più dei tempi, che nostra, come pure di tutto l’impegno nostro a diminuire questi sacrifici colila più stretta economia., Mille saluti a tutta la famiglia, e mi creda qual sono davvero di ^ . S. Aff.mo figlio Giovanni LXXV. Giovanni alla Madre [Berne], 17 Septembre 1834. Ma chère Amie ! Ma présomption m'a perdu : j’ai cru avoir le temps de faire tout ce que j’avais à faire, et qu'il m’en resterait assez encore pour vous écrire. A oilà que le temps me manque absolument, et me punit comme ça de ma présomption. Cependant, je ne laisserai pas passer le courrier sans une lettre, longue ou courte qu'elle soit, qui vous rassure sur mon bien-être, ainsi que sur celui des personnes qui vous intéressent : Paulin, Emilie, Antoinette. Or vous saurez à votre contentement que tous ces gens là, y compris l'écrivain de cette lettre, se portent à merveille. J espère en entendre bientôt autant de vous et de votre charmante famille. Il est possible que plus tard dans la journée j’aie de vos lettres; la dernière, dont je vous accusai réception, qui me vint de vous, était datée du 4 septembre. C’était une lettre triste et morne, puisque vous manquiez de mes nouvelles. Je vous répondis aussitôt et dans mon ardeur de vous tranquilliser en vous faisant arriver de mes nouvelles, j’écrivis trois lettres dans le même courrier, dont j’espère qu’une au moins vous sera parvenue. Depuis ce temps j’ai eu la consolation de savoir d'Emilie que vous avez reçu deux de mes lettres, dont je remercie Dieu. Mille choses de ma part à votre charmante famille et à tous ceux qui m’aiment ; à vous, mon cœur, mon âme, mes jours, mes nuits, tout moi-même dans une étreinte île Paradis. Zane LXXV.'—Inedita. A tergo: A Madame Pauline Ferrari - Gênes - Italie. — Bollo -postale: Genève, 19 Septembre 1834. 123 LXXVI. Giovanni alla Madré Berne, le 23 Septembre 1834. Ma chère Amie ! Voilà un bien long temps que je suis sans vos nouvelles directes, c’est-à-dire depuis votre charmante du 13 courant, mais je suis sans crainte au moyen de vos nouvelles indirectes, que je tiens d’Emilie. Elle est réunie à moi depuis deux jours (1), et j’en suis tout consolé parce qu’elle était trop mal où elle était; ce petit voyage lui a été on ne peut plus salutaire. J’espère pouvoir aussi lui procurer quelque autre petite distraction qui la fasse un peu sortir de ses habitudes sédentaires. Elle n’est plus mon idéal, vous le savez, mais je l’aime encore chaudement, et plus encore je la vénère, car il y a dans cette femme-là •seule tout un avenir de bonheur, toute une destinée. Ainsi, comme vous aurez la bonté d’observer, je m’en occupe incessantement en tant que la faiblesse de mes moyens le permet, non avec l’ardeur d’un amant tel que je fus autrefois, mais avec le calme affectueux d’un frère, tel que je suis pour elle et que je serai toujours. Bientôt nous irons tous les deux réunis faire une visite à notre ami Paulin et à la Cousine qui nous attendent à bras ouverts; je m’en promets beaucoup de plaisir, d’autant plus que je pourrai à mon loisir parler de vous avec quelqu’un qui saura me comprendre, qui pourra même s’identifier avec moi. Car tout le monde vous aime, toutes les bouches s’ouvrent pour vous louer et vous bénir, mais en vérité il faut être privilégié pour vous comprendre tout à fait, il faut participer de vous pour s’identifier avec vous. Mon Dieu, moi si petit ! c’est presque un blasphème ! arriver à la compréhen- LXXVI. I— Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 44. A tergo : Alla Signora Maria vedova Cogorno ■ Genova. — Bollo postale: Berne, 23 Sept. 1834. (1) Infatti il 21 settembre il Mazzini scriveva da Losanna alla madre : « Vi scrivo appena due linee, perchè parto fra una mezz’ora e muto alloggio ». — Su questo mutar d’alloggio il Mazzini stesso ce ne dà le ragioni in una lettera al Rosales, scritta lo stesso giorno di questa del Ruffini alla madre : « Sono in nuovo soggiorno. Bombélles ha dato un’altra nota fulminante; dice che la polizia Austriaca mi troverebbe in tre giorni — che è una vera vergogna, ch'io viaggi sempre da Lausanne a Ginevra, e a Moudon etc. Quindi nuova circolare del Vorort ai Cantoni. Bravissimi ! » (Scritti, Ediz. Naz., Epist., Ili, 89-90). m sion de tout ce qu'il y a de plus pur, de plus parfait,. Comme que ce soit, je l'ai dit ; si je n’arrive pas à vous apprécier pour tout ce que vous valez, je le fais au moins, pour tout ce qui est en moi. Ce n’est pas faute de zèle. Je suis tout fier du titre de votre ami biénaimé. Et que cela soit dit pour vous punir de votre modestie alarmée de mes éloges dans votre chère du 13, et à propos de laquelle je pense vous avoir bien vertement réprimandée dans ma dernière. Après quoi, je crois vous avoir tout dit, car à quoi pourrait se réduire tout le verbiage de toutes mes lettres, si ce n est à cette simple expression : — Je vous aime?— Pourtant, il me faudra encore ajouter pour votre repos, que je me trouve parfaitement bien au physique, et dans une très heureuse disposition d esprit, que Paulin, Emilie, Antoinette et tout ce qui vous intéresse en fait autant, et cela sur ma parole, qui ne trompe jamais. Etes-vous contente, ma bonne? Je ne demande autre chose a Dieu que de pouvoir en entendre autant de votre part, et toujours. Mes vœux seraient-ils si présomptueux, que Dieu eût jamais a les rejeter ? J’espère que non, je l’espère affidé à Sa bonté, qui ne m'a jamais délaissé dans l’affliction sans me consoler de manière ou d’autre. Ainsi soit-il ! Mes compliments bien sincères, quoique désormais ils dégénèrent en formalité, à toute votre famille. Que la Nina, Victoire, Benoite, Laurent, et tout la séquelle ne soit pas oubliée. Vous savez par expérience comme l'éloignement accroît 1 a mour, ainsi vous pouvez bien être convaincue de la sincérité de mes compliments. 11 n’y a que vis-à-vis de vous, qui êtes un heureux phénomème en tout, que ma maxime dessus ne soit pas une vérité, car, ma foi, je vous aime toujours la même chose soit présente, soit éloignée. C’est une loi de physique. Versez dans un vase plein tant de liquide que vous voulez, il n en contiendra pas une goutte de plus de ce qu’il ne contenait avant le versement. Agréez les salutations cordiales de Lamb[erti] et d’Ange, ils ne cessent de me le recommander. Vous voyez par une triste expérience que je suis de quelque temps obligé à vous écrire avec une plume détestable et une encre visqueuse, qui refuse de s’attacher au papier. Je vous écris de mon hôtel, où l’on s’occupe beaucoup plus de bon vin que de bon encre et avec une plume de cif/are (il y a en Suisse des cigares qui ont une plume au bout) que j’ai taillée moi-même, •et c’est 'beaucoup dire. Que cela vous serve d’explication. Pour la rendre complète, il faut aussi dire que je suis assez bête et indolent pour me laisser toujours prendre au dépourvu. Le papier m’empêche de vous dire tout l’orgueil avec lequel je suis votre Zane LXXVII. Agostino alla Madré [Grenchen], 27 Septembre [1834]. Chère Dame ! Enfin ! Je vous ai écrit : ils viendront, et puis, ils viennent. Enfin je puis vous dire : ils sont venus. Vous dire que leur visite m’a rempli d’une douce joie est tout à fait superflu. Vous dire que tels je les ai laissés, tels je les retrouve, c’est-à-dire bons,’ aimables, vivant toujours dans les idées de la vertu, du dévouement, est encore inutile, car si le renards en vieillisant perd le poil et pas l’astuce, en revanche le lion ne perd jamais ni la générosité ni le courage. Mais combien de renards, et qu’on voit peu de nobles lions. Je ne vous dirai non plus, que votre cher nom s’est mêlé à nos entretiens, que nous avons pensé que dans le moment où nous nous embrassions vous nous bénissiez. Vous connaissez assez nos cœurs pour deviner tout cela. L’état de leur santé est parfaitement bon. De même ils ont eu lieu d’être très-satisfaits du mien. Je vous avais annoncé que je mûrissais un projet, l’exécution duquel dépendait en grande partie de leur approbation. Or, je suis à même de vous annoncer qu’il a été proposé, et qu’il n’à trouvé aucune difficulté. Le voilà en peu de mots. 11 me pèse extrêmement de ne pas pouvoir utiliser de quelque manière que ce soit l’intelligence quelconque, que Dieu m’a donnée. Le peu d’études que j’ai faites sur le droit romain ne profitent a rien, car s’il y a un proverbe — nemo propheta in pat-ria sua — on pourrait en fabriquer un autre — nemo jurisprudens nisi in pat-ria sua — Que voulez-vous que fasse un avocat loin de son pays dont il a étudié les lois ? chaque pays LXXVII. — Pubblicato un brano tradotto dal Cagnacci, op. cit., pag. 45. Senza l’indirizzo e senza bollo postale, mancando il secondo foglio. Secondo la Cronologia ■aulìiografica risulterebbe ch’egli si trovava a Greuchen. 126 a ses lois et, partant, ses avocats. En outre, je suis dans un âge* assez jeune pour recommencer derechef une carrière, et assez vieux pour ne pas la commencer sans le propos délibéré de la parcourir avec honneur et constance. Mais m’adonner à une étude ici en Suisse m’est presque impossible. D’abord à cause qu’on n’aimerait pas voir quelqu’un de nous dans une université, et qu’on se flatterait en vain de n’être pas aperçu à la longue. En second lieu, on ne trouverait peut-être pas dans les Universités de la Suisse un cours complet de la science pour laquelle je crois me sentir de la vocation. L’idée d’aller à Paris, de me faire recevoir en qualité d’étudiant, et de me livrer avec toute l’ardeur d’une âme qui veut se régénérer à l’étude des mathématiques, m’a d’abord souri de loin, puis s’est approchée davantage, jusqu’à ce qu’elle ne se soit tout à fait rendue maître de moi. Ajoutez que j’avais un puissant aiguillon à mon idée dans M.r Arnaud, (1) qui nourrissait le même projet, savoir : se rendre à Paris et se livrer à 1 e-tude de la médecine. Mais entre mon projet et la réalisation, il y avait un obstacle presque insurmontable. Comment me résoudre à. nie séparer de M.r François et de l’Emilie ? Mais réfléchissant que, lorsqu’il s’agit d'une idée noble et tendant au perfectionnement des facultés humaines, on doit tout sacrifier jusqu’aux besoins de son propre cœur, que je me séparais d’eux pour devenir plus digne d’eux, que ma séparation pourrait avec le temps profiter à ma famille, qu’aussi elle n’était que temporaire, et qu’aux premières vacances je pourrais rejoindre mes amis ; qu’enfin tout homme doit tâcher d'avoir une capacité qui le rende quelque chose de plus qu’une nullité dans l’humanité, je me suis dit : suis l’impulsion que Dieu ta mise dans le cœur; gémis de te détacher de tes amis, mais détache-t-en. Alors je leur ouvris mon âme. Us goûtèrent mon projet. Il va sans dire qu’eux aussi sont assez peinés de notre séparation, mais eux aussi conviennent que mon but est trop noble pour ne pas mériter un sacrifice, quelque grand qu’il soit. Lent dans mes résolutions, je suis prompt et vif dans leur exécution. Par conséquent d’abord que je fus sûr de leur consentement, j’avisai aux (1) Arnaldo era il nome assunto da Antonio Ghiglione entrando nella « Giovine Italia ». Il Ghiglione s’era iscritto nel 1828 al corso di legge presso l’Università di Genova, e non risulta ch’egli fosse già Iaureato nel 1834, quando dovette prendere la via dell’esilio. 127 moyens de partir. L’époque de l’ouverture de l’université est prochaine. Je suis tout à fait neuf à, Paris, et Paris est une Ba-bylone. Pour nous orienter, pour être admis au rôle d’étudiants, pour nous procurer un logis près de l’université, retiré, et économique, etc, etc., il nous faut à moi et à M.r Arnaud au moins une vingtaine de jours. Partant, nous nous sommes décidés à partir au plus vite, et au plus tard au six du mois prochain nous v serons en route. N’adressez plus vos lettres en Suisse. Voici la nouvelle adresse — M.r Louis Osia, Paris, poste restante. En attendant je passerai ce peu de jours qui restent encore dans la société de mes amis. Je compte les accompagnez à Berne, puis de là je me dirigerai sur Paris. Je crois que mon idée obtiendra aussi la sanction de vous. Communiquez-la aussi à M.r Bernard, et si jamais il venait à craindre que mon séjour à Paris fût trop coûteux, dites-lui que je me propose de vivre à Paris avec le même argent que je dépensais ici, et qu’à Paris, si l’on trouve à dépenser 30 gros Louis dans un dîner, on trouve aussi un dîner à 30 sous. Je vous embrasse de tout mon coeur, et cède la plume à M.r François. Adieu, ma chère. [Augustin] LXXVIII. Giovanni alla Madre [Grenchen], 27 [Septembre 1834]. Me voilà réuni enfin à nos amis. (1) Vous direz que c’est LXXVIII. — Pochi brani tradotti a senso in Cagnacci, op. cit., pag. 45. La lettera è scritta sul foglio su cui Agostino aveva scritto alla madre. La lettera è datata : 27 Septembre. (1) A Grenchen come s’è visto nella lettera precedente. Mazzini rifugiatosi a Berna aveva dovuto fuggire da questa città pochi giorni dopo, essendo stato ancora scoperto il suo nuovo rifugio. « Figurati — scriveva al Rosales il 24 settembre — che dopo tre giorni ch’io sono a Berna, non uscendo mai, in una camera, inver d’altri, che è in piena regola — a saputa di TJsiglio, di Ruffini e di Lamberti — figurati, dico, che Bombelles dà il numero della mia casa al Vorort —e il Vorort manda l’ordine d’arresto — ed io ben inteso, ricevuto avviso a tempo — muto e vado via.— Ma per dio, incomincio a stimar Bombelles» (Scritti, Epist., E. N.., Ili, 94). Giunto presso Agostino, insieme a Giovanni così scriveva il 28 Settembre al Melegari : « Sono a Grange dove vivo d’elemosina. Ho trovato Agostino, Ghiglione, Modena, veri Giovine Europa, edificando me stesso, pel modo largo, religioso e d’apostoli col quale la intendono, e tendono a propagarla anche in piazza, se occorrerà » (Scritti, Epist., E. N., Ili, 109). — A queste parole del Mazzini contrastano i ricordi, che di questo periodo conservava Agostino Ruffini, il quale acoenna « al suo fare sempre esaltato », alla sua « condotta assurda » tenuta a Grange, cercando di giustificarsi col ricordare « la nessuna guida al mondo e con teste ancor più matte della sua » (Cronologia autobiografica - ad mensem). un peu tard, mais mieux tard que jamais. Je suis très content de Paulin, soit au physique, soit au moral. Il m'a consulté sur son projet, et je me suis aperçu qu’il l’avait bien mûri, et je n'ai pu faire que l’applaudir, quoiqu’il m’en coûte de m’en separer. La dépense ne sera pas certainement plus grande que celle qu'il fait en Suisse, et outre l’avantage immédiat du développement de ses facultés et la possibilité de gagner un jour honorablement sa vie, il aura l’autre très grand d’échapper à cet état d’inertie et de marasme, qui abatardit l’âme et la desséche. Je voudrais pour mon compte pouvoir en faire autant, mais je suis trop vieux et puis ma position est différente en tant que je ne pourrais jamais abandonner l’Emilie dans son état sans ingratitude et réprobation. De manière que me voilà condamné dussé-je rester vingt ans au dehors, à être pour vingt ans à la charge de ma famille. N’y songeons pas. Depuis votre charmante du 13, je n’ai plus de vos lettres. Mon changement de place peut être la cause de ce retard. J’observe que Paulin a bien plus souvent et avec plus d’exactitude vos missives. Quand il sera parti, vous pourrez alors m’écrire à son adresse, tout en alternant avec l’autre. Une équivoque prise par Paulin lui a fait répondre par une énigme à un paragraphe d une de vos lettres, et je m’en vais vous donner le mot de l’énigme- Quand vous lui avez parlé du Chanoine et de son voyage en Toscane, de qui croyez-vous qu’il ait entendu qu’il s'agit ? Du Dominique, dit l’Abbé, frère de M.r Antoine. De là découle 1 inexplicabilité de ce qu’il vous a écrit. Demain au soir, nous retournons à Berne, tous ensemble. La cousine est bien de corps, et remontée quant au moral. Ce sont vos lettres consolatrices qui l’ont relevée de son abattement. En effet, peut-on être a-battu quand on a le bonheur de posséder l’amitié d’un Ange comme vous ! isous voulions aujourdhui monter au sommet du ^ eissenstein (2), une des montagnes les plus hautes de la Suisse, d où 1 on a un spectacle admirable, la vue de toute la chaîne des Alpes et d’une très grande partie de la Suisse. Le temps nous empêche car il fait brouillard. Ainsi c’est partie remise. Je vous (2) Di questa gita e di una <. bravata » commessa dal Mazzini, dai Ruffini e dai suoi amici, così accenna Mazzini stesso in una lettera al Melegari del 1. ottobre: « Sono stato..... al Weissenstein. Abbiamo scritto nel libro i nostri nomi veri, la nostra religione di Giovine Europa, e una proposizione riassumente la nostra dottrina - un po’ di bravata giovanile a Bombelles e C. » (Scritti, Epist. Ediz Naz III 119). 129 quitte, parce qu’il fait tard. Adieu ma bonne et noble amie Que j’aie la consolation de vous savoir bien, et je serai inattaquable au mallheur. Votre amour peut me compenser de tout. Adieu. Saluez tout le monde de ma part. Zane LXXIX. 11 Octobre Paris. Chère Amie Comme je vous l’avais annoncé dans ma dernière, M.r Arnaud et moi, nous quittâmes la Suisse dimanche passée (5 du mois courant) à cinq heures de l’après-midi. Hier (vendredi 10 du mois courant) à 10 heures du matin, nous arrivâmes à Paris. Je remets à ma prochaine lettre les détails concernant notre départ, notre voyage, et notre arrivée. Je suis un peu fatiguée, et je n’ai pas encore trouvé ce calme qui naît seulement lorsque vous vous êtes déjà formé votre train de vie, et repris à-peu-près vos habitudes. Hier, j’ai reçu une xle vos lettres adressées en Suisse, datée du 27 Septembre, à laquelle je répondrai incessamment. Comme vous le concevez bien j’ai beaucoup de choses à faire, et dans cette immense ville je suis comme une goutte dans l’Océan. Imaginez-vous quelqu’un qui sort de la solitude de Grange, et qui se trouve transporté a Paris, presque par enchantement. Hier j’ai vu le bon Céleste (1). Il habite une lieue et demie loin de moi. Il se porte bien, et vous mande mille civilités. Nous avons besoins moi et M.r Arnaud de nos diplômes comme Maîtres-es-belles-lettres. Il me dit que vous trouverez le sien chez la Padrona dans le premier tiroir de sa commode. Quant au mien, il faudra que M.r Bernard ait la complaisance d’aller le retirer à le chancellerie de l’Université. S’adressant à Raffo il pourra l’obtenir de suite. Envoyez-les nous poste courante. Voici mon adresse : M.r Joseph Prati (2) Eue des Grès Hôtel des Grès N. 22 Paris. Je vous embrasse mille fois, et suis à la hâte votre Aüg[ustin] LXXIX. — Inedita. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes. (1) Celeste Menotti sul quale vedi la nota alla lettera V. (2) Era il nome assunto da Agostino durante la sua residenza a Parigi. Il Chiglione aveya assunto il nome di Luigi Osia. 130 LXXX. Giovanni alla Madré Berne le 11 Octobre 1834. Ma chère Amie ! J’ai a ¡peine le temps, ma chère, de vous écrire ces deux lignes pour vous tranquilliser sur mon compte. J’en suis tout malheureux, mais l’heure m'a surpris, et il me faut faire de ne- / cessité»vertu. J’ai été occupé toute la matinée, et le temps s’en estenfui sans que je m’en aperçoive. D’abord, chose intéressante, je me porte parfaitement bien quant au moral et au physique, dites-en autant d’Emilie. Depuis votre dernière que j’ai rencontrée, portant la date du 1° Octobre, je n’ai eu d’autre lettres de vous. Mais la date de la susdite est encore assez fraîche, vu le régime diétetique auquel on nous a habitués (l). pour que je sois sans crainte sur vous. Je n’ai pas encore de nouvelles de Paulin, pour une raison très simple, qu’il n’y a pas eu physiquement le temps matériel pour en avoir. A peine j’en aurai, je ne manquerai pas de vous les transmettre. Mille choses à votre respectable famille, ainsi qu’à Victoire, Laurent, Benoite etc. Je suis forcé de vous quitter à mon giand regret, mais que ma lettre soit d’un volume ou d’une ligne vous savez que le coeur qui la dicte est toujours le même, un volcan d’amour, un océan d’affections ineffables. Adieu. Zane LXXX. Inedita. A tergo: Alla Signora Paolina Ferrari - Genova. — Bollo, postale: Genève, 15 Octohre 1834. (1) Il cerchio intorno agli esuli italiani s’era fatto sempre più stretto. L’ordine emanato da Hirzel, Presidente del Vorort Svizzero era categorico: «Far arrestare questo pericoloso capo (Mazzini) che già si è demeritato di dimorare più oltre sul territorio della Svizzera colla compartecipazione alla spedizione di Savoia, in qualunque luogo si trovi ». Si comunicava inoltre « che anche a tutti i rifugiati italiani che hanno preso parte al tentativo contro la Savoia saranno conceduti i passaporti per la Francia ». (La circolare è riprodotta in Mazzini - Scritti, Evist., Ediz. Naz.„ III, 131). 131 LXXXI. Giovanni alla Madre Berne, le 12 Octobre 1834. Ma chère Amie! Voilà que les deux courriers passés vous ont apporté de bien inaigres lettres de ma part. Que voulez-vous ? il n’y a pas eu de ma faute, mais faute des circonstances tout à fait indépendantes de ma volonté. Vous concevez que dans ma positsion ce n’est pas moi qui maîtrise. Je crois même qu’il y a eu une interruption, une lacune de ma part dans notre correspondance ; je vous avais pourtant écrit, mais ma lettre n’a pas été mise à temps à la poste voisine, car vous saurez, ma chère amie, que je suis en tournée, partie pour mon plaisir, partie pour mes affaires (1). Je tiens à vous faire remarquer cette circonstance pour attenuer l’effet de ma lettre touchant l’état peu satisfaisant de mes affaires et afin que vous ne vous donniez plus de peine que les circonstances n’en exigent pour me hâter l’envoi des fonds, que la nécessité m’a étranglé à vous demander, car vous verrez par cela que malgré sa détresse monsieur voyage, se donne du loisir et trouve des fonds pour cela. Singulière bizarrerie du sort ! Cette fois au moins je vous écris avec tout loisir ; il est dix heures du soir, je suis dans une petite chambrette à très Mie vue, accoudé sur ma table de bois blanc contenant sur son area, ime grosse pipe, un gros carton de tabac, quelques douzaines de cigares de différentes espèces (vous voyez qu’en général habile je ne me fais pas faute de munitions) un peigne, un sac de nuit, un immense amas de papiers, la plus grande partie vos lettres, le premier volume de La bataille de Benevento, et un bon cigare en bouche, dont je me plais à contempler la fumée * blanche et épaisse, à chaque bouffée que j’aspire, dans un petit miroir vis-à-vis. Je suis de plus dans une très joyeuse disposition d’esprit, laquelle je ne sais à quoi attribuer, car sans nul sujet d’affliction, je n’ai non plus nul sujet de joie extraordinaire, LXXXI. — Pubblicato un breve brano tradotto dal Cagnacci, op. cit., pa-g. 45. A tergo: Alla Signora Vedova Maria Cogorno - Genova. — Bollo postale: Genève, 15 Octobre 1834. (1) Questa lettera, come la seguente, è datata da Berna, porta il bollo postale di Ginevra, ma è scritta da Soleure, dove Giovanni Ruffini si teneva nascosto insieme al Mazzini. et la cliopine de vin que j’ai bue à souper était très petite, et d un tin blanc cousin germain de l’eau; il est possible que cela dépende de la disposition de mon physique, qui ne peut être meilleure. Quoi qu’il en soit, je n’ai senti depuis plusieurs mois, atec autant de vivacité que ce soir, la douceur de ce qu’on appe lé le c h<\z moi, autant qu’on peut la sentir dans ma position, c’est-à-dire très incomplètement. Il nu ient une idée qui gâte ma quiétude. Je suis si peu ha-i ue a cet état de quasi bonheur, que je tremble que ce ne soit e piesage de quelque malheur prochain. Et je songe à vous, car "vou^ ete.s tout pour moi, ma bonne amie, et il n’y a de bonheur ui ce ma heui véritable, qui puisse m’atteindre que de vous. Et je son^e à certaines choses, et je commence à craindre, et je me .1S ‘ ^U1.sa^ s* au moment que tu écris si calme, et presque jcr\eux, i n y pas une lettre d’elle en course, qui va t’annoncer une ma adie, un désappointement, une disgrâce ; qui sait si ces i&nes^ que tu \ iens d écrire de plénitude de coeur, ne sont pas ces mees à être lues par des yeux voilés de larmes; qui sait *-1 a joie, dans ce moment, n’est pas une ironie du moment futur. on ieu, pourquoi cela en serait-il ainsi ? le bonheur, et le ma eur doivent-ils se tenir si près que l’un ne puisse donc ja-iiais etie sans 1 autre ? Seriez-vous offensé d’un court instant e joie, mon Dieu, vous qui avez vu mes années de douleur, les T nsees échiiantes de mes jours et les larmes silencieuses de us nuits, \ous qui les avez acceptées, j’en suis sûr, en expia-on e mes péchés ? N ’est-elle pas un témoignage de mon culte j^UI 0Us' cette courte joie; ne sont-ce pas ces cieux parsemés e oi es, cette lune sympathique et douce, ouvrage de vos mains, ]ui ont que mon ame prend son élan vers vous avec plus d’ar-eur et se rejouit dans la pensée de votre magnificence, de votre on e . Oh non ; cette joie qui témoigne de mon aspiration pour v ous ne pe ut pas ^ ou s offenser, c’est un blasphème. Coeli enarrant glonarn Dei. C est une inspiration de Satan que ma prière a réussi à a‘ sei. liais, voyez, mon ange, comme je suis ingénieux à me ourmenter. Et pourtant je n’ai qu’à mettre une main sur ma conscience, et elle me dit toujours: sois tranquille. Je n’ai qu’à &er qu il existe un ange tutélaire sous les formes d’une femme qua veille pour moi et intercède auprès de Dieu En effet, la soirée est superbe. Je regarde à la couché (sfc). 133 Le paysage vaporeux et doucement mélancolique et rehaussé encore par une lnne éclatante de blancheur et de lumière. Le calme descend dans l’âme à l’aspect du calme mystérieux de la nature. Oh ! il faut (pie les hommes, qui s’entredéchirent. n’aient jamais joui d’un pareil spectacle, car ils reviendraient à l’amour, ou ils sont bien malheureux de ce qu’il leur manque l’organe pour apprécier la leçon que Dieu a mise dans une belle nuit d’été. Vous, en qui Dieu a mis l’amour de tout ce qui est beau, vous aimez la lune avec passion, je le sais; et moi aussi je l’aime, et je donnerais une année de mon existence pour pouvoir me promener une heure seule avec vous par ce beau ciel. Nous ne parlerions pas probablement, car il n’y pas de paroles pour de pareilles sensations, mais nos âmes se confrondraient, se spiritualiseraient au point que le bon Dieu pourrait bien réaliser pour nous ce qu’il opéra pour la mère et la fille du La nennais. — Ce disant, la femme aux cheveux blancs tressaillit* et serra sur son coeur la jeume fille. A quelques temps de là, une âme sainte vit deux formes lumineuses monter vers le ciel, et une troupe d’Anges les accompagnaient, et l’air retentissait de leurs chants d’allégresse — et puis nous le trouverions la haut, Lui (2), tout rayonnant de gloire, nous les trouverions tous, et ce serait un s’embrasser nu s’aimer ineffables, assez de bonheur pour faire envie aux anges. Je ne sais si je vous rend triste, mais je ne crois pas au moins que ce soit une tristesse dépourvue de charme. Il est si doux de mettre la foi en haut, d’aspirer au haut, quand tout sur la terre est tristesse et misère. Notre espérance n’est pas ici-bas, ni notre amour non plus, ou s’il y est, ce n’est qu’en passant. En attendant, faisons notre tache, espérons et aimons beaucoup- Vos éloges et ceux de M.me Marthe, à propos de mes prétendus soins pour la santé d’Emilie, arrivent justement à temps pour me couvrir de confusion et de honte. En vérité, il n’y a pas eu de ma faute, et avec la méthode que j’avais proposée et fait approuver, j’espérais la rétablir complètement, assez du (2) Il figlio e fratello Iacopc. 134 moins pour la mettre en état de traverser sans risque 1 hiver, saison si fatale à son système nerveux. Mais, je ne sais quel diable a pris plaisir à dérouter mon espoir. Le fait est qu’elle a eu contre mon attente une crise dont, pour comble de guignon, je cherche en vain la cause, car elle est si ordonnée dans sa vie, elle conserve une diète si rigoureuse! Comme que ce soit, les remèdes de l’art promptement administrés ont conjuré l’orage, et elle ne ressent de son mal qu’une légère faiblesse, qui disparaîtra vite, j’espère. J’espère aussi pouvoir bientôt vous donner la nouvelle de son complet rétablissement, (3) Je suis bien persuadé que les commissions qui vous viennent de moi vous font plaisir, et pour vous en persuader, vous avez le témoignage de la dernière commission de chemises. Mais cette dernière est d'un tout autre genre, et telle à pouvoir vous occasionner des mécomptes, et à vous imposer des obligations trop fortes. Il faut tâcher d’être indépendants le pins possible. J’avais été induit en erreur, croyant que l’offre d’argent, a re>-tituer s’entend, avait été faite spontanément. La non spontanéité change totalement la face de l’affaire. Ce que je vous recommande donc, c’est de ne pas vous fourvoyer dans des difficultés et des obligations pour m’obliger. Au reste, j'en pourrai juger de moi-même, quand vous me direz vos idées là-dessus ■Saluez bien votre chère famille, Victoire, Benoite, Laurent et tout 'le monde. Je suppose que c’est pour rire que vous parlez de ce dernier comme n’ayant pas compris mon vers. Je suppose qu’il connaît assez à fond Ossian pour lui faire le tort de 1< croire. Vous me direz quelque chose de bien détaillé touchant votre physique, de bien détaillé et de bien vrai, par exemple comment va le corps, la douleur d’estomac, la cardialgie, comment vous traite le foie, et la chaleur, etc. etc. Depuis votre précieuse du 1° Octobre je n’ai plus eu de vos lettres. J’en aurai probablement demain, je l’espère du moins, mais je n’aurai pas le temps de vous le marquer. Je n’ai non plus encore des nouvelles de Paulin et de sa cousine. A de main aussi probablement- Le temps ici continue à être su perbe et pas du tout froid. 11 y a longtemps qu’on n’a eu en (3) Il Ruffini allude qui evidentemente aile persecuzioni poliziescbe, per le quali il Mazzini doveva continuamente cambiare rifugio, come abbiam visto nelle note aile lettere precedenti. 135 Suisse un automne si beau et si tempéré. On désire beaucoup la pluie pour labourer la campagne. Elle ne viendra que trop pour ennuyer. Je regarde à ma chère montre, et je vois minuit moins nu quart. Voilà une heure et demie que je m’entretiens avec vous; elle est passée comme une minute. Je vous quitte, car la matière me délaisse aussi. Je vais me coucher. Les deux nuits passées consécutivement j’ai rêvé de vous et des lieux que Arous habitez, et de tout ce que j’ai aimé au monde. C’est superbe. Le sommeil résume souvent pour moi dans un cadre tout ce que mon cœur résume en fait d’affection. Et la Nina ? saluez-là aussi bien de ma part, car je crois que j’ai oublié de la nommer particulièrement dans mes dernières. Adieu, ma bonne, ma chère, mon unique amie, ô vous dont, héla® ! je n’ai su apprécier tout le prix inestimable qu’ après vous avoir perdue. Mais vous ne m’en aimerez pas moins pour cette faute que je paye bien amèrement à présent. Adieu, ô vous en qui est résumé mon passé, mon présent, mon avenir, consolation, but, •orgueil, étoile polaire de ma vie. Zane LXXX1I. Giovanni alla Madré Berne, le 15 Octobre 1834. Ma chère Amie! Eh bien ? n’avais-je pas deviné juste, quand j’avais fait la satanique pensée que ma joie était une insulte aux yeux de la Divinité ? hélas ! mon partage exclusif, ce sont les larmes et les grincements de dents. Mon Dieu, donnez-moi la force de ne pas vous blasphémer; que vous ai-je fait, mon Dieu, pour que vous ayez à me persécuter de 1a. sorte ? Le préambule servira à vous expliquer que je viens de recevoir votre lettre du 9. Le ton de tristesse et de découragement y répandu m’avait percé l'âme de mille coups de poi- LXXXII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria vedova Cogomo - Genova. — Bollo postale: Genève, 24 Octobre 1834. 136 gnard, quoique j'en ignorasse la source. La lettre de M.me Marthe est venue me dessiller les yeux, et m’a montré une perspective dont la seule idée me fait frémir- Vous êtes non seulement assaillie par de nouveaux chagrins domestiques, non seulement de nouvelles afflictions s’ajoutent aux anciennes incessantes afflictions, non seulement l’esprit souffre et est tortillé, mais la chair aussi est souffrante; oui, vous souffrez, a ou^ êtes malade, c’est en vain que votre amour voudrait me e issimuler, l'a réaction du moral sur le physique a affaissé ce dernier. Vous souffrez, vous êtes malade. Concevez-^ ous mon état, cher ange de malheur ? concevez tous mon angoisse inexprimable? En vain je voudrais la dis-simui er, c est plus fort que moi. Puisque il m’est interdit de arir a os larmes, qu’au moins la nature ait son libre cours, qu il me soit permis de me défaire en larmes avec vous. Hélas ! i ne suffisait pas à mon angoisse de vous savoir malheureuse, ma eureuse a tout jamais, il me faut boire la mort à petit eu, ii me faut trembler toujours, et à tout instant trembler sur a ois jours précieux ? il me faut trembler sur vous, qui m etes tout au monde, sur vous, étoile polaire dans ma vie, sans a que le piésent et avenir ne me sont qu’un désert! L’habi-u e de malheur et mon imagination inflammable me rendent assez ingénieux à me tourmenter même quand il n’y a aucune raison suffisante. Or, songez de quelle manière mon imagination travaille, à présent, vis-à-vis d’un malheur réel, palpable,, évident, d’un malheur qui se redresse devant moi comme un squelette effrayant, devant la maladie! Et être réduit à la milité la plus complète, ne pouvoir rien faire pour conjurer l’orale, rien faire que pleurer comme un enfant; pas même prier, car mon gosier est sec, et mon âme plus sèche encore ! Ah ! es vocabulaires humains n’ont pas de sons pour rendre l’om-re de ce que je sens. Des soupirs, des cris inarticulés, des p euis, 1 homme n’a que cela pour exprimer la passion, et tout ça encore ne s’écrit pas ! . . ^ ce 11 es^ Pas ma souffrance à moi qui m’effraye. N’en ai je pas contracté l’habitude ? ne puis-je pas dire sans osten-a ion que je n ai fait que souffrir depuis ma naissance ? n aa-je pas un corps de fer qui se rit des tourments de l’esprit T c est votre souffrance à vous, qui me crispe les nerfs d’effroi; c est la souffrance d’esprit dans un corps usé, affaissé sous- 137 les assauts incessants du physique et du moral, qui me rend chagrin usquc ad mortem, qui me fait extravaguer d’angoisse. Dieu de mon âme, Dieu qui scrute les cœurs, exauce-moi tant que j’ai la force de te prier; regarde à la foi ardente avec laquelle je t’implore, ne me force ¡pas au désespoir, Dieu juste et clément, car ce serait un trop grand triomphe ¡pour Satan. Ma vie est entre les mains du premier courrier d’Italie; je ne compte pour rien les tortures qu’il me faudra endurer jusque là, les siècles de tourments, dans lesquels pour moi vont désormais se changer les jours. Oh ! l’angoisse de ¡l’attente ne peut pas s’exprimer. Mais si le premier courrier ne m’apporte pas un mot de vous, si la vue de vos caractères ne me rassure pas, mon Dieu, pauvre amie, que vais-je devenir ? J’aurai beau me raisonner, j’aurai beau me dire : c’est un incident qui arrive fréquemment, presque toujours même : en vain la passion répondra : tu n’as pas de ses lettres, parce qu’elle n’était pas en cas de l’écrire, parce que son état a empiré, parce qu’elle.... n’a pas physiquement pu. Oh vos qui transitis per viam attendite, et vidé te si est dolor similis sicut dolor meus. Le temps est à l’unisson de mes pensées; la soirée est comme mon âme, sombre, froide, brumeuse, sans rayon de lune ou d’étoiles. En bien, c’est encore ma joie qui m’a valu cette punition de Dieu- Mon âme était dans le contentement ; le même courrier, qui me terrasse sous l'annonce de votre souffrance m’avait apporté de douces nouvelles, qui étaient à mon cœur desséché comme la rosée bienfaisante de la nature. Pourquoi en suis-je si cruellement puni ? Comme vous supposez, impossible que je m'entretienne au long d’autre chose que de mes craintes et de mes appréhensions. Une seule idée me préoccupe, et exclut toutes les autres. Pourtant je vous dirai deux mots sur Paulin dont le prompt départ parut vous inquiéter. Je vous ai déjà dit que sa résolution, loin de devoir moindrement nous inquiéter, était telle que nous devions nous en féliciter sincèrement. Ce jeune homme, trop jeune encore, a besoin d'un centre d'activité quelconque, vers lequel il dirige et développe ses facultés. Tant mieux pour lui et pour nous si, ce centre d'activité, il le trouvera dans l’étude. Quoiqu’il y entre pour quelque chose dans 138 sa résolution la blessure d’un amour propre piqué (1), plutôt qu’un véritable mécompte, je suis persuadé qu’il s’affec-tionnera réellement à l’etude, et qu’il y. trouvera une douce satisfaction ; la passion, qui n’en était pas une, s’évanouira bientôt ; mais les conséquences heureuses resteront. Quant à mon espèce de tutelle, elle pouvait peu lui servir pendant que nous habitions le même pays; mais, telle qu’elle est, elle ne lui manquera pas à la distance qu’il est. Nous correspondrons souvent, et Paris n’est pas au bout du monde, car en trois jours l’on y va. Ainsi, soyez tranquille de ce côté. Il est d’ailleurs en bonnes mains, en mains d’amis véritables. C’est Dieu qui a inspiré Charles à prendre une autre route. Il ne vous manquait plus que cette nouvelle gêne dans votre état d'affliction et de maladie. Je n’ai pas accompagné Paulin lors de son départ pour la France; j’avais pour cela mes raisons. Nous avons passé quelques jours avec lui et Antoinette dans son hermitage; A notre départ il nous accompagna à Berne, où nous passâmes encore deux jours emsemble, tout a fait tête-à-tête. Nous nous séparâmes ainsi à Berne, d’où il partit pour aller prendre l’Antoinette, et après deux jours ils partirent. Je n’ai pas encore de ses lettres, mais je ne m’en inquiète pas, car les lettres de Paris ne peuvent que m’arriver très retardées, par suite de l’adresse à laquelle elles viennent et de ma position. Saluez-moi toute la famille et le Chanoine, si vous lui écrivez. Ma santé est parfaite à me faire dépit. Ainsi d’Emilie- Je m’en vais tâcher, je ne dirai, pas de dormir, car ce serait vouloir vous tromper trop grossièrement, mais de lire le livre de Job. J’espère d’y puiser assez de résignation pour attendre sans murmurer et en paix là décision de mon sort. En tout cas, je pleurerai, et les pleurs me font si bien ! Oh ma douce amie, mon premier et dernier amour, pardonne si je ne sais commander aux élans de ma passion, pardonne si je t’ afflige par 1’ expression de toute ma douleur. L’ esprit est prompt, mais la chair est infirme. Tu puiseras au moins dans mes emportements une certitude, qui compensera ce que je te fais souffrir. C’est que je t’aime comme on n’aime qu’au Ciel, <]ue je n’aime que toi, que je n’ai autre peur au monde que (1) Si ricordi l’avventura amorosa con Elise Iselin (Cfr. lett. LXIX) 139 de te perdre. Que ferais-je alors seul, délaissé, pauvre orphelin ? le 'bon Dieu ne voudra pas me t’ûter, n’est ce pas ? prie donc Dieu qu’il te conserve à mon amour, toi qui es sainte. Dieu ne peut manquer [de] t’exaucer. Adieu, mille fois adieu. Je t’aime d’amour séraphique, quel [......] (2) dans la pensée de l’immensité de mon amour. La lettre au Christ (3) sera remise. Zane (2) In questo punto la carta è lacerala. (3) Il Cristo è Federico Campanella. Fra tanti nomi di guerra, nomignoli, aopran nomi oon cui si camuffavano per disorientare la polizia, gli stessi esuli spesso non si raccapezzavano. Così Agostino Ruffini scrivendo al Grillo il 28 agosto 1833 a proposito del Cristo, usciva in questa esclamazione : « Ma quali geroglifici son questi ? Qual’è il Cristo, dal quale avremo tue nuove? Io non intendo un c...o ». Al che il Grillo ribadiva il 7 settembre 1833 : « Risponderete per mezzo di Federico il Cristo, vi invio la cambiale del Gatto di lire 1000 » (G. Faldella, Lettere inedite della u Giovine Italia » in « Il Risorgimento Italiano », Riv. Storica, I, 90). Il Faldella identificò erroneamente il Cristo col Gatto e cioè con Federico Rosazza. Gli accenni in queste lettere dei Ruffini (vedansi anche le lettere del 18 dicembre 1834 e 30 gennaio 1835) non lasciano dubbi sulla identificazione del Cristo in Campanella. Egli si trovava in questo periodo a Zurigo, dove ai primi di gennaio ebbe un duello con l’Ugoni. — « Le cause del duello di Campanella — scriveva il Mazzini al Melegari il 28 gennaio 1835 — erano politico-individuali — questione politica, villanamente trattata — il duello, per le villanie, e non pel principio. Campanella s'è diportato divina,mente » (Mazzini - Scritti, Epist., Bdiz. Naz., Ili, 316; cfr. anche pagg. 267-269). LXXXIII. Giovanni alla Madre Berne, le 18 Octobre 1834. Ma bonne Amie ! Je suis un peu rassuré depuis ma dernière lettre. J’ai beaucoup réfléchi, beaucoup prié mentalement. Je me suis dit : à quoi bon Dieu répandrait-il çà et là quelques êtres privilégiés, comme pour prouver que la vertu n’est pas un vain mot dans ce monde, si ces représentants de la Divinité devaient après être délaissés par elle comme les autres êtres non privilégiés ? Ainsi, je me suis dit, Dieu est, pour ainsi dire, forcé à rendre témoignage de la vertu par sa protection à ces mêmes personnes qu’il a constituées à la représenter. LXXXIII. — Inedita. A tergo: .1 Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale : Berne, 21 Octobre 1834. 140 Et vous êtes malade, et moi j<‘ .suis loin de vous, loin, bien loin. Il n'y a ¡pas le plus petit service, (pie je puisse vous rendre, ni moralement ni physiquement. Et pourtant mon seul orgueil, mon seul bonheur seraient en cela que je puisse vous servir à genoux, comme le plus humble esclave. Pauvre malheureux que je suis ! En vérité, je suis bien à plaindre moi aussi, pauvre malheureux ! C'est la nuit principalement que je souffre le plus. Mon imagination se monte ; elle coordonne impitoyablement avec une justesse épouvantable les crises, les plus petits incidents, les moindres gémissements. Le souvenir du passé se reproduit devant moi dans toute sa réalité ; je rappelle ces instants solennels auxquels je croyais presque vous avoir perdue. Je me retrace tout, la chambre, la position des meubles, les mots, les regards, jusqu’aux soupirs. Et pourtant il y a une profonde consolation dans tous ces souvenirs. Dieu a eu pitié de moi, et il vous a rendue mon amour presque par un miracle (1). Dieu qui a été si bon pour moi aux temps, je pourrais presque dire, de notre prospérité, voudra-t-il m’atterrer sous ses terribles jugements aux jours de mon affliction profonde ! Oh, Dieu ne le voudra pas, n’est-ce pas lui qui mitige le vent à l'agneau tondu ? Ah ! Dieu voit, dans sa miséricorde, les pensées (pii me brûlent le cerveau comme du plomb bouillant, les larmes de mes nuits, qui brûlent mon oreiller, tant elles son cuisantes. Dieu les acceptera en expiation, car sa miséricorde est grande. Je suis court, car j’ai peu de temps à écrire. Et quand même, que pourrais-je écrire ? Ma santé est parfaite, ainsi que celle d’Emilie. J'attends avec terreur et recueillement le courrier de demain, qui doit m’apporter de vos nouvelles. Èn attendant je vous embrasse mille fois. Quand même la maladie aous empêchât de m’écrire, j’aurai au moins deux mots de la Mina, j’espère; elle connaît mon adresse. Adieu doue, mon a-niour, ange de ma vie, femme unique que je voudrais savoir heureuse au prix de mon sang, et que je dois par fatalité non seulement savoir malheureuse d’esprit, mais malade de corps. Hélas ! il n’y a pas de mots pour exprimer de telles idées. (1) Si ricordi come Giovanni Ruffini, sfuggisse, per un fortunato equivoco polizia, all’arresto nel 1833. Zane della 141 LXXXIV. Giovanni alla Madré Berne, le 25 Octobre 1834. Ma chère Amie! Je suis sans matière, car en relisant votre bien aimée du 16 je m’aperçois, que, quoique à la hâte, et brièvement j’ai répondu à tout ce qui exigeait une réponse dans ma dernière. Ajoutez qu’il fait un froid horrible et que ma chambre est sans poêle ni cheminée, et que les vitres ferment très mal ; chose indifférente quand l’ami est au lit sous une montagne de couvertures, mais passablement ennuyeuse quand on est levé, et qu’on écrit d’une table précisément adossée à la fenêtre. Il paraît que l’hiver veut cette année prendre sa revanche de ce qu’il n’a pu faire l’année passée ; nous ne sommes qu’au 25 octobre, vos lettres se plaignent encore de l’excès de la chaleur, et ici figurez-vous que nous avons eu une journée de neige incessante, accompagnée de vent très violent ; par malheur la malle qui contient mes effets d’hiver, chose inconcevable, n’est pas arrivée, quoiqu’elle dût l’être depuis une quinzaine au moins ; c’est 'la privation du manteau que je sens le plus, car quant aux pantalons d’hiver je n’en ai qu’une paire dans la malle, qui sont déchirés du haut en bas, quoiqu’ils soient au reste encore en bon état, et je n’ai osé jusqu’ici m’en commander de crainte qu’ils ne fussent fait avant que l’argent [dont] fj’ai besoin ne m’arrivât. A présent c’est autre chose, et demain je donnerai mes ordres pour pantalon et gilet de drap. De manière que je vous aurais fait rire ce matin cheminant par monts et par vaux en frac noir à la dandy, pantalon ver-lasting, gilet en soie, badine à la main-et tout blance de neige de la tête aux pieds. Que cette peinture, esquissée pour vons faire rire ne vous inquiète pas. Un peu de froid aux cuisses, mais la poitrine fourrée d’une triple cuirasse de laine car [la] prévoyance du bon Ange est venue à mon secours, mes gilets de laine étant dans la malle [.....■.] (1). LXXXIV. — Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 46. A tergo : A Madame Pauline Ferrari - Gènes. — Bollo postale: Berne, 25 Octobre 1834. (1) A questo punto la carta è lacerata. 142 Vous signalez mes lignes par rapport à la cousine Antoinette, et à raison, avec grand ploisir. [J’ai besoin] d’un petit mot d’explication afin de n’avoir pas l’air d’un petit calomniateur. Je maintiens tout ce que j’ai dit par rapport à elle, qu’elle a plus de tête que de cœur, et qu’il n’y a pas beaucoup d’entraînement chez elle. Or, il s’est fait une révolution dans sa manière de voir et de sentir, toute de spiritualisme, d’abnégation, d’amour, qu’elle la première m'a sigualée-Elie n’a convenu spontanément de s’être sentie un instant entraînée dans la route de l'égoïsme individuel ; à présent, elle s’est réveillée, elle se sent une mission ; ce sont les prédications de Paulin. Lamennais, et vos lettres (allez encore faire la modeste donc) oui, vos lettres et votre amour qui lui ont procuré cette secousse. Au reste, c’est une crise de l’époque, une tendance religieuse dans les jeunes gens surtout. Lamennais a ouvert la route, et d’autres efforts vont 1 aplanissant de jour en jour. Moi aussi j’en ai subi l’influence,, et je m'en sens plus léger et plus fort. Dites-en autant de Paulin. Je voudrais pouvoir mieux m’expliquer. Je ne finirai pas sans vous donner le bulletin de ma santé, qui est en vérité on ne peut mieux. Les nouvelles de Paulin sont toujours les mêmes, n’ayant plus reçu de lettres depuis ma dernière à vous. Emilie est aussi très bien au physique et au moral. Elle est si bien pour le moment que je donnerais beaucoup pour que cet état pût durer indéfiniment, tant j’en suis content pour elle. Au reste, vous pouvez être tranquille, car malheur ne lui arrivera pas tant que je suis là, ou le diable est bien fin. Saluez-moi bien M.r Bernard, la Nina, Laurent, Victorie,. Benoite, sa mère, tous ; donnez-moi des nouvelles de vous, voilà 1 intéressant ; soignez-vous extrêmement de toute manière par a-mour de votre pauvre ami qui n’a que vous. Songez-y bien à cette a érité, je n'ai que vous au monde, car, si je vous perds, qui me consolera ? Adieu, ange de ma vie. Puisse mon amour brûlant répandre sur vous la miliionnième partie de la félicité que le vôtre répand sur votre amoureux ami. Adieu, adieu mille fois. Zane 143 LXXXV. / Giovanni alla Madré Berne, le 28 Octobre 1834. Ma chère Amie ! Je suis sans matière et inquiet, car depuis votre chère du 1C courant je manque absolument de vos lettres. Mais je me suis promis à moi-même de n’être pas égoïste à vos dépens ; ainsi, je renferme en moi mes craintes, je tâche de me rassurer, et j’espère dans le lendemain. J’ai reçu, à vrai dire, une lettre de vous, en date du 11, qui était pour moi, et qu’on avait par erreur envoyée à Paulin ; elle est chère, elle est toute affection, mais de date trop ancienne pour me rassurer snr l’état de votre santé menacée. J’ai reçu aussi une lettre de Paulin, qui retrace en paroles de feu ses souffrances à propos de l’incertitude sur vous et votre état maladif ; je lui ai répondu au mieux en tâchant de faire passer dans son âme un peu de cette tranquillité que je ne puis, hélas, trouver moi-même. Ma malle est enfin arrivée. Je me suis cuirassé de la tête aux [pieds], de bas de laine, caleçons de laine, gilet de laine. Je défie le vent [et] l’humidité. Le temps ne discontinue pas de son systèrqe-depuis six jours ; c’est sans le moindre intervalle ou pluie ou neige, ou menace imminente de l’un ou de l’autre. On ne m’a pas envoyé mon manteau, je ne sais pourquoi, mais le défaut ne m’en est pas sensible en vérité, car, comme je vous dis, je suis véritablement cuirassé de chaleur. Ma santé est très bonne, ainsi dites d’Emilie et de Paulin. Je donnerais deux litres de sang pour pouvoir en croire autant de vous, mais..... j’espère avec vive foi dans le courrier de demain, mais ma lettre sera déjà partie. Je toucherai demain, ou après, le montant de la lettre de change. Le marchand, comme vous pensez, ne sera pas oublié. Hélas ! pourquoi suis-je pauvre ? pourquoi suis-je obligé à tant dépenser pour moi ? LXXXV. — Inedita. A tergo: Alla Signora Vedova Maria Cogorno - Genova. — Bollo postale : Berne, 28 Octobre 1834. 144 Mille choses à toute votre chère famille, la Nina, Victoire, Laurent, aux absents, etc. Excusez la brièveté, car en vérité, je ne saurai que dire. Croyez pourtant que mon amour est long, et que s’ il est possible, l'incertitude et la crainte ne font que l’augmenter. Adieu consolation de ma vie, ancre de bonheur pour votre amant. Zane LXXXVI. Giovanni alla Madré Berne, le 4 Novembre 1834. Ma bonne Amie! Je suis riche, en vérité, un petit Crésus ; j’ai votre inar-rna le du 27, qui me rassure, et m’inonde de consolation par égard à vous : j ai de plus un supplément, c’est-à-dire une au-ie ettie très arriérée de vous, que Paulin me renvoie, car e e est destinée à moi. Voilà la seconde fois que cette méprise, pro uit d une longue habitude, arrive. D’or en avant, cela ne se répéteia plus. Voilà deux semaiues, que les courriers sont îen énins pour moi! Dieu en soit loué! en sera-t-il de même pour longtemps ? Je le souhaite. Ainsi soit il. En attendant jouissons du présent. 1 ne rï°u^e Pas Üne vous n'ayez directement les nouvelles e aulin. Je reçois aujourd'hui une lettre de lui datée du 29. ^°llS ^re ^ se Por^e bien. L’enflure a presque disparu, es comme si elle n’y était plus puisqu’elle ne la gêne plus ^ar a m°le> ni par la douleur. Etat normal complet, quant l ,reS e‘ soyez tranquille. Son moral aussi, un peu i ^ erse par mes craintes sur votre santé, que je n’avais pas vp11p< n1*06 • ^ ^ss™n^er> est à présent remonté par les nou- en daf-P rT "on *ranfmis vous> et par une lettre de vous, beauro UT1 ’ ^(Jjà l’ayait un peu tranquillisé, et consolé Te lZL eX1Ste ai,SSi un an^e ^ au milieu du silence, et baume sUr T*™ * M Sa V°ix isolatrice, et a versé le baume sur le coeur du malheureux délaissé. C’est ange, c’est LXXXVI. - médita. Manca il foglio di copertina con l'indirizzo. » 145 la Lille, qui a écrit à Paulin, en mettant à sa disposition ses biens et sa vie pour nous (1), et pour vous ; qui vous traite de Sainte tout le long de sa lettre etc. Eh bien, qu’on ne me parle plus de légèreté! je m’en fiche! Je déclare de ce moment que la Lille est une personne sacrée pour moi, qu’elle est un Ange, je la baptise, et soutiens telle devant qui que ce soit. Dieu n’accorde qu’aux saints dans cette vie l’intuition de soi-même, et partielle ; elle donc est sainte par son intuition de tout ce qu il y a de saint dans ce monde, de vous. Qu’on ne me parle pas de légèreté, d’antécédents. Je défie tous les moralistes de me montrer un cœur comme le sien. Honneur à l’âme aimante chez qui la légèreté de la tête ne nuit pas aux élans du cœur ! Honneur à la femme qui, jeune encore et jolie, s’est fiancée sincèrement au malheur ! Embrassez-la pour moi, dites-lui que j’ai du sang à sa disposition, si elle en a besoin, car je ne peux offrir autre chose. Figurez vous ! songer à consoler mon Paulin dan l’affliction, c’est se créer des droits impréscriptibles non seulement sur mon cœur, mais sur ma vie ! Oh, les femmes, les femmes ! création sublime ! à travers les mille défauts, dont le despotisme des hommes leur a fait une nécessité, la nature divine se révèle toujours en elles ! quant à moi, je proteste, que dans les orages de ma vie eu butte souvent aux persécutions des hommes, je n’ai trouvé sympathie, amour, dévouement que chez les femmes. Ainsi, j’ai suhstantié ma vie dans une femme, mais celle-là est incomparable, celle-là est descendue tout juste du Paradis pour ma consolation. C’est l’émanation la plus pure de la Divinité. Vous devinez, j’ espère, de qui je parle (2). De plus, Paulin m’a dit qu’il n’a pas besoin d’argent, qu’il s’est convenablement monté pour résister-à la saison, qu’il ne dépense pas beaucoup dans la pension où il est, et qu’il va m’envoyer en cadeau une paire de bons rasoirs. Voyez donc, le cher petit homme se trouve en cas de me régaler! Ainsi, que toute inquiétude à propos de besoins matériels cesse en vous ! Ma santé est parfaite comme à l’ordinaire. Je mange deux fois par jour, et du meilleur appétit, que la saisou froide m’a tout à fait rendu. Le matin, à 10 heures, un bon déjeuner à la fourchette, et un excellent dîner à 5 heures. Mon café après dîner, et le soir, avant coucher, une bonne bouteille de bière. Ainsi, (1) Vedi nota alla lettera XXXIII. (2) Superfluo aggiungere ch’egli accenna alla madré. 146 vous voyez que malgré mes misères, je ne me fais faute de friandises. Le temps est redevenu (beau. Le froid n’est pas piquant,, et je n’ai pas encore défloré mon manteau, ce qui vous le prouvera. Je fais de bonnes promenades dans lesquelles je n’évite pas le soleil, qui est 'bien bon à cette heure. Ces petits détails vous réjouiront, j’en suis sûr. J’ai de plus le petit bon Ange, qui me pourvoit abondamment de journaux et de livres ; en sorte qu’avec ma petite correspondance je tue très agréalblement le temps. Je parle souvent de vous avec lui, qui sait me comprendre. C’est encore un grand bonheur dans ma vie. Emilie aussi est bien, réellement bien. J’ai de ses nouvelles tous les jours et bientôt j’irai lui faire une visite. (3) Tout ce que je vous dis là est la pure vérité ; je ne puis mentir, et moius avec- vous, qu’avec tout autre. Voilà, que vous me faites encore des reproches à propos de ma prétendue défiance de vous. Non, mille fois non. Puisque je sais que vous n’êtes pas riche, que vous êtes même pauvre, qu’il me soit permis à moi de gémir sur la dure nécessité de vous imposer encore de nouveaux sacrifices pour moi. Ah ! j’ai pleine confiance en vous, et vous ne le pensez pas sérieusement, quand vous dites que non. Ah, si je vous 'savais riche, je voudrais vous emprunter tous les jours uniquement pour le plaisir que je vous ferais. Mais, connaissant à fond votre situation, j’enrage, quand je suis obligé de vous emprunter, non pas contre moi qui n’ en peux rien, mais contre ma situation qui me fait dépenser le double de ce que je devrais. Figurez-vous, je vous le dis à l’oreille, que je dépense 5 frs. par jour, sans la poste, qui me tue, le marchand, les fréquents voyages, et mille autres dépenses que je ne peux calculer. La poste m’écrase, plus que tout autre chose. Elle est si chère. J’ai reçu aujourd’hui trois lettres, une de Paris, une de Marseille, l’autre de vous. Et bien voilà quatre francs et demi de frais. C’est une horreur, et je ne sais comment y réparer. A Londres je dépenserais autant, et plus, sans avoir les agréments que j’ai ici. Mais ce sont des choses que je désespère de faire entrer dans la tête de nos vieux. C’est impossible. (3) Giovanni Kuffini aveva lasciato Soleure da pochi giorni. Il Mazzini o-annunciava il 30 ottobre alla madre : « La cugina è meco in questi giorni sta benissimo.... » (Scritti, Epist., Ediz. Naz., Ili, 175). 147 Je vous remercie de ce que vous me ¡parlez de vous. Excusez, moi, mais je ne vous crois ipas tout en fait de bonne foi dans ce que vous me dites par rapport à votre estomac. Je m’aperçois que cela dure, et que vous n’osez pas (le dire. Au nom de Dieu, qu’il n’y ait pas du moins négligence de votre part ! Soignez-vous par amour de votre pauvre ami, qui tremble à la moindre crainte touchant votre précieuse et frêle machine ! Saluez bien chèrement votre chère famille, spécialement Octave, avec lequel vous vous réjouirez bien sincèrement de ma part de ce qu’il a échappé à un grand risque. Autant au Chanoine. Embrassez la Nina. Un souvenir à Victoire, Benoîte, leur mère, à Laurent, et tout le monde. Adieu, mon ange, conservez-vous à l’amour immense de votre Zaxe Eh bien ? est-ce bien à moi que vous dites « il n’v d’amante qui tienne ; l’amour d’une mère surpasse de beaucoup toutes les passions possibles ». Est-ce que je ne les sais pas ces choses moi ? toutes les amantes de ce monde, tous les amis, que j'ai, tous comprenez vous ? triés ensemble ne me valent pas un seul de vos cheveux blanchis à m’aimer. Retenez bien cela, c’est ma devise, mon cathéchisme, ma pensée immuable. LXXXVII. Giovanni alla Madré Berne, le 11 Novembre 1834. Ma -douce Amie ! Je suis sans ultérieures nouvelles de vous, ma sainte enfant, depuis votre dernière du 1° Novembre; je vous le marque, non (pie je sois nullement inquiet de cette simple lacune d’un courrier, mais pour vous dire qui je suis sans matière, ou presque ; en sorte que j’en suis réduit à la matière habituelle, et c’est pour-cela que je commence par le bulletin de ma santé, et de ceux qui vous intéressent. Et à commencer pas mon intéressante personne je ne ferai que vous répéter la formule d'usage, puisque c’est l’expression de la pure vérité. Je me porte littéralement on LXXXVII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria Yedova Cogorno - Genova. — Bollo postale: Berne, 14 Novembre 1834. / 148 ne peut mieux, plein de force <‘t de vigueur, bon appétit, <*tc. .Te suis toujours le même ça va sans dire, ni plus gras ni plus maigre d'une ligne de ce que vous m’avez laissé; pâle toujours comme vous me savez, mais d’une pâleur, qui ne fait pas mal à voir, comme dans les tempéraments maladifs ; on devine, seulement à me voir avec toute ma pâleur, quelqu’un qui peut fumer sa douzaine de cigares par jour, et qui boit sec sans que cela v paraisse. Et ne concluez pas de cela que je fume douze, -cigares par jour ; c’est uniquement façon de dire, tant il est vrai que je fume la pipe, une belle ¿t vaste pipe de terre de chine, que j'ai achetée dernièrement de vos derniers et dont je suis fier, parce qu’elle est bien gentille, ma pipe. Emilie aussi est bien de son côté. Vous savez que l’hiver est favorable à sa santé, et s’il lui arrive dans les grandes chaleurs d’être parfois importunée par son sanglot, c’est une maladie qui disparaît tout a fait au premier froid. J’ai ses nouvelles tous les jours, et demain je pars pour aller la voir ; je serai de retour entre très peu de jours. Ne vous inquiétez nullement donc de la santé et de sa manière d’être ; la bourrasque est passée, et je compte la voir bientôt dans une position tout à fait tranquille, chose dont je m’occupe sans cesse dans ma nullité. Quant à Paulin je n’ai pas de ses nouvelles très fraîches, mais je ne suis nullement inquiet, car j’ai donné mes instructions assez claires et assez pressantes à Antoinette pour qu'elle eût à m’écrire la moindre des choses, si mal lui arrivait. -J’ai vu hier une lettre de lui à Emilie, ce qui est la meilleure preuve qu’il se porte bien, et je ne doute .pas que vous n ayez tout directement de ses nouvelles. Ainsi, en résumé, bonne santé générale, eu conséquence tranquillité pleine et entière. Je suis toujours le même brouillon que vous avez connu, sans règle et sans ordre. Je suis souvent à demander à quel mois nous en sommes, car, quant au jour et à la date, je n’ en sais jamais goutte ; vous me direz en conséquence, si vous le sav ez, l’époque à peu près de la dernière lettre de change à moi emoyée par M. Bernard, car tout au plus je veux laisser pas-ser les trois mois en lui ayant écrit qu’une partie de mes 300 fis. était déjà dépensée avant que de les avoir reçus. Je suis tenté de croire que les trois mois sont passés et je songe aussi à Paulin, car il n’est pas juste qu’il absorbe tout d’un coup les 149 fonds communs à Antoinette. Il 11e vient que trop vite le moment de dépenser ! Je suis, comme vous avez vu, en veine de spéculations ; c’est que je voudrais ne pas trop vous aggravé! 