DANILO VENERUSO Azione pastorale e vita religiosa del laicato genovese durante Vepiscopato del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti (1925 - 1938) ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Nuova Serie - Vol. XXX (CIV) - FASC. II DANILO VENERUSO Azione pastorale e vita religiosa del laicato genovese durante Vepiscopato del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti (1925 - 1938) GENOVA — MCMXC NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VIA ALBARO, 11 ■ V*'H -v W i ► ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Nuova Serie - Vol. XXX (CIV) - FASC. II DANILO VENERUSO Azione pastorale e vita religiosa del laicato genovese durante l’episcopato del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti (1925 - 1938) GENOVA — MCMXC NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VIA ALBARO, 11 ► Tabella delle abbreviazioni AC = L’Araldo di Castelletto. Bollettino della parrocchia di Castelletto in Ge- nova (a. I, 1928) ; ADG AM = Archivio Diocesano genovese, Archivio Minoretti. AF = L’amico della famiglia. Bollettino della parrocchia di S. Ambrogio di Fegino (a. I, 1932, in realtà dicembre 1931) ; BP = SS. Annunziata. Bollettino parrocchiale di Sturla (a. I, 1936) ; BS = Il Buon Seminatore. Bollettino della parrocchia di Santa Zita in Genova, edito a cura degli Uomini cattolici (a. I, 1925) ; BSS = Basilica di S. Siro. Bollettino della parrocchia di S. Siro in Genova (a. I, 1929); BSVP = Bollettino della Società di S. Vincenzo de’ Paoli edito in Genova (a. I, 1852); DBS = Don Bosco in Sampierdarena. Dal 1927 L’Eco di don Bosco, bollettino mensile delle opere salesiane in Genova Sampierdarena (a. I, 1908) ; CD = Corpus Domini. Bollettino della parrocchia di S. Fruttuoso in Genova (a. I, 1913); ER = L’Eco di Recco. Bollettino della parrocchia di Recco (a. I, 1932); ER Ruta — L'Eco di Ruta. Bollettino della parrocchia di Ruta di Camogli (a. I, 1926) ; ESQ = L’Eco di S. Quirico. Bollettino della parrocchia di S. Quirico (a. I, 1927); FC = Fede e canti. Quindicinale delle Missionarie del popolo di Genova (a. I, 1927); FCA = Famiglia cristiana. Bollettino della parrocchia di S. Martino di Albaro, edito a cura del circolo giovanile maschile di S. Martino d’Albaro (a. I, 1927, in realtà dicembre 1926) ; FN = Fides nostra. Bollettino della parrocchia di S. Michele di Isola del Can- tone (a. I, 1927) ; FV =: Fiamma viva. Bollettino della parrocchia di Cremeno (a. I, 1926) ; FVS = Fiamma vìva. Bollettino della parrocchia di Staglieno in Genova, edito a cura del circolo giovanile maschile « S. Bartolomeo » di Staglieno (a. I, 1925); — 5 — I = L’Immacolata. Bollettino della parrocchia dellTmmacolata di Genova Pegli (a. I, 1933); M = La Madonnetta. Bollettino del santuario della « Madonnetta », tenuto dai padri agostiniani scalzi di Genova (a. I, 1932) ; MA = La Madonna dell’Acquasanta. Bollettino mensile del santuario dell Acqua- santa in Genova Voltri (a. I, 1913); MBGPA = Il Messaggero del Santo Bambino Gesù di Praga. Bollettino del santuario del Bambin Gesù di Praga in Arenzano, tenuto dai padri carmelitani scalzi (a. I, 1905); MC = Il Monte Carmelo. Bollettino del santuario - parrocchia del Carmelo in Genova Multedo (a. I, 1923) ; MG = La Madonna delle Grazie. Bollettino del santuario della Madonna delle Grazie in Genova Voltri, tenuto dai frati minori cappuccini (a. , 1922); MG-S = La Madonna delle Grazie. Bollettino mensile illustrato a cura del par roco di Santa Maria delle Grazie di Genova Sampierdarena (a. I, 1922), MGu = La Madonna della Guardia. Bollettino mensile del santuario della Madonna della Guardia, nato dalla fusione di due precedenti periodici (a. I, 1897, in realtà agosto 1932); MM = La Madonna di Megli. Bollettino della parrocchia di Megli in Recco (a. I, 1932); MN = La Madonna delle Nasche. Bollettino del santuario - parrocchia della Madonna delle Nasche in Valle Sturla (Genova) (a. I, 1928), MR = La Madonna del Rosario. Bollettino mensile di Santa Maria di Castello in Genova, parrocchia tenuta dai padri domenicani, organo del Centro genovese del Rosario perpetuo (a. I, 1935); NLDF = Nella luce della fede. Rivista bimestrale di cultura religiosa per il po polo, edita in Genova (a. I, 1923) ; NSC = Nostra Signora di Coronata. Bollettino del santuario e della parrocchia di Genova Coronata (a. I, 1920); NSM = Nostra Signora del Monte. Bollettino del santuario di Nostra Signora del Monte, tenuto dai frati minori francescani, in Genova (a. I, 1923), OL = L’Operaio Ligure. Organo della Federazione operaia cattolica ligure (a. I, 1885); PF = Il piccolo fiore. Bollettino del santuario di Sambugo di Fiorino in Ge- nova Voltri; PS = Il Padre Santo. Bollettino della chiesa omonima in Genova, tenuta dai frati minori cappuccini (a. I, 1912) ; RCS = Rivista della congregazione somasca, edita in Genova dal 1931, presso la chiesa di Santa Maria Maddalena; RDG = Rivista Diocesana Genovese, edita in Genova dal 1911; — 6 — S = U santuario, Bollettino del santuario - parrocchia di Gallaneto (Isover- de di Campomorone), (a. I, 1929); SAC = Società alpinisti cattolici. Bollettino della società omonima in Genova (a. I, 1923); SB = S. Biagio. Bollettino della parrocchia di S. Biagio in Polcevera (a. I., 1927); SBV = S. Bartolomeo di Vallecalda. Bollettino della parrocchia omonima in Savignone (a. I, 1930) ; SF = S. Fruttuoso. Bollettino della parrocchia di Fumeri di Mignanego (a. I, 1928) ; SFA = Francesco d’Albaro. Bollettino della parrocchia di S. Francesco d’Al-baro in Genova (a. I, 1927) ; SL = La squilla di Lourdes. Periodico mariano del santuario - parrocchia di Campi di Genova Cornigliano (a. I, 1935) ; = La Santa Messa. Bollettino d’illustrazione delle principali feste liturgiche e delle domeniche, edito in Genova; = La squilla mariana. Bollettino del santuario - parrocchia di S. Giorgio martire e della Madonna della Guardia in Bavari (a. I, 1928) ; SMRS = S. Martino di Ronco Scrivia. Bollettino della parrocchia omonima (a. I, 1928); SN = Il Santìssimo Nome. Bollettino dell’apostolato del santissimo nome di Gesù, edito in Genova (a. I, 1934) ; SP = La squilla parrocchiale. Bollettino della parrocchia dei Diecimila croci- fissi o Borgo Incrociati in Genova (a. I, 1929) ; SS = Santa Sabina. Bollettino della parrocchia di Santa Sabina in Genova (a. I, 1932); SS Sori = Squilla sorese. Bollettino della parrocchia di Sori (a. I, 1928); ST = L’Immacolata. Bollettino della parrocchia di S. Teodoro in Genova (a. I, 1933); SV = Sorgenti di vita. Bollettino della parrocchia di S. Martino e Benedetto in Genova Pegli, tenuta dai padri benedettini (a. I, 1928); SVt. = Santa Vittoria. Bollettino della parrocchia di Santa Vittoria in Genova (a. I, 1932); V = La voce. Bollettino della parrocchia di Santa Maria Maddalena in Ge- nova, tenuta dai padri somaschi (a. I, 1926) ; VA = Vita arenzanese. Bollettino della parrocchia arcipresbiteriale dei SS. Nazario e Celso in Arenzano (a. I, 1926, in realtà dicembre 1925) ; VAQ = Voce amica. Bollettino della parrocchia di Quarto dei Mille in Genova (a. I, 1931); VAR = Voce amica. Bollettino della parrocchia di Rigoroso (a. I, 1924); SM SMB VAST = Voce amica. Bollettino della parrocchia di S. Tommaso apostolo in Genova (a. I, 1925) ; VAT = Voce amica. Bollettino della parrocchia di Teglia in Genova Rivarolo (a. I, 1927); VB = La voce del bene. Bollettino della parrocchia di S. Giovanni Battista in Genova Sestri Ponente (a. I, 1927); VC = Vita cristiana. Bollettino della parrocchia di Canepa (Sori) (a. I, 1928); VCSCG = Vita cateriniana. Bollettino della chiesa di Santa Caterina Fieschi Adorno in Genova, tenuta dai frati minori cappuccini (a. I, 1928), VDF = Voce di fede. Bollettino della parrocchia del S. Cuore e di S. Giacomo in Genova Carignano (a. I, 1926); VF = Vita francescana. Bollettino della chiesa di Santa Caterina Fieschi Ador no in Genova, tenuta dai frati minori cappuccini (a. I, 1921), VFB = Voce di fede. Bollettino della parrocchia di Busalla (a. I, 1928), VFF = Voce di fede. Bollettino della parrocchia di S. Pietro alla Foce in Ge nova (a. I, 1926); V Frane. = Voce francescana. Bollettino delle parrocchie francescane di Albaro, Bolzaneto, S. Antonio di Boccadasse (a. I, 1928) ; VDM = Voce della madre. Bollettino della parrocchia di Genova Bolzaneto (a. I, 1927) ; VN = Vita nostra. Bollettino della parrocchia di S. Giacomo apostolo in Ge nova Cornigliano, tenuta dai padri domenicani (a. I, 1921); VP = La voce del pastore. Bollettino della parrocchia di Pieve Ligure (a. I, 1930); VP A = Voce del padre. Bollettino della parrocchia di S. Francesco di Albaro in Genova (a. I, 1937: per gli anni precedenti cfr. la sigla SFA), VPT = Voce del padre. Bollettino della parrocchia di Testana (a. I, 1934), VPM = Vita parrocchiale di Marassi (Santa Margherita). Bollettino della parrocchia di Santa Margherita di Marassi in Genova (a. I, 1926, in realtà dicembre 1925) ; VS = Vita spirituale (Pax). Bollettino dell’associazione «Amiche di Gesù», edito in Genova (a. I, 1920). La pastorale, cioè lo studio delle direttive emanate dai vertici religiosi da una parte e la rispondenza ad esse da parte dei fedeli dall’altra, costituisce una branca certamente non trascurabile del più ampio fenomeno della religiosità. Come ogni disciplina o settore disciplinare, anche questo studio ha bisogno, oltre che di un metodo, anche di fonti appropriate che, per il secolo XX, sono costituite soprattutto da pubblicazioni periodiche edite a cura o per conto di istituzioni religiose periferiche, quali le diocesi, le parrocchie, le chiese, i santuari. Esse, denominate e conosciute con il nome di « bollettini », riportano in modo diretto ed immediato, ed in genere in tempi molto brevi rispetto alle direttive o agli avvenimenti cui si riferiscono, le istruzioni e i suggerimenti impartiti dalle diverse istanze della Chiesa, in primo luogo del suo vertice, il Papa, quindi dal vescovo locale, e infine dai parroci e dai responsabili di santuario. Vi compaiono anche gli avvenimenti, opportunamente commentati e illustrati, di maggiore interesse per la vita della comunità. Secondo l’ordine gerarchico, il parroco, il rettore di chiesa o di santuario sembrerebbero, e sono, gli ultimi anelli di una catena che ha il suo capo molto più in alto, nel messaggio evangelico e nel ministero magisteriale della Chiesa docente (il Papa ed i vescovi). In realtà, anche attraverso questi particolari organi di istruzione e di informazione, si nota come solo superficialmente la complessa struttura interna della Chiesa possa apparire autoritaria. In effetti, è proprio quello che appare l’ultimo anello della catena redazionale del bollettino, il parroco o il rettore di chiesa o di santuario, a far ruotare e filtrare attraverso il suo tramite le istruzioni e le notizie che interessano i fedeli. Il bollettino di parrocchia, di chiesa o di santuario è uno strumento pastorale certamente preesistente all’episcopato del card. Carlo Dalmazio Minoretti. Pubblicazioni periodiche di questo tipo cominciano a sorgere anche nella diocesi di Genova (che non è sicuramente pilota in questo senso) già alla fine del secolo precedente. La stessa curia vescovile crede — 9 — opportuno munirsi di un proprio organo ufficiale di istruzioni e di informazioni nel 1911, nell’ultimo anno di vita di mons. Pulciano. Fino a quando mons. Minoretti non prende possesso della sua diocesi, nel maggio del 1925, il bollettino di diocesi, di parrocchia, di santuario e di chiesa è però soltanto uno strumento eccezionale e raro. La grandissima maggioranza dei centri pastorali, cioè delle istituzioni religiose aventi cura d’anime, a più stretto contatto con il popolo, non possiede alcun organo periodico di informazione e di contatto con i fedeli. In moltissimi casi circolano ancora quei fogli che tali istituzioni distribuiscono come numeri unici in circostanze eccezionali della vita di tali centri. Soltanto pochi i questi centri possono contare del resto su quei mezzi finanziari necessari per sostenere l’onere della pubblicazione di bollettini a carattere perio 1 co e permanente e, soprattutto, possiedono le condizioni socio-cu tura 1 idonee a superare l’allora alto muro dell’analfabetismo popolare. Al mo mento della sua assunzione del governo della diocesi di Genova, mons. Minoretti decide di fare del bollettino lo strumento pastorale dei tempi moderni, ritenendo superate le ragioni che hanno per anni impedito o ostacolato la diffusione e l’efficacia di tal genere di pubblicazioni. Sotto il suo impulso, le parrocchie, le chiese, i santuari della diocesi vanno a mano a mano arricchendosi dotandosi di tale strumento. La scon itta ormai pressoché totale dell’analfabetismo rende infatti possibile ^ questa conquista, la quale non solo permette la diffusione di tali pubblicazioni in tutte le classi sociali, ma consente anche il raggiungimento di uno e gli scopi più sentiti dall’arcivescovo, cioè la graduale diminuzione e a differenza che intercorre tra la vita religiosa delle classi colte e que a delle classi popolari. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che nel periodo tra le due guerre i concetti di pietà e di religiosità popolare non circolano volentieri all’interno della Chiesa che anche in questo senso è chiamata a convergere verso l’unità e la comunità. L’arcivescovo di Genova non si accontenta però di diffondere nella diocesi di Genova quella formula editoriale che tanta fortuna ed efficacia ha avuto nella natia Lombardia. Egli intende trasportare in Liguria anche la formula che ha appunto assicurato quella fortuna. Se, infatti, i bollettini fossero editi a cura delle singole parrocchie o chiese, il relativo costo sarebbe insopportabile per la maggioranza dei centri pastorali. Perciò introduce una struttura editoriale tale che il bollettino sia diviso in due parti, luna comune a tutti, l’altra invece specifica ad ogni centro pastorale. Un apposito comitato diocesano, coordinato e presieduto da don — 10 — Palmario Marazzi, nominato dall’arcivescovo ', prepara questa parte generale, mentre il parroco o il rettore di chiesa o di santuario prepara e dirige la parte di interesse specifico. Uno speciale accorgimento editoriale fa sì che il bollettino venga sentito come organo specifico: il diritto di ogni centro pastorale di intitolare il bollettino secondo le tradizioni e i desideri della parrocchia. Secondo tale accorgimento anche le prime pagine, quelle che più colpiscono i lettori, sono riservate alle notizie e alle direttive locali. Questa formula editoriale raggiunge lo scopo non soltanto di consentire a tutte le parrocchie e a tutti i centri pastorali di risolvere il problema del finanziamento, ma anche di coniugare la diversità delle tradizioni e delle direttive locali con le direttive della chiesa universale. D’altra parte, una certa libertà governa la pubblicazione dei bollettini. Le poche parrocchie, le chiese, i santuari di maggiore importanza (che sono più numerosi rispetto alle prime) che possono disporre dei mezzi necessari sufficienti possono continuare a pubblicare in proprio il bollettino senza ricorrere al centro comune predisposto presso la diocesi. Per quanto riguarda la presente pubblicazione, sono stati consultati i bollettini di parrocchia, di chiesa e di santuario che sono stati rinvenuti presso la Biblioteca Universitaria di Genova che, per legge, è tenuta a ricevere e a conservare ogni pubblicazione edita nel territorio di sua competenza. Non tutti i bollettini sono pervenuti o sono stati conservati: siamo però consapevoli che la serie qui riportata, pur non essendo completa, è talmente ricca da costituire qualcosa che va ben oltre una semplice campionatura. Si deve anche tener presente, a questo proposito, che copia di ogni bollettino si ritrova tanto nella curia arcivescovile quanto in ogni centro pastorale interessato. 1 Su mons. Palmario Marazzi, si veda la voce di G. B. Varnier, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, cit. III/2, Le figure rappresentative, p. 504. — 11 — INTRODUZIONE Gli studi sul movimento cattolico in Italia nell’età di Pio XI, avviati dallo Scoppola 1 non hanno finora prodotto studi specifici sui modi e sui contenuti della religione in Italia nel periodo tra le due guerre2. Senza dubbio, tale lacuna discende anche da una difficoltà di metodo: il pericolo di non effettuare le necessarie distinzioni tra aree affini ma non coincidenti o di bloccarsi in fuorviami e arbitrarie riduzioni del complesso fenomeno religioso in ambiti politici o sociologici da una parte e « angelistici », vale a dire senza spessore storico, dall’altra. Chi affronta questi problemi ha il dovere di recuperare in una dimensione propria, che è quella della religione, una vasta gamma di elementi3. Lo studio della religione non può ridursi, intanto, a quello della religiosità. Questa ne rappresenta l’aspetto soggettivo, che non esclude ovviamente gli elementi « sentimentali » ma li comprende in un’artico- 1 Per quanto riguarda il pontificato di Pio XI, si veda Chiesa, Azione cattolica e fascismo nell'Italia settentrionale durante il pontificato di Pio XI (1922 -1939), Milano 1979; A. Rimoldi, Pio XI, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, pp. 495-502; Chiesa, Azione cattolica e fascismo nel 1931, Roma 1983 (e bibliografia ivi citata da p. 67 a p. 73); R. Moro, La formazione della classe dirigente cattolica (1929-1937), Bologna 1979; D. Veneruso, Il seme della pace. La cultura cattolica e il nazionalimperialismo tra le due guerre, Roma 1987. 2 Spunti su questi temi, si trovano nel volume Studi di storia sociale e religiosa. Scritti in onore di G. De Rosa, Napoli 1979 (cfr. specialmente i contributi di M. Guasco sulla Storia della Chiesa, sociologia, teologia, di A. Lotierzo su II concetto di religione popolare e di F. Salimbeni sui Problemi e prospettive di storia religiosa). Il punto di partenza per lo studio delle diverse forme di religiosità, pietà e spiritualità resta pur sempre l’introduzione di G. De Luca al primo volume de]i’Archivio italiano per la storia della pietà (Roma 1951), pp. XI-LXXVI. 3 D’altra parte, il facile rischio di schematizzazioni e riduzioni che impoveriscono singolamente l’analisi della religiosità ha reso cauti i ricercatori sull’argomento; cfr. T. F. O’ Dea, Sociologia della religione, Bologna 1971 (edizione originale, 1968). lazione più varia, nella quale emerge, per importanza, quello della « pietà », secondo la definizione del De Luca. Un’indagine sulla religione, sulla religiosità e sulla pietà nell’età di Pio XI non può fare a meno di considerare in via preliminare il problema della continuità. È una religione che si riconosce nel cristianesimo incarnato pressoché interamente nella istituzione della Chiesa cattolica. Essa è in grado di esercitare una efficace « direzione delle anime » e un altrettanto valido orientamento magisteriale. Non si deve dimenticare, infatti, che in quel periodo, la storia ecclesiale presenta una fisionomia che merita di essere sottolineata. La Chiesa che si prende in considerazione è una Chiesa post-modernistica, che ha superato quel profondo travaglio con un volto diverso da quello che offre ancora nel tardo Ottocento. Portando avanti elementi già presenti negli ultimi due pontificati, quelli di Pio X e di Benedetto XV, la Chiesa, durante il pontificato di Pio XI, privilegia il momento dell’unità e della compattezza. Le polemiche di pochi decenni prima sembrano composte o meglio definitivamente superate in questo nuovo clima. Esso favorisce una dimensione più ampia, ormai veramente mondiale, dell’evangelizzazione, in un’immagine di una Chiesa missionaria, che intende coinvolgere in questa missionarietà anche e soprattutto i fedeli, di una Chiesa « luce del mondo », per popoli e Stati, di una Chiesa impegnata nella società nella sua globalità piuttosto che nella politica nella sua particolarità e frammentazione, per la quale sono più che sufficienti i « concordati » per la libertà ecclesiastica da stipularsi con i singoli governi. Si rinsalda il vincolo non solo della fede comune, ma anche gerarchico e organizzativo, tra il Papa e i vescovi e tra questi e i sacerdoti. Questi, a loro volta, trovano ora il legame organico con i fedeli più facile che in precedenza. Da questa maggiore compattezza, sostanziale prima ancora che formale, derivano alcune conseguenze che in gran parte sono poste in evidenza dalla stampa cattolica. In primo luogo si rafforza lo spirito di appartenenza sociale. Gli uomini di Chiesa, soprattutto i consacrati in modo diretto e speciale al suo servizio, cioè i vescovi, i sacerdoti, i capi delle comunità religiose, e poi i religiosi e le religiose, sono orgogliosi non solo di appartenere alla Chiesa universale, alla Chiesa di Cristo, ma anche a quella Chiesa, organizzata nella realtà in quel determinato modo, con quelle strutture, quei canali di potere carismatico e di informazione. Gli uomini di Chiesa si considerano come una milizia compatta non soltanto — 14 — agli ordini ma anche ai semplici desideri del supremo pastore, il Papa. È molto significativo che la stampa cattolica di quel periodo rifletta e riveli questa realtà dopo le tradizionali polemiche intercattoliche. Da questa forte compattezza degli uomini di Chiesa sorgono alcune conseguenze che sono necessarie per comprendere la linea di sviluppo dell’organizzazione e dello spirito ecclesiale durante l’età di Pio XI. In primo luogo, si consolida il tradizionale centralismo ecclesiastico, a beneficio soprattutto della posizione del Papa. Tale consolidamento deriva non soltanto dalla personalità autoritaria e accentratrice di Pio XI, ma anche e soprattutto dalla presenza di quelle tendenze cui abbiamo sopra accennato: anzi, senza la presenza e il rafforzamento di queste tendenze interne alla vita della Chiesa, la personalità del Pontefice avrebbe finito per nuocere anziché giovare alla causa della compattezza. Ma altre conseguenze di ordine ecclesiale non sono meno importanti. Se, a tutti i livelli, si eleva sopra la vita della Chiesa, in una misura mai conosciuta in precedenza, la figura del Pontefice, si attenua viceversa la distinzione tra la Chiesa docente (il Papa e i vescovi) e la parte consacrata (sacerdoti, religiosi e religiose) della Chiesa discente. In luogo di questa distinzione si profila invece, come realmente rispondente ai reali rapporti ecclesiali del tempo, la distinzione tra chiesa ministeriale da una parte e laicato cattolico dall’altra4. Non è che la distinzione tradizionale venga ufficialmente abbandonata, ma indubbiamente essa resiste solo in una sfera accademica, senza più un’effettiva rispondenza alla realtà del tempo, che invece privilegia e registra l’altro tipo di distinzione. Gli stessi vincoli gerarchici sembrano allinearsi alla distinzione tra funzione ministeriale e funzione subordinata. Come conseguenza, però, anche i membri più elevati della gerarchia ecclesiale tendono ad attenuare la loro posizione di portatori di « virtù » proprie; perciò tende a scomparire il tradizionale quanto secolare antagonismo tra i vescovi e il Pontefice. Alla fine dell’episcopalismo si associa, per logica e collaterale conseguenza, il rafforzamento della territorialità del sacerdozio. Nel nuovo rapporto che si istituisce tra le diverse parti di cui è costituito il complesso organismo della Chiesa, tende ad affermarsi il principio che la funzione ecclesiale in tanto sia efficace in quanto maggior- 4 Sul concetto di chiesa ministeriale cfr, J. Danielou, La nostra chiesa, Milano 1972 (ediz. originale, Parigi 1972), pp. 59-74. — 15 — mente incarni e realizzi le funzioni proprie alla coesione dei rapporti che si instaurano tra i diversi elementi ecclesiali. Il vescovo, il sacerdote, il religioso o la religiosa sono cioè individuati secondo modelli di funzionalità che riguardano il servizio presso gli organi centrali della Santa Sede, ad immediato contatto con la persona del Papa, delle cui direttive si fanno immediati interpreti ed esecutori senza intermediazione e senza riserve culturali, oppure, ed è la situazione normale, come portatori immediati di funzioni pastorali concrete ed effettive presso il laicato (ministerialità parrocchiale), nelle terre di missioni (ministerialità missionaria), nei luoghi dove esiste necessità di opere caritative ed educative (ministerialità ospedaliera ed assistenziale). Anche in questo caso, le caratteristiche tradizionali (per esempio quelle prevalentemente di preghiera, di contemplazione o di studio, proprie di alcuni ordini religiosi e, fino a quel momento, della quasi totalità degli ordini e delle congregazioni femminili) sono non ufficialmente abbandonate, ma indubbiamente subordinate alle nuove esigenze, che si traducono in nuove funzioni sia alPinterno della dimensione ministeriale, sia nei rapporti con il laicato. Vengono quindi privilegiati i momenti di servizio alla Chiesa incarnati nella dimensione territoriale diocesana o parrocchiale. In questa prospettiva, quanto il vescovo perde in giurisdizione ed immagine, più come rappresentante dell’autorità che gli deriva dall investitura pontificia che come membro della successione apostolica che possiede virtù proprie e non derivate, tanto il sacerdote trova la collocazione naturale della sua attività e delle sue funzioni nel servizio a vantaggio del laicato. Così, non solo sempre più frequentemente, ma anche sempre più normalmente, avviene la nomina di appartenenti ad ordini religiosi a vescovi di diocesi residenziali o missionarie. Corrispondentemente, anche a case religiose maschili vengono affidate funzioni parrocchiali. Il rafforzamento della funzione parrocchiale, cioè del servizio più evidentemente ministeriale per il laicato, è a sua volta in diretta corrispondenza con l’estensione del servizio missionario o del servizio assistenziale in luoghi costituiti (missioni, scuole, ospedali, ospizi, istituzioni caritative e brefotrofi), dove cioè sia possibile un rapporto diretto ed immediato con il prossimo non astrattamente considerato, ma concretamente individuato nei luoghi reali di esistenza, di bisogni, di rapporti sociali. Questa Chiesa così compatta, spiritualmente ed organizzativamente stretta attorno al Papa, interprete nel secolo del Verbo divino e fonte — 16 — di ogni direttiva, non ammette dispersioni. Il simultaneo convergere delle molte correnti emerse dalla crisi modernistica ne esalta la struttura unitaria ed organica, elimina la conflittualità culturale interna, esalta la figura e la funzione del Pontefice, privilegia la funzionalità del gruppo dirigente, trasforma la vecchia divisione tra chiesa docente e chiesa discente in quella tra chiesa ministeriale e laicato cattolico, attenua la distanza funzionale tra vescovi e sacerdoti, elimina definitivamente dalla vita della Chiesa l’episcopalismo e, correlativamente, la pretesa all’autonomia degli ordini e delle congregazioni religiose, semplifica le gerarchie in un equilibrio più stabile e soddisfacente tra le tre componenti della chiesa ministeriale, vescovi più clero, religiosi e laicato, ai quali sovrasta il Papa. L’affermazione e il consolidamento del principio dell’unità e della compattezza all’interno della Chiesa e soprattutto la canalizzazione dall’alto verso il basso delle direttive e dell ispirazione della vita ecclesiale portano all’indebolimento del principio di localizzazione. Il rapporto tra chiese locali e Chiesa universale si sposta decisamente verso quest'ultima. Ne derivano non solo un rafforzamento della posizione della Santa Sede e dei suoi organi in misura mai conosciuta per l’addietro, ma anche una crescente omogeneità delle strutture ecclesiali, dei contenuti della fede e della natura dei rapporti tra questi elementi che tendono a formare sempre più un sistema organico. L’indebolimento del principio di localizzazione non significa però indebolimento del principio territoriale: viceversa, si rafforza lo spessore storico della circoscrizione territoriale, diocesi o parrocchia, a spese di altre organizzazioni intermedie o tradizionali della vita ecclesiale. Durante il pontificato di Pio XI si fa intenso il processo di razionalizzazione delle diocesi e, all’interno di queste, delle parrocchie, per eliminare in esse quel tanto di fluido e di occasionale che esse contengono, per togliere quei precipitati di natura storica che obbediscono alle tradizioni del passato e che non corrispondono più alle esigenze spirituali ed organizzative del cristiano del XX secolo. Si abbattono tradizioni, privilegi gentilizi, si tende ad eliminare l’irrazionalità di tante circoscrizioni territoriali, si smembrano le parrocchie dei centri storici, si creano nuove parrocchie nelle periferie e nei suburbi, dove avvengono i grandi insediamenti urbani. Si cerca di vincere le resistenze degli interessi tradizionali e costituiti per far coincidere i confini delle diocesi con quelli delle circoscrizioni amministrative (in genere a livello di provincia), si tende ad affermare sempre in ogni caso come preminenti gli interessi spirituali e pa- — 17 — storali del popolo di Dio se in contrasto con quelli di gruppi particolari e ristretti. Si rafforza l’unità e l’autorità di direzione pastorale sia nelle diocesi che nelle parrocchie con il massimo rispetto della residenzialità del vescovo e del parroco, con il consolidamento dell’autonomia della figura giuridica della circoscrizione territoriale ecclesiastica non solo rispetto ai privilegi tradizionali dei laici (diritti di nomina, di presentazione, di patronato, eccetera) ma anche rispetto ad interferenze di altri corpi religiosi separati o estranei alla vita della stessa circoscrizione. Si cerca di porre la circoscrizione ecclesiale al centro della vita del cristiano, incardinando in essa le attività spirituali, religiose e sociali e dotandola, nei limiti del possibile, di tutte le strutture che ne garantiscano 1 autonomia. Si cerca di associare i religiosi alla vita parrocchiale nominandoli parroci e, più spesso, « parrocchializzando » i monasteri, trasformandoli in nuclei di circoscrizione parrocchiale o semiparrocchiale qualora lo richiedano gli interessi spirituali del laicato che sono anteposti agli interessi e alle tradizioni delle comunità religiose in senso stretto. Correlativamente, anche gli ordini e le congregazioni religiose femminili vengono associati alla vita parrocchiale come seminari di maestre di scuola, d’asilo, dirigenti e mansionarie dei vari istituti di istruzione e di assistenza di cui si compone l’area parrocchiale. Si pone a questo punto il problema della posizione del laicato nella vita della Chiesa. È troppo nota la predilezione di Pio XI per l’Azione cattolica. Non è che l’Azione cattolica sia stata scoperta da Pio XI, ma è certo che è questo Papa a valorizzarla, a trarla dalla mediocrità quantitativa e organizzativa in cui vegetava da oltre mezzo secolo, a generalizzarla, a inserirla attivamente nella vita della Chiesa5. La predilezione per l’Azione cattolica non è però isolata, ma fa parte del processo più generale di ristrutturazione della vita della Chiesa cui abbiamo ripetutamente accennato. Il laicato non è soltanto l’oggetto, sia pure organico e privilegiato, dell’azione della Chiesa. Il laicato è esso stesso 3 La bibliografia sulPAzione cattolica nell’età di Pio XI è pressoché sterminata e non si possono dare che alcuni punti di riferimento: P. Scoppola, La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, Bari 1971; M. Casella, L’Azione cattolica del tempo di Pio XI e di Pio XII, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., 1/1, I fatti e le idee, pp. 84-101; R. Moro, L’Azione cattolica italiana, ibidem, 1/2, pp. 180-191. — 18 — elemento organico e collettivo della vita ecclesiale, collocato in rapporto organico con le altre parti costitutive della Chiesa. Nulla cambia della posizione del laicato nei rapporti con le altre parti, anzi semmai vengono indicati con severità i limiti della sua partecipazione alla vita ecclesiale. Al suo interno viene attuato un processo di livellamento e di omogeneizzazione, che esalta il momento collettivo a scapito di quello indi viduale, a scapito dei privilegi laicali derivanti da tradizione, da sangue, da ricchezza. Nello stesso tempo, però, si finisce per porre il laicato al centro della vita ecclesiale: nulla veramente si fa senza il popolo, contro il popolo, dissenziente il popolo. Il popolo di Dio è anche la fonte e il serbatoio delle forze vive della Chiesa; è per il popolo nel suo insieme, e non per gli strati privilegiati, che nasce, viene educata e avviata ad una vita cristiana più intensa la parte consacrata, i vescovi, il clero, i religiosi, le religiose. Tramontata l’era gentilizia e dell’alleanza tra il trono e l’altare, si sottolinea con orgoglio e con senso di sollievo che la normale estrazione dei dirigenti della Chiesa è quella popolare. Il laicato è chiamato a vivere sempre più intensamente la vita della Chiesa senza preclusioni ed esoterismi: non soltanto deve partecipare alla pietà e alla spiritualità della sua gente, come aveva fatto in passato, ma deve entrare in comunione con l’insieme della Chiesa universale. Riguardo all’informazione sociale e alla vita spirituale, tendono a ridursi le competenze e i terreni riservati: il laicato è considerato idoneo non solo a recepire ma anche a trasmettere i messaggi e i segnali che pervengono a tutta la cristianità dagli organi istituzionalmente e organicamente chiamati a promuoverla, e specialmente dal Papa. Si diffondono anche nel laicato, allo stesso titolo che nella chiesa ministeriale (salvo evidentemente le debite specializzazioni), le direttive della Santa Sede sia a livello generale che a livello locale. I grandi problemi e le grandi iniziative della vita della Chiesa (missioni, università, stampa cattolica, cinema e così via) vengono portati alla conoscenza e alla partecipazione del grande pubblico con campagne assidue, costanti, capillari per assicurarne la più grande diffusione. La differenziazione che esiste all’interno del laicato è correlativa all’impegno ecclesiale. Scompaiono le vecchie distinzioni di origine classista e gentilizia: la posizione eminente all’interno del laicato è riservata solo a chi lavora per la vita della Chiesa in consonanza con le direttive e la guida della chiesa ministeriale, universale e locale, e soltanto per motivi e finalità religiose. L’Azione cattolica si pone appunto, al- — 19 — l’interno del laicato, come la nuova o funzionale élite della partecipazione laicale alla vita della Chiesa. Una tale Chiesa offre al mondo un fondamentale servizio con metodologie appropriate. Acquistata una propria identità e una compattezza sicura, la Chiesa universale si pone il problema della ricostituzione del popolo di Dio in chiave mondiale ed in chiave sociale. Ricostituzione è veramente termine inadeguato a indicare la complessa realtà cui intendono riferirsi i supremi dirigenti della Chiesa nel fare quest’analisi e nell’indicare i propri obiettivi. Anche se il modello sociologico per la ricostituzione del popolo di Dio è indubbiamente quello della Respublica christiana di medioevale memoria, i modi per la sua realizzazione devono tener conto non solo della realtà profondamente cambiata, ma anche della dimensione mondiale del problema. La vecchia Respublica christiana soffriva infatti di limiti territoriali e culturali inaccettabili per il cristiano del XX secolo. Si pone quindi al centro dell’attenzione di questo progetto il problema missionario, che non può essere disgiunto da quello sociale. È chiaro però che il problema della ricostituzione del popolo di Dio pone delicatissimi rapporti con la struttura e gli obiettivi dello Stato moderno. Si tratta cioè di ricostituire l’unanimità cristiana senza urtare la suscettibilità dei moderni poteri laici costituiti che per programma e per principio non possono accettare la subordinazione anche soltanto funzionale alle autorità della Chiesa. Si tratta quindi di elaborare una strategia capace di vincere queste resistenze culturali presentando un programma che non metta in crisi le strutture politiche esistenti e non ne discuta i fondamenti. Questo programma è indubbiamente difficile. Infatti, per realizzarsi, la proposta della Chiesa, che non vuole e non può porsi come rivoluzionaria rispetto alle istituzioni esistenti, deve riconoscere in modo definitivo la legittimità di ogni autorità, purché riconosca alla Chiesa il diritto di operare secondo la linea di sviluppo che ha scelto. Il terreno che interessa la Chiesa è perciò altro da quello politico: è quello del compimento dell indicazione evangelica di aprirsi a tutte le genti. Alla Chiesa pertanto non interessano affatto le forme di governo, ma soltanto le libertà della sua missione. Di qui il disinteresse per il campo del politico per privilegiare quello del sociale6. Alla Chiesa interessano in via primaria Pevan- Cfr. le interessanti osservazioni di G. Baget-Bozzo, 11 partito cristiano al potere, Firenze 1974, I, pp. 34-37. — 20 — gelizzazione delle masse e la costituzione di un solo gregge e di un so- lo pastore nel nome di Cristo. Interessa, in definitiva, soltanto la libera e pacifica penetrazione nella società per realizzare il progetto evangelico. Una volta ricostituita questa unità e, corrispondentemente, questa unanimità, anche le istituzioni si farebbero cristiane, indipendentemente dalla loro forma. La svalutazione del momento politico e la tensione verso l’unanimità che l’accompagna provocano però alcune conseguenze di non poco rilievo. In primo luogo, emerge una certa diffidenza verso le forme di governo liberaldemocratiche, non già per simpatia o in favore di quelle autoritarie, ma perché si vede in esse il trionfo di quelle forme pluralistiche che sono la negazione del disegno unanimistico di Pio XI. L’ideologia e le strutture liberaldemocratiche privilegiano infatti il pluralismo, cioè la compresenza di diverse concezioni ideologiche e religiose, rispetto al contenuto e alla validità delle quali le istituzioni sono intrinsecamente indifferenti. Ciò è quanto di più lontano possa porsi dalle vedute di Pio XI, il quale non ammette che la verità possa equipararsi all’errore e soprattutto non ammette che il principio di indifferenza o di maggioranza possa applicarsi al messaggio evangelico. Egli finisce con l’essere più favorevole ad uno Stato di tipo autoritario che rifletta i principi cristiani. Qui nasce però la difficoltà più ardua dell’opera di Pio XI. Infatti neppure uno Stato di tipo autoritario, meno ancora di quello di tipo liberaldemocratico, può soddisfare le condizioni desiderate dalla Chiesa nel proprio progetto. Non può soddisfarle proprio perché lo Stato si è costituito come tale per realizzare le sue aspirazioni di autonomia che, anche con la migliore buona volontà, non possono coincidere con gli obiettivi universali della Chiesa. Se lo Stato ha infatti un contenuto proprio, questo deve essere logicamente diverso da quello della Chiesa. Ben si accorge a sue spese Pio XI quando vede crollare l’illusione che il regime fascista rinunci ad un contenuto ideale suo proprio, e quando avverte che le resistenze più forti rispetto al suo programma si hanno proprio dove le pretese dell’autonomia politica sono più decise, cioè nella Germania nazista, nell’Unione sovietica e nell’Italia fascista. Il pluralismo liberaldemocratico ha anche altre matrici che rendono programmaticamente diffidente la Chiesa di Pio XI. Esso infatti è anche il frutto di quel protestantesimo che, a suo tempo, ha spezzato l’unità teologica dei cristiani indebolendone le posizioni e soprattutto la compatta unanimità. Il protestantesimo richiede in definitiva nella vita cri- stiana quel medesimo relativismo che caratterizza e segnala il regime politico pluralistico con la dittatura delle sue cangianti maggioranze. Con Pio XI, il protestantesimo viene perciò combattutto con energia ancora maggiore che nel passato proprio perché rappresenta la smentita totale delle posizioni di una Chiesa compatta teologicamente ed organizzativamente e fonte certa di salvezza. Inoltre la logica del sistema politico pluralistico impone che, se i cattolici intendono difendere le proprie posizioni, devono scendere in campo politico con la formazione di un partito cattolico. Ma proprio questo intende evitare Pio XI per una serie di motivazioni tra loro collegate. Intanto, con la formazione di un partito, i cattolici devono cimentare i principi in un campo non appropriato con metodi che richiedono quei compromessi che finiscono per indebolire i principi religiosi che non possono costituire merce di scambio. In secondo luogo, l’esistenza di un partito cattolico obbliga i suoi aderenti e i suoi rappresentanti a dividersi o a neutralizzarsi a vicenda quando siano in gioco altri problemi che i principi religiosi, con scandalo e indebolimento delle posizioni cattoliche nel loro complesso. Infine, l’esistenza del partito implica il riconoscimento, almeno di fatto, che la società è divisa in varie confessioni ed opinioni religiose che rendono più difficile la realizzazione del disegno finale della ricostituzione dell’unità cristiana. D altra parte, l’incontro con gli Stati autoritari si rivela molto arduo proprio per la pretesa di questi di porre contenuti non solo assolutamente autonomi, ma anche decisamente contrari alla coscienza cristiana. Si presenta a questo punto il problema di superare queste contraddizioni che rendono la vita cristiana intimamente conflittuale con la logica moderna del potere. La cultura cattolica del tempo non offre troppi elementi per un vero superamento di questa contraddizione. È importante, ai fini del discorso che stiamo facendo, che proprio il futuro arcivescovo di Genova, mons. Minoretti, si preoccupi di questo problema quando è ancora vescovo di Crema, tra il 1923 e il 1925 1. In polemica non tanto larvata con 7 Cfr. Lettera pastorale del vescovo di Crema C. D. Minoretti per la quaresima 1923, Crema 1923; C. D. Minoretti, presidente delle Settimane sociali d’Italia, XXI sessione, 1925, Direttive dei principi cristiani in ordine all’attività pubblica. Prolusione, Milano 1925, p. 10. Questa presa di posizione a favore della pluralità dei partiti fu espressa pubblicamente dalla conferenza dei vescovi della provincia ecclesiastica ligure, riuniti di lì a poco (1° novembre 1925) sotto la presidenza dello stesso Mino- — 22 — il regime che si sta profilando in Italia, il prelato afferma che lo Stato non deve ambire al totalitarismo, che lo trascinerebbe inevitabilmente verso pericolosi ed incontrollabili obiettivi di potenza, dal momento che la sua logica è quella della forza. Esso deve, al contrario, riconoscere ai cittadini la più ampia libertà di esprimere la propria opinione, anzi di dividersi, sui problemi politici e sociali. Sia ben chiaro però che tale divisione non può e non deve estendersi a quei sommi principi sui quali deve fondarsi lo « Stato sostanziale », vale a dire la comunità, il complesso sociale. È dunque necessario che sui problemi di fondo vi sia una consonanza, un substrato comune che consenta l’unità morale, culturale e ideale dei cittadini, fonte a sua volta della loro pacifica convivenza e della loro operosità a favore della « polis ». Questo substrato non è posseduto nel suo interno dallo Stato, ma gli viene fornito dal di fuori, dal cristianesimo « luce del mondo », che per sua natura va oltre il necessario particolarismo degli Stati. L’importanza attribuita all’istituzione non fa tuttavia dimenticare che la sua vita, la realizzazione delle sue finalità, la sua espansione nel mondo sono in comunicazione costante ed ineliminabile con lo spirito retti, che esercitava così la sua funzione di metropolitano in modo non soltanto formale. A proposito della ribadita dichiarazione che l’Azione cattolica non dovesse vincolarsi ad alcun partito, si affermava contemporaneamente che « i partiti sono necessari, mancando l’infallibilità nell’escogitare i migliori mezzi per raggiungere il bene pubblico » (cfr. il documento finale dei vescovi liguri in RDG, XV, 1925, pp. 169-181). Su Carlo Dalmazio Minoretti, vescovo di Crema dal 7 dicembre 1915 e arcivescovo di Genova dal 16 gennaio 1925 (la porpora cardinalizia gli venne attribuita il 16 dicembre 1929), si veda D. Veneruso, II dibattito politico-sociale nella chiesa genovese durante l’episcopato del card. Carlo Dalmazio Minoretti (1925-1938), in Chiesa, Azione cattolica e fascismo cit., pp. 3-62; D. Veneruso, Carlo Dalmazio Minoretti, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, I protagonisti, pp. 391-394. Sulla chiesa genovese in questo periodo, cfr. G. B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche genovesi e il fascismo (1922-1939), in «Annali della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova», IV (1976-1977), pp. 615-761; Id., Il movimento cattolico a Genova durante il pontificato di Pio XI. Primi risultati e prospettive di ricerca, in Chiesa, Azione cattolica e fascismo cit., pp. 97-107; Id., La Chiesa genovese dalla « grande guerra » alla Resistenza. Cenni storico-istituzionali, in « Italia contemporanea », n. 131, aprile-giugno 1978, fase. 2°, pp. 45-62; D. Veneruso, Uno dei centri della riflessione teologica e della spiritualità tra le due guerre: Genova tra il 1920 e il 1945, in Problemi di storia della Chiesa dal Vaticano I al Vaticano II, Roma 198-8, pp. 127-174. — 23 — che la anima. Si appartiene alla vita della Chiesa in virtù della sua cri-stocentralità, partecipando direttamente ed intimamente al rapporto grazia - fede che la fa essere tale, cioè istituzione di vita religiosa. La riduzione della religione a componenti di altro genere urta contro la sua radice autonoma, autentica ed autodeterminantesi. Essa infatti non solo non è riduttiva rispetto ad altre esperienze, ma ha un’importanza decisiva nella costituzione dell’uomo attraverso i suoi rapporti che trascendono la contingenza dei rapporti sociali, economici, finanziari, esistenziali8. Il fatto che da molte parti della cultura contemporanea si sia tentato di ridurre l’esperienza religiosa a qualche cosa di diverso, e più riportabile a categorie razionalizzatrici e socializzanti dipende in parte da motivazioni di politica culturale, ma in parte certo maggiore dalla evidente constatazione che la religiosità solo eccezionalmente si presenta allo stato puro: normalmente è in rapporto con le forme e i modi della vita esistenziale e della vita sociale. D’altra parte, anche nel più ristretto ambito di questo studio, il termine religiosità è un termine tendenzialmente carico di significati diversi, non sempre tra loro facilmente componibili. Infatti, in una prima accezione, il termine è contrapposto all’ateismo o all’indifferenza religiosa. In questa prima accezione, si dice infatti che una persona o un gruppo sono religiosi quando hanno mantenuto la fede e la convinzione nell esistenza di Dio e della sua opera nella natura e nella storia. In una seconda accezione, religiosità significa pure l’adesione concreta e convinta ad una religione positiva nel suo patrimonio dogmatico e nelle sue indicazioni etiche. Nel terzo caso indica invece il grado di intensità dell’adesione a questo complesso di credenze. In un quarto senso, indica il grado di partecipazione soprattutto esteriore (non in senso riduttivo, ma nel senso di « rilevabile con metodi empirici e statistici ») alla vita dell’istituzione che conserva un determinato patrimonio religioso. In un quinto significato indica il grado di ortodossia nei confronti del patrimonio dogmatico dell’istituzione avente fini religiosi. In un ultimo significato, infine, in- 8 Su alcuni problemi relativi alla pietà popolare si veda, oltre alla già citata introduzione di G. De Luca all’Archivio della pietà popolare, La società religiosa nell’età moderna. Atti del convegno di studi di storia sociale e religiosa (Capaccio -Paestum, 18-21 maggio 1972), Napoli 1973, specialmente pp. 244-257 relative al dibattito sulla relazione Bollème. — 24 — dica i modi dell’esperienza religiosa, cioè il tipo dei rapporti, individuali o collettivi, interiori o esteriori, che il credente o la collettività dei credenti instaurano nella relazione con Dio. C’è poi un altra accezione più ristretta, e quindi non totalmente accettabile, secondo cui la religiosità può anche riguardare l’adesione soltanto etica ad un complesso di dottrine, per cui si simpatizza per l’importanza sociale, ma di cui non si accettano le premesse teologiche e filosofiche. La straordinaria ricchezza semantica del termine che indica la religiosità evidenzia la ricchezza delle sue potenzialità che, a differenza delle altre manifestazioni che possono essere rilevate a livello sociale e che coinvolgono 1 uomo, non si limitano all’esteriorità, ma hanno la loro origine e la loro radicazione in ambiti psico-individuali e psico-sociali che non si prestano ad analisi e a misurazioni puramente quantitative. Noi useremo questo termine prevalentemente nel terzo, nel quarto e nel quinto significato. In altre parole, si dà per scontato che si tratta di gruppi e di persone che credono all’esistenza di Dio, alla sua opera di governo della storia e dell’universo, alla sua azione di grazia e di salvezza, aderendo al patrimonio dogmatico, culturale e morale di quella religione positiva, il cristianesimo, che è incarnata nell’istituzione della Chiesa cattolica. Solo eccezionalmente prenderemo in considerazione la religiosità nei suoi due ultimi significati, presentandosi molto raramente, nelle ricerche che sono state effettuate per l’elaborazione di questo saggio, un modello contemplativo di religiosità, e considerando altresì fuori della norma, salvo prova contraria, una religiosità dimidiata o carica di riserve 9. I contenuti della fede e la religiosità intesa nella ricchezza di accezioni cui abbiamo accennato costituiscono l’oggetto, se non unico, certo prevalente e sostanziale, della missione universale che si prefigge la Chiesa di Pio XI. Dalla globalità ed integralità della religione cristiana deriva la compattezza di questa Chiesa, per cui spirito informatore e struttura si rinviano reciprocamente. Essa possiede un messaggio peren- 9 Per quanto riguarda il metodo seguito, si è tenuto presente quello suggerito da G. Le Bras, Etudes de sociologie religieuse, Paris 1955, due voli., integrato da J. Labbens, La sociologia religiosa, Alba 1961 (edizione originale, Parigi 1959). Si deve tener conto però della necessità di sganciare, o meglio di saper sganciare, l’analisi della religiosità dai suoi elementi esteriori e quantitativamente misurabili, secondo il criterio che la storia della religiosità ha bisogno dei dati quantitativi senza però mai esaurirsi in essi. — 25 — ne, quello del Vangelo, da annunciare all’umanità nelle forme e nei modi richiesti dalla storia contemporanea. Una tale società ha pertanto la caratteristica di considerarsi « perfetta », vale a dire autonoma e autosufficiente rispetto a tutte le altre forme ed istituzioni della vita associata, ricevendo soltanto da Dio il suo mandato ed esercitandolo attraverso le direttive di un magistero che intende essere indipendente da qualsiasi istituzione umana. Nel rapporto che viene necessariamente a stabilirsi tra l’ambito della Chiesa e quello dell’attività temporale, è quest’ultimo ad essere illuminato da Cristo, « luce del mondo », dal momento che le istituzioni, siano pure potenti Stati, non possiedono quella competenza universale che è propria della religione. Gli obiettivi finali di questa Chiesa sono esaltanti: realizzare 1 universalità attraverso la fratellanza di tutti gli uomini in Cristo. Nello svolgimento di questa missione, la Chiesa si scontra in limiti molto pesanti che ne isteriliscono la fecondità, quali, soprattutto, l’ostilità e la resistenza degli Stati che, proprio nelle loro invadenti ambizioni di potenza, rappresentano la mortificazione e la negazione di questa universalità che genera la convivenza. Non c’è da meravigliarsi, del resto, della sordità degli Stati a recepire gli obiettivi della Chiesa cattolica data la divergenza storica delle radici e delle finalità della rispettiva sfera di azione. Sia per quanto riguarda l’area tradizionale della cristianità, sia per quanto riguarda le terre di missione, la Chiesa dell’età di Pio XI non ammette di essere solo una parte del popolo. Abbiamo già veduto che il programma di fondo di questa Chiesa è la costituzione o la ricostituzione del popolo di Dio, la formazione dell’unità sociale organica in nome di Cristo Re. Pio XI introduce la solennità di Cristo Re e la fa celebrare nelle comunità ecclesiali come una delle solennità più importanti e caratteristiche del mondo moderno. Cristo deve essere infatti il capo della Respublica christiana ricostruita e dilatata in tutto il mondo. Lo sforzo spirituale ed organizzativo per ricostituire la cristianità nell’area storica europea ed euroamericana è imponente, e coronata da risultati certo assai ragguardevoli, tanto da far parlare, come vedremo, a più riprese di « risveglio religioso ». Dei caratteri che assume questo « risveglio » le autorità religiose non sono però sempre soddisfatte, in quanto non si accontentano di riportare alla vita della Chiesa un numero sempre più grande di persone, ma intendono che sia la totalità degli uomini e delle donne di una determinata circoscrizione ecclesiastica a partecipare alla — 26 — vita cristiana non solo con la presenza esteriore, ma anche con 1 ispirazione di tutta la vita. Questa Chiesa intende essere non semplice maggioranza, ma totalità intesa nel senso più completo. Non ama perciò esprimersi in partito se non quando laddove sia strettamente necessario, perché ciò la costringerebbe ad essere parte, non tutto. Disdegna di immischiarsi troppo profondamente ai particolarismi locali, perche ciò significherebbe alimentare divisioni e favorire indebite interferenze in questioni che non riguardano direttamente ciò che solo è necessario, la salvezza delle anime e dell’umanita. Percio questa Chiesa guarda con preoccupazione alla piccolezza dei progressi compiuti, ammette con franchezza che non si è ancora stabilito un rapporto soddisfacente con la cultura e la scienza laica, cerca di neutralizzare, combattendo, la presenza ed il proselitismo dei protestanti che incrinano, secondo la concezione del tempo, la compattezza e l’universalità della Chiesa. Sottolinea con energia il problema della vita morale dei suoi membri perché ritiene che sia il metodo migliore per accertare il grado d’intensità di appartenenza alla comunità cristiana e per allontanare il cristiano dallo spirito del mondo che provoca tiepidezza, indifferenza e, in prospettiva, distacco ed abbandono. Ci si può legittimamente domandare, alla luce dei documenti, se questa preoccupazione per così dire interna non diminuisca la capacità di confronto con quel mondo che è pure il destinatario dell’evangelizzazione. Certo un tale modello di cristiano che non conosce, o conosce poco o male, le motivazioni e la vita di chi è al di fuori del suo universo solo con difficoltà elabora gli « anticorpi » di resistenza efficace e continua da una parte e gli elementi necessari per un dialogo reciprocamente costruttivo dall’altra. La religiosità che emerge a Genova durante l’episcopato del card. Minoretti, se da una parte è fortemente radicata nelle sue tradizioni storiche, dall’altra intende aprirsi decisamente al nuovo. Il confronto con la modernità è incentrato soprattutto nella consapevolezza della prevalenza che sta ormai assumendo la città, con la cultura, sulla campagna, con le sue tradizioni. Da ciò deriva lo sforzo di allineare la vita religiosa e l’apostolato più sulla prima che sulla seconda. I segni di questo allineamento sono evidenti: si punta sull’Azione cattolica, forma cittadina di organizzazione e di apostolato laicale, emarginando progressivamente le antiche confraternite e compagnie, espressione di una pietà popolare e campagnola; si moltiplicano i contatti con la cultura laica per selezio- — 27 — nare una presenza cattolica capace di incidere efficacemente sulla modernità, privilegiando quel rapporto tra scienza e fede che, in definitiva, è molto più decisivo che non quello tra Stato e Chiesa e Chiesa e società. Nello stesso tempo, però, si tende a presentare la vita cristiana come un modello autosufficiente, capace di risolvere al suo interno i problemi della società contemporanea. In questa prospettiva si tende infatti a proporre il cristianesimo più come una soluzione che come una ricerca la quale, pur essendo presente, è finalizzata a confluire nella « certezza della verità ». Nucleo operante e istituzionale di tale autosufficienza e, e non potrebbe non essere, la parrocchia che, come tale, è qualche cosa di più che una semplice istituzione religiosa. Essa si presenta come il centro in cui confluiscono le attività di ogni genere di un laicato che, sotto la guida del parroco, tende a coprire un ventaglio sempre più ampio di competenze, suggellate ed improntate all’ispirazione cristiana. All interno di questo modello di comunità improntato alla completezza, tende a delinearsi un modello di fedele ispirato ad altrettanta completezza e coerenza. Tale cristiano, membro di questa comunità di base che è la parrocchia, deve essere sensibile ad un rapporto costante e coerente tra fede e costume, deve essere più che in passato docile ad un nutrimento più continuo della fede attraverso la frequenza assidua ai sacramenti, alla messa, agli altri riti religiosi. Un rapporto soltanto religioso viene però considerato minimale: i responsabili della vita ecclesiale, primo fra tutti l’arcivescovo, si rendono conto che tale rapporto può non essere più sufficiente di fronte alle sollecitazioni della vita contemporanea. Esso deve essere associata ad una cultura agile ed attuale, capace di rispondere armoniosamente a tutte le esigenze di una modernità che è accolta non in blocco, ma filtrata e selezionata con cura secondo i principi cristiani. Il modello così concepito dell 'homo christianus deve occupare gli spazi disponibili nella società e nella cultura non con la forza della politica, bensì con la persuasione dell’apostolato, dell’esempio, della dedizione e della superiorità culturale. Tale modello respinge con decisione sempre maggiore forme di superstizione e residui magici10: la religiosità che ne risulta è, infatti, 10 Cfr. Le lettere di Sant’Antonio, SMRS, febbraio 1933; Superstizioni, SMRS, gennaio 1934; Superstizioni, SMRS, dicembre 1937; In guardia contro le superstizioni, SV, febbraio 1934; La falsa preghiera di Sant’Antonio, SS, settembre 1934; Pregiudizi e superstizioni, VA, aprile 1928; Basta con le catene di Sant’Antonio, VDM, — 28 — fondata su una solida saldezza razionale, impostata sulla filosofia tomistica, applicata ai due versanti, quello del superamento della tradizione agostiniana - patristica e quello della polemica contro ogni forma di irrazionalismo, classico e moderno. Il richiamo alla tradizione scolastica implica anche un così vivo senso della realtà da agganciare la chiesa genovese dell’età di Pio XI ad un più vivo senso di socialità rispetto al periodo precedente. Esso affonda le sue radici nella presenza di Dio creatore e conservatore dell’universo e, in modo particolare, padre provvidente degli uomini che abitano, capiscono e lavorano la terra, piccolo pianeta che ha il misterioso privilegio di conservare e favorire la vita nelle sue forme più alte. Il realismo che promana da questa religiosità non cancella, ma ingloba la dimensione mistica, contemplativa ed orante, anch’essa incoraggiata e promossa, ma costantemente inquadrata entro questa concezione del cristianesimo capace di soddisfare le richieste razionali e sociali del mondo contemporaneo. Queste esigenze sono del resto considerate le più vicine allo spirito evangelico e ai suoi imperativi di carità 11 e di eticità n. È un periodo, questo, marzo 1928; G. C. (G. Castagnola), iettatura, VDM, giugno 1934; F. Capponi, Paginetta apologetica. A proposito di spiritismo, VPM, giugno 1927. Nel 1936 fece sentire la sua parola in proposito anche l’arcivescovo: cfr. La curia arcivescovile condanna alcune pubblicazioni religiose, SS, febbraio 1936. 11 Cfr. Anno nuovo, BP, gennaio 1938; In cammino. Programma, ER Ruta, gennaio 1939; S. Francesco d’Assisi e l’ora presente, VF, novembre 1938; L’arciprete, Presentazione, FN, gennaio 1927; Il prevosto, Nel mìo decennio di parrocchia, VDF, novembre 1933; La conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli nella nostra parrocchia, Lo spirito dell’opera. Conservare la fede mediante la carità, V, febbraio 1934; La mia parrocchia, MGS, ottobre 1928; Il parroco, Siate fratelli, MGS, gennaio 1932; Il parroco, Compiti dell anno nuovo, CD, gennaio 1937 (crociata contro l’egoismo) ; Parole all anima, VC, luglio 1933 (in cui si illustrava il precetto evangelico di non giudicare); Il parroco, Osservanza filiale dei precetti della Chiesa, I, agosto 1933; Il parroco, Solidarietà soprannaturale, I, settembre 1933; Il parroco, Rinnovatevi nella vita, I, gennaio 1934; Parole eterne: le beatitudini, VDM, agosto 1931. 12 Cfr. A che serve la religione?, MN, gennaio 1935; Non si dimentichi, SMRS, gennaio 1932; Le otto beatitudini di una casa, SMRS, ottobre 1934; Dieci cose, SMRS, dicembre 1936; S.S.R., Serve a niente, VDM, settembre 1937; F. Capponi, L’obbedienza, VPM, novembre e dicembre 1928; A.B., Guerra! guerra! guerra!, VPM, agosto 1931; fra Fly de’ Minimi, Alle soglie del paradiso. Supposizione che potrebbe es-sera vera, VPM, marzo 1933; fra Fly de’ Minimi, Ricette utilissime, VPM, marzo — 29 — di scoperta del Vangelo, al quale si tende a coordinare e a riferire la vita religiosa. La riscoperta della centralità del Vangelo equivale alla riscoperta della centralità del Cristo, fondamento della vita dell uomo e della Chiesa 13, che così può tornare ad attrarre i giovani 14, preservandoli daHe lusinghe del mondo 15 e facendoli seguaci del Cristo. Si delinea con chiarezza una Chiesa che possiede un fondamento cristologico e una sua espressione sociale che ha come destinatario il popolo di Dio; si comincia a comprendere come la Chiesa appartenga pieno iure a questo popolo, al quale spetta anche l’apostolato 16, partecipando alla vita ecclesiale in una forma e in una misura tale da non cedere a quel « rispetto umano » che, come vergogna di mostrare e professare la propria fede in pubblico, non è altro che la denunzia implicita di una sostanziale apostasia . 1934 (quelle di S. Alfonso de’ Liguori e di S. Francesco di Sales); fra Fly de Mini mi, L’apostolato. Fac bonum, VPM, novembre 1931. 13 Cfr. Il parroco, Il dono di Dio, I, aprile 1934 (il centro della vita è Gesù Cristo) ; Ciò che si deve cercare, I, gennaio 1935 (solo Gesù) ; padre F. Capponi, vera devozione alla Madonna, VPM, maggio 1927. 14 Cfr. Dedicato ai giovani. Fuggi! Fuggi! Fuggi!, VDM, dicembre 1928, Edu cazione cristiana: i consigli della mamma, VDM, settembre 1930; Ai giovani: giogo soave, VDM, febbraio 1936; fra Fly de’ Minimi, Il giovinetto alla moda, VPM, febbraio 1933; Eroiche!, VN, agosto 1931. 15 Cfr. I libri immorali, OL, agosto 1927; M. Ponzo, giudice in Torino, Cinematografo e delinquenza minorile, OL, 2 ottobre 1927; Cinematografo, OL, 6 gennaio 1935; I cinematografi, SMRS, luglio 1934; In guardia! Contro i venditori di romanzi, SV, marzo 1930; Nuovo appello per una urgente crociata, CD, agosto 1936 (dove si commentava la parola del Papa sul cinema) ; Rivista cinematografica (rubrica), CD, novembre 1936; Romanzi a rate, VA, novembre 1930; Per un allarme, SS Sori, febbraio 1931 (cinema e teatro); Intenzione dell’Apostolato della preghiera, il cinematografo, VDM, dicembre 1931; Contraddizioni, ESQ, maggio 1927 (sulla stampa pornografica) ; fra Fly de’ Minimi, Declina a malo. Cinematografo, VPM, ottobre 1931 (dove si lamentava che le pellicole cinematografiche trasmettessero soltanto il culto della violenza e del sesso). 16 Cfr. Apostolato, SBV, febbraio 1933; fra Fly de’ Minimi, L’apostolato. Fac bonum, VPM, novembre 1931 (l’apostolato spetta anche ai laici). 17 Cfr. Il divin fanciullo ci ripete: non abbiate paura, MSG, dicembre 1926; Iniezioni. La paura cattolica, VDM, giugno 1932; fra Giacomo, Carattere, VDM, aprile 1933; Il cristiano leale, VDM, gennaio 1935; Fierezza, VDM, gennaio 1936; Contro il rispetto umano, ESQ, agosto 1927. — 30 — Non si deve però pensare che, nella chiesa genovese di questo periodo, socialità implichi anche politicità. Potrebbe apparire abbastanza sorprendente, anzi, come la dimensione politica, che il regime fascista tende a far penetrare totalitariamente in tutti i più riposti meandri della vita associata e individuale, occupi, relativamente, un ruolo che ha un rilievo molto minore rispetto alle età prefasciste precedenti. Desta indubbiamente una certa impressione anche il fatto che, nella chiesa genovese, il punto più alto dell’interesse politico sia raggiunto non già in occasione dei Patti lateranensi del 1929, bensì nel brevissimo periodo che segue immediatamente la conquista dell’Etiopia (5 maggio 1936). Non è facile dare un’interpretazione completamente soddisfacente di questa assenza tutto sommato vistosa 18: né sembra a questo proposito trovare la spiegazione di questa estraneità in quell’atteggiamento che la storiografia più avvertita del movimento cattolico e della Chiesa in questo periodo ha indicato felicemente come « afascismo » 19. Non si può celare infatti la netta impressione che in questo « afascismo », pure indubitabile, vi sia qualche cosa di più che l’estraneità a un movimento politico deludente certo, ma in fondo mai esplicitamente disapprovato. Si ha invero l’impressione che questo sostanziale distacco dalla dimensione politica sia qualche cosa di meno contingente della disapprovazione di un partito o di un regime politico: si ha insomma l’impressione di un’affermazione del primato della dimensione religiosa su quella politica che è considerata con diffidenza come tale, indipendentemente dal partito che la incarni, in quanto affonda le sue radici nel tentativo storico di sostituire le ragioni e la prassi del mondo a quelle della religione soprannaturale. Comunque camuffato, questo tentativo rivela pur sempre la sua origine immanente e antitrascendente nell’assolutizzazione del temporale, cioè del relativo e del contingente. Certo, nel caso particolare del fascismo, si deve anche 18 Essa, del resto, emerge anche da un versante diverso da quello pastorale, vale a dire dal lavoro teologico dell’importante « scuola genovese »: cfr. D. Veneruso, Uno dei centri della riflessione teologica cit. 19 Sul concetto e l’emergere di un « afascismo » all’interno della Chiesa e del mondo cattolico italiano, cfr. specialmente, R. Moro, La formazione cit.; F. Traniello, Pensiero politico cattolico e modello totalitario negli anni trenta, in L’idea di un progetto storico. Dagli anni trenta agli anni ottanta, Roma 1982, pp. 23-32; P. Scoppola, La nuova cristianità perduta, Roma 1986. aggiungere l’avversione a un movimento che è la negazione dell universalità del cristianesimo e della Chiesa e introduce distinzioni sostanziali tra popolo e popolo e tra persona e persona. La storia della chiesa genovese durante l’episcopato del card. Minoretti evidenzia infine uno spiccato coordinamento con la linea portante della Chiesa universale, saldamente diretta al centro da Pio XI, per il quale le chiese particolari sono altrettante cellule vive del regno di Cristo, che ormai è definitivamente identificato nella Chiesa, secondo una linea che ha preso lo spunto decisivo dal Concilio Vaticano I, e che è stata definitivamente codificata dall’importante enciclica di Pio XI Quas primas del dicembre 1925 20. In questa visione della Chiesa come epifania del Regno, l’articolazione orizzontale e verticale delle singole, innumerevoli comunità diffuse in tutto il mondo è almeno altrettanto importante di una salda direzione dall’alto. Da ciò consegue, infatti, la viva preoccupazione per un armonioso corso del rapporto tra particolare e universale, tra storia locale e delle singole comunità ecclesiali e storia della chiesa universale, e per un fecondo inserimento in una Chiesa così complessamente articolata del singolo individuo, con tutte le sue feconde potenzialità. Il singolo individuo, semplice fedele, ma anche sacerdote, religioso, e persino vescovo, è considerato in comunione ortodossa soltanto se incardinato, incorporato nella sua comunità. In tal modo la diversità è non rinnegata, o sottovalutata come ostacolo all’universalità, ma valorizzata come parte insostituibile ed integrante. La chiesa genovese, all’unisono con quella universale, tende a superare anche la classica antitesi tra spirito ed istituzione, allo stesso modo in cui tende a superare l’antitesi tra diversità e unità. L’istituzione, in questo periodo, non solo non è considerata ostacolo all’effusione dello spirito religioso, ma è esaltata come condizione ineliminabile di essa. Ci si ascia così decisamente alle spalle la tradizione romantica che aveva consegnato la Chiesa cattolica alle critiche del protestantesimo prima, del materialismo di vario segno e deH’idealismo poi. Da questa importante operazione deriva, necessariamente, un’impostazione che considera il dia- 20 Sull’enciclica di Pio XI dedicata alla celebrazione di Cristo Re, cfr. D. Veneruso, II seme della pace cit., pp. 81-90. — 32 — logo e la ricerca21 prevalentemente come processi propedeutici ad una soluzione precisa agli angosciosi problemi del vivere, proiettati in una prospettiva che prolunga nelPeternità la vita terrena22. 