■ ATTI DELLA SOCIETÀ' LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLIX : : FASCICOLO I : : : : GENOVA : : NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIQURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXIX !■■■· i I. ! | p: ||||. g I * _ ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA ' /· ·■' <. . . ' ‘ ■ , ■ I ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLIX GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXIX / PROPRIETÀ LETTERARIA DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA in GENOVA FINALBORGO - Stabilimento Tip. Vincenzo Bolla e Figlio, 1919. ALBO DEI SOCI PRESENTI AL 31 OTTOBRE 1918 r E NECROLOGIE DEI SOCI DEFUNTI DAL 1908 AL 1918 A CURA DEL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO POGGI / ALBO DEI SOCI al 31 ottobre 1918 / CONSIGLIO DIRETTIVO per il biennio 1917-1918 PRESIDENTE % Imperiale Marchese Cesare, dei Principi di Sant’ Angelo ; Patrizio Genovese, Dott. in legge ! Socio effettivo della K. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia ; Deputato della Società Ligure di Storia Patria presso 1’ Istituto Storico Italiano ; Coinm. dei S.S. Maurizio e Lazzaro, (l); Coni ni. della Corona d’Italia; decorato della medaglia d’argento dei Benemeriti della Salute Pubblica, (1884); fregiato del distintivo per le fatiche di guerra, (1915-1918); decorato con medaglia di bronzo al valor militare, (2): decorato della Croce al merito di guerra (3). (21 giugno 1885), (4). VICE-PRESIDENTI Issel Arturo, Dott. Prof, emerito di geologia nella R. Università
  • S., operante attivamente in zona di optrazione, dava prova in ogni circostanza, di salde virtù militari ». (i) Le date in ultimo, chiuse fra parentesi, sono quelle dell' elezione a socio. CONSIGLIERI Balbi Giulio, avv. - Genova, Piazza Brignole, 2-10. (21 maggio 189(5). Campora Giovanni, Prof, di storia dell’arte nell’Accademia Ligustica di Belle Arti, Membro della Commissione conservatrice dei monumenti per la Provincia di Genova, Cav. Uff. della Corona d’ Italia - Genove, Salita Dinegro, 7-12. (21 giuguo 1885). Carrega Marchese Antonio, Patrizio Genovese, Dottore in legge - Genova, Via Cur-tatone, 1. (19 ottobre 1896). Casaretto Pier Francesco, Avv., Delegato alla contab lità - Genova, Via San Nazaro, 26. (23 febbraio 1896). ; Cervetto Luigi Augusto, Prof., Bibliotecario della Civico-Beriana, Membro effettivo della K. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Cav. della Corona d’Italia - Genova, Piazza De Ferrari. (8 agosto 1880). Costa Francesco Domenico, Comm. della Corona d’Italia, Cav. Ufi. dei SS. Maurizio e Lazzaro - Genova, Passo dello Zerbino, 2. (17 luglio 1896). Ferretto Arturo, Ufficiale dell'Archivio di Stato di Genova, Membro effettivo della K. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia -Genova, R. Archivio di Stato. (9 marzo 1890). Marengo Emilio. Avvocato, Primo Archivista nel E, Archivio di Stato di Genova, Professore di Paleografia e Diplomatica nello stesso Archivio, Membro effettivo della E. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Membro della Commissione Araldica Ligure, Cav. della Corona d’ Italia - Genova, R■ Archivio di Stato. (3 dicembre 1897) Poggi Francesco, Dottore iu Matematica, Professore nel E. Liceo-Ginnasio Colombo, Socio corrispondente della E. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Segretario generale e Bibliotecario - Genova, Via Ambrogio Spinola, 3 A, 13. (24 febbraio 1904). Sauli Onofrio, Patrizio Genovese, Dottore in legge - Genova, Via Felice Romani, 8. (2 febbraio 1896). Sopranis Bernardo, Patrizio Genovese, Cav. della Corona d’Italia, Membro della Commissione Araldica Ligure - Genova, Via Serra, 6-7. (6 marzo 1897). Spinola Marchese Paolo Alerame, Patrizio Genovese, Comm. della Corona d’Italia, Tesoriere, - Genova, Via Montallegro, Villa Spinola. (23 febbraio 1896). SOCI ONORARI Boselli S. E. Paolo, Cavaliere dell’Ordine Supremo della SS. Annunziala; Deputato al Parlamento Nazionale; Primo Segretario di S. M. per l’Ordine Mauriziauo e Cancelliere dell Ordino della Corona d'Italia; già Professore nella E. Università di Roma ; Professore Onorario della R, Università di Bologna ; Dottore aggregato alla Facoltà di Giurisprudenza della R. Università di Genova; Presidente del Consiglio di amministrazione del R. Politecnico di 1 orino, del R. Istituto Storico Italiano, del Consiglio e della Giunta degli Archivi di Stato, del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento, della Società Nazionale « Dante Alighieri », del Consiglio Superiore della Marina Mercantile, del Consiglio Provinciale di Torino, della Società di Storia Patria di Savona, della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Onorario della Società di Storia Patria degli Abruzzi in Aquila ; Vice Presidente del Consorzio Nazionale Italiano ; Socio nazionale delle Regie Accademie dei Lincei, delle Scienze di Torino e della Crusca: Socio Onorario dell’Accademia di Massa e dell’ Accademia Cosentina ; Socio ordinario della R. Accademia di Agricoltura di Torino ; Socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, della R. Deputazione di Storia Patria della Toscana, della R. Accademia delle Scienze di Bologna, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della R. Accademia di Scienze e Lettere di Modena, dell’ Ateneo Bresciano, dell’ Accademia Dafnica di Acireale ; Gran Cordone degli Ordini dei Ss. Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia, della Legion d’ Onore di Francia, del Sole Levante del Giappone ; Grand’ Ufficiale dell’ Ordine di Leopoldo del Belgio ; ecc. ecc. - Torino. (2 maggio 1896). Costa Comm. Francesco Domenico, del Consiglio Direttivo-t Issel Comm. Arturo, dell’ Ufficio di Presidenza. Kolly Dott. Luigi, Direttore del Museo Civico di Teodosio. (lo febbraio 1914,'. Rossetti Carlo, Prof., Comm· della Corona d’Italia, Capo Gabinetto del Sottosegretario di Stato per le Colonie - Roma. (30 aprile 1916). SOCI CORRISPONDENTI Boscassi Angelo, Ispettore del patrimonio artistico della citta di Genova, Professore Accademico della· Classe degli Scrittori d’ arte dell’ Accademia Ligustica di Belle Arti, Socio Onorario della R. Accademia Araldica Italiana, Socio corrispondente della R. Società Geografica di Lisbona, Cav. della Corona d’Italia, Cav. dei Ss. Maurizio e Lazzaro - Genova, Via Garibaldi, 13. (30 dicembre 1917) — 10 — Cogo Dott. Gaetano, R. Provveditore agli studi, Libero docente di storia· moderna nella R. Università di Napoli, Socio corrispondente esterno della R. Deputazione Veneta di Storia Patria, Socio corrispondente dell’ Accademia Veneto-Trentino-Istriana in Padova, Coni ni. della Corona d’ Italia - Ministero dell’ Istruzione (Ispettorato) - Roma. (3 gennaio 1904). Cushing Richardson Ernesto, Bibliotecario dell’ Università di Princeton - Princeton, Nuora Jersey, Stati Uniti d’America. (1° giugno 1902). Da Cunha Dott. Saverio, Direttore della Biblioteca Nazionale di Lisbona, Corrispondente della Accademia delle Scienze di Lisbona o della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Arcade Romano - Lisbona, Via S. Bartolomeo, 12-2° (5 gennaio 1902). Duchesne Abate Luigi, Presidente dell’ Accademia Pontificia, Membro dell’ Istituto di Francia, Accademico straniero della Reale Accademia delle scienze di Torino, Socio corrispondente della R. Deputazione Toscana di Storia Patria, Direttore della Scuola Francese a Roma, ecc. - Roma. (22 aprile 1900). Gasparolo Sac. Prof. Francesco, Dottore in Teologia, Filosofia, Paleografia e Leggi, Canonico ; Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia ; Direttore della divista di Storia, Artet Archeologia per la Provincia di Alessandria - Alessandria. (2 maggio 1896). Giorgi Dott. Ignazio, Bibliotecario della Casanatense, Segretario dell’ Istituto Storico Italiano, Comm. della Corona d’Italia e Cav. Uff. dei Ss. Maurizio e Lazzaro - Roma. (22 aprile 1900). Hasluck F. W. (King’ s College Cambridge), della Scuola Britannica di Atene. (15 febbraio 1914). Lanza Pietro, Principe di Scalea, dei Principi di Trabia, Deputato al Parlamento, Decorato con medaglia d’ argento dei Benemeriti della Salute Pubblica, Cav. dei Ss. Maurizio e Lazzaro - Palermo. (17 aprile 1898). Livi Giovanni, Sopraint.indente del R. Archivio di Stato, Membro attivo della R. Deputazione di Storia Patria per le Romagne in Bologna, Socio corrispondente delle RR. Deput. I oscana e Modenese di Storia Patria, id. dell’ Ateneo di Brescia, Membro della Commissiono Prov. per la conservazione dei Monumenti, id. della Commise, per la storia dell’ Università di Bologna, id. della R. Comm. Araldica per le Provincie di Romagna, Coni tu. della Corona d’Italia, Cav. Uff. dei Ss. Maurizio e Lazzaro - Bologna. (2 maggio 1896). Manfroni Camillo, Dottore in Lettere, Prof, ordinario di storia moderna nella R. Università di Padova, Membro effettivo del R. Istituto Veneto di Scienze e Lettere, e della R. Deputazione Piemontese di Storia Patria, della R. Deputazione Veneta, Corrispondente della R. Deputazione Toscana, dell’Ateneo Veneto, della Società Romana di Storia Patria, Membro straniero della Reai Academia de la Historia di Madrid, delia R. Accademia di Scienze di Leyda, ecc., Cav. dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Comm. della Corona d’Italia - Padova. (9 gennaio 1910). Neri Proi, Achille, Membro della Commissione peri testi di lingua e della R. Deputazione di Storia Patria di Modena, Accademico di merito dell’Accademia Ligustica di Belle Arti (classe scrittori), Membro effettivo dellaR. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Corrisp indente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Lucea, della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi o della li. Accademia dei Rinnovati di Massa, Cav. della Corona d’Italia c dei Ss. Maurizio e Lazzaro — Genova, Via Acquarono, 10. (3 gennaio 1904)- Pandiani Emilio, Prof, di Storia nei RR. Licei, Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia - Ίorino. (30 giugno 1912). Pflugk-Harttung (von) Giulio, Dottore, già Prof. nell’Università di Tubiuga - Berlino. (30 marzo 1884). Sforza Conte Giovanni, Membro del Consiglio degli Archivi del Regno, Accademico-delia Crusca, Socio Nazionale residente della R. Accademia delle Scienze di Torino, Λ ice-Presidente della R. Deputazione di Storia Patria di Modena per la Sotto Sezione di Massa e Carrara, Socio effettivo di quelle delle Antiche Provincie e della Lombardia, di Parma e Piaeeuza, e della Toscana, Socio onorario della R. Deputazione Veneta di Storia Patria dì Venezia, Corrispondente della K. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, dell’A-teneo di Brescia e della R. Accademia Lucchese, Socio Onorario della R. Accademia di Belle Arti di Carrara, Membro d’Onore dell’ Académie Chablaisienne di Thonon-les-Bains, Membro aggregato dell’ Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Savoie, Socio della E. Commissiono per i testi di lingua, Presidente onorario della R. Accadoinia dei Rinnovati di Massa, Membro della Commissione Araldica Piemontese, della Società di Storia Patria di Λ ignola, della Commissione Municipale di Storia Patria e Bello Arti della Mirandola, della Commissione Senese di Storia Patria e della Società Storico» d* Carpi, Corrispondente della R. Accademia Valdarnese del Poggio in Montevarchi, della Società Georgica di Treja, della Colombaria di Firenze, o dol Comitato Nazionale per la storia dol Risorgimento Italiano, Socio effettivo della Società Piemontese di Archeologia e Bello Arti, e della Società Dantesca Italianat Cittadino onorario di Sarzaua, Massa, Pontremoli, Fivizzano, e Castelnuovo di Magra, Coui-mondatore dell’ Ordino dei Ss, Maurizio e Lazzaro, Grande Uffiziale della Corona d’Italia -Torino, Via S. Dalmazzo, n. 24\ e Montagnoso (Massa e Carrara). (12 luglio 1574.) — 13 — Sieveking Dott. Enrico, Professore di Economia Politica nell’ Università di Zurigo -Belsitostrasse, 15, Zurigo. (3 giugno 1905). Soardi Onorio - Genova, Salita S. Anna, 16-5. (30 dioembre 1917). Staffetti Conte Luigi, Dottore iu Lettere, Membro emerito della E. Deputazione di Storia Patria per le Provinole dell’ Emilia, Socio corrispondente della E. Deputazione di Storia Patria per le Provinole Parmensi, Socio corrispondente della E. Accademia dei Rinnovati di Massa, Libero docente di storia moderna nella E. Università di Genova, E. Provveditore agli Studi iu Torino, Cav. Uff. della Corona d’Italia (30 giugno 1912). Tarducci Prof. Francesco, Preside a riposo nei EE. Licei, Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria perle Provincie Modenesi, e della Eeale Accademia di scienze, lettere ed arti in Modena. Commendatore della Corona d’Italia - Piobbico, Prov. di Pesaro e L'rbino. (2 maggio 1896). SOCI EFFETTIVI Accademia Ligustica di Belle Arti, Genova, Piazza De Ferrari 41 (1° gennaio 1873). Accame Paolo Antioco. Avvocato. Prof, di belle lettere, storia e geografia; Membro tira della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, e Corr:>-; ■'adente di quella di Romagna: Socio aggregato “ honoris causa,, della Società Generale di Statìstica ed Archeologìa di Marsiglia; Membro della Società Storica Subalpina; Membro permanente della Commissione di Belle Arti, Monumenti e Scavi per la Provincia di Genova; Cav. Uff. e Comm. della Corona d'Italia, Cav. dei Ss. Maurizio e Lazzaro. - Pietra Ligare. (24 giugno 1885). Alberti Cav. Giovanni - Genova, Via Corsica 8-12. (26 giugno 1916). Anfosso Luigi. Prof, di Storia e Geografia nella R. Scuola Tecnica Goffredo Mameli-ófCMXe, Vì-a Polleri, 3—5. (24 febbraio 1910). Ansaldo Pietro. Avvocato - Genova, Piazza Scuole Pie, 5. (29 febbraio 1896). Associazione Generale del Commercio - Genova, Piazza delle Vigne,6 (10 giugno 1916). An3oly Emilio- Avvocato - Gì nova, Via XX Settembre, 29. (20 marzo 1899). B«lìn Geflie, dei Consiglio Direttivo. Baldulno Cesare, Capitano marittimo, Comm. della Corona d’Italia - Genova, Piazza della Zecca. ^25 giugno 1896). Balduino Domenico fu Giuseppe - Genova, Piazza Nunziata, 19 - (27 luglio 1906). Balduino Cav. Sebastiano - Genova, S. Francesco d’Albaro. (26 dicembre 1901). Bassi Dott. Adolfo, Professore nel R. Ginnasio Andrea Doria - Genova, Salito, dei Sansoni, 17-5. (31 marzo 1909). Basso Domenico, Dottore in Medicina e Chirurgia, Libero Docente (li Oftalmoiatria nella R. Università di Genova - Genova, Via Ss. Giacomo e Filippo, 19. (25 giuguo 1896). Bellotti Dott. Silvio, Professore di lettere italiane nel R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II - Genova, Via Plsacane 5-4. (20 giugno 1905). Bensa Dott. Avv. Paolo Emilio, Professore di Diritto Civile nella K. Università di Genova, Comm. dei Ss. Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia, Senatore del Regno -Genova, Via XXSettembre 29. (3 agosto 1873). Berio Fausto, Avvocato - Genova, Via Carlo Felice, 15. (4 febbraio 1914). Berlìngieri Dott. Avv. Francesco, Professore di Diritto marittimo nella R. Università di Gonova, Comm. dei Ss. Maurizio e Lazzaro - Genova, Piazza De Ferrari, 41. (16 dicembre 1896). Bernardakis Costantino A., Dottore in Legge - Atene, Ruc Hippocrate 2. (4 febbraio 1914). Berry Edward E., Vice Console Britannico Reggente presso la Missione militare Britannica di Roma - Monte Verde, Bordighera. (16 febbraio 1907). Biblioteca Brignole-Sale - Genova, Via Garibaldi 18, Palazzo Rosso - (13 gennaio 1917). Biblioteca Civico - Beriana - Genova, Piazza De Ferrari. (22 novembre 1857). Biblioteca Comunale di Verona. (17 marzo 1881). Bigliati Francesco Giuseppe, Avvocato, Prof. Libero Docente di Diritto Internazionale nella R. Università di Genova, Socio corrispondente della Società Storica Savonese, Cav. della Corona d’ Italia ■ Genova, Via S. Donato, 17-10. (12 marzo 1908). Bo Giuseppe, Avvocato - Genova, Salita S. Caterina, 3. (14 dicembre 1907). Boccalandro Francesco, Avvocato, Comm. della Corona d’Italia, - Via Ss. Giacomo e Filippo, 35. (20 luSlio 1918)· Boggiano Antonio, Avvocato, Professore, - Cav. della Corona

    Peirano Aw. Prof. Enrico Lorenzo, Comm. e Bali dell’Ordine Gerosolimitano del S. Sepolcro, Cav. dell’Ordine di S. Gregorio Magno - Genova, Via del Colle. (21 dicembre 1862) Pesce Maineri Benvenulo, Architetto - Mulledo, Villa Groppi. (23 febbraio 1896) Pescio Prof. Cav. Amedeo, Cronista Capo del giornale « Il Secolo XIX » . Genova, Piazza Cattaneo, 26-7. (24 febbraio 1910) Piccardo Sac. Antonio, Direttore della Casa dei Figli di S. Maria Immacolata - Genova, Via Iacopo Raffini, 14. (2 agosto 1885) 4 Pietra Luigi di Andrea - Rivarolo Ligure, Via Giuseppe Parim, 2-10. (28 luglio 1915) Pittaluga Cav. Roberto - Genova, Via S. Nazaro. (13 aprile 1916) Podestà Prof. Dott. Ferdinando, Canonico proposto della Cattedrale di Sarzana. (25 marzo 1914) Poggi Prof. Dott. Francesco, dell’Ufficio di Presidenza. Poggi Comm. Aw. Gaetano, dell’Ufficio di Presidenza. Poggi Comm. Michele, Avv. - Genova, Via S. Lorenzo, 19. (23 febbraio 1896) Profumo Arturo Sebastiano - Genova, Via Assarotti, 44. (14 maggio 1909) Puccio Francesco, Avv., Cav. Uff. della Corona d’Italia - Genova, Via Goffredo Mameli, 37 (21 gennaio 1898) Puccio Jon - Genova, Via S. Bartolomeo degli Armeni, 27. (18 marzo 1898) — 24 - Raffaelli Prof. D. Gio. Carlo, Direttore dell'Osservatorio di Bagnane, prov. di Massa Carrara - Bagnone, Via della Gora, 4 (2 febbraio 1896) Raggio Conte Carlo, Avv., Comm. della Corona d’Italia - Genova, Via Monlallegro, 17Ila Raggio. (19 ottol)ro 1896) Ravano Coute Agostino - Genova, Albaro, Viale Gambaro. (20 luglio 1918) Reggio Marchese Giacomo, Patrizio Genovese, Ingegnere, Comm. della Corona d’Italia e dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Deputato al Parlamento Nazionalo - Genova, Piazza Brignole, 2-8. (6 aPrile 1906) Ricci Luigi - Genova, Via S. Luca, 2■ (27 luglio 1906) Ricci Federico, Dottore - Genova, Via Caffaro, 6. (21 febbraio 1910) Ridella Dott. Franco, Prof, di lettere italiane nel E. Liceo Andrea Doria, Cav. della Corona d’Italia - Genova, Via Rivoli, 5-7. (2 marzo 1918) Righetti Dott. Mario, Sacerdote - Genova, Cuiia Arcivescovile (29 aprile 1913) Rolandi Ricci Nob. Clemente, Dottore in leggi, Cav. dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Cav. LTff. della Corona d’Italia, Vice Prefetto di Porlo Maurizio. (24 febbraio 1910) Rollino Sac. Francesco, Arciprete di 5. Margherita Ligure. (18 dicembre 1905) Rosciano Luigi, Avv. - Genova, Piazza Corvetto, 1. (30 marzo 1910) Rossello Adolfo Francesco, Dott., Avv., Profess. Ordin. di Istituzioni di Diritto Ko-mano nell’università di Genova, Grand’Uff. della Corona d’Italia - Genova, Piazza S. Brigida 5-5. (6 aprile 1906) Rossi Comm. Enrico - Genova, Piazza Fontane Marose, 23. (15 aprile 1898) Rossi Martini Conte Gerolamo, Cav. della Corona d’Italia, Senatore del Pegno - Genova, Piazza della Nunziata. (6 aPrile l896) Rovereto Marchese Gaetano, Patrizio Genovese, Prof, di Geologia - Genova, Piazza Manin, 58-5. (1 febbraio 1907) Saporiti Mone. Giovanni, Canonico della Metropolitana, Direttore del Convitto Ecclesiastico. - Genova, Montesano. (3 marzo 1905) Sauli Marchese Ambrogio, Patrizio Genovese - Genova, Via Felice Romani, 8. (18 febbraio 1897) — 25 — Ν I Sauli Marchesa Catinka - Genova, Via Felice Romani, 8. (30 dicembre 1915) Sauli Dott. Onofrio, del Consiglio Direttivo. Scemi Cav. Paolo - Genova, Piazza Fossalello, 8. (24 febbraio 1910) Schmidt Miiller Carlo Edoardo - Genova, Via XX Settembre, 5. (13 aprile 1915) Sciolla Aw. Odone - Genova, Galleria Mazzini, 3. (23 febbraio 1896) Scuola (R). Navale Superiore - Genova. (1° aprile 1898) Seminario Arcivescovile - Genova. (18 marzo 1898) Serra Luigi Serafino, Avvocato - Genova, Via Polleri, 6-2. (31 dicembre 1902) Sertorio Sac. Lorenzo - Genova, Salila Fieschine. (13 aprile 1916) Sertorio Marchese Pompeo, Patrizio Genovese - Genova, Via Cairoli, 11. (17 luglio 1896) Società del Casino di Ricreazione - Genova, Via S. Giuseppe, 33. (3 giugno 1897) V Società Economica di Chiavari. (4 maggio 1916) Solari Giuseppe, Ingegnere, Cav. della Corona d’Italia - Genova, Via Balbi, 21. (26 aprile 1896) Sopranis Cav. Bernardo, del Consiglio Direttivo. Spinola Marchese Comm. Paolo Alerame, del Consiglio Direttivo. Spinola Marchese Ugo, Patrizio Genovese, Cav. - Genova, Piazza Pellicceria, 6. (23 febbraio 1896) Staffler Oscar, Avv. - Genova, Via S■ Luca, 2. (2 marzo 1918) Staricco Juan, Avvocato - Genova, Via XX Settembre, 29. (22 marzo 1899) Tobino Alfredo, Dottore in Scienze Commerciali - Genova, Via XX Settembre, 41. (2 marzo 1918) Tobino Giuseppe, Dottore in Scienze Commerciali - Genova, Via Polleri, 6. (2 marzo 1918) - 26 — Vacca Giovanni, Dottoro iu Matematica, Prof, di Lingue e Letterature dell’estremo Oriente nella R. Università di Roma - Genova, Via Paleslro, 8. (22 aprile 1903) Valerio Avv. Alberto, Comm. della Corona d’Italia . Genova, Piazza Corvello, 2. (4 giugno 1896) Valle Leopoldo, Dottore di lettere, Prof, nel R. Ginnasio Cristoforo Colombo, Vice Bibliotecario della Biblioteca Brignole Sale De Ferrari - Genova, Corso Torino 20-3■ (22 marzo 1912) Varaldo Dott. Alessandro, Consigliere di Prefettura Genova, Corso Magenta, 61-12. scala A. (13 aprile 1916) Vassallo Luigi - Genova. Piazza Embriaci, 4. (6 marzo 1916) Vernetta Virgilio, Avv. - Genova, Via Roma, 1. (2 marzo 1918) Virgilio Agostino, Avv. - Genova, Via Caffaro, 14-3. (23 gennaio 1906) Vitale Vito Antonio, Dottore di lettere, Prof, di storia nel R. Liceo Cristoforo Colombo-Genova, Via S. Ugo, 5. (4 febbraio 1914)· Zaccaria Marchese Roberto Guiscardo - Milano, Via del Conservatorio, 7. (27 novembre 1907) Zanelli Bonaventura, Tenente Generale nella Riserva, Cav. di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia, Commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; Decorato della Croce d’oro con corona per anzianità di servizio, della Medaglia di bronzo al valor militare, della Medaglia di bronzo pei benemeriti della salute pubblica, della Medaglia commemorativa delle guerre per PIndipendenza, della Medaglia a ricordo dell’Uuità d’Italia; Cav. di Gran Croce dell’Ordine della Corona di Prussia, dell’Ordine dell’Aquila Rossa di Prussia, dell Ordine di S. Stanislao di Prussia, delPOrdine di Francesco Giuseppe d’Austria, dell’Ordiue del Sole e Leone di Persia; Grande Ufficiale dell’Ordine del Megidiè di Turchia, della Corona del Belgio; Comm. della Legion d’Onore di Francia, dell’Ordine del Sole Levante del Giappone - Lenci. (6 marzo 1916) Zigliara Ugo Paolo, Ottico - Genova, Via Carlo Felice. (2 aprilo 1908) VARIAZIONI occorse dal 1° novembre 1918 al 31 marzo 1919 / CONSIGLIO DIRETTIVO eletto nelP Assemblea del 2 marzo 1919 per il biennio 1919 - 1929. PRESIDENTE Imperiale Cesare di Sant’ Angelo, predetto. VICEPRESIDENTI Issel Arturo, pred. (1). Poggi Gaetano, pred. CONSIGLIERI Balbi Giulio, pred. Campora Giovanni, pred. Casaretto Pier Francesco, pred. Cervetto Luigi Augusto, pred. Costa Francesco Domenico, pred. Marengo Emilio, pred. Morgavi Giuseppe, pred. Poggi Francesco, pred. (1) Circa l’elenoo dei titoli del Prof. Arturo Issel, (lato a pag. 7, è da osservare che esso professore ha ■oesaato da qualohe tempo dall’uftioio di presidente del K. Comitato geologico Sauli Onofrio, pred. Sopranis Bernardo, pred. Spinola Paolo Alerame, pred. Volpicella Nob. Cav. Luigi. Soprintendente dogli Archivi Liguri di Stato - Genova, Via Tommaso Reggio, 14. (12 dicembre (1918) Il Consiglio nella sua prima adunanza, 1’ 8 marzo 1919, eleggeva nel suo seno / in conformità dell’ artic. 13 dello Statuto sociale : Poggi Francesco, Segretario generale. Casaretto Pier Francesco, Delegato alla Contabilità. Spinola Paolo Alerame, Tesoriere. Sauli Onofrio, Bibliotecario. REVISORI DEI CONTI eletti nella suddetta Assemblea per 1’ anno 1919 Bruzzone Michele, predetto. Lercari Gian Luigi, pred. Massone Riccardo, pred. SOCI EFFETTIVI ammessi nel periodo di tempo sopraindicato. Ammirato Giuseppe, Ingegnere - Genova, Via S. Luca, 7. (19 febbraio 1919) Bozano Cristoforo, Avv., Cav. dalla Corona d’Italia - Genova, Corso Firenze, 9-12. (19 febbraio 1919) — 29 — Bucci Eugenio, Segretario principale delle Ferrovie dello Stato, Cav. Uff. della Corona d’Italia - Genova, Piazza S. Giambattista, 12-4. f8 marzo 1919) Cambiaso Piero Giuseppe, Patrizio Genovese - Genova, Piazza Manin, 41. (4 febbraio 1919) Cattaneo Mino di Beiforte, Patrizio Genovese, - Genova, Via alla Torre dell A-more, 22. (8 marzo 1919) Doria Gian Carlo, Patrizio Genovese, Dottore in legge - Genova, Vin Giribaldi, 6. (19 febbraio 1919) Fossati Giovanni, Ingegnere - Genova, Salita S. Brigida, 10. (2 marzo 1919) Garibaldi Marchese Niccolò, Patrizio Genovese, Avv. - Genova, Via al Ponte di Ca-rignano, 2 - 3. (12 dicembre 1918) Labó Mario, Architetto - Genova, Via XX Settembre, 2-14. (4 febbraio 1919) Massardo Angelo, Ingegnere, Cav. Uff. della Corona d’ Italia - Genova, Salita S-Matteo 19-18. (4 febbraio 1916) "Risorgimento» Associazione Italiana di fedo e solidarietà nazionale - Genova, Piazza Pinelli, 2. (4 febbraio 1919) Serpi Conte Gianni, Dott. in leggo - Genova, Via Caffaro, 7. (8 marzo 1919) Tabe t Guido, Ingegnere, Cav. della Corona d’ Italia - Genova, Corso Firenze, 9 (4 febbraio 1919) Vitale Carlo, Negoziante - Genova, Corso Magenta, 63. (2 marzo 1918) Volpicella Nob. Cav. Luigi, predetto. SOCI morti nello stesso periodo di tempo Boscassi Angelo, socio corrispondente. Soardi Onorio, soc. corr. — 30 — Cataldi Raffaele, soc. effettivo. Gavotti Lodovico, Arcivescovo di Geuovn, soc. eff. Gorgoglione G. B. , soc. eff. Gropallo Luigi, soc. eff. Peirano Andrea, soc. eff. Saporiti Giovanni, soc. eff. Nel marzo del 1919, dopo la stampa delle prime sedici pagine del presente volume, la Società ha avuto notizia della morte del socio onorario Dott. Luigi Kolly, direttore del Museo storico di Teodosia, avvenuta durante la guerra. NECROLOGIE La ricordazione dei soci defunti è un,dovere della Società, al quale questa si studia di soddisfare da molti anni colle brevi commemorazioni orali fatte dal Presidente nelle Assemblee generali ordinarie. Ma di esse non rimane, di regola, traccia nei nostri Atti, e quindi 1’ effetto che ne consegue è necessariamente circoscritto e passeggero, mentre dovrebbe riuscire quanto è possibile esteso e duraturo. L’ufficio commemorativo infatti, specialmente per una Società di Storia Patria, non può essere soltanto un atto di ricordevole colleganza, ovvero di pietoso ossequio verso la memoria dei defunti, od anche di riguardosa osservanza per i costoro parenti ed amici, ma deve altresì intendere ad uno scopo, dirò cosi, storico, col conservare ed illustrare presso i posteri il nome e P opera dei commemorati, massime quando l’uno e l’altra si raccomandino per virtù di benemerenze. Sarebbe inescusabile trascuranza per noi, che ci affatichiamo ad esumare dagli archivi persone e fatti spesso molto umili dei tempi remoti, se omettessimo di tramandare ai futuri il sicuro ricordo dei nostri contemporanei. Assai varie per larghezza di dettato e copia di particolari si presentano le necrologie che seguono. Più lunghe ed abbondanti di notizie sono quelle che riguardano soci la cui opera, segnatamente negli studj storici, meritava di essere posta in particolare evidenza. Di parecchi non ho potuto dare informazioni o le ho date brevissime, per- — 32 - chè mi mancò il modo di procurarmene con certezza; ovvero perchè, richiestone ai parenti loro, non ebbi risposta alcuna. Di altri, ben noti e già ricordati in Atti accademici, riviste e giornali, mi sono ordinariamente ristretto ad indicare le pubblicazioni ove essi sono commemorati. Di uno solo - il marchese Marcello Staglieno - più che una necrologia ho voluto dare una biografia, o meglio un largo resoconto con un esame critico dell’ opera sua. La Società era in debito di uno speciale atto di ricordanza verso di lui, che fu tanta parte di essa. Ben più autorevole doveva riuscire la sua commemorazione per opera di Paolo Boselli, al quale il nostro Presidente erasi rivolto onde ne assumesse il carico associandola con quella di Cornelio Desimoni; ma le circostanze hanno voluto che, invece di un elegante ed eloquente discorso dell’ illustre letterato e statista savonese, comparisca qui il disadorno e pesante mio scritto, in tarda, per quanto sempre viva, memoria del modesto e benemerito storico genovese. PAOLO BIGLIATI m. 11 marzo 1908 Di questo insigne personaggio, che fu tra i soci fondatori della Società Ligure di Storia Patria e ad essa appartenne ininterrottamente per cinquant’ anni fino alla morte, non trovo di meglio che riportare l’affettuosa biografia, che il figlio di lui, Avv. Pruf. Francesco Giuseppe, pur egli consocio nostro, volle cortesemente inviarmi in risposta alla mia richiesta di notizie sul padre suo, eh’ io gli avevo rivolta. « Paolo Bigliati‘nacque in Sassello (circondario di Savona) da Francesco Nicolò, appartenente ad antica e considerevole famiglia che diede insigni uomini a quel ligure Comune, e dalla genovese Maria Zignago di Giacomo il 29 novembre 1833. Morì in Varazze li il marzo 1908 amorosamente compianto. Fece i ginnasiali studi presso gli Sco-lopi : dapprima in Carcare, poi in Savona, ove ebbe insigne maestro-di rettorica il P. Pizzorno e condiscepoli o coetanei più diletti Paolo Boselli, Anton Giulio Barrili, Vittorio Poggi e Gaspare Buffa. Compia quelli liceali in Genova, ove la sua mente svegliata attrasse Γ attenzione di Vincenzo Garelli, allora insegnantevi filosofia ; il quale meglio — 33 - rì’ogni altro lo avviò alle più severe speculazioni, onde fu primo frutto un lavoro inedito, Le armonie del pensiero. Giovanissimo si laureò^ primo tra i suoi compagni, in giurisprudenza presso la nostra Università, mentre il suo maestro di matematica, De Filippi, aveva invece sperato di tarne un valente ingegnere, poiché altrettanto in quest’ ultima scienza egli riusciva. « Poco dopo una sua Memoria critica sulla teoria del possesso veniva pubblicata negli Atti della Accademia di Filosofìa Italica, in seno alla quale il giovane Bigliati già delle principali parti avevane dato lettura, ed un estratto di essa egli dava in luce separatamente dedicandolo a Vincenzo Garelli (1859). Con soddisfazione del Garelli.e di Gerolamo Boccardo, che avevano presentato il promettente giovane a Terenzio Mamiani fondatore di quell’Accademia, egli vi fu benignamente accolto. Tale Memoria, come venne modestamente intitolata, -uno dei più notevoli lavori delPAccademia medesima, e che può stare onorevolmente a paro di altri di Emerico Amari e del D’Ancona -scritta quasi sui banchi universitari, fu .tosto assai lodata, ed eccitò l’ammirazione del Mittermayer allora soggiornante per certe sue dottrinali ricerche in Italia ed in Genova stessa. Essa era rivolta a portare un coordinamento nelle regole del possesso ; studiandosi di mostrare la conformità dei principii razionali con le norme sanzionate nei casi speciali dai legislatori. La ricostruzione data dall’autore della relativa teorica si avvicina notevolmente a quella espostane successivamente in Germania dal Bruns. « Prestante d’ingegno e bello di persona, dalla mente aperta e nudrita di studi svariati e profondi non disgiunti da letteraria multiforme coltura, si ebbe dal Mamiani le simpatie forse più vive che egli in vita incontrasse. Il Mamiani, che amava accoglierlo sovente in sua casa (nei pressi di S. Giacomo, più volte rammentata da lui con venerazione sin dalla infanzia allo scrivente, e che, se potesse meglio identificarsi come non scomparsa per più moderni lavori edilizi, dovrebbe, a noi sembra, portar segnato il ricordo del soggiorno tra noi dell’esule insigne, eccitatore in Genova di nobili studi), con le più ardenti insistenze voleva avviarlo alla carriera diplomatica, ripromettendosi dal suo ingegno e dalle sue attitudini il più fulgido avvenire. Ma contro tali insistenze vinsero le amorose riluttanze della famiglia sua ; la quale forse un po’ imperiosamente, come allor si faceva, non seppe volerlo da sè disgiunto. « Il Bigliati, che era nutrito di buoni studi giuridici ed aveva ta- 3 — 34 — lento per ogni pubblico negozio, trovò altri campi nella dottrina e nella pratica del diritto, come nella interna vita amministrativa. Si dedicò così intanto al ^avvocatura, cominciando a dar le prove più brillanti nel-l’officina di Cesare Cabella, da cui usciva rapidamente avvocato principe. Mal saprebbe descriversi quale intimità di affetti legarono invincibilmente il maestro insigne ed il degno scolaro. « Contemporaneamente lo attrasse, giovanissimo d’anni, la vita •amministrativa, e sin dal 1859 pubblicava uno scritto sui Vantaggi economici di una strada carrozzabile fra Acqui e Savona passando per Sassello, in cui dava prova di intelligente ed acuto osservatore delle condizioni e dei bisogni della vita sociale. Lo vediamo quindi ben presto spiegare attività nel Consiglio e nella Deputazione della nostra Provincia, animato sempre dallo spirito del pubblico bene, non alieno dall’affrontare lotte per sostenerlo anche a spada tratta; ascoltato come preponderante il suo avviso nelle pratiche di maggiore importanza, siccome quella per la riunione a Genova dei Comuni suburbani, onde il Podestà, quale Sindaco nostro in allora, volle offrirgli onorevole e pregiato ufficiale ricordo. E dalla vita amministrativa passava a quella politica come rappresentante del collegio di •Cairo Montenotte, di cui il suo natio loco era parte. Altre cure, nel 1876 con la caduta della Destra, da quell’agone lo distolsero; ma rimase fino al 1884 in breccia nella vita amministrativa, sopratutto curando la viabilità della nostra Provincia. Con altrettanta sagacia coadiuvò gli sforzi di Riccardo Secondi, in allora benemerito Rettore del nostro Ateneo, per ottenere dal Governo il pareggiamento di questo nostro massimo istituto scientifico, il quale per verità era stato altro campo di attività del suo ingegno. « Entrato infatti a far parte del corpo universitario come acclamato Dottore aggregato della Facoltà giuridica, vi fu successivamente incaricato dell’ insegnamento dell’ economia politica (già da esso onorevolmente professata, a suasione del Boccardo, presso il nostro Istituto Tecnico), del diritto commerciale (sulla quale materia aveva iniziato coi tipi del Sambolino un manuale pubblicato a dispense, ma quindi interrotto perchè riforme legislative, all’ incontro poi differite, parevano aver sorti del tutto imminenti), della procedura civile, e della introduzione enciclopedica alle scienze giuridiche. Quella svariata serie di insegnamenti doveva rendergli più agevole la palestra del diritto internazionale, cui in più tarda età, come altri ad esempio il Blunt- schli, egli si rivolse più intensamente, in quell’epoca in cui il suo f - 35 — ritrarsi dalla vita pubblica gli consentiva di dedicarsi con maggior agio, oltre che allo spesso per altri assorbente esercizio professionale, ai per lui amati studi. Del diritto internazionale ebbe egli allora stabile cattedra, tenendo insieme l’incarico della storia dei trattati e diplomazia. Discepolo un dì amato di Ludovico Casanova, egli insegnò per oltre un ventennio l’interstatuale diritto, seguendo nel suo insegnamento, con non pedissequo amore, la scuola italiana, contemperandola con le dottrine storico-organiche del Krause e dell’Ahrens, ravvivandola con risultati di studi più recenti e con sicura indagine delle nuove norme positive degli Stati : pubblicando sulla materia alcune notevoli monografìe sparse in riviste. « Amò le lettere e sopra tutto gli storici studi, compiacendosi allorché con questi ultimi le indagini della dottrina o della stessa pratica gli porgevano il destro di scorger relazione : così in una elegante allegazione, veramente egregia, L’occupazione delle Marche e del-V Umbria e il trattato Sardo-Pontificio delli 20 luglio 1818, ed in altri lavori monografici. Sotto i suoi auspici venne pubblicata a parte da Don Luigi Grillo l’autobiografia dell’insigne letterato suo conterraneo G. L. F. Gavotti, che era comparsa nel Giornale degli Studiosi, ricavata da un autografo a di lui mani. Oltre che della Società Ligure di Storia Patria, fece parte della Società Storica Savonese. « Promosse amorosamente il miglioramento del suo luogo natio sotto ogni forma; con un largo' rimboschimento provvedendo a rinverdire le creste, in gran parte spoglie di vegetazione, di quelle montagne. « Soccorritore delle umane miserie, carattere integro, giurista ed amministratore perfetto, lavoratore instancabile lasciò di sé imperituro ricordo in quanti ne conobbero le doti della mente e dell’animo ». ANTON GIULIO BARRILI m. 15 agosto 1908 Questo illustre scrittore, nato a Savona il 14 dicembre del 1836 e morto a Carcare il 15 agosto del 1908, appartenne alla nostra Società dal 17 novembre 1861 fino al 1906 come socio effettivo, ed in ultimo, per voto dell’Assemblea del 10 febbraio 1907, come socio e presidente onorario. Tenne dal 1897 al 1906 uno dei due posti di vice-presidente effettivo con operosità pari all’autorità del nome. — 36 — Giornalista di grido, letterato di fama più che italiana, milite garibaldino, deputato al Parlamento, professore e rettore dell Università genovese, presidente di parecchi sodalizi e comitati, promotore e partecipe di mille imprese, la sua azione varia e multiforme si svolse per cinquantanni ininterrottamente a prò della patria, della libertà, della coltura : azione nota, che non occorre e sarebbe troppo lungo ricordare minutamente in queste pagine. Accennerò soltanto alla sua opera di storico, alcuni saggi della quale comparvero fra le nostre pubblicazioni. Fu sua fatica l’edizione dei Viaggi e dei Giornali di Gian Vincenzo Imperiale venuta in luce nel voi. XXIX dei nostri Atti, alla quale egli premise erudite prefazioni, una per ciascun lavoro del patrizio genovese, e diede il sussidio di sobrie note. Altra edizione da lui con somma diligenza curata per incarico della nostra Società è quella degli Scritti editi ed inediti di Goffredo Mameli, che arricchì con un proemio in cui la narrazione della vita del poeta trovasi intrecciata e direi quasi tessuta col racconto degli avvenimenti politici e militari del tempo, per modo che ne esce una delle pagine più efficaci ed eloquenti della storia del Risorgimento italiano per gli anni dal 1847 al 1849, specialmente in relazione con Genova. Oltre alle note a piè di pagina, che rendono conto specificatamente di molti dei componimenti pubblicati, il Barrili aggiunse dodici appendici con notizie riguardanti così il Mameli come alcuni altri chiari patriotti, non che alcuni dei fatti memorandi fra i quali visse ed operò il Tirteo genovese. Egli fece inoltre, a nome e per mandato della Società Ligure di Storia Patria, la solenne commemorazione di L. T. Belgrano, con un discorso tenuto il 24 maggio 1896 nel salone del palazzo Rosso, e pubblicato nel voi. XXVIII dei nostri Atti: discorso in cui V opera dello storico genovese, che fu tanta parte della vita del nostro Sodalizio, viene mirabilmente illustrata e messa in evidenza nei suoi lati più degni e caratteristici. Voglio ancora ricordare, in rapporto cogli Atti della nostra Società, alcune osservazioni al Glossario del secondo registro arcivescovile di Genova dato dal Belgrano nel voi. XVIII di essi; osservazioni comunicate dal Barrili allo stesso Belgrano con lettera del 23 marzo 1888 ed inserite nel Giornale Ligustico, anno XV, p. 232 : le quali dimostrano nel brillante letterato una soda erudizione, pur nelle cose archeologiche e filologiche. Di cotesta erudizione il Barrili fa poi chiara prova ed ottimo uso in quella sua Introduzione sintetica alle memorie sui porti - 37 — della Liguria antica inserte con essa Introduzione per cura della Società Liguie di Storia Patria, e lavoro di varj soci di questa, nella Monografia storica dei porti dell'antichità nella penisola italiana', volume promosso e pubblicato nel 1905 dal Ministero della Marina (1). Fu questo l’ultimo contributo recato ai lavori della Società dalla penna dell'illustre scrittore. Altri scritti di storia lasciò il Barrili fra i quali : La Badia di S. Andrea, Gli antichissimi Liguri ( in Atti e memorie della Società storica Savonese, voi. I, a. MDCCCLXXXVIII, pp. 1 - 46), Giuseppe Verdi (Genova, A. Donath, 1892), Il primo dramma italiano (in Nuova Antologia, 1895), La difesa di Cosseria 13-14 aprile 1196 (in Note Storiche relative ai primi fatti d'arme nella campagna del 1796 in Italia), Nà-poleone (in La Vita italiana durante la Rivoluzione francese e VImpero), Con Garibaldi alle porte di Roma (Milano, Treves, 1895), quest’ultimo forse fra tutti il più pregevole per freschezza ed efficacia di narrazione come per l’interesse dell’ argomento ; oltre molti discorsi da lui, oratore facondissimo, pronunciati in occasioni solenni sopra G. Garibaldi (a. 1882), Victor Hugo (1885), G. Mameli (1886), Cavour, Bismarck e Thiers (1888), C. Colombo (1892), G. Goldoni (1893), Camillo Sivori (1894), Gabriello Chiabrera (1897), ecc. (2). A questi sono da aggiungere alcuni lavori di storia letteraria, corsi di lezioni da lui tenuti all’Università di Genova e diffusi per le stampe, come II Rinnovamento letterario italiano (Genova, A. Donath, 1890), Da Virgilio a Dante (Genova, A. Donath, 1892), oltre molti altri, litogiafati, anch essi corsi o sunti di lezioni da lui date e all’ Università e alla Scuola Superiore Navale, ed alla Scuola Magistrale. La sua coltura storica, varia e profonda, si riflette in parecchi dei suoi ìomanzi riguardanti personaggi o fatti o ambienti tratti dalla storia. Inoltre negli ultimi anni di sua vita vagheggiava di scrivere una storia di Genova, e sembra anzi che ne avesse già tracciate un certo numero di pagine, quando venne colto dalla morte (3). (1) Al quale volume seguì nel 1906 l’altro sotto il titolo di Monografia storica dei porti dell antichità nell’Italia insulare, anch’esso promosso e pubblicato dal detto Ministero, e compilato colla cooperazione della nostra Società per via del socio Arturo Ferretto, che vi scrisse la memoria su / porti della Corsica. (2) Una gran parte dei discorsi del Barrili furono raccolti nel volume postumo intitolato: Voci del passato. Discorsi e conferenze di Anton Giulio Barrili, 1881-1907: Milano, Fratelli Treves Editori, 1909. (3) Per più diffuse notizie si possono vedere, oltre le molte biografie del Barrili pubblicate dai giornali specialmente liguri in occasione della morte di lui, le pubblicazioui seguenti: — 38 — ANDREA DORIA m. 24 gennaio 1909. Morì in Genova, dov’era nato il 5 febbraio del 1835 dal marchese Giorgio e dalla marchesa Teresa Durazzo celebri entrambi nei fasti del patriottismo italiano. Fece le campagne di guerra del 1859 e del 1866, quest’ ultima come volontario nel reggimento di cavalleria Guide col quale si trovò alla infausta giornata di Custoza. Trascorse il più della sua vita fra Genova e il suo castello di Mornese presso Novi Ligure, coltivando la musica in cui diede a stampa molte composizioni, facendo collezione di oggetti artistici, e dedicandosi in pari tempo alle ■cure dell’agricoltura. Nella Esposizione colombiana del 1892 fu presidente della sezione internazionale di scherma. Appartenne alla nostra Società dal 25 aprile 1869 fino alla morte. MARCELLO STAGLIENO m. 3 febbraio 1909. Marcello Staglieno nacque in Genova il 16 giugno 1829 dal marchese Agostino e dalla nobil donna Giulia Maggiolo, e quivi morì il 3 febbraio del 1909. Fece gli studi classici nelle genovesi Scuole Pie dirette dagli Scolopì, dove nel 1841, mentre frequentava il corso di umanità inferiore, ebbe a compagno Goffredo Mameli, di circa due anni meno giovane di lui, che in quell’ anno vi seguiva il corso di rettorica, e col futuro poeta patriotta egli comparisce nell’elenco degli alunni di esse scuole premiati nell’anno stesso (1). Nel novembre del 1845 entrò nella patria Università, in cui, compiuti i due anni di Anton Giulio Bai rili giornalista soldato letterato, raccolta di articoli di varj autori pubblicata ad iniziativa dell’Associazione Ligure dei giornalisti da Umberto Villa, Genova, Stabilimento tipografico del Successo, 1906-07; Anion Giulio Barrili, art. necrologico di Cesare Imperiale di Sant’Angelo in Rassegna Nazionale del 1° settembre 1908; A. G< Barrili, Necrologia in Annuario della R. Università di Genova dell'anno accademico 1908-1909, pp. 153-155; Galigo Silvio A., Per il monumento ad Anlon Giulio Barrili, discorso inaugurale pronuncialo il 7 maggio 1910, Genova, F. Chiesa, 1910; La vita e le opere di Anlon Giulio Barrili, in Voci del passalo, op. cit. nella nota precedente, pp. I-XV. (1) Per i saggi ed i premi degli alunni delle Scuole Pie in Genova nell’ anno scolastico 1841 vedasi l’appendice IV dell’opera: Scritti edili e inediti di Goffredo Mameli, ordinali e pubblicali a cura di Anton Giulio Barrili; Genova, nella Sede della .Società Ligure di Storia Patria, 1902 ; pp. 438-454. - 39 — filosofia del corso classico che allora vi si facevano prima di passare-agli studj speciali, attese alle discipline giuridiche e conseguì la laurea in legge nel 1851. Ma più che alle pandette egli si applicò alle belle lettere ed alla storia : nelle prime diede subito un saggio della sua preparazione e delle sue attitudini poetiche pubblicando nel 1853 un volumetto di versi, nella seconda cominciò di buonora, frequentando archivi e biblioteche, quell’opera di ricerca indefessa alla quale concesse poi tutta la sua attività. Il volumetto delle poesie comprende in una cinquantina di pagine sotto il titolo di « Ore solitarie » sedici componimenti di versi rimati ad eccezione dell’ ultimo, alcuni dei quali risentono manifestamente l’influenza manzoniana : tutti o quasi tutti, benché varj di argomento, compresi di spiriti sentimentali e romantici (1). 11 breve saggio poteva essere una buona promessa per future e più ampie affermazioni poetiche ; ma la musa dello Staglieno si fermò dopo questo primo passo, e più non apparve, almeno in pubblico, se non che in una traduzione della favola di Piramo e Tisbe tratta dalle Metamorfosi d’ Ovidio (2). La mente di lui, già per naturale inclinazione rivolta agli studj storici, lasciati da banda i fantasmi dell’imma-ginazione, si applicò intieramente ad indagare i severi documenti del passato. Fin dal principio lo Staglieno fu attratto dalle questioni genealogiche ed araldiche, specialmente in rapporto colla nobiltà genovese ed in cotesto campo, ch’egli coltivò sino agli ultimi giorni di sua vita, acquistò larghe, profonde e sicure conoscenze, ed un’ autorità indiscussa. Il primo suo lavoro intorno a ciò fu da lui pubblicato nel 1858 col titolo di Brevi notizie sulla Nobiltà genovese e sulle famiglie (1) Ore solitarie, versi di M. Staglieno ; Genova, co’ tipi del E. I. de’ Sordo-Muti, 1853. I sedici componimenti contenuti nel volumetto di pag. 49 hanno i titoli seguenti: Il ritorno dell’esule, La speranza, La tradita, Il cavallo (Dio parla a Giobbe), In morie di una giovinetta (gennaio 1849), L’aquila (Dio parla a Giobbe), Ad un amico, Il canto del-Γ arabo, Il canto del trovatore, Ad una gentile donzella che contemplava una rosa (maggio 1851), In morie di un bambino, La figlia del mare (Dipinto di F. Peschiera) novembre 1851, I! re degli ontani (traduzione da Goetlie), Ad una giovinetta, Per una bella e vana fanciulla (apologo), Egilda e Valfredo (romanza). (2) Piramo e Tisbe, favola traila dal libro quarto delle Metamorfosi di Ovidio volgarizzala da Marcello Staglieno; Genova, co’ tipi del R. I. de’ Sordomuti, 1863. Opu-scoletto di pagine 10. — 40 — nobili esistenti nell’anno 1797 (1). Sebbene egli non abbia d’allora in poi mai cessato dall’occuparsi di siffatta materia, tuttavia non diede in luce sopra di essa che pochi altri scritti, fra cui quello Dell'abuso dei titoli nobiliari in Genova e fra i Genovesi, con un’appendice di Aggiunte e correzioni : ultimo dei suoi lavori uscito per le stampe, che gli procurò proteste e noie, per la franchezza con che vi addita taluni che a suo avviso avrebbero assunto titoli loro non spettanti (2). Ma sullo stesso argomento un assai copioso materiale di notizie e di documenti egli lasciò nei suoi manoscritti, ed un materiale ancora più abbondante dovette esaminare e vagliare nei lunghi anni durante i quali tenne l’ufficio di segretario della Commissione Araldica Ligure. In esso ufficio molte spinose e delicate questioni, dove non era soltanto in giuoco l’ombrosa vanità degli interessati, e che richiedevano lunghe ricerche genealogiche e frequenti riscontri sopra documenti d’archivio, furono da lui condotte e felicemente risolte con equità pari alla competenza. Si può dire che tutta 1’ opera di revisione dei titoli della nobiltà ligure compiuta da quella Commissione fino al 1909, e specialmente dopo la morte di Cornelio Desimoni, fu in grandissima parte sostenuta e diretta dallo Staglieno. Di conserva con le ricerche genealogiche, questi fece di buonora procedere più ampie ed importanti ricerche sulla storia genovese ; un primo saggio delle quali egli porse nella seconda edizione degli Elogi degli uomini chiari della Liguria, di Oberto Foglietta, tradotti da Lorenzo Conti, da esso Staglieno curata ed accresciuta, ed edita nel 1860 dal tipografo Canepa (3). La sua passione per le ricerche storiche (1) Opuscolo di pagine 20 stampato in Sampierdareua, tip. Vernengo, 1858. Sullo stesso argomento e sotto il titolo Della nobiltà genovese e delle famiglie nobili esistenti nel 1797, lo Staglieno pubblicò altro breve scritto in Giornale Araldico, Pisa, 1878, voi. V, pp. 376-380. (2) Dell’ abuso dei titoli nobiliari in Genova e fra i Genovesi, Lettera di M. Staglieno, Genova-Torino-Milano, Casa editrice Renzo Streglio, 1907. Opuscolo di pp. 32, il quale fu seguito da un altro di pp. io col titolo: Aggiunte e correzioni alla lettera Dell’abuso dei litoli nobiliari in Genova e fra i Genovesi di M. Staglieno, Genova, 1908 (stampato in Intra, Tipo-litografia Almasio). (3) Oltre la seconda edizione degli Elogi del Foglietta, il march. Staglieno curò più tardi anche la prima edizione degli Annali della Repubblica di Genova dall’ anno 1581 all anno 1607 di Antonio Roccatagliata, Genova, presso Vincenzo Canepa, editore, li><3; ai quali egli premise alcune notizie sulla \'ita e le opei’e dell? autore, e fece seguire una tavola delle materie in essi contenute, non che una nota dei dogi che si succedettero nel tempo degli stessi Annali, con altra nota delle famiglie dei sommi pontefici che furono a-scritte alla nobiltà genovese. 4 _ 41 — trovò un campo di fruttifere investigazioni nell’arte ; poiché, portato dalle tradizioni e dalle consuetudini del patriziato genovese, non che dalle proprie attitudini artistiche, a far parte dell’Accademia Ligustica, si affezionò a questo istituto, di cui divenne e fu in tempi diversi segretario, vice presidente e presidente, e volle tesserne la storia. Nella sezione di belle arti della Società Ligure di Storia Patria, di cui fu socio fondatore, egli lesse il 14 giugno 1861 la prima parte delle sue Memorie su detta Accademia; nelle quali si propose di narrare le vicende di questa dalla sua fondazione ai giorni nostri. Il lavoro completo è diviso in tre parti: la prima va dal 1751, anno in cui sorse l’Accademia per iniziativa di Gio. Francesco D’Oria duca di Massanova, al 1797, anno della caduta dell’antica Repubblica genovese e del rinnovamento di tutte le istituzioni del vecchio regime per effetto della trionfante rivoluzione; la seconda procede dal 1797 fino al tempo in cui scrisse l’autore ; la terza comprende molti documenti con note illustrative e cataloghi riguardanti le medaglie coniate dall’Accademia, i diplomi da essa concessi, gli elenchi degli Accademici d’ onore e promotori, degli Accademici di merito, dei principi e presidenti, dei segretari, dei protettori e delle protettrici, e dei direttori delle scuole. Il volume .contiene inoltre cinque tavole con i faccimili delle suddette medaglie (1). « Frutto di esercitata pazienza e non d’altro », chiama l’autore questa sua opera. Ed è appunto così ; ma si potrebbe soggiungere che, con la pazienza, va di pari passo l’ordine, la precisione, la coscienza del vero : tutte doti che rifulgono nei lavori dello Staglieno. Queste doti non vi si accompagnano ordinariamente con l’eleganza della forma e neppure con 1’ artificio della esposizione, e così nude come sono riescono monotone e pesanti. Ma ciò devesi in parte anche alla materia stessa trattata dall’autore, la quale non comporta manifestazioni di spiriti sentimentali e racconti di effetti commoventi. Generalmente la commozione manca negli scritti dello Staglieno, co- (l) Memorie e documenti sulla Accademia Ligustica di Belle Arti, raccolti da Marcello Staglieno; Genova, Tipografia del E. 1. de’ Sordo-Muti, 1862. Questo millesimo, che comparisce sul frontespizio del volume di complessive pagine 263, riguarda veramente la sola prima parte di esso (1751-1797) finita di stampare appunto l’ultimo giorno di febbraio di detto anno ; mentre la seconda (1797-1863) uscì finita di stampare il 15 marzo 1861, o la terza (Illustrazioni e cataloghi) il 10 dicembre 1867, come viene dichiarato rispettivamente alla fine di ciascuna delle medesime parti. Le cinque tavole che accompaguano il volume si riferiscono propriamente alla terza parte, anzi a quel tanto di essa che tratta delle medaglie dell’Accademia; il quale venno anello pubblicato separatamente, insieme con le tavole, in un’ edizione di soli cinquanta esemplari sotto il titolo : Le medaglie della Accademia Ligustica di Belle Arti descritte ed illustrale da Marcello Staglieno; Geuova, Tipografia dol E, I. dei Sordo-Muti, 1867 ; pp. 24. / — 42 — sicché essi rimangono nel freddo àmbito dei lavori eruditi e raccoglitori di notizie, senza pretendere d’invadere il campo delle opere storiche suscitatrici di forti sentimenti e produttrici di effetti educativi. Egli pubblicò Sull’Accademia Ligustica, oltre le su ricordate Memorie, alcuni altri scritti minori, i cui titoli riferisco in nota (1). Il nostro autore fu dei primi in Genova ad occuparsi della storia del costume. Il principale suo lavoro su questa materia è quello intitolato Le donne nell'antica società genovese, comparso nel 1878 sul Giornale Ligustico (2), lavoro diviso in tre parti : la prima riguardante le fanciulle, i loro sponsali ed i loro matrimoni ; la seconda dedicata alle donne maritate e vedove, ed alle seconde nozze ; e la terza concernente le donne nelle chiese, nelle processioni e nei monasteri. L’autore volle qui tentare un quadro generale e sintetico della vita femminile in Genova, e certo non gli mancavano i materiali per trattare l’argomento in modo compiuto ed esauriente ; ma ciò nonostante il suo lavoro è monco, ed ha un non so che di superficiale. Il lettore, che intravvede quanta messe di notizie lo Staglieno ha raccolta e vagliata, è condotto a domandarsi come mai egli faccia cosi parco uso di particolari, che potrebbero dare grande efficacia al rac-contp. Non molti fatti, dei tanti da lui riscontrati, espone od accenna (1) Gli scritti minori dello Staglieno relativi o attinenti all’Accademia Ligustica di Belle Arti sono : Catalogo dell’ Esposizione arlistico-archeologico-induslriale aperta nelle sale dell’Ac-cademia Ligustica la primavera del MDCCCLXVIII ; Genova, co’ tipi del R. I. de’ Sordo-Muti, 1868 ; pp. XII-119. Il Catalogo è seguito da un Supplemento e da un Indice delle materie di complessive pagine 32. Tutto il lavoro è fatto iu collaborazione con L. T, Belgrano. L’Accademia Ligustica di Belle Arti, Relazione storica per I’ Esposizione di Vienna del 1873 ; Genova, co' tipi del R. I. de’ Sordomuti, aprile 1873. Opuscolo di pp. 29, senza il nome dell’ autore. Nuovo ordinamento di studi proposto per l’Accademia Ligustica. Schema di regolamento inviato in esame ai membri dell’Accademia, nonché a varj professori e scrittori d’arte italiani, dal presidente di essa M. Staglieno, con circolare iu data di Genova 8 agosto 1870 ; pp. 18. Delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria, sunto storico-cronologico ; Genova, coi tipi della Gazzetta dei Tribunali, maggio 1862, pp. 46. Il lavoro fu compilato in collaborazione con A. Merli per invito del R. Comitato centrale italiano per 1’ Esposizione universale di Londra. Esso non reca però i nomi dei suoi autori. Le scuole dell’Accademia Ligustica, Discorso detto dal segretario M. Staglieno per la distribuzione dei premi il XXV marzo MDCCCLXXVII ; in Alti della Accademia Ligustica di Belle Arti, MDCCCLXXIV-V, MDCCCLXXV-VI, parte 2,“ Genova, Tipografia del K. Istituto Sordo-Muti, 1877 ; pp. 3-16. (2) Giornale Ligustico, voi. V, a. 1878, pp. 275-329. - 43 — lo scrittore, tenendosi troppo sulle generali ; mentre ben altro effetto raggiungerebbe il suo racconto, se le osservazioni generali e le affermazioni di lui uscissero spontaneamente dalla vicenda dei casi narrati. Ciò nondimeno lo scritto dello Staglieno è interessante per le notizie che porge, e che da altri poi vennero più largamente illustrate; e per quanto la forma letteraria di esso sia troppo arida e trascurata, tuttavia è da considerare come uno dei buoni tentativi per la storia della donna genovese. Un altro lavoro per il quale lo Staglieno aveva radunato un ricco materiale documentario senza tuttavia servirsene in modo soddisfacente per lo studioso è quello Degli Ebrei in Genova, da lui letto nel 1876 alla Società Ligure di Storia Patria e pubblicato nel Giornale Ligustico (\). Egli tratta il tema sotto uno solo dei tanti aspetti dai quali può essere considerato, e si può dire, anzi, sotto l’aspetto meno interessante, che è quel- lo del modo con cui il Governo genovese accolse e tenne gli Ebrei in Genova dal loro esodo dalla Spagna ai tempi di Ferdinando il Cattolico fino agli ultimi anni del secolo XVII. Sotto tal riguardo non c’era gran che di nuovo da dire, poiché in tutti i paesi cattolici le limitazioni di libertà, il regime di vita, le intolleranze, le umiliazioni a cui venivano sottoposti gli Israeliti si rassomigliavano più o meno dapertutto: era questione non tanto di disparità negli ordinamenti, quanto di graduazione negli adattamenti e nelle applicazioni di essi. E ciò s’intende agevolmente quando si pensi che nel trattamento degli Ebrei FAutoritù civile sottostava più o meno di buon grado, a seconda dei casi, alle esigenze della Autorità ecclesiastica, parecchie delle quali erano ab antico determinate dai canoni della teologia cattolica. Perciò le regole che i diversi governi cattolici d’Europa applicavano agli Ebrei variavano sostanzialmente ben poco, perchè una era la dottrina da cui emanavano, una l’autorità suprema da cui venivano prescritte. L’applicazione di esse regole poteva essere più o meno severa, più o meno ossequiente alle Autorità ecclesiastiche, più o meno dipendente dall’indole e dalla educazione dei varj popoli; ma tutto ciò, una volta fissate le regole, costituiva un insieme di particolari subordinato e secondario. Nella prima parte del suo studio lo Staglieno, parlando dello sbarco in Genova di molti ebrei -scacciati verso la fine del secolo XV dalla Spagna, riferisce il racconto dell’annalista Bartolomeo Senarega, testimone di veduta, il quale narra con efficacia di sentimento gli strazi sofferti dai profughi e le lacrime- (1) Giornale Ligustico, voi. Ili, a. 1876, pp. 173 - 186, 394 - 415. — 44 — voli condizioni nelle quali vennero a trovarsi nella metropoli ligure; ed il racconto del Senarega egli integra sulla scorta di documenti del no-stro Archivio di Stato. Nella seconda parte lo scrittore, diffondendosi intorno alla vita degli Ebrei sotto la Repubblica genovese, discorre della concessione del porto franco fatta e rinnovata loro più volte, dei capitoli sanciti per il loro governo, delle controversie cui questi diedero luogo tra l’Autorità civile e l’Autorità religiosa, delle modificazioni e dei rinnovamenti di essi capitoli, ecc. Sebbene lo Staglieno rechi qualche volta la notizia di casi particolari e si soffermi di tanto in tanto sopra alcuni aneddoti caratteristici, non si può (lire che accresca con ciò l’interesse del suo lavoro, il quale rimane pur sempre ristretto in una cerchia troppo angusta. Quante informazioni egli avrebbe potuto dare sugli Ebrei in Genova, sia relativamente ai primi loro cognomi che vi si affermarono ed alle prime loro famiglie che vi si stabilirono, sia dal lato economico per rispetto ai commerci da essi esercitati, sia dal lato sociale per le relazioni, per Γ educazione, per gli studj loro, sia dal lato religioso per le loro radunanze, per le loro conversioni, ecc. ! Sembra che 1’ autore abbia avuto una cura tutta particolare per trascurare nomi e fatti, per nasconderli, starei per dire, alla curiosità dei lettori. Questa mancanza fa si che lo scritto dello Staglieno abbia un interesse piuttosto limitato. Sarebbe stato meglio, per quanto io credo, eh’ egli avesse pubblicato integralmente senza alcuna illustrazione i documenti che diedero argomento al suo studio. Viene qui a proposito di notare che lo Staglieno, pur essendo stato uno dei ricercatori più assidui ed uno dei raccoglitori più pazienti di documenti d’ archivio che siano vissuti in Genova, ha reso di pubbli-ca ragione una quantità relativamente piccola di essi. Tutte le volte poi in cui ha tentato di affrontare temi di largo concetto, si è affaticato per ricavare alcune idee generali dai documenti rintracciati, trascurando spesso le molte particolarità di questi, ch’egli aveva però avuto cura di raccogliere nelle sue carte. Sono appunto queste particolarità che interessano lo studioso, il quale non può trascurare o sopprimere nessuna di esse collo specioso pretesto che siano troppo umili o inutili. La storia come le scienze sono sovraccariche di considerazioni generali premature, di teorie più o meno fondate, di filosofìe più o meno fantastiche ; il fardello pesante che si trascinano dietro da più secoli le ha, per così dire, svisate, e impedisce loro di prendere un indirizzo e di trovare un assetto conforme alla verità. Sono i fatti che costituiscono l’ossatura della storia, ma i fatti sicuri, indiscutibili u- — 45 — «centi da documenti irrefragabili. Per fatto storico non intendo solamente le forme e le circostanze degli avvenimenti, ma intendo ancora le date, i nomi, le professioni, ecc., ecc., insomma tutto ciò che costituisce una modalità reale e non fittizia, una cosa che è veramente esistita e che lo scrittore trae dai documenti del passato e non dal suo cervello. Ma i fatti, per essere sottoposti ad una considerazione utile e capace di fare uscire da essi delle conseguenze logicamente sicure, devono essere ordinati e coordinati in un sistema di rappresentazione che rifletta, per quanto è possibile, l’ordine stesso in cui si sono effettivamente verificati. Alcuni credono che oramai siano troppi o sovrabbondanti i documenti già editi, senza pensare che la storia finora· si è esercitata principalmente intorno agli avvenimenti politici ed ai loro personaggi più rappresentativi, per i quali può essere che sovrabbondi in certi casi la parte documentaria. Ma ciò è un punto per rispetto alla storia dell’ umanità, quando sotto il nome di storia si voglia intendere la rappresentazione completa e verace di tutta la vita sociale attraverso i secoli. Lo Staglieno intuiva questo modo di considerare la storia, ed apprezzava giustamente tutta l’importanza del documento ; è perciò tanto più da deplorare eh’ egli abbia occupato la vita a trascrivere ed a spulciare un’ enorme quantità di carte d’archivio, per estrarne un relativamente cosi esiguo materiale di notizie com’è quello da lui fatto conoscere nelle sue pubblicazioni. Uno dei più felici studi dello Staglieno è quello su Lo storico Giovanni Francesco Doria e le sue relazioni con Ludovico Antonio Muratori (1). In questo lavoro egli dimostra con sicurezza di documenti che Giovanni Francesco Doria è il vero autore della Storia di Genova negli anni 1745,1746,1747, accresciuta e ristampata poi col titolo : Della Storia di Genova dal trattato di Worms fino alla pace di Aquisgrana, la quale veniva comunemente attribuita a Francesco Maria Doria sulla fede dell’ Accinelli. Anche il dottissimo Spotorno era caduto in tale errore. Messo sulla buona strada da alcuni sicuri indizi, il nostro autore riuscì a rintracciare nell’Archivio di Stato in Genova due deliberazioni del Governo genovese, colla prima delle quali si affidava a Giovanni Francesco Doria l’incarico di scrivere la storia di Genova dal trattato di Worms sino a quei giorni ; e colla seconda gli si permetteva di ricevere comunicazione delle scritture ufficiali pertinenti a quel periodo storico. A sussidio di siffatti documenti lo Staglieno potè giovarsi di una serie (I) Giornale Ligustico, Voi. XI, a. 1884, pp. 401-415. Estratto di pp. 15. — 46 — di lettere dal Doria dirette al Muratori, al quale il patrizio genovese aveva richiesto consigli sulla sua opera e direzione per la stampa di questa. Dovette certamente essere una bella soddisfazione per lo scrittore l’aver potuto in modo così sicuro assegnare a Giovanni Francesco Doria la paternità della storia suddetta, ed è pienamente giustificato il compiacimento che egli non riusciva a nascondere quando aveva occasione di accennare alla sua scoperta. La paziente opera d’archivio con che lo Staglieno adoperavasi per correggere errori e stabilire la verità su taluni fatti e persone della storia di Genova ebbe sempre a manifestarsi con sicurezza di criterio non disgiunta da una, direi quasi, signorile moderazione verso gli autori che egli emendava. La persuasione delle sue conclusioni viene principalmente dalla forza dei documenti, e se egli qualche volta colpisce coi suoi giudizi le persone di cui tratta, lo fa sempre in base a prove incontrastabili. Per esempio, nel suo studio intitolato Intorno allo-storico Francesco Μ.Ά Accinelli, che fu una delle sue ultime pubblicazioni (1), egli, in contrapposto al Celesia, che aveva esaltato esageratamente gli spiriti democratici dell’Accinelli e bistrattata l’azione del Governo genovese verso questo .storico, rimette le cose a posto, giustificando l’azione medesima, di cui spiega i moventi, e rilevando l’evidente malo animo dell’ Accinelli contro il governo dei nobili. Una delle questioni che attrassero maggiormente lo spirito ed occuparono per molti anni l’attività dello Staglieno fu quella della patria e delle origini di Cristoforo Colombo. Che la patria di Colombo sia Genova è cosa certissima, poiché, fra le altre ragioni, viene dallo stesso scopritore dell’ America affermata in modo categorico, ? da varj de suoi! contemporanei, come il Gallo, il Senarega, ed il Giustiniani, confermata con la loro insospettabile testimonianza. Eppure, a similitudine dei matematici i quali dimostrano spesso cose manifeste e talvolta evidentissime, alcuni storici moderni si sono affaticati intorno a questa come a tante altre questioni già di lor natura ovvie e fin dal principio risolute. Le scritture messe in luce per dissertare sulla patria e la famiglia di Colombo formano ormai una intera biblioteca, alla compilazione della quale concorsero scrittori d’ogni paese, d’ogni età e d’ogni condizione. Taluno potrebbe considerare come vana una così grande fatica, tanto più quando si deve pur troppo riconoscere come la questione, invece di rimanere dopo tante discussioni chiarita e risoluta in modo definitivo (1) Giornale Ligustico, Voi. XXIII, ». 1898, pp. 161-168. Estratto di pp. 8. - 47 - ed incontrovertibile, siasi invece ingarbugliata ed aperta a tutte le opinioni, dalle più serie alle più strampalate ; specialmente presso le persone che non hanno l’abito di sceverare il vero dal falso, il certo dal-l’ipotetico, e si lasciano invece trasportare dalle prime impressioni o, peggio ancora, da motivi di preminenza patriottica o municipale. Il marchese Staglieno ha però sempre portato nello studio delle questioni colombiane una diritta coscienza della verità ed un sicuro metodo d’indagine ; per modo che le sue conclusioni sono al coperto di ogni incertezza. Ho citato, non a caso, il metodo matematico. Ed infatti il nostro scrittore costruisce il suo edificio sopra fondamenta cosi stabili, e procede nelle sue argomentazioni con rigore cosi saldo, e trae le sue illazioni con logica così serrata, da far invidia ad un matematico. Uno dei lavori più importanti e caratteristici dello Staglieno è quello che riguarda la casa abitata da Domenico Colombo, padre di Cristoforo, in Genova (1). Dopo essere risalito per conto suo, attraverso una moltitudine di atti notarili, dalle ultime e più recenti vicende di essa casa alle condizioni nelle quali la medesima trovavasi all’epoca della puerizia del grande navigatore, egli conduce, facendo il cammino inverso, l’attento lettore da cotesta epoca fino alla presente, per tutti i trapassi di proprietà subiti dalla casa suddetta in così lungo periodo di tempo. E non solamente dalla casa stessa, ma altresì dalle sue attigue e contermini, in guisa da fornire un tale apparato di relazioni scambievoli e di accenni reciproci tra gli atti dell’una e quelli delle altre, che ad ogni momento il lettore paziente può verificare Γ identità della casa colombiana. È vero che in tanta congerie di passaggi non mancano le incertezze, quando, per effetto del bombardamento di Genova del 1684 dovuto alla prepotenza di Luigi XIV, la rovina di una gran parte delle case della regione di porta Sant’ Andrea rese difficile la loro identificazione e malsicuro il raccordo delle nuove costruzioni colle vecchie ; ma siffatte incertezze riguardano la parte della casa colombiana rimasta illesa dal bombardamento, parte presumibilmente ridotta ai minimi termini, e non affatto la sua ubicazione. Di questa casa di Domenico Colombo lo Staglieno erasi già intrattenuto in un lavoro precedente intitolato II borgo di S. Stefano ai (ì) Sulla casa abitata da Domenico Colombo in Genova, iu Atti della Società Ligure di storia Patria, Voi. XVII; Genova, Tip. Sordo-Muti, MDCCCLXXXV ; pp. 111-191. (con sei tavole topografiche, oltre la tavola o prospetto di tutti i possessori della casa Colombiana e delle ciroonvicine). — 48 — tempi di Colombo e le case di Domenico Colombo (1), lavoro molto disadorno ed in alcune parti poco chiaro, ma in compenso ricco di notizie e di particolari interessanti, il quale getta il primo sprazzo di luce sopra parecchie questioni colombiane sviluppate, illustrate e risolute in seguito dal nostro autore. Sono noti ai cultori di studj colombiani i risultati originali ottenuti dallo Staglieno in questo campo di ricerche, le scoperte di documenti risolutivi da lui fatte e talora subito comunicate ad altri studiosi con liberalità inconsueta ai ricercatori d’archivio. Accennerò all’origine della famiglia Colombo da Moconesi, nella valle di Fontanabona, donde Giovanni, nonno di Cristoforo, si trasfeiì a Quinto ; alle vicende di Domenico, figlio di Giovanni e padre del grande navigatore, da quando egli nel 1429, in età di anni 11, venne collocato, come garzone apprendista nell’arte dei tessitori, a Genova,, dove poi prese stabile dimora, fino al 1470, nel qual anno, essendo già Cristoforo sui ventanni, si recò colla famiglia ad abitare in Savona,. ai componenti, ai parenti prossimi, alle proprietà, agli interessi di essa famiglia; alle relazioni di questa col notaro e cancelliere di S. Gioigio,. Antonio Gallo (2): tutti argomenti che lo Staglieno illuminò colla luce di molti nuovi documenti da lui rinvenuti nell’Archivio di Stato in Genova, comunicati in parte alla Società Ligure di Storia Patria, e pubblicati nel Giornale Ligustico non che nella grande Raccolta co lombiana promossa con R. Decreto del 17 maggio 1888 (3)· Si deve principalmente a siffatti documenti se le questioni sul luogo e sul tem po della nascita di Colombo sono ormai, per chiunque non proceda in malafede, risolute, la prima a favore di Genova in modo iriefraga (1) Genova, Tipografia e Litografia di Pietro Pellas fu L., 1881. Opuscolo di PP· 30> estratto dal Corriere Alercantile, dove il lavoro era primamente comparso a puntate. (2) Antonio Gallo e la famiglia di Cristoforo Colombo, in Giornale Ligustico, r 1890, pp. 387-394. Estratto di pp. 10. (3) Agli scritti già citati dello Staglieno su argomenti colombiani, occorre infatti g giungere i seguenti : Due nuovi documenti intorno alla famiglia di Cristoforo Colombo, in Giornale Li gUSlico, XII, 1885, pp. 218-225 (Comunicazione fatta alla Società Ligure di Storia Pa* nella tornata del 27 febbraio 1885). Estratto di pp. 8. Alcuni nuovi documenti intorno a Cristoforo Colombo ed alla sua famiglia, ·>’ ^ornale Ligustico, XIV, 1887, pp. 241-261 (Comunicati alla Soc. Lig. di Stor. Patr. nella seduta del 27 maggio 1887). Estratto di pp. 23. Tre nuovi documenti sopra Cristoforo Colombo e suo padre, in Giornale Ligustico, XV, 1888, pp. 3-11. Estratto di pp. 11. Genova ai tempi di Cristoforo Colombo, la casa ove egli nacque e quella dove abi- — 49 — bile, tante sono le prove che se ne posseggono, e la seconda con un’approssimazione a meno di 68 giorni per una data compresa fra il 25 agosto ed il 31 ottobre del 1451 (1). Per dare un’idea della poderosa, diuturna e fruttifera opera di ricerca compiuta dallo Staglieno in cotesto campo, basti dire che dei centotrentotto documenti d’indole privata relativi a Cristoforo Colombo e alla sua famiglia in linea ascendente e discendente, riprodotti o accennati a cura dello stesso Staglieno e del Belgrano nella monumentale Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana (Parte II, voi. I), ben quarantasette furono scoperti esclusivamente dal nostro infaticabile patrizio, senza contare quelli, altri undici o dodici, da lui rinvenuti dopo la stampa dei primi ed inseriti nella Prefazione messa innanzi a questi. Il nostro operoso scrittore portò un buon contributo di notizie alla storia dell’arte e degli artisti genovesi. Oltre le sue memorie sulla Accademia Ligustica di belle arti, di cui ho detto dianzi, egli ha alcuni studj sopra diversi artisti dei secoli XV e XVII. In uno di essi illustra un certo numero di documenti da lui editi, concernenti varj artisti che lavorarono in Genova nel secolo XV (2). In altro studio narra aneddoti riguardanti Agostino Santacroce, Giovanni Andrea Santacroce* Sinibaldo Scorza, Domenico Fiacella, Luciano Borzone e 1’ olandese Molyn detto Mulier o De Mulieribus e soprannominato il Tempesta, tutti artisti del pennello ovvero dello scalpello, non che Alessandro Stradella, compositore di musica : aneddoti e fatti criminali desunti da processi di cui sono protagonisti o parti gli”'artisti suddetti, e che valgono a dare tò ; iu Colombo e il IV centenario dalla scoperta dell’ America, Milano, Treves, 1892, pp. 6-7 (numero unico). Documenti relativi a Cristoforo Colombo e alla sua famiglia, in Raccolta di documenti e studi pubblicali dalla R. Commissione Colombiana, parta II, volume I ; Roma MDCCCXCVI (in collaborazione eoa L. T. Belgrano). Il Codice dei privilegi di Cristoforo Colombo, in Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana, parte li, volume II ; Roma MDCCCXCIlil (iu collaborazione con L. T. Belgrano). Sui più recenti documenti scoperti intorno alla famiglia di Cristoforo Colombo, iu Giornale Ligustico, XX, 1893, pp. 3-9. Estratto di pp. 9. (1) Vedasi iu proposito l’importante articolo di Ugo Assereto sopra La data della nascila di Cristoforo Colombo accertata da un documento nuovo, in Giornale storico e letterario della Liguria, a. V, 1904, pp. 5-16. (2) Appunti e documenti sopra diversi artisti poco o nulla conosciuti che operarono in Genova nel secolo XV; Genova·, co’ tipi del R. I. de’ Sordo-Muti, 1870 ; pp. 65. 4 — 50 — maggior risalto a taluni particolari della personalità artistica di costoro (1). In un terzo studio si occupa della tragica fine del pittore Peliegro Piola (2). Altri soggetti storici oltre i su ricordati fornirono materia di pubblicazione allo Staglieno, in brevi ma utili scritti, nei quali comparisce sempre la notizia di fatti e di particolari inediti sorretta da una sicura documentazione, frutto di ricerche originali dell'autore ; si tratti di personaggi noti come il doge Paolo da Novi o il conte di Carmagnola od il conte Corvetto, oppure di figure meno appariscenti come i cartografi Maggiolo o il pirata Vincenzo Colombo o Tedisio de Camilla vescovo di Torino ; si ragioni di cose o istituzioni generali come l’arte della stampa o il Sant’ Ufficio, oppure di piccoli episodj come un’ avventura nel castello di Mongiardino, o un furto di sacre reliquie della Badia di Sestri (3). (1) Aneddoti sopra diversi artisti del secolo XVII, in Giornale Ligustico, I, 1874, pp. 363-384. Estratto di pp. 22. (2) Sopra l’uccisore di Peliegro Piola, appunti e documenti, in Giornale Ligustico, IV, 1877, pp. 105-117. (3) 1 soggetti su mentovati ed altri più particolari furono dallo Staglieno trattati negli scritti che qui, in ordine cronologico, cito anche per completare la bibliografia delle sue pubblicazioni. L’ arte tipografica in Mondovì ed a Genova, (lettera al dott. Luigi Filippi di Clave-sana); iu Giornale degli studiosi, voi. V, Genova 1873 ; pp. 256-259. La lettera fu primamente pubblicata nel n. 85 (26 luglio 1873) del Vasco, foglio politico del Circondario di Mondovì, e le Notizie in essa contenute diedero argomento ad una lettura fatta dallo Staglieno alla Soc. Lig. di Stor. Patr. e comparsa poi nel voi. IX, fase. Ili, dei nostri Atti, come viene indicato qui appresso. Sopra Agostino Noli e Visconte Maggiolo, cartografi ; in Giornale Ligustico, II, 1875, pp. 71-93. Due nuovi cartografi della famiglia Maggiolo ; in Giornale Ligustico, lì, 1875, pp. 215-218. Sui primordi dell’arte della stampa in Genova, appunti e documenti; in Alti della Soc. Lig. di Stor. Patr., voi. IX, fase. Ili, Genova MDCCCLXXVII, pp. 423-460. Intorno al doge Paolo da Novi e alla sua famiglia ; in Alti della Soc. Lig. di Stor. Patr., voi. XIII, Genova MDCCCLXX1X, pp. 487-494. Estratto di pp. 8. Sulle relazioni fra la Direzione dei teatri, la città di Genova e gli assegnatarii dei palchi al teatro Carlo Felice, Memoria e documenti ; Genova 1881, Tipografia Papini e Morando, pp. 56. La porla di S. Andrea, Appunti e documenti ; Genova, Stab. Pellas, 1882, pp. 12. Un giorno di nozze in Polcevera, Racconto ; Genova, Stabilimento Pietro Pellas fu L. 1884, pp. 44 (estratto dal Corriere Mercantile). È l’umile storia degli sponsali di due contadini morti nell’ottobre dell’anno 1800 la notte stessa delle loro nozze, travolti, colla casetta clie essi abitavano, dalle acquo del torrente Romairone ingrossato per subitanea tempesta ; e - 51 — Nel campo puramente letterario il nostro diligente autore ebbe a rivelarsi, non pure colle poesie giovanili di cui ho fatto cenno al principio di questo scritto, ma anche con un lavoro di pazienta ricerca che dimostra Γ ingegno analitico di lui e la sua innata disposizione a raccogliere, elencare, ordinare documenti, siano essi tratti dagli archivi o provengano direttamente dalla viva voce del popolo. Voglio parlare della sua raccolta dei Proverbi genovesi con i corrispondenti in latino ed in diversi dialetti d'Italia, pubblicata nel 1869 (1). Molti sono i parlari italiani che in essa offrono i loro proverbi, poiché, oltre il genovese, vi compariscono i dialetti toscano, siciliano, parmense, vele ossa dei quali verniero ritrovate nel 1852, in conseguenza degli scavi eseguiti per la costruzione della strada ferrata fra Genova e il Piemonte. Cotesto ritrovamento ricordò ad alcuni dei più vecchi abitanti del luogo taluni particolari del matrimonio e lo stato degli sposi, non che le circostanze dell’ infelice fine di costoro ; e sopra di essi ricordi lo Staglieno potè fondare il suo racconto, adattando la parte, da lui molto semplicemente e senz’ alcun intreccio immaginata, alle effettive condizioni dell’anjbiente e dei tempi, e rammemorando costumi, persone e cose reali. Il racconto presenta qualche interesse per via appunto di siffatte memorie, cioè dal lato puramente storico, poiché, in quanto alla tessitura letteraria, è povera cosa. ___Atti nuziali di una figlia del Conte di Carmagnola ; Genova, E. I. Sordo-Muti, 1885, pp. 17. Tempi passali, Aneddoti sul Sant’Ufficio in Genova nel secolo XVI ; in Strenna del Pio Istituto pei fanciulli rachitici, Genova, tip. del R. I. Sordo- Muti, a. VI, 1889. Vincenzo Colombo pirata de! secolo XV; in Giornale Ligustico, a. XVIII, 1891, pp. · 68-79. Estratto di pp. 14. Di un’insigne reliquia di Sanla Margherita martire d'Antiochia che conservavasi in Genova al principio del secolo XVI ; Genova, Tip. del E. I. Sordo-Muti, 1891 ; pp. 15. L'epigrafe sepolcrale dell’ultimo doge della Serenissima Repubblica di Genova ; in Giornale Ligustico, a. XXI, 1896, pp. 22-24. Ancora del doge Giacomo Maria Bùgnole ; in Giornale Ligustico, a. XXI, 1896, pp. 201-202. Appunti e documenti intorno a Luigi Corvello, ed Aggiunta agli appunti ; in Giornale Ligustico, a. XXII, 1897, pp. 136-146, 365-370. Estratto di pp. 19. Un’ avventura nel castello di Mongiardino ; in Giornale storico e letterario della Liguria, I, 1900, pp. 381-388. . bue documenti di Tedisio, vescovo di Torino dal 1300 al 1319 ; in Miscellanea di storia italiana, voi. VII, torza serie, Torino, Stamperia Reale della Ditta G. B. Paravia e C,, pp. 217-225. Estratto di pp. 11. Un furto di sacre reliquie dàlia Badia di Sestri nel 1492 ; iu Giornale storico e letterario della Liguria, a. Ili, 1902, pp, 449-456. Un incidente in materia di stampa nel 1846 ; in Giornale storico e letterario della Liguria, a. V, 1904, pp. 48-51. (1) Genova, presso Gerolamo Filippo Garbarino editore libraio, 1869 (Tipografia di Gaetano Schenone) ; -volume in - 16 di pp. 208. — 52 — neziano, milanese, piacentino, friulano, piemontese, veronese, sardo, bergamasco, ferrarese, padovano, vicentino, calabrese, non chè, a significazione della indivisibile unità etnica d’Italia, i dialetti corso, trentino e triestino. Il libro meriterebbe un lavoro di revisione, ma anche così com’è, mostrasi degno di essere meglio apprezzato e più diffuso di quanto sia stato finora. Tale, in compendio, l’opera dello Staglieno ; modesta ma sincera, curante dei particolari anziché dell’insieme delle cose, contraria alle estemporaneità, fondata essenzialmente sopra i documenti ed intesa a trarre soltanto da questi le sue conclusioni, e pertanto indice e frutto di quell’ indirizzo che nella seconda metà del secolo XIX rinnovò in Genova gli studj storici. Il nostro patrizio appartiene infatti al gruppo degli studiosi ai quali si^ deve siffatto rinnovamento, e che fecero della Società Ligure di Storia Patria l’organo principale del loro programma, per mezzo degli Atti di questa e del Giornale Ligustico. Egli non ebbe nè la vasta comprensione del Desimoni, nè l’arte storica del Belgrano, gli fece troppo spesso difetto lo spirito sintetico dei fatti, e gli mancò poi in modo assoluto l’apparato letterario con che gli autori sogliono presentare e rendere accette al gran pubblico le loro produzioni. Ma una cosa in cui egli non fu superato, e che si appalesa come il segno più manifesto e caratteristico della sua attività fu la scrupolosa indagine dei fatti, la minuta ricerca dei loro particolari, e la cura indefessa della verità. Se la sua mente non riuscì a compiere lavori armoniosi e completi, se di nessun argomento da lui trattato egli ebbe modo di rendere un’ idea evidente ed intera, tuttavia non pretermise nessuna fatica, non tralasciò nessuna diligenza per mettere insieme tutto il materiale adatto alle costruzioni più grandiose. Cosicché si può dire di lui, che fu un assai più abile raccoglitore che un fortunato costruttore. È assai più interessante la somma delle cose raccolte che quella delle cose da lui pubblicate ; e se gli mancò la lena al comporre, non gli venne mai meno la pertinacia del raccogliere nè la diligenza dell’ordinare. Egli fu sopratutto un grande ricercatore di documenti, un formidabile spoglia-tore di registri e di filze d’archivio, un elencatore infaticabile di notizie. Il suo sguardo indagò tutti gli aspetti dell’attività delle generazioni passate, tutte le manifestazioni della loro vita quali appaiono nelle carte a noi pervenute, e si approfondì per tutti i meandri della colossale documentazione accumulata durante i secoli nel nostro Archivio di Stato. I suoi appunti riguardano tutta la vita genovese privata e politica, commerciale e contemplativa, laica ed ecclesiastica. Il poderoso materiale da — 53 — lui radunato potrà efficacemente -servire ad elevare solide costruzioni a chi vorrà e saprà adoperarlo. Egli stesso, forse conscio della sua incapacità a edificare, sembra che lo abbia preparato espressamente per altri più di lui atti alle sintesi storiche, ordinandolo e disponendolo con un concetto armonico ed unitario. Fra le sue raccolte di documenti, che egli non seppe o non volle usufruire per un lavoro comprensivo, merita speciale ricordo quella riguardante la schiavitù in Genova dal'se-colo XII al secolo XVII : atti, sunti di atti, spogli di notizie da lui estratti da un’ enorme congerie di registri notarili e di decreti di governo (1). Il marchese Staglieno ebbe indole mite e cortese, che manifestò ognora con profitto cosi degli studiosi già provetti che esercitavano la loro attività nell’àmbito stesso delle ricerche di lui, come dei giovani che movevano i primi passi sul terreno delle indagini storiche. A questi fu largo di consigli e di aiuti, a quelli, primo fra tutti l’americano Har-risse, fece spesso parte delle sue scoperte archivistiche senza tema nè preoccupazione di perderne la priorità. Nessuno si rivolse a lui senza riportarne un’utile indicazione, ovvero una proficua notizia. Fu in relazione con alcuni noti studiosi di cose colombiane, e principalmente coll’Harrisse su ricordato, col quale mantenne per una diecina (Γ anni una vivissima corrispondenza epistolare (2). Quale membro della Commissione governativa per l’ordinamento e la pubblicazione della grande raccolta di scritti colombiani, egli si adoperò indefessamente per la fe- (1) I manoscritti dello Staglieno furono per espressa volontà sua divisi fra la Società Ligure di Storia Patria e la biblioteca CMco-Beriana. Di quelli ricevuti dalla nostra Società ho dato un sommario elenco nel voi. XLVI, fase. I degli Atti in nota a pp. CCXXIV-CCXXY. Quelli ora conservati nella civica biblioteca Beriana comprendono: 13 volumi iu ottavo e 4 scatole di schede contenenti copie e spogli di atti notarili ; 12 scatole cou documenti varj : 2 volumi in ottavo di regesti delle filze Diversorum Cancellaricie per tutto il secolo XV : 1 volume iu ottavo cou spogli dei registri Litterarum ; 1 volume con spogli delle filze del Senato dal 1500 al 1565 ; 1 cartella cou alberi genealogici di famiglie nobili genovesi : 1 pacco con alberi genealogici di famiglie nobili non patrizie genovesi ; 1 pacco con alberi genealogici di famiglie nobili estinte ; 1 cartella con diplomi. Tutte copie o estratti o sunti di documenti appartenenti quasi esclusivamente "all’ Archivio di Stato in Genova. (2) La corrispondenza fra 1’ Harrisse e lo Staglieno fa parte delle carte passate per volontà di quest’ultimo alla nostra Società, ed è non poco interessante per la storia delle questioni colombiane agitate in quel torno di tempo, specialmente fra il 1880 ed il 1890. Henry Harrisse « avocat à la Cour Suprème de New York » risedeva allora a Parigi (rue Cambacérés, n. 30), donde scriveva frequentemente in tono assai amichevole e quasi confideuziale al nostro patrizio, le cii lettere egli attendeva cou vivissimo desiderio. Per dare un’idea dell’interesse — Si- lice riuscita di questa, massime negli ultimi tèmpi quando le condizioni di salute e poi la morte del Belgrano, uno dei due vicepresidenti della medesima Commissione, avevano causato un rallentamento nei lavori di essa. Amico del barone Andrea Podestà, sindaco di Genova, erasi prima efficacemente adoperato presso di questo perchè la proposta dell’ Harrisse intesa a promuovere la pubblicazione degli scritti colombiani per parte del Governo italiano in occasione del I\r centenario della scoperta dell’ America, venisse accolta con favore e resa effettiva per mezzo dell’ istituzione della predetta Commissione (lj.- Il buon patrizio, tutto assorto negli studj e nelle ricerche del passato, si tenne lontano dalle competizioni e dalle lotte politiche, e non ebbe, ch’io sappia, nessuna parte attiva nelle vicende del nostro Risorgimento nazionale, sebbene appartenesse, almeno negli ultimi tempi, al grande partito liberale cui si deve la costituzione del regno d’Italia (2). Egli passò la maggior parte della sua vita a Genova, che fu il campo principale delle sue ricerche, e dal quale non si allontanava nei tempi della sua prosperità che per trascorrere i mesi della stagione estiva che egli prendeva alle comunicazioni dello Staglieno, voglio qui riferire quanto manifestavagli in data del 25 marzo 1887 : « C’ est ime fameuse lettre qne vous venez de m’euvoyer, raon cher ami, et un beau cadeau pour célébrer Panuivorsaire de ma naissance. A ce propos, laissez moi vous ouvrir mon coeur. Avocat à la Conr Suprème, chargé de conduire d’importantes litigationis, ayant à rédiger des consultations jaridiques demaudées de l’étrauger, il va de soi que cliaque matin on dépose sur ma table un courrier assez considérable. Or les premières le/ires que je cherche, souvent d’une main fiévreuse, ce sout celles qui concernent mes travaux historiques, notament les épi-tres portant le timbro de Gèues, et lorsque il n’y en a pas, c’est d’un air distract et en faisant la moue, qne je dépouille ma correspondauce. Tout cela, c’est pour vous dire avec quel plaisir j’ai lu et rolu votre lettre de 23 cr.......». (1) L’ Harrisse fece la sua proposta con una lettera a stampa, alla cui pubblicazione avvenuta in Genova attese lo stesso Staglieno, sotto il titolo: Le qualrième centenaire de la découverte du nouveau monde, Lei tre adressée à Son Excellence le Ministre de l’Inslruc-hon publique du Rovaume d’Italie par un citoven americain ; Genes, A. Donath, éditeur, 44, via Luccoli, MDCCCLXXXVII. Lo Staglieno poi nel corso del 1887 curò altresì la pubblicazione, fatta egualmente iu Genova, di qnest’altra opera dello scrittore americano : Christophe Colomb et Savone, Verzellino et ses Memorie, Etudes d’histoire critique et documentane par Henry Harrisse ; Gènes, A. Donath, èditejir. ecc., MDCCCLXXXVII. Il lavoro, come avvertiva l’editore, era già comparso in parte nel numero di settembre-ottobre 1887 della Revue hislorique, e venne ristampato con « molte aggiunte e col corredo d’importantissimi documenti ». (2) In risposta ad una lettera circolare a stampa della Associazione dei festeggiamenti religiosi del IV centenario della scoperta dell’ America, iu data 29 gennaio 1891 e firmata da L. Corsanego Merli segretario di essa Associazione — lettera colla quate si nominava lo — 55 — ed autunnale in una sua villa di Novi, oppure per rade escursioni a Roma, Firenze, Torino, ed in qualche altra città ove era condotto principalmente da ragioni di studio. Sostenne gli uffici di vicepresidente della R. Deputazione di Storia Patria- per le antiche Provincie e la Lombardia, e di segretario della Commissione araldica ligure ; fece parte inoltre dell’ Accademia Ligustica di belle arti, della R. Accademia Albertina di Torino, della R. Accademia Araldica italiana, della Società storica savonese, ecc. ; ed ebbe in premio delle sue benemerenze di studioso le onorificenze di cav. uff. della Corona d’Italia e di cav. dei Santi Maurizio e Lazzaro. Socio fondatore ed effettivo della Società Ligure di Storia Patria, ne fu per lunghi anni consigliere e tesoriere, poi vicepresidente dal 1899 fino alla morte ; ed in occasione del cinquantenario del nostro Istituto, ne venne acclamato socio onorario (Assemblea del 26 aprile 1908). Nella sua vita privata sopportò traversie e dolori: erede di una cospicua fortuna da cui negli anni della giovinezza e della maturità trasse mezzi per una vita signorile corrispondente alla sua condizione aristocratica, si ridusse, attraverso una vicenda di sciagure domestiche, in molto umile stato, nel quale tuttavia trovò aiuti presso alcuni familiari ed amici, che gli impedirono di cadere nell' indigenza (1). Ma nelle sue distrette conservò sempre la serenità della niente e la dignità del carattere, attingendo forza e conforto dai suoi studj prediletti, che Staglieno socio promotore della Associazione medesima — il nostro marchese così scriveva : « Sono infinitamente obbligato...., ma por debito di lealtà nou posso assolutamente accettare. Imperocché essendo tali festeggiamenti promossi dal partito cattolico, ove io aderissi a far parte dell’ Associazione per i medesimi, si potrebbe credere che io pure faccio parte del detto partito, mentre milito invece nel campo liberale. Ciò le dico con tutta franchezza a scanso di equivoci per spiegare la mia rinuncia... (Genova 31 gennaio 1891) ». Circa la grande commemorazioue colombiana, ricordo che il march. Staglieno era stato fin dal 5 aprile 1886, cou deliberazione della Giunta municipale genovese, nomiuato membro del Comitato promotore dei festeggiamenti « da farsi in Genova nel 1892 per solennizzare il IV centenario della scoperta dell’America ». (1) Il march. Staglieno erasi ammogliato il 31 agosto 1863 in Genova nella parrocchia di S. Salvatore con Anna Maria, figlia di Giacomo Niccolò Garibaldi e di Luigia Lupi, nata il 2 marzo 1839 in detta parrocchia e morta il 25 gennaio 1904 iu Genova nella parrocchia di N. S. della Consolazione. Ne ebbe sette figli, e cioè : Giulia, nata iu Genova il 16 giugno 1864, maritata con Alberto Federico Doria di Luigi il 16 giugno 1891, ed ora vivente presso la sorella Luigia iu Koma ; Luigia, nata in Genova 1’ 11 maggio 1865, maritata il 12 novembre 1885 con G. B. Fasciolo, di cui rimase vedova alcuni anni fa, e da molto tempo domiciliata in Roma ; Adele, nata in Genova il 2 dicembre 1866 e morta ivi il 4 dicembre 1887 ; Carlo, nato iu Genova il 12 aprile 1868, vivente; Alberto, nato in Genova il 22 luglio 1869, e morto ivi di paralisi al manicomio qualche anno fa ; Camillo, uato in Genova il 3] dicembre 1870, vivente ; Emilio, nato a Novi Ligure il 18 agosto 1874 e morto a Genova il 17 agosto 1889. Giulia, Carlo, Camillo hanno tutti figliolanza ; ed Alberto lasciò due tìgli, tuttora minorenni, cd orfani anche della madre. — 56 — gli consentirono di elevarsi in una sfera dove le contingenze della esistenza materiale e la malignità della fortuna nulla possono. Sicché nel tramonto della vita, egli avrebbe potuto ripetere, con tranquilla coscienza e con maggior fondamento di esperimentata verità, i versi che nella sua prima giovinezza rivolgeva ad un amico : « Colla tempesta degli affetti io vissi In lotta ognora, or vinto or vincitore, Studiai severi libri, e versi scrissi Di duol, d’amore ; Ma ognor libero vissi, nè adulai L’ uom perchè forte di dovizie o impero, Nè in fronte a lui giammai chinato ho i rai Dicendo il vero » (1). MARCO AURELIO CROTTA m. 16 dicembre 1909 Nato a Genova il 23 giugno 1861 in umili condizioni da Giovanni e da Caterina Dellacasa, fu dalle necessità della vita costretto in età di 14 anni ad abbandonare le scuole; ove ebbe a maestro Gerolamo De Paoli, e ad allogarsi in Darsena come garzone e commesso di negozio. Ma un’ innata disposizione alle belle arti lo spinse ben presto a fare ogni sforzo per togliersi da un mestiere per il quale aveva più ripugnanza che gusto ; e mentre al giorno attendeva alle operazioni del suo impiego commerciale, da cui traeva i mezzi per sostentar sè e la madre, alla sera ed alla notte applicavasi con pertinace lavoro allo studio del disegno. I suoi sforzi trovarono incoraggiamento ed aiuto presso alcuni suoi amici, primo fra tutti Giovanni Campora, e presso estimatori competenti ed autorevoli come Agostino Allegro e Alfredo D’Andrade; i quali lo spinsero prima a seguire i corsi dell’Accademia (1) Ore solitarie (Ad un amico), p. 25. Per la biografia dello Stagliene si confroutino ; Commemorazione di Marcello Staglieno fatta da Vittorio Poggi ; iu Miscellanea di Storia italiana, pubblicata dalia R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per lo Antiche Provincie e la Lombardia, terza serie, tomo XIV, Torino, Fratelli Bocca, MCMC ; pp· 219-226. Alle parole commemorative segue l’elenco delle pubblicazioni dello Staglieno in ordino cronologico. G. N. Garibaldi, La giovinezza d'uno studioso ; in Rivista Ligure di scienze, lettere ed arti, anno XXXVII, settembre-ottobre 1910, Genova; pp. 221-240. A (ngelo) M (assa), Il march. Marcello Staglieno ; in lìazzetta di Genova, anuo LXXXH» ii. 11, 30 novembre 1914, Editori Fratelli Pagano, pp. 3-4. — 57 — Ligustica di Belle Arti, e gli furono poi larghi di consigli e di ammaestramenti durante gli studj ivi compiuti da lui. Conseguito il diploma d’architetto, esercitò con fortuna la sua nuova professione. Il primo lavoro in cui si rivelò fu il castello Figari edificato a vS. Michele di Pagana presso Rapallo in istile medievale ligure dell’epoca, del palazzo di S. Giorgio. Ad esso seguirono parecchi altri lavori, nei quali l'originale buon gusto dell’autore si accompagna felicemente con una sapiente applicazione dell’ arte antica e medievale. Ricordo, fra diversi, le cappelle mortuarie elevate nella necropoli di Staglieno per le famiglie Ottone, Gismondi, Liberti e Pratolongo; ed il castello « La Perouse » costrutto, in istile savoiardo, a Chambery per commissione del signor Tardy. La sua profonda conoscenza dell’arte medievale lo fece collaboratore apprezzato del D’Andrade nei restauri di Porta Soprana, del palazzo di S. Giorgio e della Metropolitana di Genova. Partecipò altresì in questa città al compimento del castello De Albertis a Montegalletto, come ai restauri dei palazzi Mi-gone ed Imperiale. Sono intieramente opere sue il palazzo Oderò presso la funicolare di Sant’Anna a Genova, le palazzine Vianson a Pegli, Ottone a Chiavari ed a Torriglia, D’ Andrade a Rapallo, il castello Peirano pure a Rapallo, ed il convento dei Cappuccini a Quin- 1 to. Professore di architettura alP Accademia Ligustica, vicepresidente della Società promotrice di belle arti, membro della Commissione conservatrice dei monumenti, oggetti d’arte ed antichità di Genova, cooperò a restaurare molte opere religiose e civili della nostra regione. Appartenne alla Società Ligure di Storia Patria dal 21 giugno 1883 fino alla morte, che lo rapi improvvisamente in Genova il 16 dicembre 1909 strappandolo all’amore della famiglia composta della moglie e di -due figli, una giovinetta ed un maschio uscito appena dalla puerizia. LUIGI MALATESTA m. 3 gennaio 1910 Sortì i natali il 9 febbraio 1832 a Genova, dove, cresciuto in un ambiente schiettamente mazziniano, dimostrò di buonora i suoi ardori patriottici partecipando, appena adolescente, al moto rivoluzionario del 1849, e più tardi ai fatti del 29 giugno 1857 connessi colla spedizione di Pisacane. Mentre un semplice contrattempo gli impedì, come affermasi, di seguire questa, poco mancò non venisse coinvolto nel famoso processo per i fatti suddetti. Fu dei Mille nei Carabinieri genovesi comandati dal suo amico Antonio Mosto, nelle file dei quali combattè valorosamente a Calatafimi, a Palermo, a Milazzo ed al Volturno, e guadagnò, col grado di sottotenente aiutante maggiore cui venne da Garibaldi elevato il 24 ottobre 1860, anche la medaglia d’argento al valor militare confermatagli con decreto del 17 gennaio 1862. Nel 1865, comandante di una pattuglia di Guardia civicar riuscì a far prigioniero il temuto malandrino denominato il l·rate, che infestava, alla testa di alcuni altri malfattori, i dintorni di Genova. Fece la breve campagna del 1866 come tenente nel 1° battaglione bersaglieri volontari italiani, composto in gran parte di carabinieri genovesi, per il cui armamento egli aveva acquistato poco prima in Svizzera, dietro incarico del Municipio di Genova, le famose carabine federali. Verso la fine della guerra si ammalò gravemente a Bagolino per gli strapazzi sofferti, e potè a stento salvare la vita con la perdita di un polmone. Ascritto fin da giovinetto al partito d’azione, godette della fiducia di Mazzini, Savi, Bertani, Quadrio, dai quali fu talora adoperato in delicati servizi politici. Come tanti altri patriotti genovesi esercitò il com~ mercio, e fu per quarantanni a capo della Casa di spedizioni Malatesta e Vallebona fondata nel 1867 ; ma gli affari non lo distolsero dalla sua passione per i libri, dei quali egli mise insieme una bella raccolta composta di un cinquemila opere, con 15.000 volumi all’ incirca, concernenti principalmente la storia del Risorgimento nazionale. Peccato che una così cospicua collezione, da lui radunata con grandissima cura, sia andata dopo la sua morte divisa, per non dire dispersa, fra varj acquisitori ! L’interesse per le patrie memorie lo aveva spinto ad entrare nel nostro Sodalizio, cui appartenne dal 2 agosto 1874 fino alla morte, TITO SPINOLA m. 12 gennaio 1910 Figlio del marchese Francesco Ambrogio e della marchesa Eugenia Pinelli, nacque Tito Spinola in Genova il 6 aprile 1826. Abbracciata la carriera delle armi, venne ammesso il 21 novembre 1843 soldato volontario dell’ esercito sardo nel 6° reggimento fanteria, nel quale fu successivamente sotto caporale il 1° settembre 1844, caporale onorario il 1° marzo 1845, caporale effettivo il 1° giugno 1845 e sergente 1’ 11 aprile 1848. Fece le campagne di guerra del 1848 e 1849: nella prima ottenne, il 7 maggio 1848, la promozione a sottotenente d’ordinanza nel 10° reggimento fanteria; e nella seconda cad- — 59 — de prigioniero degli Austriaci a Mortara il 21 marzo 1849. Dopo pochi giorni di cattività rientrò, il 1° aprile 1849, nello stesso reggimento, di cui poi fu nominato luogotenente l’il aprile 1851 e più tardi capitano il 5 marzo 1859. Con quest’ ultimo grado prese parte alla battaglia di Palestro del 30 maggio 1859 nelle file di detto reggimento, il quale si segnalò in essa battaglia per modo da guadagnare alla propria bandiera la decorazione della medaglia d’ argento al valor milita-tare. Il 7 maggio 1860 lo Spinola venne trasferito nel corpo dei bersaglieri, e vi consegui il grado di maggiore il 1° settembre 1861. Nella campagna di guerra del 1866 egli comandava, con tale grado, il 21° battaglione del 1° reggimento bersaglieri ; e la sua ferma e coraggiosa condotta nella fazione di Borgoforte del 5 luglio di detto anno gli otteneva la medaglia d’ argento al valore colla seguente motivazione : « Per essersi distinto nel comando del suo battaglione e segnatamente nel proteggere la ritirata dei pezzi facendoli trascinare a braccia dai soldati sotto il tiro dei forti nemici » (R. D. 6 dicembre 1866). In appresso fu luogotenente colonnello nel 1° reggimento granatieri (R. D. 9 ottobre 1868), e di poi come tale comandante il 42° reggimento fanteria (R D. 29 settembre 1872), ed infine colonnello comandante dello stesso (R. D. 4 dicembre 1873). Collocato a riposo ed inscritto col proprio grado negli ufficiali di riserva con R. D. 7 luglio 1878, il nostro marchese si stabilì a Genova, dove, secondo le consuetudini del patriziato genovese, dedicò le sue cure alle istituzioni di beneficenza. Fu infatti membro del Magistrato di Misericordia, dell’ Amministrazione del Ricovero di mendicità in Paverano, del Consiglio amministrativo dell’ Opera Pia De Ferrari, e di altri istituti consimili. Il 17 dicembre del 1893 ebbe la nomina di maggior generale nella Riserva. Oltre le consuete decorazioni italiane di cavaliere ufficiale dei SS. Maurizio e Lazzaro e di commendatore della Corona d’Italia, aveva anche le insegne di cavai, della » Legion d’onore di Francia (D. Imperiale del 12 gennaio 1860). In ultimo era stato autorizzato a fregiarsi della croce d’ oro per anzianità di servizio, istituita con R. D. dell’8 novembre 1900. Apparteneva, come socio effettivo, alla nostra Società dall’ 11 marzo 1898. Morì nella palazzina Carrega a S. Luca d’Albaro (S. Francesco d’Albaro). CAMILLO BO m 16 gennaio 1910. Dal dott. Angelo Bo di Sestri Levante, professore di patologia generale nell’ Università genovese, direttore della Sanità marittima degli — 60 - Stati Sardi, deputato alla Camera Subalpina e poi senatore del regno d’Italia, e dalla signora Maddalena Storace nacque in Genova il 12 gennaio 1853 Camillo Bo : spirito irrequieto e battagliero, che dal padre ereditò, se non Γ ingegno e le attitudini, quanto meno le aspirazioni alla vita politica, senza tuttavia avere la fortuna di poterle coronare coll’effetto. Conseguita la laurea in legge, e dedicatosi alla professione d’avvocato più per istimolo delle sue aspettazioni e speranze di attività pubblica, che per desiderio o bisogno di lucro, egli non aveva ancora compiuta l’età statutaria dei trentanni, quando si presentò la prima volta candidato nelle elezioni politiche a scrutinio di lista del 29 ottobre 1882 per il terzo collegio di Genova, del quale Chiavari era allora capoluogo, e rimase soccombente pur ottenendo una votazione molto lusinghiera. Riconvocato il collegio per la morte del deputato Antonio Sanguinetti, accaduta il 15 febbraio 1883, il Bo, dopo vivissima lotta, riuscì eletto il 18 marzo di esso anno; ma il suo trionfo ebbe breve durata, poiché la Giunta delle elezioni, mossa da insistenti accuse di brogli, nominava un Comitato inquirente, ed in seguito al risultato delle indagini di questo proponeva l’annullamento della elezione e la trasmissione degli atti all’ Autorità giudiziaria : proposte che la Camera approvò il 19 giugno 1883. Non si scoraggiò il nostro avvocato, e ritentò l’agone nelle elezioni suppletive del 15 luglio 1883, che gli furono avverse, e quindi, sempre in detto collegio, nelle elezioni generali del 23 maggio 1886, nelle quali ebbe ancora sorte contraria. Più fortunato nelle lotte amministrative, egli fu per parecchi anni consigliere provinciale prima per Sestri Levante e poi per Genova (S. Vincenzo) ; e le sue prestazioni pubbliche gli meritarono il grado onorifico di cavaliere ufficiale della Corona d'Italia. Oltre parecchie allegazioni dettate nella pratica della sua professione d’avvocato, il Bo pubblicò scritti di argomento teorico giuridico ed amministrativo, fra i quali ricordo : Dell’esercizio del commercio e del mandato generale in correlazione al diritto di patria potestà se-condo l'art. 224 del Cod. civ. ital., studi (Genova, Tip. Sordomuti 1882, in 8°, pp. 116); Sull’ eleggibilità dei professori dell’ Università di Genova, Relazione presentata al Consiglio provinciale (Genova, lip, Pietro Martini 1890, in 4°, pp. 11). Si dilettò di studj letterari e storici y ed appena ventenne era stato ricevuto socio effettivo nella nostra Società il 5 agosto 1873, e vi rimase fino alla morte. Concedette altresì le sue cure all’ agricoltura facendo eseguire grandi lavori di adattamento e di miglioramento nei suoi poderi di Sestri Levante, e spendendovi - 61 — largamente del pingue patrimonio ereditato dal padre. Impiegò parte notevole degli ultimi anni di sua vita a promuovere e poi a sostenere una clamorosa causa legale contro il senatore Breda, presidente della Società Veneta di costruzioni, della quale il Bo possedeva molte azioni. Era ammogliato colla signora Rosa Balestrino, da cui non ebbe prole. Cessò di vivere in Genova, colpito 'da violenta polmonite. UGO CARCASSI m. 14 luglio 1910. Discendente da un’antica e cospicua famiglia genovese di uomini di toga, Ugo Carcassi nacque in Genova il 19 novembre del 1849. Il padre suo fu quel Giuseppe Carcassi che, magistrato dapprima ed avvocato professionista di poi fra i migliori penalisti del foro genovese, si segnalò negli anni dal 1853 al 1870 tra i più ardenti patriotti ed i p:ù operosi membri del partito d’azione : difensore di Mazzini nel processo per i fatti del 29 giugno 1857, cooperatore di Garibaldi nella spedizione dei Mille, deputato di Lugo dal 1867 al 1870 e di Ferrara nel 1874-75, fondatore, direttore e collaboratore di giornali politici e giuridici, studioso ed erudito di storia patria, dottore aggregato del-P Università di Genova, vien ricordato come uno dei personaggi meglio rappresentativi di questa città nel periodo più fortunoso del Risorgimento nazionale italiano. Anche la madre, Anna Chiodo, appartenne ad una famiglia celebre nei fasti del nostro Risorgimento : figlia del generale Gio. Batta direttore del Genio marittimo, sorella del generale Domenico ideatore dell’Arsenale della Spezia, nepote del generale Agostino ministro della guerra e poi presidente del Consiglio dei ministri nel 1849. Da tali genitori e con l’incitamento di così suggestive tradizioni famigliari, il nostro Ugo ebbe l’animo educato a gagliardo sentimento di patria e la volontà indirizzata ad opere severe. Dietro l’orme paterne si avviò agli studj giuridici; ma nella primavera del 1866, scosso dal grido di guerra contro 1’ Austria, ancora adolescente disertava la scuola, e, sottraendosi colla fuga alla famiglia, correva a schierarsi tra le file garibaldine. Raggiunto dal padre, fu da questo condotto a Monza ed affidato a Missori, e sotto la costui guida partecipò alla breve campagna del Trentino. Laureatosi in legge, si dedicò specialmente alle questioni di diritto commerciale e marittimo ; nella conoscenza e nella risoluzione delle quali acquistò larga e sicura competenza, sia per ri- - 62 — spetto alla dottrina sia per rispetto alla pratica. Nella parte dottrinale porse buon saggio della sua coltura giuridica colla nuova edizione, da lui curata nel 1897 insieme con Pietro Cogliolo, dei Discursus legales de commercio del giureconsulto genovese Giuseppe Lorenzu Maria De Casaregis (1670 - 1737), « uno fra i più illustri dottori del diritto commerciale », le cui idee, specialmente per quanto concerne le assicurazioni marittime, ebbero una notevole influenza sulla legislazione moderna (1). Nella parte pratica e professionale il Carcassi, segnatamente come consulente e patrocinatore della Società di Navigazione Generale Italiana e della Società Ansaldo, suoi clienti principalissimi, conseguì fama di avvocato principe ; talché in Genova e fuori gli era riconosciuta una capacità indiscussa ed una autorità da maestro nella complessa materia delle questioni commerciali e marittime, massime in rapporto colle società anonime. Nonostante la grande stima di cui godeva in Genova, che gli avrebbe facilmente aperta la via agli uffici rappresentativi più eminenti, egli si tenne lontano dalla vita politica ed amministrativa della città, schivo delle competizioni e delle lotte che ordinariamente Γ accompagnano ; si ricorda di lui soltanto la sua giovanile partecipazione, come consigliere comunale per la non ancora abolita frazione della Foce, alla prima Amministrazione progressista sorta in Genova dopo il rivolgimento politico parlamentare del 1876. Le severe concezioni del giure accompagnò, nella sua mente, con quelle geniali della poesia ; e tu poeta forbito, per quanto nulla, ch’io sappia, abbia mai pubblicato dei suoi versi. Sull’esempio del padre suo, che collaborò colla Deputazione piemontese di storia patria alFedizione del Liber iuriuni Rei-publicae Genuensis (2), coltivò la storia genovese, e fece parte della (1) Josephi Laurentii Mariae De Casaregis iurisconsulti genuensis collegiati Discursus legales de commercio, ediderunt Ugo Carcassi et Petrus Cogliolo ; Tonius primus, Genuae MDCCCXCVII ; in 4°, pp. 443. Dell’ opera del Casaregis erano già state fatte nei tempi passati tre edizioni, la prima in Genova, la seconda in Firenze e la terza in Venezia. Questo primo tomo, che è il solo pubblicato della nuova edizione, contiene cinquanta discorsi. Una biografia del Casaregie o Casaregi, nato a Genova il 9 agosto 1670 e morto a Firenze 1’ 8 agosto 1737, trovasi in Elogi di Liguri illustri, seconda edizione riordinata, corretta ed accresciuta da D. Luigi Grillo, tomo secondo, Genova 1846, Tipografia dei Fratelli Pontbeuier, pp. 345-353. Essa è scritta dall’avv. Gio. Battista Belloro, e comparisce anclie nella prima edizione degli Elogi pubblicata da G. B. Gervasoni e C°. nel 1823. (2) Liber iurium Reipublicae Genuensis, tomus I, p. XIII ; in Historiae Patriae Monumenta, Augustae Taurinorum, en Officina Regia, Au. M.DCCC.LVIIII.. - 63 - nostra Società dal 22 aprile 1897 fino al termine della sua vita. Ebbe il titolo di commendatore della Corona d’Italia. Mancò in Genova dopo breve malattia ; e la sua salma fu trasportata e seppellita a Cairo Montenotte, luogo d’origine della moglie sua, Signora Maria Verde-se, del quale egli era cittadino onorario. LUIGI BERETTA m. 22 luglio 1910. In Arcola, dove nacque il 14 luglio 1827 (1) da Luigi Serafino e da Bartolomea Gianolla, fece i primi studj di avviamento al sacerdozio presso quelle scuole ivi istituite da Pietro Bastreri e Pietro Tancredi « psr informare la gioventù » - come dice un’ iscrizione inaugurata colà nel 1838 - « alla pietà ed alle lettere » ; continuò e compiè la sua istruzione nel Seminario vescovile di Sarzana. Fu ordinato sacerdote dal vescovo di Massa-Carrara, mons. Francesco Strani, il 21 dicembre 1850. Col ministero sacerdotale esercitò anche l’ufficio di maestro di scuola, dapprima nel suddetto Istituto Bastreri - Tancredi di Arcola. Nominato poi il 4 maggio 1866 maestro provvisorio nelle scuole civiche elementari di Genova, vi divenne maestro effettivo il 20 novembre dell’anno medesimo, e,dopo 27 anni d’insegnamento, direttore con effetto dal 1° novembre 1893. Per deliberazione della Giunta municipale in data 14 novembre 1879 fu anche incaricato dell’insegnamento delle materie letterarie nella terza classe del Ginnasio civico, incarico che egli tenne durante tutto l’anno scolastico 1879-80, e che gli venne rinnovato, per la prima classe dello stesso Ginnasio, negli anni 1880-81 e 1882-83. Consegui il suo collocamento a riposo il 15 gennaio 1905 dopo quasi 39 anni di servizio scolastico sotto il Comune di Genova, gli ultimi undici dei quali come direttore della scuola elementare Anton Giulio Brignole Sale a S. Francesco d’Albaro. Il Beretta si occupò attivamente di questioni di agricoltura, e coll’opera di pubblico insegnante condusse di pari passo quella, non meno importante, di propagatore delle buone norme agricole, sia dedicandosi all’amministrazione ed all’incremento del Comizio agrario del Circondario di Genova, di cui fu vice presidente per parecchi anni, sia tenendo conferenze e corsi di lezioni di agronomia, sia pubblicando (1) Questa è la data comunicata dalla Curia vescovile di Luui-Sarzana, mentre la data indicata dal Municipio di Arcola come quella registrata negli Atti dell’ Ufficio d’istruzione pubblica del Municipio di Genova è il 22 luglio 1827. La quale invece, secondo la Curia suddetta, è la data di battesimo, o non di nasoita. — 64 — manuali riguardanti questa stessa materia, sia promovendo ed ordinando esposizioni di fiori, di vini e di altri prodotti della terra. Non ultima delle sue cure fu la Società Ligure di Storia Patria, del cui Consiglio Direttivo fece parte ininterrottamente dal 1876 lino al 1910r tenendo anche, dopo la morte del Belgrano, l’ufficio di Segretario generale, dal 1896 al 1898, e nei cui Atti (Voi. XVIII) trovasi inserito il secondo regislro della Curia arcivescovile di Genova da lui trascritto per impulso del medesimo Belgrano, che ne curò la pubblicazione. Nella sua qualità di segretario del nostro Istituto, egli diede pure una breve relazione dell’ opera sociale nel voi. XXVIH degli Atti. È giusto altresì ricordare il contributo da lui portato al voi. XXII contenente le Tavole descrittive delle monete della Zecca di Genova dal MGXXXIX al MDCCCXIV-, contributo di cui rende, con parole elogiative per il Beretta, calda testimonianza il Desimoni nella prefazione al volume suddetto. Il defunto consocio apparteneva alla Società dal 12 dicembre 1875; era inoltre socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia dal 11 aprile 1890, e cav. uff. della Corona d’Italia. Si spense in Genova per mentecattaggine senile. Oltre i su accennati lavori, che rappresentano la sua collaborazione ai volumi della Soc. Lig, di Stor. Patr., il Beretta compilò i seguenti altri, quasi tutti relativi all’ azione da lui spiegata in favore dell’ agricoltura : Introduzione all’ Ampelografìa Italiana di Luigi Oudart, versione dall’ originale francese di Luigi Beretta approvata dall’ Autore) Geuova, Co’ tipi dol R. Istituto Sordo Muti, 1873 ; pp. 107. Prime letture del Campagnolo, Nozioni generali di agricoltura esposte ria Luigi Beretta pubblicate per cura del Comizio Agrario di Genova; Genova, Tip. 'lei R. I. Sordo Muti, 1877 ; pp. 118 (Le ultime pagine, da 101 a 115, contengono un’appendice con gli Atti della Stazione sperimentale agraria di Roma del prof. Marco Marro relatore. Luigi Beretta, I vigneti ed i vini delle Cinque Terre della Provincia di Genoia, con 12 tavole ampelografiche ; Giarre, Tipografia Fratelli Crietaldi, 1891. Estratto dal giornale La Sicilia vinicola, di pp. 68. Luigi Tommaso Belgrano ; necrologia in Archivio Slorico Italiano, quinta Serie, Tomo XVII, a. 1896, pp. 214-217. GUIDO BIGONI m. 7 ottobre 1910 Guido Bigoni nacque a Dolo, presso Venezia, il 28 gennaio del 1863, studiò all’ Università di Padova, e vi si laureò prima in legger — 65 — e quindi in lettere nel luglio 1885. Dopo un breve periodo di tirocinio in un ufficio d’ avvocato, che finì per convincerlo di non possedere nessuna vocazione per la professione forense,' e prestato fra il 1885 ed il 1887 servizio militare come soldato e poi ufficiale, determinò, seguendo le sue inclinazioni per gli studj letterari e storici, di darsi all’ insegnamento pubblico. Incaricato di storia-geografia nel Liceo di Potenza con decorrenza dal 1° gennaio 1888, vi insegnò fino al termine deiranno scolastico in corso, e passò quindi, col grado di reggente della stessa materia, nel Liceo di Salerno, dove trascorse gli anni 1888-89 e 1889-90. In quest’ultima città sposò la Signora Maria Abbondati vedova del giudice Casaburi. Da Salerno venne trasferito alla Spezia, ed ivi rimase tre anni, fino a quando cioè, vinto il concorso alla cattedra di storia e geografìa nel Liceo Colombo di Genova, fu a questo destinato con decreto del 27 settembre 1893. A Genova il Bigoni passò la maggior parte della sua carriera scolastica, non pure come titolare della cattedra predetta, ma altresì tenendo per qualche tempo la supplenza di italiano e di storia nelle prime due classi dell’ Istituto Nautico, dettando un corso libero di storia del commercio nella Scuola d’applicazione per gli studj commerciali ed impartendo dall’anno scolastico 1897-98 in poi l’insegnamento della storia presso la Scuola magistrale maschile dipendente dalla Provincia. Ed a Genova preferì di rimanere anche dopo aver vinto il concorso alla cattedra di storia nella Scuola superiore di commercio di Bari. Egli lasciò la nostra città quando venne nominato capo d’Istituto incaricato, e trasferito con tal grado, previo suo consenso, al Liceo-Ginnasio di Correggio per decreto del 10 ottobre 1909. Di costituzione gracile e di salute cagionevole, egli ebbe non poco a soffrire per l’umido clima della sua nuova residenza. Verso la fine delle lezioni dell’anno scolastico 1909-10 chiese ed ottenne per l’anno scolastico successivo di essere destinato a Napoli, al Liceo Vittorio Emanuele, con rinuncia all’ufficio di preside; ma, pur troppo, non potè raggiungere la desiderata sede, dal cui soggiorno ripromettevasi un effettivo sollievo al male che lo affliggeva. La sua salute era compromessa oramai in modo irrimediabile, ed invano egli ritornò nelle vacanze del 1910 a respirare le aure genovesi, poiché, nonostante tutti i sussidj dell’arte medica e le cure amorevoli della moglie, egli si spegneva in una casa di salute presso Sturla il 7 ottobre dell’anno stesso. 5 — 66 — L’opera del Bigoni come studioso e scrittore fu varia, talché egli attese tanto alla storia ed alla geografia, quanto alla letteratura ed al diritto; nelle sue indagini storiche trattò poi argomenti dispaiati, e considerò avvenimenti e personaggi assai diversi fra di loro nel tempo -e nello spazio. Si occupò principalmente di storia moderna, ed in questo campo l’opera di lui nel suo complesso - come ebbe a i ifeiire la Commissione giudicatrice del concorso per professore ordinario di essa materia nella R. Università di Catania, al quale egli partecipò nel 1901 - « non appare nè molto vasta, nè sufficientemente piofonda » (1). Talora potè sembrare che nelle sue ricerche fosse spinto piuttosto da una curiosità di dilettante, che da un serio proposito di scienziato. Il suo lavoro storico più notevole è forse quello riguardante la caduta della Repubblica di Genova nel 1797, per il quale si giovò efficacemente del cospicuo materiale offertogli dal nostro archivio di Stato: lavoro di piccola mole, ma denso di idee e di notizie, dove però la concettosa densità va qualche volta a scapito della cluaiezza. In esso egli dimostra di conoscere a fondo i tempi, i fatti e le persone di cui tratta, e di possedere la preparazione necessaria ad estendere e ad approfondire il suo tema. Invece di un sapiente e brillante boz zetto, com’ è in realtà il suo scritto, egli avrebbe certamente potuto , fare su quel memorabile avvenimento opera compiuta ed autoievole. Ma il Bigoni non aveva lena per comporre grossi volumi, e più che di estendere e sviluppare l’opera propria, si occupò di seguire 1 opera altrui con una lunga serie di recensioni, di notizie, rassegne ed appunti bibliografici, che formano la porzione forse più abbondante dei suoi scritti. Sempre garbato, anche quando avrebbe avuto ragione di mo strarsi severo, egli non faceva veramente nelle sue recensioni opera critica, ma limitavasi di regola ad esporre più o meno largamente il soggetto del libro preso in esame, talora aggiungendo notizie, osser vazioni e commenti suoi riguardanti il soggetto anziché il libro stesso. Fu insegnante serio ed efficace: quantunque avesse parola tardae scarsi mezzi vocali, egli, non pure sapeva tenere con ferma disciplina classi numerose, ma riusciva ad esercitare sopra di esse un fruttifero effetto educativo. Le sue attitudini direttive gli vennero riconosciute, non soltanto con la nomina a preside di Liceo conferitagli per merito di concorso, bensì anche con la dichiarazione di idoneità all’ufficio di provveditore agli studj da lui conseguita, parimente per concorso, nel (1) Bollettino ufficiale del Ministero dell’istruzione Pubblica, 5 settembre 1901 (alin0 XXVIII, voi II, n. 36). ( t — 67 — 1909 (1). Il Ministero dell’istruzione dimostrò il conto in cui lo teneva chiamandolo, con decreti dei 14 e 30 settembre 1909, a far parte della Commissione esaminatrice del concorso generale alle cattedre di materie letterarie nei Regi Ginnasi Superiori (2). Nella nostra Società il Bigoni fa accettato socio effettivo il 18 febbraio 1897, e vi appartenne in tale qualità fino al suo trasferimento a Correggio, in occasione del quale 1’ Assemblea, in seduta del 9 gennaio 1910, lo nominava, su proposta del Consiglio Direttivo, socio corrispondente (3). Egli ne zelò particolarmente l’incremento; e della sua affezione verso di essa, fu sicura interprete la vedova di lui col destinare in dono alla biblioteca sociale una parte notevole dei libri,, più di 475 tra volumi e fascicoli, lasciati dal defunto (4). L’elenco delle pubblicazioni del Bigoni che qui ho radunato, e da cui ho omesso le più brevi recensioni e notizie bibliografiche da lui abbondantemente inserite in varie riviste storiche, dà una sufficiente idea dell’ opera sua di scrittore non che della versatilità del suo ingegno (5). Bibliografia degli scritti di Guido Bigoni 1. Ipazia Alessandrina, Studio storico ; Venezia, Tipografia di G. Antonelli, 1887 ; pp. 105. Estr. dal tomo V, serie VI degli Aiti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. 2. Le istituzioni politiche (nella Terra del prof. G. Marinelli, Milano, A. Vallardi, 1888). 3. Adriano da Corneto ; in Archivio Veneto, tomo XXXVIII, parte II, Venezia, Yisentini, 1889. 4. Un corrispondente napoletano di Francesco Apostoli-, in Nuovo Archìvio Veneto, tomo I, parte II, Venezia, Visentini, 1891. 5. Della bontà nella sioria e della ragione degli studi storici, Lettere due al Prof. Giù- __n (1) Bollettino ufficiale del Ministero dell’ Istruzione Pubblica, 10 giugno 1909 (anno XXXVI, voi I, n. 23), pp. 1533-1537. (2) Ivi, i novembre 1909 (anno XXXVI, voi. II, n. 45), p. 3147 ; 18 novembre 1909 (anno XXXVI, voi. II, n. 47), p. 3321. (3) 11 Bigoni non fece mai parte del Consiglio Direttivo della Società Ligure di Storia Patria, come per errore io scrissi nella mia Relazione, pubblicata nel voi. XLVI, fase. I. degli Atti, a pag. CCXXIV. Fu vice preside della Sezione di Storia, carica puramente nominale dacché le Sezioni hanno da molti anni cessato di lavorare. (4) Atti, voi. XLVI, fase. I, p. CCXXIV. (5) Cfr. M. Roberti, Commemorazione di Guido Bigoni, in Nuovo Archivio Veneto, Nuova Serie, tomo XXI, parte I, Venezia 1911, pp. 245-249 ; Andrea Novara. In memoriam (versi), Per la morte del prof. Guido Bigoni, in Strenna a benefìzio del Pio Istituto dei Rachitici dell’anno 1911, Genova ; pp. 56-62. seppe De Leva ; Padova, Tipografia Gio. Bntt. liandi, 1892; pp. 24. Estr. dal voi. A III, disp. Il degli Atti e memorie della R. Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova. tì. Monaco nel 1793 ; in Giornale Ligustico, «uno ventesimo, Geuova MDCCCXCIII, pp. 306-310. . 7. La Tempesta di G. Shakespeare, Memoria letta alla R. Accademia di Archeologia Lettere e Belle arti nella tornata del 12 marzo 1895 ; Napoli, Tipografia o stereotipia, della Regia Università, 1895 ; pp. 22. Estratto dal voi. XVIII degli Atti dell Accademia di Archeologia, Lettore e Belle arti (Sociotà Reale di Napoli). 8. G. Bolero e la quinta parte delle relazioni universali, Note ed appunti ; Hronze, li- pografìa di Mariano Ricci, via S. Gallo, n° 31, 189Ì5 ; pp. 23. Estratto dalla Rivista Geografica Italiana, auno II, faso. V β VI. ■9. Due drammi di Ernesto Renan, Saggio critico; Venezia, Stai). Tipo-Lit. Successore M. Fontana, 1896 ; pp. 27. Estratto dall’Λ/eneo Veneto, Luglio-Ottobre 1895. 10. I Fenici nella storia del commercio, Prolusione ad un corso libero di storia del commercio nella R. Scuola d’applicazione per gli studi commerciali di Genova, Genova, Tipografìa di Angelo Ciminago, Vico Mele 7, iut. 5, 1896 ; pp- 26. Estratto dal Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche, fascicolo I, 1896. 11. La caduta della Repubblica di Genova nel Π97, con appendice di documenti, Genova, Tipografia R. Istituto Sordo-Muti, 1897 ; pp. 113. Estratto dal Giornale Ligustico, a. XXII, 1897, pp. 233-340. 12. La geografìa nelle scuole classiche ; Firenze, Tipografia di M. Ricci, 1897 , pp. 15· Estratto dalla Rivista geografica Italiana, anno IV, fascicolo IV-V-VI, 1897. 13. Quattro documenti genovesi sulle contese d’oltremare nel secolo XIII, 1 irenze, co tipi di M. Cellini e C„ 1899 ; pp. 16. Estratto dall’ Archivio Storico Italiano, Serie tomo XXIV, anno 1899. 14. Cornelio Desimoni ; pp. 23. Estratto dall’ Archivio Storico Italiano Serie V, toni XXIV, Dispensa 3* del 1899. 15. Note Ligustiche, Per un cartografo genovese del Trecento; Spezia, tipografia Fran cesco Zappa, 1900 ; pp. 12. Estratto dal Giornale Storico e Letterario della Liguria, n. 5—6, Maggio-Giugnol900. 16. Giovanni Marinelli ; Venezia, Visentini cav. Federico Tipografe Editore, 1J00, pp· Estratto dall’ Ateneo Veneto, anno XXIII, voi. 1. 1900, pp. 266-278. 17. Il Saliceti a Genova nel 1796, Una lettera poco nota ; Spezia, Tipografia di France SCO Zappa, 1900 ; pp. 8. Estratto dal Giornale storico e letterario della Liguria, n. i-8-9, L u gl i o - A goeto-S«ttei>i b re 1900. 18. Una fonte per la storia del Regno di Sicilia, Il Carmen di Pietro da Eboh, Stabili mento Tipografico Pietro Pagano, via Ponte Calvi n. 4, piano primo, Genova, 1901, PP· 19. Note ungariche, I, Il perchè d’una croce obliqua e di certi versi danteschi; Spezia, Tipografìa di F. Zappa, 1901 ; pp. 9. Estratto dal Giornale storico e letterario della Liguria, voi. II, n. 10-11-12, Ottobre-Dicembre 1901. 20. La freccia ed il canto (traduz. in prosa da II. W. Longfellow) ; Il salmo della l'da (traduz. in prosa da H. W. Longfellow) : in Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici pel 1903, anno XX, Genova, Tipo-Litografia R. Istituto Sordo-Muti 1903 » pp. 88, 102-103. 21. La vita sepolta (dall’ ingl. di Arnold); in Strenna a benefizio del Pio Istituto dei - 69 — Rachitici pel 1904, anno XXI, Genova, Tipo-Litografìa E. Istituto Sordomuti, 1904 ; pp. 107 110. ‘Ì2. Io ricordo (dall’inglese di T. Hood) ; A Calliroe (dall’inglese di U. Foscolo) : in Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici in Genova pel 1905, anno XXII, Genova, Stab. Tipo·Litografico Ditta A. Montorfano ; pp. 32, 108. 23. Augusto Franchetll ; Genova, Tipografia della Gioventù, 1905 ; pp. 7. Estratto dal Giornale Storico e Letterario della Liguria, anno VI. 24. Canto Decimosesto, in « Lectura Dantis » genovese, I canti XI1-XXIII dell’ Inferno ; Firenze, Successori Lemonnier, 1906 ; pp. 185-232. 25. Note ligustiche, //·', Su d’un contributo di E. Simonsfeld alla storia genovese del dodicesimo secolo ; Genova, Tipografia della Gioventù, 1906 ; pp. 7. Estratto dal Giornale Storico e Letterario della Liguria, anno VII. 26. Per la lega fra Genova e I’ Ungheria nel 1352 ; Pavia, Premiata Tipografia Successori Fratelli Fusi, 1906 ; pp. 30. Estratto dalla « Raccolta di scritti storici in onore del Prof.\ Giacinto Romano nel suo XXV anno d’insegnamento ». 27. Dopo Lissa (1811) ; Milano, Tipografia Editrice L. F. Cogliati, 1906 ; pp. 8. Estratto-dal Bollettino Ufficiale del Primo Congresso storico del Risorgimento Italiano, N. II, Aprile 1906, pp. 89-96. 28. Il Museo Colombiano a Genova, Firenze, Tip. M. Ricci via S. Gallo 31, 1906 ; pp. 3. Estratto dalla Rivista geografica italiana, auno XIII, fascicolo IX, 1909. 29. Il secondo salmo della vita (Lume di stelle) ; Il terzo salmo della vita (Orme di Angeli) - dall’ ingl. di Longfellow - in Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici, 1906. anno XXIII, Genova; pp. 72-73. 30. Francesco Apostoli, Le lettere sirmiensi riprodotte e illustrale da Alessandro D’ Ancona, colla vita dell’ autore scritta dal prof. G. Bigoni ; Roma-Milano, Società editrice Dante Alighieri di Albriglii Segati e C., 1906 (in Biblioteca storica del Risorgimento italiano, pubblicata da T. Casini e V. Fiorini, Serie IV, u. 10). La vita dell’ Apostoli, scritta dal Bigoni sotto il titolo « Notizia biografica secondo nuovi documenti », occupa le prime 108 pagine del volume. 31. All’amico N. M. a Melogno; Verso Finalborgo: iu Strenna a benefizio dei Rachitici in Genova, anno XXIV, 1907, pp. 61-62, 184 (versi pubblicati sotto il pseudonimo di David).'' 32.·'// piccolo re e il villanelle ; S’io fossi ministro: in Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici in Genova, anno XXV, 1908 ; pp. 220-222, 243-244. 33. Genova dal 1746 al 1814 ; Geuova, Tipografia Fratelli Carlini fu Gio. Batta, Via XX Settembre, 22, 1908 ; pp. 36. Estratto dalla Rivista Ligure di scienze, lettere ed arti. 34. 5. Giorgio, iu Lega Navale, 1908, n. 5. 35. La morte di Krishna, a Michele Kerbaker : I. G. A. P. Genova, 1909 ; pp. 6. Estratto dalla Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici in Genova, anno XXVI (Componimento poetico pubblicato sotto il pseudonimo di David). 36. Ai miei Scolari del R. Liceo « Cristoforo Colombo » ; Geuova, I. G. A. P. Società Anonima (già Montorfauo e Valcarenghi), pp. 14. Estratto dalla Strenna a benefizio del Pio Istituto dei Rachitici in Genova, anno XXVII, 1910. — 70 - Recensioni 37. Giuseppe De Leva, Paolo Paruia nella sua legazione, di Roma, Venezia 1888: recensione in Rivista Storica Italiana, voi VI, fuse. I, anno 1889. Estratto di pi». 4. 38. D'' Georg Scliepss, Priscillian ein neuaufgefuridener lat. Schriftsteller des 4 Jah-rhunderls, Wurzburg 1886 : recensione in Rivista Storica Italiana, voi. A, fase. II, anno 1888. Estratto di pp. 12. 39. Andrea Gloria, I più lauti onorari degli antichi professori di Padova e i consorzi universitari in Italia, Padova 1887 : rocens. in Rivista Storica, voi. v, fase. ] Γ, anno 1888. Continuazione dell’ estratto precedente, di pp. 13-15. 40. Giacomo Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, Koina 1889: ree. in Archivio Storico per le Province Napoletane, anno XIV, faso. II. Estratto di pp. 13. 41. Alessandro Luzio, Francesi e Giacobini a Mantova dal 1797 al 1799, Mantova 1890 : ree. in Rivista Storica Italiana, voi. IX, a. 1592, pp. 273-276. 42. Maxime de la Rocheterie, Correspondance du M.ia et de la M.m de Raigecourl avec le M.'* et la de Bombelles pendant Γ émigralion, Paris 1892 : ree. in Rivista Storica Italiana, voi. IX, a. 1892, pp 661-664. 43. Domenico Carutti, Storia delta Corte di Savoia durante la Rivoluzione e l Impero francese: ree. in Rivista Storica Italiana, XI, a. 1894, pp. 120-122. 44. Reinhold Rohricht, Geschichte des Konigreichs Jerusalem (1100-1291), Innsbruck, 1898 : ree. in Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXI, Disp. 2‘, anno 1898. Estratto di pp. 15. 45. \ taggi di Gian Vincenzo Imperiale, con prefazione e note di A. G. Barrili (Atti della Soc. Lig. di Stor. Patr. voi. XXIX) : receus. in Archivio Storico Italiano, Qnm-ta Serie, Tomo XXII, anno 1898, pp.174-177. 46. Gian Vincenzo Imperiale, Viaggi, con prefazione e note di A. G. Barrili ; Lo stesso, De’ Giornali dalla partenza dalla patria, anno Primo, con prefazione e note di A. G. Barrili (Atti della Soc. Lig. di Stor. Patr., voi. XXIX). Recensione in Rivista Storica Italiana, N. S., IV, 1899, pp. 156-163. 47. Dott. Bernardino Frescura, L’ Altopiano dei sette comuni vicentini, Geuova 1898. ree. in Rivista geografica italiana, anno VI, fase. VI, 1899. Estratto di pp. 3. 48. Reinhold Rohricht, Geschichte der Kreuzziige in Umriss (Disegno di Storia delle Crociate), Innsbruck, Wagner, 1898 : ree. in Archivio Storico Italiano, Quinta Serie, Tomo XXIII, a. 1899, pp. 179-183 49. Nuova serie di documenti sulle relazioni di Genova coll’impero Bizantino, raccolti dal canonico Angelo Sanguineti e pubblicati con molte aggiunte dal prof. Gerolamo Bertolotto : Camillo Manfroni, Le relazioni fra Genova, l’impero Bizantino ed i Turchi : fase. 2 e 3 del voi. XXVIII degli Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova 1898. Recensione iu Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXV, 1900; pp. 137-145. 50. M. Rosi, Per un titolo, Contributo alla sloria dei rapporti fra Genova e l’Inghilterra al tempo della Riforma, Roma 1898 (Estr. dai Rendiconti della R· Acc. dei Lincei, voi. VII, fase. 3-4). Recensione iu Giornale Storico e letterario delta Liguria, anno I, 1900, pp. 47-50. 51. Camillo Manfroni, Storia della Marina italiana dalle invasioni barbariche al trat- — 71 — tato di Ninfeo (anni di C. 400-1261), Livorno, 1899. Jiec. in Gior. Sior. e lett. della Liguria, anno I, 1900, pp. 50-52. 52. Michele Rosi, Le streghe di Triora in Liguria, Processi di stregoneria e relative-questioni giurisdizionali nella seconda metà del secolo XVI - Un confortatorio per i condannai a morte conservalo in un codice genovese del secolo XV. (Estratti dalla Rivista di disciplina carcerarie, Roma, 1898-99). Recens, iu Gior. Stor. e lett. della Liguria, anno I, 1900, pp, 149-150. 53. Ch. Kohler, Mélanges pour servir à V hisloire de V Orient Latin et des Croisades, fase. I, Paris, Leroux, 1900. Recens, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno I, 1900, pp. 441—445. 54. Sante Ferrari, I tempi, la vita, le dottrine di IJietro D’ Abano, Saggio storico -filosofico iu Atti della R. Università di Genova, voi. IV, Geuova 1900 : ree. in Archivio Storico Italiano, Quinta Serie, Tomo XXVII, a. 1901, pp. 170-178. Estratto di pp. 10. 55. Francesco Ruffini, La libertà religiosa, Voi. I, Storia dell’ idea■ Torino, Bocca, 1901. Recens, in Gior. stor. e lett. della Liguria, anno II, 1901, pp. 146—152. 56. Leon G. Pelissier, Le Conte d’ Artois et la poliee vénitienne (1790-1791), Paris, 1901 - Dott. Melchiorre Roberti, Le Corporazioni padovane di arti e mestieri, Studio storico-giuridico cou documenti e statuti inediti, pubblicato dal R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, voi. XXVI delle Memorie, Venezia 1902 - Recensioni in Nuovo Archivio Veneto, Nuova Serie, T. IV, P. I. Estratto di pp, 7. 57. Reinhold Rohricht, Geschichte des ersten Kreuzziiges, Innsbruck, 1901 : ree. in Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXIX, a. 1902, pp. 122-127. 58. Emilio Bertana, Vittorio Alfieri studiato nella Vita, nel Pensiero e nell’ ArteT Torino, Loesclier, 1902, : ree. iu Archivio Storico Italiano, Serie V, tomo XXX, 1902, pp. 453-458. 59. Emilio Marengo, Genova e Tunisi (1388-1515), Relazione storica seguita da due appendici sulle monete e i consoli e da alcuni fra i più importanti documenti; Roma, Tipogr. degli Artigianelli, MCMI (Voi. XXXII degli Atti della Società Ligure di Storia Patria). Ree. in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno III, 1902, pp. 142-147. 60. Reinhold Rohricht, Geschichte des ersten Kreuzziiges, Innsbruck 1901 (Ved. n. 57). Recensione in Gior. sior. e letter. della Liguria, anno III, 1902, pp. 148-149. 61. Utile rifacimento di lezioni famose, recensione dell’ opera di Francesco Moronci-ni, Lezioni storiche di letteratura italiana desunte dalle opere di F. Desanctis e adattate ad uso delle scuole secondarie, Voi. I, Napoli, Morano, 1902 ; in L’ Ateneo Veneto, anno XXVI, Voi. I, fase. I, a. 1903, pp. 87-89. Estratto di pp. 5. 62. Emilio Marengo, Genova e Tunisi [1388-1515], Relazione storica seguita da due appendici sulle monete e sui consoli e da alcuni fra i più importanti documenti; Estr. dal voi. XXXII degli Atti della Società Ligure di Storia Patria, Roma, Tip. degli Artigianelli, MCMI. Recensione in Archivio Storico Italiano, Quinta Serie, Tomo XXXII, auuo 1903, pp. 208-213. 63. Orazio Marucchi, Giovanni Battista De Rossi, Cenni biografici, Roma, Pustet, 1903. Recen. in Gior. stor. e lett. della Liguria, anno IV. 1903, pp. 322-324. 