011 me suggère de faire une petite pacotille de ces objets de luxe en bois blanc de Suisse, que vous savez, et de les envoyer à Gênes. Ces objet& pris à la source coûteraient peu, et en en prenant une partie 011 ferait des facilités sur le prix et sur l’époque du payement. Le difficile c’est de trouver à Gênes un quincaillier bien situé, qui , s’en charge, bien entendu avec son droit de vente, c’est-à-dire escompte, et cela sans nous voler trop fortement. Je ne peux vous en charger formellement, car vous n’avez pas assez de relations, mais si par hasard, en interrogeant vos amis, vous eu trouviez quelqu’un qui fût lié aArec des quinquelliers, vous pourriez faire la proposition, et demandez le droit de vente, qu’ on prétendrait, combien pour cent ? c’est une idée cl’Ange, qui veut devenir riche par force et qui veut me faire moi aussi millionaire. A l’heure qu’il est vous devriez avoir le dévidoir depuis longtemps, car je sais qu’il a été expédié à l’adresse indiquée. Vous m’en direz un mot. Je reçois à l’instant une lettre d’Emilie, qui me transcrit quelques lignes de M.r Laurent relatives à tout ce que j’aime ici-bas, Vous, et dan« lesquelles il proteste vouloir vous entourer d’une partie au moins de mon amour. Bénédiction à lui pour la bonne volonté! Le reste de la lettre est très bon et j’en suis tout content. (1) Adieu, mon cher et bon ange. Mille choses à Octave. Nina, Victoire, Benoite, Laurent. Un baiser de ma part à Lillà que j’ai baptisée pour sœur. Quant à vous, aimez-moi seulement comme vous faites, et ayez l’assurance que je vous aime comme je fais, car vous aimer de plus c’est impossible. Adieu Zane (1) A questo punto la lettera è accuratamente tagliata per circa 14 righe. Il Bettini s’era messo a disposizione del Mazzini per procurargli tutte quelle notizie di storia e di letteratura che gli potessero essere utili per i suoi articoli, e il Mazzini ne approfittava largamente (Cfr. Mazzini - Scritti, Epist., Ediz. Naz. - passim). 150 LXXXVIII. Agostino alla Madré Paris â Gènes, 12 Novembre 1834. Chère Dame ! Il m'est impossible d'endurer plus longtemps Arotre silence. Notre correspondance, depuis que je me trouve à Paris, est tellement déréglée, interrompue, incertaine, que j’ai bonne envie de maudire le moment où j’ai quitté la Suisse. Là, du moins, j avais de vos nouvelles assez régulièrement. La première fois, aous m’avez laissé dix-liui jours sans vos lettres. A présent, depuis votre dernière du 30 octobre, qui renfermait le diplôme de bachelier, je suis parfaitement à jeun ; en somme, voilà treize maudits jours, que chaque matin je me lève avec l’espoir de voir a os caractères, et chaque soir je me couche sans avoir rien vu. ^ ous sentez bien tout ce que cet état a de pénible pour moi. J’en viens à ce triste dilemme : ou mon amie ne m’écrit plus ou ses lettres s égarent. La première supposition est plus douloureuse encore que la seconde. Il faut que de manière ou d’autre ce tourment finisse. Ecrivez-moi une ligne seulement, un simple ■adieu, mais que j’aie la preuve matérielle, que vous êtes vivante. Je n’exige pas de longues lettres, des lettres détaillées : vous n auriez pas le temps. Mais il est impossible que vous n'ayez pas le temps de m’écrire: je suis bien, ma famille est bien, nous vous saluons. Et vos alentours que font-ils ? Ne pourrait-on, ne devrait-on pas chercher de suppléer de quelque manière à votre silence? M.r l’avocat est-il mort ? (3). ^ oilà un mois que, moi et la Cousine, nous nous évertuons à lui crier jusques d’ici de nous envoyer tous les renseignements, qu il doit encore nous fournir sur le procès d’Antoinette, et il n'y a pas moyen d’avoir une ligne de lui. N’a-t-il pas d’adresse '! Mais c'est toujours le même nom de Louis Osia. Quant à moi, vous pouvez lui donner la mienne. La Cousine lui a écrit le courrier dernier le conjurant de mettre un terme à son silence. Nous verrons. En attendant je vous embrasse le coeur plein ■d'amour, mais l'âme navrée à cause de votre silence. Adieu. P. S. - J'ai changé de domicile: voici ma nouvelle Adresse: Faubourg St. Germain, Rue des Orès, N. 18. Votre Joseph r. LXXXVIII. — Inedita. Manca la copertina con l’indirizzo. (1) Filippo Bettini. 151 LXXXIX. Giovanni alla Madre Berne, [ma Soleure] 15 Nov. 1834. Ma bonne Amie ! Comme je vous en avais pressenti, me voilà à quelques lieues de Berne, en tournée. Il est inconcevable comme une si petite distance puisse autant influer sur la régularité des relation s par écrit. Je suis dans un petit trou, où des affaires m’appellent, et c’est comme si j’étais dans les profondeurs du Grand Désert (1). Point de courrier qui m’apporte de vos nouvelles, point de courrier auquel je puisse confier les miennes pour vous. Voilà quatre jours qué je suis parti, et voilà quatre jours que je suis sans la moindre ligne ni de vous, ni de qui que ce soit, et pourtant je suis sûr, mon coeur me le dit, qu’il y a quelque part, bien près, au moins une lettre de vous, (pii ferait mon bonheur. Il faut dire aussi que le diable y met aussi un peu sa queue, car c’est le premier cas d’un retard de quatre jours dans l’endroit où je suis. Et puis, hier je m’étais procuré au moins le plaisir de vous écrire, et j’avais confié ma lettre aux soins d’un plavsan, pour qu’il la remît à un bureau de poste à une lieue et demie de distance. Ne voilà t-il pas que mon butor me dit l’avoir mise très à temps, et ce matin je suis averti par le portier que ma lettre n’a pu partir hier, car le courrier avait déjà passé, quand ma lettre arriva! Il faut avoir patience! Celle que j’écris à présent partira demain matin, et Dieu sait quand vous l’aurez. En attendant, quoique je vous écrivisse le même matin que je partis de Berne, voilà déjà deux courriers, deux grands courriers manqués et vides pour vous. Je souhaite que du moins les nouvelles de Paulin soient venues faire une douce compensation à mon silence forcé. Je suis sans lettres, entouré d’une atmosphère froide, grise, et brumeuse à faire peur, et cette atmosphère teint pour moi tout les objets de sa couleur, et je suis tout autrement disposé qu’à voir les choses en rose. Consêquemment, je suis sans rna- LXXXIX. — Inedita. A tergo : A Madame Veuve Cogomo - Gênes. — Bollo postale: Berne, 18 Novembre 1834. (1) A Soleure presso Mazzini. Il Mazzini lo aveva annunciato alla madre il 13 Novembre: «Oggi vedrò la cugina e sarà una giornata di piacere» (Scritti, Epist., Ediz. Naz., Ili, 200). 152 tière, entendez matière passable. Ce que je puis vous dire de^ satisfaisant est par rapport à ma santé, qui ne peut être meilleure, ainsi que celle d'Emilie, que j’ai trouvée bien portante en vérité, moins un peu de rhume de nez qui n’a d’autre inconvénient que celui de vous faire moucher cinquante fois par heure, et mouiller 4 mouchoirs par jour. Au reste, c’est un fruit de saison et moi aussi j’en profite un peu. C’est pour vous dire tout, entendez-vous, mon amie, autrement je n’en parlerais pas, car c’est moins que rien. De Paulin, je n’ai pas des nouvelles directes, mais je sais indirectement par des lettres que quel-qu un a reçues, qu’il se porte bien lui aussi; ainsi, tout est au mieux de ce côté. A propos, cet éternel dévidoir, l’avez-vous, reçu ? voilà juste un mois qu'il devrait être en vos mains ; si vous ne l’attrappez pas cette fois, j’en désespère. La malle n’est pas encore arrivée ! Je vis tranquille sur votre solennelle promesse de ne pas tomber malade, de vous soigner, d’être bien enfin, comme si cela pouvait dépendre de nous ! pourtant, je suis assez enfant pour caresser cette illusion, comme si le vouloir était pouvoir. Oui, cela est pour l’amour ; l’amour est bien capable d’autres prodiges, c’est à quoi vous, femme unique et sublime en amour, m’avez habitué. Embrassez pour moi votre chère famille, Bernard, Octave, Nina, Chanoine, Laurent, Lille et tous ; embrassez aussi Victoire, la bonne Benoîte, que je n’oublie jamais, et tout ceux qui vous demandent de moi. Le 20 au plus tard j’aurai fini ma tournée. Alors l’ordre, j’espère, succédera au désordre de ce moment dans nos relations épistolaires. Adieu, mon bon Ange, providence de ma vie, phare de ma route, à vous, précieuse compensation à tous mes maux passés et futurs, si la destinée-en a encore pour moi. Embrassé à vous, je les défie, et ne sourcillerai pas. Votre bon ami vous embrasse mille et mille fois en esprit. Adieu. Zane Emilie a des nouvelles de sa tante du 5, ou 0, qui me tranquillisent aussi sur votre compte. ■ : . 153 XC. Giovanni alla Madré Berne, 15 Nov. 1834. Ma bonne et chère Amie ! Benedetti i tuoi lamenti, arpa rnia, et tout le reste comme dit Romani. (1) Je crois désormais qu’il faut bien se plaindre, bien murmurer, être bien maussade contre le destin pour arriver à lui forcer la main. En effet, après mes plaintes, ma maussaderie, mes bouderie« d’hier, exprimées dans une lettre qui a la même date que la présente, ne voilà-t-il pas que ce matin se font jour jusqu’à mon trou et m’arrivent ensemble deux lettres de vous du G et S et quelles lettres ! et une de Paulin. C’est avoir, ma foi, trop de bonheur. C’est du bonheur qui m’étouffe, c’est de l’abondance qui m’écrase. Aussitôt j’ai songé avec remords à ma lettre froide et maussade d’hier soir, et puisqu’elle est déjà à la poste et que je ne peux la retenir, j’ai songé à voir d’en attenuer l’effet par la présente écrite à vol d’oiseau et dans le ravissement de l’homme heureux. Ah, Dieu ne nous a donc pas encore abandonnés ! Je ne vois dans votre lettre que deux choses. L’une, c’est la nouvelle du consentement des parens à ce mariage d’inclination, mariage qu’ont tant combattu des projets d’intérêts, mariage à cette heure célébré, et qui gonfle de joie la Cousine et tous ceux qui l’aiment. Dites-lui bien la part que je prends à son bonheur ; fe-licitez-'la bien pour son ami lointain ; elle mérite bien son bonheur, car elle l’a gagné à force l’amour, de constance et de dévouement. L’autre chose que je vois dans votre lettre, et qui me choque horriblement, c’est cette maladie fatale et périodique du Ch[anoine] (2) Pardieu, les vieillards sont si exigeants, et lui en particulier l’est, tellement! Je m’imagine tout ce qu’on vous fait souffrir. C’est une fatalité véritable. Cette idée empoisonne ma joie. Pourtant, si cela peut contribuer à dissiper sa mauvaise humeur, dites-lui bien des choses de ma part, d’autant XC. — Inedita. Madame Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Genève, 19 Novembre 1834. (1) Il poeta genovese Felice Romani. (2) Lo zio Canonico. 154 plus qu'il me faut le ménager à propos de ma spéculation huilière. Adieu, ma bonne amie. Paulin se porte à merveille. Je ne puis plus écrire, (¿ne Dieu vous envoie la moitié de la consolation que m'a donnée votre lettre, et il y aura de quoi vous consoler assez. Adieu. En toute hâte. Zane XCI. Amica Carissima Agostino alla Madre [Parigi], 18 Novembre [1834], 1 1 .°^ è una ^ quelle lettere, ch'io non vorrei mai cun tprr.a 8cnuie’ 1 U1’e si può dilazionare, procrastinare ai-due < (»ì r-^)0 •• mven<:ar's* c^e’ pretesti per aspettare ancora uno o ossia ìiU11’ rans^ere *n certo modo colla propria coscienza, hnrK-o ia ^ro^)1 borsa per qualche giorno. Ma quando questa d'nvPTi* ( n< ’ltaT<1 Salito leggera, che non si accorge nemmeno più a averla nello scarsellino ; quando quella donna tirannica, e de- i TKa’ * e i>i cbiama Necessità, è venuta a rendervi visita, e e,^ .m>11 vo^ere voi avete dovuto sbarrare le porte; quando . a ro 'os¡tri amici vi ha già detto una, o due volte : A ~0 f>.°S1 ?’• Cai° ^0sfiu°, saresti in commodo di restituirmi que’ un’ ‘T (^l(i ^ Potati ^ mese passato; quando lanciate • C ia^a a^ ' ostro libretto di conti e vi accorgete, che è vi-c’è rviV^T 016 term*ne del vostro alloggio e vitto, allora non ni-Mi i”. i!0''0 a r^ar<^- bisogna sedersi dinanzi la scrivania, •inti-fW a iKnna, bruttarla d’inchiostro e cominciare quella ho bisr .!• C0S* seccante> così trista, così mortuaria — sono a secco, AnTif ' ( 1 1 enaro antifona tre e quattro volte maledetta, che vi pii i fi! 1 * *°. scr*vo 0011 crepacuore e rossore; antifona i sei fri orni a -C0D ^s£us*° e noia. Antifona, che mi amareggia quando laJJ™ Ü °mi rÌSolva’ che mi amareggia l’anima Antifona ami1'0’-0 ? ^ amareg§'ia l’anima quando l’ho scritta. fchfnoUT ,Per tó S°rive e Per chi ti legge, quando che potro cancellarti da tutti i salmi ? „aaad’é che potrà sosti- 19 Novembre 1834. ? Signora Geronima Croce - Genova. — Bollo postale: tuirti un cantico di gloria, il quale comincerà : esultate, o visceri del mio corpo ; guadagno tanto da vivere senza importunare nessuno ? So bene, che le prime parole, le quali vengono in bocca all'intonazione di simile antifona, sono queste : diavolo ! già a secco? ho mandato 1000 franchi tale giorno, tale mes'e. Vero! Verissimo ! ma que’ 1000 franchi sono già andati, più tutti i debiti contratti cogli amici. Vi sono molte riflessioni da fare. 1° Non bisogna dire : si sono mandati 1000 franchi : bisogna dire : si sono mandati 500 franchi a ciascheduno. La cosa a prima vista pare la stessa, pure in fondo è assai differente. 1000 franchi destano un’idea vasta, e di lunga durata. 500 franchi destano un’idea meno vasta della metà. 2° Quando ci arriva un fondo egli è già mezzo ipotecato. Perchè chi ci conosce sa che la nostra delicatezza soffre di dovere essere sempre lì a tormentare la famiglia nostra ; quindi ne nasce che noi ritardiamo il più che è possibile a venire a quel tandem. Frattanto siccome bisogna vivere ci troviamo costretti a ricorrere agli amici. Appena ricevuto il fondo è ben naturale che paghiamo i debiti nostri. Ed ecco che il fondo appena ricevuto diminuisce d’un terzo, della metà. Cosicché noi non ci troviamo mai in bilancio, perché de’ fondi chi* riceviamo una parte è già mangiata. Triste condizione, è vero, ma coloro che vedono la vita che meniamo sanno se è nostra colpa, e se noi spendiamo più del dovere. Per esempio, venendo a Parigi, Giovanni ha voluto amorevolmente darmi qualche cosa del suo. Il viaggio è lungo e costoso. Alla sera gli altri andavano a cena ; ma un souper in Francia costa quanto un dîner, ed io quantunque avessi fame qualche volta invece di scendere all’Hôtel, andavo en amateur a fare un petit tour dans la Ville. Giunto a Parigi, economia alla dirotta. Il vino costa troppo : addio il vino. La lavandaia costa troppo e la faccio venire una volta ogni 15 giorni. Caffè, burro, sono cose che non si conoscono più. Colazione pane e pomi da terra-. Pranzo potage, lesso, legumi, e marroni. Ma alloggiare bisogna. Qualche libro di matematica bisogna comprarlo. Bando al fuoco perchè costa troppo. Ma morire di freddo non voglio. Necessità quindi di albbuonarsi ad un gabinetto dove c’è il fuoco e i libri necessari. L’unica mia gioia sono le lettere che ricevo da mia madre e da mio fratello. Ma prendete le note de’ prezzi delle poste di Parigi e inorridite. 156 Mi si dirà : rinunciate a queste lettere. Oh ! questo poi no. Posso-rinunciare alla vita, a tutto, ma non a queste lettere. Tutte le mie consolazioni, tutte le mie speranze, tutto il mio essere e concentrato in quelle lettere. Toglietemele e non mi resta più che gettarmi nella Senna. Bensì ho scritto agli altri miei corrispondenti di scrivermi raro. A Parigi le strade sono sempre fangose, tanto più in questo quartiere. Dunque ci vuole un paio di stivali per difendere i piedi dall'umido. Vado all Università. Ma io non posso essere ammesso, perchè, il perchè è tacile immaginarlo. Ma ad ogni costo io voglio spuntarla. Come si fa 1 bisogna rendersi amico un segretario, il quale non sia poi tanto scrupoloso nel confrontare i nomi del passaporto con quelli del diploma. Ma qui a Parigi già si sa, non si farà niente senza denaro. Quindi nello stringere la mano al segretario lascio sentire una moneta ; egli si accorge che la è d’oro, e subito : M.r comptez sur mai, vous serez enregistré, je parlerai a M.r le Doyen ecc. E un momento prima mi diceva : M.r, ie ne Pu^s Pas^ prendre sur moi [cette] responsabilité; les etrmgers etc. Poi ammesso al ruolo di [......] (1) bisogna prendere le iscrizioni e vi costano, non molto, ma costano. C’é poi carta, calamaio, penne per iscrivere, candele per far chiaro la sera, farsi cucire, ingomma è un mare magnum , che non conoscono bene se non coloro che lo navigano come io e Giovanni. Poi qualche volta un povero diavolo, un genovese stracciato, magro, vi capita dinanzi e vi dice : se non mi date 5 franchi io non so più come mangiare. Dica chi vuole, io non ho il cuore di rispondere no. Con eludiamo : Giovanni per soccorrer me, ha esaurito sè : so che <-• stato costretto a far de’ debiti per vivere. Io invece di mandar gliene, ho dovuto fare anch’io de’ debiti con Celeste e Lamberti. Inoltre mi scade il mese della camera e del pranzo. Qualche cosa per coprirmi quest’inverno mi ci vorrà senza fallo. Ed ecco come il primo fondo che riceveremo io e Giovanni se ne andrà appena giunto in estinzione de’ debiti preesistenti. Ci troveremo di nuovo a dover cantare l’antifona ; si dirà di nuovo : oh ! diavolo ! ancora a secco ? ma cosa fanno de’ scudi ? Giuocano alle piastrelle ? Eppure noi avremo fatto il nostro possibile, ma ad ini possi!) ¡Ha nano tenetur. Queste cose io le dico per dare una idea del nostro stato e perchè veniamo compatiti quando domandiamo denari. (1) Manca una parola per la lacerazione della carta. 157 I cuori a’ c’indirizziamo sono troppo amorevoli per farci de’ rimproveri ingiusti ; ma a noi sta a cuore il giustificarci innanzi loro. Communicate questa mia al sig. B[ernardo], e all’ottimo Canonico. Dite loro tante tenerezze da parte nostra, e che se noi non potremo contraccambiar loro tanti sacrifizii, lo potrà bensì Colui, che tutto vede e misura. Se la nostra récjuète è accettata potete mandare il fondo a Parigi all’ordine di Giuseppe Prati: io da qui manderò la sua metà a Giovanni. Sto benissimo di salute. Vado a’ miei corsi; ho ricominciato con véro gusto la vita dello studente. Un giorno avrò almeno una professione che mi farà cessare d’essere a carico della famiglia. Ma certo che a Parigi il vivere è caro. Addio, addio, amatemi [Agostino] XCII. Giovanni alla Madre Berne, le 20 Nov. 1834. Ma chère Amie! Quoique je sois bien autrement que dépourvu de matière, grâce à vos deux charmantes dernières, auxquelles je n’ai pas encore répondu, voilà encore une lettre vide. En effet, la vacuité de ma tète est telle qu’en vain je m’efforcerais d’assembler deux idées raisonnables. Je suis à Berne depuis peu d’heures (1). Voilà deux nuits que je ne dors pas; la première, je ne saurais pas pourquoi, mais ce sont des caprices qui prennent quelquefois à ma tête; la seconde par effet de l'inquietude de ne pas me lever à temps pour prendre la diligence au passage. De manière que pour ne pas la manquer, je ne fermais pas l’œil. Autant valait dormir car la diligence était pleine, et, tout mince que je suis, ne pouvait me contenir. Alors tout en blasphémant, j’allai chercher un cabriolet, et au moyen du double de temps et du triple de la dépense, je réussis à me faire traîner jusqu’ici. Ce qui m’a avili plus qu’autre chose, c’est le froid XCII. — Inedita. Manca il secondo foglio con. l’indirizzo. (1) Il Mazzini scriveva da Soleure al Melegari il 28 novembre : « Lamberti #è partito per Francia. Ardoino e Fabrizi per Barcellona. Agostino a Parigi è malato. Albera torna a Ginevra. Usiglio, Ortalli e Ruffini sono a Berna. Gustavo è sordo -ed è meco » (Scritti, Epist., Ediz. Naz., Ili, 236). 158 épouvantable qu'il me fallut souffrir pendant un trajet de cinq heures, dans une voiture sans volets, ouverte en haut, en bas,, de côté, devant et derrière. Il faisait un vent horrible, et il était glacé. Toute ma personne, et mes pieds en particulier étaient tellement gelés que je n’ai pas encore réussi il y rappeler une chaleur normale en deux heures, (pie je suis Ha cheminée devant, et le fourneau derrière, avec Padjutorium d’un copieux souper, A présent, je sens que mes paupières se ferment d’elles mêmes, quelque effort que je fasse pour les ouvrir. Il n’y a rien qui fasse autant sentir le besoin du sommeil que la cheminée et l’estoiuac replet. Ainsi, moi qui ne me pique pas de lutter avec la nature, je m’en vais me coucher, et demain je me réveille franc et dispos comme un pinson. Mais je n’ai pas vouiu que le courrier passe .sans vous donner au moins signe de vie, «sans vous dire que je me porte supérieurement bien, qu’Emilie se porte très bien elle aussi, et que je ne fais que de la quitter-que je vous a.... im... e, aime, aime en baillant, et m’endormant votre nom à la bouche comme je le ferais après une bonne nuit. Bonne nuit donc, mon cher ange, bonne nuit, bon...ne nui...t, bon...ne... bon..nuit it,..it... (Le reste se perd) En vérité, je tombe comme Catherine. Ne saluez personne de ma part, car j'ai trop sommeil. Adieu. Paulin se porte aussi bien. Adieu. Le matin à 11 heures. J'ai dormi comme un porc. Je me trouve tout à fait bien, mais il est trop tard pour pouvoir écrire encore. Adieu, ma bonne. Zane XCIII. Giovanni alla Madré Berne, le 27 Novembre 1834. Ma chère Amie! J’ai votre douce lettre du 20 courant. Enfin donc ce béni dévidoir est arrivé à bon port! Te Deum laudamm. J’en suis charmé à cause du plaisir qu'il vous procure. L’observation de Victoire est toute féminine, et conséquemment fine et juste. Faites-lui entendre à ma décharge que ce n’est pas moi direc- XCIII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria Vedova Cogorno ■ Genova. — Berne, 27 Novembre 1834. 159 tement du lieu ou je suis envoie le dévidoir, mais qu’il m’a fallu passer par intermédiaires, et qu’il a fallu faire en conséquence, et défaire en vérité, de cette manière-là il y avait 9 chances sur 10 que le dévidoir viendrait à s’égarer, et je n’ai pas voulu risquer la bague. Ce qui n’a pas été fait peut se faire, et je m’y engage d’autant plus volontiers que je vois qu’ elle y attache quelque prix. Qu’elle soit donc tranquille, la bauge destinée lui arrivera tôt, ou tard, plutôt tard que tôt, mais elle arrivera. Remerciez-la bien du bon souvenir, et de l’envie qu’dle exprime de me voir. Assurez-la que dans ce cas elle trouverait le bras et le cœur d’un frère en moi. Au reste, la voie qu'elle a prise de jouer à la loterie pour venir est la voie la plus longue et fallacieuse. Je ne lui en sais pas moins gré de la bonne volonté. Je n’écrirai plus à M.r Bernard à propos d’argent ayant accédé à la proposition de Paulin de le faire. Je ne manquerai pourtant pas en temps et lieu de rappeller à M.r Bernard qu’au moment où je recevais ses 500 frs. j’étais endetté de 200 frs. à peu près, circonstance que je crois lui avoir marquée. Je m’en vais vous donner encore une commission, qui vous coûtera des soins et de l’argent, pour vous prouver au moins que je ne vous ménage pas. Il y a longtemps que je voulais vous dire d’envoyer quelque chose en souvenir au bon Ange. L’em- * barras était de savoir une chose qui lui ferait plaisir. Or cette chose je l'ai trouvée, c’est une de ces cravates noires à franges, que vous savez, comme en posséda/it un notre Saint (1), dont j’héritai, et que je perdis avec beaucoup d’autres objets très affectionnés dans une malencontreuse circonstance. Mais comme l’individualisme se fait jour partout, vous en enverrez deux, une pour lui et une pour moi. Vous voyez que je profite de l’occasion et que je ne vous ménage pas. Vous pouvez envoyer ça par la diligenge à l’adresse de mes lettres...... (1) elle soit des deux : seulement vous m’en avertirez. Permettez-moi de vous observer, ma chère, que tout ce qu’on vous dit de l’était misérable du...... (1) pourrait bien être une leçon faite, une démarche combinée afin d’engager votre bon cœur et vous soutirer quelque argent. J’aime à croire tout ce qu’on vous dit de sa moralité, mais quant à, sa misère présumée, je n’y crois pas, et pour cause. Je ne parle pas lé- (1) Manca una parola per la lacerazione della carta. 160 gèrement car j’ai des données très exactes. J’ai un argument, qui me (paraît très valide, et c’est celui-ci : (pourquoi s’obstine-t-il à vivre misérablement où il est, pendant qu'il pourrait vivre autre part, et dans de belles villes, à Toulouse par exemple, avec 50 frs. mensuels assurés ? Avec 60 frs. on a une pension honnête, restent 20 frs. pour les plaisirs. J’en connais beaucoup habitués plus que lui aux douceurs de la vie qui vivent pourtant avec 50 frs. Que signifie donc cette obstination? De ce que vous me dites je n’augure rien de bon de vos premières tractatives à propos de l'einprumt. J’en transmets les détails, tels qu'il sont à Emilie et en vérité ils sont de nature à ne pas lui faire concevoir des grandes espérances (2). Ainsi donc ma spéculation huileuse est allée en fumée ? patience ! Ne croyez pourtant pas que je demorde de mes plans. Il me faut une occupation, un intérêt matériel quelconque. Si l’huile ne me réussit pas, je m’en vais me rejeter sur les oranges, les figues sèches, les fruits secs, les pâtes de Gênes, les maccaroni, les castagnes, le riz. Je vous en reparlerai quand j’aurai fixé mes idées. Be-merciez bien le bon Chanoine de la confiance, qu’il veut bien avoir en moi. Ça va sans dire, que cette confiance en passant par vos mains a beaucoup gagné, peut-être le tout, par le charme de vos expressions. Je jure mes grands Dieux que l’idée d’un reproche à Octave était plus loin de moi que l’idée de me noyer, quand je parlais de son adresse, qu’il veuille bien le croire ! Si notre amour avoit besoin d’aliment, que de reproches n’aurait-il-pas raison de me faire, à moi qui ne lui ai jamais écrit ? Mais je sais qu’il lui suffit de savoir que je me porte bien et que je l’aime, tout autant comme la réciproque me suffit à moi sans autres démonstrations. Ma santé continue à être excellente, ainsi que celle d’Emilie et de Paulin. Opposez bien des soins aux attaques des premiers froids, qui sont si fatales. Habillez-vous chaudement et évitez les passages trop subits du froid à la chaleur, ou viceversa, afin d’éviter aussi la toux. Avec les lettres de ce matin je n’ai aucunes nouvelles de la malle encore. Ces voyages sont éternels. L'atmosphère est nuageuse, humide, mais le froid a cessé. (2) Su questo prestito non troviamo cenno nelle lettere di Mazzini alla madre; egli ne accenna soltanto incidentalmente il 28 novembre al Melegari con Queste parole : « Non ho nuove ancora dell’imprestito, che tentó eui miei beni futuri » (EpistEdiz. Naz., III, 235). 161 Au reste, je suis en mesure pour l’attendre de pied ferme. Faites agréer mes salutations à toute votre famille. Benoîte, Victoire, Laurent, etc. et agréez celles du bon Ange. Aimez votre ami, comme vous faites. Votre amour lui est l’air, la lumière, le pain de tous les jours. Votre ami vous aime toujours de même il ne peut vous aimer de plus, à moins qu’un beau jour son cœur ne crève d’amour avec votre nom imprimé comme la légende raconte de S .te Thérèse, ou de je ne sais quel saint. Adieu. Zane XCIV. Giovanni alla Madré Berne, le è9, ou 30 Novembre 1834. Ma chère Amie ! J’ai à peine le temps de vous saluer à vol d’oiseau, car la poste est sur le point de fermer, et me voilà réduit aux derniers moments, comme il m’arrive toujours. Grand défaut que l’indolence ! ! Vous me la pardonnerez dans ce cas, car vous •savez que la brièveté, la nullité même de l’expression ne nuit pas à l’essence de l’affection qui est vive, immense, éternelle. Ainsi je dois me borner à vous dire uniquement ce qui peut contribuer à votre tranquillité, savoir que ma santé est absolument superbe, qu’ Emilie se porte de même, ainsi que Paulin, dont je n’ai pas des nouvelles directes, mai indirectes par la voie de M.lle Emilie. J’espère et souhaite que vous puissiez m’en dire autant de vous et de votre respectable famille, que je vous prie de saluez bien chèrement de ma part, particulièrement le Chanoine malade. J’ espère que les premieres nouvelles que j’aurai de vous par rapport à Lui m’annonceront son complet rétablissement. Rappelez-moi aussi au souvenir de l’oncle Jacques, quand vous avez occasion de lui écrire. N’ai-je pas rêvé la nuit passée que je suais sang et eau pour lui écrire une lettre en passable latin ? Voyez donc ce que c’est que les impressions de l’enfance ! XCIV. — Inedita. A tergo : Madame Veuve Cogomo - Gênes. — Bollo postale : Berne, 29 Novembre 1834. 162 Il 11e fait pas froid, maïs un brouillard épais qui empêche de voir à deux pas et qui vous trempe comme s’il pleuvait. Ayez les salutations amicales d'Ange et de son frère ici présent, et aimez toujours qui vous aime plus qu’on n’aime les. choses d’ici-bas ! Zane XCV. Giovanni alla Madré Berne, le 2 Décembre 1834. Ma chère Amie ! Je vous écris Pâme rafraîchie par la lecture de votre char-mante du 22 passé. Je savais bien que les détails sur mon physique et mon système de vie vous intéressaient plus que ne le comporte la matière puérile et minutieuse de ces mêmes, détails, mais l’amour revêt de son prisme magique toutes choses, au point de rendre intéressant ce qui ne l’est pas du tout. Je suis à même de pouvoir tranquilliser vos inquiétudes a propos de Paulin. J’ai une lettre de lui ce matin même en date du 24 ; il ne se plaint nullement dans celle-là de votre silence, il parle ‘même de certaine lettre de fraîche date qu’il a eu de vous. Or, sa- lettre étant du 24, vous voyez qu'il ne peut manquer de vos lettres que depuis peu de temps, huit jours au plus, ce qui ne vaut pas la peine de s’en inquiéter par le temps qui court. Et comme cela serait déraisonnable de sa part, je conclus donc que le manque de vos nouvelles, dont il se plaignait, était antérieur à l’époque de la date de sai dernière lettre du 24, que cette contrariété momentanée a cessé à cette heure, et que vous n’avez pas à vous en inquiéter. En tout cas pourtant, et pour surcroît de surété, je lui écris ce soir même en lui donnant vos nouvelles très fraîches, ce qui suffira à la tranquilliser pleinement s’il ne l’est pas. Pauvre Paulin ! sa lettre est un gémissement d’amour et de repentir pour tout le mal qu’il peut vous avoir fait avec certaines lettres écrites al) irato, et sous l’inspiration d’une passion, qui agrandit les objets. Il reconnaît son tort, il me charge d’être son intermédiaire auprès de vous, de pérorer son pardon comme XCV. Inedita. Maiica del sccondo fogiio cou l’indirizzo. 165 s’il y en avait besoin avec vous, Ange d’amour et de douceur. Vous savez que Paulin a nécessairement ses moments de spleenr où l’on voit tout en noir, comme de temps en temps votre ami aussi, de ces moments où l’absinthe amoncelée dans l’âme a besoin de déborder à tort et à travers, où le volcan est forcé d’eructer. C’est dans un de ces moments de passion qu’il vous a écrit. « Mais ce sera mon dernier écart en ce genre, m’écrit-il, il lui a coûté trop de douleur à elle, trop de remords à moi, pour qu’il puisse se renouveler ». Il est tout honteux des menaces à propos de soi-même,'qu’il vous a faites, il vous prie de les avoir comme non avenues, de les rayer de votre mémoire. Et moi aussi je vous dois des excuses, car je dois vous avoir affligée par une de mes lettres, n’ayant pas réussi à maîtriser un premier mouvement de profonde contrariété. Au nom de Dieu, donc qu’il n’en soit plus question, plus question de rien. Oubli complet, amnistie générale. A la première occasion j’y reviendrai encore une fois, une seule fois, et j’ai assez de confiance pour croire pouvoir le faire sans vous donner du Chagrin, et sans avoir l’air d’être trop exigeant ou déraisonnable. Ça va sans dire que Paulin jouit d’une excellente santé, ainsi qu’ Emilie et moi, Ange, et tout le monde, qui vous salue bien tendrement. Il vient aussi d’écrire à M.r Bernard pour argent. Son voyage, une centaine de francs qu’il prétend m’avoir empruntés et le débours de 200 frs. ou à peu près, que j’avais marqué à M.r Bernard au moment de recevoir son dernier envoi, peuvent justifier sa demande, quoique les trois mois ne soient pas encore révolus. Quand je vous ai demandé la date du dernier envoi, je ne vous ai pas dit pour cela de manquer d’argent, c’était uniquement pour prendre mes mesures. Au nom de Dieu, ne m’envoyez plus d’argent, ne me donnez pas de remords ! A quelques moments je me regarde avec horreur, je me sens un fils dénaturé, un vampire de votre sang. C’est une pensée qui me rend malheureux ; c’est pour cela que je fais des châteaux en Espagne, je rêve spéculations de tout genre. A propos de spéculation, il faudra me donner une adresse quelle qu’elle soit pour que je puisse vous envoyer un caisse de ces objets en bois blanc de Suisse, qu’Ange, dans sa précipitation à vouloir s’enrichir, a achetés, et qu’il a chez lui. J’y ajouterai une facture du coût originaire. Il faudra al- 164 1er retirer la caisse à la douane de terre, ,paver le droit d’entrée et le transport. J’anticipe, car la caisse mettra un mois À arriver, et je ne l’enverrai pas avant que d’avoir l’adresse. Mais il ne faut pas que vous vous mettiez nullement en peine pour la vente de ces objets. Quand même vous ne trouveriez pas même à les placer quelque part en vente, quand même vous ne feriez qu’en conserver en notre souvenir la meilleure partie, et vous faire un mérite du reste avec vos amis. J’insiste sur ce point, ne vous donnez pas de peine, si quelqu’un de vos connaissances a assez de zèle pour vouloir se charger des soucis et des détails, tant mieux, si non ne priez personne, et faites comme je vous dis plus haut. Il ne manquerait plus que ça de vous mettre sur les épines pour de semblables fadaises. Je suppose que Paulin dans sa demande d’argent à M.r Bernard lui aura indiqué le moyen de le lui envoyer. L’envoyer ici ce serait un tour vicieux. En tout cas, envoyez-lui une lettre de change sur quelque banquier de Paris que vous voulez à l’ordre du même nom, auquel vous adressez vos lettres à lui. ¡Saluez bien tendrement toute votre chère famille, Victoire, Benoîte, Laurent etc. Dites à Victoire que je n’oublie pas ma promesse. J’ai même une occasion favorable, dont je veux profiter pour lui envoyer la bague, un souvenir à vous, un à la Nina, un à- Octave. Je voudrais pouvoir renverser sur vous tout ce qu’il y a de beau en Suisse, de montagnes d’or, vous envoyer mon sang, mon cœur, mon âme. Je vous avertirai du quand. En attendant tranquillisez vous, ma bonne amie, ne songer plus à la mauvaise humeur de Paulin ni à la mienne. Comment pouvez-vous dire qu’il vous méconnaît ? ah non, mon cœur, il ne vous méconnaît pas; il vous adore. S’il vous afflige c’est par excès d’amour. J’augure de votre silence à propos du Chanoine qu’il va bien à présent. Saluez-le bien de ma part. Ne vous affligez pas afin de ne pas me rendre rnalheu-reux. Songez à l’immensité de l’amour avec je suis pour la vie et pour la mort votre Zane Agréez les salutations d’Emilie. Elle reçoit aujourd’hui en même temps que moi la vôtre, une lettre de sa tante. Adieu. 165 XCVI. Giovanni alla Madré Berne, le 24 Décembre 1834. Ma bonne Amie! Je reçois à l’instant votre charmante du 24 passé, avec la lettre de change annoncée. Pourquoi, cruelle que vous êtes, vous obstinez-vous à vouloir me donner des remords ? Ne savez- vous pas par expérience que je n’hésite pas à recourir à vous dans mes besoins ? pourquoi donc m’envoyez-vous de l’argent quand je n’en ai pas besoin ? En vérité, vous voulez me réduire à vous renvoyer une fois votre lettre de change. La première fois que je reçois de l’argent sans en avoir besoin, je m’en tais dans le plus beau magasin, et je l’emploie tout en emplettes, robes, belles choses, et je vous expédie tout ça. Je suis agréablement surpris par l’annonce de la conclusion de l’emprunt (1). J’en avais totalement désespéré de ce côté. En vérité, il n’y a que vous qui soyez capable de ces miracles. Or, comme toute fatigue mérite sa récompense, je vous récompenserai en vous déchargeant de poursuivre la négociation pour l’autre emprunt. Je veux vous donner un peu de répit. Dieu ne s’est-il pas reposé le septième jour ? Et puis, il ne faut pas épuiser toutes les ressources à la fois, et nous ne sommes pas tout à fait si pauvres que l’emprunt conclu ne puisse pas nous 'suffire. Et puis, puisque contre toute attente la négociation est allée bien de ce côte, je ne voudrais pas vous en empoisonner la douceur, en vous exposant à l’humiliation d’un refus. Ainsi, je vous en décharge complètement, sauf à y revenir, si besoin viendra. C’est du moins un répit que je vous accorde, et dont certainement vous avez grand besoin. L’approche du nouvel an m’avait inspiré l’idée de le fêter un peu en envoyant quelques bagatelles à votre famille. Cette idée je viens de la réaliser ce matin, puisque l'occasion se présente de faire passer par un ami ces bagatelles à Marseille, d’où je [peux] l’embarquer sur le vapeur. Mes cadeanx, qui XCVI. — Inedita. A tergo: .4 Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 14 Décembre 1834. (1) Vedi nota alla lettera XCIII. 16t> sont partis ce matin, consistent en une [bagu'e] pour Victoire, une ¡paire de boucles pour la Nina, une pipe pour Octave, une bourse à mettre l’argent pour Laurent, et un portefeuille pour vous. Le mérite intrinsèque est bien mince, il y a au moins le mérite de la nouveauté et de l’à propos. Puis, la main dont dis viennent vous est assez chère pour en rehausser le prix. La pipe destinée à Octave est identique à celle dont je vous ai parlé, et que je fume à présent. Je l’ai choisie telle, afin de vous faire participer en quelque sorte à mon choix, et afin de fraterniser en esprit avec Octave, quand je fume. J’avais une démangeaison horrible d’envoyer un souvenir à Lille, et un à Benoîte, mais les forces m’ont manqué, et ce sera pour une autre fois. La bague à Victoire n’est pas en cheveux. J’en avais commandée une qu’on m’a horriblement exécutée. Un ami me l’a demandée, et je l’ai donnée. A présent je n’ai pas les cheveux assez longs pour en commander une autre. En attendant, si tant est qu’elle tienne à mes cheveux, il y en a deux boucles dans le portefeulle, et vous en réunirez une à la bague. Bon Dieu, que je suis enfant ! comme je me perds dans ces détails, moi homme à bientôt trente ans ! Ainsi vous déviderez dans mon dévidoir, vous ferez vos comptes dans mon portefeuille, vous aurez toujours l’un ou l’autre sous mains, vous verrez fumer dans ma pipe, vous contemplerez sur la Nina mes boucles d'oreilles. C’est charmant, et je suis content comme.... un enfant que je suis. La précipitation de l’achat et l’envoi ne m a pas seulement permis d’ajouter une seule ligne d’inauguration au portefeuille. J’aurais voulu y mettre une belle maxime sur l’amour maternel, cet amour sublime sur tous les autres, cet amour dont vous êtes la divine personnification. Emilie va être bien contente quand elle saura la conclusion de l’emprunt : figurez-vous qu’elle m’en écrivait hier encore, tout en désespérant. Elle se porte très bien, ainsi que Paulin et votre serviteur. L’affliction de Victoire me désole de même que le rétablissement du Chanoine me réjouit. Veuillez exprimer mes félicitations à celui-ci et mes respects à Victoire. Peut-être qu’il en reviendra, Mille choses à toute la famille. Déjà Paulin a\ait écrit pour l’argent. Désornais nous en sommes au commencement du mois. J écris ce soir à Paulin ; il aura par moi de vos nouvelles. Je ne 1 ai pas certainement grondé à cause de vous. Je ne gronde 167 jamais pour les fautes qui ont leur noble source dans une affection vive et grande. N’envoyez pas d’argent à Paulin, car ce que M.r Bernard lui enverra pent lui suffire, et pour les menus plaisirs je lui enverrai moi quelque chose de vos 400 frs. Adieu, mon bon cœur, que j’aie de bonnes nouvelles de vous, ¿ifin que je puisse bénir la Providence, et ma destinée. Adieu mille fois adieu. Zane XCVII. Giovanni alla Madre Berne, le 6 Décembre 1834'. Ma bonne Amie ! Deux lignes, deux seules lignes pour 17 raisons : première car je manque de matière, seconde car j’ai une encre et une plume perfides qui nie font enrager, troisième car j’ai une grande envie de lire une petite brochure de Sismondi, qui part dans une heure, et que je ne veux pas laisser partir sans maudire aussi de ma part, car elle est infame, et avec connaissance de cause (1), quatrième.... mais vous me dispenser du reste. Je me rappelle avoir assisté à la représentation d’une comédie, ou mieux farce, •où un bourgmestre d’une petite ville s’excusait auprès d’un Prince ou Duc de n’avoir pas fait tirer le canon et cela pour 17 raisons. Première qu’il n’y en avait pas dans la ville. A quoi le Prince ou duc répondit très spirituellement : celle-là est si concluante que je vous dispense des seize suivantes. Vous voyez que je me lance dans le genre anecdotique. Ma santé est on ne peut plus bonne. Celle d’Emilie aussi ; j’ai de ses nouvelles aujourd’hui. Elle est très fâchée des retards qu’éprouvent ses lettres à sa tante. Paulin aussi est très bien, et je viens à l’instant de recevoir une lettre de lui pour Emilie. Ange est on ne peut mieux, et il est dans ce moment occupé à bouleverser son lit pour le refaire à sa manière, habitude qu’il XCVII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Vedova Maria Cogorno • Genova. — Bollo postale : Berne, 6 Décembre 1834. (1) Uguale giudizio dava di quest’opuscolo del Sismondi, il Mazzini scrivendo «.Ila madre il 23 dicembre 1834 (Scritti, Epist., Ediz. Naz., Ili, 254). 168 tient de l'enfance, et me charge de vous saluer mais bien du profond de son âme. Le froid est vif, le temps superbe. Il y a foire et partout beaucoup de monde dans les arcades. Vous savez ou vous ne savez [peut-être] pas que toutes les rues de Berne (et elle n en a que trois bien larges) sont côtoyées par des arcades d un côté et de l’autre, chose très commode quand il pleut pour le pauvre piéton. C’est une espèce de Pantan (2) de Taggia, avec une façon un peu plus distinguée. Tous les magasins sont sous ces arcades passablement sombres. Tout le passage des piétons est également là. Dans la grande rue, il ne passe que les voitures. En ajoutant à ces intéressantes nouvelles cette autre, qui n’en doit pas être une pour vous, que je vous aime immensément, j aurai dit tout ce que j’avais à dire et épuisé la matière. Pour tout événement, je vous répète que j’ai reçu votre lettre de change de 400, et que vous êtes une méchante. Eu vérité, le moment est bien choisi pour m’envoyer de l’argent, quand monsieur prodigalise et fait des cadeaux. Réellement quelqu’un qui serait plus susceptible que moi s’en sentirait mortifié. Sans plaisanterie vos secours m’honorent et m’affligent en même temps, car vous vous épuisez pour moi. Je vous répète, n’envoyez pas d argent à Paulin, car je lui ai déjà envoyé de votre cadeau de quoi se soutenir jusqu’au nouvel envoi de M. Bernard... Que vous saluerez bien cordialement de ma part avec toute la famille Nina, Victoire, Benoîte, Lille, Laurent etc. Le mari de A ictoire est-il mort ? je m’y attends avec la plus grand philosophie. Je suis un peu fâché de sa douleur à elle, mais dans une femme semblable et pour un mari si disproportionné par 1 âge, ce sera si court ! Vous voyez que je n’ai pas renoncé aux pointes de la médisance. Adieu, mon cher, premier et dernier amour. Saluez le Chanoine, et aimez qui vous aime mieux qu’on n aime ici-bas. Adieu, adieu. Zane (2) La via sulla quale sorgeva la casa Ruffini in Taggia. % 169 XCVIII. Giovanni alla Madré Berne, le 12 Décembre 1834. Ma douce Amie ! Je n’ai de lettre ultérieure de vous depuis votre dernière du 29, et je ne suis pas assez indiscret pour m’en plaindre, comme vous pensez. Je suis sans matière et avec très peu de temps à ma disposition. Me voilà encore en mouvement, dans une demi-heure je vais partir pour une petite course. (1) Je voudrais bien ne pas la faire, car le temps est tout autre chose qu’engageant,, vu qu’il neige et qu’il fait presque nuit à onze heures avant midi, mais il le faut bien si je veux que mes affaires marchent. Depuis que je suis dans la dure nécessité de le dépenser avec tant de facilité, j’ai dû apprécier le prix de l’argent ; et ce n’est pas un peu de neige qui doit arrêter un galanthomme d’aller conclure une affaire, qui lui rapporte une centaine de francs. Je suis du reste en mesure de défier tout le froid du monde. Je suis, comme vous savez, cuirassé de laine, mon gros surtout de peluche, un gros gilet de drap, manteau, etc. fourré, emmailloté comme quelqu’un qui irait en Sibérie. Et cette fois je n’ai pas manqué 1a. diligence, en sorte que je serai bien chaud, trop peut-être. Mon bagage consiste en un habit noir présentable, une chemise, une paire de bas, un foulard, deux livres, un paquet de tabac pour ma pipe, et trois douzaines de cigares. En sorte que vous voyez de la nullité de mes provisions, que je compte de faire une absence bien courte, trois, on quatre jours au plus. Il est possible que cette locomotion me fasse manquer un courrier avec vous, mais j’espère que ce ne sera pas deux. Vous m’écrirez toujours la même chose, car avant, ou en même temps que vous aurez cette lettre, je compte être de retour. Vous voyez par les détails que je vous donne que je réunis Vutile dulci d’Horace, que en même temps que je me cuirasse bien contre le froid, je me munis de bons cigares, dans la crainte XCVIII. — Inedita. A tergo: A Madame Veuve Marie Cogomo - Gênes. — Bollo postale : Berne, 11 Décembre 1834. (1) Si recava ad Aaran © poi a Soleure dal Mazzini. Questi il 17 dicembre scrive alla madré: « Sono oggi insieme alla cugina; dell’altra non ho nuove da vari giorni » (Scritti, Epist., Ediz. Naz., III, 247). 170 de ne pas en trouver d’aussi bons en route. Je désire (pie vous suiviez mon exemple, et que vous soigniez bien votre personne non seulement dans ce qui est nécessaire et honnête, mais un peu aussi dans ce qui est délectable. Seulement à la place de mes cigares vous y mettrez quelque bonne glace ou chose semblable. Adieu, mon cœur. Bien des choses à toute la famille en général, y compris le Chanoine, un million à la pauvre Victoire, qui est dans la première phase de sa douleur. Je ne vous parle pas de ma santé qui est parfaite, ainsi que celle d’Emilie, de Paulin et d Ange, qui ici présent vous salue bien tendrement. A ions toute mon âme dans un embrassement d’amour. Zane Ma tendre Amie XCIX. Agostixo alla Madré Paris pour Gênes, 13 Décembre 1834. En relLsan (car vous supposez bien, mon ange, que lorsque je suis possesseur d’une lettre de vous ni une première, ni une seconde lecture ne me suffisent), en relisant dis-je, votre charmante du l.er de ce mois, je me suis aperçu, que j’avais laissé sans réponse quelqu’une des choses les plus intéressantes, que vous me mandiez. J’en veux faire honorable amende. Oh! la douce amende, que celle qui me fournit l’occasion de m’entretenir avec vous. D’abord la tournure que vous donnez aux mésintelligences, (1) qui se sont passées entre nous deux, est telle que le plus tendre des anges n’en aurait pas trouvé de meilleure pour combler de joie mon pauvre cœur tout plein du remords de vous avoir donné de la peine. Vous dites vrai. Lorsque nous avons crié le plus, c’est justement alors que notre amour s’est montré au plus haut degré. Chez moi c’était de l’emportement, de la iureur..... d’amour. Et l’amour efface tous les péchés. Tandis que ■vous pleuriez, tandis que vous souffriez à cause de moi, lfa^!,C,IXp“,PUbb,liCate al0^e riShe trad0tte in C*°nacc, op. cit., pag. 47. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes. - Bol.o postale: 15 üïceLre 1834. (1) Vedasi a questo proposito la lettera XCV. 171 .pourquoi n’avez vous pas pensé : cet homme est fou, mais fou par amour ? Pourquoi au lieu de cela avez vous conçu l’étrange, l’horrible, l’infernale idée, que vous alliez perdre mon affection, que j’allais vraiment vous renier, comme je vous en faisais la ridicule menace ? Pour avoir douté de Dieu, Moïse ne put saluez la terre promise. Quel châtiment méritiez-vous ¡pour avoir douté de mon cœur ? Cette idée est si étrange, que je ne sais pas l’envisager sous un côté sérieux. Moi, qui n’aime rien au monde que vous, et pour vous, qui ne vis qu’en vous et pour vous! Quelle est ma religion? c’est vous. Où réside-t-il mon bonheur ? en vous. Quelle est ma patrie ? votre cœur. Ma foi, mon espérance, ma charité de quoi s’alimentent-elles ? de votre amour. Quelle est la puissance, qui donne la constance, l’énergie, le courage à mon esprit ? la certitude qu’un jour Dieu nous réunira. Quelle est la source, a laquelle, au milieu des adversités, je puise cette bonne humeur, ces instants de consolation, cette sérénité, cette tranquille hilarité, qui de moi, un temps si rude et sauvage, ont fait un aimable, passez-moi l’expression, jeune homme ? Quel est ce miracle qui m’a changé de matérialiste en spiritualiste contemplatif, d’indifférent et sceptique en matières religieuses, en apôtre courageux du Dieu grand, père de 1’ Univers et de l’amour? Cette source c’est vous, ce miracle c’est par vous. Allez. Je crois en bonne foi, que vous êtes sainte, que jamais vous n’avez pédhé. Mais si vous doutiez encore une fois de mon amour, de ce sentiment qui est identifié à ma vie, vous ne seriez plus une sainte, mais une pécheresue. Embrassons-nous, oh oui, et de manière à ne plus former qu’un. Mais sommes-nous deux f Non : ce sont nos corps, qui se meuvent à de différents degrés de longitude, mais nos âmes ont-elles jamais été séparées. Nos corps.... un peu de boue. Nos âmes.... émanations, rayons de la Divinité, immortelles comme elle. En second lieu, dans votre inquiétude que je ne sois devenu trop économe envers mon individu (chose par trop invraisemblable) vous allez presque regretter mon voyage à Paris. Un sentiment exquis de tendresse vous fait dire cela. Mais quand à l’inquiétude en elle-même j’espère que mes assurances et ma parole d’honneur vous auront tranquillisée. Vous n’ignorez pas l’emprunt fait par la cousine. Et sachant cela, comment pouvez-vous craindre pour moi ? Dans le temps elle a puisé dans ma bourse ; pourquoi, ne puisserais-je pas dans la sienne ? Quant à 172 ma venue à Paris, elle n'a rien que de consolant. J'ai repris mon cours de mathématiques avec ardeur. J’étudie contemporané-ment chimie et physique. Au commencement du printemps j’aurai besoin de m'adonner un peu au dessin et la géographie astronomique. De manière que je compte à la moitié de l'été d’avoir fini tout ce qui regarde la première année. A ¡peine serai-je libre, je rejoindrai mes amis en Suisse, séjournerai avec eux quelques mois, puis reviendrai à Paris subir mon examen pour pouvoir entrer dans 1»Ecole Centrale, pourvu que M.r Bernard et le bon Chanoine soient disposés à faire quelques sacrifices. Mais jusque là taisons-nous. Egalement vous me faites mal en disant, en vous plaignant de ce que vous ne pouvez pas me donner de quoi vivre dans l’aisance. Vous blasphémez, mon ange. Après tous les sacrifices que vous avez faits pour moi, a-près tant d'envois d’argent, vous avez le courage de dire cela! Non seulemant je vis dans une honnête aisance, mais comparativement au temps que j’ai passé à Gênes, j’ai du superflu. J ai une chambre, un déjeuner, un dîner, un lit, des habits, qui me font quelquefois rougir de honte, quand je pense que vous n’avez ni une chambre, ni un lit, etc., qui vaille le mien. Hé, oui. Je rougis souvent de ce que je mène une vie chez l’étranger qui peut passer pour splendide, en comparaison de celle que je menais chez moi. Soyez-en ¡persuadée. Enfin votre missive du l.er Décembre se conclut avec une telle abnégation de votre volonté à Ha nôtre, avec une telle surabondance de sentiment et de pathétique, un tel abandon à nous, à nos conseils, à nos désirs, à nos caprices même, que je ^ ois en vous ce symbole de la résignation et du dévouement, l’A-gneau de Dieu, et je ne pourrais relire ce paragraphe sublime, déchirant, et pourtant délicieux, sans verser d’abondants larmes. Mais ce paragraphe mérite une plus longue réponse, que je ne pourrais vous la donner ici. Il faut que nous puissions vous ou-a rir nos coeurs, afin que vous jugiez de tous les sentiments divers, qui les ont secoués dans ces derniers temps. Entre peu vous aurez cette explication. S’il est ¡possible, nous nous en aimerons davantage. Et surtout dans vos lettres ne vous accusez plus de fautes, que vous n’avez jamais commises; si non, vous me ferez pleurer à chaudes larmes. . Votre lettre du 4 Décembre est une suite de celle à laquelle je viens de répondre. Là aussi vous vous accusez, vous, créature 173 -divine, pour qui le pédhé n’existe ¡pas. Et tandis que moi je devrais être à vos genoux, suppliant mon pardon, c’est vous qui me faites des excuses. Ah cruelle femme, veux-tu tout à fait détacher mon cœur de ma poitrine ? (Mais si je n’aurai plus de cœur avec quoi pourrai-je t’aimer ? Ah ! lors même on m’arracherait le cœur, il y a tant d’amour en moi, qui suppléerait au défaut de ce viscère. J’ai reçu la lettre de change de 1050 francs. J’en ai fait réduire 500 en billets de change, et les enverrai demain à M.r François, Vous remercierez de ma part M.r Bernard et l’aimable Chanoine, que je me rejouis de sentir mieux. Dites-leur que je connais toute la portée de leurs sacrifices, mais qu’ils se persuadent du moins, qu’ils ne sèment pas dans un sol ingrat, et qu’avec l’aide de Dieu ils moissonneront peut-être un jour les fruits dont ils jettent les semences. Qu’un jour je leur dirai de vive voix ce que je leur écris, et que ce jour, ce sera jour de joie, un jour béni du Dieu Grand. Qu’en attendant je les remercie en mon nom et en celui de François. Vous direz au Chanoine que je prie Dieu pour lui, qu’il en fasse autant pour moi. Si vous écrivez au bon Jacques, vous lui direz de ma part bien des douceurs. Vous lui direz que je saurai suivre ses conseils : que j’ai trouvé trois grands médecins à mes maux : Job, Boetius, et Sénèque. Qu’au reste je murmure quelques fois deux ou trois odes d’Horace que je sais par coeur ; entr’autres celle : Justum et tenacem propositi virum : que je l’aime, qu’il m’aime donc. Votre cadeau de 50 francs m’est précieux. Je remploierai à nous acheter deux souvenirs, un pour pioi, et l’autre pour la cousine. Nous les garderons eu votre nom, et comme s’ils nous venaient directement de vous, et je serai fier de porter quelque chose qui me viendra de vous. Lorsque le choix sera fait, je vous en avertirai. Pour le moment nous sommes un peu occupés les deux : nous allons déménager encore une fois ; je ,vous en dirai le pourquoi (2). Je vous prie de saluez de ma part Octave, la Nina, Lille, les Opensi (que font-ils ces ignorants ?) Catherine, la Benoîte, Jeannette, etc. Je vous étrangle entre mes bras. Adieu. Votre Joseph (2) Nella Cronologia autobiografica, cosl ricorderà questo periodo parigino : « A Parigi quasi sempre malato. Studii in fumo. Vita misera, angosciata con debiti. Medico Solari, Belloli, Beaufort speoie di César© Grillo ma tirant© ai bezzi; Malmusi, Castiglione, Menotti, Lamberti. Gli studenti franoesi délia Pension© Ru© de Grès, •disgustosi. Alloggio migliorato nell’Hôtel Lavallière ». 174 C. Agostino alla Madré Aaran, le 14 Décembre 1834. Ma bonne Amie ! Je suis à Aaran depuis 30 heures à peu près. Je suis arrivé le- 12 au soir, et je vous écris le 14 matin. 11 paraît que je ne suis pas destiné à beaucoup sympathiser avec cette ville, où mes premiers pas ont été des contrariétés. Nota bene, que ce sont des contrariétés pour rire, et que je suis en veine dans le genre bernesque. Au reste lisez et jugez. J’arrive, comme je vous ai dit, le 12 à dix heures de soir avec accompagnement de neige et de vent. Cela ne fait rien, car je m’étais assez bien cuirassé pour défier l’un et l’autre, au surplus nous étions six dans l'intérieur de la diligence, entassés comme des anchois salés, et il n’y avait pas beaucoup à craindre du froid, excepté aux pieds On arrive donc, on descend, on défait les malles ; je n’avais rien de plus pressé que d’aller près d'un bon feu et à un bon souper. Ainsi, comme il est dans le droit de tout honnête voya-geur, je me mets un quête de mon sac de nuit, dont je crois vous avoir envoyé un petit inventaire. Hé bien, devinez ? pas-plus de sac de nuit que sur ma main. J’interpelle le conducteur ; il répond que je ne lui ai pas remis de sac de nuit ; et que riposter à un argument si péremptoire ? En effet, ce n’était pas moi qui avait pris mon sac sur le dos pour le lui remettre, mais le garçon de l’auberge. Cela me servira de règle pour une autre fois, et je ne remettrai jamais rien, fut-ce une paire de bas à la diligence, sans en exiger un reçu. J’allai réclamer au Bureau de la diligence. On me fit donner le signalement du sac, en me disant que, s’il était vrai que j’eusse ce sac, je le retrouverais probablement au bureau dans quelques jours. Il paraît que ma physionomie n’inspire pas une grande confiance à ces Messieurs. Moi je pleurais intérieurement sur le sort de mes pauvres cigares bien aimés que j’avais dans le sac, et je me disais avec une véritable tendresse paternelle. Hélas! pauses cigares, qui sait à- quelle bouche ignorante vous êtes destinés ! Je n’imaginais pas dans ce moment, que la perte de -laodita. A tergo: Alla Signora Veàova Maria Cogomo - Genova. - Bollo postale : Berne, 13 Décembre 1834. 