21 Cfr. Il dialogo, VN, gennaio 1932. 22 Cfr. C. D. Minoretti, Re, omelia recitata nell’Epifania del 1926, in ADG AM; C. D. Minoretti, Commento all’enciclica di Pio XI sulla crisi economica del 20 maggio 1932, in RDG, XXII (1932), pp. 122-124; La pace di Cristo nel regno di Cristo, VN, ottobre 1932; La parola del parroco. Obbedire al Papa, MGS, febbraio 1933. — 33 — CAPITOLO PRIMO LA DIOCESI DI GENOVA Al momento dell’elevazione al soglio pontificio di Pio XI (6 febbraio 1922) la chiesa genovese stava ancora percorrendo 1 iter di una difficile crisi, che risaliva alla morte di mons. Edoardo Pulciano, avvenuta alla fine del 1910. Da quel momento, infatti, l’archidiocesi genovese non aveva più conosciuto una direzione stabile. La nomina del suo successore, mons. Andrea Caron, per la sorda ostilità di molti cattolici genovesi che avevano influito sull’opposizione formale del governo, si era trasformata in un caso nazionale1. Ma anche dopoché, con le dimissioni definitive di mons. Caron, la crisi era stata formalmente risolta, la chiesa genovese non conobbe egualmente la sua tranquillità. Si succedettero infatti sulla cattedra di S. Siro, senza poter lasciare durevoli segni della loro attività per la brevità del loro episcopato, ben quattro arcivescovi in meno di dieci anni: Lodovico Gavotti (1915-1918), il card. Tommaso Pio Bog-giani (1919-1921), Giosuè Signori (1921-1923), Francesco Sidoli (1924). La morte prematura di questi prelati divenne a sua volta occasione di polemiche, perché essa fu messa in relazione con il fatto che l’interdetto operante per il rifiuto di una parte dei cattolici genovesi alla nomina di mons. Caron fosse ancora spiritualmente operante. In realtà la successione così rapida e luttuosa di tanti arcivescovi era legata alla situazione religiosa della chiesa genovese. Non si deve dimenticare, infatti, che 1 ultimo periodo della vita di mons. Pulciano era stato travagliato dagli sviluppi anche locali del « caso Semeria », il barnabita che aveva esercitato 1 Cfr. A. Durante, Mons. Andrea Caron e un periodo critico di storia genovese, Genova 1966; G. B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche genovesi cit. — 34 — profonda influenza nella città, lasciando, specialmente nella classe colta ed imprenditoriale, numerosi amici ed estimatori2. L’opposizione di una parte dei cattolici genovesi alla nomina di mons. Caron come successore di Pulciano era motivata dal timore di vedere inasprita la polemica modernistica e di togliere alla città la sua pace religiosa 3. La questione ebbe un ritorno di fiamma con la nomina del card. Boggiani ad arcivescovo di Genova nel 1919. Questi era stato a suo tempo uno dei più inflessibili rappresentanti della lotta antimodernistica. Nel pur breve periodo del suo episcopato cercò di riattizzarla, accusando il partito popolare di essere un tipico frutto del modernismo. Le reazioni che suscitò tale presa di posizione furono così nette da indurre Benedetto XV a ritirare il presule da arcivescovo di Genova4. Ormai, però, gli strascichi suscitati dal modernismo stavano esaurendosi, e vani risultarono i tentativi fatti dall’una e dall’altra parte per resuscitarne i fantasmi. Nonostante le prove cui era stato a suo tempo sottoposto, il gruppo assai numeroso che si era formato attorno al Semeria non perdette il senso di appartenenza e di fedeltà alla Chiesa, e ciò ne permise il pronto inserimento nella sua compagine non appena si ebbe la distensione. Tuttavia la vita religiosa della diocesi seppe sottrarsi agli effetti della crisi di direzione episcopale. Lo dimostrò il congresso eucaristico di Genova del settembre 1923 nel quale, oltre ad un impressionante concorso di folla, senza esclusione di categoria o classe sociale, si ebbe una ricca serie di iniziative collaterali che sottolineava il grado di sviluppo e di partecipazione della chiesa genovese 5. La nomina del milanese Carlo Dalmazio Minoretti, vescovo di Crema dal dicembre 1915, chiuse definitivamente la crisi di direzione epi- 2 Cfr. A. Gentili - A. Zambarbieri, Il caso Semeria {1900-1912), Urbino 1975. 3 Ibidem, pp. 209-212. 4 Cfr. le voci di D. Veneruso, in Dizionario biografico degli italiani, XI, Roma 1969, p. 176 e di G.B. Varnier, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/1, Le figure rappresentative, pp. 100-101; si veda anche D. Veneruso, La « Liguria del popolo » e i cattolici integralisti genovesi dalla fine della prima guerra mondiale all’epogeo del regime fascista (1918-1936), in Saggi di storia del giornalismo in memoria di Leonida Balestreri, Genova 1982, pp. 229-310 (le pagine che riguardano il card. Boggiani sono a pp. 246-256). 5 Cfr. G.B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche cit., pp. 626-633. — 35 — scopale. Egli ridiede alla diocesi quella stabilità di cui aveva bisogno non solo per i tredici anni di governo da lui esercitati, ma anche perché egli seppe fare della sua persona il punto di riferimento di tutte le diverse tendenze spirituali esistenti all’interno della chiesa genovese. Intanto, mons. Minoretti si presentò ai suoi diocesani con la fama di « vescovo sociale »6 per l’impulso che aveva dato, in Lombardia, allo sviluppo del movimento sociale cattolico. Nella sua giovinezza, Minoretti si era infatti distinto per la sua attiva partecipazione all’« Opera dei congressi », schierandosi a fianco dell’ala socialmente avanzata di don Davide Albertario. Dall’Albertario si staccò presto perché non ne condivideva il gusto polemico, avvicinandosi così alle posizioni di Giuseppe Toniolo di cui divenne uno degli eredi, facendosi portatore delle sue istanze sia all’interno del seminario milanese dove insegnava, sia nei numerosi istituti dove si fece banditore della dottrina sociale cattolica. Il suo equilibrio non fu sufficiente a salvarlo dall’accusa di filomodernismo, per cui fu allontanato dall’insegnamento in seminario e nominato arciprete di Seregno. Fu salvato da conseguenze più gravi dall amicizia e dalla protezione del suo conterraneo mons. Achille Damiano Ratti. Nominato vescovo di Crema da Benedetto XV nel dicembre 1915, mons. Minoretti cercò di penetrare la vita della diocesi di sensibilità per i problemi posti dalla società contemporanea. L’eco delle sue prese di posizione, espresse soprattutto attraverso le lettere pastorali, oltrepassò 1 confini della sua piccola diocesi per il modo forte e maturo con cui affrontava i problemi contemporanei: la storia travagliata del tempo, la crisi della famiglia, le tensioni sociali e spirituali dei lavoratori che aspiravano ad uno spazio e ad una considerazione maggiore all’interno della Chiesa, la pace, la convivenza, la fraternità degli uomini. Nello stesso tempo, nell’affrontare problemi tanto spinosi, sapeva evitare la polemica e, conseguentemente, tener lontana la sua chiesa da contraccolpi politici troppo decisi. Allo stesso modo, mons. Minoretti seppe anche tener lontana la sua diocesi dalle aspre lotte politiche e sociali del primo dopoguerra, senza che l’influenza della Chiesa ne risultasse diminuita. Come tenne estranea la sua chiesa dalla conflittualità politica, così la tenne estranea dalle dispute teologiche. Riuscì così a saldare le diverse 6 Cfr. Il vescovo sociale, ne "Il cittadino”, 21 gennaio 1925. — 36 — tendenze della chiesa cremasca in unità fondata su motivazioni esclusivamente religiose7. Un tale vescovo parve a Pio XI indicato per reggere anche la diocesi di Genova. Anche qui si trattava di placare gli ultimi residui della querelle modernistica, di tener estranea la chiesa genovese dalle controversie politiche, di lavorare per una penetrazione attiva e sempre più efficace della religione nella società. Non a caso il vecchio amico di gioventù si ricordò di Minoretti quando si trattò di ricoprire la sede arci-vescovile di Genova: questi corrispondeva perfettamente al modello episcopale che aveva in mente per la sua Chiesa. L’inizio dell’episcopato genovese di mons. Minoretti coincise, non a caso, con la fine delle antiche distinzioni dei cattolici genovesi, che in passato avevano trovato espressione in due diversi quotidiani, « Il cittadino », fondato negli anni settanta8 e « La Liguria del popolo »9. Il primo esprimeva l’opinione e gli orientamenti della borghesia e del ceto medio che si riconoscevano nella Chiesa, mentre il secondo saldava l’ala popolare e quella tradizionale in una prospettiva intransigente ed integralista. Fino all’inizio degli anni venti, le due « anime » del cattolicesimo genovese si erano trovate spesso in aperto contrasto. Adesso, invece, l’atmosfera era molto cambiata: ma poiché la ricomposizione ecclesiale era avvenuta a spese del vecchio intransigentismo, poi trasformato in integralismo, « La Liguria del popolo » aveva perduto molto della sua influenza e, conseguentemente, anche molti dei suoi lettori. In conseguenza di ciò, tale giornale si era trasformato da quotidiano in settima- 7 La minuta dell’omelia pronunciata da mons. Minoretti a Crema nel 1922, in occasione della festività di S. Pantaleo si trova in ADG AM. 8 Sul quotidiano cattolico "Il Cittadino", cfr. L. Balestreri, Breviario della storia del giornalismo genovese, Savona s.d. [19701, p. 64; M. Milan, La stampa periodica a Genova dal 1871 al 1900, Milano, 1989, pp. 39-40. 9 Sul quotidiano (e poi settimanale) integralista genovese "La Liguria del popolo", cfr. A. Gentili - A. Zambarbieri, Il caso Semeria cit., p. 19 e sgg.; L.M. De Bernardis, « La Liguria del popolo » e la crisi modernista, in Saggi di storia del giornalismo cit., pp. 187-227; D. Veneruso, «La Liguria del popolo» e i cattolici integralisti genovesi dalla fine della prima guerra mondiale all’apogeo del regime fascista (1918-1936), ibidem, pp. 229-310. Sui precedenti storici cfr. M. Milan, op. cit., pp. 119-120, 229-231 e soprattutto 140-144. — 37 — naie: soprattutto vivacchiava in uno spazio senza alcuna prospettiva. In conseguenza del declino del gruppo integralistico, si era avuta anche una sorta di osmosi dai quadri della “ Liguria del popolo ” a quelli del Cittadino ”: emblema di questa osmosi fu senza dubbio il passaggio al Cittadino ” di Ernesto Callegari, il « Mikròs » di tante battaglie, colui che era stato addirittura il successore del Cavallanti nella direzione del-1’ Unità cattolica ” l0. La ricomposizione dell’unità ecclesiale consentiva dunque quel « risveglio religioso » che vedeva perfettamente allineati Pio XI e mons. Minoretti. Strutturalmente, nel 1929, dopo qualche anno dall inizio dell episcopato del Minoretti, Parchidiocesi di Genova comprendeva cinquanta-cinque parrocchie urbane e centoquarantaquattro parrocchie rurali, distinte in trentun vicariati foranei: restavano formalmente fuori da questa organizzazione altre tre parrocchie non comprese nei vicariati (Arenzano, lisola di Capraia, Certosa di Rivarolo) ". Fin dall’inizio, però, 1 arcivescovo si era preoccupato di organizzare in modo diverso le parrocchie urbane, allo scopo di fondare istituzioni religiose nuove per necessità nuove. Già nel 1925 la collocazione e la circoscrizione stessa delle parrocchie urbane non corrispondevano più alle mutate esigenze dei fedeli. Mentre il vecchio centro storico, sempre più abbandonato dalla popolazione, raccoglieva il maggior numero delle parrocchie urbane, le periferie, che spesso erano vere e proprie città-satelliti, difettavano di chiese e di servizi. Questi problemi entrarono nell’immediata evidenza quando, nel 1926, fu fondata la cosiddetta « Grande Genova », mediante la riunione al vecchio comune dei comuni vicini, spesso popolosissimi (come Sampierdarena, Cornigliano, Sestri Ponente, Voltri, Nervi, Pegli) l2- Al di là della sua opportunità, il provvedimento indicava l’irreversibilità della tendenza alla concentrazione in grandi poli degli operai e del ceto medio. Il collegamento con il centro delle periferie e delle più lontane delega- 0 Su Mikròs (Ernesto Callegari), cfr. la voce di M. Panico Giuffrida in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/l, Le figure rappresentative, pp. 152-153; M. Milan, op. cit., pp. 39, 141, 189, 196. 11 Cfr. VDM, settembre 1929. Cfr. P. Barozzi, Evoluzione storica dei confini interni del comune di Genova, Genova 1975. — 38 — zioni consentì a mons. Minoretti l’applicazione di un ampio disegno di riorganizzazione parrocchiale. In un primo tempo, egli pensò non già a costruire indiscriminatamente nuove chiese, ma a distribuire più oculatamente i titoli parrocchiali esistenti. Questi furono infatti trasferiti sovente dal centro alla periferia e alle delegazioni: così, ad esempio, il titolo parrocchiale di Santa Sabina venne trasferito da una troppo piccola e quasi spopolata circoscrizione parrocchiale del centro storico al popoloso rione di S. Fruttuoso, dove all’unica parrocchia esistente venne aggiunta una seconda 13. Insieme al trasferimento dei titoli si ebbe naturalmente anche la fondazione di parrocchie con titoli nuovi, attraverso il reperimento di fondi finanziari necessari non soltanto all’istituzione, ma anche alla continuità di funzionamento delle nuove parrocchie14. Alla direzione delle parrocchie urbane l’arcivescovo preponeva di solito personale ecclesiastico già sperimentato, proveniente dai centri intermedi (più raramente dai grossi centri rurali) attraverso l’applicazione dell’istituto del concorso 15. Per provvedere alle necessità dei fedeli e per garantirsi una migliore selezione del clero, l’arcivescovo coinvolse in misura maggiore dei suoi predecessori anche il clero regolare nella pastorale. Anzi, egli mostrò di non nutrire soverchia simpatia per quella frazione del clero regolare che, arroccata negli antichi privilegi e nelle vetuste tradizioni, non recepiva le esigenze pastorali, spesso irritandosi di fronte alle loro resistenze ed opposizioni16. Nessuna comprensione mostrava, in modo particolare, per le obiezioni di natura economica, legate a benefici ecclesiastici i quali, in ogni caso, dovevano essere posposti all’interesse spirituale del popolo 17. L’arcivescovo era anche insofferente 13 Cfr. Un saluto e un augurio, CD, novembre 1931. 14 Si veda l’appunto senza data sulla costruzione di nuove chiese in ADG AM. 15 Si veda l’apposita rubrica in ogni numero della RDG. 16 Si veda la lettera del card. Minoretti alla Santa Sede del 19 marzo 1932 in ADG AM, la lettera dello stesso alla Santa Sede del 16 ottobre 1930 (dove si deplorava la resistenza dei domenicani che non intendevano che si istituisse una nuova parrocchia a Cornigliano) e la lettera dell’arcivescovo di Genova al card. Donato Sbarretti, prefetto della sacra congregazione del concilio, del 26 gennaio 1928 (ibidem). 17 Cfr. lettera del Minoretti alla Santa Sede del 9 aprile 1926, sull’annosa questione delle gare che dividevano le due parrocchie di Pegli, quella di S. Maria Immacolata e quella, tenuta dai benedettini, di S. Martino e Benedetto. per lo spirito di corpo e per l’eccessivo attaccamento ai privilegi canonici che molti membri di questi ordini religiosi, maschili e femminili, opponevano ai desideri dell’arcivescovo e alle esigenze pastorali18. L’arcivescovo si mostrava poi preoccupato delle tradizioni pastorali ed educative del clero genovese, che considerava antiquate e non corrispondenti alle esigenze dei tempi nuovi. Ad esse, Minoretti contrapponeva spesso e volentieri le più moderne istituzioni del cattolicesimo lombardo a suo giudizio più ricco di fermenti e di istituti moderni e adeguati, come gli oratori e i ricreatori parrocchiali, meglio rispondenti ad orientare cristianamente la gioventù e soprattutto capaci di trattenerla nel solco della vita cristiana 19. Durante il suo episcopato, Minoretti cercò anche di correggere, se non di estirpare, quelle tradizioni ben radicate nella chiesa genovese, che gli sembravano d’impaccio ad un autentico sviluppo della vita cristiana. Così, non era soddisfatto del tradizionalismo pastorale e liturgico prevalente nella vita ecclesiale ligure; deplorava che non fosse ancora radicata un’efficiente catechesi durante le messe festive e i vespri e che le stesse solennità religiose privilegiassero il momento festaiolo che mal si conciliava con la crescita di un’autentica vita cristiana e di una vera religiosità. Non perdeva quindi occasione di promuovere nei sacerdoti addetti alla cura pastorale il gusto e la necessità di un’ordinata catechesi, di un costante contatto educativo con il popolo 21, e colse 18 Cfr. lettera del card. Minoretti alla Santa Sede del 19 marzo 1932, ibidem. ^a àttera di intronizzazione del nuovo arcivescovo in data 10 maggio 1925, in RDG, XV (1925), pp. 67-74. Quanto egli tenesse al funzionamento e ala continuità degli oratori e dei ricreatori anche dopo il temporaneo scioglimento ei circoli giovanili di Azione cattolica nel giugno 1931 è documentato dal-mumcazione che inviò alla diocesi in quell’occasione, spiegando che « non possono m modo assolutQ riteners. sdolti gl. ofato^ . ^ complemento ^ * ^r' comunicazione del cardinale arcivescovo in data 7 giugno , ’ ln KUG> XXI, 1931, pp. 231-232). Si veda anche la lettera pastorale per la quaresima del 1928, ibidem, XVIII (1928), PP. 11-22. i^i^NerUa kttera pastorale del 14 ottobre 1925 (cfr. RDG, XV, 1925, PP-3J-161) 1 arcivescovo raccomandava ai parroci di predicare «spesso... bene... reve». questo fu sempre il motivo fondamentale delle esortazioni che egli ri- sTnoTdel S SPeCklmente 3 qUeU° avente cura d’™™e, fino a culminare nel il i/' C\Ü r?°C,°nt0 deU’adunanza de* Parroci della diocesi, tenuta a Genova il 16 novembre 1926, in RDG, XVI (1926), pp. 209-239. — 40 — ogni opportunità per deplorare l’esteriorità di molte manifestazioni religiose, tanto ricche di folklore quanto povere di autentico contenuto religioso 22. Tuonò spesso contro le esibizioni acrobatiche e puramente esteriori di cui menavano vanto le antiche confraternite (o « casacce », secondo le tradizioni liguri e particolarmente della diocesi di Genova) per affermare invece le esigenze di una religiosità più sentita, alla quale soltanto dovevano mirare le manifestazioni tradizionali23. Laddove non si giungesse alla promozione di un’autentica vita religiosa, laddove non si ottenesse la saldatura tra teoria e prassi, tra interno ed esterno, era meglio riconsiderare le tradizioni per ricercare i modi e le forme che garantissero la promozione di un’autentica pietà 24. L’arcivescovo poneva la gioventù al centro di un’effettiva rinascita religiosa, sulla scorta anche delle sue esperienze precedenti in terra lombarda. Nella società contemporanea che tendeva alla secolarizzazione, Minoretti la vedeva esposta a troppe tentazioni e a troppe suggestioni. Era quindi necessario che i responsabili delle comunità ecclesiali, fossero essi parroci, confessori o educatori, ponessero al centro della loro attività e delle loro preoccupazioni la gioventù così insidiata 25. Nello stesso tempo, l’arcivescovo proponeva, sempre sulla scia dei 22 Cfr. il documento dell’arcivescovo del 20 giugno 1925, in RDG, XV (1925), pp. 95-96; la lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano del 1° novembre 1930, ibidem, XX (1930), pp. 307-321; C.D. Minoretti, Conserviamo la serietà della liturgia, ibidem, pp. 88-91; il documento dei vescovi della provincia ecclesiastica ligure riuniti presso il santuario della Madonna della Guardia tra il 12 e il 14 luglio 1932, ibidem, XXII (1932), pp. 165-172. 23 Cfr. la notificazione dell’arcivescovo del 20 giugno 1925 in RDG, XV (1925), pp. 95-96; C.D. Minoretti, Lettera pastorale per la quaresima del 1928, ibidem, XVIII (1928), pp. 11-22; C.D. Minoretti, Conserviamo la serietà della liturgia, ibidem, XVIII (1928), pp. 88-91; la lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano del 1° novembre 1930, ibidem, XX (1930), pp. 307-321; la lettera collettiva dell’episcopato ligure al termine della riunione comune di Genova del 12-14 luglio 1932, ibidem, XXII (1932), pp. 165-172. 24 Cfr. la lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano del 1° novembre 1930, in RDG, XX (1930), pp. 307-321. 25 Cfr. C.D. Minoretti, Lettera pastorale per la quaresima del 1927. L’educazione cristiana, in RDG, XII (1927), pp. 39-50 e la minuta dell’omelia dedicata a S. Giovanni Bosco nel 1934, in ADG AM. — 41 — prediletti modelli lombardi, un rinnovamento della vita liturgica, in modo da promuovere la partecipazione della popolazione. Doveva essere bandito come spiritualmente deleterio l’individualismo, che impediva la comprensione degli atti liturgici e, conseguentemente, la formazione di un autentico spirito cristiano e di comunità. Gli parve pertanto necessario indicare ai pastori e ai fedeli l’opportunità di uno sviluppo del canto corale, da eseguirsi durante i riti e le cerimonie liturgiche 26, e gli sembrò ancor più necessario assicurarsi che le grandi occasioni cicliche della vita personale e familiare (battesimo, rinnovamento dei voti battesimali, cresima, prima comunione, matrimonio, assistenza spirituale agli infermi) offrissero ai fedeli altrettante occasioni di durevole incremento della pietà e della vita religiosa2?. Nessuna novità ricercò dunque Minoretti per quanto riguardava i contenuti: volle invece che fossero più durevoli i rapporti fra le grandi tappe della vita e dell’anno liturgico e la fede. Il forte senso comunitario, lo spirito religioso collettivo che intendeva promuovere nella chiesa genovese si incentravano soprattutto nell’istituzione parrocchiale. Questa per lui costituiva ben più che una forma giuridica prevista ab antiquo dai canoni. Rappresentava il centro della vita cristiana, il luogo in cui si formava la comunità nel nome di Cristo e dove, in virtù di questa incarnazione aggregativa, si alimentava la spiritualità e la pietà delle famiglie e delle persone. Trovava quindi deleterie le molteplici tendenze centrifughe dalla vita parrocchiale presenti nella società contemporanea, che egli individuava non soltanto nelle incipienti manifestazioni di esodo domenicale che cominciavano a vedersi anche a Genova, ma anche nelle forme di evasione intimistiche, nel rifugio in esperienze spirituali privilegiate, ma prive di un rapporto vivo con il popolo di Dio, nel disimpegno pastorale di parte del clero secolare o regolare28. Non nutriva pertanto molta simpatia per forme di preghiere ^r' Minoretti, Lettera pastorale del 14 ottobre 1925, in RDG, XV vttttt ’ PP' 153461 e la àttera collettiva dei vescovi della provincia ligure, ibidem, XVIII (1928), pp. 258-267. Nel 1933 1 arJvescovo introdusse nella diocesi un nuovo cerimoniale allo scopo di iniziare ad una vita cristiana più impegnata i fanciulli che si accostavano per Ja prima volta alI’Eucarestia (cfr. S, aprile 1933) 28 Cfr. C.D. Minoretti, Lettera pastorale del 14 ottobre 1925, in RDG, XV — 42 — aliturgiche o eccessivamente individualistiche ^ o l’evasione nella preghiera privata durante i riti comunitari, particolarmente durante la messa 30. Per quanto riguardava la pietà popolare, l’arcivescovo si preoccupava di rendere stabili e permanenti i rapporti che nascevano durante le grandi ricorrenze della vita familiare e dell’anno liturgico o durante le grandi occasioni di conversione rappresentate dalle missioni. Egli non si accontentava che la partecipazione popolare alla vita della Chiesa si esaurisse nelle grandi occasioni. Egli desiderava che tutta la persona del credente si inserisse permanentemente nella vita ecclesiale, non solo per ricevere in modo episodico e pressoché passivo i suoi carismi, ma anche e soprattutto per viverne la vita sacramentale, per riceverne il magistero, per partecipare ai suoi problemi, per riceverne alimento alla sua vita morale, per essere testimone non occasionale della sua appartenenza. Un tale progetto globale esigeva certo innovazioni organizzative e istituzionali, ma soprattutto postulava un modo nuovo di porsi in contatto con l’istituzione Chiesa, cioè una nuova spiritualità. In questa prospettiva l’arcivescovo cercò anche di promuovere una nuova cultura. Notò che numerose erano le carenze e le lacune in questo campo: notò soprattutto che nella diocesi di Genova il popolo era escluso dai circuiti culturali. Pensò di ovviare a tali inconvenienti cominciando dall’alto, vale a dire dai sacerdoti e dai religiosi. Durante il suo episcopato, gli studi seminaristici furono rinnovati non tanto sul piano dei contenuti quanto su quello del metodo e delll'aggiornamento. Si adoperò per avere sacerdoti più preparati. Volle che essi unissero al dinamismo anche la capacità di comprendere i problemi della società contemporanea. Volle che in ogni parrocchia fossero istituiti centri culturali, (1925), pp. 153-161 e la lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano del 1° novembre 1930, ibidem, XX (1930), pp. 307-321. 29 Ibidem: cfr. anche la lettera collettiva dei vescovi della provincia ligure nella riunione annuale del 1928, ibidem, XVIII (1928), pp. 258-267. 30 « La preghiera che il popolo eleva a Dio nella chiesa mediante l’intermedio del sacerdote sarebbe più sentita e più frequentata se il popolo conoscesse un po’ quello che si opera nell’altare, quello che si canta e si compie, cioè la santa liturgia »: cfr. lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano del 1° novembre 1930, in RDG, XX (1930), pp. 307-321. anche per rendere più feconda l’influenza dell’Azione cattolica31. Si moltiplicarono così in tutta la diocesi iniziative di animazione e divulgazione scientifica e culturale, per cui furono mobilitati non soltanto gli elementi più preparati del clero 32, ma anche i laici specialisti nelle diverse discipline o che fossero altrimenti utilizzabili per efficacia e chiarezza di esposizione, necessaria per un pubblico che non fosse fornito di preparazione specifica 33. È appena il caso di sottolineare quanto l’arcivescovo si preoccupasse di attivare e promuovere lo sviluppo dell’Azione cattolica nella 31 Cfr. appunto dell’arcivescovo sui criteri da seguirsi nella costruzione delle nuove chiese, in ADG AM. In questa attività si distinsero sacerdoti come Giovanni Semeria (sul quale, oltre 1 opera citata di A.M. Gentili - A. Zambarbieri, si veda la voce di A.M. Gentili in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, 1 protagonisti, pp. 596-602; D. Veneruso, Uno dei centri cit., pp. 135-147), Giacomo Mo-glia (sul quale si veda la voce di G. Viola in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/2, Le figure rappresentative, pp. 565-566 e D. Veneruso, Uno dei centri cit., pp. 141-147), Girolamo Reverdini (sul quale si veda la voce Vi°la in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/2, Le figure rappresentative, pp. 710-711 e D. Veneruso, Uno dei centri cit., p. 168), Giuseppe Siri (sul quale si veda D. Veneruso, Uno dei centri cit., p. 147), Eugenio Badino (sul quale si veda la voce di M. Milan in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/l, Le figure rappresentative, p. 43), Benedetto Galbiati (sul quale si veda la voce di M. Milan, ibidem, pp. 388-389), Giacomo Lercaro (sul quale si veda la voce di G. Alberigo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, I protagonisti, pp. 305-31 e D. Veneruso, Uno dei centri cit., pp. 142-147); Franco Costa (sul quale si veda la voce di A. Mon-ticone in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, I protagonisti, pp. 132-136; D. Veneruso, Uno dei centri cit., pp. 133-142; I. De Curtis, Gli anni giovanili di Franco Costa 1919-1923, in "Studium", 84 (1988) pp. 887-e G.B. Varnier, F.C. nella Genova degli anni Venti, in Civitas, 1988, n. 1, PP- 23-40), Emilio Guano (sul quale si veda la voce di A Monticone in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, I protagonisti, pp. 280-284 e L>. Veneruso, Uno dei centri cit., pp. 142-168) 33 Tra i laici maggiormente impegnati ricordiamo Giovanni Santolini (sul qua-j j. VC a TTT^Cer^^ B. Varnier in Dizionario storico del movimento cattolico in aita cit., 111/2, Le figure rappresentative, pp. 774-775), Augusto Ferraris (sul qua-e si veda la voce di C. Capurro, ibidem, fi/l, p. 361), Alfredo Gismondi, Francesco Viam (sul quale si veda la voce di G.B. Varnier, ibidem, III/2, p. 382), Antonio Boggiano Pico (sul quale si veda la voce di G.B. Varnier in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II, I protagonisti, pp. 45-46). — 44 — Chiesa genovese. In questo egli non faceva che seguire le direttive del Papa. Specifica di Minoretti fu invece la convinzione che, particolarmente nelle aree urbane, altre forme storiche di aggregazione laicale non fossero più storicamente proponibili e che l’organizzazione riformata e soprattutto « lanciata » da Pio XI fosse quella che rispondesse meglio alle moderne forme di apostolato laicale e alle necessità di integrazione a pieno titolo del laicato nella Chiesa dell’età contemporanea. Pertanto, si notava in Minoretti un’ostilità non sempre larvata contro le antiche confraternite34 e contro quelle associazioni specializzate, come le società operaie, le società di mutuo soccorso, le società sportive e simili che erano state utili e fors’anche necessarie in epoca di concorrenza, ma non lo erano più nelle mutate condizioni culturali, politiche e sociali3S. L’esperienza e l’indubbio prestigio di cui godeva come uno dei membri più insigni dell’episcopato italiano36 facilitarono all’arcivescovo di Genova l’esercizio della presidenza del collegio episcopale ligure, compito non sempre facile non soltanto per la delicatezza intrinseca dei rapporti con i vescovi confratelli, ma anche per la sempre più spiccata tendenza all’instaurazione di rapporti diretti con la Santa Sede da parte dei singoli vescovi e, quindi, per il conseguente indebolimento del vincolo collegiale tra i vescovi della medesima provincia ecclesiastica. Minoretti cercò di assolvere questo impegno con il massimo scrupolo, mediante la convocazione di sessioni normalmente annuali di incontro, che possibilmente dovevano concretarsi nell’emanazione di un documento finale comune, incentrato su un argomento di interesse generale. Minoretti non aveva mancato di accorgersi della grande omogeneità storica della provincia ligure, i cui confini coincidevano quasi perfettamente con quelli dell’antica repubblica di Genova: pertanto, aveva notato co- 34 Cfr. La confraternita di Santa Chiara. Il pio scopo e la sua missione, VA, agosto 1933, dove si riportavano alcuni provvedimenti dell’arcivescovo contro abusi delle confraternite. 35 Cfr. G.B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche cit., specialmente pp. 639-656. 36 Cfr. L. De Simoni, Nella cattedra dì San Siro. Il cardinale arcivescovo Carlo Dalmazio Minoretti, in "Genova”, rivista municipale, aprile 1938, pp. 1-6; G. Siri, Ricordando il card. Minoretti arcivescovo di Genova. Discorso pronunciato in cattedrale per il ventesimo anniversario della morte, RDG, XLXV (1958), pp. 105-110. — 45 — me, al di là dei limiti delle rispettive circoscrizioni, molti problemi fossero in realtà comuni, particolarmente suscettibili di essere discussi collegialmente con i colleghi nell’episcopato37. Per l’arcivescovo, il rinnovamento della vita cristiana nella diocesi di Genova non poteva passare che attraverso la strada della serietà e dell’austerità cristiana. L’austerità di vita e di pensiero era non soltanto il segno esteriore dell’appartenenza alla Chiesa, ma anche consapevolezza della particolare responsabilità del cristiano nell ora decisiva che il cristianesimo e la religione stavano attraversando. La compostezza e la serietà di vita significavano anche l’adesione intima e convinta alle sofferenze del Cristo e, con lui, dei suoi fratelli più provati, fossero essi poveri, addolorati, malati, perseguitati38. Il cristiano doveva pertanto bandire da se stesso e dalle sue espressioni di vita qualsiasi sentore di frivolezza, di mondanità, di corruzione, di amore per il lusso e per i piaceri3. Non si trattava della solita lotta contro il ballo , la moda procace e gli spettacoli inverecondi41, contro cui combatte con Già a partire dal 1925, lo stesso anno del suo trasferimento a Genova, mons. Minoretti convocava annualmente i vescovi soggetti alla sua giurisdizione di metropolitano e curava che la riunione si concludesse con documenti anche giuridicamente impegnativi per tutti i fedeli delle diocesi liguri. Cfr. 1 omelia pronunciata dal card. Minoretti per il Natale del 1933, di cui si veda la minuta in ADG AM. 39 Cfr. l’omelia pronunciata dal card. Minoretti in occasione della ricorrenza dei fcami il 1“ novembre 1932, in ADG AM e l’appunto ritrovato nelle sue carte (quale evidente traccia di una sua omelia) intitolato Libro d’oro della vita. 40 Già in una lettera alla Santa Sede del 7 novembre 1927, Minoretti aveva ma- rigide in fatt0 di balli Pubblici (se ne veda la minuta nel-AM) : nella loro riunione collettiva del 1° novembre 1930 i vescovi della iguna sotto la presidenza del Minoretti, presero la decisione ufficiale di « vietare ogni solennità religiosa nelle feste e sagre, tanto delle parrocchie che degli oratori, nsu c e’ ln occasione di esse, si impianta un ballo...»: cfr. RDG, XX i • ’ PPCD Z E questa disposizione fu rispettata almeno dai parroci più zelanti: cfr. ER Ruta, agosto 1938; VC, ottobre 1931; SS Sori, settembre 1929. Si vedano in particolare le nomine da lui impartite in occasione delle visite pastorali: cfr. VPM novembre 1931; ESQ, ottobre 1928; VDM, novembre 1937; u io? mrT° , ’ V ’ 1UgH0 1930; VFB’ settembre 1929; VC, aprile 1928 e apri-s ■ ’ ,qUaPiRÇ 3,;. MGS’ novembre 1930; V, aprile 1932; AF, luglio 1932; S, giugno 1933; SMRS, d.cembre 1934; BS, dicembre 1933; FN, luglio 1927; FCA, — 46 — gli argomenti consueti: si trattava di qualche cosa di più, di uno stile di vita che doveva distinguere il cristiano nelle sue relazioni con gli altri e, soprattutto, annunciare la presenza dello Spirito42. L’arcivescovo si preoccupava, in sostanza, che il cristiano fosse tale non soltanto di nome, ma anche di fatto e in tutti gli aspetti della vita, personale e associata. In sostanza, il cristiano non doveva limitarsi ad osservare i precetti evangelici e quelli ecclesiastici nella loro immediata esteriorità43: doveva anche evitare di farsi coinvolgere da quello che era solito definirsi come « lo spirito del mondo » che, se non prevenuto e adeguatamente represso, poteva costituire l’anticamera dell’illanguidimento e, quindi, della perdita della fede44. Minoretti volle perciò che i bollettini delle parrocchie, degli istituti, dei santuari, delle congregazioni religiose e anche dei gruppi di persone in qualche modo consacrate fossero ricchi di insegnamenti pratici che però avessero il loro centro e il loro punto di significato nell’insegnamento evangelico45. L’arcivescovo cercò anche di ricondurre la frammentazione e la molteplicità delle devozioni particolari all’unità costituita dai due pilastri della vita della Chiesa, Cristo (il Redentore) e Maria (la Corredentrice) 46. Non osò spingersi però molto oltre in questa opera di selezione e di riunificazione per le resistenze dell’ambiente e per le radicate tradizioni devozionali della terra ligure47. Soprattutto non era facile evi- maggio 1927; VDF, febbraio 1929 e giugno 1932; DBS, marzo 1931; SS, luglio 1933. 42 Cfr. C. D. Minoretti, Ama il prossimo tuo come te stesso. Lettera pastorale per la quaresima del 1932, in RDG, XXII (1932), pp. 15-32. 43 Cfr. C. D. Minoretti, La vita cristiana. Lettura pastorale per la quaresima del 1930, in RDG, XX (1930), pp. 53-71. 44 Cfr. l’omelia pronunciata dall’arcivescovo in occasione della ricorrenza della festa di Ognissanti il 1° novembre 1928, in ADG AM. 45 Cfr. Sussidi all’azione pastorale. Il bollettino parrocchiale, in RDG, XV (1925), pp. 12-14 e 60-62. 46 Cfr. C. D. Minoretti, La divozione dei cattolici alla Madonna, MGu, maggio-giugno 1935; Il fondamento della divozione a Maria, MGu, settembre 1935; C.D. Minoretti, Perché ti amiamo, o Maria, MGu, settembre 1937; C.D. Minoretti, Perché l’apostolato, SN, dicembre 1936. 47 Cfr. Troppe candelette e poco Vangelo, VDM, marzo 1933; Il parroco, Il dono di Dìo, I, aprile 1934; Il parroco, Ciò che sì deve cercare, I, gennaio 1935. — 47 — tare l’istituzione e la dedicazione di nuovi altari in onore di santi e beati nuovi ed antichi, con una devozione che poco badava alla priorità delle scelte e alla gerarchia dei valori spirituali. A livello popolare, infatti, il « risveglio religioso » tendeva a manifestarsi in una proliferazione degli atti di culto. Gli anni venti e trenta videro infatti i parroci, i rettori di santuari e di chiese non parrocchiali registrare con compiacimento, per non parlare di aperta soddisfazione, se non di trionfalismo, del successo delle feste legate a devozioni particolari. In questo contesto, diventava un punto d’onore che le feste si superassero ogni anno in splendore e in magnificenza. Crescenti erano i mezzi finanziari impiegati per addobbi, processioni, fuochi d’artificio, luminarie, fiere di beneficenza. In verità, i pastori erano letteralmente sospinti, in queste iniziative, dai loro fedeli. Sarebbe un errore, però, trarre da queste osservazioni conclusioni affrettate, se non addirittura fuorvianti. L’interesse per la buona riuscita delle feste non deve interpretarsi sempre come segno di esteriorità. Si trattava, nella maggioranza dei casi, di una forma comunitaria e popolare di esprimere anche esteriormente la pietà cristiana e lo spirito religioso. Che non si trattasse di tradizionalismo lo dimostrava la modernità del culto che si riferiva a santi nuovi, canonizzati durante 1 attuale pontificato: Santa Rita, Santa Teresa del Bambin Gesù, S. Giovanni Bosco e il santo « di casa », il cappuccino laico Francesco Maria Croese da Camporosso, che esercitò la sua attività soprattutto a Genova. Al pari di Pio XI, l’arcivescovo desiderava che il cristianesimo penetrasse nella società considerata globalmente. Voleva che tutti fossero cristiani o almeno fossero toccati direttamente dalla parola di Cristo e della Chiesa. Per questo si preoccupò tanto di un fenomeno allora assai marginale, come quello dei protestanti. Per questo mobilitò gli strumenti di comunicazione di massa che aveva a disposizione: i quotidiani, La rassegna diocesana ’, i bollettini, la radio. Per conseguenza, in pochi anni i bollettini si sollevarono dalla stentata vita di un tempo, quando venivano editi soltanto da quelle poche parrocchie e da quei santuari che disponevano di considerevoli entrate. Per volontà dell’arcivescovo, che aveva trovato tali strumenti di comunicazione di massa assai uti- li per i fedeli lombardi, i bollettini apparvero anche nelle più sperdute parrocchie di campagna e di montagna, in cui essi sostituivano spesso anche i giornali. In questa opera di diffusione capillare, mons. Minoretti fu efficacemente sostenuto da don Palmario Marazzi, che aveva fatto le sue prime prove giornalistiche nella redazione de "La voce giovanile”, — 48 — dove si era mostrato tutt'altro che arrendevole verso il regime fascista, di cui denunciava con puntuale sistematicità le inadempienze religiose e civili. Nella sua lunga milizia giornalistica, aveva maturato uno stile essenziale e una tensione ideale quasi pessimistica, che lo rendeva impermeabile al trionfalismo delle cifre e dei bilanci incentrati sugli aspetti esteriori48. Con la diffusione dei bollettini, l’arcivescovo riusciva, nelle pagine comuni, a garantire l’unità magisteriale e i parroci, nelle pagine specifiche, riuscivano a loro volta a comunicare ai loro fedeli le notizie e le indicazioni di loro specifico interesse. Alcune parrocchie particolarmente ricche e soprattutto alcuni santuari e ordini e congregazioni religiose riuscivano a sottrarsi a questo modello standard di bollettino pubblicando, a loro spese, un organo locale redatto all’interno. Per evitare disomogeneità che potevano anche essere dannose, l’arcivescovo volle che anche questi bollettini che si sottraevano al modello unico fossero revisionati da don Palmario Marazzi49. Questa supervisione non si esercitava invece per quei bollettini di santuario, di ordini e di congregazioni religiose, di centri di spiritualità che rispondevano a fini diversi ed avevano, al loro interno, sicuri strumenti di controllo. Non è facile determinare con precisione il numero dei bollettini parrocchiali che furono editi durante l’episcopato del card. Minoretti, soprattutto perché le serie esistenti sono spesso andate disperse. Si può affermare con sicurezza che essi oltrepassarono il centinaio50. L’importanza che l’arcivescovo attribuiva ad essi è dimostrata dal fatto che era solito munire il primo numero di ogni nuovo bollettino parrocchiale di un suo contributo51 in cui, di solito, si evidenziava il fatto che, laddove il parroco, gli uomini e le donne consacrate e gli stessi membri del-l’Azione cattolica non potevano giungere, il bollettino parrocchiale po- 48 Cfr. G.B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche e il fascismo, cit. 49 Cfr. ESQ, gennaio 1927. 50 Così risulta da uno spoglio effettuato dalla Biblioteca Universitaria di Genova: si noti però che altri bollettini parrocchiali potrebbero essere andati dispersi o non più conservati. 51 Cfr. SL, febbraio 1935; VDF, gennaio 1926; VDF, marzo 1926; VDM, feb- braio 1931; ESQ, marzo 1927. — 49 — teva supplire, perché giungeva a tante famiglie che, spesso, non avevano altra lettura periodica52. D’altra parte, il bollettino avrebbe avuto il potere di interessare tutti i fedeli alla vita e alla prosperità della loro parrocchia53. Anche dall’esame della stampa a nostra disposizione si avverte con una certa evidenza una relativa mancanza di interesse per la politica militante. In un periodo in cui dominava un regime che voleva inculcare a tutti gli italiani un’educazione politica sia pure sui generis questo atteggiamento di disimpegno non era certo da sottovalutare. Esso ha diverse spiegazioni: da una parte c’era il timore di provocare divisioni e fratture tra i fedeli toccando una materia che suscitava controversie, dall’altra non si poteva fare a meno di avvertire un’estraneità di fondo dei temi trattati dal regime con i contenuti del messaggio ecclesiale. Quando si trattava di politica, si parlava solo in quei casi in cui essa « toccava direttamente l’altare », secondo le istruzioni di Pio XI: nella denuncia delle persecuzioni in Messico, nell’Unione Sovietica, in Spagna, nella Germania nazionalsocialista. La preferenza per il cosiddetto « sociale » aveva però, nell età di Pio XI, una particolare caratteristica. Questa preferenza era tale per il metodo, molto meno per il contenuto. La via dell’evangelizzazione consisteva in un azione capillare nella società, nella penetrazione globale del messaggio evangelico. I contenuti, in questa prospettiva, avevano un importanza minore54. Si privilegiavano dunque la crescita religiosa, i rapporti con Dio, la vita di Chiesa, la finalità della « salvezza eterna delle anime », con una particolare insistenza per i « novissimi »55. Con questo non si può Cfr. Mons. Minoretti e i bollettini parrocchiali, ESQ, marzo 1927. Cfr. La parola del cardinale per i nostri bollettini, VDM, febbraio 1931. 54 Le considerazioni di G. Baget - Bozzo, op. cit., contrappongono il « sociale » al «politico»: tuttavia questa contrapposizione finisce, talvolta, per essere troppo drastica rispetto alla realtà effettuale. 55. k? * Sa'vfzza dell’anima » era il motivo centrale della spiritualità e quindi pietà e dell’educazione cristiana: i reggitori di anime si sentivano pertanto investiti di una responsabilità precisa e personale al riguardo: cfr. Responsabilità sacerdotale, MN, dicembre 1932. — 50 — pensare che fossero tralasciati gli impegni sociali, quali forme di appartenenza religiosa 56. Così, nel ventennio tra le due guerre, la « Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli » conobbe un periodo di grande fioritura e di grande partecipazione di migliaia di fedeli. In questo impegno non era presente tanto la volontà di risolvere od avviare a soluzione la questione sociale, quanto la volontà di adempire ad un preciso consiglio di perfezione evangelica, sempre nel quadro prevalentemente religioso della « salvezza delle anime », sia dei beneficati che dei benefattori. Si deve piuttosto sottolineare il fatto che il rafforzamento della parrocchia, che diventava praticamente il centro di gran lunga più importante di vita religiosa in una determinata circoscrizione territoriale, ne implicava anche la tendenza verso una spiccata autonomia. In altre parole la parrocchia diventava anche un centro autonomo di vita sociale, con proprio bilancio, propri servizi, che spesso comprendevano anche laboratori, attrezzature sportive, centri culturali, asili infantili, scuole o almeno doposcuole, centri ricreativi, orfanotrofi, centri di educazione o di rieducazione, e perfino veri e propri centri di collocamento, di assistenza legale ed amministrativa nei rapporti con gli enti pubblici; queste iniziative, tra l’altro, mostravano l’indipendenza della rete ecclesiale dalle opere del regime. Le testimonianze in nostro possesso mostrano anche l’emergere di un certo « presbiterialismo », cioè la grande importanza assunta nell’organizzazione e nella crescita della vita spirituale e di pietà della Chiesa dei sacerdoti aventi cure d’anima. Il sacerdote, o meglio il parroco, era veramente al centro di questa Chiesa. Del resto, anche le innnovazioni « tecniche » introdotte durante l’episcopato di Minoretti favorivano la preminenza della sua figura e della sua funzione. Così si celebravano con particolare solennità, con compatta partecipazione dei fedeli, le date più significative della « carriera » del vescovo e, in misura ancora maggiore, del parroco: i giubilei sacerdotali e parrocchiali e, perfino, gli onomastici. Nello stesso tempo si sottolineava con particolare vigore ed insistenza come lo scopo esistenziale di ogni cristiano dovesse essere rivolto alla salvezza, da realizzare in proprio attraverso la responsabilità individuale, la perseveranza finale e le premesse per una « buona morte ». 56 Si veda il discorso pronunciato dall’arcivescovo all’assemblea diocesana del-l’Azione cattolica il 20 gennaio 1929, il cui testo si trova in ADG AM. CAPITOLO SECONDO LA VITA SPIRITUALE All’inizio degli anni venti, erano sorti anche a Genova vari centri che intendevano promuovere la cultura e la vita spirituale de aicato. Alcuni di essi si erano raccolti attorno a sperimentate organizzazioni monastiche, ma altri dimostravano invece una certa spontaneità che r uggì va da legami troppo stretti con le organizzazioni tradizionali e che mirava ad una certa indipendenza. Non mancava tuttavia neppure in questi timi una certa tendenza allo spirito associativo, che si manifestava so lito nella disciplina interna ed esterna, nella creazione di organi e o et tini propri e nel tentativo di regolare i rapporti con regolamenti e vinco 1 interni ed associativi. Questi nuclei di promozione di vita religiosa a\^ vano la caratteristica di rivolgersi al laicato, non però nella sua gener ita, bensì a categorie o a gruppi particolari. Uno di questi centri, che aveva come organo la rivista bimestrale "Vita spirituale , si rivolgeva « in m0 do particolare alle signore e signorine che vivono nel mondo, onde esser loro una guida, un conforto, un aiuto » per « infondere uno spirito pura carità in Cristo, carità di anime che esplicano umilmente il loro ze o di bene, stimolandosi reciprocamente coll’aiuto della cristiana amicizia ». Questo centro non intendeva ispirarsi a fonti spirituali eclettiche, ma si riferiva direttamente e dichiaratamente alla tradizione e « al metodo o ce e forte di S. Francesco di Sales » quale era specialmente rinvenibile nel la sua Introduzione alla vita devota o Filotea. Per quanto fossero ormai lontani i tempi delPantimodernismo, la rivista intendeva assicurare pre ventivamente le autorità ecclesiastiche della sua piena e completa ortodossia Un esame anche soltanto esteriore del contenuto degli articoli 1 Cfr. VS, settembre - ottobre 1924. — 52 — pubblicati nella rivista mette in evidenza l’ispirazione salesiana: così, si attribuiva grande importanza all’esercizio delle virtù, tanto più raccomandabili ed accette quanto più semplici e più umili2: nei « medaglioni » che in ogni numero venivano pubblicati lo spazio e l’attenzione maggiori erano senza dubbio dedicati a rappresentanti della spiritualità salesiana, pur cercando di evitare un troppo accentuato spirito di corpo3. Dove però la tradizione salesiana compariva nella sua esclusività era certamente nella biblioteca e nei rendiconti bibliografici4. La preoccupazione prevalente di 2 Ibidem-, cfr. anche La virtù della fortezza, VS, gennaio - febbraio 1924; La giustizia, VS, marzo - aprile 1924; Nostra formazione, ibidem-, Mondanità, ibidem e maggio - giugno 1924; La benevolenza, VS, maggio - giugno 1924; Lo zelo, VS, luglio - agosto 1924; L’abnegazione, VS, settembre - ottobre 1924; L'immolazione di se stesso, VS, novembre - dicembre 1924; La riconoscenza, VS, marzo-aprile 1925; L’affabilità, VS, maggio - giugno 1925; La sincerità, VS, luglio - agosto 1925; Il rispetto dell’onore altrui, VS, settembre - ottobre 1925; La pietà, VS, novembre-dicembre 1925; Attenzione alla presenza di Dio, VS, gennaio - febbraio 1926; L intenzione cristiana, VS, maggio - giugno 1926; La discrezione, VS, luglio-ottobre 1926; Sensibilità cristiana, VS, novembre 1926. In ogni numero venivano inseriti articoli sulla qualità della spiritualità salesiana che consisteva essenzialmente nell « amicizia cristiana » e nel dovere di lenire ogni tipo di dolore del prossimo. 3 Cfr. Un benedettino del sec. XVII (padre Giovanni Battista da Laveyne), VS, gennaio - febbraio 1924; Suor Teresa Margherita Redi, carmelitana, ibidem-, Madre Elisabetta della Trinità, carmelitana, ibidem-, Signorina Luisa Humann di Strasburgo, ibidem-, Santa Giovanna Francesca Fremiot, baronessa di Chantal, VS, marzo-aprile 1924; Santa Paola vedova, ibidem-, don Luigi Balbiano, ibidem-, Maria Eustella o l’angelo dell’Eucarestia, ibidem-, Suor Maria Giuseppina religiosa dell’adorazione perpetua del Sacro Cuore, VS, maggio - giugno 1924; Santa Germana Cousin, VS, luglio - agosto 1924; Beata Isabella di Francia vergine, ibidem; La principessa Guendalina Borghese, inglese, VS, settembre - ottobre 1924; Santa Liduina di Schiedam, ibidem-, Rimembranze di una santa contadina, Manetta, VS, novembre-dicembre 1924; Notizie sull’origine della Filotea di S. Francesco di Sales, ibidem-, Lo spirito salesiano informatore della vita di Madame de Charmoisy, VS, marzo - aprile 1925 e maggio - giugno 1925; Antonietta Celesia ved. De Feriari, VS, luglio - agosto 1925; Venerabile Anna Maria Fiorelli dei Lapini, VS, settembre - ottobre 1925 e novembre - dicembre 1925; La principessa Maria Clotilde di Savoia, VS, gennaio - febbraio 1926; Pio V, VS, maggio - giugno 1926 e luglio - ottobre 1926; Sant’Agnese di Montepulciano, VS, novembre - dicembre 1926. ■* La biblioteca delle « amiche di Gesù » comprendeva esclusivamente opere ispirate alla filotea di S. Francesco di Sales: monsignor Gay, Pietro Castaldi, Jean Cassien, padre Gratry, Henri Morice, Perreyve, Foch, Vincenzo Ferreri, il cardi- — 53 — questo centro di spiritualità salesiana era certamente quella di rivalutare agli occhi del laicato la « claustralità » minacciata di estinzione dal pragmatismo moderno, infiltratosi pure nella Chiesa, e invece tanto necessaria anche al nutrimento spirituale del laicato 5. Se il gruppo femminile di spiritualità salesiana si fondava più sull amicizia e sulla solidarietà dei suoi membri che su una definita organizzazione, i devoti del Santo Nome di Gesù, i quali si rifacevano anch essi ad una precisa tradizione, quella di S. Bernardino da Siena6, non ritenevano invece di poter fare a meno di una codificata tradizione, con tanto di approvazione ecclesiastica1, di gerarchia 8 e di nome sociale depositato . I devoti dovevano quindi ascriversi all’ “Apostolato del Santo Nome e compiere anche in via ufficiale e pubblica i loro doveri religiosi . Con- naie di Bérulle, P. Mansabré, J. P. Alric, B. du Boisrouvray, Leopoldo Giardini, P. Devine, J. Joussagines: cfr. VS, settembre - ottobre 1924: cfr. anche VS, novem-bre - dicembre 1925, dove è citato il volume della contessa di Trémandam, Jesus Christ et la femme. 5 Cfr. A proposito di una errata opinione intorno alle claustrali, VS, gen naio - febbraio 1924. 6 Cfr. Il nostro Santo, SN, maggio 1935. Cfr. SN, febbraio 1934, in cui l’organizzazione si preoccupava di comuni care che il riordinamento dell’ "Apostolato del Santissimo Nome” era voluto e ap provato dall’arcivescovo e che, nell’archidiocesi, non esisteva altra associazione dedita all’adorazione del nome di Gesù. In effetti, il card. Minoretti prese diretta-mente posizione a favore della pia opera con un documento pubblicato in SN, di cembre 1936, come fu sottolineato al momento della sua morte (cfr. SN, marzo 1938). 8 L organizzazione faceva capo al sacerdote Girolamo Como (cfr. G. Como, La voce dell assistente dell’organizzazione, SN, aprile 1934 e Vantaggi degli ascritti all Apostolato del Santissimo Nome", SN). Cfr. Notificazioni sul bollettino e l'associazione, SN, febbraio 1934. Cfr. L altare del SS. Nome, SN, febbraio 1934. Gli ascritti venivano invitati a dedicare il primo lunedì del mese alla speciale esaltazione del nome di Gesù. Per quanto la chiesa madre às\YApostolato del Santissimo Nome fosse quella di Santa Caterina Fieschi Adorno (cfr. SN, febbraio 1934, Novena e festa del SS. Nome, SN, febbraio 1938, La festa in onore del nome di Gesù a Santa Caterina, di Portoria, SN, febbraio 1937), il culto del nome di Gesù poteva essere praticato anche in altre chiese dell’archidiocesi, di cui SN del febbraio 1935 dava l’elenco: la chiesa del conservatorio delle Figlie di S. Giuseppe, la chiesa del Gesù, la parrocchia di S. Pietro alla Foce, la parrocchia del SS. Nome di Gesù a Geo di Li- — 54 — trariamente alle amiche di S. Francesco di Sales, gli ascritti all’ “Apostolato del Santo Nome” e specialmente il direttore e animatore di questa associazione, il sacerdote Girolamo Como, erano dotati di forte spirito di corpo e si ritenevano necessari alla vita ecclesiale della diocesi11. La devozione al “Santo Nome” era specialmente diretta alla riparazione delle offese che con la bestemmia e il sacrilegio si rendevano a Cristo 12. Diversamente dal sodalizio salesiano, 1’ “Apostolato del Santo Nome non disdegnava i legami con la vita locale. Così, scopo dichiarato dell’associazione era l’inizio della pratica di beatificazione di Teresa Rossi, una popolana genovese morta nel 1918 B, assai devota al “Santo Nome” di Gesù. Un altro aggancio alla vita locale era costituito dal culto di Santa Caterina Fieschi Adorno, meglio conosciuta come Santa Caterina da Genova H, non tanto perché specificamente devota al nome di Gesù quanto per i vincoli di culto che l’associazione aveva con la chiesa di Santa Caterina, situata al centro di Genova ". veUato, la cappella di Santa Maria riparatrice in Genova, la chiesa della Concezione tenuta dai cappuccini in Genova, la chiesa di S. Torpete in Genova, la chiesa di Santa Maria di Castello in Genova, tenuta dai domenicani, la chiesa di Santa Maria in Passione in Genova, la parrocchia di Santa Fede in Genova, il santuario di S. Francesco da Paola in Genova, la parrocchia di Comigliano, la chiesa dei padri cappuccini in Voltri. In queste chiese si soleva celebrare con speciali funzioni la festa del SS. Nome di Gesù tra la fine di dicembre e i primi di gennaio. 11 Cfr. G. Como, Ringraziamento, SN, dicembre 1935. 12 Cfr. Grande dovere dimenticato: la riparazione, SN, maggio 1934. Nel gennaio 1935, l’Apostolato organizzò una funzione di riparazione per protestare contro una tesi razionalistica sulla divinità di Cristo esposta sulle colonne del quotidiano locale “Il Lavoro” del 31 dicembre 1934 (cfr. SN, gennaio 1935). 13 Nel 1934 fu pubblicata una biografia dell’adoratrice del nome di Gesù da parte di P. Pace, Un apostolo del SS. Nome di Gesù, Genova Tip. Derelitti. In ogni numero del bollettino erano pubblicati gli elenchi di coloro che offrivano il loro contributo per la beatificazione di Teresa Rossi: cfr. SN, dicembre 1934. Cfr. anche Teresa Rossi, SN, febbraio 1938. 14 Cfr. La festa in onore del SS. Nome di Gesù in Santa Caterina di Portoria, SN, febbraio 1937. 13 Cfr. L’altare del Santo Nome, SN, febbraio 1934; La nostra coni patrona: Santa Caterina Fieschi Adorno, SN, maggio 1937; Novena e festa del SS. Nome, SN, febbraio 1938. — 55 — La devozione del "Santo Nome” era naturalmente la chiave di volta per una certa interpretazione del ciclo liturgico 16 e degli stessi fatti storici 17. Essa però non doveva limitarsi alla sfera contemplativa, ma doveva produrre conseguenze operative anche nella sfera etica: di qui l’attenzione della rivista per alcuni problemi che interessavano in modo particolare il laicato, come la famiglia18, la struttura sociale u, la povertà20. Più ancora dell’apostolato del "Santo Nome”, un altro gruppo an-ch’esso sorto e operante nella chiesa di Santa Caterina da Genova si fondava sulla tradizione lasciata dalla contemplativa genovese e sul culto locale per fondare e alimentare un tipo di spiritualità incentrato sulla meditazione dei novissimi e sulla perfezione dell’anima. Animatori di questo centro erano i frati minori cappuccini, incaricati del culto neila chiesa di Santa Caterina. Essi cercavano di promuovere il culto della santa su diversi piani che si sforzavano di integrare. Da una parte, la figura della santa genovese veniva presentata alla luce della critica e della scienza sacra21: dall’altra, si cercava di promuovere la devozione 16 Cfr. Gennaio santificato, SN, dicembre 1935; Gesù nome potentissimo, SN, novembre 1936; G. Como, Gloria al Santissimo Nome'., SN, dicembre 1936; G. Como, Il nome di Gesù e Maria santissima, SN, febbraio 1937; Il nome di Gesù e S. Giuseppe, SN, marzo 1937; G. Como, Il nome di Gesù e il precursore, SN, maggio 1937; G. Como, Il nome di Gesù e gli angeli, SN, aprile 1937; G. Como, Il nome di Gesù e gli apostoli, SN, giugno 1937; G. Como, Il nome di Gesù e S. Paolo, SN, luglio 1937; G. Como, Il nome di Gesù e i martiri, SN, agosto 1937; G. Como, Il nome di Gesù e i padri e i dottori della chiesa, SN, settembre 1937; G. Como, Il nome di Gesù e i santi, SN, ottobre 1937; G. Como, Il nome di Gesù e la Chiesa, SN, novembre 1937. 17 Cfr. Povera Spagna!, SN, dicembre 1936; G. Como, Gloria al santissimo nome\, SN, dicembre 1936 (dove si sostiene la tesi che il mondo va male perche combatte il regno di Gesù); Onore ai martiri della Spagna!, SN, marzo 1937; Fede di Luigi Cadorna, SN, luglio 1937; Trionfo di Gesù. Per la benedizione della statua del Bambin Gesù destinata in Africa orientale, SN, luglio 1937. 18 Cfr. G. Como, La famiglia e il nome di Gesù, SN, maggio 1935 (dove si sottolinea la rivoluzione apportata nella condizione familiare da Gesù Cristo). 19 Cfr. Il nome di Gesù e la società, SN, agosto e settembre 1935. 20 Cfr. Il nome di Gesù e i poveri, SN, ottobre 1935; G. Como, Il nome di Gesù e i tribolati, SN, novembre 1935. 21 Cfr. padre Valeriano dei Minori cappuccini, Presentazione, VCSCG, marzo 1928; padre Teodosio da Voltri, La gran dama genovese, VCSCG, marzo e ago- — 56 — popolare per questa santa, considerata come una purissima gloria locale 22. La rivista finì così per divenire una rassegna di studi e di spiritualità cateriniana, con particolare riferimento alla teologia del purgatorio23 e sto 1928; padre Valeriano da Finale, I primi biografi della Santa, VCSCG, febbraio 1929; fra Paolo di Savona, Vita di Santa Caterina da Genova, VCSCG, dal febbraio 1929 al maggio 1934; I. Mela, Santa Caterina Fieschi Adorno, VCSCG, ottobre 1929 e gennaio 1930; La prima ricognizione canonica del corpo di Santa Caterina (1630), VCSCG, marzo e aprile 1930; La seconda ricognizione canonica del corpo di Santa Caterina (1631), VCSCG, maggio e settembre 1930; dott. E. Rollero, suora di santa Marta in Chiavari, Santa Caterina da Genova nella storia della letteratura sacra italiana e della carità sociale, VCSCG, agosto 1933 e maggio 1934. Nel 1929 fu pubblicata in volume l’opera di padre Teodosio da Voltri, Santa Caterina da Genova, la gran dama dell’amore, con prefazione di Giovanni Semeria (Genova 1929): cfr. recensione in VCSCG, marzo e aprile 1930. 22 Cfr. padre Basilio da Chiale, La nostra eroina, VCSCG, marzo 1928; Adriana Asquasciati, La serafica, VCSCG, marzo 1928; padre Alfonso da Santa Margherita Ligure, La nostra martire, VCSCG, agosto 1928; Rossano Zezzos, La Santa di Genova (poesia), VCSCG, agosto 1928; padre Roberto da Nove, Plausi e consensi, VCSCG, agosto 1928; padre Basilio da Chiale, Uno tra i primi altari consacrati a Santa Caterina da Genova, VCSCG, maggio 1929; Santa Caterina nella liturgia della chiesa genovese e d’Italia, VCSCG, settembre 1929; O. Codebò, Sullo sfondo di madonna Caterinetta Fieschi Adorno, VCSCG, maggio 1934; Nel santuario di Santa Caterina. Potenza d’intercessione di Santa Caterina: una grazia segnalata, VCSCG, maggio 1934; padre Teodos:o da Voltri, Un nobile patrizio genovese nella sua vita e nella sua opera, VCSCG, maggio 1934. Sulla chiesa di S. Caterina in Portoria., cfr. Cassiano di Langasco, Chiesa della SS. Annunziata di Portoria (Santa Caterina), Genova 1975. 23 Cfr. fra Ginepro da Pompeiana, La mistica della serafica di Genova, VCSCG, agosto 1928; padre Valentiniano da Finalmarina, Il trattato del purgatorio, VCSCG, febbraio e settembre 1929, gennaio 1930; padre Umile da Genova, La teologia pur-gatoriale di S. Bonaventura e quella di Santa Caterina da Genova comparate, VCSCG, dal febbraio 1929 al maggio 1934; prof. M. Vegis De Cammillis, Il mistico tesoro di Santa Caterina, VCSCG, maggio e ottobre 1929; padre Basilio da Chiale, Gli insegnamenti di Santa Caterina, VCSCG, maggio 1929, marzo, aprile, maggio e settembre 1930; M. Lugaro, La dottoressa del purgatorio, VCSCG, agosto 1933; padre Tito da Ottone, Il principio della mistica in Santa Caterina, VCSCG, agosto 1933; A. Asquasciati, La maestra dello spirito, VCSCG, agosto 1933; padre Tito da Ottone, La dottrina della catarsi, VCSCG, maggio 1934; F. Araldo, Il purgatorio nella concezione di una mistica del Rinascimento, VCSCG, maggio 1934. Nel 1929 venne ripubblicato, a cura dei cappuccini genovesi, l’opera di Caterina Fieschi Adorno, Trattato del purgatorio. — 57 — al movimento dell’amore di Dio 24. Le doti della santa genovese, nell’intento dei cappuccini di Portoria, non dovevano in nessun caso restare argomento di dotte e filologiche dissertazioni, bensì costituire concreto nutrimento spirituale per i lettori, i devoti di Santa Caterina, sia abituali che occasionali25. Anche questi potevano, anzi dovevano, far proprie le esperienze e le considerazioni cateriniane sulla vita cristiana e sui suoi rapporti con la vita soprannaturale 26. I cappuccini insediati nel centrale quartiere di Portoria non si limitarono ad essere soltanto i custodi della tradizione di Santa Caterina da Genova. Essi utilizzarono infatti la grande popolarità di cui godeva non solo nel loro quartiere ma nell’intera città, comprese le più lontane delegazioni, per la costante vicinanza al popolo e per la secolare opera di assistenza materiale e spirituale esercitata in quello che era il più antico ospedale di Genova, Pammattone27. Con un’altra rivista, essi diffusero il culto e la tradizione francescana nella città, con un impegno particolarmente intenso specialmente tra il 1926 e il 1931, quando si presentarono all’orizzonte le celebrazioni di ben due centenari, quello francescano 2S e quello antoniano29. Questa seconda rivista era particolarmen- 24 Cfr. padre Teodosio da Voltri, Santa Caterina da Genova e il movimento dell'amor di Dio, VCSCG, agosto 1933. 23 Cfr. Nel santuario di Santa Caterina. Statistica della nazionalità dei visitatori, VCSCG, agosto 1928; Nel santuario di Santa Caterina. Il XVI convegno nazionale dei fucini, VCSCG, febbraio 1929. 26 Cfr. Plausi e consensi, VCSCG, agosto 1928. 27 Cfr. padre Umile da Genova, Il quarto centenario dei minori cappuccini e la beatificazione di Padre Santo, VF, settembre 1932. 28 Cfr. prof. L. Pongiglione, S. Francesco e S. Antonio, VF, giugno 1925; padre Roberto da Nove, L’assalto a S. Francesco, VF, gennaio 1926; La glorificazione francescana in Liguria, VF, novembre e dicembre 1926; padre Basilio, L’anno giubilare, S. Francesco e i suoi figli, VF, febbraio 1927; Apoteosi francescana a Sanremo, VF, febbraio 1927; padre Roberto da Nove, La perfetta letizia francescana e le sue contraffazioni, VF, aprile 1927; Il vescovo di Ventimiglia esalta la figura del poverello, VF, luglio 1927; Il centenario del transito. La solenne commemorazione di chiusura a Santa Caterina in Genova, VF, ottobre 1927; S. Francesco d’Assisi e l’ora presente, VF, novembre 1928. Sulle chiese francescane, cfr. Cento conventi. Contributo alla storia della provincia francescana ligure, Genova 1950. 29 Padre Umile da Genova, Settimo centenario antoniano, VF gennaio 1930; te attenta alla celebrazione degli annali e della storia dei cappuccini30. Una terza rivista edita in Genova dai cappuccini (però appartenenti ad un altro convento) toccava viceversa molto più delle altre le corde più sensibili dell’anima popolare. Il titolo era già il programma: si appellava infatti a quel « Padre Santo », ovvero a fra Francesco Maria Croese di Camporosso che durante il secolo precedente aveva esercitato la sua attività tra le classi popolari più tribolate e bisognose31. Il bollettino non aveva però soltanto lo scopo di mantenere vivo il ricordo del « Padre Santo » nelle classi popolari: intendeva anche promuovere ed agitare nell’opinione pubblica il movimento per la canonizzazione di un frate cappuccino che meglio di ogni altro incarnava la figura di chi esercitava l’apostolato tra gli umili vivendone la stessa vita e condividendone le stesse pene32. In effetti, il padre cappuccino di Camporosso sembrava possedere virtù e caratteristiche tali da suscitare interesse e devozione tra le masse. La sua appartenenza all’ordine cappuccino non gli aveva impedito di rimanere laico, e il suo abituale incarico di questuante, di cercatore di casa in casa, di consolatore delle pene dei poveri e degli sconosciuti, lo rendeva così vicino, ad oltre mezzo secolo La lettera apostolica del Papa per il centenario antoniano, VF, aprile 1931; A. Asquasciati, La celebrazione del settimo centenario antoniano a Sanremo, VF, marzo 1932. SuIl’Asquasciati, cfr. la voce di G. Simonetti in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/l, Le figure rappresentative, pp. 39. 30 Cfr. I nostri grandi, beati Lucchesio e Bonadonna prototerziari francescani, VF, maggio 1927; Fra Ginepro da Pompeiana, Nel secondo centenario della canonizzazione di Santa Margherita da Cortona, VF, maggio 1928; Il quarto centenario della riforma cappuccina, VF, luglio - agosto 1928; L'esaltazione di fra Corrado da Parzham e di suor Paola Frassinetti, VF, settembre 1928; I frati minori cappuccini tornano a Chiavari, VF, gennaio 1929; padre Umile da Genova, Il quarto centenario dei minori cappuccini e la beatificazione del Padre Santo, VF, settembre 1932; L’esaltazione papale del novello beato fra Corrado da Parzham laico cappuccino, VF, luglio - agosto 1930; Il nuovo convento di Alassio, VF, maggio 1932. Nel 1934, presso il convento di Santa Caterina da Genova, veniva inaugurato un circolo di cultura francescana con una conferenza di Romeo Castellani su Ludovico Necchi: cfr. VF, settembre - ottobre 1934. 31 Cfr. Per la beatificazione di Padre Santo, PS, marzo 1927. 32 Ibidem. Si veda anche: padre Teodosio da Voltri, Il Padre Santo, testo di una conferenza radiofonica, PS, giugno 1929 (numero speciale dedicato alla beatificazione ). — 59 — dalla morte, all’anima ed anche alla fantasia popolare. Così, quando nel 1929 il « padre santo » fu proclamato beato, la canonizzazione fu sentita dagli strati popolari di Genova e dell’intera regione come un fatto naturale, una ratifica ecclesiastica di ciò che da decenni si era sempre saputo 33. Tutta la regione si ritrovò alle celebrazioni di circostanza come ad una festa di famiglia 34, trovando nella proclamazione ufficiale di santità un motivo forte di aggregazione comunitaria. Per perpetuare la figura del « padre santo » e per caratterizzarne il culto ora ammesso anche ufficialmente, i cappuccini di Genova pensarono di introdurre e promuovere una nuova devozione, legata allo stile e alle abitudini di padre Francesco Maria: la devozione non solo a Genova, ma in tutta Italia, della pratica delle "tre Ave Maria 35. A questo scopo il bollettino conteneva in ogni suo numero una sezione dedicata al « propagatore delle tre Ave Maria » e presso la stessa chiesa venne eretta 1’ " Arciconfraternita delle tre Ave” 36. Inoltre, come si può facilmente pensare, la rivista conteneva in ogni suo numero ampi contributi per la migliore conoscenza della vita del beato, considerata soprattutto sotto l’aspetto che maggiormente poteva colpire la psicologia popolare (consolazioni, avvertimenti, messaggi, consigli, premonizioni, a-zioni miracolose) 37. La priorità dello scopo di celebrare la figura tanto familiare del « Padre Santo » non faceva però dimenticare ai padri cappuccini, che esercitavano il culto in una delle chiese più care alla devozione dei genovesi, più popolari e più frequentate, sia per la posizione centrale, sia per l’imperituro ricordo del « Padre Santo », il compito di favorire la 33 Si veda il numero speciale di PS interamente dedicato alla beatificazione del 30 giugno 1929. Sulla chiesa dei cappuccini genovesi detta comunemente « del Padre Santo », cfr. Saverio da S. Lorenzo della Costa, La Santissima Concezione. Piazza Cappuccini, Genova 1941; padre Cassiano da Langasco, Chiesa della Santissima Concezione e Padre Santo, Genova 1976. 