64. Luigi Staffetti, Donne e castelli di Lunigiana, II. Tresana e V ultimo dei suoi I Marchesi Maìaspina, Spezia, 1903. Recensione in Rivista Storica Italiana, 3» s, ΙΠ, 3, pp. 306-308. <55. A. D’Ancona, Lettore inedite di R. Bonghi, G. Capponi, F· D. Guerrazzi., ]. Mamiani, Γ. Salvaglieli, N. Tommaseo, G. P. Vieusseux, Pisa, Mariotti, 1903. - Lettere di G. Berchet, F. Confalonieri, il/. D’ Azeglio, C· Fauriel, G. Giusti, Pisa, Mariotti, 1903. Recen. in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 190*; pp. 54-56. <36. Giuseppe Oxilia, La moralità di Pietro Colletta, Firenze, Barbera, 1902. Recen. in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904 ; pp. 56-58. <37. Ciro Ferrari, Coni’ era amministrato un comune del Veronese al principio del secolo X VI, Verona, Franchini, 1903. Recen. iu Giorn, stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904, pp. 58-60. <58. M. Roberti, Il collegio padovano dei dottori giuristi, I suoi consulti nel secolo XVrI, Le sue tendenze, Torino, Bocca, 1903. Recens, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904. pp. 202 204. <59. Enrico Zanoni, Paolo Paruta nella vita e nelle opere, Livorno, Giusti, 1904. Reoens. in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904. pp. 204-207. 70. Dr. Melchiorre Roberti, Dei beni appartenenti alle città dell’Italia settentrionale dalle invasioni barbariche al sorgere dei Comuni', Estratto dall’ Archivio Giuridico, Modena, 1903. Recensione iu Archivio Storico Italiano, Quinta Serie, Tomo XXX\ I, anno 1905, pp. 165-169. 71. Albert Lumbroso, Le Duc d’ Otranto et son portefeuille inédit, Rome, Forzani, e C. 1905. Recens, iu Giorn. stor. e iett. della Liguria, auno VI, 1905, pp. 437-439. 72. Guido Mazzoni, Glorie e memorie dell'arte e della civiltà d’Italia, Discorsi e Letture, Firenze, Alfani e Venturi, 1905. Rffceus. in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno VI, 1905, pp. 440-442. 73. E. A. Freeman, Storia d’ Europa, Ediz. ital. per cura del prof. dott. Andrea Galante, Manuale Hoepli, Milano 1905. Recens, in Giorn. stor: e lett. della Liguria, anno VII, 1906, pp. 220-222. ‘ 4- Ein italienisch Urteil ueber Deutschland und Frankreich uni 1660 mitgeteilt con Arnold Oskar Meyer, in Quellem und Forschungen aus. ital. Arcb. u. Bibl. he-rausgegeben vom kgl. preuss. Histor. Iust. in Rom (Bd IX ; Η. 1) 1906. Keceusione iu Nuovo Archivio \reneto, Nuova Serie, anno VII., Tomo XIV, parte II, a. 1907, pp. 371-373. Estratto di pp. 3. 75. Pietro Colletta, Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825 con introduzione e commento di Camillo Manfroni, Milano, 1905. Recensione in Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XXXIX, 1907 ; pp. 489-494, 76. Melchiorre Roberti,Pomposa, Discorso inaugurale dell’anno Accademico 1905-1906 nell’ Università di Ferrara ; Ferrara, Taddei - Soati, 1906. Recens, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno Vili, 1907, pp. 205-208. 77. Ai mani illustri di Nino ed Alessandro Bixio, Torino, Frati. Pozzo [Colonnello Francesco Sciavo, autore, 1907 ]. Recene, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, “n" no Vili, 1907, pp. 449-453. 78. Sac. Domenico Cambiaso, Cremeno e la Polcevera, Monografia storica, Genova 1907. Recensione in Archivio Storico Italiano, Serie V, Tomo XLII, 1908 ; pp. 442-444. - 73 — •79 Francesco Poggi, Levici e il suo castello, voi. I, dall’ anno 1152 al 1300, Sarzana 1907. Recensione in Archivio Storico Italiano, Serie V, tomo XLIV, a. 1909 ; pp. 162-167. 80. Piccolo popolo grande (Batavi antichi e moderni), in L 'Ateneo Veneto, anno XXXII, fase. 2 marzo-aprile 3909, pp. 255-274. Studio, meglio che recensione, condotto sulle tracce dell’opera di Camillo Manfroni: Storia dell’Olanda, Ulrico Hoepli, Milano 1908, voi. iu 8° di pp. XIX-584 (Collezione Storica Villari). Estratto di pp. 22. ANGELO GRAFFAGNI m. 14 novembre 1910. Angelo Graffagni nacque in Genova il 19 ottobre 1840 da Marcello, che fu tra i più noti e stimati procuratori della città e presidente della loro Camera di disciplina (1). Dedicatosi agli studj legali si laureava in giurisprudenza nella patria Università, e veniva nel 1864 iscritto nell’albo degli avvocati di Genova, fra i quali acquistava ben presto grido di facondo e valente penalista. Il suo nome è infatti legato ad alcuni dei più clamorosi processi penali dibattuti in Genova fra il 1870 e il 1890. Nell'ultimo periodo della sua carriera professionale, lasciate le Corti d’Assise dove troppo spesso la teatralità offusca le adamantine ragioni del diritto ed offre agli avvocati un compenso più illusorio che reale, egli si rivolse alle questioni civili e commerciali ; ed anche in questo secondo arringo riuscì ad occupare un posto ragguardevole, e se l’opera sua non si ripercosse, come nel primo, tra le folle, ottenne consensi e plausi meno estesi ma più significativi e sostanziali tra la gente di studio e d’affari. Talché nella palestra del diritto penale, come in quella del diritto civile e commerciale, il. Graffagni ebbe giustamente a « competere » — così scrive un autorevole estimatore di lui — « coi luminari del Foro per coltura giuridica, per eloquenza e per una singolare acutezza di criterio e rapidità di percezione, onde i suoi consigli poterono dirsi più d’una volta meravigliose trovate ». A questi pregi occorre aggiungere inoltre « la dote di uno v (l) Vedasi: Discorso pronuncialo all'Assemblea dei Procuratori di Genova il giorno 30 novembre 1S70 dal Procuratore Capo cavaliere Marcello Graffagni Presidente della Camera di Disciplina ; iu Giornale degli Studios’, anno II, 1870, 2° semestre, pp. 35S-361. Il cav. Marcello ebbe, oltre Angelo, altri due figli : Pietro, procuratore come il padre ; e Luigi, cho abbracoiò la professione militare nella R. Marina italiana e ne percorse la carriera fino al supremo grado di vice ammiraglio. Quest’ultimo è autore di varj scritti, fra i quali : Tre anni a bordo alla Vittor Pisani (1874-77); Genova, Tip. del R. Istituto Sordo-Muti, 1877, in 8° piccolo, pp. 338. spirito arguto, pronto, vivacissimo, che lo rendeva piacevole alleato,, quanto temibile avversario »(1). Non meno che nell’àmbito professionale, le sue preclare qualità d’ingegno e di cuore brillarono nel campo della vita pubblica, in cui egli ebbe parte cospicua, sia come consigliere comunale di Genova negli anni 1889-1895, sia come deputato al Parlamento nazionale per il collegio di Voltri dal 1904 alla sua morte durante le legislature 2211 e 23a, sia come dirigente ed amministratore di parecchie istituzioni ed opere pie genovesi, fra le quali ricordo il Conservatorio delle figlie di S. Gerolamo di Castelletto, di cui fu presidente, il Pio Istituto dei rachitici, e il Sotto Comitato regionale della Croce Rossa italiana. Nella campagna di guerra del 1866 contro l’Austria militò volontario nelle file garibaldine, e si distinse nel combattimento di Bezzecca guadagnandosi la medaglia di bronzo al valore. Il Graffagni lasciò pochi scritti, quantunque parecchie delle nume* rose stampe legali ch’egli produsse nell’esercizio della sua professione d’avvocato avrebbero meritato di essere raccolte e serbate come notevoli monografie sopra specifici argomenti giuridici. Trovo di lui le seguenti pubblicazioni : L’Avv. Comm. Enrico Bixio (Commemorazione); Genova, Tip. Sordi Muti, 1893, in 16°, pp. 7. Giuseppe Mazzini, Commemorazione detta il XXIIgiugno MCMI nel teatro Carlo Felice ; Genova, A. E. Bacigalupi, 1901, in, 8° pp-47. Parere prò ventate per i Signori Cresta nella questione diplomatica contro lo Stato brasiliano ; Genova, Tip. Pietro Pellas, 1904, in 8°, pp. 10 (in collaborazione con P. Cogliolo). Trovavasi ascritto alla nostra Società fin dal 2 febbraio del 1896, e sebbene non partecipasse ai lavori di essa e non le desse, come i più dei soci non danno, altro contributo all’ infuori di quello dell’annua quota sociale, tuttavia ne seguiva con interesse le pubblicazioni. Morì a Multedo di Pegli, assistito dalla moglie Zenobia Camilletti-Pe-rotti, dalla figliastra, e da altri congiunti. ENRICO ZUNINI m. 26 febbraio 1911. Figlio di Pietro Zunini, del Sassello, e di Maria Pratolongo, vide la (1) Da lettera dell’avv. Goffredo Palazzi, colla quale questi rispoudeva molto cortesemente alla richiesta, da me rivoltagli, di alcuue notizio su A. Grafl'agui, cui egli era legato da fraterna amicizia. — 75 — luce in Genova 1*11 novembre del 1851, ed in Genova studiò e prese la laurea in legge. Seguendo l’estro del suo ingegno, che aveva agile ed immaginoso, unì allo studio del giure quello delle lettere, e mentre esercitava con buon successo la professione di procuratore, attendeva con non minor lena a pubblicazioni di poesie e di prose, che gli procacciarono fama di poeta gentile e di scrittore garbato e versatile. Partecipò inoltre alla vita pubblica come consigliere comunale di Genova e di Sassello, fu membro del Consiglio di disciplina dei procuratori e del Comitato regionale ligure dell’Associazione nazionale per soccorrere i missionari cattolici italiani. Elegante, di gusti aristocratici ma di modi affabili ed attraenti, carattere amabile, ebbe molte amicizie e larghe simpatie in ogni ceto; ed in premio dei servizi pubblici da lui resi, come in omaggio al suo valore personale, venne insignito della croce di cav. uff. della Corona d’Italia. Scrisse, non pure di letteratura amena, ma anche di argomenti legali ed amministrativi, ed i suoi scritti, oltre che in volumi ed opuscoli, comparvero in giornali ed in altre pubblicazioni periodiche di cui egli era assiduo collaboratore : fra queste ricordo la Strenna a benefìzio del Pio Istituto dei rachitici, che in ogni sua annata per un lungo periodo di tempo recò componimenti di lui ; e fra quelli il Frou-Frou, cronaca trimensile di sport e letteratura che pubblicavasi nel 1883-84 da un gruppo di: giovani signori •con a capo Cesare Imperiale e Gaspare Invrea. Viaggiò fuori d’Italia, ed è memorabile Γ escursione da lui fatta in Terrasanta nel 1885 in compagnia dei fratelli Alberto e Augusto Figoli, della quale pubblicò poi un racconto di impressioni. Ebbe per moglie la Signora Elisa Brusco, figlia del chiaro avvocato e patriotta Enrico; ma non lasciò figliolanza. Si spense in Genova dopo breve malattia, e la sua spoglia venne trasportata a Sassello, suo paese d’origine e d’affezione, al cui Asilo infantile egli legava parte del suo patrimonio. Fu socio effettivo del nostro Sodalizio dal 23 febbraio 1896 fino alla sua morte. L’ elenco degli scritti di Enrico Zunini, che qui reco, per quanto incompleto dà una sufficiente idea dell’opera letteraria di questo valoroso scrittore. Elenco degli scritti di E. Zunini 1. Castel di mare, leggenda drammatica del secolo XIV; Genova, Tip. Gaeiauo Solano- ne, 1877, in 8°, pp. 32. 2. Nuptiae, Versi ; Genova. Tip. Commercio, 1882, iu 16°, pp. 8. 3. Veronica Franco; Genova, 1884. f ' - 76 - 4. La magistratura italiana; Genova, Tip. del E. Istituto Sordo-Muti, 1890, in 8°, pp. 84. 5. La finanza nella giustizia, considerazioni e proposte ; Geuova, Tip. A. Ciminego, 1891,. 8», pp. 11. 6. In Palestina e in Siria, Impressioni di viaggio (col ritratto dell’autore), Milano, Casa editri- ce Galli di C. Chiesa e F. Guindani, .1892, 8°, pp. 216 ; Geuova, Tip. Angolo Ciminago. 7. Rondò, Alla più bella mano, in Da Genova a/Γ Eritrea, numero unico a benefizio delle Missioni dell’Eritrea; Genova, A. Montorfano MDCCCXCV, fol., pp. 5-10. 8. Bianchinetta Doria, commedia iu due atti con prologo in versi. Il fatto avviene in Sassello (Genovesato) nella seconda metà del secolo XV. Genova, Tip. Cimiuago, 1908,-16°, pp. 47. 9· Mar Morto e Giordano ; in Strenna a benefìzio del Pio Istituto dei Rachitici, Genova anno III, 1886. 10. La poesia dei ricordi per il tramite dei sensi ; in Strenna Rachitici, anuo λ III, 189]. 11. Dal libro della felicità ; in Strenna Rachitici, anno XI, 1894, pp. 127-132. 12. Alla più bella delle lettrici (versi) ; in Strenna Rachitici, anno XII, 1895, pp. 65-66. 13. La moglie bella; in Strenna Rachitici, anno XIV. 18 97, pp. 105-108. 14. Le gioie dell’alpinismo (racconto diviso in 8 capitoli); iu Strenna Rachitici, anno XV,-1898, pp. 117-155. 15. Il ruscello di Cloe ; in Strenna Rachitici, anno XVI, 1899, pp. 117-118. 16. Storia di una marsina; in Strenna Rachitici, auno XVII, 1900, pp. 57-61. 17. Dinanzi alla morte; in Strenna Rachitici, anno XVIII, 1901, pp. 117-126. 18. I piaceri della vista ed il saper vedere; in Strenna Rachitici, anuo XXI* 1904, pp 99-104. 19. Rondò (versi) ; in Strenna Rachitici, anno XXII, 1905, p. 70. 20. I miei peccati giovanili a simposio ; in Strenna Rachitici, anno XXIV, 1907. 21. Un bacio dato non è mai perduto; in Strenna Rachitici, anno XXV, 1908, pp. 71-76.- 22. Le ore (versi) ; in Strenna Rachitici, anno XXV, 1908, p. 210. 23. Mal di denti (versi) ; in Strenna Rachitici, anno XXVI, 1909, p. 128. 24. Stona di una pipa; in Strenna Rachitici, anno XXVII, 1910, pp. 225-243. 25. Lasciatemi sognar (versi); in Strenna Rachitici, anuo XXVIII, 1911, pp. 179-180. VINCENZO PODESTÀ m. 5 agosto 1911. Trasse i natali da Domenico e da Angela Tiscornia il 26 febbraio del 1836 in Casarza Ligure, dove ebbe i primi rudimenti dal maestro Don Antonio Peri e manifestò le prime inclinazioni al sacerdozio. In Sestri Levante cominciò gli studj di grammatica, che prosegui e compiè con quelli di rettorica e filosofia nel Seminario di Chiavari, fece il corso di teologia a Brugnato, e fu ordinato sacerdote il 2 giugno del 1860 da mons. Giacomo Bernardi vescovo di Massa-Carrara. Nutrito di soda coltura classica, assunse poco dopo, per invito dell’arcivescovo Charvaz, l’insegnamento di rettorica in quello stesso Seminario chiavarese dov’era stato scolaro; e più tardi, per abilitazione mi- « nisteriale, la cattedra di lettere italiane e latine e poi esclusivamente di lettere italiane nel Liceo civico di Chiavari. Alla quale rinunziò alcuni anni appresso per dedicarsi intieramente al governo della parrocchia di Sestri Levante, di cui era stato fin dal 1868 nominato, per merito di concorso, canonico arciprete colla dignità di vicario foraneo. Non è qui il luogo di ricordare l’indefessa opera da lui ivi spiegata per ben 42 anni nell’adempimento del suo ministero ecclesiastico, per cui ebbe ufficio di esaminatore del clero e titolo di monsignore, non che di cameriere d’onore di S. S. Dirò invece brevemente della sua opera letteraria, che, quantunque non abbia avuto largo grido di rinomanza, non rimane perciò meno notevole e men degna di ricordo. Il Podestà fu sopra tutto poeta per naturale disposizione educata ■e perfezionata da uno studio profondo delle letterature classiche, al quale era stato confortato da Felice Romani, della cui conversazione egli, giovine di diciott’anni, aveva goduto passeggiando con lui lungo la spiaggia di Moneglia. « Traduci dal latino » - cosi ripetevagli il Romani in lettera del 1° ottobre 1857 - « e leggi in Virgilio, supremo, infallibile maestro della convenienza, della temperanza e dell’efficacia dello stile, e non puoi fallire a gloriosa meta» (1). Seguendo i consigli del poeta monegliasco, egli tradusse fra l’altro in italiano la Vita di Tommaso Valperga Caluso scritta in latino da Carlo Boucheron, ed il primo libro del De Partu Virginis di Jacopo Sannazzaro; traduzioni da lui rese di pubblica ragione molti anni dopo di averle eseguite per proprio esercizio. La sua ispirazione poetica ricavò vital nutrimento da cotesto esercizio, sicché uno dei suoi panegiristi potè chiamarlo, come già del Leopardi aveva detto il Giordani, poeta « per semplicità delicatezza nobiltà di sentire solamente comparabile ai Greci» (2). I versi originali italiani del Podestà, i più dei quali videro la luce in varj tempi secondo le occasioni, furono poi in gran parte raccolti in un volume, che ebbe due edizioni fiorentine, con una lusinghiera prefazione del filosofo Augusto Conti, suo amico ed ammiratore (3). Alcuni di essi vennero tradotti in latino dal prof. Angelo Sommariva e dal conte Federico Callori, e taluni in tedesco dal dott. Paolo Heyse, (1) Tommaso Valperga Caluso. dal latino di Carlo Boucheron, per Vincenzo Podestà, Chiavavi, Tip. Ligure, ottobre 1879 : Lettera di prefazione, p. Vili. (2) Ne! secondo anniversario della morte di Mons. Vincenzo Podestà, 5 agosto 1911 - 5 agosto 1913 - Iscrizioni dettate da Mons. Enrico Bonino Protonotario Ap. Can. Arcip. di S. Lorenzo in Genova : iscriz. III. (3) Poesie di Vincenzo Podestà con prefazione di Augusto Conti, secouda edizione 'fiorentina, Firenze, Tip. Barbèra, 1903 ; voi. di pp. 320. 0 — 78 - altro estimatore ed amico del nostro poeta (1)· Al quale non manca* rono le lodi e l’amicizia di Giacomo Zanella, di Gaetano Alimonda, di Mauro Ricci, di Luigi Tosti, ed anche di altri scrittori non appartenenti alla scuola letteraria di lui e di costoro. Il culto delle Muse non impedi al Podestà di coltivare con amore la storia, specialmente quella della Liguria, e nelle sue liriche non sono rari gli accenni a fatti e personaggi storici della nostra regione. Cantò felicemente in un’ode di Segesta Tigiiliorum, ove ..........le memorie, Come aleggianti vele a l’orizzonte, 0 palombelle pellegrine al lido, Danzano in giro (2). Primo frutto non poetico dei suoi studj di storia locale ci si presenta l’opuscolo intitolato: Memorie per la storia ecclesiastica di Sestri Levante (Genova, Tipografìa Arcivescovile, 1876, pp. 64). Nel quale precede una lettera a monsig. Giuseppe Rosati, vescovo e conte di Luni-Sarzana e Brugnato, in cui l’autore scrive: «Far ricerca di patrie memorie, illustrarle di modo che la vicenda dei tempi non le mandi più disperse, mi pare studio eminentemente civile. E in un parroco che vi spende quell’ora che gli può consentire a ritagli la cura del diffìcile ministero, mi sa anche di opera pietosa. Difatti la Parrocchia è come il focolare di molte famiglie - è il punto in cui si raggruppano e si ravvivano i più cari e più santi ricordi. E lavoro di Civiltà e di Religione farebbe in ogni Diocesi una Commissione di uomini da ciòr che dirigesse ed animasse nelle varie Parrocchie queste ricerche, già che nel custodire le memorie del passato, anche si lavora a preparare ϊ giorni di più bello avvenire». Se l’idea qui espressa dal Podestà venisse, per quanto riguarda le memorie conservate negli archivi ecclesiastici in ispecie parrocchiali, accolta dalle supreme Autorità religiose in guisa da renderla effettiva, secondo un disegno compiuto ed appro^ priato, in tutte le parrocchie; gli studj storici ne riceverebbero, a mio avviso, un benefizio non minore di quello reso alla civiltà dalle Comunità monastiche mediovali, che ci tramandarono i documenti del mondo antico. L’opuscolo suddetto dà notizia delle chiese e delle più insi- (1) Podestà V., La campana, Carme colla versione Ialina di Angelo Sommariva; Genova, Tip. della Gioventù, 1900. Vedasi nel voi. sopra citato delle Poesie del Podestà la traduzione iu latino di P. Callori dei versi italiani dedicati a Paolo Heyse, cou i versi medesimi e la nota relativa, pp. 138-141. C (2) Poesie di Vincenzo Podestà, Op. cit., pp. 87-90. — 79 — gni opere d’arte in esse contenute, non che dei monasteri, oratorj, confraternite e santuari di Sestri Levante. Esso fu seguito dopo 24 anni da un secondo opuscolo col titolo ·. Memorie storiche di Sestri Levante, L’Isola, [n occasione delle feste quinquennali alla Madonna del Buon-viaggio, Agosto 1900 (Chiavari, Premiata Tipografia Esposito, 1900, pp. 41). Il quale è in parte un rifacimento del precedente, di cui riproduce letteralmente intere pagine; ma, mentre nel primo è data maggior ampiezza alle istituzioni ed ai monumenti sacri, in questo secondo si offrono invece più copiose notizie di storia civile. Vi si discorre tuttavia diffusamente dell’antica chiesa di S. Nicolò dell’ Isola. Un altro lavoro pubblicato dal nostro autore è quello dei Cenni storici del prodigioso Crocifìsso che si venera nella perinsigne Collegiata Parrocchia di Sestri Levante (Chiavari, Prem. Tip. Libreria F. Raffo, 1903, pp. 36) : argomento del quale egli aveva già trattato con larghezza nel primo degli opuscoli su ricordati. Egli pubblicò altresì alcune operette riguardanti l'educazione e l’istruzione religiosa dei fanciulli. L’interesse per le cose storiche aveva spinto il Podestà a chiedere di entrare nel nostro Sodalizio, dove fu ricevuto socio effettivo 1’ 8 a-gosto del 1880 e rimase fino alla sua morte, avvenuta a Casarza (Can-diasco) dopo lenta e crudele malattia (1). ALBERTO FIGOLI • m 6 marzo 1912. Da Giuseppe e da Enrichetta Moro nacque in Genova il 16 novembre 1854. Discendente di antica famiglia di facoltosi mercanti, i quali al principio del secolo XIX negoziavano specialmente in tessuti di lana, seta e cotone ed avevano molti rapporti con V Inghilterra, si trovò preso negli affari commerciali, ed ebbe parte ragguardevole nei traffici marittimi genovesi come comproprietario e procuratore della ditta “Carlo Figoli,, raccomandataria delle potenti compagnie inglesi (1) Per maggiori notizie intorno alla vita ed alle opere di questo nostro degno consocio, fli vedano le seguenti pubblicazioni : Mons. Prof. Vincenzo Podesl'i, Can. Arciprete di Sestri Levante, Ricordo (Sarzana, Tip. Rolla-Canale), opuscolo di 30 pagine contenente i discorsi del sac. Antonio Cafferata, prevosto di S. Bartolomeo di Ginestra, e del cau. mons. Pasquale Righetti, arciprete e prò- f vicario generale di Brngnato, detti nei funerali del Podestà rispettivamente celebrati nella chiesa parrocchiale di Casarza Ligure il 7 agosto del 1911, e nella insigne collegiata di Sestri Levante addì 12 agosto 1911. Iu fine trovasi un elenco incompleto delle opere del Podestà. Umberto Monti, Un poeta ligure del sec. XIX, Vincenzo Podestà ; in Rassegna Nazionale, fase, del 16 settembre 1916 (Estratto di pp. 15). di navigazione a vapore Anchor Line, Cimarci Line e Royal Mail S-P. Cy. Fece anche parte delle Amministrazioni della Cassa Generale e della Società Ligure Lombarda per la raffineria degli zuccheri. Fu inoltre vicepresidente del Sotto Comitato regionale di Genova della Croce Rossa italiana, e segretario della aristocratica Società del Casino di ricreazione. Condusse vita signorile, ed usò largamente, insieme con i fratelli, del patrimonio avito in viaggi ed in opere di cultura e di beneficenza. Era ascritto al nostro Sodalizio fin dal 1° agosto del 1875. LUIGI VIALE m. 20 marzo 1912. Genovese di nascita, s’impiegò d; buonora in uffici bancari e fece carriera nella Banca Nazionale e poi d’Italia, della quale divenne direttore di sede. Si occupò in pari tempo con amore e con gusto di belle arti, e fu per alcuni anni ispettore onorario per i monumenti e gli scavi d’ antichità del circondario di Spezia, nel cui capoluogo egli aveva stabilito da tempo la propria residenza. Ivi sostenne altresì, dopo la sua giubbilazione dall’ impiego della Banca suddetta, diverse altre cariche di pubblico interesse, fra cui quella di presidente della Cassa di Risparmio. Cultore di storia, egli era stato ammesso nella nostra Società il 5 giugno 1896, e vi rimase fino alla morte, che lo colse alla Spezia in età di 74 anni. Lasciò alcune porcellane, arazzi ed altri oggetti d’ arte al Museo, e la sua libreria alla Biblioteca comunale di quella città. FRANCESCO PODESTÀ m. 26 aprile 1912. Sebbene non appartenesse più da parecchi anni alla nostra Società, di cui era stato in altri tempi membro zelante ed affezionato, stimo conveniente e starei per dire doveroso ricordare in queste pagine Francesco Podestà, che fu assiduo indagatore di memorie e verace e-spositore di storie genovesi. Nato in Genova il 16 novembre 1831 da Pasquale, agiato negoziante e lavoratore in coralli, e da Angela Bo, egli apprese i primi rudimenti da maestri privati, seguì di poi gli studj classici e frequentò a quanto dicesi l’Università genovese. Uno dei suoi biografi afferma che egli vi conseguì la laurea in legge (1) : ma ciò non (1) Vedasi: Federico Donaver, Francesco Podestà ; Genova, Stabilimento Tip. e Lit-Pietro Pellas fa L·., 1912 ; opuscolo di pagine 20 estratto dal Corriere Mercantile dei giorni 2 e 3 luglio 1912. consta a me, nè il Podestà accennò mai nelle sue conversazioni che possedesse un tal diploma, nò mai lo dichiarò fra i suoi titoli (1). Comunque sia, il Podestà non fece nessuna professione liberale,, e quantunque avesse un’ innata disposizione al disegno e coltivasse con lelice intuito e gusto squisito la pittura, dimostrando speciale pe-lizia nel paesaggio, non esercitò l’arte del pittore, e si accontentò d’es-seine semplicemente un dilettante. Coadiuvò invece, nell’industria dei coialli, il padre suo, e dopo la morte di questo, avvenuta nel 1874, ne continuò e diresse 1’ azienda. La scoperta dei banchi di Sciacca abbassando il valore del corallo, e le variazioni della moda limitandone 1 uso, colpirono doppiamente l’industria di questo prodotto, che fioriva da secoli in Genova, e ne provocarono dopo il 1880 il rapido decadimento ; sicché il Podestà dovette per forza, non solamente liquidare 1 azienda, ma soffrire perdite gravi, che lo ridussero in condizioni finanziarie disagiate e lo obbligarono, già vecchio, a provvedere in altro modo ai bisogni della vita. Per buona ventura egli aveva negli anni precedenti, mettendo a partito la soda preparazione degli studj giovanili e seguendo gli stimoli di una naturale inclinazione, applicata la mente alle ricerche storiche ed acquistata una notevole somma dì cognizioni intorno alla storia genovese nonché una sicura pratica d’ archivio e di vecchie scritture. Mentre ciò gli dava modo dapprima di fare alcune pubblicazioni,, che lo additarono subito come uno dei più serj studiosi e conoscitori di storia patria, gli procacciava poi l’incarico di riordinare l’Archivio storico comunale e di compilarne un catalogo a schede. Questo lavoro durò parecchi anni e diede per risultato 25.000 schede che comprendono e riflettono, non solo tutto lo svariato materiale documentario di detto Archivio, ma, ciò che ne accresce 1’ utilità, riproducono altresì moltissime notizie intorno agli argomenti relativi o attinenti a esso materiale, tratte da altre fonti e in modo speciale dall’ Archivio di Stato genovese (2). Il Podestà, dopo aver portato a buon compimento una così laboriosa operazione, continuò a prestar servizio co- ti) Ecco la titolatura del Podestà da lui comunicata alla E. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antxhe Provincie o la Lombardia, della quale era socio corrispondente dal 15 aprile 1886: Francesco Podestà,, Accademico di inerito dell’ Accademia ligustica di Belle arti, Socio-effettivo della Società Ligure di Storia Patria, pittore dilettante. (2) Archivio Storico dei Padri del Comune di Genova, Indice dello schedario compilalo da Francesco Podestà ; Genova, Tip. Pagauo, 1909. 6 - 82 - me impiegato straordinario dell’ Ufficio dell’ Archivio Storico e di Belle arti del Municipio di Genova, e vi rimase fino alla morte. Non pochi sono gli scritti storici lasciati dal nostro valoroso ricercatore, ed i più di essi riguardano la tomografia e la toponomastica genovesi, materie nella conoscenza delle quali pochissimi lo eguagliavano, nessuno lo superava. Due opere principalmente raccomandano ai posteri la fama del Podestà, così per l’importanza dell’ argomento •come per 1’ ampiezza della trattazione. La prima, in ordine cronologico di pubblicazione, è quella sul colle di Sant’ Andrea, in cui egli - come nota Ugo Assereto - « dal mille a tutto il secolo XIX ìiunì minuti particolari sull’ edilizia genovese, li esaminò con critica acuta, •e talora le sue conclusioni correggono vittoriosamente opinioni che pur avevano l’autorità dell’Alizeri, del Belgrano e d’altri valentissimi » (1). La seconda, pubblicata un anno dopo la sua morte, è la storia del porto di Genova, tessuta intieramente di notizie originali e peregrine che il nostro autore estrasse durante lunghi anni di riceiche ■dagli Archivi genovesi dello Stato e del Comune, studiando e vagliando una grande moltitudine di documenti inediti: opera di polso, che esaurisce 1’ argomento di cui tratta svolgendolo in dodici capitoli per tutte le svariate questioni che lo costituiscono o vi si connettono. Fra le opere minori del Podestà, un gruppo di cinque o sei si riferisce, come le due principali, alla topografia genovese ed in modo speciale alla valle del Bisagno, di cui illustra varj luoghi non che 1 antico acquedotto ; ed un altro gruppo di quattro concerne la pesca, le pescherie e l’industria del corallo per opera dei Genovesi nei secoli passati. Uno dei suoi ultimi opuscoli ha per tema Cristoforo Colombo, e propriamente il luogo di nascita di questo, eh’ egli dimostra non potei essere che Genova. Il suo ragionamento è fondato su quattro documenti, da lui riprodotti in facsimile, comprovanti che Domenico Colombo, padre di Cristoforo, era custode della Torre e Porta dell Oli-velia dal 1° ottobre 1450 al 1° novembre 1451, e che pertanto doveva trovarsi inevitabilmente in Genova dal 25 agosto al 31 ottobre del 1451, fra le quali date, per altri documenti editi da M. Staglieno e da U. Assereto, è da collocare la nascita del grande navigatore. Veramente alla dimostrazione manca la prova della contemporanea presenza in Genova di Susanna Fontanarossa, madre di Cristoforo, che il (1) Giornale storico e letterario della Liguria, anno III, 1902, p. 457. - 83 — Η. Podestà presume senz’ altro coabitante col marito e senza interruzione in Genova stessa durante il periodo suddetto, mentre nulla si opporrebbe ad ammettere, per dirne una, che essa si allontanasse temporaneamente da lui per andare a sgravarsi presso i suoi parenti di Quinto. Ma indipendentemente da ciò, è doveroso osservare che i documenti recati dal nostro autore erano stati scoperti e tre di essi pubblicati un dieci anni prima dallo Staglieno nella grande Raccolta Colombiana (parte II, voi. I, p. 11); cosa che il Podestà tace, non so se per dimenticanza o ignoranza, oppure per partito preso. Senza dire che lo Staglieno aveva con una serie serrata di atti notarili, da lui rintracciati e messi in luce, provato oramai a esuberanza lo stabile domicilio in Genova di Domenico Colombo, non soltanto dal 1° ottobre 1450 al 1° novembre 1451, ma dal 1429 al 1470; donde esce ben più calzante la presunzione della continuata coabitazione della moglie con lui (1). Francesco Podestà morì in Genova nella sua casa di abitazione in via Bracelli 3-9, e lasciò cinque figli, due maschi, Pasquale ed Angelo, e tre femmine, Luisa, Anna e Mary, tutte e tre maritate. Elenco degli scritti di F. Podestà 1. Documenti ispano-genovesi dell’ Archivio di Simancas, ordinati e pubblicati iu collabo- razione con Massimiliano Spinola e L. T. Belgrano ; in Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. Vili, fascicolo I, Genova, Tipografia del R. I. de’ Sordp - Muti, MDCCCLX.VI1I, pp. 1-291. 2. Escursioni archeologiche m Val di Bisogno; Genova, Tipografia Sordo-Muti, 1878. Una brevissima recensione di quest’ opuscolo leggesi in Giornale Ligustico, anno V, 1878, p. 440. 3. L’Acquedotto di Genova 1071-1879 ; Genova, Tipografia Sordo-Muti, 1879, in 8°, pp. 109. 4. Il Trattalo sui coralli di Pietro Balzano; Genova, Tipografia Sordo-Muti, 1880, in 16°, pp. 15. 5. L’isola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante ; in Atti della Socie- tà Ligure di Storia Patria, voi. XIII, fase. λΓ, Genova MDCCCLXXXIV, pp. 1005-1044. Estratto di pp. 42. 6. La porla di S. Stefano, la Braida e la regione degli Archi; Genova, Tip. Samboliuo 1894, in 8°, pp. 30. 7. La pesca del corallo in Africa nel Medio Evo e i Genovesi a Marsacares, Luoghi d’ar- mamento in Liguria; Genova, Tip. R. I. Sordo-Muti, 1897, iu 8°, pp. 39. 8. Cose vecchie ! ; Genova, Tip. di Pietro Pellas, 1898, pp. 23. (1) Leggasi la benevola recensione dell’opuscolo del Podestà in Giornale storico e letterario della Liguria, anno VII, 1906, p. 104 — 84 - » "9. Val di Bisogno, Marassi, Quezzi e Paverano ; Genova, Stab. Tipo-Lit. Pietro Pellas, 1899, in 16°, pp, 63. Vedasi breve recensione di questo lavoro in Giornale slonco e letterario della Liguria, anno I, 1900, pp. 150-151. 10. I Genovesi e le Pescherie dì corallo nei mari dell’ isola di Sardegna ; in Miscellanea di storia italiana, terza serie, tomo VI (XXXVII della Raccolta), Torino, R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria, MCMI, pp. 13-24. 11. Il Colle di S. Andrea in Genova e le regioni circostanti, in Atti delta Società Ligure di Storia Patria, voi. XXXUI, a. MCMI, pp. 5-283. 1-. Monlesignano, Sant’ Eusebio, Serrino e la Doria ; Genova, Tip. della Gioventù, 1902, in-Ì6, pp. 44. Ved. Annunzio analitico in Giorn. stor. e lett. delta Liguria, anno IV, 1903, p. 178. 13. I Voltresi e le “ Conesse „ ; in Giornale storico e letterario della Liguria, anno J\, 1903, pp. 77-79. 14. Appunti di toponomastica ; in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904, pp. 43-48. 15. Le cave di pietra nera detta di Promontorio ; in Giorn. stor. e lett. della Liguria, anno V, 1904, pp. 188-191. 16. Cristoforo Colombo nacque in Genova, Monografia ; Genova, Tip. della Gioventù, 1905, in 8°, pp. 14 con quattro facsimili e 1’ elenco delle opere del Podestà. à 17. La villa Campora a Beiro (Rossiglione Ligure) ; Genova, Tip. della Gioventù, 1905, in 16°, pp. 14, con tav. f , 18. Gli organisti del Comune di Genova; in Giorn. stor. e lett. della Liguria, voi. IX, 1908, pp. 970 05. 19. Il porlo di Genova dalle origini fino alla caduta della Repubblica genovese (1797), E. Spiotti, editore, Genova 1913. Il volume di complessive pagine XII-639, abbondantemente illustrato e pubblicato dopo la morte dell’ autore, contiene un’ introduzione e due appendi ci, 1’ una sulla Iconografia della città e del porlo di Genova (pp. 461-484) e l’altra sulle Navi (pp. 485-633), di Giuseppe Pessagno ; il quale si curò anche di « rifondere e creare tutta 1’ illustrazione del Porto sulle traccio lasciate per iscritto o a voce dal P° destà ». Le illustrazioni sono 156, compreso il ritratto dello stesso Podestà. CARLO MARIA PIUMA m. 12 maggio 1912. Di patrizia e facoltosa famiglia, Carlo Maria Piuma sortì i natali in Genova il 26 settembre del 1837. Spinto da una spiccata disposizione per la matematica, entrò nel 1856, superando felicemente Γ esame di ammissione, nella Facoltà omonima della patria Università, dove il 16 luglio 1860 si laureava ingegnere idraulico ed architetto civile. Permettendogli il pingue censo di cui era fornito di rinunziare all’esercizio - 85 — — fiche e politiche dei suoi componenti.E mentre spesse volte la storia, ossia quella cosa sovente fantastica e tessuta di fanatismo e di odio verso popoli dal nostro differenti, che chiamano storia, divide gli animi e lacera le coscienze, l’opera che noi facciamo con i materiali che andiamo esumando dagli archivi, è opera di civiltà e di buona fratellanza umana. Ecco qua un nostro consocio, grande intraprenditore ed operatore di traffici e d’industrie, francese di nascita di nome e di affezione, che diede e mantenne la sua adesione alla Società Ligure di Storia Patria per oltre quattordici anni. Nato il 29 dicembre 1844 a Pont de Beau-voisin nel dipartimento dell’Isère, trovò in Italia ampio campo alla sua operosità, fondandovi col fratello Francesco e facendovi con inusitata buona fortuna prosperare quella Società di trasporti « Fratelli Gondrand » nota, si può dire, in tutto il mondo. Agenti o raccomandatari della Compagnie Générale Trans atlanti que, delle Messageries maritimes, dell’ Anglo-French Transit Company di Dieppe, della Compagnie nationale de Navigation di Marsiglia, della Société Navale de V Guest dell’ Havre, della Compagnie des Bateaux à vapeur da Nord di Dunkerque, della Johnston Line di Londra, della Mac Iver Line di Liverpool, della Hutchison Line di Glasgow, del Rotterdam Lloyd e di altre Compagnie di navigazione inglesi, francesi ed italiane, egli ed il fratello riuscirono ad assommare e rappresentare nella loro ditta uno dei più formidabili gruppi d’interessi marittimi. Non è da stupire se in così largo giro d’affari le svariate relazioni dei Gondrand procurassero al nostro consocio cariche ed onorificenze così in Italia come in Francia. In quanto a decorazioni egli riunì quelle di commendatore e grande ufficiale della Corona d’Italia, di cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro, di ufficiale della Legione d’onore, e di commendatore di S. Gregorio Magno. Usò del ricco patrimonio, che egli andava continuamente accrescendo nei traffici, in larghe ed abbondanti beneficenze, ed altresì in opere di pubblico decoro. Mosso da un singolare eclettismo di benefattore egli aiutava le più disparate istituzioni, senza badare nè alla religione, nè alla nazionalità, nè al colore politico di esse ; membro di cento associazioni egli aveva esaurito il suo dovere di socio, una volta pagata la sua contribuzione. Ammalato da qualche tempo egli erasi ritirato temporaneamente a Varese Lombardo, dove avrebbe dovuto subire un’operazione chirurgica, quando fu sopraggiunto dalla morte nel Gran Hotel Excelsior di detto luogo. — 90 - EUGENIO CHIGHIZOLA m. 16 settembre 1912. Avvocato di titolo ma non di esercizio, visse in facoltosa agiatezza a Sturla, dove lasciò opere e ricordi di larga beneficenza, e dove morì in età di 83 anni. Apparteneva alla nostra Società dal 10 dicembre 1868. GUIDO BALBI-PIOVERA m. 7 dicembre 1912. Di patrizia famiglia nacque in Genova Γ 11 agosto del 1856. Nepote del march. Giacomo Balbi-Piòvera, che fu senatore del Regno fin dal 1848 e lasciò chiaro nome nei fasti del Risorgimento Nazionale, figlio inoltre del march. Francesco Balbi-Senàrega, che fu deputato al Parlamento e poi, come il fratello maggiore, senatore, egli ricongiunse i titoli marchionali di Pioverà e Senarega, appartenenti entrambi alla sua Casa; condusse vita aristocratica, tranquilla e benefica. Curò le arti del disegno, fu accademico promotore dellAccademia Ligustica di Belle Arti ed appartenne alla Commissione di sovraintendenza della galleria Brignole Sale Deferrari nel palazzo Bianco. Dal 21 dicembre 1884 era socio effettivo del nostro Istituto. Ln attacco cardiaco lo spense immaturamente a Genova, donde la sua salrpa venne trasportata nel sepolcro di famiglia a Pioverà in provincia di Alessandria. CARLO PIPIA m. 11 dicembre 1912 Nato a Cagliari il 30 ottobre del 1843, lasciò in giovine età l’isola nativa per seguire suo padre Vincenzo, eh’ era impiegato finanziario dello Stato Sardo, e si stabili, dopo il costui collocamento a riposo, definitivamente in Genova. Quivi fu dapprima impiegato presso la Società anonima delle Miniere di Lanusei, e più tardi cassiere della Società dell’ Acquedotto Nicolay. Di gusti e di abitudini signorili ebbe entratura ed amicizie nella nobiltà genovese. Ogni anno nella stagione estiva usava viaggiare per diporto e per istruzione, piacendogli di frequentare le più celebrate e aristocratiche stazioni climatiche special-mente della Svizzera. Amante della cultura storica, fece parte della nostra Società dal 23 febbraio 1896 fino alla morte, che lo sopraggiun-se in Genova dopo breve malattia. - 91 - » UGO ASSERETO m. 27 dicembre 1912 Conobbi e frequentai il generale Assereto durante gli anni 1902-1911 nella sala di studio del nostro Archivio di Stato, dov' egli recavasi invariabilmente ogni giorno e passava, si può dire, tutto il tempo dell’ orario concesso al pubblico, tranne una mezz’ ora o poco più, in cui se ne allontanava per fare una piccola refezione presso un caffè vicino. Nel novembre del 1911, mentre egli erasi appena riavuto da una fiera malattia e trovavasi ancora obbligato in casa da una lenta convalescenza, io gli scrissi pregandolo di volermi favorire qualche notizia per una brevé biografia di lui, destinata al Dizionario illustrato del Risorgimento italiano edito dal Dottor Francesco Vallardi di Milano. Egli rispose assai cortesemente ed ampiamente alla mia richiesta con alcune lettere, da cui ricavai i pochi cenni biografici pubblicati intorno a lui nel Dizionario predetto (1); lettere che mi piace ora di riferire testualmente nelle loro parti principali per dare una cognizione diretta e più larga della sua opera di soldato e di scrittore, ben meritevole di essere messa in evidenza. « Nacque a Genova il 9 dicembre 1838 da Giuseppe Asesreto ed Anna Torricella, di un ramo della famiglia Assereto trapiantato a Genova sul principio del seicento da Recco, ove a sua volta era stato portato da Rapallo da un notaro Simone de Axereto stipite comune del notaro Biagio, il vincitore di Ponza, del duce Gerolamo Assereto (a. 1607-08) e di altri, marinai, orafi, lanieri e sopratutto notari, sino ai'notaro Pietro Maria avo dello scrivente. Fece gli studi classici, e poi il corso di leggi nell’ università di Genova conseguendovi la relativa laurea sulla fine del 1860 sebbene da quasi due anni già appartenesse come ufficiale all’ esercito. Il padre, antico compagno di collegio e di università di Mazzini, dei Ruffini, dei Benza, cospiratore nella gioventù con quelli, lo aveva educato dai più teneri anni al sentimento nazionale ; epperò presto s’ appassionò alle questioni politiche. Fin dal 1857 cercò prendervi parte attiva ; ed in quell’ anno con altri studenti pubblicava un giornale umoristico, morto dopo poche settimane di inanizione. Godendo perciò d’ una tal quale notorietà fra gli studenti, nella primavera del 1858 fu richiesto di collaborare nell’ Italia e Popolo, giornale mazziniano di Genova ; accettò, ma due o tre mesi dopo, avvedendosi di troppa profonda divergenza fra i suoi concetti e sentimenti politici e quei rappresentati dal giornale, annunciò al direttore di — 92 - questo che per tal ragione se ne separava completamente. « Non c essò tuttavia d' occuparsi appassionatamente di questioni politiche; nei primi mesi dell’anno scolastico 1858-59 promosse fra gli studenti universitari una protesta contro un articolo del giornale Il Cattolico che li riguardava, la partecipazione loro in corpo alla dimostrazione del 10 dicembre in Oregina, una sottoscrizione per offrire fiori alla principessa Clotilde allorché venne a Genova col padre, sposa al principe Napoleone. Institui anche un circolo politico universitario, di cui fu eletto e rimase presidente sinché durò, ed al quale appartenne, fra gli altri, il compianto Giuseppe Costa, poi ministro di grazia e giustizia del regno d’Italia. « Sullo scorcio di quell’ anno 1858 fu richiesto dall’ avvocato Giuseppe Carcassi della sua collaborazione al giornale II S. Giorgio da lui fondato, e che doveva occuparsi essenzialmente degli interessi economici della Liguria. Accettò volentieri ; pel rapido svolgersi degli avvenimenti, 1’ alleanza napoleonica e la quasi certezza della imminente guerra contro Γ Austria, il S. Giorgio si trasformò in giornale politico con programma monarchico unitario assumendo il titolo di Nazione, e collo scopo di far propaganda per l’opera di Cavour cercando di riconciliar con essa il maggior numero possibile degli antichi repubblicani. Vi collaboravano, oltre l’avv. Carcassi suddetto, il Bertani, 1’ avv. Brusco, Bixio, col quale il sottoscritto conservò sino all’ ultimo rapporti affettuosi d’ amicizia, Pietro Maestri da Parigi e altri valenti. Anton Giulio Barrili e Vittorio Poggi di Savona vi stendevano la cronaca politica, ed il primo anche certe corrispondenze da Parigi scritte ... a Genova. Il giornale cessò le sue pubblicazioni al cominciar della guerra, essendo cessato lo scopo pel quale era stato fondato ed anche perchè la maggior parte dei redattori erano partiti per entrare o nell’ esercito o nei volontari. « Il sottoscritto, abbandonata, e per sempre, Γ attività politica, 1’ 11 aprile 1859 entrò nel corpo suppletivo della R. Militare Accademia in Ivrea ; ebbe sulla fine del giugno la nomina a sottotenente nel 18 di fanteria, e poi vi fu promosso luogotenente; nell’estate del 1863 !fu trasferito collo stesso grado nel R. Corpo di Stato Maggiore nel quale venne promosso capitano 1’ ottobre dell’ anno medesimo ; ne lisci nell’ autunno del 1873 promosso maggiore nel 71° fanteria, vi rientrò nel 1877 come maggiore e poi capo di Stato Maggiore dell’allora instituita divisione militare di Catanzaro ; nel 1879 era promosso tenente colonnello, sempre nello stesso Corpo di Stato Maggiore ed ad- - 93 — -detto allo Stato Maggiore del V Corpo d’armata a Bologna, donde per attriti con quel generale comandante di Corpo d’ armata fu trasferito col suo grado nel 28° fanteria. Promosso colonnello a scelta nel 1884 vi rimaneva sino alla primavera del 1888 allorché venne messo in disponibilità. Ritiratosi colla famiglia a Genova chiese in seguito, prima il passaggio in posizione di servizio ausiliario, poi, senz’ attendere d’ a-ver compiuto il massimo dei 40 anni di servizio, quello nella Riserva. Il Ministero gli conferì allora il grado di maggior generale e poi quel-to di tenente generale nella Riserva. « Nonostante la sua partecipazione a due campagne, 1859 e 1866 (Divisione Cosenz), non ebbe mai la fortuna di poter partecipare a fatti d’armi, e però non l’occasione di acquistar distinzioni onorifiche oltre le solite della Corona d’Italia e dei SS. Maurizio e Lazzaro. « Nel 1881 s’ ammogliò a Trapani colla Signora Laura D’ Alì figlia del Comm. Giuseppe senatore del Regno e di Rosalia de’ Baroni Chiaramente Bordonaro : n’ ebbe cinque figli, de’ quali conserva solo due femmine e un maschio ; questi, Aldo, ingegnere. « Vivendo a Genova, dall’ antico amico suo Lazzaro Gagliardo, poi ministro, fu richiesto di collaborare nel giornale Caffaro, allora proprietà dello stesso Gagliardo e d’ un gruppo d’ amici suoi ; accettò senza voler entrare a far parte della Redazione fissa e vi scrisse numerosi articoli, essenzialmente su soggetti militari, coi pseudonimi di Dal Grifo, Stello e altri. Pochi mesi dopo, essendo il giornale passato in altre mani e temendo potesse prender colore politico più accentuato, rinunziò a quella collaborazione. Dopo d’ allora non scrisse più su giornali politici, meno rari articoli sul Corriere Mercantile, tutti d’indole tecnica militare, contro la conservazione del carattere di piazza forte a Genova, meno alcuni di polemica politica per combattere la proposta ventilata allora, d’ una manifestazione irredentista coll’ invio a Trieste del leone di S. Marco toltone nelle guerre di Genova contro Venezia. o Nominato amministratore dell’ ospedale Celesia a Rivarolo, di quel di Pammatone a Genova, del Monte di Pietà e Cassa di Risparmio, vi rinunziò, talora anche quasi subito, per dedicarsi esclusivamente, oltre che alle cure di famiglia, a studi storici. Da allora in poi si fece frequentatore assiduo e diligentissimo delle diverse biblioteche e -sopratutto del R. Archivio di Stato dedicandosi essenzialmente a ricerche sulla storia medievale di Genova. « Frutto di tali studi furono alcuni articoletti sul Giornale Ligu- — 94 — stìco (1896-98) riguardanti la fabbricazione dei mezzi di scrittura, tavolette incerate e pergamena, in Genova, le tombe colombiane nella chiesa di S. Giorgio a Palermo, ed una monografia alquanto più estesa sul duomo di Trapani dedicato a S. Lorenzo, per stabilii e che era l’antica chiesa della colonia genovese florida nel 13° secolo a Iiapa-ni, ove aveva, oltre la propria cappella, una loggia come altre colonie di comuni italiani. Ne fu spogliata nel quattrocento da Alfonso d A-ragona irritato per lo smacco di Ponza. « Cessata la pubblicazione del Giornale Ligustico, il sottoscritto collaborò nel Giornale storico e letterario della Liguria, ove pubblicò parecchi scritti su argomenti vari, alcune recensioni, e notevole per 1’.importanza del soggetto, un articolo (1904) sulla data della nascita di Cristoforo Colombo nel quale, in base d’ un nuovo documento da lui scoperto in questo Archivio di Stato, poteva stabilirla entro circa due mesi del 1451; fra le recensioni quella (1902) su Gli ultimi giorni della Repubblica di Genova e la Comunità di Nove di A. F. Trucco.. « Ma 1’ oggetto principale dei suoi studj fu e rimase la Corsica, quest’isola ove si scrive il francese ma si parla l’italiano, che fa sfor· zi per cancellar la propria impronta di razza e Γ Italia par abbia del tutto dimenticato pur essendo in faccia alla Toscana ed al Lazio. Il risultato più importante di tali ricerche fu uno studio che pubblicò nel 1900 nel Giornale storico e letterario suddetto col titolo Genova e la Corsica, per stabilire l’epoca precisa della dedizione di quest’ isola al Comune di Genova, il carattere democratico dell’ atto e la personalità storica di Sambocuccio d’Alando che storici recenti avevano resa mitica. Per tale lavoro l’autore ebbe lodi da riviste storiche francesi e italiane, e la R. Deputazione di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia lo nominò suo membro effettivo. In Corsica poi quella pubblicazione ebbe plauso di recensioni entusiastiche in giornali di Bastia ed Aiaccio, parecchie notabilità isolane fra i cultori di storia si misero e rimasero poi in continuo carteggio coll’ autore, e la Société cies sciences historiques et naturelles di Bastia la ripubblicò con aggiunte ne’ suoi Rulletins, in italiano, non avendo consentito 1’ autore che fosse tradotta in francese per la Corsica. Dopo quella pubblicazione 1’ Assereto continuò assiduamente le ricerche sulla storia della Corsica sotto la dominazione genovese nell’ intento di studiare la narrazione della lotta dell’ Officio di S. Giorgio contro i grandi feudatari cinarcnesi (14.53-1515), e raccolse un abbondantissimo materiale che o da lui o da altri potrà essere utilizzato. - 95 — « Da molti anni il ministro delPinterno, su proposta della Commissione Araldica regionale pella Liguria lo avea nominato membro della stessa. Occupandosi pertanto anche di questioni araldiche pubblicò prima nel Corriere Mercantile (1903) e poi raccolse in opuscolo col pseudonimo di Stello alcuni articoletti col titolo : Marchesi nobili patrizi genovesi, e nobili generici, e uno scritto (1904) nel Bollettino ufficiale della Consulta Araldica col titolo : Un censimento del patriziato genovese nel 1621. « Nel 1905 pubblicò ancora sulla Rivista Ligure un breve scritto per dimostrar l’assurdità del Municipio di Genova, che avea sostituito il nome di Ponte Carrega a quel di Ponte delle Carraie, con cui si era fino a questi giorni designato il ponte che sorge appunto nella località denominata Carraia sin dal XIII secolo almeno ...... Così dunque scrivevami di lui l’Assereto : io aggiungerò ch’egli ebbe ingegno acuto, preparazione soda di studioso, ed attitudini di storico concettoso. Alla lena infaticata del ricercatore ed alla abbondanza delle ricerche non corrispose per altro, nè in ampiezza nè in profondità, Popera dello scrittore: egli impiegò più di diciotto anni a rovistare, esaminare, spogliare le carte del nostro Archivio di Stato ' in ispecie i registri e le filze dell’ Officio di S. Giorgio, mirando esclusivamente alla storia della Corsica, e raccolse una meravigliosa quantità di notizie acconcie ai più poderosi lavori intorno ad essa isola ; ma non ne trasse per il pubblico che quella sua Memoria riguardante Genova e la Corsica negli anni 1358-1378, di cui egli stesso parla con giustificata compiacenza nelle note sopra riferite. Cotesto studio è certamente pregevole ed originale, denso di particolari sulle prime e più antiche relazioni di Genova con quella terra turbolenta; ma è pur sempre circoscritto ad un breve periodo storico, e concerne in fondo -solamente la figura di Sa.mbocuccio d’Alando. É pur vero che - come osserva il prof. Pietro Lucciana - « gràce à ce beau travail, corroborò par des documents irréfutables, la figure de Sambucuccio sort enfin de la légende pour entrer dans Γ histoire » (2). Ma l’Assereto aveva messo assieme ben altra raccolta di notizie per la storia della Corsica, ed avrebbe potuto usarne per lavori ben più importanti di quello. Una volta, nell’ uscire insieme dall’Archivio di Stato, io gli dissi: Generale, quando aspetta a pubblicare il risultato delle sue ricerche ? « Sono vecchio » — mi rispose — « e se non potrò io stesso, spero che altri avrà modo di giovarsi del materiale da me raccolto ». Cotesto mate- — 96 - riale, comprendente un’enorme congerie di schede scritte con quel’ carattere minuto e compatto eh’ egli usava, forma un prezioso ed inesauribile semenzaio d’informazioni sulla storia della Corsica in relazione con Genova; esso potrebbe, col consenso della famiglia del compianto Generale e conformemente al voto da lui espresso, fornire argomento ad- una cospicua opera storica atta a rinverdire ed a raccomandare efficacemente presso i posteri la memoria dell’ insigne studioso. L’ Assereto trovavasi inscritto tra i soci effettivi della Società Ligure di Storia Patria fin dal 2 febbraio 1896. (1) II Risorgimento italiano, Dizionario illustrato ; Casa editrice Dottor Francesco λ allardi Milano ; voi. II, Persone, pag. 124. (2) Bulletin de la Société des sciences hisloriques el nalurelles de la Corse, XXI aunée, fascicules 248' et 249°, Aoftt et Septembre 1901 ; Bastia, Imprimerle et librairio Ollagnier.· λ edansi le parole premesse da P. L. al lavoro dell’Assereto. GEROLAMO SERRA m. 27 febbraio 1913. Di patrizia famiglia, nota nella storia genovese moderna per alcuni illustri soggetti che lasciarono larga fama di sé nella politica e nelle lettere, nacque in Genova il 16 agosto 1842 dal march. Gian Carlo, figlio dell’insigne storico Girolamo, e dalla nobildonna Laura Serra di V incenzo. Entrato nella R. Marina vi iniziò la carriera nel 1861 col grado di guardiamarina, e vi rimase per oltre diciotto anni passando per i gradi superiori fino a quello di tenente di vascello. Fece la campagna di guerra del 1866, e fu dal 1867 al 1879 ufficiale d’ordinanza del Principe di Carignano. Ritiratosi a vita privata alternò la sua dimora fra Torino, Nervi e Gavi; e negli ultimi due di questi luoghi partecipò alla vita pubblica in qualità» di consigliere e quindi di assessore municipale. In Gavi spiegò poi una particolare attività di benefattore, sia come presidente dell’Asilo infantile colà fondato dai suoi maggiori, sia come membro della Congregazione di carità, sia come amministratore dell’ Ospedale di esso luogo. Ebbe le insegne di cavaliere della Corona d’Italia e dei SS. Maurizio e Lazzaro, non che della Concezione di Portogallo, e di Carlo III di Spagna; e fu inoltre fregiato della medaglia commemorativa della campagna del 1866. Appartenne alla nostra Società dal 29 aprile 1898 fino alla morte, che lo-colse in Nervi. r — 97 — ISIDORO IVANI m. 12 marzo 1913. Sortì i natali in Borghetto di Vara nel luglio 1859 da Domenico e da Federica Bertoni; ebbe coltura letteraria e storica ampia e svariata, se non molto approfondita, e fu studioso amantissimo di cose genovesi, non che bibliofdo appassionato. Fondò e diresse in Genova V Elleboro, periodico quindicinale di scienze, lettere ed arti, di 16 pagine in ottavo, il cui primo numero usci il 1° gennaio del 1882. Svolgendo il programma di quella scuola molto temperata così in letteratura come in politica, schiettamente cattolica di sentimenti e di aspirazioni, che aveva per antesignani il Pellico, il Tommaseo, il Giuria, L'Elleboro ebbe a collaboratori più o meno frequenti Federico Ali-zeri (che vi scrisse pochi articoli, essendo poi morto il 13 ottobre 1882), Giuseppe Gazzino, Domenico Caprile, Nicolò Giuliani, il padre Mazzi, Alessandro Calvino, Cornelio Desimoni, Ippolito Isola, Domenico Pelati, Antonio Pitto, Antonio Canepa e parecchi altri ; e visse sino alla fine del 1883. L’attività letteraria dell’ Ivani durò quanto quella del suo giornale, dopo la cui cessazione egli rivolse l’opera sua a cose più positive, e fece Γ agente di cambio presso la Borsa di Genova. Partecipò anche all’ amministrazione di banche e società industriali, come il « Banco cooperativo Unione Ligure ». Diede inoltre una parte della sua operosità alla vita amministrativa del suo paese nativo, di cui fu sindaco per alcuni anni. · Spinto dalla sua passione per i libri, egli aveva radunato una grande quantità di volumi comprando, secondo le occasioni, intere biblioteche private e grosse partite di stampati e manoscritti d’ogni specie da librai di Roma, Firenze, Genova, ecc. ; e divisava negli ultimi tempi di dare ordine alla sua raccolta col proposito, a quanto sembra, di destinarne le parti scelte e più caratteristiche in dono a biblioteche pubbliche di Genova non che alla Comunale della Spezia, quando fu colpito da una malattia mentale, che lo trasse di senno ed in capo a pochi anni lo condusse con lento e progressivo esaurimento alla tomba. Morì in Borghetto Vara, dov’era stato da Genova trasportato negli ultimi mesi della sua infermità. Dopo la morte di lui, la raccolta fu dai suoi eredi messa in vendita, e andò così divisa e dispersa fra varj compratori, come succede spesso delle biblioteche private ; ma anche prima ch’egli si spegnesse, quasi tutti gl’ incunaboli, i manoscritti ed i libri rari di essa erano già stati acquistati da due bibliofili stranieri. Socio 7 — 98 - effettivo del nostro Sodalizio dal 28 gennaio 1898, egli vi tenne per parecchi anni 1’ ufficio di revisore dei conti. FRANCESCO ARPE m. 12 luglio 1913. Mediatore e negoziante in cereali, Francesco Arpe, contrariamente all’uso dei molti mercanti genovesi che sogliono concentrare negli affari tutta l’attività di cui sono capaci e non si curano d’ altro, si occupò di cose pubbliche e di interessi non esclusivamente materiali. Appartenne infatti per molti anni al Consiglio comunale di Genova, al quale diede il concorso di una sicura competenza e di un sano criterio facendovi udire la sua parola pacata e talora stentata, ma non oziosa, in ogni utile discussione. Fu inoltre membro della Commissione comunale per le imposte dirette, membro della Camera di commercio non che del Consiglio direttivo dell’ Associazione generale del commercio; e si adoperò a vantaggio di altre istituzioni, permanenti ovvero occasionali, della sua Genova. L’ assidua cura degli uffici pubblici gli ave-\7a procurato la croce dì cav. della Corona d’Italia. Dimostrò sempie vivo interesse per tutto ciò che si attiene alla coltura, e specialmente come amatore di storia patria fece parte della nostra Società dal 22 giugno 1897 in poi. Era nato in Genova il 9 febbraio 1842 da Giuseppe Arpe e da Chiara Forte, ed in Genova cessava di vivere, celibe. FEDERICO EUSEBIO m. 25 luglio 1913. Nacque in Alba il 14 dicembre 1852 da un falegname oriundo del vicino paese di Magliano, che non risparmiò sacrifizi per mandar avanti negli studj il figliuolo promettente e volonteroso. Questi infatti percorse felicemente il ginnasio in Alba ed il liceo in Torino (Gioberti); passato dipoi all’Università nella stessa città di Torino, vi godette di una borsa di studio del R. Collegio delle Provincie, e vi consegui la laurea in belle lettere il 6 agosto del 1875 con pieni voti e lode. Desideroso di rimanere in Torino rifiutò il posto di professore di lettere italiane nel R. Liceo di Sassari, e preferì di acconciarsi come insegnante nell'istituto internazionale della capitale piemontese, quindi come incaricato di lettere latine e greche nel Liceo Gioberti, ed in ultimo, tanto per iniziare la carriera governativa di ruolo, come titolare del Ginnasio inferiore Gioberti; fino a che, il 19 febbraio 1882, con meravigliosa fortuna, riuscì nomi- - 99 - nato, in seguito a concorso per titoli e per esami, ordinario di letteratura latina nell’Università di Genova. Quivi tenne anche dal 1884 in poi Γ incarico dell’ insegnamento dell’ archeologia, nel 1903-04 fu Preside della Facoltà di lettere e filosofia, e dal 1909 al 1912 Direttore della Scuola di Magistero annessa alla medesima Facoltà. Ma la parte più importante della sua attività fu quella da lui dedicata per quasi vent’anni ininterrottamente, e con efficac'a di risultati pari all’ardore dell’ applicazione, alla storia di Alba, facendo sorgere nel 1897 il Museo storico - archeologico Albese, promovendo Γ edizione del “ Regesto Albese „ affidata alla Società Storica Subalpina ed uscita in due grossi volumi nel 1903, fondando nel 1907 la Società di studi storici e artistici per Alba e territori connessi, di cui ebbe la presidenza, e quindi la rivista bimestrale “ Alba Pompeia „, della quale rimase finche visse direttore, redattore e principale collaboratore. In essa rivista egli si occupò di tutti i rami e di tutti i tempi della storia di Alba : dalla preistoria alla storia moderna, dalla storia religiosa alla storia civile, dalla storia artistica alla storia letteraria. Oltreché glottologo e filologo, storico e principalmente archeologo, egli fu anche poeta e letterato. Trovavasi ascritto alla nostra Società dal 21 maggio 1896. Morì in Genova (1). ENRICO BONINO m. 22 luglio 1914. Nato alla Spezia da Domenico e Bianca Ansaldo il 9 giugno 1844, si dedicò alla carriera ecclesiastica di cui fece gli studj a Genova, e fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1868. Dotato di vivo ingegno e nutrito di soda coltura così letteraria come religiosa, venne dall’arcivescovo Magnasco incaricato d’insegnare rettorica nel Seminario di Genova, e poi dogmatica e diritto canonico in quello di Chiavari. Dopo qualche tempo ritornato a Genova, tenne stabilmente per diversi anni la cattedra di diritto canonico nel primo dei suddetti Seminari, e nel 1879 conseguì la nomina di canonico arciprete della Metropolitana. Ebbe in seguito anche il titolo di protonotario apostolico. (l) Per i>iù estese notizie vedansi : Federico Eusebio, del Prof. Dott. Dino Muratore, in Alba Pompeia, anuo V, fuso. 5-6 (dicembre 1914) ; Necrologia di Federico Eusebio, per Achille Beltrami, in Annuario della R. Università di Genova per l’auuo scol. 1913-14 ; Davicini Giovanni, Federico Eusebio (1852-1913), Cenni biografici e letterari (Alba, tip, Sansoldi, 1914). — 100 - Oltre l’opera strettamente ecclesiastica da lui esercitata come giudice sinodale, esaminatore sinodale, revisore della stampa, dottore del Collegio teologico di S. Tomaso d’Aquino, decano in ultimo del Capitolo di S. Lorenzo e partecipe di altri uffici e lavori diocesani, egli spiegò notevole attività come scrittore e polemista cattolico, specialmente pubblicando i volumi intitolati : Osservazioni critiche sulle Relazioni giuridiche tra Chiesa e Stato dell'Avvocato Stefano Castagnola (Genova, Tip. della Gioventù 1884) ; Gli Italiani e la indipendenza del Papa (uscito sotto lo pseudonimo di Jereo Agatone). Egli era versato così nel latino e nel greco come nell’ebraico, e scriveva con maestria anche nel dialetto genovese; nelle lingue classiche segnatamente dimostrò quanto valesse coll’opera di tiadu-zione da lui dedicata all’ arcivescovo Salvatore Magnasco sotto il titolo : Leonis XIII. P. M. Inscriptiones latina? et carmina, ab Henrico Bonino, Templi Principis Genuensis Canonico Archipresbytero, g ree ce reddita; An. MDCCCLXXXVII (Genua?, ex preio archiepiscopali; pp. 148 in ottavo). Lasciò molte epigrafi latine, e numerosi articoli pubblicati per feste, accademie e cerimonie religiose in periodici ed in numeri unici. Alla nostra Società era stato ascritto fin dal 10 marzo 1872. Cessò di vivere in S. Francesco d’Albaro (1). GIO. MATTEO POZZO m. 27 luglio 1914. Nacque il 3 agosto del 1858 in Genova da Luigi e da Maria Enrica Schiffini, e quivi fece gli studj secondari classici ed universitari e si laureò in giurisprudenza nell’ anno scolastico 1883-84 con pieni voti assoluti. Dopo aver compiuto un corso di perfezionamento a Roma e viaggiato all’estero per istruzione, fornito com’egli era di largo censo, dedicò liberalmente l’acuto ingegno e la dottrina acquistata alle pubbliche amministrazioni, specialmente alle Opere pie, al Comune ed alla Provincia, e vi pervenne ad esercitare importanti ufficj direttivi e consultivi. Fece parte infatti in varj tempi, e per taluna istituzione molto lungamente, della Commissione amministratrice degli ospedali civili, di cui fu per alcuni anni presidente; della Congregazione di carità; del Consiglio d’amministrazione del Monte di Pietà e della Cassa di ri- (1) Cfr. Mons. Enrico Bonino, in La settimana religiosa, anno XXXXIV n. 30, luglio 1914, pp. 356-357. - 161 — i sparmio; della Compagnia di misericordia; dell’Associazione di N. S. della Provvidenza per la cura a domicilio degli infermi poveri; dell’As-sociazione nazionale per soccorrere i Missionari cattolici italiani; del Pio istituto per l’assistenza degli infanti legittimi poveri ed abbandonati; della Commissione provinciale di beneficenza ; ecc. Consigliere comunale, consigliere e deputato provinciale, membro del Consiglio provinciale scolastico, vicepresidente della Commissione comunale per le imposte dirette, si fece ovunque apprezzare per la sua rara competenza nel diritto amministrativo ed in tutte le quistioni attinenti alle pubbliche aziende. Coltivò con passione gli studj letterari e storici, e fu tra i fondatori dell’ Associazione letteraria e scientifica Cristoforo Colombo, cui prodigò in ogni tempo cure zelanti. Negli ultimi tempi di sua vita, profondamente colpito per la morte d’un suo figlio giovinetto ed eccitato da bevande alcooliche, perdette la serenità dello spirito. In un momento di supremo sconforto, che la sua fede di fervido credente e di sincero osservante non valse a fargli superare, rinunziò disperatamente alla vita gettandosi da una finestra di casa nella sua villa Gaggianego a Recco, ov’egli erasi con la famiglia alla fine condotto in cerca di quiete e di salute. Lasciò varie pubblicazioni, la maggior parte di contenuto storico, delle quali riferisco qui i titoli senza avere però la certezza di comprenderle tutte: 1. L’avv. Dionigi Corsi, commemorazione', Genova, Tip. della Gioventù, 1898. 2. La Chiesa di N. S. del Carmine di patronato della Famiglia Gandolfo ai Prati di Mezzanego; Genova, Tip. della Gioventù, 1902; pp. 75 cou quattro tavole genealogiche, in ottavo. 3. Carignano, Ricordi; Genova, Tip. della Gioventù, 1906; in 8°, pp. 36 con tavole. 4. I funghi secchi di Varese Ligure e Gioacchino Rossini; Genova, Tip. della Gioventù, 1906; pp. 12. 5. Il Cardinale Giacomo Filippo Fransoni Genovese, 1775-1856, Genova, Tip. della Gio- ventù, 1906; pp. 19, in ottavo. 6. Domenico ed Emanuele Solari: ricordi; Genova, Tip. della Gioventù, 1907, in - 8, pp. 25. 7. Il pittore Francesco Gandolfi nato in Chiavari nel 1824 morto in Genova nel 1873, Memorie; Genova, Tip. della Gioventù, 1910. 8. Ricordi del 1849, in Rivista Ligure, a. 1911, pp. 189-191. 9. Parole dette nell’adunanza generale della Società Cattolica operaia di S. Gioachino e S. Giuseppe alla Doria; Genova, Tip. della Gioventù, 1912. Il Pózzo fu ascritto alla nostra Società il 2 febbraio 1896, e ne segui con interesse i lavori. La ricorda con particolare riguardo nell’avvertenza preposta alla seconda delle sopra indicate opere, con queste parole che mi piace di riprodurre, perchè non sarà mai ab- bastanza ripetuta la raccomandazione ivi riferita : « I Reggitori della Società Ligure di Storia Patria, alla quale mi onoro di appartenere, tanto benemerita per aver dato sicuro indirizzo agli studii storici della nostra terra, sempre ed in ogni occasione raccomandarono ai soci di raccogliere quanto poteva interessare la nostra Regione, perchè ogni benché piccolo lavoro poteva riuscire largo contributo per la formazione di una storia della Liguria.....Coll'intendimento di rispondere al desiderio dei Reggitori della Società Ligure di Storia Patria pubblico questo lavoro ...... FRANCESCO OLCESE m. 5 marzo 1915. v · ' 1 ' ' ' In Cornigliano Ligure ebbe i natali Francesco Gerolamo Olcese il 30 settembre del 1850, genitori Giovanni Battista Olcese e Caterina Roncallo. Ordinato sacerdote il 20 dicembre 1873, fu prima arciprete di Ceranesi e poi di San Pier dArena, donde negli ultimi anni passò a Genova promosso abate coadiutore della Collegiata di N. S. del Rimedio col titolo di monsignore. Aveva altresì il grado di protono-, tario apostolico. Studioso di storia, era entrato socio effettivo del nostro Sodalizio il 4 gennaio del 1899. ALFONSO DAVID OLIVA m. 29 marzo 1915. Da Giuseppe Oliva e da Alfonsina Gros nacque in Genova il 30 ottobre del 1845 Alfonso David Oliva. Rimasto orfano della madre trascorse gli anni della prima giovinezza presso la nonna materna, mentre frequentava con diligenza pari alla vivezza dell’ingegno i corsi dell’istituto Tecnico provinciale: da cui usciva non ancora diciassettenne con licenza d’onore, primo fra tutti. Del che soleva compiacersi nell’età matura esclamando spesso : la mia licenza dell’istituto porta il numero uno ! Dedicatosi ai commerci, pervenne ad occupare un cospicuo posto fra i negozianti, commissionari e rappresentanti in lane e tabacchi della piazza di Genova. Appassionato, com’egli era, per lo studio delle scienze economiche e sociali, non che delle discipline storiche, riuscì in mezzo al fervore ed al contrasto degli affari ad acquistarsi, non pure una cultura generale inconsueta nel ceto dei commercianti, ma una conoscenza profonda e sicura sopra argomenti -* 1Ó3 — specifici riguardanti questioni commerciali e finanziarie. Dotato inoltre di facile e faconda parola, si trovò chiamato verso i 45 anni alla vita pubblica, nella quale venne ben presto a sostenere molteplici ed importanti cariche, e conseguì distinzioni ed onorificenze. Fu membro infatti della Camera di commercio di Genova, della Commissione provinciale' delle imposte dirette, della Commissione del traffico delle ferrovie dello Stato, della Commissione centrale per le controversie doganali, del Consiglio Superiore della Marina mercantile, del Consiglio Direttivo della R. Scuola Superiore d’applicazione per gli studi commerciali in Genova, della Giunta di vigilanza del R. Istituto Tecnico e Nautico Vittorio Emanuele II, dei Consigli dei Banchi di Napoli e di Sicilia ; presidente del Deposito franco, della Banca cooperativa genovese, e del Ricovero di mendicità di Genova. Negli ultimi anni di sua vita venne elevato all'ufficio di presidente della nostra Camera di commercio, ch’egli tenne con autorità ed operosità fino alla morte. Ebbe i gradi onorifici di commendatore della Corona d’Italia e di cavaliere della Legion d’onore di Francia. In gioventù aveva preso parte alla guerra del 1866 come soldato del reggimento « Genova Cavalleria ». Amatore di storia generale non che di storia genovese, egli era stato ammesso il 5 gennaio 1901 socio effettivo del nostro Sodalizio, di cui seguiva con interesse ì lavori partecipando con qualche assiduità alle assemblee ordinarie ed alle loro discussioni. Morì in Genova per violenta e complicata polmonite. NICOLÒ ODINO ' m. 23 aprile 1915. Figlio di Francesco Odino e di Maria Crovo, venne alla luce Nicolò Odino il 1° dicembre del 1863 in Serravalle Scrivia ; donde, finite le scuole elementari, passò nel Seminario del Chiappeto a S. Martino d’Albaro, in cui fece i primi studj d’avviamento al sarcedozio, che proseguì poi nel Seminario di Genova, porgendo, così nell’uno come nell’altro di questi istituti, prove brillanti di diligenza e di profitto. A 22 anni aveva già terminato il corso di teologia, che è il coronamento della carriera degli studj ecclesiastici ; ma dovette attendere fino al 19 luglio del 1886 per essere ordinato sacerdote, vietando i sacri canoni Γ assunzione al sacerdozio prima dei 22 anni e mezzo compiuti. Appena sacerdote fu destinato all’ insegnamento come professore di 1Λ 10* - ginnasiale nel Seminario del Chiappeto, ma dopo qualche tempo, sentendosi più incline al ministero pastorale, ottenne di andare vice parroco a S. Ilario Ligure, e quindi parroco a Davagna in vai di Bisagno. Nel 1891 fu promosso prevosto di Comago, frazione del Comune di S. Olcese in Polcevera, donde poi nel 1894 venne collo stesso ufficio trasferito alla più importante sede di Bogliasco ; della quale consegui il titolo di arciprete il 19 luglio 1901 per decreto di Mons. Reggio, arcivescovo di Genova, recatosi colà in occasione delle feste cinquantenarie di N· S. del Carmine. Di carattere mite, Γ Odino diresse con mite governo per più di vent’ anni la parrocchia di Bogliasco ; amante delle belle arti dotò quella chiesa parrocchiale di invetriate istoriate, pregevole lavoro del Balmet di Grenoble, e fece inoltre erigervi l’altare di S. Sebastiano, opera di gusto assai squisito. Fornito di estesa cultura letteraria e laureato in teologia, seguiva con interesse i più recenti studj di letteratura, storia, filosofìa e religione. L’anno 1907, in occasione del terzo centenario della Confraternita di N. S. del Rosario eretta nella parrocchiale di Bogliasco, egli dava alle stampe, colla collaborazione di altri scrittori, un numero unico dal titolo « Bogliasco », dove sono compendiosamente raccolte le memorie storiche più importanti di esso luogo. Nell’aprii è del 1915 andò in pellegrinaggio a Roma, ma giunto nel- 1 eterna città si senti improvvisamente aggravato da un male che da tempo ne minava la fibra ; condottosi all’ospedale di S. Spirito, ivi in pochi giorni soccombeva, amorevolmente assistito dai parenti, dai parrocchiani suoi compellegrini e dalla nobile famiglia Lussignoli, di cui è capo il segretario generale del Municipio romano. La salma ne fu trasportata prima a Bogliasco, nella cui chiesa parrocchiale le si resero solenni funebri uffizi, ed indi a Serravalle Scrivia dovejvenne tumulata nella tomba di famiglia. L Odino era iscritto tra i soci effettivi della nostra Società dal 5 febbraio 1908. GEROLAMO MICHEUNI m. 30 giugno 1915. Is acque a Sarzana il 2 dicembre 1845 da Luigi Michelini e da Luigia Brichetto ; studiò ed esercitò medicina e chirurgia a Genova. Ostetrico e ginecologo di valore, fu specialista primario nell’ ospedale di Pammatone, di cui resse per molti anni con severa disciplina la sezione di Maternità. Si hanno di lui a stampa alcune relazioni intorno allo — 105 — è «tato e all’ andamento di siffatta sezione (1). Amante degli studj storici, ottenne di essere ascritto alla nostra Società come socio effettivo il 23 luglio 1873, e da allora in poi le si mantenne affezionato sino alla morte ; la quale lo spense in Genova dopo lunga malattia. La salma di lui fu trasportata e tumulata a Vezzano Ligure. ALFREDO VILLA m. 30 giugno 1915. Nato a Genova il 25 settembre 1867 da Gio. Batta Villa e da Flora Chiossone, Alfredo Villa si laureò alla fine deiranno scolastico 1891-92 in medicina e chirurgia presso la patria università, nella cui clinica medica continuò poi a perfezionarsi esercitandovi per parecchi anni l’ufficio di vice assistente e quindi di assistente volontario, fino a che potè conseguire, il 14 marzo 1903, la libera docenza in pediatria e clinica pediatrica. Dell’operosÌtà scientifica da lui spiegata in questa materia rendono testimonianza le sue pubblicazioni, l’elenco delle quali può vedersi nello Annuario della R. Università di Genova per l’anno scolastico 1903-1904, e continuato nel consimile Annuario per il 1907-08. Dal padre antiquario ed intenditore finissimo di cose d’arte, il Villa aveva ereditato il gusto degli oggetti artistici ed il culto delle memorie storiche, donde trasse incentivo per entrare nella nostra So-• » cietà, alla quale venne ascritto socio effettivo il 9 aprile del 1908. Egli partecipò alla vita amministrativa genovese come consigliere comunale dal 1910 al 1914. Fu medico consorziale effettivo delle Ferrovie dello Stato, medico onorario dell’istituto dei ciechi, medico primario dell’ospedale dei cronici. ENRICO BELIMBAU m. 12 luglio 1915. Enrico Belimbau nacque in Livorno il 21 marzo 1858 da Giacomo e da Fortunata Bolaffi ; studiò ingegneria nel Politecnico di Milano, allievo prediletto del prof. Giuseppe Colombo, di cui divenne poi col- (1) Ved. Michelini Gerolamo, La maternità di Genova nel triennio 1891-1892-1893 (Genova, Sordo-Muti 1894, 16°, pp. 27) ; Rendiconto ostetrico ginecologico dell’anno 1894 (Genova, Sordo-Muti, 1895, 8°, pp, 23); Rendiconto ostetrico ginecologico 1895-96 (in giorn. Pammatone, anno I). laboratore nella Società Edison. Stabilitosi a Genova nel 1887 si dedicò prima all’industria, socio, fra l’altro, della ditta Treves Belimbau per la conceria delle pelli, indi all’agricoltura. Fornito di pingue censo, concesse con disinteressata larghezza l’attività sua all'amministrazione di alcune Opere Pie genovesi, e principalmente dell’ Istituto Asilo pei ciechi « David Chiossone », del quale fu presidente. Cosi appartenne per varj periodi di tempo ai Consigli direttivi del Comitato per 1 educazione del popolo, degli Asili infantili, della Pia Casa di lavoro, degli Ospedali civili, e del Consorzio agrario. Proprietario di vaste tenute a Silvano d’Orba ed a Castelletto d’Orba, si adoperò per il miglioramento delle terre e dei contadini di quella regione, onde venne insignito della medaglia dei benemeriti dell’agricoltura. Ebbe altresì le onorificenze prima di cavaliere, e poi di commendatore della corona d’Italia. Tenne per qualche tempo la carica di sindaco di Silvano d’Orba, e fu consigliere comunale di Castelletto d Oiba.. Appassionato cultore di arte antica, curò il restauro del castello di Castelletto d’ Orba, insigne monumento di architettura medievale,, eh’ egli aveva acquistato dai marchesi Cusani Botta Adorno Visconti di Milano. Era socio effettivo della Società Ligure di Storia Patria dal 10 giugno 1897. CARLO BALESTRINO m. 18 novembre 1915. Carlo Balestrino, nato in Genova nella parrocchia di S. Siro il 3 gennaio del 1840, ebbe a genitori il nobile Giovanni Balestrino e Carlotta Carrara. Giovanissimo si dedicò al commercio ed agli affari industriali e bancari, ed acquistò presto una cospicua posizione quale socio della banca Kelly Balestrino e C., nella cui ditta era pure cointeressato il colonnello onor. Federico (dattorno. La sua operosità, congiunta ad una rara competenza e ad un illuminato spirito d’iniziativa, lo fece promotore e partecipe di parecchie imprese industriali e commerciali, come 1’ Acquedotto De-Ferrari Galliera, di cui fu confondatore insieme coll’ ing. Nicolò Bruno ed il comm. Antonio Bigio, la Società dei docks vinicoli e la Società Ligure di elettricità, di ciascuna delle quali fu presidente. Appartenne al Consiglio di reggenza della Banca d’Italia,-sede di Genova; ed in tempi non lontani sostenne per qualche anno la carica di giudice e poi di presidente del locale Tribunale di commercio, più tardi soppresso. — 1071 — L’attività di lui, oltre che nel campo degli affari, si manifestò altresì nel campo politico e diplomatico come rappresentante in Genova ed in Italia di alcuni Stati esteri. Fu infatti console generale di Costa Rica, di Bolivia, del Guatemala, di Haiti, non che console di Serbia e vice console del Messico ; e dai Governi di essi Stati ebbe incombenze delicate e fiduciarie, che condusse a compimento con zelo ed accortezza. Così nel 1877, nella sua qualità di console generale di Costarica, veniva incaricato di trattare alcune divergenze diplomatiche trà la Santa Sede e varie repubbliche dell’America centrale, e riusciva ad un felice componimento delle questioni controverse; nel 1887 e poi nel 1895, in occasione dei festeggiamenti giubilari per Leone XIII, aveva la missione, coll’ufficio d’inviato straordinario presso il Vaticano, di felicitare il Sommo pontefice in nome del presidente e del Governo della repubblica di Haiti; ed ancora nel 1914, dietro incarico del Governo del Guatemala, presentava le congratulazioni di questo a Benedetto XV per il costui avvento al pontificato. Oltre a ciò egli fece più volte parte di Commissioni ordinatrici di varie Esposizioni come delegato di taluni dei Governi sopra detti, rappresentò il Governo del Guatemala al Congresso contro la tubercolosi tenuto in Roma nel 1912, fu corrispondente della Camera di commercio di Sofìa, ecc. Queste ed altre missioni meritarono al Balestrino gradi ed onorificenze ; Pio IX gli conferiva il titolo di marchese e lo nominava suo cameriere segreto di cappa e spada non che commendatore di S. Gregorio Magno ; Pio X con pontifìcio autografo accordava a lui ed alla famiglia speciali privilegi fra cui quello del titolo trasmissibile di mar- t chese al nipote Gian Alberto Balestrino, sul quale lo zio Carlo aveva concentrato tutti i suoi affetti dopo la morte dell’ unico figlio Gian Raffaele rapitogli a diciott’anni da morbo crudele. Il Balestrino era inoltre insignito della commenda delPordine militare del Cristo del re di Portogallo, della commenda della Corona d’Italia, del Takovo di Serbia, della croce di cavaliere mauriziano, della commenda di S. Silvestro concessagli ultimamente da Benedetto XV, e di altre decorazioni. La sua multiforme attività negli affari commerciali e negli uffici consolari non gli impedì d’interessarsi di opere di cultura, e di contribuire al loro incremento. Fu membro effettivo della nostra Società dal 17 giugno 1898 fino alla morte, avvenuta per mal di cuore in Genova, ove lasciò memoria di patrizio benefico e di gentiluomo compitissimo. FRANCESCO FONTANA m. 24 dicembre 1915. Nacque a Rapallo nel 1833 da Antonio Fontana, e visse a Genova ; avvocato di titolo ma non di professione, trascorse la sua esistenza in tranquilla e larga agiatezza, godendo dell’abbondante patrimonio avito, lungi dal rumore degli affari come dalle competizioni professionali e politiche. In gioventù dimostrò caldi spiriti patriottici e stava, a quel che si dice, per partire colla spedizione dei Mille, quando ne fu distolto dalle opposizioni della famiglia, che lo persuase a dare, in cambio della propria persona, una considerevole somma di denari a favore dell’ impresa garibaldina. Di gusti signorili e di abitudini eleganti ebbe estese relazioni col patriziato genovese, di cui compiacevasi frequentare i ritrovi e le conversazioni. Si dilettò' di studj storici, ed appartenne alla nostra Società dal 3 giugno 1897 fino alla morte, che lo colse, celibe, in Genova ad 82 anni. GIOVANNI ASSERETO m. 15 gennaio 1916. Di antica gente ligure nacque Giovanni Assereto in Savona il 15 gennaio del 1842, avendo a genitori il march, dott. Paolo, che tu sindaco di essa città dal 1854 al 1858 e per brevissimo tempo la rappresentò qual deputato al Parlamento Subalpino (1), e donna Anna Becchi appartenente ad una delle più cospicue casate della città medesima. Fece gli studj secondari nel collegio affidato ai Preti della Missione in Savona, noto per valenti insegnanti, quali, a tacere d’altri, il Magliani e il David ; e spinto, così dall’esempio paterno come da naturale inclinazione, ed altresì « da quel magistero di nobilissima filantropia che fu, indi, uno dei lati più alti della sua operosissima esistenza » (2)r seguì i corsi di medicina presso l’Università di Genova, da cui uscì (1) 11 dott. Paolo Assereto riuscì eletto deputato di Savona per Ih legislatura VI il 18 novembre del 1857 in ballottaggio coutro 1’ avv. Giacomo Astengo, ma la Camera ne annullò l’elezione il 14 gennaio 1858. Vedasi in proposito V Indice generale degli Alti parlamentari, Stona dei Collegi elettorali (1848-97) ; Koma, Tip. della Camera dei Deputati, 1898 : Parte II, p. 608. (2) Da una relazione sulla vita e sull’opera di Giovanni Assereto fornitami cortesemente^ dietro mia richiesta, dalla famiglia di lui ; relazione da cui lio preso il più delle notizie· date in questa necrologia. — 109 — laureato nel 1866. Compiuto un biennio di perfezionamento nelle cliniche fiorentine passava a Parigi col proposito di coronare la sua carriera di studj presso quella famosa Facoltà medica ; ma la morte della madre, avvenuta nel 1869, lo richiamava in patria prima eh’ egli avesse potuto raggiungere intieramente il suo scopo. Nell’autunno del 1870 l’Assereto si ammogliò colla nobildonna Bice Carli, e dopo d’allora trascorse la sua esistenza nella diletta Savona dedicandosi all’arte salutare, che esercitò per varj anni, adoperandosi in pari tempo con grande zelo a beneficio di istituzioni cittadine e di opere pie, cui prodigò liberalmente i suoi premurosi servigi di medico, partecipando attivamente, memore delle tradizioni paterne, alla vita pubblica, e coltivando sopratutto le belle arti e gli studj storici ; senza per altro che tutto ciò gli impedisse di concedere le proprie cure alla famiglia ed all’amministrazione del ragguardevole patrimonio domestico. Dimostrò la sua scienza al Congresso medico riunito in Savona nel 1898, nel quale fece, come presidente, una dotta ed applaudita prolusione. Fu largo d’ogni sovvenimento alle « Orfane della Provvidenza » ; ed ebbe campo di esercitare tutto il suo cuore benefico quale presidente della Congregazione di carità e quale membro del Consiglio dell’asilo infantile « Regina Margherita ». Fece parte inoltre della Commissione direttiva della Cassa di risparmio locale, e tenne per molti anni il posto di consigliere, prima, e di censore poi della sede savonese della Banca d’Italia. Nel tempo in cui venne condotta a termine, sui disegni dell’architetto Calderini, la marmorea facciata della cattedrale di Savona, 1’ Assereto copri la carica di presidente della Masseria di essa cattedrale e si adoperò a tutt’uomo per la riuscita dell’opera. Con pari zelo egli sostenne per diuturna serie di anni 1’ ufficio di consigliere comunale di Savona, difendendo costantemente ogni interesse e lustro cittadino. E non meno alacre fu la sua azione come membro e poi, per lungo tempo, presidente dell’operoso Comizio agrario savonese, ed altresì come uno •dei delegati alla Commissione ampelografìca provinciale ; ed in cotesto campo lasciò una dotta Relazione sulle condizioni dell’ agricoltura del circondario di Savona per Γ anno 1878, in cui, ad una pregevole trattazione dello stato di quelle terre, va congiunta una larga conoscenza degli odierni procedimenti agricoli e dei risultati ottenuti coll’ applicazione razionale di essi in paesi più progrediti dei nostri. Una delle questioni di cui l’Assereto si occupò più intensamente fu quella delle comunicazioni ferroviarie fra Savona e il Piemonte, e, — 110 — come il padre di lui era stato fra i più efficaci fautori della linea· Savona-Bra-Torino, così egli si trovò alla testa di coloro che per più lustri non cessarono di propugnare una più diretta via di congiunzione colla capitale piemontese per Sassello-Acqui ; ma, meno fortunato del padre, egli, nonostante il fervore e la continuità della sua propaganda, per cui ebbe a sostenere lotte e disagi nonché ingenti dispendj,. non potè vedere realizzato il suo disegno. Un’ attività meno rumorosa ma più intima e consolante di questa,. Γ Assereto spiegò nel sereno campo delle arti belle e degli studj storici. Nelle prime palesò un autentico genio d’artista disegnando a matita ritratti e paesaggi, dipingendo acquarelli e quadri ad olio, e plasmando figurine e statue in creta, talune delle quali poi riprodotte in bronzo. Di queste sue opere compiacevasi adornare i varj suoi palazzi e ville frammischiandole alle vecchie tele, alle classiche sculture, alle antiche maioliche, agli avori, agli arazzi ivi doviziosamente radunati dal suo buon gusto. Non a tutti erano noti quesli suoi meriti artistici,, poiché egli amava consegnare le sue produzioni alla stretta intimità delle domestiche mura. Dolce violenza di amici e di ammiratori indusse l’Assereto a fare uno strappo alla sua eccessiva modestia, e fu. per 1’ Esposizione tenuta a Savona l’anno 1897, nella quale egli espose alcuni dei suoi lavori con un ammirato busto di Cristoforo Colombo,-di cui poi fece dono alla Civica pinacoteca. Negli studj storici, ai quali era tratto da una passione altrettanto-viva quanto quella ch’egli nutriva per le belle arti, l’Assereto attese specialmente a raccogliere, annotare e pubblicare vecchie scritture, giovandosi della copiosa biblioteca e del ricco archivio di casa sua, e dando prove di soda coltura e di acuto intuito. Le sue opere principali sono : Alcuni documenti inediti su Giulio //(1), eh’ egli estrasse dall’ Archivio di Stato genovese e che riguardano, non pure i rapporti fra Genova e il Pontefice, ma anche quelli fra Genova e Savona in sui primi del secolo XVI ; Lettere inedite del cardinale Giuliano Della Rovere dalle sue legazioni d’ Umbria e di Francia (2), che ricavò- (1) In Atti e Memorie della Società storica Savonese, voi. I; Savona, Tipografia D. Bertolotto e G., MDOCCLXXXVIII ; pp. 431-454. Souo sei lettere iu latino del Governatore francese, iilippo de Cleves, e Consiglio degli Anziani al pontefice Giulio II, comprese fra le date del 6 novembre 1503 e dol 30 luglio 1506, più una lettera dello stesso pontefice al marchese della Padula, viceré di Napoli, in data del 13 settembre 1512. Le lettere sono seguite da 28 note dell' Assereto. (2) Lettere inedite del cardinale Giuliano Della Rovere dalle sue legazioni d’ Umbria e di Francia ; Savona, Ferretti, 1902, in 8°, di pp. 57. Sono otto lettere riguardanti gli anni dal 1474 al 1485. — Ili — dalla Marciana di Venezia ed accompagnò con opportune note, come aveva fatto per i documenti su citati. A queste lettere fece seguire più tardi altre Quarantanove lettere inedite del cardinale Giuliano Della Rovere (1), tratte anch’ esse dalla Marciana, ed alle quali premise una sugosa prefazione. Nel radunare siffatti documenti 1’Assereto aveva in mente, ^ secondo egli stesso dichiara nell’ introduzione alla prima delle su ricordate raccolte, di servirsene per un Ìavoro su Giulio II, ma le sue intenzioni non ebbero riscontro nel fatto; poiché niun saggio sintetico o comunque riassuntivo egli diede alle stampe intorno a quel suo grande concittadino, eccetto che non abbia lasciato manoscritto, cosa eh io ignoro, il frutto delle sue investigazioni. L’ o-pera del nostro consocio rimase circoscritta nelP ambito delle pubblicazioni documentane, la più importante delle quali è quella delle Cronache savonesi dal 1500 al 1570 di Agostino Abate (2), che egli trascrisse da un codice della Biblioteca universitaria di Genova e foi ni di una introduzione illustrativa con le notizie dell1 autore di esse Cronache. L ultima sua fatica, della medesima natura delle precedenti, (1) in Bollellino storico-bibliografico subalpino, Supplemento Savonese η. 1, Torino, Savoua Tip. A Ricci, 1912; pp. 29-79. (2) Cronache Savonesi dal 1500 al 1570 di Agostino Abate, accresciute di documenti inediti, pubblicate e annotate dal dott. G. Assereto ; Savona, Tipografia D. Berto-lotto o C., 1897, in 8°, pp. 355 (con una veduta di Savoua nella prima metà del secolo XVI). Il libro è dedicato « Alla venerata paterua memoria - del - Marchese dott. Paolo Assereto -che sindaco e deputato di Savona - ne curò cou iutelligeuza costanza ed amore - i più vitali interessi nei Consigli del Comune - nel Parlamento della Nazioue ». Questa pubblicazione procurò all’Assereto lodi e giudizi lusinghieri. Il Barrili così scri-vevagli : « Appena ricevuto il volume, 1’ ho letto da capo a fondo ; piacevole occupazione, che m’ ha fatto anche ammirare la soda dottrina delle note, il savio proposito di riscontrare continuamente il suo autore cogli altri del tempo, e il buon desiderio di chiarire ogni cosa, specie in materia d’antiche famiglie. Cou altrettanto piacere ho notato la esattezza del linguaggio araldico, dovunque le accade di blasonare uno stemma ; arte che troppi studiosi moderni trascurano, lasciandoci temer che siauo in altre cose egualmente trascurati ». Ed il Boselli : « Mi piacque assai la sua prefazione perspicua, e, nella sua sobrietà, piena e compiuta. Le sue note souo ricche di fatti : opportune : notabilissime : erudite. Mette in rilievo la parte economica con diligenza lodevolissima, e dà competentemente la materia di una monografia sulle industrie o sui mestieri in Savoua ». Anche Giuseppe Saredo così lo commendava : « Ella si ò reso veramente benemerito non solo per aver dato iu luce queste memorie, ma per averle accresciute di altri documeuti atti ad illustrarle e completarle, e più ancora per le dotte noto con le quali Ella illumina i punti più degni di speciale considerazione e più bisognevoli di chiarimenti ». Parimente il barone Antonio Manno : « Ella vi fece uno stupendo lavoro d’illustrazione, preparato cou ogni diligenza: cosicché porta uu notevole contributo olla storia della nobile sua patria ». 9 è la pubblicazione della Cronaca del Veneziani (1), che riguarda la storia di Savona nella prima metà del secolo XVIII. L’Assereto fu socio fondatore della Società storica Savonese, socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le Antiche provincie e la Lombardia, membro della Società storica Subalpina, e, dal 2 febbraio 1896, socio effettivo del nostro Istituto (2). FRANCESCO CORTESE m. 2 giugno 1916. Nacque in Genova da Luigi Cortese e da Speranza Mascardi il 14 settembre del 1879, seguì ma non terminò i corsi del patrio Istituto superiore di studi commerciali, e si dedicò poi agli affari coadiuvando il padre nell’ esercizio dell’ antica e riputata azienda per il commercio dei coloniali, fondata dai suoi maggiori. Nella recente guerra, richiamato sotto le armi, combattè col grado di capitano d’ artiglieria negli eserciti del Trentino, e cadde sul campo di battaglia a Colletto Piccolo, largamente compianto. Lasciò in lutto la moglie, Signora Luigia Beretta, con due figli, un maschio ed una femmina, oltre il vecchio padre, i fratelli Pippo, consocio nostro, e Andrea, non che due sorelle. Trovavasi a-scritto al nostro Sodalizio, come socio effettivo, dal 24 febbraio 1910. MARTINO PERSI m. 3 luglio 1916. Pochissime notizie ho potuto rintracciare di questo modesto studioso, che appartenne al nostro Istituto come socio effettivo per 42 anni, essendovi stato ammesso il 29 aprile del 1874, e che meriterebbe per ciò solo un più largo cenno ricordativo di quello che io abbia modo di dedicargli. Sacerdote, egli vi°se lungamente in Sarezzano, borgo del circondario di Tortona, dov’era investito di una cappellania, e dove per parecchio tempo tenne anche il posto di vice parroco ; e vi morì in età di 72 anni. Non consta però eh' egli vi nascesse, poiché il registro dei battesimi di quella parrocchia non fa menzione di lui; mentre dal registro dei morti della stessa risulta che il Persi era figlio di Pietro e di Angela Santamaria. Così m’informa l’attuale arciprete di Sarezzano, al quale m’ ero rivolto per notizie sul nostro defunto consocio. (1) Iu Bollettino storico bibliografico Subalpino, Supplemento Savonese n. 2, Torino, Savona Tip. A Ricci, 1915; pp. 11-61. (2) Cfr. Il March. Cav. Dott. Giovanni Assereto, nel giornale savonese Lehmbro del 18 gennaio 1916, necrologia scritta dal Dott. Filippo Noberasco. — 113 — PAOLO CALEGARI m. 28 settembre 1916. Questo egregio avvocato nacque in Genova il 12 giugno 1851 da Gio. Batta Calegari e da Anna Paganello, e cominciò molto giovane ad esercitare la professione forense, poiché fin dal 1872 comparisce nell’albo degli avvocati genovesi; ma prima di esser noto come uomo di toga, si fece conoscere come filodrammatico sulle scene del teatro del Falcone, dove un gruppo di dilettanti d’ ambo i sessi, di elette famiglie, dava rappresentazioni periodiche a scopo di beneficenza, e dov’ egli colse non pochi allori recitando insieme con colei che poi divenne sua moglie. Spirito pronto nutrito di soda e varia cultura, dotato di natuiale facondia, egli si mise presto in prima linea tra gli avvocati penalisti genovesi, ed acquistò fama oltre i confini della Liguria; talché il nome di lui figura in taluni dei più celebri processi italiani dei nostri tempi. La sua parola « impetuosa e travolgente come 1’ onda di un rapido fiume» - cosi la definiva un autorevole collega di lui(1) -aveva effetto non soltanto sulle moltitudini, ma compresa, quale era, di pensiero e sti ingente di logica, incuteva rispetto ai giudici e timore agli avversari. Egli non lasciò scritti, e pertanto 1’ opera sua, come quella di tanti altri avvocati principi, non ebbe che 1' effimero successo del momento. Il Calegari, di principj repubblicani, almeno fino alla sua prima maturità, partecipò alle lotte politiche ed amministrative : nelle prime fu candidato, soccombente, alle elezioni generali del marzo 1897 nel secondo collegio di Genova contro Giovanni Bettolo col quale entrò in ballottaggio, e più tardi si presentò anche nel collegio di Albenga dov’ebbe parimente sorte contraria; nelle seconde fu nominato consigliere comunale di Genova, ed in tale qualità tenne V ufficio di assessore all’Economato nella Amministrazione Castagnola (1889-1891). Appartenne al Consiglio dell’ Ordine degli avvocati genovesi. Mori improvvisamente in Genova di colpo apoplettico, mentre stava uscendo dalla sua abitazione di via Fossatello per far ritorno alla propria villeggiatura di Savignone, dove soleva trascorrere, colla famiglia, brevi giorni di riposo durante la stagione estiva ed autunnale. Colla moglie, signora Rosalinda Ricci, lasciò cinque figli, due maschi e tre femmine, già maturi ed accasati. Era nostro consocio dal 6 aprile 1896. (1) L’Avv. G. B. Leale nel Caffaro (lei 29 settembre 1916. & I' — 114 — PROSPERO LUIGI PERAGALLO m. 23 dicembre 1916. L’ insigne storico e letterato di cui ora imprendo a narrare brevemente la vita e Γ opera nacque in Genova il 23 aprile 1823 da Gaetano Peragallo e da Maria Storace, ed ebbe al fonte battesimale il nome di Luigi. Compiuti gli studj ecclesiastici nel Seminario arcivescovile di Genova, e ordinato sacerdote il 19 settembre 1846, entrò nei Minori Riformati ed assunse il nome di Prospero, che conservò poi sempre in tutte le sue pubblicazioni e sotto il quale è noto nella repubblica letteraria. Tra i francescani fu lettore di teologia e letteratura, insegnò e predicò in varie sedi a Genova e fuori, ma dimoro più lungamente in quella genovese del Santuario della Madonna del Monte, dove è ancora vivo il ricordo dell’ opera sua cosi religiosa come educativa. La quale si manifestò in modo speciale attraverso alcuni valenti discepoli eh’ egli diresse nella disciplina francescana ; tra questi i padri Basilio da Neirone, eccellente oratore sacro (1), Venanzio da Biassa e Gregorio da Sanda, a lui premorti, ma di cui serbano perenne memoria i loro confratelli. Partecipò al movimento patriottico degli anni 1847 e 1848, principalmente per mezzo della predicazione. A tal riguardo è da ricordare un sermone da lui recitato durante la primavera del 1848, in occasione della dichiarazione di guerra del Piemonte all’Austria, nella chiesa di S. Francesco di Sarzana presso il cui convento egli era addetto, e stampato nell’ anno stesso in Genova col titolo Sul risorgimento cV Italia. Nel 1858 ragioni di salute, che fecero per qualche tempo temere eh’ egli andasse in consunzione per febbre etica, determinarono il Peragallo ad abbandonare la vita del convento ; egli usci pertanto, col consiglio e consenso de’ suoi Superiori, dall’ Ordine minoritico, ed entrò nel clero secolare. Ritornato in seno alla famiglia, tra le assidue e diligenti cure delle sorelle e dei fratelli affezionati, si rinfrancò in salute, e potè allora accudire, oltre che alle occupazioni proprie del ministero ecclesiastico, anche all’ insegnamento ed alla stampa cattolica (1) Al P. Basilio così accenna il Cervetto : « Gloria poi di questo convento si fu P· Basilio da Neirone, oratore sacro eloquentissimo e molto apprezzato in Genova e fuori. Manco ai vivi sullo scorcio del secolo XIX » (Luigi Augusto Cervetto, Il Santuario di N- S. del Monte ; Genova, Tipografia della Gioventù, 1904, in 16°, p. 61). Il padre Basilio è autore di certi Cenni storici del Santuario predetto (Genova, Tip. della Gioventù, 18-76). - 115 — ed educativa. Nell’insegnamento pubblico assunse e conservò per alcuni anni la cattedra di religione nella R. Scuola normale femminile di Genova, e Γ ufficio di direttore spirituale nella R. Scuola tecnica occidentale della stessa città. Nella stampa collaborò alle riviste La Gioventù e L’Educatrice italiana di Firenze, La donna e la famiglia di Genova ; fondò inoltre in questa città, insieme con Domenico Caprile, Gerolamo Da Passano e Giuseppe Gazzino, La scuola e la famiglia, periodico settimanale il cui primo numero uscì il 5 gennaio 18t>5, e del quale egli fu in sul principio direttore e redattore responsabile. Da questo tempo comincia veramente 1’ opera letteraria e scientifica del Peragallo, e la sua attività di pubblicista ; poiché, se egli era già noto come scrittore, pure l’azione sua era rimasta fino allora pressoché circoscritta nel campo ecclesiastico, mentre soltanto dopo la sua uscita dal convento egli si fece conoscere ed acquistò fama principalmente come autore di scritti di geografia e di storia. Dirò fra poco della portata e del valore di cotesta sua opera. Nel 1863 si rese vacante in Lisbona il posto di parroco della chiesa di N. S. di Loreto fondata colà in sul principio del secolo XVI dalla colonia italiana, ed amministrata da un’ apposita Giunta. Questa, in seguito alla morte del P. Pacifico Bartozzi, marchigiano, che n’era parroco dal 1854, si rivolse all’arcivescovo di Genova, Andrea Charvaz, perchè le proponesse altro sacerdote da sostituire al defunto. Venne dallo Charvaz consultato in proposito il nostro Peragallo, il quale accettò, fu dalla Giunta suddetta eletto ad unanimità nel 1864, e raggiunse la sua nuova residenza nel settembre del 1865. Il Peragallo, rimase parroco della chiesa Lauretana di Lisbona per oltre trent’ anni. Durante questo lungo periodo di tempo egli fu in relazioni d’amicizia e di studj colle persone più cospicue nelle scienze, nelle lettere e nella politica del Portogallo ; e continuò attivissima la sua opera di ricercatore e di scrittore, dedicandosi in modo speciale alle questioni colombiane. Non tralasciò, per quanto lontano,, di collaborare al giornale La scuola e la famiglia e ad altri periodici italiani; e mantenne costantemente, mediante un vivo commercio epistolare coi parenti e gli amici, la consuetudine dei rapporti intellettuali con Genova, dove fece stampare parecchi dei libri da lui composti nel periodo di tempo suddetto. Conoscitore esimio, oltre che dell’ italiano e delle lingue classiche, anche del portoghese, dello spagnuolo e del francese, egli potè non soltanto trovarsi sempre al corrente colle — 116 - opere pubblicate in questi idiomi intorno agli argomenti dei suoi studj, ma altresì giovarsi con piena cognizione e preparazione degli archivi di Lisbona. Nella ricorrenza del 4° centenario della scoperta dell America venne dal Governo portoghese chiamato a far parte della Commissione incaricata di raccogliere documenti riguardanti Colombo e le navigazioni dell’ epoca ; e pubblicò, in collaborazione con José Ra-mos-Coelho, Xavier da Cunha e Raphael Eduardo de Azevedo Basto, altri membri della medesima Commissione, un gruppo di essi documenti estratti dall’Archìvio nazionale della Torre do lombo, lavoro che ottenne la medaglia d’ oro all’Esposizione colombiana di Madrid. Cooperò altresì nella stessa ricorrenza, e con uno scritto riguardante Leone Pancaldo, alla grandt Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana instituita dal Governo italiano con decreto del 17 maggio 1888. Nell’ aprile del 1896, il Peragallo, voglioso di ritornare in seno alla famiglia, si dimise dall’ ufficio di parroco di detta chiesa, e tre mesi dopo, cioè nel luglio successivo, lasciò definitivamente il posto che aveva per tanto tempo occupato con piena soddisfazione così degli Italiani residenti a Lisbona come delle Autorità portoghesi. Ritornato a Genova, fu per qualche tempo cappellano onorario della chiesa di S. Giacomo di Carignano, di cui era prevosto il suo amicissimo Don Cesare Augusto Chichizola ; e venne quindi eletto, prima canonico e poi, il 12 agosto 1905, abate mitrato dell’insigne Basilica di S. M. di Caii-gnano per volontà dei marchesi Gerolamo De Mari e Pier Negrotto Cambiaso, patroni della Collegiata di essa Basilica: carica in cui lo raggiunse, vecchissimo, la morte. Ingegno alacre ed acuto, sorretto da una vasta preparazione letteraria, il Peragallo si applicò a studj molteplici, e scrisse con eguale facilità e competenza di religione, di educazione, di politica e principalmente di materie storico-geografiche ; ebbe vena di poeta e pazienza di ricercatore, gusti di artista e attitudini di poliglotta, rara facoltà di assimilatore e singolare arte polemica : fu insomma uno degli intelletti più varj, degli storici più eruditi, degli scrittori più brillanti che abbia dato la Liguria nel secolo XIX. Non è agevole esporre brevemente 1’ opera sua e seguirla per la lunga serie di anni attraverso cui egli, fibra eccezionale di uomo e di lavoratore, la condusse fino all’ estremo termine della sua tarda ma pur sempre vigorosa vecchiezza. Mi restringerò ad esaminare in modo sommario il contributo da lui portato agli studj storico-geografici, ed a quelli colombiani in particolare. - 117 - La parte più generale di cosiffatti studj concerne la geografia, ed ha indirizzo educativo e scopo scolastico ; ma sebbene sia per ciò priva di originalità scientifica e non debba essere giudicata che alla stregua di un lavoro di mera compilazione, pure merita riguardo per la serietà con cui è trattata sopratutto in relazione alle fonti, che sono ordinariamente di prima mano, per il metodo geniale con cui è condotta, che si allontana dalla consueta falsariga e reca Γ impronta di una vigorosa personalità, ed infine per la bella veste letteraria con cui è presentata. 11 lavoro più importante di questo gruppo di scritti destinati alla scuola comprende le Lezioni popolari di geografia a-stronomica e fisica, da lui primieramente pubblicate a puntate nelle prime sei annate (1865-1870) del periodico La scuola e la famiglia, e poi tosto raccolte in due volumi, Γ uno per la geografia astronomica edito nel 1865, e l’altro per la geografìa fisica edito nel 1870. L’ autore espone elegantemente nella prefazione gl’ intendimenti che lo guidarono nella composizione del libro. « Nel dettare » - egli scrive - « queste Lezioni mi sono proposto, non pure di svolgere con molta larghezza le dottrine a cui accenna il più ricco fra i programmi pubblicati dal Governo circa la geografìa astronomica e fìsica, ma di allargare V insegnamento a molti altri importantissimi articoli omessi nei programmi, e trascurati affatto nei soliti manuali che usansi nelle scuole secondarie : onde 1’ opera mia vorrebbe occupare un posto mezzano fra i libri scolastici monchi, sterili e stecchiti, e i volumi insigni pubblicati in Francia e altrove in servizio esclusivo dei dotti.... Nè io procederò con quel metodo arido che, pago di agglomerare cognizioni, ragiona sempre alla mente senza aver mai una parola pel cuore ; che notomiz-za e analizza, non fa mai gustare le bellezze e le armonie dell’universo: ma ho procacciato, per quanto era da me, di dar vita, brio, movimento, talvolta calore al discorso, di rompere la monotonia dell’ esposizione dottrinale con opportune riflessioni, di unire 1’ utile al dolce, di maritare. 1’ esattezza scientifica al sentimento, di mascherare a volte l’insegnamento sotto una forma gradevole e con descrizioni spessa ritratte dal vero : ho /atto insomma concorrere al lavoro l’intelletto e il cuore, la teoria e 1’ esperienza ...... Se non che egli viene da co- testi criterj trascinato talvolta in discussioni e peggio in polemiche che disdicono ad un libro scolastico, il cui principale intento dovrebbe essere quello di esporre le verità scientifiche fuori di contestazione e, quando occorra, anche le ipotesi, prescindendo dalla fede e dal sentimento religioso, non che dalle opinioni filosòfiche e politiche del- — 118 - l'autore. Così nella lezione 21a della seconda parte del suo lavoro, nel trattare dell’ origine dell·’ uomo, egli non si limita a presentare le diverse ipotesi fatte intorno a ciò, ma combatte con battagliera vivacità le teorie darviniane, che intitola « il romanzo della pangenesia e trasformazione successiva delle specie », ovvero « la scimmiologia », e cade in banalità che tolgono all’efficacia dell’esposizione ed offuscano gl’ intenti educativi del libro. Il quale è tutto investito dalla religiosità del suo autore : cosa che ne attenua il carattere scientifico e ne accentua lo scopo confessionale. Il Peragallo cita in esso, oltre Galileo, Lalande, Bailly, Humboldt, Giovanni Herschell, Arago, Regnault, ed altri classici ed autorevoli autori, anche Elisée Reclus, che aveva da poco pubblicato il primo volume del suo stupendo trattato La Terre; ma che cosa avrebbe pensato se questi, ardente rivoluzionario coiti era, avesse mescolato alla trattazione dottrinale scientifica le proprie opinioni anarchico-comuniste? Del resto, l’ortodossia del Peragallo si mantiene in un campo elevato, e le sue credenze religiose fanno di scorta e di sostegno alla -morale tradizionale, ch? è tuttora il fondamento dell’ educazione della gioventù. Egli poi ne discorre con così calda eloquenza e con forma così tersa ed armoniosa, eh’ io non posso trattenermi, qualunque siano le mie idee in proposito, dal riferire la conclusione del suo libro; conclusione veramente inconsueta e caratten-stica per un testo scolastico di geografia. Eccola ·’ « E qui facciam fine al nostro lavoro che principiato sopra un disegno assai ristretto, ci si venne allargando tra le mani via via che ne svolgevamo le parti più importanti. Nè io mi pento d’ essermi diffuso ; e m’ è dolce il credere che dell’ opera mia non sarai stato affatto scontento tu, o lettore, che avrai seguito con interesse la trattazione dell' altissimo tema al quale mi dedicai con amore, passione ed entusiasmo. E amore, passione ed entusiasmo comanda lo studio del creato; e chi non se ne sente posseduto, sia pure fornito di vastissimo sapere, costui ha ottuso il senso del bello e il gusto dell’ armonia, e non è degno di indagare i misteri e la bellezza infinita di questo libro della natura, dove l’Eterna Sapienza e il Sommo Amore si è manifestato gloriosamente. Senza questo alito vivificante la geografia si riduce ad una gretta e noiosa litania di fatti, a una sterile e indigesta nomenclatura, a una pesante analisi, a una plumbea erudizione ; e quando essa nella mirifica concordanza dei fenomeni, nella euritmia generale delle leggi, nell’aiuto scambievole delle forze non fissa la tua riflessione e non ti guida a Dio, allora essa imbotta fumo e nebbia, ti dà le vertigini all’intelletto, e il termine del tuo viaggio è superbia e cecità .... ». A queste lezioni di carattere divulgativo ed educativo, il nostro autore fece seguire più tardi ed in varj tempi parecchi brevi lavori storico-geografici coi quali illustra, mediante il sussidio di documenti inediti da lui ricavati in gran parte dagli archivi portoghesi, la vita e Γ opera di Leone Pancaldo, Pietro Strozzi, A. de Brito e P. Centurione, Giovanni Verrazzano e Giovanni Florin, Geronimo da Santo Stefano e Geronimo Adorno, Matteo da Bergamo ; nonché le relazioni di Genova col Portogallo, le imprese dei Portoghesi nelle Indie e in Abis-sinia, la colonia italiana in Portogallo, ecc. : lavori che recano un contributo originale alla storia delle navigazioni dell’ epoca di Colombo. Ma un contributo ben più abbondante, quantunque assai meno originale, è quello portato dal Peragallo agli studj colombiani per mezzo di una serie di volumi e di opuscoli nei quali vengono discusse e dibattute con critica animosa e gagliarda, e più con vivace spirito polemico, tutte le questioni riguardanti le origini, la famiglia, la vita, 1’ opera, la storia dello scopritore dell’ America. Il primo di questi volumi concerne la dimora di Colombo in Portogallo, le relazioni di lui coi navigatori portoghesi, e « le trattative, che per incarnare il suo progetto di scoperta, tenne coi cosmografi del re Giovanni II, e col medesimo illustre re » ; ed è principalmente rivolto a confutare passo per passo Γ operetta di Luciant) Cordeiro intitolata De la pari prise par les Portogais dans la découverte de V Amérique, e destinata al Congresso internazionale degli americanisti di Nancy (1). Questo volume del Peragallo dà il tono e, si può dire, determina in gran parte anche i temi a tutta Γ opera di lui sopra Cristoforo Colombo : opera sopratutto polemica, costituita di argomentazioni più che di fatti, fondata su ragionamenti architettati dallo scrittore per mettere in relazione o in connessione avvenimenti noti, anziché su circostanze e particolari nuovi da lui rintracciati, e la cui efficacia è pertanto affidata piuttosto all’ arte dell’autore ed all’ apprezzamento del lettore che alla forza del documento. Cosiffatto indirizzo si manifesta e concreta in tutta la sua potenza negli scritti dal Peragallo rivolti contro Enrico Harrisse, i quali formano forse la porzione più copiosa e certamente la più caratteristica di detta opera. I principali di essi sono tre : il primo, col tilolo L' autenticità delle Historie di Fernando Colombo e le critiche del signor Enrico Harrisse (a. 1884), è un volume di 306 pagine, al (l) Cristoforo Colombo in Portogallo, stadi critici di Prospero Peragallo ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1882; pp. 9-11. — 120 - quale 1’ autore americano rispose, sotto il pseudonimo di Sejus, col-Γ opuscolo, estratto dalla Revue critique, su U origine de Christophe ( olomb (a. 1885). Il secondo, intitolato Origine patria e gioventù di Cristoforo Colombo, studi critici e documentari con ampia analisi degli atti dì Salinerio (a. 1886, pp. 110), è la contro replica del Pera-gallo, che, ad imitazione del suo contradittore, si nasconde sotto il nomignolo di Celsus, e vi ribatte violentemente « la folla » — com’ egli si esprime — «di falsità, contraddizioni ed errori » di Sejus. Il terzo, in un volume di 336 pagine coll’ espressiva intitolazione di Cristoforo Colombo e la sua famiglia, Rivista generale degli errori del sig. E. Harrisse (a. 1889), si rappresenta come il coronamento dei primi due. In questi scritti, la polemica, se dimostra la dialettica e mette in evidenza le scintillanti qualità letterarie del nostro autore, trascende però troppo spesso i limiti di una giusta critica, per prendere le forme di aspri rabbuffi e talora di insolenti diatribe. Nè ivi è concentrata tutta 1’ opera del Peragallo intorno a Colombo. Ci bisogna ancora rammentare, ed è giustamente degna di onorevole menzione, quella parte di essa compresa e trasfusa nelle sue famose Disquisizioni colombine pubblicate dal 1893 al 1902: cinque grossi opuscoli numerati dall’ 1 al 6 (il secondo abbraccia due numeri), nei quali vengono riesaminate con maggior larghezza le questioni già discusse negli scritti precedenti, e riprodotte con altro dettato e con notevoli correzioni e aggiunte le argomentazioni ivi già sviluppate. Coteste Disquisizioni sono segnatamente rivolte a sostenere la buona fama di Colombo contro la scuola spagnuola « accesamente patriotica, la quale, nell’ intento di contrapporsi alle esagerazioni e a varie ingiuste apprezzazioni della scuola capitanata dal conte Roselly de Lorgues, passò.con armi e bagagli all’estremo opposto, difendendo ed approvando quanto si fece e si tentò a danno e in discredito di Colombo » (1). La scuola contro la quale si appuntano gli strali del Peragallo è quella che aveva a supremo duce il cap. Cesareo Fernandez Duro, cui si devono Colon y Pinzon, Colon y la Historia postuma, Nebulosa de Colon ed altre note monografie sulla scoperta e lo scopritore dell’America, ed a corifei Luis Vidart, autore di Colon y Bo-badilla, Baldomero de Lorenzo y Leal, autore di Cristóbal Colón y Alonzo Sanchez, e varj altri. (i) Disquisizioni colombine, n° 1. La nuova scuola spagnuola anticolombina, Studi di Prospero Peragallo; Lisbona, Tip. Nazionale, 1893 ; p. 8. — 121 - Anche nelle Disquisizioni non manca l’acerba nota.polemica contro V Harrisse, specialmente nel n. 3, dove il nostro autore si scagiona dell’ errore in cui era incorso in un lavoro precedente ammettendo che Paolo Toscanelli vivesse tuttavia dopo la scoperta dell’America, errore rilevato dall'avvocato americano in forma non certo benevola, dati i contrasti e i malumori fra i due scrittori ; e dove egli imputa errori assai più gravi al medesimo Harrisse, che chiama * critico d’incommensurabile superficialità e leggerezza, di immenso orgoglio, di audacia unica », ecc. ecc. Tutto ciò è, non soltanto eccessivo, ma anche ingiusto verso uno scrittore di valore eccezionale, come 1’ Harrisse, che ha il merito di aver dato per il primo una storia critica di Colombo ; senza dire poi, secondo osserva il Vignaud, che ben poche delle riprensioni del Peragallo sono giustificate (1). Mi si presenta qui spontaneo, per dare maggior risalto alle mie considerazioni, un confronto tra Γ opera del Peragallo e quella dello Staglieno nel campo degli studj colombiani: 1’una è precisamente il contrapposto dell’ altra. Mentre invero la prima compie un ufficio espositivo, illustrativo e critico sui fatti e sui documenti, la seconda intende precipuamente a ricercare e a radunare il materiale documentario, a mettere in luce il più gran numero possibile di atti originali: laddove questa non ha bisogno di nessuna ermeneutica, è nuda di artifizi letterari e confida esclusivamente nella forza del documento, quella per contro fa un uso continuato del raziocinio, sa destreggiarsi mirabilmente attraverso gli ammennicoli della logica e si ammanta di un rigoglio non comune di forme e di doti letterarie. Il Peragallo possiede per 1’ appunto un temperamento spirituale, se è lecito dir così, più da letterato che da storico, sebbene non abbia lasciato saggi cospicui di pura letteratura. Fu bensì valente verseggiatore, ma le sue doti poetiche si esercitarono principalmente nelle versioni dal portoghese, dallo spa-gnuolo e dal latino. Egli entrò a far parte della nostra Società come socio effettivo il 28 maggio 1865, ne fu consigliere dal 1897 al 1906, vicepresidente dal 1906 fino alla morte; ed in occasione del novantesimo suo compleanno ne venne dall’Assemblea generale dei soci, nell’adunanza dell’undici maggio 1913, acclamalo, dietro proposta del Consiglio direttivo, socio onorario. Fu inoltre membro della R. Accademia di scienze di Li- ti) Vedasi : Henry Vignaud, Études criliques sur la vie de Colomb avant ses dé-couverles ; Paris, H. Welter, dditeur, 1905 ; p. 493. — 122 — sbona, della R. Accademia di buone lettere di Siviglia, dell Accar demia etrusca di Cortona, socio fondatore della Società geografica di Lisbona, corrispondente della Società geografica italiana, della Società di letture e conversazioni scientìfiche di Genova, della Società scientifica Cristoforo Colombo di Genova, membro onorario della Società letteraria Luigi de Camòes di Oporto e della Società letteraria Almeida Garret di Lisbona. Appartenne altresì dal 23 giugno 1898, in qualità di membro effettivo, alla R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le Antiche provincie e la Lombardia. Aveva le insegne di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia. Il Peragallo non conobbe mentecattaggine senile; fino all ultimo giorno della sua tarda vecchiaia conservò integro l’intelletto, e quantunque il viso incartapecorito e la lenta parola ne rivelassero 1 età annosa, tuttavia la eretta « figura alta, decorosa, prelatizia » cosi felicemente la tratteggia Paolo Boselli (1) — ne rappresentava con mirabile consonanza la gagliardia del corpo e della mente. Ancora pochi giorni prima di spegnersi egli mi scriveva scusandosi di non potei intervenire all’ adunanza del Consiglio direttivo della nostra Società, ed inviava gli augurj per le imminenti feste natalizie. Ho raccolto qui l’elenco delle sue pubblicazioni, ma avverto che in esso mancano parecchie scritture da lui inserite in periodici italiani e stranieri, di cui non mi fu possibile avere notizia precisa (2). (1) Commemorazioni; in Miscellanea di storia italiana, terza serie, tomo X\ III, 1 orino, MCMXVIII ; pp. LXI-LXII. (2) Cfr. In ricordo dels novantesimo anno di età di Mons. Prospero Peragallo abate della basilica di Carignano, 23 aprile 1913 ; Genova, Tipogralia della Gioventù, 1913, 8", pp. 37. Necrologia di Prospero Luigi Peragallo ; in Bollettino della Reale Società geografica italiana, serie V, voi. VI, pp. 195-198. Rivista diocesana genovese, anno VI, 1916, Genova, Tipografìa arcivescovile; p. 319. Diario de noticias, Lisbona, u-.° del 4 gennaio 1917. Contiene una lunga necrologia di P. Peragallo, che io però non ho potuto vedere, e della quale bo avuto notizia dall’ avv. Carlo Peragallo, uepote del defunto monsignore, insieme con altre notizie intorno alla costui vita, gentilmente favoritemi dallo stesso egregio avvocato. Al quale la nostra Società è indire debitrice del dono dei manoscritti dell’illustre zio, da Ini fatto anche- a nome degli altri eredi di questo (Ved. la mia Relazione sopra La Società di Storia Patria dal 1908 ol 1917-, in Atti, voi. XLVI, fase. I, p. CCXXVII). - 123 — Bibliografia delle pubblicazioni di Prospero Peragallo 1. Sul risorgimento d’Italia ; Genova, 1848. 2. Per la solenne festività di N. S. della Pace, Orazione panegirica; Savona, Miralta, 1852, 8°, pp. 8. 3. Delle libertà civile e religiosa nelle loro relazioni colla Chiesa cattolica, Discorsi due ; Firenze, Cecchi, 1853, 8°, pp. 1Λ9. 4. Il matrimonio cattolico, Discorso per le faustissime nozze del Sig. Carlo Peragallo colla Signora Emilia Ghilini ; Genova, Tip. R. I. Sordo-Muti, 1859, 16°, pp. 62. 5. La Chiesa e la libertà svizzera ; Discorso ; Genova, Tip. R. I. Sordo-Muti, 1859, 8°, pp. 55. 6. La missione, il monachiSmo e la donna cattolica; Firenze, Tip. delle Murate, 1859, Iti0, pp. 303. 7. Della libertà di coscienza ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1860, 8°, pp. 63, 8. Delle relazioni tra la Chiesa e lo Stalo in un governo libero ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1860, 8°, pp. 24. 9. Annali delle invenzioni e scoperte geografiche, Frammenti di una raccolta delle scoperte, invenzioni e novità ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1862, 8°, pp. 66. 10. Geografia generale dell’ Europa e speciale dell’ Italia, Specchi smottici ; Firenze, Cel· lini, 1862, 8°, pp. 120. 11. Il cristianesimo e la donna; in La Donna e la famiglia, Genova, a. 1862, pp. 32-37. 12. La verità vera sulla scoperta del processo della Signora di Monza ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1863, 8°, pp. 22. 13. Esame critico dei Miserabili, romanzo di Vili. Hugo ; Firenze, Cellini, 1863, 8°, pp. 24. 14. Delle montagne e dei loro uffici, Nozioni di geografia generale e reminiscenze di viaggio ; in La donna e la famiglia, Genova, a. 1864, pp. 245-251, 296-300, 362-369, 411-419. 15. Lettere filologiche; in La scuola e la famiglia, Genova, anno II (1866). 16. Lezioni popolari di geografia astronomica e fisica ; 2 volumi : Geografia astronomica, Parte prima, Genova, Tip. Sordo-Muti, 1865, 8°, pp, 160 ; Geografia fìsica, Parte seconda, Genova, Tip. Sordo-Muti, 1870, 8°, pp. 332. 17. Proposte lessicografiche ; iu La scuola e la famiglia, Genova, anno VI (1870), pp, 561-567, 579-585, 737-742. 18. Sui viaggi collegiali e la Liguria, Lettera al prof. G. Da Passano ; in La scuola e la famiglia, Genova, anno VI (1870) pp. 769-775, anno VII (1871) pp. 81-85, 241-247, 385-390, 657-662, 673-682, 769-775. 19. L’insegnamento religioso nelle scuole elementari e il congresso pedagogico mantovano ; Roma, Palletta, 1873, 8°, pp. 19. Comparve dapprima in La scuola e la famiglia, anno Vili (1872), pp. 689-696, 705-714, 721-729. 20. Cristoforo Colombo in Portogallo, Studi critici·, Genova, Tip. Sordo-Muti, 1882, 8°, pp. 259. 21. L'autenticità delle Histone di Fernando Colombo e le critiche del signor Enrico Harrisse, con ampli frammenti del lesto spagnuolo di D. Fernando ; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1884, 8°, pp. 306. Vedasi nua recensione di quest’ opero, col titolo di Cenno in- — 124 formativo, del prof. p. Arata, in Giornale della Società dì letture e conversazioni scientifiche di Genova, anno IX, 1885, pp. 197-202. 22. Riconferma dell’ autenticità delle Histone di Fernando Colombo, Risposta alle osservazioni dell’ Uff. Prof. Doli. Pietro Arata ; in Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova, anno IX, 1885, Genova, Tip. di Angelo Ciminago, pp. ed estratto a parte di pp. 12. 23. Sonetos escolhidos de Luiz de Camoes iraduzidos em Sonelos ilahanos, com variantes ; Lisboa 1885, iu 8° gr. 24. Origine, Patria e Gioventù di Cristoforo Colombo, Studi critici e documentari con ampia analisi degli Aiti di Sal/nerio ; Lisboa, Tip. Elzeviriana 1886, 4°, pp. 110 (pub* blicato sotto lo pseudonimo di CelSUS). 25. Florilegio de Bibliophilos, Alma minha gentil ; Lisboa 1886, in 8° gr. 26. Cristoforo Colombo e la sua famiglia, Rivista generale degli errori del Sig. Harrisse ; Lisboa Typ. Portuense, ]è89, 8° gr., pp. 336. 27. Due documenti riguardanti le relazioni di Genova col Portogallo ; in Atti della Società Ligure di Storia Pairia, voi. XXIII, fase. Il, Genova, Tip. Sordo-Muti, anno MDCCCXCI, pp. 715-732. 28. Carta de el-Rei D. Manuel ao Rei Catholico narrando-thè as viagens portuguezas a India desde 1500 até 1505, Extracto do volume das Memorias da Commissao por- / tugueza no Centenario da descoberta da America) ; Lisboa, Typ. da Academia Reai das Sciencias, 1892, 4·, pp. 104. 29. Alguns documentos do Archivo nacional da Torre do Tombo acerca das navegagoes e conquistas portuguezas, publicados por ordem do Governo de Sua Majestade Fidelissima ao celebrar-se a commemorafao quadricenlenaria do descobrimenlo da America ; Lisboa, Impreusa nacional, M.DCCC.XCII, iu 4°, pp. 551 (in collaborazione con altri). 30. Lettera inedita dell’ imperatore Carlo V a Fernando Cortes, in cui è a questo data notizia di tre spedizioni a Maluco : nel 1519 con Magalhaes. nel 1525 con Garcia de Loasa, e nel 1526 con Sebastiano Caboto, e istruzione in proposito ; in Bollettino della Società Geografica Italiana, Serie III, voi. V, 1892, pp. 187 193. 31. Lettere di A. De Brilo e di P. Centurione, ed appunti archivistici·, iu Bollettino delta Società Geografica Italiana, Serie III, voi. V, 1892, pp. 786-800. 32. Recensione dell’opera: Cristóbal Colón, Sus viajes, sus descubnmientos por D-José Maria Asensio (Ediciou monumentai, 2 voi. in 4°, Barcelona, 1892, Espasa y Compania tditores) — in La Rassegna Nazionale volume LX1V, Firenze 1892, pp. 176-182. 33. Poesias de Luiz de Camoes e outros, verhdas a italiano, segunda serie, Lisboa 1892, in 8* gr. 34 Flores de poesia porlugueza, traduzida em italiano, Lisboa 1893, in 16°. 35. Congratulatio canum, colla versione italiana; Lisboa 1893, opuac. in 16°. 36. Disquisizioni colombine ri'. 1, La nuova scuola spagnuola anlicolombina, Studi ; Lisbona, Tipografia Nazionale, 1893, 8°, pp. 70, 37. Sussidi documentari per una monografia su Leone Pancaldo ; in Raccolta di docu- menh e studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana pel quarto centenario dalla scoperta dell’America, parte v, voi. ir,.· Roma MDCCCXCIIII, pp. 263-3υ6. 38. L’iniziativa dell’ infante D- Enrico e Cristoforo Colombo; Villanova , 8 , pp. 63. (A elle faustissime sponsalizie dell’ avvocato Carlo Peragallo colla gentil Signorina Egle Bielati, Omaggio e ricordo dello zio Prospero Peragallo). 60. Epistola di D. Emanuele Re di Portogallo al Papa Leone X, Annunziandogli Γ entrata solenne dell’ Ambasciala Portoghese in Abissinia ; Genova, Stab. tip. Ved. Pa-piui e Figli, 1906, 8°, pp. 30. 61. Due poemetti latini, Uno in latino classico del Cardinale D. lacobim, L’altro in latino maccheronico del Dr. Professore Thomaz de Carvalho, Tradotti in verso italiano, Nuova edizione riservala ; Genova, Stab. tip. Papini, 1913, 8°, pp. 61. Manoscritti di P. Peragallo per la maggior parte inediti donati alla Società Ligure di Storia Patria dagli eredi di lui I /· Memorie relative ad artisti italiani all’ estero ed esteri in Italia. Sono divise nelle parti seguenti : lc Catalogo sommario degli artisti stranieri distinti in fatto di mnsica, educati in Italia o da Italiani all’ estero ; catalogo dei maestri stranieri autori di opere liriche iu italiano. Questi dne cataloghi, che dauno notizie molto succinte ed incomplete, sono ordinati alfabeticamente. E’ unito ad essi, iu qnadernetto a parte, un elenco di artisti italiani omessi nella Biografia degli artisti, Venezia 1840 (elenco scritto nel 1873). 2° Artisti appartenenti ad Ordini religiosi. Dopo una diecina di pagino con note preliminari viene un elenco di 488 nomi, ciascuno dei quali seguito da notizie più o meno ditìuser così raggruppati : — 127 — Cl) Monaci di fondazione orientale e latini ; b) Benedettini, Basiliani, Camaldolesi, ecc. ; c) Francescani (il cui elenco estratto dal manoscritto originale fu inviato dal Peragallo al padre Andrea Corna dei Minori di Piacenza, scrittore d' arte); d) Certosini, Olivetani, Premonstratenei, Vallombrosani ; e) Agostiniani, Carmelitani, Canonici lateranensi ; f) Domenicani ; g) Mercedari, Gesuiti, Gerolamini, Serviti, Teatini, Trinitari, Barnabiti, Ge-suati ; II) Artisti regolari dei quali l’autore ignorava quando scrisse l’istituto a cui -diedero il nome. 3" Saggio di un indice sommario di compositori, maestri ed esecutori di musica, italiani, all’ estero ; con Saggio minuscolo delle scoperte e innovazioni musicali dall’ anno 220 A. C. tino al 1862, od Indice di alcuni Oratorii jn musica. 11 primo saggio fa parte di opora piti vasta intitolata : Scienze, letteratura ed arti italiane all’ estero. 4" Abbozzo e semplici indicazioni per uno sviluppo da farsi con agio, sotto il titolo : Scienze, lettere e industrie italiane all’ estero (parte terza). Contiene un elenco di medici, mercanti, letterati, religiosi, ministri, professori, scienziati, filosofi, teologi, matematici, tipografi, commedianti, fisici, capitani marittimi, giureseousulti, astronomi, economisti, ecc., ece. 5° Grosso manuale rilegato, col titolo: Influenza artistica e scientifica dell’ Italia, ο V Italia artistica e scientifica all’estero. 1° Artisti esteri che studiarono e si formarono in Italia ; 2° Artisti Italiani che, formati in Italia, esercitarono l’arte all’estero : Parte I, 1880. « E’ 1’ abbozzo » - così scrive il Peragallo - « di un grande lavoro che medito per confutare l’opera presuntuosa ed invidiosa del Sig. Dussieux, Les artistes franpais à I' élranger, Paris 1866 — L’elenco degli artisti musici italiani all’estero (parto iutegrale del mio lavoro) sarà a parte, come pure quello degli ecclesiastici, scienziati e letterati italiani all’estero. Sarebbe ora andar nell’un via uno il citare le opere dalle quali lio attinto le notizie che si leggeranno nell’ opera che medito. Sono centinaia di volumi che ho svolto, si iu francese che in portoghese, spagnuolo, italiano, e opere tedesche tradotte, come pure inglesi. Tolsi molto dalla Biografia degli artisti· Probabilmente esiste già nella letteratura italiana un lavoro simile al mio, anzi parmi di aver letto, non so più dove, che esiste una cosa d’ indole quasi uguale. Essendo lungi dall’ Italia, non ho uè ebbi alle mani nulla di ciò ; onde 1’ opera mia è originale, benché forse sia stata preceduta. Sarà poi originale davvero quanto all’ ampiezza del piano nonché all’ indole del Discorso proemiale ». la un quaderuetto a parte seguono : « Errori e blagues del sig. Dussieux ». II. Memorie circa la chiesa di N. S. di Loreto a Lisbona. Comprendono cinque quaderni con le materie seguenti : 1° Quaderno : Nazionalità italiana; compagnia militare italiana in Lisbona; conservatore della nazione italiana (così chiamavasi un avvocato scelto dalla colonia straniera per tutelarne i diritti e gli interessi davanti alla pubblica Autorità, rappresentare la colonia iu giudizio, dirimere le questioni interne, ecc.) ; appunti circa la fondazione e la storia della Chiesa; contributo degli Italiani alla Chiesa (fino dalla prima edificazione dì questa, cioè dal 1518-21 gli Italiani si obbligarono a pagare in benefizio della loro chiesa il quarto per cento su tutte le merci che avrebbero esportate o importate ; nella seconda edificazione, dopo l’incendio avvenuto nel 1651, nel quale con 1’ edifizio arsero oggetti — 128 — di gran pregio e valore, quadri del Tiziano, broccati, lampade d argento, , convennero di pagare invece il mezzo per ceuto) ; statati della Confraternita , 1 editori e altri officiali della Giunta Lauretaua. 2° .Quaderno : Cappellate nella Chiesa di N. S. di Loreto, e legati diversi ; parte economica, spese di culto, artisti, ecc., possedimenti della Chiesa. 3° Quaderno : Notizie varie circa la parroochialità della Chiesa; gravissima e semi comica questione promossa dal patriarca D. Thomas do Almeida ( Nel giovedì santo del 1724 il· patriarca, Andando a visitare i sepolcri, entrò cou croce alzata e tutti i min.stn del suo· tribunale nella Chiesa di Loreto, e intimò tosto, per mezzo dol suo bargello, a. confratelli perchè togliessero dall’aitar maggiore il baldacchino che sorvn.i poi pouteficali del Nunzio. Trovavasi in chiesa il vecchio uditore Luigi Baruabò che disse ni confratelli aver cou ciò il patriarca violato i privilegi apostolici, e il baldacchino non fu rimosso. Intanto i confratelli si astennero dall' accompagnare il patriarca «no alla porta della chiesa, trovandosi offesi. Inde irae) ; appunti varj circa lo stato della chiesa Lauretaua dopo la seconda riedificazione dal 1651, in che fu incendiata, in poi, fino alla sua terza distruzione pel tremuoto del 1755 ; notizie varie musicali e spese per organisti ; beneficenza, atti di beneficenza praticati dalla Giunta Lauretaua, legati, ecc., ; cenni intorno-ad alcune feste solenni celebrate dalla Giunta Lanretana, civili e religiose ; lista (incompleta) della Giunta amministrativa di Loreto dal 1651 in seguito (provveditore, maggiordomo, scrivano, sindaco); lista dei parroci di Loreto dal 1651 in poi; notizie varie in-torno al servizio religioso, variazioni nel personale, parte disciplinare ed economica. 4° Quaderno : Temporalità ossia entrate diverse della Chiesa e sua amministrazione ; poderi o proprietà della Chiesa; compre e vendite; imprestiti attivi e passivi; arte e artisti in Loreto ; contratti diversi ; debitori diversi per danari a mutuo. 5° Quaderno (segnato come settimo): Statuti della Cocfiaternita italiana di N. S. di Loreto iu Lisbona rinnovati nel 1719 ai 19 di gennaio; progetto di statuti della stessa Confraternita del 3 settembre 1679. Ili Copie di documenti ed appunti varj. Abbracciano nella maggior parte i documenti pubblicati dal Peragallo circa Matteo da· Bergamo, Giovanni Fiorii), Geronimo da Santo Stefano, Giovauni Marco Scinico (lettere),, nonché i viaggi jdei Portoghesi in India (documenti italiani). Vi sono inoltre manoscritti in portoghese, appunti colombini, appunti riguardanti viaggi e notizie storico-geografiche, ecc. IV Scritti relativi a Cristoforo Colombo ed a materie storico-geografiche. Contengono : 1. Variazioni sul tema C. Colombo. 2. Disquisizioni colombine n° 6 (pubblicate). 3. Storia della vita dei viaggi di Cristoforo Colombo estraila fedelmente dalla Histona de las Indias di Fra Barbolomeo de Las Casas, e tradotta per cura di Prospero Peragallo (8 quaderni, a. 1882). 4. Cristoforo Colombo in Portogallo, Studi critici di Prospero Peragallo ; seconda edizione· corretta td aumentata (12 gennaio 1914). Reca la seguente avvertenza dell’ autore : « Ri· — 129 — producendo per le stampe in pochissimi esemplari il primo dei miei lavori con cho iniziai la campagna contro i detrattori doli’ immortale scopritore dell’ America, avverto che. mentre la presente edizione manterrà generalmente 1’ andamento della edizione originale, contorrà però qua e là correzioni ed aggiunte, che la comparsa di qualche nuovo documento, e nuovo indagini proseguite da allora in poi mi consigliarono di introdurvi; cou cho spero di avere lumeggiato ognor meglio quosto o quello periodo importante della vita del mio glorioso concittadino ». 5. Appunti diversi di storia colombina: africana, asiatica, eco. (manoscritto di pagine 104, oltre alcuni fogli anuesii). 6. Questioni geografiche e amerienno archeologieo-storiehe - Trovasi in Società il solo qua- derno terzo, contenente : a) Delle priorità immaginarie francesi in fatto di scoperte marittime, e delle priorità dubbie ; b) Intorno alle gite degli Scandinavi in America nei secoli X e XI, ovvero Vita e miracoli dei Normanni in America nei secoli X e XI ; c) Da chi si popolò l’America? d) Appunti sull’ opuscolo: Quemdeu o nome ali Labrador ? Questi quattro articoli sono detti Appendici di nu lavoro intitolato // Labrador, elle manca. 7. Appunti varj di storia, non che collezione e nota di documenti estratti dall’ Archivio della Torre do Tombo, dalla Bibliotheca Nacional, ecc. (grosso manoscritto di 179 pagine con varie carte intercalate, copie di documenti). V. Scritti varj, e cioè : 1. Lottere filologiche (pubblicate in Scuola c famiglia). 2. Istruzione, educazione: prospetto delle Scuole, Accademie, Università, ecc., dal secolo VI dell’ era cristiana in poi per tutte le nazioni (appunti). 3. Diario di Marin Sanuto. 4. Prospetto delle donazioni territoriali fatte dai re di Portogallo nelle colonie. 5. La Bibbia dos Jerouymos e la Bibbia di Clemente Sernigi (pubblicato). 6. Annali delle scoperte e novità geografiche (pubblicato). 7. Appunti di bibliografia, paleotopia, incunaboli; elenco di edizioni di opere italiano e di edizioni fatte iu Italia nel secolo XV, esistenti nella biblioteca Nazionale di Lisbona ed in biblioteche fuori del Portogallo ; Chronique de Gennes (copia del volumetto rarissimo in gotico, di 30 pagine, della biblioteca Colombina di Siviglia). 