175 mon sac influerait sonveraiment sur ma destinée circonscrite à Aaran, et que j’aurais donné le lendemain tous les cigares et 'le sac avec pour une misérable paire de bas, que j’avais mise, là comme par hasard ! Mais, ne préjugeons pas sur les événements. Je voulais aller loger à l’Hôtel du bœuf, où j’avais rendez-vous avec un ami sur lequel je calculais pour partager l’ennui de mon séjour, et qui de plus avait tous mes échantillons d’huile, sans lesquels impossible de faire quelque chose. Quand finirent mes débats à propos du sac, il était onze heures, noir, comme dans la bouche d’un loup : moi tout à fait ignare de la ville. Je m’adresse à un garçon du bureau des postes ; à la. quatrième fois il me répond que l’Hôtel du bœuf est très loin, et qu’il ne peut pa*s m’y accompagner. Je m’adresse à un autre ; lui aussi avait à faire. Que diable devenir ? que diable faire avec des gens qui ne vous comprennent pas, et que vous ne comprenez pas ? si j’avais su parler l’al'lemand, je m’en serais tiré, car je lui aurais dit : venez et je vous donnerai cinq francs. Enfin, un voyageur prenant pitié de ma détresse, car c’était trop de malheurs à la fois, me dit. Si vous voulez ailler avec moi à l’Hôtel ici près du Sauvage, où les voyageurs de la diligence 'soupent, je vous y conduirai. Je vous accompagnerais au Bœuf si ce n’était trop loin, et j’ai encore à souper, et je pars dans une demi-heure. J’acceptais la proposition avec forts remercîments, car, à vrai dire, je commençais à craindre d’avoir à coucher dans la rue. Enfin, ça ne fait rien, me disais-je à moi même, demain matin de bonne heure j’irai au Bœuf, et j’y trouverai l’ami. L’urgent c’est de pourvoir au présent. Nous allâmes et soupâmes très bien puis je me fis donner une, je ne dirai pas chambre, mais auge à cochons, et je m’endormis dans une heure, comme si j’étais dans palais de Prince. Le lendemain matin, je me réveillais à 9 heures ; aussitôt je descends de mon lit et commence à m’ha- ; (piller. Quand j’en suis aux bottes, halte-là! La gauche entre avec un peu d’effort, mais la droite impossible. J’ai beau crier, me déinener, jurer, tempester, tout cela n’y fait rien. Le froid, et la voiture avaient un peu gonflé mon pied droit. Notez aussi que les bas de laine que j’avais mis à Berne étaient des bas de voyage, extrêmement grossiers. Ce fut alors que je songeai avec amour à mes bas que j’avais dans le sac ! Enfin, force fut à moi de renoncer à emporter la citadelle d’assaut. Je me fis 176 apporter de Peau froide, puis de la chaude; j'v tins un fort longtemps le pied dedans, puis je m’en fus encore au lit pour le reposer. Enfin, à midi j’avais enfourché mes bottes. La sonnette de l’auberge m’avertit que l’heure du dîner était venue, mon estomac la sonnait aussi. Je fus dîner, et à une heure je sortis pour mon entreprise du Boeuf. Mon ami y avait été deux fois dans la matinée, la dernière à onze heures. Il m’avait laissé deux mots de billet, dans lesquels il me disait que, puisque j’étais un paresseux, il allait repartir, et que je lui donnerais avis du quand je me déciderais à aller à Aaran. Moi paresseux, pendant que je m'étais donné toutes les peines d’un bœuf! Il me fallut avoir le mal et les beffe. Par sucroît, il emporte avec lui mes échantillons, ne connaissant personne à qui les remettre. Voilà à quoi tiennent les grands événements ! Si j’avais eu mon sac, et par conséquent mes bas qui étaient dedans, j’aurais pu sortir à 9 heures, j’aurais retrouvé mon ami, j’aurais conclu mes affaires, et je pourrais déjà repartir, pendant qu'à présent je suis ici à la merci de Dieu, et lui sait pour combien de temps. Vous voyez que mes bas jouent le rôle de protagoniste dans mon Epopée. Tout ce que je puis vous dire d’Aaran se réduit à très peu de chose. Je n’ai fait qu’une expédition au dehors. J’ai vu des maisons bien bâties et fort élégantes, de grands bâtiments, qui servent d’ateliers pour les belle toiles qu’on fabrique ici ; j’ai vu l’Aar, l’éternel Aar, qui borde la ville, à peu près comme à Berne, et voilà tout. J’entends à tout instant de la nuit sonner de la trompette et du tambour, quoique je n’aie pas vu un soldat seul. Je n’ai pas rencontré des Messieurs, ni des Dames. Il paraît qu’on .se tient ici dans le chez soi, oh ! que j’ai mal choisi l’heure de mon excursion. Tout le monde tire son bonnet, ou son chapeau sur mon passage. Je ris in petio de moi-même, car j’ai en vérité l’air d’un Prince incognito. Je rends gravement le salut en Allemand. Je suis arrivé, tout en promenant, à déterrer un papetier, chez lequel j’ai acheté ce beau papier, et un perruquier qui m’a rasé et chez qui j ai fait emplette d’un peigne, d’une savonnette, de pommade, car je suis dépourvu de tout ça, qui était dans mon sac. Je n’hai pas encore réussi à découvrir un Café, ainsi en fais-je à moins; peut-être j’y arriverai avec le temps et la patience, mais il ne faut rien- brusquer. On dit qu’il y a une très bonne 177 société à Aaran ; je ne dis pas que non, mais je ne m’en suis pas aperçu, et je m’en inquiète fort peu. . La chambre que j’occupe à présent est passable. Il y a un bon fourneau pour s’échauffer, autrement j’y gèlerais. Justement sous mes fenêtres, il y a une 'boucherie de cochons ; les exécutions se font en pubblic dans la rue, peut-être pour l’exemple; l’échafaud est un tonneau, où l’on lie le patient. Cela ne voudrait rien dire, car je ne me mets pas à la fenêtre, mais les gémissements, les hurlements de ‘la pauvre victime viennent de grand matin me chercher dans mon lit, troublant mon repos et ma sensibilité animale. Ma Chambre a un autre inconvénient, c’est que le crieur de nuit s’arrête justement sous ma fenêtre, et y débite isa chanson chaque heure. Je l’ai maudit cette nuit plus d’une fois, lui et sa chanson. Pourquoi cette prédilection ? Je commence à soupçonner qu’il y a de la personnalité. Autre découverte ! à peine il fait nuit, vous voyez de tous côtés déboucher des petit garçons avec une tablette passée au cou par une ficelle, et une lanterne allumée sur la tablette. Ils ne font que crier tous les instants dans leur ba-raguin. Je suppose qu’ils annoncent les heures, quarts d’heure et presque les minutes. Le nombre en est innomblable. Ils se trouvent être de dix à dix à crier tous dans le même temps des diverses partie d’une ville, qui est très petite, et avec leur voix aiguë et traînante ils font un vacarme épouvantable. Il paraît que Messieurs d’Aaran tiennent extrêmement à savoir l’heure précise. Yoilà tout ce que j’ai pu découvrir dans ma ■courte station ; à mesure que les découvertes arriveront, je vous en ferait part. Ah, je découvre dans ce moment avec reconnaissance qu’il neige. Quant à mes occupations, elles sont bientôt devinées. Je dîne à midi et soupe à S heures. A dix heures, je suis au lit. Les heures intermédiaires, je les passe à arpenter ma chambre à peu près comme un loup cervier sa cage, et en fumant ma pipe. Ajoutez à cela que je me porte à merveille, et que je m’ennuie mortellement. Je suis seul, absolument seul; je ne sais rien du monde, sans livres, sans journaux, sans lettres d’aucune sorte, comme si j'étais à la trappe. Je n’ai pour compagnie que votre douce image, et celle-là m’aide à supporter l’ennui et à me faire passer le temps. Je vous vois, je vous parle, je m’inspire de vos conseils, je me console de vos consolations, je vis enfin 178 avec vous; dan« quel lien que le sort me jette, ipïiis-je jamais être complètement seul dans une si tendre société ? Jusqu’ici, j'ai pu prendre mes contrariétés en patience, même en plaisanterie, comme vous voyez ; que si la philosophie m’abandonne, je donne un adieu à Aaran et aux affaires, et je m'en retourne. J’espère recevoir demain les échantillons par la poste ou du moins des lettres. J’allume un cigare, et je porte la table près du fourneau, car je sens froid aux pieds. Et vous, bonne et douce amie, comment vous va ? comment la saison vous traite-[elle] ? fait-il bien froid ? comment vont vos dents, votre estomac, votre foie, votre cœur, et le.....(1) comment va le moral ? consolez-vous, bonne enfant,. suivez mon exemple. Je me' [console en] vous, et vous consolez-vous en moi. Au moins celle-là est une ressource impérissable, elle est toute personnelle et hors de l’atteinte des hommes. Vous direz bien des choses à toute la famille de ma part, en n’oubliant pas le Chanoine. Comment va Victoire ? est-elle bien affligée ? je suis peiné de ses larmes, mais l’idée qu’elle est telle à pouvoir lutter contre tout malheur, me console. En effet dans l’absence relative de sensibilité, il y a une grande compensation au moins. Dites-lui bien que son vieil ami partage ses peines, et pense souvent à elle. Embrassez Nina, saluez Lille, Benoîte, Laurent etc. Emilie, à propos, a écrit pour Benoîte ces deux mots de souvenir, que vous avez conseillés. Mais elle-même désespère du succès, je sa.... (1) est résolue par cette femme sans cœur. Adieu donc, mon doux amour. Vous m'avez aidé à passer deux heures déliceuses dans 1’ occupation de vous écrire. Je compte être de retour dans trois jours au plus long ; ainsi ne changez rien à votre système en m’écrivant. Puisque j’ai une occasion, je fais mettre la présente à la poste de Berne. Je pense qu’elle est plus sûre comme ça. Je vous embrasse un million de fois, je vous dis un million de belles choses, que la langue humaine refuse de rendre, et je suis avec l’âme tout à vous Zane (1) Manca una parola per la lacerazione della carta. 179 CI. Agostino ai Genitori Paris pour Gênes, 17 Décembre 1834. Mes bons amis ! Nous voilà au millième fouit centième trente-quatrième a/nniversaire de cette nuit de paix et de bénédiction, dans laquelle les Anges du ciel descendus sur la terre annoncèrent par leurs chants de joie, que le Rédempteur du monde était né, que le règne de Satan allait finir, que le sang du Fils de Dieu serait comme un baptême, qui ôterai ses souillures à 1’ Humanité. Depuis cette nuit que d’événements se pressèrent les uns sur les autres, comme les vagues de l’océan, que de guerres ravagèrent notre planète, que de crimes furent commis, que de vertus se sanctificièrent par le martyre, que de peuples s’affiaissèrent sous le poids de l’esclavage, etc. etc. ! Mais le temps, ce vieillard immortel et indomptable que par la main de Dieu, lorsqu’elle arrêtera l’aiguille de son cadran, n’en va pas moins son train. Que lui importe que l’on gémisse ou qu’on rie, qu’une couronne se brise ou que tout un Peuple soit traîné dans d’affreux climats ? il va, il va toujours son pas de spectre, grâve, lent, solennel, fatal. Il y a deux ans, et je fêtais la Noël à la table paternelle : je mangeais mon morceau de pain doux, comme on l’appelle à Gênes, avec délices. Le mot d’ordre de ces jours était — buone feste, Imone feste ! — Ces jours-là on vous donnait des étreintes de main plus vigoureuses que de coutume : les figures les plus sévères se déridaient : vous voyez des sourires moins faux que d’ordinaire. La Nature elle-même paraissant s’ endimancher. Deux années ! ! ! Quel changement ! quel vide à la table paternelle ! quel vide dans mon coeur! que les jours de la Noël sont mornes pour nous tous ! quelles pertes nous avons faite ! que de chagrins sont venus rider nos fronts ! Mais le temps n’en a pas moins suivi sa marche : et nous voilà, comme je le disais tout à 1’ heure, au millième huit centième trente-quatrième anniversaire de la Noël. Nos cœurs sont pleins de douleur, mais aussi ils- CI. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 48. A tergor Madame Pauline Ferrari - Génes. — Bollo postale, 19 Dicembre 1834. 180 sont ¡pleins d’amour. Elevons nos voix au Dieu Grand : que sa volonté soit bénie. Il nous a visité dans sa colère, un jour il nous visitera dans sa miséricorde. Et vous, mes bons amis, écoutez et agréez les vœux, que mon cœur vous envoie. Je a^ous salue le premier, digne Religieux, Homme sensible, Ami à toute épreuve. Votre vie a été une suite de bonnes œuvres, d’exemples de vertu. Vous avez consenti de passer vos jours dans un pauvre pays pour soigner ce peu de terres, qui restent à la famille. Nous ne vous avons jamais adressé une prière, qui n’ait été exaucée. Nous avons été pour vous comme les enfants de votre adoption. Béni soyez pour cela et pour vos vertus, bon Chanoine, respectable Doyen de la famille. Que la joie et la santé 11e vous quittent jamais, et que Dieu vous réserve à des jours plus heureux, où nous pourrons entourer de notre reconnaissance votre tranquille vieillesse, comme des nuages limpides et sereins entourent 1111 soleil couchant. Protégez, aimez, soignez cette belle sœur, qui 11’est pas une femme, mais un Ange du ciel, et priez pour moi. Que vous dirai-je à vous, intègre Magistrat, que votre cœur ne vous 1' ait dit avant moi ? Vous remercierai-je de tant de sacrifices, que vous faites pour nous? Mais vous savez d’avance que la reconnaissance n est pas un sentiment étranger à notre cœur, et que vous avez toute la nôtre. Vous recommanderai-je cette femme, que j’adore comme une Divinité, et que le ciel vous donna pour épouse ! Mais votre cœur va au-devant de notre recommandation. Je me bornerai donc à former des vœux sincères pour votre santé, pour votre bonheur, pour le contentement de vous-même. Que la bénédiction de Dieu descende sur vous, comme, j’espère que la vôtre descendra sur nous dans ces jours. Nous nous embrasserons un jour, et nous aurons peut-être un déclin paisible et tranquille, puisque notre matinée fut si orageuse. A toi, bon Octave, j’enverrai peu de paroles, mais de ces paroles qui a aient chacune un volume. Tu es seul, et cependant tu dois être comme trois pour Elle. C’est impossible. Hé bien j exige de toi-même 1 impossible, car je sais qu’il y a dans ton cœur une puissance d’amour et de dévouement, qui 11e connaît pas de bornes. Sois son Ange protecteur, comme tu l’as été jus-qu’ a ce jour, et attends ta récompense du ciel, car quant à nous il nous est impossible de t’aimer davantage, et entre nous il 181 n’y a d’autre récompense que l’amour. Reçois une accolade fraternelle. Pour toi, Ninette, j’ai un baiser tout ¡prêt, et je te lègue ma portion de pain doux. Sois bonne, sois docile, sois vertueuse. Tu as un grand modèle devant les yeux. Que ce soit comme ton [étoile] polaire. Lorsque tu pinceras comme il faut,, je t’enverrai quelque charmante Romance. Quant à vous, mon amie, ma Providence, si vous voulez ouvrir ma poitrine, et en tirer mon cœur, faites-le. Mon cœur est à vous et par conséquent vous en avez le droit, mais n’exigez pas que je traduise en paroles des sentiments, qui ne pourraient s’expliquer que par le langage des Anges. N’oubliez pas le bon Jacques, Lille, Benoîte, Oipensi, Catherine, Jeannette, la Mamma, et tout le monde. Je reçois votre charmante du 11. J’v répondrai incessamment. Je change de domicile. Voici ma nouvelle adresse. Fa/ub, St. Germain N. 277 Rue St. Jacques, Hôtel La Vallière.. La cousine écrit par ce même courrier à son Procureur Eaffo ¡pour son procès. Que l’avocat aille de suite chez ce Procureur. Qu’il se fasse donner le ¡papier que la Cousine lui envoie, et qui ¡pourra être très-utile à son ¡procès. Adieu. N’oubliez pas ceci. Atjg[ustin] CIL Giovanni alla Madré Berne, le 18 Décembre 1834. Ma chère Amie ! J’arrive dans ce moment, mon cher Ange, par un froid horrible et par une neige dont vous n’avez pas d’idée. Je n’ai qu’à me mouvoir pour mettre les éléments sens dessus dessous. Au reste, ce que je trouve me compense de tout. Figurez-vous que je suis en ¡possession de trois de vos lettres du 4, 6 et 11, et d’une de Paulin qui me donne de ses bonnes nouvelles, et me dit tant de belles choses. Je succombe sous le poids de ma richesse ; en vérité, il y a de quoi raffoler pour toutes les belles choses que vous me dites. Je trépigne des pieds, je danse, je suis fou, et impossible que je vous réponde, car mes idées sont embrouillées, mes miains transies, et mon temps très limité. 011. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale: Berne, 18 Décembre 1834. 182 Je me borne donc à deux mots essentiels, les détails viendront après. Je me porte souverainement bien, ainsi qu Emilie, que je viens d'embrasser en passant. Le sac de nuit égaré est recouvré. La malle tant attendue est enfin arrivée, je ne vous dirai pas la satisfaction que cela me procure. Je n ai pu que la voir un instant, je n'ai pu rien débrouiller, ou presque rien, des chemises, habit, livres, etc. Paulin se porte on ne peut mieux. Je l’ai ennuyé sans le vouloir en lui recommandant un M.r Suisse qui agit sans façons avec lui à ce qu'il paraît, car il 1 occupe du matin au soir. Inutile de vous dire que Paulin est enchanté, fou de vos dernières lettres. Il a reçu la lettre de change de 1000 et il va m’envoyer ma moitié. Les trois billets au Christ (1) avec la lettre de change seront envoyés ce matin même a leur destination. Je m’occupe d’envoyer demain, ou après demain, la caisse des objets de bois blanc. Figurez-vous ! nous allons faire la jolie spéculation ! Remerciez le bon Chanoine de son bon souvenir et de la spéculation qu’il me suggère. Je m’en occuperai. Je lui écrirai à peine j’aurai un peu de calme. J enverrai à la Nina une petite romance à chanter sur la guitare. Je suis dévoré de l’amour de vous tous: de vous en particulier. Embrassez et saluez pour moi tout le monde! Je crains que mes cadeaux ne vous arrivent assez tard. Mon ami, qui les devait apporter à Marseille, a fait un demi tour à gauche, à ce qu il paraît, et est allé voir Paris. Voilà un retard de vingt jours. Mais je suis forcé de finir. Adieu, mon bon Ange. A peine si vous pourrez me lire. Je suis votre amoureux Zane (1) Il Campanella. cm. Giovanni alla Madré Berne, le 20 Décembre 1834. Ma bonne Amie ! Il faut que je sois bien affairé, immensément affairé, pour me refuser le plaisir encore cette fois d’exploiter au long toute les richesses, dans lesquelles je nage. CIII. — Inedita. A tergo : A Madame Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 20 Décembre 1834. 183 Je reçois encore ce matin une lettre de vous en date du 13 courant. Figurez-vous un peu quel embarras de bonheur ! une lettre qui est un accord d’harmonica, un concert, un hymne d’amour ! ainsi, tout compte fait, quatre symphonies à analyser, à exploiter, et n’avoir pas le temps d’y répondre, être étranglé littéralement, ne jouir d’assez de liberté d’esprit pour le faire, endhaîné dans un lit de Procuste par mes occupations, comme je le suis malheureusement ! qu’il vous suffise que ces lettres, et la réception de la malle me jettent dans une [mer] de bonheur. C’est un fait qu’il est utile de constater et dont la constatation vous sera bien Chère. Excusez-moi donc pour cette fois de nie borner au strict nécessaire, et attendez-vous un volume ■entier dans ma première. J’ai reçu d’abord ce matin une lettre de Paulin, qui se porte on ne peut mieux, et une lettre de change de 500 fr. Vous en direz un mot à M.r Bernard, tout en le remerciant vivement de ma part. La caisse des objets en bois de Suisse a été aujourd’hui expédiée par roulage, à l’adresse donnée. Elle mettra au moins une vingtaine de jours à arriver. Vous trouverez incluse la note du prix auquel il faudrait vendre les objets, en y ajoutant pro rata les frais de roulage et droit d’entrée, que vous avez à payer. Bien entendu, je le répète encore une fois, que, quand même ces objets ne serviraient qu’à faire du feu dans une cheminée, nous serions contents tout de même. Avant que je l’oublie, il faut que je vous dise une chose, qui me pèse sur le cœur. Il existe une dame égoïste, que Dieu la maudisse, à laquelle vous Ange eûtes recours une fois pour argent, et qui vous refusa indignement et durement, elle égoïste à vous Ange. Or je dois vous dire solennellement, si vous tenez à mon approbation, de ne jamais vous tourner de son côté de vous figurer qu’elle soit morte, de la mépriser toujours, et dans tout cas souverainement, comme je fais solennelle profession de foi ici de la mépriser et cela, je vous le dis dans la crainte que vous, dans votre inépuisable bonté, n’ayez songé à elle pour le second emprunt proposé, dont vous ne devez faire rien pour le moment. Retenez bien cette parole, qui peut vous ¡paraître dure. Quand votre enfant n’aurait pas de pain pour se nourrir, il aimerait mieux mourir de faim que de se nourrir de son pain, il le refuserait d’elle, et vous renierait ! qu’ainsi nous soyons entendus! 184 Mon Dieu, je n'ai plus le temps. Ma santé est parfaite; dites-en autant d’Emilie et d’Ange, qui vous saluent. Embrassez, tout le monde pour moi, Chanoine, Nina, Octave, Victoire etc-Aimez-moi comme vous m'aimez. Adieu. Zane CIV. Berne, le 23 Décembre 1834. Ma bonne Amie ! Enfin, mon bon Ange, me voilà jouissant d'assez de calme-et de loisir pour être en état de répondre un peu au long à toutes les belles choses, qui me sont venues de vous dans vos quatre dernières lettres. Je suis de retour, comme je vous l’ai marqué, depuis (ludiques jours. Ma courte tournée n’a servi qu’à me donner passablement de l’ennui, me faire dépenser une soixantaine de francs,, et cela sans rien pouvoir conclure de ce qui m’avait amené à Aa-ran, car d’un peu d’huile, que j’espérerais y placer, les échantillons m’ont manqué, et les prix de rognure de corne, ongles, etc. pour l’engrais étaint trop élevés, en sorte que je m’en retournai comme j’y étais allé. Je n’ai fait qu’y gagner en appétit et en bonne santé ; le froid me fait beaucoup de bien, et dans ce pays vous pouvez bien croire que je ne m’en fais pas faute. îi-gurez-vous que nous avons aujourd’hui 8 degrés de froid sous-zéro. Je ne les ai pas vus, mais la maîtresse de la maison m’assure avoir vu cela. En effet j’ai déjà fait allumer trois fois le fe»u dans le fourneau ce matin, et je n’ai pas encore réussi à me dégourdir les doigts. Votre angélique douceur, la résignation que vous professez dans vos lettres à mes volontés me charment et me confondent en même temps, car si d’un côté j’y vois tout votre amour pour moi, de l’autre je pense comme il est absurde que l’aveugle ait à donner ses conseils à qui y voit, que la faiblesse ait à diriger la force, la médiocrité, le génie, l’erreur, la vertu. Oui, ma bonne-sainte, je n’épargnerai pas mes conseils, puisque tu parais y tenir, je le ferai, ne fût-ce pour autre chose, que pour te prou- CIV. — Inedita. Manca délia copertina con l’indirizzo. 185 ver mon amour et mon estime, et tu verras, j’ en suis sûr, que ce sont 'les conseils d’un ami, d’un frère, d’un amant ; tu verras que loin de moi est Ha pensée de t’imposer mes idées autrement que par la justesse et misonnabilité de ces mêmes idées, que le premier ¡suffrage que je désire avant tout est le tien, à condition que si ta raison et ton coeeur ne te diront pas : Il a raison : tu aies à considérer mes conseils comme non avenus, car je fais ici profession solennelle de foi de te considérer comme tribumil inappellable. En convenant quelque part, exagérant même vos torts, vous me dites : croyez du moins à l’innocence de mon cœur. Eh, mon Dieu, ai-je jamais fait un reproche à votre cœur? n’ êtes-vous pas la femme type pour moi ? n’êtes-vous pas assez parfaite pour avoir dépassé tontes mes idées sur la perfection dans une créature ? N’ai-je pas hautement professé au monde et à vous ma haute admiration et adoration ? n’ai-je-pas dit à Dieu dans un élan de reconnaissance : quel mérite as-tu trouvé dans ton serviteur, ô mon Dieu, pour l’avoir fait naître d’un ange ? n’ai-je pas reconnu, que grâce au limon dont je suis ¡pétri, j’étais indigne de votre amour, d’un amour si purifié et sanctifié, que la grossière enveloppe de sens faisait que je pusse bien vous aimer à la folie, mais pas autant que vous le méritiez ? Pourtant, voyez-vous, je vous aime follement, avec passion, je brûle, je suis dévoré, consumé d’une flamme vive et pure. Si je pouvais vous dire ce que je rêve, ce que je chéris, ce que je pense par rapport à vous, je vous ferais rire quelque fois. En vérité, je suis déraisonnable, et enfant ¡par amour et quelle plus douce victoire pour une femme que celle de rendre enfant un homme de 30 ans, de le faire rire à ses propres dépens lui qui rit si peu, et d’un rire si étrange ? Ne savez-vous ¡pas, à propos, que je me suis fait une réputation de Satan par mon sourire même avec qui ne me connaît ¡pas ? je suis une espèce de vampire, et une dame me disait l’autre jour : « Il y a quelque chose dans vous yeux, et dans votre sourire qui fait bien et mal en même temps ? ». Pauvre et bonne ignorante! Je le lui aurais bien expliqué moi ce qu’ il y a dans mes yeux et dans mon sourire, mais malheureusement, ou mieux heureusement, elle ne pouvait me comprendre. Au reste, après cette digression, qu’il soit bien constaté que votre cœur est toujours en dehors de cause, comme il est au-dessus de tous les éloges. 186 Eh bien, devinez donc ? ce ne sera pas encore cette fois que je pourrai vous écrire au long. Voilà qu’il m’arrive deux Messieurs de Zurich, recommandés à ma pauvre personne, et qu’il me faut suivre et accompagner comme leur ombre ; tous neufs et désireux de voir qu’ils sont. Ainsi, je leur'demande une demi-heure pour finir, et je suis forcé encore de ne me tenir qu’au strict nécessaire ! Grâce à vos informations, je suis à l’heure qu’il est parfaitement à jour des tractatives pour le fameux emprunt, et la reconnaissance que j’avais vouée à l’un, ,il me faut la reporter sur un autre. En réalité, ça m’étonnait de trouver un peu de dévouement dans un égoïste! Comme que ce soit, je n’en suis pas fâché, car je trouve dans tout cela une confirmation de mes convictions. Les garanties morales, que je vous avais promises, et qui serviront à garantir le cautionnaire généreux vis-à-vis de sa famille, ne vous manqueront pas, vous pouvez bien en être sûre. Seulement, comme il s’agit de papiers intéressants et un peu volumineux, il vous faut avoir un peu de patience, tant que je ne trouve une occasion. Je ne comprends pas le mot terme à propos de l’emprunt. Est-ce que le versement n’en sera fait que peu à peu, et à terme ? cela changerait horriblement la thèse, quoique la nécessité nous force à nous y soumettre. Vous m’en toucherez un mot. Les belles choses, comme vous dites, que je vous ai destinées, seront à peine arrivées à Marseille à cette heure. Vous pouvez en attendant faire avertir M.r Jules de cela, afin qu’il n’y ait pas le retard qui a malheureusement eu lieu pour le dévidoir. I n portefeuille est un bien misérable cadeau vis-à-vis de ce que j imaginais pour vous ; je l’ai choisi en désespoir de cause, comme une chose de rien, puisque je n’avais pas les moyens de vous envoyer quelque chose digne de vous. J’ai été à deux doigts de vous envoyer une superbe fourrure de poil pour un manteau, mais je n’ai pas osé. Au reste, pour peu que mes spéculations de rognures réussissent, quod differtur non aufertur. Je serais heureux de vous encaisser dans une perle. J’attends les cravates avec grand désir. Je savais déjà d’avance que M.me Marthe me destinait quelque chose de velours et M.r André..... (1) cela me fait rire à gorge déployée, est-ce (1) Si tratta probabilmente di Andrea Gambini amico delle famiglie Mazzini e Bufimi. 187 ■qu’il est fou ? une bague. Echangez ses politesses à la première pour la forme. Quant au fond, je m’en soucie comme de rien. Faites mes compliments à toute la famille, Nina-, Octave, etc. et à la bonne Victoire, à laquelle j’écrirai un mot quand les premières douleurs seront passées. N’oubliez pas le bon Chanoine, et remerciez-le bien de tout l’intérêt qu’il prend à ma chétive personne. Ayez les salutations d’Ange, et les bénédictions de votre adorateur passionné. La santé de tous ceux qui vous intéressent est parfaite. Zane CV. Giovanni alla Madre Berne, le 25 Décembre 1834. Ma- douce Amie ! Je reçois, mon bon Ange, votre chérie du 18 Décembre. ■C’est du bonheur, toujours du bonheur, et continu. Bénédiction à vous, car vous êtes ma vie, mon bonheur, mon orgueil, tout pour moi. Je rappelle à ce propos mes essais de poésie dans une nouvelle projetée, dont vous pouvez facilement vous procurer le manuscrit, Ghino disait de sa bien-aimée en delire... Patria parenti, paradiso, il presente, il futuro, ed il passato. Tutto ho riposto in te, tutto in te sola : se tu mi lasci dì, chi mi consola ? Je suis stérile d’une manière horrible aujourd’hui. Je crois à l’heure qu’il est d’apprécier à son juste prix le grand dévou-men't de Pierre à propos de l’emprunt. Je le savais bien moi qu’on ne tire pas des étincelles de la glace. La peste l’étouffe lui et tous ceux qui lui ressemblent ! Nous en sommes aujourd’hui au Noël. Hélas ! point de ravioli, point de chapons, point du petit verre de Malaga à la fin de table, versé en tremblant, point de confitures dont on a parlé quinze jours d’avance ! et le manzo colla lagrima qu’on garde pour le souper économique, et la petite bouteille de vin pur, la bouteille volée, que je buvais en petit comité avec toi ! et ce bureau qui servait de garderobe pour ce que je gardais pour le soir, deux, trois, quatre assiettes l’une sur l’autre ! Ah, rien de tout cela, rien pour le cœur, quoique je sache qu’il y aura certainement CV. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria Vedova Cogorno - Genova. — Bollo postale: Berne, 25 Décembre 1834. 188 assez pour mon palais et pour mon estomac dans mon dîner d’aujourd’hui! J’ai été invité pour'tout« aubaine au sermon protestant à l’Eglise Française par une dame qui prétend que j’y aille lui faire ma cour sous peine de me retirer ses bonnes grâces, si je manque, chose infaillible, car je compte être tranquillement au lit à l’heure du Sermon, dont je me soucie très peu, comme vous savez. Car moi aussi j’en sais faire des sermons, et j’ai l’avantage sur le prédicateur que je m’en fais à moi-même. Les trois lettres et le billet de 100 francs ont été envoyés,, comme je vous ai [marqué], aussitôt qu'on a pu. A dire vrai, on ne m’en a pas accusé réception ; je veux encore écrire aujourd hui pour en savoir des nouvelles. Je suis si fatigué de l’éternelle monotonie dans les nouvelles de ma santé que je saisis avec avidité l’occasion de pouvoir vous dire que je suis un peu enrhumé, toujours le nez à la bouche, comme 011 dit, ce qui n’est pas un léger surcroît de dépense pour le blanchissage, vu que je salis trois 011 quatre mouchoirs par jour. Riez donc, car c’est pour rire que je vous le marque, et il n’y a pas risque de vie. ^ ous dites quelque part de votre lettre que votre instint vous avait suggéré le silence à propos de ma générosité. Peste soit de moi, si je m’en souviens d’avoir été généreux ! Ah, mon Dieu ! et moi qui n’ai pas songé qu’on reçoit les étrennes à Noël, et qui n’ai pas fait une belle lettre au Chanoine, une autre en latin au Jacques, une autre bien ampoulée à M.r le Président. (3) Voilà un millier de francs de perdus par ma taute. Eh bien, je m’en fiche, que les convenances soient sauvées ! Que tous ces gens-là aient mes souhaits ! augures et présages en règle pour le nouvel an, qu’il soit accompagné de mille autres, et similia. Quant à vous, que le nouvel an ne s’écoule pas sans le renouvellement du petit comité avec la petite bouteille à boire, et notre verre de Malaga et.... Je finis. Embrassez tout le monde, \ ictoire, Benoite, leur mère, Catherine, parenti, amici} nemici, henefattori, cristiani - Pater noster qui..... Le cher Ange vous embrasse, Emilie et Paulin sont on ne peut mieux. Je vous étreins dans une étreinte de Paradis. Zane tenga Bres^nt^, B^rnariioj ^er quanto riguarda la qualifica di Président«, si sidente del Tri bu n a Prefetto’ °sgi corrispondente alla carica di Pre- Eisorg. » , anno IX (1922)"plg.T deUÏÏtratV“^ ^ ^ ^ 189 CVI. Giovanni alla Madre Berne, [26] Décembre 1834. Ma bonne Amie ! Toutes le joies de Noël sont passées. Les ravioli, et les chapons digérés, le côtelettes et sanguinacci digérés, le petit verre de Malaga passé. Le Noël en a pourtant des joies qui ne sont pas si passagères que celles dont j’ai parlé plus haut ; d’abord le pain doux, le sublime pain doux, qui reste une quinzaine au moins encore, et auquel il nous faut à nous renoncer entièrement, puis l’opéra, le grand opéra qui reste lui aussi. Oh, la sublime musique italienne, oh l’dnarrivable théâtre Charles Félix (1) avec son enceinte harmonique, avec ses lustres éclatants, avec sa guirlande de belles dans les loges! Prestige des sens, prestige du cœur, tout est réuni. Hors d’Italie, moins qu’à Paris, on n’a pas idée de tout cela. Avez-vous des opéras nouveaux ? avez-vous de bons chanteurs ? qu’est-ce qu’on joue au Théâtre à présent ? Quant à moi, j’ai passé mon Noël avec mon bon petit ami, (2), tête à tête, et je vous assure, pas sans joie, point de la joie bruyante, mais calme joie de cœur. J’ai beaucoup parlé de vous, et de la disposition de la table chez vous, que je connais si bien, et de la distribution de ravioli faite en soufflant en bœuf et de la solennité donnée au petit verre de Malaga, et des tendres apostrophes : Canonico, piggié, carro (3) et des-promenades pour t’apporter à toi sur la pointe de la fourchette un morceau de bœuf meilleur que le chapon Norinna megio che ou Capon (4) et tout ça et puis un petit toast, un petit souvenir au pauvre absent ! Ah, c’est un terrible chose que l’exil ! il me fait attacher beaucoup de prix aux moindres démonstrations, de ceux même qui m’ont fait bien du mal, qui m’ont fait verser bien des larmes ! Imaginez donc un peu ce que doit être pour moi l’idée de vous voir, vous, de qui je n’ai jamais eu que du bien, de l’amour, de CVI. — Inedita. A tergo: A Madame Marie Veuve Cogomo - Gènesi — Bollo postale : Berne, 27 Décembre 1834. (1) Il teatro massimo di Genova inaugurato nel '28 e splendidamente descritto aiel Lorenzo Benoni. (2) Angelo TJsiglio. (3) In dialetto genovese: prendete, caro. (4) In dialetto genovese: Norina, migliore del cappone! 190 la protection divine, haletante de sensibilité, les yeux mous et brillants porter ma santé ! Ah, mon cœur porte la vôtre à chaque minute J Vous voyez que je suis sans matière par ce que je vous écris. Mon petit rhume continue, et il fait de plus le fier. Je m’en vais ce soir le dompter avec un grand verre de vin généreux chaud, qui nie fera 'bien dormir et bien transpirer. Je n’ai pas négligé les soins accessoires comme cessation de fumer et de boire du vin. Or, comme je vois qu’il ne s’en va pas, je recours aux moyens forts, et je le déloge dans une nuit, parce qu’il n’a pas été raisonnable. Je vous écris le soir du 26 à onze heures. Le vin est chaud, ainsi je vous quitte, et m’en vais au lit. Adieu, Ange de ma vie. Mille choses à toute la famille, Victoire, Benoîte, Chanoine, Nina, Lille et tout le monde. J’ai des nouvelles d’Emilie et de Paulin, qui sont également bien. Le bon Ange vous embrasse. Moi je vous suffoque de mes baisers, ma douce et sainte amie. Adieu. Zane CVII. Giovanni alla Madré Berne, le 30 Décembre 1834.. Ma bonne Amie ! Je n’écrirais pas même ces deux lignes, tant je suis affairé,, si je n’avais dans ma dernière glissé un mot de rhume, de toux, et que sais-je.... Ainsi dans la crainte que la loupe de l’affection, de 1 éloignement et de l’imagination ne me présentent à vous comme malade, absolument malade, je me hâte de vous donner à vol d’oiseau mon bulletin rassurant ainsi conçu : Son Altesse a pris le soir un grand verre de vin généreux chaud ; le vin a provoqué un long sommeil et une abondante transpiration. Les; symptômes locaux de démangeaison et 'brûlure ont disparu presque entièrement. Un reste de faiblesse dans le système en général. Bon appétit. Deux pipes déjà fumées dans la journée sans incident. Ainsi, vous voyez que pour cette fois aussi nous CVII. Inedita. A tergo: Alla, Signora Vedova Maria C0Q0Tn0 - Genova. • Bollo postale: Berne, 30 Dicembre 1834. 191 en sommes quittes pour la peur. Pour compléter le bulletin je vous dirai que j’ai dans ce moment des nouvelles très satisfaisantes d’Emilie, et une lettre de Paulin d’hier qui n’est malade... que d’amour pour vous. Ça va sans dire qu’Ange est fort bien et vous salue. J’ai reçu votre incomparable du 22. Je m’en vais répondre par summa capita. Préservez-vous bien du froid et des rhumes; vous savez que la toux, une simple toux, est en vous d’une obstination telle à faire peur. Nous n’avons pas encore dépassé les 12 degrés. Ordinairement c’est de 7 à 8. Il fait un brouillard épais qui se colle en petits glaçons à votre nez, votre bouche, votre manteau que c’est une délice. La ville et la campagne, c’est tout une nappe blanche. On me dit que c’est comme ça tout l’hiver, et vive la joie ! Donner-icetter! (1) c’est une horreur que la conduite de M.r l’Avocat ! (2) que Dieu le confonde! quand j’imaginais de trouver la lettre de change, je trouve au contraire la terrible nouvelle. 'Mais je ne veux pas encore désespérer, puisque cela me serait trop dur. Figurez-vous que nous avions déjà avec Emilie employé dans l’imagination tout notre argent et nous ne pouvons en faire à moins sans nous faire c....er ? J’espère pourtant qu’avec garantie d’hypothèque, nous ne pouvons manquer de trouver d’autre côté. J’en suis horriblement fâché, car je sais que c’est toujours sur vous, pauvre Ange, que tombent les péchés d’Israël, et je pense avec effroi à tous les ennuis et contrariétés que cela va vous coûter encore. Je ne sais au juste si c’est pour rire ou sérieusement que vous m’avez donné commission de thé de Suisse pour Lille. J’ai écrit ce matin même afin qu’on m’envoie deux livres du meilleur de Genève : pour votre gouverne c’est à la même adresse que les caisse d’objets de bois blanc de Suisse. Le Grist a eu les lettres et les 100 frs. Il vous remercie et salue beaucoup. Il serait bien temps que j’écrivisse deux mots à Victoire, mais je n’en ai pas le temps, quoique je ne fasse rien, ou presque. Notez que je ne peux travailler la nuit, car il fait trop froid ! Dites-lui bien des choses, et que je l’aime bien. Je suis charmé que Benoîte éprouve la salutaire influence des deux lignes d’Emilie. Que le travail d’Octave me soit a- (1) Pertacco ! (2) Filippo Bettini. 192 dressé à moi et à personne d’autre. Je suis à même plus que personne de l’apprécier et de voir s’il convient aux circonstances. Je suis en ca.s plus que personne d’y faire les retranchements ou Changements qu’ il pourrait exiger. Entendez-vous ? Je n’admets pas raison en contraire, je suis jaloux. Adieu, Ange de ma vie. Soignez-vous bien, aimez-moi : votre amour me fera toujours défier ciel et terre. Mille choses à toute la famille, Chanoine, Nina etc. Zane Pendant que mon pauvre Mort fiancé (3) sommeille dans quelque tiroir je le vois représenter à ma barbe sur les théâtres de Paris! Voyez donc ce que c’est que la célébrité! Ah, ah, riez donc ! (5) Era uno dei tanti lavori letterari giovanili di Giovanni, di cui non si ha più traccia. Anche Agostino, come vedremo nelle sue lettere da Parigi accenna ad un suo dramma dallo stesso titolo del quale invia alla madre una scena (Cfr. lettera CX e lettera CXIII). CVIII. Agostino alla Madré Paris pour Gènes, 9 Janvier 1835. Ma chère Amie ! Me voilà en retard de deux réponses. Grondez-moi deux, trois, quatre fois. Ces jours, j’ai eu un os dur à ronger. Je me suis entêté sur un problème, qui a failli me coûter le cerveau. La solution n’en est pas trop difficile, mais les calculs par lesquels on y arrive sont tellement compliqués, qu’en arrivant au bout il est presque impossible qu’il n’y ait aucune erreur dans cette interminable série d’opérations. C’est ce qui m’est arrivé pendant trois jours. Je trouvais toujours une différence de quelques millionièmes de ligne. Cette quantité est tellement petite, qu’en la négligeant il n’en serait pas résulté aucun inconvénient. Mais les mathématiciens portent l’exactitude un peu loin. Et puis mon amour propre était piqué; je voulais réussir, et j ai réussi. Hier au soir j’ai découvert où était l’erreur. Si je vous 4a dis, vous vous moquerez de moi. J’avais une expression : r. - b- + n CVIII. - Inedita. Manca dell'indirizzo. 193 En additionnant les deux coefficients 4 + 9 j’avais dit 14, au lieu de 13. Voyez donc si je suis bête. Mais quand on a le «ang échauffé, rien de plus facile. Un des plus grands mathématiciens de l’Italie n’aurait pu venir à bout d’un problème très-facile, si son domestique, en lui rangeant la chambre, ne l’eût entendu dire : 7 x 7 = 42. Vous vous trompez, mon maître : 7 x 7=49. Eli! bien, ce grand mathématicien depuis quinze jours disait: 7x7 = 42. Mais c’est trop parler mathématiques. J’ajouterai seulement, que pour moi cette étude est une véritable passion. C’est une absurdité de croire, qu’il ne faut pas avoir de l’imagination pour réussir bon mathématicien. Comment ? il faut toujours abstraire, il faut poser sur les nues pour suivre la logique des mathématiques, et l’on prétend qu’il faut ne pas avoir de l’imagination ? Quant à moi je trouve le contraire. Au reste ne croyez pas, comme vous me le faites entendre dans votre missive du 25 Décembre, que mon zèle dépasse les bornes. J’étudie, cela va sans dire : c’est le but de mon voyage à Paris, mais je n’étudie pas excessivement. J’ai un soin de ma santé, qui vous étourdirait. Depuis quelque temps, je suis attaché à la vie et à ma santé d’une manière trop forte même. Je veux vous voir et vous présenter M.r Augustin bien portant, plein de vie et de santé. L’étude a retrempé mon âme et mon physique. En s’appliquant, on se distrait : devant une équation j’oublie mes peines, mes douleurs, mes désenchantements. Les sacrifices, dont je vous parlais, n’ont pas trait au dessin et à la géographie. Il y a une école gratuite de dessin, à laquelle j’espère d’être admis. Quant à la géographie, je tâcherai de m’arranger de quelque manière. Je faisais allusion à mon entrée à l’Ecole centrale d’Arts et Métiers, la plus fameuse d’Europe, dans l’année prochaine. On paye une pension énorme. Mais nous avons toute Une année pour méditer sur cela. Lorsqu’il sera temps, nous ferons jouer nos ressorts. Ce que vous me mandez dans votre chère et touchante lettre du 29 Décembre me flatte assez. Je n’aurais pas cru de causer un attendrissement tel dans votre famille. Je vous ai envoyé quelques vœux, et priée de mettre votre confiance dans le Dieu Grand. Voilà tout. C’est qu’en vérité je me sentais le besoin de dire quelques doux mots à ces bonnes gens. Ainsi ils auront vu, qu’on a des entrailles pour ses amis, et de la foi en Dieu. Qu'il les protège, et qu’il nous protège 194 tous. Vous dites que vous avez cueilli la fleur printanière, que j’ai laissé tomber. Bon, mais n’oubliez pas, que bien des fleurs, qui au matin exhalent un parfum divin, le soir sont fanées. Vous savez, les hommes sont toujours des hommes. Je vous dis cela, non pour vous ôter toute espérance, mais pour que vous ne vous y livriez tout à fiait. Oui, espérons, mais n’oublions pas que bien souvent les espérances humaines se dissipent dans l’air comme un peu de fumée. M.r le Traducteur (1) a bien tort de négliger la lettre de la cousine. Elle est d’une très-grande importance, pour nous. Je (languis de savoir qu’elle est entre ses mains, et qu’il en a fait l’usage que je lui ai indiqué. Il faut m’en dire quelque chose de positif. Et cette bonne Nine, qui me fait ses compliments et ses remerciements. Embrassez-la mille fois pour moi. Mais dites-lui que lorsqu’on écrit à un frère on ne lui demande pas excuse des fautes d’orthographe, qu’au reste, .il n’y en a pas. Ne m’oubliez pas auprès de la bonne nourrice. C’est une des personnes qui m’aiment le plus dans ce monde. Dites-lui que, lorsque je serai millionnaire, elle viendra vivre avec moi, et elle sera ma gouvernante. Ne m’oubliez pas auprès de la bonne Lille, si vous la voyez. J'ai de récentes nouvelles de M.r François. Il m’a promis un magnifique cadeau. Il doit me copier et m’envoyer cette lettre que vous lui avez envoyée dans 'la malle de la Cousine. Il m’en dit des choses, qui font déjà vibrer toutes les cordes de mon âme. Que sera-ce donc lorsque je pourrai la lire en entier ? Allez, vous êtes un Ange. Quant à la lettre de M.r le Traducteur, vous n’aurez pas oublié notre ancien a rivederci> qui s’applique très-bien à lui dans ce cas. Vous n’oublierez non plus la recette que je vous ai envoyée pour préparer le papier à dessin de Bristol. M.r le Traducteur pourra en faire usage pour les vignettes de la traduction. Je remercie les Opensi. Le courrier prochain je leur écrirai. Donnez-moi des nouvelles de votre santé, si non je me fâche sérieusement. Adieu, mon Ange, ma vie, mon Paradis, mia fjanza (sic!). Adieu. Joseph (1) Filippo Bettini, e la cousine, come s’è detto, è Antonio Ghiglione. 195 CIX. Giovanni alla Madre Berne, le 18 Janvier 1835. Ma chère Amie ! A ipeine j’avais mis à la poste ma dernière que votre incomparable du 10 m’arrive; je suis d’autant plus charmé que ma lettre, quoique courte, soit venue dissiper vos alarmes à propos-dé ma méthode de traiter les rhumes, que je vois avec douleur que vous aviez donné plus d’importance que 'le cas n’en comportait, et au rhume, et à ma méthode de guérison. Il me suffit de constater le fait pour le moment, c’est que je suis radicalement guéri, chose que je sais vous être infiniment agréable. Quant à l’avenir, je vous promets de me conformer à vos ordres, et de renoncer à ce genre de traitement, qui vous inquiète,, quand même je devrais tenir ma toux une quinzaine de plus en la combattant avec de l’eau chaude. Le froid, dont vous vous plaignez pour moi, a beaucoup diminué d’intensité; il fait de véritables journées de printemps, où le manteau n’est pas nécessaire, et c’est déjà beaucoup à Berne. Quant à mes voyages, je ne suis pas en disposition de locomotion pour le moment, et puis il ne faut pas s’en exagérer les inconvénients, et puis il faut un ¡peu songer aussi que ce ne sont pas purement des caprices de ma part, mais des nécessités, véritables nécessités de commerçant. La commission de Lille m’a paru si étrange et équivoque que j’ai dû vous demandez si c’était sérieusement, ou pour rire. Cela n’avait pourtant pas nui [à la] promptitude de l’exécution, car même dans le doute j’avais aussitôt chargé l’ami de Genève de faire l’emplette, et de l’envoyer. Si je veux une caisse d’oranges ? Ja, mein 8cliats, (1) mais distinguo. Envoyez-les, si elles sont belles, c’est-à-dire telles que j’en puisse faire un cadeau, ou les vendre bien, autrement ne les envoyez pas, car comme vous savez ce n’est pas ma passion et je n’en mange presque jamais. Vous pouvez les envoyer à l’adresse de vos lettres, que ce CIX. — Inédita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 18 Janvier 1835. (1) « Si, mió tesoro ». 196 soit 1 une, ou 1 autre, mais il vaudrait mieux à celle de François. J aime beaucoup la boutade de l’oncle Jacques. Il paraît qu il s’ennuyait au lit, et il paraît aussi, chose qui me console, que sa maladie n’était pas heureusement sérieuse, puisqu’il peut échanger sans inconvénients le repos du lit contre l’agitation de la promenade. Saluez-le bien vivement de ma part ainsi que le Chanoine. Je rougis de honte d’être obligé à toujours me répéter. Mais, comme c’est la pure vérité, il faut bien que je dise que je me porte parfaitement bien, ainsi que Paulin, Emilie, et Ange. La nouvelle que vous me donnez touchant aux bonnes chances relatif ement à l’emprunt me réjouit véritablement le cœur. Nous ne sommes pas littéralement pressés, je vous avouerai pourtant que si 1 on pouvait toucher la somme sur la fin du mois, ou au commencement de l'autre, ça nous arrangerait infiniment. Au reste, nous ne faisons pas de conditions. Mille choses à toute la famille, M.r Bernard, Octave, Mna, ictoire, Benoîte etc. soignez-vous par amour de moi, ménagez-vous, mangez, dormez, ne vous fatiguez pas trop à écrire. \ien ne vous arrive donc de ce que j'ai envoyé ? Ni caisse, ni cadeaux, ni thé. C’est un peu fort... Adieu. Je vous adore. Zane CX. Agostino alla Madré Paris pour Gênes, 21 Janvier, 1834 [sic, ma ’35]. Mon Amie J acciisr léception de votre toute aimable missive du 12 de y aois‘ etïet, le premier jour de l’an, je reçus une lettre de „ Uf’( 'a leSus comme un présage de bonheur. Vos lettres on ou joui s les bienvenues, toujours impatiemment attendues, 'innipTy ement lues. Mais ce jour, j’attachais une idée -attenfp1 1 6n recevoir une- j’étais trompé dans mon esnéra-n ^ * m aUrait indi(lué que tous mes projets, tous mes espérances auraient été déçues. Ayant reçu ce talisman d’a- Madame Pauline Ferrari n" C4GNACCI’ op' cit- Pag. 58. A tergo : oenes. - Bollo postale: 22 Janvier 1835. J97 mour, je me suis persuadé, que le bon Dieu nous regardera favorablement, et que nous aurons moins d’amertume cette année-ci, que ces dernières années. Ainsi soit-il. Cette soirée a été en effet magnifique. Le médicin n’est pas venu (1). La soirée n’en fut que plus gaie. Nous avons chanté, nous avons hurlé. M.r Modena (2) nous a déclamé le XXXIII chant de Dante, le fameux chant d’Ugolin. M.r Modena est sans contredit le meilleur artiste tragédien italien de nos temps, et il me serait impossible de vous peindre le prodigeux effet de ce sublime morceau de poésie déclamé avec une force, et une vérité surnaturelle. Lorsque nous étions en Suisse, nous trouvant dans une réunion de dames et de messieurs, Modena fut invité à déclamer quelque chose. Il s’excuse d’abord : à quoi bon déclamer dans une langue qui vous est tout à fait étrangère ? leur disait-il. Vous ne comprendriez rien, je manquerais mon but. On insista. M.r Modena céda, et il déclama ce même chant. Le croiriez-vous ? ces dames allemands qui ne comprenaient pas un mot, pleuraient à chaudes larmes : pour elles tout se réduisait à une pantomime. Mais il y a tant d’expression dans la physionomie de Modena, lorsqu’il s’exalte par son sujet, il y a tant de passion dans sa voix, il sait si bien la nuancer, passant du cri du désespoir aux gémissements de la prière, de la fureur de vengeance aux tendres regrets d’un pauvre père, ses gestes sont si vrais, si beaux, que même en ne comprenant pas ce qu’il dit on est ému. Il y avait un autre jeune homme, qui (1) Il dottor David Emanuele Solari, cugino di Giuseppe Mazzini, sul quale vedi quanto s’è detto nella introduzione. Egli nel giugno 1834 chiese di potersi recare in Francia per perfezionare la sua cultura. Recatosi a Parigi fu nominato quasi subito vjce presidente della Società dei Medici Italiani e non ritornò in patria che alla fine del giugno 1835. Il Mazzini scriveva alla madre il 17 dicembre del ’34 : « Non dubitate per nulla che nascano inconvenienti del suo (di Agostino) contatto col medico: esso l’ha chiamato per un leggiero incomodo da cui era affetto, ma ciò non implica nè gran confidenza nè altro : bensì temo che vi facciate di quei due uomini uno spauracchio anohe più del dovere. Circa me poi ha fatto nulla per entrare in corrispondenza, mi ha mandato a salutare per altri, ecco tutto; ed io ho risalutato lui » (Scritti - Epist., Ediz. Naz., Ili, 247). Si vedano su di lui M. Pozzo : Domenico ed Emanuele Solari - Ricordi, op. cit.; gli Scritti del Mazzini, Ediz. Naz., Epist., Ili, 100, 103, 237, dove il Solari non viene identificato meglio che « medico Solari ». (2) Gustavo Modena dopo aver partecipato alla spedizione di Savoia, s’era rifugiato insieme ad Agostino Kuffini prima a Boujan e poi a Grenehen (vedi Cronologia autobiografica cit.). In Svizzera aveva conosciuto Giulia Calarne, che dopo molte peripezie riuscì a sposare, come vedremo nelle lettere che seguiranno. Qui basti accennare ch’egli dopo inesauribili stenti, per le persecuzioni della polizia riuscì dapprima a rifugiarsi nel Belgio e poi a Parigi. Anche a Parigi, come vedremo, doveva essere dopo poco sfrattato (Cfr. Gustavo Modena - Politica ed Arte, Epistolario con biografia, 1833-1861 - Roma, 1888, pag. 30 e segg). 198 •chante assez bien, et qui possède à perfection le talent de l'imitation. Il a imité tout le monde, toutes les caricatures les plus célèbres, il a chanté tant que nous avons voulu. Je ne savais pas que le père Mor[osini] (3) se trouvât dans le dénuement. Alors n’insistez pas d’avantage, d’autant plus que son dis doit à jours être employé de manière à gagner son existence. Quant à Podestà, .il l’est déjà. J’étais dans un moment d’irritation. Depuis trois mois ces messieurs venaient à chaque instant chez nous pour avoir du secours. Je sais bien que la faim n’a pas de lois. Mais je disais, il n’y a pas de raison pour que cela finisse. Serons donc nous condamnés à avoir sur les épaules pour toujours ces deux jeunes hommes? Je crois aussi qu’il y avait de leur part de l’indiscrétion. Lorsqu’on vit d’aumônes on peut se contenter de quelque chose de moins, qu ils ne se contentaient ces messieurs. J’espère à présent que nous en sommes quittes. N’y pensez plus, et ne dites rien au père, si mon avis vous parvient encore à temps. Je suis très-charmé que le procureur ait lu ma lettre, et qu’il trouve les informations de son goût Croyez-moi, ce n’est que le vif intérêt que ce procès m’inspire (4), qui a pu me rendre obstiné, et même sophystique. Quand on aime avec excès on fait des choses excessives. Mes espérances sur la comédie sont presque tombées. Au lendemain que je vous avais écrit de me l’envoyer, je vis annoncée la représentation du Fiancé mort, ou plutôt du Mort fiancc, aux Variétés (5). Voilà du guignon, dis-je. La pièce n’est pas imprimée, et je n’ai pas pu m’assurer encore si c’est le meme sujet. Mais c’est à parier quatre-vingt-neuf contre un que c’est le même. A Paris on ne joue jamais la comédie italienne, on ne joue que l’opéra. Lorsque j’aurai la pièce, j’en parlerai à Mo-dena. 'Si c’est tout à fait le même sujet, il n’y a rien à faire. On dirait qu’on a copié. Si par hasard ce ne fût pas le même sujet, je serais sûr de la faire jouer, et d’en tirer quelque profit. Combien de peines vous vous donnez pour ces livres. Pauvre et chère femme ! Ces jours j’ai eu de fortes occupations. D’abord mes chères études. En outre Donizetti m’a prié de faire quelques change- (3) Certo Morosini intorno al quale vedi la lettera di Agostino dell’8 febbraio 1835. (4) Il processo Gkiglione sul quale vedansi le lettere precedenti. (5) Vedi nota alla lettera CVII. 199 ments à un livret d’un opéra qu’on doit jouer ici Marino Faliero, entr’autres une cavatine pour Rubini. Après, il m’a fait encore prier d’écrire une scène quelconque, qu’il voudrait dédier à Tamburini, et je l’hai écrite (G). A présent, il «’agit d’un contrat entre moi et lui. J’écrirais entre un mois 'le Faust (7), et il me le payerait 1000 francs. Mais comme à Paris on trouve bon nombre d’envieux, on ne manquera de souffler contre moi, et de lui offrir des livrets à un moindre prix. Les compositeurs ne savent pas se persuader que le livret contribue puissamment au succès de la musique. Nous verrons ; je suis presque persuadé d’avance que nous n’en ferons rien. Je suis enchanté de ce que vous me dites par rapport à votre santé. Mais ce maudit foie. Ayez-soin de vous, ma chère, car sans vous il me serait impossible de vivre au milieu de ce monde corrompu. Je suis tellement content de Ohatterine, que je veux lui envoyer un millier de francs, c’est-à-dire un terne au lotto 2. 50. G7. Merci aux Opensi, merci à M.e Lille. J’ai reçu le billet des premiers, et vous aurez déjà reçu ma réponse. Adieu, âme de de mon âme, je vis en vous par vous et pour vous. Mes salutations à tous le monde. Adieu. Prati P. S. Savez-vous où a demeuré ¡pendant deux mois l’Emilie ? Dans le même endroit, où j’ai demeuré moi pendant 1’ été. Voyez donc le destin. Adieu, encore une fois. Vous saviez cela sans doute. (6) Di questi libretti d’opera e di queste scene non se ne conserva alcuna. Giovanni Ruffini comporrà invece più tardi per il Donizzetti il Don Pasquale (Cfr. Alfonso Lazzari : Giovanni Ruffini, Gaetano Donizzetti e il « Don Pasquale », ■estratto della « Rassegna Nazionale », 1915). (7) Il Faust non fu poi più composto (Cfr. lettera CXV). 200 CXI. Olière Amie! Agostino alla Madre Paris pour Gênes, 26 Janvier 1835- Hier a été pour moi un jour de fête. Imaginez-vous, que j’ai reçu contemporanément votre charmante du 18 de ce mois, avec le petit billet inclus du bon traducteur, et une autre lettre de M.r François en date du 20, dans laquelle il m’avait transcrit un bon morceau de cet hymne d’amour, de cette romance de l’âme, de cette miraculeuse combinaison de musique, de ¡poésie, qu'il a reçu de vous, lors de l’envoi de la malle de la cousine. Allez ! l’amour vous fait poète ; vous n’en savez rien peut-être, et vous écrivez des choses, qui feraient honneur aux meil leurs auteurs de nos temps. Sans vous en apercevoir, vous trouvez des expressions fortes, originales, qui vont au cœur et s y gravent d’une manière ineffaçable. C’est aussi que l’amour est le plus puissant des inspirateurs, c’est que la Muse de l’amour est inépuisable, comme l’amour lui-même. Voyez plutôt Pétrarque. Cependant qu’ il est pâle en comparaison de ^ous. Lisez-le ; vous v trouverez toujours l’art, et bien rarement la nature. Mais vous... mon Dieu, en lisant vos lettres, je me sens ravi ; la nature est prise sur le fait : quelquefois je m’étonne de trouver une telle puissance, une magie sans pareille d’expression dans vos lettres. Ce ne sont pas des sons fugitifs, qui affleurent l’oreille en passant : ce n’ est pas la musique riante fiorita, capricieuse, des compositeurs italiens ; ce sont les accords solennels, plaintifs, profonds de Mozart, de Beethoven, de Weber ; c’est quelque chose de religieux, qui purifie l ame, qui en secoue toutes les fibres, qui y retentit longtemps dedans après que les sons ont cessé. Connaissez-vous la Dernière Pensée Musicale de Weber? C’est tout ce qu’il y a de plus beau, de plus tendre, de plus mélancolique dans le monde musical. Eh bien ! lorsque ma petite Roselles (une jeune fille de onze à douze ans) me jouait ce morceau, je me disais tout bas : voilà la voix de ton amie : c’est ton amie qui t’appelle, et je couvrais ma figure de mes mains, et je me laissais aller à mes rêveries. Et la CXI. — Inedita. A tergo: Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale: 26 Janvier 1835. 201 petite me disait : M.r Gauthier, dorénavant je ne veux plus joner le Weber, car cela vous rend triste tout de suite. Alors je l’embrassais : Warum nicht volien spielen meine seele ? (1) Et alors la pauvre enfant recommençait la douce musique. Pauvre petite, te reverrai-je encore ? Dernièrement elle a été à Grange, et elle a demandé d’abord à voir ma chambre. Mon amie, il n’y a que les enfants qui soient bons. Je dirai comme le Juste : sinite parmlos venire ad me. Il faut absolument que je vous envoie ce Weber. Je l’ai copié de la main de la Roselles. Vous l’apprendrez, vous le jouerez, et ce sera une manière de correspondance musicale entre nos âmes. Rossini, Bellini, Meyerber n’ont jamais fait rien de plus beau. Je vous enverrai quelques autres morceaux de musique, morceaux du cœur, musique montagnarde, sons qui ne se trouvent que dans l’atmosphère des montagnes, accords qui ne sortent que de l’immense clavier de la nature. Loin de la musique des théâtres. Mes opinions sur la musique sont extrêmement modifiées. Il faudra que j’attende quelque occasion. J’ai aussi quelque autre chose à vous envoyer. M.r François m’assure que son rhume est tout à fait évanoui. Vous le saurez déjà à l'heure qu’il est, mais il ne sera pas superflu de vous le répéter. Quelquefois je suis un peu bête. Vous faisiez allusion à la lettre du procureur, et j’ai cru que c’était quelque autre chose. Excusez-moi. Je ne sais pas pour la copie û'Irnelda. J’ en ai fait une sans doute, mais au moins que vous ne l’ayez rapporté à Gênes, je ne l’ai plus avec moi. J’en suis bien fâché. Dites-lui qu'un jour peut-être j’y mettrai la main de nouveau. Voilà des visites qui m’arrivent. Savez-vous qui ? Ferdinand Ruf. qui est de retour de Londres. Allons, il n’y a plus moyen de continuer, et il faut que je fasse emboîter la lettre. Adieu donc, mon âme. Mille choses à la Mamman et au traducteur à qui je répondrai. Adieu, ma vie. P. Joseph (1) « Perché non voler suonare anima mia ». 202 CXII. Giovanni alla Madré [Berne], le 30 Janvier 1835. Ma bonne Amie ! Je suis sans matière, car je suis sans lettres de vous, chose qui me déplaît sans pourtant ni’ inquiéter nullement. J’ ai les mains gelées, car il fait aujourd’hui un froid horrible, je m’en vais les dégeler à la flamme pétillante de la cheminée, et je continue. Je vous avais parlé dans une de mes précédentes d’une invitation à aller en soirée, chose qui m’ennuyait passablement ; or, j'y suis donc allé, et le résultat a parfaitement répondu à mon attente. Il n’y a sorte de prévenances et d’égards qu’on n ait eus pour moi, mais que vous dirai-je ? cette conversation légère et pimpante, qui est de convention dans les salons, cet éternel sourire convulsif, dont il faut vous parer en parlant, ou en écoutant, cette gêne matérielle "dans votre pose, l’autre morale dans le moindre de vos mots, tout cela et mille antres inconvénients qui échappent à l’analyse font que je me sens.trop à l’étroit dans l’atmosphère d’un salon, car je ne puis être moi-même, mais il me faut être l’homme de la société. Ainsi me suis-je bien ennuyé, et ai-je promis à moi-même d’éviter une seconde occasion de le faire. Pourtant je ne pourrai pas toujours refuser et il me faudra de temps en temps aller m’ennuyer par complaisance. Mon Dieu ! que la société est bête et posée sur de fausses 'bases ! Rien, ou a peu près, n’est changé à ma méthode de vie telle que je vous la décrivis autrefois. Je me lève toujours de dix à onze heures. A midi je déjeune, non à la fourchette, comme je faisais autrefois, mais avec du pain au beurre, et un bon lait de poule à deux œufs fouettés. J’ai changé mon déjeuner, et pour cause, car, en buvant du vin et en fumant aussibôt après une pipe, je me trouvais bien souvent à souffrir de mes aigreurs d estomac. De cette manière j’évite l’inconvénient sans pour cela nuire en rien ù laisubstantialité. Voyez quelle délicatesse de gastronomie! Après déjeuner, ma pipe à la bouche, je passe une couple OXII. — Inedita. A tergo : Alla Signora Maria Yedova Cogorno - Genova. — Bollo postale : Berne, 30 Janvier 1835. 