34 Si veda il già citato discorso radiofonico di padre Teodosio da Voltri, PS, giugno 1929. 35 Cfr. Il propagatore delle tre Ave Maria. Bollettino per la diffusione della devota pratica delle tre ave in Italia, PS, gennaio 1927. 36 Cfr. Pensieri devoti sull’arciconfraternita delle tre Ave, PS, gennaio 1927. 37 Cfr. Fiori di riconoscenza, PS, gennaio 1927. — 60 — promozione e lo sviluppo religioso della città38, pur non avendo responsabilità parrocchiali e diretta cura d’anime. Si sforzarono sempre di mantenere ottimi rapporti con l’arcivescovo e con il clero 39, per sottolineare la loro comunione con la vita religiosa che circolava nella diocesi. Si specializzarono nella vita missionaria, riuscendo a fare della loro chiesa il centro di raccolta e di esposizione delle opere missionarie esercitate dai cappuccini specialmente in Africa40. Se "Padre Santo” ed in genere le riviste dei cappuccini avevano (ed intendevano avere) carattere e intonazione decisamente popolari, ad un pubblico del tutto diverso si rivolgeva viceversa la rivista della “Società alpinisti cattolici”, sorta a Genova fin dal 1925 41. Non si trattava, in questo caso, di un ambiente quantitativamente importante e popolareggiante, come in genere erano quelli formati dal laicato cattolico, ma di un gruppo relativamente ristretto, quale poteva essere quello che esercitava con regolarità attività sportive invernali negli anni venti e nella prima metà degli anni trenta. Era un ambiente schiettamente borghese, costituito da persone con buone, se non addirittura larghe, possibilità economiche, fortemente caratterizzate, inoltre, sotto il profilo professionale. Ingegneri, insegnanti medi e superiori, professionisti formavano in grande prevalenza questo nucleo che non poteva possedere le medesime esigenze religiose di un ambiente popolare e neppure quelle dei gruppi di Azione cattolica, sia per una maggiore capacità autodisciplinare, sia per l’insofferenza a quella separazione dei sessi che era, allora, regola costante negli ambienti cattolici, sia per la specificità dei propri interessi religiosi, che riguardavano in modo particolare il rapporto tra Dio, l’uomo, la natura. La specificità dell’impegno sportivo facilitava inoltre un maggiore distacco sia dal conformismo, sia dal devo- 38 Cfr. Per una santa crociata, PS, giugno 1925 (contro la moda femminile) ; Invito al nostro cinematografo, PS, marzo 1926; Il Sacro Cuore, PS, giugno 1927. 39 Cfr. In morte di mons. Francesco Sidoli, PS, gennaio 1925; Mons. Minoretti novello arcivescovo di Genova, PS, febbraio 1925; La porpora al card. Minoretti, PS, dicembre 1929; Il card. Minoretti e i cappuccini, PS, aprile 1938. 40 In ogni numero delle riviste cappuccine si trovava la « pagina missionaria »: cfr. anche Esposizione missionaria per le missioni in Etiopia, PS, maggio 1937 e C. Salotti, Splendori ed eroismi delle missioni francescane, VF, novembre 1933. 41 Cfr. G. Reverdini, Il perché della SAC, SAC, marzo 1935. — 61 — zionismo e, viceversa, una più spiccata sensibilità alle motivazioni del coraggio, della fermezza spirituale, dell’amicizia e dell’ascesa religiosa42. La rivista non mancava inoltre di riflettere, accanto alla composizione elitaria dell’associazione, la mancanza di gerarchie formalmente precostituite al suo interno. Fatto pressoché unico nella pubblicista cattolica genovese del tempo, i redattori si rivolgevano infatti a tutti i lettori affinché collaborassero alla sua stesura43. In sostanza, la società si rivolgeva con attenzione al recupero religioso di quel ristretto gruppo di persone che, per passione sportiva e per insoddisfazione della vita parrocchiale che poteva parere troppo popolaresca e, per certi aspetti, perfino troppo angusta, tendevano ad evitare i normali canali ecclesiali44. La comprensione di queste esigenze conduceva il gruppo all’approfondimento della tematica sportiva in termini diversi da quelli allora correnti nel mondo cattolico: così, si esprimevano apprezzamenti positivi su quell’attività che in generale era condannata come rigurgito di paganesimo43. Data la composizione sociale degli aderenti, il circolo non solo non si interessava degli sport popolari o popolareggianti, come il calcio, ma attribuiva largo spazio ai problemi culturali. La sede sociale era provvista di volumi e riviste (di prevalente ispirazione neoscolastica) che intendevano dare una risposta più qualificata alle richieste religiose dei suoi membri46. E attorno al circolo gravitavano i sacerdoti culturalmente più preparati della diocesi: Girolamo Reverdini (che era un po’ l’assistente religioso del gruppo, se è lecita l’espressione, dato che non bisogna dimenticare che esso era sorto e viveva con il minimo dei vincoli organizzativi possibili) 47, Filippo Terrile48, Emi- 42 Cfr. Il nostro programma, SAC, gennaio 1935. 43 Cfr. SAC, gennaio 1935 e aprile 1935. 44 Cfr. G. Reverdini, Il perché della SAC, cit. 45 Cfr. dott. A. Ardoino, Lo spinto cristiano nello sport, SAC, gennaio 1935. 46 Cfr. Biblioteca di apologetica cristiana, SAC, febbraio 1935; Libri acquistati dalla biblioteca, SAC, marzo 1935. 47 Cfr. G. Reverdini, Il perché della SAC, cit.; G. Reverdini, La SAC nei primi dodici anni di vita, SAC, giugno 1935. 48 Cfr. F. Terrile, Cose viste ammirando, SAC, febbraio 1935; F. Terrile, — 62 — lio Guano49, Benedetto Galbiati 50, Franco Costa51. Questi sacerdoti, oltre ad avere un’elevata capacità di appagare le esigenze culturali degli « alpinisti », erano anche liberi da impegni parrocchiali diretti, e quindi più di altri potevano intendere le necessità di coloro che desideravano vivere una vita religiosa più libera dagli impegni e dai vincoli della parrocchia, e che sentivano di più i legami dell’amicizia liberamente scelta che non quelli di un’appartenenza originaria e irrinunciabile ad una comunità giuridica52. La confluenza di tanti sacerdoti non scalfiva la « laicità » dell’associazione, che restava fondata sul libero, eguale, fraterno contributo dei suoi membri allo sviluppo della sua vita. La "Società alpinistica cattolica” di Genova era pertanto una delle poche associazioni cattoliche non ispirate a sacerdotalismo gerarchico53. L’alpinismo e la scienza, SAC, maggio 1935; F. Terrile, Il monumenti religiosi sui monti, SAC, luglio 1935. 49 Cfr. E. Guano, La montagna nella ricerca di Dio, SAC, aprile 1935. 50 Cfr. B. Galbiati, Come dipinge il sole, SAC, luglio 1935. 51 Cfr. F. Costa, Piero Frassati e la montagna, SAC, luglio 1935. 52 Cfr. M. R., Il nostro programma, SAC, gennaio 1935; A. Ardoino, Lo spirito cristiano nello sport, SAC, gennaio 1935; G. Reverdini, Il perché della SAC, SAC, marzo 1935. 53 Cfr. Ai consoci, SAC, gennaio 1935; ibidem, SAC, aprile 1935. — 63 — CAPITOLO TERZO LA VITA PARROCCHIALE Come si è veduto, non mancavano a Genova manifestazioni anche notevoli di spiritualità svincolate, in vario modo, dalle parrocchie. Tuttavia il canale normale, più facile e, secondo i responsabili ecclesiali, di gran lunga preferibile per lo sviluppo religioso era, indubbiamente, quel- lo parrocchiale. Il pontificato di Pio XI era anzi caratterizzato proprio dalla direttiva di mettere in valore l’istituto parrocchiale come fulcro della partecipazione del laicato alla vita ecclesiale1. Nonostante le profonde trasformazioni avvenute nella trama politico-sociale, si pensava generalmente che questa antica cellula di vita comunitaria fosse ancora la più adatta a rispondere alle esigenze delle popolazioni moderne. In modo particolare sembrava che la comunità parrocchiale rispondesse egualmente bene sia alle domande dell’ambiente cittadino e metropolitano, sia a quelle del piccolo centro o del villaggio di campagna purché, con incessante lavoro di ricerca, si adottassero i necessari aggiustamenti. L’impostazione generale del pontificato di Pio XI, tesa alla valorizzazione della parrocchia, era condivisa dall’arcivescovo Minoretti con una adesione che andava ben al di là del suo dovere d’ufficio. Non bisogna dimenticare che egli stesso, in precedenza, era stato uno dei più energici sostenitori della parrocchia, sia come parroco di Seregno, sia come vescovo di Crema2. In queste sue esperienze, egli aveva concepito e 1 Sono le idee espresse, in quel tomo di tempo, anche da P. Mazzolari, Diario (1925 -1926) e Lettere a V. Fabrizi De Biane 1974, e poi sistemate in P. Mazzolari, La parrocchia, Vicenza 1977. 2 Cfr. appunto tratto dall’archivio della diocesi di Genova, relativo al « corso — 64 — maturato il concetto della parrocchia come centro vivo e autosufficiente di vita non soltanto religiosa, ma anche sociale. Essa doveva andare oltre al tempio e al servizio sacro, per comprendere anche quelle istituzioni egualmente necessarie a favorire l’aggregazione dei fedeli: ricreatori, oratori, teatri, laboratori, campi sportivi, attrezzature per giochi, e scuole, oltre che di catechismo e di cultura religiosa, anche di addestramento professionale e di aggiornamento culturale in un diuturno contatto con la cultura laica. Al suo arrivo a Genova, mons. Minoretti si accorse che esisteva un grande vuoto da colmare ed impartì subito le necessarie direttive. Egli infatti non mancò di notare, con disappunto, che la realtà parrocchiale era di solito costituita dal solo tempio (spesso anche sprovvisto di casa canonica). Convinto che fosse necessario un intervento in profondità, il nuovo arcivescovo si preoccupò di spostare circoscrizioni parrocchiali, di togliere titoli laddove, come nel centro storico, fossero sovrabbondanti, per trasferirli, con nuove costruzioni, laddove, come in periferia, fossero insufficienti. Durante il suo episcopato, il territorio urbano e suburbano della diocesi divenne un vero cantiere in costruzione. Mons. Minoretti non si accontentò che fossero colmate le lacune più gravi. Volle anche che il progetto di costruzione di ogni nuova chiesa comprendesse sempre aree, coperte o scoperte, per le cosiddette « opere parrocchiali ». Mirò inoltre, facendo valere in modo particolare l’esperienza che aveva maturato in Lombardia, che ogni complesso parrocchiale fosse dotato di relativa autosufficienza3. Minori risultati ottenne però il suo tentativo di trasformare le strutture in comunità viventi di culto, date le apologetico », tenuto a Seregno nel 1910; e l’appunto « In sacra pastorali visitatione » redatto da Minoretti, vescovo di Crema, nel 1918, sempre tratto dallo stesso archivio diocesano genovese. 3 Cfr. lettera pastorale del 14 ottobre 1925, in RDG, XV (1925), pp. 153 -161; le parole rivolte dall’arcivescovo nell’adunanza dei parroci del 16 novembre 1926, ibidem (XVI), pp. 209-239; Ai parroci e ai sacerdoti, ibidem (XVII, 1927), pp. 57-63; omelia collegiale dei vescovi della Liguria, ibidem (XVIII, 1928), pp. 258-267; lettera pastorale per la quaresima del 1928, ibidem, pp. 11-22; ai parroci della diocesi riuniti il 1° ottobre 1931, in ADG AM; Il beato Antonio Gianelli, discorso tenuto a Bobbio il 13 maggio 1934; ibidem-, discorso tenuto a Loano in occasione del terzo centenario della fondazione della chiesa parrocchiale, ibidem. — 65 — resistenze delle tradizioni genovesi che sembravano, al momento, insuperabili 4. Soprattutto, intendeva « parrocchializzare » il suo clero. Non era impresa facile, in una città e in una diocesi ricche di ordini religiosi di ogni genere, tenacemente attaccati alle loro tradizioni, ai loro privilegi e alle loro eccezionis. Al Minoretti dispiaceva che a questo numeroso clero non parrocchiale poco premesse, anche a motivo di vischiosi interessi , la cura spirituale dei laicato7. L’arcivescovo intendeva invece che le persone consacrate, appartenenti al clero secolare come a quello regolare o alle numerose famiglie di religiosi e di religiose, non perdessero di vista la loro funzione primaria, quella del servizio alle diverse categorie del laicato, dovunque esso agisse, vivesse o si presentasse, ma soprattutto nella sua sede naturale, quella parrocchiale8. Pertanto, fin dal primo momento del suo arrivo a Genova, approvò e incoraggiò l’iniziativa dei gruppi, delle congregazioni e degli ordini religiosi che anteponevano l’interesse delle anime alla vita contemplativa. Particolare favore incontrò presso di lui l’arrivo a Genova di un gruppo di religiose che avevano come scopo precipuo e caratterizzante il ser- 4 Cfr. l’omelia collettiva dei vescovi della Liguria del 1928, cit.; discorso te nuto in occasione del terzo centenario della parrocchia di Loano, cit. 5 Minoretti, scrivendo alla Santa Sede il 19 marzo 1932, notava che « in Ge nova vivono ventisei ordini religiosi con sessantatré case e con quattordici par rocchie affidate a religiosi » e che questi religiosi « da più di un anno hanno ere duto bene di riunirsi in una specie di sindacato per difendere i propri diritti ». (cfr. ADG AM). 6 Nell’appunto citato, il cardinale si lamentava dei fenomeni « di schietta indisciplina e di grettezza « mostrati da codesti religiosi, nonostante che le migliori e più ricche parrocchie sono quelle dei religiosi », con imbarazzo del popolo, che si vedeva imporre « tasse esagerate » e del clero secolare (ibidem ). 7 Cfr. lettera del card. Minoretti alla Santa Sede del 16 ottobre 1930 sull’opposizione dei padri domenicani alla costruzione di una nuova parrocchia a Cor-nigliano, la quale avrebbe leso « i loro interessi » (ibidem). 8 Cfr. lettera dell’arcivescovo al card. Donato Sbarretti, prefetto della Sacra congregazione del concilio, del 26 gennaio 1928 (ibidem), dove si deplorava il fatto che « i religiosi, in numero davvero imponente, non si prestano al servizio domenicale » e si proponeva « una specie di mobilitazione festiva dei sacerdoti », richiesta « al ministero sacerdotale del bene del popolo ». — 66 — vizio nei confronti del laicato e la promozione della vita parrocchiale. Minoretti non solo promosse con ogni agevolazione l’impianto a Genova di questo gruppo, che aveva il titolo significativo di “Missionarie del popolo”, ma procurò anche che fosse conosciuto dagli ambienti ecclesiastici e dal grosso pubblico attraverso la pubblicazione di una rivista, munita della propria approvazione e presentazione9. Secondo quanto dicevano di sé, le "Missionarie del popolo” erano « volontarie al servizio di Dio e delle anime; senza assumere speciale divisa si raccolgono a vita comune e si stabiliscono in centri parrocchiali o interparrocchiali per arrivare a quelle forme di bene e di apostolato che localmente si rendono più urgenti ». In tale funzione, e in tale spirito, si offrivano « a collaborare a tutte le iniziative preesistenti dell’Azione cattolica; a prestare la loro collaborazione ai parroci per il catechismo, canto sacro, ricreatori, scuole parrocchiali, ecc., ad aiutare malati e sofferenti, a compiere le opere di misericordia più urgenti nelle località in cui hanno le loro sedi »10. Questo gruppo, anche per assicurare una maggiore agilità ed efficacia di azione, aveva rinunciato all’impianto di gerarchie e aveva ridotto al minimo le necessità di organizzazione, che faceva capo alla “Pia società delle Missionarie del popolo”, il cui regolamento non poteva essere più semplice e schematico11. Esso indicava semplicemente che «la “Società delle Missionarie del popolo” è un’accolta di pie persone le quali, libere da impegni di famiglia, si dedicano alla santificazione propria e all’ideale dell’apostolato cristiano », applicandosi « alle più svariate iniziative religiose e sociali con spiccato carattere di parrocchialità, stabilendo le loro sedi in centri parrocchiali o interparrocchiali ». L’impegno di queste donne, per quanto privilegiasse la parrocchia, non poteva e non doveva esaurirsi nella collaborazione a questo istituto considerato come fine a se stesso, ma doveva rivolgersi al laicato « sorpreso » nel suo luogo di vita e di attività. Pertanto non era l’istituto oggetto della loro attenzione, ma l’uomo, il laico dell’età contemporanea. Infatti, lo schema di regolamento proposto dalle missionarie del popolo si preoccupava di 9 Cfr. Presentazione, FC, 15 maggio 1927. 10 Cfr. Chi sono le Missionarie del popolo, FC, 1° giugno 1927. 11 Cfr. Schema di regolamento della Pia società delle missionarie del popolo, FC, agosto 1927. sottolineare che, « oltre all’attività che svolgono nelle loro sedi e secondo le loro particolari attitudini, possono entrare come impiegate ed operaie negli uffici e nei laboratori, nelle case e nelle scuole come istitutrici e maestre, nelle cliniche, operaie e case private come infermiere eccetera ». Esse si preoccupavano anche di far presente che la loro canta « viene praticata senza riguardo al ceto, al partito, alla religione di coloro di cui si vuole il bene »: pur non venendo mai meno « nel suo spirito, nel suo programma, nella sua applicazione » alla « più assoluta dipendenza dalla Santa Chiesa cattolica e dalla sua gerarchia ». L’attività esteriore non poteva prescindere dall’adesione allo spirito cristiano: ma il loro modello spirituale doveva rispondere alla vocazione specificamente sociale del loro apostolato: pertanto « la pietà delle missionarie sarà eminentemente liturgica: esse si immedesimeranno dello spirito della Chiesa ed escluderanno le forme di religione egoistica e personale che sono il tossico della vera pietà ». Le fonti di questa spiritualità sociale erano costituite dalla « lettura del Vangelo, dalla soda cultura religiosa, dall esempio dei santi ». La loro devozione era rivolta « in modo particolarissimo al Cuore adorabile di Gesù » e ai protettori « la Vergine santissima e S. Giuseppe », ai quali, almeno per la casa di Genova, si deve aggiungere Santa Teresa n. Le socie dovevano avere la qualificazione necessaria per 1 esplicazione del loro apostolato: di conseguenza, dovevano « possedere qualche diploma o titolo di studio, oppure comprovare la loro idoneità a qualcuna delle mansioni inerenti alla vita casalinga ». Pur non essendo legate ad alcun vincolo religioso di natura giuridica, e pur conservando formalmente il loro status laicale, le socie dovevano osservare le regole della vita comune. Il punto più qualificante dell’organizzazione era però la mancanza di « distinzione di gradi e di categorie », allo scopo di ottenere il massimo di rendimento e di responsabilità u. Altro punto qualificante del programma era l’affermazione della « completa autonomia » di ogni casa rispetto alle altre. Essa era appena scalfita dall’esistenza di 12 Cfr. Per una cappella a Santa Teresa del Bambin Gesù, FC, settembre 1927; padre Petelot, Santa Teresa del Bambin Gesù. La gioia della sofferenza, FC, 15 ottobre 1928. Inoltre, la casa madre di Genova delle Missionarie del popolo era intitolata proprio a Santa Teresa Martin. 13 Cfr. Schema di regolamento cit. — 68 — « una direzione centrale da cui dipenderanno tutte le singole case per ciò che si riferisce al programma di azione » e da cui emaneranno gli altri organi centrali dell’organizzazione, la presidente generale, il consiglio e l’assemblea generale. Più che il rapporto verticale, alle « socie » interessava invece il rapporto orizzontale o locale: pertanto le missionarie si dichiaravano soggette, in primo luogo, all’« ordinario locale ». Le sedi sociali erano particolarmente attrezzate di tutto ciò che fosse di vantaggio al laicato, specialmente giovanile: in esse vi erano infatti « scuole di modisteria, di taglio e confezione (da uomo e da donna), corsi completi di preparazione al diploma, corsi di lingua, ricamo, pittura, dattilografia » e vi si impartivano « ripetizioni in tutte le materie ». Le missionarie del popolo « ospitavano signore e signorine, studentesse, impiegate » e « le bambine di Santa Teresa, orfane e bisognose ». A Genova, le missionarie del popolo fondarono due case con relativa colonia balneare 14. Se la spiritualità delle missionarie del popolo procedeva sui binari della tradizione tridentina (lo confermavano infatti la devozione speciale al Sacro Cuore e il riferimento al messaggio di Santa Maria Margherita Alacocque) 1S, il loro apostolato era però di avanguardia, almeno in Italia, e rappresentava un tentativo di decisa rottura con l’interpretazione statica della tradizione degli ordini e delle congregazioni religiose. Nel loro diuturno contatto con il laicato, e specialmente con le classi popolari e con la piccola borghesia, mostrarono di condividerne le esigenze materiali e spirituali. Il culto di Santa Teresa del Bambino Gesù era indubbiamente un modo di avvicinarsi alla spiritualità dei semplici e degli umili, come anche di penetrare nel loro spirito. In questo contesto, speciale cura veniva dedicata alla spiritualità della famiglia: e ai suoi problemi più specifici, quali la fecondità 16 e la miseria ,7. Evidente era il tentativo di proporre un nuovo tipo di santo moderno, la cui vita potesse essere proposta come esempio alle nuove generazioni, co- 14 Cfr. Casa di Santa Teresa del Bambin Gesù. Colonia balneare, FC, 15 maggio 1928. 15 Cfr. Schema di regolamento cit.; Perché non andare tutti i giorni alla santa messaì, FC, maggio 1928. 16 Cfr. Case senza bimbi, FC, aprile 1929. 17 Cfr. J. Cattaneo, La miseria, FC, agosto 1928. — 69 — me quella del santo medico napoletano Giuseppe Moscati Ed evidente era anche il tentativo di fondare le strutture di una cultura popolare alternativa a quella laicizzante corrente, con impegno particolarmente attento di comporre « pièces », poesie, « accademie », testi filodrammatici e così via. Non sappiamo fino a qual punto il tentativo delle missionarie del popolo trovasse rispondenza nell’ambiente diocesano e specialmente nell’implicito interlocutore, il clero parrocchiale: nella rivista e nella stampa parrocchiale non abbiamo cioè indicazioni sull’utilizzazione concreta della disponibilità di questo gruppo informale di religiose dedite al servizio del laicato e in particolar modo della struttura parrocchiale. Non sappiamo neppure se la mancanza di qualsiasi concreta indicazione dipenda dalla carenza di utilizzazione oppure dal desiderio delle missionarie di non pubblicizzare la loro attività. Resta il fatto che a Genova operarono, con il consenso dell’arcivescovo e in stretta comunanza di scopi con i sacerdoti aventi cura d’anime, donne particolarmente addestrate all’apostolato laicale 19. Nel tentativo di valorizzare la vita parrocchiale, i responsabili denunciavano in primo luogo un fenomeno che, in alcune località cittadine o di periferia operaia, sembrava assumere dimensioni macroscopiche: la diserzione dalla propria parrocchia20, che aveva come sbocco o la frequenza di altri templi per qualche motivo più graditi21 o, più spesso, l’abbandono dell’ordinaria pratica religiosa 22. L’appello allo spirito di corpo non era però che il primo passo per la valorizzazione e la restaura- 18 Cfr. I santi moderni: dott. Giuseppe Moscati, FC, ottobre 1931. Sul Moscati si veda la voce di F. Barra in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., III/2, Le figure rappresentative, pp. 580-581. 19 Cfr. Una missionaria, La parrocchia, FC, ottobre 1929. 20 Cfr. In casa nostra, AF, agosto 1934; MN, luglio 1933; Rio Palma (P. Marazzi), Dopo una bella funzione..., VA, febbraio 1938; Si frequenti la parrocchia, SMRS novembre 1935; Il parroco, La parrocchia, SL, ottobre 1936; Amiamo la nostra parrocchia, ER, aprile 1932; Ritorniamo alla parrocchia, CD, settembre 1936; Ai margini della parrocchia, VDM, giugno e luglio 1934; Le frequenze in parrocchia, VDM, aprile 1937. 21 Cfr. Ai margini della parrocchia, VDM, giugno e luglio 1934. 22 Cfr. Rio Palma, Dopo una bella funzione..., VA, febbraio 1938. — 70 — zione della vita parrocchiale 23 : in genere si cercava di ottenere mete più ambiziose e sostanziose che non la pura frequenza materiale della chiesa parrocchiale o l’abbellimento del tempio 24. Per sensibilizzare 1 opinione pubblica sul valore della vita parrocchiale, molti parroci promossero interventi promozionali quali settimane della parrocchia o altre iniziative analoghe25. L’arcivescovo però, sulla scorta delle sue esperienze lombarde, nutriva molta fiducia nei bollettini parrocchiali come strumenti di comunicazione del parroco con i suoi fedeli e come tramite di circolazione della vita della parrocchia. Per mostrare anche tangibilmente il suo gradimento per tali forme di pubblicistica religiosa, e per indicare il suo pensiero sui criteri che dovevano presiedere alla stesura dei bollettini, non mancava di munire i primi numeri editi da una parrocchia o da una chiesa di una sua presentazione e di un suo augurio 26. Nel 1931, quando il movimento dei bollettini parrocchiali si era sufficientemente radicato anche nella diocesi di Genova, egli si servì di questi fogli per manifestare i propri intendimenti, sottolineando soprattutto ciò che gli stava più a cuore, il legame tra questi nuovi strumenti 23 Cfr. La parrocchia, BSS, novembre 1938; FF, La mia parrocchia, MGS ottobre 1928; Chi è il parroco, MGS, dicembre 1932; Il parroco, I nostri impegni con la parrocchia, MSG, giugno 1934; Il parroco, Le tappe della nostra ascensione, MGS, novembre 1934; Il parrocchiano esemplare, SB, dicembre 1933; Nel mio decennio di parrocchia, VDF, novembre 1933; Auguri del parroco, MM, dicembre 1935; Quando si comprende, SL, gennaio - febbraio 1937. 24 Innumerevoli erano gli interventi e gli appelli dei parroci, in genere coronati da ampia corrispondenza della popolazione, per dotare la chiesa di suppellettili sacre, arredi, campane, orologi, altari, immagini e così via: si può dire che non vi sia numero di bollettino parrocchiale che non contenga iniziative o offerte del genere. 25 Cfr. Settimana della parrocchia e consacrazione al Sacro Cuore, AF, luglio -agosto 1937; La giornata sacerdotale e parrocchiale, VA, dicembre 1928. 26 Uno dei primi documenti ufficiali emanati da Minoretti prima ancora di prendere possesso della nuova diocesi conteneva la raccomandazione di pubblicare e leggere i bollettini parrocchiali come indispensabili « sussidi all’azione pastorale » (cfr. RDG, XV, 1925, pp. 12-14 e 60 - 62). Cfr., per il nostro argomento, La parola dell’arcivescovo in favore del bollettino parrocchiale, SL, febbraio 1935; L’arcivescovo benedice il bollettino parrocchiale, VDF, gennaio 1926; Ibidem, MGS, gennaio 1927; La parola del cardinale per i nostri bollettini, VDM, febbraio 1931; L’arcivescovo e i bollettini parrocchiali, ESQ, marzo 1927. — 71 — di comunicazione e la restaurazione della vita parrocchiale: « così fosse il bollettino parrocchiale l’amico di tutte le famiglie cristiane, e quasi familiare campana parrocchiale, che indica a tutti la voce del pastore, sicché la parrocchia sia, o meglio torni ad essere, la grande famiglia che si raccoglie intorno all’altare e al pulpito ». Per l’arcivescovo, il bollettino parrocchiale, rispondendo alle esigenze della vita spirituale del cristiano, alla vita sociale e alla circolazione della vita ecclesiale, doveva avere, oltre la parte locale, una parte generale, in modo « che nessuno ignori quanto insegna e prescrive il Papa, il vescovo, il parroco ». In questa prospettiva, anche il bollettino della propria parrocchia formava parte integrante della cultura religiosa del cristiano: « il cristiano infatti, deve avere tre libretti: il catechismo, il Vangelo, il libro di devozione (questo per gli individui) ; per le famiglie si deve aggiungere il quotidiano giornale cattolico ed il bollettino parrocchiale » 21. Più ancora che il vescovo, la cui preoccupazione prevalente era semmai quella di uniformare e ridurre ad unità la vita religiosa della diocesi, i parroci erano attenti anche alle voci della chiesa locale, e quindi talvolta tendevano ad attribuire all’organo di stampa parrocchiale compiti potenzialmente ancora più vasti: così, per un parroco di una parrocchia francescana, « raccogliere, popolarizzare, tramandare la voce del Padre ed illustrare modestamente la mirabile figura (di S. Francesco), meditarne il pensiero e lo spirito e presentare in lui, nelle sue regole e nelle sue istituzioni, la via più facile alla perfezione evangelica, studiare la vita cristiana coi suoi doveri, le sue prove, le sue conquiste e le sue gioie alla luce serena della nostra parola, favorire una pietà solida e soave, senza esagerati sentimentalismi e senza rigidismi paurosi, affermare ed insegnare, sull’esempio del nostro padre e maestro e dei nostri santi, un amore ardente ed una illimitata obbedienza alla Chiesa, al Papa, ai pastori fra popolazioni nostre, educate, per secolare consuetudine coi figli del Serafico e pel loro attaccamento ad essi, ad una forma squisitamente francescana di religiosità e di zelo: ecco le ragioni del nuovo periodico ed ecco ad un tempo tutto il nostro programma ». Il punto principale e più significativo da sviluppare era appunto la vita religiosa locale: « come ogni parrocchia ed ogni chiesa ha caratteristi- 27 Cfr. La parola del cardinale per i nostri bollettini, VDM, febbraio 1931. — 72 — che proprie, proprie esigenze ed una propria storia cui si ispira la sua stampa, così noi vogliamo che i figli di S. Francesco di Albaro, di S. Antonio di Boccadasse e di S. Francesco di Bolzaneto abbiano una stampa tutta loro, rispondente alle loro esigenze, intonate alle loro tradizioni, espressione viva, in una parola, della loro attività religiosa e della vita religiosa della propria chiesa ». Entro i rigorosi e modesti limiti della chiesa locale, venivano indicati i punti da svolgere per promuovere la religiosità delle chiese parrocchiali francescane: « nulla procureremo che manchi di ciò che può illuminare lo spirito, incitare alla pietà, favorire l’educazione cristiana della famiglia. Il Vangelo della domenica, la Chiesa, la storia e l’agiografia francescana, il Terz’ordine, le nostre associazioni cattoliche parrocchiali, i fratini, l’aneddoto edificante, il raccontino, il movimento parrocchiale colle sue diverse statistiche, avranno mensilmente nel bollettino la loro rubrica »28. Per il parroco di S. Biagio in Polcevera, parrocchia prevalentemente rurale a non grande distanza dal capoluogo, la vita parrocchiale aveva come obiettivo la fondazione di una « grande famiglia nella quale si sentono tutti fratelli »29, e come strumenti un programma generale da una parte e un programma specifico generato dalla chiesa locale dall’altra: « un programma generico proprio di tutti ... è tracciato dal Vangelo, dalla dottrina cristiana, dalla sapienza, dalla Chiesa che ci parla per mezzo del Papa e dei vescovi ». Tuttavia, « oltre il programma generico per tutte le parrocchie ve n’ha uno particolare sul quale si richiama l’attenzione dei buoni parrocchiani ». Così, ad esempio, il programma per il 1934 « dovrebbe consistere in un’azione costante per convincere i parrocchiani ad ascoltare il Vangelo domenicale e il catechismo » secondo le insistenze del vescovo, in « una predicazione straordinaria » per mezzo di missionari, nella « sistemazione e organizzazione dell’Azione cattolica ». La conclusione era che « certamente per sviluppare questo programma occorrono braccia zelanti, cooperatori e corrispondenza, ma la chiave per risolvere ogni problema è la vita eucaristica che bisogna alimentare e accrescere in mezzo a noi »30. 28 Cfr. Voce francescana, V frane., aprile 1928. 29 Cfr. Il parrocchiano esemplare, SB, dicembre 1933. 30 Cfr. Auguri. Programma per il 1934, SB, gennaio 1934. — 73 — Anche per il parroco della parrocchia rurale annessa al santuario della Madonna delle Nasche, « il compito del nostro bollettino, modesto sì, ma pur importante, (è) quello di rinnovare la vita cristiana, portando nelle famiglie una sana dottrina di letture e di buoni esempi: così anche quelli che sono impossibilitati a frequentare la chiesa potranno udire la voce del loro parroco, né si spegnerà in essi quella fede che, nonostante tutte le aberrazioni umane, e ancora 1 unico conforto e l’unica forza nelle terribili lotte della vita»31. Per nutrire la fede era però necessario frequentare la parrocchia come nei tempi passati: « Oh, ritornate ai bei tempi antichi quando la chiesa era frequentata da tutti indistintamente i parrocchiani delle Nasche, ed allora go-drete più pace del cuore, avrete anche più prosperità negli interessi materiali e sarà assicurata la salvezza delle vostre anime »32. Il parroco del borgo rurale di Ronco Scrivia, per promuovere la vita religiosa nella sua parrocchia, riteneva opportuno pubblicare nel suo bollettino un breve vademecum del buon parrocchiano che era tenuto a recitare ogni giorno le preghiere, a dedicare interamente ai doveri religiosi la domenica e i giorni festivi, non accontentandosi della messa, ma frequentando anche la spiegazione del Vangelo e 1 istruzione domenicale, a « fuggire ogni occasione di peccato, che sono la familiarità con persone dell’altro sesso, le compagnie cattive, le letture pericolose, e adempiere con diligenza i doveri del nostro stato »33. Ma il metodo prevalente per adempiere il proprio dovere cristiano era pur sempre quello di frequentare la parrocchia, « altrimenti, sempre a detta del parroco di Ronco Scrivia, si resta privi di parecchi vantaggi: a) non si udrà l’istruzione parrocchiale tanto utile e tanto necessaria; b) non si conoscerà, e non si sarà conosciuti bene dal proprio parroco, che è pastore e padre; c) non si conoscerà e non si sarà conosciuti dagli altri parrocchiani, coi quali si dovrebbe avere una certa amicizia ed una certa fraternità; d) non si avrà il beneficio dell’Azione cattolica »34. Il parroco della parrocchia cittadina della SS. Annunziata di Sturla, Bartolomeo Rossi, augurava ai suoi parrocchiani di essere fedeli alla leg- 31 Cfr. Il vostro parroco, Carissimi parrocchiani, MN, gennaio 1932. 32 Cfr. Figli carissimi, MN, dicembre 1932. 33 Cfr. Non si dimentichi, SMRS, gennaio 1932. 34 Cfr. Si frequenti la parrocchia, SMRS, novembre 1935. — 74 — ge del Signore, di amare il prossimo, di non fare male ad alcuno con parole o con azioni35. In questa parrocchia fiorivano le associazioni parrocchiali, la liturgia, la proprietà e lo splendore del culto, le scuole catechistiche; al centro dell’attenzione stavano « gli afflitti, i diseredati ». Per il parroco di Santa Vittoria, la diffusione del bollettino parrocchiale era necessaria « non certo per appagare un senso di orgoglio o di vanagloria, ma unicamente perché la parola di quel Dio che disse ai suoi ministri ‘ andate, ammaestrate tutte le genti ’ giunga ovunque »36. Per il parroco della parrocchia collinare di Ruta, presso Camogli, la parrocchia è « una grande famiglia che si muove per le vie del Signore, dove la parentela spirituale della grazia allaccia strette relazioni tra coloro stessi che il censo o la posizione sociale tenderebbe a disgiungere ». È un « grandioso pellegrinaggio » dove gli interessi individuali sono superati da un trinomio: « amore, unione, aiuto ». È un centro di vita collettiva, per il cui sviluppo è necessario « sopprimere misere ambizioni di supremazia ed una malintesa emulazione, soprattutto sterilizzare quei germi disgregatori che rendono impossibile la vita in comune e disperdono le energie collettive ». I doveri del parrocchiano discendono da questa concezione organica della vita cristiana: « partecipazione alle funzioni parrocchiali, santificazione della festa coll’assistenza alla messa e al vespro, cura della propria istruzione religiosa attraverso il catechismo parrocchiale, sono i capisaldi che tengono unita la collettività parrocchiale nel suo cammino ascensionale ». In tale comunità che supera le barriere sociali, solo « i piccoli sono la porzione eletta del gregge » 37. Anche per il parroco della parrocchia montana di Isola del Cantone, Antonio Parolini, che in gioventù aveva militato nella democrazia cristiana38, il bollettino parrocchiale era uno degli strumenti « per 35 Cfr. sac. Bartolomeo Rossi, Anno nuovo, BP, gennaio 1938, e il numero del bollettino interamente dedicato al venticinquesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco (cfr. BP, maggio 1939). 36 Cfr. Perché questo bollettino?, SVT, gennaio 1932. 37 Cfr. In cammino. Programma, ER Ruta, gennaio 1939. 38 Cfr. il numero interamente dedicato al Parolini in occasione della sua morte: FN, marzo - aprile 1936. riaffermare un vincolo », cioè « la buona parola della fede cristiana, delle nostre religiose tradizioni, della vita della nostra parrocchia », per diffondere « parole di pace, di concordia, di incitamento al bene » per portare « la parola di Dio che, predicata in chiesa, avrà un eco nelle vostre case ». Il vincolo parrocchiale è appunto il « vincolo di perfezione che è la carità cristiana che unisce il parroco ai suoi parrocchiani .. . vincolo che varca lo spazio e che unisce i presenti agli assenti, specie agli emigranti di oltreoceano »39. Anche per il parroco della parrocchia cittadina del S. Cuore in Carignano, il « primo pensiero fu costituire la parrocchia come una famiglia, i cui membri devono vivere sempre a contatto, per quanto è possibile, col loro capo, e partecipare a tutta la vita nuova, di cui deve essere oggi improntata la vita parrocchiale »40. Il parroco di un’altra parrocchia cittadina, quella di S. Martino d’Albaro, desiderava che « si partecipasse alla vita della Chiesa in modo più intenso, assistendo alle funzioni liturgiche in modo attivo » e perciò si preoccupava di predisporre i mezzi più adatti per favorire questa partecipazione con cantorie, spiegazioni liturgiche, e così via41. Il parroco della parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce tentava di promuovere il diretto interesse della popolazione alla vita della parrocchia indicendo referendum sull’orario delle funzioni , mentre il parroco di Megli, sulle alture di Recco, recuperava il motivo della pace e della concordia « affinché tutti possano crescere in virtù e grazia presso Dio e presso gli uomini »43, affinchè « le nostre famiglie siano tutte soavi nidi di pace e d’amore, e la nostra parrocchia sia tutta una sola famiglia, ove tutti si amano l’un l’altro ed amano Iddio » . Il parroco della parrocchia della periferia operaia e suburbana di Campi di Cornigliano, dopo aver ricordato alcuni giorni tristi del primo dopoguerra, quando nel 1920 dovette allontanarsi per alcuni giorni dal- 39 Cfr. sac. A. Parolini arciprete, Presentazione, FN, gennaio 1927. 40 Cfr. Il prevosto Enrico Ravano, Nel mio decennio di parrocchia, VDF, novembre 1933. 41 Cfr. I miei desideri, FCA, dicembre 1934. 42 Cfr. Referendum sull’orario, VFF, settembre 1936. 43 Cfr. Il parroco, Auguri, MM, dicembre 1932. 44 Cfr. Auguri del parroco, MM, dicembre 1935. — 76 — la sua parrocchia per eccessi anticlericali, raccomandava ai parrocchiani l’osservanza dei principali doveri: santificazione della festa, istruzione religiosa per sé e per i figli, iscrizione alle associazioni parrocchiali. Per sancire la ritrovata confidenza con i suoi parrocchiani45, il parroco di Campi non perdeva occasione per ricordare che cosa dovesse essere la chiesa per il cristiano: casa del popolo, casa dei poveri, casa della comunione46. Il parroco della parrocchia montana di Savignone insisteva invece sulla parrocchia come nucleo di unità spirituale, « per agire tutti cogli stessi metodi e sulla medesima via »47. Per il parroco della parrocchia cittadina di S. Fruttuoso, lo sviluppo della vita cristiana richiedeva un complesso di carismi divini e di grazie (di conversione, di perseveranza, di apostolato) come premessa della pace con Dio e con il prossimo48. Il parroco della parrocchia cittadina di S. Siro prefigurava la vita parrocchiale come un complesso di rapporti intessuti di diritti - doveri: « il parroco deve dedicare tutta la sua opera alla cura spirituale di quelli che sono diventati suoi figlioli in Cristo, e questi devono obbedire e provvedere al loro pastore e alla loro chiesa, devono frequentare la loro chiesa, contribuire alle sue necessità secondo le leggi e le usanze ». A questo proposito, il parroco faceva notare che « le altre chiese sono semplici ausiliarie, e il clero non ha alcun dovere di giustizia verso i fedeli e non è obbligato alla residenza » mentre « il parroco non potrebbe abbandonare la sua chiesa neppure nel caso di una incursione aerea la più devastatrice »49. L’arciprete di una frazione montana della Grande Genova, Bavari, presentava il bollettino come uno strumento di diffusione della vita parrocchiale, come « un nuovo dolce legame che vi unisce sempre più intimamente al vo- 45 Cfr. Il parroco, Presentazione, SL, febbraio 1935. 46 Cfr. La tua chiesa, SL, gennaio - febbraio 1937. Nel frattempo, il vecchio parroco, Antonio Chiesa, era stato sostituito da Giuseppe Ravaschio, ma ciò non spostava i termini della questione. 47 Cfr. Perché questo giornale?, SBV, febbraio 1930. 48 Cfr. Il parroco, Compiti dell’anno nuovo, CD, gennaio 1937. Sulla parrocchia di S. Fruttuoso, cfr. G. Venturini, Il tormento del fuoco e della pietra. Note storiche sul martirio di S. Fruttuoso, e sulla omonima parrocchia di Genova, Genova 1966. 49 Cfr. La parrocchia, BSS, novembre 1938. — 77 — stro pastore ed alla vostra parrocchia » e come un mezzo di « vero santo apostolato » e di cooperazione « col vostro parroco a fare sempre più e meglio a amare la nostra augusta religione » . La parrocchia come nucleo di fraternità era al centro del discorso del parroco della parrocchia periferica della Madonna delle Grazie in Sampierdarena con accenti e implicazioni particolarmente energici: « questa fratellanza dovrebbe condurci tutti a dividere coi nostri simili di qualunque sesso o età o condizione sociale i beni che Dio ci ha dato e ci dona, beni materiali, beni di ordine spirituale e soprannaturale, perché siamo fratelli non solo per la creazione, ma anche in modo tutto speciale per la redenzione per cui divenimmo tutti membri di un grande corpo il cui capo è Cristo ». Di fronte alla radicalità di questa proposta di totale fraternità, era più che legittimo, da parte del parroco che non viveva nelle nuvole, porsi l’interrogativo se tale fratellanza esistesse veramente tra i suoi parrocchiani, e concludere « come le passioni umane, in tutti i tempi, si siano sforzate di distruggere questa fratellanza stabilita da Dio: prima la lussuria, che vorrebbe fare della donna unicamente lo strumento delle ignobili voluttà dell uomo, poi l’avarizia che divide l’umanità in due classi, l’una destinata al mercato per arricchire l’altra»51. Il capo visibile di questa comunità fondata sulla carità è il parroco, « maestro, anzi l’unico maestro della religione e della morale cristiana . . . maestro ed educatore di coscienze cristiane »52. Per progredire nella vita cristiana, eminentemente sociale, il parroco di Sampierdarena domandava « un accrescimento di spirito parrocchiale » attraverso l’istruzione religiosa, la frequenza dei sacramenti, la partecipazione alle funzioni religiose, l’educazione cristiana dei figli53, la devozione alla Vergine54. Per il parroco della cittadina rivierasca di Recco, capisaldi della vita parrocchiale erano la dottrina cristiana, la fede negli insegnamenti 50 Cfr. Presentando il nuovo bollettino parrocchiale, SM, febbraio 1928. 51 Cfr. La parola del parroco, Siate fratelli, MGS, gennaio 1932. 52 Cfr. Chi è il parroco, MGS, dicembre 1932. 53 Cfr. sac. Giovanni Bono Schiappacasse, parroco, Augurio di Capodanno, MGS, gennaio 1934. 54 Cfr. La parola del parroco, La devozione alla Madonna, MGS, gennaio 1936. — 78 — della Chiesa, l’osservanza dei comandamenti55. Il parroco di S. Fruttuoso tracciava l’equazione tra risveglio religioso e risveglio parrocchiale, secondo uno schema tanto comune nel clero del tempoAl parroco di Canepa, parrocchia montana nel retroterra di Sori, sembrava che uno dei problemi principali della sua missione fosse quello di moltiplicare gli strumenti di diffusione e di circolazione della vita parrocchiale, e perciò trovava utile il bollettino57. Al momento del commiato dai suoi parrocchiani per il trasferimento in altra parrocchia, egli faceva notare come il centro dell’attività pastorale fosse costituito dalla carità38. Il parroco della cittadina appenninica di Busalla sottolineava che « ogni fedele ha il dovere d’interessarsi della propria parrocchia come della propria famiglia » con la frequenza della chiesa, delle principali funzioni e con il concorso alle spese della manutenzione del tempio e delle opere parrocchiali59, mentre assai più ricca e complessa era la motivazione della vita parrocchiale per il parroco di una delle due parrocchie di Pegli, Vittorio Balletto60. Per lui, la vita parrocchiale era fondata sì sull’osservanza filiale dei comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa61, ma soprattutto sulla « solidarietà soprannaturale ». In questa prospettiva, il laico doveva « cooperare alla missione salvifica della Chiesa nel mondo coll’apostolato discreto »: il cristiano doveva sapere che « ognuno che guarda coll’occhio della fede stima più la conversione di un infedele, di un eretico, di un peccatore che la conquista di un impero ». Il cristiano doveva altresì prendere coscienza del pericolo di un « ritorno del paganesimo in nazioni vissute per secoli all’ombra della croce » e, pertanto, doveva impegnarsi per il mantenimento dell’Italia nell’orbita cristiana: « vogliamo la nostra patria più grande, forte, felice? Lavoriamo perché sia sempre più cat- 55 Cfr. Amiamo la nostra parrocchia!, ER, aprile 1932. 56 Cfr. Bilancio parrocchiale, CD, gennaio 1932. 57 Cfr. L’arciprete, Beneaugurando, VC, febbraio 1928. 58 Cfr. L’arciprete ai parrocchiani, Commiato, VC, novembre 1929. s» Cfr. VFB, agosto 1930. 60 In ogni numero del bollettino parrocchiale si trovavano istruzioni e omelie, di tenore più profondo ed elevato della media. 61 Cfr. Osservanza filiale dei precetti della Chiesa, I, agosto 1933. — 79 — tolica »62. La vita cristiana, pertanto, non poteva consistere « soltanto in pratiche religiose, in opere esteriori », ma doveva allargarsi nell’esercizio delle virtù « colla moderazione in ogni cosa, colla giustizia verso il prossimo, sia nella ricchezza, sia negli onori, colla pietà verso Dio »63. Il cristiano, al di là delle devozioni particolari e sovente esteriori, doveva ricordare che « il centro della religione è Gesù Cristo » e che i suoi « doni » si compendiano nella « grazia » 64 • Per sottolineare il carattere collettivo e corale della vita parrocchiale, il parroco di Pegli metteva in rilievo, come, cinquant’anni prima, il popolo avesse contribuito alla costruzione della nuova chiesa lavorando per essa65 e come, nella Chiesa dei primi secoli, « i cristiani si sentivano tutti fratelli »66. Egli si rendeva conto, però, che gli inviti alla piena vita spirituale erano privi di senso « per il materialista, per l’uomo di mondo, per cui la meta è rappresentata dalla felicità, dal godimento, dal benessere terreno » 67. Per il parroco della parrocchia cittadina di Borgo Incrociati, il segreto della vita cristiana era, più modestamente, l’osservanza dei doveri del proprio stato da parte dei parrocchiani: per facilitare l’osservanza di tali doveri era necessario che la voce del parroco raggiungesse tutti, anche e soprattutto gli assenti, con ogni mezzo lecito e consentito, tra cui il principale e il più efficace era certamente il bollettino parrocchiale 6S. Il cristiano, nell’osservanza dei suoi doveri religiosi, doveva anche ricordare che « non progredire è retrocedere » e quindi doveva tendere alla perfezione anche e soprattutto nella vita religiosa 69, che richiedeva « grazie di conversione, grazie di perseveranza, grazie di apostolato », senso del dovere da parte di tutti: l’obiettivo era quello di ottenere la « pace con Dio e . . . pace col prossimo nel vicendevole com- 62 Cfr. Solidarietà soprannaturale, 1° settembre 1933. 63 Cfr. can. Vittorio Balletto, Rinnovatevi nella vita, I, gennaio 1934. 64 Cfr. Il parroco, Il dono di Dio, I, aprile 1934. 65 Cfr. Il parroco, Attraverso mezzo secolo, I, novembre 1934. 66 II parroco, C’è un rimedio alla crisi?, I, settembre 1934. 67 Cfr. can Vittorio Balletto, Ciò che si deve cercare, I, gennaio 1935. 68 Cfr. Saluto inaugurale dell’economo spirituale, SP, gennaio 1929. 69 Cfr. L’economo spirituale, La voce del pastore, SP, febbraio 1929. — 80 — patimento, nel rispetto dei superiori, nella buona armonia cogli eguali, nella bontà verso gli inferiori »70. Per progredire nella vita cristiana era necessario comprendere, apprezzare, vivere la vita della parrocchia con « rinnovato fervore di fede », con l’appartenenza alle associazioni parrocchiali, con il concorso unanime alla costruzione della nuova chiesa: « si pensi che nei paesi, specialmente di montagna, la chiesa è fatta realmente dal popolo»71. A sua volta, il parroco di Arenzano, Andrea Servetto, insisteva sull’equazione, tanto frequente, come abbiamo veduto, nella diocesi di Genova, tra parrocchia e famiglia, con un’accentuazione particolare di preoccupazione e di sollecitazione per gli assenti e per i lontani dalla chiesa: questi potevano essere raggiunti forse dal bollettino, che quindi esercitava, in questo senso, una funzione insostituibile72. Per sensibilizzare l’attenzione dei suoi parrocchiani, Servetto organizzò anche giornate sacerdotali e parrocchiali73 e cercò di far ruotare la vita spirituale della sua parrocchia attorno alla preghiera sociale e alla liturgia74. Come il parroco di Pegli e altri parroci della sua generazione, Servetto aveva ormai superato almeno praticamente i confini tra chiesa discente e chiesa docente in una concezione che si può definire pansacerdotalista o ministeriale. Il rapporto tra lui e la chiesa che gli era stata affidata dal vescovo era pertanto esclusivo: « l’orgoglio di poter dire: questa chiesa è mia, perché il parroco non è un semplice custode ed amministratore, ossia non è un impiegato, un mercenario, direbbe Gesù Cristo, ma egli è per vocazione sacerdote, ed egli della sua cura pastorale fa non semplicemente una sua occupazione, ma la sua occupazione, anzi la sua vita perché egli vive la vita della sua parrocchia che è una cosa sola con la sua vita. La religione, di cui il sacerdote è depositario unico, ha una parte preminente, insostituibile, nell’educazione della gioventù »75. 70 Cfr. Il parroco, Ai cari parrocchiani, buon anno!, SP, gennaio 1930. 71 Cfr. Auguri, desideri, SP, gennaio 1932. 72 Cfr. Presentazione, VA, dicembre 1925. 73 Cfr. La giornata sacerdotale e parrocchiale, VA, dicembre 1928. 74 Cfr. il numero interamente dedicato al 25° anniversario di sacerdozio dell’arciprete don Servetto, VA, ottobre 1931. 75 Cfr. Il parroco e la sua chiesa, VA, dicembre 1932. — 81 — Per valorizzare la posizione preminente del parroco nel suo rapporto mistico con la parrocchia cui era incardinato, venivano incoraggiate ed attuate iniziative come l’onomastico del parroco76 festa che, secondo il parroco di Pegli, aveva valore non in se stessa, ma come espressione dell’anima « profondamente cristiana » del popolo77. Ed anche nei bollettini parrocchiali si riportavano articoli che illustravano ai fedeli la figura e la posizione del parroco nell’economia della vita religiosa di una circoscrizione territoriale78. Nonostante che a Bolzaneto sembra sia stata più forte che altrove la diserzione della propria parrocchia (almeno secondo le ripetute lamentele del parroco), tuttavia lo stesso parroco brontolone non poteva fare a meno di sottolineare che anche nella sua parrocchia operaia si poteva fare la solita equazione tra risveglio religioso e risveglio della vita parrocchiale 79. In un’altra occasione, lo stesso parroco, nel fare il « bilancio morale » della vita spirituale, sottolineava che « indietro nell’assieme non si è andati certamente »80. 76 Cfr. Ringraziamento per la festa dell'onomastico, I, novembre 1934. 77 Cfr. Festa di S. Vittorio, I, novembre 1935. 78 In molte parrocchie, come si è veduto, si pubblicavano speciali numeri in occasioni di ricorrenze nella carriera sacerdotale del parroco e nella storia della parrocchia. 79 Cfr. Il parroco, Consolante risveglio della vita parrocchiale, VDM, giugno 1932. 80 Cfr. La parrocchia, VDM, luglio 1937. CAPITOLO QUARTO TRA « CRISI » E « RISVEGLIO » Quando i responsabili della vita religiosa, segnatamente parrocchiale, esaminavano la situazione in termini quantitativi, non potevano fare a meno di constatare, sia pure talvolta con caute riserve sul suo reale significato, un innegabile « risveglio religioso ». Le testimonianze in questo senso erano pressoché concordi, qualunque fossero i parametri usati per misurare la dimensione esterna di tale fenomeno. Il numero delle particole consacrate distribuite per la « comunione » dei fedeli era in continuo aumento *: lo stesso poteva 1 Le testimonianze dei bollettini parrocchiali erano talmente unanimi (salvo rarissime e incostanti eccezioni, del resto subito riparate e superate) da rendere superflua ogni citazione. Questa era una tendenza generale che non conosceva eccezioni e distinzioni. Sintomatico era il bilancio delle comunioni distribuite dalla parrocchia della Madonna delle Grazie di Sampierdarena tra il 1921 e il 1925: 1921: 22500; 1922: 20400; 1923: 24800; 1924: 29900; 1925: 27300 (cfr. MGS, febbraio 1926). Nel 1933 le comunioni erano salite a 55600 e nel 1934 a 62500 (cfr. MGS, febbraio 1935). Nella parrocchia dell’immacolata di Pegli, nel 1934 le comunioni risultavano 40.437, con un aumento di 1000 rispetto all’anno precedente (cfr. I, febbraio 1935) mentre nell’anno seguente le comunioni distribuite risultavano aumentate di 5000 (cfr. I, febbraio 1936). Il parroco di Sori intitolava Cifre che parlano l’articolo del bollettino parrocchiale che informava sul numero delle comunioni distribuite durante l’anno 1930: 18400 (cfr. SS Sori, febbraio 1931). Ma in genere tutti i riepiloghi statistici pubblicati dai bollettini parrocchiali alla fine dell’anno, nel riportare la cifra delle comunioni distribuite, registravano sempre una curva nettamente ascendente. Naturalmente non è questa la sede per discutere se si trattava di un indice esteriore del « risveglio religioso » degli anni trenta, o se viceversa si trattava di una rinnovata tendenza, più spiccatamente « antigiansenista », nel laicato cattolico. — 83 — dirsi per la frequenza alle sacre funzioni, che nelle occasioni straordinarie raccoglievano la quasi totalità della popolazione 2. Anche la rispondenza dei fedeli alle iniziative dei centri della vita religiosa era generalmente considerata « consolante »3. Anche quando si considerava la questione della partecipazione popolare dal semplice punto di vista finanziario, i risultati non erano diversi, per la crescente rispondenza dei fedeli alle iniziative ecclesiali4. Pur nell’ambito della sperimentata strada liguoriana e in definitiva tridentina5, accanto alle tradizionali devozioni se ne affermavano del- 2 Anche in questo caso, è del tutto superfluo riportare le citazioni sul massiccio concorso dei fedeli in alcune grandi occasioni rituali e di vita religiosa, tanto erano unanimi e monocordi le testimonianze in proposito. 3 I parroci erano rassicurati dalla rispondenza dei fedeli non solo alle grandi « sagre » ma soprattutto alle solennità del ciclo liturgico normale: Natale, Pasqua, e così via. Ciò sembrava un indice di maturazione: cfr. Un po’ di consolazione per la chiesa, MN, marzo 1934 e II parroco, Ciò che si deve cercare, I, gennaio 1935. 4 I bollettini delle parrocchie segnalano e registrano il crescente afflusso delle offerte dei fedeli sia per le necessità ordinarie del culto, sia per la migliore riuscita esteriore delle feste e sagre, sia per la manutenzione del tempio, sia per 1 acquisto di nuove suppellettili, sia per la costruzione o abbellimento degli edifici sacri: cfr. S, ottobre 1932 e ottobre 1937; V Frane., marzo 1930; SB, nocembre 1931; NSC, marzo 1938; MN, gennaio 1930, luglio 1932, settembre 1932, febbraio 1933, novembre 1934, gennaio 1936; VAST, ottobre 1938; SFA, ottobre 1937; AC, giugno 1929, novembre 1929, novembre - dicembre 1930, gennaio 1933, gennaio 1935, dicembre 1935; SMRS, febbraio 1933; SVt, febbraio, marzo e maggio 1932; MC, marzo 1938; BS, maggio 1933; FN, luglio 1928; FC, agosto 1930; VDF, aprile 1928; ottobre 1928, maggio 1931, febbraio 1934, dicembre 1927; FV, maggio 1927 e dicembre 1935; VFF, settembre 1936; MM, dicembre 1938; SL, agosto 1935; VAQ, luglio 1931, dicembre 1931, luglio 1933; SF, luglio 1933; SV, febbraio 1935; VP, gennaio 1937; FVC, luglio 1937; SS, marzo 1932, settembre 1932; MGS, gennaio 1927; CD, gennaio - febbraio 1925, aprile 1927, aprile 1934; VC, luglio 1929; VFB, novembre 1928 e agosto 1937; SP, aprile 1930 e giugno 1931, marzo 1933; VA, novembre 1933; SS Sori, agosto 1934; VDM, agosto 1928, gennaio 1931, aprile 1933, febbraio 1935; VPM, dicembre 1930 e maggio 1934. Anche i santuari fruivano delle incessanti offerte dei fedeli: cfr. PS, febbraio 1926, MBGPA, giugno 1936, NSM, aprile 1938, PF, maggio 1929, MGu, aprile 1928, SM, febbraio 1929. Si può dire in generale come ogni bollettino recasse in ogni numero un resoconto di offerte, più o meno sostanziose, da parte di singoli o di gruppi di fedeli. 5 Cfr. G. Semeria, La comunione frequente, VDM, aprile 1933; I dodici — 84 — le nuove come quella per Santa Teresa del Bambin Gesù6 e Santa Rita7. Il culto della Vergine era in auge, con lo straordinario sviluppo dei santuari mariani, mete di continui pellegrinaggi8 e con il crescente in- gradi di umiltà, VDM, aprile 1933; Pensieri del santo curato d'Ars, VDM, agosto 1936; fra Fly de’ Minimi, Ricette utilissime (S. Francesco di Sales, S. Alfonso de’ Liguori), VPM, marzo 1934. 6 Cfr. Il segreto della santità della grande carmelitana, PF, dicembre 1928; Parole di Santa Teresa, PF, febbraio 1929; Si inaugurerà la cappella di Santa Teresa del Bambin Gesù, MBGPA, dicembre 1929; SB, novembre 1931; Per una cappella a Santa Teresa del B.G., FC, settembre 1937; La statua di Santa Teresa, MN, novembre 1936; SMRS, settembre 1933; Le virtù di Santa Teresa del Bambin Gesù, BS, da giugno 1932 a marzo 1933; Santa Teresa del B.G., FN, settembre 1930; Santa Teresina, FCA, agosto 1931; Santa Rita e Santa Teresa del B.G., FVS, settembre 1926; Il culto di Genova per Santa Teresa, PF, luglio 1930; Nuova statua di Santa Teresa, PF, luglio 1930; L. Andrianopoli, La piccola regina Santa Teresa del B.G., SL, ottobre 1936; Santa Teresa del B.G., SBV, agosto 1933; Tributo di riconoscenza a Santa Teresa del B.G., SF, ottobre 1932; Martino, Santa Teresa del B.G., MGS, maggio 1925; Festa di Santa Teresa del B.G., MGS, settembre e novembre 1927; Santa Teresa del B.G., VAR, ottobre 1934; Offerte per l’arredamento dell’altare di Santa Teresa, VFB, novembre 1928; Festa di Santa Teresa del B.G., I, novembre 1933; Consacrazione dei bimbi a Santa Teresa del B.G., VDM, novembre 1929; Santa Teresa del B.G., VDM, novembre 1931; Novella teresiana, ESQ, ottobre 1929. Secondo PF, alla metà del 1930 Santa Teresa del B.G. era oggetto di culto, nella sola città di Genova, nella parrocchia di Santa Zita, nell’abbazia di Santo Stefano, nella chiesa dei carmelitani scalzi di Sant’Anna, nel monastero di Suore carmelitane, nella chiesa di S. Carlo tenuta dai padri carmelitani, nelle parrocchie di S. Antonio da Padova in Boccadasse, S. Pietro alla Foce, Sacro Cuore di Carignano, Santa Maria Maddalena, Santa Sabina, del Carmine, S. Teodoro, nelle chiese di Santa Croce in Portoria, S. Sisto, della congregazione di carità a Pam-mattone. 7 Cfr. S, luglio 1937, Culto di Santa Rita nella chiesa della Consolazione, M, aprile 1933; Omaggio di popolo a Santa Rita nei due santuari di S. Nicola, M, giugno 1933; P. Riello, Il culto della Madonnetta a Santa Rita, M, luglio 1933; I quindici giovedì di Santa Rita, N, febbraio 1938; Santa Rita e Santa Teresa del B.G., FVS, settembre 1926; Festa di Santa Rita, giugno 1933; I quindici giovedì di Santa Rita, VDM, febbraio 1936; I quindici giovedì di Santa Rita nella cappella della Sacra Famiglia, VPM, aprile 1933. 8 Cfr. A. Casini, La devozione di Genova alla Madonna del Monte, NSM, dicembre 1935; Dopo la riuscita festa del 15 agosto, M, settembre 1934; prof. M. Campanella, Nostra Signora delle Nasche, MN, gennaio e marzo 1932; Ancora un trionfo della Madonna: la giornata dei reduci al santuario e la partenza delle — 85 — teresse per il mese mariano da parte del laicato, che in breve lo trasformò quasi ovunque in occasione di grande festa popolare 9. Più stentata era l’affermazione del mese del Sacro Cuore, ma anche in questo caso era innegabile un netto e continuo progresso, non soltanto sotto l’aspetto folcloristico 10 ma anche per il crescente successo della pratica dei primi venerdì del mese n. Le missioni popolari, urbane 12 e ruraliu, frequentemente indette dai responsabili della vita parrocchiale in occasioni speciali (in genere in previsione della visita pastorale) 14, non so- cinque statue per l’Africa orientale, MGu, novembre 1936; R-, La Madonna della Guardia e il popolo cristiano, MGu, giugno 1938; La festa di N.S. della Guardia al santuario di Bavari, SM, ottobre 1932. 9 Cfr. MN, maggio 1932; VN, giugno 1932; ST, maggio 1934; SVt, aprile 1932; MC, giugno 1934; ER Ruta, aprile 1938; FN, maggio 1927; FCA, giugno 1928; VDF, luglio 1929; SF, luglio 1932; SV, giugno 1928; VP, giugno 1937; SMB, giugno 1933; MGS, maggio 1930; CD, maggio 1929; VC, maggio 1929; VFB, maggio 1931; I, giugno 1933; SP, giugno 1932; VA, luglio 1926; SS Sori giugno 1928; VDM, maggio 1928; ESQ, luglio 1927; VPM, maggio 1934. 10 Cfr. PS, giugno 1927; MN, giugno 1932; ER Ruta, maggio 1938; FN, giugno 1930; SV, luglio 1937; SMB, luglio 1932; VFB, maggio e giugno 1928; I, luglio 1933. 11 Cfr. MC, settembre 1934; FCA, aprile 1932; VDF, ottobre 1931; SBV, ottobre 1934; CD, gennaio e febbraio 1925; SP, agosto 1933. 12 Cfr. VC, ottobre 1932; VN, novembre 1932; MC, maggio 1934; BS, dicembre 1935; FCA, marzo 1927 e marzo 1934; VDF, giugno 1932; VAQ, giugno 1933; SV, novembre 1932; SS, aprile 1937; V, marzo 1932; MGS, novembre 1930; CD, gennaio - febbraio 1925; CD, luglio 1927; CD, dicembre 1934; SP, gennaio 1935; SP, novembre 1937. 13 Cfr. S, giugno 1933; SB, ottobre 1934; MN, febbraio 1934 e gennaio 1935; SMRS, novembre 1934; FN, luglio 1927; VAR, dicembre 1934; VFB, dicembre 1933; VA, novembre 1926 e novembre 1931; SS Sori, aprile 1930 e gennaio 1935; VDM, agosto 1927. 14 Cfr. FN, luglio 1927; V, marzo 1932; MGS, novembre 1930; VDF, giugno 1932. Nell’ottobre 1932 (cfr. AC, ottobre 1932) la parrocchia cittadina di Castelletto organizzò una missione per il cinquantesimo anniversario di sacerdozio del prevosto Mangiarne, nel 1935 la parrocchia di Borgo Incrociati organizzò una missione in occasione dell’inaugurazione della nuova chiesa (cfr. SP, gennaio 1935). Anche la parrocchia di Arenzano (cfr. VA, novembre 1931) organizzò una missione in occasione del venticinquesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del parroco. — 86 — lo riunivano grandi masse di popolo all’ombra della parrocchia1S, ma costituivano momenti di più intensa religiosità, di rinnovamento delle promesse battesimali e di recepimento delle raccomandazioni lasciate dai missionari,6. Momenti di intensa partecipazione alla vita ecclesiale erano costituiti dalle « Quarant’ore » che non erano soltanto occasione per rinnovare il culto e l’adorazione delle specie eucaristiche, ma anche modo per avvicinare i fedeli ad una maggiore familiarità con l’Eu-carestia17. Perfino recentissime manifestazioni dello spirito cattolico, come la giornata missionaria 18 o la festa della Santa Infanzia legata in qualche modo alle missioni19 costituivano occasione per manifestazioni di unanimità cattolica. 15 Cfr. S, giugno 1933; SB, ottobre 1934; SB, novembre 1934; MN, febbraio 1934 e gennaio 1935; VN, novembre 1932; AC, ottobre 1932; SMRS, novembre 1934; MC, maggio 1934 e maggio 1937; BS, dicembre 1935; FC, luglio 1927; FCA, marzo 1927 e marzo 1934; VDF, giugno 1932; VAQ, giugno 1933; SV, novembre 1932; SS, aprile 1937; V, aprile 1932; VAR, dicembre 1934; CD, febbraio 1935; SP, novembre 1937; SS Sori, gennaio 1935. 16 Cfr. SB, novembre 1934; VN, novembre 1932; AC, ottobre 1932; V, aprile 1932; SS, dicembre 1938; MSG, novembre 1934; CD, febbraio 1935; VFB, gennaio 1934; I, febbraio 1933; SS Sori aprile 1930. 17 Cfr. S, giugno 1931, aprile 1936, maggio 1936, aprile 1937; SB, giugno 1932; MN, aprile 1932; VAT, aprile 1927; SMRS, marzo 1928 e febbraio 1935; SVt, febbraio 1932; FN, maggio 1927 e aprile 1930; FCA, febbraio 1932; MN, dicembre 1932 e dicembre 1937; SBV, agosto 1933; VAQ, marzo 1932; SF, gennaio e aprile 1932; SV, marzo 1931; VP, febbraio 1938; MGS, ottobre 1931; ER, dicembre 1932; VAR, maggio 1934; CD, novembre 1937; VC, febbraio 1928, marzo 1930, marzo 1931 e febbraio 1933; FVB, febbraio 1929 e febbraio 1927; I, marzo 1933 e marzo 1937; SP, aprile 1929 e settembre 1932; VA, marzo 1928, SS Sori, marzo 1928 e gennaio 1930. 18 Cfr. OL, 27 luglio 1927; S, dicembre 1933 e dicembre 1934; VN, novembre 1937; SFA, aprile 1927; AC, settembre 1932; SMRS, dicembre 1932; VDF, gennaio 1932 e febbraio 1934; DBS, ottobre 1928; SF, novembre 1931 e novembre 1932; BSS, gennaio 1938; SS, dicembre 1937; V, novembre 1935; SMB, novembre 1930 e dicembre 1932; VAR, dicembre 1934 e ottobre 1937; VC, novembre 1928; VFB, dicembre 1928; SP, luglio 1932; VA, gennaio 1928; SS Sori, novembre 1931; VDM, ottobre 1937. 19 Cfr. MN, novembre 1936; VN, febbraio 1932; BP, marzo 1938; FN, febbraio 1930; MM, febbraio 1936; VAQ, aprile 1933; SS, febbraio 1936; SMB, febbraio 1929; MGS, febbraio 1925; VAR, febbraio 1938; VC, febbraio 1928; CD, — 87 — I momenti tradizionali di aggregazione del popolo di Dio sembravano a loro volta riempirsi di contenuti spirituali e religiosi più intensi che nel passato, e soprattutto più liberi dalle vecchie e malsoppor-tate incrostazioni folcloristiche. La maggior parte dei parroci notavano con soddisfazione che le sagre cominciavano a perdere, sia pure lentamente e non senza contraddizioni e tradizionalismi20, il loro carattere festaiolo e mondano21. Lo sforzo perseguito dai responsabili per attribuire un carattere prevalentemente religioso, di edificazione spirituale e di occasione liturgica per la pubblica preghiera collettiva alle riunioni di massa e alle processioni72, era spesso coronato da successo. In almeno due occasioni, il popolo si ritrovava compatto e in crescente devozione religiosa, nelle vie della parrocchia: nella ricorrenza del Corpus Domini23 e nella festa del Rosario24. In queste occasioni, sia pure con molte eccezioni23, i parroci ammiravano e lodavano i frutti spirituali gennaio 1932; VFB, marzo 1931; VA febbraio 1929; SS Sori, dicembre 1933; VPM, febbraio 1926. 20 Cfr. VP, ottobre 1937; VC, luglio 1930; SS Sori, agosto 1928 e agosto 1931; VPT, settembre 1938; VDM, gennaio 1936. 21 Cfr. VPA, ottobre 1937. 22 Cfr. M, agosto 1937; VFF, luglio 1937; V, dicembre 1937; MSG, aprile 1926; VAR, settembre 1934; VC, agosto 1931; SS Sori, maggio 1928; VPT, febbraio 1938; VDM, settembre 1933; VDM, febbraio 1936; VPM, ottobre - novembre 1932. 23 Cfr. AF, maggio 1932; S, luglio 1932; SB, giugno 1932; MN, luglio 1933 e luglio 1936; VN, giugno 1932; VAT, luglio 1927; MC, giugno 1934; FVS, luglio 1927; MM, maggio 1934; SBV, giugno 1932; VAQ, luglio 1932; SV, luglio 1928; VP, giugno 1937; BSS, luglio 1938; V, luglio 1936; SMB, luglio 1933; MGS, luglio 1927; CD, luglio 1929; VFB, giugno 1931; I, luglio 1933; VA, luglio 1929; SS Sori, giugno 1928 e giugno 1929; VPT, luglio 1938; VDM, luglio 1936. 24 Cfr. SB, novembre 1932; NSC, dicembre 1938; VN, ottobre 1931; SMRS, ottobre 1932; SVt, ottobre 1932; MC, ottobre 1930; FVS, ottobre 1937; VAQ, novembre 1931; SV, novembre 1930; FVC, novembre 1937; SS, ottobre 1934; VPA, dicembre 1937; SMB, novembre 1932; MGS, ottobre 1925; VAR, novembre 1934; CD, settembre 1934; VC, ottobre 1930; VFB, ottobre 1928; I, novembre 1933; VA, ottobre 1927; SS Sori, ottobre 1931; VDM, ottobre 1932; VPM, ottobre 1934. 25 Così nel 1928 il parroco di Busalla si lagnava che alla processione della Madonna del Rosario avessero partecipato poche persone (cfr. VFB, ottobre 1928). che la massa crescente di fedeli sembrava ricevere da tali riunioni che erano sovente, anche ai loro occhi esigenti26, manifestazioni di fede27. Ma anche in altre ricorrenze i parroci notavano un accrescimento della vita spirituale non tanto nella maggiore partecipazione di popolo28 ma anche e soprattutto nell’intensità e fervore di preghiera che tali incontri generavano: si veda ad esempio l’esposizione dei cosiddetti « sepolcri » durante la settimana santa29 o, più semplicemente, la visita ai tradizionali e familiari « presepi » 30. I responsabili della cura di anime erano talvolta colpiti dalla rispondenza popolare a iniziative che in altri tempi avrebbero riguardato soltanto Vélite intellettuale della parrocchia, come gli esercizi spirituali31. Tale rispondenza segnava anche una significativa maturazione del livello spirituale e delle esigenze religiose dei parrocchiani32. Anche i parroci più esigenti non potevano celare, in certe occasioni, la 26 Cfr. VDM, gennaio e febbraio 1936; VPA, ottobre 1937; CD, agosto 1930. 