8. Corsari : appuuti varj. N 9. Schiavitù e dottrine relative (assai incompleto). ANTONIO ROTA m. 16 febbraio 1917. Da Simone, oriundo della provincia di Bergamo, e da Giulia Peschiera nacque Antonio Rota in Genova Γ 11 aprile 1842; e rimasto ben presto orfano della madre, crebbe sotto la disciplina della matri- f gna. Spinto da una naturale inclinazione alle arti del disegno seguì i corsi dell’ Accademia Ligustica, ed attese specialmente allo studio del- θ la scultura dietro la guida di Santo Vanii. Esordi a 29 anni colla statua del Trovatello, premiata all’Esposizione universale di Vienna del 1873 ; e modellò in seguito 1' Operaio, figura di fabbro all incudine, e Snnt lacrymcE rerum, scultura rappresentante una donna che t sul punto di esser madre e che, per non poter dare un nome alla sua creatura, maledice la propria sorte. A quest’ arte generica ispirata ad argomenti sociali, preferì poi quella più utile dei monumenti funebri, lavorando principalmente per il cimitero di staglieno, dove sono opere sue le tombe destinate alle famiglie Carrara, Pastorino, Oneto, Rota, Serra, Brunetti ed altre. Il Rota si occupò anche di architettura con un progetto di tacciata per la chiesa dell* Annunziata, ch’egli presentò in conti apposto ad altro dell’ Allegro e gli fu premiato all’ Esposizione colombiana del 1892; e con un progetto di restauro di Porta Pila, da lui dato alle stampe. Sull’ esempio del suo illustre maestro Santo Varni, si dilettò di storia dell’ arte ; chiese ed ottenne di essere iscritto come socio effettivo del nostro Istituto fin dal 29 maggio 1870. Venne nominato Accademico di merito della Ligustica nel 1874, e fece parte per qualche tempo della Commissione edilizia genovese. Morì nella sua villa a S. Martino d’ Albaro ; e nelle ultime volontà, in omaggio alla memoria pa terna, legò alcune sue opere d’ arte all’Accademia Carrara di Beigamo. GIULIO CASTAGNOLA m. 7 maggio 1917. Il marchese Giulio Castagnola nacque alla Spezia il 7 ottobre del 1838 da Filippo e da Luigia Vico, appartenenti entrambi a patrizie e facoltose famiglie di Lunigiana. Fratello del march. Baldassare, che fu deputato della Spezia dal 1875 al 1880 durante le legislature 12a e 13 , ne ereditò, insieme con 1’ altro fratello Carlo, la ricca collezione numismatica che esso Baldassare, appassionato raccoglitore di antiche monete genovesi, aveva messo insieme facendo acquisto « di cimelj unici piuttosto che rari, fra i quali molti di quelli del Franchini », noto numismatico genovese (1). La preziosa raccolta venne mantenuta ìnte- (l) Ved. Tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal MCXXXIX ώ MDCCCXIV ; in Atti della Società Ligure di Storia Pairia, voi. XXII, fase. I, Geuova, Tip. del E. Istituto Sordo-Muti, MDCCCXC, pp. XIX e X. Ved. anche : F. Gnecchi, Guida numismatica universale, 4“ ediz., Milano, 1903 (Ma· nuale Hoepli). / — 131 — gra dal march. Giulio, al quale spetta il merito di averla in tal modo conservata alla Liguria sottraendola all' esodo e alla disgregazione. È da sperare che gli eredi di lui ne seguiranno l’esempio, anzi la speranza si può dire oramai certezza, se è vero, da quanto ho inteso, esser loro unanime volontà che la collezione rimanga indivisa e proprietà di uno solo di essi, appunto per evitarne la dispersione. Il marchese Giulio apparteneva alla nostra Società dal 21 dicembre 1884. Morì alla Spezia. CARLO ALBERTO SOLAROLI m. 13 maggio 1917. Di famiglia benevisa alla Corte reale di Torino, nacque Carlo Alberto Solaroli in Pallanza il 15 gennaio 1848, e fu tenuto a battesimo· dal re e dalla regina di Sardegna, del primo dei quali prese il nome. 11 padre di lui, Paolo Solaroli, nato a Novara nel 1796 e morto a Torino nel 1878, fu uno dei personaggi più avventurosi dell’ epoca del Risorgimento italiano : cadetto nell’ esercito piemontese, partecipò ai moti del 21, e, dopo il fallimento di questi, andò profugo successivamente in Ispagna, dove combattè in favore dei liberali, in Egitto, dove servì da istruttore alle milizie d’Ibrahim Pascià, in India, dove militò prima al soldo degli Inglesi e poi della regnante Begoum. Ritornato nel 1844 in patria, ricco di allori e più di denari, ebbe da Carlo Alberto il titolo di barone e il grado di colonnello del Genio. Nel 48 consegui la medaglia d’ oro al valor militare pei fatti d’ armi di Rivoli, Santa Giustina e Sona, e quindi la promozione a maggior generale ; nel 49 si trovò alla battaglia di Novara ; fece in seguito le campagne degli anni 1859, 1860-61 e 1866; fu inoltre deputato di Novara dal 1849 al 1865. Ritiratosi a vita privata nel 1868, venne da Vittorio Emanuele II, in premio dei servigi prestati, insignito del titolo trasmissibile di marchese di Briona. In India egli aveva preso per moglie Giorgiana Dyce-Sambre principessa di Sirdhana, nepote della suddetta regnante, e ne ebbe varj figli tra i quali il nostro Carlo Alberto (1). Questi abbracciò dapprima, dietro 1’ esempio paterno, la carriera (l) Cfr. por la biografìa di Paolo Solaroli l’opera di Mario Degli Alberti, Alcuni episodi del Risorgimento Italiano illustrati con lettere e memorie inedite del generale marchese Carlo Emanuele Ferrerò Della Marmora, Principe di Masserano ; in Biblioteca di storia Italiana recente (L800-1SS0), voi. I, pubblicata dalla R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per lo AuticUo Provincie e la Lombardia, Torino, Fratelli Bocca, MCMVII ; nota a p. 321. — 132 -- militare : uscito dalla Scuola di Modena il 20 maggio 1866, fu sottotenente nel 1° reggimento fanteria della brigata Re, e con tale giado prese parte alla battaglia di Custoza nella divisione Bixio. A guerra finita passò in cavalleria, sottotenente nei Cavalleggeii Monferrato. Lasciò volontariamente il servizio attivo, col grado di tenente, il 2 aprile 1876 : e stabilitosi a Genova, diede generosamente la sua opera di cittadino e di benefattore a varie istituzioni pubbliche della nostra città. Appartenne difatti al Consiglio d’amministrazione del Monte di Pietà e della Cassa di risparmio, al Consiglio del Pio Istituto dei rachitici, al Consiglio del Sottocomitato regionale della Croce Rossa italiana. Nel 1887 accorse, apportatore di pietosi soccoisi, nei paesi della Liguria occidentale devastati dal terremoto. Nell anno stesso menò rumore la spedizione da lui condotta in Abissinia pei ìiscattare il nepote tenente Savoiroux, figlio di una sua sorella, fatto prigioniero da ras Alula all’ Asmara. Carità del prossimo pari a quella <. h egli aveva spiegata per le vittime del terremoto di Liguria, dimostiò poi nel 1908 per i colpiti dal terremoto in Calabria, ai quali recò, come rappresentante della Croce Rossa, aiuti pronti ed efficaci. Il Solaroli, oltre le medaglie commemorative delle guerre dell’ indipendenza per la campagna del 1866, e dell’ unita d Italia, meritò la medaglia di bronzo pei benemeriti nel terremoto calabro-siculo del 1908, e la croce di cav. uff. della Corona d’Italia. Nella milizia mobile, alla quale, dopo aver lasciato il servizio attivo, appartenne fino al 1914, raggiunse il grado di tenente colonnello. Durante la gueira euiopea prodigò 1’ attività sua a benefìcio di alcune delle tante opeie sussidiarie di questa ; fu delegato della Croce Rossa all ospedale militare di Rapallo nel crudo inverno del 1916-17 ; fu altresì presidente del Comitato di soccorso per i prigionieri di guerra, ed a cotesto ufficio dedicò tutto sè stesso non risparmiando fatiche e disagi, donde forse ebbe origine la malattia che lo condusse al sepolcro. Già attempato aveva sposato la marchesa Lilla Cambiaso vedova Maglioni, che morì qualche tempo prima di lui. Era ascritto al nostro Istituto, come socio effettivo, dal 29 aprile 1897. Cessò di vivere in Genova. PIETRO ANTONIO SANTAMARIA m. 28 giugno 1917. Di modesta famiglia nacque Pietro Antonio Santamaria in Sestri Ponente il 27 giugno 1852, figlio di Giacomo e di Emanuela Gaggero. Applicatosi alla carriera amministrativa, ottenne il diploma di segreta- - 133 — rio comunale presso la R. Prefettura di Genova Γ8 ottobre 1878, e fece le piatiche per 1’ esercizio della intrapresa professione, prima negli uffici municipali di Cornegliano Ligure e poi in quelli di Genova. Con veibale del 16 agosto 1881 venne nominato segretario della Commissione mandamentale delle imposte dirette di Sestri Ponente, cui .tanno capo i Comuni di Sestri Ponente, Cornigliano, Borzoli e San •Giovanni Battista, e conservò tale carica per oltre 35 anni fino alla morte. Nel 1887 assunse anche Γ ufficio di segretario comunale di Borzoli, che sostenne sino al 1906. S’interessò di ricerche e di questioni storiche e geografiche ; e ricordo che quando, nel 1912, la nostra Società divisò di dar mano ad una bibliografia della Libia, alla compilazione della quale poi rinunziò, egli profferì il suo concorso ed anzi diede senz’ altro principio al lavoro. In gioventù scrisse, a quanto m’informano i suoi due fratelli, un saggio sulla filosofia del diritto, che sembra egli abbia lasciato incompiuto. Oltre che al nostro Sodalizio, di cui era socio effettivo dal 30 marzo 1910, egli appartenne altresì -alla Società di letture e conversazioni scientifiche in Genova. Morì a Sestri Ponente. CARLO GIUSEPPE ASTENGO m. 15 agosto 1917. Nativo di Albissola Marina venne giovinetto a Genova, dove il padre suo era agente, se non erro, della nobile casa Brignole, e si laureò in legge presso la nostra Università nell’anno 1880. Taluno dei suoi •condiscepoli ricorda com’ egli presentasse per tesi di laurea un pregevole lavoro di contenuto storico-politico, oltre che giuridico, sulla Plebs romana. Nella prima giovinezza si occupò con zelo di studj storici, ed alcuni saggi di questi, comparsi nel Giornale Ligustico, parevano presagire un’ attività di ricercatore e di critico che poi non ebbe riscontro nei fatti, e si estinse, si può dire, appena nata (1). Come avvocato, si dedicò particolarmente al diritto commerciale, ed in modo specialissimo al ramo delle assicurazioni, nel quale operò anche per conto di ditte inglesi. Fu membro del Consiglio dall’ Ordine •degli avvocati genovesi. Il 10 agosto 1879 egli venne, ancora studente e per lo appunto a (1) I lavori pubblicati dall’ Astengo nel Giornale Ligustico sono : Sigillo del Magistrato di Sanità,a. II, pp· 84-85 ; Sigillo di Ballista da Campofregoso, a. II, pp. 209-211 ; Il porlo di Genova, a. IV, 198-199. — 134 - cagione della sopra ricordata sua giovanile applicazione agli studj storici, a far parte del nostro Istituto, e vi rimase come socio effettivo fino alla morte. La quale lo colpì improvvisamente in Genova, a 59 anni d’etù, strappandolo all’affetto della moglie, Signora Noemi Chiap-para, del figlio Ludovico, cui Γ infausta inaspettata notizia di essa morte raggiunse al fronte di guerra, e delle figlie Maria ed Elena. La salma di lui fu trasportata nella tomba di famiglia ad Albissola. GASPARE INVREA m. 8 settembre 1917. Non io, alieno dai lavori di pura immaginazione quantunque sensibile al loro fascino, sarei indicato a parlare di Gaspare Invrea, che a cosiffatti lavori, come poeta e romanziere, concesse la sua attività di scrittore ed affidò la sua fama di letterato; ma oso lusingaimi che alla manchevolezza delle mie attitudini letterarie supplirà la larga simpatia eh’ egli m’ispirò attraverso la sua vivace conversazione, della quale io, tardo benché non ignaro conoscitore di lui, ebbi la ventura di fruire nei suoi ultimi anni. Rampollo di un’ antica famiglia patrizia che diede alla Repubblica genovese quattro dogi oltre una moltitudine di alti magistrati e di uomini di governo, egli nacque in Genova il 23 gennaio 1850 dal mar chese Fabio Invrea e dalla nobildonna Maria Teresa figlia del ca\. Gaspare Galleani d’Agliano e della contessa Carolina Avogadro di Quinto, e moglie in seconde nozze di esso Fabio. Questi, come già. ebbi a ricordare nel cenno necrologico di David fratello di primo letto del nostro Gaspare, era di sentimenti, di osservanza e d’azione rigidamente cattolico, e crebbe la famiglia sotto una disciplina che non ammetteva nessuna infrazione alle regole ed ai comandamenti della Chiesa romana. Come tratto caratteristico del modo col quale il march. Fabio curava 1’ educazione religiosa dei figli si narra questo, che egli,, divenuto in sua vecchiaia cieco, raccoglieva ogni sera la famiglia intorno a lui a recitare il rosario, e non intonava la preghiera se prima non erasi assicurato, andando in giro e brancolando e identificando al tasto le persone, che tutti, grandi e piccoli, fossero presenti ed inginocchiati. Alla rigida osservanza della dottrina e della pratica religiosa Fabio Invrea univa un atteggiamento di spirito in assoluto contrasto con tutto il movimento liberale del secolo, ed insieme un naturale ardore di convinzione e di apostolato che lo spingeva a difendere a viso- — 13ó — .apeito le proprie idee e ad oppugnare quelle degli avversari ; ond’ egli fu uno dei più strenui, paladini dell’ antico regime ed uno dei più vivaci oppositori del Risorgimento nazionale italiano. Ma 1’ opera sua, eh egli spiegò con assidua frequenza di articoli di propaganda e di polemica nei giornali cattolici, e specialmente nell’ Armonia di Torino e nel Cattolico di Genova, lo rende degno, nella storia delle vicende italiane dal 48 al 70, di un ricordo altrettanto legittimo quanto quello •che si suole tributare ai promotori ed ai propugnatori del moto nazionale. Perocché se questo, come tutti gli avvenimenti storici, è anzitutto un contrasto d’idee, un’antinomia i cui termini sono ambedue egualmente necessari e tali che la forza dell’ uno è condizione per la forza dell’ altro, ne vien di conseguenza che i sostenitori e gli oppositori di esso, che è come dire i vincitori ed i vinti, sono fattori egualmente indispensabili per il suo esito. Pur troppo i vincitori hanno 1’ abitudine di dimenticare i vinti, specialmente quando non servono al loro esaltamento; ma lo storico imparziale e veridico, che guarda dall’alto e dal disopra della mischia, ha il dovere di mettere in evidenza così gli uni come gli altri, sovratutto allorché gli uni e gli altri hanno combattuto con sincerità e disinteresse. Il march. Fabio fu uno dei combat-'tenti più fervidi e coraggiosi del fortunoso periodo del Risorgimento italiano, e merita nella storia genovese di cotesto periodo un onorevole posto accanto al march. Anton Brignole-Sale, a Gaetano Alimonda, ad Antonio Campanella e ad altri diritti spiriti che hanno lottato e sofferto, al pari di lui ed insieme con lui, per la loro fede religiosa contro .la travolgente corrente liberale (1). (1) Il marchese Fabio Invrea di David nacque in Genova il Si marzo 1812, e vi morì il 21 novembre 1889. Ebbe sette figli: David, dalla prima moglie Giovanna marchesa Raggi *(Ved. necrologia di Ini a pag. 87) ; Gaspare; Giuseppe, capitano marittimo e da molti anni segretario capo d' ufficio dell’ Orfanotrofio maschile di San Giovauni Battista in Genova ; Maria, moglie del comm. Angelo Botto; Carolina; Pio, generale dell’esercito italiano; Anna, moglie del nob. Giuseppe Balbis presidente di Tribunale : i sei ultimi dalla seconda moglie, •contessa Maria Teresa Galleani di Agliano. Fabio Invrea, oltre che giurista (egli appartenne per alcuni anni alla magistratura piemontese), scrittore di giornali e polemista di valore, fu anche cultore appassionato delle discipline economiche, nelle quali lasciò un volume intitolato: Discorsi sulla pubblica ricchezza, ossia sopra di quanto la costituisce, sulla di lei origine, ■aumento e ripartizione ; Genova, Tipografia Ferrando, MDCCCXLVI, iu 16,° pp. 337. Egli partecipò vivacemente, non soltanto cogli scritti, alle lotte politiche dei suoi tempi, e tentò l’agoue elettorale politico come candidato dol partito clericale nell’antico collegio di Yaraz-ze, poi aggregato a quello di Savona, successivameute nelle elezioni dei 22-23 gennaio 1849 (2» legislatura), 15-22 luglio 1819 (3* legisl.), 9-10 dicembre 1849 (1“ legisl.), 2 febbraio 1850 {4“ legisl.), 15-17 dicembre 1851 (4a legisl.), sempre soccombente e quattro volte iu ballottaggio, 1' ultima delle quali con Luigi Carlo Farini ministro della pubblica istruzione. — 136 - L' educazione religioso-morale eh’ egli diede ai suoi figli, educazione rispondente del resto alle tradizioni guelfe di una notevole parte del patriziato genovese, informò durevolmente, anzi irrevocabilmente l’animo del giovine Gaspare, assegnandogli un indirizzo che non perdette mai di vista attraverso le vicissitudini d’ una vita varia ed attiva, neppure nel tumulto delle passioni giovanili e fra le seduzioni dell ambiente in cui visse, ed imprimendogli caratteri e movenze che investirono tutta la sua opera letteraria. Questa non potrebbe infatti essere intieramente capita e giustamente apprezzata, così nelle sue manifestazióni più espressive come nelle sue incertezze e talora nelle sue contradizioni, senza tener presente il fondamento religioso-morale e 1 apparato mistico della psiche dell’ autore (1). L’istruzione di Gaspare Invrea non fu che un istrumento della sua educazione, istruzione classica, s’intende, poiché, nonostante tutto il contenuto pagano della letteratura greco-romana, questa fu cosi sapientemente elaborata dagli educatori ortodossi dei ceti dirigenti, che l’insegnamento di essa è divenuto da varj secoli 1’ apparecchio più adatto per la formazione intellettuale della classe conservatrice. Egli apprese dal padre i primi principj di latinità, e seguitò poi gli studj classici presso istituti privati anziché pubblici, non so se per elezione e volontà paterna, ovvero per vicenda di casi. Fu alunno del-l’Istituto Danovaro e Giusso in Genova, retto da sacerdoti, dove entrò nel 1860 ammesso in seconda grammatica e quindi, dopo un esperimento favorevole di alcune settimane, in terza, e dove rimase fino al 1864 compiendovi il corso ginnasiale, sotto l’insegnamento precipua- (1) La pietà religiosa è tradizionale nella casa Invrea, talché il nostro Gaspare avrebbe potuto dire di sè le parole eli’ egli mette in bocca ad nu suo personaggio poetico (Le Pellegrine, p. 219) : ...... aver la fedo Nelle nostre famiglie è gentilizio. Sentasi infatti, a cagion d’ esempio, con quali disposizioni Autoniotto Invrea, « patrizio genovese e marchese di Ponte Invrea, nipote ex filio di altro Antoniotto che fu doge di Genova nel 1661 e nipote ex fratre di Francesco pure doge nel 1693 », fondava con testamento del 27 gennaio 1730 un « Conservatorio ad onore e sotto il titolo dell’Immacolata Concezione », trasformato poi nel collegio maschile Invrea, tuttora esistente, ed annesso al Convitto Nazionale di Genova. Egli dunque disponeva che detto Conservatorio « dovesse constare al principio di trenta figlie nnbili, nate di vero e legittimo matrimonio, quali figlie non dovessero avere altro obbligo che di recitare ogni giorno unitamente il S. Rosario per intiero, cioè una terza parte la mattina, altra a mezzogiorno ed altra alla sera, con le Litanie delta B. Vergine e Γ Ave Mans Stella per l’anima d’esso testatore » (David Fnvrea, // Collegio Invrea, Cenno storico, Statuto e regolamento, Documenti ; Genova, MCMI, p. 7). \ - 137 ^ mente di Don Maicellinò Giusso e del Padre Dasso, Scolopio, per le matei io letterarie, e del prof. Giulio Filippo Monteverde per Γ aritme-a' ^<<( I10' ^ piimo anno di filosofìa, come alunno esterno, nel Seminano arcivescovile d; Genova; e i due ultimi anni nel Collegio di Val vSalice a Forino. Const guita nel 1867 la licenza liceale, egli s’inscrisse studente nella Facoltà di giurisprudenza dell’ Università genovese. Ma a questo punto avvenne nella carriera di lui un brusco cambiamento di rotta, dovuto, a quanto é lecito arguire, non soltanto ad uno stato particolare del suo animo ed alle disposizioni delP ambiente in cui era stato educato, ma altresì alle condizioni politiche delP Italia in quei tempo. La questione ìomana trovavasi nello stadio più acuto, e commoveva gli animi di tutti i cittadini; le tumultuose e violente agitazioni dei partiti estremi, e principalmente le manifestazioni ed i tentativi garibaldini contio Roma papale e lo stesso papa, avevano per reazione suscitato in favore di questo un movimento di appassionata devozione in una consideievole parte del laicato cattolico, e segnatamente nel ceto nobile. Molti giovani dell’ aristocrazia italiana e sopratutto oltremontana, massimamente iiancese, accorrevano a Roma in difesa del pontefice * \i andò anche il nostio Gaspare, mosso non so bene se da intrinseca convinzione, o da suggestione paterna, o da desiderio di avventure, o da irrequietezza di spirito, o da tutte queste cose insieme. A Roma egli si ai molò n< I coipo degli zuavi pontificj, composto in grandissima parte di clementi forestieri: e vi stette fino agli ultimi mesi del 1870, conducendo una vita giovanilmente gaia in compagnia dei più genuini discendenti della nobiltà di Francia, dalla conversazione dei quali apprese la lingua francese in modo da possederla e da parlarla con impeccabile perizia, il che più tardi gli giovò per la perfetta conoscenza della letteratura di quella nazione. Dopo il 20 settembre del 1870 l’Invrea segui in Francia il reggimento degli zuavi di Pio IX trasferitosi colà per combattere contro i Tedeschi, ed aggregato poi come corpo volontario all’esercito francese dell’ovest; ma il padre suo seppe tosto raggiungerlo, e lo ricondusse in Italia (1). (1) Fra i volumi della libreria ili Gaspare Invrea, passati dopo la morte di lui alla biblioteca della nostra Società, trovo quello di Oscar De Poli, Les soldats du Pape (1860-1867), quatrièrae édition, Paris, Amyot, 1868 ; il che in‘ induce a pensare che esso volume eil altri del medesimo autore o del medesimo o somigliante argomento, come Souvenirs du bataUlon des zouaves ponUficaux, Qu’ allons nous faìre en Italie ? (novembre 18G7), uon siano rimasti estranei alla determinazione presi dal giovane patrizio genovese di schierarsi — 138 — Ritornato a Genova il giovine patrizio riprese il corso di legge nella nostra Università, e vi si laureò nel 1873 (1). Ingegno piecoce, egli aveva dimostrato le sue eccezionali attitudini letterarie fin da quando era scolaro del ginnasio, esercitandole principalmente nel compone, ad uso e divertimento dei condiscepoli, brevi commèdie e qualche volta satire altrettanto sollazzevoli quanto innocue contro taluno dtgli insegnanti, quello sopratutto di matematica, materia colla quale 1 adolescente poeta trovavasi in continuo ed insanabile contrasto. Studente universitario, ripigliò e proseguì con rinnovata lena le sue esei citazioni poetiche e prosastiche scrivendo particolarmente componimenti di animatici, qualcuno dei quali fu recitato al teatro Falcone da dilettanti suoi coetanei od amici, e fissò così in modo irrevocabile la piopiia vocazione letteraria (2). sotto la bandiera papale. Il primo dei sovra citati libri reca che al 31 dicembre 1867 g gimeuto degli zuavi pontificj, composto di tre battaglioni e di nu dépol, ciascuno dei ji ■costituito da sei compagnie, oltre uua compagnia hors rang, comprendeva in totale ciali e 4194 soldati. In quanto al passaggio ed all’azione degli zuavi di 1 io IX in 1 rancia dopo il 20 settembre 1870 può vedersi : Souvenìrs du régtment des zouaves pomi caux, Rome 1860-1870, France 1870-1871, notes et récitspar le Baron De Charette ; l’aris 18<6. (1) L’Invrea dopo il suo ritorno all’Università di Genova si tenne piuttosto appartato, e poco frequentò le lezioni; molti dei compagni di studio poi lo sfuggi\ano ostentatane a cagione della sua fresca appartenenza, alla milizia papalina. Iu quegli anni frequenta 1’ Università geno\'ese ancbe il marchese Giacomo Della Chiesa, il futuro pontefice Ben XV. Il quale, come vedo dai registri del Liceo Cristoforo Colombo, erasi presentato all

  • commedia - e da essi lo intitolo ». — 141 — non che maestria ed efficacia d’arte non comuni, come per esempio quelle intitolate: /''lusso e riflusso, Spleen, Le due zingare, Nel golfo. In Job, La befana, Sancta maestitia. Sentasi in quest’ ultima la dolcezza dei versi seguenti : Perchè non ti conobbi in giovinezza Nel naufragio dei lirici miei voli, 0 tu, vergine Dea della tristezza, Colomba che sul Golgota sorvoli? 0 tu che piangi e col pianto consoli, Perchè non ti conobbi in giovinezza? Fra le liriche migliori del volume vanno comprese quelle le cui strofe sono loggiate al modo della sopra citata sestina, nelle quali ricorrono periodicamente alcune volte gli stessi versi : primi esemplari di un genere di poesia, che tu poi dal nostro autore particolarmente coltivato e portato a grande perfezione nei suoi celebrati rondò (lj. Una palestra all’attività letteraria dell’Invrea si apri in Genova nel marzo 1883 col giornale, Frou-Frou, di cui fu uno dei promotori e dei collaboratori più operosi: cronaca di sport e di letteratura d’ origine e di gusti aristocratici, dapprima mensile e poi trimensile, che visse fin quasi al termine del 1886 con propositi più seri e risultati più importanti di quelli che avrebbe potuto far supporre il suo titolo frivolo e mondano. Poiché, in quanto allo sport diede con un notiziario abbondante e sicuro, oltreché con tenace e misurato entusiasmo, diffusione impulso e sviluppo a tutto ciò che si attiene ai navigli ed alla navigazione da diporto, ed in modo speciale alle relative gare ed esercitazioni ; ed in quanto alla letteratura riunì alle prime prove un gruppo di giovani, pieni d'ingegno e di buona cultura, in gran parte genovesi, (1) U Fanfulla della Domenica (Anuo II, n. 13, Roma 28 marzo 1880) criticava acerbamente, anzi troppo acerbamente oome era sua consuetudine, il volume delle Poesie grigie di Remigio Zona, e per quanto avvertisse die « sbaglierebbe assai cbi mettesse il signor Zana nel numero degli scrittorucoli di versettucciacei che ammorbano, coi loro sconci elzeviri questa povera Italia», tuttavia concludeva: « Come buono indizio delle facoltà poetiche del signor Zena, fo festa alle sue liriche ; ma mi auguro venga giorno nel quale egli le giudichi severissimamente e le rifiuti ». II giorno auspicato dal critico venne ; so infatti che nei suoi ultimi aulii l’Iuvrea avrebbe molto volentieri ripudiato, per ragioni non meno letterarie che morali, le poesie di detto volume. Egli avrebbo però avuto torto, perchè alenilo di queste, lungi dal meritare 1’ ostracismo, sono degne della penna d’ un maestro ; e bastano esse solo a redimere il volume. La Befana, per esempio, è un gioiello meritevole di brillare nelle migliori Autologie scolastiche. - 142 - alcuni dei quali acquistarono poi meritata rinomanza, come Cesare Imperiale, Enrico Zunini, Pietro Guastavino, oltre il nostro Gaspare (1). Il quale scrisse molto largamente e variamente in prosa ed in poesia nel Frou-Frou sotto i pseudonimi di Remigio Zena, 0. Rabasta, Mon-tetabor, A. G. de C^zans. Vi pubblicò, fra 1’ altro, con i titoli « Le figlie della Bricicca » e « Il Castigamatti » le prime parti del romanzo da lui raccolto più tardi in volume col titolo « La bocca del lupo », di cui dirò fra poco. Vi inserì inoltre articoli biografici e critici sopra Murger, Egesippo Moreau, Champfleury, Giovanni Camerana, poeta quest’ultimo specialmente caro all’Invrea ed al pari di lui magistrato (era allora procuratore del Re presso il Tribunale civile e correzionale d’ Alba), e che l’Invrea in altro scritto chiama suo maestro e suo primo profeta. Allo stesso giornale diede anche, come primizia, parecchie poesie comprese poi nel libro In Yacht da Genova a Costantinopoli, pubblicato nel 1887 e frutto d’un viaggio compiuto dal nostro Gaspare fra il 14 maggio e Γ8 luglio del 1885 in compagnia del march. Cesare Imperiale e del capitano Filippo Bonfìglio, proprietario 1’ uno e comandante 1’ altro dello yacht « Sfinge » (2). Il volume In Yacht è per me. non soltanto uno dei lavori più importanti dell’Invrea, ma anche una delle produzioni più originali e caratteristiche della letteratura italiana del tempo in cui venne alla luce. Oltre e più di un racconto di viaggio, esso è una serie di descrizioni, narrazioni, episodj, considerazioni, digressioni sopra una moltitudine di argomenti riguardanti non tanto il viaggio, quanto la letteratura, la critica letteraria, il teatro, la storia e la politica; reminiscenze di let- (1) Frou-Frou venne fondato dal march. Cesare Imperiale, che ne fu il direttore ed uno dei redattori principali, e che vi si firmava ordinariamente col pseudonimo di Lanfranco Tartaro. Gli altri redattori del giornale, oltre l’Invrea, erano: Enrico Zimini (Arrigo di Car-mandino). Roberto Biscaretti (Topolino, Padron Poh-, Cencio Poggi (Arrigozzo, Nanni Sagola), avv. Bonfiglio(// Duellino), cap. Bonfiglio (The captain) e qualche altro. Vi scrissero anche il cap. Giuseppe Olivari, A. Emilio Spinola, G. B. Guiglia,. Giulio Balbi, Pietro Guastavino, ecc. Per il 1884 il giornale mandi» fnori una Strenna, in elegante volume di 117 pagine con ligure e caricature, e ad essa collaborò molto largamente G. Invrea. In questa Strenna del Frou-Frou sono infatti del Dostro autore: Pattinaggio, Sonetto (Remigio Zena) ; L’ultima notte di carnovale, scene in versi (Montetabor) ; Ritorno dalle corse de! Rois de Boulo-gne, Sonetto (Remigio Zena); Serafina, N'ovella (Remigio Zena); Amore e Turf, Dialogo (A. G. De Cézans) : Perduh! Sonetto (Remigio Zena); Miss Roh, versi fOs. Carlo Sd-manol) ; Sotto gli -aranci, Sonetto (Remigio Zena). (2) Remigio Zena, In Yacht da Genova a Costantinopoli lGiornale di Bordo)'· Genova, Tipografia Marittima. 1887, in 16°, di pp. 399. ture e di studj, non che ricordi di una vita varia. Di tanto in tanto alla prosa espressiva e piena di brio si alternano poesie, e per 1’ appunto il volume comincia con un gustosissimo e faceto componimento in versi a ripetizione, ossia a ritornello, genere in cui l’Invrea era maestro. E’ difficile dare un’idea chiara di questo libro, che non è semplicemente, come ho già detto, una narrazione di vicende nè un racconto di avventure straordinarie, e neppure una pagina comunque varia della vita dello scrittore; ma sebbene voglia essere la'rappresentazione di cose veramente vissute, pure produce in chi lo legge una tal quale impressione di romanzo. .Infatti l’autore il più delle volte non sembra ritrarre direttamente quello che ha visto o ha fatto, ma si direbbe che cogli elementi reali trovati ed esperimentati nel suo viaggio, costruisca o formi delle scene e dei tipi come un romanziere, o per lo meno accresca e diminuisca e trasformi secondo un suo particolare adattamento artistico ciò che ha osservato ed operato. Pertanto il libro va giudicato nella sua struttura generale alla stregua di un’ opera di immaginazione anziché di un genuino e veridico racconto di viaggio : un’ opera, s’intende, sui generis, ove accanto alla narrazione di fatti semplici e di circostanze comuni quali offrono le vicende del viaggio, abbondano le esercitazioni letterarie che fanno parte per se stesse e nulla hanno da vedere con esse vicende. Tra coteste esercitazioni, incastonate per così dire nel volume, eccellono il racconto del viaggio e della morie di Giacomino, figlio di Mascabado, a bordo della Rosa Gomito di capitan Ramò, eh’ è una novella piena di tragica efficacia ; e le considerazioni scritte alla notizia della morte di Victor Hugo, stupenda pagina di critica letteraria in cui si danno sul poeta e romanziere francese giudizi come quelli espressi nelle parole che qui non posso esimermi dal riferire testualmente: «... Poeta nel dramma e nel romanzo come nella critica e nella storia, lo fu più che mai, e con tutte le aberrazioni del poeta, quando in veste di filosofo e d’uomo politico volle toccare ai problemi del secolo e risolverli di sua propria autorità, erigendosi a giudice supremo ; fu in un impeto di generoso lirismo eh’ egli sognò un’ impossibile riforma universale, accusò i governi, le leggi, la società, delle colpe commesse dagli individui, chiese che la giustizia punitiva arrestasse il suo ,corso, predicò il perdono di Dio invece della vendetta degli uomini, e per poco non mosse istanza che fossero sottoposti a processo i magistrati che applicano gli articoli del codice e gli agenti della pubblica forza che li fanno eseguire, piuttosto dei delinquenti che debbono subir- \ — 144 - li. Da Claude Cìueux ai Mìsérables, dai diati tnents ì\W' A ne, guardan- do Γ umanità attraverso il suo temperamento poetico, si mostrò parziale ed ingiusto nella carità delle riabilitazioni più assurde, nella violenza contro delitti imaginari, allora appunto ch’egli si arrogava la bilancia infallibile di Salomone e insegnava che il poeta civile non deve lasciarsi ingannare da illusioni ottiche o pervertire dalla passione. I rovarono grazia presso di lui le infamie, non la trovarono gli errori, allorché quelle erano state commesse da un « miserabile », questi da un governante ; tutto perdonò alla plebe che usci talvolta dalla cerchia dei suoi diritti, nulla a Carlo X, a Luigi Filippo, a Napoleone III che non sempre camminarono sulla via delle colpe; nella valanga d’antitesi irruente dalla sua penna, i deboli furono sempre collocati dalla parte del sole e i forti da quella delle tenebre, anche quando i deboli si accompagnavano all’iniquità e i forti alla giustizia...» (1). Nel 1886 l’Invrea, ancora sostituto avvocato fiscale presso i tribunali militari, fu trasferito a Chieti, sede troppo minore di Genova e nella quale si trovò subito a disagio; sicché egli preferì dopo pochi mesi di andare in cambio a Massaua, vago, com’ era, di novelli orizzonti e di peregrine impressioni. Ivi sedeva già in ufficio quando, il 26 gennaio del 1887, accadde 1’ eccidio di Dogali, che tanti poeti suscitò, assai più di quanti fossero i poveri combattenti caduti vittime di ras Alula, e tanti accenti dedusse dalla querula lira italiana. Anche il nostro poeta cantò, e con versi non indegni della grandezza dell’ avvenimento, e taluni quasi presaghi delle nuove e maggiori sventure che afflissero negli anni seguenti Γ affricana Ausonia. Egli aveva ben ragione di esclamare : Altri soggetti all’ infuori di Dogali fornì al poeta la nostra colonia, quali il campo radunato dal re Giovanni contro l’Eritrea, le fantasie- (1) Remigio Zena, In Yacht da Genova a Costantinopoli ; pp. 336-137. Un racconto più veridico di quello del libro di Remigio Zena, e senza intenti letterari e digressioni poetiche, fu pubblicato da Cesare Imperiale di Sant Angelo, compagno di viaggio dell Invrea e proprietario della navicella sulla quale erano imbarcati, sotto il titolo : ina crociera del yacht Sfinge (Da Genova a Costantinopoli); Genova, Stabiltnento Fratelli Pagano. 1886. (2) Remigio Zena, Le Pellegrine ; Milano, Fratelli Treves editori, 1891 ; p. 15. Signori, quante bare, Quante povere ossa! Dite quel che vi pare, Anche la sabbia è rossa (2). \ — 145 - di una marcia notturna verso l’Abissinia, i moretti e le portatrici d’acqua di Massaua, le varie scene notturne e mattutine del paesaggio eritreo, il canto funebre abissino, il villaggio delle negre ancelle di Venere, la bella greca, il Kamsin, gli scioani affamati, ecc. : tutti argomenti di un gruppo di poesie da lui pubblicate nel volume « Le Pellegrine » sotto il titolo IJ Idumea, che comprende le impressioni ed i ricordi della dimora eh' egli fece a Massaua, non solamente dal 1886 al 1888, ma altresì dal 1890 al 1891. Giacché è da sapere che l’Invrea, dopo essere stato più di due anni in colonia, passò, promosso avvocato fiscale, a Palermo, dove rimase dal 1888 al 1890, e donde poi fu rinviato a Massaua. Frutto poetico della sua residenza palermitana è una serenata da lui scritta colà nel maggio del 1889 ed indirizzata a Genova per le nozze della Signorina Elisa Brusco coll’ avvocato Enrico Zunini ; composizione che non manca di originalità, formata di otto parti corrispondenti alle fasi di un concerto musicale, dal preludio alla ballata, diverse di tono, di metro e di estensione (1). Durante la sua seconda permanenza in Eritrea il nostro magistrato fu spettatore, testimone e giudice degli scandali che diedero una turpe celebrità ai nomi di Livraghi e di Cagnassi, e che suscitarono grida d’orrore e d’indignazione in Italia contro i costoro crudeli procedimenti. La sua coscienza religiosa e giuridica, non che la pietà e la gentilezza del suo animo, si trovarono in contrasto con criterj e sistemi militareschi, che allora si giustificavano con la ragione di Stato ovvero si coprivano col manto sentimentale del patriottismo, come oggi si giustificano e si coprono altre consimili crudeltà soldatesche ; ma egli, se ebbe a lottare per il compimento del proprio dovere di magistrato, non ebbe però la forza di opporsi risolutamente alla violenza ed alla prepotenza dei dominatori, e non trovò pur troppo, neppure nella sua lira poetica, un accento di dolore e di sdegno contro quelle turpitudini coloniali. Lasciata definitivamente Massaua, Γ Invrea fu addetto al tribunale militare di Firenze dalla line del 1891 al febbraio del 1892, e quindi a quello di Milano dal 1892 al 1897. Allora era di moda chiamare Milano la capitale morale d’Italia, ma avrebbe potuto con più ragione (l) Per le nozze della Signorina Elisa Brusco coll’ Avvocalo Enrico Zumni, Serenata , opuscoletto di pp. 22, recante in calce dell’ ultima pagiua il pseudonimo dell’ autore Remigio Zena, Stampato a Palermo, Tip. del Giornale di Sicilia, MDCCCLXXXIX. ie — 146 - / proclamarsene la capitale letteraria, come centro di produzione, di discussione e di diffusione di idee e di scritti per opera comune di attivi cenacoli di autori e di intraprendenti e fortunati editori. Si può facilmente immaginare con quanta letizia il nostro poeta magistrato andasse in quella residenza, e con quale soddisfazione e frutto vi dimorasse. Ivi si strinse in cordiale amicizia con Rovetta, Domenico Oliva, Giannino Antona Traversi, ed altri letterati, artisti e giornalisti che facevano capo all’editore Emilio Treves, il quale soleva raccoglierli una o più volte la settimana presso di sè a lieti conviti; ivi attese alla pubblicazione del romanzo La bocca del lupo e poi del volume di versi Le Pellegrine·, editi entrambi appunto dai fratelli TreVeS (1). Il romanzo è, per il morale, la storia della perdizione di una ragazza del popolo ; per l’intreccio, la storia di una famiglia di povera gente; per l’ambiente, una meravigliosa dipintura di tipi, di usanze e di costumi principalmente genovesi. I caratteri dei personaggi che si muovono in esso sono tracciati da mano maestra e con profondo senso psicologico, le situazioni naturali o logiche, il linguaggio è per la forma ed i modi quello che, secondo immagina l’autore, sarebbe stato tenuto dai protagonisti del romanzo se avessero fatto essi stessi il racconto dei loro casi: linguaggio dunque da gente bassa, con immagini, paragoni, modi proverbiali proprj del parlare popolare, pieno di anacoluti, di pleonasmi e di forme non strettamente grammaticali per quanto tollerate. L' autore scrive con grande abilità, abbondanza e varietà di espressioni cotesta lingua di sapore e di colorito popolare, intonata con i personaggi del romanzo e coll’ambiente in cui vivono ; la quale, se aggiunge spesso efficacia al racconto, è però talora troppo artificiosa, ed in certe situazioni diventa stucchevole. Nonostante queste stonature il romanzo dell’Invrea è una mirabile opera d’arte, degna di assai miglior fortuna di quella che le è toccata fra il pubblico italiano, indifferente e dimentico. Il libro Le Pellegrine è diviso in quattro parti precedute da una nostalgica ballata dei poeti « du temps jadis », che l’autore aveva già data nel volume In Yacht, e che ripresenta con alcune varianti. (I) Remigio Zena (Gaspare Invrea) La bocca del lupo ; Milano, Fratelli 'J ?reves editori, 1892, pp. 279. E’ il u. 376 della Biblioteca amena ad una lira il volume, pubblicata dagli stessi editori. Remigio Zena, Le Pellegrine; Milano, Fratelli Treves editori, 189-i, pp. 272 (formato piccolo). - 147 - C La prima parte, TJ Iclumea, è la più estesa, e riguarda, come ho detto poco fa, le impressioni ed i ricordi africani dello scrittore ; la seconda, sotto il titolo / vani orizzonti, riproduce sensazioni di viaggio e comprende, fra gli altri, una mezza dozzina di componimenti poetici già comparsi aneli’essi In Yacht-, la terza, Le suggestioni, si ispira a reminiscenze bibliche, letterarie, storiche ed artistiche del poeta ; la quarta infine, intitolata Damasco, è tutto un poema intimo che rappresenta il ritorno a Gesù Cristo di un’anima, che vorrebbe essere quella dell’ autore, composizione ascetica e trascendente piena di ombre e di misteri, poco accessibile a chi non sia penetrato dal senso mistico dello stesso autore. Come sempre, anche in questo volume le poesie più affascinanti per il lettore comune sono quelle a ritornello : la Ballata delle paranzelle d’Ischia. Campane in mare, Le donne turche sembran monachelle, la Ballata delle figlie di Loth, Brindisi, La Ballata d’ un prete scagnozzo, ecc. Dal 1897 al 1899 l’Invrea stette in missione presso il Tribunale internazionale alla Canea nell’isola di Candia; missione procuratagli, a quanto io stimo, dalla sua profonda conoscenza del francese non che dalle brillanti qualità del suo ingegno, le quali doti lo rendevano particolarmente atto a rappresentare con onore la nazione italiana in quel consesso di giuristi europei. Ritornato in patria, riprese il suo posto a Milano, e fluivi restò fino al 1907. Nei primi anni di cotesta sua seconda permanenza nella capitale lombarda egli curò, editori i fratelli Treves. la pubblicazione del suo romanzo L'Apostolo, che aveva condotto, fra interruzioni e pentimenti, a termine dopo alcuni anni di lavoro (1). Questo scritto merita particolare riguardo, non solamente perchè nell’ invenzione come nella forma è il risultato di una laboriosa riflessione, cosa che più o meno si riscontra per tutti i lavori dell’ Invrea, ma altresì per il suo contenuto che investe da più lati la questione politico-religiosa dalla quale sono in Italia travagliati, molti spiriti. Sarebbe però in errore chi dal titolo del romanzo inducesse che il protagonista di questo fosse un riformatore o un innovatore di idee religiose, o quanto meno uno dei cosidetti modernisti che parecchi anni fa menarono un certo scalpore nel partito cattolico. Niente invece di tutto questo: il romanzo è o vorrebbe essere, come dichiara l’autore medesimo verso la fine di esso, il libro delle battaglie di un’ anima in tentazione. Il marchese Cybo, protagonista dell’ opera, è in lotta fra __ \ 1 (1) Remigio Zena, L’ Apostolo ; Milano, Fratelli Treves editori, 1901, pp. 342. - 148 - la vocazione o il voto o il desiderio, non si capisce bene, di darsi a vita religiosa, ed un amore ricambiato ed assillante per una principessa ungaro-rumena, mezzo avventuriera, Nicoletta Brancovenu ; la quale lo tenta, lo perseguita, lo circuisce per modo che, sebbene riluttante, egli non sa sottrarsi al fascino di essa. Che cosa sia Γ apostolato del marchese Cybo io non riesco a comprendere. Da una parte abbiamo la irrequieta, la libera giovinezza della Brancovenu, tipo impareggiabile di sana vivacità : dall’ altra invece l’incertezza, la perplessità di un animo ascetico il cui proposito sembra quello d’ andarsi a rinchiudere fra i padri Gesuiti: nessuna lotta dunque per un nuovo assetto religioso, nessun tormento di spirito per il trionfo di un’ idea. Il marchese Cybo, sebbene rappresentato dallo scrittore come uomo di alto ingegno e di serio carattere, senza che di siffatte qualità appariscano prove manifeste, è in fondo uno spirito debole, che non sa francamente prendere la sua strada,· un essere traviato dalla educazione gesuitica, che ha qualche cosa di fittizio e di artificioso, e non offre quindi per sè un grande interesse come figura artistica. Ma alle manchevolezze del personaggio principale suppliscono largamente le doti delle figure che si muovono intorno a lui, per le quali Γ autore ha profuso felicemente tutta la sua arte. Queste figure stupendamente foggiate sono innanzi tutto i direttori e i conduttori del pellegrinaggio ligure-lombardo-piemontese promosso alla vigilia del giubileo sacerdotale del papa: l’avvocato Visdomini, abile ed ambizioso, maestro di opportunità, che tuona nei congressi cattolici contro i partigiani della conciliazione e sostiene la corrente intransigente perchè la sa forte e protetta dall' alto, ed ha facile vittoria contro quel povero conte di Castelborgo che aveva timidamente tentato di consigliare ovvero di chiedere il concorso dei cattolici alle elezioni politiche; Cantabruna, violino ed aiutante di bandiera di Visdomini, rumoroso faccendiere ed autoritario come-il maestro ; monsignor Brasile protonotario apostolico, superiore perpetuo della gioventù cattolica, irascibile ed intollerante ; Cristoforo Torre, vanitoso presidente del pellegrinaggio ed uno dei capi del partito cattolico italiano, « collo di giraffa e testa di faina », tutto contento di sentirsi chiamare, in barba alla consulta araldica, conte Della Torre ; il marchese Paolino Carbonara, cameriere di cappa e spada di Sua Santità, la più bella barba rossa del mondo cattolico, vile e bugiardo, tutto affaccendato di giorno nei ricevimenti del Vaticano, e di notte straviziante in compagnia di male femmine. A questi e ad altri minori personaggi del mondo clericale — gompresi alcuni pura- — 149 — mente religiosi che non operano sulla ribalta ma agiscono dallo sfondo del romanzo attraverso il protagonista, come il padre Albis confessore maestio e diiettore spirituale di Marco Cybo, come Voltagisio, mistica figura di novizio morente di tisi nella casa gesuitica — fanno riscontro nel campo, dirò così, profano, il senatore Tommaseo, aristocratico faccendieie, devoto alle signore e sempre in giro per il mondo nonostante i suoi settantanni e le sue gambe traballanti; il deputato Riz-zabarba, barcamenantesi tra la politica, gli affari e 1’ aristocrazia esotica frequentatrice dei salotti di Roma; il giornalista Claudio Priol, « corrispondente di quaranta gazzette e segretario a tempo perso al Ministero » ; la baronessa Naim teosofa, spiritista, magnetizzatrice. Tutti tipi che lo scrittore colse dal vero o formò con frammenti reali, possenti manifestazioni del suo spirito osservatore e costruttore. Nè la rappresentazione dell’ ambiente è da meno, per efficacia e verità, dei personaggi che vi si producono. Sono particolarmente felici le scene del ricevimento papale e del pranzo all’ osteria dei Tre Ladroni, che rivelano, il profondo conoscitore dell’ambiente romano fi). Il romanzo finisce tragicamente, come un duello tra la passione religiosa del marchese Cybo, che diventa alla fine quasi morbosa, e la passione amorosa della principessa Brancovenu, che si fa invece sempre più umana e simpatica: la vittoria della prima provoca il suicidio dell’ amante giovinetta. E cosi il dramma intimo del protagonista si risolve con spargimento di sangue, contrariamente a tutte le illazioni della fede (1) Certi ambienti » certi personaggi si ritrovano iu tutti'o quasi tutti i romanzi e le uovelle dell’ Invrea, quasi a dimostrare, sull’ esempio di taluni celebri romanzieri francesi, la continuità e 1’ unità dell’ opera letteraria dell’ autore. Per esempio, il luogo di Manassola — denominazione sotto la quale il nostro romanziere cela Varazze, dorè i marchesi Invrea avevano ab antico- ed hanno tuttavia case e terreni, e dov’ egli conosceva ben addentro per propria esperienza uomini e cose — ed alcuni tipi di Manassola, come il canonico Marmo, la sorella Ciccliina e la nepote Filomena, capitan Ramò, Maecabado, compariscono nelle opere Il Canonico, Sera fina, In Yacht, La bocca del lupo e, Manassola, anche ne L’Apostolo. Iu quest’ ultimo romanzo poi i più dei personaggi appartenenti all’ ambiente genovese corrispondono perfettamente, salvo i nomi, a persone reali e ben note al tempo in cui scrisse 1’ autore ; vi sono inoltre ricordati col loro vero nome e cognome amici di lui, come i fratelli Alberto e Angusto Figoli. Anche i personaggi nou propriamente genovesi potrebbero essere identificati in individui reali conosciuti dallo stesso autore. Voglio citare tra essi il senatore Tommaseo de L’Apostolo, che non è altri che il coute Tommaso Manzoui di Palermo, nominato senatore il 21 maggio 1863 e morto il 9 maggio 1893, già emigrato politico a Genova e ben noto, a suo tempo, nei salotti aristocratici genovesi. — 150 - cattolica : epilogo pieno di amara contraddizione e di protonda ironia per il problematico apostolato di Marco Cybo 1 Gaspare Invrea fece Γ ultima tappa d’impiegato a Roma dal 1907, anno in cui vi giunse per trasferimento da Milano, al 1914, anno in cui domandò il suo collocamento a riposo, e lo ottenne col grado d Avvocato Generale militare e col titolo di Eccellenza. Alla vigilia di lasciare Milano, egli vi diede alle stampe Olympia, volume di versi, che fu Γ ultimo parto della sua attività letteraria (1). Il titolo del volume è preso dal nome di un circo o teatro di varietà allora noto in Roma ed altrove; e 1’ autore raffigura appunto il suo libro come un circo, del quale egli è il clown, e dove presenta una svariatissima serie di esercizii poetici corrispondenti agli esercizii acrobatici, vocali e strumentali di un vero circo, e che ìndica parimente con titoli tolti al gergo dei saltimbanchi : Alta' scuola, Di trapezio in .trapezio, Gli equilibristi del filo di ferro, I cani ammaestrati, Pioggia di salti mortali, Giuochi di prestigio, Ballata sui trampoli, La danza del ventre, Assalto di scherma, Lì uomo volante, Sarabanda e spettri, Sulla pertica, Ballata sulla sbarra fissa, L· uomo magico, Entrata di maschere, ecc., ecc. E’ un poema satirico dove Γ Invrea mette in caricatura tutti i letterati e parecchi degli artisti del tempo, non che le imprese giornalìstiche di alcuni di loro, come quelle della Cronaca bizantina, del Nabab, ecc. ; luoco d’ artifizio che intontisce ed abbacina ; caleidoscopio attraverso il quale passano le figure degli scrittori contemporanei italiani dai più noti ai più umili, specialmente di quelli sollevati sugli scudi dalle gazzette ovvero sostenuti e favoriti, secondo egli crede, da cricche letterarie e politiche: Ojetti, Emilio Treves, De Amicis, Giulio Orsini, il glottologo prof. Trombetti, Trilussa, Achille Tedeschi, .Pascoli, Alfredo Baccelli, Panzacchi, Fogazzaro, Colautti, Novaro, Giulio De Frenzi, Corrado Ricci, Luca Beltrami, Arturo Graf, Ferdinando Martini, Giannino Antona Traversi, Romussi, Pascarella. Rastignac, Luigi Arnaldo λ^ββΐΐο, Domenico Oliva, Pastonchi, Marinetti, Serao, Deledda, Molmenti, Pica, Barrili, 1’ abate Murri, Arrigo Boito. Franchetti, Mascagni, Leoncavallo e tanti altri. Ai maggiori, D’ Annunzio e Carducci, dedica intieramente alcuni componimenti dell’ opera. La quale è piena di allusioni, di riferimenti, di richiami, di sottintesi che al momento della pubblicazione avevano per la maggior parte dei lettori un significato, ma che presentemente rie· (1) Remigio Zena, Olympia, Volteggi, Salti mortali, Ariette e Varietà; Milauo, Libreria Editrice Lombarda A. L)e Molir, Autougini e C., 8," pp. 235 (a. 1905). - 151 — scono oscuri, enigmatici e spesso inintelligibili. Per uso dei lettori presenti e più per i futuri sarebbe necessario un largo commento. Il valore letterario del libro non apparisce ad una prima impressione molto grande, e sembra, in complesso, notevolmente inferiore a quello delle Pellegrine, menomato, com’è, dall’artificiosa e complicata tessitura del contenuto e dallo sforzo continuo del poeta. Ma il volume ha anche un valore storico, in quanto è una generale revisione critica di tutta la letteratura italiana contemporanea; valore che sarà più o meno grande a seconda della più o meno grande importanza che avrà presso i posteri essa letteratura. Alle sopra indicate opere dell’ Invrea, che sono le sue più note ed importanti, occorre aggiungerne molte altre, cosi in prosa come in poesia: novelle, commedie, drammi, ballate e scritture occasionali, che egli rese di pubblica ragione segnatamente in stampe periodiche, ovvero lasciò inedite. Fra le novelle vanno comprese quelle da lui raccolte in volume sotto il titolo Le anime semplici o Storie umili, già comparse qua e là separatamente: quattro in tutto, delle quali ricordo in particolare II canonico e Serafina, entrambe scritte sotto l’influsso della moda verista, la prima ampia e particolareggiata rappresentazione della vita normale di un modesto prete convivente colla sorella e la nipotina nevrotica, ricca di scene e di personaggi e suscettibile di temi e di sviluppi per altre novelle e drammi; la seconda arida e cruda narrazione di alcune vicende di una compagnia di saltimbanchi composta di delinquenti e di anormali (1). L’Invrea ebbe la passione del teatro, scrisse in abbondanza commedie, drammi e farse, ma gli mancò la fortuna del successo. Infatti i più dei suoi componimenti teatrali rimasero inediti per mancanza, dirò così, di collocamento, pochissimi vennero rappresentati ed ebbero vita effìmera, nessuno gli sopravisse. A 14 anni egli era già autore di una farsa in un atto intitolata Una burla (2). Alcune delle sue commedie giovanili furono rappresentate in Genova da filodrammatici, ma 1’ eco' (1) Le anime semplici, Storie umili di R. Zena (Il Canonico, La Bricìcca in gloria, Serafina, il tifo) ; Genova, tip. Sordo-Muti, 1886. Il Canonico era già comparso ne La Rassegna Nazionale, voi. X, anno IV (1882), pp. 267-298 ; la Serafino nella stessa Rassegna, voi. I, anno l (1879), pp. 550-567, o poi nella Strenna del Frou-Frou (a. 1884), pp. 39 52 la BriCÌCCU in gloria nel Frou-Frou sotto il titolo, se ben ricordo, di Figlie della Bn-CÌCCa. Quest’ ultima faceva parte del romanzo pubblicato più tardi col titolo La bocca del lupo. (2) Gaspare Invrea aveva dimostrato la sua passione per il teatro anche come attore filodrammatico, recitando in certo teatrino sorto in Genova nel 1866-67 a scopo eduoativo — 152 - ne rimase circoscritta nell’ ambito del teatro Falcone e di altri teatri o teatrini privati. Maggior diffusione ebbe la commedia I bagni di mare, da lui composta in collaborazione con Augusto Pescio, che poi la tradusse in milanese, e data al Politeama Alfieri di Genova il 30 luglio 1880 dalla Compagnia Ferravilla. A Milano ebbe la prima rappresentazione al teatro Manzoni la sera di mercoledì 17 maggio 1893, per opera della Compagnia Paladini e Talli, altra commedia dell’ Invrea in un \ atto dal titolo La prima volta. Dei componimenti drammatici da lui scritti nella maturità è degno di menzione Ahasoero, mistero in tre giornate, visione grandiosa, apocalittica, ordita di ricordi biblici e tutta compresa di misticismo ; che, a quanto egli stesso diceva, cedette per certa somma di denaro a non ricordo j)iù quale maestro di musica e da costui, se non erro, lasciata cadere in oblio, ma il cui manoscritto, in altro esemplare, pervenne dopo la morte dell’ autore alla nostra Società. Conscio della vanità dei lavori drammatici da lui composti nella sua prima giovinezza, l’Invrea, pur conservandone i manoscritti, notava per cura della Società di S. Vincenzo de’ Paoli, e collocato in via S. Giuseppe «elle case appartenenti a Rocco Bianchi di Lavagna, noto fra i capi del partito clericale genovese (il presidente Torre o conte Della Torre de L’ Apostolo)· Insieme con 1’ Invrea operavano, fra gli altri, sa quelle scene ridotte, dalle quali erano escluso le donne, due fratelli marchesi Negrone, un marchese Pallavicini, Carlo Castello più tardi operoso negoziante, il tenente Rolla divenuto poi generale, Francesco Ghiliui figlio del senatore Lorenzo ed altresi Goffredo Palazzi, allora studente del primo anno di legge (a. 1867), aggregatosi egli pure per amore dell’ arte a quella molto castigata compagnia, nonostante le sue idee mazziniane. Fra 1 Invrea ed il Palazzi si striuse da quel tempo una salda amicizia che il contrasto delle loro ideo religiose, politiche e letterarie non valse menomamente ad intaccare ni; ad offuscare. Contrasto davvero singolare : 1’ Invrea, ortodosso in religione e monarchico iu politica, era romautico, ribelle, bohémien in arte e partigiano delle più estreme tendenze letterarie ; il Palazzi, per contr j, libero pensatore e repubblicano, dimostravasi classico e conservatore in letteratura. Conversando io coll’ avv. Palazzi, dopo eli’ era stato già stampato quanto scrissi a pagina 137 di questa biografia intorno all’ arruolamento dell’ Invrea negli zuavi pontificj, raccolsi da lui la convinzione che esso arruolamento fosse principalmente dovuto al vivo desiderio del giovine Gaspare di sottrarsi al giogo della ferrea disciplina paterna fondata, secondo le consuetudini della vecchia aristocrazia legittimista, sull’ autorità assoluta e indiscussa del capo di famiglia. L'indole vivace del nostro poeta e la sua disposizione alla vita allegra ed avventurosa lo spingevano ad abbracciare la carriera militare, ed essendogli precluse dal-1’intransigenza politica del padre le file dei bersaglieri italiani, nelle quali si sarebbe volentieri arrolato, si schierò invece coi soldati papalini. E’ da ricordare, fra le manifestazioni1 dell’ eccessivo zelo religioso del march. Fabio Invrea, che questi solova infliggere la recitazione del rosario perfino ai suoi invitati a pranzo, prima di farli assidere a tavola. — 153 — eli sua mano nel 1881 sopra un pacco di questi: « Oh quanti tentativi sciocchi ed inutili! » (1). (1) Milla scorta dei manoscritti dell’ Invrea noto qui questi altri lavori ili lui, in parte «diti, da aggiungerò a quelli già indicati nel testo e nella nota a pp. 138-139. 1. Cliamp/leury, comparso noi Frou-Frou■ Il nostro autore aveva presentato questo scritto ad un concorso bandito nel 1882 dal Fanfulta della Domenica per una novella e per un saggio critico. Della novella non si dava 1’argomento, del saggio critico si assegnavano con molta larghezza due temi, uno sopra un poeta italiano dol secolo XIX morto avanti il 1860, 1’ altro sopra un romanziere francese vivente. 1 manoscritti inviati furouo ben 432, ma la Commissione giudicatrice, composta di Ruggero Bonghi, Enrico Nencioni, Luigi Moraudi o Francesco 1 orraca relatore (ne faceva parte anche Domenico Gnoli, che non potè però assistere al deliberato perchè assente da Roma), ne scartò in una prima lettura 397, e de’ 35 rimanenti ne scelse in un secondo esame 8, quattro novelle e quattro saggi critici, due dei quali riguardanti letterati italiani e due romanzieri francesi ; e pur concludendo · 1". 4. Illustrazione storica dello stemma di Genova ; in Giornale araldico genealogico-diplo- matico pubblicato per cura della R. Accademia araldica italiana, diretto da Goffredo di Crollalanza. Anno XXIII, Bari 1895, pi»· 91-102, con V tavole. Estratto di pp. I2r oltre le tavole. Questo lavoro fu premiato al ooncorso dol predetto Giornale aruldico-gencalogico-dip 0· malico dell’ anno 1895. Nel 1903 ne venne fatta una seconda edizione coi tipi dei Fratelli Pagano, Genova, iu 8", di pp. 35, con IX tavole. 5. Un autografo di Nicolò Paganini (16 maggio 1835); in Giornale Ligustico, XXII, a. 1897, pp. 147-149. (3. per Arcola, Lettera al Direttore ; in Giornale Ligustico, XXII> P· 223. 7. Una relazione di Giambattista Baliani sul porlo di Genova, in Giornale Ligustico, XXII, pp. 415-419. 8. Leggi della Compagnia di S. Luca d’Albaro ; in Giornale Ligustico, XXIII, 1898, pp. 106-114. 9. Due epigrafi di Agostino Pallavicino a Sarzana ; in Giornale Ligustico, XXIII, pp. 267-274. 10. Il Tesoro della cappella di San Giambattista ; in Ottavo centenario della traslazione in Genova delle Ceneri di S. Giovanni Battista. Genova, 1899, Tip. Arcivescovile e della Gioventù. 11. La pubblica pulizia in antico; in giornale 11 Cittadino a. 1905, n. 53, Genova. 12. Scoperte archeologiche ; in Arte e Storia, XX', i>. 45. 13. il violino di Nicolò Paganini consecato nel Palazzo municipale di Genova ; Genova, Tip. Fratelli Pagano, 1909, 4», pp. 20, tav. 5. 14. Un curioso memoriale sul porto di Genova; in Rivista Ligure, anuo XXX\II, 1910, pp. 215-219. 15. L’ editto di Diocleziano ; in Rivista Ligure, anno XXXVII, 1910, pp. 252-254. 16. Il Magistrato dei Padri del Comune conservatori de! porto e dei moli (1291-1797): Genova, Stabilimento Fratelli Pagano, MCMXII, pp. 80. 17. La meridiana di S. Lorenzo ; in Rivista Ligure, anno XXXIX, 1912, pp. 173-176. 18. Cristoforo Colombo genovese ; in Rassegna Nazionale fase. l° marzo 1914. Estratto di pp. 8. 19. Titoli e prerogative degli arcivescovi di Genova ; in Rassegna Nazionale, faec. iti I novembre 1914. Estratto di pp. 7. 20. Cortesie fra un patrizio genovese e il granduca di Toscana nel 1600 ; in La Liguria illustrata, anno II, 1914, pp. 625-627. 21. Arti fiorile in Genova negli anni 1473 e 1474 ; in Gazzetta di Genova, anno LXXXII, a. 12, 31 dicembre 1914. 22. Il tricolore dello stemma genovese sotto Napoleone ; in Napoleone, Rivista storica, Fascicolo dedicato a Genova, anno I, 1914, η. Ί, pp. 115-118. - 169 - 23. Il disegno simbolico di un ricamo riflettente Napoleone ; in Napoleone, Rivista storica, serie II, n. 3-4, pp. 106-107. 24. Genova e Napoleone·, in Napoleone, Rivista storica, serie II, n. 5-6, pp. 158-163. 25. Le spese della Repubblica di Genova nel 1349 ; iu Gazzetta di Genova, anno LXXXIII, n. 3, 31 marzo 1915. 26. La fabbricazione della caria in Genova e distretto; in Gazzella di Genova, anno LXXXIII, u. 4, 30 aprilo 1915. 27. Un matrimonio principesco di casa Savoia del 1585 ; in Rassegna Nazionale, fase. 16 maggio 1915. Estratto di pp. 12. 28. Un coltivatore di miniere in Liguria nel 1645 ; in Gazzetta di Genova, anno LXXXIII. n. 8, 31 agosto 1915, 29. Due decreti sulla censura del secolo XVII ; in giornale II Cittadino, Genova, 12 novembre 1915. 30. La proposta erezione di un Banco governativo nel Palazzo ducale nel 1665 ; in Gazzetta di Genova, anno LXXXIII, n. 12, .-il dicembre 1915. 31. La moneta corrente in S. Stefano d’Avelo nel 1614; in Gazzetta di Genova, anno LXXXIV, u. 1, 31 gennaio 1916. 32. // ricordo dei mediatori genovesi nel 1650 ; in gior. Il Cittadino, Genova, 21 febbraio 1916. 33. La strada di Scurrena ; in gior. // Ciltadino, Genova, 8 uevembre 1916. 34. Principi giapponesi in Genova nel 1585 ; in gior. Il Ciltadino, Gennaio 24 nov. 1916. 35. I Maestrali delle vie di Chiavan; in Gazzetta di Genova, anno LXXXIV, n. 11, 30 novembre 1916. 36. Bilancio del Magistrato dei Padri del Comune del 1768 ; iu Gazzetta di Genova, anno LXXXV, η. 1, 31 gennaio 1917. 37. La tassa dell’ « avaria » nelle Riviere ; in Gazzetta di Genova, anno LXXXV, n. 6, 30 giugno 1917. 38. Le arti nel Marchesato di Finale; in Gazzetta di Genova, anno LXXXV, n. 11, 30 novembre 1917. 39. I cardinali liguri del secolo XIX; in gior. Il Ciltadino, Genova, 20 febbr. 1918. 40. Una lotteria del 1585 ; in gior. Il Cittadino, Genova, 11 aprile 1918. 41. Il calmiere di un secolo fa ; in gior. Il Cittadino, Genova, 22 agosto, 1918. 42. Un calmiere del 1554 ; iu gior. Il Ciltadino, Genova 10 nov. 1918. 43. Tre lettere autografe di C. Colombo conservate nel Palazzo municipale di Genova. 44. il tesoro di S. Lorenzo ; iu La cattedrale di Genova [1118-1918), Genova, Tip. della Gioventù 1918, pp. 105-117. LODOVICO GAVOTTI m. 23 dicembre 1918. Dai patrizi genovesi Giulio Gavotti e Viola Gropallo nacque in Genova il 28 novembre 1868 Lodovico Gavotti, al quale il destino riserbava l’alto onore di diventare arcivescovo della nativa città; e vide — 170 — la luce in quella stessa parrocchia di N. S. delle Vigne, donde aveva un quattordici anni prima sortito i natali dallo stipite dei Della Chiesa colui che poi salì ai fastigi del sommo pontificato col nome di Benedetto XV. Dedicatosi per naturale disposizione dell’ animo agli studj ecclesiastici, il giovane Gavotti ne compieva in Genova i corsi presso la Facoltà di teologia del Seminario arcivescovile, mentre, spinto da eguale inclinazione per gli studj umanistici, prendeva la licenza liceale e s’inscriveva nell’anno scolastico 1891-92 al primo corso della Facoltà di lettere e filosofia della patria Università. A coronamento dei primi studj egli era ordinato sacerdote il 27 maggio 1893 dall’arcivescovo Tommaso Reggio, ed a conclusione dei secondi veniva laureato in lettere presso l’università genovese nell’anno scolastico 1899-1900. Egli trascorse i primi anni di sacerdozio in Genova, dove fu anche assistente ecclesiastico della Federazione operaia cattolica ligure, direttore e redattore de L' operaio Ligure, dirigente fra i più zelanti del Circolo Beato Carlo Spinola, professore di lingua francese nel Seminario. canonico della basilica dell’ Immacolata ; fino a che, preconizzato vescovo di Casale il 22 giugno 1903 e ricevuta il 5 luglio dello stesso anno la consecrazione vescovile nella metropolitana di S. Lorenzo, si trasferì alla sua nuova residenza. Ivi rimase più di undici anni, e spiegò un grande fervore di opere così religiose come sociali. Il 22 gennaio 1915 fu promosso alla sede arcivescovile di Genova, nella quale fece il suo solenne ingresso il 7 marzo successivo. Durante 1’ esercizio dei suoi alti ministeri ecclesiastici, egli pubblicò un buon numero di pastorali; ma, trattandosi di materia esclusivamente religioso-morale, non è qui il luogo di parlare di siffatte pubblicazioni, che furono, per quanto io so, la più importante manifestazione della sua attività letteraria. Si occupò altresì di storia civile, specialmente genovese, anzi la sua tesi di laurea in belle lettere aveva per tema « I Genovesi alle Crociate » ; ed appartenne alla nostra Società come socio effettivo dal 20 aprile 1896. Al titolo di arcivescovo genovese univa quelli di abate perpetuo di S. Siro e di S. M. Immacolata, di legato transmarino della S. Sede, e di gran cancelliere del Collegio teologico di S. Tomaso d’Aquino. Morì in Genova per violenta influenza degenerata rapidamente in bronco-polmonite, e fu sepolto nella cappella del Chiappeto a S. Martino d’Albaro (1). (I) Cfr. Rivista Diocesana Genovese, Gennaio 1915, voi. V, pp. ΙΟ-ll ; Dicembre 1918, p. 192. — 171 - GIO. BATTA GORGOGLIONE m. 17 gennaio 1919. Nato in Genova dal notaro Giuseppe Gorgoglione e da Adelaide Muraglia IMI marzo 1845, vi esercitò per lunghi anni, seguendo l’avviamento paterno, il notariato con autorevole competenza e larga clientela, e vi tu membro ordinario del locale Collegio notarile. Dotato del senso storico del proprio ufficio, e tutto compreso dell’ importanza sociale e politica di esso, specialmente nei secoli trascorsi, egli vanta-vasi di essere figlio, nepote e pronipote di notari; e studioso, com’ era, della storia genovese, compiacevasi di appartenere alla nostra Società, alla quale trovavasi aggregato come socio effettivo dal 6 aprile 1896. Mori a Santa Margherita Ligure, dove aveva posto da parecchi anni il suo domicilio legale (1). GIOVANNI SAPORITI * m. 6 febbraio 1919. Ebbe i natali a Lavaggiorosso, parrocchia rurale in quel di Levanto, il 10 agosto 1858 da Angelo Saporiti e da Giovanna Cinollo ; ma condotto a sei anni in Genova, quivi crebbe e studiò, e, dedicatosi alla carriera ecclesiastica, fu ordinato sacerdote il 10 marzo 1881. Ingegno ferace, fornito di larga cultura linguistica e filologica, e particolarmente versato nella conoscenza dei testi sacri, occupò un posto ragguardevole nel clero genovese : fu professore d’ esegesi biblica e di lingue orientali nel Seminario metropolitano, canonico teologo della cattedrale, dottore del Collegio di S. Tomaso d’ Aquino, membro della Commissione disciplinare tridentina, esaminatore prosinodale, e rettore del Convitto ecclesiastico. Fece parte anche dell’ amministrazione di istituti di beneficenza, come Γ Opera pia Oneto mons. Filippo. Era ascritto tra i soci effettivi del nostro Istituto dal 3 marzo 1905. ANDREA PEIRANO m. 16 febbraio 1919. Nacque Andrea Peirano in Genova da Luigi e da Giacomina Musso il 21 settembre 1837. Laureatosi in legge verso il 1860, si segnalò con pari buon successo nell’avvocatura, nel giornalismo e nella vita (1) Il Gorgoglione risulta cancellato dai registri dell’ ufficio d’ anagrafe del Municipio di Genova dal 10 febbraio 1901. Egli continuò per altro a tenere il proprio studio di notaro a Geuova in via Ettore Veruazza, u. S. — 172 - pubblica : nell’avvocatura come valoroso patrocinatore di cause civili e dotto conoscitore del diritto amministrativo, nel giornalismo come direttore del quotidiano II Cittadino da lui con altri fondato in Genova nel 1873, nella vita politica specialmente come capo del partito cattolico genovese. Tra gli uffici della sua professione d’avvocato, egli fu consulente della duchessa di Galliera, alla quale era stato presentato dal generale Enrico Parodi, sindaco del Municipio di Genova, in occasione della cessione del palazzo Rosso fatta ad esso Municipio da quella munifica signora e dal costei figlio march. Filippo De Ferrari; e rimase rappresentante legale in Genova, non che consulente di quest’ ultimo, dopo la morte della duchessa. Nella sua attività di capo partito, egli badò più all’opera educativa e sociale anziché all’ azione politica, e mentre sostenne a spada tratta l’insegnamento religioso e combattè ad oltranza il divorzio, mentre si mantenne intransigente conservatore in altre questioni di larga contenenza civile, si dimostrò per contro conciliante nella questione romana. Si racconta a tal proposito che, in certa occasione di elezioni amministrative in Genova, richiesto da uno dei dirigenti del partito cattolico italiano, il duca Salviati salvo il vero, s’egli erasi ben assicurato che i candidati prescelti fossero tutti di sentimento favorevole al potere temporale del papa, rispose eh’ egli veramente aveva anzitutto e sopratutto avuto cura di scegliere persone d’ ordine, senza cercare altro. Il che sta a significare che il Peirano non militava propriamente in quel partito clericale che il Rigutini, nel suo \rocabolano italiano della lingua parlata, definisce « nemico, sotto colore di religione, a ogni civile libertà » ; ma apparteneva piuttosto al partito rigidamente conservatore, che spiegò sempre in Genova un potente apparato di forze e per varj periodi di tempo abbracciò la maggioranza degli elettori amministrativi. In taluno di cotesti periodi egli apparve e fu veramente 1’ esponente, come ora dicesi in linguaggio politico-parlamentare, dei sentimenti e degli interessi della classe dirigente di Genova. Ciò è dimostrato anche dal notevole numero di cariche pubbliche da lui coperte in questa città in varj tempi, perocché egli vi fu consigliere comunale, consigliere provinciale e membro della Deputazione provinciale, membro del Consiglio provinciale scolastico, membro del Consiglio direttivo della R. Scuola Superiore d’applicazione per gli studj commerciali, vicepresidente della Giunta di vigilanza del R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II, amministratore delegato dell’istituto Negrone Durazzo Brignole Sale, presidente dell’ Opera pia Oneto mons. Filippo, membro — 173 — dell’ Associazione nazionale per soccorrere i Missionari cattolici italiani, ecc. Fece inoltre parte delle Commissioni per i valichi del Sempione, del Gottardo e della ferrovia Genova-Piacenza, oltre che delle tante altre commissioni nominate in seno ai pubblici consessi ai quali apparteneva. Scrisse con autorità di materie amministrative, e si hanno di lui a stampa, fra Γ altro, le seguenti memorie e relazioni. 1. La riforma del dazio consumo ; in Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova, a. 1879, pp. 481-513 (Memoria letta dal Peirano nelle sale della Società la sera del 23 maggio 3 879). 2. Relazione della Commissione incaricata dal Consiglio provinciale di Genova di esa- minare e riferire sulle strade provinciali contestale ; Genova, P. Martini, 1883, 4°, pp. 36. 3. Relazione della Commissione eletta dal Consiglio comunale li 3 dicembre 1886 ed incaricala di riferire sull’ applicazione della legge di Napoli alle opere di risanamento della Città di Genova ; Genova, Frat. Pagano 1886, 8°, pp. 15. Cultore ed amatore delle memorie patrie, egli era stato accolto nella nostra Società come socio effettivo ii 13 agosto 1869, e vi appartenne fino alla morte, che lo colse in Genova carico d’ anni, ma colla mente ancor vivida ed applicata alle materie legali. ONORIO SOARDI m. 20 febbraio 1919. Quei soci che hanno partecipato negli ultimi dieci o dodici anni alle assemblee della nostra Società ricordano certamente la modesta persona di Onorio , Soardi, dai modi affabili e dalla facile parlata veneziana, assiduo frequentatore di esse assemblee. Impiegato presso la sede genovese delle Assicurazioni generali eli Venezia, si compiacque di dedicare le ore nelle quali era libero dall’ ufficio alla cultura della mente, occupandosi con predilezione di materie storico-economiche, specialmente attinenti a Genova. Fu cosi condotto a tradurre dal te- · desco, eh’ egli conosceva assai bene come tanti di coloro che al pari di lui erano cresciuti sotto il dominio austriaco nel Lombardo-Veneto, Γ opera di Heinrich Sieveking intitolata : Studio sulle finanze genovesi nel Medioevo e in particolare sulla Casa di S. Giorgio. La Presidenza della nostra Società, alla quale non era sfuggita, l’importanza di detta opera per la storia finanziaria del Magnifico Officio di S. Giorgio, stava appunto allora meditando sul modo più acconcio a volgarizzarla e diffonderla fra gli studiosi ignari della lingua tedesca ; e quando seppe della traduzione del Soardi, volle accoglierla negli Atti sociali, derogando una volta tanto alla consuetudine di non inserire in questi se non che lavori originali ed inediti. Sotto gli auspicj della Società, il Soardi entrò in relazione epistolare col Sieveking, il quale, discreto conoscitore dell’ italiano, potè cosi rivedere la traduzione prima che venisse pubblicata e fornire al traduttore suggerimenti e consigli per la fedele interpretazione dell' edizione originale, e coll’ aggiunta di alcune appendici completare 1’ opera. Questa comparve in veste italiana nel voi. XXXV, diviso in due parti, dei nostri Atti. Incoraggiato dal buon successo di tale lavoro, il Soardi, spronato anche dal nostro Presidente, divisò di voltare in italiano lo scritto di Giorgio Caro sopra Genova e le potenze sul Mediterraneo, e quello di Vincenzo Samanek sopra La posizione giuridico-statutaria di Genova (1311-1313) riguardante le relazioni tra Genova ed Enrico VII di Lussemburgo : alla traduzione del primo scritto mise subito mano e la portò a compimento, della traduzione del secondo potè invece appena imbastire le prime pagine. Così per il primo come per il secondo di essi lavori egli erasi assicurato, non soltanto il consenso dei due autori, ma altresì la loro collaborazione per modificazioni ed aggiunte da recare al testo primitivo : 1’ uno e l’altra accordate con premuroso riguardo principalmente perchè la pubblicazione doveva esser latta a cura della nostra Società. Il Consiglio Direttivo di questa aveva infatti progettato di eseguire detta pubblicazione a spese ovvero con un sut· ficiente sussidio dell’ Istituto, ma fuori degli Atti ed in volumi di formato più piccolo ossia più maneggevole di quello dei volumi degli Atti medesimi. Varie circostanze, fra le quali la morte del Caro, procrastinarono 1’ esecuzione del divisato progetto ; la guerra poi la impedì. Dopo la morte del Soardi, la vedova di lui, Signora Luigia Perlasca, contor-memente alle ultime volontà del defunto, inviò il manoscritto della traduzione dell’opera del Caro in dono alla Società: la quale lo conserva in attesa che gli animi, ancora sconvolti dalla scellerata guerra, vengano rasserenati da un benefico raggio di amore del prossimo e ritornino ad affratellarsi nella universale cultura degli studj, che non conosce frontiere, per modo che la pubblicazione di esso sia, non soltanto possibile, ma desiderata. Il Soardi coltivò anche la scienza dei numeri ed attese alla risoluzione di questioni matematiche inerenti al suo ufficio di assicuratore, come testifica un suo opuscolo pubblicato a Venezia nel 1883 (Tip. Antonelli) e ristampato con aggiunte e correzioni in Roma nel 1888 (Stabilimento Bontempelli), col titolo : Sopra un caso particolare di ammortamento. - !75 - Egli era nato a Milano da Antonio Soardi e da Carlotta Borei il 7 agosto 1841, e dopo aver trascorso il più della sua vita nelle provinole lombarde e venete, e particolarmente a Venezia, erasi trasferito a Genova nel 1897. Il 2 maggio del 1906, al tempo in cui si pubblicava la sua traduzione del Sieveking, egli venne ammesso nel nostro .Sodalizio come socio effettivo, ed il 30 dicembre 1917, per voto dell’Assemblea generale e sopra proposta del Consiglio Direttivo, elevato al grado di socio corrispondente. Mori dopo breve malattia a Genova nella sua abitazione di Salita S. Anna n. 16, int. 5. RAFFAELE CATALDI m. 28 febbraio 1919. La famiglia Cataldi trae le sue origini da Alatri, donde un Alessandro di tal cognome, nato colà nel 1760, si trasferì a Genova e fondò quivi nel 1790 una casa per il commercio dei coloniali. Nel 1793 vi ottenne diritto di cittadinanza, e nel 1798 vi sposò Geronima Faragiana, dalla quale ebbe tre maschi: Giuliano, Giuseppe e Luigi. Di costoro principalmente i primi due acquistarono come banchieri una cospicua posizione sociale, e si resero chiari per gli uffici sostenuti e le dignità conseguite ; poiché Giuliano ebbe da Carlo Alberto con regie patenti del 7 luglio 1842 il titolo di barone trasmissibile al solo primogenito in linea retta, e Giuseppe venne alla prima applicazione dello Statuto nominato, con decreto del 3 aprile 1848, senatore del Regno. Giuliano si ammogliò nel 1835 con Luigia Parodi, che gli diede i tre figli Giacomo, Raffaele e Luigi. Raffaele è appunto il nostro consocio al quale è dedicata questa breve necrologia. Egli nacque in Genova il 24 novembre 1845, ed in Genova fece gli studj universitari presso la Facoltà di legge, e vi conseguì la laurea dottorale alla fine dell’anno scolastico 1866-67 con lode : talché nella solenne distribuzione delle medaglie decretate dal Municipio genovese agli studenti più distinti, distribuzione che ebbe luogo il 16 novembre 1868, egli ottenne la medaglia d’argento. La laurea non servì al Cataldi per esercitare l’avvocatura, cui non era portato nè delle sue inclinazioni nè dalle sue ragguardevoli condizioni economi-co-sociali, ma gli giovò pel· collaborare all’ azienda paterna. La quale, dopo la morte del padre suo accaduta il 23 novembre 1874, venne da lui e dai fratelli continuata ancora per parecchi anni sotto la ditta Cataldi Giuliano e Figli, banchieri. Ritiratosi dagli affari visse piut- tosto appartato, schivo delle pubbliche competizioni e dedito principalmente alla famiglia eh’ egli erasi formata sposando Carolina Ronco, a lui poi premorta, dalla quale aveva avuto un maschio, Alessandro, e quattro femmine. Appartenne per qualche tempo alla Protettoria del-1’ Orfanotrofio maschile di S. Giovanni Battista in Genova. Dal 9 febbraio 1899 trovavasi ascritto come socio effettivo al nostro Istituto. Mancò ai vivi in Genova. LUIGI GROPALLO m. 5 marzo 1919. Da nobile prosapia appartenente un tempo all’ Albergo Di Negro della Repubblica genovese, nacque questo nostro consocio in Genova il 1° giugno del 1866 dal marchese Marcello Gropallo e da Maria dei marchesi Rocca-Saporiti. Aristocratico di gusti e di abitudini, non meno che di nascita, e fornito inoltre di largo censo, egli condusse vita comoda in seno alla famiglia, alieno dalle gare politiche e municipali non che dai pubblici uffici, frequentatore desiderato di ritrovi e conversazioni signorili. Aveva relazioni colla Casa Reale come gentiluomo di corte della regina Margherita per prestar servizio in Genova, nella quale carica onorifica egli era succeduto al padre, e trovavasi insignito del titolo di cavaliere del Sovrano ordine militare di Malta. Faceva parte in qualità di socio effettivo della Società Ligure di Storia Patria dal 1° gennaio 1899. Vedovo della marchesa Laura Serra di Vincenzo, dalla quale aveva avuto i figli Marcello ora ufficiale in Savoia Cavalleria e Maria maritata col march. Rodolfo Pallavicino, soccombette immaturamente, ancora vivente la madre, dopo alcune settimane di malattia nella sua villa dello Zerbino in Genova, vittima dell’ epidemia d’influenza che infierì nell’ inverno del 1919. LORENZO SERTORIO m. 8 aprile 1919. Il luogo di Pieve di Teco, così chiamato ufficialmente per decreto reale del 26 ottobre 1862 in ripristinamento dell’ antico nome ed in sostituzione delle denominazioni di Pieve ovvero Pieve d’Oneglia od anche Pieve d’Albenga, e che Monsig. Agostino Giustiniani nella prima metà del secolo XVI già diceva « cosa d’importanza », è la culla dei Sertorio di Liguria. Di là essi si trapiantarpno a Genova 'con un Giovanni Maria Sertorio nato colassù nel 1640, padre di Giuseppe Maria, E ' ■ 1 — 177 — che fu per sedici anni segretario della Repubblica genovese, e che, ascritto nel 1747 al libro d’ oro, divenne il capostipite dei patrizi Sertorio di Genova. Senza parlare di questi ultimi e riferendomi esclusivamente ai più numerosi Sertorio della Pieve, trovo che essi diedero fin * dal secolo XVI ragguardevoli soggetti, specialmente ecclesiastici, al loro paese, fra i quali ricordo: R.mo Pietro Antonio (1580-1659), che studiò a Roma ed a Napoli, fu vicario generale del vescovo di Albenga, pro-tonotario apostolico ed arciprete della Pieve; R.mo Francesco (1598-1672) nepote, coadiutore e poi successore del precedente nella arcipretura della Pieve ; R.mo Giacomo (1698-1764), protonotario apostolico ed autore di versi latini ed italiani; R.mo Gio. Antonio (1711-1787), frate agostiniano, nel 1771 segretario generale dell’Ordine e provicario generale della Provincia occidentale ; R.mo Giuseppe (1740-1795), del pari agostiniano, due volte vicario generale della Congregazione di Genova; Antonio (1735-1821) avvocato, presidente della Rota o Corte criminale di Genova; Giambattista (1777-1845), dottore di legge ed insigne letterato. Di tutti costoro e di tanti altri personaggi della Pieve di Teco, delle loro ascendenze e discendenze, ed in generale della storia di esso luogo dalle origini fino ai tempi presenti, e per rispetto alle molteplici e più diverse manifestazioni della vita del popolo nella religione, nel-l’arte, nei costumi, nelle leggi, nella politica, nella cultura, ecc., si occupò con singolare zelo, tenace applicazione, assidua ricerca ed esame di documenti il compianto consocio Don Lorenzo, anch’ egli progenie dei Sertorio della Pieve. Dall’ avv. Luigi Sertorio, insinuatore ossia ricevitore del Registro sotto il Governo sardo, e da Angela Manfredi, entrambi di Pieve di Teco, nacque il nostro futuro sacerdote il 10 agosto del 1848 a Tenda, dove il padre suo, a motivo del proprio ufficio governativo, trovavasi allora di residenza insieme con la moglie. Compiuti gli studj nel Seminario arcivescovile di Genova ed ordinato prete nel 1871, Don Lorenzo fu destinato dopo qualche tempo all’ arcipretura di Rosso in vai di Bisagno, dove rimase alcuni anni e donde passò a reggere la chiesa di S. Girolamo in Castelletto a Genova, elevata poi nel 1898 al grado di parrocchia; e quivi stette in qualità di custode dal 28 marzo 1886 a tutto luglio del 1895. Spirito irrequieto con tendenza al misticismo, un bel giorno, fatta rinunzia del suo ufficio di custode, egli prese la strada di Francia e andò a rinchiudersi nel convento dei Certosini a Grenoble. Ma la nuova residenza ed il nuovo tenore di vita non riuscirono ad appagarlo, perchè, dopo non so quanti mesi, fece ritorno in Italia e si 12 — 178 - stabilì temporàneamente a Pieve di Teco, dove già lo si trova nel 1897 occupato ad esaminare i registri dei nati e dei morti di quella parrocchia. Nel tempo in cui dimorò nel suo paese d’origine, tempo intramezzato da non brevi assenze dovute alle escursioni eh’ egli, spinto da uno stimolo continuo di muoversi, faceva qua e là, attese alacremente a raccogliere notizie, a rintracciare vecchie carte, a spogliare e trascrivere documenti, a radunare insomma la maggior quantità possibile di materiali per la storia di esso luogo. Durante lo stesso tempo sostenne ivi alcuni uffici di pubblica utilità ovvero di ordine ecclesiastico, fra essi quelli di presidente dell’ ospedale e di canonico della collegiata di S. Giovanni Battista ; al quale ultimo ufficio venne nominato il 18 marzo 1901 e rinunziò il 1° ottobre 1912 quando, essendosi allontanato dalla Pieve, non potè più soddisfare all’ obbligo imposto ad ogni canonico di cantare per turno la messa alla domenica in detta chiesa. Il Sertorio appartenne all’ Opera pia Bonomelli per V assistenza degli emigrati italiani all* estero, e fu appunto a cagione di siffatta appartenenza, che, trasferitosi nel 1914 in Francia, venne inopinatamente a trovarsi al principio della guerra nel territorio invaso dall’ esercito tedesco, e ricevette dal Comando di questo l’incarico della cura ecclesiastica del luogo di Hamencourt in surrogazione del curato francese. Verso i primi del 1916 egli potè far ritorno in patria, e dopo d’allora fissò nuovamente la sua residenza a Genova; prestò servizio dapprima nella chiesa di N. S. del Carmine e poi in quella di S. Luca, nelle canoniche delle quali tenne successivamente a pigione un piccolo quartiere per abitazione di lui e di una vecchia domestica ; infine ebbe la ventura di allogarsi nel Convitto ecclesiastico dei Santi Pietro e Paolo, diretto dal suo amico Mons. Giovanni Saporiti, dove trovò conforto e riparo contro le momentose contingenze dei tempi. Ma anche in questi ultimi anni egli non seppe sottrarsi al suo innato desiderio di vita nomade, poiché, per invito sollecitato di un Francois Borelli di Marsiglia, discendente dai Borelli della Pieve, si mise nel luglio del 1917 in viaggio alla volta di Barcellona col proposito di compiere colà delle indagini dirette a rintracciare Γ origine iberica di quella famiglia, affermata da tradizioni orali ed accennata da qualche genealogista. Le autorità politiche spagnole non dettero però fede ai varj certificati eh* egli porse loro per comprovare la sua qualità di studioso e lo scopo della sua andata in Ispagna, e lo respinsero dalle irontiere di quel regno, incredule che in piena guerra ci potesse essere chi affrontasse le tante difficoltà e gli innumerevoli disagi di un viaggio terrestre da Genova — 179 — a Barcellona per il semplice gusto di far ricerche araldico-genealogiche. Cosicché il risultato più tangibile della sua escursione fu quello di trascorrere qualche tempo a Marsiglia, ospite del suo zelante mecenate. Un certo frutto per altro trasse da essa per i suoi studj, imperocché, dopo il suo ritorno a Genova, potè portare a compimento con notizie racimolate in Francia una sua monografia intitolata: Memorie sulla Fami glia Borelli di Pieve di Teco coi rami di Marsiglia e di Genova. Di un esemplare di queste Memorie, scritto a macchina, egli fece dono nel 1918 alla nostra Società, nella quale era stato accolto socio effettivo fin dal 13 aprile 1916. Afflitto da disturbi dovuti alla presenza di calcoli nella vescica, disturbi che s’erano andati esacerbando negli ultimi tempi, Don Sertorio tentò di liberarsene sottoponendosi verso il principio di aprile del 1919, nell’ ospedale di Pammatone, ad una operazione chirurgica ; ma questa, per complicazioni sopravvenute in seguito alla sua esecuzione, lo liberò dalla malattia e lo privò ad un tempo della vita. Il 31 marzo precedente, cioè una settimana prima della morte, egli dettava le sue ultime volontà legando, fra l’altro, al nostro Istituto tutti i manoscritti da lui compilati ovvero raccolti, riguardanti principalmente Pieve di Teco e luoghi circonvicini. Del molto che egli scrisse, pubblicò soltanto alcuni brevissimi articoli di argomento storico, che videro la luce in periodici; talché si può dire, sostanzialmente, che tutta la sua produzione è ancora inedita (1). Essa, quantunque farraginosa, ha particolare importanza per la storia della Pieve. Il più cospicuo dei suoi lavori ha appunto per titolo « Storia della città di Pieve di Teco»; e di esso egli medesimo così discorre nella prefazione alle Memorie sopra citate : « La mia attività si è rivolta per oltre venti anni a ricercare ed elaborare tutto il materiale occorrente per una storia di Pieve di Teco. Già il signor Filippo Levreri si fece autore di una piccola monografìa sulla storia di detta nostra città, ma evidentemente così esiguo saggio, per quanto fatto con passione e diligenza, non può assor- (1) Dogli scritti del Sertorio, da lui pubblicati, trovo i segueuti : 1. Gita a monte Calvo per la valle del Lerone ; in L’Imparziale, giornale di Albenga, anno 1899, n.! 191, 192, 193, 194, 197. 2. Antonio Maria Maraghano scultore ; in gior. Il Cittadino, Genova, 2 giugno 1902, n. 151. 3. Di Girolamo Piltaluga insigne scultore in legno del secolo XVIII: in Gazzetta di Ge- nova, anno LXXXV, n. 2, 28 febbraio 1917. 4. G. B. Sertorio ; iu Gazzetta di Genova, anuo LXXXV, 'n. 12, 31 dicembre 1917. 5. Una famiglia di architetti-, in Gazzetta di Genova, anno LXXXVI, u.! 7-8. luglio-ago- sto 1918. — 180 — gere alla dignità di un’ opera storica. In codesto mio lavoro si intrecciano colla storia della Pieve molteplici avvenimenti riguardanti le altre popolazioni dell’ alta Arrocia, ed i rapporti, oltre che con Genova, coi principati di Piemonte ed altre dominazioni dei tempi andati. La gravezza, degli anni che giù comincia a farsi sentire non mi permette di precisare il tempo in cui io possa ancora offrire ai miei concittadini la lettura della mia opera, la cui pubblicazione mi è stata cortesemente promessa dal signor conte Gustavo Biscaretti di Torino, sposo della contessa Vera Borelli del fu compianto senatore comm. ingegnere Bartolomeo ». Oltre questo, egli lasciò manoscritti altri lavori concernenti quasi tutti la Pieve e le famiglie di esso luogo. Dò qui sotto Γ elenco descrittivo dei manoscritti del Sertorio pervenuti alla Società, così di quelli che sono esclusiva opera sua, come degl? altri da lui ereditati o acquistati. Opere manoscritte inedite di Lorenzo Sertorio 1. Stona della città di Pieve di Teco. Grosso volume legato in pergamena di pagine 647 di scrittura fittissima, con molte carte intercalate non numerate. E’ un’enorme raccolta di notizie d'ogni genere dalle pii) antiche alle più recenti, riguardanti gli avvenimenti, le istituzioni, le famiglie, le persone, non che le condizioni geografiche, topografiche, fisiche, economiche del paese. Abbraccia nn periodo di quasi sotte secoli. L’ opera è dedicata con brevi parole « Ai miei Pievesi », ed in particolare al comm. ing. Bartolomeo Borelli senatore del Regno. 2. Stona religiosa di Pieve di Teco. E’ un volarne che segue e completa, per quanto riguarda le istituzioni religiose, il volumo precedente. 3. Monografia del Convento e della Chiesa dei P- P. Cappuccini di Pieve di Teco- Registro legato in cuoio, che contiene anche la memoria seguente. 4. Oratorio di N. Sig.ra della Concezione in Pieve di Teco. Vi sono uniti inoltre una biografia del Rev.do G. B. Gberardi, aniaia della congregazione di esso Oratorio, ed una notizia intorno alla scnola da lui istituita a vantaggio dei fanciulli poveri. L’autore prende occasiono da siffatta scuola per discorrere in ultimo generalmente dello Scuole a Pieve dal secolo XV al secolo XVHI. 5. Indice alfabetico delle famiglie (sic) di Pieve di Teco naie dall’anno 1564 all’ anno 1672 e morie dall’ anno 1613 all’ anno 1775, compilato per servire d’aiuto alla formazione degli alberi genealogici delie stesse famiglie. Segue pure l’indice alfabetico dei matrimoni celebratisi a Pieve dal i626 al 1719, circa il quale l'autore nota che all’Archivio di Stato in Genova si trovano registrati tutti i matrimoni dall’ anno 1659 all’ anno 1796. 6. Alberi genealogici. Volume legato in pergamena contenente gli alberi delle famiglie: Bodoano, Testa, Giordano, Savona, Pieve, Quartara, Briata, Cosso, Alessandri, Bonfante, Nicolini, Carenai, Carrara, Belmonte, Forcheri, Camperi, Calvi, Sasso, Berti, Ascheri, Ferrari, Bonsignore, — 181 - Levreri, Calzamiglia, Gherardi, Lucifredi; Garello, Leone, Lingueglia (Conti della), Doria Dolceacqua, Quillico, Maggiolo, Ricci, Piccardi, Lascaris (ramo del Castellerò), Manfredi, Botteri (di Ranzo), Rainaldi (di Gazzo), Rolando (di Arma), Crivelli (marchesi, famiglia milanese), Scarella, Bajlo (di Serravalle Scrivia), Guglierame, Morehio (di Cosio), Massa, Nervi, Pozzolo (ora PqzzoIì), Sibilla, Marchi, Viale, Demarchi, Maglio, Ardizzone, Ricca (da Lavina), Bougiovanni (di S. Remo, originaria da Ceriana), Trine,heri, Cane (originaria di Pietrabruna e stabilitasi a Lavina), Rocca (di Loano), Littardi, Gandolfo (di Porto Maurizio). 7' Vita di S. Biagio vescovo e martire, e Memorie della sua Chiesa titolare in Val di Polceve-ra. Volume legato in pergamena, in cui precede una lettera al M. R. Andrea Dellepiane, dottore iu sacra teologia, prevosto di S. Biagio (Genova, 3 febbraio 1900), nella quale b detto che il lavoro è diviso in duo parti : la prima comprende la vita del Santo titolare ristampata letteralmente su quella di Ravenna, coll’ aggiunta di alcune preghiere da recitarsi in preparazione alla sua festa ; la seconda le Memorie topografico-storico-religiose del paeso con alcuni cenni biografici di uomini che vi nacquero o vi abitarono. Vi sono altresì alcune Notizie sulla chiesa e monastero di S. Biagio e Cataldo vescovi nel-Γ isola della Giudecca (soppressa) in Venezia, ed altre Notizie sulla chiesa già parrocchiale di S. Biagio in Venezia in Riva degli Schiavoni (ufliziata per uso della R. Marina). Le Memorie abbracciano le pagine 13-119, e sono divise in .19 capitoli senza le Note e documenti da p. 120 a p. 141. Recano notizie delle famiglie esistenti o soggiornanti in S. Biagio, quali Romairone, Sette, Durazzo, Pareto, Cataldi, De Ferrari, Levrero, Follia, Gambaro, Savio, e delle persone illustri che dimorarono qualche tempo colassù, come la Venerabile Isabella Ghersi (monaca n. 25 ottobre 1742 in Pontedecimo, in. 27 ottobre 1800 iu Gubbio), Nicolò Paganini, Nino Bixio, Federico Alizeri, Paolo Stnb (1814-1892, missionario convertitosi al cattolicesimo e fattosi barnabita), Pier Costantino Remondini, Pier Maria Saivago. In calce della pagina contenente la lettera dedicatoria leggesi il seguente N. B. dell’ autore : « Pronta la storia per essere licenziata alle stampe, lo stesso Prevosto che mi aveva dato l’incarico di fare questo lavoro, che mi costò ben tre )nesi di fatica continua, si rifiutò di pensare alla spesa relativa ». Lo stesso volume contieue anche gli infrascritti lavori : 8. Memorie storiche dei marchesi di Clavesana (compilate nell’ anno 1904). 9. Notizie storiche della famiglia Borelli di Pieve di Teco (a. 1908-09). 10. Memorie storiche della famiglia Scarella (a. 1904). 11. Genealogia della famiglia Clavesana (con quadri e stemma a colori). 12. Albero genealogico della venerabile Chiara Isabella Ghersi di Pontedecimo. Carte e documenti raccolti da L. Sertorio 1. Carte relative alla città di Pieve di Teco (manoscritti, stampe, opuscoli, fogli volanti). 2. Notizie sparse sul teatro nella ex-chiesa della Madonna della Ripa a Pieve di Teco (ma- noscritto di oltre cento pagine). 3. Carte Manfredi (eredità, divisioni, questioni, ecc.). 4. Lettere e documenti relativi al Vicario generale Giuseppe Sertorio della Congregatone dei Battistini di Geuova (1766-1795); Lettere dell’avv. Antonio Sertorio, e lettere a lui dirette (1759-1813) ; Lettere indirizzate al siguor G. Luca Sertorio fu Giuseppe Maria dal 1769 al 1800. — 182 - 5. Lettere Forreri d’ Alassio scritte al sig. D. Pier Antonio Filippi canonico nella basilica di Carignano iu Genova (1696-1722). 6. Miscellanea dell’ avv. G. B. Sertorio ; sue note, giudizi e memorie diverse, cose letterario, spogli di autori, ecc. (manoscritto di pagine numerate 413, con indice). 7. Fascicolo di documenti riguardanti soggetti delle famiglio Sortono, Do l· ilippi, Alessandri, Savoua, Carenzi (comprende alcuni diplomi di lauree rilasciati dai l'iesclii e dagli Spinola iu virtù di concessioni imperiali). 8. Statuto civile di Pornassio (manoscritto). 9. Fascio di carte contenente : Statuto della Compagnia del Suffragio ; manifesti a stampa dell’arcivescovo genovese Giovanni Lercari, di Giuseppe Francesco Maria Della loire vescovo di Albenga, e lettere pastorali ; copialettere dell’ anno 1798 (2° della Rep. Ligure) della Municipalità della Pieve di Teco ; catalogo generalo di tutte le nascite, matrimoni e decessi avvenuti a Pieve di Teco come risultano dai registri parrocchiali dall anno 1564 per le nascite, dal 1591 pei matrimoni e dal 1613 pei decessi; documenti e copie di documenti di materie ecclesiastiche ; Fatto informativo sopra Pornassio (Storia della castellarne di Pornassio) ; Relazione del feudo di Pornassio dal 1274 al 1589, ed altre memorie relative a Pornassio ; lettere private dei secoli XVIII e XIX ; mannaie notarile con atti d’inventario, vendita, testamento, dote relativi ai Giordano ed ai Sertorio (1626-1641); inventario delle scritture appartenenti alla Chiesa collegiata di S. Giam battista di Pieve ; scritture per il feudo di Pornassio ; memorie e notulario di spese scritto di pugno di Teresa Fossati, nonna di Don Lorenzo Sertorio, dal 1843 al 1855, contese fra Caprauna ed Armo (a. 1757) ; consulti per il parroco di Poruassio (Bolgarini, a. 1794); documenti sincroni riguardanti persone di Poruaseio (a. 1463, 1475, 1616, ecc.); Nota dei feudatari della Repubblica a. 1661 (Pornassio, Cosio, Mendatica, Montegrosso); Relazioni sopra Pornassio, Cosio, Mendatica, Montegrosso; Pornassio, possessori dei -1 carati ; carati che spettano a Cosio, Mendatica, Montegrosso, eco. ; Ammirabile spirito di profezia ed opere di carità strepitoso operate da Fra Sempliciano della Pieve di I eco, ecc. 10. Mandamento di Pieve : Memorie raccolte da Luigi G. B. Fresia q. Ascanio, nominato * protocollista con verbale dei 21 agosto 1802. Conliene, iu manoscritto a parte, un som mario di notizie sulla valle d’Aroscia e sulla città di Pieve di ^eco. 11. Lavori dell’ avv. Francesco Sertorio fu Giovanni Maria (zio di Don Lorenzo Sertorio) morto a Roma il 1° marzo 1878: Commenti su alcuni libri della Divina scrittura (5 quinterni) ; Annotazioni di fisica (2 quinterni); Eloquenza latina (l quint.); Traduzione di Telemaco (2 qnint.). 12. Traccio di lettore scritte dal Sig. G. M. Sertorio per il Sig. Giacomo suo figlio d’ anni 20, col relativo sviluppo di esso Sig. Giacomo (a. 1838). 13. Quadernetto di poesie (sonetti). 14. Due quaderni di alberi genealogici, uno dei Benso e l’altro dei Borelli. ì*h=i - 183 - Soci Onorari e Corrispondenti —— I soci defunti sovra ricordati appartennero tutti, tranne il Boscassi, alla categoria dei soci effettivi, per quanto alcuni di essi, in riconoscimento delle benemerenze da loro acquistate negli studj oltreché per i benefìzii recati al Sodalizio, fossero stati da ultimo elevati a soci onorari ovvero corrispondenti. Ho messo il Boscassi in compagnia dei soci effettivi, perchè egli, al pari ed anzi in più larga misura di molti di costoro, mantenne per lungo tempo fruttifere relazioni colla Società, tanto da farlo considerare come uno dei congiunti della famiglia sociale. Mi tocca ora far ricordo ai quei soci ai quali il nostro Istituto concesse il titolo di onorario o di corrispondente principalmente in omaggio alla fama da loro conseguita nelle discipline storiche, ovvero in attestazione dell’ importanza o dell’ utilità di taluni loro scritti riguardanti la storia genovese, ovvero in premio di qualche servizio da loro reso uria volta tanto allo stesso Sodalizio, senza che avessero con questo speciali attinenze: soci residenti tutti fuori di Genova ed uniti con altri Istituti ben più strettamente che con noi. Ma il ricordo di costoro sarà da me contenuto entro brevi limiti, poiché essi furono già commemorati nelle sedi alle quali erano più particolarmente congiunti, e molti, per la notorietà del nome come per l’importanza del-1’ opera, trovarono larga menzione, oltreché in Atti e rendiconti accademici, anche in riviste ed in giornali. Avrò cura però di citare, per ciascuno di loro, le necrologie o le commemorazioni o le biografie alle quali hanno dato argomento; talché i lettori desiderosi di averne maggiore e più particolareggiata notizia, sapranno dove trovarla. RICCARDO PREDELLI m. 1° marzo 1909. Nacque a Rovereto il 19 maggio 1842 e morì a Venezia: dove fu impiegato nell’Archivio di Stato per 42 anni, professore della Scuola di paleografia ed archivistica in esso Archivio, socio effettivo della R. Deputazione Veneta di Storia Pai ria dal 25 aprile 1876, membro della Commissione direttrice del Nuovo Archivio Veneto dall’ aprile 1897, socio corrispondente del R. Istituto Veneto di scienze lettere ed arti, residente delFAteneo Veneto, ecc., non che consigliere comunale. Lasciò molti scritti, ma Γ opera principale cui è raccomandata la sua fama è quella dal titolo : I libri commemoriali della Repubblica di Venezia, L — 184 - Regesti, in sette volumi pubblicati nella raccolta in 4° della R. Deputazione suddetta dal 1866 al 1907, di complessive pagine 2590 con 8744 regesti. Dell’ ottavo ed ultimo volume Γ autore aveva già approntato molto materiale manoscritto. Fra le altre sue opere sono meritevoli di ricordo : Liber Plegforum, Statuti maritami e Statuti civili della Repubblica di Venezia, Prestiti pubblici, Reliquie dell’ Archivio dell’ Ordine Teutonico, Memorie e carte di Alessandro Vittoria, ecc. Dal 30 dicembre 1900 era socio corrispondente del nostro Sodalizio. Per maggiori notizie vedansi : 1. Necrologìa del P., in Nuovo Archivio Veneto, Nuova serie, tomo XVII, parte I (a. 1909), pp. 298-306, cui segue 1’ elenco cronologico delle pubblicazioni del defunto. 2. Giuseppe Dalla Santa, Riccardo Predetti, necrologia in L'Ateneo Vendo, anno XXXII, voi. I., 1909, pp. 275-278. 3. In memoria del cav. Riccardo Predelli, primo archivista, insegnante di paleografia nell’ Archivio di Stalo di Venezia, 1° marzo MCXIX; Venezia, Tip. Emiliana, 1910, 8°. pp. 96 (con ritratto). DOMENICO CARUTTI DI CANTOGNO m 4 agosto 1909. Diplomatico, uomo politico e scrittore di storie, il Carutti, nato a Cu· miana nel circondario di Pinerolo il 26 novembre 1821 ^esercitò variamente e largamente la sua attività ed acquistò diffusa e meritata rinomanza in Italia e fuori. Nella diplomazia piemontese e italiana, dopo essere stato parecchi anni impiegato e poi Segretario generale del Ministero degli esteri, fu ministro residente e quindi inviato straordinario in Olanda dal 1862 al 1869; nel qual ultimo anno passò al Consiglio di Stato. Nelle assemblee politiche tenne il mandato di deputato di Avigliana dal marzo 1860 al gennaio 1861 (7a legislatura), di Aosta dall’aprile 1861 al 2 marzo 1862 (8a legisl.), di Verrés dal novembre 1870 al novembre 1874 (11* legislatura) e dal dicembre 1874 al novembre 1876 (12a legisl.), e fu senatore dal 26 gennaio 1889. Nel campo degli studj storici si occupò principalmente di Casa Savoia dalle origini fino ai nostri tempi, con una lunga serie di celebrate pubblicazioni tra le quali primeggiano la Storia della diplomazia della Corte di Savoia in quattro volumi, lavoro « che costituisce » — a detta del Cipolla — « il frutto più maturato e forse anche più profìcuo dell’ operosità scientifica del Carutti », e la Storia della Corte di Savoia durante, la Rivoluzione e V Impero in due volumi. Delle opere non attinenti esclusivamente ai principi Sabaudi, è assai ragguardevole la Storia della città di Pinerolo. Nella persona t — 185 — I del Carutti si riunirono molti elevati uffici accademici ed abbondarono le onorificenze : fra i primi ricordo quelli di bibliotecario di S. M. il re d'Italia, di presidente della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, di membro delle R. Accademie di Torino, dei Lincei e dell’istituto Storico Italiano; fra le seconde quelle di Gran Cordone dell’ Ordine del Leone neerlandese e dell’ Ordine di Isabella la Cattolica di Spagna, oltre alcune delle più alte insegne cavalleresche italiane ed il titolo di barone conferitogli nel 1879 dal re Umberto. La nostra Società lo proclamò suo socio onorario il 2 maggio 1896. Mori a Cumiana. Parecchie boiio le biografie e le necrologie del Carutti ; cito qui le più accessibili : 1. F. Manfroni, Domenico Carulh, Firenze, Barbera, 1905 (biogr. pubblicata quattr’anni prima della morto del Carutti). 2. Piero De Donato Giannini, Domenico Carutti, 1821-1909, Napoli, Casella, 1910. 3. Lodovico Laderchi, Sulla vita e sulle opere di Domenico Carutti, in Rivista d’Italia, ottobre, Roma 1910. 4. Arluro Segre, Domenico Carutti di Cantogno, in Miscellanea di stona italiana, terza serie, tomo XVI, Torino MCMXIII, pp. 249-256 (dalla quale biogr. ho preso 1’ indicazione delle tre precedenti). 5. C. Cipolla, Domenico Carutti, in Bulleltino dell' Istituto storico italiano, n. 31, Roma, 1910, pp. 103-107. Una bibliografia degli scritti del barone Domenico Carutti di Cantogno fino al 1884 trovasi in L'Opera cinquantenaria della R. Deputazione di Storia Patria di Torino, per Antonio Manno, Torino, Fratelli Bocca, MDCCCLXXXIV, pp. 221-224 ; essa comprende 58 numeri. V GIOVANNI BATTISTA MONTICOLO m. 31 ottobre 1909. Compiuti gli studj secondari classici a Venezia, dov’ era nato il 15 dicembre 1852, fece i corsi universitari a Pisa come alunno interno di quella Scuola normale superiore, e, conseguita ivi la laurea in lettere, insegnò dal 1874 al 1892 latino e greco successivamente nei Licei di Napoli (Umberto I), Arezzo, Potenza e Pistoia, e poi storia nel Liceo Galileo di Firenze e nel Liceo Ennio Quirino Visconti di Roma. Nel 1892, vincitore del concorso alla cattedra di storia moderna nell’ Università di Bologna, fu, prima che si recasse colà, chiamato per voto della Facoltà di lettere di Roma alla stessa cattedra presso essa Facoltà, e vi rimase fino alla morte. Appartenne alla R. Deputazione Veneta di Storia Patria, al R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, alla Commissione senese di Storia Patria, alla R. Commissione per la pubblicazione dei documenti finanziari della Repubblica di Venezia, ecc. Venne nominato socio corrispondente della nostra Società il 30 dicembre 1900. Morì a Roma dopo brevissima malattia. 11 Monti-colo si applicò principalmente alla riproduzione ed alla illustrazione critica di antichi testi, nel qual campo le sue pubblicazioni più importanti sono : Cronache veneziane antichissime, I capitolari delle arti veneziane, e Le vite dei dogi di Maria Sanudo, le prime due edite nella raccolta dell-Istituto Storico Italiano (Fonti per la storia d’Italia), e la terza nella nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores. Ditì'nse notizie di lui e della sua attività scientifica e didattica sono date da 1. Camillo Manfroni, Giovanni Ballista Monticelo, in Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, tomo LX1X, pj>. 29-36 (commemorazione latta nell adunanza di esso Istituto dol 21 novembre 1909). 2. Vittorio Lazzarini, G. B. Monticolo, in Nuovo Archivio Veneto, nuova serie, tomo XVIII, parte II, 1909, pp. 354-364 (con l’elenco degli scritti del Monticolo). 3. Enrico Carusi, Cenni necrologici e biografici del prof. Giovanni Battista Monticolo, in L’Ateneo Veneto, anno XXXIII, 1910, voi. I, pp. 259-271 (con gli elenchi delle pubblicazioni originali, in n. 41, e delle recensioni, iu n. 24, dol Monticolo). BARTOLOMEO PODESTÀ m. 30 dicembre 1910. Fu sua patria Sarzana, dove vide la luce il 17 luglio 1829 da Domenico. Podestà e da Anna Lucciardi sorella del cardinale Domenico Lucciardi, e dove trascorse, dopo essersi laureato in legge a Genova, gli anni fino al 1862 in operosa agiatezza, coltivando gli studj storici e artistici, promovendo o aiutando Società volte a scopi morali e civili, non che scuole popolari, e organizzando recite di filodrammatici con intenti precipuamente patriottici. Nel 1862 entrò nella carriera delle Prefetture col grado di consigliere, e fu successivamente nelle sedi di Girgenti, di Bologna, di Imola, in questa come sottoprefetto, e poi nuovamente di Bologna; nella quale ultima, seguendo le sue inclinazioni per le indagini storiche, preparò e scrisse varie monografìe sotto i titoli : Di alcuni documenti inediti risguardanti Pietro Poni* ponazzi, Lettore nello studio bolognese; Intorno alle due statue erette in Bologna a Giulio II, distrutte nei tumulti del 1511 ; Gli orinoli pubblici in Bologna nei secoli XVI e XV; Andrea Alciati lettore nello studio di Bologna (Documenti inediti per servire alla storia del diritto). Le prime tre vennero da lui lette nelle adunanze della R. De- - 187 — putazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna ed inserite negli Atti e Memorie della stessa (a. 1868-1869); la quarta fu pubblicata nello Archivio giuridico. Alla fine del 1872, in un momento di malumore per un trasferimento da lui non desiderato, si dimise dall’ufficio di consigliere di Prefettura; ma nel marzo 1876, per opera del ministro Bonghi cui non erano ignote le ricerche storiche e le attitudini di bibliografo del Podestà, venne nominato bibliotecario nella Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma. Dalla quale, dopo un’aspettativa per motivi di salute dal 15 luglio 1880 al 31 maggio 1882, passò alla Nazionale di Firenze e vi rimase, tranne una breve interruzione nel 1895 in cui tenne la direzione della Mediceo Laurenziana, fino al 1904 come secondo bibliotecario e direttore della sezione dei manoscritti. Nel 1904 fu collocato a riposo per ragioni di anzianità. Oltre le memorie sopraccennate, il Podestà lasciò parecchi altri lavori, il principale dei quali è forse quello su Carlo V a Roma nel 1536 fin Archivio storico della Società Romana di Storia Patria, voi. I, 1877); lavori riguardanti, non soltanto argomenti storici, ma anche cose artistiche, bibliografiche ed amministrative, e fra essi alcuni sono anonimi. Il nostro erudito sarzanese entrò di buonora a far parte di Società di studj, poiché già nel 1846 lo si trova inscritto nell’ elenco dei convenuti all’ Ottava Riunione degli scienziati italiani, tenuta in Genova dal 14 al 29 settembre di esso anno, colla qualifica di membro della Accademia di archeologia e storia di Roma. Al nostro Istituto venne aggregato come socio corrispondente fin dal 17 febbraio 1861. Fu inoltre membro della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna, socio corrispondente della R. Deputazione Toscana di Storia Patria, socio corrispondente della Società Romana di Storia Patria, ecc. Cessò di vivere a Sarzana, dov’ erasi ritirato da due anni. Diede un' affettuosa biografia del Podestà il Prof Francesco Luigi Mannucci, in Giornale storico della Lunigiana, anno secondo, pp. 196-206, coll la bibliografia degli scritti del deiunto. Ved. anche Una poesia di Bartolomeo Podestà nejlo stesso Giornale, voi. Vili, pp. 153-156, per A(chille) N(eri). Un cenno necrologico del Podestà trovasi altresì in Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, anno 19)], febbraio. GIUSEPPE RUGGERO m. 14 novembre 1911. Non fra i soci onorari, al piccolo numero dei quali venne aggregato per voto dell’Assemblea ordinaria soltanto il 28 maggio 1911 pochi mesi prima della sua morte, ma piuttosto tra i soci effettivi nel cui — 188 - novero egli entrò fin dal 22 gennaio 1882, andrebbe ricordato questo illustre uomo, che fu valente numismatico non meno che valoroso ufficiale dell’ esercito italiano. Già nel 1890 Cornelio Desimoni nella sua prefazione al volume XXII, fase. I, dei nostri Atti, contenente le Tavole descrittive delle monete della zecca di Genova dal■ MCXXXIX al MDCCCXIV, mentre rallegravasi della fortuna toccata alla Società per 1' acquisto d’ un socio effettivo come il Ruggero, dava risalto all o-pera pregevole e prevalente da questo prestala nella compilazione di esso volume. Allora il Ruggero era tenente colonnello dei bersaglieri, non che « appassionato collettore e lodato autore di parecchie Anno-fazioni numismatiche»', e dopo la scomparsa di Gaetano Avignone, di Luigi Franchini, di Luigi Gazzo, mancati appunto quando la nostra Società stava per dar mano alla pubblicazione del suddetto volume, veniva considerato come il più esperto ed il più autorevole dei nummografi della Società stessa, in materia di conoscenza tecnica e di classificazione di monete genovesi. Ala le vicende della carriera militare trassero, dopo il 1890, il Ruggero lungi da Genova, e quantunque egli continuasse ad essere ascritto tra i soci effettivi del Sodalizio nostro, pure rimase da allora in poi estraneo ai lavori di esso. Ecco perchè egli comparisce qui fra i soci onorari anziché fra gli effettivi. Il Ruggero, dopo essere stato comandante del nono reggimento bersaglieri, fu collocato a riposo ed ebbe il grado di maggior generale nella Riserva. Fissata la sua residenza a Roma, divenne il principale collaboratore del re Vittorio Emanuele III nella preparazione del Corpus nummorum italicorum, cui dedicò tutta l’attività dei suoi ultimi anni. Non vide però pubblicati se non che i primi due volumi di quest’ opera monumentale, 1’ uno riguardante le monete di Casa Savoia e 1’ altro le monete del Piemonte e della Sardegna oltre le zecche d oltremonti di Casa Savoia ; mentre il terzo volume, dedicato alla sua Liguria e per il quale aveva profuso i tesori più riposti della sua competenza, usci circa un anno dopo la morte di lui. Ai meriti conseguiti negli studj numismatici egli congiunse gli onori guadagnati nelle battaglie del Risorgimento nazionale; fra questi le medaglie d’argento e di bronzo al valore militare, fra quelli le numerose monografie che lo resero membro autorevole nel seno delle Società italiana, belga e svizzera di numismatica. Nato a Sestri Ponente da Gio. Batta Ruggero e da Antonietta Cassinis il 4 ottobre del 1841, mori a Roma il 14 novembre del 1911. Sono da riscontrare: Paolo Boselli, Commemorazione di Giuseppe Ruggero ; iu Miscellanea di slona italiana, tomo XVI, Torino 1913, pp., 241-242. Jjiuseppe Ruggero, Necrologia; Milano, Tip. L. F. Cogliati, 1911, pp. 5 (Estratto dalla Rivista italiana di numismatica). GIORGIO CARO m. 16 gennaio 1912. Questo illustre tedesco viene qui ricordato principalmente come cultore di storia genovese, sulla quale scrisse con sicura conoscenza delle fonti e con larghezza e profondità di vedute; il che gli aveva procurato la nomina di socio corrispondente della Società Ligure di Storia Patria, conferitagli il 22 aprile 1900. Nato il 28 novembre 1867 nella Slesia, egli frequentò le università di Freiburg, Monaco, Berlino e Strasburgo coltivando insieme le scienze storiche e le economiche; e, dedicatosi all’insegnamento, fu per lunghi'anni libero docente di storia all’ Università di Zurigo, nel qual ufficio ed in essa città venne colto immaturamente dalla morte al colmo della sua attività scientifica e professionale. Le sue opere più importanti di storia genovese sono : La costituzione di Genova al tempo del podestà (Dieverfassung Genucis zur zeit des podestats, Inaugural-dissertation zur erlangung der philosophi-schen doctor wiirde an der Kaiser-Wilhelms-Universitclt Strassburg; Strassburg, 1891, pp. 169); e Genova e le potenze del Mediterraneo (Genua und die maclite am mittelmeev 1257-1311, Ein beitrag zur geschichte des XIII Jahrhunderts ; erster band, Halle A. S., Max Niemeyer, 1895, pp. Nili - 414; zweiter band, idem, 1899, pp. XI-471). Quest’ultima è una superba opera in due volumi, per la preparazione della quale l’autore dimorò lungamente nella nostra città facendo minuziose ricerche in archivi ed in biblioteche; di essa lasciò una traduzione italiana, ancora inedita, il nostro consocio Onorio Soardi, come già dissi nella costui necrologia (1). Ma un campo più vasto d’indagini e di tutt’ altra (1) Altri scritti del Caro sulla storia di Genova e d’Italia, molto minori dei due sopra indicati, sono i seguenti : 1. Eine appellahon Albenga’ s an den Kaiser von 1226 ; in Neues Archiv der Gesellscfiafl fiìr altere deutsche Geschichtskunde, XX, pp. 654-656. 2. Em unlergeschobener Schieds spruch von 1231. Beitrag zur kritik der Annales Januen-ses ; in Neues Archiv etc., XXII, pp. 419-441. 3. 7.ur kiitik der Annales Januensen II, Die doppelt redachon des Berichts iiber die ge-nuesische expedition nach Corsica im Jahrc 1289;\n Neues Archiv eie., XX Vi, 1900, p. 73. 4. Amtsacten des Kaiserhchen Podestà von Savona arìs dem Jahre 1250 ; in Neues Ar- chiv eie., pp. 228-238. 5. Em Basler Kaufmann in Gennari216 ; in Anzeiger fiìr Schweizerischc Geschichte, 1903, n. 4. 6. Kleine Mitteilungen zur Signorie Heinnchs VII in Genua : in Hislonsche vierteljahr- schrifl, Leipzig, pp. 226 - 231. natura di quello offertogli dalla storia genovese, il Caro trovò nella storia economico-polìtica dei popoli ebreo e tedesco. Sul primo di questi egli scrisse La storia sociale ed economica degli Ebrei nell’evo medio e moderno (Soziaizurd wirtschaftsgeschichte der Iuden em Mittelater und der Neugeit), lavoro pubblicato dalla Società per il progresso della scienza dell’ ebraismo e rimasto pur troppo interrotto per la morte dell’ autore ; sul secondo stava componendo La stona economica e costituzionale della Germania fin dai primi tempi del medio evo (Deutsche wirtschdfts = und verfassungsgeschich te sert dem fruchen miitel alter), della quale diede alla luce due importanti contributi, 1’ ultimo edito a Leipzig nel 1911.11 grandioso disegno col quale il Caro aveva concepito cotesta storia, e la vastità delle ricerche non che il ricco materiale di documenti con cui l’andava effettuando, ne avrebbero fatto senza dubbio - a quanto scrive un biografo di lui - il suo capolavoro, se la morte non ne avesse impedito il compimento, troncando innanzi tempo una vita cosi laboriosa. Ved. Georg Caro, 28 Nov. 1867 - 16 Jan. 1912, Ein Gedenkblatt, Ale manuskript gedrukkt. Opuscoletto di 12 pagine contenente discorsi e articoli di giornale di Arnold Meyer, Ge-rold Meyer von Knonan, Karl Meyer, Alfred Stern. GIACOMO DORIA m. 19 settembre 1913. La nostra Società ha già commemorato questo illustre naturalista, eh’ era socio onorario di essa dal 5 febbraio 1897, per bocca del vice-presidente prof. Arturo Issel nella Assemblea generale ordinaria del 15 febbraio 1914; e la commemorazione fu pubblicata nel voi. XLV degli Atti. Aggiungerò qui Γ indicazione di alcune altre necrologie e biografìe del compianto patrizio genovese, nato alla Spezia il 1° novembre 1840 e morto nella sua villa di Borzoli, per coloro che deside- 7. Etne episode aus der Geschichte des zweiten Lombardenbundes ; in Mittheilungen de ? Inshlu/s fiìr osterreichische Geschichtsforschung, Band XVII, 8. Zurn zweiten Kreuzzug Ludwigs IX von Frankeich ; in Historische vierle/jahrschrifl, Leipzig, pp. 238-244. 9. Zur Geschichte der grundherrs-chafl in Oberitaiien ; in Abdruck aus den Jahrbiichern fiìr Nalionaio - l.onomie und slatistik, 1908, pp. 289-313. - 191 — rassero più estese e particolareggiate notizie intorno alla vita ed all’ opera di lui. 1. Grasso Giacomo o Issel Arturo, Commemorazione del senatore Giacomo Dona, te- nuta al Consiglio comunale di Genova la sera del 25 novembre 1913 (Municipio di Genova); Genova, tip. Fratelli Pagano, 1914, 4°, pp. 27. 2. Commemorazione del march. Giacomo Dona tenuta nell’ adunanza del Consiglio direttivo delta Reale Società Geografica dei 30 novembre 1913*; Discorsi del presidente R. Cappelli, del prof. Decio Vinciguerra, del prof. E. Millosevich, dell’ ing. Pippo Vinoni, dei cap. Carlo Citerni, del comm. G. Pestalozza (R. Console generale), in Bollettino della Reale Società Geografica, serie V, voi. Ili, 1914, pp. 3-27 (Estratto di pp. 27 con due ritratti). ■1. Grassi Battista, Commemorazione del march. Giacomo Doria, Roma, tip. R. Accademia dei Lincei, 1914, 8°, pp. 9 (Estratto dai Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, scienze fisiche . 4. Cavanna Guelfo, Giacomo Dona; Cenni biografici; Firenze, tip. M. Ricci, 1914, 8°, pp. 6 (Estr. dal Bollettino della Società entomologica italiana). 5. Giacomo D’ Oria ; in Giornale storico della Lumgiana, anno sesto, pp. 59-63. ti. Luigi Filippo de Magistris, Giacomo Doria ; in Calendario atlante De Agostini, anno XIV, 3 917. pp. V-XX. GIROLAMO ROSSI m. 6 marzo 1914. Socio corrispondente della Società Ligure di Storia Patria dal 20 febbraio 1859 e quindi onorario dal 26 aprile 1908, Girolamo Rossi, nato a Ventimiglia il 4 novembre 1831, fu, tra gli storiografi della Liguria, uno di coloro che parteciparono più attivamente ai lavori e collaboraro no agli Atti di essa Società, nei volumi dei quali egli inserì gli scritti seguenti: Gli Statuti della Liguria, in voi. XIV. pp. 1-232, e Appendice, pp. 1-91 ; Il rito ambrosiano nelle chiese sujfraganee della Liguria. in voi. XIX, pp. 521-54(>; I Liguri Intemelii, in voi. XXXIX. pp. 1-170; Patrania, la via strata e V antica abazia omonime, in voi. XXXIX, pp. 857-878. Meriterebbe pertanto di essere ricordato in queste pagine con larghezza di notizie, adeguata all’ opera estesa e feconda eh’ egli dedicò per sessant’anni alla storia della nostra regione con una numerosa serie di monografìe riguardanti tutti i tempi e tutte le manifestazioni e le applicazioni di essa storia. Ma di lui, che fu per molti anni membro della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, scrisse con conoscenza pari all’ autorità Paolo Boselli, presidente della stessa Deputazione ; e nello scritto del Boselli ognuno potrà trovare quanto basta per avere un’ esatta cognizione della vita e della attività storica di G. Rossi. \ Ved. Commemorazione di Girolamo Rossi Iella all' adunanza generale della R. Deputazione il 30 maggio 1914 dal Presidente Paolo Boselli ; in Miscellanea di stona italiana, terza serie, tomo XVII, Torino, 1915, pp. 1-30 (con ritratto o bibliografia). Una bibliografia degli scritti di G. Rossi fino al 1884 trovasi anello in L’opera Cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino, di Antonio Manno ; Torino, Fratelli Bocca, MDCCCLXXXIV pp. 365-36" (Vi sono elencato 53 opere del Rossi). VITTORIO POGGI m. 31 (iicembre 1914. Molto vorrei dire di A^ittorio Poggi, e molto meriterebbe che si dicesse dì lui e dell’ azione sua questo illustre savonese, che tu tra i maggiori e più autorevoli cultori di storia in Liguria nello scorcio del secolo XIX e nei primi anni del secolo XX. Ma nell’attesa, riuscita vana finora, che altre Società storiche, nelle quali egli occupava un posto effettivo e predominante e non semplicemente nominale ed onorifico come nella nostra, 1’ avrebbero largamente commemorato, io mi astenni dal raccogliere il materiale occorrente per iscrivere degnamente di lui. Cosicché mi convien ora restringere in brevi note il ricordo della vita e dell’ opera sua. Nato nel 1833 a Torino di famiglia d’Albisola, egli studiò nel Collegio degli Scolopi in Savona, condiscepolo di Anton Giulio Barrili, Giuseppe Saredo, Pietro Sbarbaro, Paolo Boselli e di altri valenti saliti più tardi, come lui, agli onori della celebrità; segui il corso di giurisprudenza nell’l/niversità di Genova e fece in pari tempo pratica di avvocatura presso il noto patriotta avv. Giuseppe Carcassi. Questi aveva verso la fine del 1858 fondato in Genova II S. Giorgio, giornale quotidiano d’interessi economici, che divenne organo spiccatamente politico ed assunse, col programma del partito d’ azione, il nuovo titolo La Nazione non appena il Governo decise la guerra contro l’Austria. Il Poggi ne fu redattore attivo e fervoroso fino a che, nel maggio del 1859, il periodico cessò, perchè tanto egli quanto gli altri collaboratori corsero alla guerra. Arruolatosi nel Corpo dei Cacciatori della Magra, il Poggi ne seguì le sorti, e quando, 1’ 11 agosto 1859, i due reggimenti costituenti lo stesso Corpo si trasformarono nella brigata Modena, dove presero poi i numeri 41° e 42°, egli era già sottotenente nel primo di essi. Passato così nell’ esercito regolare, vi rimase fino al 1890 raggiungendovi il grado di tenente colonnello, col quale venne inscritto nella Riserva. Mentre ancora appar- — 193 — teneva alla milizia, egli, nutrito di sodi studj classici e fornito di spiccate attitudini alle ricerche storiche, erasi occupato, con competenza pari alla passione che lo moveva, di archeologia e specialmente di epigrafìa etrusca e latina. Egli aveva già dimostrata la sua dottrina, oltre che in pubblicazioni speciali, anche in pregevoli monografìe ed articoli comparsi nel Giornale Ligustico. Dopo il suo ritiro dall’ esercito, stabilitosi definitivamente in Savona, eh’ egli stimò sempre sua patria, potè darsi intieramente alle sue predilette applicazioni di storia, occupandosi cosi di archeologia come di araldica, di preistoria come di storia medievale, di belle arti come di agiografia, sfragistica, numismatica, ecc. Sarebbe fuor di luogo, considerata la impellente brevità di questi cenni, riferire qui 1’ elenco dei suoi scritti; ma chi ne avesse desiderio potrà trovarlo e seguirlo negli Annuari della R. Università di Genova, della quale egli faceva parte come dottore aggregato alla Facoltà di filosofìa e lettere, per gli anni scolastici 1892-93 (pp. 148-149), 1893-94 e seguenti lino al 1911-12, recanti un centinaio all’incirca, fra libri opuscoli ed articoli di giornali, di pubblicazioni di lui. La sua multiforme ed apprezzata opera di storico gli procurò uffici importanti e lusinghiere onorificenze, non che l’ascrizione a riputati Istituti scientifici. Fu infatti prefetto della Biblioteca e dell’ Archivio civico di Savona, R. Commissario per le Antichità e belle arti della Liguria e poi membro della R. Commissione conservatrice dei monumenti per la provincia di Genova, oltre che R. Ispettore pei monumenti e scavi del circondario di Savona, membro altresì della Commissione araldica ligure, della Commissione direttiva della Galleria Brignole Sale De Ferrari nel palazzo Bianco di Genova, ecc. ; appartenne inoltre alla R. Deputazione di storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia come membro effettivo dal 19 maggio 1892 e come vicepresidente dal 27 aprile 1909, alla R. Accademia delle scienze di Torino quale socio corrispondente, alla Società storica savonese, della quale tenne la vicepresidenza, all’ Imperiale Istituto archeologico germanico, all’ Accademia Ligustica di belle arti, e ad alcune altre istituzioni. Egli era socio corrispondente dal 30 marzo 1884 della nostra Società, nei cui Atti pubblicò : La gemma di Eutiche, in voi. XIII, pp. 5-53 ; Di un tegolo sepolcrale dell'epoca longobarda, in voi. XVI, pp. 545-579; Il Santuario della pace in Albisola Superiore, in voi. XXV, pp. 163-214. Cessò di vivere in Savona. Brevi necrologie di lui si trovano iu : 1. Lelimbro, Savoua 2 gennaio 1915, art. di Filippo Noberasco. 2. Cittadino, Savona 4 gennaio 1915, art. di G. B. a. Il Dovere - Corriere Ligure, del 4 gennaio 1915, art. di Bernardo Mattiauda, con una bibliografia incompleta degli scritti del Poggi. 4. Rivista Storica Italiana, anno XXXII, 4a S., voi. VII, Torino 1915, p. 388. 13 - 194 - ALFREDO D’ANDRADE m. 30 novembre 1915. La commemorazione di questo artista, celebrato restauratore di antichi monumenti, venne fatta dal prof. A. Issel nell’ Assemblea generale ordinaria della nostra Società il 26 dicembre 1915, e pubblicata nel voi. XLVI, fase. 1, degli Atti (pp. CCXXXVUII - CCXLVIII). Il D Andrade, portoghese d’ origine, nato a Lisbona il 26 agosto 1839 e morto a Genova nella sua abitazione di via Peschiera, era stato acclamato socio onorario della Società Ligure di Storia Patria nell Assemblea del 30 maggio 1909 in occasione delle onoranze tributategli nel castello di Fenis per il suo cinquantenàrio artistico; alle quali il nostio Sodalizio aveva voluto associarsi, con essa acclamazione, per « omaggio di gratitudine » — così gli telegrafava il presidente Cesare Impellale « verso chi aveva amorosamente conservato alla regione ligure i classici monumenti della sua gloria ». Oltre la commemorazione su citata, possono vedersi queste necrologie : 1. Luigi Angelini, Alfredo d’Andrade ; in Empormm, Rivista mensile illustrata d arte let teratura scienze e varietà, voi. XLIII, Bergamo, pp. 79-80. 2. Alfredo D’ Andrade ; in Cronaca delle Belle Arti, Supplemento al Bollettino d Arte, anno II, pp. 85 e sgg., con ritratto (di anonimo). UGO BALZANI m. 27 febbraio 1916. Autore facile ed elegante di opere divulgatrici di cultura stonca, come quella sopra Le cronache italiane nel Medio Evo, ed in pari tempo paziente preparatore di edizioni e commentatore di antichi testi come quello del Chronicon Farfense da lui pubblicato nella raccolta di Fonti per la storia d’Italia, Ugo Balzani, nato a Roma da patiizia famiglia bolognese il 6 novembre 1847 e morto ivi. lasciò traccia duratura della sua attività presso la Società Romana di Storia Patria, della quale fu per molti anni presidente, presso Γ Istituto storico italiano alla cui Giunta esecutiva appartenne lungamente, e presso 1 Accademia dei Lincei che lo comprese tra i suoi soci nazionali. Egli trovavasi ascritto al nostro Sodalizio dal 17 aprile 1898. Abbondanti notizie di lui e della sua produzione scientifica si hanno in 1. Ballettino dell’ Istituto storico italiano, n. 37, Roma 1916. pp. 573-575. 2. Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, slonche e fi- lologiche, serie quinta, voi. XXV, lioma 1916, pp. 168-180 (Commemorazione del conte Ugo Balzani fatta da Oreste Tommasini nella seduta del 19 marzo 1916). — 195 - é CARLO CIPOLLA m. 23 novembre 1916. Di questo che fu tra i maggiori cultori di storia che abbia data l’Italia odierna, lavoratore formidabile nel campo degli studj come scrittore, come insegnante, come raccoglitore ed illustratore di documenti, come relatore di una moltitudine di concorsi; di questo insigne maestro di storia medievale, nato il 26 settembre 1854 a Verona e morto nella villa di sua famiglia a Tregnago presso Verona, e che la nostra Società annoverò tra i suoi soci corrispondenti dal 5 febbraio 1897, si trova ampia notizia nelle seguenti memorie : ί. Biadego Giuseppe, Carlo Cipolla, Commemorazione Iella il 24 dicembre 1916 nella saia del Consiglio provinciale; Verona, tip. i'ranchini 1917, 8,° pp. 20(Estr. dagli Atti dell’ Accademia d’ agricoltura, ecien&e e lettere). 2. Parole pronunciale dai socio corrispondente Molmenti per onorare la memoria del compianto prof. Carlo Cipolla ; iu Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, sloriche e filologiche, Serie quinta, voi. XXV, pp. 1274-1275. 3. Vittorio Lazzarini, Carlo Cipolla ; Giuseppe Biadego, Bibliografia di Carlo Cipolla .J in Nuovo Archivio Veneto, nuova serie, anno XVII, tomo XXXIV, Venezia MCMXVII, pp. 99-103 (biografia), 104-163 (bibliografia contenente 575 pubblicazioni). 4 G. Buzzi, Cario Cipolla; in Bulleihno dell’ Istituto Storico italiano, n. 38, Roma 1918. pp. 51-53. 5. Paolo Boselli, Commemorazione di Carlo Cipolla ; in Miscellanea di storia italiana, terza serie, tomo XVIII, Torino MCMXYIII, pp. LIX-LXI. 6. Flaminio Pellegrini, Necrologia di Carlo Cipolla ; in Archivio slonco italiano, anno LXXVI, voi. II, disp. 3n-4a del 1918, pp. 280-285. GUIDO CORA m. 10 ottobre 1917. Operoso e appassionato cultore delle discipline geografiche e storico-geografiche, diligente cartografo, largo sovventore per Γ incremento degli studj da lui prediletti, Guido Cora, nato il 20 dicembre 1851 a Torino e morto a Costigliele d’Asti, appartenne al nostro Istituto come socio corrispondente dal 30 marzo 1884. Egli volle rendersi anche dopo morto benemerito degli studj legando allo Stato, per uso della Biblioteca nazionale di Torino, la sua libreria scientifica, le collezioni cartografiche ed etnografiche, manoscritti, fotografie, disegni e medaglie di sua proprietà, nonché una cartella della rendita annua di lire tremila da impiegare per Γ accrescimento e la conservazione delle raccolte legate (ved. Decreto Luogotenenziale del 19 maggio 1918, n, 766); / - 196 - % e legando inoltre alla R. Università di Torino due cartelle di rendita di lire 500 ^ciascuna per la fondazione di due borse di studio annuali a beneficio di studenti poveri delle Facoltà di lettere e di scienze di essa Università (ved. D. L. 13 ottobre 1918, n. 1737). Cfr. E. Millosevich, Necrologia iti Guido Cora ; in tìollellino della Reale Società geografica italiana, serio V, voi. VI, pp. 844-815. PASQUALE VILLARI m. 7 dicembre 1917. Sarebbe qui un fuor d’ opera tessere anche succintamente la biografia di quest’ uomo, che fu da molti considerato come il rappresentante più illustre degli studj storico-critici nella nuova Italia, e che nel corso della sua lunghissima e laboriosissima esistenza (nacque a Napoli il 3 ottobre 1827) lasciò orme incancellabili della sua attività cosi nel campo delle discipline storiche come in quello delle materie filosofiche, educative, economico-sociali, letterarie ed artistiche; così nel-1’ ambito della cultura e dell’ insegnamento, come nell’ agone politico. Egli appartenne ad una moltitudine di accademie e di Società, in parecchie delle quali fu largamente commemorato; nella nostra ebbe il titolo di socio onorario, conferitogli il 2 maggio 1896. Basterà che qui rechi 1’ elenco delle biografie, necrologie e commemorazioni del defunto; elenco il quale, mentre fornisce le indicazioni per conoscere 1’ opera di lui in tutte le sue forme e sotto tutti gli aspetti, è la più eloquente prova della molto cospicua e preminente importanza eh’ egli aveva acquistata nella pubblica considerazione. 1. Barbagallo, L’ opera del prof, \illan quale filosofo e leorico della storia e quale storiografo ; Catania, 1901. 2. Francesco Baldasseroni, Pasquale Villari, Profilo biografico e bibliografia degli scritti: A cura del Comitato per le onoranze a P. Villari, III novembre MCMVII; Firenze 1907, Tip. Galileiana, pp. 97 (La bibliografia comprende 407 scritti, fino al 1907). 3. Comitato per le onoranze a Pasquale Villari, Resoconto della sottoscrizione per il premio Villari ; Firenze, Tip. Galileiana, 1908, pp. 39. 4. Ermenegildo Pistelli, Pasquale Vi Ila ri, profilo; in L’Italia e la civiltà, pagine scelte di Pasquale Villari, Milano, Hoepli, 1916. 5. Antonio Panella, Pasquale V/ilari storico ; in 11 Marzocco, a. XXII, u. 50, 16 dicem- bre 1917. 6. Piero Barbera, Il Villari e la « Dante »; in II Marzocco, a. XXII, n. 50, 16 dicembre 1917. i. Costanzo Rinaudo, Pasquale Villari ; in Rivista storica italiana, fase, gennaio-marzo 1918, pp. 1-8. — 197 — 8. Gaetano Salvemini, Pasquale Villari; in Nuova Rivista Storica, anno II, fase. II, marzo-aprile 1918. 9. Melli Giuseppe, Commemorazione di Pasquale Villari letta il 16 giugno 1918 ; Firenze, lip. Galletti e Cocci, 1918, 8," pp. 37 (Pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze). 10. Giuseppe Spano, L’opera di Pasquale Villari nel Consiglio per gli Archivi del Regno ; in Gli Archivi italiani, rivista trimestrale, anno V, 1918, fase. I, pp. 3-9. 11. Francesco Torraca, Cenno commemorativo di Pasquale Villari ; in Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’ Accademia di archeologia, lettere e belle arti, Napoli, Nuova serie, anno XXXI, Gennaio a Dicembre 1917, pp. 43-47. 12. F. D’Ovidio e I. Del Lungo, Commemorazione di Pasquale Villan ; in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, Serie quinta, voi. XXVI, fase. 11°-12°, Roma, aprile 1918, pp. 784-789. 13. P. Fedele, Pasquale Villari ; in BuUetlino dell’ Istituto storico italiano n.° 38, Roma, 1918, pp. 57-58. 14. Giovanni Sforza, Commemorazione di Pasquale Villan ; Estr. (lugli Alti della Reale Accademia delle scienze di Tonno, voi. 53, 1917-18; pp. 224. Questa poderosa ed esauriente comniemonizioDe è divisa in dodici capitoli ordinatamente intitolati : Il Villari studente a Napoli, il V. esule a Firenze, il V. o gli studj sul Savonarola, il V. insegnante, il V. storico, il V. filosofo, il V. scrittore di cose d’ arte, il V. letterato, il V. pedagogista, il V. uomo politico, il V. e la questione di Napoli, il V. e le altre questioni sociali. 15. Pio Carlo Falletti, La personalità storico-morale di Pasquale Villari ; in Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna, Serio IV, voi. IX, Bologna 1919, pp. 73-98. 16. Antonio Panella, Pasquale Vdiari, Discorso commemorativo letto il 22 dicembre 1918 nella Sala di Luca Giordano in Firenze ; in Archivio Storico Italiano, anno LXXVI, voi. Il, disp. 31-4a del 1918, Firenze R. Deputazione di Storia Patria, pp. 7-34. con noto pp. 35-36, e con una bibliografia degli scritti del Villari pp. 37-83 (numeri 478). LUIGI KOLLY m. 28 dicembre 1917. Direttore del Museo civico di antichità di Teodosia, questo egregio russo concesse un prezioso concorso alla nostra Società per la preparazione della Mostra storica delle Colonie genovesi in Oriente, ordinata, a cura della stessa Società e precipuamente per merito del presidente march. Cesare Imperiale, 1’ anno 1914 in Genova. Del quale concorso io dissi con qualche larghezza nella mia Relazione pubblicata nel voi. 46,° fase. 1,° degli Atti ; recai poi nel Catalogo di detta Mostra, che fa parte di essa Relazione, Γ elenco di tutto il materiale fornito dal Ivolly per la illustrazione delle memorie genovesi di Caffa (Teodosia) e Soldaia (Sudak). Nell’elenco mancano però, a cagione di un’inconcepibile dimen- — 198 — ticanza olla quale colgo qui Γ occasione per ovviare in quanto è possibile, otto piccoli quadri ad olio, lavoro del pittore K. A. Bogajewscky, che il Kolly tolse provvisoriamente dal Museo di Teodosia per esporli alla nostra Mostra. Essi rappresentano dal vero le grandiose rovine delle antiche fortificazioni genovesi di Soldaia, quali si vedevano ancora alcuni anni fa. È da augurare che la guerra civile, che non ha ancora cessato d’imperversare in quei lidi, abbia preservato e preservi dall’ultima rovina quei maestosi ricordi della dominazione genovese in Crimea. Purtroppo, come, in una breve sosta dell’ uragano guerresco, scriveva alla Società 1’ attuale conservatore del suddetto Museo, avv. Beniamino Neiman o Geiman, il bombardamento di Teodosia danneggiò seriamente una parete della torre genovese di S. Costantino posta all’entrata della città. Ai premurosi uffici del Kolly in favore della Mostra stoma coloniale, la Società corrispose nominandolo suo socio onorario nell Assemblea del 15 febbraio 1914. ATorrei poter dare di lui qualche notizia riguardante la sua opera di storico e di archeologo, ma è già molto se nelle attuali circostanze la Società ha potuto essere informata della sua morte, che ci venne partecipata dal predetto avvocato Neiman. Il quale accenna molto brevemente all’opera stessa ricordando che gli scritti del Kolly, il principale dei quali reca il suggestivo titolo « Gli ultimi giorni di Caffa », vennero pubblicati negli Atti della Commissione dell’ Archivio di Tauride, e sono compilati in gran parte con materiale ricavato dagli storici genovesi. Il Kolly, già consigliere di Stato sotto il governo dello czar, mori e fu sepolto in Teodosia. ANTONIO MANNO m. 12 marzo 1918. Anima della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, della quale fu segretario autorevole e predominante per oltre quaranf anni, Antonio Manno merita di prender posto tra i più fecondi e infaticati scrittori, raccoglitori di notizie e bibliografi, che abbia prodotto la recente Italia nel campo delle discipline storiche. E non soltanto scrisse e raccolse, ma consigliò, incitò, aiutò altri a scrivere ed a raccogliere memorie storiche ; promosse inoltre, nella predetta sua qualità di segretario, vaste e preziose pubblicazioni continuative, la cui utilità, che è ora largamente usufruita, sarà maggiormente riconosciuta dalle fulure generazioni. Nacque in Torino il 25 maggio 1834 dal barone Giuseppe Manno, letterato di va* -i 199 - lore e celebrato storico della Sardegna, patria sua e dei suoi maggiori ; ed iniziò la propria carriera di cultore e di scrittore di storie sotto gli auspicj di Federico Sclopis e di Ercole Ricotti. Ideò e compilò alcune delle grandi opere cui diede il suo nome, in collaborazione con Vincenzo Promis, Ermanno Ferrerò e Pietro Vayra; quantunque di taluna di esse, come la Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia da lui incominciata insieme col Promis, sia rimasto ben presto Γ unico compilatore. Tenne uffici delicati e importanti, e meritò dignità e gradi elevati : fu commissario del Re presso la Consulta araldica (e ' delle materie araldiche divenne in Italia principalissimo ordinatore ed illustratore), membro della R. Accademia delle scienze di Torino, membro del Consiglio degli Archivi e dell’istituto storico italiano, bibliotecario del Re in Torino, dottore honoris causa dell’ Università di Tubinga, ecc.; ed ebbe, come il padre, seggio in Senato, con nomina del 26 gennaio 1910. Alla nostra Società appartenne, prima come socio corrispondente dal 5 agosto 1877, e poi come socio onorario dal 19 giugno 1910. Fra le varie necrologie e commemorazioni del Manno si vedano : 1. Paolo Boselli, Commemorazione di Antonio Manno fatta atta Ή. Deputazione di Stona Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia (26 maggio 1918) ; iu Miscellanea di storia italiana, terza serie, tomo XV1I1, Toriuo, MCMXVIII, pp. LXV-LXXI. 2. G. Buzzi, Antonio Manno ; in Bulleltino dell’ Istituto Storico Italiano, u.