203 d’heures à lire les journaux français, le National, Tribune, Europe Centrale et le Bon sens, qui nous viennent régulièrement. Le reste de la journée qui me reste jusqu’à quatre heures je l’em-iploie à faire ma petite correspondance, ou je [l’emploie] à lire. A quatre heures je fais ma petite toilette, qui consiste à me bien laver et peigner la barbe, et je sors me promener, non sans auparavant me régaler d’un petit verre d’absynthe, que je pré-dilige comme vous savez. Voyez encore comme avec tout mon spiritualisme je soigne la matière ! Ma promenade est toujours du même côté, sur les remparts de la ville, où je m’amuse à voir les chevreuils galopper, les cerfs lutter en entrelaçant leurs cornes, et les ours grimper 'sur des arbres. Car tout autour de Berne, dans le fossé formé par les rempart il y a chevreuils, cerfs, cignes et ours. Mais surtout on prédilige 'les ours, qui 011 donné le nom à la ville, car Ber veut dire ours. A cinq heures je rentre pour dîner. Le dîner consiste le plus souvent en trois plats forts et trois de légumes, et un doux, dîner substantiel, très propre et très bon. Nous allons à force de causeries jusqu’à huit heures. A huit heures, je sors, je me promène une heure sous les arcades, et à neuf heures je vais au Café lire le Courrier français, et prendre une cruche de bière. Voyez encore ! A dix heures on ferme le Café, je vais encore causer une demi-heure avec le bon Ange, après quoi je me retire pour me coucher; j’allume mon feu, et je me mets au lit avec un bon livre, et mon sigaritto à la bouche. Je lis ainsi jusqu’à minuit, une heure, deux, quelquefois plus tard, si le livre m’intéresse. J’ai lu ces derniers jours la Vigie de Eoat Vën par Sue, beau roman et très bien écrit, mais dans un sens tout à fait rétrograde. J’ai fini hier les Femmes vengées par Ernest Despretz, livre, qui malgré son but noble et moral de venger le sexe méconnu, m’a horriblement ennuyé. A présent, je lis Fa Dièse par Alphonse Karr qui me plaît beaucoup. Est-ce que tu lis quelque chose ? ne pourrais-tu pas te faire abonner au cabinet Gravier, (1) et nous ferions nos lectures en commun, nous nous suggérant a vicenda ce qui nous aurait charmé ? A neuf heures du matin la fille de l’Hôtel, fort laide et très bien faite, vient allumer mon feu, sans jamais mot dire, et moi, ou je me rendors, ou je me mets à lire. Voilà tout. La santé ne peut être (1) Un Gabinetto genovese di lettura. 204 meilleure, extendez cela à Ange, Emilie, et Paulin. Le (Jlirist (2) est (parti hier par Zurich, et il vous salue bien. Adieu, la bien aimée de mon cœur. Sois tranquille, et rassure-toi. Mets ta confiance en mon amour, après Dieu. N’es-tu pas bien contente de m'entendre toujours parler de Dieu, et de Foi, moi qui n’en parlais pas autrefois ? Au moins, c’est ce que j’ai gagné à nos malheurs. C’est de cette manière un port,^ que nous nous sommes assurés, un rendez vous qui nous îéunira un jour, et qui ne peut pas nous manquer dans le cas que les mauvaises passions des hommes nous refusent cette joie dans le monde. Ainsi, aie foi en moi, comme moi je l’ai entière en toi, et aime qui t’aime immensément, ton Salue tout le monde. Zane (2) Il Campanella come s’è già detto. Vedi nota alla lettera LXXXII. CXIII. Agostino alla Madre Paris pour Gênes, 1 Février 1835. Ma chère Amie ! Je suis sans vos lettres. J’espère en recevòdr demain. Si non, gare à vous! En attendali t pour me venger un peu vous ne lirez aujourd’hui que des misérables vers ; ces vers italiens qne j’ai prornis au bon Octave. Alfredo crociato passando in Palestina aveva fatto giurare ad Ulrica, amante di lui, che gli avrebbe' conservata intatta la sua fede tutto un anno ed un giorno. Spirato quel termine, e non tornando Alfredo, Ulrica era libera di disporre della sua mano e del suo cuore. Mentre il Crociato si travagliava in Terra Santa, giungeva al castello d'Ulrica CXIII. — Questa lettera fu pubblicata da G. Faldella in Lettere inedite della « Giovine Italia » in « Il Risorgimento Italiano », Rivista Storica, anno I, pag. 94 e segg. L’autografo si trova nell’Archivio Rosazza, essendo stata inviata a Federico osazza da Eleonora Ruffini. La 6cena che Agostino trascrive in questa lettera è probabilmente la fine della « Mort fiancé » alla quale abbiamo già visto accennare ne e lettere di Giovanni e di Agostino (lettere CVII e CX). Un altro frammento fC ^r'°° e cons€rvat° fra 1© carte di Agostino nell’Archivio Ruffini cit. e fu pubblicato dal Cagnacci, op. cit., pag. 533 e segg. attribuendolo al Mazzini. Inutile ronfiar™ , j drafma era «n'opera giovanile di Agostino, fatta se mai in collaborazione col fratello Giovanni, come appare da un accenno della lettera OVII, non certo rifatta dal Mazzini, come opina il Faldella (op. cit., pag. 98). 205 un ricco ed avvenente barone. Il quale s'accese della castellana e la castellana di lui, per modo che, messo in non cale il giuramento acconsentì di sposare il barone prima che il fatai termine fosse trascorso. Un anno era già passato, più non mancava che il giorno, e appunto la sera di queirultimo giorno, fu destinata allo sposalizio. La scena è nel castello di Ulrica. Sala splendidamente illuminata per gli sponsali. Paggi, scudieri, cavalieri, dame, trovatori. Il barone sposo, personaggio muto. Ulrica vestita di bianco, colla ghirlanda della fidanzata in sul capo. FRAMMENTO Ulrica (ai trovatori) 0 trovatori, Date principio dell’imene al rito: Ad arpeggiar festosi inni v’invito. (i trovatori preludiano sull'arpe) Ulrica (cadendo sopra pensieri — da sè) Perchè nel comune gaudio, e in mezzo a plausi Gioir non posso, e tutta Gustar l’ebbrezza di ’ ^ al)ÜI>cl P°ur lui, pauvre vieillard, et puis l-uus encore ¡nour mm, • . toute secousse Je crains • T.J? "ai''S le contr<“co"1> ile le veiller peut-être v»n, , de vonloir Ie s01g"er’ foi il 71p , ' finissiez par tomber malade. Ma il*":« lue ça! Je vous conjure donc. au votre santé ' '1'" V0”S *** Saint et sacré' à bien ménager! befu££ r* "agérer ™ •'"»>" —rs votre sacrés Que voue Peut-être des devoirs bien autrement qUC ™US aïez “>««• »»««, Pauvres naufragés que nous GVXI. ~ Inedita. A teren • Postale: Berne, u Février 1835. ' üme ‘e Veuve Cogorno - Gênes. — BoIIo 215 sommes. Songez que vous vous devez toute toute à nous, qui sommes délaissés de tous, si vous nous manquez, comme nous nous devons tous à vous. Au reste, je me cuirasse dans ma foi à la providence, qui vous a jusqu’ici conservée à notre amour à travers Dieu sait, combien de douleurs et de malheurs de nature à assommer un 'bœuf. Mais Dieu a jusqu’ici opéré un miracle en notre faveur en vous soutenant, et l’amour, dont vous êtes un prodige, vous a servi de nouvelle vie, ainsi je mets ma confiance en Dieu et votre amour [pour] l’avenir quel qu’il puisse être. Le temps est aujourd’hui un peu moins sombre que les jours passés. Il a neigé (hier [dans] la journée et une bonne partie de la nuit. Berne est toute une vaste nappe blanche. Le froid n’est pas très intense. Notre santé à nous tous se soutient parfaitement, nous sommes d’une trempe robuste, à laquelle le froid confère, en la rendant plus élastique ; cela est dit d’ Emilie, d’Ange et de Paulin aussi, dont j’ai des nouvelles pas plus vieilles que d’hier ; que cela serve à vous tranquilliser et à tâcher d’en faire autant. Avez-vous entendu parler de Marco Visconti, roman de Grossi ? je suis au troisième volume. Le style, la manière, tout l’ensemble est calqué parfaitement sur Manzoni. Il y a un parfum de bien-être, de calme, de béatitude, qui me fait mal au cœur. On dirait que les sentiments forts et vifs ne sont pas du domaine -de l’Auteur ; on serait tenté de croire qu’il est heureux, qu’il écrit au milieu de gens heureux ; et cela pourtant ne devrait pas être ! C’est une école bâtarde que l’école de Manzoni, l’école de la résignation et de la patience! moi, j’ai besoin de tempêtes et d’ouragans; j’ai besoin qu’on me,remue et qu’on remue le monde; j’ai besoin de sensations fortes. Au reste, il y a de très belles pages. Grossi est inarrivaible dans l’expression des chagrins domestiques, il est d’une vérité complète. Il manie mieux la corde de la douleur que celle de la joie, mais toujours calme, comme un lac (1). A peine j’ aurai fini Grossi, (1) Identica critica al libro del Grossi faceva il Mazzini, scrivendo pochi giorni prima alla madre. « Il romanzo in sè — scriveva il 4 febbraio — come romanzo, come opera d’arte, è debole — debole, perchè Grossi s’è fatto un dovere d’imitar servilmente in tutto il Manzoni —■ debole, perchè, probabilmente a non suscitare pensieri troppo vivi nella mente de’ suoi lettori, Grossi s’è fatto un dovere, di coscienza forse, di non penetrare troppo avanti, e a fondo neigli abissi del cuore.....>. Lamenta quindi come il Grossi sia rimasto in una sfera secondaria e non abbia voluto entrare in quella « dell’avvenire ». Egli « dipinge, recita — senza versare 216 je lirai une Maitresse sous Louis XIII par Salitine, dont j’ai vu parler sur les journaux avec beaucoup d’éloges. Ces romans-là devrait être chez Gravier. Vous voyez que je n’ai pas de matière et que j’en cherche. J’aurais toujours une minière intarissable de matières dans mon amour, mais j'ai renoncé de longtemps à l’exploiter, car c’est une œuvre tyop au-dessus de moi. Saluez tout le monde, Octave, les malades, Nina, Lille, Marthe et la bonne Victoire. Vous, aimez-moi comme vous faites, et ayez dans un baiser toute l’âme de votre Zane sul quadro o nel racconto un po’ dell’anima sua, dell’anima del XIX secolo non v è una parola, una sola parola, che ricordi a chi legge che l’autore è Italiano — e che i discendenti di Ludovico il Bavaro premono col piede il collo dei suoi fratelli e de discendenti di Marco Visconti — con una di quelle parole che fanno balzare come d orgoglio o di rabbia........ In ogni modo egli era stato commosso per certe belle pagine su cui aveva pianto « come un bambino » (Epist., Ediz. Naz., Ili, 337). Dell accoglienza fatta da una parte della critica al romanzo, fu poi indotto il Mazzini a scrivere poco dopo su di esso un articolo. Lo annunciava il 25 marzo alla madre con queste parole: «Scrivo ora un articolo sul Grossi, perchè so che in Milano i cosi detti Classici — che sono spie e assoldati come Zaiotti, lo dilaniano pel suo Marco, e eh egli, d’indole debole, se ne avvilisce» (Epist., Ediz. Naz., Ili, 392). Lo scritto fu destinato dal Mazzini alla Revue des deux mondes, probabilmente per il tramite di Agostino Ruffini (Mazzini - Letteratura, Ediz. Naz., II, pag. 10). La Revue es deux Mondes non l’accettò perchè antifrancese, e fu invece accolto dalla Revue Républicaine che l’accolse integralmente. CXVII Ma bonne Amie ! Giovanni alla Madre Berne, le 13 Février 1835. Point de lettres de vous, et je ne m’en étonne, car je sais tout, au moins je devine tout. Le malade a empiré; une ligne de M.rne Marthe me fait pressentir que la chose peut devenier très grave, vu la rechute et le grand âge du malade, quoiqu’il n’y ait pas encore danger manifeste ; à présent la chose est réellement devenue grave, et il y a danger, et vous bon et saint ange, vous êtes là clouée au lit du malade, à l’assister, le soigner, lui donner à boire, lui faire courage, comme font les anges, et vous n’avez pas même un moment à vous pour m’écrire. Je CXVII. — Inedita. A tergo : Alla Signora Maria Vedova Cogorno Bollo postale: Berne, 13 Février 1835. Genova. — 217 conçois tout cela, et je vous conjure à ne pas vous gêner pour moi, à ne point m’écrire, car la pensée d’être, moi qui vous aime tant, un surcroît de gêne dans un moment, où vous en avez de tout genre, me fait véritablement mal au cœur. Hélas ! vous souffrez, et moi, je ne suis pas là à souffrir avec .vous, à vous consoler de mon mieux, à voux prémunir de ma force contre tout événement possible, à vous entourer, envelopper, protéger de mon amour tout-puissant! Hélas! non. Tout ce que je puis faire c’est de trembler de loin, c’est de vous exhorter à faire usage de votre haute raison contre l’empiétement de votre extrême sensibilité, c’est de songer à nous, qui avons tant besoin de vous, et cela, pusse-je au moins vous le dire de vive voix, faire pas-sel- par mon organe (sic) dans votre âme, la conviction, et l’entraînement de la mienne! non pas du tout, c’est au moyen d’une pâle et froide lettre qu’il me faut vous le dire. Mon Dieu, que je suis malheureux. Le Chanoine est vieux, et nous ne devons pas prétendre qu’ il soit immortel ; c’est une raison trop rabattue peut-être, mais elle n’en est pas moins vraie. Que lui fait à lui la vie, à lui vieux, brisé par [les] incommodités de la vieillesse, mort désormais aux jouissances matérielles et intellectuelles de la vie ? [Le mal] qu’ il a pu faire, s’il en a fait, il l'a opéré in-sciemment, et Dieu ne lui en demandera pas compte [comme lui] ne s’en demandera pas compte à lui-même. Le bien qu’il a fait au contraire, il sait l’avoir fait, car [il est] bon de sa nature, et le résultat de cette conviction est une conscience calme et tranquille, une..... (1) et inébranlable dans un meilleur avenir, qui ne peut pas lui manquer. Mourir à cet âge, mourir au sein d’une famille, dont 011 est plaint et honoré, mourir assisté d’un ange comme vous, c’est préguster les délices du Paradis, mourir avec toutes les consolations d’une religion d’amour, dans laquelle on croit fermement, comme lui, mourir avec la certitude qu’ 011 touche au port, est-ce un si grand malheur pour être plaint ? ma foi, je trouve quant à moi qu’ une semblable mort mérite uniquement d’être enviée, et je la lui envie de tout mon cœur. Quel bonheur à lui d’aller rejoindre le premier notre saint (2), d’aller lui porter de nos nouvelles. La mort ne fait peur qu’ aux lâches et aux cou-* (1) Manca una parola per una lacerazione délia carta. (2) Il fratello Iacopo. ¡pa'bles, et à ceux qui voient le terme de tout dans la tombe; pour ceux qui ne sont pas tels, comme le Chanoine, ce n’est qu un sommeil, sommeil de transition à la vie véritable. Que ces considérations, que j’ébauche à peine, car vous devez vous les avoir faites bien mieux que je ne les fais, tempèrent l’élan de votre douleur, vous donnent la force d’âme pour résister à la secousse d’un événement, qui n’a rien de terrible en soi que pour le vulgaire, et viennent par réfraction me rassurer sur les conséquences de cette même secousse! Oh, par pitié, que je n aie pas à trembler sur vous, car j’en mourrai. Soignez Aotre âme et votre corps par amour de moi. J espère que les choses n’ en soient pas encore au point que vous ayez besoin de ces considération, mais qui sait comment peuvent tourner les événements dans l’intervalle du départ et de l’arrivée de cette lettre ! je désire bien vivement que mes craintes soient exagérées ou chimériques, mai® la mort connaît si bien le chemin de notre maison, elle est si habituée a y frapper et à réclamer son contingent ! En tout cas, vous n aurez qu’à regarder cette lettre comme non avenue ! En attendant, sachez pour votre tranquillité, que notre santé à tous est parfaite ; je dis tous, Emilie, Paulin, Ange. etL moi. Saluez tout le monde pour moi, et ayez pour vous les salutations sincères de tous les susnommés. Ne m’ écrivez pas, mais faites en sorte que M.me Marthe me donne de vos nou velles et de celles du malade. Acceptez, comme faible compensation à tant de contrariétés et de douleurs, l’assurance d un . amour immense, brûlant, éternel, d’un amour que vos malheurs ne font qu’ augmenter, s’ il était possible, de la part de votre bien-aimé. Zane CXVIII. Giovanni alla Madré Berne, le 16 Février 1835. Ma bien aimée ! J’ai votre précieuse du 7 Février. Il me faut commencer par vous gronder, mon cher amour. Primo, pour la longueur CXVIII. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. - Bollo postale : Berne, 16 Février 1835. 219 de votre lettre. La pensée que vous dérober à votre sommeil le peu d heures que vous laisse de libres la maladie du Chanoine, et cela pour m’écrire, me peine on 11e peut ¡plus. Un mot seul de vous, deux lignes seules me suffisent. Mon second grief est à propos de votre expression malencontreuse que le Ciel vous punit parce que vous le méritez bien. Vous n’ êtes pas de bonne foi, vous ne pouvez pas l’être en disant cela ; vous êtes vertueuse et vous le savez, car la vertu se sent et ne s’ i-gnore pas. Vertu et conscience de la propre vertu sont deux choses inséparables, et c’est dans ce sens que virtus sibimet pulcherrima merces. Vous savez mieux que moi que vous ne méritez pas de punition du Ciel : que si le Ciel a l’air de nous punir, s’il vous châtie, nous n’avons pas le droit d’en murmurer, car qui est-ce qui peut scruter les mystérieuses raisons de la providence ? notre vue est trop courte et trop grossière pour cela, et nous ne pensons et n’agissons qu’après des données humaines, et nécessairement sujettes à erreur. Dans l'impossibilité de nier Dieu ou de le croire injuste, nous n’avons d’autre explication à donner de ces contradictions, dont le monde est plein, que la caducité de notre jugement; mais pour cela nous ne sommes pas en devoir de nous calomnier, nous avons le droit de nous sentir bons, puisque nous le sommes, nous pouvons bien abaisser la tête et nous résigner, mais nous ne devons pas dire que nos malheurs sont mérités. Ainsi, le pauvre Chanoine s’en va. Dieu m'est témoin que je donnerais avec joie la moitié de mon sang pour le sauver. Au reste, vous verrez par ma précédente lettre que je m’y attendais, que j’ en avais une espèce de pressentiment. Ce qui m’afflige le plus, c’est de savoir qu’il- souffre ; j'espérais qu’il ne ferait que s’endormir. L’opération de l’extraction de l'urine est donc si douloureuse ? J’en avais une toute autre idée et je croyais mon idée.... (1) L’expression de.votre douleur, la pensée de votre isolement me fait pleurer. Hélas! vous [êtes] bien seule, bien seule, puisque vous attachez tant de prix à une protection qui n' en était pas une, car quel abri pouvait vous offrir un fragile roseau qui se plie à tous les vents ? comme que ce soit, je vous prie au nom de notre amour à donner lieu à la raison, à ne pas trop vous affliger. Le Chanoine n’est pas à plaindre, les plaintes, et l’amertume sont pour ceux qui res- (1) Mancano due parole per ima lacerazione della carta. 220 toit. J<‘ pleure, pleure amèrement sur vous, ma pauvre colombe délaissée, et aussi sur moi. Dites bien a M.r Bernard et à Jacques combien je partage ^eur affliction, et moi aussi je perds un ami! La e J^ion avec ses croyances et ses consolations est l’unique ancie de refuge contre de tels malheurs. Les paroles et les consolations humaines n’y peuvent rien faire. J’avais bien supposé que cette malheureuse maladie enrayerait les tractatives pour 1 emprunt. Ne vous en peinez pas, je vous en prie. C’est 1111 )1( n m’'"^ra'ble intérêt vis-à-vis des intérêts sacrés qui vous absorbent dans ce moment. J ai eu des nouvelles, à dire vrai, peu satisfaisantes de la *œm d Ange. Elle a eu quelques désagréments à peine arrivée, bien 1 ^,°n^ U ex^rer> 1u’à l’heure qu’il est, tout est terminée en ien. En vérité, vous avez rouvert une plaie toute saignante fncoie en me parlant de ma moustache. Hélas, oui, je l’ai sa-fF1 ?e’ Car ,sacr'^fier est le mot, et pour cause. Que oe sacrifice orce vous donne idée de combien ma position est précaire, &enée dans ce pays. Je tenais à ma moustache plus que vous ne pensez, j y tenais avec une obstination enfantine, et pour-i-ln 1 a ia^n ^a:s,ser Par là- Je suis charmé que vous avez des ivres pour vous distraire un peu. La lecture vous est indis-^Sable- santé est parfaite. Vous en direz autant de celle milie, d Ange, de Paulin, etc. Que cette assurance vous tonne du moins quelque calme ! Saluez tout le monde pour moi, dites au pauvre malade qu’il se souvienne de nous quand •( ra ,m ( iel, et que je lui lègue votre surveillance de là haut. ieu, mon bon Ange, oh! si je pouvais au moins te consoler 1 ar ma présence ! mais lui te consolera, lui qui mitige le vent a 1 agneau tondu. Je t’embrasse. Zane CXIX. Agostino alla Madré [Paris], 20 Février [1835]. Chère Amie 14 me ^tte nuit du Pauvre Chanoine. Votre lettre du nue a.l°nter à mes tristes présages. Je ne veux pas en- CXIX T ri ’ 21 Février 1835. S° Va^amc Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale: 221 core renier toute espérance. Cependant j’en ai parlé à quelques médecins d’ici, et ils ne ine donnent pas de bonnes réponses. Espérons que Dieu fera un miracle en notre faveur. Mais si le contraire doit arriver, que l’idée que sa place est déjà préparée au ciel à ce bon et saint vieillard, vienne adoucir notre douleur. Oui, le Ciel est pour lui; de là il priera pour nous. Il a vécu comme le Juste, et il aura la récompense du Juste. Adorons 'les décrets éternels et les lois immuables de la Nature, qui fait de la destruction la source de la vie. Pleurons, oui, pleurons, car nous perdons 1111 ami, un bienfaiteur, mais ne nous révoltons pas contre la volonté du créateur, qui appelle à Lui ce Juste pour lui donner la couronne de la vie immortelle. Il l’a bien méritée. Il est bien douloureux pour moi de penser, que je n’ai pas pu assister à ses dernières moments, lui prêter cette assistance, que mon cœur me suggère, recevoir •sa bénédiction. Mais lorsqu’il sera au ciel il lira dans mon coeur : il y trouvera de 1’ amour, de la reconnaissance pour tout ce qu’il a fait pour nous, et alors il me bénira, il nous bénira tous. Donnez-moi toujours de ses nouvelles et donnez-moi aussi des vôtres. Je vous prie, je vous supplie, de ne pas vous ennuyer avec mes livres. Je 11’en ai aucune bâte. Saluez-moi tout le monde, et recevez les embrassements de celui qui ne vit que pour vous et par vous Joseph cxx. Giovanni alla Madke Berne, le 23 Février 1835. Ma chère Amie! Je suis en possession de votre triste lettre du 1G. Je 11e conçois rien à ce retard de mes lettres dans un moment où vous avez si grand besoin d’être tranquille sur notre compte, et je m’en dépite en vain. Je me souviens, en effet, avoir laissé le vide d’un courrier dans ma correspondance, mais il y a de cela vingt jours au moins; depuis cette époque j’ai écrit tous les courriers infailliblement, et voilà deux courriers sans CXX. — Inedita. A tergo:. A Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes. — Bollo postale : Berne, 23 Fevrier 1835. 222 mes nouvelles! c’est plus qu'on ne peut en supporter; tout conspire à vous torturer, pauvre et cher ange. Ali, je prie-Dieu qu' il vous donne la force pour résister à l’orage; je m offre à lui pour victime expiatoire, qu’ il me frappe, mais qu’il vous épargne. Que dis-je? est-il dans ma main de conjurer la terrible fatalité qui s’attache .à nos pas qui nous fait tomber un à un à vos yeux, fatalité, dont votre âme aimante et sensible reçoit l’effrayant contrecoup par un million de tortures mille fois répétées? hélas! non, je n’y puis rien rien absolument. Savez-vous que cette idée-là est affreuse ? être si impuissant et si fort de dévoûment ? ne pouvoir donner que des mots, de froids mots, quand 011 voudrait donner son sang ! oh, je le donnerais avec joie et orgueil ce sang, je serais si heureux de pouvoir me substituer, victime volontaire, a ce pauvre et bon vieillard qui s’en va ! Ainsi, c’en est fait ! et moi qui me berçais de l’espoir qu’il [allait] s’éteindre insensiblement, tranquillement, sans souffrance et sans secousse, — (1) qu’il souffre beaucoup, lui vieux, brisé par les ans, intolérant de la souffrance et [non] habitué a elle comme il est ! oh ! voilà ce qui me fait mal, ce n’est pas sa mort que je pleure, j ai assez de philosophie pour n’y voir que tout juste ce qui y est, c’est la manière de sa mort, qui me torture. -Je soupçonnerais presque d’une ligne de votre lettre que la souffrance est plus morale que physique. Comment cela pourrait-il être ? Je vous renvoie à votre adresse, et avec beaucoup plus de raison, toutes les consolations, que vous tâchez de m’offrir. Des consolations à moi ? mais moi je suis de fer au moral et au physique. Tâchez vous-même de vous résigner, de vous consoler ; que je n’aie, au milieu de tant de malheurs, à craindre, le plus grand de tous, le contrecoup de votre moral sur votre physique. Vous devez être brisée, épuisée de fatigue et d’émotions, à l'heure qu’ il est, pour l’effravant spectacle de la des-tinotion, par le manque d’aliments, de sommeil, les veilles et tout cela. Au nom de mon amour, songez à moi, et ménagez votre santé précieuse. J7accepte avec reconnaissance la mission de supléer moi seul à tout ce que vous perdez. Oui, je vous aimerai encore plus, s il est possible, je mourrai d’amour pour vous, mais soyez raisonnable. Notre santé est parfaite à tous, Paulin compris. Il il) Manca una parola per uua lacerazione délia carta. 223 m’écrit à ¡propos du malade, sur lequel il a de grandes anxiétés, vu son âge. Emilie et Ange vous saluent tendrement et vous rappellent votre courage. Un salut à toute la famille, particulièrement M.r Bernard et l’oncle Jacques. Dominus dédit, Dominus abstul.it, sit nomen Domini bénédiction. Je t’embrasse. Adieu. Zane CXXI. Agostino ai Genitori [Paris], 26 [Février 1835]. Mes bon amis Je viens pleurer avec vous. Mon cœur est plein d’amertume, mon âme est affligée. Pauvres amis, que j’ai admiré votre délicatesse, votre sollicitude pour moi ! Tandis que vous avez les yeux gonflés de larmes, tandis que la cruelle perte, que nous venons de faire, saigne encore toute fraîche dans vos poitrines, tandis que vous-mêmes vous avez plus que jamais besoin de consolation, vous trouvez des mots doux de paix, de résignation, d’amour pour adoucir cette affligeante nouvelle, que vous ne pouviez pas vous empêcher de me donner. J’ai pleuré sur cette lettre, j’ai pleuré comme un enfant, de chagrin, de reconnaissance, d’amour. 0 mon bon oncle, vénérable vieillard, saint ministre du Dieu, qui à présent t’a reçu sur son sein paternel, je ne te reverrai donc plus ! Tu n’as pas voulu attendre le retour de tes pauvres amis! Mes amis, c’est une pensée bien douloureuse : ne plus le voir ! un jour peut-être nous lui aurions donné une consolation ! il a souffert tant de peines pour nous, ce cœur aimant et sensible ! N’ avoir pu le secourir, entourer sa dernière heure de soins, de bénédictions, de pleurs, d’amour! Non, ce n’est pas .sur Lui, que je pleure: Lui, il est au ciel, il prie pour nous: il a rejoint notre martyr (1) : tous les deux nous regardent, veillent sur nous, nous envoient des bonnes pensées ; c’ est sur nous que je pleure, sur nous qui avons perdu un père, un ami, un modèle. Car lui, c’était le Père à nous : doyen d’âge, comme en vertu, son âme se rajeu- CXXI. — Pubblicato un brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 88 in nota. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale: 27 Février 1835. (1) Il fratello Iacopo. 224 nissait dans l’amour, son cœur s’ épanouissait dans la bienfaisance. Les jeunes gens doivent aller méditer sur son tombeau pour apprendre à vivre, les vieillards pour apprendre à mourir. Notre famille était comme un grand arbre. Mais chaque hiver, chaque année un de ses rameaux tombe. Ce bel arbre n’est presque plus qu'un tronc nu. Renforçons, s’il est possible encore, les liens de notre amitié, sous le patronage de celui qui dans ce moment dépose au pied de 1' Eternel la coupe de nos larmes, cette coupe qui est si pleine, qui déborde! Plions nos fronts au Dieu Grand, et adorons, tout en gémissant, la main qui nous frappe. Supportons avec dignité nos longs malheurs : la constance est le complément de toutes les vertus. Non celui qui aura commencé, mais qui aura persévéré jusqu’ à la fin sera sauvé. Jusqu’ à la fin, oui, jusqu’ à la fin nous serons forts, nous serons résignés, nous serons fiers de notre conscience sans tache. Formons notre noyau! que le centre à nous tous soit cette personnification de la douleur et de la vertu, cette femme sensible et sublime, qui- est notre Aifge à nous tous. Soignons notre santé, soyons jaloux de nos corps, vivons 1 un pour l'autre. Un jour nous serons réunis, nous nous confondrons tous dans un long embrassement, qui aura quelque chose de célestial. ^ ous, Jacques, vous Bernard, ne doutez pas de nos cœurs. Nous sommes nés pour aimer. La reconnaissance dans nos cœurs est comme une rosée qui les vivifie. Vous êtes des pères pour nous : nous avons des cœurs de fils pour vous. Oh ! la douce pensée. Ceux qui nous persécutent, qui nous font souffrir goûtent-ils jamais ce suprême bonheur : la conscience d'aimer et d’être aimés ? ^ ous, mon premier besoin, étincelle de lumière, qui éclairez mon ame, qui me rendez chère l’existence, vous, incarnation du dévouement, amie de mon cœur, soyez tranquille sur moi. Les larmes que je verse ne sont pas toutes d’amertume. Dans la douleur d’une âme bonne il se cache quelque [chagrin] qui ressemble à la joie, une joie secrète, mystérieuse, indéfinissable. C’est que Dieu de son haut envoie la goutte de la miséricorde oans la coupe de l’amertume, lorsque, en l’approchant aux lèvres, c’est son nom qu’on invoque. Invoquons-le, invoquons-le. Je vous embrasse tous du fond de mon cœur ému. \ otre ami [Joseph] 225 CXXII. Giovanni alla Madré Berne, le 27 Février 1835. Ma chère Amie ! Je reçois votre missive du 19 courant, qui m’annonce ce à quoi je m’attendais infailliblement, le dénouement funeste. Que Dieu fasse paix à son âme! quant à lui, ne le pleurons pas, car il a fini de souffrir; envions-le plutôt, et réservons-nous à pleurer sur nous-mêmes, pauvres naufragés que nous sommes, balottés ça et là sur cette mer houleuse de la vie, battus par les vents de toute adversité. La morte è II fin d’una prigione oscura agli animi gentili, agli altri è noia, ch’hanno posto nel fango ogni lor cura. Je n’ai pas besoin de vos protestations pour être convaincu que vous avez fait tout ce qu’il était possible à la créature de faire pour rendre moins cuisantes les souffrances du cher vieillard. Oh ! bonheur, bonheur ineffable que celui d’être soigné par vous, celui de mourir dans vos bras! c’est un avant goût du Paradis. Là, au chevet d’un mourant, c’est votre place à vous, role d’ange de paix et de consolation, mission sublime d’amour, et de dévoûment. Ah ! toute votre vie est dans ces deux mots ; amour et dévoûment. Je voudrais pouvoir tout de même croire à ce que vous me dites touchant votre santé, mais en vérité je me sens des doutes à ce propos. Pourtant, je ne ferai pas de récriminations, pourvu que vous me promettiez de vous soigner bien, à présent que les causes matérielles de dérangement, etc.ont cessé. Je sais bon gré à M.r Bernard et Jacques d’avoir songé à moi dans leur détresse. Je leur en exprime ma vive reconnaissance dans deux lignes ci-contre, que vous leur remettrez. Je n’ai plus reçu aucune nouvelle des cadeaux, ni du marchand depuis les dernières, que je vous annonçai. Vous n’avez pas fait de mensonge, quand vous avez dit à la mère de Frédéric (1) qu’il avait reçu ses lettres, car il les a reçues en effet; quant à savoir les dispositions du même, si jamais elle CXXII. r- Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. (1) Vedi nota precedente riguardante Christ. vous en demande, dites-lui que vous 'n’en savez rien, que je ne vous en parle pas. A ous dites que Grossi tombe dans le faux dans son dernier Aolume, c est possible qu' il y tombe dans quelque chose, que je n aie ipas avisée, mais la passion y est traitée, selon moi, une manière supérieure. Le fait est que la mort de Bice m’a ait pleurer à chaudes larmes, chose qui ne m’ arrive jamais sur (Us livres, blasé comme je suis. Vous m’expliquerez votre idée. Je suis dans la fièvre de la conception. Je médite un drame en lançais, que je tâcherai de faire jouer a Paris. Paulin, qui ni eciit qu Antoinette vient d’en faire un magnifique, m’a piqué d honneur. Il me dit qu’on peut gagner 1000 frs. avec un c lanie et cette considération n’entre pas pour peu de chose dans nia Je 11e sais rien du sujet traité par Antoinette (2). y ,i.1^e c‘k°ses à tout le monde, Octave, Nina, Marthe, Lille ic 011e, Benoîte, Chatherine etc. J’ai presque du remords de vous a\oit mis en main cette malencontreuse affaire de l’emprunt, car malgré votre contrainte, je m’aperçois de toutes les vos touchantes consolations. Merci d’avoir tu - a m,01 dan's votre détresse, car la douleur est de sa na-déliV .T°1Se’ 1111 piocédé ,S1 délicat, empreint d’une si exquise solp T>!f envers votre lointain ami, m’attendrit, et me cou-aurais a on n moi de mon côté vous offrir quelque con- CXXIII. — Inedita. Bollo nomalo, n acouratamente cancellato. Berne, 27 Février 1835. L’indirizzo è stato 227 solation, mais n’en trouve ¡pas, que votre haute raison et la ferveur de vos croyances religieuses ne vous aient déjà suggérée. Vous dire que je l’aimais bien ce brave et bon vieillard, que sa mort laisse un vide affreux dans mon âme, que j’aurais donné avec reconnaissance ma vio ¡pour la sienne, ce n’est rien de vous dire de nouveau, car vous devez, à cette heure savoir tout le volcan d’amour, de sacrifice qui embrase mon âme. Hélas ! pourquoi nos moyens de réalisation sont si faibles et bornés malgré la surabondance de notre dévoûment ! Mon cher Père, mon cher Oncle, ne la pleurons pas ce.... (1) envions-le ; si les pleurs se font jour malgré nous, pleurons [sur nous] mêmes, qui voyons chaque jour tomber un de nos chéris, et.... menace. Oh! la vie déjà si maussade quand on a ce que le monde appelle bonheur, si dure à supporter quand on est malheureux, la vie, où l’on 11e rencontre que des plats, ou des méchants, est trop misérable chose pour qu’ on doive la regretter, J’ espère que vous ne verrez dans ces considérations que le véritable reflet de mon âme, non une exagération d’emprunt. Oh ! si vous saviez comme deux années d’exil peuvent mûrir le jugement, peuvent donner une direction grave à l’esprit ! Je vous recommande ma pauvre mère — le coup qui vient de nous frapper tous la frappe elle aussi dans la partie la plus sensible. Faites en sorte qu’elle n’ait pas à s’apercevoir qu’elle vient de perdre un ami, un protecteur. Environnez-la de votre protection, de votre tendresse. Vous le ferez parce que vous êtes bons, parce que c’est votre malheureux ami, qui vous en conjure, parce que vous remplirez eu le faisant le vœu solennel de celui, que nous ¡pleurons, parce que l’hommage rendu à la vertu plaît à Dieu, dont elle est la ¡plus pure émanation. Adieu, mon cher Oncle, mon cher Père, je finis en me recommandant à votre sollicitude, et faisant des vœux pour que le calme renaisse dans votre âme. Agréez les condoléances et les vœux sincères de Paulin, que ce même coup vient de frapper bien amèrement, en même temps que les salutations et les souvenirs des peu d’amis qui m’entourent et qui ont été aussi les vôtres. Je suis avec respect et amour votre Zanf. (1) Per la lacerazione della carta manca qui e nelle righe seguenti qualche parola. 228 OXXIV. Ma chère Amie! Giovanni alla Madre 0 Berne, le 4 Mars 1835. e * ^eux ligues à peine, ma chère et bonne, à l’u-îque n de me donner une satisfaction en t’assurant du bien dùrpma|^r^ mora^ (^e t°n aud, ainsi que de celui d’Emilie, au m et d Ange. Si ce n’ était pour cette considération je aurais probablement pas écrit, cur je suis un peu affairé ujouic iui, et je manque aussi de matière, car je n’ai pas de Postérieures à ta lettre du 21 écoulé, à laquelle J ai déjà répondu. La Nina aurait droit à l’heure qu’ il est d’être fâchée avec sui*1 ^°m m0n manQue apparent de promesse. Qu’elle se ras-re pourtant, car si mon indolence naturelle, et aussi quelques occupations me font souvent retarder l’accomplissement de mes romesses, tôt ou tard je finis par les remplir, et il est très rare Ple J } manque. En attendant, ce retard servira à la mettre à 0 eme C e P°llvoir avec plus de perfection exécuter l’accompa-» emen de la Romance en question. Embrassez-la pour moi, J entends la Nina. chi n f S^ J^as 1110n habitude de t’entrenir de politique, sa-‘11 a matière très épineuse. -Te te disais dernièrement que j. 1°U'(an ^ 0U)1'r Bernois avait beaucoup rabattu de son pré-Duis - r .U lca^fme ‘snr ce qui touche aux relations avec les rhVaiaiKeS ^ei encore’ sur une question de politique, les ra-caux ont été complètement battus au Grand Conseil, où ils „ «V,Ut vo*x contre une majorité de cent (“in- ouï vo 1 ,nni\Ic!’ comme en France il y a un parti très fort ]|p J)aix d ^0111 auquel toutes les concessions ne coûtent rien, pourvu qne ce but soit atteint (1). Postale: Berne^^M^rs^ms^ A Madnme Marie Veuve Coçomo - Gênes. - Bollo «Era radunato il Gran Consisto' — alla madre dando maggiori ragguagli: cose del Governo, avean fatta una ™ membri, scontenti della direzione data alle nel bureau tutte le note, pièces e ™Z10ne’ percllè fossero dentro otto giorni deposte dotta del governo francese etc. Era insTm 1 COnC€rnenti. le relazioni estere, la con-mandava a* Governo. Si volea <-ho i ma UDa 8p€c*e di compte rendu che si elementi di giudizio nell’attuale posizioni T', *™BBe echieratl davanti a sè gli manifestata favorevole al governo e alla ma ° C1 ’ fatto» ^opinione pubblica si fosse alla marca tenuta sin qui da esso nell’affar della 229 Le ciel est toujours sombre et brumeux, mais le froid est très supportable. Il se lève dans ce moment une bise, que j’entends siffler comme un serpent, et qui nous promet le serein. On ne peut pas se risquer à une promenade hors de la ville, telle et si grande est la boue, et la fange dans les grandes routes, qu’on risque d’y laisser les bottes. Je soupire même après le froid, qui glacerait cette fange, car alors on pourrait se promener un peu. Tu diras mille choses à mous. Bernard et Jacques. Tu n’oublieras pas le reste de la famille, Victoire, Benoîte, Lille, Marthe, etc. Tu n’oublieras pas de te dire à toi-même mille choses de ma part ; en effet qui, mieux que toi, peut être mon interprète auprès de toi-même? Je t’embrasse avec délices, avec culte, avec folie. Adieu, ton Zane diplomazia, il governo sarebbe stato più forte — se si fosse manifestata contraria, il governo avrebbe dovuto mutar direzione. Kasthofer aveva promossa la mozione: è un vecchio patriota, il più puro ch'io mi conosca, che ama il popolo come un suo figlio, e la dignità della Svizzera come la propria. La mozione s’è discussa il giorno 2. Erano venuti alla città 500 patrioti dai piccoli paesi del Cantone. Il Governo s’è dichiarato contro — vi sono state defezioni. Un Scimeli, tribuno del popolo, nel 1830, e dotato di molta eloquenza, oggi facente parte del Vorort, ha invettivato contro Kasthofer suo antico amico e gli altri segnatarii — gli ha denunciati come cospiratori, come nemici dello Stato, macchine di stranieri, alludendo a chi intendete etc. — poi ha fatto paura ai poveri deputati che si somigliano dappertutto, dicendo loro : avete a scegliere tra la guerra e la pace. Se votate in favore della mozione, avrete la guerra. I membri hanno avuto paura, ed hanno votato contro — 151 voti hanno respinto la mozione — 36 soli hanno votato a favore. Questo risultato ha prodotto un eccitamento assai forte negli spiriti, e produrrà incoraggiamento nelle Potenze. Schnell e questi uomini di governo, l’hanno coi rifuggiti in modo eroico » (Eptst., Ediz. Naz., III, 385). cxxv. Giovanni alla Madre Berne, le 6 Mars 1835. Ma bonne Amie ! Je reçois votre incomparable du 26 ; toute belle, toute douce, toute aimante comme tout ce qui émane de vous. Seulement, j’y trouve encore trace de cette excessive modestie, dont il vous plaît de vous calomnier, et dont je vous gronde, et gronderai CXXV. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 6 Mars 1835. toujours. Mais si vous ne sentez pas vertueuse, si vous n’avez pas la conscience d’avoir toujours rempli vos dovoirs, si vous ne regardez pas derrière vous avec la fierté de qui a beaucoup souffert et expié, si vous ne faites pas ça, dis-je, qui est-ce qui pourra le faire, je demande ? Amour et sacrifice, voilà la \eitu.^ Eli bien, vous si aimante et si malheureuse, en vérité, vous êtes la personnification de la vertu sur la terre. Ne vous i écriez pas, ne m’ôtez pas mon culte, je vous en prie. Ange aussi a eu des nouvelles de sa sœur ; puisque le ma- ’•mge projeté est définitivement rompu, elle partira incessem- inent. C est le souhait de ses parents, auquel elle ne peut se refuser Je conçois très bien que la perte du brave Chanoine, outre le vide, qu’elle laisse dans votre âme aimante et sensible, produit aussi un contrecoup dans votre position matérielle, en vous privant d’une ressource, à laquelle enfin vous pouviez avoir recours de temps en temps. En vérité, mon cœur en gémit pour vous. Qu’est-ce qu’on parle de faire en famille pour la gestion des biens de Taggia ? (1) A-t-on arrêté quelque chose, ou est-on encore dans le vague? © Mon cœur saigne aussi quand vous me parlez de l’emprunt. Je vois tout, je sens tout, je devine tout ce qu’a d’épineux, de mortifiant, de douloureux pour vous cette tracta-tive, et je ne puis... (2) vous le dire. Envoyez au diable ce tas de boue, et n’en faites plus rien hélas, je ne peux.... vous le dire. Au contraire, je me trouve forcé d’insister, de vous faire presque des conditions. [Je veux] dire que j’ai besoin de sa-\ oir pertinemment si la conclusion et la réalisation peut en avoir lieu vers la fin du mois de Mars, car, dans le cas contraire, je me trouverai forcé d’avoir recours à M.r Bernard, ayant absolument besoin d’une certaine somme pour la fin du mois, a fin de pouvoir honorablement tenir tête à mes engagements. Emilie et Ange, auxquels j’ai de plus de grandes obligations, n’ont pas le sou, littéralement le sou. En vérité, cette lutte de tous les jours avec le matériel, lutte étroite, mesquine, corps a corps me fera perdre la tête. Je vous ai signalé dans mon avant dernière la marche rétrograde du Gouvernement Suisse. il) Corne e noto lo zio Canonico era l’amministratore dei béni Rufflni a Taggia, !aceraZipneqdel fogHo C°me Ee6UeDti “anca qualche parola per UM 231 Cette marche ne peut faire à moins d’influer sur notre sort individuel, c’est chose certaine, et qui a déjà un commencement d’exécution. Je t’en supplie ne t’en iinjuiète pas, ne crains rien pour moi, ni pour les autres, mais tu conçois la conséquence forcée de ce surcroît de persécutions. Si l’on vit avec dix dans un état normal il faut trente dans un état exceptionnel. Toujours en mouvement, vivre sur les hôtels, qui sout très chers en Suisse, et mille autres choses. Et puis, au pis aller, mais cela n’arrivera pas, quoique cela soit possible, il y a au bout un voyage bien long, à Londres. 'C’est pour cela qu’i'l m’est impossible de rester sans le sou. Si l’emprunt se réalise, alors tout est remédié. Il faudra aussi que tu veilles à l’expiration de trois mois pour que je fasse ma demande à M. Bernard. Si l’emprunt ne se réalise pas, alors j’ en écrirai avant, et ce sera à lui que je demanderai une avance à titre de prêt, en appuyant ma demande de pièces justificatives. Ainsi, tu vois que ce n’ est pas le moment de songer à la moustache. Mais, je te répète ne t’inquiète pas, 'fie-toi à ma prudence et à mon amour. Jamais tu ne manquerais de mes nouvelles. Pour le moment, nous sommes encore à l’état normal. Ce soudain changement d’humeur, dans la mère de Frédéric, m’étonne, et me console. Je lui en écris. Ça va sans dire que la lettre et l’argent sont envoyés. Notre santé à tous est parfaite, Paulin compris. Salue tout le monde de ma part, M.r Bernard, et Iaeques en particulier. A toi mon âme dans un baiser d’amour Zane CXXVI. Giovan’Ni alla Madré Berne, le 9 Mars 1835. Ma bonne Amie ! C’est à tort que vous vous appesantissez sur la teinte sombre, qui perce de temps en temps dans quelques-unes de mes lettres. Cela devrait vous paraître naturel dans les circonstances présentes, car la maladie de ce bon Chanoine, non seulement CXXVI. — Inedi ta. A tergo: Alla Signora Maria Vedova Cogomo - Gênes. — Bollo postale, Berne, 9 Mars 1835. 232 avait droit de m’attrister par son probable dénoûment, qui ne s’est que trop avéré, mais elle ouvrait encore dans mon âme des plaies saignantes, tout indépendemment de la pensée de la maladie même. Quand même il n’existe pas de raison déterminée ipour moi d’être triste, vous sentez que dans ma position j’ai presque droit de temps en temps d’être de mauvaise humeur, d’autant plus avec un caractère souverainement irritable, comme le mien. Mais vous devez savoir aussi que ma mauvaise humeur ne tient pas contre la douceur d’une de vos paroles, que la certitude de votre amour, l’assurance de votre bien-être peuvent changer pour moi l’enfer en Eden. Ainsi, ne prenez-pas garde à mes boutades, et execusez-moi de ce qu’ involontai rement je me trouve vous inquiéter. Que toute inquiétude aussi par rapport à notre bien-être matériel se dissipe, ma chère. Si tu me voyais, ma fois, tu serais contente de moi ; je suis très bien, il n’y a pas de fatigue qui abatte mon corps. «Te me suis tout à fait ensuissé en Suisse. Paulin est aussi très bien portant, je le tiens de ses lettres d’abord, et puis du témoignage d’un ami commun, qui l’a quitté il n’y a pas deux semaines. Les autres Emilie et Ange sont bien aussi, mieux certainement que tu n’imagines. Ainsi, calme, confiance corn plète. Voilà ce que je te demande, et dont j’ai besoin pour être calme et confiant à mon tour. Ainsi, tu crois que l’emprunt va être conclu ? ainsi soit-il, car, en vérité, ce sera une manne du paradis. Envoie toute la somme en bloc à l’ordre de M.r François D[uchêsne] comme toutes les lettres de change passés, et même la dernière de Frédéric. Puis tu me conteras des hommes et tout ce que la tractative t’a conté. Oh, hommes, hommes! Je ne devine pas ce que vous entendez par la bonne nouvelle; en effet, je suppose que c’est quelque invention, puisque moi aussi j’en saurais quelque chose. La nouvelle d’ici, c’est qu’il y a à la frontière Suisse quelques milliers de soldats Badois. C’est une démonstration pour obtenir avec plus de facilité ce que l’on veut d’elle, Suisse, et les gouvernants accorderont tout, malgré que le peuple murmure. Probablement, sur le bâteau à vapeur VOcéan, qui part de Marseille le 10 il y aura mes cadeaux à 1’ adresse de M.r Jules. La lettre qui m en avertit m’arrive trop tard, et quand le présent avis vous arrivera 1’ Océan sera déjà reparti, car il ne prend pas pratique à Gênes. J’ai affaire avec des bêtes! Vous direz mille choses 233 pour moi à toute la famille, M. Bernard, Jacques, Octave, Nina, Victoire, etc. Remerciez aussi M.me Mart'he, et assurez-la que je lui écrirai. Dernièrement la bague des cheveux, que je tiens de Victoire s’est cassée en deux de vétusté ! Patience Figurez-vous qu’avant-hier j’égaré également l’autre que je tiens d’elle. J’ en fus malheureux plus que vous ne pensez-j’ y vis un mauvaise augure. Mais, par bonheur, hier on 1’ a trouvée, et je l’ai reconquise. Ce fut une joie d’enfant, qui trépigne et saute. Oh que je suis enfant malgré mes trente ans, ma philosophie et mes malheurs ! Ici 1’ on donne comme officielle la mort de l’empereur d’Autriche (1) le successeur a confirmé le Prince de Metternich dans sa place, de manière que rien, absolument, rien n’est changé. Je suppose que vous aurez votre part du deuil officiel. Adieu, mon bon Ange, ma sainte providence. Ne crains rien pour moi, je suis dans tes bras, n’ai-je pas ta protection et ton amour ? Avec cela je défie terre et enfer. Adieu Zaxe (1) Francesco I, morto il 2 marzo 1835. CXXVII. Agostino alla Maure [Paris], 10 Mars 1835. Ma bonne Amie ! Je veux croire ce que vous dites. Je veux penser que ce bon vieillard, avant de s’envoler aux deux, se soit présenté dans mon sommeil comme pour me donner son adieu. Je veux croire aussi, que c’est lui qui vous protège d’en haut, et qui vous donne la force et la santé au milieu de tant de douleurs, de calamités, de pertes. Ces idées religieuses, ces idées qui vous mettent en contact pour ainsi dire des êtres, qui approchent de la Vérité Eternelle, ces idées qui tiennent ensemble le monde matériel et le monde spirituel, sont tout-puissantes sur un esprit ferme et plein de foi. Ne craignez pas : mon cœur, et ma tête concourent également à me faire envisager les choses qui nous adviennent sous leur véritable point de vue. Notre patriarche CXXVII. — Inedita. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale : A Mars 1835. m a (parcouru une longue carrière, une carrière de vertu et de dévouement. Iil lui fallait sa récompense, et le ciel a voulu la lui donner. Pourquoi voudrions-nous par des plaintes injustes accuser les conseils de la Haute Providence ? Nous avons perdu 1111 ami, et nous avons conquis un saint. Je vous crois, mon Ange. Pourquoi me tromperiez-vous ? Non, non, c’est impossible de votre part. Puisque vous m’assurez de votre bonne santé, je me repose entièrement sur votre foi. A ous me donnez une consolation, qui n’a pas d’égale pour mon pauvre cœur. J’écrirai comme vous me demandez au bon François. Cependant ne vous allarmez pas à cause de sa lettre. Vous le voyez bien. Quelquefois on a des moments de tristesse qu'on ne saurait pas dompter. Il y a des moments dans lesquels 1 âme déborde, comme un vase trop plein. Mais votre image vient comme un soleil, et les ténèbres se dissipent. Votre image vient : vos lettres pleines d’une effusion angélique, inspirées par tout ce qu’il y a de plus sublime dans l’amour, et la tristesse s'en va : elle donne lieu à cette sainte ivresse de cœur, qui vous ravit au-dessus de ce monde pour vous reposer dans une ineffable harmonie de sentiments puisés au soin de 1’ È-ternel même. J'ai donc deviné. Une au moins de mes lettres s’est égarée. Au moins je ne saurais comment expliquer différemment le silence de l’Avocat (1) à propos d’une commission que je lui ai donnée. Je te priais instamment de me procurer un emprunt de 300 francs, que j’aurais payé entre quatre mois. Je me suis engagé vis-à-vis de quelqu’ un, que j' aime assez, pour cette somme, et je ne voudrais pas manquer à ma parole. Je m’étais adressé à lui, espérant qu’il serait à même de me rendre ce service. Mais puisqu’il ne m’en souffle pas mot, j’en conclus, que vous n’avez pas reçu la lettre, dans laquelle je lui parlais de cela. Ça, à vrai dire, me tourmente un peu. Au moment où je me flattais de pouvoir servir mon ami, je n’en suis encore à rien, si ma lettre est perdue. Toutefois je lui répète la commission. S’il peut se hâter, trouver l’emprunt poste courante, pour ainsi dire, il m’obligera éternellement. La cousine vous embrasse, vous et l’Avocat. Les nouvelles qu’il lui donne, lui font ouvrir le cœur à 1’ espérance. Elle lui donne pleins pouvoirs, seulement elle a son refrain : si je pouvais toucher (1) Filippo Bettini. “235 quelque chose, au moins une modique somme pour lutter contre la misère. Je dois vous marquer également, comme quoi je n’ai pas trouvé à la poste la lettre, dont vous me parliez. Quelle était son adresse? d’où venait-elle? était-elle poste restante, ou bien portait-elle l’indication de quelqu’un de nos domiciles antérieurs ? Je vous embrasse mille fois, je me porte parfaitement bien, et je suis pour toujours votre ami Joseph CXXVI1I. Giovanni alla Madré Berne, le 11 Mars 1835. Ma bonne Amie ! Me voilà à toi, ma chère. Quoique sans matière, car je n’ai pas de tes lettres depuis la dernière du 28 écoulé, quoique passablement occupé, je ne peux pourtant pas me refuser la satisfaction de te donner de mes nouvelles, de m’entretenir un moment avec toi, avec toi qui résumes pour moi la vie et les affections, toi, ma mère, ma sœur, ma fille, mon enfant, mon amante, ma protectrice et ma protégée. Tu vois que c’est de l’égoïsme tout pur ; ah ! si tu savais comme je suis devenu égoïste en matière de cœur, ed aussi quel enfant gâté je suis ! si tu me voyais souvent bouder, trépigner des pieds, presque pleurer de dépit à la moindre contrariété, et puis babiller éternellement, sauter, gambader comme un enfant à la moindre joie, oh ! tu rirais j’ en suis sûr. Aussi, mes amis me trouvent de temps en temps insupportable, têtu, déraisonnable, mais ils sont si bons avec moi bons, je dirai, jusqu’ à la. faiblesse, qu’ils finissent par mefaireles avances d’un racommodement, que j’accepte aussitôt franchement et avec reconnaissance, car je suis bon au fond, très-bon, et j’ ai dans mon âme une source inépuissable de dévouement pour eux et ils le savent et ils m’aiment malgré tous mes défauts. Mais afin que tu ne me croie plus méchant, et volontaire [que je] ne suis, pense- aussi que mes boutades CXXVIII. — Inedita. A tergo: Alla Signora Maria, Vedova Cogomo - Genova — Bollo postale : Berne, 11 Mars 1835. 236 ne sont pas assez fréquentes pour les [autres] qu’ elles sont aussi très courtes, quand le jour en arrive. Avec tous mes défauts...... (1) il faut qu’iil y ait du bon en moi, il faut que les âmes sympathiques devinent la puissance d’amour, qui est dedans moi, car je me trouve inspirer généralement de la, sympathie, et particulièrement chez les femmes, que j’adore d’un culte presque divin, car je leur dois beaucoup, et parce que tu l’es. Or, il en existe une dans ce pays à qui j’ai inspiré une passion tellement vive qu’ elle a risqué d’en tomber folle. Oh, jamais au monde je n’inspirerai un amour si vif, si exalté, si pur, si dévoué; et moi, moi je 1’ aime comme une sœur, mais je ne l’aime pas d’amour. Oh, non, mon cœur est plein, plein de toi et de lui et il n’y a plus de place. Cette pauvre enfant, car son âme est enfantine quoiqu’elle touche a la trentaine, avait des préjugés et une répugnance invincible contre les Italiens-à présent elle en raffole, elle dit que ce sont des demi-dieux. Si tu l’entendais m’exprimer en termes de feux toute la reconnaissance pour ma noble conduite avec elle, vouloir baiser mes mains, tomber presque à genoux devant moi-et pourtant elle est bien malheureuse et c’ est à cause de moi, car j’ ai été franc avec elle et je lui ai offert uniquement tout ce que je pouvais, le cœur et le bras d’un frère, et ses larmes ont coulé amères et brûlantes, car elle ne m’aime pas comme un frère, la pauvre enfant. (2) Tu vois que j’ai presque rempli la lettre de mon triomphe. Oh, ce n’est pas par vanité, et j’ ai choisi le premier argument venu. S’il y a vanité pour moi elle est bien excusable, parce que je la puise dans l’amour de mon pays, de réhabiliter avec quelqu’ un le caractère italien, si lâchement calomnié dans ces pays. C’est mon unique genre de propagande. C’ est aussi avec un sentiment de fierté que je me dis : elle, 1’ u-nique femme que j’aime d’amour, elle sera fière de toi, car elle te sentira digne d’elle, puisque jamais tu n’as forfait au de-voir, ni à l’honneur. A une autre fois le récit d’une autre conversion. Pour aujourd’hui c’est assez parler de moi. Et toi, comment tu vas, mon amour? la douleur en famille est-elle un peu calmée ? Dis bien des choses aux pauvres affligés, et par conséquent à toi-même aussi. Comment vous (1) Manca una parola per una. lacerazione délia carta. (2) Questa Giulia, che non siamo riusoiti a meglio identiflcare, earà oggetto di numerosi accenm nelle lettere seguenti (Ofr. lefctera ÇLIX) 237 traite le temps ? dhez nous il fait sombre, il neige, il pleut, il vente, il fait de tous les diaMes. Notre santé à tous est parfaite comme à l’ordinaire. Emilie et Ange te saluent chèrement. Paulin écrit et se porte toujours bien. Je ne voudrais pas t’ a-voir effarouchée de certaines prévisions, qui ne se réaliseront peut-être pas, qu’ il suffise à ta tranquillité que 1’ état normal continue et le calme est complet. Plus aucunes nouvelles du marchand, sinon qu’il est in loco. Salue bien tendrement tout le monde de ma part. N’oublie pas la bonne Victoire et Benoîte et M.me Marthe et Lille et la Nina et Octave, enfin tout le monde. Je te presse mille fois sur mon sein brûlant tout palpitant d’amour. Je te mets sous ta propre sauvegarde, c’ est-à-dire je te fais le dépôt de mon trésor, de mon passé, de mon présent et de mon avenir. Tout à toi Zane CXXIX. Giovanni alla Madré Berne, le 13 Mars 1835. Ma chère Amie ! Me voilà depuis deux courriers sans lettres de vous, ma bonne et sainte âme, en sorte que je suis privé de mon pain quotidien, de ma nourriture spirituelle. Je ressens la privation, je ne saurais le dissimuler, mais je ne m’en afflige pas trop, car j’ai beaucoup de foi en Dieu et en ton amour, et puis je me raisonne et je me persuade que cette lacun est uniquement le fait de la poste, que vous avez écrit, et que la lettre est égarée, ou retardée de quelque manière, chose qui n’est que trop arrivée d’autres fois. J’espère dans le demain, jour du courrier d’Italie, et une bien douce missive m’ôtera toute inquiétude. En attendant, je me résigne et je vous propose mon exemple à suivre pour un cas analogue, qui vous arriverait, chose qui n’est ni improbable, ni même rare. Je suis forcé d’entrer dans une matière, qui me répugne CXXIX. — Inedita. A tergo : A Madame Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 13 Mars 1855. m fort, car il s’agit d’argent, mais la nécessité m’y pousse. C’est dans ce but que je vous prie de communiquer la présente à M.r Bernard, pour qui le présent paragraphe est écrit. J’ai besoin, absolument besoin pour le 24 de ce mois de 200 frs. J’en ai besoin pour payer ma pension d’un mois et le loyer de ma chambre pour deux mois. Si cette lettre ne retarde pas en route, elle vous arrivera le 17, ou le ÎST, et avec un peu de rapidité je pourrai recevoir l’envoi le 23, ou 24, enfin assez à temps pour faire face à mes engagements. Il est étrange que je [vous] fasse presque des conditions pour la plus grande proptitude, mais que cela [serve] à vous prouver que c’est l’absolue nécessité qui me fait agir. Je n’ai pas [absolument] la ressource e recourir à mes amis d’ici pour un emprunt, qu’ils me fe-iaient même avec joie. Hélas! nous sommes tous si pauvres que nous ne faisons pas tous ensemble la somme de 10 francs. Je prie instamment M.r Bernard à m’excuser, et à ne pas préjuger de ma demande contre ma conduite. Des circonstances impré-uies, et qu’il m’est impossible de lui expliquer, in’ont contraint à un surcroît de dépenses, qui a bouleversé mes finances. * e n ai jamais été aussi économe pour moi de mon argent que cette fois-ci; je le dis avec fierté, je me suis refusé toutes les douceurs, moins les cigares ; j’ai fait tout ce qui était en moi pour me procurer quelque ressource, qui me mît à même de lie pas aggraver la famille, mais tout m’a manqué. J’attendais 0 frs. de Paris, prix d’une correspondance politique et littéraire à insérer sur un journal ; je n’ai eu plus ni réponse, ni argent, et je n ai pas seulement vu que ma correspondance ait été insérée. (1) J’espère que M.r Bernard aura assez d’estime de mon caractère pour croire à ma sincérité, jamais je ne voudrais ni en ^mP°ser par un mensonge. J’aimerais mille fois mieux a-^oucr une incartade, si j’en étais coupable, que de me rebaisser 1 ro e d hypocrite. Ça va sans dire, ces 200 frs. que je demande, je les demande uniquement comme une avance sur les fonds, i pounoit régulièrement à ma subsistance et ils seront înT«6VeS SUI P1Pm^er envoi d’argent, qu’ il me fera. Faites-lui s excuses et saluez-le de bon cœur ainsi que l’oncle Jacques. n ,j,A mon 1)0n anSe> Je ne saurais te dire tout se a ad humiliant, de dur, pour moi, d’imposer de nouveaux (1) Di questo articolo non ei p conservato traccia. > 239; sacrifices à la famille. Cette nécessité me jette dans un découragement profond. Du moins, tu me comprends et tu me compatis- C’est une grande consolation pour moi. Notre santé à tous est al solito, parfaite, entends de Paulin aussi, dont je suppose que tu as des nouvelles directes. Le temps est superbe et point froid. Tu salueras tout le monde de ma part, sans oubliez personne. Je te promets en revanche de cette froide et financière lettre une lettre toute poésie et amour ; pour le moment pardonne-moi. La manque de tes nouvelles, et la lutte corps à corps avec le besoin, voilà assez de quoi embrunir une imagination bien plus riante que la mienne. Je suis tout à toi, vie de ma vie. Zane CXXX. Agostino alla Madre [Paris], 17 Mars 1835. Chère Amie Il fallait bien que cela fût ainsi. Ma lettre devait faire le tour du monde, avant que d’arriver à sa destination. Que voulez-vous que je vous dise ? J’admire les jeux du hasard, qui paraît conjurer contre nous, et je me résigne. Je n’avais pas douté de l’Avocat (1). Je-prévoyais bien, que la lettre était perdue, ou -bien retardée. Je savais bien que de toute manière il m’aurait répondu : et qu' au moins le cas d’une impossibilité absolue il ne me refuserait point. J’ai la lettre. Je l’en remercie du fond du cœur. Il est doux de pouvoir compter à l’occasion sur un ami. Si je pouvais lui être utile en quelque chose, je serais ravi de lui pouvoir rendre service pour service. Mais que puis-je moi, pauvre diable ? Avoir de l’amour et de 1a- reconnaissance pour ceux qui me font du 'bien. Je ne puis autre chose. Priez-le de nous tenir à même de tout ce qui se passe de relatif à la vente. Cela nous intéresse au dernier point. Arnaud (2), et moi nous lui envoyons ce salut du coeur, qui vaut un million de paroles. La Cousine vous remercie infiniment de votre lettre. Vous CXXX. — Pubblicati pochi brani tradotti in Cagnacci, op. cit., pag. 60. Senza indicazione di indirizzo. (1) Come s’è già visto l'avocat è il Bettinì. (2) E’ il nome con cui il Gliiglione era entrato nella « Giovine Italia ». 