27 Cfr. VFF, luglio 1937; VP, ottobre 1937; MGS, giugno 1930; M, settembre 1934; MN, ottobre 1933; VN, aprile 1932; FN, settembre 1927; SMB, aprile 1929; MGS, dicembre 1928; CD, gennaio 1932; VC, novembre 1932; I, giugno 1933; SS Sori, maggio 1930; VDM, giugno 1932; ESQ, febbraio 1928. 28 Cfr. FVS, settembre 1937; V, agosto 1937; MGS, giugno 1930. 29 Cfr. AF, aprile 1932; S, giugno 1931; MN, maggio 1936; AC, maggio 1935; VAT, maggio 1927; FN, aprile 1927; VDF, aprile 1931; SF, aprile 1932; SV, maggio 1930; SS, aprile 1932; V, aprile 1932; VC, aprile 1932; VFB, maggio 1929; I, aprile 1933; SS Sori, maggio 1931; ESQ, aprile 1929. 30 Cfr. S, febbraio 1933; AC, gennaio 1929; AC, dicembre 1936; FN, gennaio 1934; SS, febbraio 1937; G.R.M., Presepio, SP, dicembre 1931. 31 Cfr. AF, gennaio 1932; SB, gennaio e giugno 1932; VN, aprile 1932 e maggio 1937; AC, dicembre 1936; MC, maggio 1933; ER Ruta, maggio 1938; VDF, marzo 1929 e marzo 1931; VFF, aprile 1938; MM, dicembre 1937, gennaio e febbraio 1938; SBV, dicembre 1931; VB, gennaio 1937 e aprile 1938; SV, aprile 1938; SV, aprile 1934; VPA, marzo e aprile 1937; SMB, marzo 1933; CD, marzo 1934; VC, marzo e maggio 1928; VFB, giugno 1931; SP, aprile 1929, marzo 1933, aprile 1934 e aprile 1936 e marzo 1928; VA, dicembre 1925, novembre 1938, novembre 1932, novembre 1936 e novembre 1937. 32 Alcuni di questi ritiri spirituali erano organizzati per operai (cfr. OL, 11 dicembre 1927; VN, maggio 1937) altri per domestiche (cfr. VFF, aprile 1938; SP, marzo 1938). — 89 — loro soddisfazione e il loro ringraziamento. Per il responsabile della parrocchia operaia di S. Giacomo di Cornigliano, il « numero straordinario » di uditori accorsi alla predicazione degli esercizi spirituali in preparazione alla Pasqua era un « segno dei tempi »33, ed anche il parroco della grossa parrocchia rurale di Isola del Cantone, ai confini con l’Alessandrino, sottolineava che il successo non tanto folcloristico quanto religioso della festa di SantAnna, celebrata in luglio nella piccola frazione di Marmassana, costituisse la prova di un consolante risveglio religioso34. Il parroco di S. Quirico, una piccola parrocchia dalle caratteristiche semirurali appena al di fuori della cinta urbana della Grande Genova, nel 1927 notava con soddisfazione, nonostante precedenti e ulteriori riserve35, che « una Pasqua così bella non si è mai fatta », per la partecipazione alla mensa eucaristica di oltre duecento tra uomini e giovanetti, cioè, praticamente, della quasi totalità dell’elemento maschile di quel piccolo nucleo36. L’anno seguente, lo stesso parroco, nel comunicare la cifra delle 26.000 comunioni distribuite nel 1927, ammetteva ben volentieri che « una cifra così alta non l’avevamo mai raggiunta », anche se, sottolineava con prudenza, si trattava « per lo più di comunioni ripetute », mentre « molti non compiono neppure la Pasqua »37. La predicazione del quaresimale, la partecipazione al precetto pasquale, la festa di S. Gottardo, protettore della parrocchia, consentivano al parroco di Sori, « con senso di interna riconoscenza », la considerazione che « se il ministero sacerdotale ha le sue inevitabili trafitture di dolore, ha pure le sue grandi consolazioni e i suoi ineffabili conforti nel persistente e graduale risveglio della coscienza cristiana del popolo per cui il sacerdote lavora e si sacrifica »38. Così consolante era insomma la condizione spirituale della popolazione di Sori che il suo successore, dopo appena un mese di lavoro nella parrocchia, poteva con- 33 Cfr. VN, aprile 1932. 34 Cfr. FN, settembre 1927. 35 Cfr. ESQ, febbraio 1927 e ottobre 1928. 36 Cfr. ESQ, maggio 1927. 37 Cfr. ESQ, marzo 1928. 38 Cfr. SS Sori, maggio 1930. — 90 — statare « con soddisfazione » di aver trovato « una popolazione veramente religiosa », tanto da esprimere l’auspicio « di lasciare spiritual-mente questa popolazione almeno come l’ho trovata »39 : ammetteva in sostanza di non poter desiderare di più40. Nel tracciare la biografia del parroco di Arenzano in occasione del venticinquesimo anniversario di sacerdozio, il direttore dei bollettini parrocchiali genovesi, Palmario Marazzi, pur tanto esigente e tutt’altro che incline all’ottimismo, come avremo occasione di constatare altre volte, metteva in rilievo come il parroco di Arenzano avesse curato « soprattutto la vita spirituale dei suoi parrocchiani », trovando rispondenza nei suoi fedeli: « ogni anno si distribuiscono circa 60.000 comunioni », fioriscono le associazioni parrocchiali di ogni ramo di Azione cattolica e un eccezionale numero di vocazioni religiose (ben 101, di cui 72 femminili, nel 1931). Marazzi notava che «base della vita spirituale è la vita liturgica, che ad Arenzano è curatissima nel solenne decoro delle sacre funzioni, nella ricchezza degli apparati, nelle assidue spiegazioni dal pulpito, nella cura del sacro tempio»41. Considerazioni non dissimili esprimeva anche il parroco dell’immacolata di Pegli nel 1933: « C’è, grazie a Dio, fra noi un crescente risveglio di coscienza e di vita cristiana . . . Vediamo crescere ogni giorno la frequenza della santa comunione, la devozione al Sacro Cuore di Gesù, specialmente nel primo venerdì del mese”, di guisa che si può affermare che il Santissimo Sacramento riceve ora più onori in un mese che non ne ricevesse altra volta in un anno »42. In occasione del cinquantesimo anno di vita della parrocchia, e anche in relazione all’unanime partecipazione della popolazione di Pegli all’avvenimento, lo stesso parroco poteva precisare meglio il suo pensiero43. Il parroco di Canepa, accomiatandosi dai suoi parrocchiani, riconosceva che in quella parrocchia gli « furono prodigate tante prove di ossequio, di benevolenza e di amore »44. Tra- 39 Cfr. SS Sori, gennaio 1938. 40 Ibidem: cfr. anche SS Sori, dicembre 1937. 41 Cfr. VA, ottobre 1931. 42 Cfr. I, giugno 1933. 43 Cfr. I, novembre 1934. 44 Cfr. VC, novembre 1929. — 91 — sferitosi nella parrocchia cittadina di S. Fruttuoso, lo stesso sacerdote, Paolo Crovetto, constatava il medesimo fenomeno anche nella sua nuova parrocchia, che pur aveva caratteristiche tutt’affatto diverse da quella collinare di Canepa « Quest’anno ha segnato un consolante progresso nella vostra religiosità parrocchiale . . . Constatazione consolantissima, perché dimostra che il sentimento religioso è più sentito e che le coscienze cristiane si sono affinate »45. Tale risveglio religioso pareva confermato anche negli anni successivi, se nel 1933 lo stesso parroco metteva in rilievo che « mai ebbe la fortuna di partecipare ad un mese mariano così frequentato »4Ó. Nella parrocchia operaia di Santa Maria delle Grazie di Sampierdarena, il progresso religioso sembrava convalidato dall’aumento delle comunioni distribuite annualmente, passate dalle 22.500 del 1921 alle 29.900 del 1924 (ma nel 1925 esse discesero a 27.300) 47, e soprattutto dall’incremento generale della partecipazione alla vita parrocchiale, specialmente dopo la costruzione del nuovo tempio, che aveva dato come « frutto » una maggiore frequenza alle funzioni sacre, un numero sempre crescente di comunioni, un risveglio generale di fede . Un anno dopo, nel 1934, in occasione del giubileo della parrocchia, il giudizio positivo sull’andamento della religiosità poteva essere riconfermato con dati più precisi. Il parroco notava infatti con evidente soddisfazione che « le tradizioni antiche rivivono e rinverdiscono nei nuovi venuti ». Il catechismo dei fanciulli era assai « fiorente », grazie al contributo delle « suore petrine », da dieci anni a servizio della parrocchia, e « il numero delle comunioni annuali, che solo dieci anni fa era di 20.000 circa, l’anno scorso ha superato le 52.000 ». Tutte le associazioni parrocchiali, sia tradizionali che di Azione cattolica, erano in pieno vigore. « Bisogna vedere — sottolineava poi il parroco come riescono devote e solenni le nostre funzioni, come è santificata bene la festa, quante famiglie si consacrano al Sacro Cuore, di quanto affetto sono circondati tutti indistintamente i nostri sacerdoti ». In de- 45 Cfr. CD, gennaio 1932. 46 Cfr. CD, giugno 1933. 47 Cfr. MGS, febbraio 1926. 48 Cfr. MGS, settembre 1933. — 92 — finitiva — concludeva di lì a poco lo stesso sacerdote — « le cose della parrocchia vanno sempre migliorando verso un più fiorente avvenire. Le funzioni sono assai frequentate, si comincia a capire che la scuola vera, quella efficace, di religione, è la scuola catechistica della parrocchia, e i fanciulli non solo, ma gli adulti, vi prendono parte numerosi »49. Considerazioni non dissimili esprimeva il pur esigente parroco di Bavari, una parrocchia agricolo-collinare situata nella cinta comunale della Grande Genova. Egli rimase così colpito dal grande successo della festa patronale di S. Giorgio del 1929, da rivolgere il suo commosso ringraziamento ai suoi parrocchiani e in particolare alla società cattolica del luogo 50. Ma anche in seguito fu indotto a ripetere i ringraziamenti ad un laicato che partecipava così intensamente alla vita della parrocchia: « Iddio non può non benedire una parrocchia che offre tali spettacoli di religiosità vera e sentita»51. Perfino il parroco di Campi di Cornigliano, che aveva dovuto lasciare la parrocchia nei giorni più caldi dell’occupazione delle fabbriche nel settembre 1920 52, notava come « lo slancio » dei parrocchiani verso la propria parrocchia fosse ora completamente diverso53. Non soltanto i responsabili della vita parrocchiale, ma anche i rettori dei santuari notavano il diverso clima spirituale. Il rettore del santuario della Madonnetta, nella cinta montuosa che circonda ad arco la città di Genova, parlava addirittura di « ritorno all’antico », e aggiungeva, pieno di speranza, che « mille ragioni ci confortano a sperare che il risveglio di vita spirituale che da qualche tempo si nota nel santuario possa o debba continuare con un ritorno a quei tempi in cui tutta Genova si stringeva attorno alla cara Madonnetta »A sua volta, il rettore del santuario - parrocchia della Madonna delle Nasche, nella valle Sturla, notava che segno non dubbio del risveglio della « vita 49 Cfr. MGS, aprile 1934 e novembre 1934. 50 Cfr. SMB, aprile 1929. 51 Cfr. SMB, gennaio 1932 e maggio 1932. 52 Cfr. SL, febbraio 1935. 53 Cfr. SL, gennaio - febbraio 1937. 54 Cfr. M, settembre 1934. — 93 — spirituale della parrocchia » fosse il fatto che « coloro che partecipano alle feste vi prendono parte unicamente per devozione »55. Alcuni dei responsabili della vita spirituale accettavano il fatto così come si presentava, quasi come un dono della provvidenza divina nei cicli tormentati della storia della Chiesa. Altri tentavano un’analisi più approfondita, cercando di individuare limiti di periodizzazione, condizioni sociali e politiche, spettri di ampiezza che stavano alla base del fenomeno. Il parroco dellTmmacolata di Pegli si limitava a indicare il biennio 1922-1923 come lo spartiacque che segnava il deciso prevalere della ripresa della vita spiritualesenza spingere oltre le sue considerazioni; viceversa, il parroco domenicano di Cornigliano57 e quello di S. Fruttuoso58 attribuivano alla crisi economica il fattore principale del risveglio religioso. Questa spiegazione non soddisfaceva altri, anche perché molti segni erano già presenti, almeno come tendenza. Non erano pochi coloro i quali attribuivano il « merito » di questo risveglio religioso principalmente a due concomitanti condizioni: una di carattere negativo, vale a dire la sconfitta della massoneria e del liberalismo anticlericale, l’altra di carattere positivo, vale a dire il successo del fascismo che aveva permesso il rovesciamento della precedente tendenza di scristianizzazione delle masse attraverso l’emarginazione delle forze che avevano fatto dell’anticlericalismo la loro bandiera. Così, per padre Capponi dell’ordine dei minimi, titolari della parrocchia di Santa Margherita di Marassi, il fenomeno del risveglio religlioso era generale e non poteva spiegarsi soltanto con fatti e parametri locali. Per convalidare la sua tesi non esitò infatti a comparare due funzioni svoltesi a Rimini a dieci anni di distanza: luna aveva veduto il bisogno di difesa continua contro gli attacchi degli avversari, l’altra, svoltasi nel 1924, vide invece l’abbraccio del cardinale legato al sindaco: era così evidente, per il Capponi, che dal maggio 1914 al maggio 1924 c’era stata « un’insperata rigenerazione di coscienza cristiana », dovuta anche al tramonto di « quegli uomini della setta liberale che, da oltre cinquant’anni, 55 Cfr. MN, ottobre 1933. 56 Cfr. Attraverso mezzo secolo, I, novembre 1934. 57 Cfr. Il segno dei tempi, VN, aprile 1932. 58 Cfr. CD, gennaio 1932 e giugno 1933. — 94 — hanno sistematicamente scristianizzato le famiglie d’Italia »59. Per essere ancora più esplicito, lo stesso Capponi indicava in Mussolini l’uomo che « la Provvidenza ha suscitato » per combattere la demagogia « che spadroneggiava in alto e in basso della nostra gente », e per colpire « a morte » 1’« idra della massoneria »60. Il motivo della « massoneria colpita a morte » e della rivincita sul Venti settembre ricorreva spesso nella pubblicistica cattolica genovese. Così, Stefano Morali, commemorando la Conciliazione nei locali di Santa Maria Maddalena, una parrocchia del centro storico di Genova, nel 1937 tracciava un paralle- lo « opposto » tra il Venti settembre « giorno infausto, in cui vennero introdotte leggi laiche onde rendere adatto il popolo ad accogliere il verbo rivoluzionario » e l’Undici febbraio, in cui « Dio suscitò Mussolini, il quale in primo luogo mise al bando la massoneria e le associazioni demosocialiste e poi lasciando libertà alla Chiesa nell’esercizio del suo spirituale ministero», con la massima lealtà verso di essa61. Anche i cappuccini di Portoria insistevano sul medesimo motivo; essi dedicarono l’intero numero di febbraio 1929 del bollettino all’avvenimento, interpretato prevalentemente in chiave antimassonica62. I francescani minimi della parrocchia di Santa Margherita di Marassi concordavano con l’interpretazione degli altri francescani, accentuandone semmai il lato integralistico63, mentre assai più cauto si rivelava il tono dei sacerdoti secolari. Ad ogni modo non mancarono neppure in essi accenni e riferimenti alle condizioni politiche e sociali che determinavano - a loro avviso - il risveglio religioso degli anni venti. Nel maggio 1929, con accenti inconsueti e non più ripresi, Palmario Marazzi, direttore dei bollettini parrocchiali genovesi, attribuiva alla protezione di Maria Santissima « due grandi avvenimenti »: la vittoria italiana nella grande guerra e la ConciliazioneM. Era un motivo costantiniano, ripreso dall’arciprete di Arenzano commemorando l’anniversario della vit- 59 Cfr. F. Capponi de’ Minimi, Rigenerazione, VPM, aprile 1929. 60 Ibidem, e II papato, la massoneria e il dito di Dio, VPM, dicembre 1925. 61 Cfr. V, marzo 1937. 62 Cfr. VF, febbraio 1929. 63 Cfr. Il grande avvenimento: viva il Papa re, VPM, marzo 1929. 64 Cfr. P.M., L'aiuto dei cristiani, VDM, maggio 1929. — 95 — toria nella grande guerra nel novembre 1936. Egli infatti collegava la data del 28 ottobre (anniversario della marcia su Roma) a quella del 4 novembre. Nell’avvento di Mussolini al potere, il parroco di Arenzano scorgeva « la mano della Divina Provvidenza la quale, mentre volle risparmiare al papato e alla patria nostra gli orrori delle settimane rosse, preparava ad lungi il concordato lateranense e disponeva gli animi alla redenzione dell’Etiopia dalla schiavitù e dall’eresia nel rinnovamento cristiano dell’antico impero romano ». Si stava realizzando il quadro confortante di un’Italia « unificata dalla fede cattolica nella perfetta concordia fra poteri religiosi e civili. Ed ecco l’Italia che conserva con gloria il suo posto nella mistica città di Dio la quale abbraccia tutto intero l’orbe cattolico con l’Urbe dai sette colli che è divenuta il cuore del mondo »®. Anche il parroco di Busalla, centro montano al di là dei Giovi, vedeva nel « bolscevismo e nella massoneria » i « due potenti e tenebrosi fattori che si propongono di cancellare dal volto e dal cielo della nostra Italia i due grandi ideali attorno ai quali si è stretta materialmente e moralmente, sotto l’egida del fascio littorio, tutta la nazione dopo la conclusione dei patti lateranensi »I fatti della Spagna e il pericolo dello scoppio della guerra mondiale gli facevano prevedere che « la lotta non è ancora terminata » a causa dell’« odio di sette e di partiti politici », e auspicava la sopravvivenza, « per lunghi anni », del-1’« amato duce » che dovrà costruire « la nuova, più luminosa grandezza sulle terre, sui cieli e sui mari dell’Italia cattolica e fascista » 67. Bisogna dire che, nella massa delle voci cattoliche, ben poche erano però quelle che si esprimevano in questo modo. La maggior parte dei responsabili di cura d’anime, con alla testa l’arcivescovo68, era anzitutto molto cauta a stabilire un nesso tra « risveglio religioso » e svolta politica. In secondo luogo non erano pochi coloro che non erano disposti ad attribuire una validità assoluta al cosiddetto risveglio reli- 65 Cfr. VA, dicembre 1936. 66 Cfr. VFB, gennaio 1936. 67 Cfr. VFB, giugno 1936. 68 Cfr. lettera di Minoretti a De Vecchi, ambasciatore italiano presso la Santa Sede, senza data ma posteriore al 1933, in cui il porporato prendeva atto, difendendosi, dell’accusa di antifascismo cui era fatto segno: (cfr. ADG AM). — 96 — gioso. Un parroco giungeva non solo a negare l’esistenza del « risveglio », ma, con amaro pessimismo, a capovolgere i termini del problema: non al risveglio religioso si andava assistendo, ma al risveglio del paganesimo69. Altre voci non sembravano molto più consolanti. Anche se si poneva attenzione al solo aspetto della partecipazione ordinaria alle funzioni, i conti tornavano soltanto nelle parrocchie di campagna, non in quelle di città e di periferia, dove moltissimi abitanti restavano completamente fuori dell’influenza della Chiesa. Per un osservatore laico della parrocchia operaia di Santa Maria delle Grazie di Sampierdarena, abitata da « operai, impiegati e piccoli commercianti, operaie, impiegate, donne di casa, che lavorano otto ore al giorno ... la domenica è per l’Anticristo, e Cristo sarebbe un importuno. Il Cristo, rovesciatore dei valori, non è conosciuto70. Per il parroco di Busalla, lo stesso che aveva stabilito così stretti nessi tra svolta religiosa e svolta politica, i tempi non inducevano all’ottimismo: « in questi tempi, in cui la sfrenata cupidigia dei beni terreni scatena le più ignobili passioni e fa della terra un continuo campo di lotte micidiali, con minaccia di sempre più vaste e più profonde catastrofi, potremmo temere di vedere sepolta la civiltà cristiana e la chiesa di Cristo se le divine promesse non le assicurassero che le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei»71. Per chi sapesse scrutare oltre la superficie, vari segni ammonivano che la società ecclesiale contemporanea non percorreva la strada di un autentico risveglio religioso. Così, ad esempio, se il parroco era più rispettato di una decina di anni addietro (ma non sempre!)72, non era per questo più ascoltato. Un gruppo di sacerdoti vedeva inoltre serpeggiare un vento di fronda su alcuni problemi qualificanti per la vita 69 II parroco di Busalla parlava di « agonia del cristianesimo » (cfr. VFB, settembre 1937). Cfr. anche: A che serve la religione?, MN, gennaio 1935; Rio Palma (P. Marazzi), Dopo una bella funzione, VAST, febbraio 1938; SSR, Serve a niente, VDM, settembre 1937; Vanno in chiesa e..\ fra Fly de’ Minimi, Cento galline e nessun uovo, VPM, giugno 1932; Si piange miseria e poi... SMRS, novembre 1934; Furto e maldicenza, SBV, marzo 1937. 70 Cfr. FF, La mia parrocchia, MGS, ottobre 1928. 71 Cfr. Per la festa del nome di Maria, VFB, settembre 1937. 72 Cfr. È rispettato oggi il sacerdote?, VDM, luglio 1934; Victor, Qua e là per la parrocchia. Un contrasto doloroso, VPM, giugno 1927. — 97 — cristiana, come il malthusianesimo73. Troppo spesso, la partecipazione popolare alle feste e alle sagre era soltanto esteriore, tanto che molti pensavano che quelle occasioni fossero addirittura « nefaste per lo spirito cristiano »74: le « troppe candelette » avevano infatti come inevitabile contrappeso il « poco Vangelo »75. E la partecipazione affollata non doveva trarre in inganno neppure per lo stesso aspetto quantitativo. Infatti, di solito, coloro che partecipavano alle funzioni erano poi « sordi, muti, ciechi» nei templi76 dove limitavano la partecipazione alla pura presenza corporea e donde intendevano uscire al più presto77. Non pochi responsabili della vita religiosa erano poi particolarmente preoccupati della scarsa o nessuna rispondenza tra professione di fede e vita morale conseguente, pur tenendo nel debito conto il margine esistente in ogni cristiano tra fede da una parte e umana possibilità di peccato, dall’altra. Così, spesso i cristiani « pregano e sono avari, sono superbi ed hanno odii, antipatie, disprezzo, sono senza misericordia e senza pazienza, sono pieni di ambizioni, di cupidigie e di invidie, ipocriti e sepolcri imbiancati . . . Vanno in chiesa, prendono parte a tutte le dimostrazioni religiose, promuovono solenni riparazioni se un maleducato qualunque lancia un insulto qualunque alle loro credenze religiose, poi essi con la loro vita piena di fango e di peccato sono un oltraggio continuo a Gesù Cristo»78. Preoccupava soprattutto l’incapacità di progredire nella vita cristiana: dove « l’ipocrisia regna sovrana » e dove « in religione non si fa alcun progresso »79. Anche nei particolari, la vita cristiana non sembrava commendevole: l’attaccamento alla moda, specialmente durante la stagione balneare80 che, da! punto di vi- 73 Cfr. A. Casini, Vento di fronda, NSM, febbraio 1938, in cui si preoccupava per la ribellione dei fedeli contro gli anatemi antimalthusiani del clero. 74 Cfr. d.m.m., Un po’ di catechismo. Feste, festine e festone, VDM, gennaio 1936 e febbraio 1936. 75 Cfr. VDM, marzo 1933. 76 Cfr. d.m.m., Catechismo in pillole. Sordi, muti, ciechi, VDM, aprile 1936. 77 Cfr. SMRS, aprile 1932 e giugno 1934; SV, gennaio 1938. 78 Cfr. Vanno in chiesa e. .., ESQ, aprile 1929. 79 Cfr. padre Fly de’ Minimi, Cento galline e nessun uovo, VPM, giugno 1932. 80 Cfr. PS, giugno 1925; AF, luglio 1934; V Frane., agosto 1931; FC, ago- — 98 — sta spirituale, costituiva un’autentica «tempesta nella vigna»81, la condiscendenza all’imperante sensualismo82, il culto degli idoli del secolo, quali lo sport83, la danza84, il cinematografo, l’esaltazione del sesso e della violenza85, il culto morboso della stampa « rosa » e di appendice sto 1928; Appello al governo per la moda, FC, aprile 1929; SMRS, luglio 1928; luglio 1932, luglio 1934; VP, maggio 1937; CD, luglio 1934; VC, giugno 1928; VA, luglio 1928; SS Sori, novembre 1929 e settembre 1930; VDM, luglio 1929, giugno 1937 e agosto 1937; ESQ, giugno 1928 e agosto 1929. 81 Cfr. SS Sori, luglio 1929. 82 Cfr. L’urto e la paglia, VN, luglio 1932; Litanie moderne per i giovani e le giovani, SMRS, novembre 1937; Le mamme a casa e le figlie in bosco, MC, maggio 1933; Per la pubblica moralità, FN, giugno 1932; Sono giovani! La moda corruttrice, MGS, settembre e ottobre 1925; L’Immacolata e la crociata mariana contro il sensualismo, MGS, dicembre 1933; I genitori e i futuri generi, SS Sori, novembre 1928; La colpa è delle madri, I padri per i figli, VDM, dicembre 1930; L’educazione alla purezza, VDM, luglio 1931; L’educazione alla purezza, VDM, luglio 1931; Pudore femminile, VDM, dicembre 1933; Contraddizioni, ESQ, maggio 1927; fra F. Capponi de’ Minimi, La moda, il pudore, la pace in famiglia, VPM, ottobre 1930. 83 Cfr. Pericolo dell’ateismo attraverso lo sport, OL, 16 gennaio 1927; Atletismo femminile, VDM, dicembre 1930; Escursioni e riposo domenicale, BS, settembre 1934. 84 Cfr. Mentre impazza il carnevale, OL, 27 febbraio 1927; Per chi va al ballo, SMRS, febbraio 1932; I balli di beneficenza, SMRS, gennaio 1934; Chiusa una scuola di ballo, SMRS, settembre 1937; Per un ballo proibita qualsiasi solennità esterna alla festa del Carmine, ER Ruta, agosto 1938; Ascensione (senza balli), MM, maggio 1936; SBV, aprile 1932 e febbraio 1933; Che cos’è il ballo, SMB, marzo 1930; Domande sapienti (sul ballo), VC, settembre 1930; S. Bartolomeo (profanato dal ballo), VA, settembre 1932: Il bilancio di una festa, SS Sori, settembre 1929; Battendo sull’incudine. Augusto Turati e i balli, VDM, luglio 1930; G.C. (Castagnola), Battendo sull’incudine. Il ballo, VDM, agosto 1936; SSR, Battendo sull’incudine. Il ballo, VDM, ottobre 1936; Balli e permessi di balli (approva una circolare del ministero delllnterno ), ESQ, novembre 1927; Stile fascista, ESQ, febbraio 1928; Il ballo, ESQ, gennaio 1929. 85 Cfr. M. Ponzo dell’Università di Torino, Cinematografo e delinquenza minorile, OL, 2 ottobre 1927; Cinematografo, OL, 6 gennaio 1935; I cinematografi, SMRS, luglio 1934; Nuovo appello per un’urgente crociata (sul cinema), CD, agosto 1936; Rivista cinematografica (rubrica orientativa), CD, novembre 1936; Per un allarme, SS Sori, febbraio 1931; Intenzione dell’apostolato della preghiera: il cinematografo, VDM, dicembre 1931; fra Fly de’ Minimi, Declina a malo. Cinematografo (che alimenta sesso e violenza), VPM, ottobre 1931. — 99 — (i cosiddetti « romanzi rosa ») 86, la condiscendenza a degradanti passioni sociali come l’avarizia e l’usura87, l’inclinazione alla maldicenza e alla calunnia88, la spensieratezza e la dimenticanza di ogni dovere sociale 89 e di ogni austerità90, la lussuria specialmente giovanile91 caratterizzavano questo tipo di cristiano della decadenza, contro cui veniva spesso invocata la « frusta » del Savonarola 92. La radice profonda di questo atteggiamento dissociativo (nel migliore dei casi) stava nella mancata resistenza dei cristiani agli assalti che provenivano dal secolo scristianizzato che li derideva93. Frutti di questo atteggiamento puramente difensivo e di disagio contro gli attacchi del mondo erano il « rispetto umano », il nicodemismo, la ritrosia nel manifestare pubblicamente le proprie convinzioni religiose. Così il « rispetto umano » nelle sue varie forme94 diventava il bersaglio preferito 86 Cfr. Vindex, I libri immorali, OL, 28 agosto 1927; In guardia! Contro i venditori di romanzi, SV, marzo 1930; Romanzi a rate, VA, febbraio 1930; Contraddizioni (della stampa pornografica), ESQ, maggio 1927. 87 Cfr. Vanno in chiesa e..., ESQ, aprile 1929; Ricetta per gli avari e gli usurai, VPM, maggio 1934. 88 Cfr. Furto e maldicenza, SBV, marzo 1937; Parole all’anima (non giudicare), VC, luglio 1933; fra Fly de’ Minimi, Cento galline e nessun uovo, VPM, giugno 1932. 89 Cfr. Il parroco, Compiti dell’anno nuovo (crociata contro l’egoismo), CD, gennaio 1937. 90 Cfr. Il parroco, C’è un rimedio alla crisi?, I, settembre 1934; Riduzione delle spese, SP, luglio 1936; Austerità, VDM, giugno 1933; Minimus, Quando si vuole fare dell'estetica, MN, gennaio 1930. 91 Cfr. Che fare per attirare la gioventù, BSVP, ottobre 1937; G.C. (Castagnola) Una parolina ai giovani. Perché non credi}, MN, febbraio 1930; Sono giovani! La moda corruttrice, MGS, settembre - ottobre 1925; Il parroco, Salviamo la gioventù, MGS, settembre 1931; Dedicato ai giovani. Fuggi! Fuggi! Fuggi!, VDM, dicembre 1928; Ai giovani. Santità e purezza, VDM, aprile 1933; Ai giovani. Purezza, VDM, novembre 1937; Ai giovani. Giogo soave, VDM, febbraio 1936; fra Fly de’ Minimi, Il giovinetto alla moda, VPM, febbraio 1933. 92 Cfr. fra Gerolamo Savonarola, Regola del nostro vivere, VDM, luglio 1934; padre F. Capponi, La vera devozione alla Madonna (si invoca il ritorno di un Savonarola). 93 Cfr. I profanatori del culto cristiano, MN, novembre 1930. 94 Cfr. Pagine evangeliche. Io non temo che i cattivi cristiani, VDM, marzo della pubblicistica cattolica genovese9S, e frequenti erano i suggerimenti per vincerlo o ridurlo temprando il carattereI frutti della « paura cattolica » erano spiritualmente devastanti. Essa provocava infatti quella « tepidezza spirituale » che, oltre ad essere sicuro segno di mediocrità, era la negazione di qualsiasi aspirazione alla santità97. Neppure i membri delle confraternite98 e della stessa Azione cattolica99 erano sempre migliori della media dei cristiani, perché non rifuggivano dalle ambizioni personali e dalle invidie. Occorreva pertanto il recupero delle virtù cristiane, in primo luogo dell’umiltà 10°. Occorreva soprattutto liberarsi da ogni tentazione, da ogni illusione temporalistica e trionfalistica. Era questa la conclusione cui perveniva la direzione dei bollettini parrocchiali genovesi nel 1936: «Non è raro sentir ripetere: oh, se noi cattolici avessimo più denaro! Ë un’illusione! Se avessimo più denaro, probabilmente noi saremmo anche più indifferenti e più fiacchi. Si dice ancora; oh, se noi contassimo nelle nostre fila tanti uomini dotti! Illusione! Si dice ancora: ma se fossimo più potenti! Illusione! » 101. Il bilancio di tale situazione non propriamente felice era tracciato da una parte dall’arcivescovo, dall’altra dalla direzione dei bollettini parrocchiali genovesi. L’arcivescovo partiva da una questione particolare, la crisi demografica, per giungere a considerazioni che investivano l’intera vita cristiana, di cui essa non era che un sintomo. Infatti, se era alieno dai semplicismi apocalittici di tanti confratelli e se si inoltrava 1932; Iniezioni. La... paura cattolica, VDM, giugno 1932; fra Giacomo, Carattere, VDM, aprile 1933; Il cristiano leale, VDM, gennaio 1935; Fierezza, VDM, febbraio 1936. 95 Cfr. Contro il rispetto umano, ESQ, agosto 1927. 96 Cfr. fra Giacomo, Carattere, VDM, aprile 1933; Fierezza, febbraio 1936; Il cristiano leale, VDM, gennaio 1935. 97 Cfr. Iniezioni. La paura ... cattolica, VDM, giugno 1932; P.M. (Marazzi), Pienezza, VDM, maggio 1932. 98 Cfr. fra Fly de’ Minimi, Declina a malo. Ai confratelli de la congregazione, VPM, febbraio 1932. 99 Cfr. P.M. (Marazzi), A proposito di Azione cattolica. Prima santi e poi apostoli, VDM, novembre 1931. 100 Cfr. Battendo l’incudine. L’umiltà, VDM, dicembre 1936. 101 Cfr. La vera tattica, VDM, luglio 1936. — 101 — nei meandri del problema con molta cautela, era pur vero che la crescente denatalità rappresentava sempre un segno inquietante di egoismo: « abbiamo un po’ tutti dimenticato che i beni sono diversamente ripartiti sulla terra, provvidenza che dovrebbe affratellare i popoli ». Propugnare il puro e semplice ritorno all’antico incremento demografico era non soltanto illusorio, ma mistificatorio, perché la campagna per l’incremento delle nascite nascondeva in sé un’intonazione pagana che andava respinta. Il riferimento al significato della campagna demografica del fascismo non poteva essere più chiaro: « propugnare 1 ascesa demografica unicamente in vista della possibile guerra è rimedio e i cace? Non lo crediamo. La finalità della vita e della procreazione non può essere esclusivamente ordinata alla guerra come la professa 1 raz zismo ». In questa prospettiva, era l’intera concezione globale della guer ra e del razzismo che doveva essere energicamente condannata. « tut le le volte che, applicato ad uomini, ci vien parlato di razza, proviamo una vera afflizione ». Una soluzione equilibrata di questo problema co me una delle questioni cardini dell’umanesimo cristiano doveva essere ricercata altrove, e precisamente nel cristianesimo: « il rispetto alla on na, ma non l’idolatria. Essa è un tesoro che si sciupa se troppo espo sto. Dovremmo aggiungere una parola sopra l’eccessiva smania e i vertimento, coperto da ragioni di igiene e di arrobustimento ». In e finitiva, per l’arcivescovo, con ragionamento deduttivo, occorreva «ri tornare la società a costumi onesti, ritornare le anime al sacrificio, a a responsabilità davanti a Dio, alla nobiltà della propria vocazione. Di versamente a nulla varranno le esortazioni pubbliche, i premi, le feste di maternità » m. Se l’arcivescovo aveva dubbi sul tipo del « risveglio cristiano », il direttore dei bollettini genovesi, don Marazzi, era anche più radicale. Anzitutto, egli si domandava se fosse il caso di fidarsi delle apparenze. Ma anche sotto questo aspetto non c’era da nuotare nell abbondanza, poiché, secondo i suoi calcoli, « alla domenica frequentano la messa abitualmente un quarto della popolazione ». Ma questo non era che un aspetto, e neppure il più importante, del problema. Infatti, « quanti di noi - si domandava il Marazzi - vivono veramente il Vangelo? Come si obbedisce ai vescovi, al Papa? Che si fa per la stampa? 102 Cfr. C.D. Minoretti, Crisi demografica, SS, giugno 1935. — 102 — Per il teatro? per il cinematografo?, questi mezzi potentissimi di educazione popolare? Non sono essi i cattolici che comprano a milioni di copie gli altri giornali? Non sono i battezzati che frequentano a milioni i teatri e i cinematografi? ... E poi, nella nostra parrocchia (quella cittadina di S. Tommaso) abbiamo, sì e no un duecento tesserati nel-l’Azione cattolica e un migliaio di persone fedeli veramente alla chiesa. Abbiamo — si chiedeva infine il Marazzi -, una mentalità apostolica di conquista? » 103. Marazzi scriveva queste considerazioni proprio nel febbraio 1938, al termine cioè dell’esperienza episcopale di Minoretti. Le sue parole avevano quindi anche il valore di un bilancio complessivo, severo, impietoso, ma non certo edulcorato da trionfalismi e mistificazioni. I responsabili della cura di anime, durante gli anni venti e gli anni trenta, erano dunque divisi tra il cauto compiacimento per un certo risveglio religioso, rilevabile anche statisticamente, e la constatazione di quanto questo risveglio fosse discontinuo, fragile soprattutto per quanto riguardava l’instaurazione di un autentico vivo rapporto tra vita spirituale e vita etica. Ma anche dal punto di vista strettamente quantitativo, la situazione non si prestava a troppo rosee constatazioni. Occorreva intanto distinguere tra territori rurali, centri minori e la Grande Genova. Solo nelle prime due zone la situazione era abbastanza soddisfacente, perché era possibile l’aggregazione e il controllo dei fedeli sia in via ordinaria (attraverso le funzioni del normale ciclo liturgico) sia in via straordinaria, attraverso la predicazione di missioni, i giubilei, le incoronazioni di immagini, le prime comunioni, e così via. Diverso era il caso della Grande Genova, dove né al centro né alla periferia operaia i responsabili della vita religiosa riuscivano a mobilitare e ad aggregare la popolazione in misura integrale. Per ammissione degli stessi parroci e rettori, rimaneva pur sempre una grossa percentuale di abitanti che erano « distanti », cioè lontani da qualsiasi influenza della parrocchia. Il processo di recupero sembrava confortante, ma era parere unanime dei parroci che « molto restasse da fare » ,04. 103 Cfr. Rio Palma (P. Marazzi), Dopo una bella funzione..., VAST, febbraio 1928. 104 Cfr. Il parroco, Un po’ di bilancio, MGS, dicembre 1931. — 103 — Se poi assumiamo un altro parametro per misurare il polso spirituale della diocesi, quello della frequenza delle comunioni, il discorso si faceva ancora meno ottimistico. Infatti, per quanto riguarda 1 osservanza del precetto pasquale, soltanto la prima fascia, quella delle parrocchie rurali, riusciva ad ottenere risultati vicini all’unanimita , mentre anche la seconda fascia, quella costituita dai piccoli centri, tendeva ad avvicinarsi al largo assenteismo della terza fascia. Pochi esempi, da questo punto di vista, sono sintomatici. Il parroco di Pieve Ligure, ad esempio, lamentava che, nonostante tutte le esortazioni in proposito, largamente pubblicizzate dal pulpito e dalla stampa parrocchiale, ben il 45% degli uomini non faceva la comunione neppure a Pasqua . Ed anche il parroco della « cattolicissima » Sori doveva convincersi che soltanto una minoranza degli uomini faceva Pasqua l0/. Se questi erano 1 problemi dei centri medi e piccoli della riviera appartenenti alla diocesi di Genova, ben più gravi erano i problemi posti dalla grande città che, oltre tutto, non consentiva neppure un controllo così capillare come 1 centri medi e piccoli. Qui l’impressione unanime dei parroci era che « c’era molto da fare » anche laddove, come nella parrocchia del Sa ero Cuore di Carignano, il progresso rispetto ad un recente passato era evidentissimo 108. Ma al di là di queste considerazioni, esisteva un motivo di fondo che rendeva il giudizio dei responsabili di anime così cau to e sospensivo. Anche quando i progressi di risveglio spirituale erano nettamente evidenti sotto il profilo quantitativo, i sacerdoti non potevano accontentarsi della prospettiva di avere con sé una parte, fosse anche la grande maggioranza della popolazione. Essi la volevano tutta, in una prospettiva di conversione integrale del popolo a Dio. Il loro cruccio era non tanto rivolto a questo, quanto alla convinzione di non essere ancora riusciti a realizzare, nonostante tutti gli sforzi, il regno di Cristo secondo il disegno di Pio XI109, essendosi ancora molto lon- 105 Cfr. S, marzo 1932; ESQ, maggio 1927. 106 Cfr. VP, maggio 1938. 107 Cfr. SS Sori, maggio 1936. 108 Cfr. can. Enrico Ravano, parroco, Nel mio venticinquesimo anno di sacerdozio, VDF, marzo 1926. 109 Cfr. La pace di Cristo nel regno di Cristo, VN, ottobre 1932. — 104 — tani da tale obiettivo. E il divario appariva, come si è già osservato, ancora più evidente qualora si considerassero le dimensioni non quantitative, bensì qualitative della vita cristiana, dove, per ammissione degli stessi sacerdoti, molto spesso la massificazione, la « parata »110, la esteriorità insomma111 prevalevano sulla sostanza. 110 Cfr. Il parroco, Salviamo la gioventù, MGS, settembre 1931. i" Cfr. VA, ottobre 1931. — 105 — CAPITOLO QUINTO LA QUALITÀ DELLA VITA CRISTIANA. IL MOVIMENTO LITURGICO I parroci, i rettori, i sacerdoti in genere erano in gran parte consa pevoli che lo « splendore » dei riti non era sufficiente a fondare a vita cristiana: d’altra parte, erano altrettanto convinti che esso fosse in ’spen sabile, oltre che a richiamare folla, anche alla costruzione di una cor^u nità, sia pure dai connotati prevalentemente esteriori1. Si spiega così ^ m teresse e l’attività che i pastori di anime, sia di campagna, sia di riviera, sia di città, esplicarono per assicurare ai riti e alle funzioni la maggiore solennità possibile. Si può dire anzi che si cogliesse ogni occasione per che la maggior quantità di fedeli si riunisse attorno all altare. Questo atteggiamento si spiegava con l’unanime constatazione che le normali sca denze dell anno liturgico (soprattutto la serie delle domeniche) non era no di solito sufficienti ad attirare nei templi il pubblico delle grandi oc casioni. Si sarebbe detto che la caratteristica principale del popolo ge novese fosse l’incostanza. Pertanto i responsabili della vita religiosa ri tenevano necessario moltiplicare le occasioni di eliminare questa incostan za, sostituendo la normalità liturgica, fonte evidente di accidia e torpore spirituale, con il moltiplicarsi della straordinarietà. Gli obiettivi dei sacerdoti genovesi non erano quindi soltanto esteriori, anche se dell esteriorità non potevano fare a meno. Il calendario liturgico e la vita par-rochiale scandivano infatti le più varie ricorrenze: così, di solito, il pri" 1 Cfr. Verso la nostra festa, SS Sori, agosto 1928; L’illuminazione delle strade e delle finestre, MGS, aprile 1926. — 106 — mo giorno dell’anno si rinnovavano da parte di tutto il popolo le promesse battesimali e si consacrava l’anno alla Madonna2: il 6 gennaio si celebrava la solennità della Santa Infanzia, che offriva l’occasione di riunire nella parrocchia tutti i piccoli e i loro genitori3: nel mese di gennaio, inoltre, le ricorrenze di Sant’Agnese4 e di Santa Dorotea3 contribuivano a raccogliere le file della gioventù femminile, particolarmente delle "Figlie di Maria” 6. A febbraio si celebrava con una certa solennità la festa della « Candelora » e di S. Biagio, perché si sapeva che queste ricorrenze erano assai care alla devozione popolare7. A carnevale il popolo si riuniva nell’adorazione del Sacramento eucaristico esposto solennemente per quarant’ore in riparazione delle offese, oltraggi e peccati commessi in quel periodo 8: era questa un’occasione non soltanto di confessioni e di comunioni generali, ma di consolidamento della pietà eucaristica9. In occasione della quaresima si tenevano di solito in tutte le parrocchie, sia di campagna, sia di riviera, sia di città, predicazioni di penitenza (i cosiddetti quaresimali) in cui il popolo era invitato ad intervenire in massa10. In tutto questo periodo i sacerdoti 2 Cfr. VPT, febbraio 1938. 3 Cfr. VN, febbraio 1932; BPS, marzo 1938; MM, febbraio 1936; SS, febbraio 1936; SM, febbraio 1929; MGS, febbraio 1925; VAR, febbraio 1928; CD, gennaio 1932; VC, febbraio 1928; VFB, marzo 1931; VA, febbraio 1929; SS Sori, dicembre 1933; VPM, febbraio 1926. 4 Cfr. S, marzo 1932; MN, marzo 1936; VAST, febbraio 1938; VN, febbraio 1932; VAT, marzo 1927; SMRS, gennaio 1932; FN, febbraio 1932; VB, gennaio 1937; VFB, gennaio 1929. 5 Cfr. VAQ, aprile 1933; VB, gennaio 1937; V, marzo 1937. 6 Cfr. MA, marzo 1925; AF, marzo 1932 e marzo 1933 e febbraio 1934; SB, luglio 1931; MN, marzo 1936; VN, gennaio 1932; ST, gennaio 1934; MC, febbraio 1936; BS, gennaio 1935; FN, febbraio 1932; FCA, febbraio 1927; VB, gennaio 1937; VFB, gennaio 1929. 7 Cfr. S, marzo 1933; SB, gennaio 1932; VAT, marzo 1928; SBV, marzo 1933. 8 Cfr. VA, marzo 1928; SS Sori, marzo 1928. 9 Cfr. NLDF, 1923 (corso dell’anno) ; La devozione all’Eucarestia, V, giugno 1933. 10 Cfr. AF, aprile 1932; S, maggio 1934; SB, aprile 1937; VAT, aprile 1927; FCA, marzo 1933; VFF, febbraio 1937; SV, febbraio 1928; VN, marzo 1938; VDF, maggio 1926; MGS, maggio 1931; I, aprile 1933; SP, marzo 1938; SS Sori, maggio 1930. — 107 — cercavano di inculcare nel laicato sentimenti di penitenza e di riparazione 11. La settimana santa aveva i suoi momenti centrali nei cosiddetti « sepolcri », che ogni parrocchia esibiva con molto sfarzo e concorrenza con l’intento di creare una tradizione e di attirare molto popolo , e nella processione di Cristo morto n. Con la settimana santa, le cui funzioni tradizionali non erano molto frequentate 14, iniziava anche un intensa propaganda da parte dei parroci perché i propri parrocchiani adempissero in massa il precetto pasquale, che era un po’ il segno distintivo della qualifica di cristiano ’5. Nulla veniva lasciato di intentato per facilitare 1 assolvimento di questo dovere da parte dei fedeli: dall’intensa propagan da attraverso il pulpito 16 alla pubblicazione di appositi richiami e inviti nei bollettini parrocchiali17, dalla convocazione di esercizi spirituali per donne18, ragazze19 e specialmente giovani20 e uomini21, i più restii a 11 Cfr. Ricordiamo, AF, febbraio 1932; Il parroco, Astinenza e di&tun°’ *’ febbraio 1929; La Quaresima (austerità), S, febbraio 1937; SB, febbraio > VDF, febbraio 1928; DBS, marzo 1928; VN, marzo 1938; SS, marzo 1933; La quaresima e la parola di Dio, SMB, aprile 1933; MGS, febbraio 1925 e febbraio 1932; Il parroco, Ancora quaranta giorni, I, febbraio 1934; Liturgia quarest! ’ I, febbraio 1938; Venerdì, magro... Piccola conversazione, VDM, novem re VDM, febbraio 1936. 12 Cfr. AF, aprile 1932; S, giugno 1931; MN, maggio 1936; AC maggio 1935; VAT, maggio 1927; ER Ruta, maggio 1938; FN, aprile 1927; VDF apr 1931; SF, aprile 1932; SV, maggio 1930; SS, aprile 1932; V, aprile 1932; > aprile 1932; VFB, maggio 1929; I, aprile 1933; SS Sori, maggio 1931; aprile 1929. 13 Cfr. AF, maggio 1933; VAQ, giugno 1933 (ripristinata). 14 Cfr. Amare constatazioni, FVS, aprile 1927; SS Sori, aprile 1932. Cfr. card. C.D. Minoretti, Lo stretto dovere del precetto pasquale, VDM, febbraio 1931. Cfr. L invito de la madre, AF, marzo 1932. Nel tempo pasquale (dall’ultima domenica di quaresima alla prima do menica dopo Pentecoste), i bollettini di ogni parrocchia contenevano regolari e pressanti inviti a soddisfare il precetto pasquale. 18 Cfr. SP, marzo 1933. 19 Cfr. SS Sori, marzo 1938. 20 Cfr. ER Ruta, maggio 1938. 21 Cfr. V, marzo 1937; VPA, marzo 1937; CD, marzo 1934; VC, maggio 1933; SP, aprile 1929; SS Sori, marzo 1932. — 108 — adempiere il precetto pasquale e quindi fatti segno ad un’attenzione e ad un riguardo particolare 22, alla chiamata di confessori estranei alla parrocchia, ben conoscendo la riluttanza di molti fedeli a inginocchiarsi davanti a sacerdoti conosciuti per ammettere le proprie colpe n. Con le feste pasquali cominciava anche il ciclo eucaristico, le cui tappe erano sottolineate soprattutto dalla prima comunione dei bambini della parrocchia e dalla processione eucaristica del Corpus Domini. La prima comunione dei bambini non era una semplice formalità, quasi una scadenza cui, per debito d’età, perveniva una generazione di ragazzi. Doveva invece essere un impegno solenne che coronava mesi e talora anni24 di intensa preparazione catechistica. Doveva essere un incontro di diverse generazioni attorno alla mensa eucaristica per rafforzare la vita cristiana 25. Per rendere l’occasione della prima comunione un impegno di fede che coinvolgesse l’intera comunità parrocchiale, nel 1932 l’arcivescovo aveva introdotto un nuovo cerimoniale, che prevedeva l’ingresso processionale in chiesa dei comunicandi e il prolungarsi della solennità anche nel pomeriggio, con il rinnovo dei voti battesimali e la consacrazione delle famiglie alla Madonna26. Alla tradizionale processione del Corpus Domini, sovente prolungata anche nell’ottava27, veniva di solito attribuito un grande valore2®. Essa non era soltanto un atto di de- 22 Cfr. A voi piccoli. Perché babbo faccia la Santa Pasqua, VDM, aprile 1930. 23 Cfr. A Pasqua. Perché confessarmi?, VDM, febbraio 1932. 24 Tutte le parrocchie della diocesi di Genova attribuivano il massimo valore, non solo per motivi religiosi, ma anche per motivi sociali, al catechismo dei fanciulli. Esso era impartito in cicli annuali, coincidenti con l’anno scolastico, ai fanciulli che frequentavano la scuola elementare: in occasione della ricezione dei sacramenti della conferma cristiana (prima comunione, cresima), il normale ciclo catechistico veniva soltanto intensificato, (cfr. VFB, maggio 1931; SP, marzo 1938). In alcune parrocchie venne anche fondata la congregazione di Santa Dorotea, costituita in generale dalle madri della parrocchia, per rendere più efficiente ed universale l’insegnamento del catechismo: Cfr. V Frane. (Bolzaneto), gennaio 1930; SFA, marzo 1928; AC, agosto - settembre 1929; MC, novembre 1936; SF, dicembre 1931; MGS, settembre 1927; I, dicembre 1937; SP, dicembre 1932. 25 Cfr. Per le prime comunioni, SS Sori, marzo 1932. 26 Cfr. S, aprile 1933. 27 Cfr. I, luglio 1933. 28 Cfr. Trionfi mariani e trionfi eucaristici, CD, giugno 1934; Trionfo eu- vozione al sacramento eucaristico, ma anche la rassegna sociale delle forze attive della parrocchia, a cui partecipavano le autorità civili , le associazioni religiose ed anche le associazioni puramente civili esistenti nella circoscrizione parrocchiale 30. Si deploravano anche nominativamente gli assenti, si voleva che in quell’occasione si bandisse il rispetto umano . Si voleva soprattutto che in ogni anno si registrasse un progresso rispetto a quello precedente32. Si invitavano i fedeli ad addobbare case e finestre in modo da attribuire il massimo onore al sacramento eucaristico . Il mese di maggio e di giugno era viceversa il periodo dei grandi appuntamenti di massa rispettivamente con la Madonna e il Sacro Cuo re. Il mese mariano, dopo incerti inizi, si era affermato decisamente in dai primordi del Novecento, ed ora costituiva un polo permanente ' e vozione popolare. Per un intero mese, nelle ore serali, folle di fe e i a follavano i templi colmi di fiori e di fronde e scintillanti di luce, per ren dere omaggio a Maria34. Ed ogni anno si notava, in genere , un accre scimento di partecipazione36. Un certo progresso veniva notato anche nella partecipazione popo lare alle funzioni del mese di giugno dedicate al Sacro Cuore , anc e caustico, SS Sori, giugno 1929. 29 Cfr. VA, luglio 1929. 30 Cfr. VAQ, luglio 1932; VP, giugno 1937; I, luglio 1936; SS Son, giugno 1932. 31 Cfr. SMB, luglio 1933. 32 Cfr. MN, luglio 1933 e luglio 1934; CD, luglio 1929 e luglio 1934. 33 Cfr. VDF, luglio 1929, luglio 1929 e sgg. 34 Cfr. Le feste d’amore a Maria, MA, giugno 1930; Chiusura del mese mariano, MN, luglio 1934; La migliore riuscita della giornata mariana, FCA, giugno 1932; Fiaccolata mariana, VDF, giugno 1930; Chiusura del mese mariano, SF, luglio 1932; La festa de la Madonna della Guardia, MGS, settembre 1927; Di bene in meglio, CD, giugno 1933; La chiusura del mese di maggio e la visita del cardinale, VA, luglio 1930; A.B. Maggio ritorna, VPM, maggio 1934. 35 Così il parroco di Pieve Ligure notava invece, nel 1937, un minore affollamento cfr. VP, aprile 1937. 36 Cfr. Trionfi mariani e trionfi eucaristici, CD, giugno 1934. Ma era impressione corrente tra tutti i responsabili ecclesiastici dell’epoca. 37 Cfr. La devozione al Sacro Cuore di Gesù, V, giugno 1933. — 110 — se 1 affluenza non era certo pari a quella del mese mariano38. Ma i reggitori di anime notavano con soddisfazione che andavano sempre più radicandosi nello spirito popolare gli atti devozionali legati al culto del Sacro Cuore, come la pratica dei primi venerdì del mese39 e la consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore durante il mese di giugno40. Era pure in aumento il gruppo delle zelatrici e dei zelatori del Sacro Cuore, promotori, oltre che della devozione al Sacro Cuore, anche dell’apostolato della preghiera 41. Con il mese di giugno iniziava quello che molti parroci, special-mente di città e di riviera, chiamavano il « grande letargo » della vita spirituale42. A questo torpore, le parrocchie di campagna erano interessate solo in minima parte43 : anzi non era raro il caso che il periodo estivo fosse il più intenso dato l’apporto di partecipazione e anche finanziario dei villeggianti sempre più numerosi44. Nei mesi estivi di luglio, agosto e la prima decade di settembre si effettuavano nelle zone di campagna e di montagna le grandi sagre4S. Per accrescere il profitto spiritua- 38 Cfr. Il mese di giugno e la festa del Sacro Cuore, VFB, maggio - giugno 1928; Mese del Sacro Cuore e festa del Sacro Cuore, I, luglio 1933; Per il Sacro Cuore di Gesù, SS Sori, luglio 1930; Il cuore di Gesù e la società odierna, VDM, giugno 1936; Battendo sull'incudine. Cor Jesu, VDM, giugno 1936. 39 Cfr. S, marzo 1933; MC, settembre 1934; VDF, ottobre 1931; SBV, ottobre 1934; CD, gennaio - febbraio 1925; SP, agosto 1933. 40 Cfr. AF, luglio e agosto 1937; S, giugno 1936; M, luglio 1938; VN, giugno 1937; barone Mario Zanotti, Consacrazione al Sacro Cuore della scuola di Multedo, MC, settembre 1934; Consacrazione dei nuovi crociatini della parrocchia, VDF, giugno 1933; La pagina del Sacro Cuore. Famiglie consacrate, VFF, maggio 1936; MM, giugno 1932; Lo stabilimento Cucirini consacrato al Sacro Cuore, SV, luglio 1933; VPA, aprile 1937. 41 Cfr. MN, aprile 1937; SFA, febbraio 1928; SS Sori, marzo 1928. 42 Cfr. La chiesa si riaffolla, SP, ottobre 1937; Poca gente a settembre, VDM, ottobre 1936. 43 Cfr. Come si svolsero le nostre solennità, MN, ottobre 1933; La festa dell’Assunta, VP, settembre 1938. 44 Cfr. SMRS, giugno 1928 e settembre 1928; FN, ottobre 1932; SBV, ottobre 1932, aprile 1932, agosto 1933, dicembre 1934 e ottobre 1936; SF, ottobre 1932; SMB, luglio 1932; VAR, luglio 1934; VA, maggio 1926. 45 Cfr. MBGPA, agosto 1927 e ottobre 1936; MA, agosto 1930; AF, set- — Ili — le 46 ed anche quello finanziario ed organizzativo47, queste solennità si prolungavano di solito per molto tempo, essendo precedute da intense attività e iniziative di appositi comitati di festeggiamenti4S, novene o tridui50 ed essendo seguite da ottavari51 e prolungamenti di lotterie di beneficenza 52. Diverso era il caso delle parrocchie cittadine che durante l’estate perdevano molti fedeli53 e pertanto non erano incoraggiate a effettuare le loro solennità nei tre mesi estiviM. Emblematico, a questo riguardo, appariva il caso della parrocchia cittadina del Sacro Cuore di Carignano, abitata in prevalenza da agiati professionisti e dirigenti, durante l’estate, secondo il parroco, la parrocchia si riduceva ad un vero deserto 55. Con il mese di ottobre, riprendeva la vita ecclesiale anche nelle par- tembre e ottobre 1932; S, novembre 1930, ottobre 1932 e ottobre 1933, M, ago sto 1937 e agosto 1938; NSC, luglio e settembre 1938; MN, settembre 1930 e ottobre 1933; ottobre 1936 e ottobre 1937; SMRS, agosto 1928; SVT, apri e e giugno 1932; MC, agosto 1933; VB, settembre 1928; SV, settembre 192 , > settembre 1937; FVC, ottobre 1937; SMB, ottobre 1931; ER, luglio 1932, , settembre 1934; VC, agosto 1930 e agosto 1931; VFB, novembre 1928, , set tembre 1927; SS Sori, agosto 1928; VPT, settembre 1938; VDM, settembre 1933; VPM, ottobre - novembre 1932. « Cfr. VC, agosto 1930; SS Sori, agosto 1928 e agosto 1931; VPT, settembre 1938. 47 Cfr. Rendiconto della festa patronale, AF, ottobre 1936; S, novembre 1930 e novembre 1934 e novembre 1937; SMRS, agosto 1928; MC, luglio 193 . VP, ottobre 1937; VC, agosto 1931; SP, luglio 1936; VPM, ottobre - novembre 1932. 48 Cfr. La festa di S. Eusebio, VC, agosto 1931. Quest’aspetto «mondano» delle solennità religiose non piaceva assolutamente all’arcivescovo, che rese pub i-camente noto il suo malumore e il suo dissenso con un avviso ai parroci e ai fedeli della diocesi: cfr. lettera collettiva dell’episcopato ligure del 1° novembre 1930, in RDG, XX ( 1930), pp. 307-321. 49 Cfr. MBGPA, ottobre 1936; MA, agosto 1930. 50 Cfr. AF, settembre e ottobre 1932; MC, agosto 1933; VB, settembre 1938. 51 Cfr. SL, agosto 1935; MGS, giugno 1930. 52 Cfr. S, novembre 1934 e novembre 1937; SB, agosto 1933. 53 Cfr. AC, ottobre 1933. 54 Cfr. MBGPA, febbraio 1929. 55 Cfr. Esodo dei parrocchiani, VDF, agosto 1928. — 112 — rocchie di città e di riviera. La festa della Madonna del Rosario, che di solito era accompagnata da solenne processione, costituiva il segno di questa ripresa 5Ó. Anche le associazioni parrocchiali, di Azione cattolica o meno, riprendevano la loro vita57. La novena e la solennità dei defunti, seguite da un numero straordinario di parrocchiani58, costituivano un altro momento di vita piena della spiritualità parrocchiale. Le cerimonie della commemorazione dei defunti si prolungavano di solito oltre la data del 2 novembre, perché dalla popolazione veniva sentita come occasione di suffragio per i caduti anche la giornata del 4 novembre59. Non era raro poi, specialmente nelle parrocchie fornite di confraternita ed oratorio per il suffragio dei defunti, che la loro commemorazione si prolungasse fino alla metà del mese di novembre con ottavari ed altre cerimonie 60. Subito dopo cominciava la novena in preparazione della solennità dell’immacolata concezione (8 dicembre), particolarmente sentita in Liguria61. Questa solennità tipicamente mariana riscuoteva un cre- 56 Cfr. La chiesa si riaffolla, SP, ottobre 1937. 57 Cfr. VDF, ottobre 1928; VB, gennaio 1936; VDM, ottobre 1934. 58 Cfr. SB, dicembre 1937; NSC, dicembre 1938; MN, dicembre 1933; VN, dicembre 1931; SV, novembre 1932; MC, novembre 1933; ER Ruta, novembre 1938; FN, dicembre 1927; VDF, novembre 1930; VFF, dicembre 1936; SV, dicembre 1930; VAR, dicembre 1934; CD, novembre 1937; VC, novembre 1931; I, ottobre 1936; SS Sori, novembre 1930; ESQ, novembre 1928. 59 Cfr. La novena dei morti. I caduti, CD, novembre 1930; Solennità dei santi, defunti, caduti in guerra, I, dicembre 1933. Cfr. anche NSC, dicembre 1938; VAST, dicembre 1935; VN, novembre 1932 (con interminabile corteo di fedeli cittadini); MC, dicembre 1933; SL, dicembre 1935; SF, dicembre 1932; SS, novembre 1932; VDF, dicembre 1927; VAR, dicembre 1934 e dicembre 1937; CD, novembre 1930; VC, novembre 1928; VFB, dicembre 1928; VFB, dicembre 1934 (inaugurato l’altare in onore dei caduti in guerra) : I, dicembre 1933; VA dicembre 1925; SS Sori, novembre 1931; SS Sori, novembre 1926 (inaugurata una lapide votiva offerta dall'ONC) ; VPM, dicembre 1930. 60 Cfr. Gli ottavari, SV, dicembre 1932; Confraternita e defunti, MM, novembre 1933; Ottavario dei morti, SBV, settembre 1937; La novena e gli ottavari dei morti, SMB, dicembre 1932; Gli ottavari dei defunti, VA, dicembre 1925. 61 Cfr. ST, dicembre 1933; BP, gennaio 1938; FN, gennaio 1928; DBS, dicembre 1928; VB, gennaio 1938; BSS, gennaio 1938; VPA, marzo 1937; MGS, dicembre 1930; CD, dicembre 1927; I, dicembre 1935; SP, gennaio 1932; VA, — 113 — scente successo, anche perché finiva per coincidere con la data del tesseramento delle associazioni di Azione cattolica62. Subito dopo la festa dell’immacolata si entrava nel clima natalizio che, naturalmente,^ rappresentava un periodo eccezionalmente lungo di mobilitazione specialmente per i più giovani. E, in effetti, venivano incoraggiate iniziative varie e complesse per rafforzare il valore religioso del tempo natalizio, mostre , presepi ecclesiali64 e privati65, decoro delle sacre funzioni , moltiplicazione delle occasioni di incontro con i fedeli67, che culminavano nel solenne Te Deum di ringraziamento di fine d’anno cui venivano chiamati tutti i parrocchiani68. Venivano poi assai curate occasioni estemporanee ed eccezionali di incontro per rafforzare la coesione dei parrocchiani tra loro e con i prò prio parroco, come accademie69, feste di bambini , festeggiamenti i ri gennaio 1927; SS Sori, gennaio 1930; L’Immacolata a Genova, VDM, dicembre 1937; DBS, gennaio 1925. 62 Cfr. SB, dicembre 1935; VB, gennaio 1936; VDF, dicembre 1929; B , gennaio 1938. « Cfr. MBGPA, dicembre 1929. Sul santuario del « Bambino di Praga » i Arenzano, cfr. Il miracoloso ftambin Gesù di Fraga. Notizie■ storiche e preg Arenzano, s. d.; Santuario - basilica del S. Bambino Gesù di Arenzano, rio di Arenzano illustrato, Genova, s. d. « Cfr. S, dicembre 1933; M, dicembre 1933; FN, gennaio 1934; SS, febbraio 1937; SP, dicembre 1931. « Cfr. Visita ai presepi, AC, dicembre 1936; I presepi di famiglia, febbraio 1931; Premiati anche con denaro i presepi privati, FN, febbraio 1933. 66 Cfr. Novena e festa del S. Natale, S, dicembre 1930; Messa di mezzanotte AC, gennaio 1933. 67 Cfr. Presepe e recite, S, febbraio 1933; Note sparse, MN, febbraio 1930; Festeggiate il Natale, ST, dicembre 1933; Gara di poesie al Bambin Gesù; AC, gennaio 1929; MC, gennaio 1934; FN, gennaio 1938; VDF, gennaio 1928, no vembre 1931 e gennaio 1934; CD, febbraio 1927; CD, dicembre 1928 e dicem re 1931; DBS, dicembre 1927 (albero di natale e beneficenza). 68 Cfr. VPT, febbraio 1938; AC, gennaio 1933; VDF, gennaio 1930; VFB, gennaio 1931; I, febbraio 1933; SS Sori, gennaio 1930. 69 Cfr. FCA, settembre 1932; MGS, settembre 1926; SS Sori, agosto 1930. 70 Cfr. FN, giugno 1932; MGu, agosto 1932; VDF, giugno 1926; VPA, febbraio 1937; SMB, marzo 1929; SMB, giugno 1933; MGS, settembre 1932; CD, gennaio 1932; SS Sori, agosto 1928; VPM, ottobre 1926. — 114 — correnze personali del parroco71, ricorrenze parrocchiali72. Evidente era insomma l’intento di associare alla normalità della vita liturgica il moltiplicarsi di occasioni straordinarie per mantenere sempre viva la tensione spirituale dei fedeli. Tuttavia, l’obiettivo finale della partecipazione alla vita ecclesiale, ai riti e ai sacramenti, qualunque fossero gli strumenti con cui questa fosse ottenuta, era pur sempre l’instaurazione di un’autentica vita ispirata al modello di Cristo e al Vangelo. Per ammissione degli stessi pastori, esso era ancora più difficile da raggiungere che la partecipazione quantitativa. I parroci non perdevano pertanto l’occasione di annunciare dai pulpiti e dalle colonne dei bollettini parrocchiali (che di questi annunci non erano che il riflesso) i modelli e gli insegnamenti concreti per vivere una autentica vita cristiana anche al di fuori delle mura dei templi e al di fuori dei riti. Così, diceva un anonimo scrittore dell’edizione comune dei bollettini parrocchiali genovesi, « è inutile che entrando in chiesa tu ti inginocchi nel pavimento e tocchi col mento la terra se poi, invece di pregare, dici a te stesso come il fariseo “qui dentro di gente che prega ci sono solo io” ». E i cristiani erano invitati a «non condannare con 71 Cfr. MGS, luglio 1926; AC, ottobre 1932; FCA, aprile 1936; VDF, agosto 1928 (onomastico) ; MM, ottobre 1933 (venticinquesimo anno di parrocchia) ; SV, aprile 1928 (onomastico) ; V, luglio 1936 (onomastico) ; VDF, febbraio 1926 (giubileo sacerdotale del parroco) ; MGS, febbraio 1925 (onomastico) ; CD, luglio 1936 (giubileo sacerdotale); VFB, novembre 1934 (quarantesimo anno di sacerdozio); I, novembre 1934 (onomastico); SP, maggio 1932 (onomastico); VA, ottobre 1931 (giubileo sacerdotale); SS Sori, luglio 1930 (decennio di parrocchia); SS Sori, luglio 1931 (onomastico); VDM, luglio 1931 (onomastico); VDM, luglio 1933 (giubileo sacerdotale); VPM, novembre 1934 (giubileo sacerdotale). 72 Cfr. Trionfale ingresso del nuovo parroco Angelo Queirolo, S, maggio 1932; La presa di possesso del parroco Franco Andrea Storace, SB, settembre 1937; Cinquantesimo dell’erezione a parrocchia della chiesa di Fiorino, PF, novembre 1931; Solenne ingresso del nuovo parroco Ravaschio, SL, agosto 1936; Decimo anniversario del ritorno dei benedettini nella nostra parrocchia, SV, febbraio 1930; MGS, aprile 1934 (fascicolo interamente dedicato al giubileo parrocchiale); L’ingresso del nuovo prevosto Paolo Crovetto, CD, dicembre 1929; Quarantesimo anniversario dell’arcipretura, VFB, novembre 1934; I, luglio 1934 (numero speciale per il cinquantesimo anniversario della fondazione della chiesa) ; SP, maggio 1929 (ingresso del nuovo parroco Marco Bavastro) ; SS Sori, dicembre 1937 (ingresso del nuovo parroco Giacomo Cartasegna). — 115 — tanta facilità se non vuoi essere condannato », a « non agitarti del tempo dell’oscurità », a « non interessarti malignamente dei fatti altrui », a « non meravigliarti della pagliuzza che è nell’occhio del fratello » • Si cercava di infondere nei parrocchiani lo scrupolo per le « piccole cose », che nella vita spirituale erano premonitrici di abitudini più gravi , e si tentava di condensare in massime spicciole il meglio dei comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa75. Si cercava di indicare programmi di vita familiare ispirati alla santità76 e di segnalare « ai cari parrocchiani » i principi religiosi77. Si sottolineava come al fondo di una vita cristiana intensamente vissuta ci fosse lo spirito di riparazione e 1 esercizio delle virtù, incentrate sull’umiltà79. Si sottolineava soprattutto che lo scopo della vita era la soprannaturalità e l’unione definitiva con Dio da meritare soprattutto su questa terra80. Il parroco di Albaro credette di sintetizzare il destino del cristiano con le parole finali lasciate da una 73 Cfr. Parole all'anima, VC, luglio 1933, 74 Cfr. Attenti alle piccole cose\, SMRS, novembre 1930. 75 Cfr. Non si dimentichi, SMRS, gennaio 1932; Le otto beatitudini di una casa, SMRS, ottobre 1934; Dieci cose, SMRS, dicembre 1936; Il parroco arto o meo Rossi, Anno nuovo, BP, gennaio 1938. In generale, all’inizio dell anno appa rivano nel bollettino parrocchiale indicazioni per una retta vita cristiana. , gennaio 1932; ER Ruta, gennaio 1939; FN, gennaio 1927; MM, dicembre 19 e dicembre 1935; SMB, febbraio 1928; MGS, gennaio 1932 e gennaio 1934; I, gennaio 1934; SP, gennaio 1929, gennaio 1930, gennaio 1936, gennaio 1938. 76 Cfr. Ricostruiamo la famiglia, M, ottobre 1934; Sacra Famiglia, FN, feb braio 1934; Mamme così dovete educare i vostri figli, SS, dicembre 1937, ac. P. Poggi, Padre, SS, gennaio 1938; Pastor, Alle madri, MGS, febbraio 1926, om piti dell’anno nuovo, CD, gennaio 1937; Il Vangelo delle famiglie, ESQ, gennaio 1927; Il santuario domestico, ESQ, giugno 1927; Padri e figli: dieci regole per ottenere l’obbedienza dei figli, ESQ, dicembre 1927; Ai figlioli: amate i genito!i, ESQ, novembre 1928; fra F. Capponi de’ Minimi, Famiglia e sacrificio, VPM, ottobre 1928; fra Fly de’ Minimi, La famiglia, VPM, agosto 1931. 77 Cfr. ad esempio MM, dicembre 1935. 78 Cfr. Grande dovere dimenticato: la riparazione, SN, maggio 1934; VA, marzo 1928. 79 Cfr. I dodici gradi di umiltà, VDM, aprile 1933; Battendo l incudine. L’umiltà, VDM, dicembre 1936. 80 Cfr. Il parroco, Solidarietà soprannaturale, I, settembre 1933; Responsabilità sacerdotale, MN, dicembre 1932. — 116 — sua parrocchiana al momento della morte: « ricordate che l’unico scopo della vita è quello di raggiungere il paradiso e che tutto il resto è superfluo »81. Si sentiva insomma il bisogno di adoperare strumenti diversi dal puro ritualismo. Ma quali erano questi strumenti? Dal panorama della vita religiosa nella diocesi di Genova tra le due guerre non appare una risposta univoca. Alcuni pensavano di ricorrere agli strumenti della tradizione tridentina e liguoriana82. Altri pensavano invece che fosse necessario ricorrere ad altri strumenti e ad altre fonti. Molti responsabili di cura d’anime ritenevano che fosse necessario valorizzare la fonte religiosa per eccellenza, il Vangelo. Fu questo il periodo in cui anche a Genova cominciava a rivelarsi il ricorso al Vangelo come fonte di nutrimento della vita cristiana anche senza intermediazioni storiche e culturali. Questa convinzione non si affermò improvvisa e subitanea, anche perché occorreva assorbire, sotto questo aspetto, il trauma e i sospetti antimodernistici. Ma anche a Genova si affermò a poco a poco la convinzione di puntare direttamente sul Vangelo per rafforzare definitivamente e durevolmente la vita spirituale. Questa convinzione non era condivisa in genere dai parroci di campagna, dove erano preferite in generale altre forme di ispirazione religiosa, certo più tradizionali e meno traumatiche83. Ma in città cominciò a diffondersi la necessità dell’evangelizzazione diretta. Un impulso al cul- 81 Cfr. Alle madri. Testamento morale lasciato dalla contessa Ravano, SFA, gennaio 1928. 82 Cfr. Vigna santissima del Signore, MGS, aprile 1926; fra Fly de’ Minimi, Ricette utilissime, VPM, marzo 1934 D.P.S., Santa Margherita Maria Alacocque, VDM, novembre 1930. 83 Cfr. Unione prò Santo Vangelo, SFA, gennaio 1927; Lezione di Bibbia, AC, gennaio 1933; La divina semente (rubrica), BS, gennaio 1926; Settimana del Vangelo, DBS, dicembre 1932; Le conferenze della Sacra Scrittura di don Lercaro, VFF, settembre 1936; Lezione di Sacra Scrittura, VFF, febbraio 1937; Il gruppo del Vangelo, MGS, febbraio 1933; M. Cristofari, Un libro ignoto, CD, dicembre 1927; I vangeli domenicali di novembre, DC, novembre 1936; Propaganda del Vangelo, SS Sori, gennaio 1929; P. Marazzi, Conversazioni evangeliche di ottobre, VDM, ottobre 1927; Cibo eterno. La parola di Dio, VDM, febbraio 1930; Pagine evangeliche, VDM, ottobre 1931; Troppe candelette e poco Vangelo, VDM, marzo 1933; Rio Palma (P. Marazzi), Un po' di Vangelo, VDM, agosto 1934; Rio Palma, Pensieri sul Vangelo, VDM, novembre 1935; Alle fonti del Salvatore. Riflessioni evangeliche (rubrica), VPM, dicembre 1934. — 117 — to del Vangelo come fonte di vita cristiana fu dato dall’arrivo a Genova di Minoretti. Egli mostrò di non avere alcuna riserva verso il Vangelo come strumento di penetrazione e di alimento della vita religiosa; anzi fu uno dei propugnatori della sua diffusione non solo a livello rituale e liturgico ma anche a livello delle famiglie. Per l’arcivescovo, il Vangelo doveva essere uno dei libri che doveva costituire il patrimonio spirituale del cristiano (assieme al catechismo e alla stampa cattolica) 85. Sotto il suo incoraggiamento e la sua iniziativa, il culto del Vangelo fiorì rapidamente anche a Genova. Fin dal 1925, mons. Mimmi scriveva nelle colonne dell’organo della Federazione operaia cattolica ligure, “L’Operaio cattolico , una relazione del congresso sul Vangelo tenuto a BolognaLo stesso periodico, l’anno seguente, dedicava ampio spazio al secondo congresso nazionale tenuto a Milano87 e, nel 1927, dedicava al Vangelo addirittura un numero speciale88. Numerosi bollettini parrocchiali (ma non tutti) pubblicavano mensilmente apposite rubriche evangeliche, considerate soprattutto come prolungamento e diffusione delle omelie domenicali89. Naturalmente alcune parrocchie erano più sensibili alla diffusione del Vangelo anche tra il laicato cattolico: così già all’inizio degli anni venti nella parrocchia di S. Francesco di Albaro esisteva 1’ “Unione prò Santo Vangelo 84 Cfr. La benedizione dell’arcivescovo al bollettino parrocchiale, VDF, gennaio 1926; L’arcivescovo sui bollettini parrocchiali, VDF, marzo 1926; Benedizione dell’arcivescovo al bollettino parrocchiale, MGS, gennaio 1927. 83 Cfr. L’arcivescovo sui bollettini parrocchiali cit. 86 Cfr. OL, 9 agosto 1925. 87 Cfr. OL, 3 ottobre 1926. 88 Cfr. OL, 27 novembre 1927. 