° 38, Roma 1918; pp. 55-56. 3. Segre Arturo, Il senatore barone Antonio Manno, 1834-1918 ; Società, nazionale per la storia del Risorgimento italiano, Comitato piemontese, Toriuo 1919, 8,° pp. 8 (con ritratto). LUCIANO AUGUSTO LETTERON m. 21 aprile 1918. Nel 1996 la nostra Società, invitata dal ministro della Marina Carlo Mirabello a collaborare ad una Monografia storica dei porti clel-Γ antichità nell’ Italia insulare, come già 1’ anno prima aveva collaborato mercè 1' opera di alcuni soci alla ^lonoyrafta stoi ica dei poi ti deh' antichità nella penisola italiana, parimente promossa dallo stesso ministro e pubblicata a spese dello Stato, prese di buon grado sopra di sè il carico di occuparsi dei porti della Corsica. Al quale scopo si rivolse, per indicazioni e notizie, all’ operoso storico abate Letteron, direttore della Biblioteca comunale di Bastia e presidente della Società di scienze storiche e naturali della Corsica, e ne ebbe cortese — 200 — risposta e profferta di buoni uffici. Di guisa che il nostro consocio Arturo Ferretto, che aveva dalla Società accettato l’incarico di eseguire e compilare il divisato studio, trasferitosi espressamente in quell’ isola per raccogliere gli elementi a ciò necessari, trovò presso il detto abate larghezza d’ aiuto e di consigli (1). Fu appunto in tale occasione che la Società, nell’ Assemblea del 3 giugno 1906, volendo manifestare il proprio gradimento per il servizio ricevuto, elesse il Letteron suo socio corrispondente. Ed a cagione di siffatta qualità egli vien ora brevemente commemorato in questi Atti. Nato a Champagne-sur-Yonne nel 1844, il Letteron studiò a Parigi e si dedicò all’ insegnamento. Superato il concorso per « l’agréga-tion des lettres », ottenne la cattedra di seconda nel liceo di Bastia, ove cominciò nel 1878 — scrive un suo biografo — « cette carrière universitaire si fructueuse qui lui permit de fa^onner F intelligence d’ une trentaine des générations de lycéens corses» (2). S’intende che cotesto affazzonamelo o meglio formazione della mente dei giovinetti corsi, mentre era rivolto a fare di essi dei buoni patriotti, com’ è compito di tutti i professori di lettere in tutte le scuole delle nazioni cosidette civili — ed abbiamo visto pur troppo colla guerra mondiale quanto abbiano bene adempiuto a tale compito ! — era implicitamente diretto contro le idee, le tradizioni, i costumi, il linguaggio della loro isola, a benefìzio della Francia, « la plus belle patrie du monde » (3), ed a gloria della « grande nation » di cui la Corsica si vanta d’essere l’ultimo dipartimento. Lo stesso spirito d’infrancesamento a cui informò 1’ educazione dei suoi scolari, il Letteron recò nella sua opera di storico della Corsica : opera veramente vasta, da lui edificata in quasi quarant’anni di assidua applicazione con lena meravigliosa e con fortuna pari alla forte volontà colla quale seppe promuoverla e condurla a compimento. L’ officina in cui egli lavorò e spinse altri a lavorare fu la predetta Société des sciences historiques et naturelles eie la Corse, da lui fondata sullo scorcio del 1880 e da lui presieduta fino alla sua morte, ed il Bulletin organo di essa: del quale, durante la presidenza del Letteron e grazie alla sua portentosa attività, vennero pubblicati 370 fascicoli da 60 a 100 pagine ciascuno. Oltre i numerosi scritti che (1) Monografia storica dei porti deli’ antichità nell’Italia insulare, Ministero della Marina, Roma, MCMYI: Avvertenza del presidente Cesare Imperiale di Sant’Angelo. (2) Bulletin de la Société des sciences historiques et naturelles de la Corse, fase. 385-390, p. I. (3) Ivi, fase. 364-5-6, p. 17. - 201 - egli inserì nello stesso Bulletin, pubblicò molti volumi contenenti opere edite ed inedite da lui tradotte in francese dal latino e dall’ italiano, memorie pubbliche e private, carteggi, processi verbali ed innumerevoli documenti d’ogni specie. Prima di lui la maggior parte della letteratura storica non documentaria della Corsica era forse ancora italiana; dopo di lui è certamente francese. Egli molto contribuì a stabilire definitivamente la consuetudine secondo la quale i Corsi, mentre parlano tuttora il nativo dialetto italiano, scrivono in francese. Cotesta consuetudine radicatasi specialmente dopo l’unificazione politica d’Italia, che ha avuto sulla Corsica un effetto repellente invece che attraente, è cagione per cui non v’ è più quasi nessuna relazione letteraria fra quell’ isola e la penisola italiana. Ma in ciò una parte di colpa è dovuta anche agli Italiani che, come osserva giustamente Arrigo Solmi (1), hanno troppo trascurato in questi ultimi tempi la storia corsa, ed in particolare ai Genovesi, i quali conservano nei loro archivi la maggior quantità dei documenti riguardanti cinquecent’anni di essa storia, e poco hanno fatto finora per renderli noti. Io non debbo torre alla Società Ligure di Storia Patria quella parte di biasimo che le spetta per siffatta trascuranza, sebbene essa possa trovare una legittima giustificazione nella deficienza ' dei mezzi che ha ricevuto e riceve dalla città in cui vive da oltre ses-sant’ anni ; ma il biasimo vorrei che le servisse d’incitamento per metter mano alla storia politica dell’Officio di S. Giorgio, che è pressoché intieramente da fare e nella quale la storia della Corsica ha il primo posto. L’ abate Letteron, nonostante tutta la sua attività non ha attinto direttamente al nostro Archivio di Stato, e relativamente poca materia di questo ha potuto pubblicare il Bulletin de la Société des sciences historiques et naturelles de la Corse. È pertanto obbligo nostro di dare alla Corsica il racconto completo e documentato della storia eh’ essa ebbe in comune con Genova, non per motivi di nazionalismo, che troppo sappiamo per la recente guerra « di che lacrime grondi e di che sangue », ma per la rappresentazione veridica ed integrale degli avvenimenti che hanno indissolubilmente legata quell’ isola all’ antica Repubblica genovese dagli albori del 13* secolo al trattato di Com-piègne del 15 maggio 1768, In tal modo la nostra Società potrà efficacemente collaborare con 1’ operosa Società di Bastia alla costruzione 0) Arrigo Solmi, Recensione dell’opera di A. Ambrosi, Histoire des Corses et de leur civilisation (Bastia, 1914, 16,0 pi>. V1I-607; ; in Archivio storico italiano, anuo LXXIii, voi. II, Firenze 1916, pp. 143-159. della storia corsa, col solo intento della verità e del progresso delle scienze storiche, al di fuori e al disopra delle passioni politiche che turbano gli animi ed inimicano i popoli. Nel 1905 l’abate Letteron, collocato a riposo, lasciò 1 insegnamento e si dedicò intieramente, oltre che alla Società di scienze storiche e naturali, alla Biblioteca municipale di Bastia, di cui aveva preso la direzione e della quale accrebbe il numero dei volumi a più di 45,000 e compilò il catalogo metodico. Fondò inoltre il Museo di essa città, del quale fu direttore finché visse. Le sue benemerenze verso gli studj gli procurarono i titoli di Professore onorario del Liceo di Bastia, di membro corrispondente del Ministero dell’istruzione, di cavaliere della Legion d’ onore e di ufficiale dell’ istruzione pubblica. Ebbe altresì la dignità di canonico onorario della cattedrale di Ajaccio. Moii a Bastia, dove risiedeva da quarant’ anni. Veci. Monsieur le Chanoìne Letteron ; in Bulletin de la Société des sciences historiques et naturelles de la Corse, XXXVI' année (1918), u°“ 385 à 390, pp. I-'V · ANTONIO CERUTI m. 20 maggio 1918. Dottore decano e viceprefetto della biblioteca Ambrosiana, meni bro effettivo dal 1868 della R. Deputazione di Storia Patria per le An tiche Provincie e la Lombardia, primo segretario della Società Storica Lombarda dal 1874 al 1877, membro effettivo del Reale Istituto Lom bardo di scienze e lettere dal 1873, e socio di varie altre Accademie e Società scientifiche, Mons. Antonio Ceruti, η. 1’ 11 aprile 1830 e moi to il 20 maggio 1918 a Cernobbio, fu uno degli odierni scrittori di storia più fecondi della Lombardia. Già nel 1884 il Manno ne L opera citi quantenaria della R. Deputazione di Storia Patria di Torino, pp· 229-231, annoverava 69 scritti del Ceruti. Il quale diede anche un buon contributo di storia genovese ai nostri Atti, dove pubblicò : Gabriele Saivago patrizio genovese, Sue lettere, Notizie e Documenti (voi. XIIL fase. IV, pp. 701-905); L’ Ogdoas di Alberto Alfieri, Episodii di storia genovese nei primordi del secolo XV (voi. XVII, fase. I, pp· 253-320) ; Lettere di Carlo VI re di Francia e della Repubblica di Genova relative al maresciallo Bucicaldo (voi. XVII, fase. II, pp· 349-364). Dal 5 maggio 1872 egli era ascritto alla nostra Società come socio corrispondente. Alla fama di storiografo operoso e diligente, volle aggiungere anche quella di generoso benefattore e mecenate degli studj, lasciando nelle sue ultime volontà oltre 360,000 lire ad opere ed istituzioni di beneficenza e di cultura, e la sua ricca biblioteca all’ Istituto Lombardo dì scienze e lettere. Recano cenni biografici del Ceruti le seguenti efeaieridi : 1. Archivio Storico Lombardo, giornate delta Società Storica Lombarda, serie quinta, fase. II, 1918, anuo XLV, pp. 346-347. 2. Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, serie II, voi. LII, fase. I, pp. 31-32, a. 1919. 3. Periodico della Società Storica per la Provincia e antica Diocesi di Como, voi. XXIII, fase. 91-92, a. 1918-19, p. 134. AVVERTENZE correzioni ed aggiunte Fra le innumerevoli conseguenze, grandi e piccole, generali e particolari, dirette e indirette, della guerra che ha diviso e lacerato 1 u-manità dal 1914 al 1918, è da ascrivere il modo con cui ha proceduto la compilazione e la stampa del presente volume, non che il ritardo col quale questo è uscito alla luce. L’ albo dei soci iscritti attualmente e le necrologie dei soci defunti dal 1908 in poi, albo e necrologie che costituiscono la prima parte di esso volume, erano destinati a completare, come giusto coronamento, la Relazione intorno alla Società Ligute di Storia Patria dal 1908 al 1917 contenuta nel voi. 46°, fase. I degli Atti. Ma la deficienza della carta, che fu una delle prime e caratteristiche carestie prodotte dalla guerra, ci costrinse a troncare cotesto fascicolo ed a rimandare al voi. 49° l’inserzione dell’albo e delle necrologie.È da ricordare che lo stesso fascicolo, per eccezionali circostanze dovute anch’ esse alla guerra, usciva già in modo irregolare e con inusitato ritardo, poiché, invece di precedere, seguiva a due anni di distanza il fascicolo II di detto volume 46°, non che i volumi 47° e 48°. La crisi della carta e della mano d’ opera, che andava frattanto determinando un continuo aumento dei prezzi di stampa ovunque ma sopratutto nei grandi centri di produzione e di lavoro ed in modo specialissimo in Genova, spinse la Società ad affidare la stampa del voi. 49° alla Tipografia della Ditta Bolla Vincenzo e Figlio di Finalborgo, le cui peculiari condizioni permettevano una ragguardevole attenuazione di essi prezzi. La tipografia di una cittadina come Finalborgo non poteva però avere Γ abbondanza di caratteri tipografici occorrenti ad un lavoro rapido, la lontananza inoltre del luogo da Genova doveva necessariamente rendere tarda la correzione delle bozze ; sicché ad un risparmio di spesa corrispose un maggior impiego di tempo, e la stampa del volume andò oltre il credibile protraendosi, tanto che la Società si trovò costretta a dividere il volume medesimo in due fascicoli ed a - 205 - commettere il secondo di essi ad altra tipografìa. Talune avverse circostanze, quali un’ epidemia d’ influenza scoppiata durante V inverno del 1919 nel reclusorio di Finalborgo dove la ditta Bolla ha l’impresa del lavoro tipografico, lo sciopero e per ultimo l’ostruzionismo degli impiegati delle R. Poste procrastinarono ancora il compimento e quindi la consegna alla Società del presente primo fascicolo. Tutto ciò ebbe per effetto, non solamente di ritardare la distribuzione di questo e di rimandarla alla metà dell’ anno corrente 1920, ma anche di alterare Γ economia dell’ opera. Perocché, in quanto all’albo dei soci, le vicende del nostro Sodalizio avanzarono ed oltrepassarono il tardo procedere della stampa, tanto da richiedere un supplemento di variazioni, che fu per altro ben presto superato da uno stato di fatto rispetto al quale 1’ albo suddetto trovasi ora in ritardo di oltre quindici mesi. In quanto poi alle necrologie, alcune di queste, contrariamente al primitivo disegno, furono condotte con larghezza di esposizione e copia di notizie maggiori di quanto io avessi divisato ; talché, a cagion d’esempio, laddove mi proponevo di concedere al march. Marcello Staglieno uno spazio di gran lunga più esteso che a tutti i rimanenti soci defunti, mi trovai poi spinto dal soverchio indugiar della stampa ad occupare un eguale ed anche più grande spazio per altri due benemeriti consoci, Prospero Peragallo e Gaspare Invrea (ved. a p. 32). Altre ineguaglianze, e starei per dire dissonanze, si verificarono, per varie ragioni, nella stesura delle necrologie, sicché talune di queste riuscirono soverchiamente succinte o affatto insufficienti, altre abbondanti ovvero prolisse ; senza dire che alcuni soci vennero a figurare contemporaneamente nell’ albo e nelle necrologie, essendo essi mancati dopo molti mesi dall’ eseguita tiratura dei primi fogli di stampa. A tutte queste disparità e discordanze, vanno aggiunti errori ed omissioni commessi in parte da chi scrive ed in parte da chi stampò, e degli uni e delle altre reco qui appresso le debite emendazioni e gli opportuni complementi. Tralascio però di correggere gli errori puramente formali, cioè quelli che non toccano nè la sostanza delle cose nè il senso del dettato. ALBO DEI SOCI Una questione spinosa che occorreva risolvere nella compilazione dell·’ albo era quella dei titoli, specialmente nobiliari, spettanti ai singoli soci ; ed il Consiglio direttivo stimò di risolverla autorizzandomi a chiederli direttamente agli interessati mediante una circolare a stampa. I più non risposero. Allora, in mancanza delle richieste indicazioni, mi attenni, in quanto ai titoli accademici e cavallereschi, a quelli segnati nei registri sociali in conformità delle dichiarazioni, qualche volta inesatte e spesso incomplete, fatte dai proponenti di ciascun socio (art. 3 dello statuto sociale), riscontrandoli però, quando tu possibile, sugli elenchi di altre Società ovvero di pubblicazioni ufficiali ; ed in quanto ai titoli nobiliari, a quelli dell’ Elenco ufficiale (definitivo) delle Famiglie nobili e titolate della Liguria. ERRORI Pag. 14 - Boccalandro Francesco ....... - Via S.S. Giacomo e Filippo, 35. Pag. 14 - Cambiaso Dott. Domenico......-Archivista arcivescovile. Pag. 19 - Gulan Manfredo Pag. 19 - Granello di Casaleto Nobile Avv. Guseppe. Pag. 21 - Municipio di Guai. Pag. 28 - Bozano Cristoforo, Avv. Pag. 29 Garibaldi Marchese Niccolò, Patrizio Genovese, Avv. CORREZIONI Boccalandro Francesco....... Genova, Via dei S.S. Giacomo e Filippo, 35. Cambiaso Dott. Domenico..... - Archivista arcivescovile, Genova. Giuliani Manfredo. Granello di Casaleto Nobile Avv. Giuseppe. Municipio di Gavi. Bozano Cristoforo, Ing- Garibaldi Niccolò, Avv. NECROLOGIE Nel corso della stampa del presente fascicolo vennero fatti cinquanta estratti di ciascuna delle bio-bibliografie di Marcello Staglieno, Guido Bigoni e Prospero Peragallo, e cento estratti della bio-bibliografìa di Gaspare Invrea, che furono subito distribuiti ai parenti ed agli amici di questi quattro nostri consoci, alla memoria dei quali la Società Ligure di Storia Patria doveva particolare riguardo, sia per , Γ opera da loro in vita prestata a vantaggio della stessa Società, sia per il dono di libri e manoscritti ad essa pervenuti per effetto delle loro ultime volontà. — 207 — UGO CARCASSI Errori Pag. 62, ultima linea - ...... • · . en Officina Regia, An. MDCCCLVIIII. Correzioni ... ex Officina Regia, An. MDCCCLIIII. GUIDO BICONI Pp. 64-73. 11 Bigoni venne il 26 aprile 1900, principalmente per i suoi lavori di storia genovese, nominato socio corrispondente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia. Fu altresi socio corrispondente della R. Deputazione veneta di Storia Patria. Alla bibliografia dei suoi scritti è da aggiungere la monografia intitolala Dalla pace eli Castel Cambresis a quella di Westfalia, che fa parte della Nuova storia universale edita dal Vallardi (pp. 283-632), e che il Bigoni compilò in collaborazione con Luigi Staffetti. ANGELO GRAFFAGNI Errori Pag. 74 - Giuseppe Mazzini, Commemorazione detta il XXII giugno MCMI nel teatro Carlo Felice; Genova, A. E. Bacigalupi, 1901, in, 8° pp. 47. Correzioni Giuseppe Mazzini, Commemorazione detta il XXII giugno MCMV nel teatro Carlo Felice ; Genova, A. E. Bacigalupi, 1905, in 8°, pp. 47. ENRICO ZUNINI Pp. 74-76. A1P elenco degli scritti di E. Zunini dato a pp. 75-76 mancano i seguenti articoli da lui inseriti nel Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova, del quale egli fu per un certo tempo uno dei redattori ordinari. 1. Bibliografia ; in detto Giornale, anno 1877, p. 96. 2. Inno al vino (versi); Ivi, a. 1877, pp. 293-294. 3. Bozzetto, Nelle ore piccole, Note di un pipistrello ; Ivi, a. 1878. pp. 219-233. — 208 - 4. Dopo treni'anni, Bozzetto; Ivi, a. 1878, pp. 587-597. 5. I poeti, alV amico C. I. S. A. (versi); Ivi, a. 1879, pp· 474-475. 9. SottO gli ulivi (sonetto) ; Ivi, a. 1884, p· 184. 7. Egitto (dal racconto di un viaggio di prossima pubblicazione); Ivir a. 1886, pp. 645-661 ; a. 1887, pp. 101-114. j Anche lo scritto intitolato Castel di mare, Leggenda drammatica in un atto in versi (sec. XIV), e citato nell’ elenco a p. 75, comparve dapprima in detto Giornale, a. 1877, pp. 36-47, 87-95. Il dramma in versi Veronica Franco fu pubblicato nel giornale Frou-Frou, del quale il nostro Zunini era uno dei principali redattori sotto lo pseudonimo di Arrigo di Carmandino, nei numeri 10 (10 giugno 1884), 13 (10 luglio 1884), 15 (31 luglio 1884) e 19 (10 settembre 1884) dell’anno II di esso giornale ; e raccolto quindi in un volumetto col titolo : Veronica Franco, Dramma in versi di Enrico Zunini, Genova, Stabilimento frat. Armanino, 1884, in 16°, pp. 88. Sarebbe troppo lungo riferire qui i titoli di tutti gli articoli pubblicati da E. Zunini nel Frou-Frou; mi appagherò di citare solamente quelli degli scritti da lui inseriti nella Strenna del Froa-Fi ou, e sottosegnati col suddetto pseudonimo, i quali sono : Prologo in versi, p. 3. Una pesca (racconto), pp. 67-68. , Alle pernici (ricordi di caccia), pp. 85-90. UGO ASSERETO Errori Pag. 91 - Nacque.......da Giuseppe Asesreto. Correzioni Nacque.......da Giuseppe Assereto GEROLAMO SERRA Errori Pag. 96 - ... . nacque...... dal march. Gian Carlo, figlio dell’ insigne storico Gerolamo, e dalla nobildonna Laura .Serra di Vincenzo. Correzioni . . . nacque ....... dal march. Gian Carlo e dalla nobildonna Laura, figlia di Vincenzo Serra, che fu V ultimo dei fratelli dell’ insigne storico Gerolamo. / - 209 - Lo stoiico Gerolamo Serra non ebbe figli, visse celibe. La genealogia dei Serra, per i due rami principali di essi, trovasi, incompleta però e tronca, nel volume di Luigi Tommaso Belgrano, Della vita e delle opere del Marchese Gerolamo Serra, Memorie storico-critiche ; Genova, co’ tipi del R. I. de’ Sordo-Muti, 1859; pp. 120-123. PROSPERO LUIGI PERAGALLO Pp. 114-129. Monsignor Peragallo mori in Genova ; ma la sua salma venne trasportata nel cimitero di Cornigliano Ligure ed ivi tumulata entro la cappelletta della famiglia Peragallo accanto alle spoglie del padre di lui Gaetano (m. 3 agosto 1854), non che del fratello Gerolamo (m. 25 gennaio 1896), della sorella Giovanna (m. 2 luglio 1902) e del nipote Luigi Peragallo fu Gerolamo (1873-1917). Sopra tavola marmorea, murata nella parete destra della cappelletta (per chi entra) in corrispondenza della tomba di esso Monsignore, è scolpita la seguente epigrafe: >1? PROSPERO LUIGI PERAGALLO nato in Genova li 23 aprile 1823 DELL'ORDINE DEI MINORI RIFORMATI RESSE PER OLTRE TRENTANNI IN LISBONA la Chiesa italiana sacra a N. S. di Loreto · REDUCE IN PATRIA abate di S. Maria Assunta in Carignano ACCREBBE CON LA SAPIENZA ' LO SPLENDORE DELL'INSIGNE BASILICA IL DI 23 DICEMBRE 1916 CHIUSE LA LUNGA VITA ILLIBATA OPEROSA CHE ONORÒ CON GLI STUDI E LE RICERCHE STORICHE INTORNO ALLA VITA DI CRISTOFORO COLOMBO E DEI NAVIGATORI ITALIANI E PORTOGHESI ONDE È. CELEBRATO IL SUO NOME FRA I DOTTI ITALIANI E STRANIERI • La SORELLA E I NIPOTI BENEDICENDO ALLA CARA MEMORIA QUI COMPOSERO LA SALMA ACCANTO AL GENITORE GAETANO 14 — 210 — GASPARE INVREA Pp. 134-160. La prima parte della nota a p. 135 va corretta come segue : Il marchese Fabio Invrea di David nacque in Genova il 31 marzo 1812, e morì a Sant’Ilario Ligure presso Nervi il 21 novembre 1889. Ebbe sedici figli, otto dalla prima moglie Giovanna maichesa Raggi ed otto dalla seconda contessa Maria 1 eresa Galleani di Agliano, dei quali alcuni morirono in tenera età e tre femmine si ìeseio monache. Ricordo fra essi: David, primogenito (Ved. necrologia a pp. 87-88); Gaspare (di cui tratta la presente necrologia); Giuseppe, capitano marittimo e da molti anni segretario capo d’ ufficio dell Oifanotiofìo maschile di S. Giovanni Battista in Genova ; Maria, vedova di Angelo Botto ; Carolina (m. 1918) ; Pio, generale dell’ esercito italiano ; Anna, moglie dell’ avv. Giuseppe Balbis consigliere di Cassazione : tutti della seconda moglie, tranne David. Circa la nota (2) a pp. 151-152 credo mio dovere di correggere alcune notizie e affermazioni che l’egregio avvocato Goffiedo lalazzi, dopo aver letto l’estratto della necrologia di Gaspare Invrea, ebbe la bontà di sottoporre alla mia attenzione con una sua molto coi tese lettera. Non saprei fare migliore e più veridica emenda degli enori da lui additatimi, se non riportando le stesse parole del Palazzi. « Il teatrino di via S. Giuseppe » — così dunque egli scrive « non è sorto a scopo educativo per cura della Società di S. Vincenzo de Paoli. Gli improvvisati filodrammatici erano sì in maggioranza iscritti nelle file paolotte, ma non tutti, io tra questi, e dovevano nel progianima dei fondatori far parte della troupe alcune gentildonne. Ricordo la Cattaneo Padulli, la Negrone Centurione e quella Pallavicini Gropallo, che era allora la bellissima tra le belle dell’ aristocrazia genovese. Dovevano essere recite a scopo di beneficenza e se l’impresa non fosse fallita prima di nascere, il successo sarebbe stato clamoroso. Noto, passando, che Carlo Castello, esimio dilettante di recitazione, di musica, di pittura, gioviale, ridanciano, simpaticissimo, era già annoverato tra i più reputati e ricchi negozianti della piazza. Io entrai nella molto castigata compagnia, chè tale diventò dopo la secessione dell’ elemento femminile, non tanto per Γ amore dell’ arte, quanto per la fraterna consuetudine eh’ io ebbi con Francesco Ghiglini (col g, mi raccomando) mio compagno d’infanzia e di giovinezza, col quale vissi indissolubilmente legato fino alla morte, che lo colse a soli 22 anni. Giovine di eletto ingegno e di cuore aperto ai più nobili sentimenti, come l’Invrea si sentiva a disagio nelle file dei neri, dove era stato sospinto dalla famiglia marcatamente cattolica. Mi separai ben presto da quella compagine, dove chiusi parecchie amicizie personali, ma nessuna politica ». Nella nota (2) a p. 160 il segno P, che sormonta le due iscrizioni ivi riferite, va sostituito col segno eh’è il famoso monogramma di Cristo, usato fin dai primi secoli dell’ era volgare nelle tombe cristiane. Ved. Orazio Marucchi, Epigrafia cristiana, Milano, 1910, pp· 55-56 (Manuale Hoepli). INDICE DEL VOL. XLIX, FASC. I, DECxLI ATTI della ^ é Società Ligure di Storia Patria Albo Consiglio Direttivo per il bien- \ Soci effettivi. . . . , Pag· 12 nio 1917-18. . Pag. 7 Variazioni occorse dal 1° no- Soci onorari . » 9 vembre 1918 al 31 marzo Soci corrispondenti . » 9 1919 . » 27 Necrologie Introduzione . Pag. 31 Agostino Rubino . Pag. 36 Paolo Bigliati » 32 Tommaso Ghiglione . » 87 Anton Giulio Barrili . » 35 David Invrea » 87 Andrea Doria. . » 38 Clemente Gondrand . . * 88 Marcello Staglieno » 38 Eugenio Chighizola * 90 Marco Aurelio Crotta . » 56 Guido Balbi-Piòvera . » 90 Luigi Malatesta . » 57 Carlo Pipia . » 90 Tito Spinola. » 58 Ugo Assereto » 91 Camillo Bo . » 59 Gerolamo Serra . *> 96 Ugo Carcassi. » 61 Isidoro Ivani » 97 Luigi Berettp » 63 Francesco Arpe . * 98 Guido Bigoni » 64 Federico Eusebio » 98 Angelo Graffagni. » 73 Enrico Bonino . * 99 Enrico Zunini » 74 Gio. Matteo Pozzo » 100 Vincenzo Podestà » 76 Francesco Olcese » 102 Alberto Figoli >> 79 Alfonso David Oliva . » .102 Luigi Viale . » 80 Nicolò Odino » 1Ό3 Francesco Podestà . » 80 Gerolamo Michelini . » 104 Carlo Maria Piuma > » 84 Alfredo Villa » 105 Bartolomeo Parodi » 86 Enrico Belimbau. V 1*05 Carlo Balestrino . Pag. 106 Francesco Costa . Pag. 161 Francesco Fontana » 108 Benedetto Carani. . » 161 Giovanni Assereto » 108 Gian Carlo Raffaelli . » 162 Francesco Cortese » 112 Attilio Drovanti . » .164 Martino Persi » 112 Lorenzo Bozano . » 164 Paolo Calegari » 113 Angelo Boscassi . » 166 Prospero Luigi Peragallo . » 114 Lodovico Gavotti. . »> 169 Antonio Rota » 129 Gio. Batta Gorgoglione . . » 171 Giulio Castagnola » 130 Giovanni Saporiti. . » 171 Carlo Alberto Solaroli » 131 Andrea Peirano . . » 171 Pietro Antonio Santamaria » 132 Onorio Soardi . » 173 Carlo Giuseppe Astengo . » 133 Raffaele Cataldi . . » 175 Gaspare Invrea . » 134 Luigi Gropallo » 176 Pietro Cambiaso . » 161 Lorenzo Sertorio . · · » 176 Soci Onorari e Corrispondenti Riccardo Predelli. Pag. 183 Alfredo D’Andrade Pag. 194 Domenico Carutti di Cantogno. » 184 Ugo Balzani . » 194- Giovanni Battista Monticolo » 185 Carlo Cipolla . » 195 Bartolomeo Podestà . » 186 Guido Cora . . » 195 Giuseppe Ruggero . » 187 Pasquale Villari . » 196 Giorgio Caro . » 189 Luigi Kolly . » 197 Giacomo Doria . . » 190 Antonio Manno . . » 198 Girolamo Rossi . . » 191 Luciano Augusto Letteron. . » 199 Vittorio Poggi . » 192 Antonio Ceruti . . » 202 Avvertenze, correzioni ed aggiunte Pag. 204 Ciascun autore degli scritti pubblicati negli Atti della Società è unico garante delle proprie produzioni e opinioni. : : ■ : ; · Finito di stampare il 30 giugno 1920. \ Questo fascicolo 1 del volume XLIX degli Atti viene distribuito ai soci in conto dell’annata 1919. Trovasi sotto stampa il fascicolo II dello stesso volume, che comprende I cerimoniali della Repubblica eli Genova del socio □ LUIGI VOLPICELLA; ed esso sa- g rà distribuito per Γ anno 1920. Sono in preparazione : 1. Ulteriori notizie sulla Liguria preistorica (Appendice al voi. XL degli Atti), per il socio ARTURO ISSEL. ; : : : : : È pronto per la stampa il volume L, destinato alla distribuzione del 1921 e contenente lo scritto del-socio FRANCO RIDELLA su La vita e i tempi di Cesare Cabella. 2. L'Emigrazione politica in Genova dal 1848 al 1860, per il socio FRANCESCO POGGI. 3. Il Palazzo Rosso nella Storia, per il socio LUIGI AUGUS10 CERVETTO. : , : : : : ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLIX Appendice al Fascicolo I GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO BOSSO MCMXXII. \ •· . : . r ■ ' I 1 _ A T TI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA Ciascun autore degli scritti pubblicati negiÌi Atti della Società è unico GARANTE DELLE PROPRIE PRODUZIONI E OPINIONI. FROERHBfcA* Letteraria £J della Società Ligure di Storia Patria. GENOVA Scuola Tipografica Don Bosco — San Pier d’Arena NECROLOGIE DEI SOCI DEFUNTI DAL GIUGNO 1919 AL FKBBH \lo 1922 COMPILATE DAL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO POGGI GAETANO POGGI s* . . m. 13 giugno 1919. Sulle pendici della cerchia montuosa che recinge la magnifica pianura dove ora distendesi Arquata ed in tempi vetusti ammiravasi la città ligure-ro-mana di Libarna, pianura percorsa dall’abbondante corrente della Scrivia, sorge verso mezzogiorno, dal lato opposto a quello di Serravalle, l’aprico paesello di Rigoroso, culla dei maggiori di Gaetano Poggi. Ivi essi abitarono da tempi antichi, ivi presero il loro cognome. « La mia famiglia » — scrive egli stesso — « porta al presente il nome di Poggi, ma le sue origini sono indissolubilmente legate al bel Peuzu di Rigoroso, e nel dialetto locale rimane la frase primitiva quei del Peuzu per indicare le persone che risiedono in quella regione » (1). I Poggi di Rigoroso dovrèbbero pertanto comparire nei libri dell’antica parrocchiale di esso luogo, dedicata a Sant’Andrea Apostolo, fin dalla seconda metà del 1500, fin da quando cioè il Concilio di Trento prescrisse in (1) Ved. Gaetano Poggi, Gemali e Viturii ; in Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. XXX,' P- 108. Lo scrittore di queste necrologie porta anch’egli il cognome Poggi, ma appartiene ai Poggi di Lerici, dove esso cognome è molto antico, poiché comparisce già nei manuali dei primi notari leri-cini dei quali si conservano ancora gli Atti fa. 1499-1500) e nelle primissime registrazioni parrocchiali (a. 1552-1081), e dove ha, almeno per un ramo, un’origine non dissimile da quella assegnata ai Poggi di Rigoroso dal loro illustre discendente: origine autòctona dal nome generico dell'altura, Ρόζο, abitata ah antico da coloro che ebbero per i primi siffatto cognome. Cosi può dirsi per tutti i luoghi. ' in Liguria e fuori, che furono culla di famiglie dal cognome Poggi o Poggio o Podio. Tuttavia non è da ammettere a priori che i Poggi dei varj luoghi abbiano tutti un’origine autoctona, e non abbiano nessuna parentela o attinenza fra di loro, non potendosi negarè gli effetti delle emigrazioni ed immigrazioni dall’uno all’altro luogo, che avvennero in Italia in ogni tempo, principalmente durante le lotte civili tra Guelfi e Ghibellini, produttrici di intiere falangi di fuorusciti. Ili Lerici, a cagion d'esempio, un ramo dei Poggi parrebbe, se è da credere a qualche scrittore, originato dai Poggi usciti di Lucca, forse all’epoca di (Jastruccio Castracani, ogni parrocchia la registrazione dei battesimi, dei matrimoni, e dei moiti; se non che l’archivio di detta chiesa non contiene, ignoro per quali ragioni, legisti i che risalgano innanzi al 1700 (1). Ma un segno sicuro della antichità e continuità della stanza dei Poggi in Rigoroso, non che della importanza ed autorità che vi avevano assunta già nel secolo XVIII, si ha da ciò, che tutti i parroci del luogo che si succedettero dal 1745 al 1872, appartennero ad essa famiglia. Furono dessi: Stefano Apollinare Poggi che resse la parrocchia dal 1745 al 1753, Salvatore Gaetano Poggi seniore che la tenne dal 1753 al 1797, Salvatole Giuseppe Poggi che la governò dal 1797 al 1829, Salvatore Gaetano Poggi iuniore che la diresse dal 1880 al 1872. Il terzo di costoro fondò e costrusse nel 1815, sul declivio del monte soprastante a Rigoroso in località detta Borio, una cappella dedicata a Nostra Signora della Salute e destinata a sepolcreto della famiglia Poggi. Fra i soggetti più ragguardevoli di questa, tiene un posto pei vaij 11-spetti cospicuo, anzi preminente, il nonno del nostro consocio. Chiamavasi Gaetano, come si chiamò poi il nepote, e visse dal 1772 al 1844: ancora adolescente fu milite scelto nella rocca di Gavi; scoppiata la rivoluzione, rappresentò il governo della nuova Repubblica Ligure presso il Municipio dello stesso luogo di Ghvì, capo cantone della giurisdizione del Lemmo, e venne poi fatto giudice per le cose civili e criminali in Savignone e quindi in Novi; sotto 1 Im pero napoleonico passò, nel 1812, fra i nove giudici del Tribunale di prima istanza a Genova, e quivi continuò la carriera giudiziaria, anche dopo l’annessione della Liguria agli Stati Sardi, percorrendone i gradi fino a quello di Prefetto (Presidente cioè del Tribunale di Prefettura). Morì in Genova, ma fu sepolto nell’anzidetta cappella di Borio, e lasciò 14 figli, sei maschi ed otto femmine, avuti dall’unica moglie Giovanna Parodi (2): degno di essere qui ricordato, non (1) Cosi mi assicura il reverendo sacerdote G. B. Vaccari, attuale prevosto di Rigoroso, al qua m ero rivolto per informazioni, ed al quale qui rendo pubblici ringraziamenti per la benevola e pronta cortesia con che vollé fornirmi le notizie riguardanti gli antenati di Gaetano Poggi) da me riprodotte in questa necrologia. ' (2) Ex unica amatissima Ioanna uxore suscepti: cosi leggesi nella lunga epigrafe scolpita sulla tomba del prefetto Gaetano nella cappella di Borio, epigrafe recante, oltre i nomi dei sei figli ma schi dei quali discorro sopra nel testo, anche i nomi delle otto femmine, che qui riporto. Giulia, Caterina, Anna, Maria, Rosa, Luigia, Carla e Teresa. Una di queste ebbe per marito il geneiale Andrea Dellachà, un’altra sposò il notaro Francesco Poggi di Arquata, al quale diede i figli Gio vanni, già maggiore medico nel regio esercito, e Vincenzo, già notaro in Serravalle. Delle rimanen ti non so, ma intesi che anch’esse si accasarono in ottime famiglie. Nell’epigrafe suddetta l’avo del nostro consocio è chiamato Gio. Batta Gaetano di Gio. Batta, ed un Poggi Jean Baptiste io trovo nell’elenco degli Avocats qui ont prété sermerìt devant la Cout d Appel de Génes, pubblicato nell''Annuaire statistique da Département de Génes per ciascuno degli anni 1810, 1811, 1812 c 1813, quando la Liguria faceva parte dell’impero francese. Chi sia questo avvocato Gio. Batta non saprei dire in modo preciso; forse non è altri che lo stesso magistrato più noto sotto il nome di Gaetano, del quale nell’iscrizione su accennata si ricordano, oltre gli tanto per le cariche da lui sostenute, quanto per aver procreato una così numerosa e rigogliosa progenie, e, ciò che più importa, averla, fuori dell’umile borgo da cui egli era uscito, portata agli onori del mondo, nobilmente educata, fruttuosamente preparata alle liberali professioni, ai ministeri ecclesiastici, ai pubblici uffici: sicché egli è da considerare come il vero fondatore e capo stipite della prosapia alla quale appartiene il nostro Gaetano. Poiché dei suddetti sei maschi (taccio qui delle femmine, avendone già detto qualche cosa in nota), Giambattista, il primogenito, si diede all’avvocatura; Giuseppe abbracciò il sacerdozio e morì arciprete di Borgo Fornari nel 1883; Agostino, padre del nostro consocio, esercitò la medicina; Andrea, compiuti gli studj legali, entrò nella carriera finanziaria dello Stato, divenne conservatore delle ipoteche, ufficio che tenne lungamente anche a Genova, si estinse vecchissimo e fu padre dell’avv. Cesare Poggi, attuale Prefetto della Provincia di Genova; Francesco si dedicò alla matematica, conseguì il grado d’ingegnere del Genio civile, ed ebbe per figlio Vittorio Poggi, maggior generale del Genio militare (nato in Alghero il 10 gennaio 1849 e morto a Roma il 31 marzo 1909); Giacomo, l’ultimo dei maschi, nato a Genova Γ8 gennaio 1824, prese come il fratello Giuseppe l’abito ecclesiastico, fa in Genova prevosto di S. Ambrogio dal 3 febbraio 18-57 ed abate mitrato della Collegiata di N. S. del Rimedio dal 14 aprile 1893, mancò ai vivi in questa città il 5 luglio 1918. Il medico Agostino sposò Rosa Stornello, che morì poi giovanissima in Rigoroso, dalla quale ebbe il figlio Gaetano e le figlie Giovanna e Giuseppina (1). Gaetano nacque a Genova, in via Fassolo η. 1, il 15 giugno del 1856. Fece gli studj primari nelle scuole civiche elementari del sestiere di S. Teodoro, e quelli secondari nel Ginnasio Liceo Cristoforo Colombo, dove si distinse per alacrità d’ingegno come per volontà di applicazione e meritò in ciascun anno del corso, ad eccezione di uno solo, il primo premio. Degno epilogo dei suoi studj classici fu il molto lusinghiero risultato degli esami di licenza liceale da lui sostenuti presso detto Liceo nella sessione di luglio del 1875, nei quali riportò il massimo dei punti, dieci, in italiano orale, latino orale, greco scritto, greco orale e storia, e non meno di otto in tutte le altre prove, tranne che in fisica e nello scritto di matematica in cui ebbe rispettivamente punti 7 e 6. Ciò dimostra com’egli fosse ben preparato ai lavori storico-letterari che imprese in appresso, e spiega com’egli riuscisse a maneggiare con piena sicurezza la uffici giudiziari per trentanni esercitati nella Curia genovese, anche i consulti legali da lui dati in casa sua con acuta probabilia responsa. In un almanacco genovese del 1818, Gaetano Poggi comparisce infatti, non soltanto come uno degli assessori congiudici del Tribunale di seconda cognizione, ma anche fra gli avvocati patrocinatori di Genova. • (1) Giovanna visse nubile, e morì nel marzo 1920; Giuseppina, mancata ai vivi nel novembre 1919, fu moglie dell’avv. Nunzio Vitelli, prefetto già di Treviso e di Siena ed ora incaricato di uffici speciali nelle Terre cosidette redente, — Ì -Γ- lingua greca nel principale di essi lavori, di cui dirò fra poco. Inscrittosi alla Facoltà di legge dell’Università di Genova, vi attese allo studio del giure con impegno non minore di quello con che evasi applicato alle discipline letterarie nel Liceo, specialmènte per le materie che richiedevano o comportavano una investigazione storica; e ne uscì laureato a pieni voti nel 1879, meritandosi il diploma d’onore di secondo grado, equivalente alla medaglia d’argento, cioè il secondo dei tre premi statuiti annualmente dal Municipio genovese per i tre studenti di ciascuna Facoltà che « avevano date le migliori prove di diligenza nel corso dei loro studj e si erano distinti per ingegno e per sapere negli esami di laurea » (1). Con così brillanti titoli di dottrina, egli fece pratica di avvocatura nello studio dell’avv. Filippo Canevello, valente romanista; ed entrato quindi nell’esercizio della professione trattò e discusse specialmente cause civili. Ma 1 opera professionale gli fu ben tosto contrastata e limitata dalle cure e dagli uffici procuratigli da due imperiosi interessi del suo spirito: l’interesse politico e 1 interesse storico. Il primo di questi lo spinse ad occuparsi di cose pubbliche, ed esporrò più innanzi le manifestazioni ed i risultati della sua attività in codesto campo. Il secondo lo appassionò per la ricerca e lo studio delle antiche memorie, ch’egli, con felice pensiero, associò alle escursioni montane, special-mente per tutto quanto ha tratto colla topografìa, col linguaggio, coi monumenti. Siffatto procedimento di ricercare fra i monti gli incunaboli della civiltà e principalmente le forme originarie degli idiomi, mediante l’ispezione diretta dei luoghi ed il continuo confronto fra la cosa ed il nome, è da lui chiamato metodo storico-alpino. Il suo vivo interesse storico trovò così nella pratica del- 1 alpinismo uno strumento efficace d’indagine e di studio, ch’egli si mise in grado di adoperare col massimo effetto. Questo inconsueto e pur geniale connubio della storia coll’alpinismo era forse in lui, dal lato spirituale, il riflesso di un atavico ricorso delle sue origini dalla conca di Arquata, le cui alpestri pareti racchiudono lo storico campo di Libarna, sul quale aleggiano tante memorie di civiltà scomparse e di eventi momentosi. Gli atteggiamenti e gli interessi della sua mente, maravigliosamente nutriti da una soda coltura classica, non che il gusto delle escursioni in montagna, comune a molti Liguri, mentre lo avevano determinato di buonora a far parte della Sezione ligure del Club alpino italiano, della quale poi venne eletto presidente, lo spronarono, massime (1) Ved. Annuario delta R. Università di Genova, Armo scolastico 1880-81 (alla apertura de quale furono distribuiti i diplomi d’onore per il 1879j. I tre premi, istituiti nel 1863 dal Consiglio comunale di Genova « a nobile emulazione dei gio-\ani che attendono agli studj universitari ., consistevano dapprima in tre medaglie, una d’oro, 1 altra d'argento e la terza di rame; alle quali poi, con altra deliberazione di esso Consiglio in data (VI 17 dicembre 1875. furono sostituiti tre diplomi d’onore rispettivamente di primo, secondo e. terzo grado. durante essa presidenza, a promuovere nel seno di detta Sezione delle gite attraverso e lungo la Liguria montana e marittima. In tal guisa potè applicare su vasta scala le idee ed i metodi da lui vagheggiati e farne larga ed utile propaganda. Egli stesso scrisse e pubblicò, sotto gli auspici della predetta Sezione, le relazioni o per meglio dire le guide di siffatte gite; ma di esse avrò più opportuna occasione di parlare più oltre. Il 25 giugno 1896, nel rigoglioso risveglio della Società Ligure di Storia Patria effettuatosi colla presidenza del march. Cesare Imperiale di Sant’Angelo, il Poggi fu accolto nel nostro Sodalizio, dove trovò una tribuna adatta a svolgere in modo sistematico e dottrinario, ed a propagare le sue idee sulla storia antica dei Liguri. Gli porse occasione ed argomento a ciò la famosa tavola di bronzo dell’anno 117 avanti l’era volgare, ritrovata per caso scavando nella terra presso Pedemonte in vai di Polcevera l’anno 1506, conservata oggidì nel Museo di palazzo Bianco, già illustrata da una moltitudine di dotti e considerata come uno dei documenti più antichi e pregevoli della epigrafia romana. La tavola reca, come è noto, una sentenza proferita in Roma per risolvere una controversia vertente fra Genoati (Genovesi) e Viturii Langen — i quali ultimi facevano centro a Langasco — circa i confini e le norme dei loro possessi nell’alta Polcevera. Il Poggi trattò il tema ex-novo, con larghezza ed originalità di vedute; ed il suo lavoro, intitolato appunto « Genoati e Yiturii », occupa l’intero volume XXX dei nostri Atti. Questa sua estesa monografia è, si può dire, la base di tutto l’edifizio da lui costruito sul terreno della storia genovese, e rimasto incompleto per ragioni varie, ultima delle quali, in ordine di tempo, la morte dell’autore. L’esame particolareggiato di essa ci darà modo di determinare i principj, i criterj, i procedimenti seguiti dal nostro consocio nella sua opera di storiografo, e di esprimere un giudizio sommario e sintetico sul valore della medesima. Nelle intenzioni dell’autore, questo suo scritto sulla tavola di bronzo era destinato ad essere la prima parte di un ampio studio intorno ai Liguri, del quale la seconda parte, siccome egli preannunciava nel volume pubblicato, avrebbe dovuto trattare dei Liguri primitivi (Zenoa) e la terza parte dei Liguri nell’epoca romana (Genua). Lo scritto, appunto come parte preliminare e Sparatoria, contiene alcune larghe trattazioni, principalissima quella sul dialetto ligure, le quali, mentre offrono cognizioni utili e necessarie alla illustrazione della tavola, apparecchiano gli elementi per le altre due parti. Il carattere generale e introduttivo di questa prima parte pubblicata spiega anche l’eccessiva importanza che lo scrittore attribuisce alla storia di Genova e alla -tavola di bronzo. Egli assegna a Genova quattro civiltà: la prima, di Zenoa ligure, dalle origini fino al 205 a. C., fino a quando cioè Magone cartaginese distrusse la città « facendole colpa di aver favorito i Romani »; la seconda, di Genua latina, dal 205 a. C. al 6-il d. C., nel qual ultimo anno cadde « sotto il ferro di Rotari » ; la terza, di Ianua medioevale, la cui prima fase trascorre per trecento anni fra la barbarie dei tempi in « una lotta feroce e senza tregua contro le escursioni dei Saraceni, e si solleva e rinasce colle Crociate trionfando nel Mediterraneo »; la quarta, di Genova italiana, che è agli inizi. (« Siamo all’alba » — egli afferma seriamente — « di un nuovo e grande risorgimento »)· Non accenna affatto al lungo periodo di abbassamento in cui Genova giacque dopo i suoi trionfi medioevali, periodo che va dalla seconda metà del secolo XIV sino ai tempi moderni, nel quale Portoghesi, Spagnuoli, Olandesi, Inglesi, Francesi ebbero il sopravvento nelle navigazioni e nel commercio marittimo, anche nel Mediterraneo: dimentico delle diuturne lotte civili, delle signorie straniere e delle confuse e tumultuarie vicissitudini politiche e sociali che ridussero a ben misero stato la civiltà dei Genovesi. Seguendo un andazzo comune a molti degli odierni storici, egli va in cerca delle glorie del passato per esaltarle, « per trarne fede e ardimento », ad auspicio del presente e dell’avvenire. Siffatto esaltamento altera però quasi sempre la proporzione delle cose, ingrandisce gli avvenimenti, li trasfiguia talvolta in una fantasmagoria di immagini, di scene, d’induzioni al di fuon d’ogni realtà. Ma questa non è storia; sarà esercitazione letteraria, o didascalica politica, o arte educativa, ma non è storia, Non nego già che il racconto storico possa produrre effetti letterari, politici o educativi; ma essi devono scaturire dalla sostanza stessa delle cose, dall’intrinseca natura o ragione o concatenazione dei fatti narrati, e non mai dalla volontà e tanto meno dalla fantasia e daH’artifìcio del narratore. Così il Poggi è condotto a dare un valore « immenso » alla tavola di bronzo, « che si può chiamare nell’ordine storico » — egli dice — « la Bibbia dei Liguri », e che « contiene » assevera — « il segreto della nostra storia di 2000 anni fa ». Tutto ciò è un evidente esagerazione, poiché la tavola si riferisce ad una piccolissima parte della Liguria, ad un lembo appena della nostra regione abitato da poche tribù di Liguri già venute da tempo a contatto dei Romani e quindi penetrate dalla costoro civiltà; senza dire che la questione che vi si risolve non implica che pochi fatti di natura molto speciale, come quelli che concernono una delimitazione di confini. Egli si propone di studiare la tavola sotto gli aspetti topografico, storico e giuridico, mentre quasi tutti coloro che se n’erano occupati per l’innanzi, dal Giustiniani al Mommsen, l’avevano principalmente illustrata dal lato della epigrafia latina. Il Sanguinei, il Grassi e il Desimoni l'avevano bensì considerata sotto i varj rispetti, ed i loro studj pubblicati negli Atti della Società Ligure di Storia Patria, « costituiscono » — a detta dello stesso Poggi — « una preziosa illustrazione della nostra tavola »; ma — soggiunge egli — « sono ben lontani dal risolvere tutte le complicate questioni di storia ligure che vi si connettono ». Il Grassi e il Desimoni inoltre avevano indagata la questione topo- grafica ragionando sulle carte dello Stato maggiore, invece di seguirla e di risolverla sul terreno; perciò fallirono nei loro tentativi. Al Poggi piacque « ritentare la prova associando alla sua impresa l’alpinismo, il gran perito della montagna ». « Per due anni » — egli racconta — « ripetei le mie escursioni sui monti della Polcevera, dai gioghi della Bocchetta e della Vittoria al monte Carmo. Portai lassù le diverse ipotesi fatte dal Serra, dal Grassi è dal Desimoni a riguardo dei territorj descritti nella tavola di bronzo. Posi a confronto quelle ipotesi coi gioghi, coi fiumi, coi rivi, e trovai che la disposizione dei luoghi assolutamente vi si ribellava. Mi posi allora ad uno studio ex novo, senza vincolarmi ad alcuna idea preconcetta..... È la natura coi suoi monti e i suoi corsi d’acqua che deve rivelarci quella configurazione, che corrisponda esattamente ai dati forniti dalla tavola » (1). E qui egli aveva pienamente ragione: questo appunto doveva essere il primo compito di coloro che cominciarono a studiare la tavola dal lato topografico: andare sul terreno. Ma per quanto questa fosse un’idea molto semplice, suggerita dal buon senso, anzi dal senso comune, pure soltanto il Poggi ebbe il merito di averla messa in esecuzione sul serio, e con un’acconcia preparazione. Egli tuttavia non fu mosso a scrutare la tavola di bronzo dal solo fine di risolvere sul terreno la questione topografica chi vi si riferisce; bensì anche e soprattutto dal desiderio di applicare e saggiare un metodo di investigazione fondato su certi suoi cri-terj personali totalmente diversi da quelli comunemente seguiti nello studio della storia ligure preromana. Furono precisamente cotesti criterj che lo indussero ad allargare il campo delle sue indagini. Il Poggi ripudia anzitutto il « pregiudizio latino » dal quale — così egli scrive — « siamo fatalmente trascinati nello studio delle cose liguri antiche »; pregiudizio che consiste nel chiedere « all’erudizione romana spiegazione di tutte le cose nostre » (p. 22), nel « far nascere dai Romani un’infinità di cose, di fatti e di idee, che erano proprie dei Liguri e che i Romani tolsero da quelli » (p. 23), nel « far dipendere dalla civiltà romana le origini dei Liguri » (p. 24). In tal guisa egli è portato ad occuparsi del linguaggio dei Liguri primitivi, perchè « non si riuscirà mai a conoscere storicamente i Liguri se non arriviamo a conoscere la loro lingua » (p. xi); perchè « il dialetto ligure antico, diligentemente studiato può aprire nuovi e grandi orizzonti alla storia » (p. 29); perchè tale studio « ci condurrà a preziosi confronti tra i nomi e i costumi liguri e quelli degli altri popoli del Mediterraneo » (p. 31), e « porterà un forte contributo alla soluzione di un altro quesito, l’origine dei Liguri » (p. 32). « Adunque è verso il ligure primitivo » — egli dichiara — «che noi dobbiamo appuntare i nostri studj, se vogliamo comprendere i fenomeni sociali e politici che costituiscono il pi ili- ci) Genoati e Viturii; in Atti della Soc. Lig. di Stor. Pati·., Voi. XXX, pp. 33-34. — 8 — cipio, il substrato di tutta la nostra storia » (p. 26). Postosi sopra cosiffatto terreno egli non si perita di affermare che « non il ligure dal latino, ma il latino dal ligure: questo è per me il gran vero che deve presiedere alla ricomposizione della storia- primitiva » (p. 24); e tesse una lunghissima dissertazione, che comprende tutto il capo II con 155 pagine del volume, nella quale si prefigge, a quanto esplicitamente dichiara: « 1" Di stabilire la natura del dialetto ligure antico, e le sue forme primitive; 2° Dimostrare che il dialetto ligure è l’antico dialetto mediterraneo di cui la lingua greca fu la più splendida estrinsecazione; 3° Dimostrare che questo antico dialetto mediterraneo è il substrato linguistico su cui si formò il latino, e poi tutte le lingue che vanno sotto il nome di lingue neolatine » (p. xn)· L’assunto del Poggi è certamente molto ardito trovandosi in perfetta contraddizione con tutto il poderoso movimento degli studj glottologici romanzi che fa capo a Federico Diez, ed affluisce da un pezzo in una scienza ben assodata e dogmatica che ha cultori e cattedre ufficiali in gran numero e vanta fra i suoi astri maggiori nomi come quelli di Gaston Paris, Graziadio Ascoli, Giovanni Flechia, W. Meyer-Liibke, Ferdinand Brunot, ecc. Ed è un assunto altrettanto arduo quanto ardito, perchè, mentre il latino è noto, ed esiste un sistema di derivazione dal latino delle lingue neolatine, ben determinato e verifica-bile in tutto il territorio delle cosidette nazioni latine — sistema costituito appunto dagli studj sopra accennati — il ligure antico è affatto ignoto. Ma il nostro autore non si scoraggia, poiché egli parte dal presupposto che « il dialetto ligure antico esista nei nostri monti », ed assicura che « sarà uno dei compiti più belli dell’alpinismo ricercarlo e ricomporlo, allo stesso modo che l’alpinista botanico coglie e classifica le specie rare di una flora che sta per scomparire (p. 29). « Il dialetto montanino » — soggiunge — « ha subito più trasformazioni negli ultimi cinquantanni, che non ne subì in venti secoli prima » (p· 30). Bisogna eliminare » — egli rincalza — « una idea falsa che è finora radicata nella mente un po’ di tutti, che il dialetto sia alterato, e non sia più possibile rintracciarne le origini » — mentre invece — « il dialetto e specialmente quello della montagna è meno corrotto di quanto si crede; intendo parlare del dialetto come si parla, non del dialetto come si scrive,». Ma in qual guisa egli procede per accertarsi che una parola dialettale venne i noi effettivamente dalla remota antichità ligure? « Per affermare » - così dice - « che una parola del dialetto vivente appartiene al ligure antico io esigo tre condizioni: 1° Che sia parola di carattere primitivo, e con ciò intendo dire che si riferisca alle manifestazioni più semplici della natura; 2° Che sia parola diffusa nell'Appennino e nelle Alpi, in modo da poter ritenere che fosse d’uso generale fra i Liguri antichi; 3° Che abbia una chiara corrispondenza nelle lingue antiche e preferibilmente nel greco; perchè se la corrispondenza fosse solo nel latino potrebbe essere un suo derivato » (p. 54). Interviene qui dunque un elemento nuovo, la lingua greca, di cui il Foggi si vale largamente adoperandola come strumento d’indagine, come pietra di paragone, come filo conduttore e sussidio necessario nella ricostruzione del dialetto ligure primitivo. « In generale » — egli nota — « la linguistica ricoire al sanscrito, ma con ciò si va troppo in alto e non si raggiunge lo scopo. Anche le lingue germaniche fan capo al sanscrito, e quando avrò sta-\ hilito le ìelazioni del ligure antico col sanscrito avrò dimostrato ciò che è noto, e non avrò fatto un passo verso il mio scopo finale, che è di sapere se il ligure appartiene alla famiglia dei popoli mediterranei o dei popoli nordici. 10 cerco una lingua che corrisponda non solo nelle radici fondamentali, ma che riproduca esattamente gli stessi fenomeni morfologici, gli stessi atteggiamenti del pensiero, per cui si possa dire che il popolo che la parlava, avendo comune col Ligure il pensiero, il suono, l’accento era del Ligure un popolo fratello. E la lingua che meravigliosamente corrisponde esiste; è la lingua greca » (p. 50). E questo è un altro dei presupposti sui quali l’autore innalza 11 suo edifizio. La lingua greca — continua — « ci darà la spiegazione di tutte le più piccole sfumature del nostro dialetto. Essa è perfettamente nota nelle sue leggi fonetiche e morfologiche; è facile decomporre il vocabolo greco in tema e desinenza, staccando le preposizioni e i suffissi. Analogamente si decompongono i nomi liguri, e se ne trova la radice, e se ne conoscono a poco a poco le desinenze finali, e i loro particolari significati. Con questo procedimento si viene a scoprire che la maggior parte dei misteriosi nomi liguri corrispondono ad altrettanti vocaboli greci » (p. 51). In tal modo il Poggi lavora con assidua e tenace applicazione a scomporre, sviscerare, comparare, differenziare, derivare, reintegrare, ricomporre parole su parole, e fissa un buon numero di vocaboli primitivi riguardanti la terra, l’acqua, i fiumi, i torrenti, i monti, i gioghi, le catene montuose, le cime, i poggi, le valli, i luoghi abitati e coltivati, le strade, le pianure, i castelli, le caverne, le capanne, le abitazioni, i campi, i prati, gli orti, i pascoli, le piante, i frutti, i fiori, gli animali, il mare, le navi, i mercati, il popolo, il forestiero, la famiglia, ecc., e dà le origini, le radici, le etimologie di una moltitudine di voci spettanti alla toponomastica ed alla cognominazione. Bisogna riconoscere che egli è un profondo ricercatore di etimologie: il suo metodo, lungi dall’essere facile e fanciullesco come il metodo di coloro che, per esempio, derivano Lucumone da lo comune, Molassana da mora sana, Arenzano da aria sana, ecc., entra nella sostanza delle cose, di cui coglie il lato fondamentale. È veramente portentosa la sua facoltà di trar fuori il nocciolo primitivo, o quello ch’egli ritiene tale, dalle parole dialettali. È anche vero ch’egli usa molto largamente, forse abusa del greco, ma non si può disconoscere la sorprendente abilità colla quale trova la voce o la radicale greca che fa servire al suo scopo, e la felice maniera colla quale fa balzare il vocabolo dalle condizioni naturali dei luoghi. — ίο — Qualche volta la decomposizione ch’egli fa delle parole in particelle aventi ufficio di radicali primitive somiglia troppo a quella di cui era maest)o, pei i suoi scopi umoristici, il Gandolin; e sembra che entrambe siano piuttosto effetto di combinazioni casuali di suoni, anziché di associazioni naturali e determinate di idee. La sua costante cura, che diviene poi una vera smania, di derivale i nomi locali da parole arcaiche, ch’egli crede uscite dalla profondità dei secoli, e delle quali trova il riscontro nel greco, lo conduce sovente a rendei e ìemota e difficile l’etimologia di denominazioni la cui origine parrebbe ben più recente e più semplice. Per esempio, egli scrive: « Cape, era lo staggio in mezzo alla pastura; in greco ν.ά-η. Corrisponde ap^ossimativamente a ciò che nelle Alpi con termine antico si dice: marginerei. Io traduco Cape-nardo la marghieia del nardo » (p. 127). Ma sembra a me che Capenardo, nome di una località mon tuosa in vai di Bisagno, possa più facilmente derivare, come, se ben ricor o, intesi nel luogo stesso, da Cd Benardo, in dialetto genovese, che significa asa Bernardo. I due presupposti sopradetti, sui quali il nostro autore basa la sua costruzione linguistica, non paiono avere gran consistenza; poiché pe ^ stringermi ad una sola obbiezione — se fosse vero, secondo egli ammette co pri mo di essi, che il dialetto ligure primitivo esistesse ancora fra i nostri mon 1, non si saprebbe comprendere come mai fosse scomparso l’idioma etrusco, e perchè mai non si parlasse tuttora greco a Siracusa, Girgenti, Taianto e in altre città già colonie schiettamente elleniche, famose per il rigoglio e g l splendori della loro vita. Se linguaggi, come l’etrusco ed il greco, veicoi i civiltà di tanto superiori a quella dei Liguri, hanno ceduto al latino, a P1U forte ragione parrebbe che avesse dovuto cedere la parlata delle antiche ìozze popolazioni liguri, specialmente dopo le devastazioni cagionate dalle seco ari guerre combattute dai Romani per sottomettere quelle genti, ed altresì in con seguenza dei feroci procedimenti usati dai vincitori contro i vinti. Vien vog ia pertanto di credere che il presunto antico idioma ligure del Poggi non sia in sostanza che il dialetto ligure attuale, e più particolarmente il genovese, classificato dall’Ascoìl fra i dialetti gallo-italici, di provenienza neo-latina. Tanto più che, mentre la maggior parte dei glottologi moderni rifiuta di am mettere l’antico ligure fra le lingue indo-europee, o, per dir meglio, non tiova documenti per poter affermare che il ligure originario fosse una lingua indo europea, il Poggi invece, colla moltitudine dei riscontri che stabilisce fia i greco e l’idioma da lui considerato come ligure primitivo, non proveiebbe nient’altro che la natura indo-europea di esso idioma. È lecito pensale che i medesimi o consimili riscontri o nessi si potrebbero interporre fra il gieco e le lingue germaniche, ovvero fra il greco e qualunque altro linguaggio spet tante alla famiglia indo-europea. Se il nostro Gaetano, invece che genovese, fosse stato, a cagion d’esempio, sardo o napoletano, avrebbe egli parimente - 11 — riguardato'il ligure come lingua madre dei popoli mediterranei? C’è quasi da pensale che egli, tanto abile nell’escogitare rapporti di corrispondenza fra il greco e il suo dialetto ligure, egli, che in siffatto esercizio dimostra di possedere, per dirla con frase dantesca, « lacciuoli a gran divizia », avrebbe dato prova di eguale abilità per mettere in relazione il greco col sardo o il napoletano, e probabilmente concluso coll’assegnare all’uno o all’altro di questi dialetti, ossia alle loro immaginate forme arcaiche, il primato che concede al ligure. Cosicché neppure il secondo dei suoi presupposti, quello cioè che ammette la stretta parentela tra il greco ed il ligure, ha efficacia di prova specifica per l’assunto dell’autore; perchè, dato il modo secondo cui questi predispone il sistema di corrispondenza fra i vocaboli greci e liguri — modo nel quale l’arbitrarietà della scelta è abbastanza lata — sarà sempre possibile determinare un analogo sistema di corrispondenza fra il greco e qualunque altro linguaggio indo-europeo (1). Ma allora quale valore rimane allo studio linguistico del Poggi? Prima di rispondere a questa domanda io debbo far osservare — cosa alla quale ho già accennato poco fa — che, nonostante le ampie premesse e le generali conclusioni, tutta l’ermeneutica del nostro autore si esercita esclusivamente sopra vocaboli pertinenti alla toponomastica. Tutto il vocabolario del suo presunto ligure primitivo, che è riuscito a mettere insieme, consta di un ottocento voci all’incirca, fra nomi comuni e propri, che riguardano la conformazione del suolo (1) Può riuscire istruttivo il mettere a confronto colle idee del Poggi intorno all’idioma dei Liguri primitivi, le conclusioni alle quali perveniva circa lo stesso argomento il prof. Angelo Maria· Pizzagalli, incaricato di sanscrito presso la E. Università di Genova, in una lettura sui Liguri antichi da lui fatta a palazzo Bianco nell’aprile dell’anno corrente 1921. Ecco come esprimevasi il Pizzagalli: « Non credo di andar molto lontano dal vero negando alle popolazioni Liguri viventi sull’Appennino prima della conquista romana il possesso di una vera e propria lingua. Ogni tribù dì questi Liguri avrà parlato un idioma suo proprio, forse incomprensibile agli abitanti di tribù non limitrofe. Queste parlate non sostenute dall’uso della lingua scritta furono incapaci di lottare col greco e col latino, le lingue dotte degli invasori, cedettero a poco a poco terreno, scomparendo ben presto senza lasciar traccia, chè troppo scarso ed esiguo residuo di antica lingua parali il soffisso asco, il nome Bodenco e qualche altro, che si potrebbe a buon diritto chiamar ligure. La linguistica adunque ci conduce a negare l’esistenza di una lingua antica ligure vera e propria come espressione di una civiltà distinta, e ad ammettere invece l’esistenza di varie parlate rudimentali molto diverse fra tribù e tribù, come si trovano fra le tribù selvagge. Già da tempo il Keinach avvertiva che l’umanità primitiva dovette avere un numero infinito di linguaggi..... Porse lungo la costa ci fu qualche accenno a una fusione de’ varii linguaggi, fusione di cui la toponomastica ha serbato probabilmente qualche traccia. Quando i Liguri furono tanto civili da aver bisogno di una lingua comune, di una lingua franca, il latino si offerse loro ed essi lo accettarono, e davanti alla lingua di Roma, le rozze pallate risalirono le valli e a poco a poco scomparvero; ma la lingua di Eoma a sua volta si trasformò, divenne di romana latina, di latina romanza, e romanzo è ora il dialetto, o meglio i dialetti della Liguria..... » (Dal manoscritto di detta lettura, ohe il prof. Pizza- galli acconsenti molto cortesemente a favorirmi in esame). (monti, piani, valli, caverne, ecc.), i corsi d’acqua, il mare, i venti, alcuni animali e piante coi loro prodotti e frutti, le terre coltivate (pascoli, oiti, campi, ecc.), le strade ed i luoghi abitati. Egli raccoglie tutte queste voci, parecchie delle quali si riproducono in parole francesi, tedesche, inglesi e spaglinole, sotto 56 radici, che vorrebbero essere la quintessenza del dialetto liguio primitivo. Ora, prescindendo dalle idee del Poggi intorno a siffatto dialetto, si tiat-ti di ligure arcaico o di neolatino o di latino o di greco o di celtico o di un originario linguaggio proprio agli antichissimi popoli mediterranei, è incontestabile che una moltitudine di nomi dì luoghi hanno la radicale o la desinenza .0 altra parte in comune, e che quindi uno stesso concetto o uno stesso fatto ha presieduto alla formazione di essi. L’aver messo in rilievo, per ogni gì uppo di nomi, codesto comun denominatore e Taverne approfondito il significato, costituendo così un sistema di suoni o di voci fondamentali suscettibile di spiegare l’origine degli innumerevoli appellativi, a noi pervenuti dalla più remota antichità, con i quali si distinguono i monti, i corsi d’acqua, i paesi, ecc. ecc., è cospicuo merito di Gaetano Poggi. Il valore pertanto del suo tentativo linguistico è, secondo me, principalmente rappresentato da esso sistema, che potrebbe servire di base ad uno studio scientifico di toponomastica. La Società Ligure di Storia Patria ha iniziato in quest’anno una 1 accolta di voci toponomastiche per tutta la regione ligure, secondo un disegno unifoime e modalità determinate; lavoro lungo e di tarda scadenza, il cui buon esito dipende dal concorso e dalla collaborazione di una falange di studiosi di buona volontà, e che quando riuscisse ad essere condotto a compimento, potrebbe confermare o meno i risultati ottenuti dal Poggi, e stabilire così in modo definitivo il valore dello studio di lui sotto il rispetto toponomastico. L’opera del Poggi trovò critici severissimi fra gli specialisti di glottologia, i quali ebbero buon giuoco contro di essa appoggiati saldamente, com eiano, al superbo edifizio innalzato dagli studj di filologia romanza dal Diez in poi. Il meno che poterono rinfacciare al nostro etimologista fu la ignoranza così dei risultati conseguiti come del metodo adoperato in codesti studj, e quindi 1 assoluta incompetenza di lui ad occuparsi di cose linguistiche. Con siffatta pregiudiziale non si degnarono neppure di prendere in esame le idee del Poggi. « La scienza » — dichiarava solennemente uno di loro, il prof. E. G· Parodi dell’istituto di studi superiori di Firenze — « di tali elucubrazioni fa giustizia sommaria: non si ferma nemmeno a discutere; e invero sembrerebbe a tutti assai singolare se un astronomo o un chimico perdessero il loro tempo a confutare un astrologo o un alchimista, smarriti nel nostro secolo » (1). Giuseppe (1) E. G. Parodi, Recensione; in Giornale storico e letterario della Liguria, anno I, 1900, pp· 392- 394. ; \ - ,. - 13 — 1' lechia poi definiva risolutamente il lavoro del Poggi « un vero oltraggio alla storia ed alla glottologia » (1). tale modo di sentenziare e condannare sembra a me troppo spiccio; e per quanto quel terribile Aristarco che fu Ferdinando Gabotto, implacabile demolitole di quanti non la pensavano come lui, giudicasse la recensione del Parodi « giustamente severa » (2), pure io stimo che sarebbe stato più giusto, più persuasivo e, mi si lasci aggiungere, più urbano, se i due illustri critici su citati fossero entrati, come si dice, nel merito della questione discutendo gli argomenti dal Poggi recati in favore della sua tesi e contrapponendo, almeno in via d’esempio, a qualcuna delle molte derivazioni da lui architettate e desunte dal supposto ligure primitivo, la derivazione dal latino (3). Il tartassato nostro consocio chiamava siffatti metodi critici, metodi da Sant’Uffizio, e non aveva torto; poiché nel mondo dottrinario moderno, in cui prevale, così nella religione come nella scienza, il libero esame, non è più acconsentito di risolvere le questioni col solo principio di autorità. Del resto, nella palestra degli studj ci furono sempre i ribelli contro i dottrinari ufficiali, gli eretici contro i dommatici, gli eterodossi contro gli ortodossi; e ciò nell’àmbito delle stesse scienze meglio sicure e costituite. Tali contrasti riescono anzi utili, e direi necessarii Per 1° sviluppo delle scienze, perchè sono incitamento e molla all’indagine, lievito e germe di progressi, occasione e veicolo di scoperte e di invenzioni. Nel campo poi degli studj glottologici, specialmente per tutto quanto si attiene alle origini, alle connessioni, alle parentele dei linguaggi, rimane un larghissimo margine dove non si può per ora procedere se non per via di congetture e di ipotesi. Nonostante le conclusioni della glottologia ufficiale sulle lingue e i dialetti cosidetti neolatini, anzi in contrasto con le medesime conclusioni, numerosi scrittori si occuparono, prima e dopo del Poggi, di tali linguaggi in relazione ai popoli che abitarono un tempo i territori dove essi presentemente si parlano, ed ai Liguri principalmente, senza che perciò cadessero sotto gli anatemi della scienza universitaria (4). (1J Giuseppe Flechia, Manipoletto di etimologie liguri (Estratto dagli Appunti lessicali e toponomastici «diti da T. Zanardelli: Punt. 2a), Bologna, Ditta Nicola Zanichelli, 1901; pp. 8. (2) In Bollettino storico-bibliografÙM subalpino, anno V, p. 113 (Bibliografia sistematica n.0 2590). (3) A vero dire il Flechia fa questa contrapposizioni per l’etimologia di Arengen (Arenzano), ma in modo troppo sommario e spregiativo. Ved. G. Flechia, Op. cit., p. 4. (4) Idee analoghe a quelle di Gaetano Poggi intorno ad un'originaria diffusione della stirpe ligure lungo le prode del Mediterraneo ed alla conseguente esistenza di un’antichissima lingua mediterranea base del greco, del latino e delle parlate così dette neolatine, sono sostenute da D’Arbois de Jubainville (Les primiera habitants de l'Europe), secondo il quale i Liguri sarebbero i primi abitatori dell'Europa occidentale fino alle estreme regioni nordiche. L’invasione dei Celti avrebbe poi respinti e confinati i Liguri nella contrada all», quale questi ultimi legarono il loro nome. Le stesse opinioni sono ammesse da Camili.u Jullian (Histoire de la Gaide) e da altri recenti .scrittori francosi, fra i quali torna a proposito di citare con qualche larghezza Louis Fu nel, autore di un vivace scritto intitolato: Le-s vrais ancélres de la Patrie Fram-aise, Essai llistorique et linyuistìque sur la race — 14 - L’ostile critica fatta allo scritto del Poggi da glottologi del valore del Parodi e del Flechia fa un grave colpo contro la reputazione scientifica di esso scritto, specialmente presso le persone più colte; molte delle quali, dopo un responso di specialisti tanto autorevoli quanto i sopradetti, si ciedetteio in diritto e in dovere di non dare al lavoro del nostro consocio nessuna consideia-zione e di tenerlo quasi in ispregio, senza averlo letto. La natili a degli uomini ligure d'après des docilmente anciens et la tradit ioti populaire, publié par l (Juion amicale de l enseigneme primaire latque des Alpes Maritìmes, αιι bénefice de ses Oeuvres de guerre (Nice, au Sii (le 1 Uni i Ecole Notre Dame, rue d’Italie, mcmxvii). Il Funel annovera fra le lingue indo-europee « l’ambronìque, idiome hypotlu tique des p u ancieas Indo-eutopéens oceidentaux, c’est-à-dire les Ligures, dont il ne reste aucun monument coi > mais que de nombreux vooables provemjaux montrent cornine ayant été une langue fcuiant de prè aux dialectes orientanx et qui aurait été la souche commune du gadéhque et du latin archaiqu , dont la parente a été reconnue, et de leurs sous-gimipes ombrien et brittonique, qui sont les tèmo' d’une évolution linguistique postérieure » (p. 8). E si chiede: « Qui etaient ces mystéi ieux Ligur Leur origine est restée jusqu’ à nos jours une énigme iudéchiffrable et dont la solution \a com j -une large lacune dans notre préhistoire. On se rendra compte de la valeur inestimable des ìen gnements fournis par nos parlers, en se rappelant que la race ligure a véritablement peuplt tou l’Occident européen, qu’elle y a apporté les premiere rudiments de la civilisation indo européen > imposé une nomenclature géographique encore en usage et que, malgré tant il invasione successiv > tant de ravages, tant d’incessantes et dùres épreuves, elle forme encore la glande majoiitt < e population fran<,aise....... Qui étaient dono ces Ligures, demanderò»s-nous de nouveau, qui Pelj| _ rent et défrichèrent les premiers le sol de la Grande Ligurie préhistorique? Une réponse est aujouu faite a cette question par la bouche de leurs descendants des Alpes-Maritimes. ce peuple foima vantgarde des Indo-Européens vers l’Occident; il sereliait aux Pré-Slaves d Oiient pai Ics ΙΠ31 et les Thraces, ses congénères, établis dans la péninsule balcanique, et c’est de cette souche pi ti ve que procédent les Gadéliques d’Irlande et les vrais Latins, Prisci Latini, issus des Li0 Sicules qui habitèrent les Sept Collines de Rome, avant l’invaàion des Ombres » (p· 1-)· » quindi: ♦ Je ne puis, dans le cadre étroit de cette étude, fournir toutes les preuves dicisives, q font définitivement. table rase d’une prétendue latinisation de la Gaule après la conquiste ionia et qui établissent d’une manière irréfutable que, sous la couche purement gauloise et d impoitan décroissante du nord vers le midi de la France, les Romains trouvèrent en Gaule des peuples, ass par les Gaulois, qui se rattachaient au groupe latin par des liens raciques étroitement seni s... (l In quanto poi alle relazioni tra il ligure primitivo del Poggi e le lingue neolatine da ^ ^ parte, ed il greco dall’altra parte — relazioni sulle quali il nostro consocio stabilisce il più sue etimologie — citerò, oltre l’abate Espagnolle (L'origine du franqais, Paris 1SS6, Delagiav· ) licor dallo stesso Poggi (Atti, XXX, p. 51), un autore ben più recente, il Lefebvbe de Montjoi e . gures et les premiers habitants del'Europe occidentale, I>urs ternies géographirjues: Bergei-Levrault, teurs, Paris-Xancy, 1913). Già l’Espagnolle aveva dimostrato, a modo suo s intende, che il fon del francese non è latino, che * plus de la moitié, les deux tiers au moins, se refosent à descen du latin », e che nella parte ritenuta d’origine celtica, «un fait frappe d abord : c’est la sui PKnau^ quantité de mots grecs qu’on y rencontre ». Il Lefebvre sostiene che tutti i termini geogiafìci c c l’Europa occidentale hanno un’origine unica: « tous dérivent des vieux dialectes grecs éoliens 0 riens: un soutle éolien-dorien a passe sur l’Europe; les vieux termes géographiques, nomsdecouis d’eau. noms de montagnes, noms de tous les anciens petits peuples· de la Gaule, de la Gei manie, de l’Ibérie, aussi bien que de l’Italie et de la Scythie, en sont la preuve. Ce ne sont pas de 'sagues racines composées de deux ou trois lettres et qualifiées indo-européennes. qui ont forme ces tei nies, mais bien du grec grammatical * fp. 31). Egli narra: * Longtemjps avant l’invasion de la Cispadane par les Celtes de la Gaule, Ics Ligures avaient eu à lutter contre d’autre envahisseurs dont le iòle — 15 — è sempie così pecorilmente servile, che, malgrado la libertà scientifica dei nostri tempi, molti studiosi giurano ancora in verba, magistri, senza darsi pensiero di piender diretta cognizione delle co.se sulle quali giudicano con l’altrui testa. Ne venne inoltre anche biasimo alla Società che aveva pubblicato l’opera del Poggi; il quale, dal canto suo, sfiduciato, smise il proposito di continuare e completare, come aveva promesso, i suoi studj sul dialetto ligure primitivo (1). Ma la critica dei due sopradetti glottologi fu anche per un altro verso perniciosa al lavoro del nostro consocio; poiché, oltre a non conferirgli nessun pregio neppure dal lato toponomastico, si restrinse ad esaminare solamente e -- ( K et l’influence n’ont pas été prisen suffisante considération. Nous voulons parler des Pelasges-Doriens qui, sous la conduite d’Hercule ancien, parcoururent et soumirent l’Europe occidentale. Bien que transmise sous forme mythique, cétte invasion est des plus réelles et elle eut certainement une in-fluence capitale. Ce sont ces Pelasges-Doriens qui ont apportò aux anciennes populations les éléments d’une civilisation plus avancée et laissé sur toute l’Europe une profonde et ineffaijable empreinte; ear il ne s’agit pas là d’une invasion passegère qui ne laisse derrière elle que des ruines; c’est au contraire un élément de civilisation et de progrés que le conquérant apporte avec lui » (p. 100). I nostri vocaboli toponomastici, invece che appartenere al linguaggio dei Liguri primitivi, ceppo del greco e del latino, come crede il Poggi, od avere derivazione in parte ligure ed in parte celtica, come propugna il D’Arbois de Jubainville, sarebbero d’origine schiettamente pelasgica, cioè greca, secondo il Lefebvre de Montjoye: ma ciò che importa osservare è che tanto questo autore quanto il nostro ammettono la stretta parentela o l’affinità di essi vocaboli con l’idioma greco. Come si vede, il nostro Gaetano ha parecchi e buoni compagni fra gli eretici della glottologia: nel campo poi degli ortodossi, non parrebbe che l’opinione di lui intorno all’esistenza di un’antica parlata comune ai popoli mediterranei, sia tanto stravagante quanto si è voluto far credere, se si considera, a cagion d’esempio, che un dialettologo assai apprezzato, Pier Enea Guarnerio, rilevava ohe alcuni fenomeni molto caratteristici sono comuni ài dialetti delle tre maggiori isole italiane — Sicilia, Sardegna e Corsica — il che accennerebbe, secondo il prof. Patroni, ad un’arcaica unità linguistica siculo-tirrenica (Si esamini la Commemorazione di P. E. Guarnerio letta dal Μ. E. prof. Giovanni Patronitnclla. adunanza del 28 aprile 1921, in Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, Serie II, voi. LIV, fase. VI-X, pp. 322-351). Diverse altre cose avrei da aggiungere special-mente . circa le incertezze e le disparità dei glottologi (si confrontino, per esempio, le conclusioni del-l’Aseoli con le opinioni recentemente emesse dal Salvioni, poco prima della sua morte, sul dialetto 'adino), ma questa nota è già fin troppo lunga, e perciò me ne astengo. (1) Non tutti i recensori dell’opera di G. Poggi furono così severi verso di essa come il Parodi ed il Flechia, anzi taluno non le lesinò le lodi. Sentasi quanto ne diceva P. Lugano in Rivista storica italiana, anno XVIII, X. S. voi. VI, 1901, pp. 115-11S: « Ecco un libro destinato a portare un po’ di rivoluzione nel mondo scientifico e letterario..... Il tema vasto, difficile e finora inesplorato e del tutto nuovo è svolto con ampiezza e sodezza di dottrina, con grande apparato di osservazioni topografiche e linguistiche e con un criterio giusto, razionale,, ben stabilito e veramente scientifico..... Lo studio del eh. P. è originale, dotto e degno di plauso. L’idea di cercare una lingua anteriore al greco ed al latino sotto il dialetto ligure, come non dispiacque ad altri, è da noi molto accarezzata. Troviamo infondato il giudizio di altri, che vide poco concludente la parte comparativa tra il ligure antico e la lingua ariana {Civiltà Catt., serie XVII, voi. XI, quadei'. 1205, 1° sett. 1900, pp. 601-602): poiché si riserbò FA., di provare a suo tempo come lutto il procedimento morfologico si corrisponda nel dialetto ligure e nella lingua greca, ecc. (Atti, voi. XXX, p. 51)..... Mentre ci rallegriamo col eh. A., del dono regalato alla scienza, aspettiamo con grande ansietà gli altri volumi che completeranno quel quadro storico ch’egli ha delineato a magistrali pennellate..... ». — 16 - superficialmente la parte linguistica di esso, trascurando tutto ciò che vi si tratta sulla delimitazione dei territori ai quali si riferisce la tavola di bronzo, sui loro abitanti e sui rapporti di possesso fra territori ed abitanti. Mentie nelle intenzioni del Poggi, lo studio del dialetto ligure arcaico non era, per rispetto alla tavola di Polcevera, che uno studio preliminare destinato a procuiaigli gli strumenti per la migliore interpretazione di essa tavola e non aveva quindi, malgrado la sua estensione e l’importanza che l’autore gli assegnava per la storia dei Liguri antichi, che un valore accessorio in rapporto alla illustrazione della tavola medesima, divenne invece nella critica del Parodi e del Mechia quasi l’unico ed esclusivo oggetto del volume. Cosicché le/trattazioni topografica, storica e giuridica, che formano le parti principali di*detta illustrazione, andarono presso l’opinione del pubblico, certo senza malevola intenzione dei critici, coinvolte nel biasimo inflitto da costoro alla parte linguistica. Ή ciò fu una immeritata ed ingiusta offesa toccata al nostro autore; l’opera del quale sotto i tre aspetti suddetti è condotta con sicurezza di criteri desunti da una perfetta conoscenza del terreno, con abbondante ed illuminata considerazione di fatti e di ragioni attinti alla storia romana e medievale, e con singolare perspicuità di vedute; talché viene ad essere il più completo ed esauriente e, starei per dire, il definitivo commento alla importante sentenza incisa nella tavola di bronzo. Quel che è ammirabile nel Poggi si è che la sua opera di storico non fu soltanto esercizio di tavolino, frutto cioè di pensiero maturato fra le paieti di un gabinetto di studio o tra gli scaffali di una biblioteca, ma si svolse anche nell’aperta campagna, fra i monti, o lungo le prode marine, nello stesso ambiente naturale che fu teatro degli avvenimenti da lui investigati; ed ebbe a spettatori, a giudici, a collaboratori numerosi gruppi di studiosi e di dilettanti, che lo accompagnavano nelle sue escursioni storico-alpine. La carica di presidente della Sezione genovese del Club Alpino Italiano lo mise, come ho già accennato, in grado di organizzare in grande e nel modo più efficace coteste escursioni, alle quali egli fissava a volta a volta la meta ed il programma, pei le quali dettava degli eruditi vademecum, nelle quali portava tutto un vigore ed un entusiasmo comunicativo di azione e di propositi. In tali escursioni tento, a quanto dice egli medesimo, la ricostruzione storica della nostra Liguria nell’epoca romana, non soltanto coll’ispezione diretta del terreno, ma sperimentando « l’erudizione al confronto colla natura », portando gli itinerari ed i ricordi lasciatici da Livio, da Polibio, da Strabone, da Plinio, da Tolomeo e da altri autori antichi, non che dalie iscrizioni sincrone, « al cospetto dei luoghi ». Così egli illustrò praticamente ai soci del .Club Alpino la sentenza della tavola di bronzo'ricalcando con loro a passo a passo i confini del territorio che essa circoscrive e divide; così percorse le due riviere e attraversò il suolo montagnoso della nostra regione lungo le traccie delle antiche vie romane e colla — 17 — scolta della Tavola Peutingeriana e deH’Itinerario di Antonino; così discorse le maiine liguii dal porto che si nomò già da Luni al porto una volta detto di Ercole ed ora di Monaco. Per siffatte gite storiche egli pubblicò, sotto gli auspici della Sezione liguie del Club Alpino Italiano, alcune dotte guide che costituiscono complessivamente la più ampia trattazione storica della preromanità e della romanità in Liguria, ch’io mi conosca; e porgono una somma di cognizioni, di deduzioni e di conclusioni molto utili ed interessanti, nonostante i discutibili criterj coi quali 1 autore le dà, le ricava e le stabilisce. Nella prima, intitolata La Polcevera 117 anni a. C., egli, dopo aver esposto il programma delle gite storiche promosse dalla Sezione suddetta — programma che abbraccia non solo l’epoca ligure primitiva e l’epoca romana, ma anche il Medio Evo, il Rinascimento e l’età moderna — riassume l’illustrazione della tavola di bronzo già data nella più grande monografia « Genoati e Viturii ». Come base e preparazione a questa ed a quella, il Poggi aveva già pubblicata, sempre sotto l’egida della Sezione ligure del Club Alpino, una carta topografica del territorio circoscritto dalla famosa sentenza dei fratelli Minucii, con a fianco la medesima sentenza secondo la lezione del Mommsen, e la versione italiana di essa. La seconda guida, col titolo Le due Riviere ossia la Liguria marittima nell’epoca romana, tratta anzitutto delle strade romane in Liguria, di cui si studia di fissare il tracciato discutendo, vagliando, sperimentando tutto ciò che ne scrissero gli autori greci, latini e medioevali; ragiona poi delle marine e dei porti del nostro littorale richiamando quanto ne dissero Strabone, Plinio, Livio, Tolomeo, ecc. e mettendo a riscontro le costoro memorie con quelle medioevali dell’Atlante idrografico Luxoro, della « Descriptio orae Ligusticae » di Jacopo Bracelli, non che della descrizione regionale data dal Giustiniani nei suoi Annali; e parla in ultimo degli antichi popoli delle Riviere, Intemelii, Ingauni, Sabazii, Viturii, Zenoeixi, Tigulli e Apoani. Abbondano in questo scritto le consuete etimologie care all’autore, derivate dal presunto dialetto dei Liguri primitivi; il che gli attirò.nuovamente gli strali dei critici universitari (1). Argomento della terza guida è La Tigullia, paese dei Tigulli confinato (1). Il prof. Gaetano De Sanctis, ordinario di storia antica nelPUniversità di Torino, in una sua recensione del volume del Poggi chiamava « esilaranti > le etimologie date in esso volume, ed aggiungeva che in questo « con gli svariasi linguistici hanno una larga parte le inesattezze storiche .. Ma nonostante ciò egli concludeva: « Tuttavia il libro del Poggi ha anche un certo valore. Vi sono sull’andamento delle vie romane e sulle loro stazioni alcune osservazioni fondate sulla conoscenza esatta dei luoghi e sul colpo d’occhio esercitato dell’alpinista, le quali meritano attenzione seria. Peccato però ohe questi fiori rischino di passare inosservati agli uomini di scienza, soffocati come sono dalle male erbe degli errori storici e filologici (Rivista Stoma Italiana, anno XX, voi. Il della 8* Serie, pp. 161-162). Il Poggi rispose per le stampe alla critica del De Sanctis (Ved. più oltre Pubblicazioni di G- Poggi, n. 13). ' 2 — 18 - dal Poggi fra Portofìno e Capo Mesco. In questo libro l’autore si occupa largamente delle origini storiche di Chiavari, Lavagna, Rapallo, Portofìno, Sestri Levante, Moneglia, Anzio e Levanto; e, dall’epoca romana trascorrendo ai tempi medioevali, parla del dominio dei Longobardi in Liguria, della contea di Lavagna, dei Fieschi, dei possedimenti dei vescovi di Milano nel golfo di Rapallo, del monastero di San Fruttuoso a Capodimonte, del traffico di Sestri Levante con Parma e la Lombardia, dei Da Passano feudatari, ecc. Una quarta pubblicazione destinata, come le tre precedenti, a servire di guida per una escursione ai luoghi da essa illustrati, è quella su Luni ligure ■etnisca e Luna colonia romana. Già nella monografia Le due Riviere, il Poggi aveva distinto il porticciuolo locale di Luni (portixeu, com’egli lo chiama con suoni sconosciuti ai dialetti della pianura lunense), posto alla foce della Magra, dal maggior porto ora detto golfo della Spezia, che i Romani denominarono porto di Luni perchè trovavasi in vicinanza di questa città. Nel nuovo scritto, dedicato intieramente a Luni, fa un passo innanzi, e, come già aveva ammesso due porti, così ammette due città sotto lo stesso nome di Luni: una, più antica, fondata dai Liguri, occupata poi dagli Etruschi invasori e rioccupata quindi dai Liguri, posta sul contrafforte montuoso che forma il corno orientale del golfo chiamato oggi della Spezia; l’altra, meno antica, colonia dei Romani, da costoro stabilita alla sinistra della Magra. L’ipotesi delle due Luni era stata già affacciata e sostenuta da altri scrittori, fra i quali Girolamo Serra, che colloca la vecchia Luni « probabilmente in fondo dello stesso golfo per poco ov’oggi è la Spezia »; e Francesco Corazzini, che la pone nello stesso golfo: mentre entrambi mettono la nuova Luni, colonia romana, presso la foce della Magra dove ancora se ne vedono alcune rovine (1). Il nostro autore assevera che « i testi romani distinguono Chiaramente le due Lune, chiamando l’antica Luna dei Liguri, Luna VEtrusca, Luna abbandonata, e la nuova agro di Macra, Luna fluvius Macra ed anche semplicemente Luna » (2). In tal guisa si spiegherebbe il passo di Strabone in cui è detto che tra Luni (cioè Luni ligure-etrusca) e Pisa, v’è la Magra; senza bisogno di ricorrere all’ardito supposto di Girolamo Guidoni, secondo cui questo fiume avrebbe in epoca relativamente recente deviato il suo corso verso ponente accostandosi al monte Caprione, per modo che Luni dalla destra sarebbe venuta a trovarsi alla sinistra di esso fiume (3). (1) Si riscontrino: Giholamo Serba, La storia della antica Liguria e di Genova'. Tomo I, Capolago MDCCCXXXV, Annotazioni al libro terzo, p. 436. Francesco Corazzici, Della situazione del porto etrusco di Luna; in Rivista Marittima, anno XVI, 1883, fase. XI, pp. 237-267. (2) Limi ligure etnisca e Luna colonia romana', in Rivista Ligure, anno XXVI, 1904, fase. II, PP· 96-101. (3) Veci. U. Mazzini, Uno scritto inedito di Gerolamo Guidoni; in Giornale storico e letterario della Liguria, anno I, 1900, pp. 423-435. - 19 - Io non ho agio di seguire qui le argomentazioni e di riferire le conclusioni del Poggi intorno a Luni, le quali ultime sono da lui riassunte nella Rivisto Ligure (1); noto soltanto che siffatta materia è discussa da una moltitudine di moderni scrittori, e così variamente e con opinioni tanto discordi e disparate, sebbene tutti invochino l’autorità di Polibio, Livio, Strabone, Plinio, Lucano, Mela, Persio, Marziale, Tolomeo, Frontino, ecc., che l’unica illazione sicuia che è lecito trarre da tali discussioni, si è che i brevi passi, riguardanti Luni, a noi pei venuti di questi antichi autori, si prestino colle loro varie combinazioni e in tei pi etazioni a dimostrare tutto quel che si vuole, il possibile come l’impossibile. L opinione del nostro scrittore è una delle tante che si possono sostenere ed ha, al pari della maggior parte di quelle ch’egli esprime sulla storia pre-ìomana e ìomana, un valore puramente congetturale, che non trova però nessun cónfoito di prova nei monumenti; imperciocché nè il monte Caprione nè i monti di Lerici e di Tellaro serbano traccie di antiche costruzioni, dalle quali sia lecito inferire che su di essi sorgesse l’immaginata Luni ligure-etrusca del nostro consocio (2). Alla passione per gli studj storico-alpini il Poggi congiunse la passione per la vita pubblica, e l’una intrecciò coll’altra per modo che, mentre la sua attività di studioso, di ricercatore e di illustratore delle antiche memorie lo fece conoscere nei ceti medi e gli aprì la via alle cariche pubbliche in Genova, 1 attività da lui poi esercitata in esse cariche tornò a singolare vantaggio ed incremento dell’opera sua di storico e di archeologo. Entrò nella palestra degli uflici pubblici l’anno 1889 colla elezione a consigliere del Municipio di Arquata Scrivia per la frazione di Rigoroso, e fu tosto nominato sindaco dello stesso Municipio; carica ch’egli sostenne fino al 1895, nonostante la sua abituale residenza in Genova, per la quale era costretto a trasferirsi con periodica e onerosa vicenda in quel borgo, e che riprese, dopo essere rimasto nel lungo intervallo ininterrottamente consigliere comunale, nell’agosto del 1918 e conservò insino alla morte. Durante i trent’anni nei quali appartenne, sia come sindaco sia come assessore sia come semplice consigliere, al Municipio di Arquata, egli fu la (1) Rivista Ligure, an. XXVI, 1904, fase. II, pp. 96-101. (2) -Rovine di poco rilievo si vedono ancora su quei monti, ma sono avanzi di villaggi e casolari medievali, come Barbazzano, Portesone, S. Lorenzo (Ved. Francesco Poggi, Lerici e il suo castello, voi. I, Sarzana 1907, specialmente per le notizie intorno a Barbazzano a pp. 233-243). Neppure dal sottosuolo di essi monti vennero mai finora alla luce reliquie importanti d’origine romana e preromana. Giovanili Sforza, informatissimo e peritissimo quanto altro mai della storia di Luni, cosi giudica il lavoro di Gaetano Poggi sulla esistenza delle due Luni: « Nessuno degli argomenti ohe accampa riesce a persuadere. Non regge poi alla critica quello che scrive intorno a parecchi castelli de’ dintorni di Luni · (Bibliografia storica della città di Luni e suoi dintorni, Torino 1910, Estr. dalle Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, p. 27 ovvero 189 delle Memorie). 20 - mente direttrice e la guida sapiente di questo, e non trovò ai suoi progetti altro ostacolo che la ferrea necessità del bilancio di esso Comune. Un campo assai più vasto per l’applicazione delle sue numerose e scintillanti idee, piene di slancio e di avvenire, Gaetano Poggi trovò nell'azienda municipale di Genova, alla quale fu per la prima volta inviato come consigliere con voti 7302 nelle elezioni comunali generali del 15 gennaio 1905, seguite alla gestione del Commissario prefettizio Cesare Poggi. L’Amministrazione formatasi per effetto di dette elezioni ebbe a proprio sindaco il generale ing. Alberto Cer-ruti; e ad essa il Poggi fu aggregato, per voto del Consiglio comunale nella seduta del 9 marzo 1906, come assessore supplente in sostituzione di Roberto Ballestrero. Poco egli potè operare in questo suo primo ufficio municipale genovese, imperocché venne alcuni mesi appresso a cessare il predetto Consiglio per le dimissioni dei componenti di esso, e fu chiamato a reggere temporaneamente l’azienda comunale il Commissario prefettizio conte Angelo De Benedetti. Ma nelle nuove elezioni generali avvenute il li aprile 1907, il Poggi riuscì consigliere con voti 9211, e venne dal ricostituito Consiglio comunale nominato assessore effettivo il 29 aprile susseguente. Da questa data incomincia quel periodo di feconda operosità che diede al nostro consocio chiara ed imperitura fama di rinnovatore, di restauratore, di organizzatore di tutto quanto concerne la materia storico-artistica del Comune di Genova. Il suo assessorato si chiamò per la prima volta delle belle arti, ed a queste, considerate ed illustrate nel loro svolgimento storico, concesse tutte le cure, tutte le provvisioni di una direzione ricca di luminose iniziative ed operante con tenace energia ed inestinguibile ardore. Due furono le principali imprese del novello assessore: Luna riguardante il riordinamento o meglio la costituzione sopra un disegno organico del pari che grandioso del Museo civico, l’altra rivolta alla esumazione ed alla restaurazione di Genova mediovale nei suoi palazzi pubblici e privati. In quanto alla prima impresa, il Poggi, coadiuvato efficacemente da Commissioni di autorevoli ed esperti consiglieri, cominciò col distribuire il materiale storico-artistico già posseduto dal Museo, che aveva l’aspetto di una indistinta collezione di anticaglie, in tante sezioni dedicate rispettivamente alla preistoria, all’arte ed alla civiltà romana in Liguria (rappresentata sopra tutto dalla suppellettile raccolta a Li-barna ed a Tortona), alle cose medievali, alla marina, alle armi, alla topografìa locale, ai mobili ed alle stoffe (1). Inoltre egli diede inizio ad un nuovo ed organico assetto della raccolta delle memorie concernenti la lotta per l’indipendenza e l’unità italiana specialmente in relazione colla Liguria; raccolta collo-v cata poi nelle sale già in parte occupate all’ultimo piano di palazzo Bianco dalla (1) Ved. Gì use pi1 e Pessagno, Il nostro Museo civico; ili Gazzetta eli Genova, anno LXXXIII, n. 6, 30 giugno 1915. / . ■ — 21 — Soc'eà Liguio di Storia Patria, e costituita in un Museo a sè, chiamato del Risorgimento. Gettò le fondamenta o quanto meno preparò gli avviamenti o creò g i a entellati pei un Museo coloniale, per un Museo navale e per altri futuri sviluppi, ramificazioni e specializzazioni delle raccolte ora esistenti, non che p mielose opeiazioni attinenti alla conservazione ed alla restaurazione di quanto la storia e le belle arti accumularono in Genova nel corso dei tempi; tanto che il principale dei suoi collaboratori potè scrivere che durante l’assessorato del Poggi « furono messe le basi per il lavoro di un intero secolo » (1). Ma 1 intelligenza, l’originalità e lo zelo del nostro assessore rifulsero nella seconda impresa, quella consacrata a ricercare ed a metteremmo scoperto le bellezze dell arte medievale in Genova. Mediante scrostamenti di facciate, denudamenti di antichi muri dai rivestimenti e dalle sovrapposizioni posteriori, demolizioni di superstrutture sorte ed ammassate nei secoli come escrescenze maligne all’esterno ed all’interno dei massicci edifìzi che formano il dedalo dei vicoli della vecchia Genova repubblicana — lavori condotti con felice intuizione del risultato e con studiata circospezione — il Poggi ridonò alla vista degli attoniti Genovesi squarci di marmoree facciate, arcate di loggie eleganti, palamenti di muri con corsi alternati di pietra nera e di marmo bianco, colonne di portici un giorno aperti ai passeggieri, basi di torri dalle bozze robuste, fi-nestie dalle leggiadre colonnine, decorazioni ed ornamenti di delicata fattura, tutte cose che erano scomparse e seppellite nella fuga dei tempi sotto la prosaica eguaglianza degli intonachi o le ignobili chiusure di pareti elevate per cupidigia di spazio usufruibile e commerciabile. Sicché apparve come uno spiraglio atti averso il quale si può ora intravvedere quale fosse la Genova medievale che il Petrarca appellava « città di re » per le « marmoree magioni dei cittadini splendide al pari delle più splendide reggie » (2), e che Enea Silvio Piccolomini, il futuro papa Pio II. diceva superiore a Firenze ed a Venezia per l’aspetto grandioso dell’insieme (3). Peccato che gli scrostamenti del Poggi (1). 0. G. [Orlando Grosso], Gaetano Poggi; in Gazzetta di Genova, a. LXXXVII n ° 6 3Ó giugno 1919. (2) Ctiuseppe L’ racassetti, Lettere di Francesco Petrarca,' libro XIV, lettera V voi III pp. 320-3‘22. (3) A. Neri, Le impressioni di Enea Silvio Piccolomini intorno a Genova; in Bivista Ligure- anno 1911, pp. 57-74. Ved. anche Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi. XLVI, fase. I, pp. li-liii. Debbo aggiungere che l’ordinamento delle collezioni di palazzo Bianco e di tutto ciò che concerne la conservazione del patrimonio storico-artistico genovese venne, dopo l’assessorato del Poggi, integrato sviluppato ed ampliato principalmente da Orlando Grosso, ch’era, fin d'allora, per qua'nto col semplice grado di segretario specializzato, il capo effettivo dell’Ufficio di belle arti. Non è piccolo merito di Gaetano Poggi quello di aver chiamato nel 190S ad esso Ufficio il dott. Grosso; il quale, non soltanto ha saputo dare allo stesso Ufficio un assetto organico che può reggere al paragone con qualunque consimile istituzione in Italia ed all’estero, ma, con la sua attiva e feconda * — 22 — siano ordinàriamente limitati a piccole porzioni delle facciate e si palesino come semplici assaggi o delibamenti di quel che potrebbe esser fatto! Ciò è lungi dal dare un’idea generale dell’insieme, e lascia lo spettatore perplesso e scontento per l’insoddisfatto desiderio del tutto. Comprendo che molte difficoltà, fra le quali principalissima quella della grave spesa, si opponessero ad una generale restaurazione degli edifizi saggiati; ma, allo stesso modo che il Municipio genovese, pochi anni prima che il Poggi ponesse mano alla sua impresa, era riuscito a restituire, almeno in parte, l’antico aspetto monumentale ad un buon tratto del porticato di Sottoripa, così sarebbe stato opportuno che alcune delle facciate su cui il nuovo assessore alle belle arti esercitò con prospero successo il piccone indagatore, fossero ricondotte integralmente all’originaria bellezza, scegliendo quelle più tipiche e meglio atte a produrre un effetto estetico nel popolo. Il che avrebbe forse invogliato altri, privati ed enti pubblici, a seguire l’esempio del Municipio; mentre, pur troppo, finora l’iniziativa del Poggi è rimasta sterile, in quanto che nessun restauro venne ripreso e condotto innanzi sulle traccie da lui lasciate (1). Altri appunti si fecero all’opera sua, fra i quali quello di aver dato un’eccessiva, anzi un’assoluta, importanza alle costruzioni dell’età di mezzo, per modo che, senza curarsi affatto dei varj rivestimenti o strati d’intonaco che in talune facciate si erano sovrapposti nella successione dei tempi, e mirando esclusivamente a raggiungere l’apparato medievale, avrebbe sacrificato in qualche caso pregevoli pitture dei secoli XV e XVI. Fu inoltre censurato di essersi proposto ad ogni costo di mettere a nudo della pietra medievale, ossia dei massi squadrati ripuliti dall’intonaco, lino a scrostare talora la sovra struttura in mattoni che faceva parte integrante dello stesso rivestimento medievale. opera di scrittore d'arte e specialmente di illustratore delle memorie storiche riguardanti le belle arti ed i loro cultori in Genova e Liguria, ha acquistato riputazione, oltre che a sè, all’arte genovese di cui ha diffuso e diffonde instancabilmente la conoscenza per mezzo delle sue pubblicazioni. Dottore in legge, non che valoroso pittore, il Grosso unisce, cosa rara, ad un solido fondamento di cultura, l’esercizio e la perizia dell’arte del disegno. Egli venne dal Poggi espressamente inviato a Parigi nel settembre del 1909 per compiere studj nelle gallerie artistiche di quella città e prendere particolareggiate informazioni sull’ordinamento di esse; e ne ritornò dopo alcuni mesi con molte utili cognizioni, che gli giovarono per la sistemazione dell’Ufficio di belle arti, di cui è ora direttore di nome e di fatto, e per il migliore regolamento delle gallerie e dei musei di Genova. (1) Trovasi in progetto il restauro del palazzo dal Poggi chiamato del Podestà, e posto tra vico della Neve e piazza Soziglia, palazzo che vorrebbe diventare la futura sede della Camera di commercio e industria; ma chi sa quando il progetto potrà avere esecuzione! Vedansi: ■ Arch. Alberto Terenzio (E. Sopraintendente ai Monumenti per la Liguria), La nuova sede della Camera di Commercio e Industria di Genova nell’antico Palazzo del Podestà; Genova, 1920 (con sette tavole, compreso il frontespizio). Mario Labò, Il palazzo del Podestà e il suo restauro; in Gazzetta di Genova, anno LXXXIX> n.° 5, 31 maggio 1921. - 23 - Queste ed altre critiche non tolgono però nulla al merito del Poggi, che risalta maggiormente quando si consideri che egli, imperterrito e costante nell’opera sua, riuscì a vincere lo scetticismo dei più e a debellare perfino l’indifferenza aitistica del popolo minuto. Anche se non avesse raggiunto risultati concreti, che pur conseguì in parecchi casi malgrado di chi si ostina a non riconoscerli, egli potrebbe sempre vantarsi di avere imposto all’attenzione dei Genovesi il problema della restaurazione artistica della loro città, di aver tracciato un programma suscettibile del più rigoglioso sviluppo per effettuare siffatta restaurazione, e di aver infine suscitato un interesse duraturo per Genova medioevale. Il seme è gettato e dipenderà dalla applicazione e dalla perseveranza delle giovani generazioni il farlo. fruttare (1). Fia i lavori del Poggi intesi a ripristinare la bellezza delle opere monumentali laddove essa era stata offesa e deturpata, voglio ricordare la demolizione delle strutture che avevano diviso e ridotto una gran parte del vasto coitile di palazzo Rosso in una serie di stanzette per uso di uffici privati o di depositi; demolizione colla quale egli ridonò alla luce dell’arte ed ali’ammi-razione delle genti il magnifico colonnato che riempie lo sfondo di detto cortile (2). Di là dal quale egli inoltre, abbattendo alcune ignobili catapecchie che quasi s’addossavano alla superba magione dei Brignole-Sale dal lato di vico Cannoni e di via Maddalena, fece erigere un ampio padiglione dove fu poi allogata provvisoriamente la biblioteca popolare « Mazzini » (3). Molti altri utili provvedimenti, che sarebbe troppo lungo enumerare in queste pagine, egli fece, durante il suo fecondo assessorato, per la conservazione ed il ripristinamento delle bellezze così artistiche come naturali di Genova, per la esumazione, l’illustrazione e la volgarizzazione delle memorie storiche non pure di Genova ma di tutta la Liguria: geloso delle glorie e di quelle manifestazioni ch’egli stimava per glorie della nostra regione, cupido di esaltarle e (1) Dei restauri progettati dal Poggi venne compiuto quello del chiostro e della chiesa di S. Matteo, a lato della quale egli scopri il palazzo di Branca Doria; rimasero invece ineseguiti quelli della piazzetta di S. Matteo col palazzetto Doria, del palazzo del Comune, della torre dei Maruffi in Canneto e di parecchi altri edifizi. Egli aveva però già iniziati alcuni lavóri per una possibile trasformazione di quella piazzetta (Ved. Rivista Ligure, anno XXXI, marzo-aprile 1909, fase. II, p. 138). (2) « E vero che poi > — cosi osserva giustamente il nostro consocio ing. arch. Mario Labò — « a far pagar caro il beneficio, coperse il cortile con un solaio in cemento armato che filtra una triste luce di cantina; e snatura, anzi sopprime il chiaroscuro, cioè la vita dell’architettura. Ma è sperabile che un giorno o l’altro il Comune saprà dar del piccone anche nell’opera propria, e restituirà il cortile di palazzo Eosso alla sua antica bellezza » (Mario Labò, Studi di architettura genovese, Palazzo Rosso; estratto da L'Arte di Aldofo Venturi, anno XXIV, fase. IV, Eoma, 1921; p. 11). (3) Nelle intenzioni del Pòggi il padiglione era destinato alle Esposizioni di belle arti; ora invece, rimossane la biblioteca « Mazzini *, accoglie la Galleria d’arte moderna istituita sotto l’assessore alle belle arti prof. Giuseppe Vitali, e compiuta nel 1920. — 24 — di diffonderne ovunque la fama (1). Chi sa quali e quanti altri progetti della sua inesauribile immaginazione avrebbe tentato se, invece di rimanere assessore effettivo 39 mesi, chè tanto durò l’Amministrazione presieduta dal sindaco Da Passano della quale egli era parte cospicua, il nostro valoroso consocio avesse potuto ancora continuare nella sua carica. Ma l’alterna vicenda dei partiti politico-amministrativi della città di Genova, colle elezioni generali comunali del 31 luglio 1910, condusse al governo del Municipio uomini di parte avversa a quella del Poggi, il quale dopo d’allora non fu più rieletto (2). E ciò gli (1) Di Gaetano Poggi, assessore alle' Belle Arti, voglio qui, fra l’altro, ricordare l’opera da lui spesa per il monumento ai Mille dello scultore Eugenio Baroni inaugurato il 5 maggio 1915 a Quarto, monumento che, secondo afferma il prof. Moresco, sorse principalmente per volontà di esso assessore; e l’incarico della traduzione degli Annali genovesi del Caffaro allidato al poeta Ceccardo Roecatagliata-Ceccardi. Della prima non saprei lodarlo, perchè, nonostante la relazione della Commissione giudicatrice del concorso al monumento commemorativo della famosa spedizione di Garibaldi, molto favorevole al gruppo del Baroni, io penso che questo gruppo d’ispirazione funeraria, il quale esprime un concetto assai bello in sè ma imperfettamente realizzato e forse irrealizzabile colla scultura, convenga ad ogni modo assai più al porticato di Staglieno che al lido di Quarto. Il relatore di detta Commissione, Aristide Sertorio, scriveva: « Il monumento in faccia alla distesa di quel mare che dalla notte del 5 maggio divenne il mare della nostra patria, con esposte le fondamenta e la base alle procelle, chiuso dalla collina rivestita di cipressi, di pini, di lauri, d’ulivi, d oleandri, parrà l’aedo in pietra della risurta coscienza italica » (Municipio di Genova, Concorso nazionale pel monumento commemorativo della spedizione dei Mille, Genova 1910; opuscolo pubblicato dall’assessore Poggi)· Ma le previsioni e le aspettative de) Sertorio e dei suoi colleghi non si sono menomamente avverate. Quel monumento infatti scomparisce nella vasta scena del mare a cui sta dinanzi, e non ha quindi nessun effetto per coloro che attraversano incessantemente la scena, cioè i naviganti. In quanto all’incarico riguardante la traduzione degli Annali genovesi, io lo approverei senza restrizioni e non lesinerei la lode al Poggi, che l’ha dato, se esso fosse stato eseguito in modo da offrire tutto il complesso dell’opera del Caffaro e dei suoi continuatori in forma popolare e con vivacità artistica atta ad interessare il maggior numero di lettori, pur rimanendo fedele all originale. Pur troppo invece la traduzione del Roccatagliata-Ceccardi, contenuta in tre smilzi fascicoli di carta protocollo di complessive pagine 196 scritte a metà, si restringe al solo racconto del Caffaro (1099-1163) tralasciando tutti i costui seguitatori Oberto Cancelliere (1164-1173), Ottobuono Scriba (1174-1196), Ogerio Pane (1197-1219), Marchisio Scriba (1220-1223), Bartolomeo Scriba (1224-1264), ecc. fino al più illustre di essi Jacopo Doria (1280-1294). A giudicare poi da una molto sommaria visura che potei prenderne presso l’Ufficio di belle arti dove se ne conserva il manoscritto, e piuttosto impressione che giudizio, essa apparisce così schematicamente ligia al testo, da riuscire inadatta ad una divulgazione efficace. Il lavoro del Roccatagliata-Ceccardi riesce d’altra parte perfettamente inutile, perchè una traduzione italiana degli Annali genovesi, rimasta interrotta all anno 1165, esiste da un pezzo, ed è quella pubblicata fin dal 1828, senza nome d’autore, in Genova coi tipi di Luca Carniglia (Caffaro e suoi continuatori, Annali di Genova dall’anno 1100 all’anno 1294, testo latino con traduzione italiana, note e documenti): pubblicazione dovuta a Stefano Lagomarsino, che si valse però delle carte all’uopo preparate e lasciate dal Padre Gianfrancesco Zacchia de’ Riformati francescani, morto nel 1810, e resa più pregevole dalle note e dai documenti che l’accompagnano (Antonio Manno, Bibliografia di Genova; p. 74). (2) Il Consiglio comunale aveva proceduto nella seduta del 20 maggio 1910 al sorteggio del terzo dei consiglieri da rinnovarsi nelle elezioni parziali del 1910, e fra i sorteggiati compariva il nome del Poggi; se non che il 27 giugno susseguente ebbero luogo le dimissioni di 52 consiglieri, - 25 — diede agio di ìaccogliersi e di riprenderel’opeia di scrittore di storie genovesi, alla quale poteva ora portare tutto il ricco contributo di concrete osservazioni e conclusioni da lui radunate nei lavori di esplorazione e di restauro di Genova medioevale, durante il suo assessorato. Gli scritti storici pubblicati dal Poggi fra il 1900 e il 1905, dei quali ho parlato precedentemente, avevano in lui già maturato il proposito e preparato molti elementi per una storia generale di Genova dalle età remote fino all'epoca moderna; storia alla cui compilazione si accinse con animo invitto, oltre che con nitido e sicuro concetto, e che condusse ben innanzi ma non potè termi-naie, avendogliene la guerra ritardato ed interrotto, e poi la morte troncato il lavoro. L’unico volume di questa istoria uscito in luce è quello intitolato Genova preromana, romana e medioevale, un rapido esame del quale ci darà modo di fissare definitivamente i criterj seguiti e i risultati conseguiti dal nostro autore nella sua opera complessiva di storico, ed il valore della medesima nel campo degli studj storici riguardanti la Liguria. Nella prefazione ad esso volume, l’autore dichiara che « non ha inteso di comporre una nuova storia di Genova, ma di studiare la vita intima dei Genovesi e i loro atteggiamenti politici nelle diverse epoche storiche; che cercò inoltre di stabilire quale doveva èssere la città nel suo primitivo impianto, e quali trasformazioni abbia subito nell’ordine topografico; che si è proposto infine di rilevare le traccie delle sue diverse civiltà e la ricchezza artistica nel medio evo » (p. ix). Fedele a questo programma sintetico a grandi linee, il quale, del resto, gli era per le prime epoche imposto dalla mancanza di una serie coordinata di elementi concreti, egli comincia colPaffermare che Genova fu città greca dal VII al II secolo a. C., basando il suo asserto principalmente sulla scoperta del vasto sepolcreto venuto in luce nel 1899 sul colle di S. Andrea in conseguenza degli scavi fatti per la costruzione di via Venti Settembre. Mentre altri, più circospetto, si era limitato a riconoscere in quella scoperta una preva che anche le genti liguri « soggiacquero all’influsso greco e parteciparono de’ benefici della'civiltà e dell’arte ellenica » (1), il Poggi fonda sen-' z’altro a Genova una colonia greca accanto all’ « oppidum » degli abitatori indigeni, assegna alla città ligure-greca così costituita cinque secoli di esistenza, e ne procura la distruzione nel 205 a. C. per mezzo del cartaginese Magone. per cui l'Amministrazione fu sciolta e, affidata temporaneamente la gestione municipale al Commissario prefettizio Comm. Saladino, si addivenne alle elezioni generali. (1) G. GniRARDiNi, Di un sepolcreto primitivo scoperto a Genova; in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, serie quinta, voi. Vili, Roma 1899; pp. 156-157. — 2G — Ma tre anni appresso, e precisamente nel 202 a. C., la città viene rifatta coll’aiuto delle legioni romane comandate dal senatore Spurio Lucrezio, le quali squadrano l’oppidum colle due strade di S. Bernardo e delle Grazie condotte ad incontrarsi ad angolo retto sulla piazza di S. Giorgio. « Evidentemente » — esclama il nostro immaginoso scrittore — « qui si vede la mano del groma-tico romano che segna un cardo e un decumano e al loro incontro mette la piazza principale, il foro, secondo le regole della castramentazione »! (p. 8). I Romani si stabiliscono in basso mentre i Genovesi stanno su in alto attorno al loro castello, ai cui piedi estendesi la piazza di Serzan; circa 1 originaria bellezza della quale, prima che le venisse tolto il suo orizzonte dai fabbricati sorti ai margini di essa, il Foggi scrive una magnifica pagina di reminiscenze letterarie citando i versi del Carducci dedicati alla piazza di Perugia nel Canto dell’amore. « Certo lassù in Serzan * — soggiunge egli « i Genovesi accolsero nell’agosto dell’anno 117 a. C. i fratelli Minucii [quelli della famosa tavola di bronzo) mandati dal Senato di Roma a comporre la lite coi Viturii; e G. Cesare, e Pompeo, ed Augusto ebbero lassù, su quel terrazzo superbo di sole e di mare il saluto del popolo alleato, e la divinarono la importanza di Genova destinata a dominare sul mare latino (p. 20). Genova romana è dal Poggi studiata sotto il quadruplice aspetto di « oppidum », di « statio » per gli eserciti, di « portus » e di « emporium »■ Gli basta un rimasuglio di muro, che egli crede di origine romana, collocato nel sottosuolo di palazzo Bianco, dove fu rintracciato in fondo ad una cisterna (con pericolo di asfissia da parte dell’operaio mandato a identificarlo), per costruire nella valle di Soziglia un campo militare romano quadrato di m. 525 di lato e capace di una legione di 8000 uomini, con la porta pretoria in Piccapietia-« Per circa sette secoli » — così egli asserisce — « Genova sentì echeggiare nella valle le voci dei legionari, che arrivavano ora dal mare, ora dai monti, oia dalle Gallie. Ogni tre ore squillavano nella valle le buccine per il cambiamento delle scolte. E la città regolava sul campo le sue ore di sonno e di la voi o » (p. 39). « Sul próu » — egli continua — « si affratellavano coi legionari i figli del popolo Genovese, e probabilmente a tale scuola si addestrarono alle armi ed acquistarono quella perizia di insuperabj.li balestrieri che li rese famosi nel medio evo. Sono induzioni, è vero, ma logiche e direi quasi necessarie, perchè senza di esse non si spiega la superiorità militare con cui i Genovesi si affermarono nei primi movimenti del medio evo. Chi fa astrazione dalla romanità non vedrà mai chiaro nella storia di Genova » (p. 40). Un altro muro, ch’egli dice di perfetta costruzione romana, lungo circa 70 m. da lui scopeito in piazza Cavour, gli permette di elevare un palazzo, che da un frammento di iscrizione ivi rinvenuto chiama palazzo di Agrippa, di fronte allo specchio acqueo già detto il Mandraccio; e di stabilire che questo era il porto militare, portus classis, di Genova romana. Accanto al quale egli pone il porto mercantile, portus mercatorius, con due scali, uno a Banchi e l’altro in Fesselo, forniti di dock o canali destinati alle operazioni di carico e scarico, e con due altri scali sussidiari in fondo ai rivi di S. Fede e di S. Ugo. Ma ogni porto ha ed aveva anche all’epoca romana un servizio di segnalazioni e di fari, ed a questo egli provvede con due torri, una al Molo e l’altra sullo scoglio della Lanterna. « Il faro di Genova » — è egli stesso che parla — « non solo diramava segnalazioni e ne riceveva da tutto il littorale, ma teneva corrispondenza coi paesi d’oltre giogo. Dagli studj fatti relativamente a Libarna ho potuto convincermi che bastavano tre segnalazioni (tre mihuti) perchè una notizia giungesse da Libarna a Genova. I tre punti di segnalazione erano monte Zuccaro, monte Poggio e la torre di Faro » (p. 55) « Non vi può esser dubbio » — aggiunge — « che il capo di Portofìno, capo di Genova, capo di Noli, capo di Albenga costituivano i punti cardinali del sistema semaforico romano in fondo al golfo » (p. 56). Dietro il porto grandeggia il mercato ossia l’emporio, di cui il Poggi decanta l’importanza e dipinge con smaglianti colori l’abbondanza e l’attività. L’epoca del suo maggiore sviluppo « deve cercarsi » — egli assicura — « nel secolo IV quando Milano era di fatto la capitale d’Italia e Genova la sua fornitrice » (pag. 74). Il mercato genovese « aveva per clienti tutti gli arricchiti dell’Alta Italia, e non poteva a meno di raccogliere tutte le merci che interessavano la vita fastosa e gaudente di quei tempi: l’ambra le stoffe e i tappeti d’oriente, l’avorio, la mirra, gli unguenti, le spezierie, i marmi d’ogni genere, e bronzi finissimi, e statue, e fregi, e vasi, e vini di tutto il mondo, e materiali da costruzione, e mobili e tessuti d’ogni genere, e belve.....» (pp. 64. 67, 68). E non basta: « le continue relazioni coll’Africa e coll’oriente » — così egli immagina — « devono avere molto per tempo trasformata la nostra agricoltura nell’industria della frutta propria dei paesi d’oltre mare. Seguendo le conquiste romane i Liguri avevano introdotto nei loro frutteti la noce greca (mandorla), il malum persie», ossia l’albicocco, i fichi greci, le cerese, che Lucullo aveva portato da Pergamo, le prugne di Damasco, ossia damaschine. Un’altra industria molto profìcua doveva essere quella dei frutti canditi, ricercatissimi in Roma, per cui Genova ebbe sempre una speciale rinomanza » (p. 71). Altra produzione « fonte di lauti guadagni ai coltivatori liguri » era quella dei legumi, per cui andarono famosi in antico « gli orti del Bisagno » (p. 71). Dal Molo a S. Siro il nostro fantasioso storico vede « un andirivieni di mercanti di ogni nazione: Romani, Napoletani, Siciliani, Greci, Armeni, Libici, Siri, Alessandrini, Africani, Spagnuoli, Provenzali, che venivano dal mare; Libarnesi, Tortonesi, Piacentini, Pavesi, Lomellini, Vercellesi, Astigiani, Albesi e sopratutto Milanesi, che venivano per le vie dell’Appennino. Una classe di negozianti, che aveva una funzione importantissima nell’esercizio del mercato, era quella dei banchieri » (p. 74). Egli descrive in modo caratteristico il tipo millenario del « bancóto genovese ». Par di veder « laggiù a Banchi, che era certamente fin d’allora la piazza più importante dell’emporio, gli stessi bancùti dagli occhietti furbi comunicare a gesti, più che a parole, coi mercanti d’ogni razza e d’ogni lingua... » (p. 75). La sua ferace fantasia si sbriglia nella elencazione di tutte le arti e mestieri e nella esposizione di tutto ciò che poteva dare ed esser materia di commercio in Genova, e ci rappresenta in un quadro variopinto e prestigioso i gemmarii, i margaritarii (gioiellieri), i fabbri argentari, gli orefici; « le grandi mostre di stoffe splendidamente intessute e ricamate, che venivano dall’india per le vie di Tiro e di Beyruth »; le pelliccie, porpore di Cos, tappeti orientali, vetrerie, avorii, mobili incrostati di tartaruga, lavori in metallo, bronzi artistici, statue, vasi greci ed etruschi, ceramiche; i venditori ambulanti, gli ebrei, gli alberghi (posti nella regione di Pre lungo la via che veniva dalle Gallie e dalla valle del Po, e nella regione di Ponticello e vico dritto di Ponticello lungo la via che veniva da Roma, non che- sugli scali principali); i panettieri, macellai, pollaioli; i mercati settimanali, le mostre dei pesci « in clapa »; ecc. ecc. Insomma, nella pittoresca rievocazione del Poggi, il mercato di Genova durante il secolo IV dell’era volgare è tale da disgradarne l’attuale. Ma ciò è ancora poco in confronto colle comodità che Genova offriva allora ai suoi abitanti ed ai suoi frequentatori; poiché, come « città internazionale di gente che viveva fuori casa, i luoghi di pubblico ritrovo dovevano essere ivi ricercati più che altrove » (p. 110). Terme e teatri l’inesauribile scrittore innalza dove poi sorsero le chiese di Santo Stefano e San Siro; mette l’anfiteatro o il circo per i gladiatori e le belve a Pammatone, « il cui terreno presenta uno splateamento caratteristico che non è certo medioevale » (p. 115); colloca lo stadio per le corse e per i giuochi di cavalli istituito in Genova dal mimo Pilade all’Acquasola; occupa con ville romane le più belle posizioni di Genova e delle vicinanze (sopra Piazza Manin, Albaro, Coronata, ed i luoghi ove sono ora villa Raggio alla Badia di Cornigliano, villa Pallavicini a Pegli, villa Galliera a Yoltri, ecc.); ammette l’esistenza di tre acquedotti, uno dell’acqua potabile, un altro per l’irrigazione degli orti ed un terzo per il funzionamento dei molini. Descritto l’ambiente con immaginativa così ricca come quella di cui abbiamo visto sopra gli effetti, il Poggi narra con non minore esuberanza i fatti che vi si svolsero, costituenti « il dramma storico » — secondo egli dice — « che durò otto secoli e mezzo, dal 202 a. C. al 641 d. C. ». Riprende la storia di Genova nell’epoca romana, parlando dell’ « impianto romano » ai piedi del primitivo centro ligure; il che gli porge occasione di insistere sopra uno dei suoi prediletti concetti, secondo cui « uno dei fenomeni più caratteristici dell’epoca romana è il formarsi di una città nuova presso l’antica, la nea-poli presso il — 29 — castello primitivo (l). Quando questa verità storica » — egli soggiunge — « sarà entiata nella coscienza degli studiosi, quando si sarà ben chiarito il binomio delle due Luni, delle due Pisa, delle due Tortona, delle due Ventimiglia, delle due Napoli, rii Fiesole-Firenze, di Savona-Vado, scompariranno molti altri equivoci che son nati a riguardo delle città italiane antiche » (p. 142). Discorre quindi del famoso arbitrato di Roma fra Genovesi e Veturii — il suo cavai di battaglia — della condizione giuridica di Genova di fronte ai Romani e della costituzione interna di Genova; tratta il tema della cittadinanza romana ai tempi di Pompeo e di Cesare in relazione a Genova; s’intrattiene sull’epoca di Augusto (dal 44 a. C. al 14 d. C.) ed in generale sull'impero, e torna a mettere in rilievo l’importanza di Genova nel IV secolo. Poscia si diffonde sulle origini della chiesa genovese, e sulla propagazione del Cristianesimo in Liguria, di cui ritiene fattore importantissimo la colonizzazione benedettina; e si ferma sulla catastrofe dell’impero, per effetto della quale Genova rimane senza commercio e, invasa dai fuggiaschi, comincia — così scrive — « ad esercitare quella missione di ospitalità che è uno dei più grandi titoli che ha verso l’Italia. Genova, che era nata come città dei forestieri, diventa ora il rifugio di tutte le sventure italiche » (p. 281). Gli ultimi capitoli del volume riguardano gli Ostrogoti e la guerra gotica (489 - 566), Genova bizantina (536 -641), Genova ed i Longobardi con l’esodo e la stanza dei Milanesi in questa città (569 - 641), e con l’invasione in Liguria di Rotari, che segna la fine di Genova romana. Da questa sommaria esposizione del lavoro del Poggi si vede subito su quali deboli basi esso sia fondato. Ma chi legga con continuità ed attenzione il volume, quando non lo prenda l’entusiasmo che trasporta l’autore e resista agli allettamenti delle costui argomentazioni e conclusioni, ha modo di mettere bene in rilievo i criterj coi quali è composto lo stesso lavoro, che sono i seguenti. In mancanza di fatti accertati lo scrittore adopera largamente il ragionamento e la fantasia, sostituisce cioè le deduzioni logiche ai documenti, e le immaginate ed attraenti costruzioni della sua mente colta alle nude constatazioni della realtà. Egli procede per analogie e per ipotesi. Una delle sue consuete argomentazioni consiste neH’estendere a Genova fatti e cose che si riscontrano altrove, e ciò unicamente perchè non v’è ragione di negare a Genova quel che, a parità di talune condizioni, si verifica a Roma, a Milano, ecc. Per esempio: « Se nella nostra città » — così egli ragiona — « vi era uno stadio per le corse, non poteva mancare un circo per i gladiatori e le belve, perchè esiste- (1) G. Poggi trattò il tema « Il binomio delle città liguri romane » anche nella sesta riunione della Società italiana per il progresso delle scienze tenuta in Genova dal 17 al 23 ottobre 1912; ma gli Atti di essa riunione recano appena un cenno della sua trattazione. (Ved. Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, Sesta Riunione; Roma, 1913; p. 865). — 30 - va da per tutto, a Torino, a Libarna, ad Aosta, a Luni, a Firenze, a Frejus, e in tanti altri paesi in cui il movimento dei forestieri era certamente molto minore che a Genova » (p. IH). D’altra parte l’esistenza di uno stadio a Genova, lungi dall’essere certificata con prove sicure, è dall'autore ammessa per congetture od ipotesi basate sopra circostanze molto labili. Ed è questo un altro degli errori mentali frequenti nel Poggi: dare, cioè, come sicuie, ossia confermate e verificate nei fatti, conclusioni alle quali egli è invece pervenuto col ragionamento o colla immaginazione, e metterle a fondamento pei nuove illazioni. Egli fa le sue ricostruzioni particolari con elementi universali, che piende un po’ da per tutto e trasporta a Genova. In tal modo riempie il volume di notizie e di illustrazioni riguardanti antichi edilizi e monumenti ìomani di altre città, simili ai quali dovevano essere, per quel procedimento di analogia ch’è uno dei suoi criterj prediletti, le fabbriche ch’egli assegna a Genova. Il porto di Genova gli richiama i porti di Messina, di Rodi, di Ostia, ecc.; 1 ipotetica esistenza di un teatro a Genova gli dà motivo di passare in rassegna i teatri di Segesta, Libarna, Luni, Ventimiglia, ecc.; e così via. Delle 102 illustrazioni o incisioni del volume (compresa la I3a bis) soltanto 28 si riferiscono direttamente a Genova, 10 alla Liguria, e le rimanenti 64 riguardano cose e paesi stranieri a Genova ed alla Liguria. Tutte le opere romane ch’egli colloca a Genova sono per-tanto ricostruzioni a priori, che hanno bisogno di una prova a posteriori; finché questa manca, resteranno castelli in aria. Qualche volta egli stabilisce delle analogie anche tra cose disformi; per esempio, dalla esistenza di antiche ìela-zioni commerciali e politiche fra la Liguria e la Provenza inferisce che i monumenti romani di Genova, da lui immaginati, dovevano essere molto simili a quelli che ancora si vedono nelle città di Nimes e Arles. Egli poi presuppo-ne che nella storia di Genova « non vi fu mai soluzione di continuità, peichè ogni epoca riproduce fedelmente lo spirito e gli atteggiamenti dell epoca piecedente » (p. x), e ricerca nell'antichità greca e romana le ragioni storiche che determinarono le consuetudini genovesi nel medio evo. Certo la concatenazione degli avvenimenti è un presupposto legittimo, ma affinchè abbia validità occone renderla manifesta ad ogni momento con la presenza di fatti e di circostanze concrete. Il Poggi foggia frequentemente l’impianto romano sullo stesso disegno dell 'impianto attuale, supponendo che le condizioni naturali che prescrivono o consigliano questo debbano avere prodotto quello. Così, oltre ad abolire ogni progresso nella serie dei tempi, per cui all’ultimo consolidamento si arriva ordinariamente per via di successive prove e adattamenti, egli ammette che gli uomini abbiano sempre modellato l’opera loro secondo le condizioni naturali dell’ambiente; mentre invece è spesso avvenuto, come sappiamo, che essi abbiano giudicato miglior partito quello di contrastarle. Inoltre egli si compiace 1 - 31 — di farò delle profezie, l’avveramento delle quali dovrebbe servi ve a provare od almeno a rafforzare le sue ipotesi. Eccone qualche saggio: « Probabilmente la regione sotto San Lorenzo, se fosse scavata, presenterebbe di preferenza degli avanzi di edifizi romani » (p. 96); il campo romano * avrebbe avuto la sua porta pretoria in Piccapietra » (p. 30), e se ne troveranno le traccie quando, nella sistemazione della zona tra Galleria Mazzini e Pammatone, si addiverrà aH’abbassamento o spianamento del colle di Piccapietra; i resti del teatro romano, tipo Segesta, si dovranno ritrovare sotto la casa Casella dietro Santo Stefano (fig. 72), e quelli del l’anfiteatro, tipo Pompei, molto probabilmente a Pammatone (fig. 73). In attesa di variazioni o assestamenti edilizi della città che permettano di far subire a queste previsioni la prova dei fatti, non è frattanto possibile concedere allo scritto di Gaetano Poggi un qualsiasi valore di racconto storico. Poiché egli, come abbiamo veduto, in mancanza di documenti sicuri e continuativi tesse la sua esposizione col ragionamento fondato su alcune poche notizie che trova sparse nel cammino dei secoli, e riempie le vaste lacune fra l’una e l’altra notizia con congetture, siano pure verosimili, con ipotesi, siano pure geniali, con deduzioni, siano pure strettamente logiche, ma tutte quante desunte da teorie e considerazioni generali da lui preconcette. Ma questa, ripeto, non è storia. La storia è un racconto riguardante una serie di fatti, di avvenimenti per lo più concatenati, le cui circostanze risultano da testimonianze, da prove, da documenti che a noi tramandarono i tempi nei quali i fatti stessi si verificarono; ed i cui personaggi operarono nei modi determinati da quelle testimonianze, da quelle prove e da quei documenti. Lo storico può fare delle osservazioni, può tentare di dar ragione di certi avvenimenti, se a ciò non basta la concatenazione di questi, può fare della critica, ma non deve credere di potere senz’altro riempire le lacune con la sola potenza del pensiero e con la sola forza del raziocinio. Il Poggi tratta la storia come una pura scienza di ragionamento. Anche ammesso ch’egli ragioni sempre a filo di logica, le sue induzioni e le sue deduzioni non possono avere un sicuro valore storico, perchè non è menomamente provato che una serie di fatti storici sia anche una serie di entità logiche. Per parlare poi di un fatto è anzitutto necessario provare che esso sia accaduto, che sia cioè una cosa reale e non fittizia. Il nostro autore ricorda invece un poco certe discussioni che si facevano nel medio evo dagli scolastici su cose di cui si ammetteva a priori l’esistenza, ma che non esistevano effettivamente (per es. la leggendaria questione della nascita di un bambino con un dente d’oro). La storia, in quanto è scienza, non è una scienza di ragionamento come la matematica, ma è piuttosto una scienza di osservazione come la zoologia o la botanica. L’arte con cui è tessuta (per cui essa è anche disciplina letteraria) non deve servire nò ad alterare nè a nascondere nè a creare i risultati dell’osservazione, cioè i fatti. — 3 2 — Il libro su Genova preromana romana e medioevale era, nel disegno del Poggi, il primo volume di una storia generale di Genova dalla più remota età fino ai tempi presenti, secondo un programma ch’egli aveva tracciato in un lavoro, uscito in luce nel 1905, col titolo Genova, XXVI secoli di storia: rapida sintesi, in cui l’autore anticipa le idee intorno alla preromanità e romanità di Genova da lui poi svolte in detto libro, e, piuttosto che sintesi, precipitosa scorribanda attraverso luoghi comuni, nelle due ultime parti del lavoro rispettivamente dedicate al medio evo ed all’epoca moderna. Il secondo volume dell’opera trovatasi sotto i torchi e prossimo alla pubblicazione nel 1916, ma la guerra ne interruppe il compimento della stampa e ne impedì così la comparsa; da esso l’autore medesimo stralciò alcuni capitoli che videro la luce nella Rivista Ligure di scienze lettere ed arti, edita dalla Società di letture e conversazioni scientifiche in Genova. Alla sua morte, il Poggi lasciò compiuto il manoscritto del terzo ed incompiuto quello del quarto volume. A giudicare dai capitoli pubblicati, il nostro scrittore continua anche nel secondo volume, conforme al metodo seguito nel primo volume, a ragionare anziché a narrare: e ragiona, come al solito, considerando e inquadrando alcuni singoli fatti in modo da dedurne certe preordinate conseguenze, che nel più dei casi sono in disaccordo con la verità storica dell’insieme. Mentre per il primo volume le sue immaginate ricostruzioni trovavano, se non una giustificazione, almeno una scusante nella penuria delle memorie a noi pervenute; per il secondo volume invece si può difficilmente menargli buone l’ignoranza di fatti e di circostanze importanti, non che la superficialità con cui egli, misconoscendo lo spirito dei tempi dei quali si occupa, guarda e giudica avvenimenti e personaggi attraverso il prisma delle idee e delle passioni dei tempi nostri. Così nel capitolo su Federico Il e i Genovesi, parlando della venuta in Genova nel 1212 di esso iede-rico — ch’egli proclama già, con massiccio sproposito, imperatore, quando quegli era ancora semplicemente re di Sicilia — immagina che lo stesso si fermasse tre mesi, quanti appunto dice l’annalista, nella nostra città col principale scopo di preparare trame ai danni della Repubblica, « studiare i Genovesi e fami-gliarizzarsi con quelli che dovevano essere gli esecutori dei suoi occulti disegni (1) ». Ora è notissimo che Federico II, giovinetto allora di 18 anni, era venuto dalla Sicilia e sbarcato in Genova coll’unico scopo di recarsi in Germania, dove alcuni principi, sollecitati dal pontefice Innocenzo III, lo avevano chiamato per contrapporlo all’imperatore Ottone IV scomunicato; e si fermò quasi un trimestre presso i Genovesi affine di concertare le maniere e provvedere i mezzi per passare colà, « giacché Ottone avea messe guardie dappertutto (X) Riviita Ligure, anno 1916, p. 105. - 33 — per impedirgli il passaggio » (1). Ben lontano dal preparare insidie .ai suoi ospiti) eia tutto intento a cattivarsene le simpatie onde ottenerne favore ed aiuti nella sua molto arrischiata impresa, che doveva condurlo al raggiungimento della corona imperiale. In altro capitolo dedicato al Papa Innocenzo IV, il Poggi fa muovere questo in guerra contro un fantastico « sogno pangermanista di Federico II, ben delineato » — così egli scrive — « quanto poteva esserlo dal Kaiser del secolo XX ». E non si perita di aggiungere: « Innocenzo IV comprese il pericolo ed organizzò tutto il inondo latino alla difesa. Comprese nel sec. XIII ciò che molti uomini politici non seppero o non vollero intendere nel sec. XX. Egli fu il più grande protagonista della gran lotta, che oggi volge al suo epilogo attraverso a rovine incommensurabili. L’umanità deve con grande riconoscenza ricordarlo perchè senza di lui, senza la sua ferrea resistenza, il mondo latino sarebbe caduto 650 anni fa nella schiavitù deirimperialismo teutonico » (2). Soffiano qui manifestamente nell’ahimo del nostro autore le strabocchevoli passioni che agitarono il mondo durante !a recente guerra, passioni che gli fanno immaginare cose le quali, non pure sono in assoluto contrasto con lo spirito del secolo XIII, ma con le più elementari nozioni storiche. Infatti tutti possono accertarsi, prendendo in mano per es. gli Annali del Muratori, come Innocenzo IV fosse così alieno dal combattere le velleità pangermaniste di Federico II da Gaetano Poggi fantasticate, che, nella sua lotta contro esso imperatore, gli aveva opposto, prima Arrigo langravio di Turingia e, dopo la morte di questo, Guglielmo conte d’Olanda, due autentici principi teutonici; ammettendo in tal guisa nei potentati tedeschi la prerogativa di eleggere il re dei Romani, dignità alla quale faceva seguito quella imperiale (3). Il che trovavasi, del resto, in perfetta consonanza con le leggi tradizionali che governavano la successione dell'impero; il quale non era affatto un sogno di Federico II, ma un’istituzione politica e sopratutto giuridica ben assodata, che tutti riconoscevano a cominciare dalla Lega lombarda e dagli altri ribelli allo stesso Federico (Ί). (1) Muratosi. Annali d'Jlalia'. volume quarto, Venezia 1845 (quinta edizione veneta), col. 1016. (2) Rivista Ligure, anno 1916, p. 210. (8; Muratori, Op. cit. colonne 1189, 1198, 1197, 1198. ili C'un ben nitri* preparazione '■ dottrina ili q nelle dimostrate da G. Poggi nei capitoli su citati, tratta di Federi'-o II <· quindi au In- di Innorenzo IV, dei loro contrasti e della loro politica, special-niente in relazione c«n Genova, il march. Cesare Imperiale di Sant'Angelo in un lavoro pubblicato nella Raduna Nazionale sotto il titolo , già fi tata, assicurava ancora nel IMI. « Sappiamo che il Ch. A. ha già in pronto un volume destinato a far rivivere l'antica città ligure Libarna... ». (Rivista storica italiana, a. 1901, pp. 115-118). Ma invece il,.volume non era pronto neppure nel 1914, giacché Io stesso Poggi nell’opera < Genova preromana, romana e .medioevale >. uscita in esso anno, scrive: « In un libro su Libarna dimostreremo come,... * (p. 15S). (1) Il Bollettino storico - bMiograflco subalpino, anno XV, η. V (1910) reca del Congresso un lungo resoconto in cui leggesi, che nella seduta di apertura dello stesso Congresso il Comm. Gae- — 35 — Ho già detto di alcuni degli uffici elettivi o di carattere pubblico esercitati da Gaetano Poggi; aggiungo ora che egli fu anche membro e poi presidente della Commissione comunale per le imposte dirette, e più tardi membro e poi presidente della omonima Commissione provinciale, non che membro della Giunta provinciale amministrativa; che fece altresì parte della Congregazione di carità del Comune di Genova (amministratrice dell’Albergo dei poveri), e del Consiglio direttivo dell’Educatorio delle Figlie di S. Gerolamo della carità, detto di N. S. della Provvidenza in Oregina; che sedette inoltre, come membro elettivo, nella Commissione governativa conservatrice dei monumenti ed oggetti d'arte ed antichità. Dirò pure che il 10 giugno 1907 il Consiglio comunale di Genova lo nominava rappresentante del Comune nel Consiglio provinciale scolastico per il biennio 1907-1908, e gli confermava lo stesso mandato il 6 febbraio 1909 per il biennio 1909-1910. Nelle pagine precedenti ho avuto opportunità di parlare della efficace opera dal Poggi spiegata come presidente della Sezione ligure del Club Alpino Italiano, carica cui era stato eletto il 17 gennaio 1896 e che conservò fino al dicembre del 1903; ma le benemerenze da lui acquistate in tale periodo di tempo, sia per rispetto ad essa Sezione, sia in rapporto all’educazione fisica ed alla istruzione della gioventù, meriterebbero assai più lungo discorso di quel che io abbia fatto o possa fare in questo scritto. Mi restringerò ad accennare ancora come durante la sua presidenza la Sezione suddetta attese aH’ordinamento del 28° Congresso del Club Alpino Italiano, che si svolse in gran parte nelle Alpi Marittime con maraviglioso successo; come provvide alla costruzione dei rifugi « Genova » nelle Alpi Marittime a m. 1915 (al piede dell’Argentera), « Lorenzo Pareto » nell’Appennino ligure a circa m. 1500 (presso le Capanne di Cosola), « Aronte » nelle Alpi Apuane a m. 1642 (fra il monte Tambura e il monte Cavallo); come pubblicò la seconda e la terza edizione della nota Guida per escursioni di Giovanni Dellepiane, cui lo stesso presidente premise un discorso sopra La Liguria nella storia, e diede il sussidio di alcune notizie storiche particolari (per tmo Poggi, assessore <1 r-1 Municipio di Genova, portò il saluto di essa città. E più oltre: « Xell'a-trio del palazzo comunale (di Novi), con breve cerimonia, il Comm. Gaetano Poggi, a nome di Genova, appende mia corona di bronzo al medaglione che ricorda il novese Paolo della Cavanna primo doge popolare di Genova e martire della libertà « (p. 277j. Ed ancora: · Al pomeriggio del 14 settembre i congressisti si recarono ad Arquata Scrivia. ove li attendeva il Comm. Gaetano Poggi, assessore all'ufficio d’arte di Genova, illustre cultore delle discipline archeologiche, il quale fu preziosa guida nella visita agli avanzi dell'antica Libarna. La visita della morta città si inizia dal nord, dove alcuni scavi fatti praticare dal Comm. Poggi, mettono in vista il reticolato romano di una strada che a giudizio dei dotti in archeologia doveva essere la via Decumana... » (p. 311). Ed infine: « Terminata la visita tutti i congressisti furono ricevuti nei locali del Municipio di Arquata, ove facevano gli onori il sindaco sig. Eugenio Persino, l'assessore anziano Comra. Poggi, il consigliere Davide De Giovanni ed il segretario... > (p. 914). — 36 — es. quelle su Libarna); come organizzò Ut prima colonia alpina in Liguria, donde poi ebbe orìgine l’istituzione delle Colonie alpine ora fiorente; come infine promosse le gite storiche per gli studenti. 