240 lui dites des choses si belles, que j’eu suis presque jaloux. Votre âme est un foyer d’amour, qui projette des rayons tout autour de lui et qui tombent sur tous ceux, qui peuvent s’appeler les élus. Elle vous répondra, lorsqu’elle sera moins occupée de ses affaires. En attendant elle me charge de vous dire bien des choses de sa part, et de vous exprimer tout son amour et toute sa reconnaissance. Et je laisse cela à votre cœur, qui connaît si bien l’alphabet de l’amour. Je suis bien flatté de ce que Monsieur Bernard et Monsieur Jacques m’envoient dire. Je leur sais gré de l’affection, qu ils me montrent, et si ma lettre, au milieu de la douleur, leur a donné un moment de consolation, je me félicite de l’avoir écrite. Mais je ne mérite tout ce que vous m’en dites. C’est trop. Je rougis de ces louanges, quoiqu’elles me viennent d un Ange. En me comparant à vous, je me sens si petit, si nul, si médhant même! car vous êtes la perfection, la plus belle idée de 1" Intelligence Suprême, et moi.... je ne suis qu’un pauvre mortel, qui n’a d’autre gloire a lui, que celle de vous appartenir, que celle qui lui vient de vous. Vous voulez des nouvelles du Drame de mon compagnon. Que voulez vous? Cela a été une puissante inspiration. Le titre en est Alexandre Medicis. La conception en est hardie, 1’ exécution sdhillérienne. Une Dame, la Duchesse d’Abran -tés (3), s’était offerte pour le traduire et le faire représenter aux Français. A présent il paraît qu’ elle trouve des difficultés. Cela va sans dire: nous n’en ferons rien. Je ne compte pas sur les promesses de ces gens-là. Hier au soir je lui en ai parlé : elle s’est montrée très-froide, tandis qu’au commencement son enthousiasme débordait. Si l’Avocat nous envoyait des fonds, nous le ferions imprimer, et peut-être nous en tirerions quelque profit. Mais jusque-là le Drame doit dormir. Envoyez-moi les livres par diligence. Je vous ai donné une adresse pour cela . Aimez-moi, comme je vous aime, c’est-à-dire sans bornes. Je vous quitte, car j’ai un rendez-vous à midi. Adieu, mtn âme. Je ne vous cache pas que le voyage de Jacques me parait au moins inutile. Ma vie n’est pas la vie la plus tranquille du monde. Au reste, laissez-le faire, mais ne l’encouragez pas. Adieu. [Augustin] (3) Vedi nota alla lettera OXV. 241 CXXXI. Giovanni alla Madré Berne, le 18 ou 19 Mars 1835. Ma bonne Amie! Uniquement pour faire acte de présence je t’écris ces deux lignes, car je manque absolument de temps et de matière, mais en argumentant du plaisir que j’éprouve à la vue matérielle de tes caractères, abstraction faite de tout ce qu’ils contiennent de précieux et de saint par leur fond, je crois, je suis même sûr, de te faire plaisir en t’envoyant ces deux lignes, toutes vides qu’elles sont, parce qu’elles sont de mon écriture. Avant que je l’oublie, je te dirai que les cadeaux sont partis sur le bâteau à vapeur l’Océan à l’adresse de M.r Jules, reste à voir si le bâteau touchera Gênes, ou le Varignan, dans lequel cas ils seront déposés dans l’un ou l’autre endroit, et un jour ou l’autre t’arriveront bien ; ou si l’inconvénient de la quarantaine empêchera le bâteau de toucher à l’un des deux ports indiqués, chose qui est très possible. Dans ce dernier cas, les cadeaux reviendront à Marseille et nous en serons quittes pour une tentative infructueuse, sauf à attendre une autre occasion. Ces éclaircissements ne sont pas tout à fait Clairs, mais ce n’est pas ma faute, du moment que je te transcris ceux à moi donnés par mon correspondant de Marseille, qui n’est pas le plus logique et le plus précis des hommes, tant s’en faut, et tu t’en apercevras en comprenant très peu de chose à ce que je t’en dis, comme je proteste que j’y comprends très peu moi-même. J’ai presque honte d’avoir à te répéter toujours la même antienne à propos de la santé de tout le monde, mais je sais que c’est une répétition qui t’est agréable et je ne m’en fais pas faute. Ainsi donc que ce soit chose convenue que ma santé, ainsi que celle de Paulin, d’Emilie et d’Ange est parfaite si au moral qu’au physique. En effet, comment ne pas crever de santé quand on n’a qu’à boire et à manger, ou tout au plus à écrire quelques lettres pour toute occupation et qu’on peut employer tous le reste de la journée au dolce far niente, ou à CXXXI. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cooorno • Gènes. — Bollo postale : Berne, 18 Mars 1836. 242 lire, 011 à fumer, ou à provoquer la digestion dans une douce rêverie, alias siesta ? J espère que tu pourras en échange me donner de bonnes nouvelles de ta santé et de toute la famille, qu’en attendant je te prie de saluer bien tendrement. Un souvenir aussi à Vic-toiie, Benoîte, Marthe et Lille, si tant est qu’on s’en soucie. Quelque peine que j’aie, quelque abondante que soit la poésie, dont mon âme regorge, j’ai 'beaucoup de difficulté à la ane éclore, à me spiritualiser, poétiser, ou si tu veux, dramatiser, car la prose extérieure, qui me suffoque, ne me laisse pas assez d’atmosphère libre pour prendre mon essor. . -P°urtant, j’y réussis par instants et j’y réussirai encore mieux dans l’avenir, car c’est un parti pris. Adieu, ma bonne et précieuse providence. Puisse cette let-re te procurer la moitié de la satisfaction que j’éprouve en rivant, en m’occupant de toi! Je t’embrasse mille fois Zane CXXXII Giovanni alla Madré Berne, le 20 Mars 1835. Ma chère Amie! Je îeçois votre tendre et triste lettre du 12 courant. Hélas! mon cœur, vous manquez de mes nouvelles, vous êtes sur les epmes, et il n y a pas de ma faute. Que faire ? que dire ? Tout f.i7- a m-accabler, mais ce dernier coup me navre tout à ai • ous savoir malheureuse par mon fait, sinon par ma \fU e’,C 6S^ '^us *01 ^ (lue moi, c’est au-dessus de ma philosophie. ^ 01 J eeiis régulièrement tous les courriers, mon cœur suit nai 0 <3e l amoilr mes lettres, afin de veiller sur elles, afin n ? 6S ?°US arr^ven^ mais en vain. Que faire, que dire? je pti JL' ÎU|8 ^aS ’^e ^l”S sou^r> souffrir sans que cela change bois ii>n i-S arr^s ^ une Natalité ennemie de notre repos. Je dois le calice sans m’ y résigner. oue von«1,1 Gt C°mp?ls très ’bien les explications confidentielles, us venez de me donner à propos de l’emprunt. Je conçois CXXXII. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes. postale : Berne, 20 Mars 1835. 243 parfaitement votre position et celles de vos amis, je comprends, je devine tout. Bh bien ! je vois qu’ il faut renoncer à cet espoir, car on a à-faire à de la boue. Ainsi soit il! cessez des poursuites inutiles et accablantes. Oh ! ne prostituez plus votre âme candide et confiante à la bassesse de ces loups cerviers pour lesquels le manque d’argent est un crime. Je vous en prie, cessez-les. C’est de la peine inutile. Si vous aviez des fonds disponibles, comme les 5 mille francs du Straxino, qui sont déjà allés mille fois, si vous aviez pu vous défaire honnêtement de la Pucciarina, j’aurais demandé l’emprunt, devinez à qui ? à M.r Bernard. C’est-à-dire, je lui aurais demandé son autorisation, car le fond est à vous, et il ne s’agissait que de l’emploi sûr et au taux du 5 pour 100 de votre argent, intérêt qu’on lui aurait régulièrement payés à lui, vu sa louable habitude de percevoir les fruits de votre argent. Les difficultés de ce plan étaient grandes, mais avec une très longue lettre raisonnée je n’aurais pas désespéré de réussir. Peut-être me fais-je illusion et j’en suis aux expédients désespérés. Comme que ce soit, ne parlons plus d’argent et renoncez à des tentatives infructueuses. C’est ma prière, et mon ordre, s’il le faut. Un mot à propos du Drame, mais pas du mien, ce sera pour une autre fois. Vous savez, Chatterton d’Alfred de Vigny, est un Drame qui fait fureur en France. Il n’ y a rien dedans de politique. A peine il sortira imprimé, si l’on envoyait une très bonne traduction italienne (je garantis cela) (1) avec un discours préliminaire sur Chatterton et Alfred de Vigny, croyez-vous qu’ on trouverait un imprimeur et qu’ il v aurait chance de vendre et de gagner quelque chose ? Vous voyez que j’en suis aux petits expédients. C’est une question que vous ferez faire par Laurent (2) à un imprimeur, par exemple à Ponthenier. (1) La determinazione di tradurre il Chatterton fu presa dal Mazzini e dai Ruffini prima ancora ch’essi lo avessero letto. Infatti tre giorni prima che Giovanni ne scrivesse l’annuncio alla madre, così il Mazzini scriveva: «Aspetto con una certa impazienza un dramma d’Alfred de Vigny, che hanno rappresentato a Parigi, e di cui la cugina che l’ha sentito mi dice miracoli » (Epist., Ediz. Naz., Ili, 390). Sulle vicende di questa traduzione si vedano le lettere seguenti. (2) E’ Filippo Bettini, come abbiamo veduto. Anche il Mazzini raccomandava alla madre di consegnare al Bettini il manoscritto della traduzione affinchè questi lo consegnasse a Gravier (Epist., Ediz. Naz., Ili, 427). Gli editori degli Scritti mazziniani sono incorsi in un errore ravvisando nel Filippo non il Bettini ma Filippo Solari (Letteratura - Ediz. Naz., Introduz., II, pag. XI e XII). m Je 11e puis que vous répéter la formule d’usage à propos de la santé: oui, tous, tant que nous sommes, nous nous portons excellemment: Je vois que vous avez des nouvelles directes de Paulin, et j’en suis 'bien aise. Je sais qu’ il se porte ,un’ ^ant aux chagrins, dont il vous parte, j’en suis tout à ait à jeun, car il ne m’en a pas soufflé mot ni à moi, ni à Emilie. Saluez tout le monde pour moi, en particulier la famille. ' 0 Pai^age bien sincèrement l’anxiété de la bonne Victoire, di-es le-lui bien. Je m’enivre de la douce espérance qu’à l’heure qu il est toute inquiétude aura été dissipée par la réception de mes lettres retardées. Oh ! qu’au moins la providence m’accorde cette grâce de pouvoir vous tranquilliser par mes nouvelles, puisqu elle me défende de vivre en vous et pour vous à vos côtés ! ! elle le fera, si elle n’est pas cruelle. Je vous embrasse un million de fois, ô la plus tendre, ô la plus bonne, ô la plus malheureuse des femmes. . ^nsi> les cadeaux n’ arriveront pas, quand même il se-îaient partis et reviendront à Marseille! patience! Zane CXXXIII. Giovanni alla Madré Berne, le 23 Mars 1835. Ma chère Amie! \ appieinls avec joie par votre charmante du 14 Mars, reçue j. -, „ ler’ ei1^11’ Sr^ce à Dieu et à la poste, votre inquié-avpy U fi10” ^ai'rï s’est dissipée, en d’autres mots, que vous i11 1 C^e mes caractères. Par surcroît de bonheur, lettTP ■1K S anj°171^ hui par voie indirecte, car je n’ai pas de toinlw'jp ai?°nr(,lini "* 200 je pouvais air les 200 fr dé M r T "t"’ de M.r Bernard pour le 24, n’est CXXXIII. Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 22 Mars 1835. 245 pas tout à fait exact, car je n’y ai pas fait la part des retards, qui justement cette fois me paraissent avoir redoublé. Ainsi je ne compte plus sur l’argent pour demain, ni après demain, mais ça ne m’empêchera pas de faire face à mes engagements. Emilie, qui n’a pas le sou, s’est décidée à un coup d’état, et c’est grâce à son intervention que je pourrai payer ; à peine l’argent arrive je la rembourserai, car elle aussi est tout à fait dénuée. Ne perds pas de vue une chose très intéressante pour moi, c’est-à-dire l’époque de l’expiration des trois mois, afin que je puisse faire ma demande légale, car tu sais que les 200 frs. (pie je recevrai m’avanceront assez peu. Tu sauras me le dire. En vérité, je suis presque honteux d’être si pauvre, cela ne m’est jamais arrivé du temps où nous étions ensemble. Comment diable va cette affaire ? en perdant votre influence angélique, votre protection je suis devenu aussi pauvre. Ne parlons plus de misères. Tu m’inculpes à tort de manque de foi à propos de certaine lettre, dans laquelle j’ avais (1) de te déplaire. Tu te trompes mon amie. C’est le premier prétexte qui m’est venu ['que j’ ai] saisi, afin d’avoir, bon gré ou malgré, un mot de foi sur la matière. A présent je [suis] content. Seulement tu nie calomnies d’une part, quand tu me parles de manque de foi, tu m’exaltes trop de l’autre part, des éloges outrés, que je ne mérite pas. Je vous ai dit que les cadeaux partiraient, ou étaient partis sur le paquebot YOccan à l’adresse de M.r Jules, et mes craintes à propos par effet du choléra. Je ne peux rien ajouter, car je n’ai plus autre nouvelle. Je ne conçois rien à ce changement de route de nos lettres. Au reste peu importe, pourvu qu’elles arrivent. La santé continue à être la même, c’est-à-dire superbe. Entendez cela de Paulin, d’Emilie, d’Ange, et de tout le monde. Le temps est sombre et froid-nous sommes menacés d’une chute de neige. Le froid ne me fait rien, car je suis assez prémuni contre lui, mais c’est l’ennemi juré de ma bourse, car il me faut, avoir la cheminée allumée tout le jour et le fourneau échauffé. Veux-tu rire ? une chambre que j’ai louée 20 frs. français par mois avec chauffage, éclairage, deux tasses de thé, et ârinkgelt (bonamano) m’est revenue à la fin du mois 71 francs, ni plus ni moins. Cette demoiselle, dont je t’ai (1) Manca una parola per la lacerazione della carta. 246 ¡parlé dans une de mes lettres, va à noces demain, elle est dans un état à faire pitié! Je l’ai vue hier pour la dernière fois, elle était ¡presque folle. Oh, jamais je ne trouverai un cœur comme celui-là, jamais, et moi, ingrat, moi je ne l’ai pas aimée, car mon cœur est cadavre pour les femmes. Il est plein de toi et de lui, il n’y a plus de place, une nouvelle affection vive et ¡profonde me paraîtrait un sacrilège, je me croirais coupable. Le drame dort, mais il se réveillera. Bien des choses à toute la famille, un salut à Victoire, Benoîte, Marthe, Lille et Lauret, qui se plaint à tort que je l’ai oubliée. Oh ! non, jamais. Et pourquoi l’oublierais-je ? Les allemands, poètes et mystiques en tout ont une ¡petite fleur bleue modeste et mélancolique, qu’i'ls appellent verr/iss mein nicht (non ti scordar di me) si je pouvais t’en envoyer un bouquet ! Adieu, je t’aime, je t’aime. Zane CXXXIV. Giovanni alla Madré Berne, le 25 Mars 1835. Ma chère Amie ! Je n’ai pas reçu une lettre de toi aujourd’hui, quoique ce soit courrier d’Italie. Je ne m’en plains, ni m’en inquiète nullement, car je connais à l’heure qu’ il est, le vilain procédé des postes. En attendant, sache ¡pour ta tranquillité que j’ai pu hier grâce à Emilie, paj^er mon loyer et ma pension, dont je t’avais demandé et j’attendais si instamment le montant, de manière que sois tranquille, je suis en règle à ¡présent et je puis attendre. Je tombe de sommeil, de fatigue et de froid. Il m’est survenu un surcroît d’occupation qui m’a obligé à passer la dernière nuit à mon écritoire; j’ai dû encore dans la journée m occuper d’autre chose, et faire une course de deux heures à aller et deux heures à revenir, de sorte que je suis las comme une 'bête, et mes yeux se ferment involontairement après un bon souper dont je me suis régalé avec le meilleur appétit. Il CXXXIV. — Inédit a. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale : Berne, 25 Mars 1835. 247 neige, il fait froid, et je m’en vais au lit. Bonsoir, ma charmante amie. Du moins, le sommeil ne m’empêchera pas de te répéter les bonnes nouvelles de ma santé, ainsi que de celle d’Emilie, de Paulin et d’Ange. Demain matin, je me promets d’être gai et dispos, comme un moineau après un bon sommeil de dix heures. Je t’embrasse mille fois sur la bouche et su le cœur. Salue tout le monde de ma part. Adieu, mon ange, excuse ma brièveté, et aime ton Zane cxxxv. Agostino alla Madre [Paris], 26 Mars 1835. Mon Amie ! Je me flattais de recevoir aujourd’hui une lettre de vous une de ces lettres, que vous seule savez écrire, car vous seule savez aimer comme les Anges. Je veux croire, que ce n’est qu’un simple retard causé par mon changement de domicile. Demain j’aurai ma manne, cette manne céleste, que Dieu m'envoie dans mon long pèlerinage vers la terre promise, pour me prouver qu’il ne m’a pas oublié. En attendant je vous écrirai quelques nouvelles d’ici. Il vient de mourir un Général italien émigré, Olini. On dit que c’était un brave : un de ces hommes qui ont un cœur de patriote sous la divise de soldat. Il mourut aux Batignolies, où il demeurait loin du tracas du monde, dans une solitude dî-gniteuse et fière. Qu lui trouva pour toute fortune vingt-six sous. Il avait l’estime et l’affection de tous ses compatriotes. Son convoi était composé de plus de deux cents Italiens, et de plusieurs Polonais. Ses restes furent déposés au cimitière près Clichy-la-Garenne. Quatre beaux discours furent prononcés sur son tombeau. Le Journal Le Réformateur donnait la relation de ce touchant spectale. L’article lui avait été fourni par Monsieur Augustin, dont peut-être vous avez entendu parler. (1) CXXXV. — Inedita. Manca il secondo foglio con l’indirizzo. (1) Giampaolo Olini nato nel 1789 a Quinzano, morto a Parigi il 17 marzo 1835. Colonnello nell’esercito napoleonico, fu tra i processati dei moti del 1814, per i quali fu condannato a morte; prèse parte ai moti insurrezionali in Piemonte del ’21 e quindi fra i costituzionali in Spagna. Fu tra i primi ad accorrere, udite le nuove della rivoluzione nell’Italia centrale nel ’31, a Bologna, Modena, Ancona. Qui fu fatto prigioniero «e trasportato di nuovo sulla terra di Francia». Il Vannucci così parla degli ultimi anni della sua vita e della sua morte : « Visse sconsolata e misera 248 Comme je vous le disais dans ma dernière, Donizzetti a donné à Paris son Marino Faliero. J’ai entendu peu de musiques plus belles et plus grandioses. Ce n’est pins la sensation du Rossinisme : c’est Vidée qui domine cette partition. Il y a un duo entre le Doge outragé per le patricien Steno et Bertucci le conjuré plébéien, qui est un Chef d’oeuvre d’art et de logique. Votre âme tour à tour s’émeut, frissonne, se serre. J’avais écrit un long article sous l’inspiration de cette musique puissante. J’avais développé quelques-unes de mes idées chéries : j’avais dit un peu de mal de Rossini, tout en convenant que c’était le grand-maître, le Napoléon de la musique. J’allai chez quelques journalistes. Je ne saurais vous dire toutes les louanges, dont on m’assomma. J’écris mieux le français que les français eux-mêmes : mes idées sont tout ce qu’il y a de plus vrai, de plus neuf. Cependant, voyez-vous, monsieur, nous n’oserions pas imprimer dans notre journal votre article à cause de vos remarques sur Rossini.... elles sont justes, mais Rossini est un grand nom. Tant de bassesse me dégoûta. On n’ose donc en France dire la vérité, pas même lorsqu’il s’agit d’art? J’étais tenté de déchirer mon article. Un de mes amis s’en empara, disant qu’il essayerait de trouver un journal, qui osât dire la vérité. Nous verrons. Voilà ce que sont les journalistes français. Eh bien, avez-vous revu ce misanthrope, ce Monsieur Gatti ? (2) la vita a Parigi fino ai 17 marzo del 1835, in cui la morte lo liberò da tutti i dolori. I molti italiani che là si trovavano, accorsero ad onorare di pie esequie l'uomo che in una vita affannosa non aveva mai smentito la sua pura fede e il suo santo amore alla patria, e moriva col cordoglio di non vederla libera ancora, e di non aver potuto versare per essa tutto il suo sangue. Lo seppellirono nel cimitero di Montmartre e lo onorarono di generoso compianto. Molti cittadini, riuniti dalla medesima fede, stavano intorno al cadavere; e quando fu gettato nella fossa, Gustavo Modena a nome di tutti, disse degnamente le lodi del martire, e tutti versarono lacrime eloquenti e pietose parole. Pochi giorni avanti era morto l’imperatore Francesco d’Austria carnefice di tutti i più generosi figli d’Italia. L’oratore messe al confronto il carnefice e le vittime; mostrò l’imperatore crudele che con l’anima nera di delitti si presentava al trono di Dio, ed era respinto fra i reprobi : mostrò i martiri che coronati di palme e splendidi di belle opere erano fatti sedere fra i santi. Pochi giorni dopo, la Polizia francese dando ascolto vilmente ad un reclamo dell'ambasciatore austriaco, cacciava il Modena da Parigi per aver detto una parola di commiserazione alla sventura e d’imprecazione alla tirannide ! Si puniva di esilio una parola i venta fatta sonare sulla tomba di un morto, dove comincia la giustizia di Dio, ^nlnAPIÌ ,P1Ù DUlla la prepotenza nomini ! » (Aito Yannucci - I Martiri 'della iTa,< M"an° V0L n’ pag- 223 e «W. - Cfr. sulla morte di Olini il Mazzini, Epnt., Ediz. Naz., Ili, 394). tracci In U“a l6ttera del f6bbraic> alla madre, di cui non si ha Sartr° l 6 Che Ci fU C0nservata in c°Pia daIla P°“zia, postino alla madre: “ Remerciez aussi le bon Gatti de son billet. Je suis charmé 249 correspondance a bien vite cessé. (3) Donnez-lui ces renseignements sur Marino Fallerò. Et la 'bonne Lille que fait-elle? Et les Opensi ? vous ne m’en ¡parlez plus. Mon mariage avec la Nina va-t-il son train ? Adieu, âme de mon âme. Il faut que j’écrive à l’Avocat. Je n’ai ¡pas oublié ma promesse. Adieu, donnez-moi des nouvelles de votre santé. Joseph qu’il soit licencié en droit. Voilà donc le disciple qui fait la barbe à son maître. Dites-lui que je l’aime toujours avec passion et qu’il est bien méchant de m'écrire si peu, et si rarement » (Faldella - Lettere inedite della « Giovine Italia », in « Il Risorgimento Italiano », Rivista Storica, vol. I, pag. 94, 1908). (3) In quanto all’ufficio che il Rosazza s’era assunto di corrispondente politico insieme a Cesare Grillo da Genova con gli amici esuli, vedasi lo studio cit. del Faldella ove sono riprodotte varie lettere di Agostino al Rosazza e al Grillo. CXXXVI. Giovanni al Padre 9 Berne, le 27 Mars 1835. Mon cJher Père ! L’autre jour j’étais à vous ¡prier de m’avancer sur la pension, que vous me faites, la somme de 200 frs. que je dois pour un mois de pension et deux de loyer ; je n’ai encore aucune réponse à ma demande, et me voilà encore à vous demander de l’argent, puisque le terme de trois mois, terme ordinaire des envois que vous me faites d’habitude, est révolu. Je vous ai dit que des causes extraordinaires, exceptionnelles avaient occasionné dans mes finances un vide, que je vous priais de remplir, en me faisant une avance de 200 frs. 'Ce vide je ne peux le justifier à vos yeux, car je ne peux pas vous écrire avec toute la liberté, que je voudrais. Je fais uniquement un appel à votre cœur afin que vous vouliez bien croire sur parole à ce que j’avance, voire que le fait de ce vide a dépendu de force majeure, et pas de manque d’économie. Ces 200 frs. que je n’ai pas reçus, mais que je compte de recevoir incessemment, ne ¡peuvent guère avancer mes affaires, comme vous ¡pensez, puis-qu’ ils ne serviront qu’ à boucher un trou déjà fait, c’ est-à dire à solder une dette déjà faite. Cette dette est déjà soldée, CXXXVI. —Inedita. Senza indicazione di indirizzo. 250 grâce à la cousine Emilie, qui, quoique sans le sou pour le moment, a fait l’impossible pour me les trouver, et m’épargner ainsi une méchante figure. De manière que votre envoi de 200 frs. me trouvera et laissera sans le sou, comme il me trouvera. De son côté le frère Paulin crie misère, et c’est en son nom aussi que je parle. Vous nous envoyez régulièrement chaque trimestre 500 frs. pour chacun, c’est très généreux de votre part, c’est même beaucoup,, vu la situation de la famille, mais si vous voulez bien faire la part de notre position vous pourrez aisément vous persuader, qu’il n’v a pas de notre faute si nous nous trouvons quelquefois un peu pressés, et si nous avançons de nos vœux le ternie fatal. Calculez, s’il vous plaît au mini-mun 100 frs. par mois pour pension et loyer. (Notez, que je suis forcé de vivre «à l’hôtel, clausule sine qua non). Calculez les frais d’une correspondance suivie avec vous et avec Paulin, correspondance dont je ne peux faire à moins sans mourir d’inquiétude à tout moment. (Chaque lettre de Gênes, ou de Paris me coûte un franc). Cette correspondance n’est pas la seule, quoique la plus coûteuse, à laquelle ma position et mon avenir me soumettent. Calculez le blanchissage, raccommodage de linge, et autres objets, toutes choses positives. Mettez ainsi en compte les dépenses contingentes, qu’on ne prévoit ni détaille, les secours, que mon cœur, ma position, mon avenir me défendent de refuser aux malheureux, qui sont si nombreux, et dites-moi s’il vous paraît qu’il me reste beaucoup pour mes menus plaisirs. Ceux là, je vous le jure, sont réduits à bien peu de dhose. Il n’y a que les cigares, que je ne me refuse pas. C’est une consolation dans mes tristes moments, c’est un ami dans ma solitude, un compagnon dans mes études. Il existe encore une autre série de dépenses bien positives, que je ne peux vous détailler, mais je le ferai au premier moment de loisir; dépenses bien positives, et qui sont le corollaire inévitable de ma position critique. Une entre autres, que je peux vous dire, c’est la fréquence de courses, que je me trouve forcé de faire presque chaque mois, et les voyages et les hôtels sont extrêmement chers en Suisse. Vous voyez par ce que je vous dis que je tiens extrêmement à vous persuader que je n’abuse nullement de ma position, ni de votre bonté pour moi afin de vous soutirer de 1 argent. L idée seule que vous puissiez jamais en concevoir le 251 moindre soupçon me réussit insupportable. J’en serais mille fois plus malheureux que je ne le suis. Veuille le bon Dieu me donner la grâce, un jour, de pouvoir vous rendre en amour et joie tous les sacrifices, que je vous coûte, comme je suis sincère, et je vous parle le cœur dans la plume ! Encore une prière. Paulin m’écrit en me détaillant le pitoyable état de sa garderobe. La mienne n’est pas dans un état plus satisfaisant. La belle saison va venir et le manteau, l’éternel copritodos, n’est plus là pour couvrir nos misères. Voilà tantôt deux ans, que nous traînons les mêmes habits. Dieu sait combien de traverses, combien de neige et de pluie ils ont essuyé ces pauvres habits. Je ne serais pas dans le faux quand je vous dirais que nous avons couché plus d’une fois dans un pied de fange avec les mêmes lhabits, qui nons couvrent maintenant. Je vous demande donc, et c’est la nécessité qui m’y force, un supplément d’argent pour nous habiller, et cela non au nom de la petite maîtrise mais au nom de la décence. Ne vous effarouchez pas, voilà le strict, exact, indispensable état de notre besoin. Un chajpeau noir, un gilet noir, un pantalon noir pour l’été, un parapluie, dont nous sommes sans, une paire de bottes et une redingote noire. Vous voyez qu’il n’y a pas de quoi faire le dandy, au moins pour la variété, quoique, dans ce pays particulièrement, l’habit fasse le moine. Je vous demande bien pardon de vous entretenir si longuement, et pour surcroît, d’une matière si ardue et épineuse, comme argent. Ayez mille salutations de Paulin et de moi, ainsi que nos vœux sincères pour votre conservation. Saluez bien tendrement M.me Marthe, que vous voyez souvent (1) ainsi que M. André, (2) et remerciez-les du bon souvenir, qu’ils conservent de leur lointain ami. Dites à M.me Marthe, que je lui dois un mot depuis longtemps, que j’ai hésité jusqu’à ce moment, ne sachant pas si je lui ferais plaisir, et qu’à présent, que je suis rassuré sur ce point, je n’y manquerai pas. Agréez, et faites agréer à toute la famille mes salutations, et croyez à la profonde amitié et estime, avec lesquelles je suis votre Zane (1) Bernardo Ruffini era assiduo frequentatore di casa Mazzini (Cfr. A. Luzio -La madre di ìlazzini, oit. passim). (2) Andrea Gambini anch’egli assiduo frequentatore di casa Mazzini. P. S. Vous pouvez envoyer les fonds indifféremment, ou à Paulin à Paris, par une lettre de change à l’ordre de M.r Joseph Prati, ou à moi à Berne à l’ordre de Fr. Dudhesne. CXXXVII. Ma chère Amie! Giovanni alla Madrh Berne, le 30 Mars 1835. J’ai reçu hier la charmante lettre du 23 courant avec une lettre de change de 400 frs. c’est-à-dire double de celle que je demandais. Je t’en remercie de tout mon cœur, et te prie en remercier de ma part M.r Bernard pour la piomptitu e. Qu’est-ce qu’il a dit ? a-t-il eu l’air de s’inquiéter ? pourquoi ne me souffles-tu un mot de ça ? prends garde, je tiens à sa voir tout l’historique de cette tractative sous peine de te soup çonner d’une supercherie qui serait un coup de poignard moi, d’autant plus que je connais de ton aveu même le pitova1 e état de tes finances. Ce serait une trahison, ce serait me lier les mains m’exposer à de mauvaises figures, me mettre dans l’impossibilité d’exposer mes besoins, de crainte que tu ne te suicide pour moi. J’exige une réponse catégorique à re propos. Je t’ai déjà dit comment j’avais pu faire face à mes engagements ; je m’en vais aussitôt rembourser Emilie, et boucher quelques petits trous. Ainsi, tu n’as qu’à être tranquille sur ma position financière. La nouvelle lettre, que je viens d é-crire à M.r Bernard ne perd pas pour cela son à propos. Il J est parlé au nom de Paulin aussi, qui n’a plus d’argent, et puis il s’agit aussi d’un petit supplément pour habits, comme tu auras vu. Ainsi, tu la remettras tout de même. Au lieu d’une avance de 200 frs. j’en ai une de 400. Voilà tout le changement. Tu me parles longuement encore de l’emprunt et cela me peine. C’est, je le répète, de la peine et de la dignité jetées au vent. Qu’est-ce que tu entends par d’autres ressources d’une réalisation bien moins équivoque, qui viennent adoucir Vin-quiétude de l’absence ? Ecoute. Je ne comprends pas bien ce CXXXVII. — Inedi ta. A tergo : A Madame Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale: Berne, 30 Mars 1835. 253 que tu veux dire, mais je soupçonne Eh bien, je te jure, moi, solennement que je n’accepterai pas l’emprunt pour Emilie, si je n’en vois pas nettement l’origine, si je puis le moins du monde me douter qu’il soit ruineux pour toi. Explique-moi donc ce que tu entends par ces ressources. Si ces ressources avaient trait à certaine idée exprimée dans une de mes lettres de vente de la Pucciarina ou autres fonds, je ne pourrais encore accepter, à moins que la vente ne soit avantageuse et point précipitée, et qu’il n’y ait l’autorisation de iM.r Bernard, que je m’empresserais de provoquer. En voilà assez pour le moment. Me prends-tu pour une des filles du Pére Goriot f Il n’y pas plus de choléra à Paris que sur ma main. Que votre sollicitude cesse donc tout à fait. Vous me connaissez assez, j’espère, pour être persuadée que dans un cas semblable je me servirais de tout l’ascendant d’une vieille amitié pour attirer Paulin vers moi, ou pour le décider à se prémunir de tous les moyens humains. Le meilleur de ceux-ci c’est une vie réglée, sans désordre d’aucune sorte, et sur ce point je serai toujours tranquille sur Paulin. Les bonnes nouvelles que Vous me donnez de votre santé me réjouissent le cœur. Je suis heureux de pouvoir vous en dire autant d’Emilie, de Paulin, d’Ange et de moi. Ainsi l’hiver est rétroactif chez vous, que le froid vient à rebours? Prémunissez-vous bien. Ici nous avons de très belles journées, et bien chaudes, ce qui ne m’empêche pas de garder ma laine, car je ne me fie pas encore. Je doute que V Océan ait apporté les cadeaux, puisqu’il n’a pas pris pratique, et selon mes dernières nouvelles ils ont été confiés à quelqu’un qui devait les remettre à M.r Jules. Pourtant, tu peux en faire recherche et s’ils n’y sont pas attendre en toute sécurité. Je puis heureusement dissiper tes doutes à l’égard de la sœur d’Ange. Elle est à sa destination, et très bien portante. Pas plus loin qu’hier nous avons eu une longue lettre d’elle, qui nous donne les détails les plus satisfaisants sur sa traversée et santé. Fais voir chez Gravier s’il n’a pas dans son cabinet le Père Goriot par Balzac. Je viens de le lire et il faut que tu le lises, ("est l’idolâtrie d’un père pour ses filles ingrates, qui lui sucent goutte à goutte le sang, c’est une espèce de Lear bourgeois, l’idéalisation la plus sublime de l’amour paternel. J’en veux ù Balzac de n’avoir pas choisi l’idéalisation de l’amour maternel, 254 bien autrement puissant et délicat. J’aurais pu lui fournir à ce propos un type, si l’on pouvait exprimer ce que le cœur sent, Au reste, tu peux lire en toute sûreté ce qui est de Balzac. Il surprend la nature sur le fait, il est prestigieux de vérité.^ E-change mes salutations à la famille ; salue aussi connue à 1 ordinaire Benoîte, Victoire, Marthe, Lille, Laurent et tout le monde qui se souvient de moi. J’espère que la belle saison qui s’avance échauffera mon cœur et mon intelligence, me poétisera enfin pour me mettre en état de sentir et d’écrire. J ai soif de trois sensations souverainement, soif de fleurs, de musique et du roulement de tonnerre. Depuis (huit mois, pas une fois la plus petite foudre! Si je pouvais t’embrasser, être une heure sur ton sein même mes trois sensations seraient satisfaites, car ton amour a le parfum des fleurs, l’harmonie de Rossini, et la puissance du tonnerre. Je t’embrasse dans une étreinte d’amour que toi seule peux apprécier. Il y a dans mon cœur des aJbymes, mais il y a aussi des trésors. Je le sens avec orgueil. Aime ton enfant chéri. Zane A moi aussi tes lettres m’arrivent du côté de Lombardie. Peu importe, pourvu qu’elles viennent. CXXXVIII. Agostino alla Madre [Paris], 1 Avril [1835]. Mon âme Je aous écris peu pour une bonne raison, car je suis au lit. ais ne \ous alarmez pas, ma chère; je vous ai écrit la der-niere fois, qu ayant été deux jours au lit je croyais être quitte (e mon rhume. Mais étant sorti, et ayant pris un peu de froit, mon rhume me prit derechef. Alors* j’ai dit à moi-même : halfce-a. que dira-t-elle ton amie? vite, il faut aller au lit et n’en qUG.tU ne Sms t0llt à fait 8'uéri. Voilà com-se ait que je suis [au] lit. Je n’ai ni fièvre, ni rien, BoUo^IL11^ terg0: Madame Paul™ Ferrari - Gênes - Italie. - 255 dì toux : [mais] un rhume à la tête entêté, et moi je veux être entêté plus que lui. J’ai lu Salomon, c’est divin, mais je ne puis ipas vous en parler à présent gêné comme je suis par ma position. Je recommande l’affaire de la Cousine à l’avocat. Frédéric (1) vous salue : il vous prie de faire remettre l’incluse à sa mère. Adieu mon âme, ma vie, je vous embrasse mille fois. Joseph (1) Federico Campanella. CXXXIX. Giovanni alla Madre Berne, le 1 Avril 1835. Ma bonne Amie ! Sois tranquille, ma bonne amie, j’ai reçu l’argent, 400 francs, dont j’avais, à vrai dire, furieusement besoin, et voilà déjà une cause de bonheur. Deuxième cause de bonheur, et à laquelle je suis autant et ¡plus sensible qu’à la réception de l’argent, c’est ce que tu me dis par rapport à la bonne humeur et à l’empressement avec lesquels M.r Bernard a su rendre précieux l’envoi. Oli, mille grâces lui soient rendues pour la confiance qu’il me témoigne, et pour la délicatesse dont il l’enveloppe ! Je savais bien qu’il ne me refuserais pas, j’en étais sûr, mais il y a faire et faire, il y a donner et donner ; je craignais moi un court accès de mauvaise humeur, un mouvement instantané d’impatience, ou de défiance, un simple haussement d’épaule, un geste, une seule pensée de soupçon, tout cela aurait fait sur moi l’effet d’un coup de poignard. Mais il n’en est rien de tout cela, on a confiance, pleine confiance dans le pauvre ami lointain ; on le plaint, on s’empresse, on Ara au-devant de ses besoins ! Oh ! merci, merci pour le bien, que vous me faites, merci pour le baume que vous répandez sur mon âme saignante. Que Dieu vous récompense, car quant à moi je ne saurais trop comment. Du moins si vous pouviez lire dans mon âme, si vous pouviez vous pénétrez de mon attendrissement, de la plé- CXXXIX. — Pubblicato un piccolo brano tradotto in Cagnacci, op. cit., pag. 60. A tergo: Alla Signora Maria Vedova Cogorno - Genova ■ Italia. — Bollo postale: Berne, 1 Avril 1835. 256 nitude de mon amour, de ma reconnaissance ! Mais il n’y a que Dieu et toi qui sachiez lire au fond de mon cœur pour le moment. Un jour si Dieu le consent, je pourrai par des faits mettre au grand jour les trésors d’amour et de dévoûment, que mon âme recèle, et alors tout le monde pourra m’évaluer à mon juste prix. C’est de l’orgueil peut-être, mais de l’orgueil bien excusable, du moment qu’il porte sur le cœur. Et puis aussi, perdonnez-moi, car mon cœur déborde. Il ne faut pas que tu t’exagères mes privations, mou ange. Je mange et bois bien tout de même, je fume mes cigares, j invite un ami au Café, et c’est toujours moi qui paye. Tu vois que je tranche encore du grand seigneur malgré ma pauvreté. Si j’ai retrauché le café et la bière, c’est que l’un me donnait aux nerfs, l’autre a l’estomac ; si je me suis refusé quelques douceurs, c’est que je m’en avais procuré une grande tout à la fois,'du moins en espérance, et les petites privations, auxquelles je m’étais obligé, etaient plus que jamais compensées par les intérêts moraux de mon capital d’espérance, capital que je m’etais procuré par quelques sacrifices pecuniaires, et que tôt ou tard, sensiblement ou non, portera des fruits. Je te parle peut-être par hiéroglyphes, mais qu’est-ce que tu ne comprends pas de la part de ton ami ? Je suis persuadé que si j’en pouvais parler à M.r librement, loin de m’en vouloir, il m’en féliciterait. Voilà bien de temps, à dire vrai, que je ne possède pas un sou à moi, mais je puise dans l’escarcelle de mes amis, qui en sont tout fiers. Il faut de la discrétion avec les amis pauvres comme vous. Oh ! si vous étiez riches, je vous jure que vous ne seriez pas éparnés. Mais.... Peux-tu te rendre compte de la sensation d’un enfant, qui pour la première fois va au spectacle, qui hâte les heures dans son imagination, qui ne trouve place, ni occupation, qui tremble que le theatre ni se soit écroulé, ou qu’il ne brûle tout uniquement pour lui faire guignon et semblables ? ou de celle d’une amante de seize ans à son premier rendez-vous d’amour? eh, bien, ^oilà ma situation à peu près. Je brûle, je grille d’impatience, je n’ai ni but, ni occupation, je suis dans un perpétuel mouvement sans savoir ce que je veux atteindre, en un mot, je suis un enfant, et pour cause. Cet état de fièvre passera, et alors je pourrai asseoir solidement mes idées. Quant à l’ac-tualite, avez patience, et prends-moi comme je suis, même si 257 tu veux, traite-moi en conséquence, c’est-à-dire en enfant. Mon Dieu, toujours des hiéroglyphes? Une affection, et c’est toi, un souvenir, et c’est lui, une idée fixe, et c’est elle, voilà les éléments dont se compose ma vie. Je me doutais bien que VOcéan n’aurait pas déposé mes cadeaux, je joue de guignon, mais patience. Quod differtur, non aufertur. Je n’ai pas de livres qui m’intéressent ou, pour mieux dire, je n’en trouve pas qui puissent m’intéresser dans l’état anormal dont je te parlais. Je te ferais rire, si tu voyais comment je passe quelquefois les nuits jusqu’à2 3 ou 4 heures. Une heure à allumer, attiser, tourmenter, m’es-crirner avec la cheminée. Puis je me promène de long en large, et chante à gorge déployée. Puis je vais au lit, et me mets à lire. Après une demi-iheure, je jette le livre, je prends un cigare, et je me mets à percer de mes yeux le plafond. Puis j’écris, puis je cJherche des mots allemands dans le Dictionnaire, puis j’éteins la chandelle; après une demi ¡heure, je la rallume, je relis, je refume, je lis et relis la lettre la plus fraîche, je pense à toi, puis à tous ; puis, je m’endors comme une marmotte, jusqu’au lendemain à 11 heures, voire même midi. Voilà ma nuit, qui pourrait paraître vide, mais qui est très pleine, je t’en réponds. — Oh ! si tu savais comme ces deux ans ont a-grandi la sphère de mes idées, le cercle de mon intelligence. —-Mon cœur a seize ans, ma tête en a soixante, en vérité, plus que moins! Paulin m’écrit ce matin. Il se porte merveilleusement bien. Il va m’envoyer Chatterton à peine édité. En dix jours, nous devons l’avoir traduit, nous nous y sommes obligés, lui, Emilie et moi, chacun pour un acte. J’ai réfléchi que Ponthenier était dans l’impossibilité de donner une réponse, car ça ne dépend pas de lui. Ma santé, ainsi que celle d’Emilie, et d’Ange, parfaitement rassuré sur sa sœur, est parfaite. Saluez bien chèrement la famille pour moi. N’oublie pas Benoîte, Victoire et Marthe et Lille et Laurent et tout le monde. Et la grosse Nina, la Nina délaissée, est-ce qu’elle me rappelle quelque-fois ? Embrasse-la bien pour moi. Oh ! je vous aime bien tous. Je me surprends quelquefois à-être lâche par amour. On vergiss mein nicth ne m’oubliez pas. Je t’aime... comme une mère aime son enfant chéri. Je ne saurais trouver d’autre comparaison. Adieu. Zanb 258 CXL. Giovanni alla Madré Berne, le 3 Avril 1835. Ma chère Amie ! Deux lignes à peine pour te dire que je me porte on ne peut mieux, ainsi que Paulin, Emilie et Ange. Je n’ai ipas de tes lettres aujourd’hui, j’en aurai peut-être demain ; dans le cas négatif, je ne serais pas inquiet, car j’ai de tes nouvelles fraîches encore par le temps qui court, et il ne faut pas être indiscret avec la poste. Je suis très occupé à traduire. Je ferai bientôt une course, mais j’aurai le temps de t’en prévenir par une autre missive. Le temps continue d’être superbe, il fait chaud et beau, un véritable printemps. Je vous en souhaite autant à tous. Rien n’est Changé à notre état normal, en d’autres mots, nous sommes dans un calme complet. Je suis fïlohé de n’avoir le temps de t’écrire plus au long. Longue ou brève, explicite ou non, tu auras toujours ma lettre comme l’expression de l’amour le plus vrai et brûlant. Salue tout le monde, et aime qui t’aime immensément. Ton Zanh CXL. — Inedita. Mancano indicazioni d’indirizzo. CXLI. Giovanni alla Madré [Berne],, le 6 Avril 1835. Ma bonne Amie ! J’ai reçu ta charmante lettre du 28 écoulé, justement le lendemain de ma dernière et courte missive à toi, et je suis très content. Eh quoi, donc, chère Amie ! tu as l’air de me chercher querelle à propos d’un mot jeté au hasard et par pure plaisanterie, comme un spadassin de métier chercherait affaire à un blanc-bec à propos d’un regard mal interprété : crois-tu CXLI. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cooorno - Génes - Italie. Bollo postale: Berne, 6 Avril 1835. 259 donc, soupçonnes-tu seulement que je puisse être fâché de te donner de nos bonnes nouvelles, ou que je puisse désirer de t’en donner de mauvaises ? seulement, je riais dans ma barbe, et je tâchais de te faire rire aussi à ¡propos de l’éternelle formule, à peu près conçue comme les recettes du médecin, dans les mêmes mots. Eih bien, ¡pour te punir de ta ¡provocation, je te répéterai donc inexorablement que notre santé est excellente à tous, voir, Paulin, Emilie, Ange et ton serviteur. Cela va-t-il bien ? Vous voulez donc persister dans ce malheureux projet d’emprunt, qui ne peut désormais vous produire que des mécomptes sans jamais vous ¡porter un heureux résultat ? Si ma prière peut quelque chose sur vous, n’en faites rien. Au reste, je sais que Paulin a dernièrement reçu quelque chose de votre part à cet objet, c’est-à-dire une lettre, où vous m’aviez dit que vous aviez l’intention de détailler votre plan et vos moyens de réussite. Aussi, je me réserve à vous dire un mot décisif, quand j’aurai pris connaissance de ce plan et des moyens que vous avez. Paulin doit m’en écrire longuement. Jusques là, n’en parlons plus. Nous avons changé d’idée à propos de Chatterton (1), que nous aurions voulu faire imprimer par Pontihenier. Cette impression, dépendant du bon plaisir du réviseur, pouvant même être empêchée [ou], pour le moins, retardée, donnerait à d’autres le temps de prendre le pas sur nous, et la spéculation, quelle qu’elle soit, serait manquée complètement. Nous avons décidé donc de faire imprimer promptement, et autre part la traduction, et puis d’en envoyer un bon nombre d’exemplaires aux libraires de notre connaissance par commission. Il n’y a pas une ligne seule de politique, ni touchant la religion. C’est un écrit chaste et certainement moral, pour l’introduction duquel il ne peut y avoir de difficulté. Je suis toujours occupé à traduire de conserve avec Emilie et je t’avoue que c’est une tâche ¡plus rude qu’on ne pourrait s’imaginer au ¡premier coup d’œil. Loin de faire une indiscrétion, tu as fait une bonne action en me parlant du chagrin de Paulin. Je crois, a en juger du ton de ses lettres, que c’est chose passée. Je n’ai plus aucune nouvelle des cadeaux, mais nous ferons tant que, bon gré, mal- (1) Sulle vicende della traduzione e stampa del dramma del De Vigny troveremo ampie informazioni nelle lettere seguenti. 260 gré, ils arriveront. Je suis bien content que Victoire soit calme, et avec son poupon. Dites-lui de l’embrasser bien fort pour moi, et qu’elle ne m’oublie pas, Benoîte, Lille, MartJhe, Laurent soient aussi salués de ma part. Je prendrai l’occasion d’un petit cadeau, que M.me Marthe m’envoie ensemble à quelque autre chose pour Emilie, et je dégainerai toute mon éloquence pour lui écrire une lettre fleur d’obligeance. Tu me fais rire avec tes exagérations à propos de mon drame projeté. Per exemple, qui sait il quelle hauteur montera l’aigle, quand il a pris son essor. J’aime ça. Et s’il lui prend un vertige au pauvre aigle, il risque de se déchirer les flancs sur les rochers pointus! Au reste, j’accepte avec reconnaissance tes encouragements. Tu te berces encore de l’espoir des 300 frs '! pauvre et simple âme ! je voudrais bien être un faux prophète, mais tu n’auras rien. Le temps est changeant, à présent c’est la pluie, dans une heure le soleil, mais il ne fait pas froid. Je ne ¡pars pas encore pour la petite course, que je t*ai annoncée. Je t’avertirai. Salue le famille, M. Bernard, Octave, la Nina. Je te serre dans mes bras avec l’ardeur d’un amant, d’un fils, d’un frère. Adieu. Zane CXLI1. Agostixo alla Madré [Paris], 7 Avril 1835. Mon Amie! Je réponds à votre aimable du 30 Mars. Le courrier suc-cessi -\ou!* auiu appris la cause de mon silence, et vous, toute nne, ^ous m aurez pardonné: car quel crime pourrais-je com-refusassiez de me le pardonner, vous, qu’on vouempnf ’ 1 amalê'ame de la bonté, de la pitié, du dé-auionriPl/ • m'tU ’ 1>0urtant vous êtes bien méchante tion oonfj- ■S,('p mjeau jour et que je ne te donne plus de commissions. Tu comprends que je parle à propos des bombons. Xotre santé est excellente à nous. Le temps nous permet quelques excursions dans le jardin et sur la colline, où nous cueillons la violette printanière : ces petites courses font du bien à ma compagne, en la ranimant un peu et la soulageant de son travail obstiné. Je puis aussi te donner les nouvelles très fraîches, d’avant hier, de Paulin et d’Ange, qui se portent à merveille. Seulement Paulin avait quelque chagrin à propos d’un sien ami qui est aussi le mien et le tien, et qui était menacé de quelque contrariété qui serait trop longue et difficile à expliquer. Mais, qui n’en a pas de chagrins dans ce monde? ainsi, j'espère bien que cette petite bourrasque sera à l’heure qu’il est évanouie. Tu vois que je ne te dissimule rien, mon amie, et c'est parce que je compte sur l’énergie de ta belle âme. Je suis charmé que la caricature t’ait plu. Comme tu l’observes très finement, il y a dans cette caricature faite de sa main, dans des circonstances'pour lui très difficiles, tout un caractère d’homme. J’espère qu’il sera un peu consolé à cette heure, car je sais qu’on lui a envoyé de l’argent à lui ou a son (2) Giovanni cambierà poi giudizio sulla famiglia Girard, come vedremo nel corso di questo carteggio. ‘283 compagnon, ce qui vaut le même, car la misère fait caisse commune. Cette certitude te fera du bien à toi aussi. J’ai interrompu ma lettre pour prendre un bain. C’est la première fois qu’on les chauffe, et je ai eu l’honneur de les inaugurer, en prenant le premier. On vient me dire après qu’il dépend du premier baigneur le bonheur ou le malheur de l’établissement, et qu’on est sûr que j’aurai porté bonheur. Par exemple! pourquoi ne pas nie le dire avant? à présent si l’établissement brûle, comme c’est très probable, il n’y a pas de ma faute, car eu vérité je n’en savais rien. Ce que tu me dis par rapport à l’emprunt m’encourage un peu, quoique, à dire vrai tant d’alternatives malheureuses m’aient fait perdre presque entièrement la foi. Il n’y a rien qui fasse tant de mal comme un bonheur déçu, une chose que l’on croit toucher et qui vous fuit à l’instant que vous l’attrapez. Ce sont les. peines de Tantale, et tu sais que ça a été notre histoire par rapport à l’emprunt. Pourtant, j’accepte tes bons augures; mais il s’agit non seulement-de réussir, mais de réussir vite aussi, car la moitié du succès est dans la célérité. Déployez donc toutes les voiles, que Laurent se mette résolument au gouvernail, et portons l’affaire à bon port. Quand je pense à notre position, aux avances faites, aux besoins inévitables, aux au tels que nous avons découverts afin d’en couvrir d’autres, les cheveux se dressent sur ma tête. Ah, ce serait trop de bonheur pour nous et je n’ose y croire. Un mot sur la chanson que je devais envoyer à la Nina. C’est une barcarolle de Casimir Delavigne, la musique, je ne ■sais de quel maître. L’air de la chanson est si simple qu’en vain j’ai essayé et fait essayer de la noter; toujours le rythme nous manque. Alors je fis écrire à Paris afin qu’on me l’envoyât, ce qu’on fit après deux mois de recherches. Mais, que veux-tu? c’est bien la poésie de Casimir Delavigne, mais ce n’est pas mon air à moi. Et puis c’est avec accompagnement de piano. Telle qu’elle est, je te l’envoie, bonne ou mauvaise qu’elle soit : elle aura pour toi le mérite de te venir de moi. Tu la trouveras à la poste, sous bande comme les journaux, à l’adresse ordinaire de cette lettre. Ne crois pas que je me croie déchargé vis-à-vis de la Nina de ma promesse. Non, mille fois nou ; j’écrirai la chanson comme je pourrai, puis Octave la corrigera. Je viens de lire l’Echelle des Femmes, 2 volumes par Emile 284 Souvestre, qui sont très bien, le Magnétiseur par Frédéric Soulié, le Comte de Toulouse par le même. Je te raccommande tout cela. Ne crains rien pour cette dame. Je lui ai jusque refusé de lui écrire, et puis nous sommes à présent éloignés pour toujours, puisqu’elle n’habite plus Berne et puis, et puis je ne l’aime pas, et puis quand même je l’aimerais, je saurais que faire. Ne crains rien, car elle est bien recommandée. Adieu, ma bonne et sainte amie. Salue pour moi tout le monde, donne-moi des bonnes nouvelles de toi et de tons, et aime qui t’aime, comme tu le fais. Zane CLIL Giovanni alla Madré [Grenchen], le 6 Mai 18.S5. Ma chère Amie ! Je ne fais que de recevoir ta douce lettre du 27 Avril et à peine si j’ai le temps de t’en marquer la réception. Comment diable donc, mes cadeaux ne te sont pas encore arrivés ? cela m’étonne puisque à cette heure ils devraient déjà être en ta possession depuis longtemps. J’en écrirai à qui de droit, et je verrai comment la chose s’est passée. Il faudrait jouer bien de malheur pour les perdre justement à l’instant où je croyais qu'ils allaient toucher le port. Tu as toute mon adhésion à ton plan financier : ainsi donc courage et réussisson une fois, s’il est possible. La lettre de la sœur d’Ange à laquelle tu fais allusion, où elle se plaint de n’avoir pas de nos nouvelles, doit être d’une bien vieille date, puisque nous avons des nouvelles très fraîches d’elle et elle en a de nous. Ainsi, que la sensible Lille se rassure, car l’Adonis aussi est rassuré. Je recevrai donc la caisse, et, chose qui m’intéresse bien plus, le petit cadeau de toi, le cadeau exclusif, tout pour moi. Oh ! si fait, il sera tout pour moi, car moi je suis jaloux de toi, et je ne veux pas que des yeux étrangers le profanent. Quant OLII. Inedita. À tergo: Alla Signora Maria Vedova Cogorno • Genova. — Bollo poetale: Berne, 8 Mai 1835. 285 au quiproquo que pourrait prendre Emilie, tu as tort de le supposer, ce n’est pas dans «a manière d’être qu’une semblable supposition. Au reste, cela est à moi et,il n’y a que moi qui aie à le voir. Je désire que ce soit véritablement M.r Bernard qui paye la caisse, car autrement mon plaisir serait mêlé d’a-niertume. Je baise les trois pensées que tu m’as pliées, et je t’inclus un peu de vergiss mein nicht que joungfrau Magdeîy m’a apporté. 11 est si beau et si frais à présent, et il t’arrivera sec et fané. Hélas ! c’est l’histoire de la vie. La santé est parfaite, absolument parfaite. Ange et Paulin sont compris dans mon bulletin, car nous avons de leurs nouvelles très fraîches. Mille choses à tout le monde, Nina, Octave, Marthe, Lille, Victoire, Benoîte, etc. Le temps est changeant et tourne au froid et à l’humide. Adieu, sainte et chère reine de mes pensées. Je n’ai plus de temps, à une autre fois. Je t’ embrasse comme on embrasse au Paradis. Zane CLI1I. Agostino alla Madré [Paris], 10 Mai 1835. Chère Amie J’ai reçu cette enivrante lettre du 24 Avril, que j’ appréhendais pourtant pouvoir s’égarer. Mais celui à qui vous l'aviez confiée l’a impostée ici ; par conséquent, s’il avait envie de me voir, il n’avait qu’à me le faire savoir par le même canal. A vous parler franchement, je ne saurais trop condamner cet ami qui vous parle si peu de moi. Les avertissements qu’on m’avait mandés, son caractère même, tant soit peu machiavélique, m’ont tenu toujours en suspect sur son compte. Sans rompre jamais nos relations, cependant je ne lui ai jamais témoigné une grande confiance. Comme individu je n’ai qu’ à me louer de lui, mais nos caractères ne sympathisent pas assez CLIII. — Pubblicata tradotta in parte in Cagnacci, op. cit., pag. 62. A tergo: Madame Pauline Ferrari - Gênes'. — Bollo postale: 11 Mai 1835. 286 ,pour faire de nous deux amis, dans la stricte acception du terme. Lorsqu’il est parti, je ne lui ai donné pour vous que des commissions banales ! saluez-la, dites-lui, que je suis ivre d’amour pour elle, que je me porte bien, très-bien, que je voudrais lui envoyer un souvenir, mais que mes finances ne le permettent pas. Voilà tout. Que pourrait-il vous dire de plus ? Ma situation n' était pas très-paisible, lorsqn’ il est parti, mais nous étions bien loin de l’actualité. Il ne sait rien de tout ce qui m’est arrivé après. Il n’aurait pu, par conséquent, vous donner une idée exacte de ma position. S’il vous a caché quelques tracasseries que j’ai dû essuyer, ne lui en faites pas un tort. Il aura craint de vous chagriner, quoique, au fond, ce ne sont que des vétilles. Pour ce qui concerne la cousine, je l’excuse encore, je le loue même. Vous saurez après. Pour le moment sachez seulement qu’ il règne entre elle et moi la meilleure harmonie possible, sachez que rien, rien jamais, n’a troublé notre fraternité, mais pour quelque temps nous devons vivre séparés. Vous saurez tout d’ici à quinze jours et alors vous verrez que la conduite de cet ami est très-conforme à mes idées. Au reste éloignez de vous toute idée fâcheuse ; ce qui. nous éloigne pour le moment est plutôt un sujet de joie que de chagrin. Pour vous en convaincre, je vous dirai que François et Emilie le savent, et qu’ eux-mêmes l’ont exigé. (1) Sous peu de temps vous recevrez une lettre de la Cousine même. Quant à moi, pour tout dire en deux mots, il y a impossibilité physique et morale à réaliser mon plan trop sublime. C’est une grande douleur pour moi et pour la Cousine d’y renoncer ; mais ce n’est pas de notre faute. M’utiliser pour ma famille, pour la société et pour moi, voilà une idée qui a fait battre mon cœur d’enthousiasme, qui m’a donné des moments où je goûtai l’ivresse de la gloire. Je le dis; j’aurais réussi, car il y a quelque Chose en moi. Mais luttez donc contre la hideuse réalité. (1) Antonio Ghiglione s’era recato a Napoli per una missione politica, naturalmente dietro suggerimenti e consigli del Mazzini. E ch’egli adempisse bene la 6ua missione lo provano le seguenti parole del Mazzini stesso al Kosales, scritte il 6 giugno, al ritorno del Ghiglione : « Ghiglione ha recato elementi reali, e forti, verificati coi delegati delle provincie etc., comitato pedante, dottrinario, infame : conchiudono miglior cosa l’aspettare il punto. Il punto pare che sia un moto estero, francese. Per’altro, se tutta Italia, ossia meglio, Genova, Torino, Milano, garantissero a gente loro di sorgere subito dopo la loro mossa, moverebbero — del resto, filosofi, materialisti, positivi — l’entusiasmo, la poesia, ed anche il martirio, follia, e via così » (Epfst., Ediz. Naz., Ili, 452). Su questo viaggio del Ghiglione si troveranno altri accenni nelle lettere seguenti. 287 Poursuivi, traqué, je suis obligé de renouveler à chaque instant mon domicile. Désormais j’ai tant de noms, que je m’y perds moi-même. De l’envie, de la malignité, oh! les hommes sont bien méchants. Pourquoi 11e quittez-vous Paris? Dieu le sait, Paris m’est odieux, mais ma présence y est nécessaire encore pour quelque temps. 11 faut bien le dire : je ne trouve pas un cœur assez dévoué, une tête pas assez forte, pour lui dire : prends ma tâche. (2) Mais tout cela finira, j’espère. Alors j’irai rejondre mes amis, et me reposerai un peu. Tout ceci ressemble à un galimatias, mais comment faire autrement ? Un jour je vous dirai tout. De là la brusquerie de mes lettres, mon intermittence, etc. Mais vous me pardonnez, n’est-ce pas ? vous me pardonnez tout. Quelle belle lettre vous m’avez écrite ! qu’il est beau le langage de cette lettre ! qu’ils sont chers et tendres le titres que vous m’y donnez ! Votre lettre reposera sur mon cœur cette nuit ! Lorsqu’on a des joies, comme celles que vous me donnez, mon Ange, peut- on se croire malheureux? Jamais! assurez la Nina, que je l’aime toujours, que je pense très-souvent à [elle] Remerciez le bon Octave de son cadeau. A combien de titres me convient-il. Les peines que vous vous donnez pour nous et pour la Cousine, Dieu seul peut vous les rendre en bénédictions. Mais ne vous affligez pas autant que vous le faites, sinon je maudirais tout le monde. A présent tout doit être conclu bien ou mal. Tagliavacdhe a acheté ou non. Nous attendons de pied ferme toute décision. Qu’il nous la donne! Puisse-t-elle être selon nos vœux. Aih ! ah ! M. Frédéric (3) se plaint de la mauvaise allure des affaires... c’est bon, c’est bon.... oh ! si j’avais autant de richesses qu’il en a, mes amis ne seraient pas réduits à demander un emprunt, comme on demande une aumône. Mais c’est inutile. Induratum est cor eoruin. Mais n’importe, aimons-nous et vivent les âmes sublimes, comme les nôtres. Les trois sœurs de la Suisse (4), dont je vous ai écrit, sont furieuses pour moi, elle veulent que je retourne en Suisse par force. Adieu, adieu. Jusqu’ à présent taisez-vous' avec M.r Bernard de mon impossibilité à suivre mon idée, que dit-il ? [Augustin] (2) Agastino era incaricato dal Mazzini di costituire a Parigi la Jeune France. (3) Si allude qui a Federico Rosazza. (4) Le sorelle Girard di Grenchen. 