89 Cfr. Dal sacro libro del Vangelo, MA, marzo 1925; Pagina pastorale V Frane., luglio 1928; La divina semente, BS, gennaio 1926; I vangeli domenicali di novembre, CD, novembre 1936; P. Marazzi, Conversazioni evangeliche di ottobre, VDM, ottobre 1927; Pagine evangeliche, VDM, ottobre 1931; Dal Santo Vangelo, VDM, febbraio 1933; Rio Palma (P. Marazzi), Un po’ di Vangelo, VDM, agosto 1934; Rio Palma, Pensieri sul Vangelo, VDM, novembre 1935; Dai vangeli del tempo pasquale, VDM, aprile 1936; Conversazioni evangeliche di giugno, ESQ, giugno 1927; E. Las-serre, Conversazioni evangeliche, ESQ, febbraio, marzo, aprile 1928. 90 Cfr. SFA, gennaio 1927. Il movimento per la diffusione del Vangelo tra il laicato si incrementò decisamente alla fine degli anni venti. Nel 1927 il bollettino parrocchiale di S. Quirico, una parrocchia montana, si preoccupava della diffusione del Vangelo nelle famiglie91, e la direzione centrale dei bollettini parrocchiali genovesi denunciava, con M. Cristofari, che il Vangelo « è un libro ignoto »92. Varie parrocchie, di solito cittadine, si preoccuparono inoltre di organizzare corsi di avviamento alla lettura evangelica con oratori qualificati: nel 1933 fu la parrocchia di Castelletto ad organizzare questi corsi93 e nel 1936 e 1937 la parrocchia di S. Pietro alla Foce chiamò a tenerli il parroco delPImmacolata Giacomo Lercaro94. La parrocchia salesiana di S. Gaetano in Sampierdarena tenne alla fine del 1932 una settimana del Vangelo95, presto imitata dall’altra parrocchia di Sampierdarena, quella delle Grazie, nel 1933 96. Il Vangelo non doveva però essere soltanto un libro da leggere e da conoscere meglio, ma il parametro ideale con cui misurare la vita cristiana, il « cibo eterno », come affermava un editoriale dei bollettini parrocchiali genovesi nel febbraio 1930 97. La maggiore, anche se non completa attenzione che si cominciava a dare al Vangelo anche a livello parrocchiale e di laicato cattolico, si inquadrava anche nell’apologetica antiprotestante: non mancavano infatti articoli che polemizzavano con i protestanti sulla presunta « paura » del Vangelo da parte dei cattolici9S. I progressi della conoscenza del Vangelo andavano di pari passo con il movimento liturgico. Anche in questo caso l’iniziativa venne assunta dalle parrocchie cittadine e rivierasche, mentre su posizioni tradizionali restavano tenacemente abbarbicate le parrocchie di campagna. Certamente, le prime manifestazioni di partecipazione del laicato alla liturgia do- 91 Cfr. Il Vangelo nelle famiglie, ESQ, gennaio 1927. 92 Cfr. M. Cristofari, Un libro ignoto, CD, dicembre 1927 e ESQ, dicembre 1927. 93 Cfr. AC, gennaio 1933. 94 Cfr. VFF, settembre 1936 e VFF, febbraio 1937. 95 Cfr. DBS, dicembre 1932. 96 Cfr. MGS, febbraio 1933. 97 Cfr. Cibo eterno. La parola di Dio, VDM, febbraio 1930. 98 Cfr. Le ventidue falsificazioni. La tradizione, VN, settembre 1931; Interrogateci!, CD, luglio 1936. — 119 — vettero esercitare una certa sorpresa e forse anche un certo scalpore tra le file del laicato cattolico e del clero più tradizionalista. Se ne faceva eco, ad esempio, il bollettino parrocchiale di Sori nel riferire la meraviglia provata dai presenti nell’assistere alla messa dialogata con il celebrante da parte delle zelatrici del Sacro Cuore". Si era nel 1927, quindi appena agli inizi del movimento liturgico. Esso dovette però fare della strada se appena dieci anni dopo il parroco domenicano di Corni-gliano si sentiva in dovere di polemizzare aspramente contro quei teologi e quei liturgisti che criticavano la recita privata del rosario durante la messa 10°: segno, questo, che il movimento liturgico aveva fatto sentire la sua voce e si stava affermando una liturgia incentrata sul valore autonomo della celebrazione eucaristica101. Le tappe di questo movimento erano direttamente o indirettamente registrate anche dai bollettini parrocchiali genovesi. I responsabili della cura d’anime partivano infatti dalla constatazione che il laicato partecipasse poco e male alle manifestazioni liturgiche. In primo luogo non conosceva né afferrava il senso e il significato dei riti, anche perché nessuno si era mai preoccupato seriamente di farglieli conoscere. Così si spiegavano da una parte l’assenteismo o la partecipazione puramente passiva del laicato ai riti liturgici di cui apprezzava soprattutto la brevità 102 e, dall’altra, il rifugio neH’intimismo e nella preghiera privata specialmente durante la celebrazione della messa 103. Era quindi necessaria in primo luogo un’assidua opera di divulgazione e di spiegazione dei riti 99 Cfr. SS Sori, marzo 1928. 100 Cfr. AC, agosto 1932 (numero dedicato interamente al movimento liturgico) ; Spiegazione ascetico - liturgica della Santa Messa, NLDF, 1925; Nella luce della fede, NLDF, 1926; La benedizione eucaristica dopo la messa. Note liturgiche, SV, febbraio 1935; Gara liturgica della santa messa dei giovani del circolo, MGS, luglio 1927; La santa messa, VDM, dicembre 1931; Note liturgiche. Che cosa significa Ite missa est, ESQ, marzo 1929. 101 Cfr. Il parroco, Corone alla marni, VN, ottobre 1937. 102 Cfr. "Puntualità alla messa, SMRS, aprile 1932; Poca puntualità alle funzioni religiose, FN, dicembre 1928. 103 Cfr. I miei desideri, FCA, dicembre 1934; Appunti e rilievi, SV, gennaio 1938; Pensieri liturgici, CD, settembre 1937; La messa cantata da tutto il popolo, VDM, febbraio 1930; d.m.m., Catechismo in pillole. Sordi, muti, ciechi, VDM, aprile 1936; fra F. Capponi de’ Minimi, Le vigilie, VPM, marzo 1930. — 120 — liturgici e del loro significato. All’inizio degli anni venti apparve a Genova una rivista dedicata esclusivamente alla spiegazione ascetico-litur-gica dei riti, specialmente della messa m. Ma anche i bollettini parrocchiali dedicavano uno spazio sempre più ampio alla delucidazione del calendario liturgico e dei suoi riti, con particolare riguardo, naturalmente, alla messa 103. Le parrocchie più evolute, di solito cittadine, auspicavano anche che gli ascritti all’Azione cattolica sapessero usare il messalino per seguire i riti liturgici in perfetta consonanza agli intendimenti della Chiesa 106. Non mancava neppure chi si preoccupava di avvertire i fedeli che il centro della vita liturgica era la vita del Cristo, anzi si identificava con essa 107. Spesso però l’applicazione delle conquiste del movimento liturgico nella vita parrocchiale ed ecclesiale era piuttosto esteriore. Ci si preoccupava soprattutto di conciliare una maggiore conoscenza del significato e della storia dei riti con una liturgia esatta, ordinata, un po’ tea- 104 È la rivista NLDF, (cfr. appendice). 109 Cfr. Cenni storici sulla Santa Messa, V Frane., aprile 1930; Prefazione e spiegazione al culto di quest’anno: l’Eucarestia, NLDF, 1923; Spiegazione ascetico-liturgica della Santa Messa, NLDF, 1924; I tempi e le feste dell’anno ecclesiastico, NLDF, 1925; La benedizione eucaristica dopo la messa. Note liturgiche, SV, febbraio 1935; L’altare del Signore, I, gennaio 1936; Il cereo pasquale, I, aprile 1936; Festa di pentecoste, I, maggio 1936; La liturgia del Santo Natale, I, dicembre 1936; I riti nel giorno di Pasqua, I, marzo 1937; Festa del Corpus Domini. Note liturgiche, I, maggio 1937; La liturgia dei defunti, 1 settembre-dicembre 1937; Liturgia quaresimale, I, febbraio 1938; Conversazioni liturgiche: l’altare, VDM, febbraio 1930; Liturgia. Il linguaggio della candela, VDM, maggio 1930; La domenica delle palme. Nota liturgica, VDM, febbraio 1931; Note di liturgia. I gradini dell’altare, VDM, marzo 1932; Rio Palma (P. Marazzi), Note di liturgia. Gli altari, VDM, aprile 1932; Rio Palma, Note di liturgia. La croce, VDM, maggio 1932; Rio Palma, Liturgia. Settuagesima. Sessagesima, Quinquagesima, VDM, febbraio 1933; Rio Palma, Vita liturgica del mese di ottobre, VDM, ottobre 1934; Rio Palma, Catechismo liturgico dell’Avvento e del Natale, VDM, dicembre 1934; J. Mazzolini, o.s.s., Cuori in alto (liturgia di sessagesima), VDM, febbraio 1935; L’Assunzione nell’antica liturgia romana, VDM, agosto 1936; A. Cojazzi, Perché si battezzano i bambini, ESQ, maggio 1927; Liturgia della Settuagesima, ESQ, febbraio 1928; Liturgia della quaresima, ESQ, febbraio 1928; Note liturgiche. Che cosa significa Ite missa est, ESQ, marzo 1929; padre F. Capponi de’ Minimi, Le vigilie (bisognerebbe ripristinare, tra le antiche veglie, almeno quella di Pasqua), VPM, marzo 1930. 106 Cfr. AC, dicembre 1936. 107 Cfr. Il parroco, Il dono di Dio, I, aprile 1934. K traie, ricca di solennità e di addobbil08. Anche la partecipazione del laicato al rito era considerata più in funzione di questa esteriorità, dello splendore e del decoro delle cerimonie che come metodo per elevare il livello e il tono della vita religiosa. Così ci si preoccupava spesso che esistessero in parrocchia o nel santuario cantorie parrocchiali maschili o femminili (in genere giovanili), ma ci si preoccupava poi che quelle cantorie cantassero bene, con spirito più professionale che liturgico . E anche le diligenti spiegazioni sulle singole parti del patrimonio liturgico si fermavano soprattutto sull’esteriorità: un semplice elenco degli argomenti liturgici trattati vale del resto a precisare meglio la portata di queste spiegazioni. Così si portava a conoscenza del grande pubblico la storia e il significato dell’altare 110 (compresi i gradini) in, della candela m, della croce 113 e si dava molta importanza ai problemi di compor- U' 115 tamento ecclesiale: come ci si inginocchia 1I4, che cosa portare in cniesa , 108 Cfr. I, luglio 1938; VA, ottobre 1931; VDF, marzo 1926. 109 Cfr. AF, marzo 1932; V Frane., (Bolzaneto), VF, agosto 1931; SB, aprile 1937; MN, aprile 1932; VAST, gennaio 1938 (cantoria giovanile); VN, dicembre 1931; AC, febbraio-marzo 1934; FN, dicembre 1930 e gennaio 1931; FCA, apri-le 1928; I miei desideri (tra cui una cantoria femminile), FCA, dicembre 1934, VFF, settembre 1936; CD, giugno 1927, febbraio e luglio 1934; gennaio 1936 e giugno 1936 (si vorrebbe da un « affezionato sanfruttuosino » anche la cantoria em minile) ; I, gennaio 1934; VA, novembre 1934; VDM, febbraio 1930; VDM, febbraio 1933 e giugno 1936 (si istituisce la cantoria femminile) ; ESQ, giugno 1927, e braio 1929 e novembre 1929. L’arcivescovo però non doveva essere troppo soddisfatto della situazione, se nel novembre 1925, assieme ai vescovi della regione ec clesiastica ligure, pubblicò una lettera pastorale che ricordava che le ragazze e e donne in genere non « potranno mai salire sulla cantoria » (cfr. RDG, XV, 1925, pp. 169-181). 110 Cfr. L’altare del Signore, I, gennaio 1836; Conversazioni liturgiche, lai-tare, VDM, febbraio 1930; Rio Palma (P. Marazzi), Note di liturgia: gli altari, VDM, aprile 1932. 111 Cfr. Note di liturgia: i gradini dell’altare, VDM, marzo 1932. 112 Cfr. Liturgia. Il linguaggio della candela, VDM, maggio 1930; Il cero pasquale, I, gennaio 1936. 113 Cfr. Rio Palma (P. Marazzi), Note di liturgia: la croce, VDM, maggio 1932. 1,4 Cfr. Il galateo del buon cristiano, VDM, ottobre 1932. 115 Cfr. In chiesa, SB, gennaio 1931. — 122 — la necessità di portare il velo da parte delle donne 116 e di togliere il cappello da parte degli uomini117. Grande importanza si dava anche naturalmente alla moda femminile 118. Nei responsabili della vita ecclesiale si avvertiva in sostanza la viva preoccupazione di non intaccare il patrimonio liturgico della Chiesa con « incaute » innovazioni. Non mancarono neppure difese (più o meno d’ufficio) dell’uso della lingua latina nella liturgia119. Soprattutto si intendeva non intaccare il rapporto tra preminenza sacerdotale e tradizione liturgica: si tendeva cioè ad evitare accuratamente tutto ciò che potesse anche lontanamente compromettere o indebolire questo rapporto. Perfino l’istituzione dei chierichetti era vista con diffidenza nella maggior parte delle parrocchie (con eccezioni anche molto interessanti) 120: si preferiva, specialmente nelle parrocchie dove il clero era ancora relativamente numeroso, ricorrere alle prestazioni liturgiche di esso 121 più che ricorrere alle prestazioni dei fanciulli e dei ragazzi122. Nonostante questi precisi limiti, fu proprio a cavallo tra gli anni 116 Alle giovani, ER, giugno 1932; Moniti, VF, 8 luglio 1932; Galateo in chiesa, MM settembre 1938; Perché?, MM, luglio 1934. 117 Cfr. Galateo in chiesa, MM, settembre 1938. 118 Cfr. Il decalogo della moda, ESQ, agosto 1929; fra F. Capponi de’ Minimi, La moda, il pudore e la pace in famiglia, VPM, ottobre 1930; La moda, VDM, agosto 1937; Parliamo della moda, VDM, giugno 1937; La colpa è delle madri, VDM, agosto 1927; Per una santa crociata, PS, giugno 1925; Doveroso richiamo, AF, luglio 1934; A proposito di moda, FC, agosto 1928; Appello al capo del governo per la moda, FC, aprile 1929; Moda estiva, SMRS, luglio 1928; Doveri dei padri di famiglia, SMRS, novembre 1932; Date il buon esempio, SMRS, agosto 1933; Sono giovani: la moda corruttrice, MGS, settembre 1925 - ottobre 1925; Mescolanze proibite, RE, giugno 1932; Moda anche sacrilega!, CD, agosto 1934; Contro la moda, VC, giugno 1928; Moniti (la moda in chiesa), VFB, luglio 1932; Contro la moda scostumata, Moniti, VA, luglio 1928 e luglio 1929. 119 Cfr. Note liturgiche. Che cosa significa Ite missa est, ESQ, marzo 1929. 120 Cfr. Turno del piccolo clero, NSC, settembre 1934; I tommasini, VN, maggio 1932; Piccolo clero, ST, gennaio 1934; Piccolo clero, FCA, marzo 1933; La leva dei chierichetti, VFB, giugno 1929; Il piccolo clero parrocchiale, SS Sori, maggio 1928. 121 Cfr. Il convegno del clero sestrese al santuario di Monte Gazzo, VB, ottobre 1938. 122 Cfr. Convegno del piccolo clero, VDF, maggio 1931. — 123 — venti e gli anni trenta che prese corpo il movimento liturgico, al quale diedero il loro fattivo contributo gli esponenti migliori del clero diocesano: Moglia, Marazzi, Reverdini, Lercaro, Siri, Guano, Costa . Fu proprio in quegli anni che si manifestò l’esigenza di una maggiore partecipazione del laicato alla liturgia, voluta dall’arcivescovo in una misura e in un’intensità tale da poter essere seguita solo con difficoltà dal clero genovese, specialmente per quanto riguardava la partecipazione corale di tutto il popolo ai riti, poiché si temeva che tale partecipazione collettiva nuocesse alla loro esattezza e precisione e al loro decoro 1 • Fu proprio in quegli anni che cominciarono ad essere recepiti anche a livello parrocchiale quegli orientamenti che restauravano in Cristo la centralità dell’atto liturgico rispetto alle devozioni particolariI-5. Fu proprio in quegli anni che cominciò a valorizzarsi la preghiera collettiva, liturgica in senso proprio, rispetto a quella intimistica e individuale ,26. Fu proprio in quegli anni che i membri più sensibili e colti del laicato cominciarono ad avvertire l’esigenza di una più profonda partecipazione con la penetrazione del significato dei riti liturgici attraverso la messa dialogata e la recita di parti del breviario 127. Fu proprio in quegli anni che, da parte di alcuni responsabili della vita religiosa, cominciarono a distinguersi l’esattezza e lo splendore dei riti dalla loro efficacia nello sviluppo e nella crescita religiosa, anche se nessuno pensava che il primo obiettivo potesse raggiungersi necessariamente con il sacrificio del secondo . 123 Cfr. AC, agosto 1932 (numero interamente dedicato al movimento liturgico). 124 Cfr. C.D. Minoretti, Conserviamo la serietà della liturgia, RDG XVIII (1928), pp. 88-91; Lettera collettiva dei vescovi della provincia ecclesiastica ligure, ibidem, pp. 258-267; Lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano, del 1° novembre 1930, ibidem, XX (1930), pp. 307-321; Lettera collettiva dell’episcopato ligure del 14 luglio 1932, ibidem, XXII (1932), pp. 165-172. 125 Cfr. Troppe candelette e poco vangelo, VDM, marzo 1933; Il parroco, Il dono di Dio, I, aprile 1934; Il parroco, Ciò che si deve cercare, I, gennaio 1935. 126 Cfr. La preghiera collettiva, MR, agosto-settembre 1936. 127 Cfr. AC, agosto 1932 (numero interamente dedicato al movimento liturgico); Alla messa con il messalino, AC, dicembre 1936; A. Tintori, Il Vescovo di Livorno, in AA.VV., Emilio Guano, L’uomo della parola, Roma, 1977, pp. 133-137. 128 Cfr. Il parroco, Salviamo la gioventù, MGS, settembre 1931. Ma già l’arcivescovo aveva notato che l’altare liturgicamente più efficace sarebbe stato quello più spoglio: cfr. C.D. Minoretti, Conserviamo la serietà della liturgia, in RDG, XVIII (1928), pp. 88-91. — 124 — CAPITOLO SESTO L’AGIOLOGIA FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE Una delle caratteristiche più notevoli ed evidenti della chiesa genovese nel periodo considerato fu la concessione di larghi spazi ai santi recentemente canonizzati sempre mantenendo, nello stesso tempo, il più rigoroso rispetto alla tradizione. I santi ed i beati venerati dai fedeli genovesi erano certamente numerosi: S. Luigi Gonzaga, venerato in quasi tutte le parrocchie come patrono della gioventù S. Giovanni della Croce, venerato nella chiesa carmelitana di Arenzano2, al pari di Santa Teresa d’Avila3 e di Santa Teresa Margherita Redi pure carmelitane4; S. Girolamo Emiliani, patrono dei somaschi nella parrocchia della Maddalena5; S. Agostino6, S. Ambrogio, venerato nella parrocchia di Fegi-no7; i Santi Innocenti, oggetto di culto particolare nella parrocchia rurale di Gallaneto di Isoverde8; S. Antonio abate, venerato in molte par- 1 Cfr. MA, giugno 1930 (per la parrocchia di Crevari) ; S, giugno 1934; SB, giugno 1934 e ottobre 1931; FCA, luglio 1932; I, agosto 1933; SS Sori, ottobre 1928. 2 Cfr. MBGPA, agosto 1927 e dicembre 1929. 3 Cfr. MBGPA, agosto 1928. 4 Cfr. MBGPA, agosto 1934 e FCA, luglio - agosto 1929. 5 Cfr. RCS, settembre - ottobre 1931; V, luglio 1932; V, febbraio 1937 (fascicolo interamente dedicato), V, agosto 1937. 6 Cfr. MA, luglio 1934; M, dicembre 1934; M, settembre 1938. 7 Cfr. AF, gennaio 1932. « Cfr. S, febbraio 1932. — 125 — rocchie rurali9; S. Biagio, anch’egli oggetto di culto specialmente nelle chiese di campagna 10; S. Gaetano, venerato nella parrocchia periferica ed operaia di Sampierdarena 11 e nella parrocchia rurale di Isoverde ; S. Michele, oggetto di culto specialmente a Gallaneto di Isoverde 13; S. Francesco e S. Antonio da Padova, oggetto di particolare venerazione nelle chiese francescane che ne celebrarono i centenari con particolari solennità nel 1926 e nel 1931 14, ma anche in altre parrocchie senza distinzione di tradizioni 15; Sant’Agnese e Santa Dorotea, celebrate in molte parrocchie come patrone delle Figlie di Maria e della gioventù femminile 1 ; S. Tommaso apostolo, venerato nella parrocchia omonima 17 e la beata Limbania, coprotettrice della medesima parrocchia18; S. Domenico, S. Ludovico Bertrando, S. Alberto Magno, S. Vincenzo Ferreri, Santa Caterina da Siena, venerati in modo particolare nella chiesa domenicana di Cornigliano , 9 Cfr. S, marzo 1933; MN, marzo 1930; FN, marzo 1927. 10 Cfr. S, marzo 1933; SB, gennaio 1932; VAT, marzo 1928; SBV, marzo 1933. 11 Cfr. DBS, passim. 12 Cfr. S, settembre 1933. 13 Cfr. S, ottobre 1933; NSC, settembre 1934. 14 Cfr. Anno nuovo, anno antoniano, V Frane., gennaio 1931 e luglio 1931, Feste francescane, SFA, marzo 1927 e giugno 1927; prof. L. Pongiglione, S. Francesco e S. Antonio, VF, giugno 1925; P. Roberto da Nove, L’assalto a S. Francesco, VF, gennaio 1926; padre Umile da Genova, Vili centenario antoniano, VF, gennaio 1930; La lettera apostolica del Papa per il VII centenario antoniano, VF, aprile 1931. 13 Cfr. Vili centenario di S. Antonio e il suo culto in Isola, FN, febbraio 1931; VDF, novembre 1930; Nero, Anno francescano, MGS, febbraio 1926; Nel VII centenario di S. Antonio da Padova, VFB, luglio 1931; Centenario francescano, VA, settembre 1927. 16 Cfr. S, marzo 1932; MN, marzo 1936; VAST, febbraio 1938; VAT, marzo 1927; SMRS, gennaio 1932; FN, febbraio 1932; VAQ, aprile 1933; VB, gennaio 1937 (celebrate Sant’Agnese e Santa Dorotea); VN, febbraio 1938; V, marzo 1937; VF, gennaio 1929. 17 Cfr. VAST, gennaio 1938. 18 Cfr. VAST, luglio 1938. 19 Cfr. VN, agosto 1931 - settembre 1931; VN, settembre 1931; VN, ottobre 1931; VN, febbraio 1932; VN, aprile 1932; VN, aprile 1932. S. Francesco Vurté, venerato nella parrocchia di S. Francesco di Albaro20; S. Girolamo, oggetto di culto nella parrocchia di Castelletto21; Sant’Anna, venerata a Teglia e in altre parrocchie rurali22; S. Giovanni Battista, oggetto di culto in numerose parrocchie della diocesi come protettore di Genova23; S. Giuseppe, anch’egli oggetto di culto assai diffuso e devoto24; S. Pietro, venerato a Santa Vittoria e nella parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce25; S. Isidoro, onorato nella parrocchia di Multedo26 e in quella di Arenzano 27; S. Francesco Saverio, venerato nella parrocchia rurale di S. Martino di Ronco Scrivia28; la beata Angela da Foligno, venerata nella chiesa dei cappuccini di Portoria29, come i beati Lucchesio e Bonadonna, prototerziari francescani di Lucca30 e Santa Margherita da Cortona31; S. Rocco, oggetto di culto in alcune parrocchie specialmente montane 32 ; i santi martiri Stefano e Innocenzo, onorati nella parrocchia rurale di Isola del Cantone 33; Santa Barbara, oggetto di culto nella me- 20 Cfr. SFA, gennaio 1927. 21 Cfr. AC, settembre 1933. 22 Cfr. VAT, settembre 1927; FN, settembre 1927; SBV, settembre 1932. 23 Cfr. SMRS, giugno 1928; VDF, ottobre 1928; VAQ, luglio 1931; ER, luglio 1932. 24 Cfr. MBGPA, aprile 1937; M, febbraio 1935; MC, aprile 1933; ER Ruta, aprile 1938; VFF, aprile 1937; MR, marzo 1936; VN, febbraio 1938 (dove si consacra a S. Giuseppe l’intero mese di marzo) ; V, marzo 1932; SMB, aprile 1929; MGS, aprile 1926; I, aprile 1933; VA, maggio 1926; VDM, marzo 1937. 25 Cfr. SVT, luglio 1932; VFF, luglio 1937. 26 Cfr. MC, giugno 1933; SV, giugno 1930. 27 Cfr. VA, giugno 1926. 28 Cfr. SMRS, novembre 1931. 29 Cfr. V Frane., febbraio 1925. 30 Cfr. V Frane., maggio 1927. 31 Cfr. V Frane., maggio 1928. 32 Cfr. FN, marzo 1927; VB, settembre 1938; VAR, settembre 1937; SS Sori, settembre 1930. 33 Cfr. FN, dicembre 1927; FN, gennaio 1928; FN, luglio 1928; FN, settembre 1928; FN, agosto 1929; FN, settembre 1929; FN, ottobre 1929; FN, novembre 1929. Nell’estate del 1929 venne solennemente celebrato il terzo centenario della traslazione delle reliquie dei reliqui di martiri Stefano e Innocenzo. — 127 — desima parrocchia34; S. Martino, venerato nella parrocchia cittadina di S. Martino di Albaro35, ma anche in quella rurale di Ronco Scrivia36; S. Bartolomeo, oggetto di venerazione nella parrocchia rivierasca-cittadi-na di Quarto 37; S. Benedetto, celebrato nella parrocchia benedettina di S. Martino di Pegli38; Santa Rosalia, onorata nelle due parrocchie di Pegli39; S. Siro, patrono della chiesa-concattedrale omonima40; S. Rodano, patrono, assieme a S. Michele, della parrocchia rivierasca di Pieve Ligure41; Santa Sabina, patrona della parrocchia cittadina omonima ; gli Angeli Custodi, venerati in parecchie chiese, ma specialmente in quella somasca di Santa Maria Maddalena43; Santa Elisabetta, patrona delle terziarie francescane, venerata nelle chiese francescane ed in particolar modo in quella di S. Francesco di Albaro44; S. Giorgio, onorato nella parrocchia di Bavari43, come S. Cipriano46; S. Giovanni Battista de Rossi, venerato nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Sampierdarena ; S. Fruttuoso, oggetto di culto nella parrocchia omonima48; S. Eusebio, venerato nella parrocchia di Canepa49; S. Marziano, copatrono della chie- 34 Cfr. FN, gennaio 1934. 35 Cfr. FCA, dicembre 1927. 36 Cfr. sac. G. Pizzorno, S. Martino vescovo di Tours, VDM, novembre 1930, SMRS, dicembre 1928. 37 Cfr. VAQ, ottobre 1932; cfr. anche VB, settembre 1938; VA, settembre 1928. 38 Cfr. SV, marzo 1928. 39 Cfr. SV, agosto 1928; I, marzo 1933; I, settembre 1933. 40 Cfr. BSS, luglio 1938. 41 Cfr. VP, ottobre 1937. 42 Cfr. SS, dicembre 1933 - maggio 1934; SS, ottobre 1935. 43 Cfr. V, ottobre 1932. 44 Cfr. VPA, dicembre 1937. 45 Cfr. SMB, giugno 1933. 46 Cfr. SMB, agosto 1933. 47 Cfr. MGS, marzo 1933; cfr. anche VDM, maggio 1934. 48 Cfr. SD, gennaio 1927. S. Fruttuoso era anche patrono della parrocchia di Fumeri di Mignanego, ma il suo culto era ormai in declino: cfr. anche VDM, febbraio 1930. 49 Cfr. VC, settembre 1928. — 128 — sa dell’immacolata di Pegli50; Santa Chiara, celebrata ad ArenzanoS1; Santa Cecilia, celebrata ovunque si trovassero società filarmoniche 52 ; Santa Firmina, onorata a Sori53, come S. Gottardo e S. ErasmoM; Santa Margherita, oggetto di culto a Sori55 e a Testana, di cui era titolare56; S. Francesco da Paola, onorato nel santuario omonimo57 e nella parrocchia periferico-operaia di Marassi58. Accanto a questi spiccavano nella pietà popolare i santi e i beati canonizzati di recente con un’intensità di culto in molti casi superiore a quello riservato a santi oggetto di culto tradizionale e talora puramente archeologico, come S. Marziano a Pegli59: S. Giovanni Bosco60, Santa Teresa del Bambin Gesù61, Santa Rita62, San- 50 Cfr. I, aprile 1933. 51 Cfr. VA, settembre 1928. 52 Cfr. VA, gennaio 1935. 53 Cfr. SS Sori, aprile 1928. 54 Cfr. SS Sori, maggio 1930 e giugno 1932. 55 Cfr. SS Sori, agosto 1933; VPT, settembre 1938. 56 Cfr. VPT, settembre 1938. 57 Cfr. Bollettino parrocchiale di S. Francesco da Paola, I (1907). Sul santuario di S. Francesco da Paola in Genova, cfr. La basilica di S. Francesco da Paola in Genova, santuario dei marinai, Genova 1971; Vita e miracoli di S. Francesco da Paola e il suo santuario in Genova, Genova 1930; A. M. Gaetti, Il santuario principe della devozione marinara. S. Francesco da Paola a Genova, Roma 1960; L. Magnani, Santuario di S. Francesco da Paola, Genova 1976. 58 Cfr. VPM, luglio - agosto 1934. 59 Cfr. Il nostro contitolare S. Marziano, I, febbraio 1933. 60 Cfr. OL, 27 febbraio 1927; M, marzo 1934; DBS, febbraio 1927 (e passim) ; SL, febbraio 1935; BSS, maggio 1938; SMB, aprile 1930; VA, agosto 1934; DBS, febbraio 1927; VPM, giugno 1934. 61 Cfr. MBGPA, dicembre 1929; SB, novembre 1931; FC, settembre 1937; MN, novembre 1936; SMRS, settembre 1933; BS, marzo 1933; FN, settembre 1930; FCA, agosto 1931; PF, dicembre 1928; PF, febbraio 1929; SBV, agosto 1933; SF, ottobre 1932; MGS, ottobre 1925; VAR, ottobre 1934; I, novembre 1933; VDM, novembre 1929. 62 Cfr. S, luglio 1937; M, aprile 1933; FVS, settembre 1926 (il parroco mostra molte perplessità per il culto di Santa Rita e di Santa Teresa del Bambin Gesù imposto praticamente dai fedeli); I, giugno 1933; VDM, febbraio 1936; VPM, aprile 1933 e giugno 1934. — 129 — ta Giovanna d’Arco63, il beato Corrado da Parzham, laico cappuccino . Tra questi spiccavano alcuni santi e beati liguri, oggetto di culto e di spiegazioni particolari: il Padre Santo65, Santa Caterina da Genova , S. Giovanni Battista de’ Rossi67, la beata Paola Frassinetti , il venerabile Carlo Giacinto Sanguineti69, il beato Carlo Spinola . Il lungo, benché logicamente incompleto, elenco dell agiologia genovese evidenzia la diversa intensità del culto e soprattutto la sua diversa distribuzione. Vi erano alcuni santi che per la loro popolarità erano venerati in quasi tutte le chiese; e tra questi troviamo ad esempio Antonio da Padova e soprattutto la nuova santa tanto cara a a evo zione popolare, Santa Teresa del Bambin Gesù . Culto generalizzato ave vano anche patroni o patrone di categorie di persone o di gruppi^ avora tivi, come Santa Dorotea, Sant’Agnese, San Giuseppe. Tra i santi iguri, nella pietà popolare occupava certamente il primo posto Pa re an^° Camporosso, seguito ad una certa distanza da Santa Caterina lese i no di Genova, che probabilmente era sentita un po troppo « inte et le » per accendere veramente la fantasia delle masse, anche se 1 ^ culto e la sua spiritualità erano promossi da pubblicazioni specia « Cfr. MC, giugno 1933. 64 Cfr. V Frane., settembre 1928. « Cfr. PS, marzo 1927 (passim) ; AF, gennaio 1932; VF Franc., luglio 1929, CD, settembre 1935. 66 Cfr. VCSCG, marzo 1928 e passim-, SN, maggio 1937; VC, giugno 1930. Sulla venerazione dei genovesi per Santa Caterina da Genova, c r. . ene , Uno dei centri cit., pp. 135-137. 67 Cfr. ER, luglio 1932; VDM, maggio 1934. 68 Cfr. VF, CP, settembre 1928; II femminismo glorioso di una santa edu catrice genovese: la beata Paola Frassinetti, VDM, agosto 1930. Sulla Frassinetti, cfr. D. Veneruso, Uno dei centri cit., p. 137. 69 Cfr. M, giugno 1936; M, luglio 1937; M, gennaio 1938; M, febbraio 1938; M, settembre 1938. 70 Cfr. VDM, settembre 1930. 71 Cfr. Il culto di Genova per Santa Teresa, PFV, luglio 1930. 72 Come abbiamo veduto, sia il Padre Santo sia Santa Caterina Fieschi Adorno godevano dell’impulso di pubblicazioni specializzate, e a loro esclusiva mente dedicate. — 130 — Se dobbiamo tentare di tracciare un quadro delle spontanee « simpatie » dei fedeli genovesi, dobbiamo forse avanzare l’ipotesi che questi erano soprattutto attratti non tanto dalla sublimità della spiritualità quanto dalla vicinanza con le pene e con le afflizioni della gente comune. Non dobbiamo dimenticare infatti che l’agiologia non è un capitolo teologico o un capitolo di spiritualità pura, bensì la proiezione concreta di modelli di vita appropriati nel difficile e duro cammino della vita. Non mancava naturalmente l’abbondante capitolo delle « grazie ricevute » in modo più o meno miracoloso a far pendere le preferenze da una parte o dall’altra: questa era, ad esempio, la motivazione principale dell’immensa popolarità di un Sant’Antonio da Padova o di un Padre Santo73. È interessante che, nel gran libro delle preghiere per impetrare misericordia e nel registro delle « grazie ricevute » prevalevano, per oltre il 95% del totale, le richieste per guarigione e per trovare un’occupazione, in un periodo in cui questa era assai più un fortunato privilegio che un diritto sociale. Certo nell’agiologia non mancavano spunti di preoccupazione da parte dei responsabili di cura d’anime. Era evidente, infatti, il pericolo di deviazioni, travisamenti, superstizioni e devozioni particolari74. Tutto ciò era un grave ostacolo alla centralità del culto in Cristo e un impedimento alla maturazione di un’autentica spiritualità cristiana 7\ Pertanto i sacerdoti, primo fra tutti l’arcivescovo76, mettevano in guardia 73 Cfr. PS, luglio 1929. 74 Cfr. M, luglio 1937. Per quanto riguarda le devozioni particolari in onore di santi, si veda: Il secondo venerdì del mese santificato in onore del Padre Santo, PS, marzo 1927; I quindici giovedì di Santa Rita, M, febbraio 1938; VPM, aprile 1933; I quindici sabati, VN, giugno 1932; Funzione dei martedì dì Sant’Antonio, FN, maggio 1927; Miracolo della Santa Spina, MM, marzo 1932; E il miracolo?, MM, maggio 1932; La festa della Santa Lancia, MM, marzo 1933; Pratica dei quindici sabati in onore di Nostra Signora delle Grazie, MM, aprile 1938; Una devozione raccomandata (i tredici venerdì in onore di S. Francesco da Paola), MGS, gennaio 1927; La Santa Spina di Megli, ER, marzo 1932; Il primo sabato in onore del Santo Amore, CD, gennaio - febbraio 1925; Sant’Apollonia protettrice contro il mal di denti, VDM, febbraio 1933; Giovedì di Santa Rita, VDM, febbraio 1936; VPM, aprile 1933. 75 Cfr. Il parroco, Ciò che si deve cercare, I, gennaio 1935. 76 Cfr. Lettera collettiva dell’episcopato ligure del 14 luglio 1932 in RDG, XXII (1932), pp. 165-172; lettera collettiva dell’episcopato ligure al clero e al popolo cristiano, del 1° novembre 1930, ibidem, pp. 307-321, in cui si disappro- — 131 — contro il pericolo di fare del culto dei santi un fenomeno a se stante, staccato dal contesto cristiano nel quale esso andava stabilito77. E sempre presente era il pericolo che la stessa priorità del culto divino fosse messa in subordine da queste devozioni particolari e dispersive78 che inoltre favorivano il perpetuarsi di tradizioni discutibili, come la proliferazione di « candelette » davanti alle immagini dei santi. Da un altro punto di vista, però, il culto dei santi era considerato con favore dagli stessi responsabili della vita religiosa genovese. Attraverso il contatto di culto e di memorie con i modelli più vari, ma anche più alti e più sicuri della perfezione cristiana, con coloro che avevano raggiunto fin dal momento della morte, per voce di popolo e per accertamento della Chiesa, la beatitudine celeste, il popolo di Dio trovava più facile la via del ricordo e della preghiera per i propri morti. Veniva così a stabilirsi un rapporto particolare tra santi e morti che era 1 aspetto più evidente e più concreto della comunione dei santi. Nonostante le riserve di alcuni parroci79, la grande maggioranza di essi era non solo soddisfatta, ma colpita dalla grande rispondenza che le ricorrenze dei defunti, tra il 24 ottobre e la metà di novembre, avevano tra la popolazione. In quelle occasioni venivano mobilitate le confraternite, gli oratori, i gruppi, le associazioni particolari, soprattutto la popolazione che accorreva in massa e senza distinzione di ceti e di classi ai riti per la commemorazione dei defunti80. E questa partecipazione non si limitava alla presenza fisica, ma coinvolgeva anche un gran numero di comunioni che talora superavano anche quelle del precetto pasquale. La vava « il moltiplicarsi di altarini nelle chiese », si condannava tutto ciò che « può assumere l’aspetto di bottega » e si raccomandava di « appigliarsi a sane devozioni ». 77 Cfr. Il parroco, Il dono di Dio, I, aprile 1934. 78 Cfr. Troppe candelette e poco Vangelo, VDM, marzo 1933. 79 Cfr. Visitare il cimitero, SF, novembre 1932. 80 Cfr. SB, ottobre 1936; NSC, dicembre 1938; MGS, dicembre 1933; VN, novembre 1931; SV, novembre 1932; MC, novembre 1933; ER Ruta, novembre 1938; FN, dicembre 1927; VDF, novembre 1930; VFF, dicembre 1936; MM, novembre 1933; SBV, ottobre 1934 e settembre 1937; VP, novembre 1937; SMB, dicembre 1932; VAR, dicembre 1934; CD, novembre 1930; VC, novembre 1930; VFB, dicembre 1929; I, dicembre 1933; VA, dicembre 1925; SS Sori, novembre 1930; ESQ, novembre 1928. partecipazione corale ai riti per i defunti era una delle poche occasioni che non faceva registrare un sensibile divario tra le parrocchie di città, quelle di riviera e quelle di campagna81. La netta preferenza dei fedeli per il ricordo collettivo dei defunti rispetto a quello individuale non era però sempre gradito ai sacerdoti, che temevano una diminuzione dei suffragi e delle commemorazioni individuali82 e l’indebolimento o l’estinzione di pie tradizioni come i lasciti prò anima, le messe gregoriane, le messe dedicate individualmente ai defunti83. Alcuni sacerdoti giungevano a escogitare perfino delle forme di rate o facilitazioni di pagamento di tali messe per promuovere la continuazione di queste tradizioniM. 81 Nel 1931 il parroco di Sori faceva rilevare che nei giorni 1 e 2 novembre si ebbero in parrocchia 2000 comunioni (cfr. SS Sori, novembre 1931). 82 Cfr. Il suffragio più prezioso, V, dicembre 1935; Il parroco, Debiti di riconoscenza, MGS, marzo 1933 - aprile 1933; Messe gregoriane, VAR, dicembre 1937; Il parroco, Se potessero parlare..., I, novembre 1933; La festa delle anime, MN, marzo 1936; Triduo in suffragio delle anime, SFA, gennaio 1927; Suffragio per i defunti, FN, maggio 1927; Per le anime del purgatorio, VDF, febbraio 1931; Le offerte per le anime, FVS, gennaio 1936; La festa delle anime, VPA, marzo 1937; Triduo eucaristico in suffragio delle anime del purgatorio, CD, gennaio-febbraio 1925. 83 Cfr. Beneficenza in onore di un defunto, SV, maggio 1931; Preghiamo per i defunti, VAR, febbraio 1934; Il parroco, Se potessero parlare.. , I, novembre 1933; Mentre si avvicina il mese dei morti, I, ottobre 1936; La liturgia dei defunti, I, settembre - dicembre 1937. 84 Cfr. Il parroco, Debiti di riconoscenza, MSG, marzo-aprile 1933. — 133 — CAPITOLO SETTIMO IL CULTO MARIANO Nella diocesi genovese il culto mariano aveva un’intensità così spiccata da non potersi considerare come una semplice variante dell agiologia, che pur abbiamo veduto così sviluppata e feconda. Nella diocesi di Genova, come in genere in tutta la Liguria, la mariologia aveva una tradizione antica e soprattutto con radici così profonde da costituire un polo privilegiato nella vita religiosa specialmente nella sua espressione popolare. I santuari mariani, numerosi nell’intera Liguria , erano meta di affollati pellegrinaggi dalle prime avvisaglie della buona stagione fino ad ottobre inoltrato2, affollandosi di devoti saliti non solo a titolo 1 Cfr. A. Remondini, I santuari e le immagini di Maria santissima nella citta di Genova. Cenni storici-descrittivi, Genova 1865; P. Riello, I santuari mariani in Liguria: Savona, M, marzo 1936; id., Nostra Signora del Boschetto, M, apri e 1936; id., Nostra Signore dell’Acquasanta a Voltri, M, luglio 1936; id., La Ma on na della Guardia, M, agosto 1936; id., La Madonna dell’Ulivo di Bacezza, M, settembre 1936; id., La Madonna del Suffragio di Recco, M, novembre 1936; id., Nostra Signora delle Grazie della parrocchia della Castagna di Quarto, M, gennaio 1937; id. La Madonna di Lampedusa, M, febbraio 1937; id. La Madonna della Misericordia Virgo Potens nella Valle del Priano, M, giugno 1937. 2 Cfr. G. Olivari, La Madonna del Carmine e il suo culto nella storia, OL, 14 luglio 1935; A. Casini, La devozione di Genova alla Madonna del Monte, NSM, dicembre 1935; Ai piedi della Madonnetta, M, aprile 1933; Le feste centenarie mariane, M, luglio 1937; prof. M. Campanella, Nostra Signora delle Nasche, MN, da gennaio a marzo 1932; Festa della natività di Maria in Tuscia, FN, ottobre 1929; Centenario di Nostra Signora delle Grazie, FN, luglio 1930; Il culto di Nostra Signora della Guardia a Isola, FN, settembre 1931; Vita acquasantese: vantaggi spirituali e festa, MA, marzo 1925; Il santuario principe, MGu, ottobre 1935; Ria- — 134 — individuale 3 ma anche a titolo collettivo. I santuari più cari ai genovesi e meta di pellegrinaggi più numerosi e frequenti erano quelli alla Madonna della Guardia e alla Madonna della Misericordia di Savona. Ambedue avevano tradizioni molto antiche, ma il loro culto si era consolidato attraverso i secoli. Il santuario della Madonna della Guardia aveva il vantaggio di trovarsi a breve distanza dall’abitato di Genova, sulle colline che circondano Bolzaneto e Pontedecimo dalla parte degli Appennini. Già all’epoca dell’antica repubblica di Genova era meta di pellegrinaggi e oggetto di culto molto intenso, tanto che venne proclamato dai reggitori di quella repubblica come il santuario mariano per eccellenza, da cui emanava protezione e vigilanza («guardia») sulla città e sulla popolazione di Genova4. pertura stagionale del santuario di Nostra Signora della Guardia a Bavari, SBM, luglio 1931; I santuari di Recco e le loro funzioni religiose, ER, maggio 1932; Il santuario di Nostra Signora delle Olivette, VA, marzo 1928. 3 Si veda, ad esempio, R., La Madonna della Guardia e il popolo cristiano, MGu, giugno 1938; La festa di Nostra Signora della Guardia al Santuario di Bavari, SMB, ottobre 1932. 4 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria: Savona, M, marzo 1936; id. La Madonna della Guardia, M, agosto 1936. Sul santuario della Madonna della Guardia sul monte Figogna cfr. anche: G. Garibaldi, Storia dell’apparizione e dei miracoli di Nostra Signora della Guardia in Polcevera, Genova 1875; Cenni storici e descrittivi sopra l’apparizione di Nostra Signora della Guardia e il suo santuario in Polcevera, Genova 1894; Il santuario di Nostra Signora della Guardia in Val Polcevera. Guida illustrata, Milano 1914; P. Malfatti, Brevi notizie intorno al santuario - basilica di Nostra Signora della Guardia presso Genova. Preghiere e cognizioni utili per i pellegrini, Genova 1927; G. Ravaschio, Una luce sul monte. Profilo biografico di mons. P. C. Malfatti, Genova 1960 (il Malfatti era rettore-custode del santuario nel periodo considerato in questo saggio) ; A. Durante, La Madonna della Guardia, santuario del monte Vigogna. Cenni storici, Genova 1975. Sul santuario di Nostra Signora della Misericordia in Savona, cfr. I.M. Zacca, Apparizione della Madonna Santissima di Misericordia di Savona, Modena 1632; Storia dell’apparizione della Beata Vergine di Misericordia ad Antonio Botta, Genova 1836; G. Jacoboni, L’apparizione di Nostra Signora della Misericordia, Savona 1880; A. Pitto, Breve storia dell’apparizione di Nostra Signora della Misericordia in vai S. Bernardo, Genova 1886; A. Colli, Maria madre di Misericordia, Savona 1889; F. Noberasco, Il tesoro del santuario di Nostra Signora della Misericordia in Savona nel 1790, Sampierdarena 1913; Guida del santuario di Nostra Signora della Misericordia, Savona 1930; G.B. Parodi - I. Scovazzi, Il santuario di Nostra Si- — 135 — In epoca più recente, il culto mariano in quel tempio si era piuttosto rafforzato che intiepidito, anche per il contributo dell’incessante affluenza e beneficenza popolare, che aveva provveduto a radicali rimaneggiamenti e ingrandimenti nella struttura originaria del tempio5. Lo stesso può dirsi del tempio mariano di Nostra Signora della Misericordia posto su una delle colline che sovrastano direttamente la città di Savona. Esso aveva avuto un momento di celebrità addirittura internazionale quando l’immagine della Vergine era stata incoronata personalmente da Pio VII nel 1815, alla presenza di tutta la famiglia sabauda6. Anche questo tempio mariano era meta di incessanti e affollati pellegrinaggi non solo da parte dei fedeli savonesi, ma anche di fedeli di altre diocesi liguri (specialmente della vicina Genova) e piemontesi (specialmente del confinante Monferrato) 7. Anche se la devozione popolare, per ragioni di vicinanza e di tradizione, privilegiava questi santuari, i genovesi allargavano spesso le proprie visite mariane anche ad altri templi. In primo luogo, oggetto di speciale preferenza erano i santuari mariani della regione, per i quali non c’era che l’imbarazzo di una copiosa scelta: la Coronata, situata sulle colline immediatamente prospicienti Cor-nigliano 8, l’Acquasanta, non distante da Voltri9, Montallegro, sopra Ra- gnora della Misericordia di Savona, Savona 1936; P. Rotondi, L’arte del santuario di Nostra Signora della Misericordia in Savona, Genova 1959; M. Damonte, Il santuario di Nostra Signora della Misericordia in un'opera spagnola del secolo XVII, Savona 1974. 3 Cfr. R, La Madonna della Guardia e il popolo cristiano, MGu, giugno 1938. 6 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria: Savona, M, marzo 1936; id., La Madonna della Guardia, M, agosto 1936. 7 Cfr. M, agosto 1936; MC, maggio 1936; VFF, aprile 1936; MN, ottobre 1932; SV, luglio 1936; MR, agosto - settembre 1936; CD, agosto 1927; VC, settembre 1928; SP, dicembre 1935; VA, settembre 1936; VDM, ottobre 1933. 8 Cfr. Secondo centenario dell’incoronazione di Nostra Signora di Coronata, NSC, dicembre 1938. Sul Santuario della Coronata, cfr. A. Dellepiane, Monumenti, borghi, paesaggi dell’entroterra ligure, Genova 1934. 9 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria : Nostra Signora della Acquasanta a Voltri cit.; Vita acquasantese: vantaggi spirituali e feste, MA, marzo 1925. - 136 - pallo , Bavari, anch’esso intitolato alla Madonna della Guardian, il Boschetto di Camogli '2. Ma anche altri santuari, situati nel vicino Piemonte, erano meta di devozione e di frequenti pellegrinaggi da parte di genovesi: quello di Vicoforte di Mondovì B, delle Rocche sopra Molare , della Vittoria nei dintorni di Gavi1S. Naturalmente non mancava chi si spingeva oltre i confini della regione per pregare e onorare la Madonna: classico e frequentatissimo era al riguardo il santuario mariano di Lourdes 16. Non erano soltanto i grandi santuari mariani, quelli che vivevano di vita autonoma, staccati dalle parrocchie, ad attirare masse di devoti: anche le feste e le ricorrenze mariane locali raccoglievano folle di pellegrini dai luoghi vicini: i santuari - chiese della Madonnetta17, di Nostra Signora delle Nasche e di Nostra Signora del Monte 18, della Ma- 10 Cfr. Al santuario di Montallegro, DBS, giugno 1932; SS, giugno 1937. 11 Cfr. Pellegrinaggio della Congregazione delle Figlie di Maria di S. Torpete al santuario di Bavari, SMB, agosto 1928; Pellegrinaggio dei confratelli e delle consorelle della congregazione di carita dell’ospedale di Pammattone al santuario di Bavari, SMB, agosto 1928; Pellegrinaggio diocesano dei circoli femminili cattolici al santuario di Bavari, SMB, novembre 1928; Elenco dei pellegrinaggi al santuario, SMB, agosto 1929. 12 Cfr. CD, gennaio - febbraio 1925. 13 Cfr. VA, agosto 1937; BS, maggio 1934. 14 Cfr. CD, agosto 1934; FN, luglio 1928. 15 Cfr. SBM, settembre 1932; MC, giugno 1933. 16 Cfr. V Frane., luglio 1928 (definito affollatissimo); SFA, marzo 1928; MC, ottobre 1934. 17 Cfr. R. Ferrandini, 0 Madonnetta amabile, M, febbraio 1933; Settantacinquesimo anniversario di Lourdes, M, febbraio 1933; Ai piedi della Madonnetta, M, aprile 1933; Dopo la riuscita festa del 15 agosto, M, settembre 1934; La statua della Madonnetta. Ricordi e impressioni, M, agosto 1937; Diciottesimo anniversario dell’incoronazione vaticana della Madonnetta, M, luglio 1938; Festa della Consolazione, M, settembre 1938. Sul santuario della Madonnetta, cfr. Giovanni Crisostomo di S. Antonio, Notizie storiche, archeologiche e pie del divoto santuario di Nostra Signora Assunta di Carbonara, volgarmente la Madonnetta di Genova, Genova 1872; L. Magnani, Santuario della Madonnetta, Genova 1976. 18 Cfr. prof. M. Campanella, Nostra Signora delle Nasche, MN, gennaio-marzo 1932; padre A. Casini, La devozione di Genova alla Madonna del Monte, — 137 — donna del Suffragio di Recco 19, di Nostra Signora della Castagna sopra Quarto 20, di Virgo Potens 21, di Santa Maria di Tuscia presso Isola del Cantone22, di Nostra Signora della Guardia di Vobbietta . Ma^ erano soprattutto le grandi ricorrenze mariane, specialmente quelle più care alle tradizioni locali, ad essere solennemente ricordate dai fedeli nelle proprie parrocchie: la solennità di Nostra Signora del Carmelo nella terza decade di luglio, celebrata di solito con grande partecipazione di popolo e di folclore24, la festa della Madonna della Guardia, celebrata tra la fine di agosto e i primi di settembre25, quella dell’Addolorata, alla NSM, dicembre 1935. Sul santuario di Nostra Signora del Monte, cfr. anche, pa dre Basilio da Neirone, Cenni storici sull’antico santuario di Nostra Signora e Monte in Genova, Novi 1876; L. A. Cervetto, Il santuario di Nostra Signora del Monte, Genova 1904; S. Basso, Dove sorge e come sorse il collegio missionario serafico di Nostra Signora del Monte in Genova, Genova 1924; U. Maccio, a donna del Monte, Genova 1973. 19 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria: la Madonna del suffragio di Recco, M, novembre 1936. 20 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria: Nostra Signora delle Grane della parrocchia di Castagna di Quarto cit. 21 Cfr. P. Riello, I santuari mariani di Liguria: La Madonna della Misericordia Virgo Potens nella valle del Priano cit.; Offerta di un altare a irgo tens, VDF, aprile 1928. 22 Cfr. La dedicazione del santuario di Tuscia, FN, agosto 1928, Festa della natività di Maria in Tuscia, FN, ottobre 1929; Le feste dell otto setteni re a san tuario di Tuscia, FN, ottobre 1930; I lavori compiuti nel santuario di uscia, , ottobre 1933. 23 Cfr. Nostra Signora della Guardia a Vobbietta. Centenario, FN, febbraio 1935. 24 Cfr. G. Olivari, La Madonna del Carmine e il suo culto nella storia, OL, luglio 1935; MBGPA, agosto 1926; MBGPA, luglio 1928 (devozione dello scapolare) ; SMRS, giugno 1928 (con novena) ; VC, agosto 1930; SP, luglio 19 , VDM, luglio 1936. 25 Cfr. VF, ottobre 1931; VN, ottobre 1931; VAT, agosto 1927; SMRS, luglio 1928; Il culto di Nostra Signora della Guardia a Isola, FN, settembre 1931, FVS, settembre 1926; La Madonna della Guardia a Sambugo, PFV, settembre 1928, VAQ, luglio 1931; MGu, novembre 1932 e passim; VP, agosto 1937; SS, ottobre 1932; Perché i bavaresi hanno il loro santuario?, SMB, dicembre 1931; MGS, settembre 1927 (con folla enorme); CD, settembre 1934; Settantacinquesimo anniversario del culto di Nostra Signora della Guardia a Marassi, VPM, agosto 1929; fra Fly de’ Minimi, La vostra Madonna, VPM, luglio - agosto 1934. — 138 — metà di settembre26, dell’Assunzione di Maria, celebrata un po’ ovunque, ma specialmente nelle parrocchie di campagna e di periferia27, di Nostra Signora di Lourdes, celebrata liturgicamente l’il febbraio ma anche, per motivi di clima, in altre stagioni dell’anno28, dell’immacolata, celebrata nel dicembre29, di Nostra Signora di Pompei, celebrata in maggio 30, della Madonna delle Grazie31, della Madonna della Salute, ricorrente in luglio32, della Madonna della Neve, celebrata in agosto33, di Santa Maria Ausiliatrice, celebrata specialmente nelle chiese salesiane34 26 Cfr. AF, settembre 1932; FCA, settembre 1932; MGS, ottobre 1925; I, aprile 1933; VDM, ottobre 1931 (il parroco si lamentava della poca frequenza). 27 V Frane., agosto 1931; SB, agosto 1931; FVC, settembre 1937; VC, settembre 1928; I, settembre 1933; SS Sori, agosto 1931; VPT, settembre 1938. 28 Cfr. Nel sessantanovesimo anniversario dell’apparizione della Madonna a Lourdes, OL, 13 febbraio 1927; Un glorioso anniversario, AF, gennaio 1933; Settantacinquesimo anniversario di Lourdes, S, marzo 1933; I miracoli di Lourdes, V Frane., febbraio 1931; Settantacinquesimo anniversario di Lourdes, M, febbraio 1933; Storia popolare della Madonna di Lourdes, SL, febbraio - marzo 1935; Nostra Signora di Lourdes, SBV, agosto 1933; Nostra Signora di Lourdes, VPA, febbraio 1938; La festa di Nostra Signora di Lourdes, SMB, ottobre 1929; C. Fasce, Pensando a Lourdes, SMB, febbraio 1930; Festa di Lourdes, I, marzo 1933 e settembre 1933. 29 Cfr. La festa dell’immacolata e la S. Vincenzo, BSVP, gennaio 1928; V Frane., dicembre 1928; ST, dicembre 1923; BP, gennaio 1938; FN, gennaio 1928; DBS, dicembre 1928; VB, gennaio 1936; BSS, gennaio 1938; MGS, dicembre 1930; ER, dicembre 1932; VAR, gennaio 1934; CD, dicembre 1927; I, novembre 1933; Il culto dellTmmacolata a Genova, I, novembre 1936; SP, gennaio 1932; VA, gennaio 1927; SS Sori, gennaio 1930; L'Immacolata a Genova, VDM, dicembre 1937; DBS, gennaio 1935. 30 Cfr. AC, aprile 1930; VDF, maggio 1928; Sabati consacrati alla Madonna di Pompei, VDM, febbraio 1937. 31 Cfr. S, ottobre 1933; AC, maggio 1934; FN, luglio 1930 (si festeggia il centenario) ; Pratica dei quindici sabati in onore di Nostra Signora delle Grazie, MM, aprile 1928. 32 Cfr. SMRS, luglio 1928; SV, luglio 1928; VPA, ottobre 1937; VAR, ottobre 1937; Pegli e la Madonna della Salute, I, settembre 1933. 33 Cfr. Come e quando nacque a Bolzaneto la devozione alla Madonna della Neve, VDM, agosto 1927; cfr. anche VDM, settembre 1929 e VDM, settembre 1933; SMRS, luglio 1928. 34 Cfr. DBS, aprile 1928 e passim. — 139 — in maggio, di Nostra Signora del Sorriso, celebrata in giugno nella parrocchia di S. Gaetano di Sampierdarena35, del?Annunciazione di Maria Vergine, celebrata in marzo36, di Nostra Signora della Speranza, celebrata in giugno37, di Nostra Signora della Provvidenza, celebrata pure in giugno38, della Madonna degli Orfani39, della Natività della Madonna, celebrata in settembre40, di Nostra Signora di Loreto, celebrata in dicembre41, di Nostra Signora del Santo Amore42, del Nome di Maria, celebrata in settembre4;>, della Purificazione di Maria44, celebrata in febbraio. La devozione mariana era molto raccomandata dalle autorità ecclesiastiche, in primo luogo dall’arcivescovo. Tra il 1935 e il 1937, il cardinale svolse pubblicamente tutta una serie di considerazioni per rafforzare nei fedeli il culto mariano. Nella primavera del 1935 venne pubblicato sui bollettini parrocchiali genovesi un suo scritto « sulla devozione dei cattolici alla Madonna »45: pochi mesi più tardi, Minoretti tornava sull’argomento spiegando « il fondamento della devozione a Maria »46. Nell’aprile 1936 compose personalmente una preghiera alla Ma- 35 Cfr. DBS, giugno 1938. 36 Cfr. MA, marzo 1925; I, aprile 1933 (con la celebrazione della giornata della madre cristiana). 37 Cfr. VP, giugno 1937. 38 Cfr. BSS, gennaio 1938. 39 Cfr. V, novembre 1931. Sulla chiesa « somasca » di Santa Maria Maddalena in Genova, cfr. A. M. Stoppiglia, Chiesa prepositmale e collegiata di Santa Maria Maddalena in Genova, Genova 1924; G. Colmuto Zanella, La chiesa di Santa Maria Maddalena a Genova, Genova 1976; V. Belloni, Caróggi, creuze e montae, Genova 1975. 40 Cfr. VN, settembre 1931; FN, ottobre 1929; V, settembre 1933. 41 Cfr. V, dicembre 1937. 42 Cfr. CD, maggio 1930. Sul culto, cfr. D. Olcese, Memorie sulla divota immagine di Nostra Signora del Bello Amore a S. Fruttuoso (Genova), Sampien-darena 1896. 43 Cfr. VN, settembre 1931; VFB, novembre 1928 (festa patronale). 44 Cfr. I, marzo 1933. 45 Cfr. C. D. Minoretti, La divozione dei cattolici alla Madonna, MGu, maggio 1935 - giugno 1935. 46 Cfr. C.D. Minoretti, Il fondamento della divozione a Maria, MGu, settembre 1935. donna della Guardia che doveva essere recitata dai soldati, specialmente liguri, impegnati in Africa orientale47 e nel 1937, reduce da un intervento alle feste centenarie del santuario mariano di Bacezza sopra Chiavari, illustrò i motivi dell’amore a Maria48. Ed anche le colonne dei bollettini parrocchiali, non diversamente dai pulpiti dei templi, erano ricche di spunti e di consigli per rafforzare il culto mariano. Così, nel bollettino del santuario della « Madonnetta », tra il 1936 e il 1937, apparve un servizio, tra erudito e devozionale, sui principali santuari mariani della Liguria49 e, nelle più diverse occasioni, non mancarono articoli per promuovere e rafforzare il culto mariano50. Si ha però l’impressione che il laicato non avesse bisogno di stimoli in quella direzione, tanto era spontaneo, radicato e vitale l’attaccamento popolare alla Vergine. Se mai, c’era bisogno di un qualche freno, ad evitare l’impressione (e spesso non soltanto l’impressione) di uno squilibrio cultuale troppo spostato a favore di Maria, anche se considerata come corredentrice, assieme a Cristo, del genere umano. 47 Cfr. C. D. Minoretti, La preghiera del soldato alla Madonna della Guardia, MGS, aprile 1936. 48 Cfr. C. D. Minoretti, Perché ti amiamo, o Maria, MGS, settembre 1937. 49 Si vedano gli articoli, già citati, del padre P. Riello sui santuari mariani in Liguria in M, dal marzo 1936 all’agosto 1937. 50 Cfr. La fonte d’amore a Maria, MA, giugno 1930; Colloqui del ven. padre Carlo Sanguineti in preparazione dell’Assunta, M, marzo 1933; Per la regalità di Maria Santissima, M, agosto 1937; Theotokos, VN, ottobre 1932; G. Como, Il nome di Gesù e Maria Santissima, SN, febbraio 1937; Alla nostra Madonna, poesia, MM, aprile 1932; U. Monti, Il Pascoli e la Madonna, MGu, maggio 1935; SF, giugno 1933; Crociata mariana, V, marzo 1936; C. Fasce, L’Ave Maria, SMB, ottobre 1928 - febbraio 1929; C. Fasce, E quando aulisce maggio, SMB, maggio 1929; C. Fasce, I nostri amori grida.. ., SMB, ottobre 1929; C. Fasce, Sancta Maria, ora prò nohis, SMB, novembre 1929; C. Fasce, La grandezza della Vergine, SMB, dicembre 1929; C. Fasce, Pensando a Lourdes, SMB, febbraio 1930; C. Fasce, Maria nel Vangelo, SMB, febbraio - novembre 1930; C. Fasce, Raccoglimento, SMB, dicembre 1930; C. Fasce, Al paese de’ monti, SMB, luglio 1931; Maria e le beatitudini, SMB, febbraio - ottobre 1931; C. Fasce, Parole che ritornano, SMB, gennaio-marzo 1932; Il parroco, La devozione alla Madonna, MGS, gennaio 1936; F. Salvadori, Consolatrix afflictorum, VDM, novembre 1931; Battendo sull’incudine, Mater purissima, VDM, maggio 1937; Marconi e la Madonna, VDM, maggio 1937; padre F. Capponi, La vera devozione alla Madonna, VPM, maggio 1927; fra Fly de’ Minimi, La vostra Madonna, VPM, luglio - agosto 1934. — 141 — Le manifestazioni mariane conducevano ai templi un numero sempre crescente di fedeli. E non erano soltanto le feste tradizionali a riunire attorno alle immagini della Vergine autentiche folle di fedeli, ma interi periodi, come novene, tridui. Era soprattutto il mese mariano a riscuotere presso i fedeli un successo sempre crescente, di consenso e di preghiere, per quasi unanime ammissione degli stessi pastori, i quali notavano come questa devozione, ancorché recente, si fosse in poco tempo radicata così profondamente nelPanimo dei fedeli come una delle tradizioni più antiche della cattolicità. Che cosa domandavano i fedeli alla Madonna? A parte la richiesta abituale di grazie, del tutto assimilabile a quella rivolta ai santi, i devoti si rivolgevano alla Vergine come mediatrice privilegiata nei rapporti con Cristo. In questo senso, Maria si trovava al vertice, al punto più alto dell’agiologia. Ma non c’era soltanto questo. I fedeli sembravano avvertire la posizione speciale riservata alla Vergine nella Chiesa cattolica a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dalla proclamazione del dogma dell’immacolata Concezione (1854) all insistenza mariana del Concilio Vaticano I. C’era quindi una risposta collettiva e istintiva al fiorire della mariologia degli ultimi decenni. A sua volta, questa nuova risposta popolare era profondamente radicata in una sen tita tradizione che affondava le sue radici nei secoli precedenti, ante riori alla stessa Riforma cattolica e al Concilio tridentino. Un semplice esame della storia dei santuari mariani della diocesi di Genova e della Liguria informava che l’origine dei santuari mariani doveva ricercarsi in tempi precedenti al Cinquecento. Così, il santuario mariano più famoso della Liguria, quello di Nostra Signora della Guardia, traeva la sua origine nel culto popolare, concretato nella costruzione di una chiesetta, per l’apparizione della Vergine ad un vecchio pastore della Val Polcevera nel secolo XV (1490) 51. Certo le dimensioni grandiose del culto mariano erano proprie del tempo moderno. Ma, consiuerate nella loro prospettiva storica, affondavano le loro radici in un’ininterrotta fedeltà dei fedeli liguri alla Madonna che superava, e spesso di molto, i limiti posti dalla cesura tra evo moderno e medioevo. Si tratta quin- 51 Cfr. A. Durante, La Madonna della Guardia, santuario del monte Vigogna. Cenni storici, Genova 1975. — 142 — di di un movimento complesso, che si costituiva su una linea di evidente continuità. La caratteristica più immediatamente constatabile del culto mariano era senza dubbio la sua popolarità. Erano le classi popolari a costituire il fulcro della devozione mariana. Ciò poteva far pensare ad una contrapposizione tra la religiosità popolare e la religiosità « colta », maggiormente sensibile alla centralità del Cristo nella Chiesa52. Tuttavia, sarebbe fuorviante pensare che, negli anni tra le due guerre, si notasse a Genova una vera cesura tra la religiosità popolare e la religiosità « dotta » nel settore della mariologia. C’era, su questo punto, una singolare unanimità di vedute che recuperava tutta intera la religiosità del laicato senza distinzione di ceti e di culture. Era infatti significativo che le associazioni di Azione cattolica ambissero a intitolare i loro circoli al nome della Vergine53. Era però ancora più significativo che gli esponenti più noti e più professionalmente impegnati del laicato cattolico concorressero quasi a gara nel promuovere la devozione ed il culto mariano. Così i medici più affermati non mancavano di illustrare in conferenze gli aspetti medico-scientifici dei miracoli di Lourdes54. Molto frequenti erano le conversazioni mariane di illustri esponenti della cultura laica di orientamento cattolico55. Si deve anche aggiungere, a questo proposito, che i sacerdoti maggiormente noti a Genova, quelli più vicini al cuore dell’arcivescovo e che facevano parte del suo entourage, come Reverdini, Marazzi, Lercaro, Siri, Guano, Costa, Moglia, Fasce, Capponi, Andrianopoli, alimentavano incessantemente la pietà mariana 56. 52 Cfr. padre F. Capponi, La vera devozione alla Madonna, VPM, maggio 1927 (in cui invocava il ritorno di un Savonarola). 53 Cfr. ad esempio SP, maggio 1932 (la locale associazione giovanile femminile intitolata alla Madonna del Carmine). 54 Cfr. le conferenze del presidente degli uomini cattolici su Lourdes, VC, marzo 1928; Conferenza mariana, FN, ottobre 1927; SL, gennaio - febbraio 1927. 55 Cfr. prof. M. Campanella, Nostra Signora delle Nasche, MN, gennaio - marzo 1932; U. Monti, Il Pascoli e la Madonna, MGu, maggio 1935 (Umberto Monti era bibliotecario presso la Biblioteca Universitaria di Genova e incaricato di biblioteconomia presso l’Università di Genova) ; Marconi e la Madonna, VDM, marzo 1937. 56 Anche gli storici meno sensibili al fatto religioso sottolineano che, negli — 143 — Naturalmente i bollettini parrocchiali e di santuario non mancavano di riflettere nelle loro pagine l’intensità di questa devozione. In ogni numero venivano pubblicati articoli o contributi, di diverso livello, che riflettevano pur sempre la posizione privilegiata che la pietà mariana aveva nella vita ecclesiale genovese. Nell’ultimo periodo dell episcopato del card. Minoretti tale devozione finì per avere la sua consacrazione nella proclamazione di Maria quale regina di Genova, a ripresa di un’analoga iniziativa intrapresa, nel 1637, dalla Serenissima Repubblica di Genova '''. Non c’è quasi bisogno di informare che la rispondenza della popolazione genovese a questa iniziativa ufficiale fu totale, a riprova dell’intensità della devozione mariana nella tradizione religiosa della diocesi. Il culto mariano trovava anche larga espressione nella preghiera del rosario. Gli anni tra le due guerre segnarono il rafforzamento di questo modello di preghiera, assai diffuso nelle classi popolari. Si moltiplicarono gli inviti al ripristino dell’uso di recitare il rosario nelle famiglie 58. Contemporaneamente, si cercarono altre vie per consolidare questo modello di devozione domenicana alla Vergine. Si faceva propaganda per la dedica dei quindici sabati a Maria59, si incoraggiava la diffusione dell’ “Associazione del Rosario Perpetuo”, con le sezioni di rosarianti di ogni età e di ogni condizione60. Si cercò di rendere ancora anni tra le due guerre, maturò un clero che, nei suoi migliori esponenti, raggiunse alti livelli di spiritualità e di prestigio: cfr. C. Falconi, Il pentagono vaticano, Bari 1958, pp. 83-95 (a proposito di Siri, Lercaro e Guano) e 190-197 (a proposito di Lercaro) ; D. Veneruso, Uno dei centri cit.. 37 Cfr. Le feste centenarie mariane, M, luglio 1937. ,s Cfr. Catene di rose, AF, ottobre 1932; Rosario: preghiera che tanta pace aduna, M, settembre 1936; La devozione e la recita del Santo Rosario, VA, novembre 1936; Gli esercizi spirituali e i passionisti. Moniti, VA, novembre 1937; padre Samuele o.f.m. Il rosario di Maria e la vita cristiana, VDM, ottobre 1929; Il santo rosario, VDM, ottobre 1932; La santa popolarità del rosario, VDM, ottobre 1933; Battendo l’incudine. Il rosario, VDM, ottobre 1936; Il santo rosario in famiglia, ESQ, ottobre 1929; A.T, Il Santo Rosario, VPM, ottobre 1934. 59 Cfr. VN, giugno 1932; MM, aprile 1938; SB, luglio 1937 (in onore del rosario ). 60 Cfr. Piccoli e giovani rosarianti, VN, febbraio 1932; La giornata del rosario perpetuo, VN, marzo 1937; Rosario perpetuo: paggetti e damine della bian- più sentita la solennità del rosario, che ricorreva nella prima domenica di ottobre, in modo che essa si concludesse sempre con una processione caratterizzata dalla recita del rosario61. La «festa del Rosario» finì così per diventare una delle ricorrenze più solenni dell’anno liturgico della diocesi, tanto che in alcune parrocchie veniva preceduta e preparata da esercizi spirituali62. Come notava un redattore dell’edizione comune dei bollettini parrocchiali genovesi, il rosario doveva essere considerato come un metodo prezioso di preghiera e di alimento di vita cristiana 63. ca legione, VN, novembre 1937. L’Associazione del Rosario Perpetuo aveva a Genova sede presso la chiesa domenicana di Santa Maria di Castello e pubblicava una rivista, La Madonna del Rosario: cfr. anche II Rosario Perpetuo, VPA, febbraio 1938; Piccoli rosarianti, VDM, febbraio 1933. 61 Cfr. SB, novembre 1932; NSC, dicembre 1938; VN, novembre 1935; VPA, dicembre 1937; SMB, novembre 1932; MGS, otobre 1925; CD, novembre 1937; I, novembre 1933; SS Sori, ottobre 1931. 62 Cfr. VA, novembre 1928; SBV, dicembre 1931. 63 Cfr. padre Samuele o.f.m., Il rosario di Maria e la vita cristiana, VDM, ottobre 1929. — 145 — CAPITOLO OTTAVO ORGANIZZAZIONI TRADIZIONALI DEL LAICATO E AZIONE CATTOLICA Prima del 1925 l’Azione cattolica non aveva grandi tradizioni a Genova Pochi erano i circoli, quasi tutti appartenenti alla Società della Gioventù cattolica” maschile2. Le giovani preferivano, viceversa, riunirsi nelle associazioni tradizionali di devozione come le Figlie di Maria” 3. Inesistente era poi il ramo degli “Uomini cattolici , poiché le forze attive del laicato cattolico genovese erano generalmente raccolte nelle abbastanza fiorenti società cattoliche, spesso operaie, le qua- 1 Cfr. G. B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche genovesi e il fascismo cit. 1 II circolo maschile di S. Francesco di Albaro risaliva al 1905 (cfr. V Frane., maggio 1930), quello della chiesa francescana di Bolzaneto al 1921 (cfr. V Frane.^, marzo 1931) ; il circolo giovanile maschile di Multedo (emanazione della società S. Luigi) risaliva al 1913 (cfr. MC, luglio 1933); il circolo giovanile maschile «Silvio Pellico» di Isola del Cantone risaliva al 1915 (cfr. FN, marzo 1930); il circolo giovanile maschile di S. Martino di Albaro risaliva al 1908 (cfr. FCA, ottobre 1928) ; il circolo giovanile maschile di S. Giovanni Bosco interno agli allievi dell’istituto Don Bosco di Sampierdarena risaliva al 1909 (cfr. DBS, luglio 1934); il circolo giovanile maschile di Santa Margherita di Marassi risaliva al 1903 (cfr. VPN, agosto 1929) ; il circolo giovanile femminile di Ronco Scrivia risaliva al 1920; (cfr. SMRS, novembre 1930). 3 Cfr. MA, marzo 1925; AF, marzo 1932; V Frane. Albaro, agosto 1929; SB, luglio 1931; MN, marzo 1936; MC, giugno 1933; BS, gennaio 1935; FN, gennaio 1928; FN, febbraio 1932; ST, gennaio 1934; FCA, febbraio 1927; VB, gennaio 1937; FVC, marzo 1938; VPA, marzo 1937; MGS, settembre 1925; VFB, gennaio 1929; SP, giugno 1937. — 146 — li, per tanti anni, erano state anche le sole che avevano tenuto il campo contro le forze anticlericali4. Assai radicate nella tradizione erano pure le confraternite le quali, però, sembravano in fase di declino dal punto di vista del soddisfacimento delle moderne esigenze religiose5. 4 Sulle società operaie cattoliche genovesi, cfr. oltre a G. B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche cit., T. Mela, Note sull’archivio della federazione operaia cattolica ligure, in « Bollettino dell’archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», VI (1971), pp. 53-72. 