11 nostro consocio fu rieletto una seconda volta presidente di detta Sezione nel marzo 1919, e rimase in esso ufficio fino alla sua morte. Altre mansioni, altre incombenze, altri incarichi egli ebbe, specialmente in dipendenza della sua potestà di assessore municipale, ma forse non verrebbe qui a proposito di farne particolareggiata menzione, nè io avrei ora sotto mano tutte quante le notizie a ciò occorrenti; come, del pari, non saiebbe opportuno di dichiarare qui le molte e svariate operazioni e risoluzioni, oltre le già ricordate, ch’egli fece o prese nel più che triennale esercizio di detta caiica, sebbene alcune di esse meriterebbero di essere additate. Non voglio peiò taceie che egli, dopo aver cessato di far parte dell’Amministraziorte municipale di Genova, assunse e tenne con operoso vigore fino allo scoppiai della gueriala presidenza del Comitato « Pro Genova e Liguria » sezione autonoma dell Associazione Nazionale per il movimento dei forestieri. Ricorderò ancoi a che egli dal gennaio 1911 fino alla sua morte fu del pari presidente della « Società di letture e conversazioni scientifiche ». Alla nostra Società il Poggi venne ascritto socio effettivo, come già dissi, nel 1896, e fece parte del Consiglio direttivo di essa dal 1900 in poi in modo più nominale che reale, specialmente dopo la pubblicazione negli Atti del suo lavoro Genoati e Viturii, che tante critiche suscitò contro di lui e contro la stessa Società. Contribuirono a tenerlo lontano dalle discussioni e dai la\oii del Sodalizio contrasti di idee col presidente di allora, ed anche pici oli risenti-menti verso di questo; i quali ultimi non avevano pero, a mio credei e, nessuna seria giustificazione ed erano soltanto dovuti ad una esageiata suscettibilità, comune, del resto, alla maggior parte dei letterati, che stimano i loio scritti come e più delle loro viscere. Le sue riluttanze non furono vinte nep pure dalla nomina di lui ad uno dei due posti di vicepresidente, fatta dalla Assemblea generale dei soci del 31 dicembre 1916 e riconfermata nella Assemblea del 2 marzo 1919. Ciò tuttavia non gli impedì, e questo va detto ad onore della sua memoria, di dimostrarsi sempre affezionato alla Società, e di zelarne gli interessi e l’incremento specialmente ogni qualvolta si trovò in grado di poterlo fare con efficacia. Fu egli che, nel tempo in cui reggeva 1 assessoiato alle Belle Arti, assegnò al nostro Istituto la sede di palazzo Rosso, e ne agevolò in ogni modo il trasferimento dalle sale sotto tetto del palazzo Bianco, poi occupate dal Museo civico del Risorgimento, e fornì anche i più degli scaffali per la biblioteca sociale. Gaetano Poggi era ammogliato con la Signora Romilda Mela, da lui sposata il 28 giugno 1891; dalla quale ebbe un unico figlio. Agostino, ora studente della terza classe del R. Liceo Andrea Doria (anno scolastico 1921-1922)· — ——————————————— -.87 - Morì di un’affezione alla vescica, ribelle ai] ogni cura di medici, alle ore 14 dui giorno di venerdì 13 giugno del 1919 nella sua casa di via Roma n.° IO in Genova; e la sua salma venne trasportata e seppellita, fra le tombe dei suoi maggiori, nella cappella di Borio presso Rigoroso (1). Prima di finire questa già lunga necrologia, non voglio omettere, come giudizio sintetico della mente e dell’opera di Gaetano Poggi, di dire ch’egli fu sopra tutto un suscitatore di idee, di energie, di entusiasmi; « un animatore » — secondo scrive giustamente il prof. Mattia Moresco, suo amico ed ammiratore — « più che un puro studioso, uno spirito disposto assai più ad accogliere l’accusa di eccessiva fertilità di mente, che ad appagarsi di un solingo ruminamento di scartafacci » (2). Ma la sua inesauribile fecondità di ideare e di progettare non gli faceva punto ostacolo, bensì gli era di sprone ad accettare ed a favorire gli altrui pensamenti e disegni qualora li reputasse giusti ed opportuni. Talché egli porgevasi ognora accessibile ed aperto a tutte le iniziative, sempre pronto a coadiuvare ciò che potesse servire ad illustrare, conservare, glorificare le memorie della Liguria,non chea presidiare il presente ed a preparare un più luminoso avvenire a questa sua Genova, ch’egli amava sopra ogni cosa. Amico dei giovani intelligenti e volenterosi, solerte' protettore degli studj storici ed artistici, durante il suo assessorato dovunque scorgesse una scintilla di genialità ovvero un indizio di profìcuo lavoro, ivi accorreva con incitamenti ed aiuti à nome del Comune di Genova. Il mecenatismo, che così esercitava e di cui diffondeva dalla sua carica pubblica i benefizj principal mente ad incremento delle lettere e delle belle arti, veniva da lui considerato come una legittima funzioni dello stesso Comune. (1) Sulla tomba di lui fu posta la seguente epigrafe: Comm. Avv. Gaetano Poggi XV GIUGNO MDCCGLV1- XIII GIUGNO MCJ1XIX Con desiali investigazioni e in dotti volumi Ì1IF.VOCÒ A! CONCITTADINI LA GRANDEZZA ANTICA DELLA LIGURE GENTE Alla patria nei primari magistrati ALLA FAMIGLIA NEL SACRARIO DOMESTICO DIEDE l’opera SUA FECONDA DI BENE A Dio l'anima sinceramf.nte cristiana La moglie f. il figlio con memore affetto Il Poggi, oltre che Commendatore della Corona d'Italia, era Cavaliere della Legion d'Onore di Francia. · (2) Mattia Morf.sco, Gnrtano Poggi. Commemorazione, p. 7. — 3fi — Se l’opera sua di storico è finora un punto interrogativo, che potrà trovare nel futuro una risposta favorevole oppure recisamente contraria ai suoi presupposti ed alle sue illazioni, a seconda degli indirizzi che prevarranno e dei risultati che si conseguiranno negli studj storici e glottologici presso le nuove generazioni; per contro l’opera sua di seminatore di idee, di promotore di utili ricerche e di fruttifere imprese, di preparatore insomma dell’avvenire, è tuttora viva e suscettibile di uno sviluppo destinato a tramandare ed a conservare nei posteri la memoria di lui. — 89 — PUBBLICAZIONI DI GAETANO POGGI. 1. Appunti sul riscatto del diritto litigioso secondo il codice italiano; Genova, Tip. Sordo-Muti, 1886, in-8°, pp. 11. 2. Conclusioni sopra tre appelli nella causa dei coniugi Balbi Giovanni e Teresa Crcmonte..... contro Repetto Nicolò (A difesa dei coniugi Balbi)·, Genova, Tip. Martini, 1886, in-4u, pp. 12. 3. Riassunto delle questioni che formano oggetto del giudizio d’appello tra la Sig.a Dellachà vedova di Giuseppe Nascimbene e i fratelli Nascimbene Pietro e Giovanni (Nella causa di divisione del patrimonio Nascimbene); Genova, Tip. P. Martini, 1886, in-4°, pp. 7. 4. Relazione del Sindaco G. Poggi sull’amministrazione del Comune di Arquata Scrivia dal 1889 al 1S95; Novi Ligure, Tip. Camusso, 1895, in-8°, pp. 23. 5. Genuati e Viturii·. nuovi studi topografici sulla tavola di bronzo (Club Alpino Italiano, Sezione Ligure); Istituto geografico militare, 1899. Carta topografica. 6. Genoati e Viturii; in Atti della Società Ligure di Storia Patria, volume XXX, Genova, Tipografia R. Istituto Sordo-Muti, MCM, pp. xm-407. A corredo dell’opera venne riprodotta con qualche modificazione nei titoli ed unita al volume la carta citata al numero precedente; la quale contiene la descrizione dei popoli liguri, dei loro agri e castelli e delle vie romane secondo la tavola di bronzo, con un fac-simile della sentenza di essa tavola, la lezione della medesima adottata dal Mommsen, e la relativa versione italiana di G. Poggi. 7. La Polcevera 117 anni a. C. (Club Alpino Italiano, Sezione Ligure — Gite storiche); Genova, Stab. Fratelli Pagano, 1901, in-8°, pp. 40. La prima parte del volume riguarda il programma delle gite storiche promosse dalla Sezione suddetta. 8. Le due Riviere ossia la Liguria marittima nell’epoca romana (Gite storiche della Sezione ligure del Club Alpino Italiano); Genova, Stabilimento Fratelli Pagano, 1901, in-8\ pp. 136. 9. La Tigullia, Origini storiche di Chiavari, Lavagna, Rapallo, Portofino, Sestri Levante, Mone glia, Anzio e Levanto (Gite storiche della Sezione ligure del Club Alpino Italiano, voi. Ili); Genova, Stabilimento Fratelli Pagano, 1902, in 8°, pp. 123. Un brano di questo lavoro comparisce col titolo di Origini storiche di Chiavari e Lavagna in Rivista Ligure di scienze lettere ed arti, anno XXIV, marzo-aprile 1902, fase. II, pp. 69-83. 10. Genova romana, L'edificio di Agrippa in piazza Cavour; in giornale Caffaro, a. 1902, n. 342. 11. Luni Ligure-etnisca e Luna colonia romana: Genova, Stab. Fratelli Pagano, — 40 - 1904, in-8D, pp. viii-167. Le conclusioni di questo ·studio sono iiportate sotto lo stesso titolo in Rivisto Ligure di scienze lettere ed arti, anno XXVI, marzo-aprile 1904, fase. II, pp. 96-101. 12. I compascui in Liguria dalla tavola di bronzo (117 a. C.) al accolte ed ordinate con testo esplicativo da Orlando Grosso; Genova 1910. Il Poggi nota che « anche la storia civile di Genova apparirà in maggior luce, quando sarà conosciuta attraverso alle sue grandi manifestazioni artistiche ». 22. Relazione intorno ad una tomba arcaica scoperta a Rapallo; in giornale Caffaro del gennaio 1911. 23. La spedizione di Tripoli nel 1559, Rodi e le devastazioni dei Turchi nell’Egeo-, in Rivista Ligure di scienze, lettere ed arti, anno XXXIX, 1912, pp. 110-118, con illustrazioni ed una carta del Mediterraneo sotto il titolo II dominio dei Genovesi dal ΑΊΙ al XVsecolo, già data nella pubblicazione citata al n. 16. 24. Il lalazzo del Podestà in Zuseia; in La Liguria illustrata, anno I, n. 3 (marzo 1913), pp. 154-158. 25. Genova preromana romana e medioevale, con molte illustrazioni-, Genova, Giovanni Ricci editore (Libreria moderna, Galleria Mazzini), MCMXIY, Tip. Moderna, Castrocaro, pp. xxiv-306. Catte di Genova antica (a corredo dell’opera Genova preromana romana e medioevale)·, Genova, editore Ricci, 1914. I. ' "'noi a pr cromaaa, romana e medioevale, Stab. Iit. P. Risso, Genova; carta in fol. di crn. 7(5 per cm. 63, scala di 1: 4000, col tracciato della città antica su quello moderno, e con una tabella esplicativa di 288 numeri o articoli corrispondenti ai luoghi e edifizi segnati rispettivamente cogli stessi numeri sul tracciato suddetto. II. Genova nel XV secolo, da un quadro del Museo civico di Genova-, tavola in-4\ III. re march. Cesare Imperiale di Sant’Angelo, diede opera all’ordinamento dèi Museo di palazzo Bianco; e fu poi per molti anni membro della Commis-si me di s wraintendenza dello stesso Museo. Il suo buon discernimento e la sna disposizione, o, a dir meglio, affezione per gli oggetti artistici ed il loro estetico assetto, ebbero campo di esercitarsi nell’addobbamento della sua casa (I i Enrico Tinnirti pubblicò un resoconto di questo viaggio in un volume intitolato: In Palestina * in Sii'in. I"ipre.i*ioni di viaggio; Milano, Casa Editrice Galli di C. Chiesa e F. G-uindani, 1892 (stani palo in Genova, Tip. ili Angelo Ciminago, Vico Mele, 7); di pp. 216. Il volume porta la seguente ia: · Ai miei rarissimi amici, Augusto ed Alueiito Pigoli, dedico questo libro, dolce ricoido di un viaggio r frutto eli osservazioni, che abbiamo fatte insieme in Oriente ». !'■>> V-,1. <■. A. Raììoi, Attraverso ΓAmerica meri/lionale, escursioni nella Pampa, la Patagonia, la Trrrrt tiri Fnoro. il. Paraguay, Salto del Gmirà, Illustrato da 48 incisioni e da ima carta; Milano, Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi; pp. 5-21. d’abitazione, che — secondo scrive un amico di lui (1) — « era ognora pronta ad albergare una sposa ». Coltivò da esperto dilettante la storia genovese, ed appartenne come socio effettivo al nostro Sodalizio dal 21 giugno 1885 fino alla morte; la quale lo colpì, con repente polmonite, la vigilia di Natale del 1919. nel palazzo di lui in via Balbi n. 2, aggraziata architettura del secolo XVIII, e già « di pregevoli quadri fornito » (2), un tempo proprietà di Giambattista Cattaneo q. Cesare, da cui passò per eredità ai Zoagli, e da questi a Stefano Negrotto q. Pietro, che lo vendette verso il 1866-67 a Giuseppe Figoli (3). (1) Il march. Antonio Carrega, nel giornale Caffaro del ‘27 dicembre 1919. ('2) Giuseppe Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più hello in Genova in //illura. scultura ni architettura, ecc.; Genova MDCCLXVI; p. 102. (3) In uno dei quadri murati nel salone del palazzo, secondo m'informa il nostro consocio march, dott. Onofrio Sauli, trovasi raffigurato il doge Cesare Cattaneo col famoso cagnette cantato in versi genovesi dal poeta dialettale De Franchi (In jode de Brighella beUùximo cagnetta dell’Erc/llentie-simo' Cesare Catanie, in ilo cliittarrin o sae strofoggi, muza de Steva De Franchi, nobile patrizio zcneize dito fra ri arcadi Mierilbo Termopilatide, Dedkao a’ ri veri e boin zeneixi amanti dra Patria, dra Libertae e dra sd Itngua naturale; Zena MDOOLXXII, Stamperia Gexiniana,con li<;enria dri Superioi: pp. 5(t-(il I ANGELO MASSA m. '27 aprile 1920. se la bontà dell’animo, la dolcezza del carattere, la schietta premura di rendere ad altri servizio, la evangelica sopportazione delle altrui soperchierie fossero in questo mondo fattori principali dell’umana rinomanza, nessuno più • li Angelo Massa .sarebbe degno di ricordo; poiché pochi possedetteio al paii di lui quelle doti ne fecero, come lui, norma di condotta morale nella vita. Egli, che era credente ed osservante sincero, sarebbe certamente riuscito, qualoia avesse pei-irs i la carriera ecclesiastica, un buon sacerdote: non dei molti che si dicono buoni jien/hc adempiono con scrupolo e compunzione alle pratiche esteiioii del culto, senza che ciò li preservi dall'accumulare pecunia per i nepoti, ovvero dall accarezzar.· i ricchi ·■ sfuggire i poveri, ovvero dal predicare la virtù e seguile il vizio, ma dei pochi che, secondo il detto dell’Apostolo, servono Iddio in ispiiito e veiità. E per il sacerdozio egli avrebbe trovato, oltreché ottima disposizione di animo <· indole adatta, stimoli di razza, che or si direbbero atavici, e fréschi esempi domestici. Infatti, un suo zio fu canonico ed una sua zia monaca, luno fratello e l'altra sorella del padre di lui: il primo, Don Luigi Massa, appai tenne alla insigne Collegiata delle Vigne e si segnalò specialmente nelle piedicazioni delle missioni suburbane; la seconda, Madre Angela Massa, superioia nella Congregazione delle Madri Pie Franzoniane di Sampierdarena, diede prova di singolare zelo t· pietà religiosa come fondatrice e ispiratrice di alcune istituzioni Mi cristiana carità (lj. Un altro suo zio paterno, di profondo spirito ìeligioso , 1 Per la storia delle istituzioni religiose in Liguria, non credo inutile riferire le seguenti no-Angela Massa, Comunicatemi gentilmente dalla Signora Eufrasia Penco Massa, sorella del Prof. Angelo. Anii' la Massa nacque nel 1823 a Genova, entrò il’26agosto 1841 postulante nel Sodalizio delle Madri Pi·· fondato in San Pier d'Arena dall’abate Gerolamo Franami, vi prese l’abito religioso 11■ ■-li ultimi mt'si d"llo stesso anno 1811, vi fece professione di voto il 5 febbraio 1843, e vi assunse il titolo II Malli" il l'.i arrosto 1846. Maestra normale, insegnò per molti anni alle numerose educande ,.,,ll"ir.o i"imto da i|ii"l Sodalizio. Spinta da un sempre rinnovato fervore religioso educativo istituì a San Ρί*·Γ d Arena nel 186-1 le figlie di Maria sotto la protezione di Sant’Orsola, che poi l’arciprete — 55 — dotato, senti così fortemente l’amore per il prossimo, che elargì ai bisognosi ogni suo avere, privandosi delle più legittime soddisfazioni; e fa così penetrato <ìi umiltà evangelica che, morendo, non volle scritte sulla sua tomba se non che queste parole: Qui riposa un confratello di S. Vincenzo de Paoli, Domenico Massa. Angelo Massa nacque in Genova il 18 giugno 1862 da Giuseppe e da Antonietta Campora, genitori prolifici di una famiglia composta di sette maschi e cinque femmine. Il padre suo fu negoziante di salumi con deposito di merci in darsena e discreta clientela; e, morto nel 1886, lasciò fama di probità con modesta fortuna; talché i figli superstiti ne ereditarono maggior copia di buoni esempi che di sostanze, e dovettero cercare nel lavoro la fonte principale dei loro mezzi di sussistenza. Indole mite, schiva di contrasti e quindi disadatta alla vita commerciale, il nostro Angelo si dedicò, o meglio, venne dalla famiglia avviato agli studj classici, dopo che ebbe finito il corso elementare nell’istituto privato Danovaro; fece le prime classi di latinità, parte nel Seminario arcivescovile e parte sotto maestri particolari, e nel 1880 potè ottenere la licenza ginnasiale, come privatista, presso il Ginnasio Colombo. Passato nell’anno scolastico 1880-81 come alunno regolare al Liceo Colombo, vi rimase quattro anni consecutivi avendovi ripetuta la prima classe per cagione dell’esame di greco, il solo ch’egli non era riuscito a superare nelle due sessioni di detto anno, e vi conseguì la licenza nell’autunno del 1884. In quei quattr’anni di studio metodico, sotto la severa disciplina di valorosi insegnanti, fra i quali mi piace ricordare Gaudenzio Frascotti per il latino ed il greco, Federigo Ali-zeri e poi Leopoldo Cecchi per l’italiano, Gaspare Buffa per la storia e geografia, Giacomo Lemoyne e quindi Paolo Paci per la matematica ed Antonio Piccone per la storia naturale, il buon Massa, lento nell'apprendere ma tenace nel ritenere, formò stabilmente le basi della sua cultura e fissò irrevocabilmente gli atteggiamenti del suo spirito orientandolo verso le materie letteràrie. A 22 anni inoltrati fu pertanto in grado, seguendo le disposizioni lentamente maturatesi nel liceo, di inscriversi studente nella Facoltà di lettere dell’Università genovese. La naturale tardità, e direi quasi pigrizia dell’indole sua, trovò un incentivo ed un incoraggiamento nella libertà degli studj universitari, talché, mentre i più degli studenti affrettano le operazioni scolastiche Gian Luca Pizzorno chiamò in Parrocchia, e nel 1867 l’opera della Santa Infanzia: nel 1868 fomlò quindi alla Spezia una casa di Madri Pie Franzoniaue. Ma ciò che ridonda a maggior gloria della Madre Massa è di aver dato inizio nel 1868, prima di partire per la Spezia — coll’aiuto di Suor Apollonia Dellepiane e del sacerdote Pietio Gallo, direttore spirituale della Congregazione Franzoniana — alla Casa della Provvidenza in San Pier d’Arena, che trovò tosto il suo grande apostolo e vivificatole in Don Nicolò Daste (Ved. in proposito l’opuscolo Verso la luce, Conferenza del Prof. Pittore Angelo Veiinazza per la ricorrenza del I centenario della nascila del Sacerdote Don Nicolò Daste. 2 marzo 1820 — 2 marzo 1920; Genova, Tipografia della Gioventù; pp. 26-27). La Reverenda Madre Massa morì in San Pier d’Arena il δ marzo 1903. — oo onde mettersi in istato di prendere la laurea entro il termine strettamente regolamentare, taluni perfino « beccandosi in quindici giorni l’esame » — come scrive il Giusti — egli per contro indugiò nel cammino, non per negligenza nè per incostanza nè tanto meno per trascorsi giovanili, ma piuttosto per abito ii contemplazione e desiderio di apprendere con ponderatezza e senza affanno 'ii spirito. Ma un altro motivo, questo determinato da contingenze di famiglia, si aggiunse ad attardare ancora i suoi studj universitari, e fu ch’egli si diede i i impartire lezioni presso privati ed anche presso scuole e collegi tenuti da r-'iigiosi; 1-· quali, se per un verso lo addestrarono di buon’ora all’insegnamento, p : un altro verso lo allontanarono per non brevi periodi dell’anno dall’Uni-versità e talora da Genova, e lo distolsero dal prepararsi in tempo debito agli '•-ami sp-Tiali. Tutto ciò ebbe per effetto di ritardargli fino al trentunesimo anno d’età la laurea in lettere, che egli prese nella patria Università il 30 gennaio del 1893. Laureato. potè aspirare all’insegnamento governativo, ma alieno, com’e--ii · ra, dall’andare in sedi lontane da Genova alle quali sono ordinariamente destinati gli insegnanti di prima nomina, non fece pratiche, nè partecipò a < 'i'si pe[- t-ntrare nel personale di ruolo; si adoperò invece a procacciarsi un incarico in classi aggiunte alle regie scuole secondarie della nativa città, e si ritenne ben fortunato di poterlo ottenere presso il ginnasio Colombo al principio dell’anno scolastico 1893-94. Fu appunto in quell’anno che io, reggente al- 1 ’ia 'ii matematica nel ginnasio di Avellino, venni dal Ministero comandato al ginnasio < :o!ombo di Genova, e mi trovai in tal modo collega col Massa, e strinsi con lui una cordiale amicizia che non ebbe turbamenti in 27 anni, e che la morte soltanto potè troncare. Ricordo che gli era stata affidata la prima classe ginnasiale sez. B e·m più di cinquanta alunni, moltitudine irrequieta, mal di· i1 ί i ; i. non che allo studio del latino, a qualunque altro meno arduo . ii. ac·· studio. Figurarsi il mite animo di Massa dinanzi a quella turi.a in>ì.».·ίi.·. ι.-iie altri, assai più energico e navigato di lui, avrebbe durato fatica a contenere .· a dirigere! Fu un quotidiano contrasto tra maestro e scolari, l’uno tutto zelo e passione per interessare, stimolare, nutrire quelle pic-gli altri disattenti, recalcitranti, indisciplinati. In tali condizioni s'i 11ì en* 1 e come il profitto fosse scarso, nonostante la buona volontà e la capa-'■ità tecnica dell'insegnante. Poiché quando questi è costretto ad una continua i· ì i ' i " 11 e .i, .-ni rito per mantenere disciplinata la classe, e, peggio ancora, quando (|..Ve .-".-tenere un diuturno combattimento contro la mala disposizione e l'indocilità degli alunni, la scuola, che dovrebbe essere una soddisfazione per chi per coloro che apprendono, diviene invece un tormento gli altri, ed e quindi incapace di produrre frutti educativi. Così avviene, pur troppo, ancora in tante scuole governative d’Italia, quantunque ora non si:.....più possibili le classi pletoriche d’una volta: lo Stato non ha ti ovato fino adesso un ordinamento capace di stabilire e conservare la disciplina scolastica, per modo che il docente, liberato dalle ambasce dei contrasti disciplinari, possa essere in grado di rivolgere tutta la sua attività spirituale all insegnamento di cui è investito, e la scolaresca, lavorando in un ambiente seieno ed affiatato, possa trarre da esso insegnamento la maggiore utilità. In mancanza di un cosiffatto ordinamento, tutto il peso della disciplina scolastica grava sopra il professore. I capi d’istituto in generale non sanno o non possono o non vogliono addossarsi il carico di vigilare, sorreggere, raddrizzare, d’accordo cogli insegnanti e con lavoro metodico e continuato d’ogni ora e d’ogni istante, la condotta degli scolari, ed intervengono ordinariamente con provvedimenti tardi, saltuari ed inefficaci; ritengono poi migliore insegnante quegli che non ha bisogno del loro intervento, e procura loro minori disturbi. Cosicché se il professore non ha ricevuto da natura il raro dono di saper dominare le turbe giovanili, o non possiede l’energia ed il tatto sufficienti per contenere entro limiti ragionevoli la innata irrequietezza degli scolari, o non sa supplire coll’arte alle manchevolezze della propria indole, si trova, quando non è protetto da una nomina ministeriale ed appartiene alla categoria dei cosidetti supplenti o incaricati fuori ruolo, a dover percorrere una carriera piena di timori e di triboli, travagliata dalle instabilità dell’oggi e dalle incertezze del domani, esposta continuamente — essendo essa in balia dei presidi e dei direttori — a licenziamenti, a lunghe interruzioni, a riprese imprevedute, a mutamenti irregolari, senza mai la prospettiva di un sicuro rifugio, senza neppure la speranza di una tarda pensione. Il professore supplente è così ridotto alla stregua di un mercenario che passa indifferentemente da un padrone ad un altro, esposto ai capricci della sorte, costretto costantemente ad invocare la protezione od a subire la tolleranza od a sottostare all'improntitudine altrui: non apostolo di educazione, ma strumento di interessi materiali, ma vittima di un sistema di sfruttamento incivile e indecoroso (1). Questo fu, pur troppo, il caso del Massa, il (1) Tutto ciò si riferisce al tempo in cui era supplente il Massa. Ora le cose sono molto cambiate, principalmente per effetto della guerra, a beneficio esclusivo dei supplenti. Il numero di costoro, sopratutto nelle scuole governative delle grandi città, è aumentato a dismisura, sicché in alcuni istituti essi formano più della metà del Corpo insegnante. Ciò è dovuto a che, mentre da una parte sono andate via via dirandosi in conseguenza della guerra ed anche di cause naturali le file dei professori di ruolo senza che fosse provveduto alla loro reintegrazione per mezzo di concorsi e di trasferimenti, è dall’altra parte cresciuta con maravigliosa abbondanza la moltitudine degli scolari nei centri popolosi. Molti supplenti sono venuti in tal guisa, senza concorsi senza tirocinio senza carriera, e solamente per volontà o protezione o capriccio dei capi d'istituto, ad occupare cattedre per le quali una volta occorreva una lunga preparazione non che una travagliata peregrinazione in sedi minori — taluni appena usciti dall’Università balestrati ad insegnare nelle classi superiori del Ginnasio o nell’ultima classe del Liceo e dell’istituto tecnico — e vi si mantengono stabilmente da anni in condizioni pari a quelle dei professori ordinari. Le donne — dacché le Università italiane ne mandano laureate in tanta copia, che ogni città del « bel paese » sembra fornita di un areopago ■ iuale, nonostante il lungo studio da lui compiuto per conseguire il dottorato, nonostante la notevole cultura letteraria di cui era fornito, nonostante la rettitudine con che esercitava il suo utlicio, non riuscì mai, ad onta di tutti i suoi tentativi, ad occupare un posto stabile nelle pubbliche scuole, e spese circa tivnt’anni di attività professionale in un errabondo tramutamento di istituti e di insegnamenti. La prova da lui fatta neU’anno scolastico 1893-9-t bastò al preside del Liceo Ginnasio Colombo, ch’era in allora il dott. Severino Bruno, rettore altresì dell'attiguo Convitto Nazionale, per non proporne la conferma' nell’anno successivo. Il Bruno, già preside del Liceo Ginnasio Cavour di Torino, donde era stato trasferito al Colombo di Genova appunto all’inizio di detto anno, aveva animo buono e tratto gentile; ma, scarso di qualità direttive e di energia, affi-dava volentieri la disciplina dell’istituto più ai suoi collaboratori che a sè stesso, e trovavasi perciò spinto a liberarsi di quelli, fra costoro, che si porgevano disadatti a mantenerla. Altri, meno curante del quieto vivere, prima di rinunziare al Massa, 1" avrebbe forse saggiato in un secondo anno d’insegnamento, assegnandogli, se mai, una classe meno numerosa, e fiancheggiandone l’opera con e dicaci -ussidj disciplinari, che non mancano mai, quando si voglia adoperarli, all'autorità presidenziale. Per tutto il 1894-95 il Massa esercitò la sua attività professi» ri dell’àmbito delle scuole governative. Nell’anno scolastico lv.c~j.9t; ottenne l’incarico per l’insegnamento dell’italiano e della geografia nella sezione B della prima classe del R. Ginnasio Andrea DOria, ma non potè conservarlo nell’anno seguente. Trovò allora largo aiuto di consiglio e di opera s il proprio cognato, marito di una sua sorella, prof. Emilio Penco, direttore autorevole 1 Iella Scuola Tecnica allora pareggiata ed ora regia di Sampierdarena, mere· il quale potè avere e conservare dal 1896 al 1901, durante cinque anni consecutivi, l'incarico dell’italiano in classi di essa scuola. Ma alla fine del 'li su 1 !·ί:γ I; ,17·,·· i.;uinu tatt" f fanno in tale corsa alle classi aggiunte una vittoriosa concorrenza ai maschi. Si .:n j ren l·- .li ln^gieri come siffatta posizione privilegiata sia da non pochi supplenti sfrut-tata .u relazione all'insegnamento privato, senza che la loro responsabilità si trovi particolarmente impegnata e cada sotto le sanzioni che possono colpire gl’insegnanti di ruolo, il solo timore delle •piati è |»τ l'ordinario sufficiente a trattenere questi dal prevaricare. Ciò si appalesa specialmente qnando ■· parecchi dei nuovi venuti partecipano alle gelose operazioni degli esami ■ li lieenza — vii esami distato — nei quali si trovano spesso in contrasto gli interessi venali delle famigli·· con 'inetti .spirituali della coltura, della moralità e della giustizia. Questo stato di cose è una Ί>·1 le '.ari·· ragioni del disordine morale, disciplinare e didattico che regna ora sovrano negli studj secondari in Italia, e della decadenza di essi studj. C.iri’v :··ι> osservare infine che il torto dello Stato verso gli antichi supplenti, che passarono di I "i nei ruoli effettivi, venne ampiamente riparato col recente provvedimento che riconosce loro, agli effetti iteli;, pensione, eli anni trascorsi Dell’insegnamento delle classi aggiunte in detta qualità di supplenti o incaricati fuori ruolo. - 59 — 1901, in conseguenza di un concorso bandito per cattedre della stessa scuola — concorso che sortì esito più favorevole ad altri che a lui — il Massa rimase da capo Inori dell insegnamento pubblico e dovette esclusivamente sostenersi per alcuni anni coll’insegnamento privato. I buoni uffici di persone amiche e principalmente del prof. Niccolò Tallone, uomo di paterna benevolenza verso i giovani e di consumata esperienza scolastica, lo ricondussero negli istituti governativi di Genova; e fu supplente d’italiano e poi anche di storia e geografia durante il biennio 1906-1907, 1907-1908 nelle classi aggiunte alla Scuola Tecnica Nino Bixio diretta appunto dal Tallone. Non gli venne fatto però di continuare neppure ivi l’incarico, e gli fu necessità ritornare a concedere tutta la sua opera professionale all’insegnamento privato, ch’egli, anche nei periodi di maggiore attività presso le scuole regie e pareggiate, non aveva mai dismesso, e che in mancanza di supplenze in esse scuole, diveniva l’unica fonte dei suoi modesti proventi. Per lunghi anni trovò senza incresciose interruzioni impiego, con insegnamenti varj e talora anche in classi elementari a seconda delle circostanze, fu nell’istituto che gli Arecco, sempre, convien dirlo, rifugio sicuro e qualche volta provvidenziale in difetto d’ogni altro ufficio scolastico continuativo. Scoppiata la guerra, molti giovani professori vennero chiamati alle armi e sostituiti nelle loro cattedre da supplenti anziani. Fu così che il Massa, invitato dal Municipio di Rapallo, assunse nell’ottobre del 1916 l’insegnamento della storia e geografia nella scuola tecnica pareggiata di quella città, e lo mantenne con largo orario ed ufficio di ruolo per tutto un triennio fino all’anno scolastico 1918-19, al termine del quale dovette restituire il posto al vecchio titolare reduce dalla guerra. Nei primi tempi del suo nuovo collocamento e per parecchi mesi, innanzi di determinarsi a fissare un alloggio a Rapallo, egli si sobbarcò all’ingrato compito di andare e venire tutti i giorni fra Genova e quel luogo, malgrado i rigori e le intemperie invernali, partendo da Genova col treno delle cinque mattutine e ritornandovi coi treni della sera e della notte; poi prese stanza colà, senza però rinunciare a recarsi alla metropoli, per alcune lezioni private, al giovedì e alla domenica di ogni settimana. Poco prima di rimaner privo del posto di Rapallo si risolvette finalmente, già sul limitar della vecchiaia, a prender parte al concorso a cattedre di storia e geografia nelle scuole tecniche governative bandito, dal Ministero della Istruzione in data del 25 aprile 1919; e stava in attesa del risultato — insegnando frattanto nella prima classe di un incipiente ginnasio sorta a Sampierdarena per cura di quel Municipio — quando venne sopraccolto dalla morte. Tale fu la travagliata carriera scolastica che la malignità della fortuna, l’arido egoismo degli uomini e la deficienza degli ordinamenti scolastici riserbarono ad Angelo Massa. Egli tuttavia sopportò sempre pazientemente e dignitosamente la precarietà del suo stato professionale, sebbene qualche volta — 60 - se ne rammaricasse cogli amici più intimi quando era occasionalmente portato a considerare il caso di tanti laureati e non laureati, coetanei o più giovani di lui, divenuti — dopo un breve e fortunato tirocinio in classi aggiunte, senza muoversi da Genova e senza merito di concorso — insegnanti di ruolo nelle scuole regie delia città. Anzi, dando prova di singolare serenità di spirito, egli seppe sollevarsi al disopra delle contingenze materiali della vita applicandosi con tenace e disinteressato studio alle ricerche storiche e talora dilettandosi di esercitazioni letterarie. Dedicatosi alla storia genovese, egli non si contentò di studiarla nei libri, ma volle investigarla nei documenti d’archivio e nei monumenti. Allo scopo di mettersi in grado di leggere con sicurezza e comprendere con piena scienza le antiche scritture, frequentò negli anni 1901-1902,1902-1803 la scuola· di. paleografia. diplomatica ed archivistica presso l’Archivio di Stato in Genova, condotta dal chiaro prof. aw. Emilio Marengo; e dimostrò di averne tratto buon frutto, poiché, presentatosi volontariamente agli esami scritti ed orali che ebbero luogo sse materie alla line del corso nel novembre 1903, ottenne l'approvazione con voti quarantacinque su cinquanta. Dal 1900 fu assiduo per parecchi anni nella saia di studio di detto Archivio, occupandosi dapprima a trascrivere documenti di varia natura senza una direttiva prefissata ed un intento preciso, ma poi rivolgendo le sue ricerche a raccogliere notizie sui maestri di scuola nel Medio evo: argomento ch’egli predilesse ed intorno al quale elaborò il più importante dei suoi scritti, che diede in luce durante il 1906 nel Giornale storico e letterario ch ili Liguria, sotto il titolo di Documenti e notizie per la storia dell’istruzione in Ch >t>Nessuno, ch’io sappia, aveva mai investigato cotesta materia, per quanto si attiene alla Liguria, in modo così accurato e minuzioso, e con risultati così abbondanti come fece il Massa. Lo Spotorno, l’Isnardi, il Celesia ed altri si occuparono assai prima del Massa, ed anche con larghezza, dell’istruzione in Liguria, ma riferendosi principalmente all’insegnamento pubblico ed agli istituii ai quali questo diede origine e sviluppo; mentre il nostro consocio rivolse di preferenza l·· sue ricerche all’insegnamento libero, all’insegnamento privato, e ri fere conoscere una moltitudine di magistri scholae,, di professores gramma-dea·, di arti imi doctores esercitanti in Genova, dove erano riuniti spesso in cor- 1 «orazioni >-d in collegi sotto speciali statuti, o vaganti talora da un luogo ad un altro in cerca di un lavoro più sicuro e meglio retribuito, vincolati per lo l»iu durante il loro servizio da contratti notarili con la precisa determinazione dei loro temporanei diritti e doveri. Il Massa impiegò varj anni di lento e paziente lavoro ad esumare dagli archivi, sottraendoli ai registri ed alle filze in gran parte notarili dov’erano sepolti da secoli, questi ignorati fattori di civiltà, che tennero accasa la fiaccola del sapere in tempi difficili e la trasmisero alle età moderne attraverso il fragore delle armi, le intolleranze religiose e le tirannie politiche, precursori dei docenti di oggi, dottori e professori di lettere e scienze, ed al — 61 — pari di costoro operanti sovente fra le distrette economiche in un mondo scarso rimuneratore dei loro servigi. Egli pubblicò alcuni capitoli dei loro statuti emendati nel 1444, al tempo del duce Raffaele Adorno, ed i capitoli, assai ampi e particolareggiati degli anni 1467-1469, non che diversi contratti, convenzioni, istanze, condanne, ecc. riguardanti essi maestri, elenchi di molti di loro e delle loro scolaresche: tutti documenti appartenenti all’Archivio di Stato di Genova, tranne quelli dei predetti anni 1467-69 da lui estratti dal-ΓArchivio di Stato di Torino, e tutti ricchi di notizie e meritevoli, in verità, di un commento illustrativo più largo del discorso'proemiale ch’egli vi premise. La parte documentale costituisce il principale merito dell’opera del Massa, ed il frutto più importante delle sue fatiche. Allo studio dei documenti d’archivio relativi alla storia genovese aggiunse quello dei monumenti, dai più cospicui ai meno vistosi, sparsi nella regione ligure. Egli aveva acquistato colla diretta ispezione dei luoghi, illuminata dai ricordi lasciati dai nostri annalisti ovvero desunti dai documenti, molte cognizioni di topografìa genovese; giovandosi della dotta conversazione di Francesco Podestà, profondo conoscitore e valoroso illustratore di Genova antica, al quale era legato da devota amicizia e del quale era non di rado compagno in passeggiate festive su per le alture della città ed in vai di Bi-sagno. Prediligeva le escursioni in campagna nelle due Riviere e più frequentemente nella vasta e varia zona montuosa ch’è alle spalle di Genova, lungo i fianchi delle valli del Bisagno e della Polcevera, e, varcando spesso l’Appennino, su per i monti ed attraverso i paesi di vai di Scrivia, di vai di Lemme, di vai di Stura, di vai d’Orba, ecc. Io debbo a lui la prima conoscenza delle strade e dei luoghi più frequentati di essa regione, strade molte volte percorse e luoghi ripetutamente e periodicamente visitati nelle innumerevoli gite domenicali che dal 1894 al 1914-15 facemmo insieme, spesso accompagnati da altri pochi amici, come noi amanti dei monti e degli aperti orizzonti. Soltanto la guerra, che tanto scompiglio portò nel mondo e tante cose materiali e morali distrusse, e tante dolci consuetudini spezzò, potè, prima diradare, e poi sopprimere del tutto le abituali gite montane nelle quali la nostra amicizia erasi indissolubilmente cementata. Angelo Massa ebbe tarda ed alquanto stentata parola, in rispondenza di una caratteristica lentezza e perplessità di pensiero; ad una buona cultura letteraria opponeva una scarsa conoscenza di cose scientifiche e pratiche; offriva poi singolari ineguaglianze nella sua attitudine e vaste lacune nella sua preparazione di cultore di storia, poiché, mentre possedeva molte peregrine notizie di archeologia e di topografìa locale, ignorava o non riusciva mai a ricordare completamente fatti e circostanze importanti di storia moderna e recente. Aveva scarsissimo interesse politico, e piacevagli di gran lunga occuparsi di cose e di persone, anche piccole, dei tempi passati, anziché di fotti e di personaggi — 62 - pubblici, fossero pur ragguardevoli, dei tempi presenti. Tutto spirava in lui bontà e modestia, e le sue preferenze erano per le cose buone e modeste. Il che p rò non gli impediva, in letteratura, di ammirare e di gustare i lavori di alcuni illustri scrittori contemporanei, primo dei quali il Carducci, di cui sapeva a niente le più belle poesie. Poeta era pur egli, ma di assai modesto volo; e pubblicò anche taluno dei suoi componimenti in versi. Dal 9 marzo 189) apparteneva come socio effettivo al nostro Istituto; e quando l’attività delle sezioni di questo non era ancora spenta del tutto, sostenne anche l’ufficio di vice segretario della sezione di archeologia. Visse celibe, tanto, io credo, per il temperamento suo continente e l’indole quasi timida, quanto per la mancanza di una posizione sicura; e tenne casa insieme con alcuni suoi fratelli e sorelle che avevano, ài pari di lui. rinunziato alle gioie ed ai pesi del matrimonio. Verso il principio di marzo del 1920 gli si manifestò un’itterizia, che egli credette conseguenza di un patèma d’animo provocatogli da un irruento ι-d inaspettato rimprovero di cui egli, così buono e cortese, era stato vittima per cosa di poco momento da parte di certo suo superiore scolastico; essa era invece indizio di una gravissima malattia di fegato, sembra un carcinoma, che andò a poco a poco peggiorando, nonostante che, per consiglio del medico, egli si ’ isso per qualche tempo in campagna sopra Campomorone e si sottoponesse ivi ad una severa cura dietetica. Ritornò a Genova aggravato, e si mise a lerto senza più rialzarsi, per quanto non conscio della sua prossima fine. Spirò alle ore 18 del giorno 27 apriletnella sua casa d’abitazione di via Peschiera n. 34, int. 9, assistito amorosamente dai fratelli e dalle sorelle. — G3 — PUBBLICAZIONI DI ANGELO MASSA 1. Documenti e notizie per la storia dell’istruzione in Genova; in Giornale dorico e letterario della Liguria, anno vii, 1906, pp. 169-205, 311-328. 2. N. S. della Guardia e la nuova chiesa di Santo Stefano (Ode); Genova, Tip. Angelo Lombardo, 1908, pp. 6. 3. Al Rev. Prevosto di Ovada nel dì che fu assunto alla dignità Episcopale (Ode); in Numero unico pubblicato per ricordo della solenne consacrazione di Monsignor Emanuele Mignone a Vescovo di Volterra, Ovada 29 Giugno 1909, p. 4. 4. I fasti della Villetta Dinegro; in Gazzetta di Genova, anno lxxxii, n. 3, 31 marzo 1914, pp. 9-11. 5. Francesco Podestà; in Gazzetta di Genova, anno lxxxii, n. 5, 31 maggio 1914, pp. 5-6. L’articolo è sottoscritto con le semplici iniziali A. M. 6. Intorno alla sorte della « Casa di Colombo »; in Gazzetta di Genova, anno lxxxii, n. 10, 31 ottobre 1914, pp. 11-12. 7. Il march. Marcello Staglieno; in Gazzetta di Genova, a. lxxxii, n. 11, 30 novembre 1914, pp. 3-4 (Art. sottoscritto colle sole iniziali A. M.) 8. I lettori pubblici della Repubblica genovese; in Gazzetta di Genova, a lxxxiii, n. 4, 30 aprile 1915. 9. Un celebre oratore genovese della prima metà del sec. xvm; in Gazzetta di Genovaa. lxxxiii, n. 8, 31 agosto 1915. 10. Un traduttore dell’Eneide; in Gazzetta di Genova, a. lxxxiii, n. 10, 31 ottobre 1915, pp. 5-6 (Art. sottoscritto colle sole iniziali). 11. Il melodramma in Liguria nel settecento; in Gazzetta di Genova, a. lxxxiii, n. 11, 30 novembre 1915, pp. 3-5. 12. Una novella del Boccaccio tradotta in genovese; in Gazzetta di Genova, a. lxxxiv, n. 2, 29 febbraio 1916, pp. 10-11. 13. La terza cinta murale di Genova; in Gazzetta di Genova, a. lxxxiv, n. 5, 31 maggio 1916, pp. 5-6. KATHAR1NE IIANBURY m. 2 settembre 1920. Questa egregia signora inglese fu una delle prime e pochissime donne inseritte nell'albo dei soci effettivi del nostro Istituto, al quale appartenne dal ■ Ί marzo 1909 fino alla morte. Figlia maggiore di Thomas Pease, nacque a Leeds (Inghilterra) il 3 aprile 1842, e si maritò nel 1869 con Sir Thomas Han-l'iiry: il quale, preso dall’incantevole soggiorno della nostra Riviera occidentale, aveva già nel 1867 acquistato per propria dimora un palazzo con attiguo terreno a La Mortola, presso Venti miglia, ed aveva ivi incominciato a formare quel giardino botanico che conseguì dipoi fama pressoché mondiale (1). Dopo una permanenza di due anni in Cina, i due sposi si stabilirono nel 1871 a La Mortola; dove Sir Thomas si dedicò intieramente alla sua passione per le piante Ί i fiori, e profuse parte notevole delle sue ricchezze, non solamente in raccolte di interesse scientifico, storico ed artistico, ma in generose elargizioni a van-raggio .li svariate opere di coltura e di educazione, ed in larghe beneficenze. Sono note le cospicue benemerenze di lui verso la Liguria: ad ogni modo non stimo inutile ricordare qui a titolo d’onore, fra le principali di esse, che egli edificò a sue spese le scuole di La Mortola e di Latte, fece dono al Comune di Ventiiniglia di un grande appezzamento di terreno per uso di giardino pub· blico, eresse nell'orto botanico dell’Università di Genova e dotò'del proprio l’istituto scientifico-diretto dal prof. Ottone Penzig (2), provvide altresì alla costruzione di aule ι· scaffali per il museo e la biblioteca Aprosianadi Ventimiglia (3); elevò inoltre dinanzi alla Barma grande, ben nota fra le celebrate caverne dei Balzi Rossi poste lungo la strada rivierasca da Ventimiglia a Mentane, un Ί) V' Ί. La Mortola, a short description of thè Garden of Thomas Hanhury; privately printed, 1885. Γ2.ι O. I’exzk;, Orto ed istituto botanico; in Cenni storici sopra alcuni Istituti scientifici della R. I i‘irrr*ità ili Kruora: Atti della Società Ligustica di scienze naturali e geografiche, voi. XI. ■ '·■ V' il. Nella Inaugurazione di una lapide, nel R. Ginnasio di Ventimiglia in onore del Comm. Tommaso Ifan/jurg; Ventimiglia, Billi, 1901, in-S°. pp. 24, » — 6δ — piccolo museo preistorico per la conservazione del materiale paietnologico rinvenuto in essa caverna (1). Lady Hanbury coadiuvò efficacemente il marito nelle sue opere di ben intesa beneficenza, e dopo la morte di lui, avvenuta nel 1907, continuò ad abitare La Mortola fino al 1914, non risparmiando — come mi scrive il nostro consocio Signor Edward E. Berry (2) — « nè tempo nè lavoro nè danaro per il sollievo dei poveri ». Essa era entrata nella Società Ligure di Storia Patria, non pure per desiderio di concorrere col contributo dell’annua quota sociale al mantenimento ed all’incremento di un Istituto di coltura meritevole di cooperazione come il nostro, ma altresì spinta da un cosciente ed illuminato interesse per la storia della regione ligure e principalmente del paese dove, più che ospite, era oramai cittadina. Ebbe schietta amicizia e stima profonda per il nostro compianto consocio prof. Gerolamo Rossi, uno dei più insigni cultori ed illustratori della storia di quei paesi. Nel 1914-15 motivi di salute non che difficoltà incontrate nei viaggi che essa soleva periodicamente fare alla nativa contrada, difficoltà che si aggravarono di molto per la sopravvenuta guerra, la determinarono ad abbandonare La Mortola ed a fissare la sua residenza in Inghilterra, dove fu raggiunta dalla morte il 2 settembre del 1920. Prese il suo posto nella nostra Società il di lei figlio maggiore Comm. Cecil Hanbury. (1) Arturo Issel, Liguria preistorica; in Atti della Soc. Lig. di Slor. Patr.. voi. XL. p. 233. (2) Al quale debbo la maggior parte delle notizie pubblicate 111 questa necrologia, ed al quale, per ciò, rinnovo qui i miei vivi ringraziamenti. 5 LUIGI MURIALDI m. 13 dicembre 1920. Luigi Carlo, più noto sotto il nome di Gino, figlio di Luigi Murialdi e • ii Francesca De Angelis, nacque in Torino Γ8 ottobre del 1872 (1). Il padre suo, nativo di Vesime presso Acqui, era maestro elementare, ed insegnò per circa quaranfanni nelle scuole di Camogli, sua città adottiva, dove sostenne altresì gli uffici di segretario contabile della « Piccola casa di Provvidenza», di segretario del civico « Asilo infantile Umberto I », non che di segretario ■ Iella Fabbriceria parrocchiale; e dove morì in età di 77 anni il 4 marzo 1920, precedendo di nove mesi il figlio nella tomba. In quali luoghi e con quali virende il nostro consocio facesse gli studj primari e secondari, io non so dire; so ch’egli seguì i corsi universitari qui in Genova, dapprima, durante gli anni scolastici 1891-92 e 1892-93, presso la Facoltà di scienze matematiche fisiche <■ naturali, e dipoi, nei tre anni successivi, presso la Facoltà di giurisprudenza, da cui uscì laureato con semplice approvazione alla fine dell’anno scolastico 1895-96 (2). Conseguita la laurea si trasferì é cominciò le prime prove della sua at-t ivita professionale e politica nei paesi d’origine della sua famiglia, Vesime ed Acqui; ma dopo due o tre anni fece ritorno in Genova, e quivi si stabilì • rimase per lungo tempo. Ascritto al partito socialista, esercitò, a nome e 1) < ('· la data segnata negli Atti Parlamentari (Camera dei Deputati, Legislatura XXV, 1· sessione, tornata di mercoledì 15 dicembre 1920, p. 6649); TUfficio d’Anagrafe del Municipio di Genova ha invece quella del 12 ottobre 1872. (2) La varia ed alquanto irregolare carriera scolastica universitaria del Murialdi è rappresentata dalle seguenti indicazioni, che traggo dagli Annuari della E. Università di Genova: Anno scoi. 1801-02 — Inscritto nella Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali per la laurea in fisica, anno I. Anno scol. 1892-93 — Idem per la laurea in chimica, anno II. Anno scol. 1^93-91 — Inscritto al Corso di notariato, anno I. Anno scol. 1891-95 — Idem, anno II. Anno si-ol. 1895-9*i — Inscritto al III anno della Facoltà di giurisprudenza, e quindi laureato in giurisprudenza nell’anno stesso. pei incarico della Camera del Lavoro, di cui era ben presto divenuto uno dei principali animatori e propulsori, un’efficace azione politica come organizzatore dei facchini del porto e promotore delle loro cooperative; azione che svolse di poi in un teatio più vasto per mezzo del giornale « Il Lavoro », da lui, insieme con altri, fondato nel 1903. Nelle elezioni amministrative del quale anno, portato dai suffragi degli operai organizzati, risultò consigliere comunale della maggioranza a Sampierdarena, dove poi fu assessore e prosindaco, e della minoranza a Genova; del cui Consiglio municipale riuscì per altro a far parte prendendo il posto di uno dei consiglieri della maggioranza, dichiarato per sentenza della Corte d’Appello ineleggibile. Restò in esso Consiglio dal maggio 1903 Ano allo scioglimento del medesimo, avvenuto nell’autunno del 1904. In quel torno appartenne al Comitato direttivo della Lega nazionale delle Cooperative e del Segretariato della resistenza, a cui facevano capo tutte le Camere del Lavoro e le Federazioni di mestiere d’Italia; il che gli fu scala per essere assunto nel primo Consiglio superiore del Lavoro e nel primo Consiglio superiore della Beneficenza. Prestò inoltre per varj anni, fino al 1910, l’opera sua quale consigliere dell’istituto delle case popolari. Il 29 ottobre 1905, nell’occasione della venuta del re e della regina d’Italia a Genova, egli, come rappresentante riconosciuto ed autorizzato della moltitudine degli operai organizzati del porto, accompagnò i sovrani fra i carbonai del Passo Nuovo a visitare il campo dei lavori non che il ristorante cooperativo di costoro. La qual visita nelle cronache d’allora fu celebrata come un « grand’atto politico che sanzionò, in un bel segno di regale saggezza, tutta una serie di conquiste (operaie) guadagnate attraverso lunghe lotte dolorose » (1); ma nei riguardi del Murialdi preluse ad un suo atteggiamento politico più temperato di quello imposto dalla, rigida ortodossia del partito socialista, e presagì il futuro prossimo distacco di lui dallo stesso partito. Il distacco si compiè, dopo vivaci contrasti e più vivaci polemiche, nel 1908, e permise al Murialdi di lanciarsi senza remore, ed armato di tutte le energie della sua volontà e di tutti gli avvedimenti di cui era fertile la sua mente, nell’agone politico in un ambiente meno agitato e periglioso di quello di Genova. Ma l’opera politica di lui si palesò, non che disgiunta, sorretta da tutto un fervore di imprese ch’egli tentò, con ardite iniziative, nei più svariati campi della produzione, da quello'delle Fornaci di Valle Inferno presso Roma a quello delle bonifiche nella medesima provincia di Roma. Nelle elezioni generali politiche del 26 ottobre 1913, per la legislatura XXIV, egli fu eletto deputato nel collegio di Acqui: e portò alla Camera « il (1) Ved. Il Porto di Genova, p. 117 (volume pubblicato dal Consorzio Autonomo dello stesso porto durante la presidenza del generale Stefano Canzio, di cui reca il ritratto: di pp. 356, in-lfi0, con illustrazioni e carte topografiche, senza nome d’autore, nè data nè indicazione di tipografia). — 68 — contributo di una larga competenza e del suo spirito combattivo » (1), le cui traccie sono indelebilmente segnate negli Atti parlamentari. Durante quella lunga legislatura e nel primo difficile periodo che seguì alla guerra, egli fu assunto al Governo, nel Ministero Xitti, come Sotto Segretario di Stato per gli approvvigionamenti ed i consumi alimentari il 23 giugno 1919. Rieletto deputat»· nel nuovo e più ampio collegio di Alessandria, per la democrazia liberale, nei comizi generali del 16 novembre 1919, egli continuo a reggere il S«'»ttosegretariato suddetto sino al 13 marzo 1920. Dimesse quelle ardue funzioni governative, nelle quali fu bersaglio di aspre critiche, « immancabili per chi assum· uffici di grandi responsabilità in tempi di eventi e di difficoltà straordinarie » (2), egli riprese attiva parte ai lavori parlamentari (3). Quantunque dotato di spirito sommamente pratico, e, quale uomo d’azione, intensamente occupato in operazioni contingenti e nella risoluzione di problemi economici, tuttavia possedette e dimostrò un vivo interesse per la storia e per la letteratura. Fu appunto frutto di siffatto interesse la sua iscrizione al nostro Sodalizio come socio effettivo, da lui ottenuta il 27 novembré 1907 e mantenuta fino alla sua morte. Egli ebbe in moglie la Signora Virginia Brodrito, che gli diede prole, tra cui una figlia sposatasi alcuni anni fa col Signor Carlo De Vito Piscicelli primogenito del conte Gioachino di Collesano e della nobildonna Antonietta Minatoli. Presso questa sua figliuola, ch’egli erasi recato a visitare, a Piedimonte d’Alite in provincia di Caserta, fu colto improvvisamente ed immaturamente dalla morte il 13 dicembre 1920. 1 > Parole dette dal vicepresidente della Camera, Onor. Berenini, nella sua qualità di presi- • i * · 111 *· della >·'lutii del 15 dicembre 1920, nella commemorazione del Murialdi fatta in essa seduta. Oltre il Berenini parlarono i deputati Brezzi, Pietriboni, Sacelli, Bevione, Boggiano-Pico e Soleri < ommissario ai consumi (Atti parlamentari su citati, pp. 6619-6652). i -ι Parole del deputato Sacchi in detta commemorazione (Ivi, p. 6651). Debbo al Comm. .Montalcini, segretario generale della Camera dei deputati, le seguenti notizie, .la lui con sollecita < ortesia comunicatemi a mia preghiera, intorno all’opera parlamentai·· del Murialdi. Nella legislatura XXIV questi fu eletto commissario per lo studio dei seguenti disegni di legge: Modificazione alla legge sull’istruzione superiore (205); domanda di autorizzazione a procedere contro il deputato Bovetti (328); provvedimenti in materia di trasporti nel ·'■"·· di guerra (6001: edifici monumentali di S. Miniato al Monte (607); provvedimenti tributari in materia rii tasse di bollo <*>65); tassa di bollo sulle copie di taluni atti delle Società commerciali zze alle industrie che impiegano il sale (732); provvedimenti per migliorare la coltiva-L -ne dell·· piante fruttifere (822); modificazioni al testo unico delle leggi contro la fillossera (862). Fu inoltre segretario della Commissione sul disegno di legge « Piano regolatore della città di Genova » (92). Nella legislatura XXV il Murialdi venne eletto presidente della Commissione per lo studio ilei disegno di legge sul commercio delle viti americane (660); commissario per il disegno di legge sul piano regolatore di Voltri (579); e su quello di Genova (580). Partecipò alla discussione sulla proroga dell eswiào provvisorio, sulla situazione degli approvvigionamenti alimentari, ecc., ecc, FRANCESCO FABRE REPETTO m. 19 dicembre 1920. Rapito da crudelissima morte nel vigore di una balda giovinezza, questo nostro consocio appartenne per breve tempo al Sodalizio che ci unisce, fra tante diseguaglianze che ci dividono, nel culto delle patrie memorie; essendo stato ricevuto fra noi, come socio effettivo, soltanto il 29 aprile 1920. Figlio di Maurizio Fabre Repetto, agente di cambio in borsa, e di Ernesta Pareto, egli nacque in Genova il 4 giugno 1892; fece gli studj classici, ed entrò quindi al principio dell’anno scolastico 1909-10 studente della Facoltà di giurisprudenza della patria Università, alla quale rimase iscritto regolarmente per l’intero corso quadriennale fino a tutto l’anno scolastico 1912-13, senza però laurearvisi. Questo mancato conseguimento del dottorato non dipese menomamente da deficienza intellettuale, perocché tutti coloro che lo conobbero parlano con ammirazione del suo ingegno vivissimo e del suo rapido potere di acquisizioni*, ma provenne da una singolare indipendenza di spirito che gli rendeva insopportàbile qualsiasi coatta e disciplinata applicazione. Possedeva infatti parecchie lingue moderne in modo da scriverle e da parlarle correntemente, e ad una larga coltura storico-artistica univa uno squisito senso estetico, che lo faceva autorevole ed apprezzato tra i conoscitori e gli amatori delle belle arti. Di oggetti artistici, specialmente antichi, era costante ed amoroso raccoglitore. Ottimo musicista e valente suonatore di pianoforte, pur mancando di un regolare diploma, non si peritò talora di dirigere in pubblico, a scopo di beneficenza, orchestre di musica classica, e con lusinghiero successo. Amantissimo di conoscere nuovi paesi e nuove cose, e di estendere al massimo la sua esperienza del mondo, viaggiò con profitto visitando la Germania, la Francia, la Turchia, la Russia e spingendosi fino alle lontane regioni dell’Asia Centrale. Riuscì in tal modo ad arricchire la mente di peregrine cognizioni di storia e di geografia, e ad affinare, con la visita e l’esame di svariate collezioni d’arte e di opere monumentali, 70 - il proprio gusto artistico. Durante la recente guerra prestò servizio come ufficiale nelle autotrattriei. Era da pochi anni ammogliato colla signora americana Anna Maria Ennis, dalla quale ebbe tre tigli. Mori in Genova di un tumore maligno allo stomaco, cedendo con rassegnazione cristiana all’implacabile male dopo un anno di sofferenze (1). li Ebbi in gran parte queste notizie dalla cortese premura del nostro consocio match, avr. Ademaro Negrotto, al quale mi è grato ripetere qui i miei ringraziamenti. 1 MONTAGU YEATS BROWN m. 23 febbraio 1921. L’iscrizione a socio effettivo del nostro Istituto mantenuta con rara fedeltà da Mr. Brown per 55 anni, dal 24 giugno 1866 fino alla morte, sarebbe titolo più che sufficiente per tessere con particolare cura la presente necrologia; se titoli ben più cospicui di questo, quali l’altezza degli uffizi sostenuti, l’azione esercitata nei più svariati campi dell’umana attività, le benemerenze acquistate verso Genova, non imponessero l’obbligo di parlare di lui con quella larghezza ed abbondanza di ragguagli che convengono ad un’esistenza così laboriosamente multiforme e così piena d’interesse come la sua. La famiglia dal cui grembo uscì questo nostro consocio merita del pari speciale considerazione, sia dal lato storico, per l’origine lo sviluppo e taluni personaggi di essa, sia dal lato sociale, per quel tipico cosmopolitismo, proprio degli Inglesi, che spinge molti di costoro a lasciare il nativo paese per istabilirsi, quasi sempre dopo un lungo errare attraverso terre e genti nuove, in estranie contrade, dove partecipano s’interessano s’affezionano alla vita del paese d’elezione, ma conservano però tenacemente e talora ostentano sotto un’apparente bonomia la loro qualità di cittadini inglesi, consci della potenza della loro nazione, come della propria l’antico romano quando esclamava: civis romanus sum! I Brown sono oriundi del Cumberland; dove possedettero per alcuni secoli un tenimento chiamato Scales, tre miglia da Kirkoswald. I primi di loro di cui si ha memoria erano guardie a cavallo, affittavoli sotto Lord Dacre, ed avevano il compito di tenere indietro gli Scozzesi dalla frontiera inglese. L’albero genealogico di essa famiglia mostra poi un William Brown di Scales soldato al servizio di Oliviero Cromwell durante le lotte civili che insanguinarono l’Inghilterra intorno alla metà del XYII secolo. Timothy Brown, nonno del nostro consocio, fu il primo della famiglia ad abbandonare il paese d’origine per stabilirsi a Londra, ove divenne socio della ditta bancaria Brown, Cobb & C0., non che della birrerìa Brown & Whitbred, - 72 - .lalla quale ultima poi si ritirò dietro compenso di una grossa somma. Egli • b:·· un unico maschio, che si chiamò parimente Timothy, il quale visse in sua gioventù largamente della fortuna paterna, spendendo talora più di quanto potesse disporre; talché vi fu una volta una grave questione tra padre e figlio circa una cambiale segnata Timothy Brown, che il padre rimproverava al figlio, per cui questo da allora in poi si firmò T. Yeats Brown per distinguersi dal suo genitore. Il cognome aggiunto Yeats, che passò in seguito al defunto consocio, era quello di certa vecchia miss, dalla quale il giovane Timoteo aveva avuto, sembra per ragioni di affinità di famiglia, un’impensata elargizione. Timothy Yeats Brown, di cui fu figlio il defunto consocio, condusse, come ho detto, vita dispendiosa mentre ancora viveva suo padre, tenendo a Londra appartamento separato in Manchester Street ed in Manchester Square (che era allora un quartiere alla moda, poi demolito), ed accogliendovi ed aiutando del propri" molti profughi italiani. Nato il 14 luglio 1789, il giorno in cui fu presa la Bastiglia, egli era naturalmente un caldo partigiano della politica liberale; alla qual··, oltre la suggestione della data di nascita, lo spingeva altresì l’esem- I i" dei padre egualmente militante nel partito liberale. Egli fu così uno dei non pochi inglesi amici ed aiutatori del primo movimento nazionale italiano, -· va additato alla gratitudine della presente generazione per avere sovvenuto, fra i tanti esuli italiani che trovarono rifugio in Inghilterra, il conte Porro di Lambertenghì le cui proprietà erano state sequestrate dagli Austriaci, che non gliele restituirono se non che nel 1840; il conte Confalonieri, che egli portò fuori di Milano sulla cassetta della sua carrozza, come un domestico, sottraendolo per allora al carcere, benché più tardi cadesse nelle mani dei domina-rori della Lombardia; Panizzi. che fu poi bibliotecario del British Museum; ed L'go Foscolo, di cui il nostro consocio conservava gelosamente una cambiale per una grossa somma in favore dello stesso suo padre Timoteo, con una lettera di 36 pagine a questo diretta. Il quale Timoteo erasi ammogliato in prime nozze con Miss Mary Ann Qoldsmid, morta immaturamente in età di 22 anni a Torno sul lago di Como il ·'! settembre 1817. senza lasciargli prole. Egli aveva la passione dei viaggi, che la fortuna avita gli acconsentì di esercitare con assidua vicenda e con signori 1·· larghezza. Fra il 1825 ed il 1832 percorse una gran parte del continente om-o].....per mezzo di un giallo calesse da posta fabbricato espressamente a Vienna, capacé di quattro persone con una notevole quantità di bagaglio. Diceva di avere coperto con esso ottomila miglia. Nel corso dei suoi viaggi capitò a Monaco di Baviera dove incontrò e sposò nel 1829 Stuarta, una delle parecchie figlie di Lord Erskine, il quale era ivi ministro inglese presso quella Corte reale, e di Frances Cadwalader di Filadelfia, moglie di esso Lord. Questi, che divenne così nonno del defunto consocio, era uno dei figli del ben noto Lord Cancelliere Er-skine. personaggio importante sotto Giorgio III e terzo figlio del decimo conte di Buchan (1). Fra i due sposi passava una molto notevole differenza d’età, poiché al momento del matrimonio Timothy Yeats Brown aveva quarant’anni mentre Stuarta era appena dicianovenne; nonostante ciò essi, come del resto in simili casi succede molto più spesso di quel che si pensi, vissero felicemente insieme 29 anni, fino alla morte del marito avvenuta nel 1858, e sette figli, due maschi e cinque femmine, nacquero dalla loro unione. Nel 1832 si stabilirono nell’isola della Palmaria, nel golfo della Spezia, dove rimasero fino al 1840: ivi nacque il 2 agosto del 1834 Montagu Yeats Brown, il futuro nostro consocio, chiamato in famiglia col vezzeggiativo di Monty. Prima di lui v’era nata, nel 1832, sua sorella Stuarta, e dopo, nel 1840, un’altra sua sorella, Palmaria, così chiamata da quella incantevole residenza. Suo fratello Federico ebbe invece i natali in Allmanshausen sul lago di Starnberg vicino a Monaco, nel settembre del 1837, in occasione d’una gita dei suoi genitori in Baviera e di una loro dimora colà presso suo nonno Lord Erskine, ch’era tuttavia ministro britannico alla Corte bavarese. Delle rimanenti sorelle, Ida vide la luce in Londra nell'Hotel Rapp in Soho Square, dove Timoteo e la moglie erano alloggiati durante un loro temporaneo ritorno in Inghilterra, ed Alice e Kerry nacquero in Genova (2). La vita dei coniugi Brown alla Palmaria, luogo di temperata e diffusa serenità e di suggestivi silenzi, dovette trascorrere come un idillio. Essi vi tenevano a pigione una decorosa abitazione già occupata, prima di loro da un altro inglese (certo Mr. Smith), posta vicino alla spiaggia, donde la vista abbracciava, a sinistra, il borgo di Portovenere, pittoresco nido medioevale, e (1) Thomas Erskine, giureconsulto oratore e scrittore di grido, fu lord cancelliere nel 1806 eoi ministero Fox. (2) Ho preso queste e tutte le altre notizie riguardanti la famiglia Brown, e parte di quelle che si riferiscono particolarmente a Montagu Yeats Brown, da uno scritto dato recentemente alle stampe, ma non posto in commercio, col titolo: Famiy Notes by F. A. Y. Brown (Printed at Genoa by thè R. Istituto Sordomuti, 1917); voi. di pp. 310. Una copia del qual libro ho avuto dapprima a prestito dalla benevola cortesia del Comm. Ferdinando Brocchi, ed altra copia ho potuto poi procurare in dono alla biblioteca sociale, direttamente dalla moglie dell’autore, signora Ida Yeats Brown, per le premure del nostro consocio Ing. De Grave Sells. Il Signor Federico Y'eats Brown, autore di questo interessante e caratteristico volume, e tuttora vivente e dimorante a San Michele di Rapallo (Villa La Pergola), trascorse, come il fratello Montagu, quasi intieramente la vita a Genova, dove fu lunghissimo tempo banchiere,, dapprima come socio della ditta Gibbs & C°. (1858-.1864) e quindi come socio e titolare della più grande e nota banca Granet Brown & C°. (1864-1909). Egli fu proprietario fino al 1909-10 del famoso castello di Paraggi, posto in meravigliosa positura fra Santa Margherita e Portofino, da lui stesso fatto costruire sulle rovine di un antico forte, che aveva acquistate, col terreno circostante, nel 1872. Delle sorelle Brown, la maggiore Stuarta sposò in prime nozze Charles Gibbs banchiere a Genova, morto verso il 1858, ed in seconde nozze l’ing. Emilio Brioschi fratello del matematico senatore Francesco Brioschi; Alice si maritò con H. G. Kirby, che fu poi uno dei soci della banca Granet Brown & C0.; Palmaria col tedesco Franz Weyermann; e Ida, rimasto questo vedovo, si unì in matrimonio con lo stesso. spaziava. dinanzi, verso la Spezia in fondo al Golfo, e, a destra, verso Lerici ed i monti digradanti a capo Corvo: splendido paesaggio sul quale alcuni s-coli prima s’era posato, ammirando, lo sguardo del divino Petrarca. Ricevevano le loro provviste da Genova per mezzo di un signor Cevasco, conduttore proprietario dell’albergo delle « Quattro Nazioni », e con un battello a vela ohe approdava espressamente e periodicamente alla Palmaria. Timoteo lasciò l’isola nel 1840 e si trasferì colla famiglia a Genova do-v'era stato nominato console britannico, succedendo a Mr. Stirling, per l’efficace opera del duca di Argyll, congiunto degli Erskine. Uomo ospitale, egli tenne onorevolmente il suo utìicio per 18 anni, sino alla morte, con soddisfazione siiédalment'* degli Inglesi che visitavano l’Italia, e che, avviati a Firenze, Roma e Napoli, passavano per Genova, dove dovevano ottenere il loro passaporto vistato dal consolato, e dove trovavano presso il console e sua moglie schietta e premurosa accoglienza. La famiglia Brown, dopo aver abitato per qualche tempo in via Nuovissima, ora Cairoli, si trasferì nel palazzo Cambiaso in Salita Santa Maria della Sanità oltre la chiesa dei Cappuccini, dinanzi al quale passa ora la via Goffredo Mameli, e vi rimase per ben 24 anni. Il grande salotto di esso palazzo fu, durante questo lungo tempo, ritrovo gradito di ospiti inglesi, italiani e specialmente genovesi; vi si davano periodicamente trattenimenti di musica e di ballo, e vi si tenevano anche letture e conversazioni istruttive. Carlo Dickens, in occasione del suo soggiorno a Genova, vi lesse, in un circolo eletto di invitati, il « Christmas Carol ». Il nostro Monty fu mandato verso il 1845 a studiare a Bruxelles e poi in Inghilterra nel collegio di Marlborough, dove nel 1849 lo raggiunse il fratello Federico. Secondo Fuso tradizionale dei collegi aristocratici inglesi s’insegnavano ivi il greco ed il latino, con molto di storia sacra e poco di scienze po sitive; non v’era penuria poi di esercizii di educazione fisica, nei quali però i due fratelli s’erano in parte già addestrati a Genova, specialmente nel nuoto. Nell·· vaeanz'· scolastiche, a Xmas (Natale) ed aMidsummer (Solstizio d’estate) Monty e Federico venivano ordinariamente a casa in Genova; qualche volta por altro le passarono in Inghilterra, o nella Scòzia, o in Irlanda presso loro parenti, od anche viaggiando in Germania. Circa il 1851 62 Monty lasciò il collegio e si fermò stabilmente a Genova aiutando suo padre nelle cure del consolato, nelle quali acquistò ben presto pratica e capacità, tanto che nel 1856 venne nominato vice console. Al principio del 1858 morì Timothy Yeats Brown; ed il figlio gli suc-cesse nell’uificio di console, non senza però gravi difficoltà derivanti, oltreché dalla giovine età di lui e dall’abbondante numero dei concorrenti, dall’essere allora siffatte cariche reclamate e spesso assegnate dal Foreign Office come un diritto di eredità. La madre di Monty potè superare ciò nondimeno gli ostacoli, recandosi espressamente in Inghilterra; dove seppe adoperarsi per modo che la stessa influenza che aveva procurato il posto al marito, lo assicurò al tìglio. Questi era per altro ben adatto all’ufficio, sia per la piena conoscenza dei suoi doveri, sia per le doti del suo carattere, fra le quali predominava una perfetta padronanza di sè stesso anche nei momenti di maggior passione. Egli dimostrò sempre prudenza, saviezza e moderazione in ogni cosa, eccetto che nel fumare, aggiunge suo fratello. Non sarebbe qui opportuno ch’io seguissi Montagu Yeats Brown nella sua lunga carriera di console, anche se possedessi tutti gli elementi a ciò necessari; ma sarebbe, più che opportuno, doveroso, se di essa carriera potessi riferire quel tanto che ha attinenza cogli avvenimenti del nostro Risorgimento nazionale in rapporto alla politica inglese, di cui il Consolato di Genova era organo e specola. Ma pur troppo ignoro intieramente l'opera esercitata sotto tale rispetto dal Brown. Certo egli intervenne in parecchie congiunture nelle quali persone o cose o interessi inglesi si trovarono intrecciati cogli eventi della rivoluzione italiana, che si svolsero o si ripercossero in Genova fra il 1858 e il 1870. So, per esempio, ch’egli ebbe all'inizio della sua carriera consolare ad occuparsi di Miss Jessie White, cittadina inglese, poi Signora Mario, imprigionata in Genova per i fatti del 29 giugno 1857 accaduti in questa città, e liberata dopo qualche tempo dietro. reclamo di lui ovvero del padre. L’attività del Brown non si restrinse all’esercizio della sua carica ufficiale, ma si spiegò altresì, indice dell’agilità della sua mente e della moltipli-cità delle attitudini e degli interessi del suo spirito, così nello svariato campo dello sport, come in quello, non meno svariato, della cultura e dell’arte, quale amatore, competente estimatore e provvido raccoglitore di oggetti spettanti all’ampio dominio dell’archeologia e delle arti del disegno. Secondo l’uso inglese, fin dalla prima giovinezza egli coltivò tutti gli esercizi fisici atti all’invigorimento del corpo, dal nuoto alla danza. Ancora adolescente fece col padre e col fratello le prime escursioni in montagna a Courmayeur e Chamonix, che poi seguitò negli anni della giovinezza e della virilità in compagnia dello stesso suo fratello e di altri. Sino dal 1856 era già un buon conduttore di barche a vela; egli ed il fratello, con alcuni loro parenti ed amici inglesi, inaugurarono poi in Genòva gli esercizi di canottaggio e di remeggio (rowing), diffondendo fra noi il gusto di cosiffatto sport, e porgendo occasione di seguire il loro esempio ad alcuni genovesi, fra i quali è da ricordare a titolo d’onore Ferdinando Brocchi, ora commendatore, che vi si segnalò e tenne alto il nome di Genova in parecchie regate eseguite in circostanze memorabili. Per quanto si attiene alle cose artistiche, il Brown ebbe disposizione naturale a discernere il bello in ogni opera creata dall’ingegno umano, e cultura sufficiente ad apprezzarne il valore storico. Guidato così dal suo innato gusto estetico ed illuminato dalle sue cognizioni, egli raccolse una moltitudine di oggetti e di cimelj appartenenti a tutti i rami delle belle arti. Ma le sue pre- dilazioni si manifestarono principalmente per le ceramiche, il gusto delle quali gli era stato ispirato da uno dei nobili D’Ondes Reggio, profughi siciliani in Genova prima del 1860, da lui conosciuti presso i marchesi Dondi, che abitavano allora nel palazzo Bianco ed il cui salotto egli soleva frequentare insieme col fratello Federico. Frutto cospicuo di tale passione fu una magnifica collezione di maioliche savonesi, ch’egli ebbe opportunità di esporre al pubblico nella mostra d’arte antica aperta a palazzo Bianco nel 1892 per le feste colombiane, e ch’egli poi donò in gran parte, con munificenza principesca, al Municipio di Genova: sicché ora, raccolta iu due vetrine, essa appartiene stabilmente al Museo dello stesso palazzo (1). Al buon gusto per le cose artistiche Mr. Brown unì l’interesse per le ricerche scientifiche. Nel 1874 insieme al zoologo inglese Victor Brooke, e colla scorta e cooperazione del prof. Arturo Issel, fece eseguire a sue spese, a scopo d’indagini paietnologiche', alcuni scavi nella famosa caverna delle Arene Candide presso Finalmarina; caverna ch’egli poi visitava nuovamente nel marzo 1881 accompagnandovi l’allora principe ereditario Federico Guglielmo di Germania con la consorte, dietro la guida dello stesso prof. Issel (2). Il Brown diede anche ospitalità nella sua casa di Portofino al celebre naturalista tedesco Ernesto Haeckel, ch’erasi ivi recato per i suoi studj di biologia marina. Oltre la collezione di maioliche su ricordata il nostro generoso consocio donò al Municipio di Genova due portolani in pergamena disegnati, l'uno da .Joan Martinez in Messina l’anno 1571, e l’altro da Yicentius Pennes in Maiorca nel ltìOl; più ancora la fotografia, da lui fatta ricavare espressa-niente, di una pagina dell’atlante del cartografo genovese Battista Agnese, opera pregevole del 1544 in 14 fogli di pergamena, conservata nella biblioteca del ■■ Trinity College » di Dublino (B). Così per il suo gusto raffinato come per la sua speciale competenza in cose d’arte, come anche per l’affezione da lui cotanto ostensibilmente dimostrata alla città di Genova, egli era stato da molti anni eletto membro della Commissione consultiva deH’Ufficio di Belle Arti a palazzo Bianco. Apparteneva altresì al « Burlington Fine Arts Club » di Londra. rii L ·>[.*-ra del Brown in occasione di detta mostra viene così ricordata nelle Cronache della ■ nnuiiniinrazinni ·/>■/ IV centenario colombiano, magnifico volume in 4U di pp. 495, con molte illustrazioni, pubblicato dal Municipio di Genova: « Non dovea la mostra restar priva di una raccolta di ceramiche, e l’ebbe tale da superare I as|K-ttazione. [ ri intt-ra sala, la nona, fu destinata alle maioliche che, graziosamente assortite, ven-π··ιί, con artistico gusto, collocate in apposite vetrine da quel gentiluomo che è il signor Yeats Immuri, consoli· di S. M. Britannica in Genova. Egli non fu solamente l’ordinatore della ricchissima collezione, ma provvide gran parte della stessa, fornendo i ricchi vasellami, le anfore, i preziosi oggetti, da lui con gran pazienza ed amore adunati > (pp. 180-181). (2) Ved. Ar i i rò Issel, Liguria preistorica; in Atti della Soc. Lig. di Stor. Patria, voi. XL, pp. 371, 376. (3) Rivista Ligure, anno XL, 1913, fase. I, pp. 51-52. I — 77 — Il Brown resse l'ufficio di console generale britannico a Genova dal 1858 al 1893, nel qual ultimo anno venne trasferito collo stesso grado a Boston negli Stati Uniti d’America; sede consolare cui è annesso un grosso emolumento, e della quale egli fu, a quanto stimo, più titolare che ufficiale effettivo, pe-rochè appena due anni appresso, nel 1895, egli si ritirò a vita privata. Da allora in poi alternò la sua dimora fra l’Inghilterra e l’Italia, trattenendosi di preferenza nel suo castello di Portofinó, dove aveva radunato un vero museo d’arte, con anticaglie d’ogni specie, segnatamente mobili e altri arredamenti. Oltre quello di Portofìno, possedeva altro castello ad Aulla. Egli era ammogliato con la Signora Agnes Bellingham, dalla quale ebbe i figli Alan, Victor e Francis, che parteciparono tutti e tre alla recente guerra, il primo nella marina e gli altri due nell’ejsercito inglese; l’ultimo combattè in Asia e fu per parecchi mesi prigioniero dei Turchi. Essi sono stabiliti in Inghilterra. Montague Yeats Brown era stato dal Governo inglese, in premio dei suoi servigi consolari, insignito nell’agosto del 1892 del grado di cavaliere di S. Michele e S. Giorgio (Esq. C. M. G.). Morì in Inghilterra a.Twyford, presso Winchester, il 23 febbraio 1921. BARTOLOMEO CAMPORA m. 1U aprile 1921. Dai coniugi Giovanni Campora e Rosa Piccaluga nacque questo nostro consocio il 27 dicembre 1S-11 in Capriata d’Orba, che egli amò e dilesse sopra ogni ' Osa nel corso 'della sua lunga e laboriosa esistenza. Campora è cognome antico, e sembra diffuso fin dai tempi medievali in Capriata e luoghi circonvicini. Il nostro Bartolomeo rinnovò, secondo l’uso tradizionale presso tante famigli''. il nome del nonno paterno, che fu capitano sotto il primo Napoleone e morì in Capriata il 17 ottobre del'1838. Egli ebbe i primi rudimenti dalla madre, valente maestra di metodo, istitutrice, verso il 1850, insieme con la sorella Teresa, parimente maestra, delle prime scuole elementari femminili di Capriata, e più tardi fondatrice delle scuole comunali femminili di Torriglia e di Rivai olo Ligure. Ignoro dove e sotto quali maestri facesse gli studj di latinità, che gli consentirono quella accurata e non superficiale conoscenza degli scrittori classici, di cui diede buon saggio nei suoi lavori storici e letterari, e gli permisero di iscriversi nel 1863 presso l’Università di Genova ai corsi per il notariato non che per le carriere demaniale e delle segreterie giudiziarie. Frequento con ottimo risultato essi corsi mettendosi in grado di superare con punti 21 su -ÌO gli esami di diritto civile il 4 luglio 1864, e con punti 30 su 30 gli • sami di procedura civile e penale il 4 luglio 1865. In pari tempo, ammesso il 1" marzo 1863 come volontario nella Procura generale presso la Corte d’Ap-pello di Genova, fece quivi i primi passi nella carriera delle cancellerie giudi-zia ri'·. che seguitò poi, per gran parte in Genova stessa, percorrendone i gradi relativa rapidità: segretario della Procura generale in Ancona il 26 giugno 1881, segretario della Procura generate in Genova il 26 ottobre 1882, cancelliere della Corte d’Appellò di Parma il 6 gennaio 1898, cancelliere della Corte d'AppelIo di Genova il 17 gennaio 1904, segretario della Procura generale presso la Corte di Cassazione di Torino il 15 marzo 1908. Fu collocato a riposo per limite d’età il 24 dicembre 1911. Per coloro che danno importanza ai titoli cavallereschi e li considerano a guisa di indici del merito delle persone che ne sono insignite, ed anche per omaggio alla memoria del Campora, il quale li estimava veramente senza ombra di dubbio, credo, siccome legittimo premio del dovere compiuto, e com-piacevasene senza ipocrisie ed infingimenti, dirò che egli venne nominato cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia il 1° gennaio 1888, cavaliere dell’Or-dine dei SS. Maurizio e Lazzaro il 17 gennaio 1895, ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia il 14 novembre 1910 e commendatore dello stesso Ordine il 24 dicembre 1911. Ma se i titoli cavallereschi hannp un significato e, se si vuole, un valore civile e qualche volta educativo, non hanno per altro nessun valore nel campo degli studj, dove rifulgono invece i titoli rappresentati dai frutti colti coll’applicazione dell’ingegno oltre che col metodo e la perseveranza delle ricerche. Però debbo subito soggiungere che altresì per siffatto rispetto il Campora è meritevole di seria considerazione e di schietta lode, poiché lasciò un buon manipolo di pubblicazioni storiche fondate sopra numerosi documenti ch’egli trasse dagli archivi, ricche di interesse anche quando si riferiscono ad argomenti molto speciali e circoscritti, e non prive di utilità anche quando sembrano mere esercitazioni letterarie. Da esse si vede manifestamente che l’autore ritiene con giusto criterio come il fondamento d’ogni storia debba consistere anzitutto in una serie di fatti ben assodati, non importa se riguardanti circostanze secondarie od operazioni comuni o persone umili, e come le considerazioni generali dello storico non abbiano solidità ove non siano rigorosamente basate sui fatti. Pochi scrittori si occuparono della storia dei loro paesi nativi quanto il Campora della storia del proprio. Egli investigò ed illustrò con indicibile passione le origini, le vicende, le dominazioni, le istituzioni, i monumenti, i personaggi di Capriata in tutte le loro manifestazioni, dalle più importanti alle , meno appariscenti, sotto tutti gli aspetti — civile, ecclesiastico, giuridico, militare, ecc. — attraverso tutti i tempi, dagli antichissimi Liguri fino al presente: con sicura documentazione per i secoli medievali e moderni, con erudizione e larga conoscenza degli autori per le età remote. Varj appunti si possono muovere all’opera del nostro consocio, e principalmente questi due. Anzitutto essa è slegata, o, per meglio dire, non ha di unitario se non che il tema, Capriata, e si rappresenta come una serie di frammenti ognuno per sè compatto, ma disgiunti e indipendenti fra di loro. In secondo luogo l’autore, posto tra l’angustia del tema e il desiderio o la tendenza di inalzarlo e di nobilitarlo con l’ampiezza del discorso, è trascinato in divagazioni le quali non hanno col tema stesso che un tenuissimo filo di raccordo; talché, per esempio, uno de’ suoi recensori, parlando dell’opuscolo del Campora intitolato Capriata d’Orba e il passaggio di ili. T. Cicerone o di D. Bruto, potè dire che « veramente nell’opuscolo di tutto si discorre eccetto di Capriata, che — 80 — i · ' vien proprio tirata cogli argani nella discussione » (1). So non elio il primo appunto ha forse più apparenza che sostanza, poiché nulla vieterebbe di ordinare gli scritti del Campora in modo che venissero ad essere come capitoli di un unico libro su Capriata, facendo, se mai, ove occorresse, qualche trasposizione di periodi dall’uno all’altro scrìtto, e sopprimendo le ripetizioni e le ridondanze. Il secondo è poi, pur troppo, un inconveniente,,dirò così, comune e necessario di tutte le storie riguardanti piccoli luoghi; le quali, essendo comprese nelle storie di città e centri maggiori, od avendo con queste una moltitudine di inscindibili relazioni, non possono esimersi dal rievocarne gli avvenimenti e dal ripeterne talora le fasi. Non è inoltre da tacere che in certi suoi lavori, e massimamente nel voi. II dei Documenti e notizie da servire alla storia di Capriata d'Orba, il Campora troppo spesso eccede nella esposizione ovvero nella semplice ricordazione di fatti e di circostanze che non hanno o, meglio, non sembrano avere nessun particolare interesse nè per la storia di Capriata nè tanto meno per la storia generale. Nello stesso volume egli accenna, con bizzarro gusto, a casi che sono evidentemente il riverbero o l’eco di questioni personali e locali, e che riescono pertanto incomprensibili e sibillini per il lettore estraneo all’ambiente capria-tese, e che saranno fra qualche tempo dei veri indovinelli anche per gli stessi compaesani dell’autore (2). Ciò che non tutti approveranno è il frequente ricordo che lo scrittore fa di cose pertinenti a sè medesimo od ai suoi familiari, che potrebbero trovar posto in un’autobiografia, ma che stonano e stridono in una raccolta di documenti e memorie riguardanti la storia di una comunità. È vero che siffatto costume è antico, e fu seguito da scrittori di maggior grido e levatura del Campora. Fra essi mi torna alla mente Mons.r Agostino Giustiniani, autore degli Annali della Repubblica di Genova; il quale, pervenuto nella ' sua opera storica all’anno 1470, dichiara candidamente di non aver trovato in tale arino « cosa alcuna degna di memoria », eccetto che la di lui nascita. Dal . che egli prende argomento per narrare la sua vita, osservando che « non è fuori di ragione, che coloro i quali celebrano e scrivono i fatti d’altri scrivano ancora i proprii, dei quali niuno può aver miglior cognizione di loro medesimi, e ciò facendo schivano le adulazioni, le bugie, le false lodi, che sovente gli scrittori danno a coloro in grazia di cui scrivono » (3). Anche il Campora potrebbe ad- ii) lidia Dertona, fase. XVIII, giugno 1908, p. 48. (2) Per esempio i seguenti: 1892 maggio — Il maestro G. Laiolo conduce gli scolari alla Chiesa parrocchiali1. 1895 agosto — Laiolo Giovanni, maestro, accompagna il viatico, reggendo l’ombrello o l’asta del baldacchino. 1911, 25 marzo — Il campanile della Trinità suona a morto. (3) Agostino Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova: Genova, Tipografia di Giovanni Ferrando, voi. II, a. MDCCCXXXV, pp. 156-457. dum·, quantunque con minor autorità, le stesse giustificazioni del Giustiniani; nui non tutti gli ninneranno buono die1 Capriata non offerisse negli ultimi ventanni del secolo XIX e nei primi undici anni del secolo XX, avvenimenti più memoiabili di quelli, per esempio — fra i tanti consimili .che egli ricorda — della pubblicazione dei versi da lui composti per la prima comunione di taluno dei suoi tigli o nepoti, o della nomina a cavaliere di lui medesimo ovvero di Tizio e Caio, o del pranzo per l’inaugurazione della bandiera della Società di Mutuo soccorso, ecc. ecc. Occorre per giunta osservare, a proposito della seconda delle su riferite giustificazioni del Giustiniani, che il Campora, ben lontano dal darci un racconto continuato e ordinato della sua vita — il che potrebbe avere qualche interesse, sé non per la storia di Capriata, almeno per la storia privata e individuale, così dal lato psicologico come da quello del costume — si restringe di regola ad accennare di sé fatti isolati o staccati di carattere estrinseco o secondario, e perciò scarsi o privi addirittura di valore. Tutto ciò non toglie però, ove si giudichi nel suo complesso l’opera storica del Campora e se ne riguardino i lineamenti fondamentali anziché le deviazioni e le mende, clic si debba riconoscere come essa non sia nè una facile scorribanda attraverso campi già esplorati e dissodati della storia generale, nè una sciatta e banale raccolta di notizie ad esaltazione di gloriuzze municipali; ma si porga, nonostante le frequenti ripetizioni e le inopportune digressioni e certe singolari e strane rimembranze dell’autore, quale opera utile tanto al chiarimento od allo sviluppo di taluni punti della storia generale, quanto alla esatta e minuta conoscenza della storia locale. L’interesse storico, di lui per il paese che lo vide nascere si manifestò, non soltanto coll’appassionata ricerca e colla dotta illustrazione dei documenti d’archivio concernenti le antiche memorie del luogo, ma pur anco coll’azione diretta alla difesa ed alla conservazione degli scarsi monumenti capriatesi che poterono, almeno in parte, salvarsi dalle ingiurie del tempo e degli uomini. Dei due principali baluardi della cinta medievale di Capriata, il Castelvecchio a tramontana ed il Castel nuovo a mezzodì, non rimane oramai che qualche avanzo con l’alta torre del primo, già parte, secondo egli ritiene, del castello venduto dal march. Lamberto con atto del 18 aprile 973, ed ora proprietà privata. Or bene, non è credibile quanto il Campora siasi adoperato, prima per far iscrivere tra i monumenti regionali e sottoporre alla tutela della legge la superstite torre, e per eccitare poi il Municipio di Capriata ad espropriarla onde curarne efficacemente la conservazione. « Se codesto Municipio acquistasse quel monumento » — gli scriveva Corrado Ricci da Roma in data del 2-5 novembre 1917 — « il Ministero potrebbe farne il restauro » (1). Ma nono- 111 Ve indice, come più. piaccia denominarsi, va mormorando expectu dune·· reniat immutatio new attende, cioè, un messi®, un mecenate, vale a dire proprio la pubblicazione dei documenti del sec. XlVeseg.: e forse sino al dì del giudizio. Miniere functus et quasi fato, perché "l inai sull’orlo della tomba in onta al miserabile che ebbe il coraggio di scrivermi aver io buon tempo -■ i lunaro Ία np‘s'·. dopo oltre IO auni di ricerche d atti, di lavoro, di ingenti sacrilici moltissimo superiori all infima mia condizione economica: e questo dichiaro ben alto per la verità, senza rossore, senza egoismo, senza ambizioni ». Il Campora ritorno più tardi sull’increscioso argomento in una nota alla sua monografia La Corte, il Costei vecchio e la Torre ili Capriola il' Orba - lulia Dertona. marzo MCJ1XVI, fase. XLIX, p. 5)· nota nella quale si lèggono queste caratteristiche parole: . Ei a mio desiderio dare alla stampa tutti i documenti posteriori al sec. XIII, im non ressi alla spesa: interessato chi ne era in grado, mi si rispose negativamente: fatto ricorso alla vanità, cercai, tentai con esito felice, e trovai chi avrebbe latto le spese a condizione di comparire meco collaboratore, cioè che gli autori, o meglio compilatori. apparirebbero due, io e lui: ma troncai la cosa dichiarando che la raccolta faceva parte del mio saugue e della mia tasca dopo oltre nove lustri li fatica e di spese .. (£) Allo scrìtto intitolato: l parroci della ''hr.it ili San Pietro di Capriata iVOrba dal $€coìo A/// al presente ^Estratto dalla Txtcisln, dictor, art. arde ΊιΊΙη Pror. di Ate**andria. anno XXIV, 1915). - 85 - BIBLIOGRAFIA DI B. CAMPORA 1. Dizionario generali· geografico, giudiziario, amministrativo, religioso, ecc., ecc. del distretto ile/In t torte d‘Appello di Genova; Genova, Tip. della Gioventù, 1878, forni. 8U, voi. 2. Il 1" voi. è ili pp. 249; il 2” contiene soltanto le Tavole polio metriche dei rqpoluoghi di pretura, di circondario, di provincia. L’opera è dall'autore dedicata: All’ottima sua consorte Marianna Faveto. 2. Nelle auspicatissimi1 nozze delta gentil damigella $velina Costa coll’egregio giovane avvocato Enrica Piolo. celebrate in Ovada nel 27 ottobre 1884; in 16°, pp. 6 (manca l'indicazione delja tipografia). Quattro sonetti. 3. Versi in morte di Adelina Gampora, 20 marzo 1886. 4. Versi per prima comunione di Angioletto Campora, 3 aprile.1888. ó. Cenni storici di Capi iato d’Orba; Genova, Tipografia della Gioventù, 1889, in 8°, pp. 27. 6. Versi per prima comunione 'di Giovanni e Rosetta Campora, 23 aprile 1889. 7. Nozze di Eliso lSaliuni con Carlo Faveto, Genova. 21 aprile 1890; Genova, 1890, Cart. Tip. Lit. Settimio Luiggi. in 16°, pp. 14. Poesie italiane, latine e dialettali (Pastissu a a lingua d' Capirvi). 8. Poesie inaugurandosi la nuova bandiera dello Società agricola operaia di mutuo soccorso di Capriata d’Orba, MDGCCLXXXX, IX novembre·, Genova, Tip. lit. di Settimio Luiggi, Salita Pollaioli 1890, pp. 8. 9. Poesie italiane <■ latine per le tre Uose Campora, ecc.; 13 giugno 1892. 10. Nelle auspicate nozze del signor Gerolamo Ballo lenente di vascello sulla Regia ■ Nave Sardegna colla Signorina oliva Marengo, celebrate in Moneglia il 23 ottobre MDCCCXCIIl Distici e sonetto. 11. Distici per lo stazione telegrafica in Cupviata:.19 maggio 1895. 12. Nel fausto giorno della prima comunione di Giuseppe Faveto, Genova, SO Maggio 189-3; Genova. Tip. Settimio Luiggi. in 16", pp. 7. Versi. 13. Comitato per le fede eh buugieenza in Capriata d’Orba nella solennità della B. V. del Rosario, 1895. Versi Ialini ed italiani d’occasione. 14. Prima comunione di Campora Teresa di Bartolomeo e di Faveto Marianna nella Parrocchia di S. Giacomo di Cari guano in Genova. 7 aprile 1896; Genova, Tip. Settimio Luiggi, pp. 8. Poesie italiane e latine. 15. Nell’onomastico della veuerandu Angela Faveto. Genova 2 agosto 18971. Distici e strofe. 16. A suor Angioletto Campora nel giorno della professione . nel Conservatorio della Presentazione Pietrine) in Sampieniareua, 1897, 31 ottobre: Genova Tip. Settimio Luiggi, pp. 4. Sonetti. 17. Prima comunione di Maria Felicita Campora nella chiesa, prepositurak di f ■ San Giacomo in Carigli ano, Genova, X faggio MDCCCXC Vili] Parma 189S, Tip. L. Pellegrini, in 16°, pp. 11. Poesie italiane, dialettali e latine. 18. Distribuzione dei premi per l’anno scolastico 1897-98 agli alunni ed alle alunne delle scuole municipali di Capriata d'Orba fattati nell’Oratorio della Santissima Trinità il 3 ottobre 1S9S. Breve cenno e programma della festa, con versi in vernacolo capriatese. 19. Dizionario generale geografico giudiziario, politico, amministrativo, ecclesiastico ecc. ecc. del distretto della Corte d’Appello di Parma·, Parma, Tip. R. Pellegrini 1900. Una seconda edizione venne pubblicata nel 190] (forra, 8, pp. 138). Il volume è dedicato al Municipio di Capriata. 20. Al sindaco di Capriata d'Orba dott. Carlo Camagna in occasione dell’agape nel dì Vili aprile MDCD1 offerto dai Consiglieri per festeggiare la conferitagli onorificenza di commendatore dell’ordine della Corona d’Italia. Distici e sonetto. 21. Società agricola operaia di mutuo soccorso e cassa rurale di depositi e prestiti in Capriata d’ Orba, Notizie raccolte dal socio onorario Car. B. C-; Parma, R. Pellegrini libraio, tipografo, editore, 1902, in 8U, pp. 12. 22. Capriata d'Orba, un pò d’antichità·, in Rivista di Storia, arte, archeologia· della provincia di Alessandria, Anno XVI, fase. XIX (serie II), Alessandria 190-5, pp. 4074li?, con tavole illustrative da p. 417 a p. 419. 23. Nell’agape del VI maggio MCMVI al Righi di Genova dell’Unione Italiana, sezione di Genova, per gli impiegati giudiziari di cancelleria e di segreteria, mi intervento di eminenti personaggi. Sonetto. 24. Capriata d’Orba e il passaggio di Μ. T. Cicerone o di I). Bruto·, in Rirista di stor., arte, arch. della prov. di Aless., anno XVI, fase. XXV (ser. II), Alessandria 1907, pp. 19-39. Estratto di pp. 21. 25. Alarico Re dei Visigoti-, in Ric. di stor., arte. arch. della Prov. di Aless., anno XVI, fase. XXVIII (ser. II), Alessandria 1907, pp. 453-467. Estratto di pp. 1-15. 26. Epigrafe e distico al Comm. Dott. Carlo Camagna·, 1907. 27. Distici in morte di Angela Faveto Rocca Reg·, 2 novembre 1907. 28. Nell’agape sociale dell’Unione italiana degli impiegati delle Cancellerie e segreterie giudiziarie in Milano, 12 gennaio 1908. Sonetto. 29. Inaugurandosi la grandiosa sede sociale dell’Agricola Operaia di Mutuo Soccorso di Capriata d’Orba nel simposio dell’ll ottobre 1908. Sonetto. 30. Poesie per Suor Teresa Narizzano; 15 ottobre 1909. 31. Capriata d’Orba, Documenti e notizie-, voi. I, Torino Tip. Editrice, 1909, in 8°, pp. IY-270; voi. II, Torino, Tip. Editrice e Commerciale, 1911. pp. VIII-74. 32. L’« uomo volante » di passaggio a Capriata sul principio del sec. XIX (A proposito di passaggi dell’Ebreo errante/, in Alba Pompeia, Rivista bimestrale della Società di studi storici ed artistici per Alba e territori connessi, anno III (1909), pp. 49-50. - 87 - 38. Gaburriates, Cubanates, Eiiburiates e Capris in relazione a Gabriates, Ca-briatenses, Cabriata, cioè a Capriatesi, Capriata d’Orba; Torino, Tip. Edi-' trice e Comm., 1910, in 8", di pp. 14. .54. Nell agape del IV settembre MCMX all’inaugurazione della bandiera della bocietà di mutuo soccorso Vittorio Emanuele III nella borgata Giora del Comune di Capriata d’Orba. Poesie italiane e latine; fascicoletto in 16°, di pp. H), senza indicazione di tipografia. 35. Natale; Ode settenaria, 25 dicembre 1910. 36. Il Molino di Capriata d’Orba; Torino Tip. Editrice, 1911, in 8°, pp. 1-15. 37. Capriata d Orba - Butilica Ecclesia Sancti Nicolai de loco Toliano in territorio Craviada; Torino, Tip. Editrice, 1911, in-8°, pp. 1-14. 38. Nozze Bice de Biasio e Alberto Rossi in Tornio, 25 marzo 1911. Distici. 39. Al giovinetto Angelo Faveto nel giorno della sua Prima Comunione in Genova 6' Dicembre 1912, lo zio Comm. B. C.; Novi, Tip. S. Raimondi. Sonetto e distici. 40. Nella prima messa del Sacerdote Carlo Ponasso, 6 Luglio 1913, Poesie-, Novi, Tip. S. Raimondi, pp. 4. 4\. Confraternita della SS. Annunziata di Capriata d’Orba già Compagnia della SS. Annuntiata <> Compagnia dei disciplinanti dell’Oratorio dell’Annuntia-tione ili Capriata, Cenni raccolti dui priore Comm. B. C., 1674-1913-, Alessandria. Stali, ti11 G. Jacquumod Figli. 1913, in 8°, pp. 22. 42. Al noi'ello Irrita capriatese lì. Italo Gentile in occasione della sua prima messa nella Gli. parr. rie. di S. Pietro di Capriata d’Orba umile modesto omaggio del Comm. B. C., δ luglio 1914. Distici e sonetto. 43. La Repubblica o Comune di Capriata d’Orba nei secoli XII e XIII] Novi Ligure, Tip. Salvatore Raimondi, 1914, in 8°. pp. 14. 44. 1 Parroci, o Ministri, o Rettori, o Prevosti, o Reggenti della Chiesa di S. Pietro di Capriata d’Orba dal 1254 al presente; in Rivinta di storarte, arch. della Pr'ov. di Alessandria, anno NXIY, fase. LVII (ser. II), Alessandria 191-5, pp. 85 117. Contiene documenti (da p. 95 a p. 117) ricavati dagli Archivi di Stato e Metropolitano di Genova. Estratto di pp. 37, col titolo: I parroci della chiesa di s. Pietro di Capriata d’Orba dal secolo XIII al presente. 45. Tommaso ('unte, di Novi Ligure,podestà e castellano di Capriata d'Orba sul principio del secolo XV-, in Rivista di stor., arte, arch. della Prov. di Alessandria, Anno XXIV, fase. LIX-LX (ser. II), 1915, pp. 321-354. Documenti da p 332 a p. 354. Estratto di pp. 38. Riprodotto senza i documenti in La Liguria illustrata, anno IV, n. 7, luglio agosto 191H. pp 313-319. 46. La Corte, il Castello, il Castelnovo, il Castelvecchio e la Torre di Capriata d’Orba. in lidia Dertona, fase. XLIX e L, marzo-giugno MCMXVI. — 88 - Estratto di pp. 103. con aggiunta di atti e notizie (Tortona Tip. Adriano itóssi, lv) 17). 47. In commemoratione vigiliti quintine annorum ephemeridis historicae apud Societatcm studiorum Alexandrini>, MCMXVI, XI Inn.; Ad Praesulem Boet. Sae. Fninciscum Gasparolum; Novi, Tip. G. Raimondi. In foglietto unico. 48. L’aurcliam, già Saivago, nel Coni mie di Capriata d'Orba, ed il conte cavaliere colonello patrizio genovese Ettore Spinola nei secoli XVI 6 XVII; in Rivista di stor., arte, arch. della Prov. di Alessandria, XXVU anniversario, fase. LXIV (ser. Il), 1916, pp. 821-856. Estratto di pp. ΊΟ, 49. Capriata d’Orba e le sue denominazioni attraverso i sentili', Novi Ligure, Tipografia Salvatore Raimondi. 1917, pp. 1-16. L’autore elenca, citando documenti, 38 denominazioni comprese quelle in vernacolo ed in latino. L’attuale denomina/,ione di Capriata d’Orba venne stabilita con decreto reale dell’ 11 gennaio 1863, giusta la delibeiazione 5 agosto 1862 del Consiglio comunale di esso luogo. 50. Il campanile della Chiesa Parrocchiale Preposi turale Vicariale di San Pietro di Capriata d’orba; in Rivista di storiarle, arch. della Prov. di Alemn-dria. anno II iXXVII), taso. VILI (serie IU). 1918, pp. 113-122. Estratto di pp. 36 con dedica alla memoria di Pietro Cassulo capriatese, capitano del CCXXVIII fanteria, « eroicamente caduto per la patria »· 51. Capriata d’Orba — Capitani, castellani, comandanti. connestabiU, custodi, governatori, podestà, sindaci dei castelli e della torre nei secoli XIII-X\ IH, Alessandria, Stabil. Tip.-Lit. Succ. Cazzotti A: C. di · Chiarvetto Giacinto, 1918, in 8°, pp. 10. 52. Il foro di Capriata-, in Rivista di stor., art., arch. della Prov. di Alessandria, Anno III (XXVIII), fase. X (ser. Ili), 1919, pp· 69-74. Estratto di pp. 12, con dedica al capriatese cav. Domenico Guassardo, tenente colonnello di fanteria, mutilato di guerra. 53. Capriata d’Orba — Strada di Francia, Franca, Francit/ena, Frnncegena, Nuova, Ducale, di Rivo Secco-, in Rivista di stor., arte, arch. dello Prov. di Alessandria, Anno III (XXVIII), fase. XII (ser. Ili), 1919, pp. 201-216. Estratto con dedica al « Capriatese amatissimo congiunto Domenico Bo· rasio di Carlo tenente del XLIV Fanteria..... ». XB. — Oltre gli scritti editi sopra elencati, il Campora ne lasciò pronti per la pubblicazione — secondo mi avverte l’avv. Domenico Borasio cugino di lui — uno presso la Società di storia, arte ed archeologia della provincia di. Alessandria, forse a quest’ora in corso di stampa, e due altri presso la famiglia. Da quanto però lo stesso Campora pubblicava fin dal marzo 1915 nella prefazione allo studio su I parroci della chiesa di Sun Pietro di Capriata d’Orba, è da presumere ch'egli avesse già condotto innanzi od almeno imba- stiti i seguenti altri lavori: Le strade antiche nel territorio di Capriata; Le vie di Capriata e le porte; La chiesa di S. Pietro di Capriata; Le chiese di Capriata; I canonicati, le cappellani!!, le compagnie, le confraternite, i chiericati, i benefizi eretti nella chiesa di San Pietro di Capriata; Gli ospedali di S. Giovanni e S. Gioachino in Capriata; L’ospizio dei pellegrini di Capriata; La badia di Ti-(jlieto n il Comune di Capriata; La questione del Vicario generale arcivescovile genovese stabilito in Capriata nel secolo XVIli; 1.1 convento degli Agostiniani, indi dei Ai. 0. di- S. Francesco in Capriata; Le dominazioni politiche in Capriata; Gli Ebrei in Capriata; I feudi di Capriata; -l Paleari di Capriata e il loro stemma marchionale; Le tre antiche confraternite dell’Annunziata, di S. Michele Arcangelo e della Trinità in Capriata. Sono poi del Campora o da lui comunicate le jaotizie storiche intorno a Capriata che si leggono nella Guida dei paesi e castelli dell’ Aito Monferrato e delle Langhe di G. B. Rossi (Roma, L’Italia industriale artistica editrice, 1908) a pp. 153-169. Debbo infine dichiarare che io non sono affatto sicuro di aver compreso in questa bibliografia tutte le pubblicazioni di B. Campora, talune delle quali ho desunte dalle indicazioni da lui stesso date, senza riferimento del titolo ..preciso e della tipografia, nel voi. Il dei Documenti e notizie da servire alia doria di Capriata d’Orba. GEROLAMO ROSSI MARTINI m. 13 maggio 1921. Da Antonio Rossi, facoltoso negoziante ili grani, che esportava con proprio naviglio dalla Russia, e più tardi amministratore di banche, e dalla costui moglie Caterina Ruga, nacque Gerolamo Rossi, non ancora Martini, in Genova il 12 maggio 1846. La pingue fortuna paterna gli consentì educazione accurata e larga assistenza nei primi studj; ed il gusto per la vita marittima lo spinse nel 1864 ad entrare nella R. Marina, di cui divenne brillante ullìciale. Nel 1866 trova vasi imbarcato sulla fregata a vela Regina, che faceva parte della divisione navale distaccata nei mari dell’America meridionale e composta, oltre quella, delle navi Ercole, Ardita e Veloce; e non potè quindi, scoppiata la guerra coll’Austria, esser presente alla battaglia di Lissa. Più tardi compiè sulla pirofregata Garibaldi il giro del mondo col grado di tenente di vascello, col quale poi, verso il 1876, lasciò il servizio governativo per dedicarsi alla cura della vasta azienda domestica. Parte ragguardevole di questa era il grande tenimento di Ombriano, vicino a Crema, che il padre suo aveva acquistato intorno al 1850 dal conte Toffetti, emigrato politico in Genova. Ad esso tenimento il nostro consocio diede per lunghi anni tutte le diligenze di una mente aperta alle idee innovatrici della moderna agronomia, e nutrita di sode e sperimentate cognizioni scientifiche, non che favorevole ad ogni provvedimento atto a migliorare le condizioni sociali, economiche e igieniche di quei contadini. Egli acquistò in tal modo cospicue benemerenze verso le popolazioni del circondario (ii Crema e benevola notorietà in tutto quel paese; talché, portato ivi candidato nelle elezioni generali politiche a scrutinio di lista del 23 maggio 188(3, preparatoci della 16a legislatura, riuscì deputato per il collegio di Cremona II. di cui era capoluogo Crema, insieme con Francesco Genala e Adriano Boneschi. Ebbe poi con crescente favore confermato il mandato per lo stesso collegio nelle successive elezioni generali del 23 novembre 1890 (17* legislatura), nelle quali conseguì il primo posto riportando voti 5301 e lasciando dietro a sè, per numero - 91 - ./ 1101 ' °mPagni 'Ii lista Francesco Genala e Fortunato Marazzi. Il ( . e 18.Ì2, poco dopo io scioglimento della Camera e prima della convoeaM nt ei comizi per la 18“ legislatura, Gerolamo Rossi venne nominato senatore del Regno. Eg!i civev’a Sposato 11 5 agosto 1^76 in Monza la nobile donzella Emilia Teresa, figlia del conte Alberto Martini e della contessa Antonia nata nobile, an nani, e nopote del conte Enrico Martini, patriotta eminente negli avvenimenti del 1848, deputato poi al Parlamento subalpino per il collegio di Genova VII dal febbraio 1850 al novembre 1853 (legisl. IV) e quindi al Parlamento italiano per il collegio di Crema, e per poco tempo anche di Soresina, durante le legislature VII, ιχ e X) morto jj 2q apriie 1869. Estinta la linea maschile dei Martini, famiglia già chiara in Cremona nel secolo XVII ed insignita del titolo comitali veiso la metà del secolo XVIII, esso titolo venne rinnovato con ìogio deci et o del 19 agosto 1894 alla suddetta Emilia Teresa e quindi esteso, « maritali nomine », al consorte Gerolamo Rossi e trasm issi bile ai figli maschi primogeniti (concessione 7 aprile 1895). II Rossi inoltre, con altro regio decreto del 12 novembre 1895 fu, insieme con i figli, autorizzato ad aggiungere al proprio il cognome Martini (1). Latti\ità di questo nostro consocio non si spiegò guari nella vita politica, ma ebbe modo di manifestarsi largamente e con continuità, da posti elevati, nel campo dei commerci, dei traffici marittimi e delle industrie; perocché egli fu amministratore della Banca Commerciale Italiana, dell’Acquedotto Nico-lay, della Navigazione Generale Italiana, della Transoceanica Italiana, non che presidente del Consiglio d’amministrazione dell’Unione Italiana tramways eletti iei e presidente del Consiglio d’amministrazione della Società di navigazione La Veloce ». In pari tempo, spinto dalla sua innata passione per il mare, il Rossi Martini si occupò di tutto quanto riguarda lo sport nautico e trovò, fino al limitare della vecchiaia, una fonte di esercizio salutare e di onesto diletto nella navigazione da diporto. Molti ricordano ancora qui in Genova'una sua goletta, « Fenella », ch’egli aveva comprata in Inghilterra, e colla quale fece alcune brevi crociere nel Mediterraneo in compagnia di signori e signore del patriziato genovese. In conseguenza dell’interesse dimostrato e della perizia acquistata in cosiffatta materia, egli venne assunto a membro, per qualche tempo, della Direzione del R. Yachting Club. Gerolamo Rossi Martini, senza avere particolari attitudini di studioso (1) V*l. Annuario della Nobiltà Italiana, α XXV, 1908; Bari, Direzione del Giornale Araldico e dell ' Annuario della Nobiltà Italiana; pp. 678, Dai coniugi Rossi Martini nacquero cinque figli: Antonietta, Antonio, Alberto. Giuseppe e \ irginia, il penultimo «lei quali premuri al padre. Questi, prima di essere ascritto alla nobiltà, trovava^ già in relazione di parentela <·υΙ patriziato genovese, avendo una sua sorella, Margherita, sposato il marchese Vincenzo Serra. — 92 — nè stimoli di raccoglitore e collezionista di cose artistiche, si compiacque di partecipare alla vita e di concorrere all'incremento, come socio contribuente, di alcuni istituti, sia di cultura, sia di belle arti. Debbo ricordare fra questi ultimi l’Accademia Ligustica, di cui fu accademico promotore ed altresì membro del Consiglio d’ammiDistrazione; e fra i primi la nostra Società, alla quale venne ascritto come socio effettivo il li aprile 1896 ed appartenne fino alla morte. Egli soleva durante l’anno compartire la sua dimora fra Genova e le sue ville di Ombriano, di Sovico in Brian za e di Sestri Ponente; dando la preferenza di più lungo soggiorno a quest’ultima. In ciascuno di essi luoghi, auspice spesso o coadiutrice la moglie, egli fece larghe beneficenze; ed a Sestri Ponente è vivo il ricordo della liberalità con che sovvenne la Società mutua cooperativa per la costruzione di case, mettendola in grado, con efficace e continuata assistenza finanziària, di fornire un buon numero di abitazioni alla classe operaia di quel Comune. La quale Società, a perenne memoria del benefizio, impose il nome di Caterina Rossi, madre ilei compianto Senatore, alla strada aperta in conseguenza dell’erezione di dette case, e murò sulla facciata di una di queste una lapide marmorea in onore del generoso benefattore. Il Rossi Martini, provato duramente da una fiera polmonite che lo aveva colpito nello scorcio del 1920, morì per sopravvenute complicazioni conseguenti da essa malattia, nella sua villa di Sestri Ponente il 13 maggio del 1921. LODOVICO MILANI m. 16 maggio 1921. Le frontiere geografiche della Società Ligure di Storia Patria, le quali, dal lato orientale, erano ferme da un pezzo a Sarzana, si sono da alcuni anni avanzate fino a comprendere un manipolo, piccolo ma autorevole, di soci effettivi appartenenti ai territori di Carrara e Pontremoli: quasi a significare che essi territori, sebbene compresi nella incongrua provincia di Massa-Carrara e staccati artificialmente dal Golfo della Spezia, loro porto naturale, spettano, per ragioni storiche oltreché topografiche, etnografiche e, si può aggiungere, geologiche, alla regione ligure di cui la nostra Società ricerca ed illustra le antiche e le recenti memorie. Uno dei soci suddetti, accolto nel nostro Sodalizio il 28 giugno 1919, fu il cav. prof. dott. Lodovico Milani di Carrara, morto colà il 16 maggio 1921 in conseguenza di un infortunio automobilistico accaduto nella via da Sarzana all’Avenza in località San Lazzaro di Luni. Essendomi rivolto, per informazioni sul defunto ed allo scopo di tesserne una necrologia da inserire in queste pagine, al nostro consocio, suo conterraneo ed amico, conte Carlo Del Medico, questi volle con molta cortesia rimettermene, più e meglio di un elenco di nude notizie, un compiuto ed elaborato cenno biografico fornitogli a sua istanza da un congiunto del Milani; cenno ch’io riporto senz’altro, con qualche modificazione di forma, qui appresso. « Xato da Giovanni Milani, industriale, nel Maggio del 1865, dopo aver seguite le prime scuole in Carrara, per suggerimento dello zio paterno Monsignor Serafino Milani, Conte della Santa Sede e Vescovo di Pontremoli, s’indi- — 94 - rizzò il giovane Lodovico negli studii clàssici o poscia nello discipline mediche addottorandosi, con molto onore, in Pisa nel 1891. Compiuto l’anno di servizio militare e divenutone tenente mèdico, seguì poi i corsi di perfezionamento nella R. Università di Roma specializzandosi negli studi attinenti alla pubblica igiene sotto 1 illustre Prot. Senatore Grassi, che lo ebbe sempre carissimo da studente e dopo. Tornato quindi alla natia Carrara e trovato vacante il posto di medico sanitario capo di quest’importantissimo centro industriale, vi fu subito assunto da quell Amministrazione comunale con deliberazione del 9 Novembre 1894 Pieno di energia e di ottimi studi in materia, si diede tosto il Milani a riformare, migliorandoli ed ampliandoli secondo i dettami degli ultimi perfezionamenti scientifici, i servizi igenici municipali, dei quali tracciò un programma, in gran parte eseguito in appresso dalle varie Amministrazioni comunali, nel- 1 opuscolo 1 .servizi militari secondo le leggi degli infortuni sul Incoro nell'industria dei marmi (Carrara, tipogr. Picciati 1894). Ed a lui si deve ed alle sue sollecitazioni e pratiche proposte, se si addivenne alla provvidenziale istituzione nelle valli delle cave carraresi di posti di pronto soccorso con infermieri in permanenza. Ma l’opera di miglioramento igienico di maggior importanza dovuta al nostro Dottore fu quella dei nuovi acquedotti a nord della Città, per cui tutto il Comune venne dotato di acque abbondanti e pure, e conseguentemente di pubblici lavatoi non che di un razionale sistema di fognature. Nuovi e spaziosi cimiteri sorsero inoltre per sua iniziativa nelle più importanti frazioni del Comune. » Si deve pure al Dottor Milani se Carrara fu fornita, fra le prime città d Italia più progredite, di un perfettissimo impianto di disinfezione con cabine a forni e personale specializzato anche pei servizi a domicilio e carri appositi pel trasporto delle suppellettili infette. Contemporaneamente per la tutela dei geneii alimentari, in ispecie usati dalla numerosa popolazione operaia che si addensa nel territorio carrarese, ottenne di annettere all'ufficio d’igiene un gabinetto di chimica e microscopia, affidandolo ad un egregio dottore che tutt’ora lo regge con grande benefizio del pubblico particolarmente nei riguardi del controllo delle acque, dei vini, del latte e delle carni. » Durante la sua non breve operosa missione ebbe il Milani nel territorio comunale a lui affidato varie gravi invasioni coleriche, vaiolose e tifiche; ch'egli seppe combattere con energia e intrepidezza valendosi della amorosa e sollecita cooperazione dei numerosi colleghi medici. » Malgrado le molte occupazioni d’ufficio era il Dottor Milani appassionato cultore degli studi storici lunigianesi e in particolar modo delle intricate vicende dei numerosi feudi malaspiniani della regione, e a tal uopo, da anni andava raccogliendo libri ed opuscoli antichi e moderni, d’argomento locale oggi catalogati e riuniti in apposita libreria. La quale è da augurare non vada dispersa come, pur troppo, è accaduto di altre raccolte private di opere storiche regionali. Da due anni egli teneva un acclamato corso d'igiene pratica alla scuola normale femminile di Carrara, frequentato anche da colleghi medici. Il Dottor Milani fu uomo buono, alla mano, alieno dalla politica quantunque buon patriota e amante del pubblico bene più che di se, modesto e schivo degli onoii. Al che è principalmente da ascrivere se il paese tutto ne sentì con acerbo doloie la scomparsa, e se migliaia di persone ne accompagnarono con sincero rimpianto la salma all’ultima dimora ». ENRICO ROSSI m. 17 febbraio 1922. Chi imprenderà di proposito a tessere la storia della finanza e più particolarmente dell’attività bancaria in Genova nel corso del secolo XIX, dovrà far posto, accanto ai Parodi, ai Cataldi, ai Bombrini, ai Balduino e ad altre schiatte di famosi finanzieri, anche ai Rossi dalla cui prosapia usci colui che qui brevemente si commemora. Figlio di Luigi Andrea Bonifacio e di Maria Pignone, progenie di mercanti arricchiti nel commercio dei grani di Russia, nacque Alessandro Enrico Pietro Rossi in Genova i! 13 febbraio 1835. Di buonora si applicò ai negozi bancari, e tenne per lunghissimo tempo insieme con un suo fratello ufficio di banchiere e di cambiavalute in una modesta bottega posta nel canto fra piazza Banchi e via Ponte Reale. Talché nel tempo istesso in cui dava corso ad operazioni di vasta portata finanziaria, si occupava delle più minute operazioni del cambio monetario: e se nelle prime procedeva con sicuro passo e senno navigato, per modo da acquistare la fiducia di persone altolocate che gli affidavano senza tema i loro capitali, nelle séconde faceva prova di rara precisione e di straordinaria prontezza di conteggio. Il Rossi fu membro e poi vicepresidente del Consiglio di reggenza della Banca d’Italia, sede di Genova, e per qualche tempo anche presidente del Consiglio superiore della stessa Banca. Appartenne altresì al Consiglio d’amministrazione della Cassa Generale e di altri istituti bancari, industriali e commerciali così in Genova come altrove. Partecipò alla vita amministrativa di questa città quale consigliere comunale dal 1896 al 1904 successivamente sotto i snidaci Raffaele Pratolongo, Francesco Pozzo'e Gio. Batta Boraggini; durate il qual tempo fu pure membro supplente della Commissione locale per le imposte dirette. Era insignito dei titoli cavallereschi di grand’ufliziale della Corona d’Italia ìì - 97 — e di commendatore dei SS. Maurizio e Lazzaro. Trovavasi ascritto alla nostra Società dal 15 aprile 1898. Egli aveva sposato già in età matura la marchesa Laura Gropallo vedova Pallavicino, a lui premorta. Mancò improvviiàmente, carico d’anni, in Genova nella sua abitazione posta nel palazzo Negrone in piazza Fontane Marose n. 23, alle ore 14 del giorno di venerdì 17 febbraio 1922. 7 XAVIER DA CUNHA Socio corrispondente m. Il gennaio 1920. Ho lasciato per ultimo in questo fascicolo di tarde commemoiazioni, destinate a tramandare tra coloro che ci seguiranno nell arduo cammino degli studj la memoria di quelli che hanno già compiuta la loro giornata, il licoulo del dott. Xavier da Cunha: l’unico, ch’io sappia, dei soci corrispondenti della nostia Società scomparso nel periodo di tempo che abbraccia lo stesso fascicolo. Ma poche notizie sono in grado di dare intorno alla vita ed all’opera di questo iliustie scrittore portoghese, quantunque io non abbia tralasciato di chiederne a chi poteva fornirmene in copia (1). Egli nacque il 14 febbraio 1840 in Èvora, città principale della piovincia di Alemtejo, triste e deserta regione, secondo dicono i geografi, dell antico legno di Portogallo, ora « republica portuguesa »; e, compiuta una buona prepaiazione letteraria nelle scuole di coltura del suo paese, seguì gli studj di medicina piesso la Scuola medico-chirurgica di Lisbona, dalla quale uscì laureato veiso il ISiió. Ma, come avviene spesso dell'ingegno umano, che muta e s orienta nel coiso della vita in modo diverso dalle prime inclinazioni ed applicazioni, il dott. Saverio, invece di dedicarsi intieramente alle discipline mediche, nelle quali aveva già incominciato a dar saggio di sè con alcune pubblicazioni, si voltò alle materie letterarie e bibliografiche, e nello studio e nell’esercizio di queste seppe (1) Mi rivolsi a tale scopo dapprima alla Biblioteca Nazionale