288 CLIV. Agostixo alla Madrb [Auteil ?], 12 Mai 18H!3. Ohère Amie ! Ne parlons jdus de cette sottise du laurier. Donnez-moi du cyprès du cyprès à pleines mains, et je m'en ceindrai la tête, tant (iii'on voudra. Mais pour le laurier, qu’un de vos poètes a consigné dans ce vers — otior d’impenitori, e di poeti j’y renonce de bon cœur. J<* ne suis poète et je ne voudrais pas devenir empereur. Ce qui m’importe bien plus c’est cette sainte image, ou, si vous l’aimez mieux, image de sainte, qui voyage »sur la route, qui conduit à Monsieur François. Eh bien ! il est l’aîné, lui, il doit jouir le premier, mais après moi aussi. Je ne donnerais pas cette nouvelle pour bien des choses. Je suis impatient, je voudrais déjà la posséder. Que vous avez été bonne, que vous avez été charmante de penser à nous faire ce cadeau. Vous ne pouviez pas en imaginer un autre, qui nous comblât de plus de joie. De suite que je serai en possession de ma relique, je vous en parlerai, je vous en dirai mon avis tout franchement. Oh ! que je suis gai aujourd’hui. Mon pèlerinage est fait. J’ai quitté ce bruyant Paris, quitté... d’une demi-heure. Je suis dans un village environnant : je ne m’j plais ni m’y ennuie, mais c’est toujours autant de gagné que d’être sorti de Paris. Les visiteurs ne manquent pas, mais au moins ce n’est plus en foule, comme auparavant. Je suis cependant obligé, presque chaque deux jours, de faire une course à Paris, parce qu’on me donne de nombreux rendez-vous. Par exemple demain Céleste arrive de Londres, et il m’a écrit qu'il voudrait me parler de suite. (1). J’irai ¡par conséquent à Paris de- . main et j’y resterai peut-être jusqu’à dimanche. Je serais bien aise de pouvoir rendre-visite à M.me Galloni pour la remercier de la peine qu’elle a voulu se donner pour moi. Mais où est-elle, ou demeure-t-elle? Paris est un peu trop grand pour demander aux passants : savez-vous où demeure-t-elle, telle ou CLIV. — Pubblicato un brano tradotto in Caonacci, op. cit., pag. 63. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes. — Bollo postale: 14 Mai 1835. (1) C-eleste Menotti tornava da Londra per battersi a duello, col Vitalevi, corne si vedrà nelle lettere seguenü. 289 telle personne ? Je tâcherai 'd’avoir son adresse et alors j’irai. Mais quelle personnne est-elle ? ma présence ne pourrait-elle pas l’ennuyer ? Dites bien des choses affectueuses à la bonne Lille. M’aime-t-el'le encore un peu ? Je (pense bien souvent à elle, pense-t-elle quelquefois à moi ? Elle est si bonne, elle a tant fait pour nous. Un jour je pourrai ¡peut-être lui prouver qu’elle n’a pas semé dans un terrain ingrat. Jusqu’à présent que puis-je, moi, ¡pauvre diable, ignoré et ignorant, en butte à la méchanceté des hommes, quelquefois jurant, comme un damné, d’autres fois ricanant, comme Albert de Soissac à la vue du cadavre de Manfrede et par intervalles souriant.... oui souriant à votre image, au souvenir du petit nombre de gens qui m’aiment encore et que j’aime, la douce Lille entr’autres. Décidément la première lettre, que vous recevrez de moi sera toute pour Mocolino. Adieu, ma vie, aimez-moi, et je me moquerai de tous le monde. Adieu, tendre amie. Joseph CL Y. Giovanni alla Madré [Grenchen], le 14 Mai 1835. Ma douce Amie ! Je n’ai pas de tes lettres aujourd’hui et suis bien loin de m’en plaindre, puisque je regorge encore des richesses de la dernière fois. J’espère que tu es bien, car Dieu ne peut vouloir me donner des douleurs au-dessus de ma force; nous autres, nous sommes tous très bien, y compris Paulin, s’entend, dont nous avous reçu des lettres il y a une demi-heure. Il me fait part des détails que tu lui as donnés relativement à l’offre mesquine qu’on a faite pour l’acquisition des biens en question. De l’ensemble de ce qu’il m’a dit à ce propos, j’infère qu’il est passablement découragé et qu’il voit très chanceuse une heureuse issue; peut-être que M. Andrée, qui a promis de s’en occuper, CLV. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. - Bollo postale: Berne, 13 Mai 1835. 290 pourra déterrer quelque acquéreur un ¡peu plus honnête. Espérons donc encore. Ma foi, je ne suis ce que je ferais. Maudit soit l'argent, les hommes qui y attachent tout et la misère aussi! Ce manuscrit (1) te sera remis en mains propres par le moyen de M. André, je pense. Tu feras tout ce que tu croiras, et feras toujours bien, comme tu fais toujours. Puis, au cas que tu t’entendes, tu m’écrirais pour m’avertir que le moment pour réaliser nos promesses relativement au débit est arrivé et nous aviserons en conséquence. Demain je pars pour Berne. De là je t’écrirai et t'enverrai le tout. Le temps persiste dans sa méchanceté ; nous en sommes à moitié mai et nous sommes encore d’hiver. On ne peut pas même prendre des bains. Nous faisons mille projets littéro-pécuniaires. Si nous pouvons réaliser cet emprunt et être tranquilles pour quelque temps, c’est-à-dire n’être pas obligés à lutter de jour en jour contre de nouveaux besoin, nous en exécuterons tant de ces projets, que quelqu’un nous réussira. Seulement, ce sont des jalons qu’on pose sur sa route pour l’avenir, c’est de la semence, dont on ne peut recueillir le fruit que bien tard, et c’est l’actualité qui nous tue. Si l’emprunt réussit tout ira bien. •T'ai sur ma fenêtre un verre plein de violettes, de pensées, et de vergiss mein nicht, (sais-tu que ce traître de V. se prononce en allemand absolument comme F.?) puis encore un pot à fleurs avec une superbe rose épanouie et un bouton qui va s’épanouir, (’’est une galanterie d’une de ces demoiselles, qui savent que j’ aime beaucoup les fleurs. Cela répand un parfum délicieux dans ma chambre, quand je ne la neutralise pas trop en y fumamt. Que je voudrais pouvoir t’envoyer tout ça frais, odorant, coloré! Et les cadeaux, les as-tu? Si tu savais quelle petite satisfaction c’est pour moi. Adieu bonne amie, salue tout le monde de ma part. J’ai un i]m*u ihâte. Je t’aime, je t’aime, je t’aime. Zane (1) Il manoscritto del Chatterton tradotto. 291 CLVI. Giovanni alla Madré Berne, le 15 Mai 1835. Ma bonne Amie! J’ai ta charmante du 7 courant. Je ne fais que d’arriver. Je suis un (peu las. La première chose que je fis en arrivant ce fut de lire ta lettre, que je trouvai ici, la seconde et note que je n’avais pas encore soupé, fut celle de regarder ton joli cadeau de bombons. Mais, sais-tu (pie c’est extrêmement beau, (pie c’est magnifique! Ma foi! de cette manière-là je vais me faire un honneur immortel ! 11 paraît que tu n’as pas voulu être en reste avec moi de mes cadeaux, dont il te plaît d’exagérer la convenance et l’agrément, bonne, trop bonne que tu es! a fin (H far mêla far prà. Eh! méchante, il faut (pie tu saches que je te connais jnsqu’ aux replis les plus profonds de ton cœur, ou l’œil du profane ne pourrait jamais pénétrer. Au reste, je suis bien aise qu'on soit content de mes cadeaux, quels qu’ils soient et je suis sûr qu’on l'est, puisque ils viennent de moi, qui, à tout prendre, et mes défauts à part, je suis un bien bon diable ! J’ai reçu deux mots très obligeants de M.rae Marthe. Elle me provoque à lui écrire, mais comme je ne pense pas de la prendre au mot de sitôt, tu l'avertiras que j’ai reçu son charmant billet avec reconnaissance, et que je profiterai de sa permission dorénavant, et qu’elle est trop bonne pour moi et semblables. Je t'expédie aujourd’hui même, le manuscrit, qui pourtant t’arrivera un peu tard pour certaines raisons. Il est possible, probable même, que je t'envoie encore quelque chose, comme des considérations générales, mais, dans le cas contraire, tel qu’il est il est complet, et en tout cas. vous pouvez déjà vous mettre en train pour l’impression, puisque j'arriverai avec mon surplus toujours à temps pendant que l'on imprime le reste. Je t’ai déjà dit les deux première choses que je fis en arrivant, la troisième fut celle de souper et la quatrième, c’est CLVI. — Inedita. A tcrgo: 4 Madame Marie Feure Coporno - Gènes - Italie. — Bollo postale : Berne, 15 Mai 1835. de m’en aller au lit, dont j’ai passablement besoin, car j’ai très peu dormi la nuit passée étant occupé à finir quelque chose. Ainsi, bonne nuit, ma chère amie, mais non pas sans te donner auparavant des nouvelles de mon intéressante personne qui sont très satisfaisantes, ainsi que celles d’Emilie, de Paulin et d'Ange, qui ronfle comme un turc et m’a chargé de te dire mille choses en réponse à ton charmant paragraphe pour lui. Mille choses à tout le monde en général, et en particulier. A toi le cœur, l’âme, mes pensées de la journée, mes rêves de la nuit, ceux du jour aussi, car je rêve tout éveillé! Toutes la puissance de mon âme, tout moi enfin. Adieu, adieu, je t'embrasse mille millions de fois. Zane Je regarde encore la belle caisse. Il me vient une pensée. Elle doit coûter beaucoup. Si M.r allait faire le John Bell, allait te gronder de ta prodigalité. Ce serait ma faute. Ce serait bien mal de sa part. Si cela arrive, promets-moi de me dire la vérité. Adieu. CL VII. Agostino alla Madré Berne, le 17 Mai 1835. Ma chère Amie ! •Te reçois ta chère lettre ’du 11 courant avec les deux lignes de la Nina, qui m'ont bien fait du plaisir, ce que tu lui diras. C est vrai, le temps ne nous a pas favorisés à la campagne, aussi ai-je du renoncer à mes projets de course. Seulement, le dernier jour, pressé par les vives sollicitations d’un médecin de mes amis, je me résolus de l’accompagner dans ses visites à un village, à une heure et demie de distance. Le temps paraissait s éclaircir un peu et je n’avais pas de prétexte; ainsi nous allâmes, mais figure-toi, à moitié chemin «ne pluie battante et un Aent du diable qui nous la chassait à'la figure, et pluie et veut nous accompagnèrent à notre destination, et pour plus Inedita. A tergo: A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 18 Mai 1835. 293 d’honneur nous réaccompagnèmit aussi au retour et nous revînmes passablement trempés, malgré les parapluies dont nous nous étions munis et qui nous aidaient très peu à cause du vent. Vous apprendrez à vous faire accompagner par moi, dis-je-en souriant au Docteur; ne savez-vous pas que je porte malheur, et que vous rue devez à moi d’être trempé ? Mais lui dit que ça ne lui faisait rien et qu’il aimait tout autant de se tremper en ma compagnie. C’est une chose incroyable à voir l’obstination du mauvais temps. Depuis plus de vingt jours nous n’avons eu qu’un répit de 24 heurs, et puis ça a été toujours pluie et vent. Il pleut à verse dans le moment où j'écris, et le temps est pris encore pour bien des jours, et nous avons dépassé la mi-Mai. Remercie Octave du bon souvenir: certes, dimanche à 5 heures et demie j’avais ma pipe à la bouche et nous fumions de conserve en esprit. C’est une espèce de télégraphe tout comme un autre. A propos de télégraphe, te souviens-tu que l’été passé nous en avions constitué un en sorbets? Eh bien, il faudra recommencer ; chez nous on en prend déjà. Je crée la Nina haute intendante aux sorbets, café, etc. avec la paye de toute ma re connaisance et amitié si elle s’en tire bien, et avec zèle. Mon Dieu! je plains bien cette pauvre Victoire! j’aurais bien voulu lui écrire deux mots, mais mon Dieu ! toujours parler de choses tristes, de malheurs arrivés, ou à arriver, ça m’embête par trop! Dis-lui mille choses affectueuses pour moi; console-la' aussi de ma part, toi qui le sais si bien. Au reste, tu fais très bien de la préparer à un malheur inévitable. Je regrette cette absence de lettres de Paulin, je suis sûr que ce n’est pas sa faute, car je sais qu’il est bien et qu’il n’aura pas manqué de t’écrire. Je désire que cette certitude que je te donne suffise a te tranquilliser; tu sais que je ne veux te tromper, Emilie et Ange aussi se portent très bien ; je ne te parle pas de moi, qui crève de santé. On me fait des compliments, on me dit que je suis plus beau, plus gras, moins jaune. Et vive donc la jeunesse ! L’affaire de cette vente va donc très lentement, comme je ne vois que trop! Hélas! patience, si au moins cela, finissait par une conclusion quelconque, mais... ne blasphémons pas, en désespérant. Mille choses à tout le monde, M.r Bernard, Octave, Nina, Marthe, Victoire, Benoîte, mille et une à Lau- 294 rent, les mille pour me rappeler à son souvenir, l’une pour lui rappeler l’affaire pécuniaire. Adieu, ma charmante et unique amie, tout ce que j’ai de cher et sacré au monde. Adieu. Zane CLVIII. Giovanni alla Madré [Berne], le 20 Mai 1835. Ma chère Amie ! Je suis très fâché de n’avoir que très peu de temps à te donner, ma bonne amie, mais c’est le diable qui y met sa queue. Juste au moment de t’écrire, il m’arrive deux lettres pressées, auxquelles il me faut répondre poste courante et longuement. Et le temps qui je t’avais destiné à toi, il me faut l’employer avec ces sottes et ennuyeuses gens ; mais il le faut, car ils seront fâchés, si je ne le fais pas, pendant que toi toujours bonne et indulgente tu ne m’en voudras pas. N’est-ce-pas ? c’est comme ça que va le monde. Les bons payent pour les méchants. Adieu, donc, ma charmante amie. Je te donnerai pourtant des nouvelles de ma santé qui est on ue peut mieux, d’Emilie, (pii est très bien aussi et d’Ange, qui te dit tant de choses et se porte supérieurement. Je n’ai pas des nouvelles très fraîches de Paulin, puisque j’ai juré de te dire toute la vérité, mais peut-être tu en as, ou Emilie; c’est une lacune de quatre rjours] pas plus et tu seras assez raisonnable pour convenir que, à cette distance, quatre jours ne sont rien. Salue-moi tout le monde. A une autre fois. J’ai la fièvre, comme tu vois, dans les mains et dans il’âme, car il y a dans ce moment-là fixé devant moi, comme un Dieu Terme, un jeune homme (pii attend une réponse de moi et qui est impatient ; il n’y a rien de pareil pour m’embêter et me faire perdre la boussole. Adieu, mille fois adieu, mon cœur. Court ou long tu sais que je suis toujours le même, que je t’aime comme mon Ange Gardien et que je t’embrasse un million de fois. Zane CL\JII Inedita. A torgo : Alla Signora Maria Vedova Cogorno • Genova ■ Italia. — Bollo postale: Berne, 20 Moi 1835. 295 OLIX. Giovanni alla Madré Berne, le 22 Mai 1835. Ma bonne Amie! Je suis en possession de ta charmante et longue lettre du 14. En vérité, il en était temps, car j’en étais affamé et j’avais raison, je pense. Mais toute inquiétude, tout chagrin disparaît à la vue de tes caractères adorés, et je sais gré encore au sort de m’être si libéral, moi qui, une heure auparavant, aurais maudit la création. Ainsi, le faible amant se dépite du retard de sa bonne amie et forge mille projets et veut la maltraiter, la quitter et puis... elle arrive, et un regard suflit, et au lieu de la gronder, il la remercie encore. Je suis 'bien charmé que le temps ait changé en mieux, chez vous; que j’en jouisse du moins en esprit et dans l’idée du plaisir que vous en aurez, car quant à en jouir en corps, il paraît qu’il y faut renoncer cette année. A peine le temps était-il supportable ce matin après une journée de pluie, et le soleil commençait à percer. Vaine espérance! à deux heures après-midi un violent orage, pluie, grêle et tonnerre, s’est levé, qui a duré deux heures et l’atmosphère est encore chargée. Quant à moi personnellement j’ai eu une grande compensation dans tout cela, c’est que le •tonnerre est tombé deux fois avec tant de force et si près de nous que j’ai douté un instant qu’il avait frappé notre maison ; j’avais grande envie de tonnerre et il m’a servi selon mon désir, ce dont je le remercie grandement. Au reste, il n’v a nul risque dans ces pays, car les toits sont tous semés de paratonnerres, je ne sais pas pourquoi, et jamais fâcheux accident n’arrive par cause de la foudre. Ces messieurs veulent vivre, ils prennent leurs précautions, et ils ont raison. Oui, j’ai tout perdu mon trousseau et sa gouverne, quand je t’ai perdue toi, ma sainte amie; tu étais ma Providence aussi dans cette matérialité, comme tu l’es en tout, en ma vie entière. Tu rirais de voir mes bas! et les chemises qui me restent encore. Mais ce n'est rien, comme tu dis très bien, qu’est-ce que ça me fait quand tu es là à veiller sur moi, devi- CLTX. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 29 Mai 1835.1 296 nant comme par instinct magnétique mes besoins et a suppléant ? Ah, il n'y a qu’une mère, une mère comme toi, pour avoir des instincts pareils ! Comme tu pressens très bien, la Magdeleine du v< > f/iss incin nicht (tu vois que je sais déjà écrire en caractères allemands) n'a rien que de commun. Seulement l'habitude d être traitée d'égale à égale par Paulin et autres jeunes gens fort intelligents. du côté de la tête et du coeur, et aussi quelques petites flatteries l’ont un peu gâtée. Bile a tâché de se mettre à leur niveau, et elle s’est mise dans une situation fausse, car l’éducation de la tête et du cœur lui manquaient également. A présent donc, elle fait du sentiment, tout comme elle fait des épinards à la sauce à la cousine. Remarque que ce ridicule perce seulement par instants. Au reste, très bonne et très serviable Joungfrau, demoiselle. Je t'ai déjà parlé des bombons et de l’autre cadeau bien plus cher. Seulement je rectifie ton discours, c’est que les boni-bons sont, ma foi, l’accessoire, et encore un accessoire bien misérable à côté du cher, de l’adoré, du saint principal. >e va pas te méprendre sur le sens de mes paroles ; les bombons sont moins que rien relativement à ce qui les accompagnait, absolute ils sont charmants, superbes, dignes de la main qui les envoie et de la ville qui les faits. Les Génois s’entendent supérieurement à faire des bombons!! Point d’inquiétude sur Paulin, il est bien de santé, seulement il a du chagrin à cause de son bon ami. Comment autrement quand 011 a des amis, car on les mérite et qu’on vit dans un semblable monde ? La chose se décidera vite et jespère bien. (1) J’ai ses ,10n’ velles très fraîches. Quant à moi, à Emilie et Ange nous sommes 011 11e ipeut mieux. Je te promets de profiter des bains quoique à dire Arrai ce soit une véritable superfétation, car je n’en ai pas besoin, mais c’est une très agréable sensation dans la chaleur et cela aussi aide à tuer le temps. Mais il faut aussi que de ton côté tu me promettes d’en faire autant, car ce qui est en moi luxe, est une véritable nécessité en toi. Ainsi, je suis toujours destiné à te donner des douleurs, moi qui voudrais, au prix de mon sang, t’épargner l’ennui de l’aile d’un moucheron ! Patience! Est-ce que je ne wiis pas que tu fais tout pour le (1) Il duello Celeste Menotti-Vitalevi sul quale sono da vedersi le lettere seguenti e la nota alla lettera CLXIII. 297 mieux, que si l’emprunt n’a pas lieu plus rapidement ce n’est pas ta faute, mais des hommes? Oh, je le sais bien, crois-le. ('"est aussi que de tempsen temps l’actualité presse tellement, que je nie laisse emporter à des plaintes, à des souhaits qui t’affligent. Oh ! mon bon ange perdonne-moi, car je t’aime, car je meurs d’amour pour toi, même en t’affligeant. Mais! si tu savais aussi les épines de notre position ! J’attends avec confiance et résignation. Ma bonne Julie (2) est un Ange de vertu, que fort heureusement je reconnais comme tel sans nullement l’aimer d’amour. Que 'sa vertu, que mon indifférence et aussi un peu mes prin cipes te rassurent donc entièrement sur elle! je ne l’ai plus revue dans cette ville, 011 elle vient de temps en temps. Je n’ai pas voulu lui écrire afin de ne pas réveiller une passion qui s’endort peut-être, mais cela m’a beaucoup coûté. Elle me croit ipeut-etre un ingrat, un oublieux, un homme comme tous le sont et cela, me ipeine. Il est si dur de renoncer à l’estime et à l’amitié de ceux qu’on estime et aime! Adieu adieu donc mon cher Ange. Mille choses à tout le monde. Oh ! pussé-je au moins te dire combien je t’aime! oh! mais tu dois le savoir, 11’est-ce pais ? Adieu. Zane P. S. — Emilie ne m’envoie pas aujourd’hui de lettre pour sa tante ; je ne sais si elle a oublié d’écrire, ou s’est trompée de jour, 011 si elle fait mettre à la poste autre part, ou si elle n’a pas eu le temps d’écrire; ce qui est certain, c’est qu’elle est bien, très bien. Je dis cela pour la tranquillité de qui de droit. 12) Vedi la nota alla lettera CXXVIII. OLX. Giovanni alla Madré Berne, te 25 Mai 1835. Ma chère Amie! * Je suis en possession de ta chère du 18. Tu m’as accusé assez à temps réception des cadeaux pour que je 11’aie pas CLX. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 25 Mai 1835. 298 écrit à l’ami, chargé de te les faire remettre, du ton d’un homme fâché, comme j’ en avais l’intention. A présent, je lui écris au contraire pour le remercier, ainsi sois tranquille, et, trop bonne que tu es, ne t’effarouche pas du mal que je pouvais faire involontairement et qui heureusement ne sera pas fait. J’espére que tu as à cette heure des nouvelles consolantes de Paulin. En tout cas, je t’en peux donner moi, tant regardant son physique que son moral. Il se porte très bien au premier et supérieurement au second, puisque l’unique cause de son chagrin a disparu par l’issue du différend de son ami, pour qui il était .inquiet, issue qui a été on ne peut plus heureuse. C’est un bonheur pour lui, pour toi, pour moi, pour tous, car c’était un ami à tous. Il est bien juste de rencontrer une bonne chance de temps en temps, nous qui en rencontrons si souvent de mauvaises; c’est l’un pour cent (1). En vérité, tu me fais rougir en me demandant excuse d’une sorte de pudeur, de faiblesse, à propos de 'la gravure, qui ne te rend que plus intéressante à mes jeux. Si tu savais comme je te comprends moi, comme je sens tout ce qu’ il y a de saint, de délicat, de virginal dans cette crainte enfantine! < >h ! peu de gens peuvent la comprendre, mais moi, moi je comprends [tout] ce qui vient de toi et cela m’apprendrait à t’estimer et à t’aimer de plus, si cela se pouvait. L’accident arrivé à la diligence m’aflige d’autant plus que je connaissais de vue deux des trois victimes dont tu me parles. Le colonel Rossignoli, un jeune homme de 32 à 35 ans, blond blanc et rouge, colonel dans le Génie; Sigimbono, un jeune homme de 20 à 24 ans très plaisant de sa nature, paillasse dans le carneval et semblables. Pauvres jeunes gens! tu dis vrai. Si l’on songeait combien la vie est précaire, on ne s’attacherait pas tant à ses douceurs, et nous verrions bien des héros au lieu de moutons, et les choses iraient bien autrement! Mais comment leur faire entendre raison ? Depuis hier, dimanche, le temps a changé aussi chez nous. < est du soleil, de la vie, de? fleurs, de l’air tiède, sans être encore trop chaud, ('‘est très bien, pourvu que cela dure; mais < cia doit durer puisque c’est la saison. Le monde se presse d’en jouir et de se promener. Cela me fait mal au cœur. Les O) Allude al duello di Celeste Menotti sul quale ,edi la nota alla lettera CLXIII. 299 jours de fête sont néfastes pour moi, ce sout îles jours de triom plie de la prose, alias de la boutique. N’est ce pas ? Dans une semaine, au plus long, je retournerai à mon her-mitage, et cela pour plusieurs raisons. J’ y vis plus matériellement, j’y suis ¡plus calme qu’ ici, plus prosaïque; la poésie me fait mal. Encore si la poésie me rendait quelque chose, mais consumer âme et corps sans résultat matériel ni moral, c’ est trop fort pour moi. Quand je t’ai perdu toi, j’ai tout perdu. Je rappelle que dans le temps, quand nous étions ensemble, je regorgeais littéralement d’argent, je ne saArais qu’en faire. Et à présent? En vérité, j’en suis honteux. Pourtant, ma dépense pour vivre est à peu iprès la même; je ne dépense pas en habits. Mais pourquoi diable parlé-je de mélancolies ? J’ ai rêvé cette nuit de l’oncle Chanoine. Je pense à présent tout éveillé que Dieu m’a ôté toutes ressources en m’ ôtant ce bon vieillard, auquel je n’aurais pas fait un appel en vain dans un moment difficile. Quant à l’oncle Jacques, c’est comme piler de l’eau dans un mortier. Par pure curiosité, le Chanoine a-t-il testé, ou est-il décédé intesté? A moi, qui suis mort (2), cela m’est égal, comme tu sais. Ma santé est excellente ainsi que celle de Paulin, d’Emilie et d’Ange. Ange est mon ange Gardien à présent. Lui seul tient les cordons de la 'bourse, car Emilie et moi sommes un peu à sec, ainsi nous le manions avec des gants de soie, car le budget est en ses mains. Que Laurent fasse tout son possible pour effectuer cet emprunt, cette vente, ce diable, je ne sais plus comment le nommer. Qu’ il n’ y ait pas de notre faute, si nous ne réussissons pas, au moins! Salue tout le monde, aime-moi comme tu m’aimes, je ne demande rien d’autre pour aimer encore le vie. Adieu, mille fois adieu (8). Zane (2) Giovanni, allude, evidentemente, alla sua condanna. (3) Ai piedi délia lettera si trovano questo poche parole di Angelo Usiglio : « M.e le Courrier qui devait apporter les lettres d’Emilie ne nous est encore arrivé, et comme on ne peut plus tarder à mettre celle-ci à la poste je vous en averti* pour votre tranquillité. J’ai l’honneur de vous saluer, et de me protester votre dévoué ami et serviteur. — Ange». 300 OLXI. Giovanni alla Madré [Berne], le 27 Mai 1835. Ma bonne Amie ! Je t’ai copié hier au soir une partie de certaines réflexions d’un de mes amis (1) sur le Drame de Chatterton, qui m’ont porté jusqu’à tard. A présent, il est 11 heurs moins dix minutes et je n’ai pas seulement dix minutes à te donner et le courrier va partir. J’ai trouvé ces considérations très bien écrites et très vraie aussi, c’est pourquoi je te les envoie. Le reste à une autre fois. Le manuscrit s’est arrêté quelque part par suite d’un malentendu. Patience ! Je n’ai pas de tes lettres et je ne m’en plains pas. Je suis supérieurement bien en santé, ainsi qu’ Emilie, Paulin et Ange. 11 y a quelques courriers que les lettres d’Emilie me retardent et elles vont aussi retardées à sa tante, mais qu’elle ne s’en donne pas de peine, car c’est un malencontreux hazard qui fait retarder le courrier. Adieu, ma chère bonne. J’ai à peine le temps de te dire mille fois adieu, car Ange, l’inexorable Ange, me presse et je terme. Salue moi tout le monde. Je t’embrasse un million de fois. Zane P. S. - .Je rouvre pour te dire que je reçois ta chère du 21 courant. .T ai à peine le temps de regarder la date, mais je ne peux pas lire une seule phrase. Adieu. A une autre fois. ~~ Inedita. A tergo: A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes. — Bollo postale- Berne, 27 Mai 1835. (1) Si tratta. evidentemente, dellintroduzione al Chatterton scritta dal Mazzini. CLXII Giovanni alla Madré Berne, le 29 Mai 1835. Ma bonne et unique Amie! ne sais si i < sf < e maudit temps de pluie et de brouillard nce. -s'ant, h fait < st que je suis mortellement ennuyé. Je ne peux Bon. Cpo9Ule~ ‘C 29 î/ai°i835. ,VarÎ6 Vcuve Cogorno - Gênes - Italie. - 301 ni lire ni écrira, ni promener, ni rester en place ; c’est une espèce de spleen, une recrudescence (le méplhistophélisme, de mépris des hommes, de scepticisme; et tout cela sans cause aucune, absolument aucune. Qu’ est-ce donc? en vérité, je n’en sais rien. Je ne peux comparer ma maladie qu’ à ces vapeurs de coquettes, qui se dépitent de tout et contre tous, qui trouvent tout mauvais et ce n’est que du caprice, car si vous leur demandez ce qu’elles ont, elle vous répondront mille fois et en toute sincérité : je n’ ai rien. Il faut dire aussi que l’atmosphère influe beaucoup sur mes nerfs et que désormais au 29 mai c’ est une honte que d’ avoir un temps mou, froid, pluvieux et lourd comme du plomb. J’ ai ta chère lettre du 21, comme je crois t’ avoir dit. Je me réjouis du contentement de ces braves rivieraschi à propos de la pluie, qu’ils espèrent de voir changée en huile; quant à moi, j’ en espère très peu ; l’olivier est une plante exposée a trop de chances et quand vous en évitez une vingtaine, voilà la vingt et unième qui détruit de fond en comble votre espoir. Dorénavant je ne veux plus espérer, afin de ne plus me tromper. Je [me rappelle] complètement ce joufflu marouffle de Cecco, qui employait des après-dîners [entiers] à courir de ma chambre dans le corridor et viceversa. Fils de cusinier, cela fera un excellent et honorable cuisinier. Il fera honneur à la maison par sa mine. Jamais une douleur morale ne trouvera une feute à travers son épaisseur pour se faire jour jusqu’ à l’âme. Tu as très bien fait de me parler de ton mal d’estomac ; il n’ y a que cette convinction d’mue confiance illimitée qui puisse me rendre tranquille sur toi. 'Rappelle-le bien. Samedi, au plus tard, partira ton cadeau, ton gentil cadeau, destiné à Paulin. Quelle joie pour lui! J’ai n’ai pas la patience pour le moment de te transcrire le reste des considérations; ce sera pour le prochain courrier. Mes cheveux s’ent vont ; je ne te dissimule pas que je suis passablement sensible à cette perte. Mais que veux-tu ? la végétation ne prospère pas sur les bords du volcan, et maintes fois j’ai des pensées qui brûlent ; elles ont brûlé mes cheveux ; jamais je ne me suis servi de spiritueux pour la tête, un peu de pommade, et voilà tout ; je voulais me faire raser, mais on m’ assure que c’est une illusion et qu’il n’ y a d’autre moyen pour les conserver que de les couper légèrement très souvent, pour exciter la végétation. Chose que je ferai. Tu m’as pris trop au mot en fait d’avoir engraissé; vingt jours de repos <1 .une et de corps, d’inaction complète peuvent bien arrondir un peu uia figure, en la coloriant un peu, produire l’illusion qui fait dire : vous êtes engraissé. Mais, au fond, je suis tel < «ncore pour deux raisons: l'une, que c' est une langue qui piesente de très grandes difficulté, vii qu’elle 11’ a analogie •lut une a\e<- celles que je connais, l’autre, que je n’ai pas assez < < patience pour ni’ y adonner un peu longuement et de pro- 1 • J< *uis incapable tout à fait d’occupations suivies. Par nti<, j ai appris en peu de jours à écrire en caractères alle-11a 11 < s, (r j \ réussirai très bien avec un peu de temps. Voilà «“ncore hi pluie qui recommence ! Qu< toute la famille et tout le monde ait mes salutations a m h a <>,. j ;,j deux lettres de Paulin d’hier, qui me donnent nom( lies de sa santé, qui est très bonne. Tu peux en dire ÎS 111 Pn ^utiln* c^(* <"t malgré tout l’ennui et le , U 111()n,bj, je serai encore bienheureux. Oh ! jamais je d’-im ,IX 'tf * IUd^eureux> ^nt que je possède en toi un trésor fois adieu (1^ ^^ iaire envie aux saints. Adieu, mille Zane Los lettres d’Emilie sont on r<.tI°Tian° aegiunte ^ueste poche righo di Angelo Usiglio : "V otre dévoué. — Ange» F cncore auj°urd'hiri. J'ai l'honneur de vous saluez. 303 CLXIII. Agostino alla Madre [Paris], 27 Mai 1835. Ma chère Amie ! Je suis dans l’attente de vos lettres. En attendant je vais vous dire quelque chose du duel de Céleste (1), dont je vous ai soufflé à peine un mot. L’adversaire de Céleste est un de ces hommes qui ont la manie de faire parler d’eux-mêmes à quelque ¡prix que ce soit, même au prix d’infamie. Souvenez-vous d’Hérostrate. L’année passée Céleste se trouvant à Londres fut traité de calomniateur par Vitalevi; Céleste lui riposta par un vigoureux soufflet, un défi s’ensuivit. Mais la veilie Vitalevi, lâche qu’ il est, parti pour la Belgique. Céleste se moqua de lui, et revint à Paris. Alors Vitalevi imagina d’imprimer les ca- CLXIII. — Inedita. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes - Italie. — Bollo postale : 30 Mai 1835. (!) Giuseppe Vitalevi di Vercelli era stato esule in Francia fin dal Febbraio 1831. Con l’esilio era sfuggito all’arresto per l’imputazione di avere introdotto in Piemonte stampe rivoluzionarie. Partecipò alla spedizione di Savoia, dopo la quale, in seguito alle polemiche vivacissime che ne sorsero, egli venne schiaffeggiato a Londra da Celeste Menotti. Il Vitalevi sfidò a duello il Menotti, ma il giorno antecedente a quello fissato per scendere sul terreno, il Vitalevi lasciò Londra e parti per il Belgio. Cercò però di vendicarsi bassamente dell’onta subita pubblicando l’opuscolo, cui accenna nella sua lettera, Agostino. L’opuscolo, s. a. nè 1., ma stampato a Bruxelles nel ’34 porta il titolo : Rendiconto degli atti originali concernenti : 1.) la provocazione,: 2.) Il progettato duello; 3.) Le conseguenze del fatto; in 5» di pag. 30. Agostino Budini, che si prodigò da Parigi, in favore dell’amico, in questa lunga e dolorosa polemica, chiarisce nella sua lettera alcuni punti, fino ad ora oscuri. Egli però dimentica di dire che oltre la dichiarazione fatta dai dieci, amici di Menotti, a Parigi, un’altra venne stesa a Londra non appena si ebbe notizia del cartello di sfida inviato dal Vitalevi al Menotti il 26 giugno 1834. In questa dichiarazione venticinque emigrati italiani residenti in Londra affermano che « ben conoscono la differenza somma dei meriti personali dei Signori Menotti e Vitalevi, e mentre considerano che quest’ultimo in ogni luogo ov’è stato ha sempre cercato brighe per far parlare di sè, riconoscono nel Signor Menotti un cittadino benemerito della patria, il quale con i suoi servizi prestati alla causa della libertà, ha reso più che caro quel nome già consacrato dal martirio di suo fratello. Questa considerazione induce i sottoscritti a esprimere il loro voto che il Signor Menotti non debba misurarsi contro un nemico indegno di lui, dichiarando ch’essi riguarderanno come un atto di poco patriottismo il dar seguito ad un duello sì diseguale, pregandolo nello- stesso tempo a non cimentare una vita cara alla patria, ed ai proprii concittadini ». (La dichiarazione è integralmente pubblicata in Mazzini, Epist., Ed. Naz., III, 435). Anche il Mazzini prese decisamente parte per il Menotti contro il Vitalevi. Il 14 Maggio scrivendo al Eosales intorno a questo duello così si esprimeva : « Il duello tra il Vitalevi e il Menotti avrà luogo il 16 in Parigi : tant’è, sono inquieto, perchè se v’è un galantuomo, ha da soccombere. Vitalevi ha studiato scherma tutti quest1 sei mesi : parlano di botte secrete, e che so io. Dio voglia non aocadano mali : morire non è triste cosa; morire per mano di Vitalevi è tristissima» (ibidem, pag. 429). E sempre al Eosales il 21 maggio : « Ricevo in questo punto nuove del duello : Vitalevi è ferito d’un colpo di sbieco, non mortale, si crede — Celeste intatto r-miracolo che una almeno sia andata bene» (ibidem, pag. 435). 304 lomnies les plus atroces contre ce bon Céleste. Il le traitait d’espion, de sicaire du Duc de Modène, d'assassin et pareilles choses. J' avais 1’ intention de réfuter moi-même ce libelle. Mais quelques amis, Céleste entr’alitres, me détournèrent de ce projet, m’assurant qu’ il y allait de ma dignité à me mesurer, moi homme de conscience et d’avenir, contre un misérable imposteur. On oublia enfin Vitalevi et son libelle. Dernièrement Céleste dut partir pour Londres et il écrivit à Vitalevi, que s’il voulait l’aller trouver, il l’aurait attendu tout un mois. Que fit Vitalevi '! Il vînt à Paris, criant à-tue-tête, qu’il voulait pourfendre Céleste. Le lâche ! il savait qu’ il était à Londres. Alors nous lui envoyâmes (a Vitalevi) une liste de dix de nous, prêts à se battre, prêts à remplacer Céleste. Vitalevi tergiversa. Nous écrivîmes à Céleste, il accourut. Je rédigeai une longue déclaration, que nous fîmes signer par Vitalevi, où ¡1 rétractait tout ce qu' il avait dit d’injurieux pour Céleste. Le drôle était surveillé de près, et ne pouvait s’échapper. Un jour fut fixé. Vitalevi et Céleste se recontrèrent dans la plaine de Grenelle et Vitalevi reçut un coup d’épé dans les côtes. Il ne moUrut pas, car Céleste au lieu d’appuyer sur le ter, le retira. Après une demi-heure je vis Céleste : le bon jeune homme ! il pleurait sur Vitalevi. Celui-ci fut en danger de vie, à présent il se porte assez mieux. Voilà l’ihistoîre en résumé de ce duel. Je ne nierai pas cependant, que je n’ai ressenti de graves inquiétudes pour cette affaire. Mais il fallait en finir une fois. À présent c’est comme si j’avais une montagne de moins sur l'estomac. Céleste vous salue bien tendrement; le bon Cas tel li de même, ce jeune homme, le plus vertueux du monde, qui vous a vue à Lyon (2). Niccolino aura trouvé une lettre bien froide. Je lui écrirai encore. Je n'ai rien reçu de M.r eu de ressources; quand on a lu ses journaux, et promené une ou deux heures, c’est tout ce qu’on peut faire pour s’amuser. Embrasse bien tout le monde pour moi la famille d’abord, puis Victoire, Benoîte, Marthe, Laurent, Lille etc. Quant a toi, je ne te dirai pas combien je t’aime, car j’en désespère, je te dirai seulement que je t'aime, je t’aime, comme les hommes n'aiment pas. Zane CLXVII. Giovanni alla Madré [Berne], le 5 Juin 1835. Ma chère ! Je ne fais que d’arriver d’une course à pied de deux heures d un village ici près ou j'ai pa»ssé la soirée d’hier et la nuit. I luie en allant, pluie en revenant, pluie en restant. Je suis mouillé jusqu aux os. Je doute que ces deux lignes partent, CLXN II. - Inedita. A torgo : A Madame Marie Veuve CoQorno - Gènes. — Bollo postale: Berne, 5 Juin 1835. 309 car il est plus tard de l’ordinaire d’une demi-heure. À la garde de Dieu. Je ne t’aurais pas écrit cette fois, mais j’ai réfléchi que le courrier emploie un jour de plus pour partir qu’à l’ordinaire la prochaine fois, et je n’ai pas voulu te laisser sans nouvelles, si tant est que j’v réussisse. Adieu, ma bonne et chère amie. La. santé est parfaite à tout le monde, absents et présents. Je t’embrasse. Zane CL VIII. Agostino alla Madré [Paris], 7 Juin 1835. Ohère Amie ! Enfin je vais vous dévoiler quelque chose que, jusqu’à présent, j’ai diï. vous cacher par amour de vous et d’une autre personne, qui nous est bien chère à tous les deux. Souvenez-vous de ce regard inexplicable pour vous, que vous lança cet ami, qui m’avait rencontré à Paris, quand vous lui parlâtes de la cousine ; souvenez-vous de la lettre tant soit peu confuse, que je vous écrivis à propos de tout cela, et la promesse que je fis, que lorsque le temps en serait venu, je vous mettrais au courant de cette affaire. Elh bien! ce temps est venu, je puis parler sans danger à présent. Lorsque cet ami vous lançait ce regard fin et scrutateur c’est... c’est que la cousine n'était plus ici. Où était-elle? en Italie (1) — comment? oui en Italie — et pourquoi était-elle partie de' Paris? Je n’en sais rien, mais les femmes sont bien capricieuses et volontaires. Cependant s’il m’est permis d’avancer une conjecture, je crois que les motifs, qui l’avaient décidée, étaient justes et raisonnables, entr’autres motifs de santé. Et à présent, où est-elle cette méchante femme ? Elle se trouve dans ce moment en France, dans un port de mer, (2) d’où sans doute elle va vous écrire elle-même. Pourquoi avez-vous fait un mystère de cela à votre amie ? Pourquoi ? parce que vous vous seriez tourmentée continuellement, vous auriez imaginé mille dangers; puis on CLXVIII. — Pubblicata, tradotta eon lacune in Cagnacci, op. cit., pag. 63. A tergo: Madame Pauline Ferrari ■ Gènes - Italie. — Bollo postale: 6 Juin 1835. (1. Sul viaggio del Ghiglione a Napoli si veda la nota alla lettera OLIII. (2) A Marsiglia. Vedasi lettera CLXXI di Giovanni. 310 m’avait défendu de parler jusqu’ à son retour. J’ai du vous tromper et je vous ai trompée, et je ne m’en re-pens pas. En partant la cousine m’avait dit : tâchez surtout d’avoir un peu d’argent de mon avocat pour payer les dettes. C’est ee que j'ai fait; j’ai i*einpli mon mandat; j’ai eu les 1000 francs et les Jettes sont payées. Tout à coup je reçois une lettre de la cousine, qui m’annonce un dénuement complet d'argent. Sacr... pourquoi n’ai-je reçu sa lettre deux jours avant ? J’aurais rogné, j’aurais laissé un ou deux créanciers sans payement et j’aurais pu lui envoyer une petite somme. -Mais à present j’ai payé. Aussi je ne pouvais pas prévoir que les affaires avec Tagliavacche seraient remises à trois mois. J'espérais que ce billet de 3000 francs serait suivi d’un ou deux frères. On pourra dire que je n’ai pensé qu’à [moi], mais ce serait injuste. Au reste nous tâcherons de nous arranger : François et Pippo aussi me brisent le cœur. Avez-vous espoir de réussir dans l’emprunt ? Aujourd’hui j’ai sur le bras un Canonique espagnol. Je suis furieux, je vous écris en grande hâte, mais je vous embrasse mille fois. [Augustin] CLXIX. Giovanni alla Madré [Berne], le 8 Juin 1835. Ma douce Amie ! Je suis très fâché d’avoir cette fois aussi si peu de temps devant moi et de devoir être court, mais la fatalité s’en mêle. I ne course d’une quinzaine de lieues que je viens de faire m'a absorbé quatre heures de plus de ce que j’avais calculé, et la faute, a vrai dire, en est à l’orage qui nous a attrapés, poursuivis, accompagnés pendant le retour, et nous a obligés plus d’une fois à mettre cheval et voiture à couvert, et à nous y mettre nous-mêmes. De sorte que nous qui comptions d’être à Berne pour les 7 heures du matin, nous voilà arrivés que les 11 battent et le courrier part. J ai ieçu la lettre du 30 Mai. Ce que tu me dis de la Rose CLXJX — Inedita. A tcrgo : Madame Marie Veuve Cogorno • Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 8 Juin 183S. 311 et du ipeu d’espérance qu’on a de la sauver m’afflige et fait craindre plus que je ne saurais dire. Liée à toi comme elle est, je suis sûr qu’il ne lui peut arriver aucun mal que tu n’en ressentes la secousse. Figure-toi mon agitation dans mon impuissance de rien faire. Il y a de quoi crever de guignon. Ce vieux parent, cette espèce de Messie, ne s’est ¡pas encore vu, je l’attends de pied ferme et avec impatience, mais je me crois pas qu’ il vienne. Je ne plierai pas sans te donner de mes nouvelles et celles d’Ange mon compagnon de course, qui sont excellentes E-mïlie <-*!i de ma langue, j’aurais désappris même à parler. Et voilà où je me plaisais, où mon âme sommeillait. Au matin, à midi une bonne fille, la Louise (1), qui m’avait pris d’affection me servait du lait, du café, du beurre, du miel. Elle était bien bonne cette Louise: elle mettait des fleurs dans ma chambre, lorsque j’en sortais : elle éparpillait des roses sous ma serviette à table: elle était tout empressée à me servir: lorsqu'elle me voyait triste, rêveur, silencieux, elle s’enquerrait du sujet de mes pensées. Elle était bien timide, mais confiante en moi : elle sentait plus qu’elle ne parlait. Voilà la seule créature qui s’intéressât à moi dans ma solitude. A cinq heures je quittais la maison pour aller à Bienne retirer les lettres de la poste. Il fasa.it chaud, je mettais sur ma tête un grand chapeau de paille. Puis au retour je trouvais la Louise sur le seuil de la maison. Elle m’attendait. Si elle me voyait sourire, elle venait à ma rencontre, me disant d'un petite air espiègle; vous êtes gai, je sais, vous avez reçu des lettres de good Mutter. Car, elle aussi elle connaissait ma mère, je lui en parlais toujours, elle avait appris à t’aimer, à t’estimer. Ma mère! j’en parle à tout le monde, moi, tous ceux qui me connaissent, connaissent aussi ma mère. C'est mon orgueil que ma mère, ma gloire, mon amie, mon Ange, mon amante, ma sœur, ma religion, ma patrie, mon univers. I)e quoi puis-je parler, si je ne parle pas de ma mère '! < ’ela est si vrai, que tous ceux qui veulent obtenir quelque chose de moi, ou qui veulent m’être agréables, commencent par me parler d’elle. Quelle mère que la vôtre ! quel Ange ! q'uefl dévouement ! Mais il n’y a personne qui la connaisse aussi bien -Bollo postale : Berne, 12 Juin 1835. (1) Grenchen. 314 la retient depuis quelques temps à /Marseille, d’où elle écrit en demandant des fonds (2). Imagine-toi, des fonds à nous ? Comme que ce soit, nous l'avons mise en état de pousser jusqu’ici. Tant est, la misère est la maladie actuelle des honnêtes gens, comme l'incrédulité, celle du siècle. Ces maladies passeront-elles ? L’ami qui t’a fait compliment sur mon habilité à écrire l’allemand n’en a pas fait un grand à moi ; c’est une matérialité, dont on se rend maître avec autant pins de facilité quand on a une main un peu courante. Remarque aussi que j’écris un peu lentement. Ce que je voudrais ce serait de bien comprendre la langue; j’en ai un grand désir, et quoique mon indolence habituelle me rende impossible nue application tenace, pourtant avec peu d’étude je commençais déjà à comprendre très peu, mais quelque chose; J’ai besoin indispensable pour cela d’un aiguillon et cet aiguillon je l’ai perdu dans la personne d’un de mes amis, qui m’apprenait et a dû partir hier. Absolument j’a.i trop peu de patience pour étudier de moi-même. Je me rebute aux difficultés. Hier, journée superbe jusqu’à cinq heures de l’après-dîner, de là l’orage, tonnerre, grêle, pluie a duré jusqu’à minuit par bouffées. Aujourd’hui bon temps de même jusqu’ à cinq heures-après, le ciel s’est obscurci, quelques vélléités d’eau, et un gros vent, très ennuyeux qui dura fort tard ; un temps orageux sans orage. Notre santé à tous, tous, Emilie, Ange, Paulin et moi, est on ne peut mieux. J’attends avec impatience des nouvelles de ¡la malade. Adieu, mon cher et bon Ange. Je te salue et t’embrasse du fond du cœur. Alias (,segue la frase ripetuta in grafia tedesca). Adieu, mille fois adieu (3). Zanb (2/ Vedi lettera CLXVIII di Agostino. (3) Nel retro le seguenti parole di Angelo Ueiglio : « Les lettres d’Emilie ne nous sont pa-s encore arrivées. — Ange ». 315 CLXXII. Agostino alla Maure [Paris], 13 Juin [1835.J Chère Amie ! Oui et non. Vous savez bien si j’aime la Suisse, si je n’en ai pas des souvenirs qui me sont chers, si la Suisse, vis-à-vis de la France, ne doit être pour moi un Eden, un lieu de paix et de repos. Et il est sûr, il est certain, que j’ai l’idée d’y aller, de m’y fixer, de ne plus en sortir. Mais je ne saurais indiquer l'époque que je réaliserai mon intention. Serait-ce dans l’été? dans l’automne ? au commencement de l’hiver ? cela dépend de mille circonstances. Il est possible que je ¡parte entre trois jours, il est possible aussi entre trois mois. Somme toute, il m’est impossible de vous éclaircir à ce sujet-là; seulement je vous tiendrai à jour de tous mes projets. Pour le moment je vis passablement tranquille avec Céleste : nous sommes seuls, nous avons un magnifique jardin, nous dînons tête-à-tête, nous causons, nous rions, nous nous disputons et nous nous aimons. Nous parlons aussi de vous ; comme tous ceux qui vous connaissent, il a gardé un doux souvenir de vous et il me charge toujours de vous mander mille choses de sa part. Vous me parlez d’ennemis envieux : puis vous ravisez, et dites : dans le cas qu’il y en ait de mal intentionnés à mon insu. Que dois-je penser? me faites-vous un mystère de quelque chose? à moi? à votre ami dévoué? à celui, qui vit de votre souffle? à celui qui se repaît de 'souvenir de vous ? moi, qui vous dis tout, à vous ; moi, qui n’ai aucun secret pour vous. De même je ne comprends pas quelle soit la malade, dont vous me parlez, et qui paraît devoir intéresser au dernier degré la cousine. Si vous m’en avez parlé, je suis bien niais de l’avoir oublié ; cela cependant me paraît bien difficile. De toute manière ayez la .complaisance de vous répéter. Parlez-moi de tout. Des ennemis, de la malade, de toutes choses qui peuvent vous intéresser. Ne me laissez pas à mon inquiétude, à mon incertitude. Vous savez ce que c’est que mon imagination. Je pourrais me figurer des maux qui se- CLXXII. — Pubblicate poche righe tradotte inesattamente in Cagnacci, op. cit., paig. 6?. A tergo: Madame Paulina Ferrari - Gênes. — Bollo postale: 13 Juin 1835. 316 raient plus grands que la réalité même. N’ai-je pas le droit de partager avec vous peines, douleurs, joies, craintes ? Ce malade, dont vous vous inquiétez, est parfaitement rétabli. •T’ai envoyé toutes les pièces de l’avocat à la Cousine. Je ne doute pas qu'elle ne s’empresse à lui répondre. Ce matin je dois aller en ville. Chut ! il y a quelque chose de bon qui m'attend là-bas. Quoi donc ? Vous ne devinez pas ? Il est arrivé quelqu'un de Berne portant une petite caisse pour moi de la part de François. Qui est-ce, si ce n'est le portrait de mon amante? Mais... chut! pour le moment. Nous en parlerons bientôt. Mes salutations à tout le monde. Je vous embrasse mille fois. Michhe CLXXIl| Giovanni alla Madré Berne, le 15 Juin 1835. Ma chère Amie ! Je suis sans lettres de toi depuis ta dernière du 4. Je ne te dissimule pas que je suis passablement inquiet, et tu sais que j'ai de quoi ; peut-être le courrier de demain sera généreux avec moi, et viendra dissiper mon anxiété. Ce qu’y contribue encore c'est la funeste époque à laquelle nous touchons, l’anniversaire fatal d'une catastrophe horrible, qui a emporté dans la tombe avec un Saint tout espoir pour nous d’avenir tranquille, sinon joyeux ! (1) Je n’essayerai point de consolations sur .nu* matière qui n’en admet pas; je me bornerai seulement à faire un appel à ton amour pour nous, et je te dirai : songe combien tu nous es nécessaire, indispensable, plus que Pair que nous respirons, plus que le pain que nous mangeons ; songe à l’intime liaison qui existe entre le moral et le physique, particulièrement chez les personnes nerveuses; songe à ta santé minée par les maladies et les peine« /innombrables de l’âme; oppose toute ta philosophie, toute l’energie de ton amour, toute ta sainte et sublime résignation à la vivacité d’une souvenir déchirant; pense à CLXXIII. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes ■ Italie. — Bollo postale : Berne, 16 Juin 1835. (1) L'anniversario del suicidio di Jacopo Kuffini avvenuto il 19 giugno del ’33. 317 uous, vis pour nous. Oh ! que du moins nous n’ayons pas à trembler sur toi, dont la conservation est la condition essentielle de l’existence. Je t’en ¡prie à genoux, au nom de notre amour. Je salis que ce n’est pas une compensation, qu’il n’y en a ipas de possible, mais tu es aimée encore, oh ! tant aimée, il y a encore des cœurs qui ne battent que ¡par toi et pour toi. Le ciel, afin de ne pas perdre ses habitudes, s’est assombri ce matin et nous a déjà régalé une bonne ondée de pluie. Je suis triste et sombre comme le etiel, mais je suis résigné à tout, hors qu’à un malheur qui te toucherait toi, en qui tout mon être est comjpendié. Je n’ai jamais senti le poids de la ¡pauvreté comme ce matin. Imagine-toi un respectable vieillard de 02 ans, courbé par les malheurs et la misère, qui n’a pas le sous, sans bas, souliers troués et qui voyage à piied, lui qui ne ¡peut se tenir sur les jambes. 11 a émigré depuis un mois. Il va à Lausanne, où il compte trouver emploi ou secours. Ce pauvre vieillard m’a déchiré Pâme; avec quelle joie je lui aurais dit; vous êtes trop brisé pour marcher à pied. Tenez, prenez une place dans la diligence ! Alh ! mon Dieu, c’est impossible. Dieu, qui voit mon cœur, sait que c’est moins pour moi que pour les malheureux que je voudrais être riche! Nous avons donné des bas, des souliers, une chemise, il mange avec nous tant qu’il reste ici, nous payerons à l’hôtel pour lui et 20 frs. pour les frais de voyage. C’est bien peu, et c’est en vérité encore ¡plus que nous n’aurions pu faire, vu notre position. Patience ! Notre santé à tous est excellente. Paulin doit t’avoir donné de ses nouvelles directes. Je n’ai jusqu’ici vu ¡personne et mon espoir va en diminuant. Nous verrons. Salue bien la famille pour moi, Benoîte et Victoire. Je t’étreins sur mon cœur haletant d’amour et de chagrin de ne pouvoir te rendre heureuse. Je t’aime à la folie. Adieu. Zane Ma bonne amie! le 10. Ma lettre n’est pas partie, ¡par inadvertance d’Ange, mais elle partira demain avec le courrier de Lombardie ; je regrette peu ce retard, car je puis te donner des nouvelles fraîches de ce matin de Paulin, qui m’écrit une longue lettre ; il me parle des 1000 frs. qu’il a reçus de toi, qui lui ont servi à payer ses dettes et celles de la cousine ; il est tout à fait dupe de ton stratagème, et il croit tout bonnement que 318 c’est de l’argent de la cousine ; il m’exprime même des remords de «'être servi de cet argent pour payer ses propres dettes, d’autant plus que ta lettre subséquente à l’envoi lui révélait sans détour le mauvais état des affaires de la cousine. J’étais fort tenté de lui ôter ce remords en lui insinuant la possibilité d’un pieux stratagème de ta part, mais je n’ai pas osé; tu devrais le faire pourtant, je pense. Il se désespère aussi d’avoir absorbé tout ce capital, qu’il croyait le commencement et non la tin, sans rien faire pour nous, le pauvre enfant ! Il me fait mille propositions absurdes pour nous procurer de l’argent. Je lui répondrai demain de n’en rien faire, car c’est du temps perdu. Une autre nouvelle je dois te donner et c’est que j’ai des nouvelles du vieux parent, dont tu me parlais, quli m’écrit de Genève. Je lui écris aussitôt, mais je ne sais si je serai à temps, car sa lettre a dû faire un tour qui l’a retardée. On verra. Adieu, ma bonne amie. Je ne laisserai rien d’intenté pour réussir dans cette affaire, et cela dans la pensée aussi de te procurer une joie. Le temps est superbe aujourd’hui. J’ai d’excellentes nouvelles d’Emilie aussi ce matin. Je suis bien et moins triste. Adieu, mon bon cher Ange. Je t’embrasse un million de fois. Ton Zane CLXXIV. Giovanni alla Madré Berne, le 17 Juin 1835. Ma chère Amie ! Je t’écris deux lignes à peine, ma bonne amie, pour te donner mes bonnes nouvelles, mais en vain j’essayerais de te dissimuler mes inquiétudes. Le courrier d’aujourd’hui m’a aussi trompé. Voilà trois courriers, trois mortels courriers, sans tes nouvelles. Mille pensées m’affligent. Une maladie, un malheur, que sais-je ? Je m’attends toujours au mal. Je serais trop sombre, si je voulais continuer, je ne ferais que t’affliger, et j’aime mieux me taire. 0(h, mon Dieu! éloignez de moii ce calice amer, car je ne saurais y tenir. CLXXIV. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 17 Juin 1835. 319 A part l’inquiétude, je suis très bien au physique, Emilie, Ange et Paulin aussi. Puisse le premier courrier m’en dire autant de toli et de vous tous ! Je l’attends avec l’impatience du condamné qui s’apprête à entendre, son arrêt. Jusques-là je suis sur des charbons ardents. Adieu, adieu. Embrasse-moi toute le famille. Je t’embrasse comme on n’embrasse qu’au ciel, je meurs d’amour dans tes bras. Zane P. S. — Dieu soit loué, car il ne m’a pas délaissé! Je reçois ta lettre du 11, je suis tout consolé! J’ai honte et remords de ma boutade, mais je n’ai pas le temps d’écrire une autre lettre ; adieu, adieu. CLXXV. Agostino alla Madré [Paris, 18 Juin 1835]. Ma bien afimée Est-ce que je mérite des lettres, telle que la vôtre du 8 de ce mois? Jusqu’à présent on m’avait dit que c’étaient les mortels qui devaient adorer les Saints et le Anges, et vous, vous, trois fois sainte, ange véritable, vous me prêtez le culte, dont vous seule êtes digne. Mon Dieu! ne me faites pas comme ça. Je cours le danger de pécher d’orgueil. Après la lecture de votre lettre je me crois plus haut de six coudées. Que pourrais-je vous dire à mon tour ? Le verbe humain n’est-il .pâle et sans force devant la profondeur du sentiment d’amour et l’adoration qui remplit tout mon être pour vous ? si la parole était proportionnée à l’idée, ce serait de la lave, qui sortirait de ma bouche, au lieu de sons vagues et fugitifs ; mes lettres brûleraient, car mes idées brûlent. Y a-t-il quelque Chose de comparable à notre amour ? Le premier sourire de la vierge à son fiancé est-il plus pur, plus chaste, plus enivrant, plus déliciieux, plus célestial que le sourire mystérieux de nos âmes ? Que me parlez vous de ma situation, de mes tourments ! Puis-je me plaindre, quand je possède un cœur teil que le vôtre ? Tant que ce cœur me restera, ne suis-je le plus riche des mortels? Conservez-le-moi, et j’aurai assez de bonheur OLXXV. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 65. A tergo : Madame Pauline Ferrari - Gênes - Italie. — Bollo postale: 18 Juin 1835. sur la terre pour sentir tout le prix de l’existence et pour dire à Dieu: gloire à toi, gloire à toi. La cousine est en marche pour la Suisse. Elle s’ennuyait à Marseille et elle a voulu aller revoir François et Emilie, les bons amis. Elle n’a pas encore reçu la lettre de l’Avocat, que je lui ai envoyée à Marseille. A peine elle l'aura, je ne doute point qu’elle n’envoie à l’Avocat la réponse qu’il souhaite. Elle se repent d’avoir écrit une lettre à l’avocat avant d’attendre des renseignements de moi. Elle prie l’avocat de considérer cette lettre comme non avenue. Je ne connais pas encore ses intentions ultérieures. Moi-même je veux et je ne veux plus dans la même minute. Chaque jour les circonstances qui m'entourent changent d’aspect et il faut par conséquent que mes projets en fassent de rnêni'e. Nous verrons. Pour le moment je suis encore flottant et sans boussole. Mais je vous tiendrai à jour de mes projets, dans le cas que je puisse m’arrêter à une idée1. Céleste et Oas-telHi (1) vous remercient de votre bon souvenir. Ils vous aiment, il vous vénèrent, car il suffit de vous voir une fois pour apprécier votre bonté, votre candeur, votre magnanimité, toutes les vertus que Dieu s’est plu à résumer en vous. Ma santé est parfaite, et la vôtre? Prenez-vous des bains? La chaleur vous tourmente-t-elle? L’estomac, le foie, la tête, etc.? Vous m’en parlez si rarement, et pourtant cela est d’un si grand intérêt pour moi. Adieu, je vous embrasse mille fois, âme de mon âme, souffle de ma vie, étoile du pauvre pèlerin. Adieu, mes salutations à tout le monde. Michel P. S. — Je brûle d’impatience d’apprendre le nom du malade dont vous me reparlez encore. (1) Vedi nota alla Jettera CLXIII. CLXXV1. Agostino alla Madré [Paris], 25 Juin [1835]. Ma chère Amie ! J’ai reçu votre lettre du 19 de ce mois. Je vois par elle que vous êtes encore inquiète sur le compte de notre cousine et mê- CLXXVI. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 3Û21 me sur le mien. Quant à la Cousine mes lettres successives doivent vous avoir donné de la tranquillité. Elle est parfaitement rétablie et cela est si vrai qu’elle a pu hier venir me rendre visite. Nous avons passé ensemble une très agréable journée et puis le soir elle est partie pour Bienne. Quant à moi je vouvs dirai d'abord que je ne suis pas le héros qu’orte le cachet mystérieux, et dont je désespère à jamais de trouver la clef. Que vous dirai-je, moi? J’ai devant les yeux vos deux lettres du 4 et du (î Juillet. Que puis-je répondre à ce trésor étonnant de sentiments, à cette source inépuisable de sensibilité, à cette poésie d'amour, qui ne se trouve sur la terre que par une rare exception, mais dont le siège ne peut être qu’au ciel ! Qui êtes-vous ? êtes-vous une femme ? étes-vous mon amie ? n’êtes-vous plutôt quelque chose de sacré, de divin, d'angélique, qui se cache sous des dehors mortels, sous des apparences humaines ? N’êtes-vous plutôt ma providence, ma religion, l’ange, que Dieu m’a donné à gardien ici-bas ? Est-ce de l’exagération tout ce que je vous dis ? J’en appelle à François et à tous ceux qui vous connaissent: êtes-vous une créature comme les autres? Non, non, mille fois non. Sans vous, pourrais-je encore aimer l’existence? y trouver encore du charme, sinon du bonheur? Croyez-vous que sans vous ma foi en Dieu, ma foi en l’avenir aurait résisté aux désillusions continuelles, poignantes, terribles ? Vous êtes le lieu, qui me rattache au ciel. L’autre jour François m’écrivait ces mots évangéliques : ne trouves-tu pas que l’existence de notre amie est le plus fort des arguments contre ceux qui nient une vie à venir ? Oh, ma tendre amie, je suis fort contre le malheur, je suis fort contre les maux physiques, parce que je me trouve sous l’aile de votre protection. Mon mal de tête s’est évanoui; je vous l'ai appris le courrier suivant de la lettre, que j’avais écrite pour le trimestre. Je crois qu'elle a retardé, ou bien j’ai laissé s’écouler un jour. I >a ns tous les cas je suis très-affligé de vous avoir causé une inquiétude aussi poignante. Mon cœur se brise en pensant à toute 1 amertume de votre âme. Mon pauvre ange, tranquillisez-w»t»8. Dieu me réserve à vos embrassements. Mes maux ne du->< nt jamais plus de deux jours, car je pense à vous, et me soigne pour vous de manière à en être quitte à bon marché. Si j’avais ( mpiie il est certain que j’aurais donné commission à quelqu’un dr mes 111is de vous écrire, car je sais par ma propre expérience que dans ces ras la certitude même du mal est préférable à 11 incertitude du bien. Mes occupations vont finir incessament. Dsins^ toute la semaine courante, ou au plus tard lundi, je 327 •quitterai Paris. Mes amis voudraient au moins que j’assistasse aux fêtes de Juillet, mais que m’importent à moi toutes leurs fêtes. J’aurai vu Paris à l’anglaise, c’est-à-dire en ne rien voyant. C'est un peu de tranquillité auprès de mes amis que je cherche : le reste m’est tout a fait indifférent. En attendant ne m’écrivez plus à Paris, car vos lettres ne me trouveraient plus ici. Je vous avertirai du jour de mon départ et de l’endroit où vous devrez m’envoyer vos lettres. Tout le long du voyage je trouverai certainement une iheure pour vous tracer un petit bout de billet. Ne craignez rien, lors même que cela ne me serait ¡pa's possible, car je voyagerai à la hâte. Remerciez de ma part le bon M.r Bernard. Son empressement à nous envoyer le trimestre m’est la mesure d’une profonde affection. Mon cœur déborde de reconnaissance et de tristesse dans le même temps en nous voyant poursuivis par la fatalité de manière à ne pouvoir jamais cesser de lui imposer des sacrifices pour noms. Qu’il veuille croire du moins à notre amitié à toute épreuve. L’Amour n’est-il pas la plus belle des choses avec qui on puisse payer les bienfaits ? Votre commission pour M.r Frédéric (1) sera faite demain •Te vous embrasse mille fois. Adieu. Michel (1) Federico Campanella si trovava allora a Parigi (Cfr. la Cronologia autobio-jrafica di Ago6tino - ad mensem). CLXXXI. Giovanni alla Madré Berne, le 13 Juillet 1835. Ma bonne Amie ! Je suis sans tes lettres depuis ta dernière du 4 Juillet, partant point de matière, nulle fécondité à en trouver pour le moment, et très peu de temps à te donner. -Te ne suis pas inquiété d’abord, sache-le ; et effet la lacune d’un courrier est trop peu considérable pour qu’elle puisse raisonnablement m’alarmer. J’espère qu’à cette heure tu seras rassurée à propos de Paulin par une de ses lettres toutes charmantes, que tu aimes CLXXXI. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Boîlo postale: Berne, 13 Juillet 1835, 328 tant. Quant à moi, je n’en ai pas des nouvelles directes: jYn attendais des indirectes d’Emilie, mais par une combinaison étrange je ne trouve rien à la poste. Je m’explique ce manque de lettres par la* prochaine arrivée de quelqu’un qui vient de chez elle, et à qui elle aura remis son courrier de cette fois. Mais cette personne n’arrivera probablement pas à temps, il est même impossible à présent que j’y réfléchis. Comme que ce soit, quand même il n’y eut aucune nouvelle de Paulin, je ne voudrais pas m’inquiéter, et je présenterais encore une fois, comme décidément rassurantes, les réflexions que je t’ai faites dans ma dernière à ce propos. Quant a nous, Emilie, Ange et moi nous sommes parfaitement bien on ne peut mieux. La chaleur est modérée, les nuits surtout bien fraîches. Je vous en désire autant. Salue tout le monde pour moi, Victoire, Benoîte, leur mère, la famille entière et tons ceux qui ne m’ont pas oublié. Par-donne-moi le vide de ma lettre, mais absolument je suis sans matière. 'Mais tu sais que je t’aime, je t’aime comme on aime aux cieux et que pour cela mon cœur n’ en manque jamais, mais en a d’immense. Adieu, adieu. Zane CLXXXII. Giovanni alla Madre Berne, le 30 Juillet [1835]. Ma chère amie ! Me voilà de retour dans ce moment, ma bien-aimée, mourant de faim, de soif, de chaleur, de fatigue et de sommeil. J ai embrassé pour moi d’abord et puis une autre fois à ton intention, Paulin et Antoinette (J); Paulin est bien, absolument très bien, j'en suis très content. Te dire ce qu’il m’a chargé de te dire en son nom, n’avant pas le temps d’écrire, ce CLXXXir. Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, po. cit., pa-g. 67. A tergo: Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes ■ Italie. — Bollo postale: Berne. 31 Juillet 1835. Mi II fihiglione era già da parecchi giorni a Grenchen presso Mazzini; Agostino RulTìni \i giunse il 28 luglio. Il 29 il Mazzini Io annunciava così alla madre: «...il buono è l'arrivo della cugina minore qui da me - e di questa mia vera gioia e consolazione date aubito notizia all'amica - essa sta bene ed è lieta d’esser meco, com io d esser con lei.....» (Epist., Ediz. Naz., IV 36) 329 serait une entreprise absurde. Est-ce qu’on peut dire de ces ehoses-là ? Il t’embrasse mille millions de fois. Antoinette, que je vois pour la première fois depuis son retour, est très bien aussi au physique. Elle m’a paru un peu triste et concentrée, mais on m’a dit qu’elle était sous l’influence d’une pensée littéraire, un autre Drame qu’elle esquisse. Je sais par expérience que les artistes '.sont très souvent préoccupés. Elle aussi t’envoie mille baisers à toi qu’elle appelle femme type. Emilie aussi est supérieurement bien ; je suis très content de ces deux journées. Nous avons causé, crié, ri, plaisanté, désespéré, chanté, de tous les diables. Seulement le voyage par cette chaleur dans une calèche découverte nous a un peu ennuyés; je dis nous, car tu sais que j’étais avec mon fidèle Achates, Ange, qui ronfle à cette heure et que je m’en vais tâcher d’imiter. Adieu, ma bonne et sainte aimée et protectrice; salue tout le monde pour moi, ménage bien ta santé, crois en notre amour comme en Dieu, et reçois mille baisers de ton ami. Zane CLXXXIII. Agostino alla Madré [Grenchen], 31 Juillet [1835], Chère amie ! Je quittai la Ba.bylone du siècle XIX à quatre heures de l’après-midi, après avoir embrassé toute la foule des amis bons ou mauvais, qui étaient venus m’accompagner jusqu’ aux Messageries Royales. Il va sans dire que de tout ce monde je n’en regrette que deux : Céleste et Accursi. Il y en a d’autres, qui sont bons, que j’aime même, mais que voulez-vous? Tout en m’avouant mon injustice, mon ingratitude, j’aime mieux m’en trouver loin. Mon voyage fut des plus heureux. Il contribua même à dissiper ce nuage de tristesse et de mauvaise humeur, que l’atmosphère parisienne avait engendré dans mon âme. Je trouvai dans 'la diligeuce des compagnons joyeux. Sans doute la chaleur ne nous épargna pas, mais nous plaisantions, nous buvions de la bière. A propos de boire, il faut que je vous dise CLXXXIII. — Pubblicata tradotta, con lacune in Cagnacci, op. cit., pag. 67. A tergo: Madame Pauline Ferrari ■ Gênes. — Bollo postale: Bienne, 3 Août 1835. 3S0 que dans la Champagne pouilleuse on m’a fait payer une bouteille d’eau. C’ est la mesure de 1’ hospitalité et de la richesse de ce pays. A Troyes j’eus l’insigne honneur de rencontrer le Duc l’Orléans qui revenait de la Suisse. Le soir du samedi, (j’étais parti le jeudi) j’arrivai à Béfort, où je me reposai trois heures, puis je remontai en voiture ipour franchir les frontières suisses. Au fur et à mesure, (pie je m'approchais de ce pays de montagnes et de mes amis, je sentais mes poumons se dilater d’une douce émotion. Mon corps se défatiguait et toute la nature s’embellissait à mes yeux. Quelle différence en effet de la triste et monotone route, que j’avais faite en France, au chemin pittoresque, romantique et toujours varié, que je parcourais alors. Des plaines superbes, des bois séculaires, des rochers, qui se fendaient pour laisser passer notre diligence, un ciel italien, des jeux d’optique uniques au monde. La nuit du dimanche à 2 heures du matin j’arrivais à Boujean. Une distance de deux lieues seulement me séparait encore de l’Emilie. Je mourais d'impatience, mais dans un petit village il n’y a pas de ressources, et il me fallut attendre le jour, assis entre mes deux malles, comme un artilleur entre deux canons, pour décider un gros suisse à me conduire moi et mes malles à ma destination, moyennant 25 batz. Enfin le lundi de bon matin je serrais entre mes bras l’Emilie et la Cousine. J’appris de suite mon arrivée à M.r François qui vint m’embrasser avec le petit Ange. Que vous dirais-je ? Je ne suis plus l’homme de Paris. L’homme sombre, triste, maudissant les hommes, se promenant dans Paris les yeux hagards et le poing fermé, a cédé devant l’homme, qui embrasse ses amis avec l’effusion, (1) qui sourit à la Nature, qui contemple les Alpes au couchant du soleil et dit : je te salue, diadème de mon pays. Ajoutez que François me communique votre dernière lettre et j’appris par conséquent l’heureuse issue de la tentative auprès de M.r Andréa. J’espère recevoir moi aussi de vos nouvelles la journée de demain. Mandez-moi l’état de votre santé. La mienne est parfaitement bonne. En général j’ai trouvé tout le monde assez bien portant, François, Emilie, la Cousine, le petit Ange. Ah! qu’il est beau de se reveiller le matin et dire : Je suis loin de (1)11 Hazzini, pochi giorni dopo, il 3 agosto, ecriveva alla madré: « Tutto mi ê da alcuni giorni controbbilanciato dalla compagnia délia cugina minore; con essa io mi trovo, come mi trovava a quei giorni felici di Bavari — mi trovo assoluta-mente bene » (Scritti ■ Epiât., Ediz. Naz., IV, 42). 331 Paris, adieu la grande ville. Mon cœur est plus tranquille, et j’aperçois mon ¡pays. .Te voudrais avoir cette romance pour vous l’envoyer, elle est très-touchante. M’y voilà donc, ma chère amie, âme sans pareille, m’y voilà dans ce pays qui, en comparaison de la France, est un éden pour moi. A présent je tâcherai d’employer mon temps de quelque manière utile et agréable. J’ai trouvé tout le monde dans de fortes dispositions au travail. Nous verrons. Savez-vous quelque chose de Chatterton? L’imprime-t-011? Adieu, ma bonne amie, je vais écrire quelques lettres à Paris pour m’excuser de mon départ tant soit peu cavalier, car il y a beaucoup de monde à qui je n’ai pas même rendu visite en partant. On est chatouilleux sur ce point à Paris. Adieu donc, ma vie, mon bonheur, ma divinité. Portez-vous bien et aimez-moi, voilà les deux conditions indéclinables de mon existence. Je vous embrasse mille fois. Faites bien des salutations en mon nom à M.r Bernard, Octave, Nina, Lille, la Mainma, les Opensi, Catherine, etc. Votre Joseph CLXXXIV. Giovanni alla Madré Berne, le 5 Août 1835. Ma chère amie ! Je n’ai pas de nouvelles de toi postérieures à ta dernière du 25 écoulé, mais je n’en suis nullement inquiet, d’abord parce que l’intervalle n’est pas considérable, en second lieu parce que je suis un peu rassuré par la lecture des journaux et par des lettres particulières à propos du choléra, qui paraît jusqu’ici n’avoir dépassé Nice et Villefranche, et il est même douteux si, dans ces deux villes, c’est le choléra, ou si l’alarme a fait prendre pour effet du choléra les décès ordinaires. Espérons donc en Dieu, qu’il veuille nous épargner cette épreuve. Madame Marthe a tenu parole. Emilie vient d’en recevoir une lettre toute douce d’amour et d’encouragement, où, comme tu t’imagines, les éloges ne me sont pas épargnés, lettre qui, au reste, OLXXXIV. — Pubblicati piccoli brani tradotti in Cagnacci, op. cit., pag. 68. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno ■ Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 5 Août 1835. 332 a fait beaucoup us. La moindre des choses, qui vous arrivât, me replongerait, dans des tourments affreux. Je repose ma tête, moi pauvre pèlerin fatigué, sur votre sein réchauffé d’amour. Je ferme les yeux, j oublie mes maux devant cette puissance d’amour qui 'ous divinise. Vous êtes le levier de ma vie, vous êtes le souffle que le créateur a soufflé dans mon âme pour l’animer. S’il vous «urivait du malheur, si vous cessiez de m’aimer que deviendrait-il du pauvre pèlerin fatigué? Au reste je sais bien qu’il est impossible que vous cessiez de m’aimer, mais que n’est-il de même impossible que le sort ne s’acharne contre vous '? La cousine vous mande mille choses tendres. Bien entendu elle raffole toujours de vous. Hier nous avons été promener jusqu â Biizen, toujours en devisant de vous. Quel autre argument plus beau que celui-ci ? La Cloche m’appelle â dîner. (Vous savez-qu’ici on dîne à midi). Si pour dessert il m’arrivait une votre tout aimable lettre Adieu je vous embrasse mille fois. Joseph CLXXXVI. 9 Giovanni alla Madré Berne, le 7 Août 1835. Ma bonne amie ! Lncorf sans lettres de toi, ma chère, mais nullement in-quif poui cela, car j ai de tes nouvelles indirectes et outre cela, tou,e *<*tre » Pa*é ce matin par ma main destinée ' LXXXVI. - Inedita. Manca l'indicazione dell'indirizzo. 335 à Paulinj lettre que je u’ai pas ouverte, mais qui ne m’en a pas moins rassuré sur ton état. Sans aucune matière et sans temps pour t’écrire je me borne pour cette l'ois au simple nécessaire c’est-à-dire à te certifier la bonne santé d’Ange, Emilie, Paulin, Antoinette et moi, qui sommes on ne peut mieux. Nous osons en espérer autant de vous tous. Salue bien affectuesement pour moi toute la famille et ceux qui se souviennent de moi. Aime toujours comme tu l’aime« ¡pardonne-moi le laconisme forcé. Zane ÇLXXXVIL Giovanni alla Madré [Grenchen], le 13 Août 1835. Ma bonne Amie ! Comme je t’avais annoncé, mon petit voyage a apporté la lacune d’un courrier dans ma correspondance avec toi. J’ e-¡père que tu n’en seras pas en peine, t’ayant avertie. Me voilà à présent dans une presque solitude, entouré de tout ce que mon cœur cliérit, gorgé de viandre et de pommes de terre à n’en pouvoir iplus, prenant des bains tous les jours, fumant, jasant, déraisonnant, faisant de l’enthousiasme ou du désespoir selon la lune, du spiritualisme ou du matérialisme, enfin j me voilà en un mot complètement suturé soit au physique, soit au moral, Les journées, à dire vrai, sont encore un peu ennuyeuses à cause de la chaleur, qui est dans une crise de recrudescence, mais les soirées sont superbes, avec une lune magnifique, et j’en profite, comme tu imagines, pour rêver en place, ou en me promenant. Je ne saurais te dire combien l’état de ma santé est satisfaisant, une véritable vie de chanoine, un appétit de fer, un sommeil de fer aussi, rehausse encore toute cette vie matérielle du charme des douces causerie, l’intimité etc., enfin de l’aliment de l’âme, et tu seras contente de [moi], je l’espère. Ça va sans dire que Paulin, Emilie et Antoinette en sont autant en la due proportion : c’est-à-dire par exemple qu’ Emi- CLXXXVII. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 69. A tergo: Madame Pauline Ferrari - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 16 Août 1835. i 336 lie est très bien, sans manger et boire autant que moi. Antoinette est dans 4a fièvre de la composition ; elle ne rêve et ne fait que Drames. Avec son talent et son amour de l'occupation, il est hors de doute qu’elle fera son chemin ; mais il faut un peu de temps pour se faire jour. Ange aussi, dont j'ai des nouvelles de ce matin, se porte 011 ne «peut mieux. Je le rejondrai dans une semaine, mais en attendant je profite de ces doux loisirs pour engraisser. Je voudrais pouvoir être autant tranquille sur vous autres que vous devez l’être sur nous. Je 11e sais plus rien de la marche du choléra, n’ayant pour le moment ni de tes lettres, ni des journaux. Mais je les aurai demain. Je te charge de saluer toute la famille de ma part, je t’envoie mille baisers de celle de Paulin, mille salutations de celle d’Emilie et d’Antoinette, et moi je t’ embrasse mille millions de fois comme on n’ embrasse qu’ au ciel. Adieu, adieu. Zanb Vois-tu quelle plume et quelle encre détestables '! CLXXXVIII. Agostino alla Madré [Grenchen], 10 Août 1835. Chère amie ! Voilà donc des jours de désolation et de tribulation, qui vont commencer pour nous tous, pour nous qui en avons déjà essuyé bon nombre. Voilà donc le choléra, qui fait sa tournée, qui s’est déjà décOairé à Cuneo, demain ce sera à Turin, après-demain chez vous. Car malgré les rassicurations, auxquelles tout le monde, par un sentiment exquis d’amitié, voudrait nous faire croire, nous ne prévoyons que trop, que rien, à l’exclusion d un miracle, ne peut empêcher le choléra d’atteindre votre \ille. Et pourtant il faut le dire, on ne sait pas encore renoncer à l'espérance; le cœur l’emporte sur la réflexion. Vous au-tres \ous auriez tort de prétendre à nous cacher la vérité. D’a-bord nous connaissons maints négociants qui ont des correspondants en Piémont, et qui nous triendront à jour des progrès du choléra. En second lieu un mal certain est souvent préfé- CLXXXVIII. — Inedita. Senza indicazione d’indirizzo. 337 rable à une affreuse incertitude. Dites-nous tout rondement ce qui arrive, ce que vous appréhendez, quels sont vos desseins, quelles sont les précautions que vous comptez de prendre. Si vous avez cru devoir refuser l’offre amicale de Mad.me Lille, du moins n’avez-vous pas jeté les yeux sur Bavari? Mad.me Marthe compte-t-elle de rester dedans les murs de la ville? 11 nous est impossible à nous de vous donner des conseils : nous ne pouvons pas savoir ce qu’il y a à faire. A cette distance nous sommes comme des gens qui n’ y voient goutte. Seulement nous vous adjurons, prions, requérons de prendre toutes les mesures possibles ipour votre conservation. Revenir sur ce sujet, vous répéter encore que votre conservation est la nôtre, serait pour le moins inutile. Vous le savez, agissez en conséquence. Pauvre femme ! au moment même où vous devez vous trouver dans une confusion épouvantable, vous aurez reçu mon avant-dernière lettre, qui venait ajouter embarras à embarras. J’ai été sur le point d’écrire à cet ami pour retirer la parole, que je lui avais donnée, de venir à son aide autant qu’il me serait possible. Mais quelques lignes, que j’ai reçues de lui dans l’intervalle, étaient si pleins d’amertume et de détresse, que je n’ai pas eu le courage de le plonger dans le désespoir. Que voulez-vous ? la fatalité nous entraîne. Et voilà la Lille qui, dans ce moment, même vous quitte. Tout nous va à rebours. Aurez-vous moyen de lui faire savoir mon besoin ? c’ est à crever de rage. Je lui écrirais, si j’étais plus calme. De toutes manières donnez-moi une réponse. Faites ce que vous pouvez sans vous abaissez pourtant devant personne : si nous réussissons, nous aurons fait une bonne œuvre, nous aurons sauvé une âme du feu de l’enfer; si nous ne réussissons pas, nous aurons du moins accompli tous les devoirs de l’amitié. Ce qui me pèse encore le plus, c’est que par une étrange combinaison, que je vous dirai un jour, je dois faire un mystère de tout cela à iM.r François et à M.lle Emilie. Sinon nous pourrions peut-être faire quelque chose d’ici. Mais puisque je dois respecter la volonté de cet ami qui exige un secret absolu, à qui puis-je recourir ? Bien entendu à la source inépuisable de bonté, au pélican, qui s’ouvre la poitrine pour donner à boire à ses petits, à la femme martyre, qui est destinée à mourir pour les autres. Si je n’avais la crainte du choléra et cet embarras, je pourrais me dire presque heureux à présent, telle 338 est la joie que je ressens de vivre au sein de l’amitié entre le bon François et 1’ Emilie, dans un calme régénérant, avec les Alpes devant moi et le sombre Jura au dos. Mais nous avons toujours à souffrir, toujours ! Comme je vous l’ai mandé, François est avec nous. 11 a reçu votre lettre du G Août, et je lui ai communiqué celle que vous in écrivez en date du S. Partant, nous avons tout ce qui regarde Frédéric, les 100 francs, et le billet de sa mère. Nous allons expédier l’un et l’autre au ¡plus vite possible (1). La mère a bien tort de douter de la véracité de mes paroles. C’est la première personne qui révoque en doute ma bonne foi. La dette de oUO trancs n’existe que trop, et, selon moi, 150 francs par mois ne suiïisent pas pour vivre passablement bien à Paris. J a\ oue pourtant qu’on peut vivre à Paris avec 50 francs par mois, mais elle ne le voudrait pas. Le conseil d’envoyer son fils- soit en Belgique, soit en Suisse partait d’une bonne source. Si elle trouve le moyen d’employer son fils à Paris, qu’elle le tasse, tant mieux. Mais si elle ne le peut pas, qu’elle revienne A mon conseil, c’est un conseil d’ami. Libre à elle d’avoir mille injustes préventions contre notre famille, mais je suis homme d honneur et de conscience. Adieu, âme de mon âme, le temps me manque et il faut que j’écrive encore à quelqu’un. Je vous embrasse mille fois. [Augüstin] il' Federico Campanella trovavasi ancora a Parigi. CLXXXIX. Giovanni alla Madré [Grenchen], le 17 Août 1835. Ma douce Amie ! Nous reco\ons, en même temps, moi et Paulin, chacun une < i t< S lettres <*t Emilie aussi une de sa tante. Les assurances pe i:s iegardant la non existence du choléra, qui nous vien-11(11 ' (lie, <],- toi et d’autre part aussi, sont si précises et 1 ei ..s qii il m est impossible de ne pas y croire, à moins que «i\ e dis extraordinaire, car elle l’a trouvée dans un endroit qui nous est cher à tous les deux, dans l’endroit où non« avons 'P^e d’amour la première fois. Nous avons accepté l’augure. e me l’a donnée en me disant des mots bien doux. Comment pom rais-je honorer mieux les dons de l’amour qu’en les déposan dans le sein du premier de mes amours, de ma Lorely ! Ce matm je reçois une lettre d’une de ses amies (1), qui me transciit un paragraphe d’une lettre qu’elle a reçue d’elle. Je vous le tia-nsc ris pour vous donner une idée de son caractère. « Dites-lui qut j< l’aime, que je l’aimerai toute ma vie, comme un être supéneui, dont je ne suis digne encore: dites-lui que la certitude de pos séder son affection est nécessaire à mon existence, dites lui que mon âme est liée à la sienne, comme le lierre 1 est^ au ^ c ene . dites-lui de prier l’Être suprême pour moi, afin que je no me e, ni ne néglige aucun de mes devoirs; il ne peut lien ane e plus pour moi, mais ses prières seront efficaces. Le matin, î es ma première pensée, comme, le soir, il est la dernièic. - ' 3 joint le souvenir de sa mère, de celle qui 1 a formé, qui a su lever à une échelle morale bien au-dessus de celle des antres hommes. Je lui ai de la reconnaissance a eette 1i m îe meie, elle a aussi travaillé pour moi, elle a éveillé en moi la noble ' ~ =. nelle lettere seguenti. Essa era la ci sQn0 state con8ervate nelVArchivio Agostino. Non poche lettere sue ad Ruffini. 354 émulation de faire de mes fils des hommes qui tendent à la perfection, bons citoyens, bons amis, enfin des êtres capables de coopérer à la grande œuvre de l’humanité. Hier soir, je l’entendis prononcer quelques mots allemands: sentez-vous, ma bonne amie, ce que ce son était pour moi? Il me disait tant de choses délicieuses! et j’ai 29 ans, etc. » Adieu, mon âme, on m’appelle. Je vous embrasse mille fois. [Augustin] CXCVII. tilOVANNT ALLA MADRE [Grenclien] le 31 Août 1835. Ma bonne Amie! Ce qui fait ta joie à toi e’êst notre peine à nous. Tu ne sais pas que notre position, loin de tout risque, nous fait certes plus souffrir au moral que ne le ferait le spectacle vivant du fléau et le risque de tous le jours. Le partage des peines et des joies c’est ce qui constitue l’amitié et l’amour; or c’est un grand malheur pour nous que de ne pouvoir partager vos peines, et vos périls. Il me semble que nous vous formerions entre vous et le choléra une barrière infranchissable d’amour, que nous pourrions conjurer le fléau; et puis, si le ciel était sourd, si l’amour ne suffisait pas, eh bien ! quelle douce perspective que celle de mourir ensemble, presque à la même minute, mourir embrassés ? Ce serait la mort des anges, si les anges pouvaient mourir. Patience. Tu vois par ces lignes que j’ai reçu ta lettre du 24. Par amour de Dieu, ne te fatigue pas à écrire, cherche quelque distraction dans la lecture, rafraîchis-toi, et tâche tout moyen d’avoir ton corps libre, ménage-toi enfin de toutes les manière que ton amour ingénieux pourrait te suggérer pour un de nous. Recommande d’en faire autant à M. Bernard; qu’ il se fasse bon courage, qu’il évite comme la peste les mets indigestes, qu’ il dise adieu au stochfis et baccalà, qu’ il ne se charge pas trop l’estomac, qu’il fasse ses promenades ordinaires de santé, qui sont un besoin pour lui, en ayant soin de ne pas arrêter la transpiration à tout coup. Ménagez-vous tous au nom de Dieu. Je ne te dis rien de la Nina et d’Octave. L’une CXCVII. — Inedi ta. A tergo : Alla Signora Maria Vedova Cogorno - Genova. — Bollo postale: Berne, 31 Août 1835. 355 est sous ta surveillance immédiate, l’autre en est trop dehors, mais il a assez de jugement ¡pour voir comment il doit se gouverner. L’orage dont tu me parles me l'ait plaisir, l’air y gagne toujours en ¡pureté, quoique je ne me flatte pas, je suis convaincu que la maladie fera son cours dévastateur — ((Hélas, il faut la ¡proie au trépas» comme dit Hugo. Au milieu du spectacle si affligeant de la misère humaine accepte du moins comme une consolation l’assurance de notre santé parfaite à tous. Emilie a des lettres de sa tante. Ange aussi est très bien. J<* suis triste, mais résigné. J’ espère en Dieu tout-puissant, il ne voudra ¡pas ¡perdre mon âme en me chargeant d’un poids ¡plus fort que je ne saurais le ¡porter, il ne voudra pas que dans mon désespoir je le renie. Mille choses à Victoire, Benoîte, Marthe, Lilla, Laurent, et à tout le inonde. Qu’ ils aient bon courage. Paulin t’ écrit, je pense, dans ce moment. Nous avons de la pluie intermittente, sans ombre de tonnerre, qui a considérablement refraîchi l’atmosphère. Si cela continue ainsi, il faudra mettre le pantalon de drap. Imagine que l’on dort avec une couverture de laJine, ¡plus le duvet. Adieu. Préoccupé d’une seule idée, je ne trouve rien il te dire, sinon que mon amour s’accroît pour toi, s’il était ¡possible, de tous les risques que tu cours et des inquiétudes que tu me coûtes. Adieu, mille fois adieu, ô toi qui es la vie de ma vie, l’âme de mon âme. Adieu. Zane OXOVIII. Giovanni alla Madré [Grenchen] le 2 Septembre 1835. Ma chère Amie! J’aï à peine le temps matériel pour te dire que nous n a-vons aujourd’ hui aucunes nouvelles de vous autre, ni 'mu n non plus; que nous espérons en Dieu H dans h comnei i chain, que notre santé est parfaite a tous, c qui ous o . t’embrassons d’une de ces étreintes folles qui tiennent . * „.4 Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. -CXCVIII. — Inedita. A tergo. A Maa Bollo postale : Berne, 2 Septembre 18 356 lire. Je ne sais pas pourquoi le courrier a tant retardé aujourd'hui. La clochette du dîner a sonné. Je ne puis rien te dire de plus. Je t’entoure de l’aile de mon amour. Adieu, Paulin t’embrasse mille fois. Adieu. Ton Zane CX'CIX. Giovanni alla Madré [Grenchen] le 4 Septembre 1835. Ma chère Amie ! Ta chérie du 27 Août m’arrive ce matin ; bénédiction sur elle, car elle a été pour moi la colombe rapportant la branche de paix à l’arche. -T’étais horriblement découragé, rempli de funestes pressentiments ; ta lettre, comme un soleil bienfaisant, est venue fondre et dissiper ce triste brouillard d’une imagination vive, et dont les terribles circonstances ne justifient que trop la vivacité. Pourtant, elle est loin d’être encourageante ta lettre, mais tes caractères sont là, mais l’assurance, la preuve même que tu n’es pas mal est là dans ces caractères que j’adore. Que le nom 'de Dieu soit béni, puisse-t-il 11e pas retirer sa face de ses pauvres créatures ! Ce que tu me dis de l’intensité du fléan, de l’abandon des malades, du spectacle désolant du découragement public, me navre et déchire l’âme, et je pleure comme Jérémie pleurait sur Jérusalem ; je pleure sur ma chère Gênes, sur laquelle Dieu a dardé sa vengeance ; sur la ville, une fois si vivante et animée, réduite à présent à l’état d’un cimi-tière, d’une immense morgue. Oh ! détourne les regards de cette désolation, mon amie, ne laisse pas affaiblir ton courage, car tu sais comme le moral et le physique se tiennent! par pitié! je ne sais plus que conseiller, ni craindre, ni espérer. Mais Dieu te donnera la force de soutenir debout et calme cette scène déchirante, Dieu et l’amour comme ils nous donneront la force à nous de boire le calice amer jusqu’ à la lie sans une plainte. Nous sommes ici dans l’état de santé le plus satisfaisant; nous respirons un air pur et balsamique, pendant que chez vous l’on respire la mort ; une vaste et belle campagne cha- CXCIX. — Inedita. A tergo: A Madame Marie Veuve Cogorno • Gênes - Italie. — Bollo postale : Berne, 4 Septembre 1835. 357 touille agréablement notre vue et remplit notre âme de douces sensations, ipendant qu’un Ihorrible drame se déroule à vos yeux et vous étreint l’âme de désespoir, comme une tenaille. Ce disparate si tranché, dans nos positions respectives, est la chose la plus difficile à supporter pour qui aime, aime d’amour. Va, sois tranquille, je ne demanderai rien à M.r Bernard; toi à ton tour ne t’occupe plus d’argent, ni de rien ; occupe-toi seulement à fortifier ton âme et ton corps, à nous donner de tes nouvelles, ne fût-ce qu’une ligne, repais-toi de la pensée de notre amour immense, de notre bien-être, et oublie tout le reste. Adieu, adieu donc, bonne et sainte martyre : usque ad finem. Accepte les salutations cordiales et les recommandations pressantes de tous tes amis, Emilie, Ange, Antoinette. Accepte de moi... quoi ? rien. Que puis-je dire, que puis-je faire ? faire, rien absolument, dire, presque rien. Mais toi, qui comme Dieu, sais scruter mon cœur et nies reins (sic), accepte comme consolation ce que tu y trouveras. Ainsi Dieu voulut -il accepter en expiation ma misérable vie, et vous sauvez tous vous autres ! Adieu. Zane OC. Agostino alla Madré [Grenchen] 6 [Septembre 1835J. Mon cher Ange! Tu nous écris des lettres qui nous enivrent. Il y a tant d’amour, tant de tendresse, tant de maternité, et cela est rendu par des mots si puissants, par des phrases si touchantes, qu’en vérité tu nous ferais rougir, si nous ne savions pas que ton amour supplée à ce qui nous manque. Tu es une créature privilégiée, tes inspirations, tu les puises d’en haut, tes pensées sont élaborées au ciel. Ton esprit est une modulation de l’amour. Nous sommes tes inférieurs; je te dis cela en toute conscience. Tu réalises pour nous l’idéal de la femme; tu es la femme-type, 1’ Eve régénérée. Sans doute, puisque Dieu nous a élus pour être tes enfants, puisqu'il nous a élevés à cette gloire, à ce bonheur sans pareil, il faut que nous ayons une belle CC. — Inedita. Senza indicazione di indirizzo. 358 mission à remplir ici-bas. Et nous saurons la remplir, si tu es là. pour nous soutenir, pour récompenser nos efforts d’une parole d’approbation. Tu es une femme sublime; un reflet de toi brille sur nous; c’est pour cela qu’on nous trouve quelque mérite. L’idée que je t’appartiens suffirait pour nu1 rendre vertueux. Lorsque mon esprit s’ affaisse, lorsque je -suis près de maudire les hommes et de douter de la Providence, je pense à toi, et je me dis : relève-toi, enfant de la plus noble des créatures ! Ton dévouement à nous, à nos amis, à tout ce qui nous entoure n’a pas de bornes ; il est aussi grand que ton cœur, aussi éclatant que ton âme. Je me réserve à une autre fois pour te parler de mon ami Orazio (1). Pour aujourd’hui je ne puis te parler que de mon amour. Oui, je voudrais être poète pour t’ écrire un hymme digne de toi. Je voudrais déployer mon âme devant toi, comme un drapeau de vassal ; je voudrais sortir mon cœur de la poitrine, comme un poignard de son foureau, et te dire : le voilà, Lorely. c’ est une chose à toi. Mais donc je suis en effet plus heureux que je ne mérite, puisque j’ ai ton amour. Les nouvelles que tu nous donnes du choléra sont assez rassurantes. Oh ! non, mille fois non, tu ne dois pas être atteinte de cette ma-ladie-là. Où serait donc la justice de Dieu? les Anges doivent-ils être sujets à ce fléau immonde ? Ecris-nous toujours de pareilles choses. Dis-nous toujours, je suis bien, ma famille est, bien. Ainsi nous renaissons à chaque courrier. Aujourd’hui j’ écrirai à Paris ; figure-toi avec quelle joie je manderai à mes amis les nouvelles que tu m’ apprends. Car tu te doutes bien, que là aussi il y a du monde qui t’aime, qui pense à toi ! A propos de Paris, remercions le ciel de l’inspiration que j’ai eue de le quitter soudain. J’apprends, aujourd’ hui, de mon ami Orazio que la police a fait une descente chez Céleste (2) à Charonne, pour trouver quelq’ un. Ce nom de Charonne ne t’ est pas inconnu, n’ est-ce pas ? et ce quelq’ un tu le devines bien. Céleste est toujours Céleste. Chaque fois qu’il m’écrit il me parle de toi avec vénération et amour. Tu peux le ranger entre nos meilleurs amis. Il m’aime comme et plus qu’un frère. J’ai aussi des lettres de Frédéric, qui te remercie bien (1) Probabilmente Orazio Valmy, presso il quale Agostino aveva il recapito a Parigi. (Cfr. lettera CCXXIX). (2) Celeste Menotti, come abbiamo già avuto occasione di dire. 359 vivement de tout ce que tu fais pour lui. Je lui enverrai la lettre de sa mère. J’espère qu’elle portera ses fruits. Le tableau que tu fais de Gênes à François est terrifiant. Et 'l’égoïsme est plus terrifiant encore que le choléra. Qu’ est-ce qu’ une maladie du corps ; un poison dans l’atmosphère en comparaison de cette révoltante brutalité du riche, de ce poison qui ronge la société entière, de ce vil calcul qui se plaît à la mortalité, parce qu’elle est un moyen comme un autre pour se débarasser des gens qu’on craint. Quant à moi, je suis trop absorbé par la sollicitude de toi et de la famille pour pouvoir m’appitoyer sur le sort de ces malheureux. Je les"plains, moi je ne pense qu’à toi. Est-ce aussi de l’égoïsme ? peut-être; mais c’est un égoïsme sublime, car 1’ objet en est presque divin. Oui, je 1’ avoue, je t’aime plus qu’ une population entière, plus que la patrie, plus que la Liberté. Les Romains disaient : avant d’être fils nous fûmes citoyens- -Te dis le contraire, moi. L’exemple de courage, que tu donnes à la famille entière, ne me surprend nullement. Lorsqu’il le faut tu as le cœur d’un héros. Les choses que tu me dis sur Dieu m’apprennent à le mieux connaître, à le mieux adorer. Tu es la créature qui en puisse mieux parler, parce que tu es la créature qui approche le |>1 us de Lui. Je voudrais te dire encore bien des choses, mais j’ai encore des lettres à expédier. La Lille est un Ange, son attachement à toi, à moi, retrempe ma vie. La remercieras-tu bien, bien longuement de son amour pour de pauvres pèlerins? -Je t’enverrai une lettre pour elle. La -Cousine est à Bienne : elle s’enquiert toujours de vous. Elle n’a pas encore réussi à réaliser les bijoux dont tu me parles. À une autre fois. Mon Anna t’embrasse au front. Jamais je ne pourrai te dire tout ce qu’il y a de bon et de vertueux dans cette âme. Elle est presque digne d’être ta fille. Le ton de ma lettre doit te prouver (pie nous sommes autant que possible tranquilles et calmes. Cela doit te faire du bien. Mes salutations à tout le monde. Adieu, ma vie. [Augustin] 360 CCI. Giovanni alla 'Madré [Grenchen] le 7 Septembre 1835. Ma chère Amie ! Par une coincidence que je ne sais comment m’expliquer je reçois en même temps trois de tes lettres ; l’une du 23, et par conséquent très arriérée, les deux autres du 29 et du 31. C’est précisément le cas de dke : embarras de richesse; et note aussi que je me suis laissé tomber le temps sur les épaules, de manière qu’il me faudra être bien court. Mais la lettre de Paulin suppléera à ce qui manque dans la mienne- A propos, incluse dans une des tiennes, il y en avait une pour Frédéric, que l’on enverra le plus tôt possible. Je reste encore une semaine ici, et puis je retourne à la Capitale ; et cela pour un million de raisons dont je te dirai quelqu’une avec plus de loisir. Tes lettres nous sont la manne du Ciel toujours, mais à présent particulièrement, tu peux bien l’imaginer ; aussi mon cœur se gonfle de reconnaissance pour la Providence, qui me ménage la régularité de cet aliment essentiel de ma vie dans un moment si difficile. J’espère que Dieu voudra prendre pitié de nous jusqu’au bout, et qu’il vous tirera tous sains et saufs des griffes de ce terrible monstre ; oui, car Dieu ne peut pas vouloir la mort de mon âme. Je n’ai pas besoin de te donner le bulletin de notre santé, car Paulin t’en aura parlé, je suppose; en un mot, nous sommes tous très bien — Embrasse tout le monde de ma part, et inspire ton courage à tout le monde, car c’est là ta mission, Ange de consolation et de dévouement. Je me pends à ton cou, ivre d’amour et d’une espérance céleste; que Dieu veille sur vous. Adieu, adieu, je t’écrirai longuement le premier courrier pour compenser la hâte et la brièveté de celle-ci. Adieu. Zane CCI. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes ■ Italie. — Bollo postale: Berne, 7 Septembre 1835. CCIL 3'ieu. Dieu seul est notre refuge. Les hommes sont trop méchants, et la vie est trop douloureuse. Oh ! quand donc pourras-tu m’écrire que ce maudit choléra a cessé! Ne nous laisse jamais sans de tes nouvelles — l’incertitude est insupportable — J’ écrirai à la Lille. En effet, elle est bien bonne. Je la remercie de ce qu’elle a fait pour Antoinette. Elle est toujours à Bienne, pour l’impression de son Drame. Oui, mon amie, toujours des sacrifices. Au moment où vous êtes tous travaillés par le choléra, je viens vous ennuyer avec ces maudits intérêts d’argent, de Tagliavacche, dont j’ ai plein la tête. Si ce ne sont pas des sacrifices, ce sont au moins des ennuis. Au reste, je suis charmé que la Lille ait réussi à lui obtenir la dila-tion. Je lui en parlerai. Je voudrais te dire mille choses sur toi, sur moi, sur Anna, sur tous. Ta lettre est un chef-d’ œuvre d’amour, de pitié, de bonté. Tu es trois fois Ange. Mais je n’ai pas matériellement le temps. Anna t’embrasse mille fois, moi un million. Podestà, et Morosini sont à Paris, employés dans un théâtre nouveau : le Gymnase musical. Ils gagnent à peu près 60 ou 70 francs par mois chacun. La dernière fois que j’ai vu Podestà, il était très content de son sort. Si rien n’ est survenu de fâcheux, leur pocen. — Pubblicate poclie righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 7. Mancano indicazioni di indirizzo. (1) L'avv. Domenico Solari, cugino di Mazzini, sul quale vedasi quanto si è detto nell’introduzione. 362 sition est temible. Je ne manquerai pas pourtant de prendre encore des informations. Salutations à tout le monde, un baiser à ma nourrice. Adieu, ma vie. [Augustin] GCIII. Giovanni alla Madre [Grenchen] le 11 Septembre 1835. Ma chère Amie ! Le léger brouillard, qui s’était levé sur mon âme au moment de fermer ma dernière lettre pour toi, occasionné par le vide du courrier, s’est évanoui à l’aspect de ta chère lettre du 3 Septembre destinée à Paulin. Je vois avec terreur la marche croissante de la maladie et la manière dont elle balaye les vies de son souffle; je vois les journaux faire monter jusqu’à 300 les cas dans un jour, et plus que tout cela, je vois avec une terreur profonde ta consternation empreinte sur chacune de tes phrases. Pourtant, plus le risque augment, plus je sens augmenter dans mon âme la foi d’une protection divine qui écartera de votre tête tout danger, et je me laisse aller à cette douce confiance, à cette espèce d’inspiration. Oh ! certes, il est impossible que l’un de nous cesse sans avoir embrassé l’autre; nous avons besoin avant de mourir de nous donner rendez-vous au Ciel, n’est ce pas ? quant à moi je trouve la chose impossible. Et ce pauvre avocat Solari?.... Nous avons depuis deux jours une intermittence de pluie et de vent qui nous relègue dans nos chambres, et avec les fenêtres bien fermées. Hier, nous avons fait allumer du feu en dînant ; nous sommes déjà en pantalon de drap. Et vous autres, vous étouffer probablement de chaleur? et la chaleur est fatale avec ce fléau. Au reste, notre santé est, comme à l’ordinaire, on ne peut meilleure. L’on mange, l’on boit, l’on fume, l’on chante, l’on parle de vous et du choléra et du courrier prochain et de ses craintes et de ses espérances. Voilà comme la journée se passe. CCIII. — Inédita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogorno ■ Gênes - Italie. - Bollo postale : Berne, 11 Septembre 1835. 363 Après demain, je m’en irai rejoindre Ange, et t’écrirai probablement encore une fois d’ici. Tu salueras tout le monde, et tu diras à tout le monde combien de part nous prenons à votre situation critique et à vos souffrances. Je t’embrasse de tout mon cœur, de toute mon âme, de toutes mes forces. Je t’inclus deux fleurs de pensée que j’ai cueillies hier de ma main dans le jardin. Je voudrais pouvoir t’envoyer tout le beau bouquet que je ni* suis fait, et qui repose là devant moi, et répand un si doux parfum dans ma chambre. Lebet wohl, mein Schatz, mein En gel, mein ailes, tausendmal lebet wohl. Ich bin, und bleibe jetzt und immer (1). Ton Zane (1) « Vivete bene, mio tesoro, angelo mio, mio tutto, mille volte vivete bene. Io sono c rimango ora e eempre ». CCIY. i Giovanni alla 'Madré [Grenchen] le 14 Septembre 1835. Ma chère Amie ! Je reçois de la main d’Ange, qui vient me prendre, ta chère lettre du 5 courant. Je n’ai pas eu le temps de te répondre, car aussitôt la cloche nous a appelés à dîner. Je n’ai non plus le temps de 'le faire à présent, car nous sommes sur le point du départ et j’ai à faire mes paquets. Ainsi, je n’ai que le temps de te donner de nos bonnes nouvelles à tous: Emilie, Paulin, Antoinette et Ange, et à te saluez mille fois de leur part. Je te répondrai de Berne plus à loisir. Il fait froid, et il pleut par raffales. La voiture est bien fermée, et j’ai mon manteau avec moi, ainsi je ne crains ni froid ni pluie. Salue tout le monde de notre part. Je te confie avec une foi ardente à la Providence, je vous y confie tous. Qu’ elle vous tienne en sa sainte garde! Adieu, adieu à la hâte. Je suis ton bienaimé. Zane COIV, — Inedita. Senza indicazione di indirizzo, 364 ccv. Agostino alla Madré [Grenchen] 15 Septembre 1835. Chère Amie ! Tes deux dernières 'lettres, celle du 3, et l’autre du 7 de ce mois sont remplies d’un si doux parfum d’amour et de tendresse, que je ne peux rien me figurer de plus suave dans ce monde. Dans la première, tu me parles d’Anna avec un accent enchanteur. A présent que l’affection, que nous nous sommes promis, est sanctionnée et bénie par toi, elle est encore plus douce qu’auparavant, et élève nos esprits plus haut encore. Elle t’aime comme une fille, elle m’aime comme un frère. Elle est bonne, elle est sensible, elle est enthousiaste pour le beau et le vrai. Elle a aussi conçu de l’affection pour François et pour Emilie. Nous avons une amie, qui, pouvant, ferait tout pour notre bonheur. Elle a quitté les Bains, jeudi, le 10 de ce mois. Nous étions un peu affligés de notre séparation, mais nous nous sommes consolés en réfléchissant que la distance ne pourrait rien contre l’union intime de nos âmes. Ne pouvant pas nous revoir pendant au moins quelque temps, nous correspondrons de temps à autre. Elle se propose de me demander des conseils touchant l’éducation qu’elle doit donner à ses enfants, touchant les idées religieuses et politiques. Elle veut me consulter sur ses lectures, sur le profit qu’elle en doit tirer. En un mot, c’est une âme pieuse, et qui mérite notre attachement et notre estime. Les dernières heures que nous avons passées ensemble, nous les avons consacrées à parler de toi. Elle m’a dit que son plus doux espoir dans ce monde est de t’embrasser un jour. Elle m’ a dit qu’ elle ne te fera pas défaut de ses prières, afin que Dieu te protège toi et les tiens, et qu’il éloigne de vous tous le terrible fléau qui ravage votre cité ; mais qu’elle aussi compte beaucoup sur les tiennes, afin que tu lui obtiennes la grâce de supporter avec calme les contrariétés de cette vie, de bien remplir tous ses devoirs d’épouse et de mère, et de te ressembler au moins en quelque chose. Puis elle partit. Ta lettre du 3 septembre était pourtant bien attristée par la douloureuse nou- CCV. — Pubblicate poche righe tradotte in Cagnacci, op. cit., pag. 71. A tergo: Madame Pauline Ferrari - Génes - Italie. — Non porta bollo postale. 365 velle de la mort de F Avocat Sol a ri. C’était un homme très estimable, et je me figure aisément tout le désespoir de son frère le médicin. Si ipar hasard tu le rencontres, tu lui feras mes condoléances bien sincères : tu lui diras que je partage son malheur, comme 1111 ami doit le faire de son ami, et que j’invoque sur sa tête toutes les consolations et les bénédictions du ciel. Tu lui diras aussi, que c’est au moment où Dieu nous éprouve si douloureusement, qu’il faut appeler en son aide toute la force d’âme et l’énergie de caractère que les esprits supé rieurs possèdent toujours dans les grandes occasions. Donne-lui l’assurance de mon amitié à toute épreuve. Tu ne dois plus penser à ce que je t’ai dit touchant l’hypothèse que nous pussions jamais ressembler à Mons. Frédéric, sous le rapport de son amour filial. Je sais bien que ton cœur ne peut concevoir l’ombre d’un soupçon contre notre tendresse pour toi. Ce sentiment fait notre vie, et tous nos autres sentiments sont nécessairement subordonnés à celui-ci. Non, mon amie, je n’ ai pas voulu te faire de reproches, tu n’en méritais nullement. C’était plutôt un moment d’irritation, que la conduite de M.r Frédéric soulevait en mon cœur. Faisons donc notre paix, ma toute aimable- Ta lettre du 7 Septembre commence à chasser de mon cœur les ténèbres qui s’y étaient réunies. L’annonce que le choléra commence à remettre un peu de sa rage, est 1111 véritable bienfait ¡pour nous. Espérons, et louons Dieu. Cela ne doit pourtant pas vous faire négliger aucune des précautions que vous avez gardées' jusqu’ à ce jour. Sans doute, je ne puis pas te désapprouver de ce que tu n’as ¡pas voulu quitter le vieillard. Tu es sublime de dévouement comme un autre est vil par égoïsme. Mais c’est justement pour ce vieillard, pour la Nine, pour tes enfants ,pour tous enfin, que je te supplie et vous supplie de ne pas vous fier aux apparences. Soyez toujours prudents et cauteleux comme pour le passé, et le jour viendra, ou nous entonnerons l’hymne de la Victoire. Mais voyez donc cette pauvre Ni ne qui perd son maître de guitare. J’ espère bien qu’on trouvera un remplaçant, une fois ce fléau disparu. Embrasse-la trois fois pour moi. Ne m’oublie pas auprès du vieillard. Dis-lui que ceux qui mettent leur confiance en haut ne peuvent pas périr. Que de jours de désolation ont pesé sur toute une population ; que de dangers terribles vous ont menacés et vous menacent encore; mais que la main de l’Eternel a 366 été et sera encore sur vous ; car les malheureux sont les enfants de Dieu, et nous sommes trois fois malheureux. Rappelez-moi également au souvenir d’Octave, de Catherine, de la bonne nourrice que j’aime tant, et de tous ceux qui n’ont pas oublié les pauvres pèlerins. L'enfant, qui a coûté tant de larmes à Anna, a beaucoup gagné en grandissant. Il ne lui reste plus qu’ un défaut dans la lèvre supérieure et un léger bégaiment en parlant. Je n’ai que trop de reconnaissance et d’amitié pour la bonne Lille, et je suis très sensible aux douces choses qu’elle dit de nous. Ce qu’elle fait pour mes amis, c'est comme si elle le faisait pour moi. Tu peux lui garantir que le prochain courrier elle aura une longue lettre de moi, sois-en sûre. Ce fripon de François nous a quitté pendant quelques jours- Il nous a laissé bien du vide. Dimanche, j’ai vu le bon Ange qui t’envoie mille salutations. La Cousine est à Bienne, elle me mande aujourd’hui de ses nouvelles, et bien des salutations et des remer-ciments à sa seconde mère. Adieu, âme de mon âme. Je t’embrasse avec effusion et fureur. Joseph CCYI. Giovanni alla Maure Berne, le 16 Septembre [1835], >Ma chère Amie ! A peine arrivé à Berne, le soir du même jour où je t’écrivis à ¡peine deux mots à la hâte, j’y trouvai une lettre de toi, que je ne me fis nul scrupule de lire, comme tu penses, quoique je me fusse aperçu aisément qu’elle était destinée à Paulin. Mais dans l’actualité, il n’y a de scrupule qui tienne devant la soif que j’ai, avec raison, de tes nouvelles ; aussi il n’y a pas de secret possible entre moi et Paulin, comme tu imagines; car nous sommes deux pauvres et faibles créatures qui avons besoin d’une infinie indulgence réciproque. Au reste, je me suis trouvé très content de la lecture, car outre l’assurance de ton bien-être relatif, j’y trouvai aussi quelques phrases encourageantes, phrases auxquelles je ne me fie pas, mais qui, pourtant, me sont bien douces malgré moi, relatives à une ombre de diminution ou COVI. — Inedita. A tergo : A Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes - Italie. - Bollo postale : Berne, 16 Septembre 1835. 367 mitigation du mal. Imagine-toi un liomme à qui l’on adresse des flatteries qu’il supçonne étudiées, qui les repousse, et qui n’ en est pas moins flatté ! Telle est l’impression que m’ont fait subir tes phrases encourageantes. Dieu veuille dans sa bonté te permettre de m’ en donner de jour en jour de plus prononcées. C’est le vœu de mes journées et de mes nuits, vœu incessant. Je vois que vous tenez un régime tout à fait diéthétique ; patience, si cela peut vous aider à éviter le fatal fléau ; au reste, à quelque chose malheur est bon, car si vous étiez habitués à des manicaretti, le régime actuel ne vous en serait que plus pesant, mais habitués comme vous êtes, c’est à peu près l’ordinaire, moins la variété du manzo ou vitello et des vermicelli Obligés au riz, ou à la ainsi dite viande. Persuade-toi, au reste, que nous sommes tranquilles, que nous avons assez de force pour nous faire une raison, et que Dieu nous protégera. Salue bien de ma part cette bonne Lille; je l’aime beaucoup avec toute sa légèreté, avec tous ses défauts, quant elle en aurait un million de plus qu’elle n’en a. Si tu savais comme la connaissance approfondie des hommes nous rend misanthropes d’un côté et indulgents de l’autre. Beaucoup de péchés lui seront remis, car elle a beaucoup aimé. Et amour, c’est la vertu. Cette maxime évangélique me sert de transition naturelle à. te dire que j’ai enfin lu Angelo. Des détails superbes, un canevas horrible, un million d’invraisemblances, la dernière partie très faible vis-à-vis du reste. Avec une donnée si sublime, je sens (pie je ferais beaucoup mieux, si j’ avais le talent d’Hugo (1). J’ai des nouvelles fraîches de nos chers solitaires ; ça va sans dire qu’il sont très bien, et saluent de l'âme. Je te salue aussi au nom d’Ange, qui est une coupe de lait de douceur pour moi ; 011 dirait que mon a/bsence a redoublé à ses yeux mon mérite, tant il est aimable et prévenant pour moi. Je tâche d’en faire autant avec lui, car il le mérite, s’il y a quelqu’un qui le mérite au suprême degré. Il a des nouvelles d’Emilie postérieures aux tiennes ; Eînilie partira ¡probablement à la fin de Septembre avec consentement de tout le monde. (1) Sul dramma di V. Hugo, che doveva far parte della Collezione Drammatica da stamparsi a Genova, e che poi non fu più pubblicato per lo scempio che buI manoscritto della traduzione compì la censura genovese, si avranno altre notizie nelle prossime lettere. — Anche il Mazzini ne parla più volte lungamente alla madre in Scritti, Epist., Ediz. Naz., vol. IV, passim. — Su l’Angelo vedasi anche una lettera di Agostino Ruffini in Scritti del Mazzini, Ediz. Naz., VII, pp. XLIII-XLV. - Salue tout le monde de ma part. Courage à vous, M.r Bernard, et confiance en Dieu, il 11e voudra .pas faire des orphelins de vos pauvres enfants dont vous êtes l'appui, car il ne le méritent pas, car s’ils ont ¡péché, ça a été sans conscience de le faire, car ils n’ont fait que prêcher et tâcher d’appliquer la sainte parole consignée dans 1’ Evangile. Antoinette est bien, et t’embrasse. A toi mille baisers brûlants, et l’âme de ton Zank CCVI1. Agostino alla Madré [Grenchen] 22 Septembre 1835. Chère Amie ! Je n’ai pas encore répondu à ta charmante lettre du 12. Aujourd’hui François m’en envoie une que tu lui écris sons la date du 14. De ces deux lettres, et surtout de la dernière, il résulte que le choléra est en diminution chez vous. 11 en était temps, mon Dieu. Nous ne pouvons pas nous abandonner à une joie complète, car nous n’avons que trop d’exemples de l’allure capricieuse et des mauvais tours du choléra. A Marseille, où il paraissait mort, il a tout â coup repris une nouvelle vigner, et dans ce moment il est en recrudescence. Pourtant si ce n’est pas une paix définitive, c’est toujour une trêve, et nous autres, si peu habitués au bonheur, nous sa vons apprécier comme un bienfait l’absence du malheur- Que Dieu nous protège! Nous lui enverrons bien des parfums de prière, si après une tempête aussi terrible nous arrivons à prendre port. Ne discontinuez pas votre régime ni vos précautions. Ne nous fions pas aux apparences, tant que nous 11e savons pas si l'ennemi a définitivement battu en retraite. La source de consolation, qui se trouvait pour toi dans l’idée que nous fussions loin du péril, était toute naturelle dans une âme aussi aimante que la tienne. Mais nous autres, nous 11e pouvions 1’ accepter. Nous autres, nous aurions voulu être loin du danger avec toi où bien en courir toutes les chances avec toi. Ne prends donc pour des reproches ce qui n’était que de l’amertume, en nous CCVJI. Inedita. Senza indicazione di indirizzo. 'S 369 voyant si loin de toi au moment où notre présence aurait été si nécessaire. Mais nous ne le serons pas toujours. Il est impossible que Dieu ne réunisse pas des âmes aussi sympathiques que les nôtres. iMais sont-elles éloignées en effet? Coupe-t-on deux âmes liées par Dieu, comme on coupe un nœud de corde, comme 011 coupe un citron ? Mon Dieu, non. Ne suis-je pas toujours à mon amie souffrante? Ton amour ne réchauffe-t-il pas mon cœur glacé par les déceptions et l’exil? N’existe-t-il pas entre nous un lien mystérieux, un intermédiaire saint? Notre martyr n’étend-il pas ses ailes blanches et scintillantes au-dessus de nos têtes? Ne va-t-il pas de nous à toi, et de toi à nous? N’a-t-il pas protégé une famille consacrée par le malheur dans une crise aussi épouvantable que celle-ci ? La vie, c’est aimer. Aimons-nous. Le sauvage (1) se plaint à son tour de sa mère. Il n’en reçoit pas de nouvelles et il est très-inquiet, attendu les ravages du choléra. Si vous la voyez, exhortez-la à ôter son enfant de cette inquiétude poignante. Ses transes et son empressement à s’enquérir d’elle doivent lui prouver aussi que son cœur au fond est bon, et que ce qu’elle attribuait à l’oubli, à l’insouciance, à l’indifférence n’était que le produit d’une irritation momentanée. Tu as donc agréé la petite fleur d’Anna ; le vergis mein niclnt. Je ne peux pas lui faire tes tendres commissions, attendu que depuis le 10 de ce mois elle m’a quitté. Je tâcherai de les lui faire par écrit. J’ai reçu d’elle un écrit, où elle m’apprend tout ce qu’elle a fait et pensé depuis que nous sommes séparés-Toute son âme est dans son journal (2). Douleurs, joies, espérances, souris, elle me confie tout. Elle me demande des conseils sur l’éducation de ses enfants, sur les lectures, etc. Je te transcris un morceau daté du 11 Septembre. «Mon mari m’écrit que le choléra est très-sérieux à Gènes. Hélas ! je 11e le sais que trop. Que ne suis-je un Ange, je me jetterais aux pieds de l’Eternel, j’implorerais sa bonté divine pour ceux que je ne connais pas, mais que j’aime tant, pour la mère d’Auguste. Il ferait peut-être un miracle en faveur d’un esprit pur, qui, sans crainte, ose s’approcher de son trône resplendissant, mais (1) Federico Campanella. (21 Per il diario di Anna Courvoisier vedasi quant» è stato detto da Maria Eosa Bornate nello studio sulla giovinezza di Agostino Ruffini cit. — Il diario per la maggior parte inedito è conservato nell’.4rciimo Ruffini al ¿V. R. G. 370 moi pauvre créature faible et rampant sur la terre, comment puis-je m’enhardir jusqu’ à croire à l’efficacité de ma prière. Si le sacrifice de ma vie... mais qu’est-ce donc ma vie... si le sacrifice de tout moment de bonheur dans l’avenir pouvait racheter leur vie, je la porterais ; avec quelle joie je dirais : me voici, seigneur, jette toutes les amertumes sur mon âme, et qu’ une mére soit conservée à ses fils ». François, comme vous savez est â Berne. Cette séparation momentanée ne doit rien changer à notre méthode de correspondre. J’envoie mes lettres à Berne, afin qu'il les inclue dans les siennes. Ainsi vous continuerez de m’ écrire à 1’ a-dresse de François Gant [hier] et à lui à la sienne, une fois pour chacun, ('e que vous écrivez à l’un vous l’écrivez à l’autre, et en nous communiquant nos lettres nous vous soulageons d’une double fatigue. On m’appelle à dîner- Je vous embrasse mille fois. [Augustin] OCVIII. Giovanni alla Madré Berne, le 23 Septembre. Ma chère Amie ! Me voilà maître de ta sainte du 17 courant. Ainsi, ce n’est pas une illusion, la diminution dans la maladie est donc constatée? Grâces en soient rendues au bon Dieu : personne n’a plus grande raison de le remercier que nous. Mais lui aussi voit dans nos cœurs ! J’avais l’intention de t’écrire deux mots à peine contenant le bullettin de notre santé à tous, car je suis occupé extrêmement dans ce moment, mais je trouve dans ta lettre un paragraphe qui m’afflige et qui exige une prompte réponse. C’est, comme tu devines, le paragraphe touchant les 1000 frs. du trimestre (pii va écheoir et que tn as, avec ma haute approbation et ratification, envoyés à Paulin, un peu avant le temps. Eh bien ! qu’est-ce ipi'il y a d’étrange dans cela ? Il s’en suit que comme 1000 frs. ne sont pas 2000 et qu’on ne peut en consé- OCVIII. Inedita. A tergo: A Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 23 Septembre 1835. 371 quence les dépenser deux fois, nous aurons à passer le premier trimestre sans argent. Eh bien ! encore une fois, est-ce qu’il y a de quoi se désespérer, seulement s’inquiéter? pas le moins du monde. Ainsi, je ne comprends pas en vérité tes justifications, tes remords. Mein Goit! comme si Paulin et moi n’étions pas une seule chose, comme si ce qui lui a servi à payer ses dettes n’avait nécessairement servi à payer les miennes, car ses dettes sont les miennes, comme si j’étais un étranger pour toi auquel il fallût rendre des comptes. Et quels comptes encore ? d’une action vertueuse, d’un dévouement maternel. Mais sais-tu, mon amour, que tu m’offenses de temps en temps cruellement ? Résumons ; nous avons assez bon crédit pour pouvoir vivre ces trois mois à venir sans un sou de dépense et sans aucun sacrifice d’amour propre représentatif; nous avons assez d’amis pour être à même de nous trouver toujours dans la poche ¡pendant ces trois mois un écu ou deux pour tous les cas. Passé le trimestre, Dieu pourvoira. Mais ne me parle pas de transes mortelles, par amour de Dieu, de justifications de remords, car je vais me fâcher. Pourtant, il est impossible que je continue de cette manière mon rôle d’ignorant avec Paulin, comme tu sens, et je suis forcé de lui dire que je sais tout. Tu es un Ange, une sainte, mille fois plus sainte de ce qu’il te faut chaque moment sacrifier tes plus chers penchants à la difficulté de ta position. Sancta, sancta, sancta...... Paulin m’a écrit qu’il t’écrira au long le prochain courrier. Tout le monde se porte bien, et te salue. Adieu, adieu, pardonne-moi, car je suis horriblement pressé. Mille baisers sur ton front mille fois saint. Zane ocix. Agostino alla Madré [Grenchen] 27 Septembre 1835. Ohère âme ! Est-ce que je ne le connais pas assez ton cœur, moi? Est-ce qu’il me faut des paroles pour apprécier toute la plénitude de CCIX. — Pubblicata in « Corriere di S. Remo » del 17 settembre 1882. — Qui si confronta con l’originale. 