5 Unanime era il parere espresso dai parroci della diocesi sulla crisi e scle-rotizzazione delle confraternite: cfr. FN, gennaio 1928; MM, dicembre 1932; SL, febbraio 1935; SBV, maggio 1932; SV, giugno 1928; SMB, novembre 1932; VFB, luglio 1933; fra Fly de’ Minimi, Declina a malo. Ai confratelli della congregazione, VPM, febbraio 1932; VA, aprile 1926; Il parroco, La confraternita di Santa Chiara, il pio scopo e la sua missione, VA, agosto 1933. L’arcivescovo, già nella lettera pastorale per la quaresima del 1928 (cfr. RDG, XVIII, 1925, pp. 153-161) aveva notato i difetti di sclerotizzazione delle confraternite. L’argomento era stato poi ripreso dalla conferenza episcopale ligure riunita a Genova nel 1930 sotto la presidenza di Minoretti, (cfr. RDG, XX, 1930, pp. 307-321) la quale aveva ordinato che « assolutamente non possono appartenere alla confraternita quelli che notoriamente non adempiono i doveri essenziali cristiani della santificazione della festa e della pasqua ». È vero che l’arcivescovo aveva precedentemente detto, come si è veduto, che anche le confraternite potevano fare « un gran bene », ma ormai era sempre più vivo il sospetto che non fossero più idonee a conservare, vivificare, rafforzare, la vita cristiana. Le parole del parroco di Arenzano non potevano essere più chiare. Infatti per lui lo scopo delle confraternite consisteva nella « formazione di altrettanti buoni ed esemplari cristiani quanti sono i confratelli i quali, con il loro esempio, colla partecipazione alle sacre funzioni parrocchiali, colla unione la più intensa col loro parroco, abbiano ad esercitare in mezzo agli altri un efficace apostolato laico e divengano i migliori cooperatori del proprio parroco nella parrocchia... Quello che soprattutto deve ricordarsi e ritenersi come essenziale delle confraternite è la formazione spirituale dei confratelli. Ci si intenda bene! Più che le funzioni e le processioni, la confraternita ha per iscopo di informare i propri membri ad una profonda coscienza dello spirito cristiano ... Né basta a legittimare l’esistenza della confraternita il fatto degli accompagnamenti funebri e quello dei suffragi che in essa si fanno per i confratelli defunti. Ci si intenda bene ancora una volta, e lo diciamo alto e chiaro! Le confraternite sono state istituite per i vivi e non per i morti! ». Il parroco rispondeva anche negativamente al quesito se le confraternite rispondessero alle esigenze religiose contemporanee: « dobbiamo confessare che oggigiorno la maggior parte delle confraternite, e un pochino anche quella di Arenzano, si riducono ormai ad una specie di paratura vecchia, di cui si addobba a mala pena il sacro tempio nei giorni di festa, — 147 — Le donne, poi, erano solite riunirsi in associazioni devozionali non dissimili da quelle delle ragazze6, mentre i fanciulli, di regola, tendevano a sfuggire all’inquadramento, se si eccettua l’ampia adesione ai circoli devozionali dei “Luigini” e alle organizzazioni istituite presso i collegi tenuti da religiosi « specializzati » nell’educazione della gioventù (salesiani, gesuiti, francescani, somaschi) 7. La crisi delle confraternite e delle organizzazioni laicali tradizionali era stata del resto al centro delle motivazioni che avevano indotto Pio XI a puntare decisamente sull’Azione cattolica, rompendo 1 equilibrio osservato e rispettato dai suoi predecessori. In modo particolare, egli aveva privilegiato l’Azione cattolica come la forma istituzionale più adeguata a quei bisogni spirituali della società contemporanea che le antiche organizzazioni laicali non erano più in grado di soddisfare. La decisa preferenza del Papa per l’Azione cattolica non spostava però i termini reali del problema, che era quello di un’autentica ed effettiva partecipazione del laicato alla vita della Chiesa. La stessa genesi storica delle confraternite aveva del resto messo in evidenza la capacità di iniziativa all’interno della Chiesa di un laicato che sapeva elaborare programmi di culto, spiritualità e pietà cui il clero veniva poi associato per la parte che lo riguardava. Non c’è bisogno di spendere molte parole per sottolineare come il problema posto dall’Azione cattolica fosse, in quel periodo, alquanto diverso. In un punto, però, esisteva un’evidente analogia con le esigenze che, in un lontano passato, avevano generato una fioritura di confraternite laicali: la necessità che il laicato riacquistasse quel ruolo attivo e consapevole che aveva rivestito, in varie forme, nel lungo cammino della storia della Chiesa. Bisognava, innanzi tutto, che esso presentasse compattezza ed organicità per rispondere alle sfide della socie- ed i cui membri sono poi assenti, o quasi assenti, al catechismo, ai sacramenti e qualche volta anche alla messa ». Perciò « i pastori d’anime, compreso l’arciprete di Arenzano » avevano il preciso dovere « di deplorare con dolore questa malattia delle loro confraternite e desiderano mettervi riparo e richiamarle con amore alla loro alta missione ». La conclusione era scontata: « è necessaria una riforma, e necessaria una selezione e una cernita ». 6 Cfr. L’oratorio parrocchiale femminile, VA, ottobre 1928. 7 Cfr. MC, luglio 1938. — 148 — tà in pieno processo di secolarizzazione, se non di scristianizzazione. L idea originaria di questa ricomposizione del laicato era stata del resto di quei laici che avevano fondato, nell’Ottocento, le prime moderne istituzioni di Azione cattolica. In questo sviluppo, il contatto con la autorità ecclesiastica, specialmente con il vertice della Chiesa, era stato sempre molto stretto per quanto riguardava la definizione e il raggiungimento degli obiettivi: è anche vero, però, che la direzione del movimento era rimasta per allora nelle mani dei laici. La « laicità » di queste istituzioni era sottolineata anche dalla gestione paritetica, con elezioni a tutti i livelli per la preposizione, la conferma o il rinnovo degli incarichi. Del resto, fino a quando il ruolo dell’Azione cattolica fu piuttosto circoscritto, il problema di una diversa gestione non aveva rivestito una grande importanza. La situazione cambiò quando, per l’appoggio pontificio e per le riforme statutarie del 1923, l’Azione cattolica divenne un’organizzazione di massa, diffusa capillarmente in tutto il paese. Fin quando il movimento era tutto sommato elitario, il problema di un suo controllo non si pose: la fedeltà di un Acquaderni, di un Pericoli, di una Giustiniani Bandini non aveva certo bisogno di verifiche. Il passaggio da un’organizzazione di quadri ad un’organizzazione di massa pose invece il problema del rapporto tra autorità ecclesiastica e laicato. Molti responsabili della vita ecclesiale non avevano mancato di accogliere come una novità non del tutto positiva il ruolo di primaria importanza che il Papa, nell’allocuzione del 2 ottobre 1923, che faceva del resto seguito a quanto aveva già anticipato nella sua prima enciclica, VU hi arcano del 23 dicembre 1922, aveva riservato al laicato attivamente impegnato. Per dare maggiore forza a questa posizione, Pio XI aveva salutato il laicato come « razza eletta, nazione santa, sacerdozio regale, popolo redento », con un linguaggio che nessuno dei Papi dell’età moderna aveva mai tenuto. Non c’è da meravigliarsi, dunque, che queste « novità » venissero accolte da una parte del clero con una perplessità e con una diffidenza tali da rasentare, talvolta, la volontà di opposizione e di resistenza a direttive che minacciavano di sconvolgere l’assetto tradizionale dei rapporti tra autorità ecclesiastica e laicato. Il clero genovese, che abbiamo veduto più volte assai ligio alla tradizione, fino a sfiorare in qualche caso anche il tradizionalismo, non fu certo da meno nella gara di resistenza. Il nuovo arcivescovo si rese subito conto che, se voleva sbloccare la condizione delle organizzazio- — 149 — ni laicali dall'immobilismo in cui le aveva generalmente trovate, doveva rinunciare al metodo dell’imposizione, per tentare di convincere il clero della diocesi con ampie verifiche sui vantaggi offerti dalle nuove prospettive. In uno dei primi documenti diretti alla diocesi nell ottobre 1925 8, Minoretti non si nascondeva «le difficoltà, cresciute a dismisura ai nostri giorni, per un’ingiustificata diffidenza » e che, dalla Azione cattolica, « qualche parroco più che altro ebbe dispiaceri e contrasti ». Ma ciò non doveva significare rinuncia ad impiantare 1 Azione cattolica: « i difetti, quando non sieno essenziali, e le difficolta, quando non sieno insormontabili, non debbono scoraggiarci. Lo vuole la Chiesa, lo vuole il vescovo, obbediamo, ed anche se non ci sarà dato raccogliere gran frutto, il Signore ce ne ricompenserà ». Il clero, specialmente quello avente cura d’anime, doveva convincersi che « senza Azione cattolica, in certi paesi e nelle città, non avremmo la frequenza alla Chiesa, né uomini di sincero sentire cristiano e di onesto agire civile »9. Poco tempo dopo, la conferenza dei vescovi liguri, riunita sotto la presidenza di mons. Minoretti nel novembre 1925, cercò di convincere i sacerdoti aventi cura d’anime che « non si tema vengano dalle file dell’Azione cattolica né l’insurrezione, né la ribellione ». Nel 1928, nella lettera pastorale inviata alla sua diocesi per la quaresima, ammetteva « le difficoltà che in certi paesi, specialmente di montagna, e dispersi, ostano talvolta alla fondazione o al funzionamento di tali associazioni » e che, in tali casi, fossero spiritualmente più utili le tradizionali confraternite10. Nel 1929, però, il tono del linguaggio dell arcivescovo era non più dubbioso, conciliante e tollerante, ma decisamente impositivo: le associazioni di Azione cattolica dovevano essere fondate senza indugi, discussioni ed obiezioni11. Intanto però lo sviluppo della situazione aveva già fatto tacere od almeno attenuato molte diffidenze e preoccupazioni di coloro che avevano temuto « insurrezioni e insubordinazioni ». Nella diocesi di Genova, infatti, i circoli di Azione cattolica venivano istituiti a cura e per iniziativa dei parroci, 8 Cfr. C. D. Minoretti, Lettera pastorale del 14 ottobre 1925, in RDG, XV (1925), pp. 153-161. 9 Cfr. RDG, XV (1925), pp. 169-181. 10 Cfr. RDG, XVIII (1928), pp. 11-22. 11 Cfr. RDG, XIX (1929), pp. 14-30 (lettera pastorale per la quaresima). — 150 — i quali si riservavano pure la selezione non solo dei dirigenti, ma degli stessi soci. In sostanza, l’iniziativa era mantenuta saldamente nelle mani dei parroci, fino al punto che l’Azione cattolica divenne e fu considerata un’istituzione permanente e costitutiva della stessa parrocchia. L’offensiva fascista della tarda primavera e dell’estate 1931 provocò un ulteriore sviluppo della prevalenza sacerdotale. La riorganizzazione su base diocesana dell’Azione cattolica e l’abrogazione dell’elet-tività dei dirigenti ridussero ulteriormente gli spazi dell’autonomia del laicato rispetto al clero. Alla fine degli anni trenta, la situazione del laicato nella diocesi di Genova era ancora molto complessa. Accanto al declino delle confraternite, che sembrava irreversibile, con punte però di forte resistenza nelle parrocchie di campagna e di montagna, emergeva il fiorire delle pie unioni femminili e la capillare diffusione dei rami maschili, specialmente giovanili, dell’Azione cattolica. Il problema principale era quello che lo sviluppo organizzativo si traducesse in un corrispondente sviluppo religioso. Ciò rinviava pur sempre al ruolo attivo dei laici nella Chiesa, alla loro capacità di iniziativa anche spirituale, alla rottura di una posizione di passività, vale a dire, in definitiva, ad un rapporto più dinamico tra le varie componenti ecclesiali. Una lettura attenta della stampa cattolica dell’epoca evidenziava che, anche in una situazione complessivamente soddisfacente, predominava pur sempre l’antico difetto della passività spirituale, che impediva o minacciava di impedire in prospettiva il consolidamento e il rafforzamento della vita cristiana. Il quadro della vita dell’Azione cattolica era completato dai non facili rapporti con il regime. Mons. Minoretti e i vescovi liguri, anche per non soffocare in germoglio la fragile pianta dell’Azione cattolica, avevano suggerito il metodo dell’apoliticità, sacrificando i residui legami con gli uomini provenienti dal partito popolare da una parte e prendendo le distanze dall’ideologia del regime dall’altra n. Tuttavia il progressivo allentamento dell’impegno sociale, se da un lato facilitava la vita dell’associazione in un regime dittatoriale, dall’altra complicava i 12 Cfr. Il documento dell’episcopato ligure riunito a Genova il 1° novembre 1925, in RDG, XV (1925), pp. 169-181. — 151 — rapporti con le società cattoliche, alle quali il ritiro nella sfera esclusivamente religiosa, senza apprezzabili legami con la vita sociale, avrebbe annullato la loro stessa ragione d’essere. Fin dal 1925, la FOCL (“Federazione operaia cattolica ligure”) si preoccupava del destino e dello stesso futuro delle società cattoliche, agricole ed operaie, sollevando il sospetto che la loro conservazione non fosse più tanto gradita non solo alle autorità fasciste, ma anche alle stesse autorità ecclesiastiche. Molte di esse ritenevano in effetti che, una volta scomparso il pluralismo, e soprattutto la necessità di rispondere alla sfida globale degli anticlericali (repubblicani e socialisti), le società operaie e di mestiere avessero fatto il loro tempo. Ormai la situazione era mutata, e le stesse autorità ecclesiastiche ritenevano che non fosse più il caso di presentare alle sospettose organizzazioni del regime fascista il volto combattivo e carico di socialità delle vecchie società cattoliche, tanto più che il fascismo non permetteva che queste continuassero a svolgere una delle loro più caratteristiche attività originarie, quella della mutualità tra lavoratori. In sostanza, molti degli stessi responsabili ecclesiastici non erano alieni dal giudicare come opportuna, se non necessaria, la sostituzione delle società cattoliche di classe con organismi politicamente e socialmente inoffensivi, o almeno tali da non dare ombra al regime, perseguendo scopi prevalentemente religiosi e caritativi. Tuttavia, questa trasformazione non era gradita ai dirigenti e agli iscritti delle società cattoliche sia per ragioni corporative e tradizionali, sia perché assumeva l’aspetto di un cedimento alle imposizioni del regime e di un’abdicazione alle finalità sociali del movimento cattolico. Preoccupava anche il rifugiarsi nella sfera dell’angelismo religioso, asettico e socialmente timoroso, intento soltanto a salvare e coltivare un proprio settore spirituale tutto sommato angusto e privo di riferimenti concreti alla realtà circostante. I dirigenti e i soci delle società cattoliche di classe temevano in definitiva di perdere la loro caratterizzazione e la loro individualità e, ammainando le bandiere di molte battaglie, di perdere anche il contatto con il popolo e, in ultima analisi, la loro incisività religiosa. Pur nelle cautele tipiche del mondo cattolico, tale resistenza contro le prospettive di trasformazione trapelava con evidenza dalle pubblicazioni della "Federazione operaia ligure”. Uno dei motivi su cui i responsabili di tali società ricorrevano continuamente era costituito dal tentativo di rassicurare le autorità ecclesiastiche che esse non interferi- — 152 — vano affatto sulla vita e la prosperità delle nuove associazioni degli ' Uomini cattolici”, uno dei nuovi rami della riorganizzata Azione cattolica n. Talvolta si cercavano anche le soluzioni per risolvere il problema così spinoso dei rapporti tra la “Federazione operaia ligure” e la nuova "Unione degli Uomini cattolici”: così l’organo della Federazione, nel giugno 1926, avanzava l’ipotesi che « gli uomini cattolici che hanno le condizioni prescritte dai nostri regolamenti potrebbero inscriversi nei nostri sodalizi operai, e i soci della nostra società che hanno l’età potrebbero inscriversi agli uomini cattolici, lavorando separatamente per le finalità specifiche e uniti per le finalità comuni »14. In sostanza, la questione era tanto importante da costituire oggetto di largo e approfondito dibattito nel convegno delle presidenze operaie tenuto a Genova nell’aprile 1928 15. C’era però la diffusa anche se non rassegnata impressione che le società di classe fossero appena « tollerate » all’interno stesso del movimento cattolico, e perciò si reclamava il riconoscimento a pieno diritto del loro inserimento « nei ranghi della Azione cattolica »16. Nulla del resto, secondo l’organo della “Federazione operaia ligure”, poteva testimoniare a favore delle organizzazioni cattoliche di classe più della loro storia e delle loro finalità. Costituita nel 1881 con l’approvazione e anzi l’iniziativa dell’arcivescovo di Genova Salvatore Magnasco, che fu il fondatore della prima società di classe cattolica fin nel lontano 1854, la "Federazione operaia cattolica” si distinse fin dall’inizio per il suo carattere regionale e inter-diocesano. Nonostante la struttura regionale e non diocesana, « l’approvazione dell’episcopato ligure alle singole società federate, la nomi- 13 Cfr. G.B. Varnier, Le organizzazioni cattoliche cit.; T. Mela, cit.; Rapporti delle società operaie con le altre organizzazioni di Azione cattolica, OL, 27 giugno 1926; La nostra federazione e l’Azione cattolica, OL, 18 marzo 1927; avv. Gino Capponi, La vita delle società cattoliche, OL, 13 maggio 1928; Il congresso diocesano degli uomini cattolici con la partecipazione della nostra federazione, OL, 27 gennaio 1935; Assemblea generale degli assistenti ecclesiastici, OL, 24 febbraio 1935; L’assemblea generale dei presidenti, OL, 3 marzo 1935. 14 Cfr. Rapporti delle società con le altre organizzazioni di Azione cattolica, OL, 27 giugno 1926. 15 Cfr. L'ottima riuscita del nostro convegno di presidenze, OL, 6 maggio 1928. 16 Cfr. Rapporti delle società con le altre organizzazioni di Azione cattolica, OL, 27 giugno 1926. — 153 — na dei membri del comitato centrale delle Federazioni e degli assistenti ecclesiastici fatta dall’arcivescovo e dai vescovi per le rispettive diocesi, l’appartenenza del presidente federale alla giunta diocesana di Genova, conferiscono alla nostra federazione il diritto di far parte dell Azione cattolica italiana ». Per meglio convalidare tale appartenenza, i dirigenti della Federazione avevano sempre seguito scrupolosamente tutte le direttive della giunta centrale dell’Azione cattolica: tra l’altro, negli ultimi tempi, avevano inviato la loro adesione all’ "Istituto cattolico di at^ tività sociali” di Bergamo, tanto raccomandato dai responsabili centrali dell’Azione cattolica. Per meglio giustificare la propria presenza e a propria attività, i dirigenti della Federazione cercavano anche di mimetizzare e soprattutto di minimizzare i contenuti di azione. Si cercava anche di mettere in evidenza la propria insostituibile funzione di tra mite tra la Chiesa e il ceto operaio, ricordandone l’origine storica trat ta dalla Società di S. Vincenzo de’ Paoli. In conclusione, si riteneva opportuno informare i responsabili della chiesa genovese che le fina ita delle società cattoliche di classe non erano esaurite: la Federazione, « per tramite del comitato centrale che la dirige, promuove la fon a zione di società cattoliche d’indole economica e sociale, procura di ag gregare quelle che non sono federate, alimenta in esse la vita religiosa e spirituale, vigila onde siano osservate le norme statutarie e rego a mentari, coopera al loro incremento cercando di migliorare le condizio ni morali e materiali delle classi operaie ed agricole, tutelandone i di ritti, inculcandone i doveri. Per la nostra federazione, e non si lascia sfuggire occasione per rammentarlo ai soci e ai non soci, il mutuo soccorso non è il fine, bensì il mezzo dell’esistenza delle singole società. Pur tenendo nella dovuta considerazione la parte economica, noi miriamo essenzialmente alla parte spirituale, perché ci preoccupiamo di formare anzittutto dei buoni cristiani e degli onesti cittadini ». Infine, 1 organo della Federazione non mancava di ricordare che sarebbe stata gravissima responsabilità anche spirituale far getto di quarantasei anni di vita gloriosa e di testimonianza cristiana, con oltre diecimila soci e ben centodiciassette società 17. 17 Cfr. Il comitato centrale, La nostra Federazione e l’Azione cattolica, OL, 18 marzo 1927. — 154 — Considerandosi parte integrante dell’Azione cattolica, la “Federazione operaia ligure” ne seguiva attentamente la vita. Così, il periodico L’Operaio Ligure” seguiva puntualmente l’attività e le celebrazioni delle associazioni e dei circoli di Azione cattolica 18 e non mancava di prendere spesso posizione nei dibattiti che accompagnavano la riforma di Pio XI. Così, nel febbraio del 1927, dedicava ampio spazio al terzo congresso diocesano degli « Uomini cattolici », sintetizzando la specifica attività di questa associazione nella promozione della moralità, del rispetto delle leggi e delle consuetudini, del riposo festivo, dell’istruzione religiosa 19. Più articolato e ampio era il pensiero espresso dall’articolo di fondo pubblicato nel marzo 1927 sul « campo e i compiti del-l’Azione cattolica ». La riaffermata apoliticità, per l’organo della "Federazione operaia ligure”, non poteva significare che l’Azione cattolica « esclude . . . tutti quei sommi principi, tutti quei grandi problemi, da cui la politica e la sociologia si volgono sino alle più minute discipline della vita e dei rapporti civili e sociali ». L’Azione cattolica si dedicava infatti alla difesa dei grandi principi propri della civiltà cristiana; « il rispetto alla individualità, la carità civile, l’inviolabilità della famiglia, la religione parte integrante dell’insegnamento, la moralità del costume ». Da tutto ciò derivava la conseguenza che « l’Azione cattolica è missione sociale », anzi che era proprio suo compito porsi accanto alla chiesa ministeriale per sviluppare quel tipo di missione. Solo una rivoluzione delle basi stesse della nostra civiltà poteva avere l’interesse a levarsi contro l’Azione cattolica, per « riportare il mondo a ritroso di venti secoli e per scardinarlo dai poli tra cui è fissato il suo asse mo- 18 Cfr. L’adunata dei cattolici italiani alla settimana sociale di Genova. La famiglia, OL, 12 settembre 1926; S. Luigi Gonzaga per tre giorni cittadino della Superba, OL, 30 gennaio 1927; Il terzo congresso diocesano degli uomini di Azione cattolica, OL, 20 febbraio 1927; T., Il campo e i compiti dell’Azione cattolica, OL, 18 marzo 1927; La quattordicesima settimana sociale, L’educazione cristiana, OL, 8 maggio 1927; Dopo lo scioglimento della F.A.S.C.I., OL, 8 maggio 1927; Sovversivi... dai diciassette anni in giù, OL, 22 febbraio 1925; Nuovo circolo culturale S. Agostino presso la parrocchia della Consolazione, OL, 17 maggio 1925; La festa federale delle associazioni giovanili cattoliche a Bogliasco, OL, 24 maggio 1925; Oggi convegno a Sestri Ponente delle associazioni cattoliche, OL, 16 agosto 1925. 19 Cfr. Il terzo congresso diocesano degli uomini cattolici, OL, 20 feb- braio 1927. — 155 — raie »20. Aveva pertanto torto il regime fascista a negare all’Azione cattolica tale missione sociale, o a ridurla a pure dimensioni difensive21. Nei riguardi del fascismo, non mancavano le critiche aperte anche in pieno regime. "L’Operaio Ligure” prendeva puntualmente nota della devastazione delle sedi delle società cattoliche22, e della persecuzione dei soci e dei dirigenti cattolici23 con accenti di vivace e calda indignazione. Nella "Carta del lavoro” criticava anche la mancanza di « pluralità sindacale » nel nuovo organismo corporativo 14. Anche se le occasioni e i motivi di critica e di resistenza erano più numerosi e più consistenti, era tuttavia necessario stabilire con gli organismi del nuovo regime un modus vivendi, anche per salvare dallo scioglimento le proprie organizzazioni sociali. Così, nel 1928, il convegno delle presidenze decideva che le società dovevano regolare i loro rapporti con le corporazioni fasciste soltanto attraverso 1’ “Istituto cattolico di attività sociali costituito presso la “Giunta centrale di Azione cattolica”, la quale, oltre ad essere « l’organismo coordinatore di tutte le attività dei cattolici ita liani nel campo sociale, rappresenta tutte le società operaie e tutti g i organismi economici presso il ministero dell’economia nazionale ». LI stituto, a sua volta, attraverso il segretariato diocesano aveva precisa mente il compito di « tutela, di propaganda, di aiuto per le singole so -° Cfr. T., Il campo e i compiti dell’Azione cattolica, OL, 18 marzo 1927. -1 Ibidem-, cfr. anche, su questo punto, Riflessioni necessarie, OL, 14 feb braio 1926. 22 Cfr. Sovversivi... dai diciassette anni in giù, OL, 22 febbraio 1925 (sul lo scioglimento di un circolo giovanile di Chieti); Gravi incidenti alla società operaia cattolica della Certosa di Rivarolo, OL, 10 maggio 1925; Anche la Silvio Pellico di Spezia devastata!, OL, 26 luglio 1925; Dopo il processo Minzoni, OL, 9 agosto 1927; Dopo lo scioglimento della F.A.S.C.I., OL, 8 maggio 1927; Resoconto della seduta del comitato centrale della Federazione operaia cattolica ligure, OL, 17 maggio 1928 (dove si deliberava l’erogazione di un contributo a favore delle consorelle danneggiate). Già in un’adunanza dei primi di aprile del 1925 i presidenti riuniti prendevano posizione «contro il teppismo» (cfr. Adunanza dei presidenti, OL, 26 aprile 1925). 23 Cfr. Gravi incidenti alla società operaia cattolica della Certosa di Rivarolo, OL, 10 maggio 1925; Dopo il processo Minzoni, OL, 9 agosto 1925. 24 Cfr. Avremo il nostro istituto cattolico di attività sociale, OL, 28 marzo 1926. — 156 — cietà aderenti » 25. Nel marzo del 1935 venne infine sottoscritto un patto tra la Federazione operaia cattolica” e “l’Opera nazionale dopolavoro , che mal sopportava le organizzazioni che sfuggissero alla sua influenza. Secondo questo patto, gli operai che fossero regolarmente iscritti nelle file delle società cattoliche aggregate alla “Federazione operaia cattolica” facevano automaticamente parte delle file dell’O.N.D.26. Era una classica soluzione di compromesso, che dava ai fascisti soddisfazione nella forma giuridica senza nulla cedere sulla sostanza, in quanto le società cattoliche non perdevano certo la loro autonomia e la loro individualità religiosa per il fatto che i rispettivi iscritti facessero parte anche dell’O.N.D. Ma il pericolo più grave per la vita delle associazioni di classe veniva proprio dall’interno delle organizzazioni cattoliche, e precisamente da quei responsabili della vita ecclesiale che ritenevano superata, inutile e anche pericolosa la struttura di classe delle società agricole e operaie cattoliche. L’offensiva venne sferrata assai per tempo. Così, nell’aprile 1925, gli assistenti ecclesiastici delle società cattoliche, riuniti a convegno, rivolsero una serie di critiche ai soci. Lamentavano che essi trattassero il sacerdote « con poca deferenza », che alcune società tenessero aperti i loro battenti perfino durante le funzioni domenicali, che l’accettazione di nuovi soci era fatta con soverchia larghezza, così che tra le fila delle società cattoliche trovavano ricettacolo « uomini di malo esempio ». La conclusione svelava la vera ragione di queste critiche: mettere in dubbio « se le nostre società operaie fanno parte o no del-l’Azione cattolica conforme i nostri statuti »: naturalmente la risposta era negativa: per gli assistenti ecclesiastici gli operai erano degli apostoli di seconda categoria 27. A questa precisa presa di posizione, che metteva in cattiva luce l’intero movimento operaio cattolico ligure, si oppose intanto il vicario capitolare della diocesi, il quale prese le difese degli operai osservando che « non erano seminaristi ». Un mese dopo, al suo ingresso nella dio- 25 Cfr. L’ottima riuscita del nostro convegno di presidenze. Il padre Balduzzi elogia con entusiasmo la nostra federazione, OL, 6 maggio 1928. 26 Cfr. Le società federate e l’O.N.D. Testo dell’accordo, OL, 3 marzo 1935. 27 Cfr. L’adunanza annuale degli assistenti ecclesiastici della Federazione operaia cattolica ligure, OL, 3 maggio 1925. cesi, il nuovo arcivescovo Minoretti non intese avallare 1 attentato contro la posizione degli operai e dei contadini in seno al movimento cattolico. Ma le punture di spillo continuarono: ora si osservava che nelle società cattoliche si rappresentavano recite sessualmente promiscue^, ora si rifiutava l’aggregazione alla federazione delle società femminili . Di fronte a questa offensiva, che intendeva eliminare 1 organizzazione della classe operaia e contadina alPinterno del movimento cattolico per diluirla nelle organizzazioni generazionali dell’Azione cattolica, le socie tà opposero una forte resistenza, trovando spesso alleati in sede oca e e tradizionale. A S. Quirico, nel 1928, la Società cattolica, cordialmente appoggiata dal parroco, organizzava conferenze a carattere re ìgioso e culturale30, a Bolzaneto, nell’aprile del 1928, fioriva una cooperativa cattolica di consumo31 e, nel 1930, si celebrava ufficialmente e so en nemente, la festa annuale della società operaia32. Ad Arenzano, nel 192 , accanto ad una società operaia cattolica maschile, ne esisteva una ern minile3': a Bavari, gli uomini erano organizzati nella tradizionale società cattolica34: a S. Francesco di Albaro, la società operaia esisteva ancora nel 1937 33. Ma le resistenze questa volta erano più difficili, pere e,^ a partire dal 1935, anche l’arcivescovo, nell’intento di rafforzare a vita un po’ asfittica dell’ "Unione uomini cattolici”, insisteva per la tras or mazione delle società operaie in sezioni di uomini cattolici. Ma c erano nei bollettini parrocchiali chiari accenni a vivaci resistenze contro progettata trasformazione. Quando infatti, nel febbraio 1932, fu presa la decisione di trasformare in sezione uomini cattolici la vecchia ego 28 Cfr. Udienza episcopale di Minoretti, OL, 21 giugno 1925; Adunanza ^ et presidenti, OL, 26 aprile 1925 (in cui si deliberava l’espulsione di una societ perché nella sua sede si eseguivano recite promiscue). 29 Cfr. Resoconto della seduta del comitato centrale della Federazione opeiaia cattolica, OL, 17 maggio 1928. 30 Cfr. ESQ, febbraio 1928 e aprile 1928. 31 Cfr. VDM, aprile 1930. 32 Cfr. VDM, novembre 1930. 33 Cfr. VA, luglio 1926. 34 Cfr. SMB, settembre 1928 e aprile 1929. 33 Cfr. VPA, maggio 1937. — 158 — riosa società cattolica di S. Martino di Albaro36, ci fu una ribellione da parte di molti vecchi soci, che il bollettino parrocchiale definì eufemisticamente « dissapori ». Ma intanto la società, per queste resistenze, si mantenne in vita: e nel 1936, a quattro anni dalla decisione, essa esisteva ancora e poteva celebrare il suo venticinquesimo anniversario3?. Di fronte alle contestazioni circa l’effettiva appartenenza della società cattolica di Pieve Ligure alla Federazione, fu lo stesso parroco che ne assunse la difesa3S. Insomma non c’è da meravigliarsi se, di fronte ad una tale offensiva, le società cattoliche di classe, pur resistendo tenacemente, entrassero in crisi, come nel caso di Mele39 e di Fegino40. Proprio nel momento culminante della crisi, verso il 1938, le società cattoliche operaie e contadine poterono però conservare la propria individualità, delineandosi all’interno dell’Azione cattolica una nuova organizzazione che teneva conto non tanto degli indistinti e casuali parametri per generazione o per sesso, quanto delle competenze professionali (studenti, medici, laureati, maestri cattolici, e così via). Così, proprio nel momento più acuto della crisi, le società cattoliche di classe poterono legittimare in Liguria il loro diritto all’esistenza41. La riforma dell’Azione cattolica voluta da Pio XI non soltanto introduceva elementi nuovi nell’attività del laicato, disturbando usi e tradizioni inveterate, ma scompaginava anche le associazioni tradizionali di pietà. Pertanto non mancarono mai, in tutta l’età tra le due guerre, sottili motivi di dissenso, di perplessità e di scetticismo, al di là e accanto ai motivi di dichiarata volontà di aderire ai « desideri » di Pio XI42. 36 Cfr. FCA, febbraio 1932. 37 Cfr. FCA, novembre 1936. 38 Cfr. La società cattolica di mutuo soccorso e la sua odissea, VP, gennaio 1938. 39 Cfr. MA, marzo 1925. 40 Cfr. AF, maggio 1936 (dove pur si lamentava la « scarsa vitalità ») e giugno 1937. 41 Cfr. Il cinquantesimo della società operaia di Valleregia alla presenza del cardinale, OL, 25 agosto 1935. 42 Cfr. Il desiderio del Papa, SB, luglio 1937. Anche l’arcivescovo, nel dedicare la sua lettera pastorale del 6 gennaio 1929 al Papa, sottolineava che l’istituzione della Azione cattolica era nei desideri del Papa: « Rammentiamo che l’obbedienza riporta sempre vittoria, e se il Signor nostro Gesù Cristo muove il Papa ad insistere sulla — 159 — In primo luogo, la maggior parte delle parrocchie di campagna e di montagna non istituì organismi di Azione cattolica43: quando questi furono fondati per pressioni dell’arcivescovo, spesso erano vivi soltanto sulla carta44. Nelle parrocchie montane e rurali, infatti erano ancora vitali sia le confraternite tradizionali, sia le associazioni di devozione (ad esempio i "Luigini”, le "Figlie di Maria”). Inoltre i parroci di campagna ritenevano che non fosse il caso di introdurre associazioni intinte di spirito borghese e che corrispondevano ad esigenze e ad interessi prevalentemente cittadini. Infine l’impegno particolare dell Azione cattolica non poteva essere valido dappertutto, ma soltanto nelle zone ad alta scristianizzazione: dove esisteva ancora l’unanimità religiosa, co me nel caso delle campagne e delle montagne liguri, l’introduzione e l’Azione cattolica era non soltanto inutile, ma anche pericolosa, per ché avrebbe introdotto elementi di divisione nell’ancora compatto tes suto dell’unanimità religiosa. Lo sviluppo dell’Azione cattolica, in sostanza, interessò prevalen^ temente le parrocchie cittadine, periferico-operaie e rivierasche, dove si manifestava cioè un pericolo e un inizio di scristianizzazione. Ma anc e in questo caso, i responsabili della vita ecclesiale procedettero con mo ta cautela, puntando su alcuni elementi ed emarginandone altri. Venne così fuori, di solito, un modello di militante di Azione cattolica impe gnato più nella vita morale (per non dire moralistica) che non in que la dell’iniziativa sociale e religiosa, un tipo di cristiano che privi e giava i momenti della conservazione della propria fede a scapito quelli dell’iniziativa. Evidente era anche l’intento dei responsabili e a vita ecclesiale di privilegiare un tipo di militante del tutto aderente a ^ la figura e alle direttive del sacerdote, quasi un « vice-prete ». Di 3ul Azione cattolica, b'sogna dire abbia i suoi fini, ai quali noi dobbiamo servire, anche quando non ne vedessimo l’immediato vantaggio » (cfr. RDG, XIX 1929, pp- 14-30) • 43 Lo stesso arcivescovo notava di non nascondersi « le difficoltà che in certi paesi, specie di montagna e dispersi, ostano talvolta alla fondazione o al funziona mento di tali associazioni »: cfr. la lettera pastorale per la quaresima del 1928, in RDG, XVIII (1928), pp. 11-22. 44 Nella citata lettera pastorale del 1929, mons. Minoretti notava con severità che « non bisogna accontentarsi di quadri o di nomine onorarie o di comparse per 1 occasione. Non si inganna Dio, anco se si riesce ad ingannare gli uomini». — 160 — la carenza di un’effettiva incidenza di un militante siffatto nella vita sociale. Fu quindi il forte « sacerdotalismo » della cristianità genovese tra le due guerre a rendere meno incisiva la figura del militante dell’Azione cattolica e a limitarne fortemente l’incidenza sociale. Il militante finì inoltre per essere retrocesso da animatore religioso ed evangelizzatore, quale avrebbe dovuto essere nelle intenzioni dei fondatori, a frequentatore di luoghi ben custoditi e ben controllati dove si limitava a conservare la propria fede. Questo modo passivo e quietistico di incarnare la militanza cattolica e questo sottile, spesso inavvertito agli stessi protagonisti, ostacolo posto dall’elemento ecclesiastico ad un modo diverso di impegno ecclesiale da parte del laicato erano ampiamente documentati dagli stessi bollettini parrocchiali della diocesi che pure non lesinavano appelli « ufficiali » allo sviluppo dell’Azione cattolica. Così, per il parroco di Staglieno, i doveri del militante di Azione cattolica si sintetizzavano in sette precetti di ordine esemplare e moralistico: partecipazione ai sacramenti a semplice invito della presidenza, partecipazione al precetto pasquale « nella propria parrocchia, facendosi ben vedere da tutti », partecipazione all’assemblea mensile, frequenza della messa domenicale « senza nascondersi » e alle funzioni vespertine (che erano anche le più disertate), intervento alla seduta mensile della scuola di religione; amore del risparmio, mantenimento della parola d’onore; disponibilità « a tutti gli ardimenti per la famiglia, per la patria, per Dio »45. Nel gennaio 1927, la direzione dei bollettini parrocchiali genovesi metteva bene in rilievo che « l’Azione cattolica vuol essere uno strumento nelle mani del parroco per tutte quelle opere che possono giovare non solo al bene religioso e morale della parrocchia, ma anche a quello sociale e politico »46. La preoccupazione più viva era pur sempre quella di destare le associazioni cattoliche « dormienti »47 e di corrispondere ai desideri del Papa per un rapido e fiorente sviluppo dell’Azione cattolica, 45 Cfr. Le associazioni parrocchiali, FVS, febbraio 1936. 46 Cfr. La parrocchialità dell’Azione cattolica, ESQ, gennaio 1927. 47 Cfr. A raccolta, VDM, ottobre 1934; Rio Palma (P. Marazzi), Per i soldati del buon Dio. Che ora è?, VDM, giugno 1935; A raccolta!, SV, settembre 1929. — 161 — mobilitando anche 1’ "Apostolato della Preghiera” per efficaci preghiere48. Si conveniva che uno dei difetti maggiori delle associazioni era la « mancanza di spirito combattivo »49. La direzione dei bollettini parrocchiali provvedeva anche a pubblicare, nel 1928, un articolo del presidente centrale della gioventù cattolica, il genovese Camillo Corsanego, amareggiato per l’asserita impossibilità, in molte parrocchie, di organizzare il circolo giovanile50: in questa prospettiva, la parrocchia che non aveva l’Azione cattolica non poteva essere che « disgraziata » • In oc casione del raduno di ventimila giovani cattolici a Roma nel settembre 1928 si metteva in rilievo che « l’Azione cattolica nasce con la Chiesa » . Per cercare di arginare i « brontolamenti, critiche, sussurri e compagnia » e soprattutto i tradizionalismi, la stessa direzione spiegava nel 1931 c e « la Chiesa si sviluppa e si piega alle molteplici esigenze delle nuove forme di apostolato »53. Naturalmente, anche i bollettini parrocchia i non potevano mancare di dedicare attenzione ai rapporti sempre precari con il regime fascista: così “L’Operaio Ligure” espresse a suo tempo i suo « dolore » per lo scioglimento della F.A.S.C.I., l’organizzazione spor tiva del?Azione cattolica54, mentre mostrava la speranza che lo scio glimento degli esploratori cattolici voluto da Mussolini nel 1928 fosse la contropartita dolorosa ma necessaria per garantire la vita dei circo 1 di Azione cattolica propriamente detta55, i quali si erano guadagnati pienamente il diritto di esistenza e di attività nell’Italia rinnovata a la guerra e dalla vittoria con gli oltre diecimila iscritti caduti sui campi 48 Cfr. Nell’apostolato della preghiera, ESQ, febbraio 1928. 49 Cfr. Per i soldati del buon Dio. Che ora è?, VDM, giugno 1935. 50 Cfr. C. Corsanego, Le nostre schiere, ESQ, settembre 1928. Un anno più tardi anche 1 arcivescovo, probabilmente informato di questo giudizio, riprese 1 espres sione del Corsanego per definire « disgraziata quella parrocchia dove ne coi ragazzi, né con le ragazze, né coi giovani, né cogli uomini, né colle donne si riesce ad ottene re un po di organizzazione cattolica »: cfr. la lettera pastorale citata del 1929. 51 Cfr. L’Azione cattolica, VDM, ottobre 1929. 52 Ibidem. 53 Cfr. Azione cattolica. Brontola, VDM, aprile 1931. H Cfr. Per lo scioglimento della F.A.S.C.I., OL, 8 maggio 1927. 55 Cfr. La chiara parola dell’on. Mussolini per i nostri circoli, VDM, giugno 1928. — 162 — di battaglia nella recente guerra56. Di fronte alla campagna diffamatoria contro l’Azione cattolica e allo scioglimento dei circoli giovanili nell’estate del 1931, la direzione dei bollettini parrocchiali manifestò il suo rammarico 57 che, alla riapertura seguita di lì a poco, fu seguito dalla speranza che simili eventi non si ripetessero più. Tornata la pace, si ripropose però all’interno del mondo cattolico genovese il problema dell’identità dell’Azione cattolica e della sua funzione. Il commentatore della parrocchia di Marassi, dell’ordine francescano dei minimi, dopo aver messo in rilievo che l’apostolato « è di tutti, non solo per noi sacerdoti e religiosi »58, non mancava però di far notare come le « molte associazioni spirituali » (tra cui anche l’Azione cattolica) fossero inquinate « da qualche ambizioncella, che avvelena i loro atti religiosi: di qui le scissioni, i malumori, gli scandali »59. E il direttore dei bollettini parrocchiali genovesi, Palmario Marazzi, rincarava la dose osservando che « certe persone, in moto da mane a sera per l’Azione cattolica, hanno poi un carattere così angoloso che spaventa: la superbia, lo scoraggiamento, il pettegolezzo, la critica alle superiori autorità e peggio sono il contorno del loro così detto apostolato »60. Si insisteva ancora che l’Azione cattolica doveva essere « parrocchiale »61, soprattutto per sottolineare l’unione col « pastore che è l’unico responsabile dell’Azione cattolica parrocchiale »62. Emergeva pur sempre una considerazione prevalentemente passiva dell’Azione cattolica, in quanto secondo lo stesso arcivescovo, « la gioventù nostra non si manterrà cristiana se si manterrà fuori delle fila dell’Azione cattolica »63. Questa concezione si scon- 56 Cfr. I nostri Pierino Del Piano, ESQ, agosto 1928; L’apologetica dei fatti. Quanti sono? I morti della Gioventù cattolica italiana, ESQ, novembre 1928. 57 Cfr. Dolore per la campagna contro l’Azione cattolica, VDM, luglio 1931. 58 Cfr. padre Fly de’ Minimi, L’apostolato. Fac bonum, VPM, novembre 1931. 59 Cfr. Fly de’ Minimi, Declina a malo. Ai confratelli della congregazione, VPM, febbraio 1932. 60 Cfr. P.M. (P. Marazzi), A proposito di Azione cattolica. Prima santi e poi apostoli, VDM, novembre 1931. 61 Cfr. La parrocchialità dell’Azione cattolica, ESQ, gennaio 1927. 62 Ibidem; cfr. anche L’Azione cattolica deve essere parrocchiale. Perché, VC, febbraio 1933. 63 Cfr. C. D. Minoretti, Azione cattolica, VDM, febbraio 1935. trava tuttavia con l’altra che considerava l’Azione cattolica come un ristretto nucleo di attivisti dell’apostolato, senza che nessuna delle concezioni riuscisse veramente a prevalere almeno nelle enunciazioni: cosi il Marazzi notava che, « per la soluzione dei problemi sociali, è e sara sempre importante non tanto aver solo delle tessere e dei distintivi, quanto tornare a quel lavoro quotidiano d’esame interno di coscienza, di lotta meticolosa ai propri difetti, di mortificazione e di penitenza, di meditazione quotidiana, breve, ma convinta e perseverante, che so- lo può formare degli apostoli »64. Ma per un Marazzi che si poneva questi problemi di autentica selezione spirituale, c’erano poi cento parroci che si preoccupavano soltanto che l’iscritto all’Azione cattolica fosse soprattutto un « bravo ragazzo ». Così, il parroco di Santa Zita, che pure era la parrocchia genovese che aveva la tradizione più antica in fatto di circolo cattolici, esigeva più concretamente che « gli ascritti all Azione cattolica si vedessero alle funzioni domenicali, si abbonas sero al Buon Seminatore”, non dimenticassero il secondo e il terzo comandamento e il precetto della santificazione della festa » ■ Non c’è da meravigliarsi se, per l’equilibrio di tali opposte esigenze nella concezione e nelle finalità stesse dei responsabili della vita ec desiale, i risultati non fossero quelli desiderati. Così, ancora nel 1936, la direzione dei bollettini parrocchiali genovesi non poteva fare a me no di constatare che « alcuni ridono dell’Azione cattolica, cioè dell atti vità voluta dalla Chiesa per ottenere la collaborazione del laicato alla gerarchia per la salvezza delle anime »66, nonostante che questo nuovo apostolato fosse stato definito da Pio XI « sacerdozio regale » da parte dei « coadiutori di Dio »67. L’ideale dei parroci era in fondo quel- lo di avere attorno a sé bravi ragazzi docili e ubbidienti che, secondo il parroco di Cremeno, non dovevano andare alle operette e al teatro di varieta, a ballare, a sciare in montagna con signorine, a ciarlare con le operaie dello stabilimento e ad accompagnare a casa le ragazze in- 64 Cfr. Rio Palma (P. Marazzi), Per i soldati del buon Dio. Che ora à?, VDM, giugno 1935. 63 Cfr. Il curioso indiscreto. Domande indiscrete, BS, gennaio 1935. 66 Cfr. Azione cattolica, VDM, aprile 1936. 67 Cfr. Il desiderio del Papa, SB, luglio 1937. — 164 — contrate per via » e che, secondo l’ammissione dello stesso parroco, dovevano accontentarsi di passare la loro « esuberante giovinezza al chiuso della famiglia, della chiesa e del circolo »68. Per il parroco della parrocchia della Coronata, i doveri del militante cattolico dovevano essere, se possibile, ancora più modesti: partecipare alla festa dell’immacolata e ai relativi tridui, santificare il Natale e intervenire alle funzioni di ringraziamento dell’ultimo dell’anno69. Molti parroci, soprattutto di campagna, si preoccupavano special-mente che l’Azione cattolica non intralciasse la strada alle associazioni di devozione come le “Figlie di Maria”, di cui non giungevano a comprendere la differenza70, 1’ "Apostolato della Preghiera" 71, i terz’ordini francescano, domenicano e carmelitano72, le confraternite73 le quali ma- 68 Cfr. Alla gioventù maschile. Perché, perché?, FVC, settembre 1937. 69 Cfr. Moniti alle associazioni parrocchiali, NSC, dicembre 1938. 70 Cfr. padre Roberto da Nove, Terz’Ordine e Azione cattolica, Vf Franc., febbraio 1933; Il Papa alle figlie di Maria, SB, gennaio 1931. 71 Cfr. SAC, gennaio 1933; S, settembre 1936; Vf Franc., agosto 1929; ST, dicembre 1933; VDF, gennaio 1928; MH, gennaio 1934; VPA, febbraio 1937; ER, aprile 1932; CD, gennaio 1938 (formato presso gli uomini cattolici); VC, giugno 1932; SP, marzo 1933; VPM, gennaio 1934. 72 Cfr. PS, giugno 1926; NSM, settembre 1936; M, giugno 1934 (terziari agostiniani) ; MR, aprile 1935 (terziari domenicani); VN, aprile 1938 {idem)-, VA, settembre 1927 (terziari francescani); VPM, dicembre 1927 (terziari francescani minimi) . 73 L’istituzione delle confraternite era spesso preferita per impiantare quelle pratiche che richiedevano assiduità di culto e di pietà più che impegno sociale: così i cappuccini di Genova pensarono ad una confraternita per propagandare il loro culto per padre Santo: cfr. Pensieri devoti sull’arciconfraternita delle tre Ave, PS, gennaio 1927. Ma anche i responsabili della religiosità laicale pensarono alla congregazione quando si trattò di riunire l’unanimità dei consensi per la dottrina cristiana: cfr. SF, dicembre 1931; MGS, settembre 1927; SP, febbraio 1928; infatti i parroci e i rettori sapevano che la formula della congregazione non suscitava nel laicato e specialmente nelle classi popolari quella diffidenza che suscitava l’Azione cattolica: lo ammetteva del resto lo stesso arcivescovo il quale, pur diffondendo il verbo dell’Azione cattolica, doveva ammettere che « molto bene » possono fare anche le congregazioni e le confraternite: cfr. lettera pastorale per la quaresima del 1928, in RDG, XVIII (1928), pp. 11-22. Del resto, per iniziativa dei passionisti della missione, ad Arenzano nel 1927 fu inaugurata la "Confraternita della passione” (cfr. VA, settembre 1927). Tra — 165 — nifestarono, con la loro resistenza all’Azione cattolica, una loro vitalità, in modo particolare nelle zone rurali. Se noi consideriamo analiticamente le varie associazioni parrocchia-li, il quadro complessivamente non cambia. Le varie concezioni si scontravano, si intersecavano, spesso non riuscivano ad armonizzarsi. Emergevano situazioni socialmente differenti, quelle della campagna e della montagna, della città, delle periferie operaie, delle riviere, con la loro specificità e le loro diverse esigenze. I risultati erano quindi diseguali e discontinui. La parrocchia cittadina di Castelletto aveva l’Azione cattolica fiorente in quasi tutti i suoi rami. Una relazione pubblicata nell agosto- le numerose confraternite annesse alle parrocchie della diocesi di Genova, ricordiamo r ;Arciconfraternita della Santissima Trinità" di Fegino (cfr. AF, febbraio 1932) ; 1 Arciconfraternita delle tre Ave” istituita presso la chiesa dei Cappuccini di Pa re Santo in Genova (cfr. PS, gennaio 1927); l’Oratorio di Gallaneto presso Isoverde (cfr. S, febbraio 1933) ; la "Confraternita del Santo Nome” a Cornigliano (cfr. > febbraio 1932); la “Confraternita di S. Giacomo" a Ronco Scrivia (cfr. SMRS, 1933), la Confraternita del SS. Sacramento” a Isola del Cantone (cfr.. FN, e braio 1927) ; la “Confraternita di Staglieno” (cfr. FVS, luglio 1927) ; la “Confraternita del Crocifisso e della Santa Agonia” a Megli di Recco (cfr. MM, dicembre 1932), la Confraternita della beata Vergine Immacolata » in Campi di Cornigliano (cfr. SL, febbraio 1935), 1’« oratorio » e la "Congregazione del Sacro Cuore a Savignone (cfr. SBV, maggio 1932); la "Compagnia di Nostra Signora della Guardia presso il santuario della Madonna della Guardia (cfr. MGu, maggio 1934) , la "Congregazione della dottrina cristiana” e 1’« oratorio » a Fumeri di Migna-nego (cfr. SF, dicembre 1931 e gennaio 1932) ; la "Confraternita di S. Martino a Pegli (cfr. SV, giugno 1928) ; 1’« oratorio » a Pieve Ligure (cfr. VP, ottobre 1937) , la «confraternita» a Cremeno (cfr. FVC, marzo 1937) ; la "Confraternita del SS. Sacramento” a Cornigliano (cfr. VN, aprile 1938) ; la "Confraternita di S. Bernardo” a Bavari (cfr. SMB, aprile 1929); la "Congregazione della dottrina cristiana nella parrocchia della Madonna delle Grazie a Sampierdarena, e la "Congregazione della Madonna delle Grazie » nella stessa parrocchia (cfr. MGS, settembre 1927 e MGS, novembre 1931); 1’ Arciconfraternita di Nostra Signora del Suffragio” a Recco (cfr. ER, luglio 1932); la Confraternita del Carmelo” a Busalla (cfr. VFB, luglio 1933 )> 1 Oratorio della Santissima Trinità" annesso alla parrocchia dellTmmacolata a Pegli (cfr. I, ottobre 1934) ; la “Congregazione di Santa Dorotea per la dottrina cristiana” nella parrocchia di Borgo Incrociati a Genova (cfr. SP, febbraio 1928); la “Confraternita di Santa Chiara” (cfr. VA, aprile 1926, agosto 1928, ottobre 1928 e febbraio 1929) ; la “Congregazione dei Luigini” (cfr. VA, agosto 1926) e la "Confraternita della Passione" ad Arenzano (cfr. VA, agosto 1928), la "Confraternita dei sette Dolori” a Bolzaneto (cfr. VDM, ottobre 1929). — 166 — settembre 1933 riferiva che tutti i rami facevano capo ad un consiglio parrocchiale assai efficiente e centro motore di tutte le attività, attraverso le sue sei sezioni: azione religiosa e propaganda liturgica, azione caritativa, azione missionaria, cultura, buona stampa, biblioteca. I rami più attivi e numerosi erano quelli femminili: 1’ "Unione donne cattoliche” aveva ben centotrè iscritte, senza contare il gruppo dei fanciulli cattolici e quello delle domestiche da esse dipendenti. L’associazione giovanile femminile, divisa nelle sezioni del canto sacro, studentesse, ritrovo per le domestiche, catechismo per le piccole, cultura religiosa, visite all’ospedale Galliera, e comprendente i gruppi delle effettive, aspiranti e beniamine, risultava senz’altro il più fiorente. Deficienti erano invece 1’ "Unione uomini”, che aveva solo ventisei iscritti e svolgeva attività assai debole, e soprattutto l’associazione maschile giovanile, fonte di vera preoccupazione per i responsabili della vita ecclesiale74. Oltre ai rami di Azione cattolica propriamente detta, in parrocchia vi erano anche fiorenti associazioni di devozione, in primo luogo il “Segretariato del Sacro Cuore”, che si occupava in modo particolare della propaganda al culto eucaristico e della consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore, organizzava il turno delle « lampade viventi » per l’adorazione perpetua dell’Eucarestia e si occupava della manutenzione della biancheria della chiesa. Vi erano poi le Crociatine del Santissimo Sacramento”, le ragazze dell’ "Opera dell’istruzione catechistica” e 1’ "Opera della Santa Infanzia”, oltre alle istituzioni di carità della S. Vincenzo75. In sostanza, il nocciolo delle associazioni di Azione cattolica era costituito dal circolo femminile, fondato nel 1925 76: esso organizzava conferenze77, iniziative sociali come la festa della mamma78, scuole di stenografia per future impiegate79, esercizi spirituali per studentesse della parrocchia 80. 74 Cfr. AC, agosto 1933. 75 Ibidem-, cfr. anche AC, gennaio 1933; AC febbraio 1933. 76 Cfr. AC, gennaio 1931 e febbraio 1935. 77 Cfr. AC, gennaio 1931. 78 Cfr. AC, febbraio 1929. 79 Cfr. AC, febbraio 1933. 80 Cfr. AC, dicembre 1936. — 167 — Ben diversa era la situazione nella parrocchia semirurale di Fegi-no. Essa aveva due associazioni di Azione cattolica, l’associazione giovanile maschile e l’associazione femminile di carità81, alla quale si aggiungeva una società cattolica che però, nel 1936, dava segni di scarsa vitalità 82. Ma il gioiello della parrocchia era la locale Congregazione delle Figlie di Maria”, che veramente stava nel cuore del parroco più che le altre associazioni83. Egli infatti, nel 1934, non mancava di far rilevare come tale congregazione avesse una meravigliosa fioritura, contando, in Italia, oltre 10.500 sezioni ed oltre un milione di ascritte: pertanto questa associazione non doveva assolutamente essere sciolta per dar spazio ad altre associazioni che non avrebbero mai avuto né la sua popolarità né la sua funzione spirituale 84- L arciconfraternita della SS. Trinità completava il quadro delle associazioni parrocchiali in cui quelle congregative e devozionali prevalevano nettamente su quelle di Azione cattolica, istituite più che altro per ottemperare a ordini superiori85. I quadri della parrocchia della SS. Annunziata di Sfuria corrispondevano abbastanza bene alla struttura cittadina della parrocchia: così, nel maggio 1939, 1’ "Unione uomini cattolici” e il circolo giovanile maschile riunivano oltre centoventi iscritti, la gioventù femminile, organizzata in tutti i suoi rami, dalle « piccolissime » alle « effettive », contava oltre un centinaio di aderenti. Come a Castelletto, il centro motore delle attività di Azione cattolica era costituito dal consiglio parrocchiale, ed anche i settori di attività erano pressapoco i medesimi. Collateialmente e spesso all’interno di queste associazioni agivano, per i rispettivi compiti, la “Congregazione della dottrina cristiana", il Pic" colo clero”, il "Segretariato del Sacro Cuore”, 1’ “Apostolato della Preghiera" 86. La parrocchia cittadina di Santa Zita, pioniera nel campo delPas- 81 Cfr. AF, dicembre 1931. 82 Cfr. AF, maggio 1936. 83 Cfr. AF, marzo 1932, marzo 1933 e febbraio 1934. 84 Cfr. S. Agnese e le Figlie di Maria, AF, febbraio 1934. 85 Cfr. AF, febbraio 1932. 86 Cfr. L’Azione cattolica a Sturla, BP, maggio 1939. — 168 — sociazionismo cattolico, già nell’aprile 1925 contava un rilevante numero di associazioni: 1’ "Unione uomini cattolici”, una delle prime costituite in Genova e che contava già sessanta soci, la "Congregazione delle domestiche di Santa Zita”, 1’ "Associazione di S. Vincenzo de’ Paoli , 1’ Istituto S. Giuseppe dei fratelli maristi”, il "Quarto reparto esploratori”, la "Congregazione di S. Luigi Gonzaga”, l’istituto delle suore di Santa Maria Immacolata, la “Società operaia cattolica”, fondata nel 1875, il "Segretariato dell’apostolato della preghiera”, 1’ “Associazione delle Dame di Carità” e la “Confraternita di S. Vincenzo e delle anime purganti” 87. Come si vede, la fisionomia di queste associazioni non era ben definita, come del resto si conveniva in un periodo di transizione associazionistica. Pochi mesi dopo, nel maggio 1925, fu inaugurato anche il circolo giovanile cattolico8S, che rivelò subito una perfetta organizzazione89. Una decina di anni più tardi al circolo giovanile fu aggregata una sezione aspiranti90 e, all’associazionismo parrocchiale, si aggiunse anche la "Congregazione delle Figlie di Maria” 91. Come si vede, l’associazionismo della parrocchia di Santa Zita era non solo molto ricco, molto vario ed eterogeneo, ma riusciva a far coesistere realtà altrove difficilmente compatibili. Nel gennaio del 1938 la parrocchia cittadina di S. Siro aveva, del-l’Azione cattolica, i rami della Gioventù maschile, della Gioventù femminile, degli “Uomini cattolici” e delle “Donne cattoliche”92, con un numero di iscritti ancora relativamente esiguo. La parrocchia periferica ed operaia di S. Gaetano di Sampierda-rena, tenuta dai salesiani, aveva un’organizzazione particolare, conforme allo spirito e alle tradizioni di don Bosco. Non mancavano associazioni giovanili all’interno della parrocchia e degli istituti giovanili93, 87 Cfr. Le nostre associazioni, BS, aprile 1925. 88 Cfr. BS, maggio 1925. 89 Cfr. BS, aprile 1933 e giugno 1934. 90 Cfr. Inaugurazione della sezione aspiranti “S. Giovanni Bosco”, BS, gennaio 1935. 91 Cfr. BS, gennaio 1935. 92 Cfr. BSS, gennaio 1938. 93 Cfr. DBS, luglio 1934. — 169 — ma è certo che la preocupazione prevalente era quella di organizzare associazioni di ex-allievi, decurioni e cooperatori94, di raccogliere la gioventù in propri oratori95 e di stabilire rapporti di fiducia con le autorità, con i datori di lavoro, con la popolazione che aveva necessità di collocare bene i propri ragazzi. Nella parrocchia cittadina di S. Fruttuoso, già nel 1927 erano in vita i circoli giovanili maschile e femminile, il gruppo dei fanciulli cattolici %, a cui si aggiunse, di lì a poco, la « ripresa » dal letargo e -P “Unione uomini cattolici” e l’istituzione del gruppo delle donne cattoliche 9/ : ambedue le associazioni fondarono nel loro interno il nuc eo dell’ "Apostolato della preghiera” 98. Nella parrocchia rivierasca di Recco, nel 1932 esistevano asso dazione giovanile maschile, quella femminile, il gruppo degli orni ni cattolici” e 1’ "Unione delle donne cattoliche”. Contemporaneamente, però, prosperavano anche le associazioni di devozione e di classe ^c°me la Società operaia”, la "Congregazione delle Figlie di Maria , la on gregazione giovanile maschile di S. Luigi Gonzaga”, 1’ Opera i an ta Dorotea per la dottrina cristiana” 99. Anche nella parrocchia semirurale di S. Quirico prevaleva asso^ ciazionismo misto: da una parte c’era il circolo giovanile, accolto a parroco con molto scetticismo100, dall’altro c’erano l’oratorio e a Società operaia cattolica”, che organizzava anche manifestazioni di cu tura e conferenze in verità poco seguite 102. Molto diversa era la situa zione associazionistica della parrocchia di S. Martino di Albaro, che con tava una lunga e fertile tradizione in questo campo: lo stesso bo e 94 Cfr. DBS, marzo 1927 e passim. 95 Cfr. DBS, gennaio 1929. 96 Cfr. CD, novembre 1927 e gennaio-febbraio 1925; Si inizia la vita del circolo maschile, CD, novembre 1927. 97 Cfr. CD, dicembre 1928 e dicembre 1929. 98 Cfr. CD, gennaio 1938 (all’interno degli uomini cattolici). 99 Cfr. L’Azione cattolica a Recco, ER, febbraio 1932. 100 Cfr. ESQ, gennaio 1928. 101 Cfr. Inaugurazione dell’oratorio parrocchiale « E. De Ferrari », ESQ, agosto-settembre 1929. 102 Cfr. ESQ, febbraio e aprile 1928. — 170 — tino parrocchiale era infatti pubblicato e finanziato dal locale circolo giovanile cattolico 103. Il circolo, fondato nel 1908, nel 1927 aveva già una sezione sportiva, e quindi era all’avanguardia al riguardo104. Nel suo seno operava anche una fiorente filodrammatica105: non per questo erano trascurate le attività specificamente religiose, come gli esercizi spirituali, le conferenze quaresimali106, e le gare catechistiche107. C’era anche il circolo femminile108, distinto dalla “Congregazione delle Figlie di Maria” I09. All’interno del circolo giovanile maschile fu istituita, fin dal 1928, la sezione aspiranti110. È sintomatico il fatto che il rapporto di vitalità tra il circolo femminile giovanile e la "Congregazione delle Figlie di Maria” fosse a tutto favore di queste ultime111, mentre la "Società operaia cattolica" subì una crisi di rigetto quando si tentò di trasformarla in “Unione uomini cattolici” 112. La vita del circolo giovanile, complessivamente soddisfacente 113, ebbe però momenti di sbandamento e di scarsa vitalità ll4. Solo nel 1938 venne istituita a S. Martino di Albaro 1’ “Unione donne cattoliche” 1I5. Sempre nel 1938 le associazioni cattoliche, specialmente quelle giovanili, 103 Cfr. FCA, dicembre 1926, luglio e settembre 1931. 104 Cfr. FCA, gennaio 1927. 105 Cfr. FCA, dicembre 1926. 106 Cfr. FCA, marzo 1932 e marzo 1933. 107 Cfr. FCA, febbraio 1927, aprile 1928, settembre 1930 e febbraio 1932. 108 Cfr. FCA, dicembre 1926. Il circolo era intitolato alla venerabile Solimani. 109 Cfr. FCA, febbraio 1927. La congregazione fu istituita nel 1909 (cfr. FCA, dicembre 1934). 110 Cfr. FCA, gennaio 1928. Tuttavia, ancora nel 1932, ci si lamentava che questi aspiranti fossero « pochi » (cfr. FCA, febbraio 1932). 111 Cfr. FCA, febbraio 1927, ottobre 1927, dicembre 1927; gennaio 1928, dicembre 1928; marzo e aprile 1930; febbraio e maggio 1932; febbraio 1933; dicembre 1934 e gennaio 1935. 112 Cfr. FCA, febbraio 1932, febbraio 1933 e novembre 1936. 113 Cfr. FCA, febbraio 1927 e seguenti. 114 Cfr. Tra le quinte della vita del circolo, FCA, giugno 1928; Ventennio di vita del circolo S. Martino, FCA, ottobre 1928. 115 Cfr. FCA, gennaio 1938. — 171 — impegnarono una forte opera di propaganda per la « purezza », coinvolgendo grosse personalità del mondo cattolico genovese "6: tuttavia, è da notare che già dieci anni prima i giovani cattolici erano stati invitati all’esercizio della virtù della castità U7. A Isola del Cantone il solo ramo dell’Azione cattolica ufficiale che prosperasse era il “Circolo giovanile Silvio Pellico”, fondato nel 1915 . Esso godeva, tra l’altro, di grande prestigio: nel 1927, ad esempio, le domande di iscrizione da parte dei giovani del luogo erano così numerose da doversi fare una cernita per l’accettazione119. Oltre alle attività specificamente religiose, il circolo giovanile esplicava anche attlv“a culturali, come l’organizzazione di conferenze di interesse generale , filodrammatica 121 e perfezionamento nel canto sacro 122. Nell agosto 1927 i dirigenti del circolo furono perfino giudicati dal pretore per « esercì zio abusivo » di bevande alcolicheI23. Accanto ai circoli, fiorivano a Isola del Cantone associazioni cattoliche che però non erano aderenti a - 1 Azione cattolica propriamente detta: la “Confraternita del SS. Sacra mento , recentemente risvegliata da quel « letargo » che aveva colpito un po’ tutte le associazioni religiose di questo genere m, la Congregazione delle madri cristiane”, fondata nel 1914 125, la "Pia unione delle Figlie di Maria", fondata nel 1902 126, che raccoglieva quasi tutte le 116 Cfr. FCA, aprile 1938 e maggio 1938. Intervennero a questa campagna medico Camillo Berri, l’insegnante Paolo Emilio Taviani, e i dirigenti di Azione cattolica Augusto Solari e Giovanni Maggio. 117 Cfr. FCA, aprile 1928. 118 Cfr. FN, marzo 1930. 119 Cfr. FN, aprile e novembre 1927. Cfr. la conferenza di padre Semeria su Silvio Pellico, FN, ottobre 1930 e la conferenza sul dramma sacro di Oberemmergau, FN, giugno 1930. 121 Cfr. FN, dicembre 1930; febbraio e dicembre 1931; ottobre 1933 (burattinai) ; novembre 1936. 122 Cfr. Nuova messa eseguita a Natale, FN, gennaio 1931. 123 Cfr. FN, agosto 1927. 124 Cfr. FN, febbraio 1927, gennaio e febbraio 1928. 125 Cfr. FN, marzo 1927, febbraio 1928 e gennaio 1934. 126 Cfr. FN, gennaio 1928. — 172 — ragazze di Isola del Cantone l27. Nella parrocchia avevano diffusione anche la "Pia opera della propagazione della fede”, la "Pia opera per il seminario diocesano”, e venivano letti e diffusi periodici cattolici come “L’Operaio Ligure”, "Fides nostra”, organo delle missioni, e il "Monitore delle Figlie di Maria” 128. Nella parrocchia montana di Cremeno, accanto alla tradizionale confraternita 129 esisteva 1’ “Unione donne cattoliche”, la quale era impegnata soprattutto nella diffusione della buona stampa 13°, la "Società cattolica” il circolo giovanile maschile, il circolo giovanile femminile, le "Figlie di Maria”, il “Segretariato del S. Cuore”, che facevano capo al consiglio parrocchiale. La condotta dei giovani e delle giovani di Azione cattolica 131 e delle "Figlie di Maria” dovette essere giudicata insoddisfacente dal severo parroco, il quale, nel 1938, ritenne opportuno procedere ad un’epurazione generale interpellando ad uno ad uno i singoli iscritti, cercando di impegnarli personalmente sul loro onore e facendo loro sottoscrivere una dichiarazione, secondo la quale i giovani dovevano promettere per iscritto « di non frequentare compagnie e divertimenti immorali e pericolosi o comunque disdicevoli ad un giovane cattolico (come) i balli pubblici ed i cinema di varietà o riproducenti pellicole immorali »: viceversa, essi dovevano promettere « di frequentare i vespri domenicali e . . . di tenere sempre e dovunque una condotta degna di un giovane cattolico esemplare e di avere rispetto ed obbedienza al consiglio direttivo dell’associazione ». Le giovani dell’Azione cattolica e le ascritte alle “Figlie di Maria” dovevano alla loro volta sottoscrivere un impegno ancora più particolareggiato, in cui si prometteva di « adempiere tutti i doveri di una buona cristiana, fare possibilmente ogni giorno una breve meditazione e ogni mese la S. Comunione, frequentare sempre, salvo serio impedimento, il catechismo domenicale e studiare il testo della gara di cultura religiosa»: riguardo alla vita morale, esse dovevano impegnarsi per iscritto a « contenersi sempre e 127 Cfr. FN, febbraio 1928 e febbraio 1932. 128 Cfr. FN, gennaio 1928. 129 Cfr. FVC, marzo 1937. i» Cfr. FVC, febbraio 1938 e aprile 1937. 131 Cfr. FVC, febbraio 1938. — 173 — dovunque in modo esemplare, vestire correttamente, non leggere riviste, giornali e libri proibiti, irreligiosi ed immorali e favorire la buona stampa, evitare, anche a prezzo di sacrificio, le feste, le riunioni, gli spettacoli e quei divertimenti che per se stessi o per l’ambiente sono dannosi e pericolosi ad una giovane cattolica, difendere apertamente la religione, la Chiesa e il Papa qualora venissero denigrati e la prudenza non vietasse di intervenire », visitare mensilmente le famiglie povere della parrocchia. Pochissimi furono coloro che accettarono di sottoscrivere simili impegni: tra i giovani solo quattordici effettivi e tredici aspiranti, tra le giovani anche meno, quindici in tutto 132. Il fiore all’occhiello della parrocchia periferico-operaia di Staglielo era indubbiamente il circolo giovanile fondato nel 1925 1 • Anche a sua vita doveva però essere travagliata, se già nel settembre 1926 bollettino della parrocchia registrava « crisi e defezioni » dovute a a « leggerezza di qualche socio che ha dimostrato di non sapere apprezza re e praticare lo spirito della gioventù cattolica ». In compenso, si spe rava che si fossero « rafforzate le sante energie della maggioranza^ ■ Ma la crisi non dovette risolversi con le speranze, motivo per cul 1 dirigenti ritennero opportuno procedere a provvedimenti più radica i. così, nella primavera del 1927, furono espulsi due soci e ritirata tem poraneamente la tessera e il distintivo ad un altro perche riconosciuti « recidivi in grave inosservanza dello statuto-regolamento » 135- Un altra epurazione fu attuata nel 1935, quando venne « rivisto » l’elenco e « ta gliati i rami morti » 136. Questa volta, il provvedimento dovette avere una certa efficacia, dal momento che, due anni dopo, la sezione aspi ranti dell associazione giovanile maschile fu dichiarata dal centro « se zione modello »: anche gli iscritti complessivi, che nel 1935 erano tren ta effettivi e trenta aspiranti, alla fine del 1937 raggiunsero i 109, senza contare i fanciulli e i bambini di Azione cattolica I37. Anche per la 132 Cfr. FVC, febbraio 1938. 133 Cfr. FVS, febbraio 1925. 134 Cfr. FVS, settembre 1926. 135 Cfr. FVS, maggio 1927. 136 Cfr. FVS, novembre 1935. 137 Cfr. FVS, giugno e dicembre 1937. — 174 — presenza del salone parrocchiale 138 e per l’affettuoso interessamento della popolazione 139, l’attività del circolo giovanile era varia e complessa: nel 1927, aveva un’attiva biblioteca circolante, organizzava le feste di carnevale, la filodrammatica, propri turni d’onore durante l’esposizione del Sacramento eucaristico, coltivava il canto liturgico e organizzava ogni giovedì delle conversazioni di cultura religiosa e laica con ampia possibilità di discussione 14°. Sempre nel 1927, il circolo riuscì a raccogliere ben trecento lire a favore dell’organo ligure della gioventù cattolica, « La voce giovanile »: la riprova dell’affettuosa attenzione con cui la vita del circolo era seguita da tutti i fedeli era data da una ricca offerta in denaro da parte dei bambini di una frazione141. Così, anche il decimo anniversario della sua vita, celebrato nel 1935, si risolse in un vero « trionfo » 142. Accanto al circolo giovanile vivevano altre associazioni, tuttavia non così popolari come il circolo giovanile: le “Damigelle del SS. Sacramento”, fondate anch’esse nel 1925 143, le “Donne cattoliche”, che nel 1936 contavano cinquanta socie 144, le “Figlie di Maria”, i “Milites mariani”, fondati nel 1902 145, la confraternita, però in via di declino 146, il gruppo dei chierichetti147. La parrocchia rivierasca - cittadina dell’immacolata di Pegli, nel 1933, contava tutti i rami classici dell’Azione cattolica: 1’ “Unione uomini”, le “Donne cattoliche”, l’associazione giovanile maschile e l’associa- 138 Cfr. FVS, maggio 1926. 139 Cfr. FVS, luglio 1927. 140 Cfr. FVS, aprile 1927. 141 Cfr. FVS, aprile e luglio 1927. 1« Cfr. FVS, gennaio 1935. 143 Cfr. FVS, maggio 1926. 144 Cfr. FVS, dicembre 1935 e febbraio 1936. 145 Sulle Figlie di Maria, cfr. FVS, novembre 1926 e dicembre 1935 e febbraio 1936; sui Milites mariani cfr. FVS, luglio 1927. 146 Cfr. FVS, novembre 1926; FVS, luglio 1927; FVS, maggio 1937 (scarso numero di intervenuti nell’adunanza annuale). 147 Cfr. FVS, febbraio 1936. — 175 — zione giovanile femminile148. Un anno dopo, il parroco poteva constatare con soddisfazione che l’Azione cattolica « vigoreggiava », anche se ancora troppi erano i parrocchiani che restavano esclusi dal suo giro 149. La parrocchia di Pegli, in verità, aveva una sua antica tradizione associativa: nel 1897 era stata fondata la "Società operaia cattolica” (poi trasformata in Unione uomini cattolici”) e già nella prima decade del secolo aveva visto 1 attività di padre Semeria 15°: anche in seguito aveva saputo valorizzare il contributo dei migliori esponenti del movimento cattolico della Liguria151. Non mancava neppure l’oratorio152: ma il centro delle attività ecclesiali del laicato era indubbiamente costituito dall’attivita sem-pie più ricca dei vari rami di Azione cattolica: così, all’interno dell associazione giovanile, si formò la sezione filodrammatica 153, quella di cultura 154 e perfino, nel 1937, quella degli studenti155. Il locale gruppo delle donne cattoliche era così ben organizzato da ospitare un convegno di plaga lì6, e da alimentare il gruppo della “Congregazione della dottrina cristiana” 157. Anche nella vicenda parrocchiale di Multedo, i vari rami dell’Azio-ne cattolica erano abbastanza fiorenti, anche numericamente, come risulta da una ìelazione del consiglio parrocchiale del dicembre 1934. I quattro lami alimentavano la vita delle altre istituzioni parrocchiali; la con-raternita,^ le Figlie di Maria”, 1’ “Apostolato della Preghiera”, la S. ineenzo , le Dame di Carità". Non c’erano problemi particolari, se 148 Cfr. I, marzo 1933. Cfr. Il parroco, La nobile milizia, I, novembre 1934. >>° Cfr. Attraverso mezzo secolo, I, novembre 1934. u 8iu,n°1933; E- Badin0' vole »1 • C Crcr, li n c ’ ^con mtervento di una folla « innumere- UuÌ 193? 