  • os cantore>s de Sao Carlos; Homenagem postuma ao Visconde de Castilho; Fredenco MisiIrai, Garret, Castilho e Latino Coelho; As mulheres qui- deitam carta*· A Bibita dos Bibitefilos] A Epopea do Petrarca-, Camponezes; 0 Carnami Portuguez. INDICE DELL’APPENDICE AL FASCICOLO 1° DEL YOL. XLIX DEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA NECROLOGIE DEI SOCI DEFUNTI DAL GIUGNO 1919 AL FEBBRAIO 1922 Gaetano Poggi Augusto Figoli . Angelo Massa Katharine Hanbury Luigi Murialdi . Francesco Fabre Reputto Montagu Yeats Brown Bartolomeo Campora . Gerolamo Rossi Martini •Lodovico Milani Enrico Rossi Xavier da Cunha Par/. 1 » 51 » -54 » 64 66 69 71 » 78 90 93 96 » 98 b . ' • « ' I Λ. ■ . - ><)<Ίΐ;ΤΛ LIGURE 1)1 STORI A PATRIA Si trovano In corso di stampa i volumi >eguenti: .. L, Lettere di Cablo Ottone, proconsole geimw in Londra, ai Governo della Repubblica di Genova negli anni 1672-74; trascritte, pubblicate ed illustrate dal socio Francesco Poggi. . Li. Im cita e i tempi di Cesare Gabella; per ii socio Fbasoo Ribella ujesto volume è il primo della nuova serie degli Atti, dedicata alla biorid del Risorgimento Nazionale. Sono in preparazione i lavori: - L L ni .grazione politica in Genova dal 1848 al 1860; per il socio Francesco Poggi. li Palazzo Rosso nella storia; per il socio Lutei Augusto Cebvetto. C-jrpo epigrafico lunense; per il socio Ubaldo Mazzcsi. £/./ io Quirino Visconti e In sua Famiglia; per il socio Giotaxm Sforza. -.7 jutrra del Finale (1447-1452); per il socio Emilio Marengo. La < rcolazione della moneta genovese e i suoi valori mi primi secoli in ' · zione alle valute degli altri popoli com merciaati; per il socio Pier Francesco Casaretto. DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLIX Fascicolo II . , A GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO KOSSO ÌICMXSI ___ ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE STORIA PATRIA . . t . ■ . ' ■ . ■ . ■ . . _ _ ATTI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA VOLUME XLIX Fascicolo II GENOVA NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO ROSSO MCMXXI Proprietà letteraria della Società Ligure di Storia Patria Responsabilità storiografica e letteraria dell’Autore Sax Pier d’Arena — Scuola Tipografica D. Bosco, Via A. Saffi, 23 I LIBRI DEI CERIMONIALI DELLA REPUBBLICA DI GENOVA PEL SOCIO LUIGI VOLPICELLA - • ' . . Il doge di Genova porge il foglio delle istruzioni all’ambasciatore della Repubblica: disegno ad acquatinta iipI frontespizio di volume ms. dell’Arehivio di Stato di Genova (Mas., ri." fió2 nero). Dalle storie antiche della Grecia ci giunse la fama del terribile bandito Procuste; il quale, misurata la statura dei viandanti sopra il suo letto, accorciava i lunghi recidendone le estremità soverchie e allungava i corti stirando, disarticolando, slogandone le membra, riducendo così i suoi simili a una sola comune misura. Non era questa un’evidente rivolta contro il fatto della disuguaglianza fra gli uomini? poiché egli, non sapendo escogitare il modo di fare eguali gli animi e le menti, si era ridotto, come per estrema protesta, a farne eguali i corpi. Ma, ahimè!, neanche in questo, per quanto egli vi si adoperasse gli poteva venir fatto di conseguire l’agognata eguaglianza: differenti ne restavano le vittime, questa mutilata e sanguinante, quella contorta e incruenta. Egli aveva potuto agire sulle quantità del corpo; ma, per ciò stesso ne aveva in pari tempo accresciuta la differenza delle qualità: il mutilato non è lo storpio. L’utopia di Procuste era un non senso. Ma ciò proverebbe, se già la storia non lo avesse insegnato, che •fin da quei tempi antichissimi la diversità fra gli uomini, come singoli e nello stato sociale, era così patente, com’era ed è naturale che sia. Tuttavolta l’anima disperata del vecchio Procuste, egli stesso di tanto differente dai suoi contemporanei, potrebbe dopo tanto correre di secoli, gongolare nelle profondità del suo erebo: ì principi proclamati dalla Rivoluzione nello scorcio del secolo XVIII erano quelli da Procuste rivendicati; e anche i rivoluzionari cominciarono 1 col credere che, mutilando i corpi, sia puro dando noi capo anzi che nei piedi, si possa rapidamente pervenire all'eguaglianza fra gli uomini. Il feroce e dispregiato Procuste era stato un precursore, per quanto incompreso, alcune migliaia di anni addietro. E ora, così come s’era iniziata in tempi preistorici quell’età del ferro nella quale ancora siamo, col 1789 si è iniziata nel moiyìo l’età felice dell’eguaglianza sociale, per la quale governa il numero, non il merito, governa la quantità, non la qualità. Ma, come abbiamo detto, non sempre era stato così. Quel pochino di storia dell’uomo che corre dalla decapitazione dei re di Francia fino a noi conta nella cronologia come conta il minuto rispetto all’ora. Negli altri cinquantanove minuti secolari della storia le società si ressero variamente sui principi del timore divino, della forza muscolare, del valore, del talento, della sapienza, della probità, tutti elementi di differenza fra uomo e uomo. Il progresso della società consistette nel far prevalere l’una Sull'altra di coteste forze differenziali; ed esempi evidentemente luminosi ne citarono i grandi filosofi dell’Ellade, Socrate, Platone, Aristotele, cui seguì una folla di sapienti pensatori, chiesastici e laici, in ispecie nel mondo neolatino. Contro tali principi era insorto Procuste; contro tali principi insorsero le plebi del 1789. Ebbero essi torto? o ebbero torto quegli altri? Il torto forse consistette nella esagerazione con cui gli uni e gli altri principi vennero esaltati ed applicati. E, se è così, non è cosa impossibile che il tempo e la natura stessa ci riportino un giorno al riconoscimento della gradazione dei valori umani. D’altra parte noi medesimi vediamo che la parola Uguaglianza, stampata in capo de’ codici, dipinta sotto i nuovi stemmi degli Stati e sopra le panche de’ giudici, non impedisce che tutti ci si affanni e si corra per sorpassarci l’un l’altro, che ciascuno voglia diventare superiore all’altro, o, se non vi riesca, finga di credersi tale. E la natura umana, che, come tutte le nature, sempre ribelli alle costrizioni, riprende con maggiore forza il suo aire fatale e porta gli uomini, sorpassantisi l’un l’altro in questa corsa eterna, sulla strada del civile progresso. E allora....? E allora guardiamoci pure addietro, e, studiando i modi e le forme onde le differenze tra gli uomini furono riconosciute ed onorate, apprendiamo a cansare nel divinabile avvenire quelle perniciose esagerazioni che ci resero uggioso il ragionevole riconoscimeli- -Β- ίο ilei merito. Tale studio ci porta direttamente a prendere conto, fra le altre fonti storiche, dei vecchi Cerimoniali dei secoli XVI e XVII, codici statutari delle onoranze dovute agli uomini in quel tempo socialmente prevalenti. Non sarebbe cosa diincile cennare a grandi tratti l’ascensione del formalismo del rispetto umano, pervenuto, nell’evo che gli storici chiamano moderno, ad esasperanti forme di servilismo e ad aritmetiche mutue valutazioni. Il timore, la speranza, l’adulazione degli uni, la presunzione, l’orgoglio degli altri ne furono le prime cagioni. Dei ricchi e dei potenti ciascuno venne considerato come equivalente da solo a più uomini, e gli si disse Voi, come se si parlasse ad un popolo, dando il bando al tu, semplice e degno di interlocutori che si stimino e rispettino. Nò questo bastò. Non si parlò più a un uomo, a un proprio simile, quanto pure pluralizzato; si rivolse la parola servile alle qualità astratte che si presumevano nell’ascoltatore, e si disse la Signoria Vostra, la Celsitudine, ΓEccellenza, la Serenità, l’Eminenza, la Paternità, VAltezza, la Maestà, la Santità, la Beatitudine e simili vocativi, che sostituivano troppo spesso al nome di uomini potenti e talora vilissimi quello delle più alte virtù; e, sottintendendo quelle appellazioni, si adoperarono e si adoperano ancora, parlando ad uomini, i pronomi femminili d'Ella e di Lei. Quelle adulazioni, dapprima dirette a pochissime ed eccelse persone, andarono coi tempi sempre più dilagando, cosicché oggi, senza rispetto ai principi parifi-catori della grande Rivoluzione, o ben anche per adattarsi in qualche modo a quelli, non v’ha alcuno, per bassa condizione ch’egli abbia, che non sia Signoria e non meriti, come tale, d’esser trattato di Lei. Il paese dove maggiormente infierirono queste ipocrite usanze tu la Spagna, e nella Spagna la Castiglia, forse per l’eredità araba. L’intervento aragonese-catalano, prima in Sicilia sullo scorcio del secolo XIII e poi a Napoli e a Roma a mezzo il secolo XV, già aveva importate in Italia le ossequiose maniere iberiche; ma, quando, col secolo XVI, vi posero dominio i castigliani di Ferdinando e d’isabella e quasi tutta l’Italia fu loro soggetta e numerosi vi accorsero signori, soldati, diplomatici, funzionari e la dinastia reale diventò imperiale, allora si che l’Italia tutta fu, come un grande salone, piena d’inchini, di titoli, di ossequi. Anzi non sarebbe temerità l’asserire che, proprio per tali modi garbati e magnifici, la Spagna conquistò, nella gara franco-spagnuola, gl’italiani e l’Italia, dove i francesi si palesavano al contrario, più che sgarbati, insolenti (1). Di tanto si moltiplicarono i personaggi illustri, i titolati, i principi, di tanto si accrebbe la potenza de’ signori spagnuoli e degl'italiani protetti o assoldati da Spagna, di tanto lo spontaneo rispetto diventò doveroso, e tanto frequentemente tutti costoro presero a viaggiare tra Spagna, Italia e Alemagna, che ben presto a ogni tratto l’incontro di personaggi cominciò a generare reciproche dubbiezze circa i trattamenti dovuti, creando frequentissimi malintesi e ripicchi. E più crebbero le incertezze quando, dopo le singole persone, anche i potentati presero a gareggiare di dignità e di pretese; e cominicò fin dalla seconda metà del secolo XV la corsa all’accrescimento <3o’ titoli statali; e Venezia si disse regina per cagione di Cipro; e Genova non si credette da meno per Corsica; e il conte di Savoia anch’egli per Cipro, e diventò duca; e duchi divennero i marchesi di Ferrara e di Mantova, i conti di Urbino e i Medici di Firenze; e questi, ultimi giunti, seppero a tutti anteporsi col titolo di granduchi; donde questioni, sempre rinascenti, di precedenza nelle grandi corti di Roma, di Vienna, di Madrid, di Parigi. A tanta confusione sorse necessità di apportare qualche rimedio; epperò si cominciarono' a studiare i precedenti e le ragioni delle dignità e dei titoli e delle conseguenti cerimonie di ossequi e delle precedenze gerarchiche. La bisogna non era facile per la moltiplicità dei casi e delle congiunture, bene spesso contraddicevi fra loro. Se si doveva ricevere un principe, un diplomatico, un gentiluomo, un prelato, a quali delle sue fastose qualità si doveva dare la preminenza? alla importanza e vastità del feudo? al grado del titolo feudale? alla ricchezza o parentela di lui? alla protezione dell’uno o dell’altro monarca? alla dignità ecclesiastica? alla carica che ricopriva? E, se egli veniva in rappresentanza di Stato, doveva farsi conto del grado personale di lui o dell’importanza dello Stato che (1) L’epidemia delle cerimonie andò sempre più dilagando e intensificandosi in Italia durante il secolo XVI, cosi che nella seconda mota del secolo ammorbava, non che le corti, tutte le case e le strade. Indarno si consolava, illudendosi, il modesto Monsignor Della Casa quando contava nel suo Galateo che · le cerimonie, t,ras|>or-tate di Spagna in Italia, il nostro terreno ha mal ricevute e poco ci sono allignate · (cap. XVII). Se avesse scritto men giovine o fisse vissuto oltre il 1556, diversamente avrebbe scritto, o per lo meno avrebbe poi mutato parere. — è — lo inviava? e, allora, come andava graduata l’importanza diplomatica degli Stati? importava maggiormente lo Stato ampio, ricco, potente, benché nominalmente vassallo dell’impero o della Chiesa, o l’altro piccolo e povero pienamente indipendente? chi doveva precedere, l’oratore del re di Napoli, il Re, così detto per antonomasia in Italia, il quale era. tributario del papa, o quello della piccola ma i libera repubblica di Lucca? E, stabilite tutte queste condizioni, come si doveano graduare i vari atti di cerimonia? andare incontro all’ospite o attenderlo in palazzo? riceverlo in cima della scala, o a mezzo, o in fondo di essa? se e quando scoprirsi il capo? con quale e quanto accompagnamento? come vestiti? in quali ore? e quali parole? — Come si vede, sarebbe stato assai più agevole compilare in qualunque epoca lo statuto di governo di un nuovo Stato, che comporre nel secolo XVI un codice delle cerimonie. E difatti negli Stati dinastici, in quegli Stati cioè dove il sovrano era il creatore delle leggi e il padrone dei popoli, di solito si fece a meno di scrivere un Cerimoniale, bastando per l’uso le informazioni sul contegno degli altri principi e gli ordini momentanei del sovrano. Maggiormente invece se ne intese la necessità nelle repubbliche, nelle quali gli uomini di governo mutano, la responsabilità è generale, manca la continuità della tradizione e meno s’intendono le prerogative aristocratiche di principi e di magnati stranieri. Dapprima fu provveduto caso per caso: così si fece nel secolo XV e nella prima metà del XVI, e per chi voglia oggi occuparsene basterà ch’egli consulti le voluminose scritture dei collegi di governo che si serbano negli archivi di Stato. Più numerosi e minuziosi particolari troverà presso i cronisti, gli storiografi, i diplomatici di quel tempo; citiamo, ad esempio, i diari del Burcardo e del Sanuto, le relazioni di ambasceria del Guicciardini, del Hac-chiavelli, degli oratori o residenti presso i vari governi· italiani, le lettere informative degli agenti gonzagheschi, estensi, farnesiani, sabaudi. Già in questo periodo prestatutario del cerimoniale alcune norme si erano andate determinando, che restarono canoni immutabili. Già prevaleva il criterio che più la qualità dello Stato importasse che quella dell’inviato; già era indiscussa la precedenza de’ legati pontifìci su quelli degli altri Stati d’Italia e di quelli imperiali su quelli di Francia e di Spagna, mentre invece Francia e Spagna litigavano di precedenza perfino nel concilio di Trento (1). Ma in quella i' valori diplomatici degli Stati italiani, per cagioni politiche e poi più per fini di precedenza e di consolidazione dinastica o repubblicana, si andavano, come abbiamo cennato, rapidamente trasformando e sorpassando, le contee e i marchesati tramutandosi in ducati, i ducati in granducati, le repubbliche in serenissime e reali repubbliche. La Signoria di Venezia riusciva a collocare i suoi inviati fra gli ambasciatori dei monarchi, facendosi riconoscere, pel possesso di Cipro, testa coronata: Genova si sforzava, con vario successo, di ottenere uguale trattamento per merito del suo reame di Corsica. In pari tempo, mentre pareva si divinizzasse il prestigio dei troni grandi e piccoli, le vecchie repubbliche, venute su dai comuni, si condensavano in governo aristocratico, come tanto tempo innanzi era avvenuto nella serrata del Maggior Consiglio in Venezia. Così faceva Genova con le costituzioni del 1528; così Lucca con la legge Martiniana del 1556. Aristocratizzatesi per tali fatti perfino le democrazie, parve giunto il momento di statuire il cerimoniale. Mentre la piccola Signoria di Lucca istituiva l’Uffìzio sopra i ricevimenti de’ Principi ed approvava un Cerimoniale, di cui è rimasto il ricordo ed è smarrito o perduto il testo (2), la Signoria di Genova, della quale qui particolarmente ci occuperemo, cominciava ad emanare alcune disposizioni di massima su tale gelosissima materia (3). Una legge del 1564 (17 nov.) circa prcecedentiam legatorum sive oratorum quando ad Principes destinantur prescriveva che, di qualunque dignità fossero personalmente (1) A Recmont, Della diplomazia italiana dal secolo XI!! al X VI (Firenze, Barbera, 1857), pag. 190 e seg. (2) Il Cerimoniale di Lucca è menzionato in capo al 14“ volume di <|U'‘H Oflizio, che funziona da repertorio di tali scritture, ma finora il documento non è stato rinvenuto. (3) L’oggetto di questo breve studio è il cerimoniale della Signoria di (ìenova |>er i ricevimenti de’ principi, diplomatici e personaggi forestieri. E quindi trascureremo quanto concerne le cerimonie interne, ciò·· le elezioni di dogi, le insegne della sovranità, il contatto e le precedenze tra le varie autorità dello Stato, e simili. Tali furono le disposizioni che si trovano intitolate: Ceremonia in discessu Ducis fìnttis anni» duobus (30 die. 1530); Ceremonia in acceptatione Iìl.mi Ducis (β geli. 1581); Additio ccrcmonie in discessu Π/.mi Ducis (3 gen. 1533,); Quod Dux ferat hirrelum ducale cum rimilo aureo, et ante ipsum ens etiam aurea feratur, ad formam privilegii Caroli V Imperatoris (27 dic. lo34); Ordo in differendis in salam novi Ducis insignibus tempore sua: arceptationis (2 gen. 1539); Quod Gubernatores et Procuratores in Civitate liac proferantur cnirumquepersona: quamvis perfulgeant dignitate (4 feb. 1509). — 7 — investili i componenti delle legazioni di Genova presso le altre corti, la precedenza e la parola toccassero sempre al personaggio di età più avanzata (1): ammirevole omaggio al rispetto licurghiano per la vecchi zza, piena sostanza data alla storica parola di seniores o signori, tutta roba vetusta, di cui la eguaglianza sociale non saprebbe che altro fare se non riderne, compatendo i miserevoli nostri progenitori. Altra apposita legge, con l’intestazione Non liceat Duci et Gubernato) ibus mittere nec ire visitatum aliquem Principem seu dominum exterum (18 dic. 1572) (2) assicurava la dignità, la sovranità, l’indipendenza dei dogi e della Repubblica, e più tardi, se vero è che l’eccezione conferma la regola, veniva riconfermata innanzi a tutta l’Europa dalla eccezione famosa che la prepotenza del re Luigi XIV le impose quando costrinse a suon di bombarde il doge di Genova a presentarsi dinanzi a lui nel salone di Versailles (1685). Infine il Senato genovese, decisosi a disciplinare modi, forme e tempi del cerimoniale, nominava per tal fine una Giunta del Cerimoniale e designava i Deputati per le cerimonie, della quale e de’ quali si trova cenno nelle scritture del 1574 e dell’anno seguente (3). Proprio in quell’anno erano stati magnificamente ricevuti a Genova il Cardinal Pacheco, il principe di Toscana, il duca d’Alba, il principe Don Giovanni d’Austria vincitore di Lépanto: di tali ricevimenti si volle eternato il ricordo nelle pitture murali che ora adornano l’atrio del palazzo civico di Genova. A quel tempo risale pure la composizione di un trattato che la vecchia Repubblica serbò e ci fa oggi trovare nell’Archivio di Stato di Genova (4); il quale s’intitola Trattato delle Cerimonie laiche appartenenti alla Signoria di Genova. Il manoscritto, che è una copia fatta pure a quel tempo, porta in fine la data, di.altra mano, dell’anno 1569; alla quale invero non si può credere, perchè in un luogo del testo (5) si trova nominato il « presente doge veneto Luigi Moce-nigo », il quale si sa che fu doge dal maggio del 1570 fino al 1576. Cl) Archivio di Stato di Genova, bibi.. Leget Reipubliece, voi. IV (lib. IV, pag. 1G0): Decreti, 87 (carta 87). fi) Ivi (pag. 184). (8) Cerem., filza l; altrove si parla del trono, « sede, per gli antichi storici affermata usarsi da’ Romani nel supremo magistrato di quella pMìica libertà faUa di legname > : e poi si cennano i riguardi dovuti ai « segretari di principi, di fratelli o figliuoli di pontefici vivi, e tanto maggiormente di padri se li avessero >: e si ricorda ■ il manto ducale secondo la forma ordinaria di tutti i gran principi con la coda (sezione II, cap. 2, 3, 6: s. III, cap. 1J. — 9 — à vi si trovano, ma anche e principalmente per quanto concerne i ma-gistrati della Repubblica genovese e per alcune menzioni topografiche della città. Epperò ne pubblichiamo qui in appendice il testo integro. Ma chi forse più di tutti spinse la Signoria a fondare con uno apposito statuto il cerimoniale genovese dovette essere un frate forestie-10, del quale ora conviene di dire quel poco che sappiamo. Geronimo Bordoni era nato in Sermoneta, feudo dei Caetani nella campagna romana, e veniva da una famiglia che aveva colà una qualche importanza, come asserì un illustratore di quella cittadina (1). Anzi 1 illustratore disse di più: la famiglia, non solo era antica, ma era stata di sicuro contemporanea de’ Cesari: «Si può con qualche fondamento affermare che quel Giulio Bordone, capitano dell’armata di Germania sotto l'imperio di Vitellio, fosse di nostra patria, giacché li Latini conseguivano cariche onorevoli in Roma; del quale fa memo· 11Λ Tacito nel libro 17u, Julium Bordonem Germanica! classis praefectum astu subtraxit ». A ogni modo il nostro Geronimo si palesò non del tutto indegno dell’ammiraglio romano, suo tanto progenitore, perchè, se per un rispetto preferì alle armi e alle navi il modesto e mite abito de’ minori osservanti, per l’altro diventò maestro nell’arte delicatissima delle cerimonie di palazzo. Certo è che ben presto ebbe modo di collocarsi onorevolmente nella curia romana al seguito del Cardinal Filonardo, del quale era divenuto teologo. L’illustratore sermonetano già cennato lo disse: « buon filosofo, teologo, oratore e poeta », ne menzionò particolarmente una Historia sacrce vita’ sanctissimi viri divi videlicet Tetri confessoris Hispani de Babuco, composta per compiacere al suo protettore, nonché alcuni trattati col titolo II vero spiritual Cristiano dedicati a Bonifacio Caetani signor di Sermoneta (1056), un Thesaurus divitum ad opera pietatis hortatorius dedicato al medesimo (Napoli, 1557), un tomo poetico in lingua latina e italiana sulle festività della Vergine (2). Nè invero esagerò neU’encomiare il padre Bordoni, se già prima di lui un altro biografo (3) aveva scritto senza paura: « Il padre Girolamo Bordonio (1) P. Ρλντανεμ.ι, Notizie isteriche appartenenti alla teiTa di Sermoneta in distretto di Roma (Roma, tip. del Sonato, 1911); voi. I (pag. 556). (2) Ivi (pag. 570). (3) Ricchi, Vite degli uomini illustri (cap. ‘20. pag. 179). \ — 10 - fu famoso nelle cattedre e celebre nei pulpiti, un altro Omero in ' poesia ». Il cardinale Filonardo, protettore del Bordoni, nato di gente modesta a Bauco presso Veroli e quindi quasi conterraneo ilei giovane suo teologo, era stato uno di quei prelati che avevano brillato in quel ciclo di umanesimo e rinascimento, così che ben si può dire di loro di essere stati, fra i cardinali, veri cardini della Chiesa. Egli era entrato da giovane nelle grazie di Innocenzo VIII; Alessandro VI lo aveva fatto vescovo di Veroli (1503); Giulio II lo nominò prolegato di Bologna e governatore di Imola; Paolo III lo creò cardinale di S. Angelo, vescovo di Albano, governatore di Castel Sant’Angelo; e in quel castello famoso il cardinale morì nell’età di 83 anni (19. die. 1549), un mese dopo la morte del papa. Ma le sue opere maggiori erano state nelle missioni affidategli· Sopra il suo sepolcro fu scolpita un’epigrafe latina, nella quale fra l’altro si ricorda che il Filonardo, preso in amicizia dai sommi pontefici Innocenzo VIII, Alessandro VI, Giulio II, Leone X, Adriano VI, Clemente VII e da costoro inviato a principi, a nazioni, ad eserciti, a province, con animo invitto e con fede aveva saputo salvaguardare dovunque l’autorità della Sede Apostolica col massimo vantaggio dello Stato (1). Aveva quindi girato paesi, frequentato corti, trattato con governi, conosciuto uomini: non deve recar meraviglia che alla scuola di lui il suo teologo sia potuto finire maestro di cerimonie. Qual partito abbia preso il padre Bordoni dopo la morte del suo protettore non sappiamo dire. Risulta solamente che nel 1557 si stampavano alcuni suoi libri in Napoli, dedicati al duca di Sei moneta, e che verso il 1564 egli era in Genova al servizio di quella Repubblica; di dove non si mosse più. Nè v’ha notizia dei motivi che lo avean tratto a Genova; sicché non si può fare altro che delle congetture. Venuto su, da giovane, nella corte Vaticana quando sedevano papi liguri, Sisto IV, Innocezo VIII, Giulio II, egli aveva dovuto conoscervi non pochi genovesi. Anche nel periodo de pontificati medicei di Leone X, Clemente VII, Pio I\ quella corte abbondava dei liguri del recente regime e degli altri che il prestigio di quella (1) Ugiieli.i, Italia sacra (Albanentes, 87": Verulani, 48°); — Giacomo, Vita· Pontifirum (Paolo III. 12°). — 11 — nazione ancora portava su. Negli anni fra il 1550, dopo la morte del 1-ilonardo, e il 1564 o 1565, quando il Bordoni era o stava per venne a Genova, vivevano in curia i cardinali Doria, Cicada, Dolera η Γ8 lail°’ tUtU ligUli’ ai quali vann0 aggiunti anche il Pasqua biis c il Lomellino, fatti cardinali il 1565. E cardinale era anche Cola Caetani di Sermoneta. Si può quindi supporre che egli dapprima si sia appoggiato ai Caetani, suoi signori feudali, e poi si .sia procurato, profittando di antiche amicizie, lo stabile impiego della Repubblica di Genova. Ma anche un'altra congettura può farsi, ed è questa: che, nello spazio dei quattordici anni corso fra la morte del Cardinal Filonardo e il primo esercizio del cerimonia!» del Bordoni in Genova, costui, piobabilmente per ragione del suo abito religioso, abbia avuto motivo e modo di andare a stare nell’isola di Corsica, dominio della Repubblica genovese, e di percorrerla tutta. Poiché è certo che egli vi stette e che la percorse: peragravit totam illam insulam, dice il documento. Il qual documento è una lettera che il 1596 (24 giug.) Paolo Moneglia scriveva da Genova ad Abramo Ortelio, il famoso geografo e cartografo olandese. Il Moneglia diceva all’Ortelio: I i ciedevo dimentico di me, benché tu mi avessi scritto con tanta amorevolezza da sembrare che abitassero in te le Grazie, lo ti aveva inviata una carta, nella quale era descritta quasi correntemente tutta la Corsica, e tu subito me la ritorni dandola anche più decorosa e netta. Ma, per esser teco sincero, nella tua molte cose mancano o qua e là non sono chiare: per la quale ragione te ne mando ora un’altra, in cui sono solamente i luoghi principali, e questi con lettere maiuscole; gli altri luoghi invece che mancano prendili da quella precedente che già avesti, poiché è integra e verificata. Dell’autore di essa poco finora si sa, giacché Cristoforo de Grassi, benché faccia solamente l’arte della pittura, sostiene tuttora di aver dato lui le misure precise de’ paesi. In verità una tale lode tocca a Geronimo Bordonio, che questa Repu-hlica si è scelto per maestro delle cerimonie, il quale tutta percorse quell isola e ce la détte fatta a quella maniera che io ti mandai a vedere (1) ». (1) Debbo la notizia di questo documento alla cortesia del professor Roberto Alma-già della R. Università di Roma, ni quale rendo qui le dovute grazie. Il testo latino — 12 — Non possiamo asserire quando il Bordoni sia stato nella Corsica; ma è molto probabile che ciò sia accaduto proprio nel tempo in cui non sappiamo che cosa egli abbia fatto, cioè fra il 1550 e il 1564. Forse vi andò, non per una prestabilita missione geografica, ma bensì per una possibile ispezione sui conventi de’ minori osservanti in quell’isola, o pur anche per un ritiro in qualcuno di quelli; e forse potrebbe eziandio essere stato inviato colà dalla curia di Roma per tentare accordi fra la Signoria di Genova e i còrsi ribelli (1). Per un motivo o per l’altro egli girò l’isola e ne studiò e fissò i dati geografici, da lui segnati in apposita mappa, di cui un esemplare per mezzo del Moneglia passò nelle mani dell’Ortelio. Gli è così che il futuro ricercatore delle fonti del famoso atlante orteliano dovrà ormai prendere nota anche del nome e dell’opera del nostro Bordoni (2). Prospettata per tal modo la probabilità che il Bordoni, prima di stabilirsi a Genova, sia stato in Corsica, e supposto che per tal fatto si sia meritata l’attenzione o la riconoscenza della Signoria, la quale poi per questo l’abbia tenuto al suo servizio, non possiamo ancora licenziare la lettera del Moneglia all’Ortelio, perchè la importanza di essa esorbita ancora oltre la notizia dell’andata ilei Bordoni in Corsica, portando in discussione la paternità della corografia di quelPisola, pretesa dal De Grassi, ma spettante al Bordoni. Cristoforo de Grassi è noto per la sua firma sotto una grande della lettera, pubblicato nel volume A brattami Orteìii epùtolie edito da A. A. Hessel (fan tabrigse 1887) sotto il numero d’ordine 290, è del seguente tenore: « Putabam te mei oblitum, cum tamen ad me tam amanter scripseris ut Gratin in te habitare videantur. Misseram cartam in qua universa Corsica labenti quasi maini erat descripta, et tu statim reponis nam etiam magis decoram et politam das. S i , ne te fallam, multa desunt in tua aut saltem non sunt distincta: qua prbptei mitto adhuc aliam, in qua prsecipua tantum loca; ea notatis maiusculis, csetera vero quft desunt accipies a priori illa quam olim habuisti, nam est integra et probata. D< au ctore illius parum adhuc constat, cum Christophorus de Grassis, etsi pictoriam aitcm tantum exercet, contendit tamen se certas locorum dimensiones dedisse. Ì erum Jero-nimus Bordonius, quem magistrum cceremoniarum Respublica heee sibi elegii, laudem illam meretur; nam, peragravit totam insulam atque eo modo quo ad tc misi videndam nobis dedit *. (1) Il papa doveva preoccuparsi non poco delle rivolte de' efirsi; i quali, appoggiandosi alla Francia, ricevevano perfino i turchi, che sbarcavano guerreggiando nell isola. (2) Non si confonda Geronimo Bordoni con l’omonimo Benedetto, pili volte citato dal medesimo Ortelio nel suo atlante come autore di un libro sulle viole del Mondo (Venezia, 1528): il quale, nato a Padova, fu geografo e miniaturista, di cui discussero il Fontanini, lo Zeno, il Maffei ed altri. Contemporaneo del nostro Geronimo fu anche il pittore Paris Bordone da Treviso del quale si conservano alcune tele nel palazzo rosso di Genova. - 13 — veduta prospettica della città di Genova, dipinta su tela, che si ritiene copia di più antico originale. Minore importanza si è data finora ad un altra grande tela, anch'essa serbata nei musei civici di Genova, lappi esentante l’isola di Corsica, della quale, come dice l’iscrizione, 1 autore sarebbe stato il De Grassi. Il quadro, orientato orizzontalmente da levante a ponente, è tutto un vasto verdastro di mare, limitato a sinistra da una macchia più scura, che, volendo essere la Riviera ligure, corre lungo il lato verticale della cornice. Nel centro, nuota in mezzo a tutta quell’acqua una qualche cosa, che pare una testuggine marina, e che è la Corsica, coricata sul fianco, col capo innanzi della penisola di Bastia e con le zampe, sporgenti dal corpo, dei suoi promontori occidentali. In alto, sopra l’isola natante, si svolge un laigo nastro di bianco ingiallito, nel quale una fila di maiuscole capitali ostenta le seguenti parole d’intitolazione: « Corographia Xo-fori de hrassis insulce Corsica} olim Cyrnus in mari Ligustico anno MD.\C\ III ». Se nonché... il De Grassi, come avvertiva Paolo Moneglia nel 159(5, non era un corografo, era appena un dipintore; la corografìa della Corsica era stata lavoro, e lavoro lodevole, di Geionimo Bordoni, di quel Bordoni che la Repubblica aveva fatto suo maestro delle cerimonie, non di quell’altro Bordone, Paris Bordone di Ί reviso, che fu pittore e lasciò in Genova parecchie sue tele, e tanto meno poi del De Grassi, il quale pretendeva di aver prese lui le misure geografiche (1). Dunque quest’ultimo mentiva quando il 1598 si scriveva sopra il quadro stesso autore di quella corografìa. Anzi, guardiamo meglio sulla scritta, così, da vicino. Ecco che l’ombra di alcune lettere apparisce qua e là sotto l’ingiallito lenzuolo del bianco spennellatovi sopra: una diversa scritta v’era stata dianzi, prima che il pennello del De Grassi la coprisse tutta con la sua mentita leggenda. Due aste come quelle di una II appariscono fra la i e Va della parola Corographia; una E vien fuori di sotto il primo o di Xofori, e tra 1 ’i finale e il seguente de sporge la desinenza VS: il tutto a distanze tali quali converrebbero al nome RIERONIMUS. (1) 11 De trassi <|Uasi certamente giocava di equivoco; egli, asserendo di aver preso le misure, diceva un poco poco di verità. Egli difatti aveva dovuto per virtù di compassi trasportare su scala grande da quadro il maneggevole disegno geografico del Bordoni. — Η - E una ·!? è sotto la seconda c di Corsieiv; la sillaba NI appare sotto la ni di olivi, quel NI che potrebbe stare nella parola CEREMONIARUM; altre due aste traspaiono sotto 1’// di Cyrnus, come se fossero della M finale di quella ipotetica parola; e là dove è ora l’o di Lujustico era già stato un altro VM. E notiamo ancora un’altra cosa: il nome De Grassis non entrò per intero, distribuendosi le parole, nel primo settore della zona svolazzante, e fu necessità poggiare l’ultima sa cavalcioni sulle linee della prima piega dello svolazzo, come accadrebbe a chi scrivesse in uno spazio obbligato. Da tutto quanto abbiamo esposto si deve trarre la conclusione che quella tela, pennellata dal De Grassi, era una riduzione su scala più ampia della carta di Corsica disegnata dal Bordone e comunicata all’Ortelio, e che più tardi il De Grassi, che l’aveva riprodotta e dipinta, pretese di arrogarsi il merito della formazione della carta, spingendo l’impudenza fino a sostituire sul quadro stesso il nome suo a quello del Bordoni, che dapprima era stato obbligato a scrivervi. Tornando ora all’oggetto di quel che Geronimo Bordoni abbia fatto dopo la morte del cardinale, suo protettore, diremo che questo solamente è certo, almeno per ora, che egli assunse presso la Signoiia circa il 1564 un .ufficio di nuova creazione, creato forse pei lui o da lui fatto creare, quello di Maestro delle cerimonie. Egli, quando, anni dopo, iniziò la serie de’ libri Ceremoniarum, de’ quali dovremo più in là particolarmente parlare, appose in capo al primo libro la seguente intestazione: Diurnale nel quale si contiene tutto quello che si fa dallo Serenissima Republica quando esce di Palazzo, et come se > icevono le visite, et se visitano altri Signori in nome di lor Signorie Serenissime, fatto clal R. Hieronimo Bordonio Ser monetano Primo Mastro di Cerimonie l’anno 1588. E quanto ei tenesse alla constatazione del fatto che egli era il primo, il capostipite, il fondatore della dinastia dti cerimonieri della Repubblica risulta dalla dichiarazione del cancellici e, messa lì bella e preparata subito dopo quella intestazione, della quale, scritta in latino, ecco in volgare il tenore: « Il soprascritto D. Geronimo Bordoni, il quale per questa Serenissima Repubblica governò per circa cent/quattro (inni le cerimonie, e ora le governa, essendosi in tale ufficio sempre adoperato, perchè di tutto ciò che si sia fatto in materie di cerimonie pubbliche, specialmente in nome di quella e nel ricevere e trattare la Regina eli - 15 — Spaglia, la madre della Regina, gli Arciduchi, i Principi e altri personaggi pei alcune dignità cospicui, i quali vennero in questa città, sia ( a o notizia diligentissima in questo libro ed ivi resti per questa Ixepubblica scritto e pubblicato, costituitosi avanti di me Segretario e Cancelliere, supplicando chiede che si voglia accettare il volume come attestazione del suo grato animo e prova della carica e della sua perpetua volontà di accudirvi, affinchè per quanto sarà concesso dal tempo, da esso risulti come egli sia dato il primo a presiedere alle cerimonie e in quale modo gli altri Signori Illustrissimi che amministrarono la Repubblica si siano regolati e con quali nomi abbiano salutato o con quali titoli chiamati i Principi e gli altri personaggi in quel tempo venuti a Genova. Solamente egli desidera questo: che gli venga conceduto, che egli, mentre esercita l’ufficio di maestro di cerimonie, detenga il libro in casa sua, acciocché possa annotarvi le cose concernenti le cerimonie di tempo in tempo che avverranno ». Da questo documento, il quale d’altra parte non è convalidato da sottoscrizione alcuna, risulta pure che l'istituzione della scrittili a Ceremoniarum avvenne, non per disposizione governativa, ma per iniziativa spontanea del Bordoni, desideroso che dell’opera sua non si perdesse nè il ricordo, nè il frutto. Il padre Bordoni dunque, se, com’egli assevera, era nel 1588 già da circa ventiquattro anni cerimoniere della Repubblica, dovette assumere, se non ancora il grado, per lo meno l’ufficio verso il 1564. Il guido invece e titolo di Maestro delle cerimonie, con lo stipendio annuo di 800 lire, pare che gli sia stato conferito solamente il 6 aprile 1588, poiché il seguente 6 ottobre gli si pagava per quella carica il « salario di mesi sei, principiati a dì 6 deH’aprile scorso, nel quale giorno venne eletto a detta carica dai Serenissimi Collegi » (1). Conviene pure notare che il diurnale scritto dal Bordoni, divenuto poi il primo dei libri Ceremoniarum, cominciò col giorno 12 di quel medesimo aprile. D’altra parte la differenza di posizione di ufficio del Bordoni, il quale prima del 1588 fungeva da cerimoniere e solamente in quell’anno ne otteneva il titolo, trova un’agevole spiegazione nel fatto che fino al 1587 le cerimonie erano state disposte (1) Cartulari Finanza, a. 1588. ed esercitate caso per caso e che in tale anno venne approvato il primo statato del cerimoniale (1). L’incarico di proporre un cerimoniale già era stato dato al nobile Giovanni Saivago e ad un collega; i quali presentarono una relazione di cui è incerta la data e che si conserva, mutila dell ultima parte, nell’Archivio di Genova (2). A ogni modo la cosa non dovette aver séguito, perchè risulta che il 12 maggio 1586 i senatori Paolo Sauli e Stefano Doria furono deputati ad formandum seu for man faciendum publicum Cerimoniale. Costoro, o che non sapessero che pesci pigliare, o che per davvero non avessero il modo o il tempo di accudirvi, alcuni mesi di poi dichiararono dictam curam, pro ut esset necesse, minime incumbere posse. E allora il Senato a dì 23 ottobie, audita etiam eorum opinione, designò Giovan Battista Pallavicino •del fu Damiano, Giorgio Doria e Marco Antonio Sauli al seguente compito: « Abbiano cura di consultare l’opera di Gabinio, le noteequant altro esista in Cancelleria, non che pure quant’altro essi stimino di dovere esaminare circa l’affare delle cerimonie predette, tenendo anche presente il decreto, fatto l’anno 1572, di divieto ai governatoli di visitare senza licenza personaggi stranieri, e, con gli opportuni adattamenti, assunto informazioni da chiunque essi preferiscano, tenendo a giorno della pratica i detti Ill-mi Paolo e Stetano come sopia deputati, facciano compilare un cerimoniale, modo, forma o tegola, con cui, a giudizio loro, tanto il Ser."10 Senato da solo, 1 Ili-Collegio de’ procuratori da solo e ambo i Collegi riuniti debbano comportarsi con i principi e con gli altri in materia di cerimonie, quanto pure i governatori o i procuratori oalsun d’essi privatamente ^debbano contenersi nel visitare chi si sia, eccezion fatta pei i pai enti, -"fièli'evitare i conviti e le quotidiane contrattazioni con privati cittadini pubblicamente consuete nei banchi; e tale Cerimoniale ossia Regolamento presentino, riferendone con il loro parere » (3). (L) È notevole che il caso simigliante si verificava in pari tempo alla coitv < i Francia, dove il fiorentino Gondi, giunto là con la regina Caterina de Medici, , aP prima funzionò da cerimoniere, come il Bordoni a Genova, e poi il 1·τ8δ, tre anni pi mia del Bordoni, veniva nominato maestro delle cerimonie, grado di nuova creazioni. (2) Ceretti., voi. 473 B (c. 68 t°). (3) Ceretti., filza 461 (23 ott. 1586), Sbarco di D. Giovanni d’Austria ( 157-1 >. Cavalcata del Cardinal Pachwo ι Ιδι I — 17 — Ed invero il compito venne opportunamente adempiuto dai tre nuovi deputati Pallavicino, Doria e Sauli. Costoro presentarono al Senato una proposta di regolamento o statuto delle cerimonie, breve, chiara, concisa. Il dì 11 marzo 1587 il Senato, intesi il rapporto e i compilatori di esso, « e di ciascun capo della relazione fatto considerazione e lungo esame, è altre cose considerate ed in parte riformate ut supra videre est », approvò la proposta trasformandola in legge (1). Alla quale nel 1599 veniva aggiunta una disposizione, che limitava le spese alimentari nelle occasioni di venuta di principi o signori. Per tal fine il doge e i governatori e procuratori della Repubblica mandavano il 4 agosto la seguente proposta al Minor Consiglio: « Le spese che da tempo in qua ha sostenuto la Republica in spesare Principi e personaggi che sono venuti e passati per qua sono state cosi grandi ed eccessive, che, se si perseverasse in ciò, ne verrebbe essa a ricevere danno notabilissimo, essendo l’erario così esausto; al che desiderando noi provvedere e sollevare la Republica da così gran spesa, abbiamo giudicato che convenga provvedere per legge come in appresso, cioè che da qui innanzi senza il consenso e deliberazione del Minor Consiglio, da farsi con li due terzi de’ voti, non possa essere spesato alcuno, di qualsivoglia stato, grado e condizione si sia che venirà per fermarsi qui o vero per passaggio, se da’ Ser.mi Collegi non sarà fatta deliberazione di ciò fare: e, seguendo ciò, non le possa essere fatta altra spesa che di un desinare arrivando quel tale alla mattina ovvero una cena arrivando alla sera, e che la spesa di esso non possa eccedere lire cento ». Avendo il Minor Consiglio approvato il 27 agosto la proposta, questa, tornata ai Ser.mi Collegi, diventò legge (2). In cotali atti legislativi certamente erano intervenuti consigli e pareri del padre Bordoni per effetto dell’ufficio di maestro delle cerimonie e della sua speciale perizia ed esperienza. Ed invero egli (li Lo statuto è <|ui appresso pubblicato nel l'appendice I (doc. II) cou le annotazioni delie modificazioni apportate dal Senato alle proposte dei compilatori. (2) Leiics Reipuhl., voi. 11” (c. 8-1), 43“ (e. 73 t°). 2 — 18 si adoperò assiduamente nella sua carica, con soddisfazione degli illustri ospiti di Genova e compiacimento della Signoria (1): dalla quale più volte gli vennero pagati de’ compensi eccezionali. Così gli furono dati nel 1600 (22 die.) duecento lire « in ricompensa di sue fatiche straordinarie », nel 1608 (23 die.) quattrocento lire « poi-lavori straordinari per eum in hac cura bene gerenda latis », nel 1609 (28 feb.) altre quattrocento lire in rimunerazione di lavori straordinari quos passus est in cius cura, nel l(il2 (17 die.) duecento lire, habita ratione quod ipse per tot annos muneri illi predo fuit et in sua senectute quantum potuit non defuit quin diligenter in id incumberet (2). Così invecchiando venne a morte nel dì 2-1 febbraio 1615; e ai fedecommissari testamentari di lui Genesio Nuceto e Giuseppe Petri-gnano furono versate il 15 aprile trecentodue lire prò salario dicti Hieronimi a die 6 octobris 1614 usque 24 februarii superioris, quo die oòiit (3). Lo si deve credere sepolto nella tomba che egli stesso in vita si era preparata nella chiesa delle monache di S. Tommaso, a cornu epistolce in ingressu ecclesia’, con il seguente epitaffio (4), nel quale egli, non sappiamo perchè, ricordando le sue cariche di Roma, tacque di quella di Genova: Hieronimus Bordonus Sermonetanus clericus Teracinensis scriptor Bibliotechce Brevium ac minoris gratile SS.m‘ P.P. Gregorii XIll (1) Citiamo un esempio. Il Cardinal deJoyeuse, giunto il 2 luglio 15&9 a Genova, ne ripartì il 16 novembre. Il Bordoni scrive nel suo Diurnale (c·. 64): ■ Subito che tu in galera S. S. 111.ma imbarcato, mandò alla casa di esso maestro di cerimonie a do- . nare una bella coppa d'argento, dorata e tutta lavorata a bollino, di valore di scudi incirca, e da un suo gentiluomo gli mandò a dire che in segno della servitù che gli aveva fatto del punto che gli mandò di confetti, che, non trovandosi con quella larghezza di denari che altre volte aveva, che avesse accettato e goduto per amor di S. S. 111.ma tal vaso. Quale, il giorno appresso, non ostante che in contrario non fosse proibizione alcuna, parendo a esso maestro di cerimonie di non poter accettar presenti da Signori e Principi presentò tutti gli 111.mi signori Senatori, acciò ne facessero la volontà loro; e, oltre che di tale atto ne fosse assai laudato e commendato, assai sùbito da Loro Signorie III.me gli fu donata e restituita e gli ne diedero il prosit, essendo poca cosa rispetto a quel che desideravano per suo comodo ed merito suo, con molta loro allegrezza e di esso maestro di cerimonie in vedere la benignità di loro Signorie 111.me così larga verso di lui. » (2) Carini. Fin., a. 1601, 1609; Man. Deci·. Sen., a. 1608; Alti Fin., a. 1612, filza 567. (3) Cartul. Fin., a. 1615 (c. 369). (4) Bibl. Civica Genova: D. Piaggio, Monumenta Gen., ms., voi. Ili 0'a£· 28®)· — 19 — aram hanc Ii. ]\[· V, at SS. Josepho llieronitno ac Nicolao Tolentino dicatam tribus locis Montis de Pace non vacabilibus super script: Notar: Alme Urbis dicatam anno MDVIIII ut duo sacra, alterum pro vivis, pro mortuis alterum, singulis conficiantur ebdornadis, de morte et resurrectione cogitans vivens sibi posuit. Vixit ann: ..... Dopo più di due secoli il progresso umano, che mandò all’aria cerimonie e cerimoniali, demolì anche la tomba del primo cerimoniere della Repubblica di Genova disperdendone gli ossami. Il 1880, per far posto a nuove vie, la chiesa di S. Tommaso venne rasa al suolo. La conoscenza che abbiamo fatta col padre Bordoni susciterebbe in me, nonché nel lettore, la curiosità di guardare nella faccia il valoroso cerimoniere e di considerarne il sembiante. E forse il desiderio, che potrebbe parere temerario, può pure trovare il giusto esaudimento se tentiamo di ricercare il maestro delle cerimonie nelle scene storiche degli affreschi durazzini sospesi nell’atrio del palazzo municipale di Genova. Il doge Giacomo Grimaldi dei Durazzo, eletto il 1573 (13 ott.), ebbe, col tormento di esercitare il biennale governo in tempo di discordie civili, l’onore di ricevere solennemente in Genova il duca d’Alba reduce dalle Fiandre, il Cardinal Pacheco e Don Pietro / de’ Medici principe di Toscana provenienti dalla Spagna, il principe Don Giovanni d’Austria vincitor di Lepanto, che veleggiava da Livorno, il Cardinal Morone mandato dal papa a rappaciare le parti. Di tali fasti il vecchio doge o i suoi figli vollero eternato il ricordo: nelle sale di quella villa furono dipinte a fresco le scene della incoronazione del doge, del corteo del Cardinal Pacheco (feb. 1574), dell'arrivo di Don Giovanni e del ricevimento fattogli in Palazzo (apr. 1574), dello sbarco del Cardinal Morone (apr. 1575). Demolita la villa neH’ampliamento della città, gli affreschi vennero accuratamente staccati dalle volte e collocati nel palazzo municipale (1851), dove ora si vedono esposti (1). E lì rivediamo il doge, i senatori e i procuratori della Repubblica, i gentiluomini genovesi, i mazzieri, gli alabardieri tedeschi al soldo di Genova; e io dico che c’è anche il (1) A. Ferretto, Don Giovanni d'Austria a Genova net 157-1, nel Giornale storico e kit. della Liguria (a. IV, 1908, ng *1-6). — 20 - maestro delle cerimonie. Ma, prima ch’io ne designi l’immagine ai lettori, converrà dire, con breve digressione, qualche cosa di più intorno a quelle pitture. Le quali sono, come si è connato, cinque. Chi ha detto elio sono del pennello del Tavarone, e chi del Castello. La pochissima mia perizia dell’arte pittorica genovese non mi permette di fare attribuzioni; ma non m’impedisce di notare innanzi tutto che le cinque pitture sono di due maniere diverse. Le due rettangolari, poco più che quadrate, rappresentanti l’incoronazione e il ricevimento in Palazzo di Don Giovanni, sembrano della medesima mano: non solo hanno le stesse dimensioni così nelle figure come nel formato, ma, benché atteggiate nei volti, sono entrambe dure nel disegno, crudi nei colori, oscure e monotone nelle luci: i personaggi assomigliano a statue scolpite nel legno. Le altre tre, molto oblunghe, quasi tre volte il quadrato, rappresentano la cavalcata del Pacheco, lo sbarco di Don Giovanni, l’arrivo del Cardinal Morone. Quest’ultima è di poco più alta delle altre due e ha ‘le figure di poco più grandi. Ma tutte tre sono piene di movimento e di vita, tanto quanto sono stecchite e fredde quelle due prime: la composizione storica, raggruppamento delle persone sono davvero sapienti; ciascun uomo è al suo posto e vi si muove e concorre con la folla degli altri all’effetto generale; gli atteggiamenti sono vivaci, ma pur composti, e sono soprattutto espressivi; il paesaggio, strada o marina, è luminoso, la prospettiva vi è rispettata; su tutte le figure, sulle vesti variopinte, sulle mura, sulle navi, sul mare salta la luce alternandosi con le ombie. Io vedo così due pittori diversi, due momenti diversi; e sono portato, per rendermi ragione di ciò, a congetturare che il vecchio doge abbia fatto dipingere in due curvature prospettiche della vòlta i due piimi quadri, nei quali con la rappresentazione della sua incoronazione e col ricevimento del vincitore dei turchi che gli porge la lettela del re Filippo egli compendiava la maestosa solennità del suo dogato. Per fare dipingere di più gli mancava financo il tempo, chè Giacomo Durazzo era vecchio. Gli successe in casa il figlio Agostino, uomo non meno fastoso e munifico, che fece erigere nella chiesa di S. Ambrogio la magnifica cappella marmorea, detta dell’Assunta dal bellissimo quadro di Guido Reni. Siamo così al primo Seicento. Tutto fa credere che Agostino abbia voluto sempre più abbellire la villa paterna e che abbia trovato posto, nella stessa vòlta o in - 21 - quella di altra sala, per illustrare vie più col pennello le glorie di quel dogato. E il convinciménto che queste tre pitture sieno più recenti mi viene ribadito da un errore storico che mi accade di rilevare, nel quale il committente e il pittore sono caduti, non ostante le cure che ebbero-di effigiare i visi degli attori sopravvissuti al doge e traendoli per gli altri o dalle due prime pitture 0 da ritratti gentilizi o ricordandone le sembianze: Difatti la bellissima cavalcata del Cardinal Pacheco pare che non sia mai avvenuta così com’è quivi rappresentata, perchè il doge non'vi intervenne. Questa venuta del cardinale e del principe di Toscana è minutamente raccontata nella relazione ufficiale serbata nelle carte dei Cerimoniali (1): nella quale si conta come, giunta la nave, la Signoria » vi inviò quattro gentiluomini per invitare gl’illustri ospiti a sbarcare, che dopo il mezzogiorno questi sbarcarono al « ponte della mercanzia sotto la dogana » e « furono ricevuti da otto de’ magnifici procuratori, accompagnati da 56 cittadini, due per albergo, e quaranta tedeschi con le loro alabarde, senza però armature, i quali condussero lor Signorie Illustrissime e Reverendissime a casa di m. Gio. Battista Lercaro quondan Stephani, accompagnandoli sino alle stanze dei mezzani, lasciandoli quattro cittadini per trattenimento di lor Signorie per dare loro occasione di vedere la città ». Il giorno appresso furono visitati da quattro procuratori, che li accompagnarono prima a venerare in S. Lorenzo il sacro catino, e poi « si avviarono verso il Palazzo; ed entrando al rastello incontrarono il rimanente dei magnifici signori procuratori, i quali accompagnati insieme verso 1 sette scalini incontrarono il Duce con tutta la Signoria, il qual Duce di essi sette scalini ne scese due; e qui, passati insieme alcuni ragionamenti di creanza, fu posto il cardinale a man destra del Duce e si inviarono verso la sala ove la Signoria ufficia di estate ». Colà, schermendosi a vicenda l’uno e l’altro per cortesia circa il posto da sedere, restarono in piedi tutti, finché, compiuta la visita, « scesero le scale per quello ordine medesimo il cardinale, il duce e tutti i Collegi sino a’ sette scalini, e dai sette scalini poi il Collegio e i magnifici procuratori sino al rastello, come si è narrato di sopra. L’indomani, all'imbarcarsi, non si fece altro complimento, perchè si (1) Cerem., voi. 473 B (o. 7). — 22 - imbarcarono impensatamente airimprovvista. » E questo fu tutto; nè il doge uscì di Palazzo. Che cosa è dunque il fastoso corteggio, nel quale il doge fiancheggia a mano manca il cardinale? E mai credibile che il doge si facesse raffigurare in solennità nelle quali egli non era stato, e ciò era noto a tutti? Un simile errore, voluto o involontario, affermato nelle stanze del doge stesso, ad altri si può attribuire, ma non al doge vivente. E, detto ciò, ripeschiamo il nostro Bordoni. Il cerimoniere non poteva mancare in così solenni cerimonie. Nel quadro della incoronazione del doge la schiera degli otto senatori siede in fila a destra e a manca del doge, assiso costui in trono sotto il baldacchino e in posa che un numismatico direbbe in maestà. Nei due cantoni inferiori, in primo piano, sporgono dalla cornice in due gruppi opposti alcune figure dimezzate, ormai talmente sbiadite che poco si distingue di loro. Pure, attentamente scrutando, s’intravede che il gruppo di sinistra è costituito di alabardieri dal rotondo morione e quello di destra da officiali di Palazzo. A capo di costoro, primo innanzi ad essi, si discerne ancora il busto vigoroso di un vecchio, che impugna con la sinistra e poggia sulla spalla una mazza da cerimonia, mentre la bella testa canuta, decorata di lunga candida barba, si affisa nel doge come a sorvegliarne le mosse e le parole. Quello è proprio l’atto del maestro delle cerimonie: egli è Girolamo Bordone. Nel quadro del ricevimento in Palazzo di Don Giovanni d'Austria sono in primo piano il doge, seguito dai senatori, e il giovane principe che gli consegna il foglio regale. Nel vano della porta che è in fondo sostano due vecchi in tonaca rossiccia, dietro i quali a distanza si scorgono due alabardieri. L’un d’essi, quello che poggia alla porta, dev’essere il cerimoniere, che, introdotto il principe, resta ad attendere. Anche qui pare che egli tenga gli occhi sul doge. Ed ecco il bellissimo quadro della cavalcata. La scena è nell’ampia corte del Palazzo, la quale oggi fa parte della piazza Umberto I già detta Piazza Nuova: manca la fastosa facciata settecentesca, ma si riconoscono le due ali laterali deH’edifizio. Innanzi ad esso passa un corteo, del quale campeggiano nel quadro tre coppie consecutive di cavalieri. Nella prima il principe Don Pietro de’ Medici, coperto di berretta gioiellata e piumata, discorre vivacemente col suo compagno e parente duca d’Alba, anche questi coperto della - 23 — berretta come a grande di Spagna, entrambi caracollanti sopra i loro cavalli. Segue la coppia del Cardinal Pacheco a destra e del doge a sinistra, anch’essi imberrettati al modo loro, quietamente cavalcanti dei cavallini mansueti e ragionando amichevolmente. I cavalieri dell'ultima coppia inforcano de’ palafreni indocili, tacciono e vanno col capo scoperto. Seguono gli alabardieri « senza armature », come è detto dinanzi; e questi e i gentiluomini e officiali che sono del corteo o che stanno a riguardare sono tutti a capo nudo. In ultimo piano, innanzi alla porta del palazzo, io vedo i già menzionati « quattro cittadini destinati per trattenimento di lor Signorie per dare loro occasione di vedere la città » discutere animatamente in circolo intorno al maestro delle cerimonie dalla nota barba bianca del Bordoni, dal quale pare ricevano gli ammaestramenti opportuni. Nel quadro infine dell’arrivo del Cardinal Morone il doge risponde al saluto dell’illustre prelato con l’atteggiamento della ospitalità. Fra le due venerande barbe bianche una terza barba riempie il vuoto; è quella del padre Bordoni, cerimoniere, il quale, in abito sacerdotale, ha presentati l’uno all’altro i due personaggi. Proseguendo la ricerca dei successivi maestri delle cerimonie nei libri stessi dei Cerimoniali, si nota nel susseguente libro II il succedersi di scritture di diverse mani. Non risulta chi abbia scritto dall’anno 1615 (13 mar.) al 1617 (4 feb.) e poi dal 22 marzo al 24 aprile. Dal 29 aprile 1617 fino a novembre prese la penna il segretario Giovanni Agostino Gritta: a questa fa séguito (6 die.) un’altra scrittura sconosciuta, che va fino al 1621 (22 lug.). Succede altra mano (17 ag.), che tira innanzi fino al 1622 (24 apr.). Frattanto il magistero delle cerimonie era vacante. Pare che il sostituire il buon Bordoni non fosse allora una facile bisogna. Nel cadere dell’anno 1621 la provvida Signoria credette di aver trovato il suo uomo, e, fatto il decreto (13 die.) « che si elegga il maestro delle cerimonie , della Repubblica a beneplacito dei Ser.mi Collegi per non più di un quinquennio, ma da riapprovarsi annualmente, che, se non approvato cessi dalla carica, e per il resto si abbia lo stipendio, gli onori, gli oneri e le funzioni tutte che aveva Geronimo Bordoni >, nominarono a tale officio Agostino Mascardi di Sarzana: se nonché ... quindici giorni dopo, godutosi il Natale, il Mascardo rinunziò all’officio, che non aveva ancora assunto, e i Collegi Serenissimi dovettero ritenerlo excusa. tus (28 dic.) (1). L’ignoto scrittore ne mise la notizia nel libro de’ Cerimoniali (2) con le seguenti parole: . « A 13 decembre 1621 Fu fatta da’ Ser.mi Collegi elezione di maestro di cerimonie Agostino Mascardo, che da ora inaliti doverà avere cura del libro. Ma non seguì ». La « cura del libro » restò ancora all’annotatore fino all’aprile 1622. Il lettore avrà già riconosciuto in questo novello Celestino V quell’Agostino Mascardi che poi scrisse La congiura del Conte Fiescìii, oggetto di tante polemiche, del quale il Chiabrera ricordava che « alla sembianza di Demostene ha, favellando, più d’una volta scosso Genova e Roma ed altre famose città », che il Mannucci ha largamente illustrato col voluminoso libro La vita e le opere di A. M. pubblicato dalla Società Ligure di Storia patria (3), che i Gesuiti avevano espulso dalla loro società, che sempre si agitò per carpire proficue protezioni che non sapeva conservarsi. Francesco Luigi Mannucci testé citato giudica che il Mascardi rinunziasse « perchè quest’umile officio non gli garbò troppo »; ma il Mannucci stesso, ci porge ben altro motivo della rinunzia alla carica di maestro delle cerimonie. Il quale ufficio invero, come quello che offriva contatti con la Signoria e con l’aristocrazia genovese e poi con sovrani, principi e ministri forestieri, abbondanza di onori e di soddisfazioni personali, occasioni svariatissime di nuove aderenze in Italia e fuori, non era umile ufficio: e con dignità e davvero degnamente l’aveva per tanti anni tenuto il padre Bordoni, il quale, così come il Mascardi si era visto paragonato a Demostene, era stato già, come abbiamo visto, paragonato ad Omero, giudizi che in queirincipiente Seicento erano fucili a venir fuori. Per restare pienamente nel vero bastava al valente biografo del Mascardi l’asserzione che « l’ufficio non gli garbò molto ». Perchè difatti, a differenza del Bordoni, animo sereno e tranquillo, il Mascardi era sempre in convulsione spirituale. Con quell'ufficio il Bordoni aveva chiusa la sua vita; non voleva chiudervisi il Mascardi, (1) Man. Decr. Sen., n° 8U9. (‘2j Cerern., lib. II (c. 85;. (3) Atti, voi. XLII (a. 1908;. - 25 — appena trentenne, che guardava alle corti de’ cardinali e de’ principi mecenati. La lettera da lui diretta al Cardinal d’Este, già suo protettore col quale pure si era guastato, che ha la data da Genova a dì 17 dicembre 1621, quattro giorni dopo il decreto di nomina, diceva così: * OgSb e non prima, ho finalmente accettato il carico offertomi dalla Ser.ma Repubblica. Ne do parte a V. S. Ill.ma per soddisfare all’obbligo della mia devotissima servitù, la quale, sì come fu interrotta dalla mia sola disgrazia, così sarà reintegrata ogni volta che V. S. Ill.ma comandi, perchè, fra le condizioni richieste e ottenute, una è stata principalissima, di non restringermi a tempo, per aver comodità di tornare a servirla quando Ella così volesse. In questo senso parlai in Modena col Ser.mo principe Alfonso e con mons. Vescovo, e di parer loro anteposi questa servitù temporaria del mio principe naturale ad altra assai più lunga di signor grande, per mantenermi abile a ritornar nel mio grado presso V. S. Ill.ma; la qual supplico a ricevere in bene una risoluzione che nasce dalla mera necessità, che mi rende impotente a reggere alla spesa più lungamente, e a significarmi la sua volontà, la quale se sarà pure ch’io da capo ripigli la servitù di V. S. Ill.ma, troncherò ogni trattato d’altro appoggio e mi servirò di questo come per trattenimento e quando che non mi valerò della licenza datami già da Lei con termini assoluti e col benigno augurio ch’Ella mi fece di fortuna migliore, m’incamminerò per qualche strada. E qui per fine a V. S. Ill.ma fo umilissima riverenza ». Questa lettera spiega tutto. Il Mascardi aveva bisogno di stipendio, e prendeva l’ufficio richiesto od offertogli, ma contava di tornare nella corte estense, e frattanto teneva l’ufficio « per trattenimento ». Diceva di avere per questo voluto temporaneo l’incarico, temporaneità che invece vediamo decretata dai Collegi come disposizione imposta da loro; e poi, dicendo di avere anteposta questa « servitù temporaria » presso il proprio governo ad « altra assai più lunga di signor grande », tentava di indurre il cardinale, quasi ricattandolo, a riprenderselo in casa. Il cardinale non se lo riprese, che non gli rispose noni manco. Frattanto pochi giorni dopo Marcantonio Doria gli procurava dalla Repubblica la cattedra di lettore pubblico, ufficio molto più confacente all’eloquente e dotto oratore (1). Per tal modo egli rinunzia va al magistero delle cerimonie, e la Repubblica e le cerimonie vi guadagnavano assai. E senza maestro delle cerimonie si tirò innanzi fino al 1624; anzi le narrative del libro II si fermarono alla carta 90 il 24 aprile 1622, e furono riprese poco meno di due anni di poi, il 12 febbraio 1624, dal « magnifico e reverendo Cattaneo Vivaldo, eletto maestro delle cerimonie dalli Ser.nii Collegi e più cappellano maggiore del Ser.1'10 Senato ». Costui funzionò e scrisse nel libro fino al 1632 (11 ag.) (2). Gli successe interinalmente (21 ott.) un sottocancelliere, il quale poi ne lasciò il compito, congedandosi con questa nota lamentosa (10 mag. 1638): « Di tutta la fatica che io Giovan Carlo Mercante notaio e sottocancelliere del Ser.”10 Senato ho durato nello spazio di dieci mesi incirca ch’ho servito in luogo del maestro delle cerimonie non ho ricevuto mercede alcuna » (c. 280). E sùbito comincia un altro carattere, quello del nuovo cerimoniere, anch’egli ecclesiastico, con l’altra nota: « 1633, a 18 aprile fu eletto dai Ser.mi Collegi Fabrizio Ricci per maestro di cerimonie, e nel medesimo giorno prese il possesso della carica e cominciò a servire » (3). Scrisse così tutto il resto del II volume Ceremoniarum e più di metà del III fino al dì 11 febbraio 1645. Già da qualche mese egli aveva presentato al Senato una supplica, con la quale, asserendo che si trovava « astretto da suoi affari domestici di andare sino a Roma ed a Napoli », chiedeva un congedo di quattro mesi. La licenza gli fu conceduta (14 die. 1644) con la condizione che gli valesse peracta solemnitate incoro nationis Ser.1"' Ducis: dovette perciò esercitare le sue funzioni nel giorno di quella cerimonia, che fu il 4 di febbraio 1645; e partì il giorno 10 del seguente marzo (4). (1) Mannucci, op. cit. — Il Mascardi nell’altra lettera del 6 gennaio 1022 al conte Molza, alludendo a quest’altro ufficio assunto in Genova, ripete: · Io tono e non sono al servizio della Repubblica; ho trattenimento, il quale posso lasciare senza commetter mancamento ». (2) Nei Cartulari di Finanza si vede conteggiato Io stipendio del Vivaldo con In costante decorrenza del 12 febbraio, e nel primo pagamento furono trattenute 20 lire per l'importo del costo del torax o corpetto o altro di simile che sia che doveva farsi per la sua persona, insegna certamente della carica di cui veniva allora investito. (8) Il Riccio riscuoteva lo stesso stipendio de- suoi antecessori (Cortili. Fin., a. 1034. 16-15, IMO). (4) Cerem., Iib. Ili (c. 148). - 27 - Ma si vede che il Ricci o s'indugiò o restò o si dimise o morì lontano da Genova, poiché poco di poi venne eletto un novello cerimoniere. Comincia nel III libro sa menzionato a carta 165 la scrittura di costui con le seguenti parole: « 1645, a dì 28 agosto. Io Marco Antonio Cattaneo fui eletto il suddetto giorno per maestro di cerimonie de Collegi Ser.mi con tutti li voti, e me ne fu dato l’avviso dal segretario Poggio con sua lettera dell’istesso giorno: venni dopo quattro giorni, trattenuto in Riviera per il tempo cattivo, e subito giunto cominciai ad esercitare la mia carica». E per l’appunto le sue narrative s’iniziano dal 10 settembre 1645: ma, guardando ad esse, non s’intenderebbe invece agevolmente quando le sue funzioni fossero terminate, perchè dopo il 29 ottobre 1658 alla sua sottentra un’altra inano, che prosegue per poche note fino al 25 dicembre, e, subito dopo di queste a carta 252 ricompare lo scritto del Cattaneo in due note, ultime del volume, del gennaio e del settembre 1662. Con tutt’altra scrittura comincia invece e prosegue per metà del volume il libro IV dal 1° gennaio 1659 fino al 27 marzo 1666 (c. 69); e in questa, che pure è di pugno altrui, si trova una delle intestazioni, che si riferisce al 27 dicembre 1662 (c. 42 t.°), così concepita: « Segue il successo del cardinale d’Este, che ha scritto il M.00 Marc’Antonio Cattaneo ». Ma ad ogni modo è certo che costui non era più cerimoniere nel dicembre 1658, poiché era già stato sostituito con la nomina del successore; e difatti nel gennaio 1659 si trova il nome di lui annotato come di « già maestro di cerimonie » (1): ciò vuol dire che solo eccezionalmente egli rimise talvolta, dopo di quell’anno, la penna sulle pagine dei libri Ceremoniarum. D’altra parte va osservato che i pagamenti dello stipendio dovutogli si trovano segnati con una qualche irregolarità fino al 1660, quando gli vennero pagate alcune somme arretrate (2). Tali apparenti contraddizioni possono trovare una spiegazione o per lo meno qualche chiarimento nel fatto che nel dicembre 1658 era stato nominato maestro delle cerimonie monsignor Giambattista Gentile del defunto Nicolò; e alla mano di lui si attribuirebbe senz’altro tutto lo scritto (1° gen. 1659 a 27 mar. 1666) che da carta 1 a 69 (lj Carlul. Fin., η. 1659. (2) Carini. Fin., a. KM). - 28 — Copre la metà del IV libro, se, come più innanzi converrà dire, il Gentile, divenuto più tardi cerimoniere una seconda volta, non ci facesse trovare nel libro medesimo un carattere differente (1): nel-l’una o nell’altra delle due scritture o in entrambe egli si giovò adunque di una mano subalterna. Qualche giorno appena dopo la nomina di lui, per motivi di cui non è venuto ancora fuori notizia, probabilmente per le strettezze finanziarie del governo o perchè, essendo egli del Maggior. Consiglio, non si vollero cumulare le due funzioni, fu soppressa la carica di maestro delle cerimonie, pure affidandone con nuova nomina le funzioni al medesimo Gentile, « che però dovesse servire senza nessun salario, nè ricognizione di sorto alcuna spettante al carico della Ecc.nm Camera ». Presto per altro le cose ritornarono all’antico. Circa il 1664, anno nel quale il Gentile fu anche eletto sindicatore di Montaggio e di Roccatagliata (2), fu decretato che gli venisse ridato il salario di cento lire il mese, come l’aveva avuto il suo antecessore, senza però il vantaggio dei cinquanta scudi di argento per vestiario e della stanza di abitazione, che quegli aveva goduto (3). Nel 1666 restò di nuovo vacante il posto, « essendo partito per Corsica al suo commissariato d'Aiaccio il M.u> Giovan Battista Gentile ». Frattanto, dovendosi il 27 aprile mandare una galera a riverire il viceré di Napoli Cardinal d*Aragona, che tornava a Spagna, sopra quella s’imbarcarono sei gentiluomini « serviti dal sottocancelliere Giovanni Andrea Botto in luogo di maestro di cerimonie »; ma, tenendosi troppo al largo le navi spagnuole, la gaieia genovese ritornò in porto. E subito « uscì un’altra galera destinata a portare sino in Vado un regalo di rinfreschi al signor cardinale; andò sovra essa galera a presentare detto regalo il sottocancellieie Francesco Maria Viceti in luogo di maestro delle cerimonie » (4). 11 giorno di poi la posizione del Viceti fu regolata con una nomina di surrogazione fino a quella del nuovo cerimoniere; epperò egli stesso con qualche improprietà scrisse nel libro suddetto: « 1666, a 28 aprile. Essendo stato eletto io Francesco M. Viceti, sottocancelliere del Ser.11,0 Senato, per maestro di cerimonie, oggi per modum proviwonis e sino (1) Cerem., lib. 1Y (e. 70). (2) Manuali Decr. Sen., n." 918. (3) Politicorum, busta 16 (n.° 12U). (4) Ivi (c. 97). — 29 - alla nuova elezione, che non ecceda giorni quindici, anelerò registrando ciò che sarà successo in mio tempo e prima » (1). Ma registrò oltre i quindici giorni; anzi il 12 maggio egli riannotava nel detto libro questo: « Io Francesco Maria Viceti sottocancelliere del Ser.mo Senato sono stato oggi deputato in maestro delle cerimonie a beneplacito e sino a nuova elezione » (2). Due mesi dopo (12 lug.) fu dichiarato che, benché il beneplacito valga fino alla nuova elezione, tuttavia mensem Augusti proximi non excedat » (3). Per questo egli chiuse le sue annotazioni con le seguenti parole: « 1666, 31 agosto. Avendo i Ser."’1 Collegi, per loro decreto de' 12 luglio caduto, deliberato che il beneplacito della deputazione del sottocancelliere Yiceti in luogo di maestro di cerimonie debba terminare per tutto agosto, oggi resta terminata la deputazione suddetta, laonde sarà a carico di chi succederà registrare i successi conforme il solito » (4). E così avviene che di nuovo apparisce il carattere, che già conosciamo, di Marco Antonio Cattaneo·, il quale a questa guisa principia: « 1666, a dì 8 novembre. Li Ser.ml Collegi per loro somma bontà hanno oggi eletto per maestro di cerimonie la seconda volta Marco Antonio Cattàneo, che si trovava in Genova, ed ha subito cominciato a servire ». Tuttavia il Yiceti seguitò ad assistere il maestro di cerimonie nelle frequenti assenze di lui, come si legge notato sotto la data del dì 11 aprile 1668 (5). In questo medesimo anno fu necessario procedere a nuova elezione. E difatti nello stesso libro si legge: « A dì 28 giugno 1668: « Dovendo li Ser.ml Collegi far nuova elezione di mastro di cerimonie, si compiacquero, in concorrenza d'altri, eleggere la seconda volta Giovan Battista Gentile quondam Nicolai, il quale cominciò dopo quattro giorni a servire ed in appresso a scrivere tutte le funzioni che sono seguite » (6). Dai relativi decreti risulta che, in occasione di tale nomina, allo stipendio annuo di lire 1200 del maestro delle cerimonie vennero aggiunte altre lire 600, portandolo a « lire 1560 annue di moneta corrente, con la deduzione delli 10 per 100 (1J Ceremlib. IV (c. 70 t"). (2) Ivi (c. 71). (8) Man. Uerr. Sen., n" 920. (\) Cercni., lib. IV (c. 7fi). (δ) Ivi (o. 93). (6) Ivi (c. 97). — 80 - alla forma (iella leggo ». Sia per tale deduzione, sia per altro, nei Cartolari delle Finanze si trova l'annuo pagamento al Gentile segnato per lire 1104. Egli coprì la carica lino a tutto il 1686. In questo anno un decreto del 16 settembre confermò lo stipendio dello « lire cento il mese in moneta corrente oltre le solite franchigie » (1). Nel gennaio 1687 entrò in carica, col medesimo stipendio, Giambattista Spinola, e le sue narrative empiscono tutto il resto del V libro Ceremoniarum (2): in qualche sua assenza lo sostituirono talora il suo predecessore Gentile, tal’altra il sottocancelliere Granara (3). Filippo Maria Gentile, figlio di Giambattista, successe allo Spinola per elezione del 2 dicembre 1705, e scrisse tutto il VI libro di narrative, iniziandolo con la data del dì 11 dicembre, e parte del VII fino al 1727 (19 giug.). Qualche volta fu sostituito dal sottocancelliere Caroggio (4). Il suo stipendio fu di lire 1482 (5). Lo si ritrova poi commissario generale a S. Remo dal 1728 al 1730 e commissario nella fortezza di Savona il 1729 (6). Col 1" luglio 1727 gli successe nella carica Geronimo Allora·, ma durò pochi mesi, anche in quelli facendosi spesso sostituire. Difatti nelle narrative del breve tempo di lui si alterna con la scrittura della sua mano quella di Filippo Gentile. 11 quale ne lasciò notizia scrivendovi queste parole: « 1727, a 13 ottobre. In occasione dell'arrivo in questa città del sig. elettore di Colonia li Ser.rai Collegi diedero l’onore a me Filippo Gentile di supplire in luogo del maestro delle cerimonie, che si ritrovava ammalato » (7). A fine del novembre gli si pagavano i cinque mesi di stipendio. Col dicembre diventava maestro delle cerimonie Francesco Maria Peirano (8), il quale principiò a scrivere nel libro VII il 3 dicembre 1727 e proseguì fino al 1748 (18 ott.). Il 16 ottobre 1748 veniva nominato Barnaba Cassèro con lo stipendio delle 1482 lire l’anno (9), il quale tenne l’ulficio finché (1) Politicorum, busta 16 (nu 120); Cartai. Fin., a. IMO, ]68<ί. (2) Cari iti. Fin., 1688; Cerini., lib. V (c. 186). (3) Cerem., lib. V, (c. 183, 1S3 t"). (4) Cerem., lib. VI (c. 65 t°). (ó) Carlul. Fin., a. 1706, 1727. (6) Cart. Fin., a. 1728, 1729, 1730. (7) Cerem., lib. VII (c. 18). · (8) Carlul. Fin., a. 1727 e 1728 fino al 1719: Cerini., lib. VII (c. 21). (9) Carlul. Fin., a. 1749. - 31 - visse, cioè lino al 1761. Il suo successore cosi ne prendeva nota nel libro VII Ceremoniarum: « 1761, a 18 decembre. Essendo passato all’altra vita il M.co Barnaba Cassero maestro delle cerimonie, sono subentrato io Giacomo De Marchi quondam Giovanni Stefano a coprire detta carica, in vigore di decreto d’elezione de’ Ser.mi Collegi emanato li 22 settembre 1761, ed ebbi l’onore di assistere alla prima funzione che fu il giorno 3 decembre 1761 » (1). Il De Marchi per tale ufficio compiè il VII libro e coprì la maggior parte del libro Vili fino al 7 agosto 1777; poi si ammalò e uscì di vita il 27 dicembre. Frattanto lo supplì il sottocancelliere del Senato notar Felice Giacinto Giannello-Castiglione, la scrittura del quale si vede nelle narrative dal 26 dicembre 1777 al 31 maggio 1778, scritte nelle ultime poche pagine del volume (2), fino all’elezione del nuovo cerimoniere. La quale fu fatta il 27 maggio 1778 nella persona di Giuseppe Maria Rossi del fu Cosma Domenico, che iniziò il libro IX il 13 giugno di quell'anno. L’annotazione che egli vi fa della sua nomina e del servizio prestato dal Giannello-Castiglione ha una particolare importanza, perchè, dicendo che a costui « come a sottocan-celliere della Ecc.mn Giunta della Marina spettava l’esercizio della medesima carica », stabilisce per noi un precedente che va considerato per i sottocancellieri già menzionati come supplenti il cerimoniere, quali furono, dopo l’istituzione della Giunta di Marina e prima del Giannello, il Botto, il Viceti, il Granara, il Careggio. Anche il Rossi, dopo di avere scritto fino al 13 giugno 1784 (c. 23), si ammalò e morì stando in carica. A supplire fu designato l’altro sottocancelliere della Giunta di Marina Giacomo Assereto (3). Infine, ultimo della serie di cotesti vistosi funzionari, fu eletto il 13 agosto 1784, « in concorso con altri », Bernardo Ottone, le cui gesta cerimoniose, iniziatesi nelle narrative il 12 settembre, terminarono, e per sempre, il 2 maggio 1797 (4). Pochi giorni dopo cadeva, e senza cerimonie, la repubblica genovese. Quali fossero il compito e i doveri di cotesti cerimonieri è facile intendere senza speciale dimostrazione. D’altra parte chi ne voglia (1) Cernii., lib. VII (c. 123). (2) Cernii., lib. Vili (pag. 70, 7fi a 87); lib. IX (o. 8). (3) Cercvi., lib. IX (c. 23 t"). (4) Ivi (c. 23 t·’ a 67 t°). — 32 — sapere di più consulti lo singole narrative nei libri Ceremoniarum (1) e legga il seguente campioneino di regolamento per il maestro di cerimonie, approvato il 27 luglio 1627, mentr’era in carica il Vivaldo (2). « Istruzione per il maestro di cerimonie, che è al presente e SARÀ NELL’AVVENIRE. Il carico del maestro di cerimonie è di trovarsi ogni mattina a buon’ora in sala di Sua Serenità, e far servitù al Sei’."10 Senato nell’andare a messa ed uscirne, e così al Ser."10 Duce ed 111."" di Palazzo, quando il Ser.mo Senato non siede. Dovrà star molto avvertito tutte le volte che vengono di fuori principi o personaggi, per intenderlo e darne parte a Palazzo, e procurare che siano deliberati quei complimenti che sono soliti e che parranno al Ser.mo Senato o Ser.,ui Collegi. Tutte le volte che verranno a Palazzo personaggi per complire o far visite a’ Ser.mi Collegi o Sua Serenità ed 111."" di Palazzo, dovrà trovarsi pronto per servire e ricordare quello che tocca alla sua cura. Sempre che dal Ser.mo Senato o Ser.111* Collegi o in loro assenza da Sua Serenità ed Ill.mi di Palazzo sarà deliberata qualche \isita o complimento, dovrà esser pronto per pigliar l’ordine ed andare a stabilir l’ora con chi dovrà esser visitato, e parimente quando si dovranno da personaggi fare o render le visite a Palazzo. Sempre che il Ser.™0 Senato o li Ser."'1 Collegi usciranno in pubblico per. andare alle perdonanze, processioni, visite o alti e funzioni pubbliche, dovrà trovarsi pronto per compire a quello clic tocca al suo ufficio e servire Loro Signorie Ser."10; e, quando andeianno i.i (1) Tra l’altro il maestro delle cerimonie doveva curare l'esecuzione degli ordini emessi nella sua materia da’ Collegi. Citiamo ad esempio il divieto di «esponi stinti o sorte alcuna di tappeti con almoade o cuscini per uso di chi si sia. sotto pena scudi 50 d’oro e di un anno di bando da tutto lo Stato * (‘20 apr. nel (juac atto era disposto « che resti incaricato il maestro di cerimonie d'invigilare sopra 1 osservanza della deliberazione sotto [iena di siitdio&to ed ogn’altra arbitraria che parra a gli Ecc.mi Residenti nel Eegal Palazzo prò tempore, e di riferire insieme con puntualità tutte le trasgressioni che fossero fatte alla giornata » (Cerem.., filza 161)· ·■·'-miglianti mandati furono emessi il 18 giugno 1656 e il 22 marzo 165ì (Cerem·, filza 46..). (2) Cerem., filza 461 (27 lug. 1627;. - 33 — lettica, dovrà egli farli servitù a cavallo. L’istesso in tutto come sopra dovrà fare così con persone de' Ser.ml Collegi, come con altri gentiluomini, quando vanno in nome pubblico a fare qualche visita. Quando tratterà nanti il Ser.mo Senato o Ser.mi Collegi di cose attinenti alla sua cura starà col capo scoperto; e l’istesso mentre in processioni o funzioni pubbliche gli occorresse parlare con Sua Serenità, ed in esse dovrà andare al luogo destinatogli per il decreto dei Ser™1 Collegi fatto l’anno 1588 a 6 di settembre. Nell’entrare il Ser.mo Senato o Ser.mi Collegi o Sua Serenità ed IH·1"1 di Palazzo in cappella, dovrà esser pronto, presso la porta, a porger loro l’acqua benedetta; e così tutte le volte che il Ser.mo Senato o Ser.ml Collegi entreranno collegialmente in qualche chiesa. Dovrà esser sempre pronto dei casi seguiti in materia di visite e complimenti e degli ordini e decreti fatti intorno ad essi, e notar con diligenza nel libro delle cerimonie tutto quello che anderà giornalmente seguendo, e darne di più copia nella cancelleria della Torre in un libro che vi si conserverà, acciò se ne abbia copia doppia. E prima di farne la nota nel libro, dovrà metterla in carta e mostrarla, se la visita sarà seguita in Palazzo, alli Ill.mi di Casa e da loro dovrà esser sottoscritta, se sarà stata fatta a personaggi che passano e vengono in Genova, alli deputati a farlo e da loro esser parimente sottoscritta. Sarà obbligato ad ottenere ogni approvazione nella sua cura dai Ser.ml Collegi, e, non ottenendola, vacherà ipso facto daH’ufficio, alla forma del decreto fatto ultimamente da’ Ser.mi Collegi. Ed essendo l’ufficio di mastro di cerimonie istituito per dignità ed onorevolezza della Repubblica, dovrà il mastro di cerimonie astenersi da qualsivoglia azione che non sia molto onorifica e conveniente al carico che sostiene; e sopra tutto da ricevere, e molto più da domandare, procurare o far cenno di pretendere o desiderare da personaggi che abbiano occasione di passare per questa città e Dominio, o siano fermi in essa, o da loro ministri, e così anco da cittadini o altri che siano in questa città, qualsivoglia mancia, strenna, donativo o imprestito di qualsivoglia cosa, qualità o somma, piccola o grande, sotto qualunque colore o pretesto; e quando da qualche personaggio o altro gli fosse fatto qualche carezza, donata ο o piesente di qualsivoglia qualità, dovrà subito presentarlo nanti a’ Ser.mi Collegi, li quali ne disponemmo come a’ Loro Signorie Ser.me pa- 3 - 34 - reràj e con tra venendo ad alcuna di queste cose, s'intenderà ipso iacto licenziato dalla cura ». Alle quali cose poche altre aggiungeremo: per esempio, questa, che pare che, se non l’importanza dell’ufficio, per lo meno l'influenza dei maestri di cerimonie sia andata col tempo scemando. Un poco da tutto risulta che il padre Bordoni, primo di essi, non ebbe successori pari a lui. Egli, o per il suo valore personale, o per la tradizione che portava dalla corte di Roma, o perchè poteva considerarsi il fondatore o uno de’ fondatori del cerimoniale costituito, o per la sua indole naturale, si sentiva un'autorità, che non temeva di esercitare fin anche sui magistrati supremi della Repubblica. Il dì 1° d’aprile 1608 egli così si era rivolto al Senato (1): « Ser.mi Signori Per l’offizio ch’io tengo, mi par debito mio ricordare alle SS. YY. Ser.me questa particolarità, per onor pubblico e dell’abito senatorio che meritamente portano addosso, acciò vi provvedano con quell'espediente che conviene alla dignità loro: Che non si comporti, quando alcuno IIl.mo signore si trova in duomo o altre chiese a sentir messa e divini officii, si dia incenso o pace dopo il coro a essi Ul.mi Signori; ma, dopo datosi al celebrante, con altro turibolo e pace nel medesimo tempo si dia a lor Signorie Ul.me, che si trovano con abito senatorio come eonvien portare in ogni pubblica azione e s’è fatto usare, a baciare l’evangelio a S. Serenità dopo ch’io sono a questa cura; e cosi nel tempo della Candelora e delle Palme, e non in ultimo, quattro foglie per uno come ogni minimo cittadino trattato, e, se ’l Capitolo non può o vuol fare tal poca spesa, che si faccia provvedere per altra banda, come si fa negli altri bisogni del duomo, per non comportar simile indecenza. Che nel salotto dove il Ser.mo Duce suol dare udienza con gli IH·"11 signori di Casa a signori forestieri e ad altri gentiluomini titolati si tenga sempre un baldacchino, e non così semplicemente come ora si costuma, chè molti se ne maravigliano, ed esser poco (1) Ivi (1 apr. 1608). ✓ - 35 — decoro della pubblica dignità, usandosi fuora di qui da molti signori di minor dignità, con l’arme della Repubblica e libertà. Che si provveda d’un tappeto grande, come quello che si trova in guardaroba, per coprir tutto il Trono della sala grande quando si fa il Doge nuovo e vengano signori a Palazzo, e per servirsene alla Pasqua e Natale, bisognando massime mandarne uno in duomo dove le SS. VV. Ser.me vanno, e la sala dove si ricevono le feste resta scoperta. Sarebbe anco conveniente il giovedì santo, quando il S.mo Corpo di Cristo si porta processionalmente al sepolcro, intravenirvi li Ser.mi Collegi per accompagnarlo ». E il Senato lo stesso giorno ne prendeva atto ed emanava le opportune disposizioni. Un altro documento ancora corrobora il concetto della autorità del Bordoni. Nel 1630 (11 sett.) il Senato ordinò che fosse « dato notizia » al maestro delle cerimonie Cattàneo Vivaldo di un « decreto fatto dalli Ser.mi Collegi nel dì 6 settembre 1588, ed è l’istesso di cui si fa menzione nella sua istruzione, acciò .per 1 ignoranza di esso decreto non ne segua l’inosservanza ». Tale decreto, a quel tempo notificato al Bordoni, era del seguente tenore (1): « MDLXXXVIII, die VI septembris. Avuto risguardo che in vero l’ufficio de’ cancellieri e secretarì è più degno di quello del maestro delle cerimonie, essendo soliti detti cancellieri e secretarì andare immediatamente innanzi al Senato così in pubblico come in Palazzo, si dichiara a cautela che li detti cancellieri e secretarì debbano andare innanzi al Senato, come sopra e come è il solito. Sia lecito nondimeno al detto maestro delle cerimonie, per esercire la cura ed oflìcio suo, andare un poco innanzi al Duce, fuori però dell’ordine, per potersi accostare a Sua Serenità e ri-cordargli quello gli occorrerà per ciò che concerne la cura ed officio suo ». (1) Ivi (11 sett. 1630). — 3(“i — Il Vivaldo, come che sia, si offese di un tale richiamo, e, nel dichiararsi tutt’altro che di alcuna cosa colpevole, rispose malamente, inveendo pure contro la memoria del suo predecessore, con la seguente lettera, dalla quale risulta come e quanto il Bordoni, più che i suoi successori, sapesse imporsi: « Ho visto il decreto fatto in tempo del Bordonio, quale pretendeva quello che 11011 pretendo io, e molto ben so qual sia la condizione degli uffizii, la maggioranza de’ quali non voglio disputare, stimando che li Ser.mi Collegi -possano decretare circa li loro ufficiali quello che a loro piace, ed io tengo per bene esser fatto; ed il Bordonio, che stette con pretensioni, doveva farsi trattare in pubblico con cancellieri di quel tempo, il che non è mai a me occorso in sette anni che servo a Palazzo, nè mi passò mai per la mente questa novità, perchè io non ho che fare punto con detti cancellieri. Attenderò in pubblico di osservare quello che li Ser.ml Collegi comandano, ed in privato sono sacerdote e gentiluomo ». Di quanto ci resta dell’opera de’ maestri di cerimonie, cioè dei loro libri Ceremoniarum, già qualche cosa abbiamo detto quando ce ne siamo serviti per trarne nomi e notizie de’ loro autori. Di più diremo appresso. Ma prima conviene esaurire in cenni molto sommari l’argomento dell’evoluzione del cerimoniale genovese, a partire dall’atto costitutivo del 1588, del quale abbiamo dato notizia. Era sempre in carica il padre Bordoni quando i Ser."'1 Collegi, il 1613, delegarono il doge ed alcuni patrizi a rivedere il cerimoniale e presentare le proposte. Per tal fatto il 13 maggio fu letta a’ Collegi la Relazione del Ser."'0 Pietro Durazzo Duce e degli Ill.mi Pier Francesco Saluzzo, Luigi Spinola, Bernardo Clavarezza e Tomaso Spinola e detti M.ci Paulo Sduli quondam Bartholomei, Giorgio Centurione, Francesco Mari e Giovan Francesco Brignote, deputati da Ser.mi Collegi a considerare e riferire il modo da tenere per la Repu-blica in materia di cerimonie e complimenti con principi forostieri] e venne ordinato che di tale relazione si facessero molte copie e se ne dessero « alle persone de’ Ser.n,i Collegi, una per ciascuna » (1). (1; Cercm., n" 483 A (13 mag. 1613). Vedine il testo nell’appendice I (doc. III). - 37 - AlLra relazione, presentata il 1620 da un’altra « Deputazione sopra la riforma delle cerimonie o complimenti con principi che vengono in questa città », e « raccordi sopra esse dati l’anno 1629 da due 111.1"1 deputati » si trovano citati in un simile atto del 1639, che divenne legge dello Stato. In quell’anno difatti i Collegi (11 gen.) e il Minor Consiglio (25 gen.) approvarono la Relazione dell’Ecc.m0 Bartolomeo de’ signori de Passano e dell’Ill™0 Giovan Luca Cidvari deputati da i Ser.mi Collegi a rivedere i capitoli ed altre cose concernenti il cerimoniale (1). A tale legge vennero più tardi aggiunti due capitoli, l’uno « che proibisce li complimenti usati sin ora a’ Ser.™1 cardinali ed insieme si dichiara il modo che si ha da tenere nell’avvenire con essi nel complire » (18e 21 apr. 1644), l’altro che concerne il ricevimento dei marescialli di Francia (2 nov. 1646) (2). Di questi due provvedimenti il primo aveva già avuto un precedente nel decreto del 1637 (5 nov.), che vietava ai collegi di far visita a cardinali senza la licenza del Senato (3). Il 1639 (14 lug.) fu determinato il modo come dovesse il doge ricevere gli oratori dei principi e come rispondere loro, e anche questo venne meglio dichiarato il K546 (1 ott.) (4). Ma si vede che l’applicazione delle norme così statuite non risultava sempre agevole: i casi si moltiplicavano e differivano ciascuno per qualche circostanza o qualità o considerazione speciale; non tutti erano stati particolarmente preveduti, o erano mutate alcune condizioni, intervenendo i variabili criteri della reciprocità, della rappresaglia, della politica generale. E si ritornava sulla legge fatta, e vi si aggiungeva o la si modificava. Meno di venti anni dopo, il 1658, il Senato eleggeva due procuratori della Repubblica « acciò formino una istruzione per riferirla a’ Ser.m‘ Collegi circa il titolo, ricevimento c trattamento da farsi a’ personaggi con quali occorre trattare alla giornata, quale debba poi osservarsi da tutte le persone de’ Ser.™1 Collegi, per andare uniformi in questo affare ». Il 15 gennaio i due eletti, Giambattista Ballano e Nicolò Serra, presentarono le loro proposte, che vennero in discussione il 31 gen- (1) Cereai., film 401 (11 gen. 1639). Vedine il testo nell’appendice I (doc. IV). (‘2; Ivi, e Cerem, lib. Ili (c. 0 t“). Vedine il testo nell’apiendiee. (3) Polilirorum, busta 8 (5 nov. 1637). (4) Ivi, busta 9 (9 ott. 1616;. naio (1). Cinque anni dipoi, il 1663, il Senato disponeva dapprima (13 ag.) che « li Ecc.mi Domenico Cattàneo ed Agostino Pastore riconoscano i titoli che si dànno e ricevono da’ principi estranei [e] facciano formarne un libro per conservarsi nelle cancellerie del Ser.mo Senato, il quale,così ha deliberato », e poi (17 sett.) estese « la suddetta commissione anco alla revisione di tutto il cerimoniale, dando facoltà alli suddetti Ecc.mi di considerarlo e di prendere qualunque informazione che stimeranno necessaria nella mateiia, con sentire anco in voce chi le parrà, per poi riferii e a Loi Signorìe Ser.me ciò che le sarà occorso » (2). Di questi due incarichi il primo fu puntualmente eseguito, peichè pare che i due commissari ne abbiano incaricato il cancellieie dell’archivio segreto Geronimo Borlasca, il quale ci si pose con premura, anzi, si può dire, ci si divertì: cosa che suole accadeie a noi ai chivisti di Stato. E, invece di un libro, ne détte quatti o, e si poti ebbe anche dire cinque, perchè del secondo volume scrisse due esemplari. Di questi volumi, che hanno la denominazione geneiica di 1 muletti1, di titoli, il primo contiene in disposizione alfabetica a scaletta 1 elenco dei titoli dati nelle inscrittioni a princìpi et homini illustri dell anno 1594. Il secondo e il terzo volume, simili fra loro, portano il titolo Notce titulorum in litteris ad principes et illustres vnos, collecta ab anno 1528 usque ad annum 1663 per me Hieronymum Borlascham Arcliivii secreti cancellarium, e contengono 1 elenco de titoli epistolari disposti cronologicamente. Un quarto volume contiene in ordine alfabetico a scaletta la Pandecta titulorum in litteiis ad piin-cipes et viros illustres dal 1531 al 1660. Il quinto, con la medesima intestazione e parimenti ordinato, va dal 1547 al 1661. Nel seguente secolo XVIII un altro archivista o uno studioso scrisse con simile disposizione alfabetica un sesto volume, intitolato Pandecta titulor um in litteris a principibus et illustribus viris et ad eosdem seculo X\ 'III. Cotesti libri (3), compilati con diligenza, non solo erano molto giovevoli al loro tempo per regolare la forma della corrispondenza epistolare della Repubblica e quella orale dell'accoglienza degli stranieri, ma ancor oggi, opportunamente consultati, soddisfarebbero allo (1) Ceretti., filza 462 (gen. 1658). (2) Ivi (13 ag. 1663;. (3) Manoscritti dell’Arch. St., n1. 405 a 410. - 39 — studioso che volesse seguire la storia delle costumanze diplomatiche dei secoli dal XVI a tutto il XVIII. Del secondo e maggior compito affidato al Cattàneo e al Pastore non sappiamo dire altro, se non che quattro anni appresso venne fuori una relazione fatta dai « m.cl deputati sopra la pratica pella riforma del cerimoniale » (1), sulla quale il segretario del Senato scrisse le seguenti annotazioni di ufficio (2): « 1667, a primo febraro. L’Eccellentissimi Girolamo de Franchi ed Alessandro Grimaldo, e li Signori Ugo Fiesco, Carlo Emanuele Durazzo ed Alessandro Sa-luzzo deputati, assente il signor Lazzaro Maria Doria ammalato, sentito la lettura della relazione dell’Ecc."1® Giunta, quale fu letta ai Serenissimi Collegi a’ ‘28 maggio 16G6, insieme con le deliberazioni susseguite fatte tanto da’ Serenissimi Collegi quanto dal Minor Consiglio, come anco le consulte fatte sopra la pratica nel Minor Consiglio a’ 2 e 12 giugno di detto anno, sentita ancora la relazione delle notizie sin ora prese dal detto signor Carlo Emanuele Durazzo sopra la deputazione che verbalmente le fu appoggiata da detta Ecc.ma Giunta, ed ogni cosa lungamente discorsa; Hanno dato pensiero al detto signor Agostino Saluzzo di riflettere alli pareri singolari che si ebbero in dette consulte nel Minor Consiglio, discordanti dalle proposte che le furon fatte da detti Serenissimi Collegi, e, quando le paia che qualche cosa si possa riformare, portarne i suoi sensi, ed agli altri motivi portar le convenienti risposte, e di tutto formar scritto. Ed al detto signor Carlo Emanuele Durazzo hanno dato pensiero di riflettere alla riforma del cerimoniale, che possa farsi in ordine ai trattamenti tanto agli ambasciatori di teste coronate che fossero destinati a Venezia o altrove, fuori che a Sua Santità; quanto agli ambasciatori d’altri principi, finir di prendere le convenienti informazioni di ciò che si pratica in altre corti, per formarne anche relazione in scritto. E finalmente hanno ordinato che da me segretario si faccia un (1) Cerem., filza -l<*2 (22 gen. Kìlì7). (2) Cernii., filza 403 (1 feb. IG*»7). — 40 - poco di scritto, per quale si esponga in sostanza a’ Serenissimi Collegi che, sì come Lor Signorie Serenissime nell’ultima proposta che fecero al Minor Consiglio a’ 12 giugno, dopo d’aver sentita la consulta nell'istesso Minor Consiglio, nella quale era stato insistito che, secondo la deliberazione fatta dall’istesso a’ 15 gennaio 1666, si dovesse applicar quanto prima alla riforma di tutto il cerimoniale — in universis — fu detto e risposto che si darebbe quanto prima applicazione a detta riforma, sarebbe forse a proposito d’esponere al- 1 istesso Minor Consiglio che, avendo ^Eccellentissima Giunta applicato alla materia, l’ha ritrovata profonda e vasta in maniera che necessariamente sarà per portar lunghezza di tempo; che pertanto voglia considerare, se sia conveniente insistere in detta determinazione o pure andarla maturando e terminando per partes, come sarà più facile, senza però tralasciarla nè intermetterla, sino a tanto che venga del tutto perfezionata. Ohazio Data copia ai m.cn Agostino Sai lizzo d'ordine dei m.eo segretario ». Dopo di che, salvo forse miglior ricerca, non appare altro di qualche importanza che concerna il cerimoniale; il quale invero, dopo tante aggiunte, proposte e rifacimenti, si dovrebbe credere che avesse conseguita la perfezione e la stabilità. Tuttavia dopo cento anni, proprio il 17*67, il cerimoniale riceveva un lieve ritocco con l’aggiunta di un nuovo regolamento per il cerimoniale dell’arcivescovo e vescovi, che sotto la forma di narrazione del ricevimento del Farci vescovo di Genova Giovanni Lercari (16 e 17 ott. 1767) e di quelli dei vescovi di Brugnato (20 nov.) e di Ventimiglia (23 nov.) (1), détte la norma per il futuro. Come già abbiamo cennato, chi voglia approfondire lo studio di questa materia e, dopo gli elementi generali teoretici dati dai cerimoniali di massima, voglia studiarne i particolari storici, gli episodi e gli aneddoti, deve aprire i libri Ceremoniarum, de’ quali, a proposito de’ singoli cerimonieri abbiamo fornito alcune notizie. Ag- (1) Cerem., lib. IX (c. 2). — Per (juanto riguarda l’alto clero genovese si può consultare la busta 1432 Jurisditionalium, che porta l’intitolazione di Pratica ilrlle rallcdrc ed altri cerimoniali fra li r/overnatori e vescovi dello Slato e contiene documenti dnl 1759 — 41 — giungiamo il resto, tanto quanto basti per non lasciare inadempiuta la nostra promessa e incompletato l’argomento. L istituzione dei Libri fu dovuta all’iniziativa individuale del primo maestro delle cerimonie, padre Bordoni, quando nel 1588 fu nominato in quel grado. Già dapprima venne talora preso notizia di alcune cerimonie sopra carte sciolte, scritte o dal Bordoni stesso o da altri: reso poi stabile l’ufficio, l’investito volle dargli importanza fondando la serie de’ libri, che ne dovevano eternare il ìicoido. 1 ìoseguirono i successori del Bordoni, secondo la forma seguita da lui, a tener registri narrativi di tutte le cerimonie ufficiali avvenute in Genova, cosicché oggi si serba la serie di essi dal 1588 al 1797 in nove volumi. Della importanza dei quali sarebbe superlluo il discorrere: tutta la Repubblica v’è dentro, tutti i principi d’Italia e di fuori o personalmente o per mezzo di ambasciatori e dignitari vi figurano, tanta storia minuta vi è disseminata. Lo storico della Liguria e lo storico della Persia o del Giappone vi possono trovare quel che torni loro (1). Nella tenuta di tali libri la Repubblica più volte intervenne. Si ricorderà che il padre Bordoni, nel fare alla Signoria dono ed omaggio del Diurnale che imprendeva a scrivere, chiedeva solamente che gli si concedesse di serbare il libro in sua casa, « acciocché possa annotarvi le cose concernenti le cerimonie di tempo in tempo -che avverranno ». Questo sistema dovette generare qualche inconveniente, poiché sopra tutto sottraeva alla legittima vigilanza del Senato il libro e, quel che più importava, il contenuto del libro, che eia materia di Stato. Per tal motivo il Senato, durante il cerimo-niato dello stesso Bordoni, emanò il 1603 (7 apr.) un decreto (2), la cui dizione si può esporre in volgare così: « li. Ser."10 Senato Volendo opportunamente disporre, per più ragioni addotte iu Consiglio, che il libro delle cerimonie resti a disposizione del segre- (1) I libri Ceremoniarum e le filze analoghe sono assiduamente consultati nell’Ar-chivio di Stato dagli studiosi delle cose accadute nei secoli dal XVI al XVIII. Vi hanno attinto il Bei.giiano, il Xeb>, lo Staoliexo: parte degli aneddoti narrati dal padre Levati lidia sua Vita di Genova sono tratti di là: il Rosi poi, narrando la venuta in Genova di Filippo V {Ardi. Si. II., a. 1896, p. 316-343), fece anche qualche cenno delle cerimonie e di queste scritture genovesi. (2) Ccrem., filza 461 (7 apr. 1008). — 42 — tario del Senato stesso, venne ai voti, e deliberò 0 ordina che per tal cagione il maestro delle cerimonie presenti e consegni a vie segretario il libro suddetto, in cui via via descriva gli atti di quelle cerimonie; del quale, sempre che gli piaccia, possa prendere copia allineile più agevolmente possa egli esercitare il suo ufficio ». Non è detto per altro che questo nuovo sistema non avesse an-ch’esso i suoi inconvenienti. Col tempo i libri Ceremoniarum restarono di nuovo in mano del maestro di cerimonie. E i Collegi il 1668 (25 apr.) si videro nella necessità di dar fuori quest'altro decreto (1): « 1668, 25 aprile. Da qui innanti li libri cerimoniali si conservino a Palazzo, nè possano trasportarsi altrove, nemmeno dar copia di alcuna cosa 111 essi contenuta senza licenza del Ser.m0 Senato 0 de Ser.1"1 Collegi; e gli Ecc.mi di Palazzo restino incaricati dell’esecuzione del presente Pe-creto e di dare quegli ordini che stimeranno opportuni circa la foima e modo da custodirsi, così avendo a palle ordinato li Sor."'1 < <>ll<‘gi ». E gli Eccellentissimi di Palazzo nel giorno istesso prescrissero le seguenti disposizioni: % « Letto il suddetto decreto agli Ecc.mi Filippo Spinola e um A, e vaimo accompagnati da ventidue filze e buste, contenenti minute o copie in fogli sciolti di atti relativi alle cerimonie, appunti di notizie, lettere e simili, nonché dal volumetto del '1 ruttato delle Cerimonie di cui abbiamo parlato. Complessivamente, questa materia è contenuta in trentaquattro filze, buste e volumi. Dei quali quel primo ora menzionato che immediatamente precede le serie dei libri Ceremoniarum istituiti dal Bordoni il 1588 è veramente parie integrante di questa serie, perchè contiene, benché saltuariamente, le note narrative de’ ricevimenti e di altre cerimonie in Genova dal 1568 o giù di lì fino al marzo del 1588. Per tal ragione abbiamo stimato opportuno anteporre, nell 'appendice II, agli elenchi delle intestazioni de’ nove libri anche l’elenco di questo volume. La fine di questa scrittura accompagna naturalmente la fine della vecchia Repubblica. L’ultima data è del 2 maggio 1797, e tramanda ai posteri la notizia che quella sera il doge andò al teatro di S. Agostino. Venti giorni dopo scoppiava la rivolta democratica, soffocando l’antica gloriosa repubblica di Genova, che poco meno di tre secoli innanzi il padre della patria, Andrea Doria, aveva ricostituita. Il cerimoniale non valse a salvarla nè a ritardarne la pei dita, le ultime note del maestro delle cerimonie fanno intravedeie fia le righe gl’ingenui conati della Repubblica per invischiare e trattenere il generale Bonaparte negli untumi della rete di lagno del vecchio cerimoniale. Il 16 giugno del 1796 l’inviato di Francia in Genova Fai- ———^——— — 47 — poult scriveva al segretario del Senato «di essere arrivato il generai di ji igdtu Murat, spedito dal generale in capo dell'armata francese tìonaparte con ordine di presentare al Senato personalmente lui stesso una ettera ossia foglio del medesimo generale in capo, che si trova in l°i tona » (1). E il cerimoniere riferisce che « il m.co segretario ha risposto interinamente, facendo riflettere al sig. inviato che in ìegola lo lettere dirette al Ser.mo Governo devono presentarsi al medesimo per mezzo del suo segretario di Stato. Ma, avendo l’inviato ^insistito con altro biglietto, li Ser.mi Collegi hanno incaricato al m.c segretario d'invitare ad una conferenza lo stesso inviato ed in essa procurare di disimpegnare quest’affare con far uso dei rilievi occorsi nel circolo Ser.mo — Invitato e venuto immediatamente a Palazzo l’inviato di Francia in compagnia del suddetto generale Murat, prese questo a querelarsi con calore che si avesse difficoltà ad ammetterlo nauti il corpo del Governo. Il m.™ segretario rispose, interrompendolo, che non vi è questione su tal punto, bensì che bisognava con-ceitaie preventivamente alcune formalità consuete, ed in specie si doveva premettere la comunicazione del contenuto nel foglio ossia lettera che si desiderava di presentare. Ciò udito, il generale si tranquillizzò, diede da leggere al m.°° segretario la stessa lettera, che era aperta, e disse che avrebbe fatto quanto gl’indicava il m.™ segreta! io, perchè possa presentare al Governo radunato la lettera, quale altrimenti teneva ordine di restituire in tutto questo giorno al geniale in capo: ed il m.00 segretario sciolse la conferenza con dire, dirigendosi all'inviato, che andava a far parola della conferenza e che sperava gli avrebbe fra poco fatto sapere l’ora in cui potesse (1) La lettera di Bonaparte (11 giug.) era proprio una lettera napoleonica. L'abate ( ori·] ne suoi Annali d'Italia dal 1750 al 1861 ne riassume il contenuto: il quale asseriva:. Essere quella città la fucina da cui partivano gli scellerati che infestavano le strade maestre e assassinavano i francesi: ed una parte di questi orrori essere impunemente seguita nel territorio genovese. Essere da Genova che si era inspirate la ribellione ne! feudi imperiali, Girola ministro dell'imperatore aver continuamente ricevuto i capi degli assassini grondanti ancora di sangue francese. Essere però indispensabile che un tal male avesse un termine. Quindi Girola che aveva fatto di Genova una piazza d armi contro i francesi fosse arrestato o almeno fosse scacciato, e coloro che avevano protetto gli assassini fossero severamente puniti. Se poi la repubblica genovese non manteneva la sicurezza sul suo territorio, vi avrebbe provveduto egli stesso ». Ed aggiunge . Per dare quindi maggior tuono ad una lettera sì minacciante la fece portare in Genova da Murat coH’ordine di presentarla personalmente in senato ed averne una pronta risposta ». — 48 di nuovo portarsi a Palazzo col sig. generale per la presentazione della lettera. — Inteso quindi ne’ Ser.ml Collegi il rapporto di detta conferenza, fu deliberato di ammettere al dopo pranzo il medesimo generale e l’inviato a presentare la lettera del generale Bonaparte, con introdurli nanti Lor Signorie in segreto ». Il maestro delle cerimonie prosegue il racconto dicendo che i due francesi, preavvisati, alle ore 6 si trovarono a Palazzo: « Il M.t0 segretario si è portato a riceverli alla porta della sala, ove con 1 inviato ed il generale entrarono solamente due aiutanti del medesimo generale. Mentre ascendevano l’inviato e il generale li gradini del Irono, li Ser.mì Collegi, dopo il ricevuto inchino, si sono alzati momentaneamente. 11 m.c0 segretario ha fatto segno all’inviato e generale di sedersi sopra due sedie comuni che si erano preparate. L inviato, prima di sedere, ha detto alcune parole in senso di accreditale il generale. Sedutosi l’inviato, li Ser.ml Collegi si sono coperti, come anche li m.oi segretari. Il generale, continuando in piedi e senza cappello, ha pronunciato un discorso, ripetendo in sostanza il contenuto nella lettera del generale Bonaparte con vicacità milita) e. Ha poi presentato il foglio ossia lettera al m.L0 segietaiio, quale è stata posta sul tavolino nanti Sua Serenità. Il m.c0 segietaiio, immediatamente ha detto che li Ser.mi Collegi leggeranno e penderanno in considerazione il foglio stato presentato e faranno peiveniie la risposta al sig. generale Bonaparte per mezzo del sig. inviato straordinario e ministro plenipotenziario della Repubblica I ialicose. — Tanto l’inviato, quanto il generale allora, fatto inchino ai Sei. Collegi, li quali hanno corrisposto con alzarsi, sono partiti, accompagnati nuovamente fino alla porta dal mco segietaiio ». La cerimonia era stata solenne, gravida di minaccia, pervasa di paura: il caso era nuovo per la Signoria di Genova, dalla quale venne immediatamente decretato, come annota il cerimonieie in fondo alla sua narrativa, che « si registri quanto sopì a al libro delle cerimonie d’Archivio ». E ora ... ve lo figurate voi Murat, il brillante Muial., il fatuio re di Napoli, il vincitore di Eylau, nell’atto di leggere il supeibo mes saggio di Bonaparte al supremo consesso di Genova, visione degna di quadro storico? Sentite voi il senso di grandezza che è in questa antitesi, in questo urto di pensiero e di volontà, dell antico e del moderno, fra la veneranda Repubblica, gioiello della storia, e il Cùiso — 49 — fatale, rinnovatore del mondo, rivendicatore della Corsica torturata da Genova? Genova, che sarebbe stata la patria dei due più grandi uomini che abbia dato la terra, se avesse ascoltato Colombo e se non avesse venduta la Corsica pochi mesi innanzi alla nascita di Napoleone? (Seguono due Appendici, l’una di documenti, l’altra di elenchi delle narrative contenute nei Libri Cerimoniarum). 4 CRONOLOGIA DEI MAESTRI DELLE CERIMONIE della Repubblica di Genova Rev. Geronimo Bordoni [Rev. Agostino Mascardi Rev. Cattaneo Vivaldi Fabrizio Ricci Marcantonio Cattaneo Rev. Giambattista Gentile Francesco Maria Viceti Marcantonio Cattaneo, per Rev. Giambattista Gentile, Giambattista Spinola Filippo Maria Gentile Geronimo Aluora Francesco Maria Peirano Barnaba Cassero Giacomo De Marchi Giuseppe Maria Rossi Bernardo Ottone la seconda volta per la seconda volta 156] (?) - (li apr.) 1588-11)15 (21 feb. tj) (18 dio.) 1621-1621 (27 die.)] (feb.) 162-1—1682 (ag.) (18 apr.) 1688—1645 (feb.) (28 ag.) 16-15—1659 (?) (die.) 1058—1666 (mar.) (28 apr.) 1666-1666 (81 ag.) (8 nov.) 1666—1668 (giug.) (28 giug.) 1668—1686 (81 die.) (1 gen.) lt&7—1705 (2 die.) 1705—1727 (giug.) (1 lug.) 1727-1727 (80 nov.) (1 dio.) 1727—1748 (ott.) (16 ott.) 1718-1761 ®) (18 die.) 1761-1777 (27die.® (27 mag.) 1778-1781 (giug. ® (18 ag.) 178-1—1797 (22 mag.) APPENDICE I DOCUMENTI I TRATTATO DELLE CERIMONIE LAICHE APPARTENENTI ALLA SIGNORIA DI GENOVA (1) SEZIONE PRIMA IMle precedenze in universale, e del luogjo e modo di incontrare tutti i principi. CAPITOLO I [Natura delle cerimonie] Sono le cerimonie (lasciando quelle che per culto di religione debitamente si rendono a Dio, ma di quelle ora solo parlando che fra gli uomini si usano) un segno di riverenza, di onore, di cortesia, che per debito o civiltà si dimostra verso o superiori o pari o inferiori, richieste e proprie per necessità ed inveterata consuetudine cosi nel farle come nel riceverle più a principi ed uomini grandi che a privati, denotandosi e conservandosi per quelle in molta parte (1) Questo scritto è contenuto tutto e solo nel fascicolo dell'Archivio di Stato in Genova distinto con la designazione Ceremoniarum n.° 473 A. Nella trascrizione, senza togliere o aggiungere parola (qualcuna dovutasi interpolare per riparare all'omissione inavvertita del copista è inclusa iu parentesi quadre), abbiamo modificata l'antica ortografia per rendere più agevole la lettura. Pel medesimo fine se ne sono aumentati i capoversi. In capo ad ogni capitolo abbiamo apposto in parentesi quadre il sommario dell’argomento ivi svolto, dettato in istile confacente con quello del testo. Ofr. a pag. 18 quello che si è detto di questo Trattalo. — 54 — il grado e lo splendore tanto dei minori quanto dei maggiori. Nel modo ed uso delle quali eziandio non meno è necessario il non pregiudicare, ma ritenere la dignità propria, che sia il rendere a ciascuno ciò che per obbligo o civile usanza si conviene. CAPITOLO II [Necessità che le cerimonie si attengano alle presunzioni e agli usi della Chiesa] Di tutti gli ordini e riti appartenenti a quelle che per ogni parte del mondo si sono mai costituiti furono e saranno sempre 1 più regolati e più politici quelli che più si conformeranno alla legge ed osservazione ecclesiastica, sì come più antica, più dotta e più autorizzata di ciascuna altra, presso gli uomini massime scienti e di cristiana religione. Onde, accostandosi, dove cessi la espressa determinazione di santa Chiesa, quanto maggiormente per similitudine si possa, col giudicio naturale allo stile che da quella viene osservato, sempre sarà (come fino a qui è stato) più ragionevole il procedere e più prudente, già che dal vicario di Dio e non da altri vengono per tanti secoli le creazioni, le confermazioni, i titoli, le autorità, le insegne, gli ornamenti e le altre grandezze mondane, dalle quali certo si onorali gli uomini, date da’ pontefici agli imperatori, re, potentati ed altri uomini, tutti nel mondo eminenti e principali; nè, da altia mano ricevute o per alcuno usurpate, furono mai dalle cristiane genti stimate, approvate o tenute in prezzo. Da’ quali titoli, gradi ed onori dipendono congiuntamente per civiltà, magnificenza e splendore l’uso antico delle cerimonie. CAPITOLO III [Le onoranze maggiori spettano al sommo pontefice) Di quelli onori dunque e riverenze, che debitamente da qualsisia o principe o privato sono dovute a qualunque uomo superiore agli altri nel mondo, è il romano pontefice il solo e primo al quale, senza comparazione di niun altro, ma ben sopra ogn’altro, siano dovute le più umili e le maggiori, giustamente attribuite a quello che, sostenendo in terra il vicariato di Cristo, è sacrosanto e sopra tutti gli altri uomini che vivono reverendo. Delle quali eziandio, o da rendersi alla sua persona o pure a coloro che in suo luogo o per suo - 66 - nome da lui sono mandati, non accade dare altra regola, ma in tutto osservare che da’ libri pontificiali e sacre cerimonie ecclesiastiche viene instituito; dalla norma e rito delle quali non è licito per uomini laici in alcuna parte dissentire o partirsi, innovare o contrapporsi senza nota di estrema dannosa inobedienza con negletto apostolico e poca religione. CAPITOLO IV [Graduazione de’ laici: imperatore e re, principi magni, principi o signori e dignitari; cardinali] Sono gli uomini laici grandi nel cristiano mondo tutti posti dalla Chiesa Romana in tre differenze. De: quali (oltre allo imperatore, che sempre, sì come uno e solo, è sopra ogni re il supremo) sono i primi e in numero alquanto maggiore i re. I secondi sono alcuni uomini di Stato e di giurisdizione, in ogni loro atto assolutamente libera, o altri se pure per confermazione o, devoluzione dello Stato loro ad altro supremo principe non meramente liberi, almeno circa il modo dello amministrare di potestà quasi assoluta e di censo in tutto esenti o in minima parte solo per segno gravati, così ne’ libri cerimoniali propriamente chiamati magni principes. I terzi sono poi molti uomini o di Stato ed autorità, quantunque grande secondo il caso, con titoli diversi, ma però tutti annualmente censuali, ovvero signori e baroni di vari nomi e titoli con poca e moderata autorità e giurisdizione immediate di altri maggiori principi pure vassalli, ed, oltre a questi, uomini alcuni non di Stato, ma di grado, magistrato e dignità preminenti in alcun Regno o Impero potentato, sottoposti eziandio tutti e sempre ad altro supremo signore. Soli i cardinali, quasi una quarta specie di principi, come se-uatori di repubblica cristiana senza stato o dominio dato loro in particolare, cedendo sempre in ciascun luogo a Cesare, il quale solo siede nel trono sopra di loro accanto al papa equiparatitur regibus. A’ quali regi nondimeno (eccetto che collegialmente in cappella pontificia, dove siede il re dopo il primo cardinale), cedendo anche singolarmente e uno e più insieme di loro in ciascun luogo sempre, vengono poi in un grado e preminenza nel mondo maggiore e tale da precedere in qualunque luogo ed azione temporale tutti coloro — 56 — die dalla Sede Apostolica sono chiamati magni principi, e per con. seguente qualsivoglia altro signore, di stato, grado o magistrato eminente che egli si sia. Ed insomma, come stimati senatori del mondo e chiamati fratelli del Papa, con inveterato religioso consenso di imperatore e re, precedono, dopo quelle Maestà, tutti gli altri uomini del mondo. CAPITOLO V [Chi siano i principi magni] Quelli che dalla Romana Chiesa vocantur unica denominatione Magni Principes si intendono primi e principali figliuoli e fratelli o di imperatori o di re, tali per ragione e legge di natura debitamente giudicati, quasi una istessa persona col re: frater enim est fere alter, filias autem imago patris: e tuttavia tenendo sempre, ira tutti i re del mondo, quel di Francia il primo. Nel secondo luogo sono duca di Borgogna, magno duca Moscovita, dogi di repubbliche libere, conti di Fiandra, elettori di Cesare, ducili di Savoia, di Milano, di Lorena, e a' nostri giorni, così per tale trattato e giudicato da papa Pio IV, il duca di Firenze, ed altri ancora successivamente secondo che da Pontefici sono o saranno in giuridico modo dichiarati per tali; tutti però questi cerimonialmente-in un medesimo ordine, seben non tutti essenzialmente di pan giurisdizione ed autorità. Hanno posti tali prenominati in cappella pontificia tutti il luogo loro determinato nella panca de’ cardinali diaconi, sedendo ciascun di essi sopra l’ultimo diacono cardinale. In questo numero si comprende (sebbene da loro è disgiunto) il primogenito religioso, col quale, come successore immediate al Regno e quasi re, si procede differentemente, ponendolo in cappella a sedere nella panca de' cardinali preti sotto il primo di quello ordine e sopra tutti gli altri immediatamente. CAPITOLO VI [Chi siano i principi o signori o dignitari: come si trattino i principi magni] A quelli altri poi che si disse essere in ordine i terzi, uomini di Stato e di giurisdizione (propriamente nominando Stato ampiezza di dominio con sudditi, di castella e di città che abbiano chiese cattedrali) e che con titoli o di duchi, come sono Ferrara, Mantova, - 57 - Parma, Urbino e simili, ovvero di marchesi e conti, quali sono Monferrato, Saluzzo, Mirandola, excosi tedeschi non elettori come italiani o tiamontaui ed altri minori signori con titolo solo di principe, quantunque baroni vassalli, come Oranges, Salerno, Bisignano e simili, con altri molti di vari titoli inferiori baroni, ma però tutti immediate sudditi, i quali posseggono debole dominio di vassalli e prefissa tem-perata giurisdizione con censo annuo o altra ordinaria soggezione di principe superiore; e con questi ancora altri di grado, magistrato e dignità eminente, come, in esempio, contentabile di Francia (quando pelò 11011 fosse per sangue tanto propinquo alla Corona qual già fu il duca di lìorbone, qui tane regia consanguinitate, imperio et gradu fuisset habitus Magnus Princeps, ma contestabile solo e baron del Regno, qual in questo ultimo Anna di Montmorancy) (1); vicario generale di (.exare in Italia ad tempus, come già fu Granvela; viceré di Napoli; confaloniere di Santa Chiesa; capitano generale della Sede Apostolica·, e ultimamente uomini di Ordini, come cavalieri di San Michele o del Fosone e simili eminenti e graduate persone pur vassalle: a quelli, dico, è dato in Roma e fuori luogo distinto, e a quelli primi insigni assoluti signori o in picciol censuati feudatari principi magni [luogo] molto inferiore, parte di loro sedendo in differente luogo, e parte stando in piedi vicino al trono in cappella di Sua Santità, e differente anco molto, datogli da ciascuno in ogni pubblica azione ed ogni parte dove vanno. Per il che da un principe veramente e propriamente chiamato « magno », quale è il doge Veneziano o Genovese, non sono non pur come superiori, ma nè come punto uguali trattati, tanto in luoghi esterni, come nella propria casa dei dogi se ci andassero. Tal che nè Ferrara nè Mantova, nè vicario, nè contestabile, nè Oranges, nè Salerno, nè qual si voglia altro uomo di grado senza Stato, come gran maestro di Podi o di altre Religioni, cavalier di San Michele o del losone molto meno, e tanto ancor più lontano qual si sia maggior barone ordinario di Pranza, Spagna o d'altro Regno sarà mai con ragione onorato in modo che da altri sia posto in paro, nè iu (1) 11 dura di Borbone Carlo, già ponte di Montpensier, pontestabile di Francia, morto di schioppettata noi l'assedio di Roma (1527), era della medesima reai casa di l· rancia. L’altro con testabile A una di Montmorancy, morto anch’egli di schioppettata nella bnttaglia di Saint-Denis(15(i7), apparteneva ad antica e molto illustre casa baronale. , — 58 — casa propria, di sopra a un doge tale: e questo per non pregiudicare, ma conservare la dignità pubblica. Il che forse potrebbe a sua voglia fare il contrario un altro signore in casa sua, ancor che molto maggiore di quello che egli onorasse con minor pregiudicio, nocendo in quello atto a sè stesso solamente. Dove che, operando sempre un doge nelle cose gravi e pubbliche col consenso pubblico, già che al potere egli deliberare solo non si estende la sua autorità, pregiudicata che si fosse una volta non avrebbe poi la Repubblica fondamento giuridico da ritrattarsi, essendo per quello atto e quel consenso (quantunque usato in casa propria) acquistata con autorità pubblica ragione al signore inferior di ordine ed inferiore per dominio non libero, al quale già avessero spontaneamente coli pubblico consenso una volta ceduto. Considerato che da’ principi grandi si dà legalmente la precedenza in casa propria a’ signori solo pari di giurisdizione, di titolo o di oidine talvolta se ben minor di Stato, ma ad inferiore di giurisdizione, di titolo ed ordine non mai: come dànno a’ cardinali vescovi e pieti, pi’incipi insieme col papa dello Stato temporale di santa Chiesa, nella privata casa il luogo primo al cardinale diacono, altrove pelò sempie al vescovo e prete inferiore, ma non già mai ad alcun patiiarca o alci;vescovo; e come darebbe il re Cristianissimo (primo certo fi a tutti gli altri) la precedenza a quel di Spagna o di Polonia o di Loemia, se andassero in Francia; si come anco già diede il re Luigi XII nel 1507 in Savona, presente il Cardinal di Santa Pressede Pallamano ed apostolico legato, a Ferdinando Cattolico di Aragona, re tanto, come sa ognuno, minor di lui. Per onde, se a Genova fosse venuto nel tempo di quella repubblica libera il capo loro gonfaloniere Fiorentino, non pure il doge Veneziano, possessori l’uno e l’altro invero di giurisdizione assoluta con titolo ancora di libero principe, o al presente pur venisse il duca magno Moscovita o doge Veneto, poteva il Genovese, e potrà sempre ognun di loro accadendo, cedere all’altro, senza pregiudizio per sola ragione di titolo, giurisdizione ed ordine, il luogo in casa sua cortesemente, differendo l’usare altrove, quando 1 abbia, la sua precedenza. - '59 - CAPITOLO VII [Il doge ha preferenza sui principi magni che siano in alcuna soggezione] Il simile tuttavia, come a questi tre nominati, non si dovea nè si dee fare con alcun altro per quantunque gran signore o principe che sia, eziandio da santa Chiesa chiamato « magno », come o elettore di Impero o duca di Savoia, Milano, Lorena, Firenze, e qualunque altro simile, con questa ragione: perchè, pigliando egli di necessità (ancor che senza censo alcuno) o la confermazione di quello Stato come successore ereditario o la essenziale investitura come primo donato da uno o sia imperatore o re/ o ancor papa che fosse, riconoscendolo, come è forza, in suo principe superiore ed a cui sia riservato nel feudo secondo il solito il diretto dominio, ma quel che il tutto importa in alcuni eventi la successione e devoluzione di quello, e perciò, non potendo egli con verità affermare quello Stato essere onninamente suo, la cui suprema giurisdizione riservata al superiore e legittima possessione concessa a lui dipenda sostanzialmente da voglia d’altri, potendo anco il supremo signore senza infeudare ritenerlo per sè, come di Milano fece l’imperatore Carlo Quinto, del quale stato egli parimenti di ragione nè gravando, nè testando, nè alienando, ma giustamente e fedelmente amministrando e di quello l’utile dominio solo per sè traendo, non possa nel resto fuor che per legge altrui giuridicamente di alcuna cosa disporre, non è, dico, per queste ragioni o *Savoia o Firenze o elettore o altro simile amministratore, pari di grado e preeminenza ad un doge, principe libero, nel quale virtualmente circa la amministrazione vi siede la regolata regia giurisdizione, niuna altra cosa mancandole che il titolo fatto dalle civili sue proprie leggi non aliene, senza alcuna o nominazione o confermazione o devoluzione o censo nè pur minimo da pigliarsi o pagarsi o chiedersi da altro signore, sì come manifestamente si vedeva nè chiedere, nè pigliare, nè pagare ad alcuno il doge di Genova. Da questa inviolabile osservanza Veneziana non può, nè deve con giustizia partirsi la Signoria di Genova non essendo realmente, de jure lo querido, proporzione uguale alcuna tra un principe e signore vassallo, o mediate o immediate che egli si sia, ed uno veramente libero principe. — 60 — CAPITOLO VITI [Il doge dà la destra a cardinali, fratelli e figli di imperatore o re e al doge di Venezia] A quelli all’incontro che, come cardinali, equipurantur regibus ed a coloro che, come fratelli o figli di imperatori e re, vocantur vere magni Principes, e più di tutti al primogenito regio, ed insieme ancora al doge Veneziano, assolutamente darà il doge di Genova nella sua patria e fuori il lato destro, e procedendo nello Stato proprio solamente seco al paro, in . qualunque altra azione la precedenza. La quale, son pochi giorni, fu dalla Repubblica Veneziana deliberata naturalmente allo arciduca d’Austria, fratello di Massimiliano Cesare, se egli fosse entrato in Venezia come principe in pubblico, non come signore in privato, ed all’incontro al duca di Savoia, Milano e Ferrara, stati alcune volte in quella città, giammai decretata da quel senato. Agli ordini e riti della qual Venezia, se bene non è in tutto da riportarsi essendo ella città differente in molte cose dall altre e che, spesso diversa dalle leggi comuni, si regga con decreti ed opinioni particolari de’ suoi cittadini, non di meno in quella parte cerimoniale posta circa la decenza ed urbanità sono certo per lo più tanto avvertiti e regolati, che meglio sarà sempre lo imitarli che con eccesso o con difetto contrapporsele. CAPITOLO IX [Il doge, giusta il grado dell’ospite, lo incontra e lo attende in Palazzo] Conosciuti ora chi siano coloro i quali, non meno per giusta cagione che per lunga consuetudine, meritamente debbono precedere ed insieme quelli che per ragione debbono cedere, bisogna conseguen temente di necessità sapere con quali modi e fino a quali termini fuori della città, lontani o vicini a quella, o immediate alla porta, o pur solamente aspettando il doge in Palazzo, si debbiano prima incontrare e riverire i molto superiori, e fino a qual termine e come incontrare poi ed accogliere i pari o poco e talvolta molto inferioii, ed ultimamente come con grata dignità e loro onore ricever gli altri senza incontrare. Affine che non in confuso ne inconsideratamente procedendo, ma con distinta proporzione e regolata, siano con le debite riverenze trattati i maggiori, con civiltà e ragione i pari o grandi, con dignità e cortesia gli illustri e graduati. — 61 - CAPITOLO X [Dove il dogo attenda fuori le mura l’ospite a seconda del grado di lui] I termini principali sin dove, uscendo dalle città, vanno i gran signori ad incontrare principi supremi o altri degni d’onore personaggi forestieri, sono comunemente tempii, prati, colli, ponti, acquedotti, edifici pubblici per fabbrica insigni. Sarà dunque nella città di Genova dalla porta verso oriente per la via di Al baro la uscita della porta a pochi passi fra tutti il primo e minor termine; il secondo la chiesa della Pace; il terzo ed ultimo, andando per la via retta, sarà quel prato passato il piccolo ponte, dalla detta chiesa alquanti passi lontano, vicino all’acqua. -E ciò s’intenda da quella parte. Per la via lata poi e con frequenza abitata, uscendo dalla porta che è la Romana, sarà il secondo luogo il mezzo corso della strada che diritta si vede e maestra per ire al ponte lungo] ed il terzo quel prato che si trova a mano destra accanto alla stessa strada maestra, verso la chiesa della Consolazione, ma però da quella alquanto lontano. In più discosto ed ultimo termine sia, passato il ponte lungo, il luogo largo ornato di quel tanto annoso e patente olmo, albei’o in Italia così raro, dove quasi sempre corre vicina l’acqua del Bi-samne, e non più oltre, toccando invero a quel sito altro luogo comodo da fermarsi principe grande, al quale segue numerosa comitiva, da cui vengono impedite le debite riverenze. Ma dalla porta di occidente, come in sito più frequentato e più ampio, saranno ancora i termini più lunghi e maggiori; perocché l’uno può estendersi alla piazza di San Teodoro ovvero di San Lazzaro come più per cortesia piacesse; l’altro fino al colle o promontorio, non meno per prospettiva che per eminenza singolare, della Lanterna; per ultimo poi, discendendo, si anderà tutta quella strada fino al ponte Nuovo posto sul rivo della antica Procóbera, luogo spazioso ed ameno e termine in distanza propria per ricevere papi, imperatori e re solamente. Per mare ancora, sarà convenevole e comoda parte allo incontrare la fine di quel ponte che, fabbricato di legname alla venuta di principe supremo o persona, regia e celebre molto., esca dal molo tanto oltre che si congiunga con la galea che lo portasse; dove, allo uscir — 62 — di quello, anderà il doge, e non più innanzi, essendo invero troppo sinistro lo incontrare con altre galee le avvenienti; oltre che le poche non fanno a grandezza e nelle molte sarebbe poi allo smontare impedimento e difficoltà, bisognando di necessità al doge, come prima gli fosse vicino, ascendere con numerosa compagnia la galea del principe superiore in fargli riverenza, azione che in sè porta tempo ed incomodo. Tutto ciò si intenda dunque quando il doge, oltre a una infermità accidentale, non sia inabile al cavalcare e parimenti atto allo smontare a piedi, come con principi supremi è necessario: atteso che, portato per indisposizione ordinaria in sedia a mano, non potrebbe poi nè con comodo nè con decoro ricevere o accompagnare principe che cavalcasse, ma specialmente il papa, intorno la persona del quale fan mestieri cerimonie ed azioni che ricercano abilità nel doge. Onde in caso tale, astenendosi egli dallo andarvi e supplendo col viòedoge, Collegio, Senato, che nella città è al numero di cento, ed altri magistrati insigni, tutti in quello abito e modo come se egli proprio vi andasse, si serba dopo a fare i dovuti ossequi nella casa dello istesso principe, accompagnato nobilmente, secondo l’uso, da tutto il Collegio, con l’intero numero potendosi di senatori, uomini altii e giaduati e gravi, tutti però e sempre togati, ed egli portato in una sedia serica di color paonazzo, essendo il rosso in pubblico riservato al papa, con 1 a-bito ducale la prima volta, e condotto nel modo, cioè basso ed a mano, che vengono portati i cardinali nella camera del papa o di Cesare per trattare, come spesso sogliono, alcuna cosa con loro. CAPITOLO XI [Dove ciascun ospite debba ricevuto dal doge fuori le mura o in Palazzo] Al sommo pontefice pertanto, allo imperatore ed al re, nè ad alcuno altro uomo, si anderà incontro da qual si voglia parte della città fino all’ultimo termine. A gran principi, cioè cardinali, uno o più legati apostolici, pii-mogenito regio, figli o fratelli di imperatori e regi, fino al pi omontorio della Lanterna; e, da oriente, per la via Romana, attesa le corta strada, fino al prato, luogo lontano alquanto, come dicemmo, dalle Connotazione, tanto per la comodità dello smontare quanto perchè da maggiori a minori sia, come deve, alcuno intervallo. - 63 — A tutti i cardinali non legati ed ai sei elettori dell’impero, duca di Savoia, Lorena, Firenze ed altri principi magni, o fino a San Teodoro o poco più oltre, secondo la intelligenza e confidenza; e, per l’altra via, fino al mezzo della strada che va diritta dalla città al prato. Ben si comprendono tra questi ultimi fratello o figlio, e maggiormente padre di papa vivo, per ragione della dignità pontificale. A Ferrara, Mantova, Parma, Urbino, quando massime sia prefetto di Lorna, arciduca d’Austria semplice, duca di Baviera e, dopo loro, a questi altri non principi di Stato ma uomini di grado, come vicario generale di Cesare, contestabile di Francia, o signori che fossero vassalli con illustre titolo ovvero ornati solo di quel grado, gonfalonieri della Chiesa, quantunque non sia secondo il solito principe di Stato, viceré di Napoli in magistrato, nel quale virtualmente si comprende Sicilia: a costoro tutti sarà termine conveniente fuori della porta a non molto spazio. De’ quelli tuttavia signori si tiene in questo atto maggiore e minor conto particolare secondo che più siano o benemeriti o cari o opportuni alla Repubblica; stile eziandio osservato ognora da gran principi e dalla Signoria Veneziana specialmente. Ad uomini poi di altri gradi o stati minori, quali, in esempio, figli o primogeniti de’ signori predetti, governatori di Milano, di Sicilia, di Sardegna ed altri minori Regni, baroni, quantunque ricchissimi e grandi con qual si voglia titolo in ogni Regno ma vassalli; nunzi apostolici, nipoti pontifici, ambasciatori di principi supremi, capitani generali di eserciti tanto della Chiesa quanto regi, o pure altri uomini illustri ornati di Ordini regali, non si muove il doge mai di Palazzo, nè a quelli parimenti in pubblico mai scopre il capo, privilegio dato a quelli soli signori che per la loro superiore dignità si incontrano; ma bene con visite di magistrati più o meno insigni e numerosi, secondo i gradi o benemeriti loro, vengono onorati: dove anco nè per molta eminenza di tal forestiero intervengano mai più di due del Collegio; ma, se alcun altro di magistrato minore o senatore ordinario, non passando eziandio in tutto a simili persone il maggiore loro numero di dodici, nè essendo il minore di sei; ricevendoli però in Palazzo con quei modi e cortesie che al suo luogo saran note; onorandosi di più questi medesimi e gli ambasciatori di residenza ed altre minori persone di baroni e signori illustri con leggieri presenti talvolta o nel venire o nel partire a bastanza. — 64: — Come medesimamente si onoreranno per mezzo di visita più numerosa ed illustre di magistrati solamente tutti quei principi magni, a’ quali non piacesse fare entrata pubblica, ma, solo contenti della loro maggior libertà e minor cerimonia, volessero per negozio privato o per diporto vedere e godere della città, purché essi non ricusino la visita volendo stare occulti, e in minor numero eziandio di magistrati, si intenda, che non si farebbe nella loro entrata pubblica, bastando in caso tale una comitiva di venti al più cittadini, conoscendosi onesto che chi si appresenta con maggior pompa in maggior sua grandezza al pubblico sia maggiormente onorato, e che chi in privato riceva carezza e cortesie private. Dichiarato sempre senza controversia che gli otto governatori, magistrato anteriore a tutti già fatti assistenti di necessità al principe, 11011 vadano da niun tempo a visita ordinaria senza la sua persona, ma solo rimangano serbati a supplire per lui collegialmente in caso di inabilità nella persona dogale: servati parimenti, quando co’ principi o signori illustrissimi e ministri grandi accada trattare per causa di Stato cosa segreta e grave; dove allora da tutte le repubbliche indifferentemente si mandano gli uomini per ingegno sublimi, per autorità e prudenza maggiore stimati più utili al negozio pubblico. CAPITOLO XII [Del trattamento al pontefice in Genova, al doge in corte pontificia] L’entrata di Sua Beatitudine nella città, tanto se sia fatta in abito pontificale a cavallo o sedendo, quanto in abito ordinario con la stola, come già nel 1522 entrò papa Adriano VI in Genova, pur-chè sia tutta e sempre conforme agli ordini e libri ecclesiastici, deve anco esser di quella lasciata ogni cura a’ ministri pontifici, non appartenendo al doge, dopo osculati i santi piedi, col ringraziare della visita ed offerire ogni facoltà del Dominio, fare altro intorno a quella, se non quanto dall’ordine pontificale sia precisamente statuito. Cosa eziandio della quale il proprio nostro clero potrà prima dare distinta notizia; avvertendo solo che, mentre si sta a’ riti sacedotali ubidienti, non si sia poi, intervenendo Sua Santità alle azioni sacre, circa la dignità del doge negligenti. Per ciò che, facendosi in quel tempo che egli dimorasse nella città cappella, processione o per avventura concistoro pubblico, è conveniente dare al doge il suo luogo, come a - 65 — principe magno, sopra l’ultimo cardinale diacono, e, in difetto di quello, sotto P ultimo prete accanto a lui immediatamente. Benché nello ingresso pontificale della città propria debba cedere il doge, come signor temporale, il luogo in casa sua al diacono ultimo, fratello del papa, ed in sua presenza, accompagnandosi con l’ultimo cardinale a mano stanca, ut in Cerimonialibus capitulo « Quomodo equitat Papa in pontificalibus » et in capitulo « De ordine ingrediendi aliquem urbem » è manifesto; richiedendosi solo l’onore e luogo predetto al doge in cappella, processione e concistoro pubblico, azioni veramente ecclesiastiche e luoghi nei quali semper Papa est solus dominus: a’ quali istessi per onorare e riverire Sua Santità appositamente interviene il doge e qualunque magno principe. Sappia egli pertanto, a conservazione del suo decoro, intendersi innanzi al fatto e col maestro delle cerimonie convenir prima dell’ordine e del modo, o sedendo il pontefice o camminando o cavalcando, di accompagnare Sua Beatitudine, accoppiandosi nel cavalcare con l’ultimo prete cardinale mancando diaconi, sì come in azione meramente laica; ma, sedendo in cappella e concistoro pubblico o camminando a processione, andare e stare medio fra gli due ultimi diaconi, per non incorrere sul fatto in contesa, che non sarebbe onorevole, nè in pregiudizio, che sarebbe ingiusto; quando che, senza contradizione alcuna, trovandosi il doge a Roma o altrove in cappella papale, viene il suo luogo cerimonialmente assegnato nella panca de’ cardinali, sedendo sopra l’ultimo diacono, ma bene sotto ad ogni Cardinal prete, come già han veduto (e vedendo io) (1) i duchi quel di Milano Francesco Sforza in Bologna nell’anno 1530, ed in Roma pur ultimamente quel di Firenze Cosimo de Medici, andando egli di più (dopo la pubblica sua entrata nella città, guidato fra due cardinali a Palazzo) in processione poi alla chiesa della Minerva con lo istesso papa Pio IV a piedi nell’anno del 1560, posto in mezzo (vedendo tutta Roma) delli due ultimi cardinali diaconi. Tanto maggiore il doge del duca, quanto importa l’essere libero che feudatario: tutto che, fuori della presenza del papa (1) Lo scrittore era dunque in Bologna il 1530. Sulla probabilità ch’egli sia stato Giovan Battista Lercari, dimorante a Bologna e nominato uno de’ tre ambasciatori deputati della Signoria di Genova a intervenire in quel congresso presso l’imperatore Carlo V, vedi quanto è riferito nella qui precedente illustrazione dei Cerimoniali della Repubblica di Genova laddove si fa menzione del presente Trattato. 5 e di quello atto sacerdotale (dove da santa Chiesa si fa grazia e favore al principe laico), vada poi sempre in tutti gli altri luoghi e qualunque azione tra loro il doge, il duca ed ogni altro principe non re a mano stanca di ciascun cardinale. È parimente necessario sapere al doge che, dopo la visita privata fatta al pontefice, gli si convenga visitare tutta quella parte di cardinali che saranno con Sua Santità singolarmente, ed in questo caso appunto essendo essi venuti col papa, quando ancor prima non venissero a lui; da’ quali dovrà essere per ragione o da uno o da più insieme, ma ben da tutti loro, egli ancora visitato. Per il che, mandati alla porta del Palazzo, scendendo i gradi fino alla mezza piazza, alcuni dell’ordinario magistrato de’ procuratori ad incontrare ciascun di loro, ed egli in compagnia collegialmente togata ricevendoli, scesa la prima scala dalle sue stanze, con veste togata e rossa, gli faccia con dignità, scoprendo il capo, reverente accoglienza; conducendoli, non nella sala del Collegio ordinaria, ma in quella stanza detta « della Udienza » o in una delle camere private di Sua Eccellenza bene ornata; posti a sedere alla destra del doge, in quel modo che circa le udienze del Palazzo sarà, seguendo, minutamente descritto; nel partire, accompagnando lor signori sino al fine di quella scala ove li accolse, o poco più oltre, secondo la eminenza del cardinale; e di lì fino alla porta del Palazzo ridotti da chi li condusse. CAPITOLO XIII [Modo di contenersi nell’incontrare imperatore o re, Cardinal legato, primogenito reale; ordine nel cavalcare] A Cesare, al re, al Cardinal legato apostolico (perchè a cardinale non legato, incontrandolo, non si smonta) ed al primogenito legio, non ad altri, smonterà il doge a piedi, come però li vegga ma pro-piquo a pochi passi; e con lui insieme quindici o venti che cavalchino più prossimi alla Sua Eccellenza; ed avvicinatosi a loio, facendo, insieme col ringraziare della venuta, le debite reverenze accompagnate da cerimoniali offerte e brevi ma ornate parole, rimontato a cavallo, cavalcherà con Cesare o Sua regai Maestà al paro, cedendo sempre, dopo lo averlo salutato semplicemente, il lato destro a qualunque cardinale o primogenito, e se altro figlio o fratello cesareo e regio cavalcasse in terzo o pure in altro modo si accoppiasse con lui; non essendo tuttavia dalle Loro Maestà comandato nel cavalcare - 67 — seco per espresso favore al doge in contrario, come dalla cortesia di alcun principe, in presenza di quelli o molto giovani o propri consanguinei, potrebbe per avventura accadere: cavalcando, quando vi sia persona terza degna di precedenza, conforme al modo già usato da Carlo V, qual vedemmo procedere in mezzo del Cardinal Doria Geronimo e del doge Battista Lomellino a mano stanca. Entrando Sua Cesarea Maestà sotto baldacchino, cavalcherà il doge immediate o solo dietro a Cesare, o con principe regio, o con terzo o quarto cardinale se egli vi fosse; perciò che, con li due primi cardinali, cavalcherebbe Cesare in mezzo di loro; quando in maggior numero di tre ne fossero seco, toccherà pertanto al doge accompagnarsi con cardinale, se siano più di due che segnano alcuno imperatore o re. Questa parità tuttavia di cavalcare co’ cardinali si intenda con cardinale non legato, perchè con legato o pur cardinale che in qualunque modo dia benedizione non va nè può andare al paro altro che re, nè col papa al paro altro che Cesare già coronato. Nel luogo dunque fuori dal baldacchino anderà solo e dietro il doge, quando allo entrare nella città alcun legato cardinale, egli dia la benedizione; luogo già assegnato in Genova nel 522 al Cardinal Cesarino, che in questo modo seguitò solo dietro, fuori del baldacchino, papa Adriano VI, che benediceva il popolo. Se con Cesare, oltre a cardinale, fossero di quelli a’ quali il doge debba cedere, si accoppierà con l’ultimo; se da precedere, col primo di loro al suo luogo debito, pur che sempre séguiti Cesare e non vada innanzi, denotando in ogni caso lo andare innanzi a principe laico espresso luogo o di minor grado o di vassallo. Cautamente dunque sopra tutto si convenirà, essendovi numero di principi, co’ ministri deputati di ogni cosa prima, per fuggire indignità e confusione. Nel medesimo modo, incontrando, parlando, smontando e cavalcando, si procederà col re, accompagnandolo fino all’ordinato alloggiamento come Cesare. Ed a questi due soli (oltre al papa) smontando sempre con loro per guidarli fino alle stanze, ma non ad alcun altro; con visite poi private del doge e comitiva celebre, tale al partire quale al venire. Non è (come noto stile) da ricordare che a Cesare e al re soli si faccia atto evidente di baciar la mano, cosa da loro talvolta ricusata. Il medesimo serva eziandio al primogenito regio che al legato apostolico circa lo smontare ed affettuosamente accogliere, se bene non incontrandoli tanto oltre fuori della città, nè smontando con loro allo — 68 - alloggiamento, per la inegualità, come è detto, delle persone. Si. può fuori della città cavalcare col legato al paro non meno che col primogenito regio, guidati l’uno e l’altro fino alla porta della abitazione: ma a quel termine poi col legato (dove, come a persona sacra, entrando nella città s’aggiunga baldacchino, croce, abito diverso con benedizione) si anderà nel modo debito, seguitando, non precedendo; e circa la forma dello andare, stare e partire di chiesa, secondo 1 uso ecclesiastico ed ordine romano. CAPITOLO XIV [Come si riceve imperatrice o regina] Imperatrici e regine furono per lunghi secoli e sono ancora da santa Chiesa onorate sempre in sommo grado, ut in libris Cerimoniarum in capitalo « De receptione Regince » è lecito vedere: comprobato parimenti questo uso dalla persona di Carlo Quinto Cesare, osservatole giavis-simo di cerimonie. Con la quale autorizzata imitazione, conoboiata dalla Republica Veneziana nel ricevere ed onorare, non è molto la regina di Polonia andata a Venezia, si ponno e devono affermata-mente con cortese privilegio muliebre trattare in ogni parte senza differenza alcuna uguali alli imperatori e re. Aggiuntovi di più, per egregia civiltà e grandezza, con esempio Veneziano, il congresso di cinquanta almeno nobilmente ornate, prestanti e formose donne, guidate da tre o quattro primarie ed eleganti matrone. Le quali, dopo tutta la comitiva ducale ultime venendo, e circa la mezza strada della Lanterna nella più lata parte o nella comoda via e piazza innanzi la Consolazione incontrando, ed in reverente modo sole, smontate a piedi, Sua Altezza accogliendo, in nome ancora di tutte gentilmente parlando, con ordine poi seguendo l’altre pure a cavallo, singolarmente la regina salutando, dinanzi a quella (che peiò, feimatasi, dovrà, risalutate, sostenere il transito loro), girandosi elle verso l’altra mano, cavalchino insieme con le matrone, già rimontate a cavallo, vicine un solo intervallo di pochi maggiori baroni innanzi Sua Maestà, acciò che ella rimanga posta in mezzo tra.le salutanti, che anderanno prima, e le proprie servienti, che per ordine vengono dopo. Delle quali regine, se per caso venissero nella città in un caso medesimo una o più, accolte prima ed inchinate nel luogo e modo regio, cavalcherà terzo con loro al paro il doge, essendo pei cerimoniale antica consuetudine sempre osservato che persone supreme — 69 — vadano o uno, o due, o medio fra li due primi il maggior di loro; nè in più largo numero non mai;.nel modo che da Carlo V fu nell’anno 529 serbato in Genova. Il quale, incontrando tre cardinali legati venuti a lui, cavalcò col Farnese, capo della legazione, seguitando gli altri due, Santacroce e Medici, Sua Maestà; il che non avrebbe fatto se due legati soli fossero stati, solendo continuamente Cesare entrare in Roma fra due primi cardinali, seguendo dietro tutto il Collegio o, quando pure sia, due soli legati, come egli andò in Genova nel 533 in mezzo sempre tra i cardinali Santi (Quattro e Mantova; cosa die, per non lasciare il terzo legato solo, allora non si fece, cavalcandosi in diverso modo. Col quale stile, se due saranno le regine, si dovrà parimenti procedere, andando il doge terzo alla mano stanca della media. Ma, accompagnate o due o una regina da principe tale a cui convenga il doge giustamente cedere, cavalcherà o terzo con -la regina e lui, o al paro di quello dopo le regine, o terzo ancora, se fossero i principi due, dopo le regie persone supreme; regolando o due prima e tre dopo, ovvero tre prima e due di poi. come meglio converranno tra loro; purché egli del suo luogo, o in due o in terzo di persona regia, non rimanga escluso; azione, che non potrà in contrario accadere con questa norma, quando anco in tutto fossero cinque e sei e qual altro numero maggiore, essendo ordinariamente vietato lo andare ad alcun altro signor vassallo in paro a sangue regio nella entrata cerimoniale. CAPITOLO XV [Come si ricevano figlio o fratello imperiale o reale, dama reale maritata a principe minore, principe magno o soggetto, personaggio insigne] Eccettuati Cesare e re con le mogli loro ed il regio successore, così femmina come maschio, considerata la successione delle donne al regno in Spagna, Inghilterra e Napoli (1), aggiunto per questi il (1) Nei regni di Spagna, Inghilterra, Scozia, Napoli, non vigendovi la legge Salica, potevano succedere sul trono le donne. Così furono in Ispagna la regina Isabella di Castiglia e Leon e la figlia di lei regina Anna la pazza, madre di Carlo V imperatore; in Inghilterra le regine Maria ed Elisabetta di casa Tudor, Maria ed Anna di casa Stuarda; in Iscozia la famosa Maria Stuarda; in Napoli le regine Costanza Normanna, Giovanna I e Giovanna II. L’ordine di successione di Napoli fu poi mutato pel testamento di re Alfonso IT, al cui figlio Ferrante, morto appena un anno dopo, successe — 70 — legato cardinale, non smonterà ad alcun altvo fylio o fratello di principe supremo o qual si sia altra persona il doge mai. Ma solo, incontrando ognuno di loro al luogo e termine conveniente e scoprendo il capo, farà il resto delle accoglienze con grate ed ornate parole; e questo appunto e non più, per cagione che, dovendo tra il principe proprio e gli altri minori dipendenti da lui farsi notabile cerimoniale, differenza già ordinata da santa Chiesa, nè si potendo quelli regolatamente più dare, non si deve a questi tanto dare. Onde, essendo il minor loro ossequio fatto solo in honorem tantum superioris non in neglectum Inferioris, rimangono in questo modo giustamente e proporzionatamente onorati. Alla qual regola sottogiace insieme il primogenito istesso dello imperatore che gli altri fratelli suoi, quando che, essendo l’imperio un principato di mera elezione, non passa a lui in ereditaria successione, se egli già non fosse, come re dei Romani, designato in Cesare; tunc enim haberetur pro rege: dove in contrario avviene al primogenito regio, come già nato, dato ed accettate in re. Si onoreranno dunque questi figli e fratelli regi, cardinale non legato, circa lo entrare nella città, tutti e in questo atto uniformemente, accompagnandoli e insieme salutandoli lasciati alle proprie case. · Con simile e pari modo si anderà in tutte le donne regie maritate a principi non supremi, o maggiori o minori che elle si siano, attendendosi solo, circa il decoro, alla eccellenza propria donde nascono, non alla qualità esterna dove si congiungono. Talché alla duchessa ora di Savoia come a figliuola di rej duchesse presenti di Ferrara, Firenze, Mantova, Parma, sorelle e figlie imperiali o regie (1) simili 10 zio Federico, non già la duchessa vedova di Milano Isabella, cui altrimenti sarebbe dovuto toccare il trono. (1) Nel 1570 la duchessa di Savoia, moglie di Emmanuele Filiberto (1559), era Mai-gherita figlia di Francesco I re di Francia, nata il 1523, morta poi il 1574. Duchessa di Ferrara, era Barbara d’Austria figlia dell’imperatore Ferdinando I, moglie del duca Alfonso II d’Este (15G5). La duchessa di Mantova, era l’altra figlia dell’imperatore, Eleonora, maritata col duca Guglielmo Gonzaga. Quella di Parma, fu la famosa Marghe-rita d’Austria, figlia naturale dell’imppratore Carlo V e sorella di don Giovanni il vincitore di Lepanto, la quale, vedova di Alessandro de’ Medici duca di Firenze, aveva sposato Ottavio Farnese duca di Parma e Piacenza: dessa morì il 1586. Ma, pei quanto riguardi Firenze, convien dir che qui lo scrittore errò, perchè nessuna principessa di sangue regio, o sia pure principesco, sedeva sull’ancora modesto trono fiorentino. 