372 ta tendresse, toute la noblesse de tes sentiments, la sainteté de ton caractère, la profondeur de ton dévouement ? Crois-tu qu’un autre, fût-il Byron, pourrait mieux exprimer ton amour, que tu ne le fais ? Ne sais-tu pas, que l’Art est la vérité, et que tu es éminemment artistique par cela même, que tu es éminemment vraie? Ne sais tu pas, qu’on pourrait imprimer tes lettres et leur donner pour titre: ('ours d'amour maternel? Ne sais-tu pas que tu me vaux mille fois, et que les expressions de mon amour pour toi sont pâles, très-pâles, à côte des tiennes? N’es-iu pas un Ange vivant que Dieu a donné à deux malheureux, afin qu'ils ne désespérassent pas de la Providence? 'S’il y a quelque chose de bon chez moi, n’est-ce pas à toi que je le dois ? N’est-ce pas toi, qui as toujours pleuré sûr mes souffrances, souri à mes joies, secouru à mes besoins, ennobli mon caractère, indiqué la route de la vertu ? Que serions-nous devenus sans toi ? Au moment peut-être, 011 nous creusons plus en avant dans les mystères du cœur humain, au moment où nous savons à quoi nous en tenir sur le compte de la génération actuelle, au moment où le dégoût et le mépris menacent de nous prendre, n’est-ce pas à ce moment que nous nous réfugions dans le sentiment de notre amour pour toi, comme dans un asile de paix, comme dans une île de bonheur, que nous nous appuyons sur toi, comme sur l’ancre qui doit nous sauver du naufrage, que nous lisons sur ton front un pacte divin de miséricorde et de protection, que nous aspirons de toi la certitude d’une vie à venir, où notre amour se purifiera de manière à ce qu’il soit digne de toi? Le choléra m’ennuie affreusement. 11 manque, il décroît, il s’en va, et il est toujours-là. On disait à Genève, qu’il avait presque complètement disparu, mais on avait anticipé sur ses propres espérances. Sans doute, puisqu’il vous a- respectés tous dans le plus fort de ses ravages, il n’y a pas de raison pour croire, que nous ne nous trouvions pas en meilleures eaux, qu’auparavant. Mais pourtant c’est toujours une épine au cœur et une épine bien poignante. Donne-moi toujours to?i bullettin, sans jamais me cacher la vérité, et annonce-moi, un jour, que c’en est fait de lui.-(le sera un beau jour! •Te t’ai envoyé deux lignes pour M.e Lille, à cette heure tu les lui aura fait parveniir 31.e Marthe est toujours tortueuse comme un reptile. Imagine-toi, qu’elle avait écrit à Emilie, que rAvocat était malade, qu'il fallait s’attendre à tout, et très 373 probablement à la mort (1). Emilie lui a répondu : est-ce que vous me croyez nu enfant ? Ne vois-je pas, à la manière, dont vous me parlez, que l’avocat est déjà mort et enterré? Cela me fait rire de pitié. Je crois qu’Antoinette vous a écrit elle-même. Elle est venue nous faire une visite et m’a demandé une adresse pour toi. Je pense donc qu’elle avait l’intention de t’écrire. Son ouvrage est toujours sous presse, cela traîne en longueur. Mais Bienne n’est pas la capitale de l’Europe. A propos, et notre pauvre Chatterton. Il paraît que le choléra ne l’a pas plus menacé que toute autre personne. Fais 'bien mes amitiés à ce bon Laurent. J’espère qu’il n’a souffert du choléra par rapport à personne qui l’intéressât. Dis-lui de m’aimer bien rondement, comme je l’aime toujours. Que fait-il ? n’écrit-il rien ? Le code l’absorbe-t-il exlusivement ? J’ai une plume et une encre diaboliques. Nous tous nous portons à merveille. Ne fût-ce ce choléra, notre position serait assez tenable. Je reçois aujourd’hui des lettres de François qui est passablement tranquille et de bonne humeur. Je reçois aussi des nouvelles de Céleste qui me charge de mille affections pour toi. Nous avons eu ici quelques journées d’un très beau temps, mais à présent 1’ atmosphère s’ é-paissit. Adieu, je t’embrasse, mon amie, je te quitte à regret, mais il me faut répondre à deux lettres. Adieu, adieu, mon âme à toi. Aug[ustïn] (1) L’aw. Domenico Solari sul quale vedi quanto s’è detto nell’introduzione e nelle note aile lettere precedenti. ccx. Giovanni alla Madré Berne, le 28 Septembre 1835. Ma chère Amie! Me voilà en possession de ta chère du 21, qui me certifie la décroissance du morbus. Ainsi soit-il, et qu’ il s’en aille à jambes levées, ce détestable démon, qui m'a fait passer des heures si abominables. Mais le passé pour horrible qu’il soit, n’est rien CCX. — Inedita. A tergo : Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 28 Septembre 1835, 374 vis-à-vis de l’actualité rassurante. Quand je me trouve avoir des bonnes nouvelles de toi, je n'ai pas le courage d’être fâiché avec personne, pas même avec ce diable de choléra, qui a été si discret envers vous et tout l’entourage de nos amis. Cela pourtant à la condition qu’ il s’en aille, sans pas même tourner la tête, car alors je trouverais des malédictions capables à lui faire dresser.les cheveux sur la tête, à lui, qui n’est rien moins que le choléra. Sais-tu que tu me rajeunis de deux ans dans ta lettre, car tu m’en donnes 28, et quant à moi je m’en suis donné 30 jusqu’ici ? (1) Tâche d’éclaircir ce point, non pas qu’il m’intéresse d’avoir un, deux, ou trois ans de moins, mais parce que j’aimerais à savoir à quoi m’en tenir, pour pouvoir répondre en science de cause. Il serait en effet ridicule à mon âge de ne pas connaître mon âge. Et puis, voilà Ange qui me fait la guerre, qui m’assure que j’ai l’air très vieux. Oh, comme je serais content de le faire rester là avec tant de nez ! Quant à mon jour onomastique, tu me pardonneras si je ne l’ai pas fêté selon mon intention, mais ce n’est pas ma faute, car j’avais tout à fait oublié que c’était mon jour onomastique et la lettre ne m’arrive que hier, 0 jours après. La loi n’a pas d’effet rétroactif, seulement comme les prorogations sont en grand usage, ce sera donc demain que je fêterai mon jour de naissance, en buvant rasade à votre santé à tous et à la disparition immédiate de cette bête noire de choléra. Cela te va-t-il ? Mon Dieu ! comme tu y vas, mon Ange ? voilà une ordonnance complète préservative du choléra pendant qu’il n’y a pas la moindre apparence qu’il ait envie de nous visiter. Comme que ce soit j’accepte l’expression de ta bonne volonté comme preuve de l’amour que je te sais; au reste, je n’ai qu’à retrancher l’extrait d’absinthe, que je bois de temps en temps, quelque promenade nocturne, et à donner ordre qu’on ne nous fasse plus de lasagnette au beurre. Voilà tout, quant au reste je suis en règle. De plus, je n’ai nullement peur du choléra, et j’ai la ferme confiance, le pressentiment, la certitude, si tu veux, que je ne mourrai pas d’une mort si triviale. Quant à la confiance en Dieu, j’ en ai beaucoup, mais j’ai encore plus celle de ne pas pouvoir mourir sans t’embrasser auparavant. Vois-tu comme je suis cuirassé. (1) Giovanni Bufftni era nato il 22 settembr© 1807, I 375 Continue-moi le buttettiu do votre santé, la tienne en particulier, aussi satisfaisant que 1<‘ mien, qui consiste à te dire que nous sommes tous, tous sans exception, dans le meilleur état de santé et passablement bien au moral aussi. Salue tout le monde. Je ne sais pas s’il arrivera à temps quelque lettre de Paulin pour toi, ou non, mais dans tout les cas, tu as l’assurance de moi de son bien-être parfait et de son amour, et tu peux être tranquille. Adieu, vie de ma vie, os de mes os, sang de mon sang, ma seule consolation-, mon seul amour. Zane CCXI. Giovanni alla Madré [Berne] le 30 Septembre 1835 Ma bonne Amie ! L’atmosphère a una grande influence sur mon pauvre individu. Je crois t’avoir parlé, dans ma dernière, de pluie, de froid, de mauvais temps ; aussi étais-je tout à fait à 1' unisson du temps, c’est-à-dire maussade, plein de tristes présentiments, spleeni-tique. Voilà le beau temps revenu et en même temps mon âme se rouvre à l’espéfance même à une espèce de gaîté. Je sens que ta première lettre ne peut que m’apporter la confirmation des bonnes dernières nouvelles, pendant qu’avant hier, la pluie battant mes vitres, j’étais tout à fait inquiet ! Pauvre et faible humanité dont la bonheur ou le malheur est attaché à une variation atmosphérique! N’est-ce pas? Il est malheureux que dans cette bonne superficie où je me trouve, je n'aie ni l’occasion, (car je n’ai pas de tes lettres postérieures à ta chère du 23, je pense) ni le temps, car j’ ai peu de temps, et le courrier me presse. Demain, sans doute, j’aurai de tes nouvelles, et des bonnes aussi, j’v parierais, car je suis tout plein de confiance. Je passe ici mon temps comme à l’ordinaire. Je me couche à minuit, moins quelques exceptions, je lis en fumant une ou deux heures (entendons-nous je ne fume pas tout le temps de la lecture) je m’endors généralement très tard et me lève en conséquence. A midi et demi, je déjeune de café avec deux rou- OOIX. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogorno - Gênes- Italie. Bollo postale; Berne, 30 Seplenïbre 1835. g(*N d’œuf dedans, pain et beurre. Après, je lis les journaux français, je fume ma pipe, et j’ occupe le reste de mon temps, jusqu’à quatre ou cinq heures, à lire ou à écrire mes lettres. Nous allons faire un tour, tant que le temps le permet, jusqu’à six heures. Un verre d’extrait de six à six et demie, iheure du dîner. Quand j’ai dîné et fait une espèce de siesta digestive sur une grosse chaise à bras, je sors encore à huit heures et demie, et me promène une heure. A neuf heures et demie, je vais au Café et prends un demi cruchon de bière. A 10, je me retire, et voilà tout. C’est une espèce de vie arcadique et contemplative et, comme tu vois, je ne me fais pas faute de petits agréments. Il m’ a pris une envie. Je suis comme les femmes grosses, ou mieux, comme les enfants. Quand tu m’envoies les chemises, si nous sommes encore à temps, tu y envelopperas dedans un ou deux paquets de ces cigares communs de Virginie, que je fumais dans mon temps, à 5 centimes pièce, pas des doux, mais des forts et noirs. Le caprice d’en goûter m’a pris. Mon bullettin de santé est toujours le même et j’espère qu’il ne changera pas de sitôt, c’est à dire que nous jouissons tous tous, d’une santé parfaite. Puissiez-vous nous en dire autant de vous-mêmes et surtout puissiez-vous bientôt nous annoncer la totale disparition de cet abominable choléra ! Mille choses à toute la famille, à Victoire, Marthe, Benoîte, Lille, Laurent, Catherine, et tout le monde. A toi mille baisers et mille bénédictions pour le bonheur que tu verses à grands flots sur ton meilleur ami. (1) Zane (1) Di mano di Angelo Usiglio: «Nous n’avons pas les lettres de G[range], CCXII. Agostino alla Madré [Grenchen] 31 (sic) Septembre 1835. Chère Amie! Pas de vos lettres aujourd' hui, mais j’ apprends indirectement par Madame Marthe que vous et votre famille vous êtes COXII, — Inedita. Senza indicazione di indirizza, 377 tous bien portants. Ce qui me fait supporter patiemment ce que je suppose être un retard du courrier. J’apprends aussi, par 'la même voit*, que le choléra est toujours en diminution, et qu’une atmosphère pure et sereine vous annonce la disparition prochaine et probable du fléau. Elle nous mande des salutations, et des remercîments à propos de quelque chose, que nous lui avons envoyé dire par vous, d’affectueux et amical. Je suppose que cela venait de François, car pour moi je n’en ai aucune souvenance. Malgré cela, je jouis de ma portion de remercîments, comme si je les méritais. Veuillez donc en lui écrivant lui exprimer notre reconnaissance pour toutes tes gentillesses qu’elle nous envoie dire, et lui donner l’assurance que l’amitié qui nous lie à- Emilie ne craint pas les vicissitudes (humaines, qu’elle est forte comme l’âme du juste, impérissable comme la foi. Tu as chatouillé ma curiosité (moi, le moins curieux des hommes) en écrivant à François, qu’un médecin fameux est venu te donner des conseils touchant les précautions à prendre contre le choléra, te chargeant de nous les transmettre. Cela me fait rire. Les hommes donnent très-volontiers des conseils, mais pas autre chose. Je suppose que ce médecin fameux n’est autre (pie 1’ oncle d’Emilie (1) qui, en effet, a gagné un renom dans cette malheureuse époque, et dont les journaux français ont fait honorable mention. Je lui suis reconnaissant pour ses bonnes intentions, mais en vérité vous prenez les choses un peu trop de loin. Avant que le choléra franchisse les Alpes et qu'il vienne s’ asseoir sur nos montagnes, 3000 pieds au-dessus du niveau de la mer, nous avons tout le temps imaginable pour discuter à notre aise sur sa nature. Sérieusement, je crois que la Suisse n’ a rien à craindre de ce fléau. D’abord, il esft très-douteux qu’ il arrive jusqu’ ici ; en second lieu, lors même qu' il y arriverait, il ne ferait que très-peu de ravages. Les villes en Suisse sont très-propres et petites. Genève, qui ne somme pas à 30.000 âmes, est le Pékin de la Suisse. Il n’ y a pas de classes, comme on dit, indigentes. Les maisons sont frottées du matin au soir. La Suisse n’est qu'une grande campagne; ses villes ne sont que des bourgs. Ajoutez à’ tout ceci le climat plus froid et l'atmosphère (1) Il padre di Mazzini, il dottor Giacomo. — Su l’opera da lui prestata durante l’epidemia colerica a Genova, vedasi A. Neri: II padre di Mazzini, cit., pag. 20 dell'estratto e Mazzini, Scritti, Epist., Ediz, Naz„ IV, passim, 378 plus haute. Toutefois, s’il est dit que le choléra doive nous rendre visite, soyez sûre que nous le recevrons en hommes déterminés à ne pas succomber sous ses griffes. Ce n’est «pas de choléra que nous devons mourir, ni sur le sol étranger. -Te sais positivement que nous devons nous réunir à notre mère. La mort ne peut avoir de prise sur nous qu’ après cette époque. Comprends-tu, ma bonne amie? Je ne te ferai pas d’éloges sur ta conduite ferme, intrépide, romaine, que tu as eue pendant toute cette terrible période, car je ne sais même pas s’il m’est encore permis d’entonner 1' hymne de la Victoire. De tout temps, tu as été la Providence et le modèle à suivre de notre famille. Je voudrais te prendre, te mettre sur le sommet du Mont-Blanc (supposé qu’ il y eût moins de froid), et de là crier à 0’ Europe entière : venez adorer cette femme. Car en vérité, mon affection à part, il y a quelque chose de si noble, de si élevé en toi, qu’il est impossible de ne pas l’admirer et l'aimer. Tu es mon orgueil. Il me paraît que je vaux mieux que les autres ihommes, puisque je possède la moitié de ton cœur. Et Monsieur ? Dis-lui que je le félicite et que je vous félicite tous. Le Seigneur a été bien miséricordieux envers nous, puisqu’ il nous a donné de pouvoir discourir, aussi tranquillement que nous le faisons, sur le danger passé. Dis-lui que peut-être je présume trop de moi en croyant que mes vœux continuels pour la préservation ont contribué à quelque chose; mais qu’il n’en est pas moins vrai que je n’ai pas cessé d’élever ma pauvre voix au ciel en sa faveur. Il est trop nécessaire à la famille et à deux pèlerins, pour que Dieu n’ait pas daigné tourner son visage rayonnant vers lui et vers nous. Dis-lui de ne pas discontinuer toutes les précautions nécessaires à sa santé. Sa santé n’est plus à lui; elle est un dépôt dont il doit répondre à ses enfans. Nous avons essuyé une immense perte en la personne de notre bien-aimé chanoine, notre second père. Je suis sûr que, du haut des oieux, il a veillé avec notre saint Martyr sur nous tous. Donnons donc une pensée de reconnaissance et d’amour aux âmes de ceux qui ont souffert et aimé et qui intercèdent à présent auprès du Très-Haut pour ceux qui soutirent encore. Eux, ils goûtent déjà le pain de la vie éternelle, et voient de leur hauteur tout ce qu’il y a de misérable et de futile dans ce qui forme le principal objet de la vie pour les trois quarts du genre ¡humain. î'n jour, ils nous appelleront à eux; nous au- 379 rons la paix immortelle pour prix de la guerre que nous endurons ici-bas. En attendant adoucissons nos maux par l’affection. L’amour qui nous lie l’un à l’autre est saint; il est la transparence de Dieu. Ne m’oublie pas auprès d’Octave et la Nine. Je pense qu'il faudra sous peu tâcher de remplacer son maître de quitare qui n’ est plus. Ce serait dommage qu’elle discontinuât, après avoir fait des progrès sur cet instrument. Embrasse-la pour moi. Dis quelques gentillesses de ma part à la famille Opensi, et féli-cite-la de ma part, s’il y a lieu. La Nina pense-t-elle encore à moi ? J espère que non. A vrai dire, je ne pense guère à elle. Pourquoi ne se marie-t-elle pas? Tu me diras: ne se marie qui veut. Tu as raison. Et cette méchante pécheresse de Catherine ? Combien de ternes lui a-t-il valu le choléra ? Spéculer sur ce qui fait le malheur des autres est une abomination. Je ne sais vraiment pas si, pour l’absoudre, elle n’aura pas besoin d’une dispense du Pape en personne. Mes salutations à ceux qui te demandent de moi. Je suis parfait portant, je cause, je dispute, je ris avec E-milie. Je dîne, je soupe et je dors, je lis et j’.écris, je pense à toi et à ma pauvre patrie. .Je te fais plus de dix visites par jour. Combien m’en rends-tu, petite friponne? à Berne, M.r François; à Bienne, Anna; à la Chaux-de-Fonds, Eugénie Du-Cornmun, l’Angelini femelle, bonne, franche, gaie, cordiale: à Paris, Menotti, Rue Lomellini, ou plutôt maison Lomellini ; ma. pauvre Nourrice ; enfin Dieu m’a fait une bonne part d'affections, je suis plus riche que je ne croyais. Bien entendu, toutes ces affections sont proportionnelles. C’est une pyramide, tu es au faîte. Ce matin, j’ai des nouvelles indirectes d'Anna. Elle est passablement bien, mais un peu triste. En effet, nous ne sommes qu’ à deux lieux l’un de l’autre, et il nous est défendu de nous voir. Mais personne ne peut nous défendre de nous aimer, ce qui vaut encore mieux. Je t’embrasse mille fois. Adieu. Annonce-moi que vous avez tué ce maudit choléra. [Augustin] 380 00X111. Agostino alla Madke [ solo titolo Giornale spaventa? Credete voi di poter tenere secreta per due soli mesi la fonte, la Direzione del Giornale tanto più dovendo trattarsi tutto per corriere a quanto vedo? e lo stile di Pippo nessuno lo conoscerà? e non basterà questa scienza, fossero gli articoli innocentissimi, per courrir sus al Giornale? E che opera, ohe drammi, che poemi stranieri analizzerete dove non c’entri per un lato o per l’altro Libertà, sia politica, sia religiosa, sia come volete, e dei quali in conseguenza il titolo solo non sia un certificato di choiera qualificato? Credete seriamente poter trovare abbastanza associati per coprire le spese dei primi fascicoli? Per me, trovo la cosa rovinosa dacché non si ha un piccolo capitale. Che fede volete abbiano gl’italiani a un nome nuovo, Bettini, oppure a nessun nome? Collaboratori per la parte orientale, russi, polacchi, demoni etc. C’est bien ft dire au peuple, ma li avete? Quanti associati per il primo fascicolo credete di trovare dietro il prospetto? fra associati al bimestre e i compratori del fascicolo 50 secondo me, e a dirla grossa 200 fr. Sapete quanto vi costerà il fascicolo da Ponthenier? 600 fr. a dirla piccola. Comunque sia esagero forse, e sentiremo da lui. Ma ho i piedi ghiacciati ed è mezzanotte quindi me ne vado zu schlafen (c). — Quanto alla mia collaborazione credete ch’io sento profondamente di che importanza ella sia, e... ve la prometto. Solo esiggo una condizione da te e da Pippo, ed è che vi sforziate a scrivere il doppio almeno più grosso, perchè a copiare scrittura microscopica, prima ci si perde la vista, poi ci s’annoia il doppio. A questa condizione, la mia collaborazione come copista, v’è assicurata. Vado a fumar sette sigari, perchè non ho sonno di sorta, ma il freddo mi obbliga a déguerpir. Mais, cosa fanno quelle care? Salutale molto caramente, dì loro mille cose da parte mia. Bisogna star bene benone con questa famiglia che tiene a credito. Anche al Dottore. Avete visto dai giornali. Andiamo in Spagna. Ciusmel. Vi abbraccio di cuore Giovanni (a) A tergo, v’è il seguente indirizzo, in tono evidentemente scherzoso : A Messrs. les Rédacteurs de la Revue étrangère - Journal paraissant à Gènes - Grange. (b) Ma ciò non è mia colpa. (c) A dormire. (2) I romanzi del Soulié intorno ai quali vedi la lettera CLI. 388 après je relis le Cinq-Murs, quoique, en vérité, je les sache presque par cœur, comme je te disais. Dis bien des choses à Octave, la Nina, Victoire, Benoîte, leur mère, Lille, Marthe, sans oublier la Catherine et Laurent. Dis à Catherine que j’ai rêvé beaucoup de pièces de 5 frs. qu’on me donnait. Si elle peut en tirer un bon terne, j’en serais charmé pour elle. Tu vois que je suis bien maussade, mais tu m’excuseras. C’est ce abscheulich (détestable) de temps qui m’atonise. Mais je t’aime tout de même, tu n’en doutes pas. L’Allemande m’a apporté en cadeau de son ami bel esprit, dont je crois t’avoir entretenue ; une image en incision de la sainte Vierge, dont elle m’a mise sous la protection. Je ne peux mieux finir ma lettre qu’en t’appliquant à toi les paroles allemandes, traduites du latin, qui sont en forme de légende sous l’image. Meine Freundin ! vollkommen sc'hôn bist du ! Es ist keine make an dir ! (3). Adieu, mille fois adieu, meine Geliebte, meine Seele, mein Ailes (4). Ton ami, ton meilleur ami. Zane (3) Arnica mia ! tu eei supremamente bella ! Non c’è nessuna macchia in te ! (4) Mia amata, anima mia, mio tutto! CCXVIIl. Agostino alla Madré [Grenchen] 15 Octobre 1835. Mon Amie Je t’écris à peine un mot, car j’ai laissé fuir le temps, pour te dire que je me porte à merveille, et que je suis tout consolé de ce que le choléra paraît, cette fois-ci, véritablement disposé à vous quitter. Je t’apprends aussi, que j’ai écrit une lettre à notre bonne Lille, à son adresse, comme elle me mandait. Notre Ange a pris une équivoque bien drôle. Une lettre folle, plaisante, pleine de farces, qui était pour François, il l’a prise pour toi, et te l’a envoyée. Lis-la, et ris. Nous nous CCXVIIl. — Inedita. Senza indicazione di indirizzo. 389 écrivons souvent de pareilles drôleries, car à la distance où nous nous trouvons l’un de l’autre, il n’y a pas possibilité d’argu-mens sérieux (1). Mon portrait des artistes est tout-à-faiit chargé, destiné qu’il était à le faire mourir de rire. Je t’embrasse plein d’amour, et suis ton Auguste (1) Sulla corrispondenza di Giovanni Eufflni da Berna e G. Mazzini e il fratello Agostino a Grange, si veda un saggio di lettere più avanti. OOXIX. Agostino alla Madré [Grenchen] 22 Octobre 1835. Chère Amie Nous eûmes hier le boniheur d’une visite de notre cher François et du petit Ange. Dans notre solitude, nous ne pouvions avoir de distraction plus agréable. Aussi le peu d’heures, que nous avons passées ensemble, nous ont fait du bien à tous. J’ai trouvé M.r François très-bien portant, et d’humeur sereine et très-affectueuse. Il m’a trouvé, moi, prodigieusement engraissé, et tant soit peu bête. Et pour t’expliquer cela, il faut que tu saches que, depuis deux ans je porte habituellement une longue barbe et des moustaches très-pronnoncées. Un de ces jours la lubie me prit de revoir un peu mon ancienne figure, ma figure de dix-huit ans, toute dépouillée de la barbe, et je me suis complètement rasé. Tout le monde jeta les liants cris ; les demoiselles de la maison me trouvèrent épouvantable, Emilie même en fut déconcertée. Grande fut donc la surprise de François en me revoyant comme un homme en chemise, privé de mon poil, et il m’avoua ingénument que cette nudité me donnait un peu l’air bête et prodigieusement gras. Je suis très-bien en effet, et je ne disconviens pas que le manque de mon poil ajoute à la niaiserie de mon visage. Heureusement j’ai tout cela sous ma main, et le jour où je voudrai reprendre mon air martial et farouche, je n’ai qu’à laisser pousser et cela se fait de soi-même. La mésaventure n’est donc pas grande. François m’a également parlé de son rajeunissement de deux ans (1), dont il se pâme avec un excès de CCXIX. — Inedita. Senza indicazione di indirizzo. (1) Vedasi la nota alla lettera CCXX. 390 fierté. Je ne voudrais pas qu’ il fût mon rival en amour. Aurais-tu un moyen de me rajeunir moi aussi ? Essaye donc. N’aurai-je pas atteint ma 25.me année, au 17 Février de 1836? (2). Je crois que je ne me trompe pas. Enfin nous avons abordé un sujet plus sérieux. Je n’avais pas encore le mot de ce que tu me disais, dans ta dernière, lettre relativement aux finances. Il m’a tout expliqué. Ma bonne amie, je suis confondu. Comment? C’est moi qui suis cause de tout cela; c’est pour payer une somme que tu m’as fournie à Paris ; c’est moi qui prive François de son trimestre, et t’en fais une peine, un remords, tu t’accuses de nous laisser dans la détresse ? Ceci est inconcevable. Si quelqu’un doit avoir du remords, ce n’est pas toi, mon ange, c’est moi seul. N’est-ce pas pour moi que tu t’es trouvée dans cet embarras ? N’est-ce pas moi qui me suis servi de cette somme à Paris ? Tes expressions, les reproches que tu te faisais à toi-même, me chagrinaient déjà avant que je susse l’affaire. Mais à présent n’appréhendes-tu pa-s que les reproches, que tu t’adresse injustement, ne retombent que trop justement sur moi ? Toi innocente, toi sacrifiée par moi, tu t’accuses ; que devrais-je donc faire moi, moi l’auteur de tout ceci, moi qui t’ai sacrifiée à mes exigences ? Penses-y bien, ma chère, ne faisons de reproches à personne, ou ne les faisons qu’ à moi seul. Je suis fâché d’avoir causé cet embarras. Je croyais que les 1000 francs envoyés par l’Avocat étaient une chose à part, un emprunt fait, au nom de la cousine, et payable au moment où Tagliavacche aurait remis aux mains de l’Avocat cette petite somme qu’ il a promise. Quoique dans ces moments ma situation fut pénible, dhargé comme je l’étais des dettes de la cousine qui se trouvait à Naples, et des miennes, pourtant je n’eusse pas accepté, si j’avais pu prévoir les conséquences, ou au moins eussé-je envoyé sa portion à François. Mais j’ai véritablement cru que la dhose ne regardait que la cousine. Dans tout ceci donc, s’il y a quelqu’un de sacrifié, c’est toi et François, s’il y a quelqu’un de coupable, c’est moi. Mais entre nous, qui nous aimons, qui avons tout en commun, qui donnerions le sang les uns pour les autres, qu’on ne parle pas ni de sacri-fieiés, ni de coupables. Je connais assez François pour savoir qu’il n’a pas une seule pensée contre moi. Quant à toi, vois (2) Agostino Ruffini era nato il 17 febbraio del 1812. 391 que tu pousses les choses à vouloir te mettre sur les épaules ma propre faute. Au demeurant, ce n’est pas un grand malheur. Ne va pas croire que nous sommes au dépourvu et dans la détresse. Si nous ne sommes pas assez riches pour pouvoir acheter une imprimerie (3) de 5000 francs (ris donc ?), nous ne sommes non plus trop pauvres pour ne pas pouvoir nous passer d’un trimestre. N’aie aucune inquiétude à ce sujet. Nous sommes parfaitement tranquilles et à notre aise pour le moment. Je t’en donne ma parole sacrée. Tu as très-bien fait de satisfaire à cette dette ; tu as très-bien fait de ne pas risquer de passer pour infidèle vis-à-vis de M.r B[ernard]. Si cela était arrivé, alors, oui, je me serais désespéré, j’aurais souffert des remords horribles, j’aurais maudit ma fatale imprévoyance, et les reproches, que B[ernard] t’aurait adressés, seraient venus tourmenter mon cœur, comme des tenailles brillants. Par conséquent n’y [pense] plus, ma chère amie, s’il est vrai que tu m’aimes. Ne t’affliges pas, surtout ne te fais pas de reproches injustes, si tu veux que je ne m’en fasse pas à moi-même de très-justes. Envisageons ceci comme un autre sacrifice fait à l’amitié. Ces 1000 francs ont acquitté en partie les dettes de la Cousine, en partie les miennes. Ils ne sont donc pas perdus. François n’est nullement fâché de ceci. N’interrompons donc pas la sublimité de nos affections et de nos intuitions par des réflexions aussi matérielles. Une parole d’amour ne vaut-elle plus qu’un million ? Je ne ferai plus qu’une remarque, dans l’intérêt de la Cousine. Qu’a-t-elle donc gagné dans la vente de ses biens, si les clauses du contrat ne sont pas exécutées ? Tagliavacche n’avait-il pas promis de payer une somme, bien exiguë du reste, après trois mois, à dater du jour du contrat ? Et quelles sont les difficultés qu’il a suscitées contre, une fois les trois mois révolus? Je n’en vois qu’une seule; si quelque nouveau créancier, ignoré jusqu’ alors, eût paru dans l’arène. Sans cela, je ne vois pas comment Tagliavacche peut se soustraire à ses engagements. Au reste, à cette distance, je ne (5) Era stato uno dei tanti progetti fatti dagli esuli. Il Granier aveva infatti pochi giorni prima soritto al Mazzini che Gérard, proprietario della tipografia di Bienne dove si stampava il giornale La Jeune Suisse, s’era deciso di cederla per L. 5000. Il Mazzini aveva anche accarezzato 'l’idea di farla acquistare da qualche amico per continuare più intensamente l’opera di propaganda e al Melegari il 15 ottobre scriveva : « Io credo, in principio, ohe sapendo fare, nelle circostanze presenti, una stamperia ben diretta è una speculazione per chi l’avrà, e potrebbe sbancar Bruxelles e Francia coll’Italia ecc. ». (Mazzini, Scritti, Epist., Ediz. Naz., IV, 99). 392 peux rien préjuger, mais je voudrais adresser ces questions à ¡’Avocat : Tagliav[acche] est-il légalement tenu à débourser 4000 francs après le jugement d’ordre ? Et dans le cas affirmatif, quand est-ce que ce jugement aura lieu ? Dans ce moment la Cousine vient me communiquer une lettre très-peu favorable de l’Avocat. Que dois-je dire ? l’Avocat sans doute n’a pas tort, et je le plains. Je vois aussi que les Demari. réclament les 600 francs. Tout le monde se donne rendez-vous. C’est embêtant. Quant à nous nous avons fait notre possible. Dans ce monde, nous nous sommes toujours sacrifiés pour les autres, et personne ne s’est jamais sacrifié pour nous; toi, tu as été VAtlante des malheurs de tous. H nous faut, ma mie, mettre une cuirasse de bronze. Ne nous engageons plus pour personne, sinon tôt ou tard nous serons écrasés. Nous ne devons pas regretter le bien que nous avons fait, mais nous sommes trop petits pour pouvoir faire front à des sacrifices nouveaux. Cela est impossible. La Cousine aura patience, car il n’y autre à faire; en attendant, elle vivra avec nous, et tant que nous vivrons, nous ne lui ferons pas défaut. Ceci soit dit en passant. Ceci ne doit aucunement altérer notre repos et notre tranquillité Parle-moi plutôt des projets que j’ai communiqués à l’Avocat, de Chatterton etc. Nous voudrions avoir une réponse hâtive sur le premier de ces projets, parce que si cela ne paraît pas faisable à l’intérieur nous essayerons de réaliser notre journal à Paris. Quant au Chatterton, je n’ose pas y compter. Ce n’est plus un a-propos. A présent tout le monde l’a lu en français. Mais on ne saurait inculper du retard que le choléra. Diminue-t-il ? disparaît-il ? ou 'bien les génois s’entêtent-ils à le garder chez eux, à force d’excès, et d’extravagances ? Ta santé est-elle bonne ? seras-tu sage ? Te feras-tu encore des chagrins et des reproches qui me devraient être laissés exclusivement ? Aujourd’hui je reçois encore une dizaine de pages d’Anna. Mais je t’en parlerai le courrier prochain, n’ayant plus de temps cette fois-ci. Je t’embrasse amoureusement, et t’envoie mon âme ardente. Adieu, mon ange. Ton Auguste 393 COXX. Giovanni alla Madré Berne, le 26 Octobre 1835. Ma chère Amie! Je suis en ¡possession de ta charmante du 19 pour Paulin. J’éclate de rire en pensant à cette pauvre Mnon, qui a risqué la mort d’Ugolino, sans peut-être se douter nullement qu’il ait existé un Dante et un Ugolin. Si cela est, il faut que tu le lui apprennes, il faut que tu lui fasses lire, comprendre, et même réciter de souvenir le chant d’Ugolin, je ne sais lequel. Il y aurait ingratitude de sa part à ne pas s’enquérir du sort de quelqu’un, qu’elle a risqué de partager, pauvre grand enfant! J’envoie ta lettre à Paulin. Ces reliques interminables de choléra me dépitent tellement que, comme tu vois, je n’en parle plus. Je n’en prie pas moins, à ma manière, pour votre conservation. Je ne rappelle pas qui est ce Momo auquel je dois envoyer l’ariette ; comme que ce soit, ça m’est égal, même sans Momo je t’enverrai ce que je voudrai, seulement que j’aie temps et patience, comme tu observes supérieurement. Encore une fois, tu as mille fois raison ; la communication confidentielle et pécuniaire, que je voulais faire à M.me Marthe, est biffée sans retour. J’ai expressément écrit à Emilie à ce propos pour tout suspendre, car je lui en avais touché un mot de présence. Ainsi, soit tranquille de ce côté ! Dis mille choses à Nicolas de ma part, au Chef d’office de M.r. Oh pensi (1) dis-lui que je me suis souvenu mille fois de lui, que je n’ai jamais fait une bonne action, jamais secouru un misérable, sans l’v associer; que si je n’ai pas osé ouvertement me rappeler [de son] souvenir, c’est que j’ai craint de lui faire chose désagréable; et en cela je me suis trompé à ce que je vois, à mon grand plaisir, mais une triste et répétée expérience me servira d’excuse avec lui. Ce n’est que de ce moment que j’apprends à l’apprécier à son juste prix, dis-le lui bien, comme j’espère le lui dire un jour, et lui prouver de présence. Remercie-le bien vivement du bonheur que me pro- COXX. — Inedita. A tergo: Madame Marie Veuve Cogomo - Gênes - Italie. — Bollo postale: Berne, 26 Octobre 1835. (1) Oosl, per ischerzo, nell’originale, per Opensi, 394 cure l’assurance de son souvenir et de son amitié, qu’ il compte sur la mienne à la vie et à la mort. Comment n’aimerais-je pas à la folie qui a aimé mon saint, mon ange chéri, mon martyr, celui dont la mémoire forme mon bonheur et mon malheur? (2). Il ne fait pas beau chez nous, mais il repleut non plus; un peu de soleil terne, du brouillard, de l’humidité, un juste milieu entre le beau et le mauvais temps. Il faut s’en contenter, d’autant plus, qu’ il ne fait pas froid. Méchante ! tu me dis que dans mes moments d’hilarité ma physionomie est d’un beau incomparable! Mais, mon Dieu, tu raffoles ! je suis horrible quand je ris, au physique. Je t’accorderai, par compensation, que je suis très entraînant, quand je suis de bonne humeur, et tête a tête — sinon, non — Oui, comme tu observes, personne ne t’a trompé, que les événements, et moi aussi ! ! ! Adieu, bonne amie. Nous sommes tous très bien, tous, comprends-tu? nous tous t’aimons infiniment, nous te le disons, nous te saluons, t’ embrassons te tuons d’étreintes ineffables. Le succès que tu nous promets de Chatterton nous enhardit. Nous traduirons Angelo et simiiia Adieu, ô toi de qui dépend mon bonheur, ou mon malheur. Adieu y Zane (2) Allude anche qui al fratello Jacopo. OCXXI. Giovanni alla Madre Berne, le 28 Octobre 1835. Ma bonne Amie ! Sans lettre de toi, chose qui ne m’inquiète nullement, car j’en aurai demain pour sûr, et j’ai de tes bonnes nouvelles indirectement, sans matière d’aucune espèce, sans fécondité à en créer, sans temps même pour t’écrire au long, je me bornerai au strict nécessaire, c’est-à-dire, à te donner des nouvelles officielles de tes amis. Ces nouvelles sont, comme à l’ordinaire, CCXXI. — Inédita. A tergo: Madame Marie Veuve Couurno - Gênes - Italie, r- Bollo postale : Berne, 28 Octobre 1835. 395 on ne peut meilleures, pour ce qui est du physique, et bonnes quant au moral, et cela soit dit de tout le monde, Paulin, Emilie, Antoinette, Ange et ton ami qui t’écrit. Il fait passablement froid, il pleut, il a grêlé ce matin, tu me pardonneras en conséquence mon inexactitude au rendez-vous que je t’avais donné pour faire la chasse à deux à la comète d’Halley, mais ce n’est pas ma faute s’il ny a plus d’étoiles au firmament que sur ma main. Nous attendrons celle d’Encker, ou autre pour faire nos observations. J’ai pris aujourd’ foui au 'Cabinet de lecture Louisa Strozzi, de Eos'ini, auteur délia Monaco, di Monza, je m’attends à beaucoup d’ennui. L’as-tu lu? J’ai demandé à Emilie Angelo pour m’occuper sans délai de ma partie de traduction. Les bonnes chances pour l’autre, dont tu m’as entretenu, m’ont un peu électrisé. Il faut battre le fer tant qu’ il est chaud ! J’ai fait hier une visite à une demoiselle, paysanne, jeune et jolie, qui est malade d’un anévrisme au cœur. Elle était levée encore, le jour auparavant, et elle me demandait en pleurant 4 batz, GO centimes, pour payer certain remède. J’ai fait de profondes réflexions sur le sort de la classe pauvre, dont deux tiers au moins meurent par défaut de soins, en un mot, de misère! Ou ne veut par l’accepter à l’Hôpital, car il faut des protections même pour mourir à l’Hôpital, et elle n’en a pas, étant sage. Elle est mal, très mal, le médecin en désespère. Voilà 15 jours peut-être qu’il lui avait ordonné l’application de je ne sais combien de sangsues qui n’avaient pas été appliquées, faute d’argent. Son cœur bat à faire sauter la main. Je l’ai consolée de mon mieux. Pense, qu’elle ne parle qu’ allemand. Elle a beaucoup de confiance en moi., car j’ai été toujours bon, poli, humain avec elle, tandis que tout le monde est brutal et grossier dans ce pays avec une fille de service, jeune, jolie et pauvre. Je lui ai glissé un écu dans la main, l’obole de la veuve, pour qu’elle se fasse appliquer les sangsues. J’ai été heureux de me trouver en cas de faire ce peu de bien, grâce à 20 frs. que m’a donnés Emilie. Mais ne pense pas que je le dis pour en tirer vanité. Adieu, adieu, adieu. Zane 396 CCXXII. Agostino alla Madrb [Grenchen] 29 Octobre 1835. Clhère Amie, Je n’ai ¡pas répondu à ta charmante missive du 19 Octobre, et pour cause, comme tu l’apprendras tout à 1’ heure. Depuis 'longtemps, nous n’avons joui d’un calme et d’une paix pareille à celle d’aujourd’hui. La visible protection du Ciel, dans la fatale période du choléra, est un gage pour l’avenir. Ne serait-il pas juste qu’ après tant de malheurs, nous eussions quelques gouttes de bien ? A présent que le choléra a fait sa retraite en dehors des murs de la ville, mes poumons se dilatent dans un sentiment de douce sécurité. Que Dieu nous protège, et que nos amis de là-haut continuent de nous prémunir contre les revers de ce monde. L’Avocat aurait dû recevoir ma lettre con-temporanément à celle qui t’est parvenue, et à laquelle tu as répondu en date du 19. Je serais fâché de ce qu’ elle se fût égarée. Il faudrait me répéter, et la missive était longue. Tu m’en diras un mot. Successivement je lui envoyai un Prospectus, dont il doit aussi m’accuser réception. Par là tu aura« eu pleine connaissance de notre projet, et j’ attends ton avis là-dessus. Il faut aussi que vous n’oubliez pas de nous tenir à jour des progrès de 1’ impression de Chatterton, et surtout d’annoncer sur la couverture du livre la très-prochaine apparition d’Angelo. Si cette entreprise va bien, ce sera une ressource inépuisable, car nous traduirons successivement tous les drames au fur et à mesure, qu’ ils paraîtront soit à Paris, soit autre part. Les préfaces écrites par main de maître devraient faire la fortune de nos traductions. Envoyez-nous un exemplaire de votre Prospectus. La dernière fois, je t’ai écrit longuement à propos de la Cousine. Je lui avais fait du tort sans le vouloir, et il était de mon devoir de le réparer autant que possible. Je pense aussi que d’apprendre que tout cela n’ était qu’ une sotte plaisanterie, et que la cousine au contraire mérite toute notre estime et toute notre affection, cela t’aura consolée; car'je ne sache rien de pire que ce genre de COXXII. — Pubblicata tradotta con lacune in Cagnacci, op. cit., pag. 73. J 397 déceptions. 11 ne me reste qu’ à te demander pardon d’avoir causé une douleur à ton ipauvre cœur sans fondement. T'ai-je jamais parlé dans mes lettres, envoyées de la Suisse, d’une île d’une lieue-1 de circonférence, agreste, inculte, mais très-attrayante pour des tempéraments mélancoliques, qui surgit du milieu du lac de Bienne, qui se nomme 1’ île de St. Pierre, et qui est très-célèbre à cause du séjour que J. .T. Rousseau a fait, en elle? Depuis longtemps je désirais faire une petite course jusques-là, mais ma paresse naturelle, lorsqu’il s’agit de bouger, m’avait toujours fait ajourner mon projet. Une heureuse occasion s’est présentée de le réaliser. Mardi matin (27) nous vîmes arriver chez nous 1’ époux d’Anna, Mr. Courvoisier, qui venait nous prendre Emilie et. moi pour nous conduire chez lui, et de là à 1’ île de St. Pierre. Nous acceptâmes et partîmes. Sa maison est précisément située au bord du lac, et adossée au Jura: Je ne te dirai pas la douce impression que je ressentis en revoyant mon amie, ses enfants, son intérieur si simple, mais si propre. Elle nous reçut avec cette cordialité qui lui est particulière ; elle s’enquit de toi, comme une fille de sa mère. Elle était toute rayonnante et toute fière de nous donner 1' hospitalité. Nous eûmes un bon repas. Puis elle nous fit de la musique, nous montra sa bibliothèque ; enfin elle fit tout ce que son amabilité lui suggérait d’agréable et d’hospitalier. Son mari la secondait très-bien, nous fumions, nous causions Italie, Suisse, Espagne. L’ heure du souper vint. On avait invité quelques connaissances. Nous nous assîmes à table et prolongeâmes fort avant dans la soirée notre séance. Puis on nous conduisit dans un gentil appartement, et on nous souhaita la bonne nuit. L’intérieur de cette maison n’a pas de luxe, mais une propreté éblouissante. Les parvis sont polis, comme de l’acier. On respire 1’ honnête et modeste aisance. On vous donne du linge blanc comme la neige. Rien de trop, mais tout à point. Pas d’étiquette, mais beaucoup de cordialité. Le lendemain matin nous partîmes tous les quatre pour l’île. Je n’avais plus vu d’eau depuis une année et demie; cette traversée du lac me fit donc un grand plaisir. Enveloppé dans mon manteau, comme un commodore anglais, je me laissais aller à mes rêveries. Vis-à-vis de moi était cette femme si bonne, si dévouée, si aimante, mais si vertueuse aussi. Je pensais à elle, et je pensais à toi. Je franchissais les Alpes pour 398 venir t’embrasser dans ta chambre solitaire, j’aurais donné ma vie pour t’avoir près de moi, pour aller avec toi à cette île. Après deux heures de traversée, nous abordâmes. Nous fîmes le tour de l’île qui, réellement, nous a enchantés. Emilie était pensive et émue. Anna se promenait dans les allées toute absorbée dans ses contemplations. Nous allâmes visiter la chambre de Rousseau, chambre toute nue, avec des chaises en paille, une table de noyer, un pauvre pupitre, un misérable lit. Les parois sont toutes tapissées de noms. Cette chambre me rappella la chambre de Chatterton, dans la représentation que j’en ai vue à Paris. Le génie toujours malheureux, cette idée me sillonnait le crâne en tout sens.. Rousseau avait fabriqué une trappe, d’où il s’échappait, lorsqu’on venait le visiter. Quelle destinée, en effet ! Il venait chercher la solitude, il ne demandait qu’à vivre avec lui-même, et les hommes allaient le traquer jusques-là. Enfin l’aristocratie Bernoise le chasse de cette île, comme on aurait fait d’un malfaiteur. Nous allâmes dîner. Nous nous égayames à un bon feu et à la lecture du livre des voyageurs. Il est inconcevable comme, dans une aussi grande foule de visiteurs, qui se croient un devoir d’apposer leur nom, et dire quelque chose sur le grand homme, il n’ y ait que des sots. Il y a des inscriptions qui font crever de rire. Ne vaut-il pas mieux ne rien écrire, qu’ écrire des sottises ? Nous nous en sommes tenus à ce second parti. Nous avons écrit nos noms et rien de plus. Nous revînmes à Bienne. J’ai remarqué que chaque retour d’une partie quelconque est toujours triste. Aussi c’était l’heure du crépuscule, et l’heure de la séparation s’approchait. Nous bûmes le thé chez Mr. Courvoisier, nous nous dîmes adieu avec Madame, non sans une vive émotion ; on nous fournit une voiture, et à 9 heures et 1/2 du soir, nous faisions notre entrée triomphale dans notre chère solitude de Granges, tout pleins de souvenirs doux, mais non sans une teinte de mélancolie. Anna te mande raille choses, elle t’embrasse une centaine de fois. Voici mon histoire terminée. Le temps me manque pour ajouter toutes les réflexions que cette course m’a suggérées. Mais tu en supposeras la nature. Adieu, ma tendre amie, sans toi, sans ton amour je ne consentirais plus à vivre. Adieu, donne-moi de bonnes nouvelles, et aime toujours ton Auguste 899 CCXXII1. Giovanni alla Madré Berne, le 1er Novembre 1835. Ma chère Amie! Je crois ne t’avoir pas annoncé, jusqu’ici, réception - Marsiglia, 27 dicembre [1833] IX. — Agostino alla madre — Ginevra, 28 dicembre 1833 . X. — Giovanni alla madre <- [Marsiglia], 31 dicembre 1833 XI. — Agostino alla madre — Ginevra, 31 dicembre 1833 XII. — Giovanni alla madre — Marsiglia, 1 gennaio 1834 XIII. — Giovanni alla madre — Lione, 5 gennaio 1834 XTV. — Giovanni alla madre — Ginevra, 10 gennaio 1834 XV. — Agostino alla madre — Ginevra, [10 gennaio 1834] XVI. — Agostino alla madre — Ginevra, 14 gennaio 1834 XVII. — Giovanni alla madre — Ginevra, [14 gennaio 1834 XVIII. • — Agostino alla madre — Ginevra, 16 gennaio 1834 XIX. — Giovanni alla madre r- [Ginevra, 16 gennaio 1834] XX. — Giovanni alla madre — Ginevra, 29 gennaio 1834 XXI. — Agostino alla madre — [Ginevra, 29 gennaio 1834] XXII. — Giovanni alla madre — Génève, le 9 février 1834 XXIII. — Agostino alla madre — [Génève, 9 février 1834] XXIV. — Giovanni al padre — Bienne, 3 marzo [1834] . XXV. — Giovanni alla madre — Bienne, 23 mars 1834 . XXVI. — Agostino alla madre — Berne, 25 mars 1834 . XXVII. — Agostino alla madre — Berne, 29 mars 1834 . V VII IX XL VIII XCIII CXXIII Pag. 3 5 7 10 11 15 17 18 19 20 21 23 24 26 28 29 31 32 34 35 37 37 38 39 39 40 42 - 456 - XXVIII. - Agostino alla madre — Bienne, 31 mars 1834 ..... rag. 43 XXIX. - Giovanni alla madre — [Bienne, 31 mars 1834] .... » 45 XXX. - Giovanni alla madre *— Berne, 18 avril 1834 ..... » 46 XXXI. - Agostino alla madre — [Berne, 18 avril 1834] .... » 47 XXXII. — Giovanni alla madre i— Berne, 22 avril 1834 ..... » 48 XXXIII. — Agostino alla madre — [Berne, 22 avril 1834] .... 11 50 XXXIV. — Agostino alla madre — Berne, 9 mai, 1834 ..... » 51 XXXV. — Agostino alla madre — Bienne, 16 mai 1834 ..... » 53 XXXVI. — Agostino alla madre — [Passy], 22 mai [1834] .... » 54 XXXVII. - Agostino alla madre — Bienne, 23 mai 1834 ..... » 55 XXXVIII. - Giovanni alla madre >— Génève, 24 mai 1834 ..... » 56 XXXIX. - Agostino alla madre — Bienne, 28 mai 1834 ..... » 58 XL. - Agostino alla madre — Bienne, 30 mai [1834] .... » 60 XLI. — Giovanni alla madre — Génève, 30 mai 1834 ..... » 63 XLII. — Agostino alla madre — Bienne, 4 juin 1834 ..... » 64 XLIII. — Giovanni alla madre t— Génève, 4 juin 1834 ..... »' 65 XLIV. — Giovanni alla madre — Génève, 7 juin 1834 .... » 67 XLV. — Giovanni alla madre — Génève, 11 juin 1834 ..... » 67 XLVI. — Giovanni alla madre — Génève, 18 juin 1834 ..... » 69 XLVII. - Agostino alla madre — [Boujan], 18 juin 1834 .... » 70 XL VIII. - Agostino alla madre — [Boujan], 20 juin [1834] . . . » 71 XLIX. - Giovanni alla madre — Génève, 4 juillet 1834 .... » 73 L. - Agostino alla madre — [Boujan], 6 juillet [1834] . » 75 LI. - Agostino alla madre — [Boujan], 6 juillet [1834] . » 77 LU. — Giovanni alla madre — Génève, 11 juillet 1834 .... » 78 LUI. — Giovanni alla madre — Génève, 16 juillet 1834 .... » 79 LIV. — Giovanni alla madre i— Génève, 25 juillet 1834 .... » 82 LV. — Giovanni alla madre e alla sorella — Génève, 25 juillet 1834 » 83 LVT. — Agostino alla madre — [Boujan], 26 juillet 1834 .... » 85 LVII. — Giovanni alla madre — Génève, 1 août 1834 ..... » • 87 Lvm. — Giovanni alla madre — Génève, 6 août 1834 ..... » 91 LIX. - Agostino alla madre — [Soleure], 9 août 1834 .... » 92 LX. — Giovanni alla madre — Génève, 10 août 1834 . . » 94 LXI. — Giovanni alla madre — Génève, 15 août 1834 .... » 95 LXII. — Giovanni alla madre — Génève, 17 août 1834 .... » 97 LXIII. — Giovanni alla madre — Génève, 22 août 1834 .... » 99 LXIV. - Giovanni alla madre — [Berne], 23 août 1834 .... » 100 LXV. — Giovanni alla madre r- Lausanne, 26 août 1834 .... » 101 LXVI. — Giovanni alla madre — [Berne], 29 août 1834 .... » 102 LXVII. — Giovanni alla madre — Génève, 30 août 1834 ..... » 104 LXVIU. — Giovanni alla madre — [Berne], 4 septembre 1834 . . . » 107 LXIX. — Agostino alla madre — [Soleure], 5 septembre [1834] . . » 109 LXX. - Giovanni alla madre — Génève, 8 septembre 1834 . . . .. 115 LXXI. — Giovanni alla madre — Berne, 11 septembre 1834 . » 116 LXXII. - Giovanni alla madre — [Berne], 15 septembre 1834 . . » 119 LXXIII. Giovanni alla madre — [Berne], 15 septembre 1834 . . » 120 LXXIV. — Giovanni al padre — [Berna], 15 septembre 1834 . » 121 LXXV. — Giovanni alla madre — [Berne], 17 septembre 1834 . . » 122 LXXVI. — Giovanni alla madre — Berne, 23 septembre 1834 . . . » 123 LXXVII. - 457 - — Agostino alla madre — [Grenchen], 27 septembre 1834 . • PafT 125 LXXVIII. - Giovanni alla madre — [Grenchen], 27 [septembre 1834] . 127 LXXIX. — Agostino alla madre — Paris, 11 octobre 1834 . . « » 129 LXXX. — Giovanni alla madre — Berne, 11 octobre 1834 . . 130 LXXXI. — Giovanni alla madre — Berne, 12 octobre 1834 . . • » 131 LXXXII. — Giovanni alla madre — Berne, 15 octobre 1834 . . » 135 LXXXIII. — Giovanni alla madre — Berne, 18 octobre 1834 . . 139 LXXXIV. — Giovanni alla madre — Berne, 25 octobre 1834 . . 141 LXXXV. — Giovanni alla madre — Berne, 28 octobre 1834 . • » 143 LXXXVI. — Giovanni alla madre — Berne, 4 novembre 1834 . . » 144 I,XXXVII. — Giovanni alla madre — Berne, 11 novembre 1834 . » 147 LXXXVIII. — Agostino allamadre — Paris, 12 novembre 1834 . . » 150 LXXXIX. — Giovanni alla madre — Berne, 15 novembre 1834 . . » 151 XC. — Giovanni alla madre — Berne, 15 novembre 1834 . . 153 XCI. — Agostino alla madre — [Parigi], 18 novembre [1834] . 154 XCII. — Giovanni alla madre — Berne, 20 novembre 1834 . . 167 xeni. — Giovanni alla madre — Berne, 27 novembre 1834 . . 158 XC1V. — Giovanni alla madre — Berne, 29 novembre 1834 . » 161 XCV. — Giovanni alla madre — Berne, 2 décembre 1834 . . » 162 XCVI. — Giovanni alla madre — Berne, 4 décembre 1834 . » 165 XCV II. — Giovanni alla madre — Berne, 6 décembre 1834 . » 167 XCVIII. — Giovanni alla madre — Berne, 12 décembre 1834 . . 169 XCIX. — Agostino alla madre — Paris, 13 décembre 1834 . . . 170 0. — Giovanni alla madre — Aarau, 14 decémbre 1834 . • » 174 CI. — Agostino ai genitori — Paris, 17 décembre 1834 . . » 179 Oli. — Giovanni alla madre — Berne, 18 décembre 1834 . » 181 cui. — Giovanni alla madre — Berne, 20 décembre 1834 » 182 CIV. — Giovanni alla madre — Berne, 23 décembre 1834 . . » 184 cv. — Giovanni alla madre — Berne, 25 décemhre 1834 . . » 187 evi. — Giovanni alla madre — Berne, [26] décembre 1834 . . » 189 CVII. — Giovanni alla madre — Berne, 30 décembre 1834 . . » 190 CVIII. — Agostino alla madre — Paris, 9 janvier 1835 . . . » 192 CIX. — Giovanni alla madre — Berne, 18 janvier 1835 . . » 195 ex. — Agostino alla madre — Paris, 21 janvier 1835 . . » 196 CXI. — Agostino alla madre — Paris, 26 janvier 1835 . . » 200 CXII. — Giovanni alla madre — [Berne], 30 janvier 1835 . . » 202 CXIII. — Agostino alla madre — Paris, 1 février 1835 . . . . » 204 CXIV. — Giovanni alla madre — Berne, 4 février 1835 . » 209 cxv. — Agostino alla madre — Paris, 8 février 1835 . . » 210 OXVI. — Giovanni alla madre — Berne, 11 février 1835 . . » 214 CXVII. — Giovanni alla madre — Berne, 13 février 1835 . » 216 CXVIII. — Giovanni alla madre — Berne, 16 février 1835 . » 218 CXIX. — Agostino alla madre — [Paris], 20 février [1835] . . » 220 CXX. — Giovanni alla madre — Berne, 23 février 1835 . » 221 CXXI. — Agostino ai genitori — [Paris], 26 [février 1835] . . » 223 CXXII. — Giovanni alla madre — Berne, 27 février 1835 . . » 225 CXXIII. — Giovanni al padre e allo zio Giacomo — Berne, 27 f rier » 226 OXXIV. — Giovanni alla madre — Berne, 4 mars 1835 . . . » 228 CXXV. — Giovanni alla madre — Berne, 6 mars 1835 . . . . » 229 458 - CXXVI. CXXVII. CXXVIII. CXXIX. cxxx. CXXX1. CXXXII. CXXX11I. CXXX1V. cxxxv. CXXXVI. CXXXVXI. CXXXVIII. CXXXIX. CXL. CXLI. CXLII. CJXLIII. CXLIV. CXLV. CXLVI. CXLVII. CXLVIII. CXLIX. OL. OLI. CLII. CLIII. CLIV. CLV. CLVI. CLVII. CLVIII. CLIX. CLX. CLXI. CLX3I. CLX III. CLXIV. CLXV. CLXVI. CLXVII. CLXVIII. CLXIX. CLXX. CLXXI. CLXXII. CLXXIII. CLXXIY. Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni al padre — Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Agostino alla madre Agostino alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Agostino alla madre Giovanni alla madre Giovanni alla madre — Borne, 9 mars. 1835 . — [Paris], 10 mars 1835 . — Berne, 11 mars 1835 . — Berne, 13 mars 1835 . — [Paris], 17 mars 1835 . — Berne, 18 mars 1835 — Berne, 20 mars 1835 — Berne, 23 mars 1835 — Berne, 25 mars 1835 — [Paris], 26 mars 1835 . Berne, 27 mars 1835 — Berne, 30 mars- 1835 . — [Paris], 1 avril [1835] — Berne, 1 avril 1835 . — Berne, 3 avril 1835 . — [Berne], 6 avril 1835 . — [Paris], 7 avril 1835 . i— Berne, 8 avril 1835 . — [Paris], 10 avril 1835 . ■— Berne, 15 avril 1835 . — Berne, Î7 avril 1835 . — Berne, 20 avril 1835 . — Berne, 27 avril 1835 . — [Grenchen], 1 mai 1835 — [Paris], 4 mai [1835] . — [Grenchen], 4 mai 1835 i— [Grenchen], 6 mai 1835 — [Paris], 10 mai 1835 . — [Auteil ?], 12 mai 1835 — [Grenchen], 14 mai 1835 — Berne, 15 mai 1835 . — Berne, 17 mai 1835 . — [Berne], 20 mai 1835 . — Berne, 22 mai 1835 . — Berne, 25 mai 1835 . — [Berne], 27 mai 18i5 . — Berne, 29 mai 1835 . — [Paris], 27 mai 1835 . — [Paris], 30 mai 1835 . — [Paris], 2 ■ juin 1835 . — [Paris], 3 juin 1835 . — [Berne], 5 juin 1835 . — [Paris], 7 juin 1835 . — [Berne], 8 juin 1835 . — [Paris], 9 juin 1835 . — Berne, 12 juin 1835 . — [Paris], 13 juin [1835] — Berne, 15 juin 1835 . — Berne, 17 juin 1835 . P a?. 231 233 235 237 239 241 242 244 246 247 249 252 254 255 258 258 260 263 265 267 272 273 276 277 278 280 284 285 288 289 291 292 294 295 297 300 300 303 305 305 307 308 309 310 311 313 315 316 318 - 4!W — eiixxv. — Agostino alla madre — [Paris, 18 juin 1835].....p 319 CLXXVI. — Agostino alla madre — [Paris], 25 juin [1835] .... » 32û CLXXVII. — Agostino alla madre — [Paris], 26 juin 1835 ..... » 321 CLXXVIN. — Agostino ai genitori — ^Paris], 2 juillet 1835 ..... » 322 CTjXXIX. — Agostino alla madre — [Paris, 9 juillet 1835] .... » 324 CLXXX. — Agostino alla madre — [PariB], 13 juillet [1835] .... » 325 CLXXXI. . — Giovanni alla madre — Berne, 13 juillet 1835 .... » 327 CLXXXII. — Giovanni alla madre <— Berne, 30 juillet [1835] .... » 328 CUXXIII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 31 juillet [1835] . . » 329 CLXXXIV. — Giovanni alla madre — Berne, 5 août 1835 ..... » 331 CLXXXV. — Agostino alla madre — [Grenchen], 6 août 1835 .... 1) 333 CLXXXVI. — Giovanni alla madre — Berne, 7 août 1835 ..... » 334 CLXXXVII. — Giovanni alla madre - [Grenchen], 13 août 1835 . . . » 335 CLXXXVIII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 16 août 1835 . . . » 336 CLXXXIX — Giovanni alla madre - [Grenchen], 17 août 1835 . . . )) 338 CXC. — Giovanni alla madre — [Grenchen], 19 août 1835 . . . » 340 CXCT. — Agostino alla madre — [Grenchen], 20 août 1835 . . . » 341 CXCII. — Giovanni alla madre - [Grenchen, 20 août 1835] . )) 343 CÈCHI. — Giovanni alla madre - [Grenchen], 23 août 1835 . « 344 CXCIV. — Agostino alla madre — [Grenchen], 26 août [1835] . » 345 CXCV. « — Agostino alla madre — [Grenchen], 27 août [1835] . . . » 349 csevi. — Giovanni alla madre - [Grenchen], 30 août 1835 . . . » 352 cxcvn. - Giovanni alla madre - [Grenchen], 31 août 1835 » 354 CXCVIII. • — Giovanni alla madre - [Grenchen], 2 septembre 1835 . » 355 CXCIX. — Giovanni alla madre - [Grenchen], 4 septembre 1835 . » 356 cc. — Agostino alla madre — [Grenchen], 6 [septembre 1835] » 357 CCI. — Giovanni alla madre - - [Grenchen], 7 septembre [1835] . » 360 CCII. — Agostino alla madre - [Grenchen], 10 septembre [1835] . » 361 CCIII. — Giovanni alla madre - - [Grenchen], 11 septembre 1835 » 362 CCIV. — Giovanni alla madre - - [Grenchen], 14 septembre 1835 . » 363 ccv. — Agostino alla madre - [Grenchen], 15 septembre 1835 . . » 364 COVI. — Giovanni alla madre - - Berne, 16 septembre [1835] . . . » 366 CCV II. — Agostino alla madre - [Grenchen], 22 septembre 1835 » 368 covili — Giovanni alla madre - - Berne, 23 septembre 1835 . )) 370 CCIX. — Agostino alla madre - - [Grenchen], 27 septembre 1835 . . » 371 CCX» — Giovanni alla madre - - Berne, 28 septembre 1835 . . . )> 373 CCXI. — Giovanni alla madre - [Berne], 30 septembre 1835 . » 375 CCXII. — Agostino alla madre - - [Grenchen], 31 (sic) septembre 1835 » 376 CCX 111. — Agostino alla madre - - [Grenchen] 3 octobre 1S35 . 380 CCXIV. — Giovanni.alla madre - Berne, 5 octobre 1835 .... 381 CCXV. — Giovanni alla madre - Berne, 7 octobre 1835 .... » 382 CCXVI. — Agostino alla madre - - [Grenchen], 11 octobre 1835 . - ■» 383 CCXVIL — Giovanni alla madre - Berne, 13 octobre 1835 .... » 385 CCXV 111. Agostino alla madre - [Grenchen], 15 octobre 1835 . » 388 CCXIX. — Agostino alla madre - [Grenchen], 22 octobre 1835 . » 389 ■ccxx. Giovanni alla madre — Berne, 26 octobre 1835 . » 393 CCXXL Giovanni alla madre — Berne, 28 octobre 1835 .... » 394 CCX XII. Agostino alla madre - [Grenchen], 29 octobre 1835 . .. » 396 CCXXI IL Giovanni alla madre — Berne, 1er novembre 1835 . » 399 — 460 — ccxxrv. — Giovanni alla madre — Berne, 4 novembre 1835 » 402 CCXXV. — Giovanni alla madre i— Berne, 6 novembre 1835 .... » 403 CCXXVI. — Agostino alla madre — [Grenchen], 8 novembre 1835 . » 406 CCXXVII. — Giovanni alla madre — Berne, 11 novembre 1835 . » 407 CCXXYIII. — Giovanni alla madre — Berne, 16 novembre 1835 » 408 CCXXIX. — Agostino alla madre — [Grenchen], 20 novembre 1835 . » 409 CCXXX. — Giovanni alla madre — Berne, 23 novembre 1835 » 414 CCXXXI. — Giovanni alla madre — Berne, 25 novembre 1835 . » 418 CCXXXII. • — Giovanni alla madre — Berne, 27 novembre 1835 » 419 CCXXXIII. — Giovanni alla madre — Berne, 1er décembre 1835 . » 421 CCXXX IV. — Giovanni alla madre — Berne, 17 décembre 1835 . » 423 ccxxxv. - Agostino alla madre — [Grenchen], 15 décembre 1835 . » 424 CCXXXVI. — Giovanni alla madre — Berne, 17 décembre 1835 » 425' CCXXXVII. - Agostino alla madre — [Grenchen], 17 décembre 1835 . » 429 CCXXXVIII. — Agostino alla madre — [Grenchen], 21 décembre 431 . » 431 CCXXXIX. — Agostino alla madre — [Grenchen], 23 décembre 1835 . » 432 CCXL. — Giovanni alla madre — Berne, 24 décembre 1835 . » 435 CCXLI. — Giovanni alla madre — Berne, 30 décembre 1835 . » 437 CCLXII. — Agostino al padre — ^Grenchen], 31 décembre 1835 » 439 APPENDICE: La « Cronologia autobiografica » di Agostino Ruffini fino a tutto il 1836 .............Pag- 441 INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI 1. — Ruffini Curio Eleonora — Miniatura posseduta dal Museo del Risorgimento di Genova. 2. — Ruffini Jacopo — Miniatura in M. R. U. i. — Ruffini Giovanni — Fotografia in M. R. G. 4. — Ruffini Agostino — Acquarello di Scipione Pistrucci in M. R. G. 5. — Di Negro Spinola Laura — Acquarello - Copia del ritrato di Giuseppe Isola eseguita da Angelo Orsini in M. R. G. 6. — Bains de Grange — Incisione M. R. G.