6 St0raCe’ T’ marZ° 1933 ^mPa cattolica); cfr. anche 152 Cfr. L’oratorio della SS. Trinità, I, ottobre 1934. 153 Cfr. I, aprile e giugno 1933; novembre 1937. 154 Cfr. I, aprile 1933. 155 Cfr. I, febbraio 1937. 156 Cfr. I, gennaio 1936. 157 Cfr. I, dicembre 1937. — 176 — non il difficile passaggio dalle associazioni giovanili agli “Uomini cattolici , ma questa sembrava essere una caratteristica generale. Viceversa, notevole risultava l’attività data agli esercizi spirituali, alla difesa della moralità, alla lotta contro i protestanti, alla diffusione della buona stampa l58. In genere, i responsabili della vita ecclesiale attribuivano una grande importanza all’Azione cattolica per lo sviluppo della vita cristiana 159. Accanto ai rami classici, esisteva anche la locale “Congregazione delle Figlie di Maria”, fondata nel 1896 l6°, la quale riuniva le ragazze che avevano più a cuore l’esercizio e l’alimento della devozione che non l’approfondimento anche culturale dei contenuti di fede 161. Nella parrocchia montana di Mele, non lontana dal passo del Turchino, nel 1925 esistevano già il circolo giovanile, la “Società operaia cattolica” e la "Pia unione delle Figlie di Maria” 162, mentre all’ombra del santuario della Madonna della Guardia, che non era parrocchia, viveva soltanto una confraternita, la “Compagnia di Nostra Signora della Guardia”, che aveva ottenuto « vantaggi spirituali » e indulgenze per i suoi ascritti163. Nella parrocchia periferico-operaia di Nostra Signora della Grazie di Sampierdarena, la vita delle associazioni parrocchiali era complessa. Esistevano i vari rami dell’Azione cattolica che facevano capo al consiglio parrocchiale regolarmente costituito164 : il circolo maschile giovanile165, il circolo giovanile femminile 166, le crociatine e i crociatini167, 1’ “Unione uomini cattolici”, le “Donne cattoliche” 168. Il più carente di spirito e 158 Cfr. MC, gennaio 1935. 159 Cfr. MC, marzo, aprile e novembre 1933; gennaio e febbraio 1936. 160 Cfr. MC, febbraio 1936. 161 Cfr. MC, giugno 1933 e febbraio 1936. 162 Cfr. MA, marzo 1925. 163 Cfr. MGu, maggio 1934. 164 Cfr. MGS, giugno 1930. 165 Cfr. MGS, febbraio 1925. 166 Cfr. MGS, marzo 1929. 167 Cfr. MGS, dicembre 1926; marzo 1930; settembre 1932 e giugno 1933. 168 Cfr. MGS, dicembre 1929. — 177 — di attività risultava il circolo maschile, forse anche a causa della mancanza di locali169. Ma accanto ai rami di Azione cattolica operavano varie associazioni di devozione: le "Figlie di Maria”, fondate nel 1864 , la "Congregazione della Madonna delle Grazie”171, la "Congregazione della dottrina cristiana”m, l’oratorio festivo maschilem. Quale attività comuni a tutti i diversi gruppi, il consiglio parrocchiale organizzava, di solito ogni quindici giorni, il gruppo del Vangelo, al quale interveniva abitualmente il professore del seminario genovese don Giuseppe Sin .00 in parte questi gruppi di devozione erano emanazione dei rami di Azione cattolica. In ogni caso, i responsabili della vita ecclesiale ritenevano c e fosse necessario lavorare intensamente e in profondità specia mente « per salvare la gioventù » 175. Nella parrocchia rurale delle Nasche, il solo circolo cattolico vitale era quello giovanile maschile m, al quale si associò, dopo qualche tem po, 1’“Unione degli uomini cattolici” 177. Vigoreggiavano invece> 1 solito nelle parrocchie rurali, le associazioni di devozione, quali e glie di Maria”, che raccoglievano la quasi totalità delle ragazze de a Par rocchia178, il “Terz’ordine francescano”, la “Congregazione del acro Cuore di Gesù” 179, 1’ “Apostolato della Preghiera” 18°, la "Confraternita del Crocifisso e della Santa Agonia” I81. Alla fine dell’episcopato di Minoretti, nella parrocchia periferica e semirurale della Coronata esistevano 169 Cfr. MGS, dicembre 1933. Cfr. MGS, settembre 1925 e dicembre 1930. Cfr. MGS, novembre 1931. Cfr. MGS, settembre e novembre 1927; ottobre 1932. Cfr. MGS, dicembre 1927. Cfr. MGS, febbraio 1933. Cfr. Il parroco, Salvare la gioventù, MGS, settembre 1931. Cfr. MN, giugno 1932. Cfr. MN, luglio 1930. Cfr. MN, marzo 1936 e marzo 1937. Cfr. MN, luglio 1930. Cfr. MN, gennaio 1934. Cfr. MN, dicembre 1932. — 178 — il circolo giovanile maschile, con la propria sezione aspiranti e 1’ “Unione uomini di azione cattolica" I82. Dal canto loro i somaschi che, oltre a esercitare il culto nella parrocchia di Santa Maria Maddalena, avevano anche una loro casa, riconoscevano che anche in seno ai loro collegi giovanili maschili fosse necessario organizzare l’Azione cattolica, agendo di conseguenza 183, mentre nella parrocchia rurale di Gallaneto di Isoverde i nuclei di Azione cattolica erano ridotti alla sola sezione aspiranti maschile 184; assai maggiore seguito sembrava godere l’antico oratorio 185. Nella parrocchia semirurale di S. Biagio in Polcevera, l’Azione cattolica stentava ad affermarsi anche per la concorrenza delle associazioni tradizionali. Soltanto nel 1938 si formarono il circolo femminile e il gruppo dei fanciulli cattolici186 ; in precedenza esistevano il circolo giovanile maschile 187 e l’Unione uomini di Azione cattolica 188. Anche in questo caso, la parrocchia non riusciva a sottrarsi alla tendenza generale delle parrocchie rurali e semirurali, cioè alla prevalenza dei gruppi di devozione: la “Congregazione delle Figlie di Maria »189, quella del “Sacro Cuore di Gesù” 190 e delle “Madri cristiane” 191. Le “Figlie di Maria", in particolare, raccoglievano larga popolarità nella parrocchia e organizzavano spesso ritiri ed esercizi spirituali192 ai quali partecipavano anche ragazze estranee alle associazioni cattoliche. Un oratorio - ricreatorio completava l’organico delle associazioni parrocchiali193. Nella parrocchia montana di 82 Cfr. MSC, dicembre 1938. 83 Cfr. RCS, gennaio-febbraio 1931. 84 Cfr. S, febbraio 1936. 85 Cfr. S, febbraio 1933 e luglio 1936. 186 Cfr. SB, gennaio 1938. 187 Cfr. SB, dicembre 1934 e novembre 1935. 188 Cfr. SB, novembre 1935. 189 Cfr. SB, gennaio e luglio 1931; gennaio e giugno 1932; dicembre 1935. 190 Cfr. SB, marzo 1932. 191 Cfr. SB, maggio 1932. 192 Cfr. SB, gennaio e giugno 1932. 193 Cfr. SB, dicembre 1937. — 179 — Savignone, l’associazione primogenita fu il circolo giovanile maschile194, al quale si aggiunsero, non senza qualche stento, il circolo femminile giovanile 193 e il gruppo delle donne cattoliche. Accanto a queste associazioni vigoreggiava però la tradizionale “Congregazione del Sacro Cuore 196, molto frequentata specialmente dalle donne. Nella parrocchia cittadina di S. Francesco di Albaro il quadro delle associazioni di Azione cattolica sembrava delineato già con sufficiente precisione nel 1928, con il circolo giovanile maschile (e sezione filodrammatica, religiosa e missionaria), il circolo femminile giovanile, in netto progresso anche numerico197, 1’"Unione uomini cattolici”198, il gruppo delle donne cattoliche, specializzato nel catechismo 199. A latere operava anche il nucleo devozionale del “Segretariato del Sacro Cuore Nella parrocchia periferica operaia di Campi di Cornigliano nel 1935 risultava attiva la sola “Confraternita della Beata Vergine Immacolata , né ciò poteva sorprendere data l’avanzata età del parroco, poco incline a novità. Nella parrocchia montana di Fumeri di Mignanego, operavano con un certo successo la “Società operaia cattolica”, l’associazione femminile e la Congregazione delle Figlie di Maria” 202: come spesso avveniva nelle parrocchie montane, il parroco non riusciva a comprendere la differenza operativa tra associazioni di Azione cattolica e associazioni devozionali, ritenendo che esse adempissero2Ü3 alla stessa funzione. Esisteva anche un oratorio tradizionale e, all’interno specialmente del circolo femminile, la “Congregazione della dottrina cristiana” 204. 194 Cfr. SBV, febbraio 1930 e marzo 1932. 195 Cfr. SBV, giugno 1932. 196 Cfr. SFA, aprile e dicembre 1927. 197 Cfr. SFA, dicembre 1927 e marzo 1928. 198 Cfr. SFA, dicembre 1927. 199 Cfr. SFA, marzo 1928. 200 Cfr. SFA, febbraio 1928. 201 Cfr. SL, febbraio 1935. 202 Cfr. SF, marzo 1932 e marzo 1933. 203 Cfr. SF, gennaio 1932. 204 Cfr. SF, dicembre 1931. — 180 — A Bavari, alla "Società operaia cattolica” 205 e al circolo giovanile femminile 206 venne ad aggiungersi, nel 1930, il circolo giovanile maschile 207. Attività di sviluppo di vita spirituale svolgeva la “Congregazione del Sacro Cuore di Gesù” 208. Nella parrocchia montana di Ronco Scrivia fioriva, sin dal 1920, il circolo giovanile femminile 209 che, nel periodo considerato, risultava essere anche l’unico ramo di Azione cattolica ivi presente210. I giovani e gli uomini facevano parte della confraternita tradizionale di S. Giacomo211. La parrocchia periferica di Santa Sabina, costituita soltanto agli inizi degli anni trenta 2'2, fondò subito il proprio circolo giovanile maschile, che nel febbraio 1938 raggiungeva i 42 tesserati213, ma dovette attendere il 1937 per fondare gli altri tre rami dell’Azione cattolica214, sulla scia dell’entusiasmo e del fervore religioso suscitati dalla predicazione della missione urbana. A quanto risulta dai resoconti del bollettino parrocchiale, l’esito fu soddisfacente 21S. La parrocchia periferico - operaia dei “Diecimila Crocifissi” di Borgo Incrociati aveva associazioni cattoliche tra le più fiorenti della diocesi. Il circolo giovanile maschile, intitolato a Pier Giorgio Frassati, già nel gennaio 1929 poteva contare su venticinque effettivi e sessanta aspiranti 216; in seguito potè esplicare una efficace vitalità, anche per il contributo dato alla sua direzione da Giuseppe Viola, presidente delle F.U.C.I. genovese e poi sacerdote dal 1933 217. Nel 1932 gli aspiranti dell’asso- 205 Cfr. SMB, settembre 1928 e aprile 1929. 206 Cfr. SMB, luglio 1928. 207 Cfr. SMB, aprile 1930. 208 Cfr. SMB, marzo 1933. 209 Cfr. SMRS, novembre 1930. 210 Cfr. SMRS, novembre 1932. 2» Cfr. SMRS, luglio 1933. 212 Cfr. Un saluto e un augurio, CD, novembre 1931. 213 Cfr. P. Poggi, Tesseramento gioventù maschile, SS, febbraio 1938. 214 Cfr. SS, aprile 1937 e dicembre 1937. 215 Cfr. Sacra missione, SS, aprile 1937. 216 Cfr. SP, gennaio e febbraio 1929. 217 Cfr. SP, ottobre 1933 (numero interamente dedicato a don Giuseppe Viola). — 181 — dazione erano così numerosi da essere divisi in quattro gruppi m. All’interno del circolo si svolgevano corsi di liturgia, gare catechistiche e perfino corsi di igiene, oltre che la quasi tradizionale attività filodrammatica 219. La parrocchia di Borgo Incrociati fu senza dubbio una delle più sollecite a costituire i rami dell’Azione cattolica, al completo già nel 1930 con il gruppo degli uomini cattolici m, delle donne cattoliche, cui prestava la propria attività la madre di Giuseppe Viola 221, l’associazione giovanile femminile, che anch’essa aveva a capo una sorella del Viola, Maria Lorenza222, quindi i Crociatini e le Crociatine 223. Ma non mancavano neppure i nuclei devozionali, come le "Figlie di Maria” e il Segretariato del Sacro Cuore” 224. L’attività delle giovani era rivolta all’approfondimento del catechismo e della liturgia « la quale ci fa comprendere i riti che si celebrano all’altare e rende così più intelligente e più viva la nostra pietà », alla lettura del Vangelo, « preparata a turno dalle socie », all’aiuto ai fratelli poveri e sofferenti, a vantaggio delle missioni 225, agli esercizi spirituali non solo per se stesse, ma anche per le ragazze della parrocchia 226. Le associazioni di Azione cattolica esercitavano in comune anche un’intensa attività di promozione dell’attività culturale 227. Nella parrocchia rivierasca di Sori, soltanto il circolo giovanile cattolico risultava costituito 228, accanto alle zelatrici del Sacro Cuore di 218 Cfr. SP, maggio e giugno 1932. 219 Cfr. SP, luglio 1933. 220 Cfr. SP, gennaio 1930. 221 ìbidem e SP, aprile 1929, aprile 1933 e giugno 1937. 222 Cfr. SP, febbraio 1929; febbraio, maggio e luglio 1932; aprile e luglio 1933; febbraio 1934; giugno 1937. 223 Cfr. SP, gennaio 1930 e marzo 1933. 224 Cfr. Quarantesimo anniversario delle Figlie di Maria, SP, giugno 1937; SP, luglio 1933. 225 Cfr. La sorella maggiore, Associazione femminile cattolica “Nostra Signora del Carmine", SP, febbraio 1932. 226 Cfr. SP, aprile 1934. 227 Cfr. S. Ceschi, Conferenza sulle costruzioni romane, SP, aprile 1929; Conferenze missionarie, SP, aprile 1936. 228 Cfr. SS Sori, gennaio e dicembre 1928. — 182 — Gesù, impegnate attivamente nel movimento liturgico 229. La parrocchia cittadina rivierasca di S. Martino di Pegli possedeva anch’essa, come l’altra parrocchia della frazione, una serie di associazioni parrocchiali assai fiorenti. L’associazione giovanile femminile era forse il gruppo più efficiente, tanto da fornire un nutrito gruppo di dirigenti all’organizzazione centrale di Milano m. Ma anche l’associazione maschile231, il gruppo delle donne cattoliche 232, quello degli uomini cattolici 233 davano sicuri segni di vitalità 234. Diverso era invece il caso delle due confraternite, quella di S. Isidoro, patrono della società agricola235 e quella di S. Martino 236. Quest’ultima, soggetta da tempo a dissensi e a liti, fu sottoposta nel 1928 ad un’energica epurazione, nella speranza che riconquistasse l’iniziativa e l’attività perdute23?. Ma i responsabili della vita ecclesiale non erano ancora molto soddisfatti, se nel 1933 indicavano agli iscritti di questa confraternita il dovere di compiere il precetto pasquale 238. Viceversa, l’attività e le iniziative dei vari nuclei di Azione cattolica erano senz’altro soddisfacenti: la gioventù femminile si occupava dell’organizzazione degli esercizi spirituali, frequentati anche da estranee all’associazione 239, della preparazione della « giornata della madre » 24°, della gara catechistica, spesso con risultati trionfali241, di pellegrinaggi 242; il circolo maschile organizzava anch’esso esercizi spi- 229 Cfr. SS Sori, marzo 1928. 230 Cfr. SV, novembre 1934. 231 Cfr. SV, febbraio 1928; gennaio 1935; gennaio 1936; febbraio 1937 e maggio 1938. 232 Cfr. SV, aprile 1933 e gennaio 1936. 233 Cfr. SV, aprile 1929. 234 Cfr. SV, gennaio 1937. 235 Cfr. SV, marzo 1928. 236 Cfr. SV, giugno 1928; aprile 1933 e marzo 1934. 237 Cfr. SV, giugno 1928. 238 Cfr. SV, aprile 1933. 239 Cfr. SV, aprile 1934. 240 Cfr. SV, gennaio 1937; gennaio 1935. 241 Cfr. SV, gennaio 1934 e giugno 1937. 242 Cfr. SV, maggio 1934 (al santuario di Bussana presso Sanremo). — 183 — rituali e ritiri per uomini e giovani 243, e rappresentazioni teatrali 244. Nella primavera del 1938, assieme al circolo giovanile femminile, organizzò la « settimana della purezza » che ottenne un grande successo per la presenza di oltre quattrocento giovani 245. Nella parrocchia cittadino-popolare di S. Teodoro, solo l’associazione giovanile femminile, con le sezioni di aspiranti, beniamine e piccolissime, apparteneva all'Azione cattolica ufficiale: le altre numerose associazioni religiose erano « libere » e tradizionali: “Piccolo clero”, "Spose e madri cristiane", "Figlie di Maria”, "Apostolato della Preghiera”, associazioni di beneficenza246. Nella parrocchia di Santa Maria Maddalena, situata nel centro storico e officiata dai somaschi, nel 1936 erano in piedi tutti i rami del- 1 Azione cattolica: gli uomini, le donne, la gioventù maschile, la gioventù femminile, i fanciulli cattolici, le crociatine: ad essi si aggiungevano altre associazioni di devozione e di beneficienza come le "Dame di Carità , i "Confratelli di S. Vincenzo”, le "Madri cristiane” 24', le "Lampade viventi” 248. La parrocchia rivierasca di Arenzano offriva invece una vastissima gamma di associazioni religiose solo in parte ascrivibili alla nuova matrice dell’Azione cattolica. Essa aveva una lunga tradizione associativa che risaliva fino al secolo precedente, quando era stata fondata la Società operaia cattolica” 249 che di lì a qualche tempo fu seguita dalla Società femminile di mutuo soccorso”, che trovava difficoltà al riconoscimento ufficiale per le preoccupazioni moralistiche dei dirigenti della Federazione operaia ligure” 2S0. Appartenevano alla stessa spiritualita tradizionale la "Confraternita di Santa Chiara”251, la "Congregazione dei 243 Cfr. SV, aprile 1934. 244 Cfr. SV, dicembre 1934 e agosto 1936. 245 Cfr. SV, maggio 1938. 246 Cfr. ST, marzo 1934 e gennaio 1934. 247 Cfr. V, maggio 1936. 248 Cfr. V, marzo 1936. 249 Cfr. VA, aprile 1926. 250 Cfr. VA, luglio 1926. 2M Cfr. VA, aprile 1926; agosto 1928; febbraio 1929; agosto 1933. — 184 — Luigini 252, la “Confraternita della Passione”, inaugurata dopo la missione del 1927 253, il "Terz’ordine francescano” 254, i "Rosarianti” 255, le Figlie di Maria” 256, la “Cooperativa agricola cattolica” 257. In tanta ricchezza di associazioni tradizionali, quelle di Azione cattolica non poterono impiantarsi prima del 1931 25S: tuttavia già nel 1935 l’associazione giovanile maschile don Bosco contava ventitré soci effettivi e cin-quantacinque soci aspiranti 259. Contrariamente a tanti altri sacerdoti delle parrocchie cittadine e rivierasche, il parroco di Arenzano attribuiva ancora una certa importanza al contributo spirituale delle confraternite, purché fossero riportate al loro scopo originario (che non differiva nella sostanza da quello attuale dell’Azione cattolica), che era quello della « formazione di altrettanti buoni ed esemplari cristiani quanti sono i confratelli, i quali con il loro esempio, colla partecipazione alle sacre funzioni parrocchiali, colla unione la più intensa con il loro parroco, abbiano ad esercitare in mezzo agli altri un efficace apostolato laico e divengano i migliori cooperatori del proprio parroco nella parrocchia ». Tuttavia, molte confraternite, e tra queste era anche quella di Arenzano « si riducono ormai ad una specie di paratura vecchia, di cui si addobba a mala pena il sacro tempio nei giorni di festa, ed i cui membri sono poi assenti, o quasi assenti, al catechismo, ai sacramenti, e qualche volta anche alla messa ». Non per questo le confraternite andavano abolite, anzi andavano riformate o meglio restituite al loro spirito originario, cioè alla « formazione spirituale dei confratelli ». Ci si doveva ben rendere conto che, « più che le funzioni e le processioni, la confrater- 252 Cfr. VA, agosto 1926. 253 Cfr. VA, settembre 1927. 254 Cfr. VA, settembre 1927 e agosto 1929. 255 Cfr. La devozione degli arenzanesi alla Madonna del Rosario, VA, ottobre 1927; cfr. anche VA, novembre 1928; ottobre 1932; novembre 1936 e novembre 1937. 256 Cfr. VA, ottobre 1931. 257 Cfr. VA, giugno 1926 (inaugurazione). Cfr. anche VA, luglio 1927 e giugno 1929. 258 Cfr. VA, giugno 1934 (inaugurazione del circolo maschile). 259 Cfr. VA, febbraio 1935. — 185 — nita ha per iscopo di informare i propri membri ad una profonda coscienza dello spirito cristiano » 26°. Viceversa, nella parrocchia egualmente rivierasca di Quarto, le associazioni di Azione cattolica si svilupparono con un certo impaccio. Nel 1931 la sola associazione cattolica esistente era quella delle donne, con la sezione dei fanciulli cattolici261. Ad essa si aggiunsero, nel biennio successivo, il gruppo degli uomini cattolici 262 e l’associazione giovanile maschile 263. Le ragazze erano organizzate esclusivamente nella Pia associazione delle Figlie del Sacro Cuore” 264. Nella parrocchia cittadina di S. Tommaso, l’Azione cattolica era ben organizzata già nel 1925. In quell’anno vivevano già il gruppo delle donne cattoliche, il circolo femminile giovanile e il circolo maschile giovanile263. Tutti questi gruppi ebbero notevole sviluppo negli anni seguenti, tanto che nell’aprile 1938 la sezione aspiranti maschile aveva ben cento tesserati 266. Egualmente fiorenti erano gli altri rami dell Azione cattolica, anche perché il parroco riteneva necessario dare impulso all as- • v 267 \t i sociazionismo specialmente giovanile per salvare la gioventù . JNel 1938, al pari di altre parrocchie, anche quella di S. Tommaso organizzò la settimana della purezza con l’intervento di don Siri, del dott. Ber-ri e del giovane Taviani 268. Nella parrocchia di periferia di Teglia l’Azione cattolica non era invece molto attiva, limitandosi ad organizzare gli uomini cattolici . Nel- 260 Cfr. L’arciprete, La confraternita di Santa Chiara. Il pio scopo e la sua missione, VA, agosto 1933. Sulla confraternita di Santa Chiara in Arenzano, cfr. Santa Chiara venerata in Arenzano: cenni editi a cura dei superiori dell oratorio, Genova 1883. 261 Cfr. VAQ, settembre 1931. 262 Cfr. VAQ, febbraio 1932 (costituzione dell’associazione). 263 Cfr. VAQ, maggio 1932 e aprile 1933. 264 Cfr. VAQ, settembre 1931. 265 Cfr. VAST, dicembre 1925. 266 Cfr. VAST, aprile 1938. 267 Cfr. VAST, febbraio e marzo 1938. 268 Cfr. VAST, luglio 1938. 269 Cfr. VAT, giugno 1927. — 186 — la parrocchia periferico-operaia di Sestri Ponente, nel 1936 esistevano i quattro rami principali dell’Azione cattolica 270, accanto alle "Figlie di Maria” che, a quella data, contavano cinquant’anni di vita e una larga popolarità271. A Canepa, parrocchia montana alle spalle di Sori, l’Azione cattolica non era molto sentita 272, come del resto nella parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce 273. Vivacissima era invece la vita delle associazioni di Azione cattolica della parrocchia di Carignano, dove fin dal 1926 erano costituiti il circolo femminile, il gruppo degli uomini cattolici (appena fondato), quello delle donne cattoliche e il reparto degli esploratori cattolici 274 che prosperò fino alla sua chiusura d’ufficio da parte delle autorità del regime 275. Poco dopo fu fondato anche il circolo giovanile maschile 276 e costituito il consiglio parrocchiale come organo di coordinamento 277. Le elezioni alle cariche del 1930, che fecero emergere un gruppo dirigente tutto di laureati 278, riflettevano bene l’estrazione alto-borghese della parrocchia. Accanto ai rami dell’Azione cattolica, viveva una serie di altre associazioni quali il gruppo di tranvieri cattolici 279, 1’“Apostolato della Preghiera” e la "Crociata eucaristica” 280 che raccoglieva la maggior parte dei fanciulli della parrocchia, oggetto 270 Cfr. VB, gennaio 1936. 271 Cfr. VB, gennaio 1937. 272 Cfr. VC, febbraio 1933. 273 Cfr. VFF, febbraio 1937 (dove si lamentava che il consiglio parrocchiale fosse andato deserto). 274 Cfr. VDF, gennaio, ottobre e novembre 1926; luglio 1927; gennaio e giugno 1928. 275 Cfr. VDF, giugno 1928. 276 Cfr. VDF, giugno e dicembre 1927; gennaio 1929; agosto e novembre 1930; febbraio 1934. 277 Cfr. VDF, gennaio 1927. 278 Cfr. VDF, novembre 1930. 279 Cfr. VDF, marzo 1926. 280 Cfr., per l’Apostolato della preghiera, VDF, gennaio 1928 e marzo 1929, e, per la Crociata eucaristica, VDF, maggio e giugno 1926; aprile e maggio 1928; agosto 1929; maggio, giugno e novembre 1931; settembre 1932; giugno 1933; agosto e settembre 1936. — 187 — di cura tutta speciale da parte del parroco281. Le tre parrocchie tenute dai frati minori conventuali, cioè quella di S. Francesco di Albaro 282, di S. Antonio di Boccadasse 283 e di Bolzaneto 284 privilegiavano soprattutto la costituzione dei circoli giovanili, maschile e femminile. Così, nel 1930, il circolo giovanile femminile di S. Francesco di Albaro potè celebrare i dieci anni di vita 285, mentre quello maschile della stessa parrocchia addirittura i venticinque 286; nel 1931 il circolo giovanile maschile di Bolzaneto festeggiava il suo decimo anniversario 287. Ma a Boccadasse 288 e ad Albaro cerano anche gruppi di tranvieri cattolici 289, ad Albaro prosperavano 1’ “Apostolato della Preghiera” e le Figlie di Maria” 29°. Nella parrocchia semimontana di Busalla, già nel 1928, esistevano 1’ “Unione degli uomini cattolici”, il gruppo delle donne cattoliche, il circolo giovanile maschile, quello femminile, i crociatini e le crociatine291. Ma viveva tuttora la “Confraternita del Carmelo”, anche se la preferenza del parroco era nettamente orientata verso le più moderne forme di apostolato sociale 292. Nella parrocchia di periferia operaia di Bolzaneto, nel 1934 esistevano, oltre i quattro rami delPAzione cattolica, anche la Società operaia cattolica”, la “Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore , lo "Apostolato della Preghiera”, la "Crociata eucaristica” e quella dei Pic- 281 Cfr. VDF, agosto 1929. 282 Cfr. V Frane., maggio 1930. 283 Cfr. V Frane., marzo 1930. 284 Cfr. V Frane., marzo 1931. 285 Cfr. V Frane., gennaio 1930. 286 Cfr. V Frane., maggio 1930. 287 Cfr. V Frane., marzo 1931. 288 Cfr. V Frane., aprile 1929. 289 Cfr. V Frane., aprile 1929. 290 Cfr., per l’Apostolato della preghiera, V Frane., agosto 1929; per le Figlie di Maria, V Frane., agosto 1929. 291 Cfr. VFB, dicembre 1928. 292 Cfr. VFB, luglio 1933. coli Rosarianti” m. Fino allo scioglimento, viveva anche una fiorente sezione degli esploratori cattolici 294. Molto popolare e tenacemente radicata nella tradizione era anche la “Confraternita dei Sette Dolori”, che contava due secoli di vita 295. La parrocchia periferico-operaia di Santa Margherita di Marassi, già nel 1926, aveva un nutrito elenco di organizzazioni parrocchiali, tali da corrispondere alle più diverse esigenze: vi erano presenti ben tre congregazioni, vale a dire il “Terz'Ordine di S. Francesco da Paola”, le “Figlie di Maria Immacolata”, la “Congregazione di S. Luigi Gonzaga”, due confraternite, quella del SS. Sacramento e quella del SS. Rosario, quindi la “Pia unione del S. Cuore di Gesù”, i “Paggi del SS. Sacramento”, le “Damigelle del SS. Sacramento”, 1’ “Apostolato della preghiera”, 1’ “Opera della Santa Infanzia”, la scuola della dottrina cristiana per giovinetti e giovinette, due scuole di catechismo, la conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, quella delle Dame di carità, e infine il circolo giovanile maschile e femminile e 1’ "Unione donne di azione cattolica” 2%. Dalla relazione del gruppo delle donne di Azione cattolica del 1934, si apprendeva che l’attività di quel nucleo era piuttosto intensa, comprendendo i settori religioso, familiare, morale, sociale, catechistico, caritativo, educativo, la stampa, le missioni, i fanciulli cattolici, la partecipazione a tutte le manifestazioni della parrocchia, il suffragio per le socie defunte, il turno mariano, l’ora di adorazione, la partecipazione alle « qua-rant’ore », l’organizzazione delle feste sociali e federali (quali il tesseramento) , l’offerta di doni per la chiesa, la propaganda liturgica, l’organizzazione della giornata della madre 297. Nella parrocchia rivierasca di Pieve Ligure, ancora nel febbraio 1937, dei quattro rami principali di Azione cattolica mancava il circolo giovanile femminile, sostituito parzialmente nelle stesse funzioni dal "Segretariato del Sacro Cuore” 298: l’antica “Società operaia cattolica”, inoltre, 293 Cfr. VDM, ottobre 1934. 294 Cfr. VDM, ottobre 1927. 295 Cfr. VDM, ottobre 1929. 29 Cfr. VAST, febbraio 1938. 72 Cfr. VAST, marzo 1938. 73 Cfr. VAST, maggio 1938. 74 Cfr. VDF, aprile 1931. 75 Cfr. VDF, marzo 1933. 76 Cfr. VDF, aprile 1933. Su Giovanni Maggio, cfr. la voce di L.M. De Ber-nardis, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia cit., II/2, Le figure rappresentative, p. 489. 77 Cfr. VDF, giugno 1931. 78 Cfr. Memorie storiche della nostra parrocchia, VDF, settembre 1931. 79 Cfr. VDF, luglio 1933. — 217 — cultura specificamente dedicato a Caterina da Genova 80. I minori conventuali invece istituirono nella loro parrocchia di S. Francesco di Albaro una biblioteca circolante81 e i frati minimi, titolari della parrocchia di Santa Margherita di Marassi, illustrarono spesso la storia della loro parrocchia e del rione, ricorrendo anche alla consulenza dell erudito Ferretto 82. A Busalla, nell’ottobre 1937, Alfredo Gismondi tenne una conferenza sull’Azione cattolica83 e l’africanista fra Ginepro da Pompeiana un discorso sulla fede dei nostri soldati84. Anche nella parrocchia periferico-operaia di Bolzaneto vennero effettuati tentativi di aggiornamento culturale: così nel congresso « prò riposo festivo », tenuto in quella parrocchia nell’estate del 1929, intervennero don Reverdini, Santolini e Gismondi85: altre volte poi, nel i * 36 bollettino parrocchiale, si riferiva sulla storia del culto e della devozione . Nella parrocchia periferico-operaia di Cornigliano, tenuta dai domenicani, l’Azione cattolica era al centro dell’attività culturale piuttosto intensa di quella istituzione: biblioteca popolare, conferenze, recensioni, campagne. Così nel febbraio 1932 il padre Grimani tenne una conferenza sulla Cina, il giornalista Eugenio Badino su Rodi, Giovanni Santolini su Lourdes87, nell’aprile 1936, nella giornata per la santificazione della festa, intervennero il domenicano Sapino, mons. Giacomo Mo-glia, il barone Mario Zanotti, il preside dell’istituto magistrale Rigon, 80 Cfr. VCSCG, settembre-ottobre 1934. 81 Cfr. V Fratte., agosto 1931. 82 Cfr. A. Ferretto, II culto di Santa Margherita, VPM, febbraio 1926; A. Ferretto, Marassi, VPM, da febbraio a luglio 1928. 83 Cfr. VFB, ottobre 1937. 84 Cfr. VFB, ottobre 1937. 85 Cfr. VDM, luglio 1929. 86 Cfr. La festa della Madonna della Neve, VDM, settembre 1929; La festa del-l Addolorata, VDM, ottobre 1931; Sabati consacrati alla Madonna di Pompei, VDM, febbraio 1936; Il parroco, Mese di Maria, VDM, maggio 1936; Il Carmine, VDM, luglio 1936; L’Assunzione nell’antica liturgia romana, VDM, agosto 1936; Pentecoste mariana, VDM, maggio 1937. 87 Cfr. VN, marzo 1932. — 218 — il professore Alfredo Gismondi, la professoressa LA. Cere88. Nel marzo del 1937, su invito dell’Azione cattolica, il professore universitario Luzzatti intervenne sulla moralità, il giovane Giacomo Storace sulPAzione cattolica, don Reverdini sulla buona stampa89. Una volta la rivista parrocchiale si cimentò nella presentazione di un libro missionario di padre R. Bianchi, nonostante non fosse accessibile al comune livello culturale 90. Come si vede, il panorama delle iniziative di aggiornamento culturale nella diocesi di Genova risulta piuttosto vario. Di solito, erano le parrocchie di città a preoccuparsi con maggiore continuità dell’aggiornamento culturale del laicato, interessandosi che tale aggiornamento riguardasse anche la cultura generale, oltre quella religiosa e spirituale. Neppure in questo caso erano però molto numerose le parrocchie che disponessero d’iniziativa, di mezzi, di spirito d’organizzazione, di costanza ed anche di coraggio per una tale non facile attività di aggiornamento. Più diffusa e generalizzata era l’attività di aggiornamento del laicato su temi esclusivamente religiosi. Anche in questo caso emergeva l’esigenza di soddisfare, da parte di alcuni parroci di città, la richiesta culturale di almeno una parte dei propri parrocchiani. È invece da sottolineare la decisa volontà di coinvolgere anche i laici nell’opera di aggiornamento non solo culturale, ma anche propriamente religioso, anche se la rosa delle persone utilizzate era, per forza di cose, necessariamente ristretta. Spesso, gli organizzatori cercavano anche di coinvolgere in modo più attivo l’attenzione e l’interesse degli ascoltatori, mediante dibattiti che però talvolta non riuscivano a superare la passività. Era insomma generalmente sentita la necessità di aggiornare la parte più colta del laicato e dello stesso clero sui problemi sempre nuovi ed emergenti della cultura, della scienza e dei bisogni sociali. Il laicato trovava invece più facile e spontaneo l’esprimersi in un settore dove minori erano le esigenze e la distanza con l’alta cultura, 88 Cfr. VN, aprile 1936. 89 Cfr. VN, marzo 1937. 90 Cfr. recensione a: padre R. Bianchi, Euntes praedicata, ossia La Missione. Manuale completo del missionario fra i cattolici, Firenze 1936, 2 voli., VN, febbraio 1937. — 219 — vale a dire quello delle rappresentazioni teatrali. Ivi erano soprattutto i giovani a cimentarsi, specialmente in quelle parrocchie cittadine o pe-riferico-cittadine dove era più facile promuovere un impegno di questo tipo. Il repertorio di queste compagnie teatrali era abbastanza vario: si andava dal filone apologetico a quello drammatico-sentimentale e infine al genere satirico-comico, molto seguito e sentito, specialmente se espresso in dialetto. Compagnie di recitazione dilettantistiche, facenti capo in genere ai circoli giovanili, erano impiantate nella parrocchia cittadina di Castelletto 11 e, anche a cura della locale società operaia, nella parrocchia semirurale di Fegino92. La parrocchia cittadina di Sturla possedeva anche la sezione filodrammatica femminile93: una compagnia teatrale venne impiantata anche nella parrocchia cittadina di S. Siro94. La fiorente sezione filodrammatica della parrocchia salesiana di S. Gaetano di Sampierdarena fu addirittura in grado, con ottimo successo, di organizzare un concorso nazionale per filodrammatiche95. Il repertorio di maggior successo di pubblico era indubbiamente quello comico96: esso però abbracciava tutta la gamma del teatro dilettantistico cattolico97. Nella parrocchia cittadina di S. Martino d’Albaro, un pubblico definito talvolta « veramente straordinario » seguiva le rappresentazioni della locale filodrammatica, dove veniva privilegiato soprattutto il filone romantico e apologetico98 e, naturalmente, quello comico, prevalente- 91 Cfr. AC, gennaio 1933. 92 Cfr. AF, maggio e giugno 1937. 93 Cfr. BP, marzo 1938. 94 Cfr. BSS, marzo 1938. 95 Cfr. DBS, gennaio 1925. 96 Nel repertorio si trovavano opere come quelle di: Rufillo Uguccioni, II tema d’italiano, prof. Altavilla, Alfredo o il giorno del premio, J. M. Charamel, In collegio o chi la aspetti (musicata); V. Cimatti e R. Uguccioni, Refugium (cantata), DBS, maggio 1927. 97 Cfr. Roys de Vilard, I piccoli giardinieri della regina-, Rufillo Uguccioni, Il convito-, G. Ellero, Il miracolo dell’amore, Rane altrui-, D. Lemoyne, Sejano, Espiazione di un fallo-, Roys de Vilard, Ivonik, La gerla di papà Martin, DBS, maggio 1927. 98 Cfr. Il cavaliere dell’amore, Reduci dell’amore, FCA, dicembre 1926; G. Piz- — 220 — mente dialettale 99. La compagnia di S. Martino d’Albaro, una delle più attive della diocesi, finì con il guadagnare un posto d’onore nel concorso regionale di Savona, tenuto nel 1927 10°. Tra le tante loro incombenze a servizio della parrocchia, le “Missionarie del popolo” si erano assunte anche l’incarico di scrivere pièces teatrali ad uso delle accademie e delle filodrammatiche101, considerandolo come un’iniziativa che aveva una diretta, benefica ricaduta religiosa. La parrocchia montana di Isola del Cantone riuniva diversi modelli di filodrammatica, distinti per età102 e non mancava di incoraggiare l’attività di altre organizzazioni non strettamente cattoliche, ma sotto l’influenza della chiesa locale, come tutta la vita del borgo 103. Una filodrammatica esisteva pure nella parrocchia rurale di Cremeno104 e, nella parrocchia cittadina-periferica di Staglieno, la locale filodramma- zarella, Giovanni de’ Medici, Santità, FCA, aprile 1927; Pianella perduta nella neve, I masnadieri d’Albania, FCA, giugno 1927; Il povero, il vagabondo, l’ozioso, FCA, febbraio 1932; Il piccolo parigino, FCA, marzo 1932. 99 Cfr. Foot-ball (canzonetta), FCA, dicembre 1926; U testamentu du scià Lunetti, I manezzi dou Strìglia, FCA, aprile 1927; La girandola dello sport, FCA, marzo 1932. 100 Cfr. FCA, agosto 1927. 101 Cfr. Canta il giullare, FC, maggio 1927; Vince virtù (dramma dialogato), Carnevale minuscolo (dramma), FC, febbraio 1928; Recite e poesie per carnevale, FC, gennaio 1929. 102 Cfr. Filodrammatica al circolo giovanile, FN, dicembre 1930; Burattini, FN, ottobre 1933; Festa scolastica (con poesie, canti, farse, poesie genovesi), Filodrammatica al circolo giovanile Silvio Pellico (con la rappresentazione de I martiri di Belfiore), FN, dicembre 1930; Filodrammatica all’associazione giovanile Silvio Pellico (con la rappresentazione de L’olocausto), FN, dicembre 1931; Filodrammatica dei ragazzi del Silvio Pellico, FN, novembre 1936; Serata comico - musicale, FN, febbraio 1931. ' 103 Cfr. I canterini di Isola, FN, giugno 1931; Incisione di dischi della squadra del bel canto, FN, gennaio 1932; Pro dote scuola (con canti fanciulleschi sulla patria, esercizi ginnici, bozzetti comici, macchiette), FN, giugno 1932; Canto popolare: i trionfi della corale di Isola (che ha ottenuto il primo premio al concorso di Novi Ligure), FN, settembre 1933; Banda musicale anche a Isola, FN, febbraio 1935; Isola del Cantone ha vinto il concorso radiofonico « L’ora dell’agricoltore », FN, febbraio 1938. 104 FVC, settembre 1937. — 221 — i tica possedeva anche la sezione mandolinistica105. La compagnia dilettantistica teatrale della parrocchia dell’immacolata di Pegli era così attiva da meritarsi il secondo premio nella gara diocesana di filodrammatiche ,06. Una modesta filodrammatica esisteva anche nella parrocchia periferico-rurale della Coronata107, per iniziativa di un’appassionata locale 108, come a Gallaneto di Isoverde 109 e a Savignone n0. Anche l’altra parrocchia di Albaro, quella di S. Francesco, possedeva una filodrammatica che ottenne il primo premio nella gara diocesana del 19341U, e compagnie dilettantistiche locali esistevano pure a Sori112 e nell’altra parrocchia di Pegli, quella di S. Martino, che però non era in grado di competere con quella dell’immacolataI13. Una filodrammatica esisteva pure nella parrocchia cittadina di Carignano 114 e nella chiesa di Bolzaneto officiata dai minori conventuali115. Una ben sviluppata compagnia teatrale era in attività nella parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce 116 105 Cfr. FVS, settembre 1926. 106 Cfr. Nel repertorio, si nota: Sciaccaluga e Segalerba (rappresentazione comica in dialetto), I, aprile 1933; I cavalieri dell’ideale, I, giugno 1933; Filodrammatica, I, novembre 1937. Sul secondo premio regionale per la filodrammatica, cfr. I, marzo 1934. 107 Cfr. NSC, marzo 1938. 108 Cfr. M. Cambiaso, Falmam qui meruit ferat, NSC, ottobre 1938. 109 Cfr. S, ottobre 1936. 110 Cfr. SBV, febbraio 1930. 111 Cfr. I, marzo 1934. 112 Cfr. SS Sori, gennaio 1938 e febbraio 1938. 113 Cfr. Restaurato il salone - teatro Benedetto XV, SV, dicembre 1934; Recita di beneficenza a favore dei poveri, SV, agosto 1936. 114 Cfr. VDF, gennaio 1930. 115 Cfr. V Fratte., dicembre 1930 (in cui ci si lamenta per l’affluenza di pochi spettatori). 116 Cfr. Il nuovo teatrino parrocchiale di via Morgantini (con recite di carnevale), VFF, gennaio 1937; Filodrammatica delle ragazze, dei ragazzi e delle crociatine, VFF, aprile 1937; Carnevale onesto (quattro rappresentazioni in tre giorni, nel repertorio: opere della prof. G. Bergola, delle Figlie di Maria, dirette dalla signorina Pierottet, opere estemporanee dei giovani) , VFF, marzo 1937; Cronachetta teatrale (rappresentazioni del circolo giovanile: però si lamentava la poca affluenza di pubblico) , VFF, novembre 1938. — 222 — e soprattutto nella parrocchia domenicana di Cornigliano, dove la filo-drammatica costituiva l’attività principale del circolo giovanile, ed era seguita con attenzione da tutta la popolazione anche per la varietà del suo repertoriom. Un’avviata filodrammatica veniva segnalata anche a Bogliasco "8. Come si vede, la filodrammatica non era in grado di attecchire, con egual successo, in tutte le parrocchie. Più facilmente si ripiegava sulle recite estemporanee o su quelle carnascialesche, specialmente ad iniziativa delle ragazze, che con minore facilità erano ammesse alle attività teatrali vere e proprie119. L attività teatrale e recitativa in genere era anche un potente fattore di aggregazione comunitaria, perché coinvolgeva la popolazione, sia per motivi familiari o di amicizia, sia per l’allestimento di quei servizi necessari per l’impianto di uno spettacolo teatrale, anche a livello dilettantistico come era quello parrocchiale. Non dimentichiamo che la partecipazione familiare era particolarmente viva quando si trattava di rappresentazioni che avevano come protagonisti bambini degli asili o delle scuole elementari120. 117 Nel repertorio, si notavano, Luigi XI, Il vecchio ammiraglio, La campana, VN, novembre 1931; Il grande silenzio, La visione delle fiamme (di padre Hiblet •J-), VN, dicembre 1931; I fiori del dolore (di E. Fabbri); Il cavaliere dello Spirito santo (di E. Scalaranois) ; La grande vigilia (dell’on. Corazzin) ; Costruire (di M. Milani) ; Casa senza pace, VN, gennaio 1932; L’avvocatino, La cugina di Salomon Hamid, I due sergenti, VN, febbraio 1932; I diritti dell’onore, VN, marzo 1932; Legione straniera (di R. Perotti); Paggio Zanello: leggenda medioevale (di E. Recalchi), La felicità (di D. Benni), VN, giugno 1932; Il cardinale; Lorenzino de’ Medici, VN, agosto 1932; Le due nobiltà, VN, maggio 1937. Nel repertorio comico, spiccava il motivo dialettale: Ciù tonno de cosci, VN, novembre 1931; È lei il signor Cimasa?; Cretini maestro di musica, VN, dicembre 1931; Servo o padrone?; Cose dell’altro mondo, VN, gennaio 1932; Pe’ maià ’na figgia ghe voeu u sensà? (di G. Medica, con numerose repliche), VN, febbraio 1932; Telegramma con risposta pagata, (di D. Benni di Verona), VN, marzo 1932; Il capocomico Tromboni, VN, giugno 1932; Ma chi è?, VN, agosto 1936; Ulisse (operetta), VN, maggio 1937. 118 Cfr. I, aprile 1933. 119 Cfr. FCA, dicembre 1926; VA, settembre 1927. Le eccezioni non mancavano, come nella parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce e specialmente nell’ambiente salesiano: cfr. DBS, marzo 1933. 120 Cfr. Festa scolastica, FN, giugno 1928; Dote delle scuole, VC, maggio 1929; — 223 — Queste rappresentazioni erano assai raccomandate dai responsabili ecclesiali come alternativa alla cultura laica di intrattenimento o di evasione (teatro, cinematografo, rivista e avanspettacolo). Tuttavia la parabola di questa attività, che aveva raggiunto il suo apice alla metà degli anni venti, alla fine degli anni trenta poteva dirsi conclusa, almeno come fonte di aggregazione parrocchiale. Soppiantata dalla cinematografia, quest’attività declinò anche nelle parrocchie, le più organizzate delle quali impiantarono, già alla fine degli anni trenta, i primi « cinematografi parrocchiali », che facevano capo, per il loro rifornimento, ad agenzie specializzate. Tuttavia l’avvento del cinematografo pose problemi seri di controllo perché, per sua natura, questo genere di spettacolo contribuiva ad allontanare il giovane dalla parrocchia. Anche quando, nei casi ancora rari, la parrocchia poteva avere a disposizione il « cinema parrocchiale », era poi in grado di verificare le reazioni a livello psicologico dello spettatore, in modo particolare se giovane, con molta maggiore difficoltà che nel caso delle recite teatrali. Si profilava dunque una difficoltà in più per l’opera di diffusione e soprattutto di consolidamento del messaggio evangelico. Festa prò asilo e scuola, VC, luglio 1933; Festa prò dote scholae, VP, luglio 1927; Pro dote scholae, SS Sori, luglio 1937; Festa prò dote scholae, VP, luglio 1938; L’esperimento finale del nostro asilo infantile, VA, agosto 1928; Festa dell’innocenza, SS Sori, agosto 1928; Accademia delle crociatine, MGS, dicembre 1926. — 224 — CAPITOLO UNDICESIMO SOCIETÀ E POLITICA Nel periodo dell’episcopato del card. Minoretti, la chiesa genovese, come quella italiana, doveva fare i conti con il regime fascista. La gran-e maggioranza delle parrocchie preferiva conservare il silenzio, per non compromettere la vita ecclesiale con una realtà politica che, pur subita, non coincideva affatto con le idealità e le prospettive religiose. Altre entravano invece in rapporto non tanto con il regime in se stesso, quanto con i suoi rappresentanti e con le sue istituzioni come con una realtà esistente, per dovere di informazione nei confronti del laicato: così, in questi casi, i bollettini parrocchiali registravano le nomine e i movimenti in seno al partito fascista, senza con questo entrare nel merito della va idità del regime. Altre invece si spingevano più in là, riconoscendo a regime il merito di aver ripristinato in Italia la pace religiosa e di aver eliminato i tentativi di scristianizzazione da parte delle forze e dei partiti laicisti. Altre intervenivano molto raramente nei fatti politici, e so o per esprimere osservazioni e critiche su provvedimenti particolari del regime, e per presentare suggerimenti e consigli su singoli provvedimenti: così si davano giudizi su alcuni problemi che riguardavano direttamente la religione e la morale cristiana. Altre criticavano soprattutto le scelte di politica estera come la propensione per i nazionalsocialisti e la politica di guerra. Altre entravano in rapporto con il regime e le sue istituzioni solo per registrare con speranza e soddisfazione le manifestazioni esterne di ossequio alla religione, quali la comunione pasquale degli iscritti, la partecipazione ufficiale alla processione del Corpus 'Domini. Altre, considerando il regime come forma di governo legittimo del paese, ne sottolineavano l’attività con il normale ossequio dovuto al governo legittimo in clima di pace religiosa e civile: così, — 225 — organizzavano manifestazioni di ringraziamento per gli attentati dai qua- li scampò Mussolini e per la vittoria nell’impresa etiopica, senza però entrare nel merito politico delle vicende in oggetto. Solo una piccola minoranza dei responsabili della vita ecclesiale era apertamente favorevole al regime. Va considerato che il generale atteggiamento di riserbo, di assenza e di sospensione di giudizio sul regime fascista veniva talvolta spinto fino ad ignorare, nella maggioranza dei casi, perfino i provvedimenti del regime che allora parevano più favorevoli alla Chiesa, come la Conciliazione del 1929. Un esame delle fonti a nostra disposizione è sufficiente a dare una idea di questo complesso atteggiamento. Infatti solo le parrocchie di Isola del Cantone !, S. Martino di Pegli2, Santa Maria Maddalena 3, Ca-nepa4, Busalla5, Arenzano6, Sori7, Marassi8 e le chiese del Bambino di Praga di Arenzano, tenuta dai carmelitani9, di Nostra Signora del Monte, tenuta dai minori francescani10, di Santa Teresa, tenuta dalle Missionarie del popolo11, e di Santa Caterina da Genova in Portoria tenuta dai cappuccini12 diedero un certo spazio al fatto così nuovo e apparentemente così favorevole della Conciliazione. A lungo, anche dopo il consolidamento del regime, l’organo della Federazione operaia ligure” conservò un atteggiamento di riserva e di critica sul fascismo. Registrava infatti puntualmente le devastazioni dei 1 Cfr. G. Reverdini, La Conciliazione (conferenza), FN, aprile 1929. 2 Cfr. Per il fausto avvenimento, SV, marzo 1929. 3 Cfr. Te Deum per la Conciliazione, VC, marzo 1929. 4 Cfr. Commemorazione, V, marzo 1937. 0 Cfr. La Conciliazione, VFB, aprile 1929. 6 Cfr. Te Deum per la Conciliazione, VA, febbraio 1929. 7 Cfr. Anniversario dei Patti lateranensi, SS Sori, febbraio 1938. 8 Cfr. Il grande avvenimento: viva il Papa re, VPM, marzo 1929. 9 Cfr. La conciliazione tra il Papato e l’Italia, MBGPA, marzo 1929. 10 G. Lantrua, 11 febbraio 1929-1938, NSM, febbraio 1928. 11 Cfr. Conciliazione, FC, febbraio 1929, 12 Cfr. Conciliazione tra la Santa Sede e l’Italia, VCSGC, aprile 1929. — 226 — circoli e le violenze contro rappresentanti14 e singoli membri della Federazione e delle società operaie, assunse aperta posizione contro l’assassinio di don Minzoni, deplorando i responsabili15, manifestò la sua soddisfazione per la condanna dell’ "Action Française » 16 e il suo dolore per lo scioglimento della FA.S.C.1.17. Cercò di salvare l’autonomia oltre che religiosa anche organizzativa delle società operaie e agricole di fronte al tentativo di assorbimento totalitario degli enti sociali18 : solo nell ultimo periodo si notò nell’"Operaio Ligure" una certa condiscendenza al regime 19. La chiesa francescana di Nostra Signora del Monte, che però non era parrocchia, mostrava uno spiccato favore per il regime fascista come baluardo contro la massoneria20 e il bolscevismo21, ma in una prospettiva che condannava violentemente anche il nazionalsocialismo22. i p-j ^onsoreUe danneggiate (sottoscrizione), OL, 17 maggio 1928; Anche a « ilvio Pellico » di Spezia devastata, OL, 27 luglio 1925. 14 Cfr. Gravi incidenti alla Certosa, OL, 10 maggio 1925. 15 Cfr. Dopo il processo Minzoni, OL, 9 agosto 1925. Cfr. Il crogiolo, OL, 16 gennaio 1927. 17 Cfr. Per lo scioglimento della F.A.S.C.I., OL, 8 maggio 1927. *^r' G. Capponi, Le nostre associazioni e il dopolavoro, OL, 17 febbraio 5, Le società federale e l’O.N.D. Testo dell’accordo, OL, 3 marzo 1935. Sul Capponi cfr. la voce di G. B. Varnier, in Dizionario storico del movimento cattolico in taia cit., III/1, Le figure rappresentative, p. 173. ^r- 28 ottobre 1935, OL, 27 ottobre 1935; Abindus, Nell’ora della patria, ’ 3 novembre 1935; Resistenza, OL, 10 novembre 1935. 20 Cfr. A. Casini, La grande ora della patria, NSM, ottobre 1935; G. Lantrua, riminalità collettiva (della Società delle nazioni a Ginevra), NSM, gennaio 1936; NSM, giugno 1936 (giubilo per la fondazione dell’impero) ; 1927: le sanzioni, NSM, gennaio 1937; A. Da Milano, Ragazzi d’oggi, NSM, ottobre 1937; Bandiere al vento (per la visita di Mussolini a Genova), NSM, maggio 1939. 21 Cfr. Gli avvelenatori, NSM, aprile 1936; A. Casini, Di su le soglie, NSM, gennaio 1937; Idea santa e geniale (il rosario contro il bolscevismo), NSM, giugno 1937; G. Lantrua, Tragico bilancio (della rivoluzione bolscevica in Russia), NSM, dicembre 1937. 22 Cfr. G. Lantrua, La politica senza Dio, NSM, agosto 1934; G. Lantrua, Finestre aperte: l’assassinio di Dollfuss, NSM, settembre 1934; G. Lantrua, Finestre aperte (Hitler), NSM, ottobre 1934; G. Lantrua, Finestre aperte (contro il razzismo), — 227 — Viceversa il santuario cittadino della Madonnetta, tenuto dagli agostiniani, ebbe un accenno politico solo nel ricordare, nella Pasqua del 1936, che soldati italiani erano impegnati nella guerra d’Africa23; la parrocchia domenicana di Cornigliano riferiva soltanto che, nel 1931, la ricorrenza della marcia su Roma era stata celebrata dai fascisti locali anche con una messa24: similmente, la parrocchia di S. Teodoro riferiva che i ragazzi dell’O.N.B. rispettavano il precetto domenicale25. Più intensa la partecipazione del parroco della parrocchia rurale di Ronco Scrivia, che si premurava di segnalare ai lettori del bollettino la conferma26 o il mutamento27 dei podestà, l’osservanza del precetto pasquale da parte dei giovani fascisti28, le iniziative legate alla conquista italiana dell’Etiopia, come la consegna dell’oro « alla patria »29 e il raduno generale per la conquista dell’Etiopia30. Il bollettino della parrocchia periferico-citta-dina di Multedo si limitava ad informare i suoi lettori che i giovani del Littorio avevano osservato il precetto pasquale31 mentre quello della parrocchia montana di Isola del Cantone si sentiva in dovere di comunicare ai parrocchiani le iniziative fasciste interessanti in qualche modo la comunità: le modalità del Prestito del littorio32, i mutamenti delle cariche33, le vicende relative alla guerra etiopicai contrasti tra il NSM, marzo 1935; G. Lantrua, Finestre aperte: si ride, o signori, NSM, maggio 1935. 23 Cfr. Pasqua 1936, M, marzo, 1936. 24 Cfr. Ventotto ottobre, VN, novembre 1931. 25 Cfr. Messa all’O.N.B., ST, gennaio 1934. 26 Cfr. Conferma a podestà di Porelli, SMRS, dicembre 1933. 27 Cfr. Nomina del nuovo podestà, SMRS, febbraio 1935; Il nuovo podestà, SMRS, maggio 1938. 23 Cfr. La Pasqua dei « balilla » e delle « piccole italiane », SMRS, giugno 1936. 29 Cfr. L’oro alla patria, SMRS, febbraio 1936. 30 Cfr. Adunata generale per la conquista dell’Africa orientale italiana, SMRS, giugno 1936. 31 Cfr. MC, maggio 1933. 32 Cfr. FN, febbraio 1927 e dicembre 1927. 33 Cfr. Nomina del podestà, FN, maggio 1928. 34 Cfr. FN, giugno 1936. — 228 — circolo giovanile e le autorità locali per un’accusa relativa all’esercizio abusivo di vendita di alcoolici35. Il parroco della parrocchia cittadina di Carignano mostrava di accorgersi della realtà del regime soprattutto per la guerra etiopica36 : in precedenza aveva accettato di celebrare in parrocchia cerimonie di ringraziamento per i falliti attentati subiti da Mussolini37, non mancando però di esprimere la sua deplorazione per lo scioglimento degli esploratori cattolici, un reparto dei quali era istituito presso la parrocchia38. Nella parrocchia cittadina di S. Pietro alla Foce, il bollettino scioglieva il suo riserbo soltanto per partecipare all’entusiasmo generale per la guerra etiopica39. Ben diverso era invece l’atteggiamento del parroco di Savignone, che aveva trasformato il bollettino parrocchiale in una specie di portavoce delle notizie relative al regime, in funzione soprattutto della comodità di informazione dei parrocchiani: si dava infatti notizia del cambiamento degli amministratori40, si pubblicavano i decreti podestarili41, si ricordava Arnaldo Mussolini42, si registravano puntualmente le iniziative fasciste43, si descriveva la vita delle colonie giovanili fasciste disseminate nel territorio44, si dava am- 35 Cfr. FN, agosto 1927. 36 Cfr. Oro e argento alla patria da parte delle associazioni, VDF, dicembre 1935; Te Deum per la vittoria, VDF, giugno 1936; Il gen. Badoglio ai crociatini di Genova, VDF, agosto 1936; Medaglia d’argento e croce dì guerra a due nostri parrocchiani, VDF, agosto 1937. 37 Cfr. VDF, maggio 1926. 38 Cfr. Scoutismo cattolico, avanguardie, balilla, VDF, novembre 1926; Esploratori, VDF, luglio 1927. 39 Cfr. Preghiera al Sacro Cuore per i soldati combattenti, VFF, marzo 1936; Pasqua di guerra, VFF, aprile 1936; Te Deum per la vittoria, VFF, giugno 1936. 40 Cfr. Un saluto al podestà Carré, SBV, febbraio 1930; Il nuovo podestà Silvio Parodi, SBV, novembre 1931; Nuovo presidente dell'O.N.B., SBV, febbraio 1932; Biografia del nuovo podestà, SBV, aprile 1932; Congratulazioni per la nomina a cavaliere del segretario del fascio, SBV, dicembre 1932; Riconfermato il podestà Parodi, SBV, aprile 1936. 41 Cfr. SBV, settembre 1932; SBV, febbraio 1934; SBV, dicembre 1936. 42 Cfr. Ricordo di Arnaldo Mussolini, SBV, marzo 1932. 43 Cfr. Pacco natalizio dell’O.N.B., SBV, febbraio 1932; Comunione dell’O. N. B., « befana fascista », SBV, ottobre 1937 e febbraio 1936. 44 Cfr. La colonia delle giovani fasciste, SBV, febbraio 1932; Il cardinale visita — 229 — pio resoconto, in stile filofascista, delle feste patriottiche45, si ricordavano gli eroi delle imprese africane46. La parrocchia rivierasco-cittadina di Quarto invece si limitava a ricordare che nel territorio si trovavano le colonie dei fasci all’estero47, a registrare la comunione dei giovani fascisti48 e a riferire, significativamente, che per i fatti del 1931 erano state sospese le processioni religiose49. Il bollettino del santuario della Madonna della Guardia ricordava che i santuari mariani erano « presidio della patria »50, mentre quello della parrocchia montana di Fumeri di Mignanego riferiva sul precetto pasquale dei ragazzi del Littorio51. Il parroco di S. Martino di Pegli ebbe un atteggiamento partecipativo per le imprese del regime solo al tempo della guerra etiopica52: quando annunciò con spirito almeno ambiguo che erano state pagate da un benefattore le tessere fasciste dei ragazzi ospiti della Piccola casa53 : d’altro canto, non mancò di deplorare a chiare lettere l’ingratitudine dimostrata dai ragazzi del Littorio in occasione della morte di una benefattrice 54. La parrocchia periferico-cittadina di Santa Sabina ebbe soltanto un avaro cenno di una celebrazione di riti di propiziazione per le armi italiane impegnate in Etiopia 55 e la parrocchia di S. Francesco d’Albaro riferì altrettanto avaramente della benedizione di un gagliardetto fasci- le colonie fasciste, SBV, ottobre 1937. 45 Cfr. Ricordati i caduti, SBV, dicembre 1932; Quattro novembre, SBV, novembre 1934. 46 Cfr. Un eroe morto ad Adua, SBV, giugno 1936. 47 Cfr. Colonia estiva dei fasci italiani all’estero, VAQ, settembre 1932. 48 Cfr. Prima comunione dei «balilla», VAQ, ottobre 1932. 49 Cfr. La festa di S. Giovanni Battista senza processione, VAQ, giugno 1931. 50 Cfr. MGu, febbraio 1938. 51 Cfr. Precetto pasquale per « balilla » e « piccole italiane », SF, maggio 1932. 52 Cfr. Per la vittoria delle nostre armi in Africa orientale italiana, SV, giugno 1936; Pagate da un anonimo benefattore le tessere dell’O. N. B. ai fanciulli della Piccola casa, SV, dicembre 1936. 53 Cfr. Pagata da un anonimo benefattore le tessere dell’O. N. B. ai fanciulli della Piccola casa, SV, dicembre 1936. 54 Cfr. L’O. N. B. è criticata per ingratitudine, SV, agosto 1937. 55 Cfr. Festa di propiziazione per le armi italiane, SS, febbraio 1936. — 230 — sta56. La parrocchia della Madonna delle Grazie, abitata in prevalenza da operai, artigiani, piccoli commercianti e piccoli impiegati, espresse la sua soddisfazione per la riapertura dei circoli cattolici dopo il contrasto con il regime nel 1931 57, mentre la parrocchia rurale di Rigoroso, al pari di altre importanti parrocchie rurali, si premurava di informare i parrocchiani dei fatti anche politici con informazioni sul mutamento delle cariche locali58, sulla « befana fascista »59, sulle ricorrenze del regime60, sulle vicende dell’impresa etiopica61. Il parroco di S. Fruttuoso deplorava dalle colonne del bollettino della sua parrocchia lo scioglimento dei circoli cattolici62 e si augurava una politica di pace63, ma nel 1936 non poteva esimersi dal partecipare al clima generale di euforia per l’impresa etiopica64. Il parroco di Canepa aveva soltanto parole di deplorazione per lo scioglimento dei circoli cattolici nel 1931 65: ben diverso era invece l’atteggiamento del parroco di Busalla che, oltre a informare i parrocchiani dei principali eventi politici 66, durante la guerra etiopica 67 e in varie occasioni estemporanee come l’inaugurazione e la benedizione di sedi fasciste, manifestò il suo so- 56 Cfr. Benedizione per un gagliardetto fascista, VP, maggio 1937. 57 Cfr. La riapertura dei nostri circoli, MGS, settembre 1931. 58 Cfr. Il comune, VAR, dicembre 1937; Cambio della guardia al fascio di Rigoroso, VAR, febbraio 1938. 59 Cfr. Befana fascista, VAR, febbraio 1938. 60 Cfr. Anniversario della «marcia su Roma», VAR, dicembre 1937. 61 Cfr. Arquata ai suoi reduci, VAR, luglio 1937; Per i reduci dell’Africa orientale italiana, VAR, ottobre 1937. 62 Cfr. Alle giovani della parrocchia, CD, ottobre 1931. 63 Cfr. Da pacem, Domine, CD, dicembre 1935. 64 Cfr. Per la vittoria, CD, gennaio 1937. 65 Cfr. «Corpus Domini» senza processione, VC, luglio 1931. 66 Cfr. Benedizione del gagliardetto dell'Associazione nazionale fascista della scuola primaria dell’Alta Valle Scrivia, VFB, luglio 1928; Benedizione dei gagliardetti dei «balilla» e delle «piccole italiane», VFB, giugno 1930; Il precetto pasquale dei « balilla » e delle « piccole italiane », VFB, giugno 1930; Benedizione del gagliardetto dei giovani fascisti, VFB, luglio 1934. 67 Cfr. Auguri, VFB, gennaio 1936; Te Deum per la vittoria, VFB, luglio 1936; padre Ginepro, La fede dei nostri soldati, VFB, ottobre 1937. - 231 — lenne ed inequivocabile apprezzamento per il regime68 e specialmente per la figura di Mussolini, il cui mantenimento in vita considerava essenziale per le fortune della patriam. Il parroco della parrocchia dell’immacolata di Pegli, dopo un accenno quasi cronachistico all’inaugurazione di una sede di partito con la partecipazione dell’autorità ecclesiastica /0, riferiva che la partecipazione della chiesa locale alla festa per la conquista italiana dell’Etiopia era stata subita più che organizzata da una folla immensa che aveva invaso il tempio durante le funzioni del mese mariano71. Anche la parrocchia periferico-cittadina di Borgo Incrociati partecipava alla vita politica con conferenze di occasione tenute durante la guerra etiopica72, al contrario della parrocchia di Arenzano che, come poche altre, non esitava ad informare i lettori del bollettino parrocchiale delle questioni e delle vicende del fascismo locale, non sempre per debito d’informazione73 ma anche per simpatia istintiva: si vedano le cronache di una visita del parroco alla colonia giovanile fascista arenzanese al passo della Cisa74 e delle celebrazioni per la conquista dell’impero, considerata nel rapporto tra « religione e patria »75. Viceversa, la direzione dei bollettini parrocchiali genovesi, tenuta da quel Palmario Marazzi che dalle colonne de “La Voce giovanile” ave- 68 Cfr. Auguri, VFB, gennaio 1936; Per la benedizione della campana della torre littoria, VFB, giugno 1936; Per la nostra cara patria, VFB, ottobre 1936. 69 Cfr. Auguri, VFB, gennaio 1936; Per la benedizione della campana della torre littoria, VFB, giugno 1936. 70 Cfr. Inaugurati i nuovi locali del fascio, I, novembre 1935. 71 Cfr. Te Deum per la vittoria in Africa orientale, I, giugno 1936. 72 Cfr. le conferenze sul significato e le condizioni delle sanzioni, SP, dicembre 1935. Questa fu la sola concessione che la parrocchia fece al regime fascista. 73 Cfr. Te Deum per i falliti attentati a Mussolini, VA, giugno e ottobre 1926; Il riconoscimento del podestà, VA, novembre 1926; Inaugurazione e benedizione dei gagliardetti fascisti, VA, gennaio 1929; La nuova casa littoria di Arenzano, VA, luglio 1931; La partenza della colonia estiva dei fasci italiani all’estero e la visita dell’arciprete, VA, settembre 1931; Saluto al nuovo podestà, VA, aprile 1933; Le nozze del podestà, VA, luglio 1934; Dimissioni del segretario politico del fascio, VA, luglio 1934; Il nuovo segretario politico del PNF saluta il parroco, VA, settembre 1934; Per la partenza per Roma dei marinaretti avanguardisti, VA, settembre 1934. 74 Cfr. La partenza della colonia estiva cit. nella nota precedente. 75 Cfr. L’anniversario della vittoria, VA, dicembre 1936. — 232 — va fatto risuonare per anni una voce che si può definire autenticamente antifascista76, non era certo tenera nei confronti del fascismo, o almeno non risparmiava le critiche. Così, nel luglio 1927, domandava il rispetto delle pratiche religiose da parte della gioventù fascista e, un anno seguente, cercava di farsi scudo delle stesse parole di Mussolini per difendere la causa dei circoli cattolici77. Le direttive del partito fascista venivano citate anche per deplorare il favore che il ballo trovava nei circoli fascisti78. I bollettini non mancavano di riportare la condanna dell’ “Action Française” 79 e del "Centro nazionale” 80, di deplorare l’atletismo femminile favorito dalle organizzazioni giovanili fasciste 81, di manifestare il proprio « dolore » per la campagna fascista contro l’Azione cattolica82, di sottolineare le contraddizioni del governo in materia di « pornografia »83, di esprimere il proprio scetticismo e il proprio ammonimento nei confronti di quei cattolici i quali non si curavano dell’avvenire e si accontentavano dell’attuale « stato di pace » nei rapporti tra Stato e Chiesa M. Non potevano mancare naturalmente alcuni riconoscimenti, come la nota sulla morte cristiana di Michele Bianchi85 o sulla vita esemplarmente cristiana del fratello del duce, Arnaldo Mussolini86 ma, in com- 76 Cfr. G. B. Varnier, Le organizzazioni cit. 77 Cfr. Per le pratiche religiose degli avanguardisti e dei balilla, VDM, luglio 1927; La chiara parola dell’on. Mussolini per i nostri circoli, VDM, giugno 1928. 78 Era questa l’accusa che il card. Minoretti muoveva 211’ambasciatore italiano presso la Santa Sede De Vecchi nella sua lettera autoapologetica del 1931 conservata presso l’ADG AM. Cfr. anche: Battendo sull’incudine. Augusto Turati e i balli, VDM, luglio 1930; Balli e permessi di balli, ESQ, novembre 1927. 79 Cfr. Il crogiolo, OL, 16 gennaio 1927. 80 Cfr. Il Papa contro il Centro nazionale, ESQ, aprile 1928. 81 Cfr. Atletismo femminile, VDM, dicembre 1930. 82 Cfr. VDM, luglio 1931. 83 Cfr. Contraddizioni, ESQ, maggio 1927. 84 Cfr. Curiosi certi cattolici, VDM, aprile 1933. 85 Cfr. La morte cristiana del ministro Bianchi, VDM, febbraio 1930. 86 Cfr. La vita di Arnaldo Mussolini, VDM, febbraio 1933. - 233 — plesso, il Marazzi si mantenne assai riservato in lodi e riconoscimenti, salvo che per la Conciliazione87. Fu la guerra d’Africa a rappresentare lo spartiacque ideale, il riconoscimento senza condizioni, l’identità di vedute tra il regime e i cattolici88. Ma, anche in questo caso, l’identità si limitava al fatto della conquista in se stessa, non già al contenuto razzista che le autorità fasciste intendevano attribuire all’impresa: ché anzi le autorità ecclesiastiche sottolineavano ad ogni occasione che i negri erano nostri « fratelli »89, a cominciare dall’arcivescovo90, e non mancavano di illustrare le grandi tradizioni e i meriti religiosi degli abissini91. È certo però che la conquista veniva veduta come occasione anche religiosa sia per rafforzare il sentimento religioso dei soldati italiani, sia per introdurre con maggiore efficacia il verbo del cattolicesimo nelle regioni africane. Le parrocchie e gli ordini religiosi si preoccupavano infatti di portare in Africa orientale riti, abitudini e immagini del culto divino e 87 Cfr. P.M. (Palmario Marazzi), L’aiuto dei cristiani, VDM, maggio 1929. 88 Anche l’arcivescovo non mancò di prendere posizione a favore della guerra etiopica e della sua favorevole conclusione per le armi italiane, fatto salvo l’auspicio che in quelle terre l’Italia saprebbe conservare l’eguaglianza razziale: cfr. C. D. Minoretti, La preghiera del soldato alla Madonna della Guardia, MGu, aprile 1936; Il cardinale arcivescovo per la pace nella giustizia, VDM, novembre 1935; La parola del cardinale per la pace vittoriosa, VDM, giugno 1936. 89 Cfr. Menelik e il cristianesimo, OL, 8 marzo 1925; Dall’AOI. Lettere del padre Galimberti, SAC, agosto 1935; Inno etiopico in onore a Maria, MGS, luglio 1936; Lettere dall’Africa orientale italiana, VA, marzo 1937. 90 Cfr. l’omelia del card. Minoretti in occasione del solenne Te Deum per celebrare la vittoria delle armi italiane in Etiopia, « Il nuovo cittadino » 10 maggio 1936: «Ritorni in Etiopia lo spirito del card. Massaia ...ed i nostri missionari, sotto la protezione e l’incoraggiamento del nostro governo, addolciscano nella carità di Cristo quegli animi, sicché, abolita anche l’idea dell’odiosa schiavitù, si sentano nostri fratelli. La diversità di colore non dica più diversità di cuori e di intelligenze, ma solo varietà tra i figli della medesima famiglia e della medesima patria ». 91 Cfr. Menelik e il cristianesimo, OL, 8 marzo 1925; L’Abissinia dal medioevo ai nostri giorni, OL, 13 ottobre 1935; Esposizione per le missioni in Etiopia, PS, maggio 1937; Inno etiopico in onore a Maria, MGS, luglio 1936; Nel mese sacro alla Madonna, VDM, maggio 1936. — 234 — mariano per rinsaldare la coesione spirituale e regionale dei soldati92 e di facilitare la penetrazione missionaria tra le popolazioni etiopiche93. Dove il giudizio politico appariva unanime era invece nei confronti dei nazional-socialisti. Prendendo occasione dall’assassinio di Dollfuss, si scatenò nella stampa cattolica una violenta campagna antinazista. I bollettini parrocchiali non si limitarono ad esaltare la figura di Dollfuss, campione dello stato cristiano94, ma si scagliarono energicamente contro il nazionalsocialismo, il razzismo95, il pericolo che esso rappresentava 92 Cfr. Atto gentile e di pietà dei nostri soldati dell’Africa orientale italiana, S, ottobre 1936; Ritorno dall’Africa di due reduci, S, maggio 1937; Onoranze ai reduci, S, luglio 1937; Trionfo di Gesù. Per la benedizione della statua del Bambin Gesù di Praga, in Africa orientale, SN, luglio 1937; Preghiera al Sacro Cuore per i soldati combattenti, VFF, marzo 1936; Pasqua di guerra, VFF, aprile 1936; Militari in Africa, SBV, gennaio 1937; La Madonna della Guardia avrà un santuario in Eritrea, MGu, novembre 1933; La Madonna della Guardia ai nostri soldati in Africa orientale, italiana, MGu, settembre 1935; Fra Ginepro, Benedici i tuoi giovani, o Maria!, MGu, dicembre 1935; I nostri soldati hanno voluto in Africa la Madonna della Guardia, MGu, maggio 1936; C. D. Minoretti, La preghiera del soldato alla Madonna della Guardia, MGu, aprile 1936; Come la Madonna trionfò in Africa orientale italiana, MGu, luglio 1936; Ancora un trionfo della Madonna: la giornata dei reduci al santuario e la partenza delle cinque statue per l'Africa orientale, MGu, novembre 1936; La Madonna della Guardia e l’Africa, MGu, febbraio 1938; Arquata ai suoi reduci, VAR, luglio 1937; Per i reduci dell’Africa orientale italiana, VAR, ottobre 1937; padre Ginepro da Pompeiana, La fede dei nostri soldati, VFB, ottobre 1937; Religione e patria. Pesta per la conquista dell’impero, SS Sori, maggio 1936; La medaglia d’oro Birago, VDM, febbraio 1936; La notificazione dell’arcivescovo per i soldati caduti in Africa orientale italiana, VDM, aprile 1936; La preghiera di un eroico caduto livornese, VDM, giugno 1936. 