11 duca Cosimo, appena allora divenuto, e non ancora da tutti riconosciuto, granduca di Toscana, già vedovo (1562) di Eleonora di Toledo figlia del marchese di Villafranca don Pietro, proprio in quell’anno 1570 sposava la sua amante Camilla Martelli. - 71 — se le darà dal doge, ad imitazione di Carlo Quinto, la mano destra, data da Sua Maestà in Bologna alla duchessa di Savoia nel 530 (1), incontrandola alla porta della città e guidandola dal papa, e dai Cardinal i parimenti Cesarino e Medici a donna Giovanna di Aragona, i quali, postala in mezzo, la condussero in piedi dallo istesso pontefice Clemente VII, non ostante che fosse la duchessa maritata a feudatario di Carlo e Giovanna a barone vassallo di santa Chiesa e per conseguente degli stessi cardinali. Saranno pertanto accompagnate le donne pari a queste lino alla propria loro abitazione e, scoprendosi, salutate degnamente e quivi lasciate. Con alquanta disparità si procede verso gli elettori dello Impero e altri tutti principi magni circa il riceverli, perchè, e incontrandoli al luogo debito e passando di industria dinanzi la loro casa, quantunque lontana dal Palazzo, per lasciarveli, scoprendo il capo e salutando conforme al rito Veneziano, non però se gli darà la precedenza, nè meno volterà il doge a dietro per tornare a Palazzo. Ma, se seco insiem fosse la moglie donna regia, nel lasciarli a casa facendo il medesimo, solo di più, posta la donna in mezzo, anderà il doge al lato destro ed il marito dall’altra parte,.condonandosi quello alla moglie per lo sangue regale che non si dà al marito per la qualità dello Stato. Gli altri minori principi, quali sono Ferrara, Mantova, Parma, Urlino e simili, o pure altri uomini insigni non di Stato ma di grado, a’ quali (come dicemmo) basti lo incontrarli solo alla porta, nè smontando nè dando lato superiore, ma solamente salutando scoprendo, si lasceranno appositamente in luogo bivio per onde possano andare al designato alloggiamento, seguitando il doge la sua strada per condursi a Palazzo; essendo incongruo lo accompagnarlo a casa, ed incivile non meno stancare il forestiere menandolo seco per poi dovere egli solo tornare a dietro. (1) Beatrice di Portogallo, figlia del-re Emmanuele, moglie del duca di Savoia Carlo III, la quale morì il 1538. — 72 - CAPITOLO XVI [Deputazione e comitiva inviata all’ospite che entra in territorio della Repubblica] Oltre a quel poco numero de’ nobili che, più e meno lontano secondo l’ordine, fossero mandati con spesa pubblica ad alloggiare nello Stato il signor che venisse, convien sapere che quei magistrati 1 quali per nome della Signoria lo incontrassero in mare non passeranno, a principi supremi, o Savona o Portofino vel circa, e per terra tre o quattro miglia lontani dal doge al più. A tutti gli altri, quantunque cardinali, legati e magni principi, assai meno. Del numero ed ordine de’ quali saranno a principi supremi o regi (per regi intendendo figli e fratelli) alcuni magistrati insigni, e in particolare tre o quattro de’ procuratori ordinari o perpetui con alcuni de’ sindicatori supremi, uomini cioè di tal dignità per capo della comitiva de’ nobili (dicendosi capo per quanto tocca al parlare, fuggendo il dire impropriamente ambasciatore, il qual nome essenziale presuppone sempre andando fuori dello Stato con lettere pubbliche, negozio o residenza, non pura cerimonia), alle quale immediate segue in persona il doge. Fra questi capi, dico, e fra gli altri della comitiva, numero di trenta .0 quaranta al sommo e tutti togati, saranno sempre uomini di maniera, ingegno e di età matura, acciocché nella prima vista, col mezzo di cittadini per presenza, eloquenza ed autorità [degni], si porti odore di grave e prudente repubblica. A’ cardinali poi e principi, se bene non regi ma però magni, anderanno per capi uomini di magistrato inferiore, quali tre 0 quatti0 de’ custodi di San Giorgio 0 di straordinari, edili, censori, sindicatori e monetali, con nobile comitiva e più giovani e minore, differendo il mandare per quando vada il doge ovveramente (essendo egli da indisposizione impedito) il Collegio in suo nome, i governatoli, procuratori, sindicatori supremi ed altri magistrati, con tutta 0 maggior parte almeno del Senato; ai quali sempre appartiene onorare in pubblica pompa e cerimonia la persona del suo principe. Con numero finalmente di nobili e distanza minore si anderà parimenti, circa un miglio lontano da Sua Eccellenza, a ricevere qual altro 0 principe di Stato 0 signor di grado, che venga, a’ sopradetti inferiore, convenendo ognora, dove vada il doge ad incontrare, di necessità precedere alcuni; i quali eziandio a ciascuno avveniente, -- ίύ — còsi sacerdote come laico, debbono per debito smontare i capi in ricevendolo, e, rimontati, seguitandolo. Giunti adunque insieme i primi agli ultimi, seguiteranno tutti, come sogliono, il loro doge dopo la persona e signor che venga, conforme all'ordine Romano delle comitive: espressamente dicendo comitive, a differenza della processione o altra azione ecclesiastica, dove in quelle col pontefice si precede, non si segue, ut in capitulo « Quando debeant Cardinales praecedere » chiaro apparisce, a’ quali riti in caso tale si rimette il doge e ciascun altro principe laico. In altro e molto da questo diverso modo si procede con ambasciatori, nunzi e nipoti di papa, figliuoli di principi o magni o minori, generali di eserciti ed altri illustri, che, o per transito o per negozio o per residenza, venissero alla città: a’ quali, con stile Ecclesiastico e Veneto, si mandano (come di sopra al cap. XI si disse) nobili e senatori pur togati in poco numero, nè maggiore di dodici, guidati da alcun magistrato minore, per incontrarli fino alla porta, o poco più oltre, della città, e fino al molo o ponte dove scendessero, per nome del principe salutandoli e guidandoli fino alla istessa abitazione nelle stanze, o pure, già entrati essi privatamente, visitandoli poi con comodità in nome pubblico alla lor casa; soggiungendo anco, secondo il particolare affetto del Palazzo, oltre al comodo di alcuna galea, a quelli massime che partissero, e talvolta nel venire, alcun presente per loro vitto di cose gentili e necessarie. Capitolo XVII [Come sia vestito il doge per ricevere l’ospite] L’abito ducale, composto del manto e berretta d’oro col cappuccio di ermellini fatti in quella precisa forma (1), oltre all’essere riserbato e proprio a dichiarazione ed ornamento della autorità temporale e cerimonie ecclesiastiche, è anco dovuto ad onorare e ricevere (senza però altra insegna portare in mano) ciascun principe supremo, quelli tanto e specialmente a' quali per debito si smonta per far riverenza, dove a loro giustamente conviene rendere ossequio nel maggior modo e grado di apparente estrinseca autorità che possegga quel minor signore che lo riceve, tornando eziandio questo così a decoro e gran- fi) Della forma degli abiti ducali si ragiona nel capitolo 1" della Sezione III. — 74 — dezza dell’onorante cotte dell’onorato; già che tutte le più splendide e rare insegne di ciascun principe furono e sono usate sempre nelle più gravi e celebri operazioni e cerimonie per maggiore stima e splendore di- chi le porta. Nel qual modo e dagli istessi pontefici e principi secolari, secondo le maggiori più religiose ed illustri pubbliche azioni, vengono portate sempre, e parimenti dal sacro Collegio de’ cardinali continuate in qualunque luogo principale, andando tutti ad incontrare lo imperatore con le cappe rosse pontificali, nè mai altrimenti; ed il doge Veneziano così ricevendo tutti i gran principi, ad imitazione del pontefice, che con veste d’oro sacerdotale aspetta in pubblico gl’imperatori e re, ultimamente accogliendo la regina di Polonia vestito d’abito ducale. Ben si può, anzi si deve, quando non sia principe o regio o religioso, ma altro minore a cui si preceda, portar veste o d’oro o rossa con maniche dogali aperte nella forma consueta, abito più assai conforme al grado minore di chi si riceve. Un quasi medesimo rispetto, per reverenza maggiore, si avrà col pontefice, nel lasciare, incontrandolo, la solita guardia deH’arme, non convenendo, nell’andare al vicario di Dio, farsigli innanzi se non con molta confidenza ed umiltà. Questo medesimo pare ancora essere in parte dovuto a Cenare, come a tanto maggiore di qualunque altro signore laico, ma particolarmente per una pretensa autorità suprema annessa al nome e titolo rii Imperator Romano sopra tutti gli Stati di Occidente. La quale autorità invero non si estende in alcun alko re quantunque grande, la potestà e dominio del quale nè per titolo nè per effetto non passa, come in Cesare, i confini del suo Regno. Talché con ciascun re, e molto più con gli altri principi, cessa questo rispetto, il qual pare in universale coloratamente attribuito all’impero; ben che, secondo i tempi e la confidenza potrassi eziandio con Cesare variare il modo, servendo sempre in sostanza più alla cautela che alla cerimonia. Avvertasi ancora che la spada, portata innanzi al doge come per insegna di giustizia, alla presenza di papa o imperatore solamente non si porta; ma bene, col cardinale legato, in segno del temporale dominio e giustizia va accanto del crucifero dalla parte sinistra, innanzi appunto alla propria persona del cardinale; come anco va, nella entrata pontificale nella città, a mano stanca alla croce dello arcivescovo. - 75 - CAPITOLO XVIII [Dell’arco trionfale] Archi trionfali (esclusa la persona del pontefice, capo universale de’ cristiani, nè sottoposto a mondana regola) non si fanno se non da sudditi a signor naturale o da ciascuno a notabile vincitore principe cristiano contea infedeli. Nè per altra cagione tollerò papa Paoìo III il farli a Cesare in Roma nel 1536, se non che, come suo soldato e difensore armigero della Sede Apostolica, in esecuzione del giuramento da lui proposto nella sua coronazione in Bologna, tornava di Africa vincitore delli inimici cristiani; cosa, che altrimenti non si sarebbe permessa in pregiudizio del diretto ed utile dominio del pontefice in Roma: esempio e dottrina da osservarsi per tutti quelli che di Cesare o altro re non siano direttamente vassalli, fuggendo con questo segno lo attestare in sè il supremo dominio altrui; ma in quello scambio ponendo ornamenti onorevoli in alcuni luoghi per le vie, con invenzioni e memorie istoriche e poetiche, senza pregiudizio della libertà o apparente consenso di soggezione; non importando a Repubblica libera che egli torni vincitore de’ nemici suoi propri cristiani, ma bene giustamente onorando e celebrando il nome solo del domatore de’ scismatici o saraceni, alla fede oattolica nemici comuni: sopratutto osservando di esprimere, quando accada, questo tanto e puro atto di vittoria ottenuta di infedeli nella iscrizione latina dell’arco. CAPITOLO XIX [Della visita al doge in Palazzo] Tutti quelli signori che si incontrano (se però prima da loro sia il doge visitato, e non altrimenti) di necessità nella stanza loro privata si visitano; non così quelli che in Palazzo si ricevono, dovendosi con essi, o poi o prima che •giungano, supplir solo (come è detto) per via di senatori in poco numero senza muoversi il doge: dissi signori, ma non già supremi principi, perchè da papa, imperatore, re e mogli loro non si aspetta nè pretende esser visitato, nè ordinariamente da regale primogenito. Se quelli ancora, o principi o gran signori che per loro maggior comodo non avran fatta entrata, verranno nondimeno in privato a visitare il doge, debbono parimenti da lui esser visitatati, quando ί* ' — 76 - però da quelli non si faccia totale resistenza, quale già in Venezia (avendo egli prima di notte veduta Sua Serenità) fece il cardinale di Aragona al doge Prióli, ed al principe Loredano ultimamente Varciduca d’Austria, volendo le lor Signorie 111.1"®, se bene à ciascuno note, stare tuttavia nella città come incognite, nè dovendo o potendo andare il doge (per causa tale) se non di giorno con comitiva senatori. Ben conviene accogliere quel principe laico che venga o ecclesiastico, se egli fosse elettor di Impero, chè tuttavia sono essi ancora principi di Stato, in presenza di alcuni governatori o altri pochi di collegio., sì di giorno come di notte, quando più al forestiere torni comodo. Ed avendolo nel venire fatto incontrare nobilmente da alcuni uomini di Collegio insino a’ piedi dell’ultima scala del Palazzo e ricevendo il doge con toga e compagnia fuori di tutte le stanze, salutato ed onorato col capo scoperto, senza però scendere scala alcuna, l’udirà nella camera dell’Udienza, o sua privata se egli venga di notte, sedendo sempre Sua Eccellenza alla destra, nei modi che al suo luogo nella seguente Sezione particolarmente si diranno; accompagnandolo nel partire fin dove egli fu incontrato, licenziato insieme con la solita guida dei procuratori; in queste cortesie nondimeno alquanto più e meno riservato, procedendo secondo il grado e 1 ami cizia con quel signore, o anco la prospera e manco valida abitudine del principe. Intendendosi tutto ciò da dover fare con quei soli pi ni cipi o signori non cardinali, a" quali dal doge si vada incontro. Ma, quando pure godendo essi in tutto della libertà cominciata, tralascino questo ufficio, non si farà segno alcuno di impedire la 'volontà loro, solo per compiacerli e non molestarli. Venendo regina o primogenito regio per inusitato favore a visi tare il doge, come da quello di Polonia fu visitato in Venezia il principe Francesco Veniero, anderà la Sua Eccellenza in pei sona ad incontrare l’un e l’altro, scendendo appunto fino a più che il mezzo della piazza vicino alla porta del Palazzo, con guardia, sì al partire come al venire, quantunque per debolezza corporale si portasse il doge Veniero in sedia: incontrate medesimamente queste due regie persone per quindici o venti passi fuori della piazza della via pub blica dal magistrato de’ procuratori perpetui, bene accompagnati, e condotte nella piazza alla presenza del principe, dove sia insieme, oltre a’ governatori, procuratori ed altri nobili; per maggior ma — 77 — gnifìcenza la guardia batta in armi bianche (l): guidate poi con grata maniera e molta-reverenza nella più intimae meglio ornata stanza del doge; sedendo in sedie eminenti e ricche al destro luogo loro. E, posto ancora che non venissero queste due Serenissime persone a Palazzo, le visiterà nondimeno il doge a casa innanzi la partita loro: sì come dopo la entrata pubblica le avrà privatamente visitate. Non in tutto, ma in buona parte come le predette persone regie, si dovrà cerimonialmente trattare il cardinale legato se egli venga prima, come deve, a visitare il doge, convenendo (eccettuati _ i predetti re e regine) a ciascun altro che sia stato incontrato il venir prima; perchè, sostenendo egli dignità pontificia con titolo di legato de latere, rappresenta quasi, mediante la croce e le facoltà spirituali, lo istesso papa. Per onde, venuta Sua Eccellenza fino sopra odi ultimi gradi del Palazzo, si passeranno da quella, onorandolo nel resto e nel riceverlo e licenziarlo con visita innanzi al partire, i termini in largo modo che si usano con gli altri cardinali ordinari o qual si voglia magno principe: questo medesimo, come al legato, servendo ancora alla venuta in Palazzo de’ fratelli o figli imperiali tutti e regi non primogeniti, a differenza degli altri cardinali e principi magni. Ultimamente è da osservare che al pontefice, imperatore, re e mogli loro, col primogenito regale e maschio e femmina singolarmente, si fa compagnia dal principe col solito manto alla partenza loro dalla città per terra, tanto quanto dalla iVlaesta e Santita Sua sara pei -messo, e, per mare, fino al ponte tanto oltre che ascendano nella galea; a tutti gli altri (attesa la inegualità loro) bastando nel venire averli incontrati. (1) Conviene, per bene intendere questo ed altri passi del testo, ricordare che il palazzo ducale aveva la forma, non però la decorazione, che ha ancora oggi; presentava cioè una facciata dalle cni ali venivano innanzi due avancorpi, lasciando così avanti ad essa e fra gli avancorpi una piazza rettangolare, che un muro, più tardi sostituito da una cancellata, correndo dall’estremità di un avancorpo a quella dell’altro, rendeva corte o piazza interna. La porta di accesso nel mezzo del muro era di fronte alla porta d’ingresso del palazzo, sotto il cui arco montavano i sette scalini tuttodì esistenti de’ quali è frequente ricordo nelle narrative dei Cerimoniali come di estremo termine della discesa del doge incontro a principi visitatori. Nel mezzo di questa piazza o corte più tardi si progettò di mettere una fontana monumentale (1675). Di qua dal muro era la piazza pubblica, allora detta Piazza Nuova, ora Umberto I. Queste dunque sonò le due piazze di cui il testo fa menzione. — 78 — Inoltre è da avvertire che, accadendo a questi supremi principi secondo il caso, partire dalla città ad alta notte, la compagnia da farsi il giorno si muta in visita della precedente sera, non per altro solo che per maggior loro comodità. Dichiarato, per fine di questa parte, espressamente che, eccettuando il papa e li predetti supremi regali principi, la venuta dei quali per inabile disposizione non fosse dal doge stata onorata, e a questi eziandio la prima volta sola, non si porti mai, con stile ed esempio di cardinali, in alcuna visita privata manto ducale. SEZIONE SECONDA Dei luoghi e modi ne’ quali si ricevono ed ascoltano in Palazzo tutti, o superiori, o gran signori, oratori di principi, uomini illustri graduati e privati. CAPITOLO I [Le tre sale di ricevimento in Palazzo, cioè Collegio, Udienza, Udienza pw»to] Tre sono i luoghi in Palazzo ne’ quali il principe della Repubblica deve, accompagnato o da tutti o da parte de’ suoi colleghi nella civile amministrazione, dar udienza e ricevere qualunque gran signore, uomo illustre o ambasciatore, che per visita o per negozio venga introdotto alla Signoria. Il primo de’ quali è la sala dell’udienza ordinaria, di proporzionata e comoda grandezza, nominata il Collegio, dove, col pieno numero de’ magistrati eletti, in compagnia del principe, alla pubblica cura si trattano continuo tutte le faccende dello Stato; luogo circondato da panche e sollevato da terra tanto che vi si ascenda per gradi e serva in tribunale. Sul piano del quale, affrante dello ingresso, sia posto nel mezzo della parete il trono per la persona ducale, avendo dalla destra e sinistra mano, sopra panche alquanto inferiori ma alte di appoggio ed adornate, il Collegio sedente dei governatori ed altro magistrato, de’ quali consta il pieno numero della Signoria, secondo la istituzione del Dominio (1). — Il secondo è una stanza assai (1) Cfr. questa descrizione con l’affresco della incoronazione del doge Giacomo Durazzo nel 1578, che è nell’atrio del palazzo civico di Genova — 80 — ben grande, ma minore alquanto della prima, così chiamata la Camera della L dienza, ornata decoratamente, senza tribunale nè trono ducale ne sedia alcuna, ma solo al piano del pavimento avendo nella mezza parete un panno di seta cremisina, posto alle spalle del principe, in altezza di tre braccia e di larghezza tanto capace che adegui, sedendo sulla panca, lo appoggio di due o tre soli e non più personaggi abbondantemente; al lato de’ quali da ambe le parti seggano insieme col doge e quel signore o tutti o parte de’ governatori è pi’ocuratori per compagnia del principe e testimonio della azion pubblica. — Il terzo luogo è una delle camere riserbate alla abitazione ordinaria e propria persona del doge, detta Udienza privata; camera o prima o più intima delle abitate da Sua Eccellenza, secondo che per maggiore ossequio o minor grandezza di uomini inferiori si ascolteranno in quelle (come si dii’à) quei signori che venissero. Nella quale, della prima camera parlando, in sedia serica rossa e non paonazza, eminente di appoggio, ornata di seta e d’oro, posta sul piano del pavimento nel mezzo della parete, sederà il doge nel modo che poi al suo luogo ed ordine sarà detto. Sono questi tre luoghi in vari modi cosi distinti per udire qualunque persona o grande o privata, in tal forma istituiti dalla corte Romana e persona pontifìcia, seguitati ordinariamente da tutti i cristiani principi del mondo supremi; ma, tra gli altri, in lungo secolo osservati dalla Repubblica Veneziana con fondata ragione e sommo decoro: perchè non sempre in luogo pubblico e in maestà, nè sempre in camera segreta, ma talvolta in luogo mediocre, come più comodo e meno cerimonioso conforme al negozio e la persona, conviene dare udienza. Essendo ora tre differenti i gradi e modi dove segga in abito ducale il doge, cioè il trono, la panca e la sedia, non ascolta eziandio per debita dignità in altri modi che in questi qual si sia o supe-riore o inferiore o signore o ministro o privato uomo, che per grazia, per giustizia, per negozio o per ufficio venga in qualunque occasione a visitare o trattare presso la sua Repubblica. - 81 — CAPITOLO II [In quale delle tre sale o nella camera del doge si riceva l’ospite, e come venga fatto sedere] Nella sala del Collegio col tribunale e trono si ascoltano, oltre agli uomini privati e propri cittadini in cose di grazia e di giustizia o sia principe secondo la disposizione corporale assente o presente, di ordinaria udienza sempre tutti gli ambasciatori residenti, tutti i nunzi apostolici o internunzi mandati solo per particolar negozio, tutti quei signori o principi grandi ovveramente minori baroni che avessero per sè o per altri a negoziar di Stato o di altra faccenda, e finalmente ciascuno col quale, trattandosi, convenga al determinare l’intero corpo della Signoria. Nè da questo luogo viene escluso o cardinale, legato o non legato, o prelato o qualunque altro che voglia essere udito in collegio, convenendo insomma per necessità trattare in ogni tempo e ad ogni ora del giorno e della notte, secondo il bisogno, con ciascuno che lo richiegga di ciascun grave negozio collegialmente e non in altro modo. Nella stanza dell’ Udienza si ricevono ed odono per mera visita senza negozio tutti i cardinali legati, ma non già più di due insieme, o se con uno ancora venisse in compagnia principe tale che abbia col doge precedenza o fosse eziandio principe al doge inferiore, purché non passino il numero di due persone o cardinali o principi che siano: perchè, in caso di numero maggiore, si udirebbero nella privata camera di Sua Eccellenza, secondo l’ordine detto e che più distinto seguirà parlando de’ cardinali, legati, e regi principi che precedono. Al cardinale dunque non legato si porrà il doge sedendo dalla parte stanca, essendo uno; e, se due, o cardinale o principe laico che sia l’altro, ponendo il maggiore in mezzo starà egli al suo luogo o destro o sinistro del medio, secondo che il terzo signore a lui ceda o preceda. Quando col cardinale o altro magno e minor principe fossero insieme figli, fratelli o nipoti loro signori di Stato e anco di grado, come già col Cardinal Santafiora andaro a Venezia due suoi fratelli, uomini di Ordini regali (1), si porranno a sedere fuori della spalliera (1) Il Cardinal di Santafiora era Guido Ascanio Sforza, fatto cardinale il 1534 e morto il 1564, e i suoi due fratelli uomini di Ordini regali erano Ascanio, conte di Santafiora e cavaliere del Tosone, e Carlo, cavaliere di Malta e prior di Lombardia: tutti tre figli dal conte Bosio Sforza e di Costanza Farnese figlia di papa Paolo III. 6 purpurea, alla mano destra sopra il primo de’ governatori. In simile modo ed ordine di sedere nella medesima stanza, udendo tutti i principi magni a’ quali, come e chiaro, tanto elettori di Impero quanto altri duchi in Italia e fuori simili a loro si precede sempre: e non pur questi, ma altri minori principi ancora, quali in Italia Ferrara Mantova, Parma, Urbino, e in Germania arciduca à'Austria e duchi di Baviera, Brunsmch, Ckoes o Lantgravio, avendosi in ciò per principale considerazione che siano invero principi di Stato, ma non riguardo particolare o al minor titolo di magno o alla grandezza del dominio. Si ascoltano parimenti in segno di maggior cortesia nella istessa camera quei signori tutti 11011 principi ina uomini di grado, come contestabile di Francia, ricario imperiale, figlio 0 fratello ili pontefice vivo e finalmente ciascun altro non principe, che, nel venir alla città, sia dal doge incontrato. La accoglienza de’ predetti signori sia intesa farsi in questo luogo e a questi soli uomini appunto, quando per transito vengano solo cerimonialmente a visita del doge come, 11011 è molto, vedemmo a Venezia venir il Cardinal di Aragona, governando il principe Prioli, e altri principi secolari in diversi tempi; sedendo tuttavia sempre in questo luogo fuori del panno rosso sulla istessa panca da ogni lato alcuni consiglieri ed altri di magistrato che si comprendono nel Collegio. A tutti questi signori laici ovvero vescovi elettori d’impero, a’ quali sempre si precede, perocché con principi regi, cioè figli e fratelli di re, come con superiori si procede nello istesso modo che già dicemmo nella Sezione precedente doversi ricevere i cardinali legati, basterà l’essere alla porta del Palazzo, da quegli uomini già nominati ricevuti ed incontrati e dal doge accolti e licenziati in quel luogo e modo, come di sopra, alla Sezione prima nell’ultimo capitolo nelle visite de’ principi secolari pienamente è detto. Nella Camera privata, cioè prima stanza del Principe, si dà udienza a figlio primogenito di duchi e di elettori, come in esempio Sassonia, Palatino, Savoia, Firenze, Ferrara, Parma, e simili principi 0 magni 0 minori, gran maestro di Podi, nipote del vivo pontefice, prefetto di Roma, quando però non sia principe ma barone ordinario, qual fu il signor Orazio Farnese; e, oltre a questi, vi si udiranno signori e baroni, quantunque grandi, di ogni Regno, ambasciatori di principi o Repubbliche che, destinati altrove, per transito, fuor di negozio, venissero a visita semplice, generali di eserciti, cavalieri illustri di Ordini regali ed altri titolati condottieri de’ principi e potentati 0 \ — 83 — capitani insigni. Dove per propria dignità e comodità del doge starà egli a sedere in una sedia cremisina di eminente appoggio, posta nel mezzo della parete, tenendo ad ambe le parti alcuni del Collegio, e sedendo il signore sulla panca del lato destro congiunto al doge sopra quella parte di magistrato, o governatore o procuratore che vi si trovasse, parlando seco sommessamente conforme al rito continuato in Roma e Venezia; già tenendosi per ordine immutabile che mai principe di Repubblica o da alcun uomo d’insigne grado non suo cittadino senza intervento, sì per dignità come, per sicurtà pubblica, di qualche parte del Collegio: a’ quali magistrati sempre si dà in luogo tale nel sedere panca e non sedia. Ben ponno nella estrema parte di questa camera, ed in quella ancora dell’Udienza, essere alcune o panche o sedie ordinarie poste al muro per comodità di quei gentiluomini o prelati che accompagnassero il cardinale ovvero il signore forestiero. Dopo il non molto lungo ragionamento levatosi in piedi il doge, uè uscendo mai, tanto al venire quanto al partire, della istessa camera, ma bene in vesta togata e serica sempre ricevendolo, e senza scoprire il capo salutandolo, lo accompagnerà quei pochi passi fino alla porta; incontrato prima e condotto alla sua presenza (con alzarsi solo dalla sedia alquanto il doge) da magistrato fuor di Collegio, e guidato, partendo dal medesimo fino alla porta dove si scende alla piazza del Palazzo. Siedono, oltre a questi tre luoghi descritti, nella più intima camera del doge, se bene con minor numero di uomini di Collegio, con comodità però maggiore e segno non meno di osservanza che di confidenza, ciascun cardinale legato o pur cardinale nipote del vivo pontefice, ovvero quando fossero più di due cardinali insieme, ma sopra tutti qualunque figlio o fratello d’imperatore o re, si come invero persone tali, la cui grandezza superi il decoro della qualità ducale. A’ quali uomini di somma eminenza si anderà incontro fuori delle stanze, scendendo le scale fino a quel termine e nel modo che a tutti loro singolarmente doversi fare nella precedente Sezione al capitolo XII e XIX già è stato detto e distinto. Per il che, in abito togato ed ilaremente, scoprendo il capo con reverenza salutato e posto al suo luogo debito, si condurrà ognun di loro dal doge nella ultima e più intima camera sua, fatto sedere in sedia serica e pari alla destra di Sua Eccellenza, dando parimenti sedie ordinarie, da loro alquanto lontane, a quei tanti signori presenti di Collegio; modo, dico, da serbare — Si — con quei cardinali e principi nominati appositamente, già sapendosi che a cardinali e principi magni in universale venga assegnata in proprio luogo, udendoli per visita, la camera ordinaria dell’Udienza. A questi tutti sopradetti, e di più a ciascun cardinale compatriota, venendo di giorno e di notte privatamente in maggior loro comodità senza comitiva, può il doge parimenti con abito privato e non togato dare udienza in camera sua, nella istessa forma che dal doge Loredano in presenza di pochi abbian veduto usare a Venezia con l’arciduca d’Austria fratello di Cesare, e similmente col Cardinal da Este, andato la sera dal presente principe Mocenigo; i quali in veste rossa ma privata e comoda accolsero l’ano e l’altro di loro ed accompagnarono fino al termine debito, per segno al cardinale come a gentiluomo Veneziano di particolar affetto ed amorevolezza, lasciato poi a quei due o tre di Collegio che lo guidarono andando e tornando. Puossi ancora nella medesima stanza e nello istesso abito privato udir di notte e di sera, per comodo del doge, alcuno o elettore d’impero o altro magno principe per molta confidenza congiunti alla Repubblica, ovvero persona di titolo e grado grande, che forse non aspettasse tempo, come a dire vicario di Cesare, contestabile di Francia, fratello, figlio o pure nipote di papa vivo, che venisse a semplice visita. A queste predette inferiori persone, incontrate sempre senza scendere scala alcuna e poste al lato sinistro, [si può], data loro udienza in camera, con pochi presenti, in sedia serica e conveniente, in guida di uomini nobili fuor di Collegio lasciarli andare e venire: ad altri poi, e prelati, e signori, e privati, e compatrioti, e forestieri dando da ogni ora comoda udienza in camera, secondo l’uso ordinario e proprio di tutti i principi. CAPITOLO III [Del trono ducale; quando convenga toglierlo nella udienza] Intesi ora i luoghi e modi distinti ne’ quali se li può e deve per visita e per negozio dare udienza il doge, è giuntamente necessario sapere che in Collegio sia sempre sede propria ed ordinaria il trono (1), levato solo per le venute di ciascun cardinale o altro regio (1) Per il trono, di cui si ragiona nei primi tre capitoli di questa Sezione e per il baldacchino, al quale è anche dedicato il capitolo X, si possono vedere l’affresco du-razzino del palazzo municipale rappresentante il doge Durazzo (1573) e il disegno lu- - 85 — signor temporale o principe di Stato, come poi si dirà; sede, così per ragione del Dominio senza devoluzione o recognizione sostanziale di alcun temporal signore ed antiquata usanza statuita a tutti i principi nello Stato loro assoluti padroni, come eziandio per gli antichi istorici affermata usarsi da’ Romani nel supremo magistrato di quella pubblica libertà, fatta di legname in forma quadra, con un piccolo grado, e dorata da imo a sommo, ornata con panno di porpora alle spalle, secondo l’ordine consueto: acconcio tuttavia il detto trono e posto in modo da doversi comodamente levare e porre, secondo l’occasione; atteso che, venendo in Collegio o cardinale o altro regio principe a cui di ragione convenga cedere, come per causa di trattare una lega venne già nel 544 a Venezia il presente mons. Ippolito Cardinal di Ferrara, fa bisogno, levato il trono e posto l’adornamento cremisino alla parete, come si disse alla camera dell’Udienza, dando al cardinale o qual altro laico superiore la debita mano destra, trattar poi insieme col Collegio continuamente seco in questo solo preciso e non in altro modo. Si leva parimenti il trono in Collegio trattando con tutti i magni principi, ancorché a quelli, come è chiaro, non sia data precedenza, ma che pur stiano col doge in paro alla sinistra, con questa ragione, meggiato a seppia che fa da frontespizio al volume manoscritto delle istruzioni agli ambasciatol i genovesi, fatte copiare da Agostino Franzoni il 1628, conservato nell’Ar-chivio di Stato di Genova. Di tale disegno, che riproduciamo in capo di questo libro, conviene che qui si dica qualche parola. Con esso si rappresenta il doge, che, seduto su trono di sotto il baldacchino, con la berretta diademata sul capo e con lo scettro nella mano sinistra, porge il foglio della istruzione all’ambasciatore genovese; il quale 10 riceve, reverentemente inginocchiato dinanzi al trono, mentre sette senatori siedono in giro e attraverso il colonnato della loggia si scorgono le ali del Palazzo, Il primo senatore, che si vede a destra, è disposto quasi di prospetto e così atteggiato che si può anche pensare ch’egli sia lo stesso Franzoni, committente del disegno e del volume. Questo e l’altro senatore ch’è a sinistra, seduto di spalla, e che con un abile scorcio sogguarda il collega, sono le due figure più caratteristiche della composizione. La quale, per queste due figure, per la disposizione delFinsieme, per la leggerezza e sicurezza di tocco, mostra di essere opera di buona mano. Probabilmente la sala, aperta a loggia, è quella sala nova (estivi temporis consueta Audientia Ser.mi Senatus, nella quale Agostino Grimaldi e Alessandro Giustiniani, per incarico avuto 11 ‘20 aprile 1607, avevan dovuto far collocare il trono (Politicorum, busta n.° 5, ine. 64). Circa il baldacchino, oltre quello che n'è detto nel capitolo X, conviene pure ricordare che il 1623 (28 sett.) i deputati alla fabbrica del Palazzo, interpellati dal Senato (11 sett.), « parendoli conveniente che la sala dell’abitazione del Ser.mo Duce resti decentemente apparata *, proposero - che, per ornarla, si faccia un apparato di damasco cremisile con li suoi frisi di velluto, con un baldacchino, ed anco le porte a detta sala, tutto guernito di seta dell’istesso colore e con sue arme pubbliche » (Polii., — 86 - perocché, essendo essi da santa Chiesa posti cerimonialmente nello istesso ordine, come anco è il doge, de’ principi magni, non si concede usar fera loro, stante la parità dell’ordine, il luogo e grado di principe supremo: oltre che, possedendo ciascun di loro Stato, quantunque forse minore e meno libero del doge rispetto alle confermazione o alla devoluzione al superiore, non è per questo a ragion dell’ordine tanto inferiore nè di dominio punto alla Liguria soggetto, che si debba proceder seco come con signore al doge suddito o con tanto minore baron vassallo. Ed essendo il trono sede, ancor che dovuta a principe esente di censo e di assoluta potestà senza devoluzione alcuna, per la quale chiaro si denota un quasi dominio sopra quello che siede inferiore, e per questo propria ad usarsi contra cui si abbia o giurisdizione diretta o almeno da lui una grande e notabile imparità di Stato ed insieme un modo supremamente diverso nel comandare, non e all’incontro proporzionata uè debita verso quei b. 7, ine. 11). Il 1666 il baldacchino della sala del doge venne rifatto, e la seguente nota delle spese oocorsevi può valere per descrizione di esso (Pulit., b. IH, ine. 81): Spese occorse nel Bahlacchino fatto per la stanza cìeìl'Udienza al Ser.mo Duce. Palmi 1251/2 tela d'oro fatta all’uso di Firenze, a L. 9 L. 1129,11) Palmi 8 detta per sedia * 72,00 Palmi 78 tela d’oro per componere VArma, a L. 8 * 624,00 Oncie 140.0.1 oro filato per frangia del Baldacchino e della sedia, a L. 6 » 810, 7 Oncie 49 trina d’oro per Baldacchino e sedia, a L. 6, e più oneie 2.2 stretta per fascia del telaio, a L. 5.15 * 818, 8 Oncie 92 oro filato di diversa qualità argento cartolono o simili per bordatura» dell'Arma, a prezzi vari * 586>00 N.° 24 alamari posti al Baldacchino pagati L. 21 l'uno, compreso oro e fattura > 504,00 Dodici olivelte ossia bottoni per detti alamari * 15)12 Pagate a Giovali Battista Borello per il disegno dell'Arma ed apparecchio per detta, per sua fatica alla direzione dell’opra * 312,00 A’ ricamatori per bordatura dell1 Arma * 273,12 Seta, tela ed altre spese fatte da’ ricamatori per occasione della bordatura > 71,12 Al bandelaro per fattura delta frangia d'oro di tutto il Baldacchino, compresa qualche spesa ^ * 128» 2 Fattura e spesa d'intagli e chiodi per la sedia * 76,10 Palmi 3 raso per fodera della sedia * 7,10 Palmi 24 taffetà Isabella per fodera del pendone del Baldacchino * 21,12 Palmi 56 vintina cruda per il telaro che tiene steso il Baldacchino » 28,16 L. 4958, 6 Delle L. 4952,6 spese nel Baldacchino si devono pagare a Giovnn Tommaso Ravenna L. 3734,2 a conto de’quali avendo ricevuto L. 2200 con mandato del Ser.mo Senato, restano a deliberarseli per suo resto L. 1531.2, e le restanti L. 1218,4 si sono spese da Francesco Ravara, a favor del quale devono esser deliberate ». principi sopra i quali non si estenda ragione o autorità alcuna, nè sia la giurisdizione e forma del comandare da quella del doge in tutto o contraria o minore; bastandole assai tenere il grado debito di precedenza col pari a lui di ordine mediante la destra mano, senza illecita ostentazione di quella tanto superiore autorità che sopra di questo signore veramente non ha nè può avere luogo. Di tanta forza è la detta ragione a favore di tutti i principi di Stato, che, oltra a quelli debitamente chiamati magni, cioè elettori d’impero e laici e sacerdoti, che pure sono principi, duchi di Savoia, Milano, Lorena, Firenze e simili, i quali in Roma han luogo sopra l’ultimo cardinale diacono, ma, se verranno eziandio in Collegio principi minori, come Ferrara, Mantoca, o Italiano simile, ovvero Germano, come i soli duchi di Baviera o semplice arciduca d’Austria, perciocché nè Spagna nè Francia, oltre ai signori figli e fratelli regi, non ha principi di Stato, ma solamente puri baroni vassalli, nè anco la stessa Germania, eccettuati i principi elettori, non s’intende avere principi magni; poiché li Stati loro vanno divisi in capita e non in stirpes. Laonde, essendo di pari autorità, titolo e reddito molti signori in un medesimo Stato, non sono fino a qui da santa Chiesa stati dichiariti magni principi. Se verranno, dico, questi tali, doverassi a tutti loro giuridicamente levar il trono, fatti sedere accanto al doge nel lato sinistro e convenevole stile per il medesimo fondamento come in sè ragionevole, così eziandio, se non col duce d Urbino lor capitano e stipendiato, ma con ogni altro simile osservato continuo dalla Repubblica Veneta, essendo meramente il trono ducale sede propria in udir baroni illustri di qualunque titolo e preminenza, pretori di provincie o Regni, uomini di grado e titolati o per magistrato o per ordine in alcun Regno, generale di arme e qualsivoglia specie di prelati o ambasciatori. Terminatamente dunque si dirà esser debito levar il trono a ciascun cardinale e ciascun principe o regio o degli Stati nominati che venga, con la differenza de’ lati superiore ed inferiore a cui si debbano; continuata poi sempre dal doge la residenza nel trono trattando con tutti gli altri signori di ogni qualità, titolo e grado. — 88 — ^ A PI IO LO IV [Come s’introduca nella sala e si congedi l’ospitej Venendo pertanto a negoziare in Collegio o cardinale o principe regio, è necessario al doge, premessi alcuni de’ procuratori alla Piazza, incontrare in persona, accompagnato da tutti i Collegi, ognuno de signori che vengano, tant’oltre quanto non si scenda scala (e questo s’intende solo per minor perdita di tempo e maggior celerità del negozio), e con le solite già dette accoglienze, posto al lato destro, condurlo per mano reverentemente sul tribunale e far sedere seco insieme nel luogo del trono sopra cuscini di seta, con la· parete ornata di porpora nel modo descritto; accompagnandolo nel partire fin dove fu incontrato da Sua Eccellenza o poco più innanzi e dai medesimi procuratori tutto quel resto. Modo in parte vario da osservarsi con questi istessi sarà quando nella sala del Gran Consiglio (dove eziandio è posto ordinariamente il trono) vengano o loro o altri principi di Stato, per onde convenga levarlo, piacendogli voler vedere il Consiglio grande; come già ad Alfonso vecchio duca di Ferrava e al Cardinal di Vercelli legato apostolico fu caro intervenire a quel gran consesso. Perchè, aspettando il doge nelle sue stanze la venuta loro ad ora debita e con essi insieme discendendo alla gran Sala dove già è ragunato il Consiglio, siede senza trono al luogo ducale nella forma detta e a’ principi consueta, e di li con loro esce, fornito il comizio, licenziando i minori alla porta ed a' maggiori facendo più lunga compagnia, seguitando alcun magistrato il signor forestiero fino a basso. Con cerimonia minore ed ordine alquanto diverso si udiranno m Collegio tutti gli altri principi magni e non regi, ovveramente minori principi, a’ quali ancora sia di ragione dovuto il trono. Atteso che, incontrati solo alla porta della istessa Sala e 11011 più oltre, e scoprendo il capo salutando, condotti sul tribunale al luogo loro, saranno, fornita la udienza, quel tanto spazio fin alla porta accompagnandoli, licenziati; nel resto supplendo tre 0 quattro del Collegio ultimi, scesa, come al venire, tutta la scala del Palazzo: questo massime per cagione di seguitare e non interrompere la consulta del negozio cominciato. Pare, oltre a tutto ciò, cosa conveniente alla persona di fratello 0 figliuolo del vivo pontefice levare il trono in Collegio; per la medesima — 89 - ragione che ! fratelli e figli regi viene levato, giudicandosi dal mondo il papa principe sopra ogni altro il sapremo; allo splendore de’ quali suoi propinqui, dove manca per l'ordinario la chiarezza naturale del sangue imperiale e regio, supplisce invero la maestà della religione e grandezza pontificale: considerazione prudentemente avuta dal grave e grande eerimonialista Carlo V imperatore, il quale col signor Pier Luigi Farnese, figliuolo di Paolo III, usò in ogni azione sopra a qualunque altro signor nobile o grande termini di favore e di rispetto estremi, attesa, come egli soleva dire, la reverenza della maestà papale. Il che appunto e particolarmente serva per quei principi soli con i quali, rimosso il trono, accadesse in Collegio sempre trattare. CAPIIOLO V [In quale parte della sala l’ospite riceva l’udienza] Come sono di gradi differenti gli uomini, cosi sono in Collegio differenti i luoghi ne’ quali, posto nel trono il doge, stia parlando qualunque persona o privata o insigne o titolata ovvero che con dignità maggiore porti seco nome ed autorità pubblica. Questi luoghi tutti sono però distinti in quattro sole parti del Collegio, e non in più: ascoltandosi debitamente nella prima più lontana, e per questo inferiore all altre, ciascuno o cittadino o forestiero uomo privato, o nobile o popolare che egli sia, il quale domandi così grazia come giust izia, pai landò egli tuttavia in piedi con quella debita reverenza che verso supremo principe si richiede, coprendosi solo quelli che dal doge o per nobiltà o per dottrina o per età siano al farlo comandati: udendosi benignamente nel luogo secondo, sopra il tribunale posti a sedere e col capo coperto, sotto il magistrato de’ procuratori, dalla mano destra o sinistra secondo la maggiore o minore dignità di coloio che si ascoltano, tutti quelli che appresso si diranno: ricevendosi sullo istesso tribunale con dignità e favore in terzo modo alcuni, fatti sedere in una sedia nel mezzo del sito rincontro alla persona del principe, e tanto a lui vicino quanto comodamente possano da Sua Eccellenza essere uditi: onorandosi ultimamente con grata accoglienza e decoro maggiore gli altri che sederanno sulla panca accanto al doge, dalla parte destra sopra il primo de’ governatori, secondo che seguendo saranno nominatamente distinti. — 90 — CAPITOLO VI [Dove si pongano n sederò signori, dignitari, oapitani, inviati e simili] Seggono per civile convenienza sulla panca del Collegio sotto ai procuratori sì daU'una come dall’altra mano tutti gli uomini foie-stieri con titolo semplice di signore o di barone con sudditi, tanto del Regno Napoletano e Siciliano, dove massime il nome del barone . è in uso, o francese o spagnuolo, quanto di altri Regni e Stati in Italia e fuori, ed insieme altri Italiani, signori parimenti vassalli in città e castella feudatari di Chiesa o d’impero, se ben vari e diversi di titoli, ina tuttavia persone di debole dominio ed autorità: e con questi, uomini eziandio privati di sangue illustre, ancoichè non siano siguori titolati di maggior nome in Regno alcuno, condottieri parimente d'arme con grado insigne, secondo che più e meno per meriti o nobiltà vengano dal mondo onorati. Medesimamente \i si poneono condottieri propri della Signoria, come dire generali di numerosa fanteria, capitani principali d’arme nostre mai ittiine, colonnelli e capi di cavalleria, uomini cioè eccellenti ed illustri che per età grave, valor grande, fossero condotti al pubblico servizio: lontano però alquanto questi soldati propri, con l'uso Romano, dalla persona dell’ultimo procuratore nella parte stanca. È comune questo luogo ad uomini di Stato senza altro titolo, i quali per alcun piincipt supremo ve ’ sero a trattare in Collegio, come già venendo sedette in Venezia messer Bartolomeo Cavalcante, consolare ed in quella azione ministro regio di Francesco I di Francia nel 544, per cagione di persuadere una lega a quella Repubblica. E con essi si comprendono uomini mandati da Repubbliche o da gran signori, quali sono cardinali legati, o di gran sangue; e così intitolati segretaii di pi incipi magni, di viceré o pretori di Milano, di Fiandra o d’altre provii,eie nobili, di fratelli o figliuoli di pontefici vivi, e tanto maggiormente di padri se li avessero, ed insieme qualunque persona gia\e che con negor. dipenda da principe di Stato o signor di grado, contestabile cioè di Francia, vicario di Cesare ed altro magistrato singolare o capo in alcun Regno. Nello istesso modo sederanno, ma dalla destra, tutti li internunzi non ambasciatori di principi laici o di repubbliche, uomini tuttavia che tengono minor grado che di marchese, i quali per transito e par- — 91 - ticolar negozio vengano in breve spazio alla Signoria. Tra’ quali eziandio si intendono priori o cavalieri con commenda, ma non già cavalieri inferiori ed ordinari, solo con l’abito dell’Ordine Gerosoli-mitaìio, di Sant’Jago, Alcantara, Calatrava, Portogallo o di Santa Maria in Germania, e finalmente tutti i frati generali di religioni e mendicanti e monaci, confessori di papi e re, o pure uomini religiosi per bontà, eloquenza, sangue illustre o dottrina di fama ed eleganza singolare, i quali con spessi esempi per affari de’ principi o propri sotto vari pretesti sogliono frequentare in somma destrezza tutte le corti. A questi in proporzione sono congiunti tutti uomini di dignità ecclesiastica, come in esempio protonotari apostolici partecipanti soli, chierici della Camera Apostolica, preti di grado principale in un’antica e famosa metropoli ma però inferiore a vescovo, quali sono abbati o concistoriali o grandi arcidiaconi di Toledo o simili arcipreti, decani, vicari cattedrali e ciascun tale che per gran ricchezza, nobiltà o molto valore notabilmente stimato, tanto forestiero quanto compatriota, venga a trattare col Dominio. ( API 1 OLO λ II [Come si tratti il suddito genovese che veng^ signore o dignitario del Reame o oltrove, o cavaliere, o inviato di principe] La nobiltà Geno rene, la quale universalmente consta di cittadini privati e liberi, quando pure sortisca alcuno de’ suoi concivi che possegga stato e vassalli in alcun Regno o nobil provincia con titolo di barone o di alcuna maggiore ordinaria dignità nel Regno (1), ha il luogo suo proprio e debito, ordinato e continuato da Santa Chiesa, nella panca de’ procuratori accanto all'ultimo di loro alla mano destra del il) Moltissimi gentiluomini genovesi in tutti i secoli trascorsi uscirono dalla patria per far fortuna, specialmente in Sicilia e nel Regno di Napoli. Quivi già erano, in questo scorcio del secolo XVI o qualcuno vi passò poco di poi, i Dòria principi di Melfi dal 1531 c duchi di Tursi, i .Marini duchi di Terranova, i Pinelli marchesi di Gallitene e duchi di Aderenza, i Grimaldi marchesi di Modugno, di Pietravairano, ili Teano, conti della l’olla, duchi d’Eboli, i De Mari, i Ravatchieri, i Serra, i Giudice, gli Spinola, i Caliti neo, i Cera - Grimaldi, i PaUavicino, gli Squardafico, i Cigola, gV Imperiali e tanti altri, a cui poi toccarono numerosi titoli feudali, seguiti nei secoli XVII e XVHI dai Sa!uzzo, i Mattila, i Ba>1 maestro di Rodi e d’altri Ordini grandi, quando fossero separati, come ora non sono, dalle proprie persone regali; i quali predetti seggono, nel modo che segue, diversamente. Con questi ancora si uniscono quei - 93 - nobili Genovesi che, nominati ambasciatori d’imperatori o di re υ di altio gian principe, o per avventura ornati di grado principale e singolare in alcun Regno, come per caso gran contestatile in Napoli e tanto maggiormente viceré (1), vicario generale di Cesare in Italia, capitano generale di santa Chiesa, dell’imperatore o d’altro re, si appre-sentassero in Collegio. Alla qual specie di uomini, portando essi auto-nta e persona pubblica di principi indubbiamente maggiori del doge, si fa per conseguente, in grazia ed ossequio del mandante, onore e rispetto straordinario all’uomo mandato. CAPITOLO Vili [Dove sieda titolato, cavaliere, dignitario, ambasciatore, oratore, e come vada trattato] Ni pongono in una sedia ordinaria nobilmente di seta ornata, sul tribunale, a rincontro del principe in sito per l’udienza comodo al Collegio, tutti i baroni di ciascun Regno o provincia nobile con titolo-di conte, marchese, duca e principe; titoli a differenza della Germania, che questo ordine talora confonde, serbati in Francia, Fiandra, Italia e Spagna, sì come dati da pontefici l’uno dopo l’altro in grado e dignità maggiore, sedendo egualmente ognuno di questi titolati, tanto Germano, Portoghese e di qual altro Regno oltramontano che sia, quanto Napoletano, Siciliano od altro Italiano insigne; de quali tutti non potendosi, atteso il largo numero, nominatamente farne la descrizione, resta alla prudenza civile, avuta di loro la notizia, farne il giudizio: e, dopo questi, ciascun priore della gran croce o commendator principale di tutte le religioni Gerosolimitana, San-t Iago e spaguuole ed altre, come è detto: sedendovi ancora, e più propriamente si può dire, tutti i grandi uomini di magistrato singolare in ciascun Regno; dicendo in Francia con quei primi sei baroni laici nominati pari di Francia, essendo gli altri sei sacerdoti da porre (1) L autore non pensò che l’ufficio dì gran conteitabile del Regno era divenuto ereditario nella casa Colonna di Roma fin da Fabrizio morto il 1520, nè prima ve n’erano stati di genovesi. Negli altri grandi uffici del Regno si erano trovati per almirante Odoardo Spinola e poi il figlio Corrado, nominati dal re Roberto il 1309 e il 1313, e sotto Luigi II d’Angiò Battista Fregoso; di cancellieri vi era stato Cosimo Pinelli duca di Acerenza, nominato da Filippo II di S|)agna (1557), e di protonotan Andrea Dò-ria (1555) e i suoi successori. Il caso di viceré o luogotenenti si era verificato a tempo del re Renato (1488) in Oiaoomo Fiesclii e in Aronne Cibo, che fu il padre di papa Innocenzo VIII. — 94 - in maggior luogo, il gran mastro, gran cancelliere, 1 ammiiaglio, gran scudiere, tutti quattro i marescialli, e quei ministri regi c hiamati governatori delle provinole galliche, come di Lione, ili Maisi-glia e simili in quel tanto antico e potente Regno; e, se mai tornasse a sanità spirituale, ciascun duca eziandio e gran cancelliere, ammiraglio o gran segretario di Stato nel Regno Inglese, nobilissima e già religiosissima provincia; tutti parimenti i signori cognominati i grandi nelle Sjjagne come senatori di quei Regni, di quel titolo che siano purché laici, essendo agli ecclesiastici capi sacerdotali e più degni in quel reame assegnato luogo differente e maggiore 11011 meno altio\e che fra loro; e tutti i pretori ancora, che essi meno propriamente chiamano viceré, delle provincie molte spagnole: in Napoli medesimamente saranno, insieme con molti ricchi e titolati signori duchi e principi in quel paese, ma però sempre i principali il gran contestabile del Regno con gli altri sei magistrati (1), signori illustri e capi di quel senato: tutti, oltre a ciò, i cavalieri con l’Ordine del Tosone e di San Michele col collare; dicendosi « collare » a differenza dell « Online », deve il flusso della regia grazia (mancando in quelli il prefisso numero, che ora è statuito al Tosone) ha con T« Ordine » inondato in molti e col « collare » ornato pochi. Ad ognuno dunque di questi si darà in Collegio la sedia, con espressa dichiarazione, quando egli venga in proprio nome ma non con titolo e persona d ambasciatore, ^ues tanto è da notare che, se vengano insieme per un medesimo negozio in Collegio della Francia due pari e della Spagna due grandi, l’un vescovo e l’altro laico, stiano allora sopra i governatori accanto. al doge, il prelato al destro ed il laico al sinistro lato. Nel più propinquo finalmente e perciò più onorato luogo, vicino al principe, dalla parte destra, sopra il più antico governatore, sederanno come principali tutti i baroni di sangue leale, i quali, lontani dal primo grado a quella Maestà, possano tuttavia, tanto per consanguineità quanto per ordine e decreto, succedei e di ìagione al corona, nel modo che in Francia è la casa di Borbone, e così in ogni altro Regno: tutti ancora i primogeniti soli di ciascun principe di Stato, e con loro tutti quelli del sangue istesso imperiale, e qualunque nipote di casa propria pontificia ovvero nel più stretto gl ado con (1) Cioè i sette grandi ufficiali del Begno. - 95 - giunta a Sua Santità, vivendo, s’intende, l’uno e l'altro principe. Dopo questi seggono continuamente all’udienza ordinaria tutti gli ambasciatori di residenza, tanto se siano laici quanto vescovi o sacerdoti, puichè nunzi Apostolici così appositamente da santa Chiesa chiamati; e parimenti oratori di Cesare, di re o repubblica Veneziana ovvero di altri principi di Stato, e magni e minori, purché, o residenti o per transito negozianti, sostengano nome e grado dichiarato dal loro signore di ambasciator mero, non di internunzio; quantunque poi a ciascun internunzio di pontefice [si dia] solo sedia sempre in Collegio, luogo medesimo, come ad ambasciatore, o separato o congiunto col nunzio che egli vi vada, dato, non è molto, a Monsf di λ arui vescovo, che per faccenda straordinaria andò a Venezia. E degnamente vi siede il gran mastro di Rodi o di qual si sia commenda regale quando fosse separata dalla persona del re: collocando nello stesso luogo il capitan generale solo della Romana Chiesa, il quale assolutamente vien sempre fra tutti i geuerali il primo, ma d’imperatore, re e λ eneziana repubblica ancora: aggiungendo a questi, con uso Veneto e continuato ordine nostro, il capitano generale della propria repubblica Genovese, conforme a quello che già col padre della patria Andrea Doria, eletto generai capitano alla guerra di Corsica, fu osservato debitamente, cittadino in tutti i passati e futuri secoli per prudenza e valore non meno fra le politiche nazioni di chiara fama e nome celebre, che alla sua patria per inusitata ed incomparabile pietà di fruttuosa e splendida memoria. Assurge per civiltà con molta decenza il principe di repubblica, insieme col Collegio, al venire, non solo dei predetti signori regi e pontificali, a quattro ambasciatori ancora papale, imperiale, regio e veneto solamente, facendo sedere ogni altro oratore, senza muoversi, in cortese modo salutato al luogo suo; alzandosi parimente ai capitani genet ali, pur quattro, ecclesiastico, imperiale, regale e veneziano; e, stando in piedi, senza partire dal trono, col capo coperto, con grata maniera lo invita a sedere dove gli'si conviene, nel modo che al marchese del Vasto Alfonso d'Aralo e a Marcantonio Colonna fecero i dogi veneti Francesco Donato ed il presente Luigi Mocenigo. generali l’uno di Cesare e l’altro del papa. Fra gli ordini da serbarsi con signori temporali in cerimonia vi è questo particolare di molta considerazione, che, trattando con quelli già nominati quattro uomini di grado e «piasi sempre il più di loro ordine baroni vassalli, vicario cioè imperiale, contestabile di Francm, gonfaloniere semV\màel\ii Chiesa e viceré di Napoli in magistrato, ritenga il doge m Collegio la de-bit» dignità del trono; atteso ohe, non essendo essi, riguardata la purità del grado, principi di Stato, ma uomini solo e magistrato, e parte di loro auoo movibili, e perciò tanto inferiori nel dominio ed autorità continuata alla persona ducale, assai si onorano in. incontrarli venendo alla città, ma non cedendogli ingiustamente , trono, per la imparità del comandare. La quale in loro tanto e lontano che sia suprema, che e totalmente concionata e da altro superiore mediante la appellazione in ogni caso sostanziale allatto dipende ed in alcuni di loro, anzi in tutti, non solo limitata ed in alcuni temporanea, ma talora estinta in tutto e non conceduta; giacche no,, sempre è ,n Italia vicario, e alle volte, come al presente, non con-testabile, uè sempre gonfaloniere, e bene spesso luogotenente non vi-cere, ma sempre certo in tutti rimane l'autor,ta condizionata:: e.cosi il o-rado di vicario in Italia, a breve tempo creato come quello del viceré, magistrato per l'ordinario di non lungo spazio, fecol a e preminenza, differenti tutte e lontane troppo dalla assoluta potestà de a Repubblica nel suo Stato, la quale, alienando e donando, può , ogn, cosa disporre e dalla perpetua anco dignità ammessa ognora alla per-sona del doge. Laonde, essendo i principi o magni o minor, dello Stato che posseggono senza vacazione signor, ereditar, e nato,ah, hanno per conseguente si come e nel tempo e nel modo de coma,,-dare conformità maggiore assai col doge, che non hanno quell., come puri ministri casuali ed esecutori, a voglia del pnnc.pe amovibili, oli,e a che a principi magni, per ragione dell'ordine e del domnuo, non sono realmente questi pari magistrati in Koma nè altrove comparandi, e perciò al doge, che tra quelli siede in cappella papale al luogo pari eziandio, tanto più inferiori e distanti; a principi poi minori, per la continua ereditaria giurisdizione e successione, molto ancora disuguali. Saran dunque questi magistrati, cosi per vero nome chiamati e non principi, contenti solo della accoglienza pubbhca data al grado nello ingresso della città, per causa espressa e nome mero del principe a cui servono, lasciandoli maggior onore a quegli alti, signori, che naturalmente con propria autorità e legittima continuata successione comandano; riserbata loro la preminenza del levato trono in quel tempo che prima avranno avuta la grandezza dello Stato che la dignità del magistrato: rimanendo nondimeno, in segno di onore - 97 - e della autorità collocata nelle loro persone, a differenza .degli altri signori questo tanto, che, venendo ciascun di essi in Collegio, gli . vada il doge incontro, e, licenziato, accompagni fino a’ gradi del tribunale, poco distante termine da quello che si usi con qualunque magno principe. Sogliono tutti i re, alla venuta del nuovo ambasciatore che in corte debba risedere, mandare alcuni baroni bene accompagnati alla casa dell’oratore per guidarlo la prima volta a Palazzo, dove sia il principe introdotto. Il simile ancora fanno i Veneziani e deve fare ciascun’altra repubblica, mandando otto o dieci nobili del Senato, uomini gravi e togati con vesti rosse e paonazze, ad accompagnarlo e condurlo in Collegio dinanzi al principe, quando però egli venga in nome di papa, imperatore, re e repubblica o anco principe magno ed in caso di residenza; benché ad alcuni uomini, insigni per grado e signoria oppure con titolo di ambasciatore quantunque non residente, si possa con giusta causa fare e da’ Veneziani alle volte si faccia il medesimo. Non è cosa inconveniente se, venendo alcun principe grande in visita con comitiva straordinaria, della quale non sian capaci comodamente le camere ad udirlo designate, egli sia dal doge ascoltato in una stanza maggiore o nella sala del Senato con sedie ornate, nel modo che talora usa il pontefice per maggior grazia e sodisfazione del molto numero che viene e per più latamente nell’estate respirare da caldi grandi, che quasi sempre in Roma e spesso in molte parti d’Italia reguano. CAPITOLO IX [Dove sieda il vescovo] Il grado episcopale, siccome in sè è il primo e maggiore fra tutti i sacerdozi, poiché il papa, capo del clero e primo vescovo da Iddio costituito e per suo vicario in terra lasciato, nella propria e principale sua denominazione non altrimenti si chiama e intitola che ce-scovo, è per questa ragione stato sempre in sommo onore presso tutte le cristiane nazioni; in autorità poi e grandezza tale, che alla ordinazione e riforma del mondo, chiamata universale concilio, nel quale, non solo dei dogmi teologali ed interpetrazione della legge divina, ma di correggere e giudicare gli Stati temporali si decerne, furono anticamente tutti i vescovi, come circa la spirituale amministrazione, jam a Pontefice vocati in partem solicitudiim operis, cosi anco ora come 7 capi religiosi ed utili consultori a decidere degli imperi mondani ne cessariamente chiamati; nè senza .loro è o può essere per le leggi ca noniche legittimo concilio congregato. Sono dunque da veri fratelli spirituali, in tutte’le pubbliche scritture dal ponlefice a loro dirette, per queste sole voci « Venerabili fratri nostro » denominati continuo. Ai quali in conseguenza vengono di ordine ecclesiastico tutti gli onori che ad alcun signoiO temporale 11011 principe di Stato si facciano; e tanto maggiormente, in grazia del papa, capo loro, si onorali sempre, quanto che, mandando o principi o repubbliche i loro ambascia-tori per dare la ubidienza solita al pontefice in Roma, sono di stile ed umanità sacerdotale incontrati da vescovi e guidato sempre ciascun ambasciatore in concistoro pubblico a’ piedi di Sua Santità posto in mezzo fra due vescovi. All’incontro della quale grata accoglienza fatta loro dal papa col mezzo de’ suoi fratelli, seggono essi di necessità ed antica consuetudine accanto ad ogni doge ed altro signor temporale non supremo, imperatore o re, sopra qualunque altro magistrato che intervenga alla cura della repubblica, 11011 altrimenti che vi seggono gli ordinari ambasciatori di tutti i principi, non essendo cosa proporzionata nè giusta, che ricevuto i dogi, nella persona de’ loro legati, da uomini tanto celebri moderatori del mondo e sa- O 7 crosanti, presente il pontefice, onore e favore, permettano poi nella propria casa loro il rimanere quegli istessi tanto benemeriti per contracambio avviliti in pubblico o poco stimati. Nè osta il dire che quel magistrato congiunto al doge nel governo sia di tale o tanta autorità che senza quello non possa il capo deliberare di cosa alcuna; perchè, sebbene virtualmente il doge è parte ma non tutto il corpo della deliberazione, non s intendono per questo negli atti cerimoniali compresi mai i suoi colleghi, quia in ce-remonia!ibus attenditur caput, non considerantur membra. E, se a Roma andasse in cappella del papa il doge Veneziano, il quale infatti non può cosa alcuna da sè stèsso deliberare, sarebbe però egli solo alla panca de’ cardinali diaconi posto, ma non già alcuno o consigliere o savio grande o niuno altro che amministri seco quello Stato. E parimenti allo imperatore, che senza la dieta e consenso de’ principi mai non può cosa grave dello Impero determinare, si dà sol accanto al papa quel luogo che a qualsivoglia altro principe Germano, suo collega, non si darebbe, per la detta ragione che cerimonialmente si onora il capo solo, la cui persona rappresenta tutto il Dominio, e non — 99 — i membri che appartengono e concorrono alla cura di quello, da santa Chiesa e da tutti i principi laici in questo caso non considerati. 01-tra di ciò, nella elezione dello stesso imperatore data da Gregorio V pontefice alla nazione Germana, sono i tre tencovi Maguntino, Treve-rense e Golonien.se primi capi dei sei elettori, così dalla Sede Apostolica istituiti e da loro concordemente per principali in qualunque ordinazione imperiale riveriti ed osservati. Nel regno di Francia, potentato così grande e ben regolato, sono fra i dodici capi di quel regno denominati pari di Francia sei vescovi, ancora come primi ordinati ed onorati, ai quali nelle più importanti cure civili si devolve pure la somma dello Stato. Nè meno nei regni di Ungheria e di Polonia, provinole tanto antiche e così illustri, si poteva già in quella, uè si può ora in questa, senza intervento di alcuni prelati risolver mai alcuno negozio maggiore. Ma ultimamente nella propria Spagna, dove anco i re si hanno arrogata alcuna più ampia autorità, diversa da molti regni più antichi assai, Varcicexcoco di Toledo, fra tutto quel senato intitolato i grandi, è assolutamente tenuto, stimato, nominato primate delle Spagne, così primo sedendo e parlando sopra ogni altro. In tanto onore eziandio tiene questo ordine di sacerdoti il presente re Filippo d’Austria, che, lasciando sempre star in piedi qualunque principal signore del Regno chiamato grande, fa nondimeno, parlando seco, sedere ordinariamente ciascun vescovo, senza riguardo che egli sia prima nato suo λ^ββΐΐο che assunto al grado; il che da altro non nasce, nè per nian rispetto maggiore si fa, che per avere i vescovi in ogni paese, circa la cura delle anime, parti supreme ed essenziali che pur spettino alla somma ed al bene essere del governo. Il quale esempio, passando dai regni alle repubbliche, causa che già in Firenze ed in Venezia si sia senza eccezione osservato ed osservi inviolabilmente di porre qualunque vescovo in Collegio alla destra del principe, sopra il primo del superior magistrato. E ciò non solo si estende a’ loro gentiluomini o cittadini Veneziani, ma a qualsisia vescovo, nato eziandio vassallo di quel Dominio. Alla venuta dunque di questo ordine in Collegio, [si] levi ogni doge in piedi a quei prelati che si diranno appunto ed in questo modo, che al suo proprio e perciò sopra tutti gli altri caro e degno pastore spirituale della città, tanto se egli venga in Collegio, secondo il costume Veneziano, con la croce, quanto senza, scendendo il principe dal trono ed incontrandolo sino a’ gradi del tribunale insieme 100 - col supremo magistrato, lo collochi, scoprendo il capo, accanto al trono dalla parte destra. Nel medesimo luogo, senza υ scoprirsi o partirsi dalla sede, solo alzandosi, ponga ciascuno de’ sei prelati pari di Francia, dei prelati grandi di Sjìagna, ed insieme qualunque patriarca o arcivescovo primate d'altro regno; gli altri tutti invitando umanamente a sedere nel luogo medesimo, senza alzarsi; giudicando con legai ragione e somma prudenza non potersi in minor, modo nè cerimonia verso quelli procedere senza negletto della Sede Apostolica e censura del Romano pontefice, a tutti i principi temporali, quando sia aspra, stata dannosa. CAPITOLO X [De! baldacchino] A niuna dignità, fuori che pontificale, imperiale e regia, non è permesso dagli ordini ecclesiastici tenere in luogo alcuno il baldacchino, usato cioè come in persona propria di quel signore. E se, accompagnando il Collegio tutto de’ cardinali Carlo Cesare in Roma nell’anno 1536, si videro, i due primi cardinali vescovi tenendolo in mezzo andar seco sotto il baldacchino seguitando il rimanente del Senato fuori di quello, usarono in tal caso il privilegio della comitiva cesarea in onore e servizio di quella Maestà, non in decoro o debito delle persone loro; alle quali, se non in legazione Apostolica, mai per altro si concede, ed agli stessi re nel solo introito delle terre a loro suddite, e non altrove. Onde, se da alcun altro di minor titolo che regio si vede con più fasto che prudenza usato in contrario, è però cosa che più merita esser derisa che imitata: meglio sempre ad ogni prudente tornando il seguitare chi conserva i giusti riti ed ordini che lo aderire a chi li corrompe, quando che nè λ eneziani nè Fiorentini, in quel tempo che fioriva la loro repubblica, usarono mai, nè usano oggi, simile insegna: contenti solo i Veneti dell ornamento donato loro da’ pontefici della ombrella per espressa grazia e prerogativa. Può nondimeno con giusta azione, accompagnando il doge Varcivescovo suo, dove di precetto pontificio è sempre tenuto personalmente col manto ducale incontrandolo andare nel primo pubblico ingresso della città alla chiesa cattedrale, cavalca seco, non essendo cardinale, sotto baldacchino, come dalle sacre cerimonie è solo in quello atto pontificale ad ogni vescovo istituito, tanto per l'allegata ragione della comitiva de’ cardinali alla Maestà imperiale così parimente sua - 101 - alla sacerdotale, quanto ancora per la virtuale dignità regia col diretto ed utile dominio che egli essenzialmente possiede del regno di Corsica, quantunque da altri con minor ragione ne sia certo usurpato il titolo (1); essendo infatti la giurisdizione e dominio di ciascuna cristiana città propriamente e particolarmente dalle leggi canoniche assegnato ai due padroni, l’uno spirituale e l’altro temporale, sì come nella venerabile chiesa di Dio ed impero mondano vien data la suprema autorità e giurisdizione al sommo pontefice ed allo imperatore, i quali procedono nel giorno della coronazione di Cesare unitamente sotto il baldacchino, cavalcando per la città, a manifesta dichiarazione di quello congiunto e cattolico cristiano dominio e preminenza; il che mai non avviene, nè dal papa si permette, con altro re alcuno: negli altri luoghi, poi andando sempre il doge, o insieme o separato dall’arcivescovo, conforme agli ordini pontificali senza una minima variazione. (1) Qui si allude al re di Spagna, crede delle pretensioni dei re di Aragona. Filippo II s’intitolava Itrx Catholicus, defensor Fidei, Hispaniarum, utrùuque Sicilice, Hierusalem, Hwigariw, Da/malia·, Croatùv, Sardinia, Cousic.e, Maioricarum, insularum Canaria, Orani, insularum ludiarum, 'Terra· /inna: ct maris Oceani; e giù giù una sequela di arciducati, ducati, marchesati, contee e signorie. SEZIONE TERZA Dell'abito ducale e civile: degli abiti cerimoniali ed ordinari ducale, senatorio e civile: luoghi e modi nei quali vada e parli il doge. CAPITOLO I (Manto, veste e berretta ducale] Il principe di ciascuna ben ordinata repubblica, essendo capo di cittadini per professione gravi e togati, deve di necessità avere egli ancora abito, non solo ornato, ma togato e grave; stile in tutti i politici governi greci e latini sempre osservato, per quanto notizia si abbia dalle statue e dalle istorie; ma anche ne’ nostri più propinqui secoli di continuo usato dalla grande e veneranda repubblica de Ro inani sacerdoti, dalla Veneziana ancora e parimenti dalla Genovese. Di queste dunque maniere di vestimenti, già dagli antichi pei le varie forme loro con diversi nomi chiamate, tre ne sono al pi esente, l’una dall’altra differenti, in differenti tempi da portare in pubblico, cosi ricevute ed ordinate a ciascun doge italiano; con particolare e precisa norma (oltre alla lunghezza loro sempre fino al piede) che di altro mai non siano che di oro ed argento o di colore purpureo, ed in alcuni casi violaceo, nella materna lingua chiamato paonazzo (1). (1) Il 1795 i Ser.mi Collegi ricordavano la tradizione che Paolo Fregoso arcivescovo e doge (1483) avesse introdotto l’uso del color paonazzo nell abito ducale, e, citam o poi il decreto del 1637 (29 die.), che statuiva che nell’avvenire il doge dovesse procedere con veste di color porpora, e constatando che per l’immemorabile consuetudine i dogi usavano ancora nell’abito domestico « una zimarra nominata comunemente rohetla di — 103 — i jfi pi ima delle quali sia il munto ducale, secondo la forma ordinaria di tutti i gran principi, con la coda; fatto d’argento o d’oro oppur cremisino o, come si dira da alcuni tempi, paonazzo; foderato il cappuccio di ermellino asperso delle code nere, come è proprio di quello abito; portato cioè in tal modo dal giorno festivo dedicato a tutti i Santi insino alla solenne celebrazione dello ascendere il nostro Salvatore in cielo. Nella quale mutazione di tempo con ordine pontificio e consuetudine card inalare si pone per fodera, in iscambio delle pelli, ermisino rosso e non altro (1). La seconda sia una veste ampia e lunga sopra il piede e, quando non d’oro, sempre rossa, nè d’altro che di seta, foderata del medesimo colore oppur di pelle, con maniche larghe dogali fino a terra e con un piccolo collare piana intorno al collo, assettata ed affibiata secondo l’uso antico de’ cardinali nel mantello di porpora e de’ Veneziani nelle vesti loro ducali e senatorie: da portarsi, dico tal veste ordinariamente sì in Collegio, come in Senato ed in Comizio o vogliali dire Gran Consiglio, sedendo nel trono in tutti tre questi luoghi, per debito decoro, sempre con la coda in lunghezza di due braccia, ma ben talvolta tonda e senza essa, come più agile a comodità maggiore o cavalcando ad incontrare o ricevendo in casa e visitando alcun principe oppure andando per ricreazione in altro luogo sacro o domestico senza numerosa comitiva (2). La terza ed ultima sia il mantello di duolo, di panno scorlatto nè mai d’altro; veste lunga a terra, non foderata, aperta tutta dinanzi, senza maniche e con la coda, nel collaro crespa con un stretto giro di panno, ed allacciata sempre, in forma della doccia portata da’ cardinali in Sede vacante nello scrutinio e parimenti da’ dogi Veneziani roìor paonazzo, dissimile perciò dell’abito rosso » con inosservanza del decreto, ordinò (‘2(1 gen.) che quel paonazzo si mutasse in rosso(cfr P. Levati, Idogi di Genova dal mi al pag·. 72). Nei secolo XVI a Venezia vestiva di paonazzo chi accompagnava il doge per via (Molmkxti, Vita privata dei Veneziani, p." 11, cap. X, p. 275). (ì) Il manto ducale, quale fu nel secolo XVIII, col broccato in oro o in argento, con la mantellina di ermellino, foderato dello stesso pelo, si vede bene in molti ritratti di dogi, e specialmente in quelli di Giovan Giacomo Grimaldi (1756), Ferdinando Spinola (1773), Agostino Ayroli (1783), Michelangelo Cambiaso (1791), riprodotti nei libri del P. Levati, (pag. 87; pag. 15, 37, 57). (2) Cosi si vede vestito Giacomo Durazzo (1573) nell'affresco della cavalcata, del Cardinal Pacheco, e cosi si vedono nei quadri rappresentanti Vincenzo Durazzo (1709), Giovan Francesco Hrlgnole-Sale (1716), Matteo Franzoni (1758), Giacomo Brignole (1795), riprodotti nei libri del P. Levati (pag. 227; pag. 10, 41: pag. 77). — 104 — nel giorno del venerdì santo. Abito, sotto al quale si porta sempre, come anco agli altri due manto e veste, una sottana lunga sopra il piede, tutta intorno tonda, accollata senza crespe ed affibiata, nelle falde soprapposta e cinta nel mezzo, con maniche seguite nè più larghe in giro di un braccio appunto, di seta per lo più e, secondo il maggior duolo, talor di lana, ma sempre di color rosso; da portarsi così in Collegio come in Senato ed in Comizio nelle private mestizie del principe per morte de’ suoi propinqui, nè più oltre che tre giorni; portato similmente a tutte le esequie di ciascun papa ovvero d’altri principi e persone, il nome delle quali così piacesse alla repubblica di onorare; ma sopratutto nelle religiose cerimonie il giorno di tutti i Santi al vespro ed ufficio de’ morti, se però volesse andare il principe in chiesa, ai tre matutini del mereore, giobbia (1) ed al giorno del pubblico lutto venerdì santo, la mattina e la sera, in morte del Salvatore; nè più in altra azione ecclesiastica. Non porta il doge, fuori che queste tre descritte, altre vesti in pubblico, con la sottana di seta per l’ordinario cremisina e talvolta d’oro, nè mai senza essa: in private poi camere sue, vesti domestiche secondo le varietà de’ tempi foderate e semplici, o rosse o paonazze solamente; delle quali niuna è se non assai vicina al piede, con le calze e pianelle in pubblico di panno sempre scarlatto. Per fodera da principe è ordinaria quella di ermellini, ma ben si concede al rigor del verno la veste solo dogale foderata di lupi cervieri o gibel-lini, nè però di pelle inferiore (2). La berretta d’oro ducale, insegna particolare del principe, si porta di continuo in solennità col manto d'oro solamente; ma col manto rosso o paonazzo e con la veste dogale, che in ogni azione di Palazzo e fuori è quasi sempre di color rosso più chte d’oro, e parimenti col mantello scorlatto da duolo, portasi una di velluto o di raso cremisino, conforme alla stagione, fatta in quella precisa forma; non variando mai da questo ordine. Nelle stanze poi private e fuori di atto giudiziale o cerimonia userà Sua Eccellenza, con stile \ eneto e conveniente, una berretta non ducale, ma differente a quella de’ suoi cittadini, fatta con due frontali e tonda, l’uno dinanzi alzato e l’altro (1) Mércore, g lòbbia, cioè mercoledì, giovedì. (2) Nel capitolo 17" della parte I è prescritto in quali occasioni cotesti abiti vadano indossati. - 105 — dietro abbassato, di color sempre e seta purpurea; acciocché la suprema insegna, che denota la eccellenza del grado, abbia perpetuamente in ciascun luogo differenza espressa da qualunque altra forma usata in quello Stato da’ suoi inferiori (1). CAI I IO LO II [Vesti ilei doge e ordini in chiesa o in processione] In due casi e per due azioni ordinariamente esce il principe fuor di Palazzo, 1 una delle quali servendo al secolo ad onorare incontrando e visitare a casa principi forestieri, poiché di quella a bastanza è trattato, non accade altro dirne: l’altra, che sempre serve a mera religione, ha bisogno di chiara notizia. Lsce dunque di Palazzo il doge o andando al tempio per udir (1) Nei ritratti dei dogi di Genova si vedono due forme di berretta. L’una, di velluto, più ohe berretta berrettone, salendo dalla testa si gonfia tutta in giro e monta, con quattro spigoli, uno frontale, l'altro occipitale e due laterali, verso la doppia cima alquanto appuntita a guisa di mitra: a qualche centimetro dall’orlo inferiore corre all’intorno un gallone dorato, che, venendo dai due lati sul davanti, si va sollevando fino a raggiungere nel punto più sporgente dello spigolo frontale un grosso bottone d oro sulla coccarda di gallone. Cosi lo si vede nel ritratto di Alessandro Giustiniani (Itili) fatto dal Van Dyck, in quello di Onorato Ferretti (1705) della collezione Pitta-luga, nella stampa di Francesco Brignole-Sale (1746), nella statua di Giuseppe Doria (1793), questi ultimi tre così riprodotti dal P. Levati nei suoi Dogi di Genova. L’altra berretta, bassa, montando si allarga e si apre appuntandosi nelle quattro cime dei quattro spigoli, l’uno de’ quali è sempre frontale. Con questa si vede il doge Giacomo Durazzo Grimaldi (1573) cavalcare al lato del Cardinal Pacheco nell’afiresco del palazzo civico e con questa è anche l’altro doge Vincenzo Durazzo (1709j nel quadro di casa Durazzo riprodotto parimenti dal Levati. — Nella lista di robe del pubblico che il δ luglio 1615 erano a cura del capitano della scala di Palazzo si legge menzionata « la corona d’oro e la berretta di velluto con un bottone d’oro » (Alt. Fin., filza 1“ del 1616). — Intorno all’origine dell’uso della berretta ducale, va menzionato il decreto del Senato del 1538 (27 die.) riportato nella raccolta manoscritta ufficiale delle Leges Udpublicn con la data erronea del 1534, col quale, volendosi nelTimmi-nenza di nuova elezione che il doge decoretur, inter cetera insignia ducalia, scilicet birre-lo ducali rum circulo aureo, nonché con la spada d’onore, giusta il contenuto nell’ultimo privilegio dato da Carlo V alla Repubblica, si dispose che fosse fatto birretum ipsum ducale rum circulo aureo, , decens et prout ducibus legitimis et comprobatis per Im-pernloriam MaiesUUem convenit, et pnriler ensem vagina ornatum decora: che circa la forma e la qualità i due governatori perpetui di Palazzo, habilis debitis informationibus, possint decrrncre rt ordinare quid sibi visum fuerit faciendum, e che infine resti sempre a spesa privata del doge il servizio dell'uso di dette insegne, portate ab aliquo tuo cubiculario voi magistro domus honeste ri decenter induto (Politicorum, busta n.° 3, ine. 121; Isgrs Itùpuhlirtr, voi. I, η. 4 rosso, pag. 259). L’Accinelli (Storie di Genova, all’anno 1583) cita altro decreto del 1553, che détte la forma quadra alla berretta, e l'altro del 1561, che volle la berretta di seta ό di velluto. — 106 — messa, divini uffici θ celebrare esequie a cui si debbano, o per la città in processione secondo il religioso culto della patria; e da quelli soli predetti giorni santi e dalle esequie in poi (alle quali, come si disse, si porta continuo con berretta rossa ducale il manto scarlatto da duolo) non va in chiesa o a processione il principe mai senza manto ducale. Nelle leste solenni, come appunto Natale, Pasqua, Ascensione, anniversario celebrato il giorno 12 di settembre per la restituta repubblica e giorno di san Giorgio, del quale, come protettore, si visita il tempio, usa propriamente il doge manto d’oro o di argento con la berretta ducale sempre d’oro. Alle due venerazioni con processione di sa» Giovali Battista e santo Sebastiano o se altre per nuove supplicazioni si facessero, è sempre più conveniente il manto rosso, con la berretta dello istesso colore, fatto di velluto, raso o damasco cremisino, come piaccia, col cappuccio foderato conforme alla stagione già dichiarata. Alla terza processione, si come principale e massima, del Sacramento si porta manto d’oro o d’argento o rosso asperso d’oro, quando però, atteso il caldo, più torni abile alla età e persona del principe; quantunque da’ veneziani venga usato d’argento o d’oro continua-mente. In alcuni altri giorni solenni, come Pentecoste, Circoncisione, Epifania, la mattina di ogni Santi oppure alcuna gran vigilia al vespro, e se in altri giorni alla città festivi accadesse andare in chiesa, è sempre proprio il manto rosso sopra ogni altro: solo la domenica delle Palme, la giobbia (1) e sabato santo alla messa, o, se nelle domeniche dello Accento o della Quaresima per alcuno accidente, qual fosse una venuta di principe, accada ire a predica ovvero ufficio o messa, sia in questi giorni precisi il manto sempre di raso paonazzo con la bei-retta cremisina, in questi tutti giorni, dico, non usandosi mai in pubblico, fuori di questo tempo e specie di abito, in altra occasione dal doge color paonazzo; a questo uso nondimeno e rito cerimoniale, quando accadesse o elezione di principe o giorno per universale allegrezza in tal tempo solennemente da celebrare, intendendosi con stile ecclesiastico derogato. Distinzioni e diversità non tanto note dai (1) Il giovedì. — 107 — Veneziani, quanto tolte da loro e tratte dal regolato uso di Santa Chiesa, la quale con varietà di abiti e di colori onora e sacrifica in maggiore e minore cerimonia a nostro Signor Dio ed a tutta la Corte Celestiale. Siede il doge nella sedia cattedrale della città rincontro alla sedia archiepiscopale nel modo già statuito e consueto; accanto e sotto al quale, verso l’altare, starà primo il nunzio apostolico e secondo 1 orator Cesareo e, l’un dopo l’altro, ciascuno ambasciatore di re, repubbliche o principe che vi si trovino, secondo l’ordine delle loro precedenze, sopra il magistrato de’ governatori, il quale si estende col resto del Collegio verso l’altare; andando al pari con Sua Eccellenza in accompagnarla non mai più di due ambasciatori, e gli altri appresso. Ma, quando vi sia il terzo, posto in mezzo delli due primi governatori per l’angustia del sito fra i gradi e l’altare, che non riceve oltre al Collegio con panche forse geminate la comitiva molta del doge, la quale deve stare da quella parte essendo l’altra occupata dalla persona e ministri dello arcivescovo, si pongono perciò sotto i gradi del coro, assai vicino, alcune panche, dove seggono o altri magistrati o uomini di Senato, che in casi simili, necessariamente accompagnano il suo principe. Ma, quando si vada in altra chiesa, come suole il doge Veneto a giorni determinati visitare udendo l’ufficio in vari tempii, mandasi una sedia di legno, sempre alta di appoggio sopra il sedere circa due braccia e nella sommità quadra, con un piccolo grado, coperta tutta di seta porpurea, e lontana dal coro dove stanno i sacerdoti cantando per non impedirli; sopra la quale siede, o remoto o vicino all’altare, il principe, con li ambasciatori soliti presso a lui e, sotto quelli, alcuni altri della Signoria; sedendo parimenti all’incontro, in ornamento maggiore, parte del supremo magistrato e del Collegio, e sopra altre panche alquanto disgiunte magistrati minori e senatori in numero di trenta almeno. Il qual numero e quantità di legati, sebben mediocre in questo atto alla dignità del principe, vien poi aumentato largamente nelle processioni, dove dietro al doge, che con le solite insegne e ministri pubblici immediate seguita il baldacchino, non sono mai dopo la sua persona, oltre al Collegio, fra altri magistrati ed ordinari senatori meno di cento, e spesso ancor più, con abito serico e proprio senatorio, come seguendo si dirà: avendo ancora innanzi al portato Sacramento o reliquie del Santo precesso sempre molti no- — 108 bili del Gran Consiglio con vesti di seta. È giuntaniente necessario il sapere che, venendo in tale occasione alcun principe di Stato ad onorare la processione, ha il suo luogo in pari col doge, precedendo ogni ambasciatore di qualunque principe, considerato che sempre il principale si presuppone maggiore del procuratore e dSia la veste lunga a terra e tonda nella forma ducale, con le maniche larghe e collare assettato senza crespe, ed allacciata sempre, foderata di pelle o seta del medesimo colore, secondo il bisogno della età che la porta, con pelli di vari dossi ovvero martore, se fa mestieri, per non introdurre nella repubblica maggior lusso. Quando poi, seguitando il doge in chiesa, processione o congresso e visita di principe, vanno cerimonialmente in pompa ducale si conviene di necessità la veste di seta pupurea a governatori, e agli altri o rossa o paonazza, purché di seta, a voglia loro, con la berretta di velluto nera a quei solo di collegio, fatta nella propria comune forma nostra; ornamento non manco raro e bello, che antico e patrio della nobiltà genovese. Il medesimo faranno non solo i senatori, ma tutta quella pai te de’ nobili circa la veste di scarlatto o seta colorata accompagnando il doge in qualsiasi pubblica azione; avendo ogni secolo in ogni grande e libera amministrazione alla dignità del principe e vita perpetua della libertà tenuto per nocivo ed esiziale il color nero: usato solamente dalla universale civilità e senatori insieme per abito ordinario, dove non accada pompa nè intervenga cerimonia. Quei magistrati fuor di Collegio, ma però prestanti, che di sotto si nomineranno, i quali in ciascun luogo vadano col doge, portando egli il mantello, hanno sempre con stile romano la veste di panno I 13 — e paonazzo, e tutti i cento senatori con berretta e mantello di panno nero lungo fino al piede affibbiato al collo, antico già e proprio alla nostra nazione: con una stola ancora dello istesso, attraversata dal petto fin sopra la spalla lunga due braccia, ed in larghezza di un palmo col panno doppio tutta seguita ed uniforme; ed una sottana fino a terra unita nel mezzo, ed in casi tali sempre di seta nera, veste certo togata e grave, ma a queste simili meste dimostrazioni sopra ogn’al-tra proporzionata e magnifica; come anco è bella e necessaria a tutto l’ordine de nobili che anderanno nel gran consiglio, la solita berretta e prisca veste genovese di panno nera con le maniche aperte e vestite, lunga al piede, e nella state di lana più leggiera. Pare ed è veramente di molta convenienza e gravità ad alcuni magistrati insigni, quali massime sindacatori supremi, custodi di San Giorgio e, se non ad altri, agli tre edili almeno e a’ censori, uomini tanto nella Romana repubblica stimati, il portare di continuo la veste paonazza in magistrato: e per potere al principe col Collegio far più illustre compagnia e rendere insieme l’autorità loro presso cia-cuno più cospicua, come parimenti si concede a quei nobili che nelle processioni precedono il doge, ma non già che lo seguano, usar la veste sempre lunga di seta in color nero; ben che certo meglio fosse a maggior decoro in luogo pubblico portarla ordinariamente colorata. Convien servare secondo il costume de’ cardinali in concistoro, che, parlando alcuno di Collegio, scoperto prima il capo e salutando il principe, dica sedendo la sua sentenza; quantunque nel Collegio Veneto ella sia data da ciascuno stando in piedi per maggior riverenza alla persona ducale, cosa invero, e per la età e per la qualità del negozio che talora convien esser lungo, pur troppo incomoda. Per il che (seguitando più tosto i sacerdoti che i laici) sederanno sempre consultando in Collegio i nostri cittadini. Vanno senza mancare in camera del principe il supremo magistrato e quello de’ procuratori per ossequio a condurlo ciascuna volta o in Collegio, o in Senato, o in gran Consiglio, riducendolo, fornito il negozio, alle sue stanze. Agli ambasciatori che vanno così a Roma per rendere in nome della Signoria ubidienza al pontefice nella sua creazione, come a qual altro supremo principe e repubblica e signor grande feudatario ancora per congratularsi della elezione sua o d’altra particolare allegrezza, è sempre vietato e proibito usare in alcuna veste il color nero; ser- 8 — 114 - rato appunto a portarsi da loro nella ordinaria residenza presso ogni principe, o privata visita che gli accada lare, ma non già nel primo ingresso alla corte, nè meno intervenendo ad alcuna celebre cerimonia ecclesiastica o celeste anniversaria o particolare allegrezza di quel principe presso il quale riseggano. Ordinato similmente che oltre al portare in pubblico, con la berretta di velluto nero, continuamente la veste lunga senatoria con maniche aperte nella solita detta forma, in luogo privato poi e quantunque domestico fuori di casa non usino i nostri oratori veste alcuna mai se non togata fino al piede, o interiore o esteriore che ella si sia. Dando eziandio il nuovo ambasciatore che succede nella prima entrata della città, e nella sua presentazione fatta dall’altro al principe, fino a quello stato sempre al suo anteriore, la precedenza. Quando ancora nella istessa sua legazione fosse mandato nuovo collega col medesimo titolo per negozio, o separato, o congiunto alle ordinarie cure del residente, diasi tra loro la precedenza alla età maggiore, se però a quella non obsti dignità eli dottorato, o d’altra eminenza perpetua congiunta alla persona del più giovane, essendo noto che tra tutti gli uomini senza contesa preceda sempre in qualunque azione, non risguardando la età, il graduato al privato. Quanto dalla imposta necessità naturale a tutti gli uomini accada al doge fornire i' giorni della sua vita in palazzo, si potrà (seguendo il caso di notte) la mattina prossima, o pure lo istesso giorno se egli morrà innanzi il mezzodì, accompagnando il corpo i governatori adornato del manto d’oro e berretta ducale con la insegna della spada per giustitia stesa dal petto a piedi, sopra un cavalletto coperto d’oro o di porpora alto da terra tre braccia nel mezzo della sala grande, o, se altra minore, sia tanto ampia che capisca la moltitudine in simili eventi assueta ed avida di vedere cosi i principi come il fine degli onori dati a’ suoi principi. Intorno al cadavere, posti prima da capo e da piedi alcuni lumi alti abbondanti, saranno fra l’una parte e l’altra della sala per latitudine due panche di appoggio, sopra le quali sedendo in ciascuna dieci cittadini di età virile, con vesti paonazze senatorie, partiranno lo spazio di due giorni in alcune poche ore tra mattina e sera fino al tardi, onorando e come per custodia guardando il corpo del defunto; raccomandata nel primo giorno con prece di uomini religiosi secondo l’istituto cristiano intorno al feretro l’anima di quello alla misericordia del Signor Dio; ordinato insieme che per quel tempo fino al dì dopo la sepultura sian celebrate nel duomo continuamente tutte le messe da mortorio per venia ed eterna . aiuti di ij nel la anima. La mattina del terzo giorno porterassi da suoi propri famigliari vestiti di nero il cataletto alla chiesa cattedrale, dove, seguendo accompagnato da tutto l’ordine de’ procuratori, che m mezzo a due di loro terranno ciascuno o ambasciatore o signor grande o altro personaggio al quale sia data sedia in palazzo, e da alcuni altri già detti magistrati insigni, tutti vestiti di paonazzo, e dai cento senatori col mantello e sottana di seta nera, a differenza di loro consanguinei; darassi però dopo i magistrati il luogo a ciascuno di quei propinqui ed affini del principe che accompagneranno il corpo, ponendolo in mezzo di due senatori; precedendo al morto tutta quella parte di clero che a’ suoi eredi piacerà far venire, col resto della pompa secondo la voglia e facoltà loro. Arrivati dopo lungo giro in chiesa, e posto il cadavere sotto la capanna, saranno, nel modo e luogo medesimo delle esequie già detto, poste due panche eminenti; e sopra quella dal lato ducale sederanno tutti i procuratori, ed accanto a loro quei magistrati che sogliono portare veste paonazza; nell’altra proprio a riscontro sedendovi in ordine tutti gli ambasciatori, et dopo loro quei baroni forestieri che in palazzo graduatamente stiano o accanto al trono o nella sedia. Sotto li quali immediate debbon sedere tutti i nobili genovesi ornati di titoli con stato e vassalli in qualsisia Regno o provincia. L’altra parte di cittadini parenti al defunto insieme col Senato o altri nobili del gran Consiglio sarà posta in panche di appoggio alquanto inferiori e separate da quelle. Celebrata la messa dallo Arcivescovo ed in sua assenza da prelato in dignità episcopale con le pietose sacerdotali deprecazioni, e fatte da persona dotta quelle parole latine più ornate e comode che comporti in tal caso la brevità del tempo, partiranno i magistrati col Senato, lasciando in facoltà de’ suoi prossimi seppellire la sera quietamente il corpo nel luogo a quella famiglia destinato. E in conseguenza da notare che a quella parte di nobili che, in guerra combattendo, morissero per servizio della Repubblica non si fa da’ suoi parenti segno di dolore con abito lugubre, giudicando onore e gloria loro esser più da rallegrarsi che da affligersi. Ben si è usato da Greci et Latini, da antichi e moderni, quando sia numero notabile della nobilita combattendo estinta, far le esequie pubbliche, conservando con funebre latina orazione presso a’ posteri il nome e fama di quelli quanto si possa onorata ed illustre. Questo medesimo ancora è solito farsi in morte eziandio naturale del generai capitano della Signoria; alle quali tutte sarà presente il doge. Viene parimenti in degna osservazione che alcun magistrato di Collegio per duolo de’ suoi privati, ancor che congiuntissimi, non porti alla presenza del principe altra veste che paonazza; deponendo ciascun governatore lo scarlatto in collegio per otto giorni solo, ma, uscito della sala, si vesta ogni giorno e da ogni ora il mantello nero civile con la sottana conveniente di panno per quel tanto tempo comunemente usato dalla nobiltà, nel modo che fuor di capella pontificia fanno i cardinali, mutando la cappa rossa nella paonazza. In tutto lo spazio dello interregno il magistrato de’ governatori, al quale per legge viene essenzialmente appoggiata ogni pubblica cura, porterà sempre, in palazzo e fuori, la veste scarlatta, segno manifesto della vitale e perpetua autorità pubblica. Per il che, non andando alle esequie del principe, ma solamente accompagnato il feretro sino alla porta del Palazzo, tornati di sopra, nè facendo dimostrazione alcuna di minuita o declinata maestà del dominio, attenderanno solleciti alla universale debita custodia e ordinaria loro amministrazione ne, duce defuncto, videatur una cum ilio interlinee respublica. CAPITOLO V (1) [Della elezione del doge] Sì come di tutte le cose create è il vero ed unico principio l’onnipotente Signor Dio, così di necessità conviene a tutti gli uomini nel cominciare qualunque operazione invocar sempre lo aiuto e la grazia sua: initium enim sapientia’ est timor Domini. Perciò, convocati nel giorno e ora deputata i cittadini per dar principio alla elezione del nuovo principe, si udirà primamente da tutti insieme la messa dello Spirito Santo, e col solito giuramento prestato in forma di fare la più utile e degna elezione di uomini per trattare azione così grave, procederanno secondo l’ordine alla totale esecuzione del principato. La quale fornita, avrà tempo lo eletto tutto quel giorno fino alla seguente notte a condursi tacitamente in Palazzo, non essendo (1) Nel manoscritto, che è certamente una copia, questo capitolo, che segue dopo il capitolo IV, è scritto per capitolo VI, còme il seguente per VII, con omissione del numero ordinativo δ. JEteputando che questo sia accaduto per errore, qui si è dato a questi due ultimi capitoli il loro numero naturale. - 117 — cosa uè solita nè degna lo abitare alcun principe e massime di repubblica in casa privata; così facendo la Santità del papa ed a quella imitazione il doge di Venezia. Nelle quali stanze alla sua persona assegnate, con abito di veste lunga sempre cremisina di maniche apeite, e con la berretta rossa ma privata, il doge riceverà le universali visite di parenti, amici e di tutti i nobili, ad alcuni, o per età o per grado, ma sempre ad uomini di dignità ecclesiastica e nobiltà forestiera scoprendo anco cortesemente il capo: continuate queste visitazioni in fine a tanto che, dato ordine alle domestiche bisogne, torni comodo a sua eccellenza pigliar l’abito e le ducali insegne. La mattina del quale giorno, che meglio sempre in comodo della città sarà festivo che feriato, poi che certo a pubblica ilarità si deve riguardare, uscito il doge di palazzo, e precedendo a tutti alcuni ministri pubblici, e dietro a quelli i nobili cittadini del Gran Consiglio vestiti di seta, seguiteranno le solite insegne di trombe, de’ mazzieri e della spada, con alcuni di casa più onorati familiari: dopo ai quali, o solo o accompagnato da ambasciatori o signor grandi e non da altri, verrà la persona del principe col manto d’oro ducale e la berretta cremisina privata. Dietro al quale saranno i governatori, togliendo alla· sua destra qualunque cavaliero di ordine regale o altro barone illustre forestiero che non segga accanto al trono, e alla mano stanca dei primi procuratori ciascuno genovese barone di alcun Regno che vi si trovi, seguendo insieme altri magistrati prestanti, a due a due, con tutto il resto dell’ordine senatorio, vestiti di seta o rossa o paonazza necessariamente. Intorno al doge dall’uno e l’altro lato auderanno cento almeno per parte, tra innanzi e dietro a lui, uomini militari eletti della guardia, armati in bianco, per decoro e sicurezza di tanto principe. Condotta Sua Eccellenza per via lata e frequente alla porta vecchia della chiesa cattedrale, dove dallo arcivescovo fin sul piano sopra le scale del tempio precisamente incontrato e da lui guidato fino alla lor sede, divertirà il doge al luogo suo consueto, aspettando che si cominci la messa, non potendosi nè di stile nè di ragione assumere grado alcuno di principato senza invocare col sacrificio della messa il nome e l’aiuto divino. Tocca all’arcivescovo, potendo, celebrare la messa pontificale: e, fornita quella, accompagnato fino alla medesima porta da Sua Signoria Rev.ma, il doge tornerà con tutta la comitiva a Palazzo; e, stando in piedi fra li due ultimi governatori e circondato dagli altri ad un luogo di loggia — 118 — o di finestra ampia che risguardi nella piazza, si.accosterà il più giovane togato ;lei propinqui al doge che vada in Gran l onsiglio, con la berretta ducale in mano, portata prima da lui al tempio innanzi Sua Eccellenza e tenuta durante la messa sopra l'altare, e, accostatosi con somma riverenza, sarà allora cura del penultimo governatore levar di capo la berretta privata al principe e del più giovane collega (togliendola di mano al parente) ornarlo subito della ducale (1), con dire in un tempo queste sole parole: Accipe signum ducalis Dominii, in nomine Patris Filii et Spiritus Sancti amen; rispondendo gli altri assistenti col capo aperto: Domine, Tu illuni adiura. Salutato il popolo e tornata Sua Eccellenza nella sala grande, posto dalli due primi governatori a sedere nel trono, assai tosto alzatosi parlerà a quel (1) Per dare una qualche idea delle robe ed insegue ducali adoppiate a tempo del primo maestro delle cerimonie, trascrivo la seguente Liuto di robe ilei pubblico che sono a cura di Stefano Compiano il 5 luglio 1615, |>oco dopo cioè che, molto il Bui doni (feb)., quelle robe eran servite per Γincoronazione del doge Claravezza (8 giug.)ll depositario si firmò come « capitano della scala ili Palazzo». Ecco I elenco (Atti ro|>osta: > perchè questo a noi pareria cosa non usata nè da noi per il passato nè da altra Repubblica o principe, per il che potrebbe quest'azione essere attribuita a superbia e a mala creanza, oltre di questo potrebbe portare inimicizie e mali effetti ivi insieme levare in tutto l’occasione di avere il titolo di Serenissimo da cui non lo ha dato sinora, non possiamo perciò in alcuno modo approvare quest'azione, e però assai più ». - 127 — •dare il titolo di Serenità e rendere la visita, in tal caso lodiamo che il giorno seguente o quando parerà più comodo il duce col Senato e con onorata compagnia di gentiluomini e guardia di tedeschi, avendo prima preso per via di ministri l'ora appuntata, andassero a visitarlo. Ma, quando si intenda che il detto principe per qualsivoglia causa non voglia trattare il duce con titolo di Serenità, ne pareria che potrebbe lasciare di fare la detta visita, e in tale caso basterà compire con gentiluomini, li quali si dovranno far venire occasione di certificare il detto principe che il duce e Senato hanno dispiacere che non li sia stato permesso di fare quest’offizio di presenza come desideravano per maggiore testimonio della volontà loro, avendo per meglio scansare l’occasione della presenza per evitare ogni sorte di disgusto e mala satisfazione che potesse venire per causa del 1 i trattamenti e termini fra di loro, atteso massime quanto si osserva con altri principi non maggiori di questa Repubblica: nel resto si loda compire con essi con ogni sorte di cortesia, e quando questi tali signori rendano la visita in Palazzo, lodiamo che a loro si faccia il medesimo ricevimento che essi avranno fatto al duce, quando saranno stati visitati, il quale ricevimento dovrà essere osservato diligentemente dal nostro maestro di cerimonie; e li ricevimenti di questi signori lodiamo che si faccino nella sala privata del duce sotto il baldacchino. E, perchè occorre che venghino alla città moltissimi titolati oltre li sopranominati ed altre persone costituite in dignità così ecclesiastica come secolare, la distinzione de’ quali sarebbe difficoltosa met-teila in scritto per il loro molto numero, si lauda che, quando parerà bene al Senato carezzare con visita alcuni di questi signori, si debba fare per mezzo di gentiluomini, e che il numero non sia meno di due e al più otto secondo la qualità del personaggio, lodando che questo non si faccia con alcuno delli dué Collegi. Quando alcuno di questi tali signori verranno a Palazzo a far visita, si loda che a coloro che saran di maggior qualità, come sarebbe a dire grandi di Spagna e di Italia e simili, che si mandino ad incontrare fuori della sala dell’udienza, calando qualche scala più e meno secondo la qualità del personaggio, due sino in quattro degl’ili.1111 signori procuratori, che così faranno alla partenza. Quanto ad altre persone di non tanta qualità basterà che si facciano accompagnare da cancellieri sino al fine della scala· / 128 - Circa agli ambasciatori eli S. M.tò Cattolica residenti, si loda che si faccia quelito che si è fatto sino a qui. Laudiamo anche che si proibisca ad ognuno degl’ili.mi governatori ed Ul.ml procuratori iar visita a qualsivoglia principe ossia ministro di principe senza licenza del Senato, nè meno ritrovarsi in banchetti pubblici di nozze senza ls detta licenza, proibendo anche che 11011 sia lecito senza licenza fare visita ad alcun cittadino che 11011 fosse parente, concedendo però che tra di loro senatori si possano visitare. Lodiamo medesimamente che li signori procuratori quando le occorrerà per li negozi particolari fermarsi in la piazza.de’ Banchi, il che si ricorda lo facciano più .di rado sarà possibile, si faccia con quella dignità si soleva fare gli anni passati, cioè sedendo in la principale banca, e non accomunarsi con ognuno come ora fanno, obbligando li cittadini a darli luogo e onorarli come meritano. Si lauda che ancora grill.”1 governatori e 111.11,1 procuratori, quando vanno per la città, eccetto quando vanno 0 vengono di villa, e particolarmente quando vanno a Palazzo, portino il robbone, e vadano con quella gravità che conviene al carico di tanta dignità, conducendo seco al manco due servitori conforme all’obbligo gl 111."1' governatori, e uno gl’ili.mi procuratori. III RELAZIONE [13 maggio 1613] (1) del Ser.""’ Pietro Dirazzo duce e degli ill,™1 Pier Francesco Saluzzo, Luigi Spinola, Bernardo Clavarezza e Tomaso Spinola, e delli m.l1 Paolo Sauli q. Bartolomei, Giorgio Centurione, Francesco Mari e Giovan Francesco Bhignole deputati da’ Ser.™· Collegi i CONSIDERARE E RIFERIRE IL MODO DA TENERE PER LA REPUBBLICA IN MATERIE DI CERIMONIE E COMPLIMENTI CON PRÌNCIPI FORASTIERI Serenissimi Signori Abbiamo, conforme all’ordine di VV. SS. Ser.mc avuta matura considerazione al parfcicolar delle cerimonie e complimenti da farsi con principi o personaggi che verranno alla città; e, visto il cerimoniale che da VV. SS. Ser.rao fu approvato l’anno 1587, e una relazione che intorno a ciò fu fatta gli anni passati da deputati di \ V. SS. ber.”1®, ed esaminato con lunga discussione tutto quello che intorno a questa pratica ci è sovvenuto, riferiamo a V V. SS. Ser.me essere concordi di opinione che, quando cosi piaccia alla loro molta prudenza, siano servite con autorità del Minor Consiglio provvedere per legge in tutto come in appresso; sottomettendo però il tutto alla loro prudentissima correzione. Occorrendo che venga alla città il papa o l’imperatore, re di corona, imperatrici o regine, si dovrà nel riceverli e visitarli servare in tutto come sotto. Prima si manderanno due ambasciatori ad incontrarli fuori del Dominio della Repubblica per quel spazio di miglia che alli Ser.mi (1) Cerei»., filza -183 A. - Cfr. quello che si è detto di questo documento a pag. 36. — 130 - Collegi parrà convenirsi, i quali gli anderanno incontra per terra o per mare secondo la strada che terranno, e dovranno invitarli a venir ad alloggiar nella città, offerendoli in nome pubblico alloggiamento. Fatto il complimento predetto, se ne ritorneranno alla città. A’ confini dello Stato si manderanno sei ambasciatoli, che faranno l’istesso ufficio, e ritorneranno con loro, avendo pensieio e cura di farli alloggiare e spesare nei luoghi del Dominio per li quali passeranno. Accostandosi poi alla città, dovrà il duce con ambo i Collegi andargli incontro con numerosa guardia di alabardieri tedeschi e compagnia di gentiluomini a cavallo, con li 40 capitani della città e maestro di cerimonie; e, rispetto alle persone del papa ed imperatore, dovranno incontrarli, se verranno dalla parte di levante, sino a passato il ponte di S. Agata, e, se dalla parte di ponente, sino alla loggia di San Pier d’Arena, discendendo a piedi vicino che saranno 25 passi, rallegrandosi della loro venuta e offerendoli tutto quello, che dalla Repubblica potrà venire in loro servigio, tacendo al l'imperatore quell'atto di riverenza che conviene, dovendo procedere col papa conforme all’ordine che darà il suo maestro di cerimonie. Poi. montati a cavallo, li accompagneranno dove dovranno alloggiare, ed i\i giunti, discen dendo a piedi, li faranno compagnia sino alla loro stanza, dove li lascieranno. E nel cavalcare dovrà il duce cedere il luogo alli caldi nali che vi fossero. E venendo per mare li riceveranno allo sbarco in porto nel luogo dove sbarcheranno. Il giorno seguente, o quando tornerà più comodo, dovià il duce e Collegi andarli a visitare, avendo con loro l'istessa comitiva che sopra si è detto; e poi il giorno manti della partenza anderanno a ora conveniente a licenziarsi. Alle imperatrici, re e regine anderanno il duce e i Collegi incontra e veniranno dalla parte di levante sino alle abbaie di 13i sagno, e se da ponente sino alla erosa larga di San Pier d Alena, aspettandoli a piedi con la comodità e decenza conveniente, e, fatti i debiti complimenti, monteranno a cavallo e li accompagneranno sino all’alloggiamento loro, discendendo e facendoli compagnia sino alla stanza loro; e, venendo per via di mare, li riceveranno nel porto allo sbarco, visitandoli poi, e andando a licenziarsi prima della pai-tenza nel modo che si è detto di sopra. - 131 - 11 medesimo si faccia con li primogeniti legittimi dell’imperatore e delli re. ■ Rispetto alli figli non primogeniti e fratelli legittimi dell'im-peiatoie e delli re, si manderanno sei gentiluomini ad incontrarli fuori della citta più e meno lontani secondo la qualità del personaggio; e alti i otto poi a riceverli alla porta della città o al ponte dove sbar-casseio, e il duce coi Collegi anderà poi il giorno seguente, o altro che si appunterà, a visitarli al loro alloggiamento con la compagnia di nobili e guardia di tedeschi, come s’è detto di sopra. Alli cardinali legati destinati alla Repubblica mentre facciano pubblica entrata si faranno i complimenti, e si procederà con loro in tutto e per tutto come si è detto di sopra con li re. E, quando 11011 volessero far entrata pubblica, si manderanno .ad ogni modo ad incontrare da gentiluomini nel modo che si è detto sopra rispetto alli re: e, giunti in Genova, sieno visitati dal duce e Collegi nella casa ove alloggeranno, con andar a licenziarsi poi, prima della loro partenza, nel modo già detto. Nel rendersi la visita di detti figli 0 fratelli dell’imperatore 0 re 0 cardiuali legati, si manderanno al loro alloggiamento gentiluomini in buon numero che gli accompagnino a Palazzo, dove saranno ricevuti dal duce e Collegi, i quali l’incontreranno scendendo la prima e seconda scala sino a capo dell’ultima, mandando quattro delle persone di essi Collegi a riceverli allo scavalcare, e il duce li darà il lato destro. Ed arrivati nella sala deH’udienza, dovranno esser apparecchiate nel trono sotto il baldacchino due sedie, e nella destra sederà il personaggio che sarà venuto a render la visita e nella sinistra il duce; il quale al ritorno l’accompagnerà insieme coi Collegi, scendendo tutte le scale sino nel porticale del Palazzo, e, licenziandosi, li manderanno l’istesso numero di senatori dal quale fu ricevuto ad accompagnarli sino al salir in lettica 0 a cavallo. Alli cardinali ed alli principi d ltalia, cioè duchi di Savoia, Firenze, Parma, Mantova, Urbino e Modena, alli sei principi elettori dell'impero, viceré di Napoli, governatori di Milano, viceré di Sicilia, ammiragli generalissimi del mare di S. Chiesa, d'imperatore e di re, e governatori di Fiandra, ambasciatori d’imperatori e re destinati a Roma, e nunzi del papa all’imperatore o regi, ed al gonfaloniere di S. Chiesa si mandino incontra sei gentiluomini con la solita compagnia di tedeschi, con galea venendo per mare di levante sino so- — 132 jira la foce di Bisagno e da ponente sino sopra S. Pier d Arena, e venendo per terra sino alle albare di Bisagno da levante e da ponente sino a S. Lazai’O, i quali dovranno accompagnarli sino al loro alloggiamento, dove poi il giorno seguente o altro che più tornerà comodo anderanno a visitarli in nome pubblico otto altri gentiluomini in compagnia di tedeschi. Alli nunzi di Sua Santità, alli ambasciatori dell’imperatore e di re di corona destinati alla Repubblica si manderanno incontra quattro gentiluomini con galea sino fuori del porto se verranno per mare, e se per terra fuori della porta della citta, i quali li accompagneranno sino all’alloggiamento, ed ivi poi saranno in nome pubblico visitati da otto altri gentiluomini: quando poi verranno a Palazzo, se li manderà numero di gentiluomini a riceverli ed accompagnai li, e dal duce e Senato saranno ricevuti e trattati pel modo che si è servato per il passato. Toccante all’ambasciatore del re Cattolico qui residente, nel suo primo ingresso nella città si servi incontrarlo e riceverlo in tutto, come sopra si è detto del nunzio ed ambasciatori imperiali e regi. Occorrendo poi che nel corso della sua legazione vada fuoii e 1 itomi, sia visitato nel ritorno in nome pubblico da quattro gentiluomini, e, quando per negozi o altro avrà da venir a Palazzo, nel ricevimento e trattamento suo si servi il solito. Gli ambasciatori dei principi d’Italia mandati alla Repubblica si ricevano alla porta della città in nome pubblico da due gentiluomini, che li conducano all’alloggiamento, dove siano poi visitati da quattro altri gentiluomini: nel venir a Palazzo siano accompagnati da numeio di cittadini, e dal duce e Senato ricevuti e trattati come si è servato sino a qui. Non sia lecito a governatori e procuratori della Repubblica senza licenza del Senato far visita a qualsivoglia principe o ministro di principe, nè andar a banchetti pubblici di nozze, nè a spettacoli pubblici, nè meno far visita ad alcuno cittadino o altro che non gli fosse parente, concedendo però che tra loro possano visitarsi. Se mons.r arcivescovo di Genova nel primo ingresso della dignità vorrà far entrata pubblica vestito pontificalmente sotto il baldacchino, accompagnato dal clero, anderà ad incontrarlo il duce con li Collegi sino alla porta della città, conforme al solito, con condecente compagnia di gentiluomini e guardia di tedeschi, con le comodità che porterà - 133 — allora il costume de’ tempi, e, ricevutolo, se ne ritorneranno seco, andando il duce in sua compagnia sotto il baldacchino sino alla chièsa cattedrale, come si è servato per l’avanti in simili ingressi. Quando non facesse entrata solenne, sia visitato in casa da otto gentiluomini in nome pubblico. Li gentiluomini che si manderanno a far visite o complimenti dovranno pigliar ordine dal Senato o Collegi o dal duce e due governatori di Palazzo, mentre il Senato non sarà congregato di quello che dovranno esporre a personaggi che avranno da visitare, e così delli titoli che dovranno lor dare, i quali dovranno puntualmente osservare l’ordine che sarà stato dato. IV CERIMONIALE NUOVO del 1639 DELIBERATO DAL· MlNOR CONSIGLIO PER NUOVA LEGGE (1) Relazione dell’Ecc.1110 Bartolomeo de’ Stg.1' di Passano e del-l’Ilt..™0 Gtiovan Luca Ciàvari deputati dai SSer.™1 ColleMi a rivedere I CAPITOLI ed ALTRE COSE CONCERNENTI IL· cerimoniale Ser.™0, Ecc.mi ed Ill.mi Signori Abbiamo in conformità dell'ordine di YV. SS. Ser.me riveduto il cerimoniale che per loro decreto approvarono sotto li 1 1 di marzo del 1587, considerata la relazione fatta l’anno 1620 dalla deputazione sopra la riforma delle cerimonie o complimenti con principi che vengono in questa città, visto li ricordi sopra essa dati 1 anno 1029 da due Ul.mi deputati, e avuto riguardo alla variazione de’ tempi e a quello che dalle passate deputazioni è lodato eh alla pubblica dignità convenga che le persone delle VV. SS. Ser.1"0 vadano collegialmente attorno quel meno che si possa, siamo venuti in parere di riferirle che loderiamo il provvedere per legge con l’autorità del Minor Consiglio come in appresso, sottomettendo però il tutto alla piuden-tissima deliberazione di λ V. SS. Ser.1110 Gap. 1) — Primieramente, se venisse per alcun tempo alla città il papa, l’imperatore, imperatrice, re o regina, si manderanno due ambasciatori ad incontrarli fuori del Dominio per quello spazio di (1) Cerem., filza 401 ili gen. 1039;. - Cfr. a pag. 37 quello che vi si dice di questo documento. miglio che parerà conveniente a’ Ser.mi Collegi, cosi per terra come per mare. Questi dovranno a nome pubblico invitarli a venire ad alloggiare nella città nell’ospizio preparatogli dalla Repubblica, e, fatto il complimento, se ne ritorneranno. Appresso anderanno sei altri gentiluomini ambasciatori a’ confini dello Stato, faranno lo stesso ufficio, li accompagneranno per il viaggio, avranno pensiero di farli alloggiare e spesare ne’ luoghi del Dominio per i quali passeranno. Li Ser.mi Collegi li anderanno incontro con numerosa guardia di alabardieri, accompagnati da comitiva di gentiluomini a cavallo, serviti da’ capitani della città ed officiali di Palazzo, e, rispetto alle persone del papa ed imperatore, se verranno dalla parte di levante, saranno incontrati da detti Ser.mi Collegi sino passato il ponte di S. Agata, e, se dalla porta di ponente, sino alla loggia di S. Pietro d’Arena, ed accostandosi a 25 passi ai detti personaggi, cioè papa ed imperatore, scenderanno a piedi, passando con essi loro gli offici d’allegrezza per la sua venuta, offerendoli tutto quello che dalla Repubblica potrà venire in loro servigio, con quella riverenza ch’alia maestà de’ personaggi si conviene e come si concerterà col maestro di cerimonie delle loro corti; poi li accompagneranno all’alloggiamento, ed anco sino alle stanze, mentre però non vi sia impedimento che Sua Serenità abbia il dovuto suo luogo immediatamente appresso il personaggio, perchè, quando ciò non seguisse, dovranno li Ser.™ Collegi partirsi, fatto il complimento, per andare ad aspettarli nella casa dell’alloggiamento. Quando li detti personaggi vengano per mare, li Ser.mi Collegi li riceveranno nel luogo dello sbarco nel modo suddetto. Il giorno seguente, o altro più comodo, li Ser.mi Collegi anderanno a visitarli con l’istessa comitiva come sopra, e lo stesso faranno il giorno innanti o altro vicino alla partenza per licenziarsi. 2) — All’imperatrice, re o regina anderanno li Ser.™1 Collegi incontro da levante sino al borgo di Bisagno. da ponente sino alla erosa larga di S. Pietro d’Arena, spettandoli con la comodità e decenza che si conviene, e, fatti i dovuti complimenti, li accompagneranno sino all’alloggiamento e fino alle stanze; e, venendo per mare, li riceveranno allo sbarco, servandosi però nell’accompagnamento la forma detta di sopra nel ricevere il papa e l’imperatore, e li faranno il medesimo complimento il dì o altro seguente per la visita, o alla partenza per licenziarsi. — 136 — 3) — Questo istesso si osservi con i figli primogeniti dell’impe-ratore e dei re. Rispetto alli figli non primogeniti dell’imperatore e dei re, e de' fratelli legittimi di essi, ed agli arciduchi d’Austria, si manderanno sei gentiluomini occompagnati da numero di tedeschi ad incontrarli fuori della città, più o manco lontani secondo la qualità del personaggio, ed altri otto poi a riceverli alla porta della città o al ponte dove sbarcasse. Ed i Ser.mi Collegi anderanno poi il giorno seguente o altro che si appunterà a visitarli al loro alloggiamento con la compagnia della nobiltà e guardia di tedeschi, come si è detto di sopra, quando però sia loro corrisposto nel ricevimento col titolo di Serenissimo e luogo dovuto, cioè la banda destra a Sua Serenità, e certezza che debbano render la visita. 5) — Con i cardinali legati destinati alla Repubblica si faranno i complimenti, e si procederà con loro come si è detto di sopra con i re, e, quando non facessero entrata pubblica, si manderanno ad ogni modo gentiluomini ad incontrarli nel modo che si è detto di sopra rispetto alli re, e, giunti in Genova, saranno visitati da’ Ser.”11 Collegi nella casa dove alloggeranno, e poi un’altra volta prima o nell’atto della loro partenza. 6) — Venendo li figli non primogeniti, fratelli legittimi di re o imperatore, cardinali legati alla Repubblica a render la visita, si manderanno al loro alloggiamento molti gentiluomini che l’accompagnino a Palazzo, dove sarà la piazza armata e si spareranno li soliti mortaretti e moschetteria; saranno incontrati da’ Ser.’"1 Collegi sino a mezzo la seconda stanza, mandando quattro delle persone d’essi Ser.mi Collegi per riceverli allo scavalcare. Anderanno a destra del Ser.m0 duce, e così sederanno sotto il baldacchino per corrispondere al trattamento ricevuto in loro casa. 7) — Nel partire, li Ser.mi Collegi li accompagneranno sino a mezzo il porticale del Palazzo, dove, licenziandosi li Ser.mi Collegi, resteranno quattro 111.®1 procuratori per farli compagnia sino a capo della scala di fuori, fermandosi ivi fino che eglino saranno entrati in lettica o in bussola e che partiranno. A cardinali, a principi grandi d’Italia e a principi elettori dell’impero si mandino incontro da sei sino in otto gentiluomini con galea venendo da levante sopra la foce di Bisagno, da ponente sin sopra l’acqua della Ponsevera, venendo per terra al borgo di Bisagno da - 137 — levante, e da ponente sin fuori la porta della Lanterna, li quali dovranno accompagnarli sino al loro alloggiamento, dove poi il giorno seguente, o altro più comodo, anderanno a visitarli altri sei ovvero otto gentiluomini. 8) — Ai viceré di Napoli, di Sicilia, governatori di Milano, ammiraglio generale dell’armate marittime dei re, generale di S. Chiesa, dell’imperatore e de' re, e a governatori di Fiandra si mandino incontro sei gentiluomini con galera, venendo da levante, sin passato S. Giacomo di Carignano, e, da ponente, sin passato la Lanterna, li quali dovranno accompagnarli sino al loro alloggiamento, dove poi il giorno seguente saranno visitati da sei sino in otto gentiluomini. 9) — Li nunzi di Sua Santità all’imperatore o a re, gli ambascia-tori di questi al papa ed a re saranno incontrati fuori del porto prima da quattro, e poi saranno visitati da sei gentiluomini, quando però essi debbano venire a visitare li Ser.mi Collegi o pure Sua Serenità ed i due Ecc.mi assistenti. Escludendo però da simil ricevimento quelli nunzi ed ambasciatori che non avessero fatto li dovuti complimenti con gli ambasciatori della Repubblica nelle corti dove si fossero trovati nel medesimo tempo; con i quali non si dovrà complire in alcun modo. 10) — Li nunzi del papa, gli ambasciatori dell’imperatore e dei re destinati alla Repubblica saranno incontrati per mare fuori del porto da quattro gentiluomini con galera, per terra fuori delle porte vecchie della città, ed accompagnati da questi stessi all’alloggiamento, dove saranno visitati da altri otto. Quando verranno a Palazzo, si manderanno numero di gentiluomini ad accompagnarli, ovvero si faranno invitare dal padrone della casa dove alloggeranno; se li armerà la piazza. Nel portico vi saranno quaranta tedeschi alabardieri che li accompagneranno; al rastello delle scale saranno incontrati da quattro degl'ili.™1 procuratori, li quali, ponendoli in mezzo, li accompagneranno nella sala del Senato, dove da Sua Serenità insieme con i Collegi saranno incontrati a mezzo di detta sala; sederà poi in man sinistra del Ser.m0 Senato, al pari però de’ senatori, sopra la stessa sedia del vicedecano, dove esporrà la sua ambasciata. Al licenziarsi Sua Serenità con i Ser.mi Collegi l'accompagneranno sino alla porta della stessa sala senza uscire, di dove li suddetti quattro Ul.mi procuratori l’accompagneranno sino a mezzo il portico. — 138 — 11) — Li grandi di Spagna, li ducili pari e marescialli di Francia, venendo a Genova, si manderanno a visitare da quattro gentiluomini, precedendo sempre promessa di restituire la visita a Palazzo. 12) — Li altri personaggi, tanto secolari quanto ecclesiastici, dei quali non si fa particolar menzione, quando dai Ser.im Collegi sarà stimato che debbano esser visitati, dovrà eseguirsi con quel numero di gentiluomini che a detti Ser.mi Collegi parrà, purché non eccedano il numero di quattro; il che però si dovrà fare con la cautela che debbano visitare almeno Sua Serenità ed i due Ecc.mi di Palazzo. 13) — L’ambasciatore del re Cattolico qui residente, nel suo primo ingresso, sarà incontrato e ricevuto come si dice de’ nunzi apostolici ed ambasciatori imperiali e regi; e, occorrendoli in tempo della sua ambasceria andare fuori dello Stato, se si sarà licenziato da Palazzo sarà visitato al ritorno in nome pubblico da quattro gentiluomini. Nel venire per negozio o altro a Palazzo, si osservi il ricevimento e trattamento solito, ch’è d’alabardieri nel portico, secretario e maestro di cerimonie in cima delle scale, Ser.m0 duce e Collegi l’incontreranno a mezzo la stanza, sedia sinistra al pari de’ senatori sopra quella dove sederà il vicedecano. A licenziarsi si accompagni sino alla porta di dentro, ed il secretario con gli alabardieri sino a mezzo il portico. 1-i) — Gli ambasciatori de’ principi d’Italia o altri potentati che non siano re mandati alla Repubblica siano ricevuti alla porta vecchia della città da due gentiluomini, che li conducano aH’alloggiamento, dove saranno visitati da altri quattro. Venendo a Palazzo, saranno accompagnati da numero di nobiltà, troveranno alabardieri nel portico, secretario o maestro di cerimonie in cima delle scale: quando saranno nella sala del Ser.™0 Senato, Sua Serenità si leverà dal suo luogo e l’anderà incontro due o tre passi sopra il trono, se gli darà sedia incontro di Sua Serenità a mezzo il trono, e saranno accompagnati da loro signori Ser.™' sino a mezzo la stanza. 15) — Li generali delle galere del papa e de’ re, si faranno visitare da quattro gentiluomini, ed il generale di galere d’altri potentati da due. 16) — Li ambasciatori de’ potentati che verranno qua di passaggio, se non avranno lettere per il Ser.mo Senato, non se li farà complimento di sorte alcuna; quando però ne avranno, si faranno visitare da due gentiluomini, e, venendo poi loro a Palazzo a visitare il Ser.™0 duce ed i due Ecc.™‘ senatori assistenti, saranno incontrati alla porta - 139 — della stanza dell’udienza da Sua Serenità, e sederanno alla sinistra del duce, e li due senatori alla destra. 11 ) Ogni volta che si dice che vadano gentiluomini ad incontrare a nome pubblico personaggi, s’intende che debbano essere accompagnati dal maestro di cerimonie o da altro faccia l’officio, da due targetti e numero di tedeschi con spada e cappa. 18) — In tutti li sopradetti complimenti resti facoltà a’ Ser.™1 Collegi di accordare per mezzo de’ loro ministri con i ministri de’ per-sonagg1 che venissero tutte quelle corrispondenti dimostrazioni che giudicheranno convenienti per decoro e dignità della Repubblica, secondo le quali potranno loro SS. Ser.ine regolare l’esecuzione di tutto il suddetto in conformità del trattato di sopra. 19) — E, perchè le persone de’ Ser.mi Collegi abbiano manco occupazioni di visite o altri complimenti, si loderebbe di proibire che niuna di esse possa far visite a qualsivoglia principe nè ecclesiastico nè secolare nè ad alcun ministro di principe, compresi gl’Ecc.™1 principe Doria e marchese Spinola, ancorché gli fossero parenti in qualsiasi grado, eccettuati li fratelli; nè possa andare a banchetti e feste di nozze nè a spettacoli pubblici, nè far visita ad alcun cittadino o altro che non fosse parente senza licenza del Ser.mo Senato per giuste e urgenti cause, concedendo però che tra loro possano vicendevolmente visitarsi. ■ ‘20) — Dovranno essere alloggiati a spese pubbliche, come di sopra si è detto, il papa, l'imperatore, imperatrice, re, regine e figli loro primogeniti legittimi. 21) — I nunzi del papa e gli ambasciatori de’ principi destinati specialmente alla Repubblica dovranno avere una casa apparecchiata, senza però essere spesati dal pubblico, nè anco da privati in qualunque modo. Li altri personaggi non saranno spesati dalla Repubblica nè avranno alloggio pubblico, dovendosi in questi tempi non solamente fuggire le spese, ma l’incomodo, per non gravare la Camera Ill.ma, nè tampoco li cittadini. 22) — Li gentiluomini che si manderanno a far visite o complimenti dovranno pigliare ordine dal Senato Ser.mo, o dai Collegi o da Sua Serenità e due Ecc.n,i governatori di Palazzo, mentre non sarà congregato il Senato di quello dovranno esporre a personaggi che avranno da visitare, e cosi delli titoli che dovranno lor dare; li quali dovranno puntualmente osservare li ordini che saranno loro — 140 — dati e riferire quanto prima potranno il complimento fatto, acciò se ne possa far nota nel solito libro per mano del maestro delle cerimonie. 1639, 11 .Januarii Approbata per Ser.ma Collegia ad calculos etc. 25 dicti Approbata a Minori Condì io calculi's 79 faventibus et 32 repugnantibus. V LEGGE (1) CHE PROIBISCE LI COMPLIMENTI USATI SIN ORA A’ SIGNORI CARDINALI ED INSIEME SI DICHIARA IL MODO CHE SI HA DA TENERE nell’avvenire CON ESSI NEL COMPLIRE Avuta dal segretario Poggio 1644, li 18 aprile Che si aggiunga al cerimoniale approvato dal Minor Consiglio che gli onori e complimenti che per disposizione di esso cerimoniale devono farsi a gl’ili.™1 cardinali s’intende solamente di quelli cardinali che avranno accettato lettere della Ser.ma Repubblica con titolo di Illustrissimo. Per gli altri cardinali che non avranno accettato sia necessaria l’approvazione del Minore Consiglio con li due terzi di voti favorevoli. Quando essi signori che non avranno accettato lettere della Ser.n,a Repubblica con titolo d'illustrissimo o altri per loro comodo o servigio facessero qualunque richieste, si propongono al Minor Consiglio, e s’intenda fatta la concessione se vi concorreranno le due terze parti de’ voti favorevoli. 18 aprilis 1644 Proponatur Minori concilio per Ser.ma Collegia ad calculos, amotis propinquis illustrorum cardinalium. 21 aprilis Proposita Minori Concilio, approbata remansit cotis favorabilibus 70 et 15 contrariis, amotis amovendis etc. (1) Cerem,., filza 461 (in calce alia copia del Cerimoniale dell’11 gen. 1639). - Cfr. qui innanzi alla pag. 37 quello che si dice di questo documento. CERIMONIALE PEI RICEVIMENTI CHE FARANNO 1 COMPONENTI DEI SeR."11 COLLEGI (1) 1658, a 15 gennaio 11 Ser.mo Senato ha deliberato a palle, che si eleggano due 111.mi ed Ecc.mi procuratori, acciò formino ima istruzione, per riferirla a Ser.™ Collegi, circa il titolo, ricevimento e trattamento da faisi a personaggi con quali occorre trattare alla giornata, quale debba poi osservarsi da tutte le persone de’ Ser.mi Collegi, per andare uniformi in questi affari. Die ea Eletti grill.™1 ed Ecc.mi signori Giov. Battista Baliano e Nicolò Serra ad calculos. Li suddetti 111.™1 ed Ecc.ml signori Criov. Battista Ballano e Nicolo Serra, in esecuzione del comandamento di VV. SS. Ser.me, avendo discorso e fatta particolare riflessione alla pratica, sariano di parere di riferire a W. SS· Ser.™6 che si potesse fare detta istruzione nella forma seguente, quale poi dal maestro di cerimonie si dovesse dare stampata a quelli cittadini che saranno estratti, prima d’entrare nel numero de' Ser.mi Collegi. Cioè, che quando avranno fatto il loro ingresso, se dovessero ricevere in loro casa un cardinale, debbano mandargli incontro la loro famiglia e qualche figlio o parente alla porta di strada, egli mede- (1) Oerem., filza 462 (gen. 1658). - Cfr. quello che di questo documento si dice qui innanzi a pag. 37. - 143 - simo a mezze scale, dargli precedenza in tutto, accompagnarlo alla porta di strada, e lasciarlo partire prima, ancorché fosse in lettiga o in bussola. Alli Ill.mI ed Ecc.mi governatori e procuratori andargli in cima alle scale, accompagnando alla porta di strada, precedenza, ancorché minore di età, e lasciarlo partire prima, come sopra. Alli signori grandi di Spagna, duca pari di Francia ed a signori di pari qualità incontrarli in cima alle scale, precedenza, titolo di Eccellenza, accompagnarli alla porta di strada, o lasciarlo partire prima, come sopra. Alli vescovi delle città di Sarzana, Savona ed Albenga e a quelli posti fuori del Dominio, venendo loro in abito, dargli l’Illustrissimo, agli altri poi del Reverendissimo, riceverli tutti vicino alle scale, precedenza, e accompagnarli una scala sola, cioè a dire un terzo delle scale. A mons.r vicario archiepiscopale, al padre inquisitore ed alli generali delle religioni non gli dare precedenza, ma bensì titolo di Reverendissimo, incontrarli fuori del salotto ed accompagnarli per quattro o sei scalini. Alli generali però domenicani, francescani e gesuiti dai’li anche la precedenza. Alli cittadini nobili privati non si dà precedenza, e si accompagnano sino in capo dalle scale. Non si ricevano visite che non si abbia probabile certezza che debbano dare il titolo di Eccellenza, e, quando nell’atto della visita mancassero, ritirarsi con segno di sentimento e darne poi subito parte a’ Collegi Sér.ml. Ne’ luoghi pubblici procurare sempre il primo luogo,, nè cederlo poi ad altri, fuori che a cardinali, e, se anch’essi fossero sotto baldacchino o sopra bardella, sarà meglio non andarvi. Nell’andare in quelle chiese dove fosse folla, sarà bene passare per li claustri e andare nel sancta sanctorum, dove vi suol essere sedia e panchetto. Le visite si riceveranno con collare, zimarra e berretta senatoria. Mentre si sente messa collegialmente in pubblico, non dire officio, coronetta, od altra simile orazione con libretto, ma stare con devozione, gravità e decoro e con attenzione al Serenissimo duce, per andare di concerto nella funzione. - 144 - Quando il cappellano porta la pace o l’incenso, fare con la testa un atto di civiltà, ma non dire cos’alcuna, il che solo deve dire il prete. φ 1658, a 31 gennaio Letta alli Ser.mi Collegi Proposto di deliberare in conformità dì detta relazione, raccolti lì roti, non è stata approvata. Si delibera in conformità di detta relazione con dichiarazione che a tutti li vescovi si dia il titolo di “ Illustrissimo. ” Ver Ser.ma Collegia ad calculos. Detti Ecc.mi deputati considerino il modo del trattamento che abbiano da fare li commissari che si mandano in Riviera con li vescovi e riferiscano. Per Ser.ma Collegia ad calculos. Sentito ciò che ha rappresentato il maestro delle cerimonie a detti Ser.mi Collegi, è stato proposto dì deliberare che, non ostante il decreto fatto, debba il sergente generale star coperto nelle pubbliche funzioni. La posta non è stata approvata. lù‘58, a 12 giugno Al primo capitolo della relazione fatta dagli Ecc.mi signori Giov. Battista Ballano e Nicolò Serra ed approvato da Ser.mi Collegi sotto li 31 Gennaio prossimo passato si sono aggiunte quelle parole che dicono « con collare, robbone, berretta senatoria, e titolo di u Eminenza ” Per Ser.ma Collegia ad calculos Ioannes Benedictus APPENDICE II INTESTAZIONE DELLE NARRATIVE DEI LIBRI CERIMONIARUM (1561 - 1688) · (1688 - 1797) _____ AVVERTENZA Le intestazioni delle narrazioni o narrative degli avvenimenti cerimoniali della Repubblica di Genova scritte dai cerimonieri e dai loro sostituti sono qui appresso riportate di consueto come furono scritte, corrette solamente nell’ortografia per la più agevole lettura e comprensione. Tale correzione ortografica non si estende però ai nomi delle persone e de’ luoghi, meno che quando si tratti di nomi notissimi per i quali non sarebbe possibile prendere abbaglio. Tuttavia bene spesso, quando il personaggio sia stato nella originaria intestazione designato con la dignità o l’incarico, vi si è aggiunto il nome quale risulta dal racconto; tal’altra vi si è aggiunta l’indicazione della provenienza del passaggiero o qualche particolare che opportunamente reintegri la intestazione: e, quando l’intestazione sia mancata affatto, così come accade qualche volta qua e là e special-mente nei libri VII e IX, dessa è stata appositamente compilata, pur imitando lo stile delle altre. Per quanto concerne la cronologia, convien dire che le singole date sono state apposte, chiuse in parentesi, in fondo a ciascuna intestazione, limitate al giorno e al mese, lasciando l’indicazione dell’anno solamente all’intestazione iniziale dell’anno stesso, stampata in grassetto, cosi che resti agevole cosa lo scorrere con l’occhio la progressiva successione annuale. Tale ordine cronologico non si è potuto seguire nelle intestazioni del volume Ceremoniarum 473 B, che sono in capo di questa appendice II, perchè nel detto volume originale esse si seguono disordinatamente e per gran parte prive di data. Fra odi avvenimenti che i cerimonieri annotavano erano anche le funzioni religiose solenni, nelle quali interveniva la Signoria di Gè- — 148 — nova. Poiché le loro citazioni si ripetono annualmente e talora accade che, non avendo desse occasione in qualche anno di alternarsi con cerimonie civili, la pagina del libro Ceremoniarum assomiglia a una pagina di calendario, si è stimato che basti riportare per cognizione del lettore quelle dei due primi anni 1588 e 1589, sopprimendo le altre degli anni consecutivi, eccezion fatta delle feste e funzioni che si andarono poi istituendo, ma 'anche queste citandole per la prima volta soltanto o, al più, per due volte. Si sono ripetute le notizie di quelle funzioni in ciascuna delle quali, come è ricordato nella narrativa, parlò un oratore sacro o profano di cui è fatto il nome, e ciò perchè non restino ascosi i nomi di uomini che talora eccelsero nella eloquenza. Tali funzioni sacre, a cominciare dal 1588 e 1589, date iniziali della serie numerata dei libri Ceremoniarum, erano le seguenti: 17 gennaio — S. Antonio (la prima menzione è del 1593). 20 gennaio — SS. Fabiano e Sebastiano (dal 1589). 25 marzo — Annunciazione; perdono all’ospedaletto (dal 1589). ......". — Settimana santa e Pasqua (dal 1588). Martedì santo — Perdono all’ospedale di Pammatone (dal 1589). Domenica in albis — Processione delle ceneri di S. Giovanni Battista (dal 1588). 24 aprile — S. Giorgio (dal 1588). 7 maggio — S. Monica (dal 1646). ......— Corpus Domini (dal 1588). 13 giugno — S. Antonio di Padova (dal 1655). 24 giugno — S. Giovanni Battista (dal 1662). 16 luglio — S. Maria del Carmine (dal 1672). 15 agosto — Assunzione di Μ. V. (dal 1655). 20 agosto — S. Bernardo (dal 1630). 12 settembre — Anniversario dell’Unione (dal 1588). 24 settembre — Nome di Μ. V. (dal 1673). 4 ottobre — S. Francesco di Assisi (dal 1685). la domenica di ottobre — SS. Rosario (dal 1629). 3 dicembre — S. Francesco Saverio (1655, poi dal 1685). 8 dicembre — Concezione di Μ. V. (dal 1588). 25 dicembre — Natale (dal 1588). Oltre a queste, altre solennità appariscono saltuariamente nei libri Ceremoniarum, quelle di S. Maddalena de’ Pazzi, di S. Tommaso — 149 — (J Aqnino, del Sudario, della Santa Croce, dei SS. Giacomo e Filippo, di S. Filippo Neri, di S. Siro, di S. Gaetano, di S. Bartolomeo, di S. Domenico Soriano, di S. Brigida, di S. Teresa, di S. Carlo, di S. Leonardo, di S. Francesco Borgia, di S. Andrea, A ogni modo di queste cose ha già particolarmente discorso il sacerdote Domenico Cam-biaso nel suo volume sullMwwo Ecclesiastico in Genova (in Atti della Società Ligure di storia patria, voi. XLVIII), cosicché anche per questo non conveniva fare maggior conto di cotale materia. Infine è sembrato opportuno di corredare di brevi note alcuni dei tanti nomi propri che sono nelle intestazioni, prescegliendo quelli di personaggi meno noti, tralasciando gli altri che o sono illustrati ne’ libri di storia e di biografia o, trattandosi di personaggi liguri, non sono ignoti agli studiosi di Genova, che è la città sede di questa pubblicazione. Intestazioni delle narrative nel volume CEREMONIARUM 473 B. (1) Al duca di Mantoa. Al duca di Alca. A Don Ernando figlio del duca d’Alva. Al Rev.mo Cardinal Santa Croce. L’ambasciatore di Lucca (sett. 1568). L’ambasciatore del re di Portogallo (1567). Per lo Ill.mo e Rev.mo cardinale Pachiecco e per lo 111.mo principe di Fiorenza venuti di Spagna (1574 ?) (2). Per il marchese di Cernivo, mandato per Sua Maestà Cattolica a visitar Sua Santità (3). Per il gran cancelliere di Milano. Per l’ambasciatore del re di Polonia. Per il commendatore maggiore di Castiglia (4). Per il conte Brocardo. Per il conte Eventador francese, venuto ambasciatore del re Cristianissimo per andare a Roma a Sua Santità. Per il Iiev.1,10 ed Ill.mo cardinale Lumellino (1569). Per il Rev.m0 arcivescovo Pallavicino, venuto da Roma. (1) Di questo volume, ohe precede immediatamente i Libri Ceremoniarum, cfr. quanto si è detto qui innanzi alle pagine 46 e 147. (2) Per' questa venuta in Genova del Cardinal Pacheco e del principe di Toscana vedi quanto ne è detto qui innanzi alle pagine da 19 a 23. (3) Probabilmente Eodrigo Pacheco primo marchese di Cerai co, che sposò Anna Henriquez de Guzman, figlia di Diego conte di Alva di Aliste. (4) Il commendatore maggiore di Castiglia era Giovanni de Zunica, viceré di Napoli (1573 a 1581), che dalla moglie Giulia Barrese siciliana prese il titolo di principe di Pietrapersia. — 152 — Per Don Federico dVl/ra, figlio maggiore del duca. Per il principe d’ Urbino, venuto di'Spagna. Per Don Alvaro di Bassano (..., apr. 1571) (1). Per il sig.r marchese di Pescara, venuto di Spagna per andare viceré in Sicilia (2). Per il conte di Sifuentes, venuto di Spagna (3). Per il marchese di Faoara, venuto di Spagna. Per il gran commendatore dì Cartiglia, venendo di Spagna luogotenente generale del mare di Don Giovanni di Austria. Per il capitano Gii d’Andrada. Per il sig.r Vespasiano Gonzaga (4). Per il sig.r Marco Antonio del Carretto. Cerimonia per la morte del principe di Spagna (1568) (5). * Cerimonia per la morte della regina di Spagna (1568) (6). Deliberazioni fatte per li due IH.™1 Collegi nel dover ricevere il Ser.mo arciduca d’Austria, ed insieme appresso tutto il ricevimento seguito. Per l’ambasciatore del duca di Mantua, venuto per passare in Spagna. (1) Dev’essere Don Alvaro di Bazan marchese di Santa Croce, pel quale cfr. qui appresso all’anno 1603 (ott.). (2) Il marchese di Pescara e del Vasto Francesco Ferdinando d’Avalos, gran camerario del Regno di Napoli, era nato dal marchese Ferdinando Francesco, il vincitore della battaglia di Pavia, e dalla famosa Vittoria Colonna. Sposò Isabella Gonzaga, figlia del marchese di Mantova Federico. Morì viceré d: Sicilia in questo medesimo anno 1571. (3) È da credere che questo conte di Cifuentes sia stato Ferdinando de Silva, che in questo anno 1571 sposò Bianca della Cerda, figlia di Giovanni duca di Medinaceli e già viceré di Sicilia. (4) Vespasiano Gonzaga, duca sovrano di Sabioneta, che maritò 1 unica figlia Isabella col principe di Stigliano Luigi Carafa. La successione dei quali passò neda loio nipote diretta Donn’Anna Carafa, che divenne così un preziosissimo partito, fatto cadere dalla Spagna nello spagnuolo duca di Medina de las Torres (1637) con la pio-rnessa del viceregnato di Napoli. Dopo la morte di Donn Anna (1644) Scipione Gonzaga ottenne il ritorno del ducato di Sabioneta nella sua casa (1665). Cfr. qui appresso all’anno 1628 (sett.) la nota sul duca di Nocera. (5) Questi fu il principe Carlo, figlio di re Filippo II e di Maria di Portogallo, nato il 1545, famoso pel mistero della sua fine (1568). (6) Elisabetta di Francia, figlia di Enrico II e di Caterina de’ Medici (1545), già fidanzata col principe Carlo di Spagna e poi maritata col padre di lui re Filippo II (1559), morta il 1568 nella medesima età e nello stesso anno della morte del figliastro Carlo, già suo promesso, implicata dalla voce popolare e dalla poesia di letterati e di artisti nella tragedia del giovane principe. — 153 — Ordine serbato nel venire a Palazzo dell’IU.