93 Cfr. L’Abissinia da medioevo ai giorni nostri, OL, 13 ottobre 1935; Esposizione per le missioni in Etiopia, PS, maggio 1937; Dall’Africa orientale italiana; lettere del padre Galimberti, SAC, agosto 1935; Lux in tenebris, MGu, marzo 1936; Inno etiopico in onore a Maria, MGu, luglio 1936; La Madonna della Guardia e l'Africa, MGu, febbraio 1938; Corrispondenza dei missionari dell’Africa orientale italiana, VA, gennaio 1937; Lettere dall’Africa orientale italiana, VA, marzo 1937; Nel mese sacro alla Madonna, VDM, maggio 1936. 94 Cfr. G. Lantrua, Finestre aperte: l’assassinio di Dollfuss, NSM, settembre 1934; Il cancelliere che amò la Madonna, MGu, agosto 1935; Il testamento del martire, VDM, settembre 1934; Un capo di governo: Schuschnigg, VDM, ottobre 1934. 95 Cfr. G. Lantrua, Finestre aperte, NSM, marzo 1935; G. Lantrua, Finestre aperte: si ride, o signori, NSM, maggio 1935. — 235 — per la pace europea96 e per un ordinamento cristiano della società97. Il giudizio contro il nazionalsocialismo non era pertanto diverso da quel- lo espresso nei confronti del bolscevismo, anch’esso bollato come promotore della società senza Dio 98. Se c’erano parrocchie (ed erano probabilmente la maggioranza) che non si interessavano affatto di politica, come se fosse un campo che non riguardava la religione, altre parrocchie, invece, si sentivano in dovere di informare i parrocchiani sui problemi amministrativi di carattere locale e di prendere posizione. In questo compito di informazione e di 96 Cfr. G. Lantrua, La politica senza Dio, NSM, agosto 1934; G. Lantrua, Finestre aperte, NSM, ottobre 1934; Il testamento del martire, VDM, settembre 1934. 97 Cfr. Nazismo e cattolicismo, OL, 25 agosto 1935; G. Lantrua, La politica senza Dio, NSM, agosto 1934; G. Lantrua, Finestre aperte: l’assassinio di Dollfuss, NSM, settembre 1934; G. Lantrua, Finestre aperte, NSM, ottobre 1934; Teresa Neu-mann accusata di antinazismo, M, febbraio 1935; Noi viviamo nelle catacombe, VDM, luglio 1934. 98 Cfr. F. Alessandrini, Educazione bolscevica, OL, 6 gennaio 1935; L azione sociale di fronte al comuniSmo, BSVP, settembre 1937; Gli avvelenatori, NSM, aprile 1936; A. Casini, Di su le soglie, NSM, gennaio 1937; Idea santa e geniale, NSM, giugno 1937 (il rosario contro il bolscevismo); G. Lantrua, Tragico bilancio, NSM, dicembre 1937; La preghiera recitata al santuario di Lisieux contro il bolscevismo, MN, aprile 1930; Il parroco, Presentazione, SL, febbraio 1935 (il biennio rosso a Campi) ; Mentre il comuniSmo vuole invadere l’Europa, SL, agosto 1936; Intenzione dell’ora di guardia nei mesi di agosto e settembre, MR, agosto-settembre 1936; Una lezione ai nostri bolscevichi, CD, novembre 1936 (insegnanti comunisti di origine ebraica arrestati in Argentina) ; Il parroco, Compiti dell’anno nuovo, CD, gennaio 1937 (crociata contro il bolscevismo) ; Un allarmante messaggio, CD, aprile 1937 (l’enciclica del Papa contro il comuniSmo) ; Il giuramento di Poznan, CD, settembre 1937 (contro il bolscevismo); Per la festa del nome di Maria, VFB, settembre 1937; La carità del Papa e l’odio bolscevico, VDM, aprile 1930; Un episodio della persecuzione religiosa in Russia, VDM, maggio 1930; Battendo sull’incudine: persecuzione religiosa in Russia, VDM, novembre 1930; Battendo sull’incudine: il bisogno di Dio in U.R.S.S., VDM, dicembre 1932; Battendo sull’incudine. È possibile ancora il silenzio?, VDM, aprile 1933; Gli atei domandano rinforzi, VDM, aprile 1934; Noi stiamo troppo bene, VDM, giugno 1934; Nuove persecuzioni nella Russia sovietica, VDM, ottobre 1934; ComuniSmo, VDM, novembre 1936; Il card. Minoretti contro il comuniSmo ateo, VDM, maggio 1937 (si riferisce alla pastorale emanata in quell’anno dall’arcivescovo di Genova); Dove non c’è più Dio, ESQ, gennaio 1927; Lenin e la Chiesa cattolica, ESQ, novembre 1929; Battendo sull’incudine, ESQ, dicembre 1929. — 236 — presa di posizione, molti parroci ritenevano di compiere un dovere nei confronti della comunità ecclesiale, rappresentando i desideri delle loro popolazioni. In questa opera si distinguevano pertanto i parroci delle parrocchie montane, dove i giornali non circolavano con facilità e dove i bollettini parrocchiali assolvevano anche la funzione di organi di informazione 99. La sola rilevante eccezione era costituita dal bollettino della parrocchia di Arenzano, che il parroco considerava come una vera e propria rivista di informazioni locali 10°. Vivissimo era pure l’interesse per le ricorrenze e le celebrazioni dei combattenti101, non già per rinfocolare lo spirito di guerra, ma piuttosto per ricordare i sacrifici passati con l’auspicio di non ripetere più le esperienze belliche 102. L’attenzione per la vita politica, per quanto contenuta entro limiti piuttosto rigorosi, non si esauriva nel giudizio generale verso il regime, la politica mondiale e i problemi della pace e della guerra: si consideravano ancora con molta partecipazione e simpatia le vicende di Casa Savoia l03, si deplorava la politica anticlericale che veniva seguita nel Mes- 99 Cfr. i bollettini parrocchiali di Ronco Scrivia (SMRS), Isola del Cantone (FN), Savignone (SBV), Rigoroso (VAR), Busalla (VFB). 100 Cfr. il bollettino parrocchiale di Arenzano (VA). 101 Cfr. Anniversario della vittoria, NSC, dicembre 1938; MN, dicembre 1937; VAST, dicembre 1925; MC, dicembre 1933; SF, dicembre 1932; MGS, settembre 1925; VAR dicembre 1934; CD, novembre 1930; VC, novembre 1933; VA, dicembre 1925; SS Sori, dicembre 1931; I nostri morti: capitano Stefanino Curti medaglia d’oro, VDM, novembre 1934; L’apologetica dei fatti. Quanti sono? I morti della gioventù cattolica italiana, ESQ, novembre 1928; Onoranze ai caduti in guerra, VPM, dicembre 1930. 102 Cfr. IV novembre, VN, novembre 1932 (con interminabile corteo) ; Inaugurazione del monumento ai caduti, FN, settembre 1927; Caduti, VDF, dicembre 1927; La cappella votiva per i nostri caduti in guerra, CD, luglio e agosto 1925; VFB, marzo 1935 (numero interamente dedicato all’inaugurazione dell’altare votivo per i caduti nella prima guerra mondiale), Caduti in guerra, I, dicembre 1933; Funzione di suffragio per i caduti, I, dicembre 1936; L'inaugurazione della sede dei combattenti, VA, luglio 1934; La lampada votiva per i caduti inaugurata il 4 novembre 1936, SS Sori, novembre 1936. 103 Cfr. Omaggio al faustissimo evento delle augustissime nozze, PS, febbraio 1930; Margherita di Savoia e il santuario di Arenzano, MBGPA, febbraio 1926; Viva il principe Umberto, DBS, novembre 1929; Poesia di un ex-allievo per le auguste nozze, DBS, gennaio 1930; Ver la nascita del principe di Napoli, SS, aprile 1937; I — 237 — sico 104, si esaltava la figura di condottieri e generali cattolicil05, si manifestavano gravi preoccupazioni per la situazione religiosa della Spagna ,06. Tuttavia, è da sottolineare ancora una volta che, negli anni trenta, la vita politica, con i suoi contrasti e con le sue preoccupazioni, occupava un posto tutto sommato non rilevante neH’economia generale di funerali per la regina Margherita, VDF, marzo 1926; E. Penco, A Margherita di Savoia, MGS, febbraio 1926; Te Deum per lo scampato pericolo del sovrano nell’attentato dì Milano, VC, maggio 1928; Per l’attentato al re, VFB, maggio-giugno 1928; Scampato pericolo del principe Umberto, VFB, dicembre 1929; I funerali della regina madre, VA, aprile 1926; Te Deum per lo scampato pericolo del principe ereditario, VA, dicembre 1929; Eccidio di Milano, SS Sori, maggio 1928; I reali e i principi di Savoia in 'Vaticano. Il beato Umberto di Savoia, VDM, gennaio 1930; La profonda pietà cristiana del principe Tommaso di Genova, VDM, giugno 1931; Pasqua di un re cent’anni fa, VDM, febbraio 1932; Cronache edificanti: la fede del duca d’Aosta, VDM, marzo 1936; L’esempio viene dall’alto. I reali a Sant’Anna di Val-dieri, VDM, ottobre 1936; Carlo Alberto e il Cottolengo, ESQ, febbraio 1928; Una pagina reale, ESQ, marzo 1928 (sulla religiosità della regina Elena e del principe di Piemonte) ; La protezione di Maria e il principe Umberto, ESQ, dicembre 1929; F. Capponi, L’ordine dei Minimi e la casa di Savoia, VPM, giugno 1930. 1(M Cfr. Martiri del Messico, VDF, dicembre 1927; La sorte di Calles, VDM, maggio 1936; Catacombe e Mamertino nel Messico, ESQ, febbraio 1927; Nel Messi-co, ESQ, maggio 1927; Messico, ESQ, dicembre 1927; Caro, piccolo eroe, ESQ, marzo 1928, Resoconto messicano, ESQ, agosto 1929. 105 Cfr. Vede di Luigi Cadorna, SN, luglio 1927; Commemorato Diaz, VFB, aprile 1928; Un maresciallo: Lyautey, VDM, ottobre 1934; La morte cristiana del generale Giardino, VDM, gennaio 1936; La fede di un audace pilota italiano, ESQ, gennaio 1928 (Umberto Nobile). 106 Cfr. Per i poveri orfani spagnoli, BSVP, agosto 1937; Solidarietà cristiana, NSM, settembre 1936 (per i profughi spagnoli); G. Lantrua, Poveri bimbi!, NSM, maggio 1937; Spagna insanguinata, M, novembre 1936; Ricchezza, nobiltà, eroismo, M, luglio 1937; Povera Spagna!, SN, dicembre 1936; Onore ai martiri della Spagna, SN, marzo 1937; I profughi della Spagna, DBS, agosto 1936; Comunione dei Santi e solidarietà cristiana, VDF, settembre 1936; Le esortazioni del Papa sulla Spagna, MGS, ottobre 1936; Civiltà che muore, CD, ottobre 1936; Crociata di preghiere per la Spagna, VFB, ottobre 1936; Profughi spagnoli a Pegli, I, ottobre 1936; La Spagna cattolica, VMD, agosto 1931; Battendo sull’incudine. Le vittime dei «Senza Dio», VDM, giugno 1933; Bagliori di odio e luci di martirio, VDM, dicembre 1934; Il parroco, Ora di adorazione per la povera Spagna, VDM, settembre 1936; C. Villani, Il mio curato e la Spagna. Racconto mensile, VDM, gennaio 1937; Nella Spagna. Esempi di ammalati, VDM, giugno 1937. — 238 — questa stampa, in conformità, del resto, alle direttive generali del pontificato di Pio XI e soprattutto alla diffidenza e al riserbo, manifestato anche pubblicamente, del card. Minoretti sulla stabilità politica e sociale del regime fascista. Evidente era anche, in questo riserbo, la convinzione, da parte della maggioranza dei dirigenti della vita ecclesiale, che un diverso atteggiamento avrebbe diviso piuttosto che unito le comunità ecclesiali, le quali avevano il compito di perseguire e raggiungere solo obiettivi di carattere religioso. — 239 — CAPITOLO DODICESIMO PROTESTANTESIMO ED ECUMENISMO La chiesa genovese non assumeva nei confronti dei protestanti un atteggiamento molto diverso del mondo cattolico italiano. Anzi il rigido atteggiamento di chiusura fu accentuato dalla pubblica presa dell’arcivescovo. Egli, nel 1935, dedicò al « pericolo protestante » una lettera pastorale che, per la sua organicità, divenne una specie di testo classico per l’apologetica in quel settore, tanto da trovare larga diffusione in tutto il paese1. Per individuare le motivazioni di tale preocuppazione, si deve dire che a Genova la presenza di gruppi protestanti era leggermente superiore a quella nazionale. Questa constatazione non può del resto provocare eccessiva meraviglia, dal momento che la Liguria era sede, anche allora, di un rilevante numero di stranieri provenienti da ogni parte d Europa, dagli Stati Uniti e dal Canadà, sia per ragioni di affari derivanti dalle attività portuali2, sia per ragioni di turismo 3. Fin qui, la situazione non 1 Cfr. C.D. Minoretti, I protestanti (lettera pastorale per l’anno 1935), OL, 10, 17 e 24 febbraio 1935. 2 Cfr. I protestanti nella grande Genova, VDM, giugno 1932; La propaganda protestante in Italia, VDM, da agosto a ottobre 1927. Tuttavia il pericolo era stato probabilmente accentuato dal momento che, con i suoi 3471 protestanti dichiarati al censimento del giugno 1931, pari allo 0,5% della sua popolazione, Genova non si differenziava di molto dal coefficiente di protestanti delle altre grandi città d’Italia, tenuto conto della sua funzione di crocevia marittimo dell’Italia settentrionale: cfr. C. Falconi, La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia cit., p. 24. 3 Cfr. OL, 31 luglio 1927 (numero interamente dedicato ai protestanti); Ordine del giorno della sezione degli uomini cattolici di S. Francesco di Albaro contro la propaganda protestante, SFA, dicembre 1927; I protestanti a Multedo, MC, novem- — 240 — superava i confini della normalità, anche se talvolta i responsabili della chiesa genovese mostravano di preoccuparsi per il più elevato numero di protestanti esistente nella loro giurisdizione4. Maggiore allarme e preoccupazione suscitava viceversa la situazione nello Spezzino, dove la colonia protestante superava decisamente ogni limite di normalità quantitativa e costituiva dunque un grave e delicato problema pastorale5. Come nel resto d’Italia, anche nella diocesi di Genova, i protestanti erano considerati, più che come fratelli nella fede, come avversari e concorrenti da combattere. Perciò, l’atteggiamento predominante nei confronti dei protestanti era quello della diffidenza. I fedeli venivano ripetuta-mente invitati a guardarsi dai protestanti e dalla loro propaganda. Si deplorava infatti che questi non esitassero a passare di porta in porta per offrire le loro pubblicazioni e per diffondere la loro confessione 6, e si consigliava i fedeli a non prestare fede alle loro attrattive1. Nel caso, i bre 1934; Contro i protestanti, SV, febbraio 1934; In guardia contro i protestanti!, SV, marzo 1938; Non attacca, ER, marzo 1932; Confusione e truffe, ER, ottobre 1932; Occhio ai protestanti!, VA, settembre 1928. 4 Cfr., oltre agli articoli citati nella nota precedente, Occhio ai protestanti!, VDF, dicembre 1927; Il lavoro dei protestanti, MGS, aprile 1926; La parola del parroco, I protestanti, CD, maggio 1932; Propaganda protestante, VFB, settembre 1931; Anche a Busalla!, VFB, maggio 1937; Parrocchiani all’erta, VPM, maggio 1934. 5 Fin dal 1929 alla Spezia esisteva addirittura un periodico protestante, La Vedetta cristiana. In effetti alla Spezia il numero dei protestanti superava in percentuale quello della stessa Genova, raggiungendo lo 0,7% contro lo 0,5%, sempre secondo i dati del censimento del giugno 1931; cfr. C. Falconi, La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia cit., p. 24. Occorre però tener presente che il principale centro militare marittimo negli anni trenta accoglieva consistenti nuclei protestanti soprattutto tra i familiari degli ufficiali di marina, spesso stranieri o influenzati da stranieri. 6 Cfr. Insidie, OL, 1 marzo 1925; OL, 31 luglio 1927 (numero interamente dedicato ai protestanti) ; Propaganda protestante, OL, 13 maggio 1928; Ordine del giorno della sezione uomini cattolici contro la propaganda protestante, SFA, dicembre 1937; I protestanti a Multedo, MC, novembre 1934; In guardia contro i protestanti!, SV, marzo 1938; Occhio ai protestanti!-, VDF, dicembre 1927; Confusione e truffe, ER, ottobre 1932; Propaganda protestante, VFB, settembre 1931; la propaganda protestante in Italia, VDM, da agosto a ottobre 1927. 7 Cfr. Insidie, OL, 1° marzo 1925; Il pericolo dell’YM.C.A., OL, 11 marzo 1927; OL, 31 luglio 1927 (numero interamente dedicato ai protestanti); Ordine - 241 — fedeli non dovevano esitare a denunciare la propaganda protestante anche alla pubblica autorità8. Nello stesso tempo, la stampa cattolica, compresa quella minore, affrontava spesso il confronto con le posizioni dei protestanti, sottolineando sempre la loro differenza da quella dei cattolici9. Nella incessante polemica, si insisteva soprattutto sul tema della mancanza di unità di contenuti di fede e di disciplina nelle numerose confessioni protestanti, le quali mostravano la loro compattezza e la loro concordia solo nell’avversare la Chiesa cattolica 10. Il protestantesimo insomma, secondo questa polemica, di cedimento in cedimento, di concessione in concessione, era giunto a tal punto di confusione e di pluralismo di vedute da costituire un’autentica «torre di Babele»11. Questa confusione, questa mancanza di unità teologica si riflettevano non soltanto nel campo dei comuni contenuti di fede, ma anche e soprattutto nei contenuti etici e negli atteggiamenti da prendere in ordine ad una visione cristiana della vitan. Pertanto, non c’era da attendersi possibilità di salvezza e di ricostituzione cristiana nel grande caos del protestantesimo, che era in gravissima crisi almeno come capacità di orientamento dei fedeli13. Uno dei temi polemici più ricorrenti era infatti quello di individuare, rin- del giorno della sezione degli uomini cattolici contro la propaganda protestante, SFA, dicembre 1927; In guardia contro i protestanti!, SV, marzo 1928; Occhio ai protestanti!, VDF, dicembre 1927; La parola del parroco sui protestanti, CD, maggio 1932; Occhio ai protestanti, VA, settembre 1928; Confusione e truffe, ER, ottobre 1932; Parrocchiani all’erta, VPM, maggio 1934. 8 Cfr. Un’intervista consentita, CD, settembre 1936; Tattica di lasciar fare, VC, novembre 1932. 9 Cfr. S. Salvini, I protestanti e noi, OL, 9 gennaio 1927; J. Saint-Paul, I separati della Chiesa cattolica, OL, 6 gennaio 1935; Le ventidue falsificazioni. La tradizione, VN, settembre 1931; Risposte ai protestanti. Il culto dei santi. Il purgatorio, VN, novembre 1931; Protestantesimo, SS, dicembre 1934; Interrogateci!, CD, luglio 1936 (respingeva l’accusa che i cattolici fossero avversi alla lettura della Bibbia); Fidelis, Conversazione con un protestante, VDM, febbraio 1929; G.C. (G. Castagnola), Religione dei protestanti, VDM, gennaio 1935; Protestanti e cattolici, ESQ, dicembre 1929. 10 Cfr. MGu, gennaio 1937; La propaganda protestante in Italia, VDM, dal-1 agosto all ottobre 1927; e soprattutto la pastorale citata dell’arcivescovo del 1935. 11 Cfr. Babele protestantica, VDM, maggio 1931. 12 Cfr. G. Lantrua, Quando non c’è Dio, NSM, febbraio 1937. 13 Cfr. G. C. (G. Castagnola), Religione dei protestanti, VDM, gennaio 1935. — 242 — venire e sottolineare i motivi di crisi del protestantesimo nell’età contemporanea H. Un altro motivo di propaganda negativa e di polemica ricorreva frequentemente nella pubblicistica cattolica: la minaccia alla compattezza religiosa del popolo italiano. Era intollerabile, secondo alcuni responsabi- li della vita ecclesiale genovese, l’attentato all’unità religiosa degli italiani costituito dal proselitismo protestante, il quale vanificava il più importante, se non unico, coefficiente di unità spirituale degli italiani. Questo tipo di denuncia finiva così per chiamare in causa le stesse autorità politiche, invitate ad intervenire in nome del patriottismo italico 15. A contrastare il proselitismo protestante venivano invitati soprattutto gli “Uomini cattolici” e le società operaie ed agricole cattoliche. Esse venivano infatti sensibilizzate in modo particolare al problema sia con apposite riunioni (« adunanze », come si diceva con il linguaggio caro al mondo cattolico) sia con l’insistenza con cui il problema del protestantesimo veniva trattato nella stampa destinata specialmente agli “Uomini cattolici”. Nessuna meraviglia, quindi, che il problema dei protestanti fosse trattato con particolare insistenza dall’organo della “Federazione operaia cattolica ligure”. Esso metteva in evidenza non soltanto la generica insidia che rappresentava il proselitismo protestante nella regione, ma anche il pericolo di un’infiltrazione straniera, specialmente americana, nel compatto tessuto della cultura popolare della nazione 16. Tanto grave e importante veniva ritenuto il « pericolo » protestante che nel 1927 un intero numero de “L’Operaio Ligure” veniva dedicato al protestantesimo 17. I singoli parroci appoggiavano queste denuncie secondo due direzioni. Da una parte mettevano in guardia, attraverso la stampa parrocchia- 14 Cfr. S. Miari, Anglicanismo in crisi, OL, 5 maggio 1935; Due abiure a Gallaneto, S, luglio 1936; Conversione di protestanti, V Frane., luglio 1928; Babele protestanti, VDM, maggio 1931; G.C. (G. Castagnola), Religione dei protestanti, VDM, gennaio 1935; Protestanti e cattolici, ESQ, dicembre 1929. 13 Cfr. Protestanti in Italia, MGu, gennaio 1937; Italiano e cattolico, ESQ, dicembre 1929. 16 Cfr. Il pericolo dell’Y.M.C.A., OL, 11 marzo 1937. 17 Cfr. OL, 31 luglio 1927. — 243 — le, i loro fedeli sul « pericolo » protestante, dall’altra pubblicavano spesso e volentieri articoli polemici nei confronti delle posizioni teologiche dei protestanti. Naturalmente, le note più soddisfatte riguardavano le conversioni e le abiure. Così, il portavoce del santuario francescano di Nostra Signora del Monte deplorava il generale atteggiamento antiitalia-no del protestantesimo internazionale nella questione etiopica 18, mentre il parroco di Gallaneto riferiva di un’abiura avvenuta nella sua circoscrizione 19, allo stesso modo del priore dei padri conventuali20. La parrocchia domenicana di Cornigliano, secondo le proprie tradizioni, si preoccupava di contrastare il terreno ai protestanti soprattutto nel campo teologico, confutandone le tesi in materia biblica21 e in materia di « novissimi »22. La parrocchia di S. Francesco di Albaro pubblicava una presa di posizione ufficiale degli uomini cattolici contro i protestanti23, mentre il parroco di Multedo invitava i suoi fedeli a non prestare attenzione al proselitismo dei protestanti24. Perfino il bollettino del santuario della Madonna della Guardia si interessava al problema25, mentre il parroco di S. Martino di Pegli si preoccupava soprattutto dell’influenza che poteva avere tra i suoi fedeli la colonia protestante di quella frazione26. Analogo era l’atteggiamento degli altri parroci rivieraschi della diocesi, come quello di Recco27 e di Arenzano28. Ma anche alcune parrocchie 18 Cfr. G. Lantrua, Quando non c’è Dio, NSM, febbraio 1936. 19 Cfr. Due abiure a Gallaneto, S, luglio 1936. 20 Cfr. Conversione di un protestante, V Frane., luglio 1928. 21 Cfr. Le ventidue falsificazioni. La tradizione, VN, settembre 1931; Risposte ai protestanti. Il culto dei santi. Il purgatorio, VN, novembre 1931. 22 Cfr. Risposte ai protestanti. Il culto dei santi. Il purgatorio, VN, novembre 1931. 23 Cfr. Ordine del giorno della sezione uomini cattolici contro la propaganda protestante, SFA, dicembre 1927. 24 Cfr. I protestanti a Multedo, MC, novembre 1934. 25 Cfr. Protestanti in Italia, MGu, gennaio 1937. 26 Cfr. Contro i protestanti, SV, febbraio 1934; In guardia contro i protestanti!, SV, marzo 1938. 27 Cfr. Non attacca, ER, marzo 1932; Confusione e truffe, ER, ottobre 1932. 28 Cfr. Occhio ai protestanti!, VA, settembre 1928. — 244 — residenziali del centro di Genova potevano essere « intaccate » dalla propaganda protestante, e ciò suscitava, ad esempio, la preoccupazione dei parroci di Santa Sabina29 e Carignano30. Il parroco di S. Fruttuoso invitava i fedeli ad ostacolare il proselitismo protestante anche con mezzi legali31- Il parroco della parrocchia collinare di Busalla, non lontana dal passo dei Giovi, si meravigliava che l’ardire dei protestanti si spingesse fino ad insidiare quella parrocchia32. Anche il parroco della parrocchia della Madonna delle Grazie di Sampierdarena si preoccupava del fatto che il proselitismo protestante si fosse spinto fino ad insidiare le classi popolari e della piccola borghesia di Sampierdarena33. Solo il parroco di Canepa diede prova di maggiore equilibrio pubblicando nel suo bollettino parrocchiale un alto riconoscimento sulla « probità scandinava », sottolineando che nei paesi scandinavi esisteva il massimo rispetto della personalità e della proprietà altrui34. Naturalmente, un rilevante contributo alla propaganda antiprotestante non poteva mancare da parte della direzione centrale dei bollettini parrocchiali genovesi, che spesso orientava i propri lettori con interventi sulla dimensioni della propaganda protestante 35, sul « relativismo » e sul pluralismo teologico36, sull’importanza della presenza dei protestanti nella Grande Genova37, sulle conversioni dal protestantesimo al cattolicesimo, sulla ferita che i protestanti, succubi degli stranieri e specialmente degli americani, arrecavano all’italianità38. 29 Cfr. Protestantesimo, SS, dicembre 1934. 30 Cfr. Occhio ai protestanti!, VDF, dicembre 1927. 31 Cfr. Un’intervista consentita, CD, settembre 1936. 32 Cfr. Propaganda protestante, VFB, settembre 1931; Anche a Busalla!, VFB, maggio 1937. 33 Cfr. Il lavoro dei protestanti, MGS, aprile 1926; La scuola della Chiesa, MGS, luglio 1933. 34 Cfr. Spigolando. Probità scandinava, VC, luglio 1933. 35 Cfr. La propaganda protestante in Italia, VDM, da agosto a ottobre 1927; Protestanti e cattolici, ESQ, dicembre 1929. 36 Cfr. Fidelis, Conversazione con un protestante, VDM, febbraio 1929; Babele protestantica, VDM, maggio 1931. 37 Cfr. I protestanti nella «Grande Genova», VDM, giugno 1932. 38 Cfr. Apologetica spicciola. Da protestante a prete, ESQ, gennaio 1927; — 245 — Se, come si è visto, i protestanti erano considerati come avversari implacabili, contro i quali non esistevano altre armi che quelle fornite dalla polemica e perfino dalla legge, un atteggiamento ben diverso era tenuto nei confronti dei « fratelli separati » dell’Oriente cristiano, per i quali non mancavano i riconoscimenti e gli inviti al rientro nella Madre Chiesaj9. Degli ortodossi si apprezzavano infatti non soltanto la lotta contro il comune pericolo ateistico40 ma anche la vicinanza dogmatica e strutturale delle rispettive organizzazioni41. Italiano cattolico, ESQ, marzo 1929. 39 Cfr. Pro Oriente cristiano, CD, ottobre 1936; J. Saint-Paul, I separati della Chiesa cattolica, OL, 6 gennaio 1935. 40 Cfr. Noi stiamo troppo bene, VDM, giugno 1934; Battendo sull’incudine. Persecuzione religiosa in Russia, VDM, novembre 1930; Battendo sull’incudine. Il bisogno di Dio in U.R.S.S., VDM, dicembre 1932; Battendo sull’incudine. È possibile ancora il silenzio?, VDM, aprile 1933; Nuove persecuzioni nella Russia sovietica, VDM, ottobre 1934; Dove non c’è più Dio, ESQ, gennaio 1927; Lenin e la Chiesa cattolica, ESQ, novembre 1929; Battendo sull’incudine: l’U.R.S.S., ESQ, dicembre 1929. 41 Cfr. J. Saint-Paul, I separati della Chiesa cattolica, OL, 6 gennaio 1935; Pro Oriente cristiano, CD, ottobre 1936. — 246 — INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI Abindus, 227 n. Acquaderni, G., 149. Acquasciati, A., 57 n, 59 n. «Action Française», 227, 233. Abissinia, v. Etiopia. Adua, 230 n. Africa, 56, 61, 86 r, 141, 216, 228, 228 n, 230, 231 n, 232 n, 234, 234 n, 235 n. Agnese, santa, 107, 126, 126 n, 130, 168 n. Agnese da Montepulciano, santa, 53 n. Agostino, santo, 125, 212. Alacocque, Maria Margherita, santa, 69, 117 n. Alassio, convento dei padri cappuccini, 59 n. Alba, 25 n. Albania, 221 n. Alberico, G., 44 n. Albertario, D., 36. Alberto Magno, santo, 126. Albites, R., 214 n. Alessandrini, F., 236 n. Alfonso di Santa Margherita Ligure, 57 n. Alighieri, D., 212. Alric, J. P., 54 n. Altavilla, E., 220 n. Ambrogio, santo, 125. Andrianopoli, L., 85 n, 143, 208. Angela da Foligno, beata, 127. Angeloni, signora, 214. Anna, santa, 90, 127. Antonio, abate, santo, 125. Antonio da Padova, santo, 28 n, 58 n, 126, 126 n, 130, 131, 131 n. Aosta, duca di, v. Savoia Emanuele Fi-liberto, duca di. Apollonia, santa, 131 n. Aquino, 190, 207. Araldo, F., 57 n. Ardel, H., 208. Ardoino, A., 62 n, 63 n, 213. Arenzano, 215, 215 n, 232. - Parrocchia dei SS. Nazario e Celso, 7, 38, 81, 86 n, 91, 95, 96, 127, 129, 147 n, 148 n, 184, 185, 186, 186 n, 215, 215 n, 226, 232, 232 n, 237, 237 n, 244. - Asilo infantile, 195. - Associazione giovanile maschile, « S. Giovanni Bosco », 185. - Confraternita di Santa Chiara, 45 n, 147 n, 166 n, 184, 186 n. - Confraternita della Passione, 165 n, 166 n, 185. - Congregazione dei Luigini, 166 n, 184, 185. - Cooperativa agricola cattolica, 185. - Pia unione Figlie di Maria, 185. - Rosarianti, 185. - Società femminile di mutuo soccorso, 158, 184. - Società operaia cattolica maschile, 158, 184. - Terz’ordine francescano, 185. - Santuario del Bambino Gesù di Praga, 6, 114 n, 125, 226, 237 n. Argentina, 236 n. Arquata Scrivia, 231 n, 235 n. Ars, curato di, v. Vianney, Jean, santo. Assisi, 29 n, 58 n. — 249 — Auffray, A., 213. Avegno, parrocchia di Santa Margherita in Testana, 8, 129, 190. Avila, 125. Badino, E., 44 n, 176 n, 210, 211, 212, 212 n, 216, 218. Badoglio, P., 229 n. Baget-Bozzo, G., 20 n, 50 n. Baille, L., 213. Balbiano, L., 53 n. Balduzzi, padre, 157 n. Balestreri, L., 35 n, 37 n, 217 n. Balletto, V., 79, 80, 80 n, 82. Barbara, santa, 127. Bargellini, P., 213. Bari, 18 n, 144 n. Barozzi, P., 38 n. Barra, F., 70 n. Bartolomeo, santo, 99 n, 128. Basilio da Chiale, 57 n. Basilio da Neirone, 138 n. Basso, S., 138 n. Bavastro, M., 115 n. Baviera, 211. Bazin, R., 208. Belfiore, 221 n. Belloni, V., 140 n. Benedetto, santo, 128. Benedetto XV (Della Chiesa Giacomo), 14, 35, 36, 196, 196 n, 211 n, 212, 212 n, 222 n. Benni, D., 223 n. Benvenuto, padre, 208. Bergamo, Istituto cattolico di attività sociali, 154, 156, 156 n. Bergola, G., 222 n. Berlingieri, L., 214. Bernardino da Siena, santo, 54. Bernasconi, V., 209. Berri, C., 172 n, 186, 208. Bertrando, Ludovico, santo, 126. Bertrin, G., 213. Bérulle, P. de, 54 n. Bettazzi, R., 213. Biagio, santo, 107, 126. Bianchi, M., 233, 233 n. Bianchi, R., 219, 219 n. Birago, medaglia d’oro, 235 n. Bo, G., 208. Bobbio, 65 n. Bodrito, A., 208, 211. Boffano, A., 213. Boggiani, T. P., 34, 35, 35 n. Boggiano Pico, A., 44 n, 207, 208, 209, 210, 217. Boggio, P. C., 213. Bogliasco, 155 n, 228. - Parrocchia di, 223. Bollème, G., 24 n. Bologna, 13 n, 118. Bonadonna, beato, 59 n, 127. Bonaventura, santo, 57 n. Borghese, G., 53 n. Borromeo, C., 216. Bosco, Giovanni, santo, 5, 41 n, 48, 129, 169, 194, 208, 209, 209 n, 216. Botta, A., 135 n. Bourget, P., 208. Brianza, don, 213. Briozzo, E., 210 n. Brunacci, A., 210 n. Brunetière, F.V.P.M., 213. Brunori De Siervo, M.T., 198 n. « Il buon seminatore », 164. Busalla, parrocchia di, 12, 79, 88 n, 96, 97, 97 n, 188, 202, 218, 226, 231, 237, 241 n, 245, 245 n. - Asilo infantile, 195. - Circolo giovanile femminile, 188. - Circolo giovanile maschile, 188. - Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 202. - Confraternita del Carmelo, 166 n, 188, 218. - Crociatine, 188. - Crociatini, 188. - Ospedale, 196. — 250 — Busalla (segue) - Unione donne cattoliche, 188. - Unione uomini cattolici, 188. Bussana di Sanremo, 189 n. Cadorna, L., 56 n, 238 n. Callegari, E., 38, 38 n. Calles, P. E., 238 n. Cambiaso, M., 210, 222 n. Camogli, parrocchia della Ruta, 5. - Asilo infantile, 195. Camogli, santuario di Nostra Signora del Boschetto, 134 n, 137. Campanella, M., 85 n, 134 n, 137 n, 14 n, 212, 212 n. Campomorone, parrocchia di Isoverde, 126. - Parrocchia di Gallaneto di Isoverde, 125, 126, 179, 213, 213 n, 222, 243 n, 244, 244 n. - Oratorio, 166 n, 179. Camporosso, 48, 130. Canada, 240. Canessa, F., 213. Capaccio, 24 n. Capponi, F., 29 n, 30 n, 94, 95, 95 n, 99 n, 100 n, 116 n, 120 n, 121 n, 123 n, 141 n, 143, 238 n. Capponi, G., 153 n, 227 n. Cappugi, R., 198 n, 204 n. Capraia, isola di, 38. Capurro, C., 44 n. Caron, A., 34, 34 n, 35 n. Carré, podestà, 229 n. Carta del lavoro, 156. Cartasegna, G., 115 n. Casale Monferrato, 13 n. Casella, M., 18 n. Casini, A., 85 n, 98 n, 134 n, 137 n, 227 n, 236 n. Cassiano da Langasco, 57 n, 60 n. Cassien, J., 53 n. Castagnola, G., 29 n, 99 n, 100 n, 242 n, 243 n. Castaldi, P., 53 n. Castellani, R., 59 n. Castellano, I., 208. «Catechesi», 213. Caterina da Siena, santa, 126. Cathrein, V., 213. Cattaneo, G., 69 n. Cavallanti, A., 38. Cecilia, santa, 129. Celesia A., ved. De Ferrari, 53 n. Celso, santo, 215 n. « Centro nazionale », 233, 233 n. Ceranesi, santuario della Madonna della Guardia 6, 41 n, 86 n, 110 n, 124 n, 134 n, 135, 135 n, 136, 136 n, 138, 138 n, 140, 141, 141 n, 142, 142 n, 177, 212, 230, 234, 244. - Compagnia di Nostra Signora della Guardia, 166 n, 177. - Orfanelle di Nostra Signora della Guardia, 195. Cere, L. A., 219. Cervetto, L. A., 138 n. Ceschi, S., 182 n. Chantal, baronessa di, v. Fremiot Jeanne Françoise, santa. Charamel, J. M., 220 n. Charmoisy, madame de, 53 n. Chiale, 57 n. Chiara, santa, 45 n, 129, 166 n. Chiaramonti, G. B., v. Pio VII. Chiari, A., 213. Chiavari, convento femminile di Santa Marta, 57 n. - Convento dei frati cappuccini, 59 n. - Santuario della Madonna dell’Ulivo a Bacezza, 134 n, 141. Chiesa, A., 77 n. Chieti, 156 n. Cimatti, V., 220 n. Cina, 218. Cipriano, santo, 128. Cisa, passo della, 232. « Il Cittadino », 36 n, 37, 37 n, 38. — 251 — Clemente da Tersorio, 213. Codebò, O., 57 n., 216. Cojazzi, A., 121 n. Colli, A., 135 n. Colmuto Zanella, G., 140 n. Como, G., 54 n, 55, 55 n, 56 n, 141 n. Corazzin, G., 223 n. Corrado da Parzham, beato, 59 n, 130. Corsanego, C., 162, 162 n. Corsellini, D., 214 n. Cortona, 59 n, 127. Costa, F„ 44 n, 63, 63 n, 124, 143, 213. Cottini Osta, A., v. Steno, F. Cottolengo, G., beato, 197, 238 n. Cousin, Germana, santa, 53 n. Crema, 22, 22 n, 23 n, 35, 36, 37 n, 64, 65 n. Cristofari, M., 117, 119, 119 n. Croese, Francesco Maria, santo (Padre Santo), 48, 58 n, 59, 59 n, 60, 60 n, 130, 130 n, 131, 131 n, 165 n. Crovetto, P., 92, 115 n, 208. Cucirini, stabilimento, 111 n. Curti, S., 237 n. Da Milano, A., 227 n. Damonte, M., 136 n. Danielou, J., 15 n. D’Arco, Giovanna, santa, 130. Daudet, A., 208. De Bernardis, L. M., 37 n, 217 n. De Curtis, J., 44 n. Deledda, G., 208. Delpino, G., 215 n, 216 n. Della Casa, G.B., 209 n. Della Chiesa, G., v. Benedetto XV. Delle Piane, A., 136 n. Del Piano, P., 163 n. De Luca, G., 13 n, 14, 24 n. De Lucchi, P., 215 n. De Negri, C., 215 n. De Rosa, G., 13 n. De’ Rossi, Giovanni Battista, santo, 128, 130. De Simoni, L., 45 n. D’Espiney, C., 209 n. De Vecchi di Val Cismon, C. M., 96 n, 233 n. Devine, A., 54 n. Diaz, A., 238 n. Dickens, C. J. H., 208. Dollfuss, E., 227 n, 235, 235 n, 236 n. Domenico, santo, 126. Dore, P., 208. Dorotea, santa, 107, 126, 126 n, 130, 166 n, 170. Dublino, 210, 211. Du Boisrouvrai, B., 54 n. Dupanloup, F. A. Ph., 213. Durante, A., 34 n, 135 n, 140 n. Elisabetta, santa, 128. Elisabetta della Trinità, suora, 53 n. Ellero, G., 220 n. Emiliani, Girolamo, santo, 125. Erasmo, santo, 129. Eritrea, 235 n. Etiopia, 31, 61 n, 96, 228, 230, 232, 234 n, 235 n. Europa, 236 n, 240. Eusebio, santo, 112 n, 128. Eustella, M., 53 n. Fabbri, E., 223 n. Fabrizi De Biane, V., 64 n. Falconi, C., 144 n, 240 n, 241 n. Farges, A., 213. Fasce, C., 139 n, 141 n, 143 n, 214 n. F.A.S.C.I. (Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane), 155 n, 156 n, 162, 162 n, 227, 227 n. Fasullo, don, 209. Favero, M., 209. Ferrandini, R., 137 n. — 252 — Ferrari, G., 209. Ferraris, A., 44 n, 213, 214. Ferreri, Vincenzo, santo, 53 n, 126. Ferretto, A., 215, 215 n, 218, 218 n. Ferrini, C., 208, 210 n. Fidelis, 242 n, 245 n. «Fides nostra», 173. Fieschi Adorno, Caterina, santa, 54 n, 55, 55 n, 56, 57, 57 n, 58, 58 n, 130, 130 n, 217, 218, 226. Figogna, monte, 135 n, 142 n. Finale Ligure, 56 n, 57 n. Fiorilli dei Lapini, A. M., 53 n. Firenze, 20 n, 219 n. Firmina, santa, 129. Fly de’ Minimi, 29 n, 30 n, 85 n, 97 n, 98 n, 99 n, 100 n, 101 n, 116 n, 117 n, 138 n, 141 n, 147 n, 163 n, 205 n. Foch, F., 53 n. Foligno, 127. Follesa, J., 214. Franceschini, E., 213. Francesco d’Assisi, santo, 29 n, 58 n, 72, 126, 126 n, 209. Francesco da Paola, santo, 129, 129 n, 131 n. Francesco di Sales, santo, 30 n, 52, 53 n, 55, 85 n. Francesco Saverio, santo, 127. Francia, 53 n. Frassati, P. G., 63 n, 181. Frass:netti, Paola, beata, 59 n, 130, 130 n. Fremiot, Jeanne Françoise baronessa di Chantal, santa, 53 n. Fruttuoso, santo, 128, 128 n. Gaetano, santo, 126. Gaetti, A. M., 129 n. Galbiati, B., 44 n, 63, 63 n, 213. Galimberti, A., 213, 234 n, 235 n. Galli, G., 213. Garibaldi, G., 135 n. Gasparri, P., 208. Gavi, santuario di Nostra Signora della Vittoria, 127, 137. Gavotti, L., 34. Gay, Ch., 53 n. Gemelli, A., 213. Gennaro, A., 211. Genova, 5, 6, 7, 8, 10, 22, 23, 23 n, 35, 35 n, 37, 37 n, 38, 38 n, 39 n, 40 n, 41 n, 42, 43, 44 n, 45, 45 n, 46 n, 48, 52, 55, 55 n, 56, 57 n, 58, 59, 59 n, 60, 60 n, 61, 61 n, 63, 64, 65, 66, 66 n, 67, 68, 69, 70, 71, 77, 77 n, 81, 85 n, 90, 93, 95, 103, 109, 109 n, 114 n, 117, 118, 121, 126 n, 127, 129 n, 130, 130 n, 134 n, 135, 135 n, 137 n, 138 n, 139 n, 140 n, 142 n, 143, 144, 146, 147 n, 150, 151 n, 153, 154, 155 n, 165 n, 166 n, 186, 191, 192, 193, 194,194 n, 196, 196 n, 197, 197 n, 198, 198 n, 199 n, 203 n, 207, 208, 209 n, 211 n, 212, 212 n, 213, 213 n, 215 n, 216 n, 217 n, 219, 226, 227 n, 229 n, 236 n, 238 n, 240, 240 n, 241, 241 n, 245, 245 n. - Albaro, 146 n, 195, 210, 210 n. - Boccadasse, 73, 85 n, 188. - Bolzaneto, 82, 122 n, 135, 139 n, 189, 202, 218. - Campi di Cornigliano, 236 n. - Certosa di Rivarolo, 38, 156 n, 227 n. - Cornigliano, 38, 39 n, 55 n, 66 n, 77, 90, 120, 126, 136, 195, 197, 200, 202, 205, 213, 218, 228, 236 n, 244. - Crevari di Voltri, 125 n. - Fegino, 159. - Foce, 54 n, 76, 85 n, 119, 127, 187, 223 n. - Marassi, 129, 163, 189, 202, 218, 218 n, 226. - Multedo, 111 n, 127, 146 n, 176, 195, 200, 228, 240 n, 241 n, 244, 244 n. - Nervi, 38. - Pegli, 38, 39 n, 79, 80, 82, 91, 94, 128, 129, 139 n, 200, 201, 211 n, 215, 226, 230, 232, 238 n, 244. - 253 — Genova (segue) - Pontedecimo, 135. - Portoria, 54 n, 57 n, 58, 85 n, 95, 127, 226. - Prà, 211. - Quarto dei Mille, 134 n, 230. - Sampierdarena, 5, 38, 78, 92, 97, 119, 126, 128, 135 n, 146 n, 166 n, 170, 177, 178, 193, 194, 194 n, 197, 209, 209 n, 231, 245. - S. Fruttuoso, 39. - Sestri Ponente, 38, 155 n, 197. - Staglieno, 175, 176, 200, 211, 222. - Sfuria, 168, 168 n. - Volpara, 199. - Voltri, 38, 55 n, 56 n, 57 n, 58 n, 59 n, 60 n, 134 n, 136, 136 n, 216. Genova, associazioni - Amiche di Gesù, 8, 53 n. - Apostolato del SS. Nome di Gesù, 7, 54, 54 n, 55, 55 n, 56, 56 n. - Apostolato della preghiera, 111, 159, 159 n, 162, 162 n, 165, 168, 169, 176, 178, 184, 187, 188, 189. - Associazione del rosario perpetuo, 145, 146, 146 n. - Congregazione di Santa Dorotea per la dottrina cristiana, 109 n. - Congregazione di S. Luigi Gonzaga, 148, 160. - Federazione operaia cattolica ligure, 6, 118, 146, 147, 147 n, 152, 153 n, 154, 154 n, 155, 156 n, 157, 157 n, 158, 158 n, 159, 184, 226, 227, 227 n, 243. - F.U.C.I. (Federazione universitaria cattolica italiana), 181. - Pia unione delle Figlie di Maria, 107, 126, 146, 160, 165, 165 n. - Pia opera delle missionarie del popolo, 5, 67, 67 n, 68, 68 n, 69, 209, 210, 221, 226. - Seminario diocesano, 178, 207, 214. - Società della gioventù cattolica italiana, 146. - S.A.C. (Società alpinisti cattolici), 6, 61, 61 n, 62, 62 n, 63, 63 n, 213. - Società S. Vincenzo de’ Paoli, 5, 29 n, 51, 139 n, 154, 167, 169, 176, 184, 189, 196, 196 n, 197, 197 n, 198, 199, 200, 201, 202, 202 n, 203, 203 n, 210. - Apostolato del mare, 197. - Cassa fitti, 197. - Consiglio superiore, 197, 198. - Dame di Carità, 196, 199, 200, 201. - Opera del patronato per l’assistenza religiosa, educativa e ricreativa della gioventù abbandonata, 197. - Segretariato dei poveri, 197. - Unione uomini cattolici, 146, 153, 153 n, 155, 155 n, 158. Genova, chiese - Chiesa dei Carmelitani scalzi di Sant’Anna, 85 n. - Chiesa della SS. Annunziata e di Santa Caterina Fieschi Adorno, 8, 54 n, 55, 55 n, 56, 57 n, 58, 58 n, 201, 217, 226. - Chiesa dei Carmelitani di S. Carlo. 85 n. - Chiesa della Concezione e di Padre Santo, 10, 55 n, 60, 60 n, 201, 202. - Arciconfraternita delle « Tre Ave Maria », 60, 60 n, 165 n, 166 n. - Chiesa del conservatorio delle Figlie di S. Giuseppe, 54 n. - Chiesa del Gesù, 54 n. - Chiesa di Santa Croce in Portoria, 85 n. - Chiesa di Santa Maria in Passione, 55 n. - Chiesa di Santa Maria Riparatrice, 55 n. - Chiesa di S. Sisto, 85 n. - Chiesa di Santa Teresa, 226 n. - Chiesa di S. Torpete, 55 n, 85 n, 137 n. Genova, convento delle Suore Carmelitane scalze, 85 n. — 254 — Genova (segue) Genova, diocesi, 9, 10, 27, 34, 35, 37, 38, 40 n, 41, 41 n, 43, 46, 46 n, 54 n, 64 n, 71, 71 n, 81, 104, 109 n, 114 n, 117, 127, 134, 136, 136 n, 142 n, 147 n, 150, 151, 155, 157, 166 n, 191, 193, 219, 221, 241, 244. Genova, enti - Biblioteca universitaria, 11, 49 n, 143 n, 212. - Ospedale Galliera, 167. - Ospedale Pammatone, 58, 85 n, 137 n. - Università, 23 n, 143 n, 207, 208, 212, 214, 215, 217. Genova, ordini e congregazioni religiose - Agostiniani, 6, 137 n, 228. - Barnabiti, 54, 209 n. - Benedettini, 7, 39 n, 53 n, 115 n, 128. - Carmelitani, 6, 53 n, 85 n, 125, 226. - Domenicani, 6, 8, 12, 55 n, 66 n, 94, 120, 126, 144, 145 n, 190, 202, 212, 218, 223, 228, 244. - Francescani minori, 6, 143 n, 144 n, 188, 218, 222, 226, 227, 244. - Francescani minori cappuccini, 6, 8, 12, 55 n, 56, 56 n, 57 n, 58, 58 n, 59, 59 n, 60, 60 n, 61, 61 n, 95, 127, 130, 144 n, 148 n, 165 n, 201, 202, 216, 217, 226. - Gesuiti, 148 n, 207, 223 n. - Minimi di S. Francesco da Paola, 29 n, 30 n, 85 n, 94, 95, 97 n, 98 n, 99 n, 100 n, 101 n, 116 n, 117 n, 120 n, 121 n, 123 n, 138 n, 141 n, 147 n, 148 n, 163, 163 n, 205 n, 238 n. - Passionisti, 144 n, 165 n. - Salesiani, 5, 148 n, 169, 193, 194, 195, 223 n. - Somaschi, 6, 7, 125, 128, 140 n, 148 n, 179, 184, 212, 212 n, 213 n. Genova, parrocchie - S. Ambrogio in Fegino, 5, 125, 220. Arciconfraternita della SS. Trinità, 166 n, 168. Circolo giovanile femminile, 168. Circolo giovanile maschile, 168. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 199. Congregazione delle Figlie di Maria, 168, 168 n. Società operaia cattolica, 159, 167, 220. - Sant'Anna di Teglia di Rivarolo, 8, 127, 186, 196, 196 n. Unione uomini cattolici, 186. - SS. Annunziata di Sturla, 5, 74, 75, 168, 168 n, 203 n, 208, 220. Apostolato della preghiera, 168. Circolo giovanile maschile, 168. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 199. Congregazione della dottrina cristiana, 168. Piccolo clero, 168. Segretariato del Sacro Cuore, 168. Unione uomini cattolici, 168. - S. Antonio di Boccadasse, 8, 73, 85 n, 188. Circolo giovanile femminile, 188. Circolo giovanile maschile, 188. Tranvieri cattolici, 188. - S. Bartolomeo della Certosa di Rivarolo, 38, ITI n. Società operaia cattolica, 156 n, 227 n. - S. Bartolomeo di Staglieno, 5, 161. 174, 211, 221, 222. Circolo giovanile maschile, 5, 174. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 200. Confraternita, 166 n, 175. Congregazione delle Figlie di Maria, 175, 175 n. Damigelle del SS. Sacramento, 175. - Milites mariani, 175, 175 n. Unione donne cattoliche, 175. - S. Biagio in Voicevera, 7, 73, 179. Circolo giovanile femminile, 179. Circolo giovanile maschile, 179. — 255 — Genova (segue) Congregazione delie Figlie di Maria, 179. Congregazione delle madri cristiane, 179. Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, 179. Oratorio, 179. Unione uomini cattolici, 179. - Campi di Cornigliano, 1, 76, 77, 93. 180, 213, 214, 236 n. Confraternita della Beata Vergine Immacolata, 166 n, 180. - Carmelo in Multedo, 6, 127, 137, 138 n, 176, 228, 240, 244, 244 n. Apostolato della preghiera, 176. Asilo infantile, 185. Circolo giovanile maschile « S. Luigi », 146 n, 176. Conferenza di S. Vincenzo, 176, 200. Dame di Carità, 176. Confraternita, 176. Congregazione delle Figlie di Maria, 176, 177. Unione uomini cattolici, 177. - Diecimila Crocifissi in Borgo Incrociati, 7, 80, 86 n, 181, 182, 214, 232. Circolo giovanile femminile « Nostra Signora del Carmine », 143 n, 182, 182 n. Circolo giovanile maschile, 181. Congregazione delle Figlie di Maria, 182, 182 n. Congregazione di Santa Dorotea per la dottrina cristiana, 166 n. Crociatine, 182. Crociatini, 182. Dame di Carità, 201. Segretariato del Sacro Cuore di Gesù, 182. Unione donne cattoliche, 182. Unione uomini cattolici, 182. - S. Eugenio in Crevari di Voltri, 125 n. - Santa Fede, 55 n. - S. Francesco di Albaro, 7, 8, 73, 116, 117, 118, 127, 128, 180, 188, 213, 218, 222, 230, 240 n, 244. Apostolato della preghiera, 188, 188 n. Asilo infantile, 195. Circolo giovanile femminile, 180, 188. Circolo giovanile maschile, 146 n, 180, 188. Dame di Carità, 200, 201. Opera pia Causa, 195. Pia unione Figlie di Maria, 188, 188 n. Segretariato del Sacro Cuore di Gesù, 180. Società operaia cattolica, 158. - S. Francesco di Albaro Tranvieri cattolici, 188. Unione donne cattoliche, 180. Unione uomini cattolici, 180, 240 n, 241 n, 244, 244 n. - S. Francesco in Bolzaneto, 8, 73, 82, 109 n, 122 n, 188, 189, 218, 222. Apostolato della preghiera, 188. Circolo giovanile femminile, 188. Circolo giovanile maschile, 146, 188. Confraternita dei sette dolori, 166 n, 189. Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore, 188. Cooperativa di consumo cattolica, 158. Crociata eucaristica, 188. Esploratori cattolici, 189. Piccoli rosarianti, 188, 189. Società operaia cattolica, 158, 188, 189, 190, 190 n. - S. Francesco di Paola, 55 n, 129, 129 n. - S. Fruttuoso, 5, 39, 77, 77 n, 79, 92, 94, 128, 128 n, 140 n, 170, 204, 205, 208, 231, 245. Apostolato della preghiera, 170. Circolo giovanile femminile, 170. Circolo giovanile maschile, 170, 170 n. — 256 — Genova (segue) Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 197, 199. Unione donne cattoliche, 170. Unione uomini cattolici, 170. - S. Gaetano e S. Giovanni Bosco in Sampierdarena, 9, 119, 126, 140, 169, 170, 194, 220. Istituto « Don G. Bosco », 193, 194, 194 n, 195. Circolo giovanile maschile, 146 n. - S. Girolamo e Nostra Signora delle Grazie in Castelletto, 86 n, 119, 127, 166, 167, 168, 207, 208, 216, 22o! Circolo giovanile femminile, 167. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 167, 199. Crociatine del SS. Sacramento, 167. Opera dell’istruzione catechistica, 167. Opera della Santa Infanzia, 167. Segretariato del Sacro Cuore di Gesù, 167. Unione donne cattoliche, 167 n. Unione uomini cattolici, 167 n. - S. Giacomo e Sacro Cuore in Cari-gnano, 8, 55, 76, 76 n, 85 n, 104, 112, 187, 188, 201, 202, 217, 222, 229, 245. Apostolato della preghiera, 187, 187 n. Casa dei bimbi, 195. Circolo giovanile femminile, 187. Circolo giovanile maschile, 187. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 201. Esploratori cattolici, 187, 229, 229 n. Tranvieri cattolici, 187. Unione donne cattoliche, 187. Unione uomini cattolici, 187. - S. Giacomo in Cornigliano, 8, 55 n, 90, 94, 120, 126, 190, 202, 218, 223, 228. Asilo infantile, 195. Associazione giovanile femminile, 190. Associazione giovanile maschile, 190. Confraternita del Santo Nome, 166 n, 190, 190 n. Confraternita del SS. Sacramento, 166 n. Opera della Santa Infanzia, 190, 190 n. Pia unione delle Figlie di Maria, 190, 190 n. Pia unione degli studenti medi « S. Tommaso d’Aquino », 190. Rosarianti di Cornigliano, 190, 190 n. - Salus infirmorum, 205. Società di S. Vincenzo de’ Paoli, 202. - S. Giorgio martire e Nostra Signora della Guardia in Bavari, 7, 77, 78. 86 n, 93, 128, 135 n, 137, 137 n, 138, 138 n, 214, 214 n. Circolo giovanile femminile, 181. Circolo giovanile maschile, 181. Confraternita di S. Bernardo, 166 n. Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, 181. Società operaia cattolica, 93, 158, 181. - S. Giovanni Battista di Sestri Ponente, 12, 187. Società di S. Vincenzo de’ Paoli, Opera del Beato Cottolengo, 197. Pia unione delle Figlie di Maria, 187. - Santa Margherita di Marassi, 8, 94, 95, 129, 139 n, 146 n, 163, 189, 202, 218, 218 n, 226. Apostolato della preghiera, 189. Circolo giovanile femminile, 189. Circolo giovanile maschile, 189. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 189, 202. Dame di Carità, 189. Confraternita del Santo Rosario, 189. Confraternita del SS. Sacramento, 189. Congregazione di S. Luigi Gonzaga, 189. Damigelle del SS. Sacramento, 189. Opera della Santa Infanzia, 189. Paggi del SS. Sacramento, 189. — 257 — Genova (segue) Pia unione delle Figlie di Maria, 189. Pia unione del Sacro Cuore di Gesù, 189. Scuola della dottrina cristiana, 189. Terz’ordine di S. Francesco da Paola, 189. Unione donne cattoliche, 189. - Santa Maria Assunta in Fra, 211, 212. - Santa Maria del Carmine, 85 n, 99 n. 138, 138 n. - Santa Maria di Castello, 6, 55 n, 145 n, 212. - Santa Maria delle Grazie in Sampierdarena, 6, 78, 83 n, 92, 97, 119, 128, 177, 178, 205, 212, 231, 245. Asilo infantile, 195. Circolo giovanile femminile, 177. Circolo giovanile maschile, 177, 178. Congregazione della dottrina cristiana, 166 n, 178. Congregazione delle Figlie di Maria, 178. Congregazione della Madonna delle Grazie, 166 n, 178. Crociatine, 177. Crociatini, 177. Oratorio, 178. Unione donne cattoliche, 177. Unione uomini cattolici, 177. - Santa Maria Immacolata, 6, 119, 191, 207, 214. - Santa Maria Immacolata e S. Marziano in Pegli, 10, 39 n, 79, 80, 81, 82, 83 n, 91, 94, 128, 129, 175, 176, 211, 211 n, 222, 232. Associazione giovanile femminile, 175, 176. Associazione giovanile maschile, 175. Conferenza di S. Vincenzo, 200, 201. Congregazione della dottrina cristiana, 176. Oratorio della SS. Trinità, 166 n, 176, 176 n. Società operaia cattolica, 176. Unione donne cattoliche, 175, 176. Unione uomini cattolici, 175, 176. - Santa Maria delle Nasche, 6, 74, 85 n, 93, 134 n, 137, 137 n, 143 n, 178, 179, 212, 212 n. Circolo giovanile maschile, 178. Confraternita del Crocifisso e della Santa Agonia, 178. Congregazione delle Figlie di Maria, 178. Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, 178. Terz’ordine francescano, 178. Unione uomini cattolici, 178. - Nostra Signora della Consolazione, 85 n, 155 n, 212. Circolo culturale S. Agostino, 155 n. - Nostra Signora delle Grazie alla Castagna di Quarto, 134 n, 138, 138 n. - Nostra Signora di Loreto, 140. - Santa Maria Maddalena, 6, 7, 29 n, 85 n, 95, 125, 128, 140 n, 179, 184, 201, 212, 213, 226. Associazione giovanile femminile, 184. Associazione giovanile maschile, 184. Crociatine, 184. Lampade viventi, 184. Madri cristiane, 184. Società di S. Vincenzo de’ Paoli, 29 n, 184. Dame di Carità, 184. Unione donne cattoliche, 184. Unione uomini cattolici, 184. - S. Martino di Albaro, 5, 76, 128, 170, 210, 210 n, 220, 221. Circolo giovanile femminile, 171. Circolo giovanile maschile, 5, 146 n, 171, 171 n. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 200. — 258 — Genova (segue) Congregazione delle Figlie di Maria, 171. Opera Benedetto XV, 196, 196 n. Salus infirmorum, 205. Società operaia cattolica, 159, 171, 210. Unione donne cattoliche, 171. _ SS. Martino e Benedetto in Pegli, 7, 39 n, 128, 183, 184, 215, 222, 226, 230, 244. Associazione giovanile femminile, 183, 184. Associazione giovanile maschile, 183, 184. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 201. Dame di Carità, 201. Confraternita di S. Isidoro, 183. Confraternita di S. Martino, 166 n, 183. Piccola casa dei bimbi del Sacro Cuore, 196, 230, 230 n. Unione donne cattoliche, 183. Unione uomini cattolici, 183. - S. Michele e Santa Maria coronata in Coronata, 6, 136, 136 n, 165, 178, 179, 222. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 200. Circolo giovanile maschile, 179. Unione uomini cattolici, 179. - 5. Michele di Fiorino in Voltri, 115 n. - S. Nicola, 85 n. - S. Pietro in Cremeno, 5, 164, 173, 174, 221. Circolo giovanile femminile, 173. Circolo giovanile maschile, 173. Confraternita, 166 n, 173. Pia unione delle Figlie di Maria, 173. Segretariato del Sacro Cuore, 173. Società operaia cattolica, 173. Unione donne cattoliche, 173. - Pietro alla Foce, 8, 54 n, 76, 85 n, 119, 127, 187, 209, 222, 223 n, 229. Asilo infantile, 195. Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 202. Pia unione delle Figlie di Maria, 222 n. - Quarto dei Mille, 7, 128, 186, 230. Associazione giovanile maschile, 186. Pia unione delle Figlie di Maria, 186. Unione donne cattoliche, 186. Unione uomini cattolici, 186. - 5. Quirico, 5, 90, 119, 170, 209. Casa dell’Angelo custode, 196. Circolo giovanile maschile, 170. Oratorio «E. De Ferrari», 170, 170 n. Società operaia cattolica, 158, 170, 209. - Santa Sabina, 7, 39, 85 n, 128, 181, 215, 230, 245. Circolo giovanile femminile, 181. Circolo giovanile maschile, 181. Conferenza di S. Vincenzo, 201. Unione donne cattoliche, 181. Unione uomini cattolici, 181. - S. Siro, 5, 77, 128, 209, 220. Circolo giovanile femminile, 169. Circolo giovanile maschile, 169. Conferenza di S. Vincenzo de’ Pao- li, 199. Dame di Carità, 199. Unione donne cattoliche, 169. Unione uomini cattolici, 169. - S. Stefano, 85 n. - S. Teodoro, 7, 85 n, 184, 228. Apostolato della preghiera, 184. Associazione giovanile femminile, 184. Piccolo clero, 184. Pia unione delle Figlie di Maria, 184. Spose e madri cristiane, 184. - S. Tommaso, 8, 103, 126, 186, 203 n, 216, 216 n. Circolo giovanile femminile, 186. Circolo giovanile maschile, 186. Unione donne cattoliche, 186. — 259 — Genova (segue) - Santa Vittoria, 7, 75. - Santa Zita, 5, 85 n, 164, 168, 169. Circolo giovanile maschile, 169. Confraternita di S. Vincenzo e delle anime purganti, 169. Congregazione delle domestiche, 169. Congregazione delle Figlie di Maria, 169. Congregazione di S. Luigi Gonzaga, 169. Esploratori cattolici, 169. Istituto S. Giuseppe dei Fratelli ma-risti, 169. Società di S. Vincenzo de’ Paoli, 169. Dame di Carità, 169. Segretariato dell’Apostolato della preghiera, 169. Società operaia cattolica, 169. Unione uomini cattolici, 5, 169. - Voltri, 55 n. Genova, santuari: - Acquasanta, 6, 134 n, 136, 136 n, 195. - Madonna delle Grazie in Voltri, 6. - Madonna di Lampedusa, 134 n. - Madonna del Monte, 85 n, 134 n, 137, 137 n, 138 n, 226, 227, 244. - Nostra Signora Assunta in Carbonara, detto « La Madonnetta », 10, 85 n, 93, 134 n, 137 n, 141, 228. - Nostra Signora sul Monte Gazzo, 123 n. - Nostra Signora del Sambugo di Fiorino di Voltri, 6, 138 n. - Virgo Potens nella valle del Priano, 134 n, 138, 138 n. Gentili, A., 35 n, 37 n, 44 n. Germania, 21, 50. Ghislieri, A, v. Pio V. Giacomo, fra, 30 n, 101 n. Gianelli, Antonio Maria, beato, 65 n. Giardini, L., 54 n. Giardino, G., 238 n. Gillet, M.S., 213. Ginepro da Pompeiana, 57 n, 59 n, 216, 218, 231 n, 235 n. Giordani, I, 213. Giorgio, santo, 93, 128. Giovanni Battista, santo, 127, 230 n. Giovanni della Croce, santo, 125. Giovanni Grisostomo di Sant’Antonio, 137 n. Giovi, passo dei, 96, 245. Girolamo, santo, 127. Gismondi, A., 44 n, 207, 210, 214, 218, 219. Giuliani, dott., 214. Giuliotti, D., 213. Giuseppe, santo, 56 n, 68, 127, 127 n, 130. Giustiniani Bandini, M. C., 149. Gonzaga, Luigi, santo, 125, 155 n. Gottardo, santo, 90, 129. Granella, C., 176 n, 217. Gratry, A. A., 53 n, 213. Grimaldi, M., 207. Grimani, padre, 218. Grisar, H., 213. Guano, E., 44 n, 62, 63, 63 n, 124, 124 n, 143, 144 n, 213. Guasco, M., 13 n. Guido, signora, 214. Hamid, S., 223 n. Hiblet, 223 n. Hitler, A., 227 n. Humann, L., 53 n. Ingolotti, P., 212 n. Innocenzo, santo, 127, 127 n. Irlanda, 176 n. Isabella di Francia, beata, 53 n. Isidoro, santo, 127. Isola del Cantone, 126 n, 134 n, 138 n, 173. — 260 — - Parrocchia di S. Michele, 5, 75, 90, 127, 134 n, 173, 210, 211, 221, 221 n, 226, 228, 237 n. - Asilo infantile, 195. - Circolo giovanile « Silvio Pellico », 146 n, 172, 172 n, 221 n. - Conferenza di Vincenzo de’ Paoli, 200. - Confraternita del SS. Sacramento, 166 n, 172. - Congregazione delle madri cristiane, 172. - Pia opera della propagazione della fede, 173 n. - Pia opera per il seminario diocesano, 173. - Pia unione delle Figlie di Maria, 172. - Marmassana, 90. - Santuario di Nostra Signora della Guardia in Vobbietta, 138, 138 n. - Santuario di Santa Maria in Tuscia, 134 n, 137, 137 n, 138, 138 n. Italia, 11, 13, 13 n, 18 n, 21, 22 n, 23, 23 n, 35 n, 38 n, 44 n, 57 n, 59 n, 69, 70 n, 79, 95, 96, 147 n, 162, 168, 198 n, 216, 217 n, 225, 226 n, 227 n, 234 n, 240 n, 241, 241 n, 242 n, 243 n, 244 n, 245 n. Ivonik, 220 n. Jacoboni, G., 135 n. Joussagines, J., 54 n. Labbens, J., 25 n. Lagrange, M.J., 208. Lampedusa, 134 n. Langasco, 57 n, 60 n. Lantrua, G., 226 n, 227 n, 228 n, 235 n, 236 n, 238 n, 242 n. La Spezia, 156 n, 241, 241 n. - Circolo « Silvio Pellico », 156 n, 227 n. Lasserre, E., 118 n. Laveyne, G. B., 53 n. « Il Lavoro », 55 n. Le Bras, G., 25 n. Lemoyne, D., 220 n. Lenin (Ulianovic, V. J.), 236 n, 246 n. Lercaro, G., 44 n, 117 n, 119 n, 124, 143, 144 n, 191, 207, 214. Liduina di Schiedam, santa, 53 n. Liguria, 10, 35 n, 46 n, 58 n, 65 n, 66 n, 113, 134, 135, 135 n, 136 n, 138 n, 141, 141 n, 142, 159, 176, 197, 198, 204 n, 240. « La Liguria del popolo », 35 n, 37, 37 n, 38. Liguori, Alfonso de’, santo, 30 n, 85 n. Limbania, beata, 126. Lingueglia, P. M., 216 n. Lisieux, 236 n. Livellato, parrocchia del SS. Nome di Gesù in Geo, 54 n. Livorno, 124 n. Loano, 65 n, 66 n. Lombardia, 10, 36, 65. Lotierzo, A., 13 n. Lourdes, 11, 137, 137 n, 139, 139 n, 141 n, 143, 143 n, 208, 210, 216, 218. Lucca, 127. Lucchesio, beato, 59 n, 127. Lugaro, M., 57 n. Luigi XI, 223 n. Lutero, M., 213. Luzzatti, A., 215, 215 n, 217, 219. Lyautey, L. H. G., 238 n. Macciò, U., 138 n. Maddalena, santa, 128. Maggio, G., 172 n, 208, 217, 217 n. Magnani, L., 129 n, 137 n, 210 n. Magnasco, S., 153. Malfatti, P. M., 135 n. — 261 — Malot, H. H., 208. Maltese, P., 217. Mangiarne, L., 86 n. Mansabrè, 53 n. Marazzi, P., 11, 11 n, 48, 49, 70 n, 91, 95, 95 n, 97 n, 101 n, 102, 103, 103 n, 117 n, 118 n, 121 n, 122 n, 124, 143, 161 n, 163, 163 n, 164, 164 n, 232 233, 234, 234 n. Marconi, G., 141 n, 143 n. Margherita, santa, 129, 218 n. Margherita da Cortona, santa, 59 n, 127. Maria Giuseppa, suora, 53 n. Marietta, 53 n. Marta, santa, 57 n. Martinez Suviria, G., v. Wast, U. Martino di Tours, santo, 127. Martino, 85 n. Marziano, santo, 128, 129, 129 n. Masetti, A., 210 n. Massaia, G., 234 n. Mazzolari, P., 64 n. Mazzolini, J., 121 n. Medica, G., 223 n. Medici, Giovanni de’, 221 n. Medici, Lorenzino de’, 223 n. Mela, I., 57 n. Mela, T., 147 n, 153 n. Mele, parrocchia di, 177, 195. - Circolo giovanile maschile, 177. - Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 200. - Pia unione delle Figlie di Maria, 177. - Società operaia cattolici, 159, 177. Menelik II, 234 n. Messico, 50, 237, 238, 238 n. Miari, S., 243 n. Michele, santo, 9, 126, 128. Mignanego, parrocchia di S. Fruttuoso in Fumeri, 7, 128 n, 180, 230. - Congregazione della dottrina cristiana, 166 n, 180. - Congregazione delle Figlie di Maria, 180. - Oratorio, 166 n, 180. - Società operaia cattolica, 180. Mikròs, v. Callegari, E. Milan, M., 37 n, 38 n, 44 n. Milani, M., 223 n. Milano, 13 n, 15 n, 22 n, 37 n, 118, 135 n, 183, 238 n. Mimmi, M., 118, Minimus, 100 n. Minoretti, C. D., 5, 9, 10, 22, 22 n, 23 n, 27, 32, 33 n, 35, 36, 37, 37 n, 38, 39, 39 n, 40, 40 n, 41, 41 n, 42, 42 n, 45, 45 n, 46 n, 47, 47 n, 48, 49, 50 n, 51, 54, 61 n, 64, 65, 65 n, 66, 66 n, 67, 71 n, 96 n, 102 n, 103, 108 n, 118, 124 n, 140, 140 n, 141 n, 144, 147 n, 150, 150 n, 151, 158 n, 160 n, 163 n, 178, 198, 198 n, 209 n, 225, 233 n, 234 n, 235 n, 239, 240, 240 n. Minzoni, G., 156 n, 227, 227 n. Mioni, U., 208. Modena, 135 n. Moglia, G., 44 n, 124, 143, 210, 211, 218. Molare, santuario della Madonna delle Rocche, 137. Monferrato, 136. «Monitore delle Figlie di Maria», 173. Montebruno, F., 208. Montepulciano, 53 n. Monti, U., 141 n, 143 n, 212, 212 n. Monticone, A., 44 n. Morali, S., 95. Morgantini, via, 222 n. Moricca, U., 213. Morice, H., 53 n. Moro, R., 13 n, 18 n, 31 n. Moro, Tommaso, santo, 208. Moscati, G., 70, 70 n. Motta, G., 208. Mussolini, A., 229, 229 n, 233, 233 n. Mussolini, B., 95, 96, 162, 162 n, 226, 227, 229, 232, 232 n, 233, 233 n. — 262 — Napoli, 13 n, 24 n, 237 n. Nazario, santo, 215 n. Necchi, L., 59 n. Neirone, 138 n. Nero, 126 n. Neumann, T., 236 n. Nicolay, F., 213. Noberasco, F., 135 n. Nobile, U., 238 n. Nove, v. Novi Ligure. Novi Ligure, 57 n, 58 n, 126 n, 138 n, 165 n, 221 n. Oberemmergau, 172 n, 210, 211. O’ Dea, T.F., 13 n. Ohnet, G., 208. Olcese, D., 140 n. Oldrà, A., 213. Olgiati, F., 210, 210 n, 213. Olivari, G., 134 n, 138 n. O.N.B. (Opera nazionale balilla), 228, 228 n, 229 n, 230. O.N.D. (Opera nazionale dopolavoro), 157, 157 n, 227 n. Opera dei congressi, 36. «L’operaio cattolico», 118, 173 n. « L’operaio ligure », 155, 156, 162, 173, 212, 227, 243. Oriente, 246, 246 n. Orione, L., 217. Ottone, 57 n. Ozanam, F., 203 n, 207, 210, 217. P.N.F., (Partito nazionale fascista), 232, 233. Pace, P., 55 n. Pacelli, E., v. Pio XII. Padova, 126, 126 n, 130, 131. Padre Santo, v. Croese Francesco Maria da Camporosso, santo. « Il Padre Santo », 61. Paestum, 24 n. Panico Giuffrida, M., 38 n. Pantaleo, santo, 37 n. Paola, 55 n, 129, 129 n, 131 n. Paola, santa, 53 n. Paolo di Tarso, santo, 207. Paolo da Savona, 57 n. Parigi, 15 n, 25 n. Parodi, E.V., 158 n. Parodi, G.B., 135 n. Parodi, S., 229 n. Parolini, A., 75, 75 n, 76, 76 n, 211. Pascoli, G., 141 n, 143 n, 212, 212 n. Pasteur, L., 207. Pastine, R., 208. Pastor, L., 116 n. Pastorino, C., 213. Pedemonte, M., 213. Pellico, S., 146 n, 172 n. Penco, E., 238 n. Pericoli, P., 149. Perotti, R., 223 n. Perreyve, H., 53 n. Petelot, padre, 68 n. Piemonte, 137, 238 n. Pierottet, M., 222 n. Pietro, santo, 127. Pieve Ligure, parrocchia di S. Michele e S. Rodano, 8, 104, 110 n, 128, 159, 189, 190. - Asilo infantile, 195. - Oratorio, 166 n. - Segretariato del S. Cuore, 189. - Società operaia cattolica, 159, 159 n, 190, 190 n. Pio V, (Ghislieri, A.), 53 n. Pio VII, (Chiaramonti, B.G.), 136. Pio X, (Sarto, A.M.), 14. Pio XI, (Ratti, A.D.), 13, 13 n, 14, 15, 17, 18, 18 n, 21, 22, 23 n, 25, 26, 29, 32, 32 n, 33 n, 34, 36, 37, 38, 45, 48, 50, 64, 104, 148, 149, 155, 159, 164, 239. Pio XII, (Pacelli, E.), 18 n. Pittaluga, prof., 209. — 263 — Pittaluga, S., 211 n. Pitto, A., 135 n. Pizzarella, G., 220 n, 221 n. Pizzorno, G., 128 n, 214. Polcevera, valle, 135 n, 142. Pomati, N., 211 n. Pompei, santuario di Nostra Signora di 139, 139 n, 218. Pompeiana, 57 n, 59 n, 216, 218, 231 n 235 n. Pongiglione, L., 58 n, 126 n. Ponzo, M., 30 n, 99 n. Porelli, podestà, 228 n. Poznan, 236 n. Praga, 6, 114 n, 226, 235 n. Priano, valle di, 134 n, 138 n. Pugno, G., 213. Pulciano, E., 10, 34, 35. Queirolo, A., 115. Rapallo, 208, 213 n. - Santuario di Nostra Signora di Mon-tallegro, 136, 137, 137 n. Rapallo, D., 208. Ratti, A.D., v. Pio XI. Ravano, contessa, 117, 117 n. Ravano, E., 76 n, 104 n. Ravaschio, G, 77 n, 115 n, 135 n. Recagno, L., 214. Recalchi, E., 223 a. Recco, 76, 135. - Parrocchia di Megli, 6, 76, 131 n. - Confraternita del Crocifisso e della Santa Agonia, 166 n. - Parrocchia di S. Giovanni Bono, 5, 78, 79, 170, 170 n, 244. - Arciconfraternita di Nostra Signora del Suffragio, 166 n. - Associazione giovanile femminile, 170. - Associazione giovanile maschile, 170. - Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, 200. - Congregazione delle Figlie di Maria, 170. - Congregazione giovanile maschile « S. Luigi Gonzaga », 170. - Opera di Santa Dorotea per la dottrina cristiana, 170. - Società operaia, 170. - Unione donne cattoliche, 170. - Unione uomini cattolici, 170. - Santuario della Madonna del Suffragio, 134 n, 138, 138 n. Redi, Teresa Margherita, santa, 53 n, 125. Remondini, A., 134 n. « Respublica christiana », 20. Reverdini, G., 44 n, 61 n, 62, 62 n, 63 n, 124, 143, 207, 209, 210, 211, 213, 218, 219, 226 n. Ricagno, M., 216. Rigon, E., 218. Riello, P., 85 n, 134 n, 135 n, 136 n, 138 n, 141 n. Rigoroso, parrocchia di, 7, 215, 216, 231, 231 n, 237 n. Rimini, 94. Rimoldi, A., 13 n. Rio Palma, v. Marazzi, P. Rita da Cascia, santa, 48, 85, 85 n, 129, 129 n, 131 n. « Rivista di filosofia neoscolastica », 213. Roberto da Nove, 57 n, 58 n, 126 n, 165 n. Rocco, santo, 127. Rodano, santo, 128. Rodi, 218. Rollero, E., 57 n. Roma, 13 n, 23 n, 31 n, 35 n, 124 n, 129 n, 162, 228, 231 n, 232 n. Ronco Scrivia, parrocchia di S. Martino, 7, 74, 127, 128, 181, 228, 237 n. - Circolo giovanile femminile, 146 n, 181. — 264 — Confraternita di S. Giacomo, 166 n 181. Rosalia, santa, 128. Rosmini, A., 213. Rossi, B, 74, 75 n, 116 n. Rossi, M., ved. Viola, 214. Rossi, T., 55, 55 n. Rossignoli, G., 213. Rotondi, P., 136 n. Sabina, santa, 128. Saint-Paul, J, 242 n, 246 n. Salgari, E., 208. Salimbeni, F., 13 n. Salotti, C., 61 n. Salvadori, F., 141 n. Salvini, S., 242 n. Samuele, padre, 144 n, 145 n. San Bernardo, valle di, 135 n. Scrivia, valle, 231 n. Sanguineti, Carlo Giacinto, venerabile, 130, 141 n. Sanguineti, D., 207. San Lorenzo della Costa, 60 n. Sanremo, 58 n, 59 n, 183 n. Sant’Anna di Valdieri, 238 n. Santa Margherita Ligure, 57 n. Santa Sede, 16, 23 n, 38 n, 40 n, 46 n 66 n, 206, 226 n, 238 n. - Sacra congregazione del Concilio, 66 n. Santolini, G., 44 n, 214, 216, 218. Sapino, domenicano, 218. Sarto, G., v. Pio X. Sardegna, 198, 204 n. Saverio da San Lorenzo della Costa 60 n. Savignone, parrocchia di S. Bartolomeo di Vallecalda, 7, 77, 179, 180, 204, 213, 222, 229, 237 n. - Circolo giovanile femminile, 180. - Circolo giovanile maschile, 180. - Congregazione del S. Cuore, 180. - Oratorio, 180. - Pane di S. Antonio, 204. - Unione donne cattoliche, 180. Savoia, casa, 237, 237 n, 238 n. Savoia, Cristina di, regina delle due Sicilie, 216. Savoia, Elena di, regina, 238. Savoia, Carlo Alberto, re, 238 n. Savoia, Emanuele Filiberto duca di Aosta, 238 n. Savoia, Margherita di, regina, 237 n, 238 n. Savoia, Maria Clotilde, 53 n. Savoia, Tomaso di, duca di Genova, 238 n. Savoia, Umberto di, 237 n, 238 n. Savoia, Umberto di, beato, 238 n. Savona, 37 n, 57 n, 134 n, 135, 135 n, 136, 136 n, 197, 198 n, 217 n, 221. - Santuario di Nostra Signora della Misericordia, 135, 135 n, 136, 136 n, 205, 205 n. Savonarola, G., 100, 100 n, 143 n. Sbarretti, D., 39 n, 66 n. Scalaranois, E., 223 n. Schmidt, 213. Schanz, P., 213. Schiappacasse, G.B., 78 n. Schiedam, 53 n. Schuschnigg, K., 235 n. Sciaccaluga, G., 208, 216. Scoppola, P., 13, 18 n, 31 n. Scotti, W., 208. Scovazzi, I., 135 n. « La scuola cattolica », 213. Seiano, L.E., 220 n. Semeria, G., 34, 35, 35 n, 37 n, 44 n, 54, 55 n, 57 n, 84 n, 172 n, 176, 209, 210, 210 n, 211. Serao, M., 208. Seregno, 36, 64, 65 n. Serra Ricco, società operaia cattolica di Valleregia, 159 n. Servetta, A., 81, 81 n. Sidoli, F., 34, 61 n. - 265 — Siena, 54, 126. Signori, G., 34. Simonetti, G., 59 n. Siri, G., 44 n, 45 n, 124, 143, 144 n, 178, 186, 207. Siro, santo, 34, 45 n, 128. Società delle nazioni, 227 n. Solari, A., 172 n. Solimani, venerabile, 171 n. Sori, 79. - Parrocchia di Canepa, 8 ,79, 91, 92, 128, 187, 216, 226, 231, 245. - Asilo infantile, 195. - Parrocchia di S. Gottardo, 83 n, 90, 104, 120, 129, 133 n, 182, 183, 204, 215, 222, 226. - Asilo infantile, 195. - Circolo giovanile maschile, 182. - Zelatrici del Sacro Cuore, 120, 182, 183. Spagna, 50, 56 n, 96, 238, 238 n. Spinola, Carlo, beato, 130. Stati Uniti, 240. Stefano, santo, 127, 127 n. Steno, F., (Cottini Osta A.), 216, 216 n, 217 n. Stoddard, J. L., 213. Stoppiglia, A. M., 140 n, 212 n, 213 n. Storace, F.A., 115 n. Storace, G., 176 n, 219. Strasburgo, 53 n. Tarso, 207. Taviani, P. E., 172 n, 186. Teodosio da Voltri, 56 n, 57 n, 58 n, 59 n, 60 n, 216. Teresa D’Avila, santa, 125 n. Teresa del Bambin Gesù, santa, 48, 68, 68 n, 69, 69 n, 85, 85 n, 129, 129 n, 130, 130 n. Terrile, F., 62, 62 n, 213. Tersorio, 213. Tintori, A., 124 n. Tito da Ottone, 57 n. Tommaso, santo, 126. Tommaso d’Aquino, santo, 190, 207. Toniolo, G., 36 n, 213. Torino, 30 n, 99 n. Tours, 128 n. Traniello, F., 31 n. Trémandam, contessa di, 54 n. Turati, A., 99 n, 233 n. Turchino, passo del, 177. Uguccioni, R., 220 n. Ulianovic, V. J., v. Lenin. Umile da Genova, 57 n, 58 n, 59 n, 126 n. Unione Sovietica, 21, 50, 227 n, 236 n, 246 n. « L’unità cattolica », 38. Urbino, 35 n. Valentiniano da Finalmarina, 57 n. Valeriano da Finale, 56 n, 57 n. Sturla, valle, 6, 93. Varnier, G. B., 11 n, 23 n, 34 n, 35 n, 44 n, 45 n, 49 n, 146 n, 147 n, 153 n, 227 n, 233 n. Vaticano, v. Santa Sede. « La vedetta cristiana », 241 n. Vegis de Cammillis, M., 57 n. Veneruso, D., 13 n, 23 n, 31 n, 32 n, 35 n, 37 n, 44 n, 130 n, 144 n. Ventimiglia, 58 n. Venturini, G., 77 n. Vercesi, E., 213. Verne, J., 208. Verona, 223 n. Viani, F., 44 n. Vianney, Jean, santo (Curato D’Ars), 85 n. — 266 — Vicenza, 64 n. Vicoforte di Mondovì, santuario mariano, 137. Victor, 97 n. Vilard, R. de, 220 n. Villani, C., 238 n. Vincenzo de’ Paoli, santo, 9, 198 n. Vindex, 100 n. Viola G., 44 n, 181, 181 n, 182, 214. Viola, M.L., 182. « Vita e pensiero », 213. « Vita spirituale », 52. Vittorio, santo, 82 n. « La voce giovanile », 48, 175, 232. Vurté, Francesco, santo, 127. Wast, U., (Martinez Suviria G.), 208. Werner, G., 208. Wodehouse, P. G., 208. Y.M.C.A. (Young Men’s Christian Association), 241 n, 243 n. Zacca, I. M., 135 n. Zambarbieri, A., 35 n, 37 n, 44 n. Zanchetta, G., 213. Zanotti, M., Ili n, 211, 212, 218. Zezzos, R., 57 n. — 267 — INDICE Introduzione Capitolo primo La Diocesi di Genova Capitolo secondo La vita spirituale Capitolo terzo La vita parrocchiale Capitolo quarto Tra « crisi » e « risveglio » Capitolo quinto La qualità della vita cristiana. Il movimento liturgico Capitolo sesto L’agiologia fra tradizione e innovazione Capitolo settimo Il culto mariano Capitolo ottavo Organizzazioni tradizionali del laicato e azione cattolica Capitolo nono Solidarietà sociale Capitolo decimo Tra cultura religiosa e cultura laica Capitolo undicesimo Società e politica Capitolo dodicesimo Protestantesimo ed ecumenismo Indice dei nomi e delle cose notevoli p. 13 34 52 64 83 106 125 134 146 193 206 225 240 247 «•VENTARMI H* ML.00 ®j>i Associazione all’USPI V Unione Stampa Periodica Italiana Direttore responsabile: Dino Puncuh, Presidente della Società Autorizzazione del Tribunale di Genova N. 610 in data 19 Luglio 1963 Stamperia Editoria Brigati Glauco, via Isocorte, 15, 16164 Genova-Pontedecimo