® Paris Pinella, tardato per la indisposizione sua (1569). Per il sig.r Marc’Antonio Colonna, venuto da Soma per andare in Spagna (1). Per la morte e le esequie del doge Paolo Battista Calvi (sett. 1561). Idem pel doge Simone Spinola (ott. 1569). Per il duca di Nagiera (2). Per il figlio secondo del duca d'Alrn contestabile di Navarra. Per l’ambasciatore de’ Veneziani (mar. 1570). Per il duca di MontaVdo (apr. 1571) (3). Per l’ambasciatore Don Gusman de Silva di S. M.tà Cattolica. Per Don Antonio de Mendossa, venuto ambasciatore. Per il conte di Monteacuto, quando venne di Spagna destinato ambasciatore alla corte Cesarea. Nota di tutti i ricevimenti fatti nella venuta de’ Ser.mi pi’in-cipi di Boemia e Don Juan d’Austria, con tutto quello che in essi ricevimenti è seguito (lug. 1571). Per il principe di Massa. Per il principe di Firenze, che veniva per mare. Per mons.r Brace, venuto da Roma nunzio di S. S.^ a visitare li Ser.mi principi e Don Juan (1571). Per il principe di Parma e Piacenza. Per il principe d’Urbino. Per li ambasciatori di Lucca, venuti per la venuta del li principi e Don Juan (1571). Per l’ambasciatore di Venezia, venuto a visitar li principi e Don Juan (1571). (1) Marcantonio Colonna duca di Palliano e di Tagliacozzo, gran contestabile del Eegno di Napoli, viceré di Sicilia (1577 a 1585), era figlio del duca Ascanio e di Giovanna d’Aragona di Montaldo. Perseguitato e spogliato dal papa Paolo IV, che détte Palliano ai suoi nipoti Carafa, fu reintegrato da Pio IV. Comandando le galere pontificie si segnalò alla battaglia di Lepanto. Era stato designato al comando della terribile armata allestita da Filippo II contro l’Inghilterra, quando, ammalatosi, morì in Ispagna non senza sospetto di veleno nell’età di 19 anni (1 ag. 1585). (2) Forse Giovanni Manrique terzo duca di Nagera, che sposò Luisa de Acugna e Portogallo contessa di Valencia; oppure Manrico de Lara quarto duca di Nagera, marito di- Maria Giron, sorella del viceré di Napoli duca di Ossuna. (3) Il duca di Montalto era Antonio di Aragona conte di Collesano in Sicilia, figlio del duca Antonio del duca Ferdinando, che fu bastardo del re Ferdinando I di Napoli, e di Antonia de Cardona contessa di Collesano. Morì quarantenne il 1583 (8 febl. — 154 — Pei’ il sig.r Dìotristano. Per il conte di Santafìore (1). Per il conte di S. Martino, genero del duca di Savoia. Per il duca di Moqrs (2), venuto a Genova ed essendo governatore generale del re di Francia in Italia. Per il gran commendato)· dì Casti gì ìa (1572). Per il cardinale di Tetragona (mar. - apr. 1571). Per il cardinale Rambogueti. Per rill.mo cardinale Alessandrino (1572). Per il vescovo di Sagone. Per lo duca di Terranova, che venne di Spagna governatore di Milano (mar. 1583). Per lo duca d’Ausona (3), venuto di Spagna eletto dalla M.tà Cattolica viceré di Napoli (1583). Ambasciator di Firenze (mar. 1583). Don Ferrante Gonzaga, genero dell’Ecc.m0 sig.r principe Dona (sett. 1583) (4). Per il duca di Sessa, duca di Nazaro e Don Pietro Fazardo (ag. 1572). Per il duca di Savoia a Savona. Per il Ser.mo arciduca d’Austria, di ritorno di Spagna. Per Don Pedro de Ruvera, genero del viceré di Napoli (o). (1) Il conte di Santafiora Ascanio Sforza, come figlio del conte Bosio II della linea di Bosio di Muzio Attendolo e di Costanza Farnese, fu genero di papaPaolo III. Comandò la cavalleria del duca di Firenze Cosimo. Morì di oo anni il 1^,, e gli successe il figlio-Francesco avuto (1562) dalla seconda moglie Caterina de Nobili nipote di detto Paolo III. Il quale Francesco, marchese di Varco e di Castellacquaio nonché conte di Santafiora, generale delle milizie italiane in Fiandra, fu fatto poi cardinale (1583) e mori il 1624. _n. n . _r (2) Il duca di Nevers era Luigi Gonzaga, che, figlio (lo39) del duca di Manto , aveva sposata (1565) Enrichetta de Clèves duchessa di ^eveis e contessa 1 e ie Fu sin dall’adolescenza uomo di guerra. Avendo egli tenuto il governatorato del Pie-monte per il re di Francia Carlo IX dal 1567 al 1574, convien credere che la venute di lui in Genova qui menzionata si riferisca a quel periodo di tempo. Morì a Nes e il lo9o (3) Pietro Giron contedi Uregna e primo duca i’Ossuria,.figlio del conte Giovanni Tellez Giron e di Maria de la Cueva di Albuquerque, fu viceré di Napoli (158' ). (4) Ferrante Gonzaga principe di Molfetta, figlio del principe Cesare e di Camilla Borromeo sorella di san Carlo, uomo colto ed esperto nelle armi, aveva sposato Vittoria figlia del principe Andrea Doria. (5) Il duca di Ossuna aveva maritata la figlia Anna, natagli il 1558(7 die.), con Ferdinando Henriquez de Rihera quarto conte di Tarifa. — 155 — Per il gran comendador (1). Per il sig.1' Marco Antonio Colonna. Per il conte Laudi. I avere del M.co Giocami Saivago e collega sopra le cerimonie dei principi e signori (‘2). Per il duca di Seminara (ott. 1583) (3). Per 1 Ecc.mo principe Doria (1586). II generai di mare per la M.tà Cattolica; il viceré di Napoli; il viceré di Sicilia; il governator di Milano; il governator osia generai di Fiandra (mag. 1584). Per il sig.1' Don Ferrante Gonzaga (mag. 1584). Per il sig.1' Marc’Antonio Colonna, viceré di Sicilia (giug. 1584). Per il sig.r Don Pedro de Medici, fratello del duca di Firenze (giug. 1585). Per mons.r Lega vescovo di Piacenza. Per PEcc.m° principe Doria, capitan generale di mare (giug. 1584). Per la partenza del principe Doria per Spagna a portar lo Ser.'110 duca di Savoia, che va a far le nozze con la Ser.ma infanta secondogenita della M.tà Cattolica (gen. 1585). Per la venuta del Ser.mo duca di Savoia ad Albenga ad imbarcarsi per Nizza e d’indi per Spagna a far le nozze con la Ser.raa infanta secondogenita della M.tà Cattolica (1585). Il duca di Nivers (mag. 1585). Il signor Don Giovanni di Gardona. Per il R,ev.mq vescovo Ambrogio Fiesco, nunzio al Ser.n10 duca di Savoia (mag. 1585). Per il conte à'Alba de Listo, eletto viceré di Sicilia (1585) (4). Per Don Pietro di Toledo, figlio di Don Garcia generai delle galee di Napoli (1585). Per il principe di Sulmona, imamente fatto da Sua M.tfl Cat- (1) Probabilmente il commendatore maggiore di Castiglia, di cui è fatto menzione più volte qui innanzi. (2) Cfr. quello che se ne dice alla pag. 16. (3) Il duca di Seminara in Calabria era di casa Spinelli. (4) Diego Henriquez de G-uzman, quinto conte di Alba de Aiuta, figlio del Conte Enrico e di Maria de Toledo. Dalla moglie Maria de Urrea, figlia del conte di Aranda, non ebbe figliuoli, cosi che la contea passò successivamente agli altri fratelli di lui. — 156 — tolica dell’ordine del Tosone, venuto di Spagna ed alloggiato in casa del principe Doria (1585). Per lo duca di Seminara, venuto nuovamente di Spagna ed alloggiato (1585). Per lo reggente Moles (1), venuto di Spagna (1585). Per Don Carlo A’ Avalos, generai della cavalleria di Sicilia, (2), venuto nuovamente di Spagna col conte dAlba de Lista viceré di Sicilia (1585). Per lo sig.1' Alessandro d'Appiano signor di Piombino (1585). Per l’ambasciator di Venezia (apr. 1586). Per il sig.1’ Andrea Doria, primogenito del l’Ecc.m0 sig.1' principe (giug. 1586). Per il viceré di Sardegna (giug. 1586). Per il priore di Castello. Per mons.r 111.® Antonio Sdidi coadiutore, eletto da S. Santità all’arcivescovo con futura successione et omnimoda facultate in ar-chiepiscopatu (giug. 1586). Per il principe Doria, e viceré di Sicilia (giug. - lug. 1586). Per il conte di Miranda, viceré di Napoli (sett. 1586) (3). ■ Ambasciatore del duca di Mantova (mar. 1588). il) Annibaie Moles napoletano e oriundo spagnuolo, celebre autore di opere giuridiche, fu giudice di Vicaria, presidente della Sommaria (1561), membro del Consiglio d’Italia, reggente della Cancelleria del Pegno. Morì il 1591 (12 gen.). (2) Carlo d’Avalos principe di Montesarchio, figlio di Alfonso II marchese di Pescara e del Vasto e di Maria d’Aragona di Montalto, era a questo tempo zio del marchese di Pescara Alfonso III. Sposò Sveva Gesualdo, figlia del principe di Venosa e vedova del conte di Policastro Pietro Antonio Carafa. (3) Il conte di Miranda Giovanni de Zunica fu uno de’ migliori viceré di Napoli (1536 a 1595). Intestazioni delle narrative nel libro i cerimoniarum del cerimoniere Bordoni (1588-1G15) Indulgenze e giubileo nella settimana santa (12 apr. 1588). Pasqua (17 apr.). Festa di S. Giorgio (24 apr.). Visita fatta al sig.r Don Gioseph de Cugna, ambasciatore cesareo presso l’Altezza di Savoia (27 apr.). Processione delle ceneri del glorioso S. Giovanni Battista (1 mag.). Per l’Ill.mo e Rev.1110 sig.r cardinale Spinola, sua giunta e suo ricevimento fattogli (9 mag.). Per l’Ill™0 sig.1' principe di Gastei Vetrano (1),sua moglie, e sua visita fattagli (24 mag.). Per r.Ecc.mo sig.r Giacomo Boncompagno duca di Sora (2), sua visita a San Pier d’Arena (27 mag.). Visita deH’Ill.mo sig.r principe di Cantei Vetrano fatta a Palazzo (25 mag.). Visita dell’Ecc.mo sig,r duca di Sora e generai della cavalleria d’arme per S. M.tà Cattolica nello Stato di Milano, fatta al Ser.m0 Senato (27 mag.). ■ Visita del generale de’ frati di S.t0 Agostino, fatta al Ser.mo Senato (27 mag.). (1) Carlo Tagliavia d’Aragona principe di Casteloetràno, marchese d’Avola, duca di Terranova, conte di Borghetto, grande di Spagna, cavaliere del Toson d’oro, gran contestabile e grande ammiraglio del Eegno di Sicilia, fu viceré di Sicilia dal 1568 al 1577. (2) Giacomo Boncompagni duca di Sora e di Arce e marchese di Vignola era figlio di papa Gregorio XIII: aveva sposato Costanza Sforza, figlia di Francesco conte di Santa Fiora. — 158 — Ordinanza del modo che si dovrà iar la processione per la città il ^giorno del S.mo Corpo di Cristo, ordinata dal maestro delle cerimonie e approvata da tutti due li Ser.n“ Collegi (14 giug.). Visita fatta all’Ecc.m0 sig.1' principe, di Massa (1), tornato da Roma (27 giug.). Visita fatta al Ser.'110 sig.r Duce dal R.m0 vescovo di Sarzana (gÌUg·)· . .■/-/. N Elezione de’ sig.ri senatori uscita dal seminario (i4 giug.). Visita dell’Ecc.™0 sig.1’ principe di Massa fatta al Ser.mo Senato (4 lug.). Giunta dell’Ecc.mo sig.r Don Pietro de Medici da Spagna con 4 sue galere (4 ag.). Giunta del sig.r Don Luigi Velasco mandato dalla M.tà Cattolica a Fiorenza (ag.). Visita deH’Ecc.m0 sig.r 4)on Pietro de Medici (2) fatta in Signoria (δ ag.). Visita dell’ambasciatore Velasco al Ser.™ sig.r Doge e due signori- di Casa (5 ag.). Giunta del sig.r Don Pietro di Leva, generale delle galere di Sicilia (7 ag.). Visita deH’Ill.m0 sig.r Don Petro de Lem a Sua Serenità (7 ag.). Visita fatta a mons.r di Raconis, cavaliere della Nunziata e parente del Ser.m0 sig.1’ duca di Savoia (3), e da S. S. III.”· fatta a Palazzo (30 ag.). Nota di visite non fatte ai generali delle galere di Malta, di Firenze e del papa (4 sett.). Giorno dell’Unione (12 sett.). Visita fatta a mons.T Rev.m0 De Grassi, chierico di cameia e nunzio in Spagna (30 sett.). (1) Alberico Cubo Molai pina principe di Massa e del S. E. Impero, duca di Aie o nel Segno di Napoli, marchese di Carrara e di Avenza, conte di Ferentillo, nato a Genova ("28 feb. 1582) da Lorenzo Cybo conte di Ferentillo e Eiccarda Malaspina mai-chesa di Massa e Carrara, morto in Massa il 1623 (8 gen.). (2) Pietro de’ Mediai, ultimo figlio di Cosimc duca di Firenze e poi granduca di Toscana, marito di Eleonora di Toledo, da lui uccisa il 1578, e poi di Beatrice de Noro-gna. Ebbe dal re di Spagna il generalato delle fanterie italiane. Mori il 1601. (3) Probabilmente Bernardino di Savoia conte di Iìacconigi e cavaliere dell Au-nunziata, figlio del conte e cavaliere Filippo. ~ 159 — Ο * muramento del sig.r colonnello e tedeschi dinanzi il Ser.mo Senato (12 ott.). Che il sig.r principe Dorici, tornando da Napoli a Genova, ricusa in Senato d’esser visitato (25 ott.). Per il reggente Gian Antonio Lanario neapolitano (4 nov.) (1). Perchè non si fece la processione nel giorno della Concezione (8 die.); come fu fatta in assenza del sig.r Duce. Giunta dell’Il].mo sig.1' cardinale Mendoza da Spagna (12 die.). Visita al sig/ reggente David (die.). Visita all'IU.mo sjg_r ])ùn pietro generai delle galere di Sicilia (13 die.). Visita della Ser.ma Signoria fatta all’Ill.”0 sig.r Cardinal Mendoza (13 die.). Visita dell’ Ul.m0 Mendoza fatta in Palazzo al Ser.m0 Senato (15 die.). Visita dell’Ill,™0 Don Pietro de I^eva a Palazzo (16 die.). Visita del sig.1' reggente David a Sua Serenità (18 die.) Presentazione del confuoco da m. l’abbò di Bisagno (24 die.). Cerimonia del confuoco (24 die.). Azione nel giorno di Natale. Nell’orazione delle 40 ore in duomo, e udienza del cardinale (27 die.). Elezione di sig.n senatori uscita dal seminario (L gen. 1589). Processione di S. Sebastiano (20 gen.). Visita del Rev.mo vescovo d'Alena in Senato (1 mar.). Giubileo plenario preso dal Ser.mo Senato (5 mar.). Giunta del sig.r ambasciator di Savoia, evisita fatta al Ser.mo Senato (17 mar.). Giunta delsig.r ambasciatore di Fiorenza, e visita fattagli (14 mar.). Giunta del sig.1' principe di Castel Vetrano (7 mar.). Giunta del sig.r ambasciatore di Mantova destinato alla M.tà Cattolica, e sua visita fatta in Palazzo (17 mar.). Giunta dell’Ecc.mo sig.r Don Pietro de Medici da Livorno (mar.). (1) Giovanni Antonio Lanario, di famiglia amalfitana, fu presidente del sacro regio (.onsiglio in Napoli. Nel tornare di Spagna il 1590, mori in Genova (v. a pag. 163 all agosto di quell’anno). Il figlio di lui Francesco, duca di Carpignano e cavaliere di Calatrava, descrisse in italiano e in ispagnuolo le guerre di Fiandra dal 1551 al 1609. — 1(30 — Visita fatta dal generale delle galere di Malta al Sei. Senato, e resa in nome di Lor Serenità a S. S; Ul.mn (24 mai.). Perdono plenario all’ospitaletto (25 mar.). Perdono plenario all’ospital grande nel martedì santo (28 mar.), e quel clie segui in tutta la medesima settimana santa. Pasqua (2 apr.). Giunta di madama Christierna di Lorena regina di Danimarca (1) a Genova, e visita lattale dal Ser.m0 Senato, e quanto occorse (6 apr.). Visita fatta al Ser.m0 Senato per parte di S. M.1 (api.). Processione con le ceneri di S. Giovanni Battista nell ottava di Pasqua di Resurrezione (9 apr.). Ordinanza di tutto quello che si preparò per ricevere madama Christierna duchessa di Lorena, moglie del Ser.1'10 Ferdinando de Me. dici gran duca di Toscana (2), per ordine del Ser.1110 Senato, nel passar che fece da Genova l’anno 1589 a dì 18 d’aprile per andare a Fiorenza, e contenuto in esso mentre si fermò qui. Festa di S. Giorgio (24 apr.). Visita aH’Ill.nia sig.® D. Geronima Colonna (28 apr.) (3). Visita fatta in Senato da mons.r de Linoncurt, mandato dalla M.tà del re di Francia (8 mag.). ■ Processione del S.mo Corpo di Cristo (1 giug.). Visita fatta aH’Ill.m0 sig.r ambasciatore di Francia presso il papa, inons.r Sanguai marchese di Pisani, cavaliere di fe.t0 Spirito, che torna in congedo al suo re (13 giug.). Visita privata al Ser.m0 sig.r Duce dal retroscritto sig.r ambasciatore di Francia e del vescovo d'Ornane (14 giug.). Visita pubblica fatta dalli predetti sig.ri ambasciatori in Senato (14 giug.). Giunta del sig.r conte Scarampo, mandato dal sig.r duca di Mantova (20 giug.). Elezioni di senatori uscite dalla bussola del seminario (1 lug.). (1) Qui v’è errore: evidentemente si tratta di Cristina di Lorena, sposa delgtan-duca di Toscana, di cui si riparla poco più appresso e nella nota seguente. (2) Cristina, nata il 1565 (6 ag.), figlia del duca di Lorena Carlo II e di Clauflia figlia del re Enrico II di Francia, sposò il 1589 (3 mag.) il granduca, di Toscana 1 er-dinando de’ Medici. Morì il 1637. (3) Geronima Colonna, figlia di Ascanio duca di Palliano, era moglie del duca di Monteleone Camillo Pignatelli. — 161 - Visita fatta alla Ecc.nia sig.a principessa di Pietra Previa (1 lag.) (1). Visita fatta al sig.1' Lippornano ambasciatore veneziano tornato di Spagna (1 lug.). Visita al commendatore Mores (1 lug.). Visita al sig.r Ottavio Affettato (2) ambasciator di Fiorenza (1 lug.). Visita delPIll.m<> Lippornano ambasciatore fatta alli Ser.nii Collegi (3 lug.). Andata dell’Ecc.mo sig.1' principe Doria a Palazzo (lug.). Visita fatta a mons.1- Grimaldo arcivescovo di Avignone e da S. S. Rev.ma resa a Palazzo (7 lug.). Visita al K,ev.m0 vescovo di Bmgnano vice legato in Avignone, e sua visita fatta al Ser.m0 sig.1' Duce e due signori di Casa (14 lug.). Visita dell’Ecc.mo sig.r principe Doria fatta alli Ser.mi Collegi (22 ag.). Visita fatta dal Ser.m0 Senato al suddetto sig.1' principe Doria (26 ag.). Visita fatta all’Ecc.1110 sig.1' principe di Massa (ag.). Visita fatta al generale delle galere di Fiorenza (7 sett.). Visita fatta alPIll.mo sig.1’ ambasciatore Cattolico sopra la morte di suo tiglio Garzia Mendoza (sett.). Giorno dell’Unione (12 sett.). Visita fatta aH’Ecc.™0 sig.1’ Don Pedro di Toledo (20 sett.). Per rill.mo sig.1' cardinale Gioiosa (2 nov.) (3). Per mostrare la S.ma Croce verace e preziosissimo catiuo al predetto Ill.mo cardinale (8 nov.). Partenza del Ser.mo sig.1' David Vaca da Palazzo a casa sua (15 nov.). (1) La principessa di Pietrapersia era Giulia Barrese siciliana, moglie del commendatore maggiore di Castiglia Giovanni de Zunica, già viceré di Napoli. (2) Ottavio Affaitati, di famiglia milanese, conte di Romanengo e marchese di Gru-melo; del quale Filiberto Campanile (Armi de' Nobili·, Nap., 1610) ricorda che * per essersi portato valorosamente in molte occorrenze di guèrre, particolarmente in quella di Portogallo, riportò dal re Filippo II 500 scudi di pensione per ciascun anno di sua vita ». (3J Questo cardinale di Gioiosa fu Francesco, figlio di Guglielmo II visconte di Joi/euse, maresciallo di Francia e cavaliere dello Spirito Santo, e di Maria de Batarnay figlia del conte di Buohages. Fu arcivescovo di Narbona e poi cardinale (L5S3) e anche arcivescovo di Tolosa. Mori ad Avignone il 1615 ('23 ag.) di morbo preso in un suo pellegrinaggio in Ispagna. 11 λ isita fatta alla moglie del già Ul.mo signor di Piombino (1(ί· nov.). Per incontrare e ricevere l'Eco.mo sig.1’ principe Doria e sig.» principessa nel ritorno da Napoli (D> nov.). Azioni per fare il Ser.1110 sig.1' duce Battista di Negrone, con orazione del sig.1' Francesco Mbntebruno priore (21 nov.). Visita fatta dall’ Ecc.mo sig.1’ principe Doria a Sua Serenità (22 nov.). Coronazione del Ser.mo sig.1- Battista di Negrone, con orazioni del m.co Pasqual Snidi 10 (die.) e del padre Rocca da Cavi francescano (11 die.). Giorno della processione per la S.ma Concezione (S die.). Processione per il S.mo giubileo mandato dalla S> di papa Sisto V (21 die.). Presentazione del confuoco da m. l’abbò di Bisagno in vigilia di Natale (24 die.). Giorno di Natale. Elezione di senatori uscita dal seminario (1 gen. 1590). Visita del Rev.mo vescovo di Savona; che fu Costa, al Ser.m° Senato (23 gen.). Visita al sig.1' Alonso Diaquez (29 gen.) (1). Visita al sig.1' Don Carlo à’Avalos, venuto da Milano (13 feb.). Visita al sig.1’ colonnello Melchiò Lux, scio izza ro destinato al re Cattolico ambasciatore (lo feb.). Visita del sig.1- Alonso Diaquez a Sua Serenità (2G mar.). Tutto quel che si fece nella settimana santa. Pasqua (29 apr.). Giunta deU’Ecc.mo sig.1' maresciallo Ghindi duca d’^lr.s· (2) da Spagna alla città (29 apr.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1' don Ferrante e Donna Vittoria Gonzaga (3) da Napoli a Genova (1 mag.). (1) Qui e altrove si legga sempre Idiaquez. (2) Alberto ile Gondy duca di Retz, marchese di Bellisle, maresciallo e pari di Francia e generale delle galere, era figlio di Antonio signore del Perron, oriundo fiorentino della famiglia Grondi, e di Maria de Pierrevive. Dalla moglie Claudia Caterina de Clerinont-Dampierre, già vedova di Giovanni dAnnebaut barone di Eetz, ebbe parecchi figli, un de: quali fu il cardinale Enrico, detto il cardinale di Eetz. Il maresciallo mori il 1602. (3) Vittoria Gonzaga era figlia di Andrea Doria. Cfr. la nota (4) a pag 15J. — 163 — Visita latta alli Ecc.mi sig.1'* Don Ferrante e Donna Vittoria Gonzaga in nome del Ser.mo Senato (2 mag.). Visita fatta all’Ul.mo sig.r Andrea Boria marchese di Tortiglia, fiuto da Napoli, in nome pubblico (3 mag.). Visita fatta clall’Ecc.mo sig.1' Don Ferrante Gonzaga a Sua Serenità (δ mag.). Visita fatta al sig.r Giovan Battista Incarnerò, grisone, ambasciatore al Ser.1110 Senato (15 mag.). Visita fatta al sig.1’ Ricciardotto presidente dell’Ecc.mo sig.1' duca di Parma, venuto di"Spagna (20 mag.). Visita fatta aH’Ill.mo sig.1' Federico conte e principe de Laudi (31 mag.) (1). Visita fatta al Rev.mo mons.1' Griinaldo arcivescovo di Acignone (7 giug.). Ricevimento fatto all’Ecc.mo sig.1' duca di Senna, ambasciatore per S. M.ta Cattolica a Roma, nel suo disbarco a Fassòlo (9 giug.). Visita al medesimo in casa per ordine del Ser.m° Senato (giug.). Visita fatta a Don Gaston de Moncada (2), viceré in Sardegna (10 giug.). Visita fatta al principe mons.r de Lini (16 giug.). Visita fatta dairill.mo Gaston de Moncada viceré al Ser.mo sig.1' * Doge (12 giug.). Visita fatta da mons.1' de Lenì al Ser.mo Doge e due di Casa (12 giug·)· Ricevimenti fatti all’Ill.mo sig.1' cardinale Sauli nella sua venuta a Genova (12 giug.). Elezione di senatori usciti dalla bussola del seminario (1 lug.). Visita fatta all’Ill.1110 sig.1’ Andrea Doria marchese di Tortiglia (19 ag.). Visita al Rev.m0 vescovo della Ripa, ambasciatore del sig.1’ duca di Ferrara, tornato di Spagna (19 ag.). Visita fatta al sig.1' reggente Lenario (3), tornato di Spagna (ag.). (1) Conte Laudi principe di Val di Taro. ('2) Gastone di Moncada marchese di Aitona fu gran siniscalco di Aragona, maestro, razionale di Catalogna, viceré di Sardegna e poi di Aragona, consigliere di Stato ed ambasciatore a Eoma di re Filippo III. (3) Giovanni Antonio Lanario, che il 1588 era passato per Genova (cfr. a pag. ISO) il 1590, in (juesto suo tornare a Napoli, mori in Genova. ✓ — 164 - Visita fatta all’Ecc.mo sig'·1' principe Doria nel ritorno da Torri-glia (25 ag.). Licenza presa e visita fatta dall’Ill.m0 sig.1' cardinale Sdidi in Senato per recarsi a Roma al conclave ('29 ag.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Ercole di Ravenna (12 sett.). Visita fatta a mons.1- di Lenì, mandato dal duca di Savoia per negozi alla Repubblica (13 sett.). Visita fatta al sig.1- Don Petro de Leva, generale delle galere di Sicilia (16 sett.). Visita fatta aU’Ecc.mo sig.1' marchese del Guasto, che va a Spagna (17 sett.) (1). Visita per il sig.1’ Don Cesare d'Avalos (17 sett.). Allegrezza fatta per la creazione di Castagna in papa Urbano VII (17 sett.). Visita fatta al sig.1’ Francesco Lanzoni, ambasciatore del granduca per Spagna (nov.). Visita fatta dairill.m0 sig.1' Melchiò Luz, ambasciatore de Smzzari a Sua Serenità e altri signori (9 nov.). Visita fatta al Rev.mo vescovo di Vigevano, Costacciaro, senatore e del Consiglio segreto del re in Milano, venuto da Roma (19 nov.). Giorno della processione per la S.ma Concezione in S. Pietro di Banchi (8 die.). Elezione di papa Gregorio XIIII (8 die.). Perchè Don Carlo d'Avalos non fu visitato, e quel che fu risoluto anco per il sig.r marchese del Guasto se fosse giunto alla citta (12 die.). Morte dell’Ecc.ma sig.a principessa Donna Zanobia Doria (18 die.). Sopra la morte della sig.a Maria, madre del Ser.mo Battista Ae-grone doge, in vigilia di Natale, e quel che si fece; e che Sua Serenità levasse solo la berretta e così gli altri Ill.mi signori senza levarsi in piè nel ricevere le buone feste (23 die.). Elezione di senatori uscita dal seminario (1 gen. 1591). Processione del S.mo giubileo mandato da papa Gregorio XIIII (27 gen.). (1) Alfonso d’Aualos marchese di Pescara e del Vasto, nato dal marchese Francesco Ferdinando e da Isabella Gonzaga di Mantova. Sposò Lavinia della Povere di Urbino. Visita latta al sig.r Alonso Diaquez, tornato di Fiandra (13 mar.). Quel che si fece nella settimana santa (apr.) (1). Pasqua (14 apr.). Visita fatta al sig.1' cavaliere Camillo Guadagno, ambasciatore del duca di Ferrara destinato in Spagna (17 apr.). \isita fatta all’Ill.mo sig.r principe Laudi (‘25 apr.). Consacrazione di mons.r Andrea Scribano vescovo di Rebbio (•28 apr.). Visita al sig.r j)on Pedro de Lem, generale capitano delle galere di Sicilia (16 mag.). Visita di esso sig.1’ Don Pedro a Sua Serenità e alli due Ill.mi di Casa (18 mag.). Compimento di allegrezza fatto all’Ecc.1110 sig.1' principe Dorici marchese di Torri glia, a Peggi, nominato dal re di Spagna capitano generale delle galere di Genova (30 mag.). Giunta del sig.r N. Bernardini, ambasciatore lucchese per risiedere in Spagna (2), e visita fatta al Ser.mo Senato (30 mag.). Visita fatta a mons.1’ Dario Buccalini, segretario di papa Gregorio XII1I, da Roma per Spagna a portare rosa e stocco al principe di Spagna (mag.). Visita fatta a Don Giovanni Manrichez, che va a Spagna (31 mag.). Giunta del sig.1' Francesco Grimal do con le 4 galere del papa (21 mag.). Elezione di senatori usciti (1 lug.). Visita airEcc.mo sig.r principe di Massa nel suo ritorno da Roma, e sua visita alli due Ser.mi Collegi (7 lug.). Ricevimento fatto all’Ill.mo sig.r cardinale di Gioiosa venuto da Tolosa, e visita fattagli dalli Ser.mi Collegi (10 lug.). Giunta dell’Ill.mo sig.r marchese di Torriglia da Spagna col suo stuolo di galere, e della visita fattagli; e così al sig.r duca di Feria (10 lug.). Giunta di mons.1’ conte Ponzo» vescovo di Novara (lug.). (1) Questa narrativa fu ricordata da Domenico Camhiaso a pag. 41 del suo Anno Ecclesiastico in Genova (in Atti della Società Lijure di storia patria, voi. XLVIII). (2) Nell’Archivio di Stato di Lucca si conservano (Anziani, in uno de’ voi. da n.° 644 a 647) gli atti dell'ambasceria in Ispagna di Damiano Bernardini dal 1591 (31 mag.) al 1601 (6 giug.). — 166 — ^ isita dell’ Tll.mo sig.1' cardinale di Gioiosa alli Ser.mi Collegi (13 lug.). Visita fatta al Rev.mo di Paria, e sna venuta a Palazzo (16 Ing.). Visita fatta airill.mo sig.1' principe di Castel Vótrano (17 Ing.). Visita fatta a mons.1’ Gioifredo LomelUno, chierico di camera (23 lug.). Visita fatta airill.mo sig.1' Don Michele de Moncada, già viceré di Sardegna (4 ag.). Visita fatta da mons.1' LomelUno, chierico di camera, al Ser.mo Senato (7 ag.). Visita fatta airill.mo e Rev.mo mons.1' cardinale Paravicino, destinato legato in Francia (21 ag.). Giorno dell'Unione, con orazione del padre Giustiniano gesuita (12 sett.). Perchè il principe di Castel Vetrano non fu visitato (sett.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Andrea Doria, Don Cesare d’Avalos, Don Ferrante Fornaro reggente in Spagna e il sig.1' reggente Brognolo milanese, giunti da Napoli (24 sett.). Nota del trattamento fatto da Don Michele de Moncada al sig.1' Doge (ag.). Morte di papa Gregorio XIIII (25 ott.), e creazione di papa Innocenzo VIIII (28 ott.). Partenza del Ser.ino sig.r Battista di Negrone da Palazzo a casa sua, e principio per fare il nuovo Doge (21 nov.). Giunta deirill.mo sig.r cardinale di Gioiosa da Roma a Genova (27 nov.). Visita del predetto IH.mo sig.1'cardinale fatta a Palazzo (29 nov.). Visita fatta a mons.1' Rivarola, giunto da Parma (die.). Coronazione del Ser.mo doge sig.r Giovanni Agostino Giustiniano, con orazioni del dottor Godano (14 die.) e di mons.r Rev.mo di Ginevra (15 die.). Presentazione del confoco dall’abbò di Bisagno al Ser.mo Senato (24 die.). Visita fatta al sig.1’ Boncompagno Boncompagni, ambasciatore di Lucca (26 die.). Visita fatta al sig.1' cavalier Guadagno, ambasciatore del sig.1' duca di Ferrara, giunto da Spagna (die.). Visita fatta alla sig.a duchessa di Sessa (28 die.). - 167 — Elezione di senatori (1 gen. 1592). Plenario giubileo dalla S.tà di papa Innocenzo IX (3 gen.). Giunta di navilii ponentini carichi di grano in Genova (16 gen.) (1). Creazione di papa Clemente VII1 (30 gen.). Plenario giubileo mandato dalla S.tà di papa Clemente VIII (18 mar.). Giunta dell’Ill.mo sig.r cardinale di Gioiosa da Civitavecchia con le galere del papa, e del, Rev.mo mons.1' Grimaldo, e visite fatte al generale del papa e generale delle fanterie il sabato santo (28 mar.). Pasqua (‘29 mar.). Visita fatta airEcc.m0 sig.r principe Doria nel ritorno da Loano (9 apr.). Visita fatta al sig.r duca di Feria, tornato da Pavia a Genova per passare a Roma (9 apr.). Solenne processione fatta per render grazie al Signore Iddio della grande abbondanza de' grani mandati miracolosamente in Genova in tempo di carestia da ponente (12 apr.) (2). Visita fatta al sig.r ambasciatore di Spagna tornato da Fiorenza (9 mag.). Visita fatta all’Ill.mo sig.r commendatore Pucci, generale delle galere del papa (17 mag.). Visita fatta aH’Ecc.m0 sig.1’ conte de Lista, già viceré in Sicilia, e sua moglie, di ritorno a.Spagna (20 mag.). Visita fatta al reggente Scader, andato in Spagna per reggente del Consiglio d’Italia (mag.). Ordinanza di quel che si preparò per ricevere l’Altezza del duca di Mantova, partito da Fioi’enza per venire a Genova e per visitare lo Stato suo del Monferrato (30 mag.) (3). Per mons.1’ Rev.mo Centurione arcivescovo di Genova, venuto da Roma (25 mag.). Visita del Rev.mo arcivescovo Centurione fatta alli due Ser.mi Collegi a Palazzo (1 lug.). (1) Cfr. la narrativa del l‘2 aprile seguente. (2) Cfr. la narrativa del 16 gennaio precedente. (3) Molte ed importanti notizie e documenti intorno alla venuta in Genova del Duca di Mantova nel 1592 vennero pubblicati da A. Neri nel Giornale Ligustico (a. XIV, p. 385-398). Visita fatta all’Ill.ma sig.11 marchesa di Cara cascia, figlia della felice memoria del sig.1' Marc’Antonio Colonna (3 giug.). Elezione di senatori uscita dalla bussola (1 lug.). Che Sua Serenità andette alla sua villa di Herbaro a spasso (2 lug.). Sorrogazione di Ill.mi sig.ri procuratori, e nuovo ordine per riceverli e condurli a Palazzo (lug.). Giunta dell’Ill.mo sig.1' cardinale di Sans e sig.1' duca di Feria da Roma a Genova, per passare in Francia (1(3 Ing.). Per visitare l’Ecc.mo sig.1' duca di Feria, tornato da Roma (Hi lug.). Per mostrare il prezioso catino all 111."10 Cardinal di Sans (18 lug.). Visita fatta all’Ill.1”0 sig.1' marchese di Torriglia, tornato da’ bagni di Lucca (20 lug.). Messa grande nella nuova chiesa di S. Ambrosio de’ padri gesuiti (17 ag.). Compimento fatto con l’Ecc."10 sig.1' principe Doria in materia di rallegrarsi del ritorno del sig.r Don Carlo, da Spagna, suo figlio (28 ag.). Giorno dell’Unione, e controversie di cerimoniale con l’arcivescovo Centurione (12 sett.). Giunta deirill™0 sig.r Antonio conte à'Arcos, ambasciatore Cesareo alla Ser.ma Repubblica (27 ott.). Per il sig.r Don Pietro de Leva, generai delle galere di Sicilia '(δ nov.). Visita fatta al sig.r Giovanni Manriquez, fratello del sig.1 ambasciatore di Spagna, giunto da Spagna (13 nov.). Giunta da Civitavecchia dell’Ecc.ma sig.a Donna Giovanna Doria sposa, e suo ricevimento e visita con due 111.1"1 sig.n procuratori (14 nov.). Visita fatta a mons.r patriarca Cadano, nunzio in Spagna (1), e sua visita a Palazzo (16 nov.). Visita fatta al Rev.m0 arcivescovo di Rossano Savello, vicelegato in Avignone, giunto da Civitavecchia, e sua visita a Palazzo (22 nov.). Perchè non furono visitati il patriarca di Hierusalem Fabio Biondo e mons.r Ruffino (nov.). (1) Cardinali1 Enrico Caetani, fratello di Onorato, VI duca di Sermoneta. — 1(59 — Visita fatta all’Ecc.ma sig.“ Donna Vittoria Gonzaga (1 die.). V isita fatta al sig.1' dottor Domenico Belli, ambasciatore destinato in Spagna per l’Altezza del sig.r duca di Savoia (15 die.). Giunta deU’Ecc."10 sig.r duca di Terranuova a Fassolo e da Peggi (die.). Giunta del -sig.r marchese Sforza Pellegrino, ambasciatore del sig.r duca di Panna al Ser.m0 Senato (23 die.). Funzioni e complimenti di Natale; abate di Bisogno. Elezione eli senatori, e in materia di censure (J gen. 1503). Giunta dell’Ecc.m0 sig.1' principe à’Ascóli (1) di Fiandra (7 mar.). Processione generale per il giorno di S. Antonio (4 mar.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.1' principe di Massa nel ritorno da Massa, e condoglianze per la morte di suo figlio (20 mar.). Giubileo mandato dalla Santità di papa Clemente Vili, e quel che fece mons.r Rev.m0 arcivescovo (3 apr.). Pasqua (18 apr.). Visita fatta al sig.1’ principe Doria nel ritorno da Loano, e congratulazioni per aver maritata Donna Artimizia sua figlia nel duca di Candìa in Spagna (4 mag.), e sua visita alla Signoria. Visita fatta all’Ecc.mo sig.1’ Don Ferrante Gonzaga, tornato da Napoli (9 mag.). Visita fatta a mons.1' Taruggio arcivescovo à'Avignone, e sua venuta a Palazzo (10 mag.). Visita fatta a mons.1' Melimi, nunzio in Spagna (24 mag.) (2), e sua venuta a Palazzo (mag.). Visita fatta al sig.1’ reggente Ferrante Pomari, tornato di Spagna (24 mag.), e sua venuta a Palazzo. Visita fatta al sig.1' Francesco Guicciardino, ambasciatore del gran duca di Toscana destinato in Spagna (30 giug.). Elezione di senatori (1 lug.). Visita fatta al sig.1' conte Ercole Rondinello, ambasciatore del sig.1' duca di Ferrara destinato in Spagna, e sua venuta a Palazzo (6 lug.). (1) Il principe Ascoli, nel Regno, era di casa De Leva. (2) Forse quel Pietro Mellini romano, nato da Mario e da Ortensia Jacobacci, che fu giureconsulto e canonico di S. Pietro e che fu mandato da Gregorio XIII in Germania con l'arcivescovo di Rossano per le cose di Fiandra. - 170 - Visita fatta all’Ill,mo sig.1’ principe d’Arni/ino (7 Ing.) (1), e sua venuta a .Palazzo. Morte dell!111.ma sig.a G inetta Doria (13 ag.). e compimento fatto col sig.1’ principe. Visita fatta all’Ill.™0 sig.1' commendator Pucci, generale delle galere del papa (2 sett.). Giorno dell’Unione, orazione del padre Flaminio gesuita (12 sett.). Visita fatta aH'Ecc.mo sig.1' marchese di Torriglia (13 sett.), e sua venuta da Sua Serenità a Palazzo. Visita e licenza presa dall'Eco·.mo sig·.1' principe Doria dalli Ser.mi Collegi, per passarsene in Spagna con Donna Artimizia sua figlia sposa (20 sett.). Per rill.mo sig.1' Don Cesare à’Acaloa (20 sett.) (2). Visita fatta all’Ecc.1110 sig.r Principe Doria e all’Ecc.ma sig.a Donna Artimizia sua figlia, sposa, in nome pubblico nella loro partenza per Spagna (22 sett.). Surrogazione deH’Hl.mo fu sig.1' Vincenzo Zoagli governatore,sostituito dal sig.r Stefano Lomeìlino (27 sett.). Per il sig.1’ Giulio Strozzi, ambasciatore del sig.1' duca di Mantova destinato in Spagna (7 ott.). Visita fatta all’Ill.010 sig.1' Don Cesare à'Avalos (1< ott.), e sua venuta a Palazzo da Sua Serenità e da’ due Ill.mi di Casa. Visita del generale de’ frati di S. Francesco conventuali al Ser.mo Senato (29 ott.). Visita fatta al Rev.mo arcivescovo avanti la sua andata in visita (30 ott.). Visita fatta al sig.1' Papirio Piceti (3), ambasciatore del sig.1' duca di Parma, e sua venuta a Palazzo (6 nov.). Visita fatta al sig.1' Francesco Lanzoni, ambasciatore del gran duca, tornato di Spagna, e sua venuta a Palazzo (10 nov.). Visita fatta all’Ill.mo sig.r Don Pedro di Toledo, e sua venuta a Palazzo (16 nov.). (1) Marino Caracciolo, duca di Atripalda e conte di Torella, fatto principe di Avellino (1573"), si era segnalato sulla nave di sua proprietà nella battaglia di Lepanto. (2) Cesare d’Avalos, fratello di Carlo, entrambi zii del marchese di Pescara e del Vasto Alfonso, era gran cancelliere del Regno di Napoli. (3) Leggi Picedi. Lettere di lui sono nelle carte famesiane dell’Archivio di Stato di Napoli. - 171 — Partenza del Ser.mo sig.r Giovanni Agostino Giustiniano da Palazzo (2(> nov.); e per fare il Doge. Giunta dell’Ill.mo cardinale Acquatica (1), legato in A cignone (2 die.), e suoi prelati, col generale delle galere del papa, e quel che si fece. Coronazione del Ser.mo sig.r Antonio Grimal do Ceba, con orazione del m.00 Ambrogio Spinola detto il Tracerto (11 die.), e sua andata in duomo coronato la mattina seguente, con orazione del padre Rocca francescano. Elezione di senatori (1 gen. 1594). Visita al generale delle galere del papa, al Ttev.mo Sacello già vicelegato in Avignone (24 feb.). Visita al Rev.mo Sancitale, vescovo di Spoleto e nunzio di N. Signore (14 mar.). Pasqua (10 apr.). Visita airill.mo sig.1’ Marzio Colonna duca di Zagarolo (20 apr.) (2), e sua visita a Palazzo. Visita al sig.1' Giovanni Francesco Ponte reggente napoletano (20 apr.) (3), e sua venuta a Palazzo. Che il principe di Castelcetrano non fu visitato (25 apr.). Giunta del sig.1’ Massimiliano, mandato ambasciatore dall’arciduca Rnester alla M.tà Cattolica (2 mag.). Processione per la canonizzazione di S. Diacinto polacco (5 giug.). Giunta dell’Ill.mo e Rev.mo sig.1’ cardinale Pinello a Genova (18 giug). Visita delli Ser.1111 Collegi fatta all’Ill.mo sig.1’ cardinale Pinello (21 giug.). Visita deirill.mo sig.1’ cardinale Pinello alli due Ser.mi Collegi (23 giug.). Elezione di senatori (1 lug.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1’ principe Doria da Spagna, con li sig.ri Zannettino e Don Carlo suoi figliuoli, e condotta della sig.a contessa (1) Ottavio Acquaviva d'Amgona, nato (1560) dal duca d'Atri Giovan Girolamo e da Margherita Pio, fatto cardinale (1591), poi arcivescovo di Napoli (1605), morì il 1612 (15 die.). (2) Marzio Colonna, figlio di Pompeo signore di Zagarolo e di Orinzia Colonna di Marieri, fu insignito del Toson d’oro. Sposò Giulia Colonna di Palestrina. (3) Giovan Francesco de Ponte, napoletano, fu reggente della Vicaria e autore di opere giuridiche. Ebbe il titolo di marchese. d'Aro, sposa moglie del figlio del sig.1' contestabile governatore di Milano, a Peggi (5 ag.)·, e quel che si fece. Visita di S. Ecc.za alli due Ser.mi Collegi (8 ag.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1' contestabile governatore di Milano a Peggi, e quel che si ordinò e non si eseguì per visitarlo (16 ag.). Visita fatta al sig.1’ Biagio Capizucca romano, generale di S. SM'1 delle fanterie in Avignone, e sua visita fatta a Sua Serenità (17 ag·.). Visita fatta al sig.1' Moncone Monconi, ambasciatore lucchese mandato da quella Repubblica a far compimenti al sig.1’ principe Doria (22 ag.), e sua visita fatta a Palazzo. Visita fatta dall’Ecc.1110 sig.1' principe Doria alli due Ser.mi Collegi, nella partenza che fece a Napoli (26 ag.), e visita fattagli con otto Ill.mi signori il giorno appresso. Giorno deH’Unione, con orazione del padre Giulio di Negrone gesuita (12 sett.). Visita fatta al sig.1' Alonso Diaquez, tornato di Fiandra a Genova con sua moglie (16 sett.), e sua visita a Palazzo. Visita fatta a Donna Margarita Deitristan (16 sett.). Licenza presa dal Rev.1110 Arcivescovo dalli due Ser.ml Collegi nella sua partenza per Roma (28 sett.). Visita ainil.m0 sig.1' Don Pietro de Leva, generale delle galere di Sicilia, tornato di Spagna (9 ott.), e che non rese la visita. Visita al sig.r Hernando Deatristan, venuto di Spagna (13 ott.), e sua visita fatta a Sua Serenità. Naufragio di una nave di 6 mila salme ragusea, sommersa qui in porto, carche di fanterie neapolitane (24 ott.). Per mostrare il prezioso catino all’IU.m0 sig.1' cardinale Pinello (26 ott.). Licenza presa dalPÌll.mo sig.r cardinale Pinelli da’ Ser.mi Collegi per tornarsene a Roma (4 nov.). Giunta dell’Ecc.mo sig.r principe Doria dall’armata in Sicilia a Genova (26 nov.), e quel che si fece per visitarlo (29 nov.). Visita fatta da S. Ecc.za alli Ser.mi Collegi (1 die.). Visita all’Ecc.mo sig.r principe di Massa (28 nov.). Elezione del capo della musica di Palazzo (5 die.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1' Giovanni Francesco Aldombrandino, generale di santa Chiesa, da Roma a Genova per passare in Spagna, e quel che si fece (9 die.). Visita all Ill.mo sig.r commendatore I’ucci, generale del papa (11 die.). Per mostrare il prezioso catino all’Ecc.mo sig.r Giovanni Francesco Aldombrandino (die.). Processione genei’ale per il giubileo (‘21 die.). Funzioni e complimenti di Natale; abate del Bisogno. Visita ai sig·.1’cavaliere Carlo Guadegno, ambasciatore del sig.r duca di Ferrara per Spagna (28 die.), e sua fatta a Palazzo. Elezione di senatori (1 gen. 1595). Quel che si fece nella giunta dell’Ul.mo sig.r cardinale Plato a Genova per passare a Roma (9 mar.). Pasqua (26 mar.). Quel die si fece nel ritorno dell’Ecc.mo sig.1’ Giovanni Francesco Aldombrandino da Spagna (9 mag.). Visita al cavaliere Gualengo, e sua venuta a Palazzo (9 mag.). Visita al sig.1’ conte Carlo Strozzi, ambasciatore di Mantova, tornato di Spagna, e sua visita a Palazzo (9 mag.). Visita ordinata e non eseguita all’Ill.mo sig.r conte N., ambasciatore dell’Imperatore destinato in Spagna (26 mag.), perchè non volse dare il titolo di Altezza. Visita all’Ecc.mo sig.1’ principe Boria nel suo ritorno da Loano (26 mag.), e sua visita alli due Ser.mi Collegi. Visita airill.mo mons.1’ Graziano vescovo d'Amelia, nunzio alli principi d’Italia e alla Ser.ma Repubblica (28 giug.), e sua venuta a Palazzo. Per mostrare il prezioso catino a S. S. R.ma> che per grazia fece domandare al Ser.mo Senato (1 lug.). Elezione di senatori (1 lug.). Visita fatta aH’Ill.mo sig.1' Don Alonso Diaquez, generale della cavalleria di S. M.tà in Milano (18 ag.), e sua visita a Palazzo (ag. 1595). Visita fatta aH’Ecc.rao sig.1' contestabile Colonna e Don Michel Peretto, venuti da Roma con le galere della Ser.ma Repubblica per passare a Milano a sposar detto sig.1' Michele con la sig.a contessa della Somala sua moglie (10 sett.) (1), e loro visite fatte a Sua Serenità e due Ill.mi signori di Casa. (L) Marcantonio Colonna, duca di Palliano « di Tagliacozzo, gran contestabile del Regno di Napoli, tìglio del principe Fabrizio (morto di 23 anni il 1580) e di Anna — 174 Giorno dell’Unione, orazione de] padre Paolo di S. Siro (12 sett.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Antonio Colomba, viceré di Sardegna (9 ott.), e sua visita fatta a Sua Serenità e due Ill.mi di Casa. Visita fatta all’Eec.mo sig.1' principe d'Oravges (1), venuto di Spagna con le suddette galere per passare a Roma a baciare il piè a S. S.tà in nome dell’Altezza del cardinale d’Austria (12 ott.), e sua visita resa a Sua Serenità. Visita fatta al sig.1' commendatore Pucci, generale delle galere del papa (14 ott.), e sua venuta a Palazzo da Sua Serenità. Visita fatta airill.mo sig.1' Don Carlo Doria, tornato di Spagna con l’Altezza del cardinale ^Austria (17 ott.), e sua visita fatta a Sua Serenità. Visita fatta all’Ill.1110 sig.1' Don Cesare d'Avalos (17 ott.), e sua visita a Palazzo. Nota di tutto quello che si preparò e si eseguì per la venuta dell’Altezza del cardinale d'Austria dalli Ser.1111 Collegi da Loano a Savona (8 e 26 ott.), e alle 22 ore giunse a Savona, e se ne parti alli 12 di novembre in domenica alle 18 ore per la volta di Fiandra. Partenza del Ser.mo sig.1' Antonio Grimaldo da Palazzo (28 nov.). Visita al sig.1’ conte Carlo Malaspina, ambasciatore destinato in Spagna per il sig.1' duca di Parma (13 die.), e sua visita a Palazzo. Vigilia di Natale, e quel che si fece l’istesso giorno. Coronazione del Ser.mo sig.1' Matteo Sendrega, con orazione del dottore Godano (30 die.) e del padre Paolo di S. Siro (31 die.). Visita fatta all’Ill.m0 sig.1’ principe di Valdetaro (31 lug.) e sua visita fatta a Sua Serenità. Elezione di senatori (1 gen. 15%). Per mostrare il prezioso catino al figlio del sig.1' conte di Miranda già viceré a Napoli (1 gen.). Borromeo di Arona (sorella di san Carlo), marito di Orsina Perretti nipote di papa Sisto V, aveva 20 anni quando passò per Genova per menare Michele Peretti alle nozze con la contessa della Somaglia in Milano, la quale era sua parente per una Somaglia maritata col conte Camillo Borromeo. Un mese dopo (27 ott. 1595) gli nasceva il figliuolo Marcantonio, ma cinque giorni appresso moriva egli stesso (1 nov.). Col figliuolo, che fu detto il Contestahilino, morto anch’egli giovinetto (8 mag. Itili), si estinse la linea primogenita de’ principi di Palliano. (1) Filippo Guglielmo principe d'Oranges, successo al padre assassinato (10 lug. 1584), mentitegli era prigione di Spagna. Fu fedele al cattolieismo e alla Spagna, e mori (ltil8; senza lasciar prole dalla moglie Eleonora di Condè, Visita fatta all’Ill.mo sig.r Don Alonso Diaquez (16 gen.). Visita fatta aH’Ill.mo sig.1' Don Carlo Dorici, tornato da Marsiglia (2 mar.), e sua venuta da Sua Serenità. Visita latta all’Tll,mo sig.1' Don Endico di Mendoza, mandato dalla M-tà Cattolica ambasciatore a Venezia (12 apr.). Pasqua (14 apr.). Visita fatta alleili.1"0 sig.r Don Gaston de Moncada marchese d’J.-iaton e sua moglie, già viceré in Sardegna (14 giug.). Visita fatta dall’Ecc.m0sig.r principe Doria alli Ser.mi Collegi nella sua partenza per Napoli e Sicilia (27 giug.). Visita fatta al sig.r conte di Fuentex, venuto di Milano e alloggiato a Fassolo (29 giug.). Visita fatta per ordine de’ Ser.mi Collegi al sig.r principe Doria prima della sua partenza per Sicilia (30 giug.). Elezione di senatori (1 lug. 1596). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Costa dell’ordine dei servi (12 sett.ì. Giunta dell’Ill.™0 sig.1' cardinale Taruggio d’Avignone a Genova, e sua visita fattagli da Ser.mi Collegi, e sua venuta a Palazzo nel medesimo giorno (29 sett.). Nota che da Civitavecchia giunsero (6 ott.) cinque galere del papa col luogotenente cavalier Magalotto che le comandava, e non fu altrimenti visitato per parte del Ser.mo Senato, come mai sieno stati visitati gli altri luogotenenti di stuoli di galere, ma solo li generali. Giunta dell’Ecc.mo sig.r principe Doria da levante con l’armata a Genova (13 ott.). Giunta deirill.™0 sig.1' cardinale Alessandrino dal Bosco a S. Pier d’Arena per imbarcarsi per Roma con le galere del papa (11 ott.). Visita fatta da’ Ser.mi Collegi alPEcc.^sig.1' principe Doria nel suo ritorno dall’armata a Eassolo (15 ott.). Visita fatta al Rev.mo Ricarola arcivescovo di Genova nel monastero della Pace, prima della sua entrata pontificale (16 ott.). Visita fatta all'Ill.mo sig.r Don Carlo Doria, tornato dall’armata col sig.1’ principe suo padre, d’ordine de’ Ser.mi Collegi (18 ott.),e sua visita fatta a Sua Serenità. Entrata pontificale del Rev."'0 Matteo Ricarola arcivescovo di Genova (21 ott.). Visita fatta alli Ecc.mi sig,1’1 Don Pietro de Medici e Don Pietro di Toledo, venuti da Napoli con le galere a Fassolo, in una medesima ora, giorno e da’ medesimi gentiluomini (23 ott.)· e la 101’0 visita fatta a Sua Serenità e due Ill.mi di Casa iu un medesimo modo e giorno in brevibus. Visita fatta dal Rev.mo arcivescovo a’ due Ser.mi Collegi (23 ott.). Visita fatta al sig.r Domenico Belli, mandato dall’Altezza di Savoia per visitare l’Ecc.mo sig.r principe Doria nel suo ritorno dall’armata (30 ott.). Subrogazione per l’Ill."'0 sig·1' Gaspare de Franchi, partito per Spagna (28 nov.). Elezione di senatori (1 gen. 1597). Giunta dell’Ecc.™0 sig.r duca di Luzimburg da Piemonte a Genova, destinato ambasciatore dalla M.tà del re di Francia al papa, e sua visita fattagli, e sua visita fatta alli due Ser.mi Collegi (3 mar.). Giunta dell’Ill.m0 sig.r cardinale Nigno di Spagna con le galere di Genova (13 mar.). Pasqua (6 apr.). Visita fatta all’Ecc.”30 sig.r principe Dorici nel suo ritorno da Loano (12 apr.). Visita di Sua Ecc.za a Palazzo (21 apr.). Visita e licenza presa daH’Ecc.m0 sig.1- principe Dorici da Sei.1111 Collegi nella sua partenza per Spagna (12 mag.). Visita fatta a nome de’ Ser.mi Colllegi aH’Ecc.n10 sig.1 principe Doria per la sua partenza per Spagna (13 mag.). Visita fatta al cavalier Tomaso Tornasi anconitano, destinato ambasciatore a S. M.tà in Spagna dall’Altezza del sig.r duca di Parma (15 mag.), e sua visita fatta a Sua Serenità. Visita fatta alPIll.™0 sig.1' Francesco de Verah già stato ambasciatore per la M.tà Cattolica in Venezia, e a sua moglie, nel passarsene in Spagna (17 mag.), e sua visita a Sua Serenità e due 111.1111 di Casa il dì appresso. Visita fatta all’Ecc.mo sig.r marchese di Torriglia e sua moglie nel ritorno da Pavia (2 giug.). Giunta delle galere di Sicilia (15 giug.) e quelle visite che si fecero il medesimo giorno per la sùbita lor partenza per Spagna. Giunta del sig.r Bergonzio Retta piacentino, ambasciatore della Cesarea Maestà alla Ser.ma Repubblica (15 giug.), e quel che si fece. Elezione di senatori (1 lug.). - 177 — Giubileo plenario mandato dalla S.tà· di papa Clemente Vili sopra l’estirpazione delli eretici ed infedeli e per la buona pace e concordia tra principi cristiani (27 Ing.). Morte dell’IU.nio ,sig.L' Lorenzo di, Negrone governatore, e subro-gazione dell’Ill.mo sig.1' Giovanni Garibaldo in suo luogo (13 ag.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Paolo di San Siro (12 sett.). Giunta dell’Ecc.rao sig.1’ principe Doria da Portogallo (6 nov.), e quel die si fece; e cosi alli altri personaggi venuti con le galere, Don Carlo Doria, Don Inigo à'Avalos che resterà marchese di l’escara (1), reggente marchese Giovan Francesco da Ponte, reggente Prugnolo milanese. Visita fatta al sig.1' principe Laudi (10 nov.), e sua venuta a Palazzo. Visita dell’Ecc.1110 sig.1' principe Boria alli due Ser.1111 Collegi (12 nov.). Visita fatta aU’Ill.mo mons.1' arcivescovo nel suo ritorno di visita (13 nov.). Giunta del sig. r conte Giulio Sacrati alla città, mandato dal sig.1' Don Cesare d’Este coronato duca di Ferrara dopo la morte del duca suo zio (15 nov.). Giunta del sig.1' Bernardino Arnólfiwo mandato dalla Repubblica di Lucca al Ser.mo Senato (28 nov.), e sua visita fattagli in nome pubblico. Partenza del Ser.mo sig.r Matteo Senrìrega da Palazzo (6 die.). Visita fatta al sig.r Geronimo Moltedo, commissario di papa Clemente Vili sopra l’arme (21 die.). Visita al Rev.mo mons.1' Emilio Zacchia, nunzio apostolico alla Ser.ma Repubblica ed alla M> del re di Spagna (23 die.). Coronazione del Ser.mo sig.1' Lazzaro Grimal do, con orazioni del dottor Giacomo M.a Ghir'ardinghi (27 die.) e del padre Paolo di S. Siro (28 die.). Elezione di senatori (l gen. 1598). (1) Inico d'4ra/os, figlio di Cesare gran cancelliere del Regno di Napoli e di Lucrezia del Tufo già principessa vedova di Stigliano,· pel suo matrimonio con Isabella d’Avalos figlia ed erede di suo cugino Alfonso marchese di Pescara e del Yasto, doveva succedere in quei marchesati. 12 — 178 - Visita fatta all’Ill.ni° sig.1' principe Laudi, quando venne a maritarsi con la s'ig.a Placidia Spinola (27 gen.). Messa cantata, per render grazie al Signor Dio del felice acquisto di Ferrara fatto dalla S.tà· di papa Clemente VI IL, per la Ser.ma Repubblica (19 feb.). Giunta,del sig.r conte de la Bastia, mandato dall’Altezza di Savoia per ambasciatore alla Ser.ma Repubblica in materia della morte dell’infante sua moglie (1 mar.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1- duca di Macqueda, viceré di Sicilia (1), di Spagna (9 mar.), e quel che si fece. Visita fatta aH’Ecc.mo sig.r principe Doria nel ritorno da Loano (9 mar.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Pietro de Leva generale delle galere di Sicilia, e sua venuta a Palazzo (9 mar.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Francesco Soranzo, veneziano, destinato ambasciatore in Spagna, e sua visita fatta alli Ser.mi Collegi (18 mar.). Pasqua (22 mar.). Visita fatta a mons.r 111.1110 Orsino vescovo di Anversa, nunzio di Nostro Signore (2) tornato dal re di Francia (22 mar.), e sua visita fatta a Sua Serenità. Visita dell’lll.1110 sig.1' Francesco Soranzo veneziano privatamente^ prima che si imbarcasse, a Sua Serenità e due Ill.mi di Casa (6 mag.). Visita al sig.1' principe Doria nel suo ritorno da Loano (19 mar.), e sua venuta a Palazzo. Visita fatta aH’Ill.mo sig.1' Don Alonso Diaquez (20 mag.). Per l’Ill.mo Don Carlo Doria nel ritorno da Napoli (20 mag.)· Visita fatta alli Rev.mi nunzii Zacchia e Taverna nel ritorno di Spagna, e loro visita resa a Palazzo (26 giug.). Elezione di senatori (1 lug.). Giunta dell’lll.1110 sig.1' cardinale Cesia a Genova (29 ag.). Per Don Cesare d’Avalos, venuto da Napoli con le galere della Ser.ma Repubblica (30 ag.), e sua visita a Palazzo. Giorno dell’Unione, con orazione del padre N. Fornati teatino (12 sett.). (1) Il duca di Maqueda, viceré di Sicilia (1598-1601), era Bernardino de Cardenas. (2; Pietro Orsini, figlio di Antonio duca di Gravina e di Felicia Sanseverino di Bisignano, fu vescovo prima di Spoleto (1589) e poi di Anversa (1591). — 179 — Quel die si fece per la duchessa di C'andìa (1), cameriera maggiore della Regina di Spagna (‘2), e per il sig.1' duca suo figliuolo e sig.1' principe Doria (12 ott.). Visita fatta all’Ill.m0 sig.1' marchese di Aiamonte (12 ott.). Per rtll.mo sig.1' Don Cai’lo Dorici nel suo ritorno di Spagna (13 ott.). Nota di tutto quel che si ordinò e si eseguì per far tre giorni • · ί . . 1 continui le esequie alla M.tà di Filippo II re di Spagna (5 nov.), con intervento de’ Ser.mi Collegi, in S. Lorenzo. Per il sig.1' Giulio Toccoli. mandato dal sig.1' duca di Parma alla Ser.ma Repubblica (20 die.). Per l’Ill.mo arcivescovo nel suo ritorno da Parma (24 die.). Senatori usciti (1 gen. 1599). Per l’Ill.mo sig.1- barone Adam A7., ambasciatore de\V imperatore alla regina di Spagna in Milano per far compimenti (5 gen.), e sua venuta a Palazzo. Per rill.mo sig.1' conte di Uzeda (14 gen.). Per l’Tll.mo sig.1' Don Pietro de Lem, generale delle galere di Sicilia (gen.). Per l’Ill.mo sig.1' Cardinal di Gioiosa (20 gen.). Per 1’ Ecc.mo sig.1' principe Doria nel suo ritorno da Loano (26 gen.). Per l’Ecc.mo sig.1' Don Ferrante Gonzaga (7 feb.), e sua venuta a Palazzo. Per il sig.r Alessandro Saldati (3), ambasciatore del gran duca alla regina (9 feb.). Per il sig.1' Giorgio Manriquez (10 feb.). Per li sig.1-1 Lorenzo Bonvisi ed Alessandro Gabrielli (4), ambascia-tori lucchesi (10 feb.). Per il sig.1' Rondinello, ambasciator del duca di Modena alla regina (11 feb.). Per rEcc.mo sig.1' contestabile, governatore di Milano (12 feb.). (1) I duchi di Gandìa erano di casa Borgia. (2) Per la venuta della regina di Spagna a Genova vedi a pag. 180. (3) È costui quell’Alessandro Saldati, figlio di Pietro senatore senese, che fu dichiarato ribelle? (4) L'istruzione (29 gen. 1599) e la relazione (30 giug. 1599) di quest’ambasceria in Ispagna sono nell’Archivio di Lucca (Anziani, 600 e 624). — 180 — Per i’ill.m° Don Gulielmo S. Clemente, ambasciatore dell’imperatore destinato con la regina (18 feb.). Per l’Ecc.mo sig.1' duca di Ornala (1). grande di Pranza (12 feb ). Per l'Ecc.ino sig.1' conte Barlamonte, grande di Fiandra e cavaliere del Tosone, venuto con S. M.tà (12 feb.). Per l’Ecc.1110 sig.1' conte d’Aganionte (2), pur grande di 1 iandra (12 feb.). Per l’Ecc.1110 sig.1' principe de Pinai (3), grande di 1 iandra (12 feb.). Per ΓΙ11.1110 sig.1' Fabio Gonzaga, parente ed ambasciatore del duca di Mantova, destinato in Spagna con la regina (11 feb.), e sua venuta a Palazzo. Per l’Ecc.1110 sig.1' principe de Oranges (15 feb.). Per l'Ecc.1110 sig.1' principe di Massa nel suo ritorno (15 feb.). Per il Rev.1110 mons.1' Visconte, vescovo della Cervia (1), nunzio alla regina e con breve alla Ser.ma Repubblica (16 feb.). Per l’Ecc.1110 sig.1' principe Doria, e sua partenza per Spagna (16 feb.). Visita del sig.1' Luis d’Avalos, maggiordomo dell’arciduca, a due Ser.111 i Collegi in nome di S. A.za e per ricordarli la grazia domandata (17 feb.). Ordinanza di tutto quel che si fece per la venuta di madama Margarita regina di Spagna da Alemagna a Genova per imbarcarsi, l’anno 1598 nel mese di settembre, e del 1599, che a 11 di febbiaio giunse a S. Pier d’Arena (5). (1) Duca Aumale era Carlo di Lorena, nato (1555) dal duca Claudio e da Luisa de Brezé signora d:Anet. Per mezzo di sua figlia Anna, maritata (1618) col maichese di Sorlin Enrico, poi duca di Nemours, il ducato d’Aumale passò in questa linea francese della casa di Savoia. (2) Leggi Egmond. (3) Se qui si tratta della casa di Lussemburgo-Pinay, costui dovett’essere In an-ceseo conte di Uoussy, che dal re Enrico III fu fatto duca di Luxemburg-P?HCti/ e pari di Francia (1576) e che mori il 1613. Egli era figlio di Antonio di Lussembuigo conte di Brienne e di Margherita di Savoia-Villars, e aveva sposato (1576) Diana di Lorena figlia di Claudio duca di Aumale. (4) Alfonso yisconti, nato (1552) dal conte Annibaie di Saliceto e dalla genovese Lucia Sàuli, fu vescovo di Cervia e di Spoleto e quindi cardinale (1599). Mori il 1608 (19 sett.). (5) La regina di Spagna, a cui si riferiscono questa narrativa e gran parte delle intestazioni dal 12 ottobre 1598, era Margherita d’Austria, figlia dell’arciduca Carlo, che sposò Filippo III di Spagna (18 apr. 1599) e morì il 1611 (3 ott.). Nella busta 4S3 B Ceremoniarum si trovano altri appunti e notizie del passaggio della regale sposa per Genova. — 181 — Tatto quel che si fece nella morte del Ser.mo sig.r Lazzaro Grimat-do, Doge, a 15 di febbraio del 99 a ore li), in termine di tre di e mezzo, con dispiacere universale per le sue virtuose ed onorate qualità. Elezione del nuovo doge sig.1’ Lorenzo Sàidi (19 feb.). Pubblica allegrezza fatta per la promozione al cardinalato di mons. Zacchia de’ Nobili da Vezzani (10 mar.). Per gli ambasciatori di Lucca Michel Bonvisi ed Alessandro Lamberti, destinati al re di Francia (26 mar.). Per la giunta del Rev.™0 Solini)ardi vescovo di Modena, nunzio in Francia, e sua venuta a Palazzo (29 mar.). Coronazione del Ser.mo sig.1’ Lorenzo Sàidi (12 apr.). Quel che si fece per 1Ί11.1110 sig.r Cardinal S. Giorgio nella sua venuta da Milano (27 apr.). Per il sig.1’ principe di Cantei Vetrario (30 mag.). Per il sig.1' marchese degli Edifìzu, ambasciatore dell’Altezza di Parma (5 giug.). Per li sig.ri ambasciatori lucchesi Cesare de Nobili e Giovan Lorenzo Ma inp igli (18 giug.) (1). Visita airill.mo sig.1' principe di Vakletaro (11 giug.), e sua venuta a Palazzo. Ordinanza di quel che si fece per ricevere l’arciduca Alberto e Donna Isabella, infante d'Austria, sua moglie; e la madre della regina nella lor giunta di Spagna per passare in Fiandra l’anno del 1599 nel mese di giugno, ed altre molte fatte a’ particolar personaggi, principe Doria, conte di Lemos viceré (2), Don Ferrante Gonzaga, Don Guglielmo San Clemente ambasciatore dell'imperatore, mons.r Bastone nunzio di S. S.ià, ambasciatori veneziani Dolfmo e Molini, sig.1' Fabio Gonzaga, Don Carlo Doria, Don Alonso Diaquez. Don Antonio de Medici, Don Giovanni suo fratello, Γambasciatore di Modena Bentivoglio, mons.1' Bandino nunzio tornato di Francia. Uscita di senatori (1 lug.). Giunta delP]ll.mo sig.1’Cardinal Deitristan legato a latere, per far compimenti e presentar la rosa, stocco e cimerò alle Altezze d'Austria mandato da papa Clemente Vili (4 lug.)· (1) Deve leggersi Malpigli. Vedi nell’Archivio ili Lucca (Anziani, G24). (2) Il conte di Lemos D. Ferrante Ruiz de Castro era entrato viceré in Napoli nel febbraio del 1599. Mori il 1601 (20 sett.). — 182 - Giunta di mons.1' Ill.mo Sipontino, nunzio mandato da papa Clemente IrIII in Spagna per negozio spettante alla Ser.ma Repubblica per le cose di Finale (7 lug.). Ritorno dell’Ill.mo sig·.1- cardinale Deitristan, legato, da Milano (24 lug.). Per l’Ecc.m gen.). Quel che si fece per la venuta dell’lll.mo e Rev.1110 sig.1' cardinale Aldombrandino a Genova, legato ad omnes principes (16 mar.) (1). Partenza del Ser.mo Lorenzo Scudi da Palazzo (23 feb.), ed elezione del nuovo doge Ser.mo Agostin Doria Bruges (24 feb.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Pedro de Leva, generale delle galere di Sicilia (7 mar.), e sua visita fatta a Sua Serenità. Tutto quel che si fece per la morte dell’lll.mo sig.1' Don Pedro di Mendoza, ambasciatore di Spagna presso la Ser.ma Repubblica (< mar.). Visita all’Ill.mo sig.1' principe di Valdetaro (29 mar.), e sua venuta a Palazzo da Sua Serenità. Visita all’Ill.mo sig.1' principe di Squilacci (2), e sua venuta da Sua Serenità (9 apr.). Visita fatta al sig.1' Angelo Gabrieli (3), ambasciatore lucchese in Spagna (16 apr.), e sua venuta dal Ser.mo Senato. Uccisione di Lorenzo Sciali, già doge (21 apr.). Visita fatta all’lll.1110 sig.1' principe di Piombino (9 mag.), e sua venuta. - Coronazione del Ser.™ sig.1' Agostin Doria, con orazioni del m.™ Ansaldo Ceha (19 mag.) e del padre Geronimo Coletta neapolitano (20 mag.). Visita fatta all'Ecc.m0 sig.1' principe Boria nel ritorno da Loano (27 mag.). (1) Il marchese Paris Makio Salvago comunicò nel 1877 al Giornale Ligustico (a. IV, p. 2(>3-278) quella parte del diario della legazione del cardinale Pietro Aldobrandini, scritto dal segretario Agucchio, che tratta della venuta del cardinale a Genova. (2) Il principe di Squillace Francesco Borgia, pronipote di papa Alessandro VI, fu viceré nel Perù (1614-1621) e mori in Ispagna il 1658. Fu poeta aulico, e gli adulatori lo celebrarono per principe de’ poeti spagnoli. (3) Dev’essere Alessandro Gabrielli, che, eletto ambasciatore (14 lug. 1600) e inviato in Ispagna (28 mar. 1601), morì in Valladoli<| (14 nov. 1601). — 185 — Visita fatta dall’Ecc.™ sjg.r duca di Terranuova, nel suo ritorno di Spagna, a Sua Serenità ed a’ due Ill.mi di Casa, prima di esser stato visitato (3 giug.), e visita a S. Ecc.za fatta in nome pubblico. Visita dell.’Ecc.mo sig.r principe Doria a’ Ser.mi Collegi (8 giug.) primff della sua partenza per Levante. Nota che a 14 di giugno suddetto fu al sig.i· Don Carlo suo figlio dichiarato da’ Ser.mi Collegi il suo luogo in Senato. Giunta del sig.r Carlo Hartrach, mandato dall 'imperatore a tutti li principi d’Italia per ambasciatore e per domandare denari ed aiuto contro il Turco, a Genova (19 giug.). Visita fatta all’Ill.mo sig.r ambasciatore jg] re di Pernii), venuto da Roma per passare in Spagna, e sua visita fatta a Sua Serenità (22 giug.). Risposta data al suddetto ambasciatore Cesareo sopra li denari domandati (26 giug.). Visita e licenza presa dal sig.r Don Carlo Doria da Sua Serenità per imbarcarsi (27 giug.). Processione del glorioso S. Raimondo (29 giug.). Uscita di senatori (1 lug.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.1' principe Doria nella sua partenza per Levante (1 lug.). Visita al sig.r Calafatta, generale delle galere del gran duca di Toscana (1 lug.). Quel che si fece per la venuta a Genova del sig.1' duca di Parma per imbarcarsi col sig.1' principe Doria in Levante (2 Ing.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1’ conte di Bondia, figlio del sig.r aldelan-tado di Castiglia, venuto con le galere di Spagna per andare a trovare l’annata (17 lug.). Visita fatta all’Ill.1110 sig.r Simon Contarino, ambasciatore veneziano destinato residente in Spagna (31 ag.), e sua venuta a Palazzo. Giorno dell’Unione, con orazione del padre Croce gesuita (12 set.). Visita airill.mo Calafatta, generale delle galere di Toscana nel suo ritorno dall’armata, in galera (25 sett.). Nel suo ritorno dell’Ecc.mo sig.1’ principe Doria da Levante con (1) Il re di Pernia era Abbas I Mirza il Grande, che regnò dal 1586 al 1G2S. — 186 — l’armata (‘26 sett.) e ciò che si fece, e sua venuta a Palazzo, e perchè non visitato Don Carlo suo figlio. . Pubblica allegrezza fatta dalla Ser.ma Repubblica e per la citta per la figliuola nata alla M.tà· del re Cattolico (22 ott.). Visita dell’Ecc.mo sig.1’ principe Doria a Sua Serenità e a due IU.rai di Casa nella sua partenza per Loano (LO nov.). Visita a S. Ecc.za prima che partisse per Loano (13 nov.). Per l’Ecc.1110 sig.1' Don Ferrante Gonzaga e Donna Vittoria nella loro venuta a Genova (1 die.). Ciò che si fece quando l’Ecc.mo sig·1' principe Doria fece sapere al Ser.mo Senato di aver reniniziato, con buona licenza del suo re, il generalato del mare (13 die,). Uscita de’ senatori (1 gen. 1<>0'2). Visita fatta aH’Ill.mo sig.1' principe Laudi (5 gen.). Visita fatta aH’Ill.m0 sig.1' Don Ferrante d’Avolos (25 gen.) (1), e sua venuta a Palazzo (gen.). Tutto quel che si fece nella venuta deH’Ill.mo sig·1’ Giovanni de Vives valentiano, cavaliere di Calatrava, ambasciatore di Spagna ìe-sidente presso la Ser.ma Repubblica (13 feb.), e sua venuta a Palazzo. Visita fatta alla moglie del suddetto 111.™ sig.1' ambasciatore, giunta alla città (25 feb.). Visita al sig.1' Alessandro Lamberti, ambasciatore lucchese per pas sare in Spagna (2), e venuta a Palazzo a presentare una lettera (7 mar.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.1’ principe di Massa nel suo ritorno da Massa a Genova, e sua venuta a Palazzo (16 mar.). Visita al sig.1' conte Vincenzo Guerriero, ambasciatore del sig.1' duca di Mantova per passare in Spagna, e sua venuta a Palazzo (26 mar.). Visita fatta a mons.1' Ill.m0 Centurione, chierico di camera ed internunzio in Spagna, e sua venuta a Palazzo a presentare un breve di Nostro Signore (30 mar.). Visita fatta alHll.mo sig.r principe di Valdetaro (30 mar.), e sua venuta da Sua Serenità. Pasqua (7 apr.). (1) Don Ferrante d'Avalos potrebbe essere o il figlio di Carlo principe di Monte-sarchio o il figlio di Alfonso marchese di Pescara e \ asto che premoii al padie. (2) Del Lamberti, destinato a Spagna (25 gen. 1G02) e partito dalla patria il 4 marzo, restano nelI Archivio di Lucca l’istruzione datagli e le lettere (Anziani, 625). - 187 - Visita fatta all’ Ecc.mo sig.1' principe Doria nel suo ritorno da Loano la prima volta che venne a Genova dopo renunziato ii generalato del mare, e fattoli nuovo decreto (13 apr.), e sua venuta da’ Ser. mi Collegi. Visita fatta all’Ill.mo gig.r conte di Scelve* (1), terzo figlio del duca di Lemos (2) già morto .viceré in Napoli, Don Pietro di Castro cameriere del re, e mons.1. Don Antonio Manriquez venuto di Spagna (1(5 apr.), e visita fatta fare a Sua Serenità. Visita fatta all’Ecc.m0 sig.1' duca di Féria, venuto di Spagna, destinato viceré in Sicilia (26 apr.) (3). Visita fatta aH’Ill.m0 sig.1' Don Carlo Doria (27 apr.). Visita fatta da’ Ser.1111 Collegi all’111.mo mons.1’ Orazio Spinola arcivescovo, la prima volta che venne a Genova (30 apr.), e sua venuta a Palazzo. Visita fatta a Sua Serenità e a’ due Ill.mi di Casa per parte del sig.1’ duca di Feria viceré in Sicilia (3 mag.). Tutto quel che si fece nella venuta della sig.a duchessa di Lemos già viceregina in Napoli nel suo ritorno in Spagna (25 mag.), e con altri venuti con le galere, duca di Montelione (1), Don Pietro di Toledo, duca di Sermoneta, reggente Don Pietro Valcazzar napolitano. ■ Visita dell’Ecc.1110 sig.1' Don Ferrante Gonzaga a Sua Serenità nella sua partenza per Guastalla (31 mag.). Visita fatta all’Ecc.mo mons.1’ di Viures francese, generale delle galere di Malta (4 giug.), e sua venuta da Sua Serenità. Quel che si fece nella venuta della sig.a duchessa di Macqueda, già viceregina in Sicilia, ed al sig.1' duca suo figlio (δ) nel ritorno in Spagna con le galere del sig.1' Don Pietro de Leva (20 giug.). (1) Si legga Jelves. (2) Conte, non duca, di Lemos'. e cosi per la duchessa nominata appresso. Vedi la nota (2) a pag. 181. (3) Il duca di Feria, Lorenzo Suarez de Figueroa e Cordova, fu viceré di Sicilia dal 1602 al 1606. (4) Camillo Pignatelli, III duca di Monteleone, figlio del duca Ettore e di Diana di Cardona. (δ) Luisa Manrique duchessa di Nagera, moglie di quel Bernardino de Cardenas duca di Maqueda che, da viceré di Sicilia (1598-1601), lasciò il suo nome alla maggiore via della città di Palermo. Ne nacquero i figli Bernardino marchese di Elche, morto giovinetto, Giorgio duca di Maqueda e di Nagera, che non ebbe discendenza, Jacopo, che successe poi al fratello, Giovanni generale della cavalleria di Milano, Maria, moglie del marchese di Cagnete Giovanni Andrea Hurtado de Mendoza, e Anna Maria, moglie del duca di Aveiro Giorgio di Laneastro. — 188 — Visita airill.mo sig·1' Don Pietro de Leva, generale delle galere di Sicilia, e sua moglie (23 giug.), e sua venuta a Palazzo. Senatori (1 lug.). Visita fatta al sig.1' Flaminio Del/ino, gentiluomo romano, mandato dal papa motu proprio a governare le sue galere, e sua venuta a Palazzo (ò lug.). Surrogazione, per la morte dell’lll.1110 sig.1' Simon Basadonne procuratore (2L lug.), in persona del sig·1' Enfran Sauli. Visita fatta aU’Ill.mo sig.1' Francesco Soranzo, ambasciatore veneziano tornato di Spagna (21 ag.), e sua fatta per suo fratello a Sua Serenità. Giorno dell’Unione, con orazione del Rev. N. Cioppa (12 sett.). Perchè non fu visitato FEcc.1110 sig.1' duca di Sermoneta (21 ott.). Visita fatta al sig.1' Martin Bonvisi, mandato dalla sua Repubblica di Lucca (1) per far compimenti col sig.r conte di Benivento viceré in Napoli (1 die.), e sua venuta a Palazzo in Senato. Λ isita fatta all’Ill.mo sig.r Don Ferrante d’Avalos venuto di Spagna (7 die.), e sua venuta a Palazzo. Visita fatta all’Ecc.mo sig·1' principe Boria nella sua partenza pei Loano (15 die.). Visita fatta al sig.1' Fulvio Costanzo napolitano (2) reggente, tornato di Spagna (22 die.), e sua venuta a Palazzo. Uscita di senatori (1 gen. 1603). Quel che si fece nella venuta del sig.r conte di Benivento, viceiè per Napoli (3), e sua moglie (28 gen.), e visita fatta prima al sig.1 principe Boria tornato da Loano. Visita fatta airÈcc.mo sig.1’ principe Doria nel ritorno da Loano per alloggiare il suddetto viceré (30 gen.) e prima che frisse visitato esso viceré. Visita fatta al sig.1' Giovanni Alonso della Sommaria di Napoli, (30 gen.) (4). (1) Del Bonvisi, destinato (4 ott. 1602) a riverire il viceré, restano nell Archivio di Lucca (Anziani, 625) l’istruzione e la relazione. (2) Fulvio di Costanzo, giurista e poeta, nipote del famoso Angelo di Costanzo. (8) Il conte di Benavente D. Giovanni Alfonso Pimentel fu viceré di Napoli dal 1603 al 1610. (4) Probabilmente costui è Giovanni Alfonso Suarez, che proprio in quell anno 1603 fu nominato luogotenente della regia Camera della Sommaria. — 189 — Visita fatta all’Ill.m0 sig.1' Don Carlo Doria nel suo ritorno di Spagna col viceré di Napoli (31 gen.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.r principe cVAscoli, venuto da Milano per visitare il sig.r COnte di Benivento viceré di Napoli (2 feb.). Nuova visita fatta al viceré (14 feb.). Visita fatta all’Ul.mo Don Giuseppe Cugna castellano di Milano (18 feb.). Partenza del Ser.mo sig.1' Agostino Boria (25 feb.); elezione del doge in persona del sig.1' Pietro de Franchi (2G feb.). Visita all’Ecc.mo sig.r principe Boria nella sua partenza per Loano (2 mar.). Pasqua (30 mar.). Coronazione del Ser.mo sig.1' Pietro de Franchi, con orazioni del m.co Marc'Antonio Grosso (1 apr.) e del padre Fonte teatino (2 apr.). Giunta di 6 galere venute di Napoli col sig.1' Don Francesco de Castro già viceré (30 apr.) (1), e quel che si fece. Visita fatta aH’Ecc.1110 sig.1' duca di Terranova, e sua a Palazzo (30 apr.). Visita aH’Ecc.mo sig.1' principe Doria nel suo ritorno da Loano (3 mag.), e sua venuta a Palazzo da’ Ser.mi Collegi. Visita fatta a mons.1' il principe Giovanni di Vanville, fratello del duca di Ghisa (9 mag.) (2), e sua venuta da Sua Serenità e dai due Ul.mi di Casa. Quel che si fece nella venuta dell’1H.mo sig.1' cardinale Sforza a Genova, e sua venuta a Palazzo (24 mag.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' marchese ftAeste, cavaliere della S.ma Annunziata di Savoia (29 mag.), e sua a Palazzo. Visita fatta all’Ill.1110 sig.1' Ascanio Langiati, ammiraglio e . (l).In vero D. Francesco de Contro, figlio elei vìoerè conte di Lemos, fu luogotenente non viceré, nel marzo 1(500 quando il padre andò a Roma a fare omaggio al papa per il re di Spagna, nonché dopo la morte del padre accaduta il ‘20 settembre 1601, fino alla venuta nel 1603 del nuovo viceré conte di Benavente. Fu poi viceré di Sicilia (v. all’anno 1622;. (2) Il duca di Guisa e principe di Joinville nel 1603 era Carlo di Lorena di 32 anni: s de’ fratelli di lui vivevano Ludovico ventottenne, che poi fu cardinale, Claudio duca di Chevreuse venticinquenne e Alessandro quattordicenne, che vesti l’abito di Malta. Non ho notizia di questo Giovanni principe di Vanville; il cui titolo, a ogni modo, doveva essere quello di Joinville. — 190 - generale delle galere di Malta (1 giug.), e sua venuta da Sua Serenità. Visita fatta all’Hl.™> sig. r principe di Valdetaro (15 giug.), e sua a Palazzo. Quel che si fece nella venuta del sig.1' Giovanni Battista Cenami (1), ambasciatore lucchese alla Ser.ma Repubblica (18 giug.). Uscita de’ senatori (1 lug.). Visita fatta all’Ill.mo sig. r Don Cesare à'Acalos (17 lug.), giunto di Spagna. Perchè non fu visitato il generale delle galere di Malta, che tornò di Spagna (25 lug.). Perchè non fu visitato l’Ecc.1™ marchese di Torriglia e l’Ecc.ma sig.a principessa sua consorte nel ritorno da Loano a Genova (26 ag.). Visita fatta all'Ill.™0 sig.1' Marin Cavallo, ambasciatore veneziano tornato di Francia (31 ag.), e sua venuta da’ Ser.™ Collegi. Visita fatta all'Ecc.'™ sig.a Donna Geronima Colonna e sua nuora viceregina in Barcellona (2), venuta da Napoli con le galeie della Ser.ma Repubblica (10 sett.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Lévanto (12 sett.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Carlo Dorici nel suo ritorno di Spagna (13 sett.), e sua a Palazzo. Perchè non fu visitato 1Ί11.™> sig.1' cardinale d’Aeste e se gli mostro il prezioso catino e poi le ceneri di S. Giovanni Battista (22 sett.). Congratulazione fatta coH’Ill.mo ambasciatore di Spagna m nome pubblico per il figliuolo natogli (2 ott.). Visita fatta a mons.1' Centurione nel suo ritorno di Spagna (8 ott.), e sua a Palazzo. Visita fatta alTIll.m0 sig·1’ Antonio Stornata, servitore del re d'Inghilterra, venuto a Genova (12 ott.), e sua venuta in Senato. Visita e licenza presa da mons.1' IH.™ Centurione da’ due Ser.™ Collegi per tornarsene a Roma (15 ott.). Visita fatta all’Ecc.™ sig.1' Giacomo Buoncompagno, duca fh Sora e generale della cavalleria di Milano (23 ott.), e sua a 1 aiazzo. (1) La relazione del Cenami (23 giug. 1603; è nell·Archivio di Lucca (.Anziani, 62o). (2) Per Geronima Colonna v. al 1ÓS9 (28 apr.)· La nuora era Caterina Caracciolo di S. Angelo, moglie di Ettore Pignatelli, IV duca di Monteleone e viceré di Catalogna. — 191 — Per 1 Eccolo sig.1’ marchese di Vigliena, ambasciatore per la M.tà del re di Spagna residente a Roma, e sua moglie (25 ott.) (1). Perchè non furono visitati il sig.1’ marchese S.la Croce, generale delle galere di Napoli (2), ed il sig.1' aldevantado di Cartiglia, generale delle galere di Sicilia, grandi di Spagna (31 ott.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Ippolito Malaxpina, priore di Napoli e generale delle galere del papa (3 nov.), e sua venuta da Sua Serenità. Quel che si fece nella giunta dell’Ecc.mo sig.1' duca di Sessa da Roma per passarsene in Spagna (5 nov.). Perchè non fu visitato l’II].mo sig.1' cardinale Sforza, tornato di nuovo a Genova (5 nov.). Licenza presa dalli Ser.mi Collegi dall’Ecc.mo sig. r principe Doria (26 nov.) per andarsene a Loano, e fu visitato poi in nome pubblico. Uscita de’ senatori (1 gen. 1004). Come e. quando venne a Palazzo l’Ill.mo sig.1' Don Cosmo Centurione senatore (7 gen.). Visita fatta alPIll.mo sig.1' Don Endico de Cardum, ambasciatore destinato a Venezia per S. M.ià Cattolica (15 feb.), e sua a Palazzo. Pasqua (18 apr.). Visita al sig.1’ principe Doria nel ritorno da Loano (24 apr.), e sua venuta da’ Ser.1111 Collegi (5 mag.). Quel che si fece per la venuta dell’Ill.m0 sig.1' cardinale di Gioiosa per passare in Francia (20 mag.). Visita all’Ill.mo Malaspina, generale delle galere del papa (20 mag.), e sua venuta a Palazzo. Quel che si fece per la venuta dell’Ecp.mo mons.r de Vaudemont, terzogenito del sig.1’ duca di Lorena e fratello della gran duchessa di Toscana (3), a Genova (27 mag.), e sua a Palazzo. (1) Il marchese di Villena Clio vanni Fernandez Pacheco, figlio di Francesco Pa-checo de Cabrera duca di Ascalona e marchese di Villena, fu viceré di Sicilia (1607-1611). Aveva sposato Serafina figlia di Giovanni di Portogallo duca di Braganza. Morì il 1615. (2) Il marchese di Santa Croce, capitano generale delle armate di Spagna, era Alvaro de Bazan, figlio di Alvaro signore di Fonelas e di Viso e di Anna de Guzman. Si illustrò nella battaglia di Lepanto. Ebbe mogli Giovanna de Zunica e Avellaneda del conte di Miranda, da cui ebbe una figlia, e Maria Emanuela de Benavides del conte di S. Stefano, dalla quale ebbe altri figli. — Cfr. all’anno 1625 (sett.). (3) Il conte di Vaudemont o Yaldemont, terzogenito del duca di Lorena, era Francesco, nato il 1571 (27 feb.) dal duca Carlo II e da Claudia di Francia. Per sua so- Visita al Rev.mo mons.1' (Giovanni Benedetto Spintila, chierico di camera (10 giug.), e sua fatta a Sua Serenità e a’ due 111.1111 di Casa. Promozione di 18 cardinali fatta da papa Clemente I ITI (9 giug.), de’ quali il sig.1- Zannettino figlio del principe Doria. Visita fatta all’Ill..mo- sig.1- Giovanni Antonio Priuoli, ambasciatore veneziano in Spagna (15 giug.), e sua a Palazzo. Uscita de’ senatori (1 lug.). Visita fatta al sig.1’ Dario Castelletti da Trento, ambasciatole del-l’imperatore in Spagna (19 lug.), e sua a Palazzo, Visita aH’Ecc.mo sig.1’ marchese di Pescara (11 sett.) (1). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Carlo Calai rese gesuita (12 sett.). Perchè non fu visitato il generale delle galere del papa. Visita al sig.1’ marchese di Cerbenara, destinato reggente in Napoli (6 ott.) (2), e sua visita a Palazzo. Perchè non fu visitato ΓΙ11.ιηο sig.1' Don Carlo Doria (6 ott.). Consacrazione dell’altare maggiore della chiesa de R. padii gesuiti dairill mo mons.r Orazio Spinola, arcivescovo di Genova (26 ott.). Quel che si fece per la venuta dell'Ill.1110 sig.1' cardinale Doria di Spagna con le galere della Ser.ma Repubblica {< nov.). rella Cristina era cognato del granduca di Toscana Ferdinando I (cfi. la nota ( a pag. 160). Gli sarebbe toccata la successione al ducato di Loiena se non avesse rinunziato solennemente in favore della nipote Claudia, figlia del duca suo fiate o, maritata col cugino Nicola Francesco, già cardinale e figlio di lui stesso Tiancesco ι Vaudemont e di Cristina di Salm. Morì il 1632 (15 ott.). (1) Alfonso d’Avalos, marchese di Pescara e del Vasto, di cui v. alla nota a pag. 164 (17 sett.). (2) Il feudo di Cervinara, che era già stato successivamente delle case De Capua, Della Leonessa, Carafa, D’Avalos, era passato nella novella aristocrazia che veniva su in Napoli dalle cariche giudiziarie e amministrative quando A lfonso d Ava os o aveva venduto a un tale Scalaleone regio consigliere (1578): un cui figlio lo ìiven ette a Berardino Barionovo segretario del .Regno (1597). Costui lo cedette a suo figlio Tian cesco (1602), che aveva avuto dal re un titolo di marchese da imporre sopra alcuno dei feudi paterni: e questi è il marchese di Cervinara qui sopra menzionato. Se nonché morto poco di poi Francesco (1603), il marchesato di Cervinara ricadde al padie c i lui, divenuto frattanto reggente del Consiglio d’Italia; il quale, dopo di aveie ottenuto di trasportare il titolo marchionale dalla terra di Cervinara sopra quella di Cusano, altro dei suoi feudi (1606), vendette Cervinara alla marchesa di Volturala Beatrice Caracciolo (1607). Del Barionovo va ricordato l’intonaco bianco ch’egli fece spalmare nella chiesa di Santa Chiara sugli affreschi di Giotto. Cervinara ridiventò poi marchesato, quando al figlio di Beatrice, Francesco, fu conceduto di passare su di quella il titolo ch’egli aveva sulla terra di Voltar ara (1629j. - 193 — Visita fatta al 1’Ill.mo sig.1' Muinoldo, presidente di Milano (8 nov.), e sua venuta da Sua Serenità. Ύ isita fieli’ I ll.mo sig.1' cardinale Doria alli Ser.mi Collegi (L5 nov.). V isita fatta al R. padre generale di S. Domenico, Hieronimo N. spagnolo (23 die.), e sua venuta da Sua Serenità sola. Visita dell’Ecc.mo sig.1' principe Doria a Sua Serenità e due 111.mi signori, fatta per andarsene a Loano (12 die.), e sua statali fatta in nome pubblico (14 die.). Signori usciti (1 gen. 1(505). Visita dell’Ill.mo gjg. r Don Carlo Cibo (1) e suo fratello a Sua Serenità e a’ due Ul.mi di Casa (25 feb.). Partenza del Ser.1110 sig.1' Pietro de Franchi da Palazzo (27 feb.). Elezione del Ser.,n0 Luca Grimaldo (1 mar.). Creazione di papa Leone XI, cardinale ed arcivescovo di Firenze (1 apr.). Pasqua (IO apr.). Coronazione del Ser.mo sig.1' Luca Grimaldo, con orazioni del m.co Giovanni Giorgio Boggiano medico (11 apr.) e del padre Giulio Negrone gesuita (12 apr.). Visita dell’Ill.mo arcivescovo alli Ser.mi Collegi nella sua partenza per Roma (13 apr.) ed a S. S. Ill.ma Visita alFEcc.mo sig.1' principe Doria nel suo ritorno da Loano (14 apr.). Visita dell’Ecc.1110 sig.r principe Doria alli Ser.mi Collegi (20 apr.). Compimento fatto col sig.1' duca di Savoia per la morte del primo suo figlio (24 apr.) (2). Per il sig.1' principe di Spagna, nato alli 7 di aprile del 1G05. Giunta deirill.mo sig.1' cardinale Ginnasio da Spagna (26 apr.). Visita deH’Ecc.m0 sig. r principe Doria a Sua Serenità particolarmente (7 mag.). (1) Carlo Cubo Mala spina, nato il 1581 (19.nov.) da Alderano marchese di Carrara e da Marfisia d’Este di Ferrara, per la morte precoce del padre (1608) successe direttamente nel principato di Massa all’avo Alberico I (1623). Si trovava in Genova nel febbraio del 1605 perchè vi prendeva in moglie Brigida Spinola del marchese Gian-nettino. (2) Il primogenito del duca di Savoia che mori in Ispagna il 1605 (9 feb.) era il principe di Piemonte Filippo Emmanuele, nato il 1586 (3 apr.). 13 Elezione di papa Paolo V in persona del cardinale Borghese romano (16 mag.). Per la nascita del figlio del duca di Urbino (29 mag.). Quel che si fece per la giunta dell’Tll.™ sigJ cardinale Colonna (1) da Spagna a Genova ('27 mag.). Visita al sig. r conte Camillo S. Vi/ale, ambasciatore del sig.1' duca di Panna per andare a far compimenti del principe di Spagna (28 mag.), © sua a Palazzo. Visita airEcc.mo sig.1' principe di Massa (10 giug.), e sua a Palazzo. Quel che si fece nella tornata da Roma a Genova dell 111.1110 sig·1 cardinale Doria (‘21 giug.). Visita alFEcc.mo sig.1- Dario Castelletti, ambasciatore deìVimpera- tore tornato di Spagna (23 giug.), e sua venuta a Palazzo. Visita de’ due Ser ™ Collegi all’Ill.m0 sig.1' cardinale Dona-(30 giug.), e sua venuta a Palazzo. Uscita de’ senatori (1 lug.). Visita dell’Ill.# sig.1' cardinale Doria a’ due Ser.mi Collegi ÌAlug.). Visita all’Ill.mo sig. r arcivescovo Spinola nel suo ritorno da Roma (8 lug.), e sua venuta a Palazzo Visita dell’Ecc.mo sig.1' principe Doria a Sua Serenità e a' due Ill.mi di Casa nella partenza per Peggi (9 lug.). Quel che si fece nella morte di mons.1' Hl.m0 Lenoncurt, ambasciatore di Francia destinato a Roma, e sua moglie con due galere di quella M.tà (7 lug.), e sua venuta a Palazzo. Processione per il Sant.™ giubileo, mandato da papa Paolo V (20 e 22 lug.). Visita delPHl.mo Mellino, nunzio del papa destinato in Spagna (2), e sua venuta a Palazzo (2 ag.). Visita fatta alli sig.ri Michel Guinigi e Silvestro Masi, ambascia- tori lucchesi per Spagna (1 sett.). Ritorno deirill.mo sig. r Giovanni de Vives, ambasciatore di Spagna (6 sett.). Visita alli sig.1'1 Giovanni Tommaso Salamanca e Carlo de Curtis, reggenti neapolitani destinati in Spagna (7 sett.). (1) Ascanio Colonna, figlio di Marcantonio duca di Palliano e di Felicia Orsini di Bracciano, fu fatto cardinale ("17 die. 1586) e viceré di Sicilia. Mori il 1608 (18 mag.). (2) Per i) Melimi vedi la nota (2) alla pag. 169. - 195 — Giorno dell’Unione con orazione del padre Bernabò gesuita (12 sett.). Visita fatta aH’Ecc.ma sig.a duchessa e suo figlio duca di Terra-nuova (1 ott.). Visita fatta all’lil.1110 sig.1' Don Carlo Doria nella sua tornata di Levante (7 ott.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Cesare d’Acalon, (3 nov.), e sua a Palazzo. Visita al presidente Balcasser neapolitano (3 nov.), e sua a Palazzo. Visita all’Ill.mo sig.1' Don Giovanni Gonzaga, cugino dell’Altezza di Mantova (8 nov.), e sua venuta a Palazzo. Visita dell’lll.mo Hig.r cardinale Doria, fatta a Sua Serenità privatamente (23 nov.). Visita alFIll.mo sig.l' duca di Poli, mandato dall’Altezza di Parma in Spagna (7 nov.), e sua a Palazzo. Licenza presa dall’Ecc.1110 sig.r principe Doria a Sua Serenità e da’ due 111.1111 di Casa nella sua partenza per Loano (18 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Senatori (1 gen. 1600). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Alonso Diaquez (1 gen.). Condoglianza fatta al sig.1' ambasciatore di Spagna (9 gen.) per morte del fratello in Fiandra. Visita fatta a mons.1' de Xemurs francese (10 gen.) (1). Paterno ufficio e licenza presa dal sig. r Giovanni Andrea principe Doria da’ Ser.1111 Collegi nella sua grave malattia per mezzo del suo segretario Savorgnano (23 gen.), e visita fattagli far da Ser.mi Collegi. Che il Ser.mo doge Luca Grimaldo andette al monastero di Pavia a parlare con sue figlie (1 feb.). Morte dell’Ecc.1110 sig. r Giovanni Andrea principe Doria, (2 feb.). Visita fatta da’ Ser.mi Collegi aH’Ill.mo sig.1 cardinale Doria, ritornato da Loano dopo la morte di suo padre (7 mar.), e sua venuta a Palazzo. Pasqua (26 mar.). (1) Il duca di Nemours era Enrico ili Savoia marchese di Sorlin, secondogenito di Giacomo duca di Nemours e di Anna d'Este di Ferrara, nato il 1572 (2 nov.). Gli toccò il ducato per la morte del fratello Carlo Emmanuele (1595), evi aggiunse l’altro di Auniale per le nozze (1018) con la duchessa Anna di Lorena figlia di Carlo duca di Aumale. Mori il 1032 (10 Ing.). — 196 — Visita fatta al sig.r ambasciatore veneziano, venuto di Inghilterra (L7 apr.). Giunta del sig.r marchese Spinola, cavaliere del Tosone e consigliere di guerra e di Stato del re (26 apr.). Visita al sig.r N., ambasciatore del sig. r duca di Urbino (6 mag.), Visita al sig.r reggente Canno milanese (31 mag.). Processione generale deliberata da' Ser.1111 Collegi cid augendam religionem e pro conservatione pacis inter principes christianos (1 giug,). Visita a mons.r 111.1110 vescovo di Savona, nunzio in Savoia (29 giug.), e sua venuta a Palazzo. Uscita de’ senatori (i lug.). Giubileo mandato da papa Paolo V (6 lug.). Visita a mons.1' Rev.1110 Benedetto Spinola, chierico di camera (5 lug.). Visita alPIll.1110 vescovo di Sarzana, nunzio in Germania (4 ag.). Quel che si fece nella venuta dell’Ecc.m0 sig. r Aitoiia, ambasciatore di Spagna per Roma (15 ag.). Visita alFIll.mo sig.1' duca Poli (17 ag.). Visita al sig.1' Don Carlo Boria (17 ag.). Visita al sig.1' Bernardo Gigli, ambasciatore lucchese (18 ag.). Giorno deH’Unione, con orazione del padre Bartolomeo milanese barnabita (12 sett.). Promozione de’ cardinali nell’anuo 1606, ne quali mons.1' Ill.mo Orazio Spinola arcivescovo di Genova. Quel che si fece per la tornata della sig.a duchessa di Mantova da Francia in Savona (1 ott.). Perchè non fu visitato il luogotenente delle galere del papa giunte da Messina, capitano Papirio da Fano (19 ott.). Visita fatta airill.mo sig.r Don Carlo Doria (18 nov.), e sua venuta a Palazzo da Sua Serenità e da’ due Ul.mi di Casa. Condoglianza fatta all’Ecc.mo sig.1' principe di Massa (28 nov.) per morte del sig.r marchese di Massa (1). Perchè non fu visitato il principe d’Ascoli (δ sett.). Senatori entrati (1 gen. 1607). (1) Al principe di Massa Alberico Cybo Malaspina premorì il figlio Alderano marchese di Carrara (4 nov. 1606), cosicliè gli successe poi nel dominio ( 1(523) il nipote Carlo, figlio di Alderano. - 197 — Partenza del Ser.mo sig.r Luca Grimaldo doge da Palazzo (2 mar.), ed elezione del Ser.mo Silvestro de Increti (3 màr.). Surrogazione per I’IH.mo sig.r Giovanni Battista Doria per andare in Spagna per suoi negozii (13 mar.) ed uscito in suo luogo il sig. r Giovanni Pietro Serra (14 mar.). Quel che si fece per la morte del Ser.mo doge sig.r Silvestro $ Livrea, seguita sabato 17 di marzo del 1607. Elezione del Ser,mo doge Geronimo Assereto (23 mar.). Pasqua (15 apr.). Coronazione del Ser.mo sig.r doge Geronimo Assereto, con orazioni del m.co Riccardo medico (28 mag.) e del padre N. neapolitano di S. Siro (29 mag.). Per il generale delle galere di Malta (16 mag.). Per l’ambasciatore lucchese (17 mag.) (1). Visita fatta all’Ecc.mo sig.r duca di Feria, ambasciatore di Spagna al papa, venuto da Roma (7 giug.). Quel che si fece per la giunta dell’Ecc.mo sig.1' cardinale di Gioiosa alla città (20 giug.), partitosi di Venezia, dove concordò le competenze tra il papa e li Veneziani, per tornarsene in Francia. Uscita di senatori (1 lug.). Giunta del sig.1' duca di Manioca a San Pier d’Arena (12 lug.) (2). Quel che si fece nella giunta delle sei galere di Francia col stendardo, e generale di esse galere mons.1’ Gunuì, figlio del maresciallo Gundì grande di Francia (14 lug.) (3). Che il Ser.mo sig.1’ Geronimo Assereto duce andette il giorno di S. Giacobo a desinare in Carignano ed a barcheggiare sopra le otto galere della Repubblica (25 lug.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Di Negro cappuccino (12 sett.). (1) Probabilmente Sebastiano Origli, della cui ambasceria esistono le lettere (18 mag. K307-4 lug. 1610; e la relazione (12 ag. 1G10) nell’Arekivio di Stato in Lucca (Anziani, 602, 625). (2) Una narrazione dell’arrivo e della dimora del duca di Mantova a San Pier d’Arena il 1607 fu data al Giornale Ligustico (a. XIII, p. 160-163) da A. Neri. (3) Conte di Joigni/ era Filippo Emmanuele de Gondi/, figlio del maresciallo duca di Retz, pel quale cfr. qui innanzi la nota all’anno 1590 (apr.). Filippo fu generale delle galere di Francia. Rimasto vedovo di Francesca Margherita de Silly figlia del duca di Richepot, lasciò il secolo entrando fra i padri dell'Oratorio. Mori di 81 anni il 1662 (29 giug.). Furono suoi figli Pietro duca di Retz e Giovanni cardinale. Giunta deirill.'110 sig.'* Geronimo Sommo, ambasciatore di Venezia destinato in Spagna (24 sett.,). Don Ferrante Gonzaga a Genova per porre il Lesone in nome della Cattolica Maestà al principe Andrea Doria (26 sett.). Surrogazione per l’Ill.mo sig.r Alessandro Giustiniano senatore per causa di indisposizione col sig.1' Camillo Giustiniano quondam Ansaldi (24 ott.). Che il Ser.mo sig.1' doge Assereto andette a visitare sua sorella a S.a Marta (3 nov.). Quel che si fece per la venuta dell III.1110 sig.1' cardinale Meliino, tornato di Spagna con le galere del sig.1' Don Carlo Doria (12 nov.), e per altri personaggi. Visita fatta al sig.1' duca di Terranova (13 nov.). Visita fatta al sig.1' Don Carlo Doria (13 nov.). Senatori (1 gen. 160S). Giunta del sig.1’ Francesco de Castro da Milano per Spagna con una galera del sig.1- Don Carlo (21 gen.). Perchè non fu visitata la moglie dell ambasciatore di Savoia residente in Roma (1 feb.). Perchè si messe insieme il Ser.1110 Senato (19 feb.). Surrogazione per li 111.1111 sig.1' Antonio Roccatagliata senatore e Giovanni Giacomo Grimaldo passati a miglior vita; usciti i sig.1:1 fte-ronimo Doria e Gaspare Spinola (21 feb.). Pasqua (6 apr.). Senatori (1 Ing.). Mons.1' de Breves, ambasciatore di Francia residente a Roma (Ing.). Che il Ser.mo duce Geronimo Assereto andette alla sua villa di Sestri (20 lug.). Processione della Madonna di Monte Oliveto (20 lug.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Francesco Gorrino ad Lugano teatino (12 sett.). Giubileo plenario mandato dalla Santità di Paolo V per le cose di Ungheria (17 sett.). Quel che si fece per ΓΙ11 .mo sig.1’ ambasciatore Bandino, mandato dal granduca di Toscana alla Ser.ma Repubblica a dar parte del matrimonio del sig.1' principe con madama Maddalena d’Austria sorella della regina' di Spagna. Perché non fu visitato il sig.1' ambasciatore N. di Savoia (9 ott.). — 199 — Pei1 rill.mo yio, r jj011 Carlo Doria, venuto con l’armata da Gibil- O ' terra (18 ott.), e sua venuta a Palazzo. Visita del R,ev.m0 pach’e generale m.° Giovanni Battista Aste genovese, dell’ordine di S. Agostino, a Sua Serenità e a’ due 111.1111 di Casa (‘21 ott.). Visita fatta alli sig.ri Barionuoco marchese di Cusano (1) e Marco Antonio Ponte reggenti in Napoli (27 ott.), e loro visita a Palazzo. Per l’Ecc.mo mons.r duca di Nicers, spedito dal re di Francia al papa (21 nov.). Giunta delli stuoli di galere di Napoli e Sicilia, di Spagna, con Donna Geronima Colonna e sua nuora e Don Diego e fratelli, figli del viceré. Benivento di Napoli (21 nov.). Visita al reggente di Napoli Curtio N. (nov.). Per Don Francesco di Castro e Don Blasco d Aragona, venuti da Milano (2 die.). Funzioni e compimenti, di Natale; abate del Bisagno. Uscita di senatori (1 gen. 1609). Che Don Blasco (V Aragona non fu visitato (9 gen.). Partenza del Ser.1110 duce Geronimo Assereto di Palazzo (23 mai.). Giunta dell’Ill.mo sig.r cardinale Zappata a Genova (23 mar.). Elezione del Ser.m0 sig.1- Agostino Pinello duce (1 apr.). Pasqua. Licenza presa dall’Ill.mo sig.1- cardinale Doria da Ser.111' Collegi della sua partenza per Palermo (21 apr.), e sua visita (24 apr.). Coronazione del Ser.mo duce sig.1- Agostino Pinello (9 mag.). Morte deirill.mo sig.1’ Nicolò Chiàvari procuratore (30 mag.). Uscito dalla bussola in suo luogo il sig.1 Gaspare de l'tanelli (3 giug.). Quel che si fece nella venuta del sig.1 Geronimo Lenzuoni, ambasciatore del gran duca di Toscana alla Ser.ma Repubblica in materia di condoglianza per la morte del gran duca suo padxe y2 giug.). Il sig.1’ Giovanni Battista Spinola, detto Bacciòn, è eletto ambasciatore per far uffizio di condoglianza col gran duca di Toscana (17 giug.). Giunta di cinque galere del papa con 1 Ecc.mo sig.1' marchese d Alton, già stato ambasciatore a Roma per la M.tà Cattolica (17 giug.). (1) Pel Barionovo marchese di Cusano e già marchese di Cervinara cfr. la nota (2) alla pag. 192. -- loo — Visita fatta al generale Alessandro de Monti delle galere del papa, e sua visita a Palazzo (19 ging.). Senatori usciti (1 lug.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Luisio prior di S. Domenico (12 sett.). Visita fatta all’Ul.1»0 sig.1'Don Filippo Colonna (1), cognato del-l’Ecc.1110 sig.1' principe Doria (28 sett.). Quel che si fece nel ritorno dell’Ill.1110 sig.1' ambasciatore di Spagna da Napoli a Genova (10 ott,). Perchè non fu visitato il conte à1 Aste, ambasciatore di Savoia giunto da Mantova e Firenze (16 ott.). Perchè non furono visitati i due figliuoli del sig.1’ duca di Pernon (23 ott.) (2). Quel che si fece nella venuta dell’Ill.mo sig.1' conte Roberto Sciarle*, ambasciatore del re di Persia, da Roma per Spagna (15 nov.). Senatori nuovi entrati (1 gen. 1610). Visita del Rev.mo vescovo di Brugnè al Ser.mo Senato (3 feb.). Pasqua (11 apr.). (1) Filippo Colonna, fratello di Marcantonio duca di Palliano e di Tagliacozzoe di Giovanna moglie del principe Andrea Doria, successe nei feudi della sua casa (1G11) al nipote Marcantonio il contestabilino, figlio di suo fratello, e li tramandò alla discendenza ch’egli ebbe dalla moglie Lucrezia Tomacplli. Morì di 69 anni il 1639 (11 api·.). (2) Il duca à'Espemon era Giovanni Lodovico de Nogaret de la Vallette, colonnello generale e pari di Francia, del quale fu ammirevole la fortuna costante fino all’ottantesimo suo anno e di poi spietatamente avversa. Nacque il 1554 da Giovanni signore della Vailette e da Giovanna de Saint-Lary di Bellegarde. Favorito da’ suoi re, fu governatore di molte province. Tra i favori di fortuna si citano i pericoli più volte scampati, come quando egli fu lanciato dal suo cavallo in un profondo burrone, al quale restò per questo il nome di - Salto d'Espernon » (1585), e quando ad Angonlème, inseguendo i sicari avventatigli contro, gli crollò la scalinata di sotto fuori che il gradino che era sotto il suo piede (1588), e ancora quando in un combattimento, mirato da un espertissimo artigliere, schivò la palla del cannone nel chinarsi per raccogliere il danaro vinto in giuoco agli amici, dal cui sangue fu invece cosperso (1593), e quando infine in Provenza, crollando per lo scoppio di un sacco di polvere la casa, restò ferma la trave sulla quale egli era allora appoggiato (1595). Per le arti dell’invidia cadde in disgrazia del re e del cardinale De Eichelieu e fu spogliato degli uffici, mentre gli premorivano due de' tre figli (1639) e l’altro, perseguitato dal cardinale, si rifuggiava in Inghilterra. Egli mori il 1642 (13 gen.). I quali suoi figli, avuti da Margherita de Foix contessa di Candale, ch’egli aveva sposata il 1587 (7 ag.), furo:io Enrico duca di Candale, che morì il 1639 (11 mar.), Bernardo duca della Vallette e d’Espernon, che, nato il 1592, mori il 1561, e il cardinale Lodovico, nato il 1592 e morto il 1639 (28 sett.). - 201 — Visita fatta all’Ill.mo sig.'1 viceré di Sardegna all’osteria di S.a Marta (22 apr.). Visita alPIll.mo sig.r Pietro Priuoli, ambasciatore veneziano destinato in Spagna (27 apr.). Quel che si fece nella venuta dell’Ecc.mo sig.r Castiglione, ambasciatoli dell'imperatore destinato in Spagna (17 mag.). Visita all’Ul.mo vescovo Teani, nunzio del papa per Spagna (21 mag.). Per l’Eccmo sig.i’ principe Loria, tornato da Loano con sua moglie (7 giug.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1’ conte di Lemos, viceré di Napoli (15 giug·) (1). Senatori (1 lug.). Per l’ambasciatore lucchese destinato in Spagna, Bernardino Minati (8 lug.) (2). Come venne a Palazzo l’Ill.mo Giovanni Francesco Maruffo, procuratore (14 lug.). Quel che si fece nella venuta dell’Ecc.mo sig.1’conte di Benevento già viceré di Napoli (13 lug.). Quel che si fece nella venuta del sig.r cavaliere Lodovico de’ conti de Angè, mandato dall’ Altezza di Savoia alla Ser.ma Repubblica (30 lug.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1’ ambasciatore di Spagna (30 lug.). Prima messa cantata solennemente nella beatificazione del B. Γ. Ignazio al Giesù (31 lug.). Perchè non fu visitato l’Ecc.mo sig.1’contestabile Colonna (10 ag.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Michele Pontettì bolognese teatino (12 sett.). Giunta deirill.m0 nunzio Ricarola, venuto di Francia, a Genova (1 ott.). Visita fatta aU’Ill.mo Don Ferdinando Borgia, ambasciatore Cattolico destinato al gran duca di Toscana, e sua venuta a Palazzo (27 ott.). (1; Pietro Fernandez de Castro conte di Lemos, figlio del conte Ferrante già stato viceré di Napoli (1599-1601), andò viceré il 1501 e vi stette fino al 1616. (21 Cioè Mimitoli. Le lettere della sua ambasceria si conservano nell’ Archivio di Stato di Lucca (Anziani, 603, 625). Egli era partito da Lucca il 4 luglio 1610 e datò la sua relazione il 10 dicembre 1615, la quale venne pubblicata il 1S66 (Lucca. Canovetti). — 202 - Quel che si fece nella giunta delle cinque galere di Matta, tornate di Spagna a condurli il marchese di Vigliena, già viceré in Sicilia (6 nov.). Allegrezza fatta fare dal principe Doria nella canonizzazione di S. Carlo, già cardinale Borromeo (11 nov.) (1). Visita fatta al sig.1' Geronimo Sommo, ambasciatore veneziano, tornato di Spagna (11 nov.). Visita fatta al sig.1' marchese Nester Bevilacqua, parente del sig. r principe di Massa e del sig.1' duca di A f edin a (2), che poi tò lettere per il Ser.mo Senato del suddetto sig.r duca (11 nov.). Giunta delle galere di Spagna col sig.1'contestabile governatore in Milano e sig.1' Don Carlo Doria (2 ( nov.). Giunta dell’Ecc.mo sig.1'duca di Ossmda, viceré in Sicilia (3), con le suddette galere venute (27 nov.). Visita fatta airill.mo sig.1’ Don Carlo Doria (nov.). Visita fatta al sig.1' Buzio, reggente di Napoli (nov.). Visita fatta al gentiluomo mandato dal sig.1' duca di Parma a presentare una lettera al sig.1' contestabile governatore di Milano (nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Visita fatta aH’Ecc.™0 sig.1'contestabile Colonna, che da Loano torna a Roma (27 die.). Senatori usciti (1 gen. 1011). Visita all’Ill.mo sig.r V., ambasciatore veneziano, venuto di Francia a Genova con due galere (8 gen.). Visita fatta al sig.1' Roderico Olidosio fiorentino, ambasciatore del gran duca (7 feb.). Visita fatta al sig.1’ Lorenzo Polo, reggente di Milano (8 feb.)'. Condoglianza fatta col sig.1' ambasciatore di Spagna per morte di sua figlia (17 feb.). :l> La moglie del principe Doria, Giovanna Colonna di Palliano, era nipote di S. Carlo come figlia di Anna Borromeo duchessa di Palliano. (2) Non è facile intendere chi sia questo duca di Medina, essendovi a quel tempo' il duca di Medina Sidonia, quello di Medinaceli, l’altro di Medina de las Torres, l’altro di Medina de Rioseio, quello di Medina de los Rios, e forse altri ancora. (3) Pietro Giron, duca di Onsuna, marchese di Penafiel, conte di Uregna, cavaliere del Toson d'oro, viceré di Sicilia e poi di Napoli (1616-1620), era nato dal duca Giovanni Tellez Girou e da Anna Maria de Velasco (20 ott. 1574). Mori il 1624 (25 sett). Partenza del Ser.mo duce sig.r Agostino Vinello da Palazzo (2 apr.). Pasqua (3 apr.). Elezione del Ser.1110 duce Alessandro Giustiniano (4 apr.). Yisitg, fatta al sig.1'ambasciatore del re di Persia (10 apr.). Per rill.mo sig.r cardinale Gioiosa, da Francia per Roma (28 apr.). Visita del Rev.mo Morta, vescovo di Aleria, venuto da Roma per la sua chiesa in Corsica, a Sua Serenità e a’ due 111.™1 di Casa (15 mag.). \isita fatta all’Ul.mo sig. r Don Giuseppe Cugna, ambasciatore di Spagna destinato in Savoia, e sua a Palazzo (17 mag.). Coronazione del Ser.m0 duce Alessandro Giustiniano, con orazione del m.co Rafael Torre (23 mag.) e del padre N. Pomari di S. Siro (24 mag.). Visita fatta a mons.r Ill.mo Vulpi, arcivescovo di Tieti (1), internunzio del papa, venuto di Spagna per passare a Roma (24 mag.). Visita fatta al sig.1' principe di glassa) e sua a Sua Serenità ed alli due Ul.mi di Casa (26 giug.). Senatori usciti dalla bussola (1 lug.). Visita fatta al sig.1' ambasciatore di Spagna, tornato di Lombardia (18 lug.). Visita fatta al sig.1' marchese S.a Croce, venuto di Spagna con sette galere portando il sig.1' duca di Candìa destinato viceré in Sar-degna e la sig.a Dom’Artemizia (2) sua moglie (3 ag.). Promozione di cardinali fatta da papa: Paolo V, fra' quali mons. r Serra e mons.1’ Ricarola, gentiluomini genovesi (ag.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Alberino gesuita (12 sett.). Quel che si fece per il gran priore di Francia, venuto a Genova per passare a Malta (21 sett.). Quel che si fece nella venuta dell’lll.1110 sig.r Cardinal Calammo da Bersighella, generai di S. Domenico, giunto di Francia per passare a Roma (10 ott.). Quel che si fece nella venuta del sig.1' conte e contessa de Scel-V3s (3), castellano di Milano (19 ott.). (1) Chieti. (2) Artemisia Doria. (3) Jelces. — 2u4 — Per PHl.mo sig.1' Don Carlo Doria, giunto d’Africa, dov’era stato con l’armata (27 ott.). Quel che si fece nella giunta dell'Ul.1110 mons.1' nunzio Antonio Caetano (1) in Spagna (8 nov.)· Quel che si fece per l’esequie della'regina Margarita d'Austria, moglie di re Filippo di Spagna (22 nov.) per ordine del Ser.mo Senato. Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Senatori usciti (1 gen. 1612). Per il sig.1' ambasciatore del sig.1' duca di Modena mandato in Spagna, conte di Sandolino. Granita di mons.1' l’abate Pinello, protonotario apostolico (25 gen.) Per il sig.1' conte Scotto, ambasciatore dell’Altezza del sig.1' duca di Panna (23 feb.). Esequie per l'imperatore Rodolfo (1 mar.) (2). Per l’Ill.mo sig.1' Giovanni Antonio I "/lardi, ambasciatore del ciò·.1' duca di Mantova alla Ser.ma Repubblica (4 mar.). Quel che si fece p°.r 1Ί11.ιαο sig.1' cardinale Carrafa (3), nunzio in Spagna, di ritorno per Roma (17 mar.). Visita del Rev.m0 Giustiniano, vescovo d'Aleria, venuto da Roma per andarsene alla sua chiesa in Corsica, a Sua Serenità e due 111 mi di Casa (27 mar.). Pasqua (22 apr.). Quando il sig.1' marchese Ambrosio Spinola fu fatto grande di Spagna (7 apr.). Visita dell’Ecc.mo sig.1' principe Doria a Sua Serenità sola (9 mag.). Per rill.mo sig.1' conte Paolo Gioffredi, ambasciatore dell’Altezza di Modena (25 mag.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.1' principe Castiglione, ambasciatore dell’imperatore in Spagna, e sua visita a Sua Serenità e due Ill.mi di Casa (26 giug.). . (1) Antonio Caetani ili Sermoneta era arcivescovo di Capua (1005) e fu poi cardinale (1621;, Mori di SS anni il 1621 (17 mar.). (2) Nella busta 48·'! B Ceremoniarum è un fascicoletto di Notizie dell'operato dalla ,Ser.ma Repubblica nella morte degl'imperatori e, nell'elezione de' successori, cacale dall'Ar-chivio di ordine de' superiori. (3) Decio Carafa, figlio di Ottaviano barone di Carcepiccola e di Marzia Mormile e fratello di Eligio duca di Felzi, fu arcivescovo di Durazzo (1608), cardinale(1611), arcivescovo di Napoli (1613;. Morì il 1026 (2i gen.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' generale armiraglio delle galere di Fiorenza, e sua visita a Sua Serenità prima della sua partenza (27 giug·)· Giunta di sette galere del sig.1' Don Carlo Dorici di Spagna, col .sig.1' marchese S. Germano governatore di Milano, ed il Cardinale Borgia (80 giug.). Senatori usciti (J lug.). Morte deU’Ecc.mo sig.1' Andrea principe Boria a Fasciolo, e visita fatta a sua moglie (11 lug.). Visita de’ Ser.mi Collegi all’111.1110 sig.1' cardinale Borgia, e sua visita a Palazzo (17 lug.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre N. milanese (12 sett.). Quel che si fece nella venuta dell’Ill.mo sig.1' Otto Mandelli, ambasciatore dell’Altezza di Parma alla Ser.ma Repubblica (15 ott.). Visita fatta dal Rev.1110 vescovo di Monte Piantone a Sua Serenità (8 nov.). Giunta di sei galere di Napoli per passare in Spagna eoi Rev.mo arcivescovo di Baclaios e reggente Montalvo (22 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Senatori usciti (1 gen. 1613). Visita al sig.1' Carlo Tcipia napolitano (1), reggente in Spagna (2 gen.). Giunta di due galere del gran duca di Toscana con rill.mo sig.1' cardinale Taverna, che passava a Milano (19 gen.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' di Piombino nel suo ritorno di Spagna (4 feb.). Partenza del Ser.mo duce sig.1- Alessandro Giustiniano da Palazzo a casa sua (6 apr.). Pasqua (7 apr.). Elezione del Ser.mo duce Tomaso Spinola (14 apr.). Giunta di due galere di Francia con la sposa del sig.1' duca Sforza, figlia del duca di Omena (27 apr.) (2). (1) Carlo Tappici marchese di Belmonte, nato a Lanciano intorno al 1565, fu giudice della Vicaria, consigliere di S. Chiara (1597), reggente del Consiglio d'Italia (1625), decano del Collaterale. Scrisse molte opere giuridiche. Mori il 16-14 (17 gen.). (2) In quell’anno 1618 il conte di Santa Fiora Mario II Sforza, duca di Ognano e di Segni, sposò Renata di Lorena, figlia di Carlo duca di Mayenne e di Enrica di Savoia Villars. — 206 — Surrogazione dell 111.1110 sig.'·1 Greroiiimo Adoì’ìio in luogo dell 111,ino ir» σ sig.1' Tommaso Spinola (29 apr.). Visita fatta all’Ecc.mo sig.1' contestabile Colonna (1), e sua alli Ser.mì Collegi (lo mag.). Giunta deH’Hl.mo sig.1' Paolo Antonio Paradeino, governatore eli Ceva, ambasciatore del sig·1' duca di Savoia mandato alla Ser.ma ]je. pubblica (20 mag.). Coronazione del Ser.mo duce sig.11 lommaso Spinola (2 g'iug.); con orazioni del m.co medico Rossano (1 giug.) e dal padre P. Fonavo di S. Siro. Giunta di tre galere, due di Francia ed una di Toscana, da Civitavecchia per passare in Frància, con 1 Id.mo sig.1 cardinale Clara-monte, l’ambasciator di Francia marchese di Faittel e la figlia, sposa dell’Ecc.mo sig.1- Don Virginio Orsino (1 giug.) (2). Giunta dell’Ecc mo sig.1' duca di Montelione (3) a Genova di Spagna con due galere, e sua visita a Palazzo (11 giug.). Giunta di mons.1' Gundì (4), generai delle galere di Francia (23 giug.). Uscita di senatori (1 lug.). Visita fatta aU’Ill mo sig.1' Francesco 'Mozzanigo (5), ambasciator veneziano destinato in Spagna (4 Ing.), e sua venuta-a Palazzo. Surrogazione det’Ill.1110 sig.1' Filippo Cattaneo quondam Nicolai, in luogo dell’Ill mo sig.1' Stefano Giustiniano defunto (26 lug.). Visita fatta al sig.1' Marc’Antonio Ponte (6) reggente di Napoli, venuto di Spagna per passare a Napoli (12 ag.). Tornata deirill.mo sig.r Giovanni de Vives, ambasciatore di Spagna, a Genova con due galere e sua moglie (22 ag.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Alberisio piacentino (12 sett.). (1; Filippo Colonna, pel quale vedi la nota (1) alla pag. 200. (2) Virginio Orsini, marchese di Mentana e duca di Selci, sposò Beatrice Vitelli (Faittel?), dalla quale pervenne alla sua discendenza il dominio di Àmatrice eretta in principato. (3; Ettore Pignatelli, IV duca di Montekone, figlio del duca Camillo e di Geronima Colonna di Palliano, fu viceré di Catalogna. Mori di 48 anni il 1622 (4 ag.). (4) Per il Goncl/j vedi la nota (3) a pag. 197. (5) Mocenigo. (6) Marcantonio de Ponte marchese di S. Angelo, fu presidente, del sacro regio Consiglio (1613-1623) e del Consiglio di S. Chiara in Napoli e reggente della Cancelleria. Mori il 1623 (10 die.). - 207 — Per il sig.1’ Paolo Manini, ambasciatore lucchese diretto alla Ser.ma Repubblica (14 ott.). Visita al sig.r Nicolò Micheli, ambasciatore lucchese destinato in Spagna con lettere alla Ser.ma Repubblica (16 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Senatori (1 gen. 1614). Giunta dell’Ill.mo sjg.r Dcm Pietro de Leva, generale delle squadre di Sicilia (15 feb.). Pasqua (30 mar.). Quando s’addottorò il sig.1' Alessandro Schdi (10 mag.). Quel che si fece con la giunta di due galere di Francia, nelle quali venne l’Ecc.mo sig.1' marchese Trivello Orsino francese distinato ambasciatore al papa (29 mag.). Quel che si fece nella giunta da Roma di mons.1’ Rev.mo Corani-hono, vescovo di Fossembruno, destinato nunzio o sia sottocollettore in Portogallo (15 giug.). Che il duce sig.r Tommaso Spinola andette a visitare sua figlia a S. Leonardo prima di vestirsi di monica (22 giug.). Uscita di senatori (1 lug.). Visita fatta all’Ill.1110 sig.1' marchese da Rondel inglese (8 ag.). Relazione de’ complimenti e ricevimenti fatti dalla Repubblica al principe Filiberto di Savoia, generale del mare per la Maestà Cattolica (ag.). Visita fatta al sig.r cavaliere Geronimo della Motta per l’Altezza di Savoia (11 ag.). Quel che si fece nella venuta delflll.1110 sig.r Alfonso Amtriffo d’Andrazii, ambasciatore del l’Altezza di Mantova alla Ser.nia Repubblica (9 sett.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Bernardo Giustiniano gesuita (12 sett.). Visita fatta al sig.1' ambasciatore di Spagna nel suo ritorno da Milano (12 sett.). Visita fatta all’Ill.11’0 sig.r Don Carlo Dorici nel suo ritorno da Sicilia (19 sett.). Che il sig.r principe di Savoia, generale del mare, tornò eia Napoli senza toccar Genova (21 ott.). Che il sig.r marchese di S.a Croce, giunto a Fascialo con tre galei’e, non fu visitato in nome pubblico (ott.). — 208 Che mons.1' Geronimo Curici di Taggia, vescovo di 1 enthniglial venne a visitar la Ser.raa Repubblica 27 (ott.). Rinfrescameli ti mandati dalla Ser.ma Repubblica all Altezza del sig.1'principe di Savoia a \Tai (31 ott.). Perchè non fu visitato il sig.1' marchese di S. a Croce, quando tornò dalla presa d’Oneglia (28 nov.). Per Don Pietro de Leva (28 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno. Uscita di senatori (1 gen. 1(»15). Per FUl.mo sig.1' conte Giovan Battista Solerio, ambasciatore eli Savoia diretto alla Repubblica (8 gen.). Processione del glorioso S. Antonio alla chiesa eli S. Marco (17 gen.) (1). Quel che è stato fatto al Rev.mo padre Serafino Sicco, generale di S. Domenico, venuto da Milano a Genova per andare a Roma (13 mar.). Per il perdono delPospitaletto nella festa della S.ma Nonciata (25 mar. 1615). (1) Questa fu l’ultima narrativa del padre C4ei'onimo Bordone, primo de’ maestri delle cerimonie della Repubblica; il quale mori il 24 febbraio del 1615. — Le due narrative seguenti, che non gli appartenevano, vennero perciò ripetute in principio del Libro II dei Cerimoniali. Intestazioni delle narrative nei, LIBRO II CERIMONIARUM . di vari .sottocancellieri (1615-1624), del cerimoniere Vivaldo (1624-1632), del sottocancelliere Mercante (1632-1633), del cerimoniere Ricci (1633-1639) Complimento latto all’Ill.mo padre Serafino Sicco, padre generale di S. Domenico, venuto a Genova (13 mar. 1615). Per il perdono dell’ospitaletto nella festa della S.nia Nunciata (1). Visita fatta all’Ecc.1110 sig.1' duca di Monteleone, giunto in Genova di verso Napoli con le galere per andare in Spagna (13 mag.) Giunta deirill.mo sig. r Don Pietro de Lecci, capitano generale delle galere di Sicilia, e sua visita (18 mag.). Giunta deirill.mo sig.1' cardinale Borisi, e complimenti usati (30 mag.). Coronazione del Ser.mo Bernardo Clacarezza (8 giug.). Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Filippo, figlio dell’Ecc.1110 sig.1' marchese Ambrogio Spinola (9 giug.). Visita fatta al sig.1' Attilio Arnolfini, ambasciatore della Repubblica di Lucca destinato in Spagna (15 giug.) (2). Visita fatta al Γ Jll.mo sig.1' Don Alfonso Pimentelli, generale della cavalleria dello Stato di Milano (2 lug.). Riconciliazione della chiesa cattedrale, e funzione della festa del-l’Unione (12 sett.). (1) Le (lue prime narrative sono ripetute dalle due ultime del libro I, come in fine di quello è annotato,. ’ (2) Gli atti dell’ambasceria AeiV Arnolfini tra il 24 giugno e il 23 ag. 1615 con la relazione (li ott. 1615) sono neH'Archivio di Stato di Lucca (Anziani, 603 e 626). 14 — 210 - Quanto fu fatto per visitare Γ111.1110 mons,1' Gondi, generale delle galere di Francia (7 ott.). Visita e complimento fatto a due ambasciatori Ill.mi del re di O.ssù nell’isola del Giapone, giunti in Genova (12 ott.). Venuta del sigi1' cardinale Farnese (13 ott.). Complimento e visite fatte al suddetto Ecc.1110 sig.1 Don Ottavio Farnese, tìglio naturale del sig.1' duca di Parma (14 ott.). Ordini fatti per complire con l’Ecc.mo mons.1' Vandóme, gran priore di Francia (6 nov.) (1). Visita e complimenti fatti in Finale con l’Ecc.m0 sig.1’ Don Pietro di Toledo, nuovo governatore di Milano, per relazione de’ sig.1'! Giacomo Saluzzo e Giovanni Andrea Pallavicino (19 nov.). Complimenti fatti airill.mo sig.1’ cardinale Serra, giunto alla città (18 nov.). Visita fatta l’anno 1615 aH’Ecc.mo sig.r marchese della Ynoiom del Consiglio di Stato di S. M.ta Cattolica (30 nov.). Visita e complimento fatto alli due Ill.mi ambasciatori del re d’Ossù nell’isola del Giapone giunti a Gienova da Roma per Spagna. Visita fatta all’Ill.mo sig.1’ Pietro Griffi, ambasciatore della Ser.ma Repubblica di Venezia, che va residente alla corte di Spagna, giunto alla città (24 mar. 1616), e sua venuta a Palazzo. Giunta deirill.mo sig.1' cardinale Spinola, arcivescovo di Genova, (25 mar.), e complimenti. Visita fatta all’Ill.mo sig.1' Don Luis Gaj^tan de Ayala, ambasciatore della M.tà Cattolica residente appresso il Ser.mo di Savoia, giunto alla città la sera a notte delli 3 d’aprile de 1616,, giorno della santa Pasqua di Resurrezione. Complimenti fatti all’Ill.1110 sig.1' marchese Orazio Scotto piacentino, ambasciatore del sig.1' duca di Parma mandato alla Repubblica (12 mag.) (2). Visita fatta aH’Ul.mo sig.1’ ambasciatore di Spagna residente qui, Don Giovanni Vices, nel suo ritorno da Milano (23 mag.). (t) Alessandro di Vendóme, bastardo del re Enrioo IV di Francia e di Gabriella d’Estrée, nato il 1598 (apr.), fu cavaliere di Malta e per quell’ordine cavalleresuo gran priore dello lingua di Francia. Morì il 1629 (8 feb.). (2) Il carteggio del Marchese Orazio Scotto è nelle carte farnesiane dell’Archivio di Stato di Napoli. — 211 — ( complimento fatto col sig.1' cardinale Spinola, aròivescovo (26 mag.), per la morte del sig.1' commendator Carlo suo fratello (27 mag.). Complimento fatto coll’Ill.mo sig.r cardinale Taverna (2 giug.). Visita fatta alPllljno sig.1’ Don Alonso Pimentdli, generale della cavalleria dello Stato di Milano (5 giug.). Visita fatta al sig.1' Andrea Sbarra, ambasciatore della Repubblica di Lucca (1), giunto qua per aspettare e fare complimento con l’Ecc.mo sig.1' Conte di Lemos, già viceré di Napoli clie si sta attendendo di ritorno dal suo governo per passar in Spagna (giug.). Visita e complimenti fatti alPEcc.mo sig.1' conte di Lemos, giunto a Pegli (25 giug.). Visita fatta da mons.1' Rev.1110 Fabiano Giustiniano, moderno vescovo d'Mazzo, al Ser.1110 Senato ed a Sua Serenità ed alli due Tll.mi di Palazzo (2 lug.). Nota di tutto quello die fu fatto ed eseguito per li funerali dell’lll.1110. e Rev.1110 sig.1' cardinale Orazio Spinola, arcivescovo di Genova, morto (2-4 giug.) nella sua casa di villa di Campi sotto Coronata (lug.). Surrogazione delPM.mo Stefano Albara quondam m.cl Octaviani in luogo dell’lll.m° Giorgio Spinola quondam m.ci Luciani passato a miglior vita (18 ag.). Visita fatta airill.m0 sig.1' conte d'Elda, nuovamente eletto generale delle galere di Sicilia, giunto alla città (21 ag.). Andata dei Ser.1111 Collegi a visitare l’altare ed immagine della beatissima Vergine nella chiesa delle Vigne, con sermone del padre Fedele cappuccino, che fu autore che si erigesse la detta immagine in detta chiesa sotto titolo di protettrice ed avvocata di questa città e Ser.ma Repubblica (21 nov.). Visita e complimenti fatti all’Ill,1110 e Rev.mo mons.1' Domenico Marino, eletto nuovamente arcivescovo di Genova, nella sua prima giunta alla città, e sua venuta a Palazzo (14 nov.). Visita all’Ill.mo sig.1' conte d’Ognate, ambasciatore della M.tà Cattolica, che va a fare residenza alla corte dell’imperatore (10 die.). Visita all’Ill.mo sig.1’ Don Filippo Spinola, figlio dell’Ecc.1110 sig.1' marchese Spinola, ritornato a Milano (7 die.). (1) L’istruzione (s. il.) allo Sbarra, partitosi da Lucca il 7 giugno 1616. e la sua relazione (4 lug.) sono nell’Archivio di Lucca (Anziani, 603 e 626). — 2i2 - Visita all’Ecc.mo sig.1' duca di Sermoneta, giunto alla città (-4 feb. 1617). Pasqua (26 mar.). Partenza del Ser.mo sig;.1' Bernardo CIar«rezza da Palazzo aome-nica da sera a ore 23 (23 apr.). Elezione del Ser.mo duce Giovanni Giacomo Imperiale (29 apr.) (1). Giunta in Genova del cardinale Panyaga e del vescovo di Poli-castro, visitatore in Corsica, e venuta anche del cardinale Zappata, che non entrò in Genova (20 e 21 mag.). Presentazione delli rolli delle famiglie del principe Doria e dell'ambasciatore Cattolico Don Giovanni Vi ras (5 giug.)· Visita fatta da mons.1' arcivescovo nel suo venir di visita al Ser.mo duce e due Ill.mi di Palazzo (8 giug.). Andata de' Ser.nii Collegi alle due processioni fatte per il giubileo mandato da S. S.tà (25 e 30 giug.). Venuta di mons.1’ Landinelli, vescovo d'Albenga, a Genova (2 lug.). Venuta del cardinale Zappata a Pegli di passaggio (19 lug.). Ritorno dell’ambasciator Don Giovanni Vivas da Milano (21 ag.). Arrivo di tre galere di Napoli con un figlio del duca d Ossonna (31 ag.) (2). Visita fatta da mons.1' arcivescovo a’ Ser.1111 Collegi, in occasione di andare a visitare la diocesi (22 sett.). Visita del generale di S. Domenico (2 ott.). Complimento fatto a mons.1’ arcivescovo nel ritorno di visita (6 ott.). Coronazione del Ser.mo Giovan Giacomo Imperiale, duce della Repubblica, con orazione del dottor Pasqual Scioli (7 ott.). Arrivo del duca di Gandìa con moglie e figlio, accompagnati da Don Carlo [Doria], e complimenti reciprocamente seguiti (21 nov.). Venuta del contestabile Colonna (3), e visita fattali (25 nov.). (1) Con questa narrazione, ohe è a |>ag. 39 del ms., comincia la scrittura nel libro Ceremoniarum del segretario Giovanni Agostino Guitta. Cfr. qui innanzi alla pag. 23. (2) Il figlio del duca di Osjuna viceré di Napoli che gli successe (1624) nei titoli fu Giovanni Tellez Giron, il quale poi fu viceré,di Sicilia e morì in Palermo il 16Ó6 (12 ott.). (3) Per la morte del giovinetto Marco Antonio Colonna detto il Contestabilino (1611), successe negli stati di Palliano e di Tagliacozzo e nell’officio di gran contestabile del Regno lo zio di lui Filippo Colonna; di cui vedi all’anno 1609. — 213 — Perchè non furono visitati il marchese del Vasto e Don Pietro Gonzales de Mendoza (6 dic.) (1). Venuta di Don Filippo Spinola, figlio del marchese (14 die.). Nelle feste di Natale. Visita fatta a un ambasciatore veneto, ritornato di Francia (10 feb. 1618). Visita fatta al generale delle galere di Sicilia (30 mag.). Visita fatta dal principe di Valdetaro al duce (5 lug.). 'Visita fatta al duce e due Ill.mi di Palazzo dal sig.1' D. Carlo Boria (10 lug.). Complimenti fatti al duca di Feria, nuovo governatore di Milano (•21 lag.)· Visita fatta a Don Alfonso Idiaquez (24 lug.). Visita fatta a Don Pietro di Toledo, uscito di governatore di Milano (6 ag.). Fu con galea della Repubblica portato a Lovano il cadavere del principe giovinetto Giovanni Andrea Boria (7 ag.). Ufficio di condoglianze fatto alla principessa Boria per la morte del principe suo figlio (13 ag.). Visita fatta a mons.r d'Amelia, nunzio del papa alla Maestà Cattolica (22 ag.). Visita fatta all’ambasciatore di Lucca Nicolò Micheli (2), ritornato da Milano (3 sett..). Visita fatta al contestabile Colonna (3 sett.). Visita fatta all’ambasciatore di Fiorenza venendo di Spagna (23 ott.). Perchè non fu visitato il marchese di S. Croce (23 ott.). Visita a Don Carlo Boria (24 ott.). Visita al reggente Carizzano, venuto di Spagna (27 ott.). Visita fatta dall’ambasciatore Vivas a Sua Serenità ed lll.mi di Palazzo (3 nov.). Perchè non fu visitato il vescovo di Moriano mons.1’ Filiberto Miglieto (11 nov.). (1) Da questa narrazione, ohe è a carta 46 del volume originale, fino a quella del 22 luglio 1621, ch’è a carta 80, è la grafia di un’altra mano. (2) La relazione (10 sett. 1618) del Micheli, partito (29 lug.) con apposita istruzione (28 lug.), è nell’Archivio di Lucca (Anziani, 626J. — 214 - .Degradazione di prete Aurelio Matrone (19 nov.). Visita al padre generale de’ padri francescani (1 die.). Nelle feste di Natale. Visita a mons.1' Gaetano, nunzio del papa, ritornato di Spagna (‘28 die.). Visita fatta al sig.1' di Monaco (3 gen. 1619) (1)· Visita all’ambasciatore di Spagna residente in Genova, ritornato da Roma (9 gen.). Venuta a Palazzo dell’Ill.mo Giovanni Stefano Doria, procuratore (21 gen.). Visita a D. Pietro de Lerci, generale delle galee di Napoli (31 gen.). Visita e complimenti fatti a un ambasciatore del re di l'rancia, marchese di Coure destinato al papa (28 feb.). Visita al generale delle galee di Malta (29 mar.). Pasqua (31 mar.). Complimento fatto da mons.1' arcivescovo a’ Ser.mi Collegi, essendo di partenza per Roma (26 apr.). Partenza del Ser.1110 Giovan Giacomo Imperiale da Palazzo (29 apr.). Visita all’ambasciatore di Lucca, passando a Genova per Spagna (4 mag.) (2). Visita all’ambasciatore di Fiorenza, passando a Genova per Spagna (10 mag.). Complimento fatto da Don Carlo Doria a Sua Serenità e Ill.mi di Palazzo, volendo partire per Spagna (11 mag.). Visita e complimento al padre generale de’ conventuali eli S. Francesco (3 giug.). Incoronazione del Ser.1110 Piero Durazzo duce, con orazione del m.co Lelio Levante (29 giug.) e del padre Reyno gesuita (30 giug.). Visita a mons.1' arcivescovo, tornato da Roma (29 giug·)· Accettazione de’ nuovi senatori e procuratori ( I. lug.). (1) Il principe di Monaco era Onorato II Grimaldi, cavaliere del Toson d’oro, poi duca di Valentinois e pari di Francia, figlio del principe Ercole (ucciso 1604) e di Maria Landi di Valditaro. Sposò Ippolita Trivulzio, e morì di 65 anni il 1662 (19 gen.). (2) Costui fu Lorenzo Cenami, i cui atti dal 7 giugno 1619 al 10 maggio 1622 sono nèll'Archivio di Lucca (Anziani, 627 e 647). La biografia di lui è stata scritta da Luigi VoM’K'ELr.A innanzi alla pubblicazione dell'Epistolario u/ficiale del governatore della Calabria Ultra Lorenzo Cenami 1028-1024 (estratto, pag/' 409, Aa\V Archivio storico della Calabria; Napoli, tip. Muca, 1913). Complimenti fatti al duca d’Albu rquerque, ambasciatore del re Cattolico al papa (5 lug.). Visita fatta a un ambasciatore di Spagna, Don Luis Braco, destinato in Venezia (6 lug.). Visita a Don Filipjxj Spinola (8 lug.). Visita fatta da mons.1' di Mariana al duce e due Hl.mi di Palazzo (18 lug.). Visita a un ambasciatore Cattolico, marchese di Branchia)·, ritornato da Venezia (17 lug.) (1). Visita a un ambasciatore di Lacca sig.r Francesco Samminiati (27 lug.). Visita a mons.1' arcivescovo di Chieti, nunzio straordinario (20 ag.). Per il giorno della festa dell’Unione, con sermone del padre Caco teatino. Complimenti al cardinale Trescio (20 sett.). Visita al padre generale di S. Domenico (30 sett.). Salve fatta prima dalla fortezza di Vado al figlio del duca d’Ossuna sopra galeoni (4 ott.). Perchè non fu visitato il figlio del duca di Terranova Don Ottavio à'Aragona (3 sett.). Ambasciatore Marco Antonio Dorici, mandato dalla Eepubblica al duca di Mantova a rallegrarsi della sua assunzione al Ducato (ott.). Perchè non fu visitato il generalissimo (31 ott.). Visita a Don Carlo Doria (6 nov.). Perchè non fu visitato il marchese di S.ta Croce (5 nov.). Visite all’ambasciatore di Spagna qui residente (23 nov.). Visita fatta dal principe di Valdetaro al duce e due di Palazzo (nov.). Nelle feste di Natale. Visita a Don Filippo Spinola (23 gen. 1620). Processione per il giubileo (2 feb.). Visita a un ambasciatore di Lucca che veniva da Torino (16 feb.). (1) Il marchese di Bedmar, noto per la congiura contro la Eepubblica di Venezia che prese il nome da lui, nella quale si compromise anche il duca di Ossuna viceré di Napoli. — ‘216 - Perchè non fa mandato ambasciatore al duca di Savoia a far complimenti per le nozze del figlio (mar.) (1). Complimento fatto al principino Doria (2 apr.) per la morte della principessa madre (27 mar.) Che la galea della Repubblica salutasse la patrona reale di Spagna (10 apr.). Visita a Sua Serenità da mons.1' di Ventimiglia (30 apr.). Visita a mons.1’ di Ghieti nunzio di S. S.ta di ritorno di Spagna (1 mag.). Visita del principino Doria a Sua Serenità ed Ill.mi di Palazzo (10 mar.). Visita al l’ambasciatore Vioas,, ritornato di Spagna (13 mag.). Visita fatta al duce ed Ill.mi di Palazzo dal l’ambasciatore di Spagna, dovendo andare a Napoli (14 giug.). Visita e complimenti al duca d’Osmna, uscito di viceré di Napoli (•22 giug.). Visita e complimenti fatti al principe Tommaso figlio del duca di Savoia (22 giug.) (2). Perchè non fu visitato mons.1’ Landìnelli, e visita da lui fatta al al duce é due IU.mi di Palazzo (19 lug.). Visita al padre generale dei francescani (8 ag.). Perchè nòli fu visitato l’arcivescovo di Pisa, ambasciatole pei Spagna del duca di Fiorenza (5 ott.). Visita fatta all’ambasciatore Cornaro di 1 enezia destinato al ìe di Spagna (19 ott.). Visita all’ambasciatore Vivas, ritornato da Napoli (26 ott.). Complimento fatto dall’ambasciatore 1ìoccella di Lucca (3) al duce ed 111.1111 di Palazzo (16 nov.). Visita e complimenti al cardinale Zappata (1S nov.). fi) Il 1619 (13 geli.) Vittorio Amedeo, che fu poi Vittorio Amedeo I duca di Savoia, sposò Cristina di Francia figlia del re Enrico IV. (2) Tommaso Francesco di Savoia, principe di Carignano, nato il 1596 (21 die.) ultimo figlio del duca di Savoia Carlo Emanuele I e di Margherita figlia di HlippoII re di Spagna, fu valente condottiere d’eserciti. Morì il 1656 ("22 gen.). Fu il capostipite della linea di Carignano, che due secoli dopo (1831) salì sul trono in persona di Carlo Alberto. (3) L’istruzione (11 ott. 1620) e la relazione (26 nov.) sono nell· Archivio di Lucca (Anziani 627). - 21; - Visita fatta da mons.1' vescovo di Ventimiglia al duce e due Ill.mi di Palazzo (28 nov,). Andata de’ Ser.mi Collegi a S. Lorenzo per la vittoria dell'impera-t,ore contro eretici (19 die.). Nelle feste di Natale. Visita a Don Pietro de Lecci, generai dello stuolo di Napoli (2 gen. 1621). Accettazione del 1 ’Ill.mo Arrigo de Franchi (5 gen.), estratto in luogo del sig.1’ Giovali Giordano Marini senatore morto (31 die.). Visita del principino Dorici a Sua Serenità (gen.). Visita del l'ambasciatore [di Spagna?}-ά Sua Serenità ed Ill.mi di Palazzo (10 gen.). Segni d’allegrezza per la creazione de’ 10 cardinali, fra i quali Don Agostino Spinola, figlio del marchese (15 gen.). Segni d’allegrezza per l’elezione del nuovo pontefice Gregorio Λ’Γ, successore a papa Paolo V (13 feb.). Perchè 11011 fu visitato il vescovo d’Amelia eletto cardinale nunzio al re di Spagna, ritornato di Spagna (9 mar.). Visita all’ambasciatore Don Giovanni Virus residente, arrivato da Milano (21 mar.). Per l’esequie di Filippo 111 re di Spagna (31 mar.). Pasqua (11 apr). Visita al nunzio Corsini, mandato dal papa al re di Francia (16 apr.). Visita a mons.1' Sangre napolitano, nunzio per S. S.tà ordinato in Spagna (16 apr.). Visita al generale delle galee del papa Alessandro Pallavicino (16 apr.). Partenza del Ser.1110 duce Piero Durazzo da Palazzo (2 mag.), ed elezione del sig.1' Ambrogio Dorici quondam Pauli con larghissimo numero di voti (4 mag.). Partenza dei -1 ambasciatori della Repubblica destinati al papa Gregorio XV Giovali Battista Doria, Giovan Francesco Brignole, Agostino Pallavicino e Ottavio Scioli (mag.). Perchè non fa visitato Don Pietro de Leiva, luogotenente della squadra di Spagna (mag.). Morte (12 giug.) ed esequie del Ser.1110 duce Ambrogio Doria, ed elezione al ducato del Ser.mo Giorgio Centurione suo successore (22 giug.). Imbasciata fatta dall’Ill.mo Alessandro del Neo, ambasciatore di Fiorenza alla Repubblica per la morte del duca Cosmo (23 giug.) (1). Visita fatta da mons.1' di Nebhio al Ser.1110 Senato (25 giug.). Visita al duca di Terranova, grande di Spagna (1 big.). Venuta a- Palazzo dell’lll.1110 Filippo Doria, estratto in luogo del sig.1- Luigi Spinola andato in Spagna (5 lug.). Come si dovesse salutare il marchese di S.ta Croce, luogotenente generale delle galee del re Cattolico, venendo con stuolo di galee, e perchè non fu visitato essendo venuto a Genova (7 lug.). Complimenti fatti al principe Filiberto di Savoia, generale del re di Spagna, ed al cardinale suo fratello in Savona (22 lug.) (2). N isita fatta all Tll.mo Don Pietro de Leiva, venuto con stuolo di galee (17 ag.) (3). Andata di ambasciatori, Costantino Pinello e Giulio lorre, al nuovo re di Spagna (16 sett.) Visita fatta al Ser.1110 doge dall’ambasciatore di Spagna, partendo per Alessandria della Paglia (19 sett.). Coronazione del Ser.1110 Giorgio Centurione, con oiazioni del m.co paolo Sdoli (25 sett.) e del fratello di mons.1' Mascardo (26 sett.). Visita fatta a’ Ser.mi Collegi dal l'arcivescovo, partendo per Roma (8 ott.). Visita fatta a due ambasciatori della Repubblica di Lucca destinati al re Cattolico (26 ott.) (4). Ritorno di Luca Pallavicino mandato ambasciatore al duca di Fiorenza (3 nov.). (1) Agostino Mascardi nella lettera diretta da Genova al Cardinal d’Este il 27 giugno 1621, pubblicata dal Mannucci nella sua biografia del Mascardi, scriveva: « liqui il sig.r Alessandro del Nero, spedito ambasciatore del Granduca al Senato per c ai parte della morte di suo padre ■. (2) Il Mascardi, scrivendo al Cardinal d’Este il 30 luglio 1621, dava particolari notizie della venuta del principe Filiberto e del Cardinal di Savoia e delle prepotenze di questi nel porto di Savona (Mannucci'op. cit., p. 4/4). CS) Con questa narrativa (17 ag. 1621), che è a carta 80 dell’originale, comincia lo scritto di altra mano, che prosegue'fino al 24 aprile 1622 a tergo della calta 90. (4) L'uno di essi era forse quel Geronimo MiniUoli, della cui ambasceria ^ono gli atti da! 10 novembre 1621 al 24 agosto 1625 nell Archivio di Stato in Lucca (Anziani, 047). L’altro fra Cesare P>urìamarrili, la cui relazione (10 lug. 1022) è nel detto Ai-cliivio (Anziani, 605 e 627). Cfr. la nota al 28 giuguo 1625. - 219 — λ isi-ta a inons.i' 111.™° Acquatica (1 ) nunzio straordinario di S. S.là destinato in Spagna (15 nov.). Udienza ai due. ambasciatori di Lucca di passaggio per Spagna (24 nov.). Elezione cli. maestro di cerimonie Agostino Mascardo (13 die.) (2). Visita a Don Carlo Doria, tornato con galee (21 die.). Visita airill.mo Alessandro Pallavicino. generale delle galee di S. S.M (22 die.). Visita al conte di Monterei (3), ambasciatore straordinario del re Cattolico al papa (23 die.). Visita fatta a Sua Serenità per il conte di Monterei (6 gen 1 (»22). Visita ad un ambasciatore della Repubblica di Lucca (2 gen.). Visita fatta dal principino Doria e Don Carlo Dorici (6 gen.). Complimenti con l’ambasciatore qiii residente di Spagna, tornato da Milano (19 gen.). Visita a mons.1' Alberguti, fratello della cognata di S. S.ta, col-lettor di Portogallo (18 mar.). Pasqua (27 mar.). Visita al conte di Fustembagh, ambasciatore Cesareo straordinario appresso il Re Cattolico (12 apr.). Visita all’arcivescovo di Pisa, ambasciatore di Firenze al re di Spagna, di ritorno (12 apr.). Visita fatta al l’arcivescovo di Genova, tornato da Roma (21 apr.). Visita fatta a Don Francesco di Castro (4) nel suo ritorno dal carico di viceré di Sicilia (22 apr.). Giorno di S. Giorgio (24 apr. 1622). (1) Forse Rodolfo Acquaviva d’Aragona, figlio del duca d’Atri Francesco e di Anna Conclubet d’Arena, che fu nunzio apostolico anche in Svizzera. (2) Il Mascardi pochi giorni appresso (28 die.) rinunziò all'ufficio. Di lui, che fu Fautore della nota storia della Congiura dei Fieschi, Fraxcesco Luigi Mannucci scrisse la biografia, che forma il volume XLII degli Atti della Società Ligure di Storia pratria. Cfr. quello che qui innanzi se ne è cennato da pag. 28 a 26. (3) Il conte di Monterei) era D. Emanuele de G-uzman Zùnica e Fonseca, di casa Ζή-nica, conte anche di Fuentes e signore degli stati e case di Viedma, Ulloa e Ribera. Fu cavaliere di S. Giacomo, commendatore dei bastimenti di Castiglia, presidente del Consiglio d'Italia in Madrid, ambasciatore di Spagna al papa, vicerèdi Napoli (1631-1637). Fu uomo di piccolissima statura: e si narra d'essere stato perciò soggetto cli risa fra i cortigiani una volta che gli venne voglia di farsi portare ne) palazzo di Napoli un neonato, il quale, per essere straordinariamente cresciuto in pochi giorni, era argomento dei discorsi nella città. (4) Per Francesco de Castro cfr. la nota (1) a pag. 189. — 220 — Elezione di Cattaneo Vivaldo in maestro delle cerimonie (12 feb. 1634) (1). Tll.mo sig.1' cardinale Spinola (29 feb.). il sig.1' Don Filippo Spinola, primogenito del marchese. Don Ferrante Gonzaga giunto da Loano (12 mar.). S. Lorenzo interdetto (mar.). Commissario imperiale Pietro M.a Gonzaga (26 mar.), Giorno di Pasqua (7 apr.). Ambasciatore di Francia monsù de Celeri (24 apr.). Ambasciatore di Venezia, Leonardo Moro, per Spagna (29 apr.). Marchese della Celada, nipote del governatore di Milano duca di Feria, giunto da Milano per Roma (13 mag.). Titolo di Eccellenza all’ambasciatore di Spagna residente (24 mag.). Nunzio mons.1' Cornino, di ritorno di Francia (26 mag.). Vescovo di Albenga mons.1' Costa (2 giug.). Titolo di Eccellenza dato all’ambasciatore della Repubblica in Roma (7 giug.). Vescoyo di Savona mons.1' Spinola (7 giug.). Vescovo di Venti miglia mons.1' Gandolfo (12 giug·). Nunzio di Spagna mons.1- Massimo, di ritorno da Spagna (19 giug.) Entrata in Palazzo di senatori (1 lug.). Collettore, di Portogallo mons.r Palota (2 lug.). Ambasciatore di Venezia Luigi Cornaro ('24 ag.). Ensifero e maestro delle cerimonie, decreto de’ Ser.mi Collegi (11 sett.). Musici di Palazzo, ordine del Senato (12 sett.). Arciduca Carlo d'Austria, fratello dell’imperatore (27 sett.). Promozione di cardinali fatta da Urbano Vili (13 ott.). Musici di Palazzo, decreto de’ Ser.mi Collegi (24 ott.). Principe Giov. Andrea Doria a Palazzo dalli Ser.mi Collegi pei la prima volta (15 nov.). Presentazione della Madonna delle Vigne (21 nov.). Principe di Polonia, da Milano (24 nov.). Cattedrale interdetta (8 die.). Don Carlo Doria duca di Tursi, tornato da Loano (15 clic.). (Il Per il Vivaldo, del quale qui cominciano le narrative, cfr. quello che se ne dice alla pag. 32. l· unzioni e complimenti di Natale; abate di Bisagno, vicario, ambasciatore [di Spagna?]. Entrata a palazzo de’ nuovi governatovi (1 gen. 1625). Principe Doria a complimentare il Ser.mo duce (8 gen.). Reggente Carlo Tdpia di Napoli (21 gen.) (1). Generale della congregazione dèli’Oratorio di Francia (21 gen.). Ascanio Piccolomini (2), gentiluomo del cardinale Barberino, per Spagna (28 feb.) Tommaso Salviati (3), gentiluomo del sig.1’ cardinale Barberino, per Francia (2 mar.). Sig.1’ cardinale Barberino, legato ili Francia e Spagna (25 mar.). Pasqua (30 mar.). Tommaso Caracciolo (4), mastro di campo della Ser.ma Repubblica (1 apr.). Barone di Batuyl, generale della cavalleria della Ser.ma Repubblica (3 apr.). Ambasciatore di Spagna, Don Giovanni de Vera, al duca di Savoia (3 apr.). Principe di Valdetavo (5 apr.). Marchese di S.ta Croce, luogotenente generale del mare (17 apr.). Don Carlo Doria, eletto generale delle milizie nella città (19 apr.). Galere del papa, di ritorno da Marsiglia a portare il cardinale Barberini (21 apr.). Duca d1 Alcalà (5), ambasciatore di Spagna a Roma (5 apr.). (1) Pel Tapia cfr. la nota all’anno 1613 (gen.). (2) A questo tempo circa vivevano dei Piccolómini di Siena parecchi di nome Ascanio. L’uno, figlio di Enea signore di Sticciano e di Violanta Gerini, fu arcivescovo di Siena e mori il 1629. Un altro, figlio di Giovanni e di Lira di S. Martino, sposò Lucrezia Avveduti e n’ebbe il figlio Fulvio; e di Fulvio e di doride Vannocci fu figlio altro Ascanio, che sposò prima una Vieri e poi una Ghini-Bandi-nelli. Altro ancora, figlio di Domenico e di Maddalena Vannicini, fu marito di Celia Cinuzzi. Un quinto era figlio di Matteo di Alessandro signor di Alma. (3) Tommaso Salviati, figlio del senatore Lorenzo, addottoratosi a Pisa, entrò il 1623 nella casa del Cardinal Francesco Barberini, che segui in Francia e in Ispagna. Fu vescovo di Colle (1G34) e poi di Arezzo (1638). Morì il 1671 (15 ott.). (4) · Tommaso Carcicciolo, che fu al servizio di Genova, era figlio di Tristano e di Cornelia d’Azzia. Fu duca di Roccarainola. Sposò Aurelia Brancia. (5) Il duca d’Alcalà D. Ferrante Henriquez de Ribera, marchese di Tarifa e conte dei Molares, era figlio di D. Ferrante e di Anna Giron di Ossuna. Fu viceré in Catalogna, Navarca. Napoli (1629), Sicilia (1632), e governatore a Milano. Mori in Germania il 1636, 222 _ Vescovo di Savona (24 apr.). Generale delle galere di Firenze Giulio Montauto (27 apr.). Duchessa di Féria, da Spagna per Milano (28 apr.). Ambasciatore di Spagna per Inghilterra (15 mag.). Signori del Bozolo Gonzaga, condotti a servizio della Repubblica (29 apr.). Ambasciatore di Lucca Giacomo Arnolfini, per Spagna (17 mag. (I). Moglie di Don Geronimo Pimentel generale della cavalleria di Milano (16 mag.). Giubileo mandato da papa Urbano Vili (29 mag.). Indulgenza in forma di giubileo (7 giug.). Fra Lelio Brancaccio (2) dell’abito di Malta a servizio della Repubblica (13 giug.). Ambasciatore di Firenze venuto di Lorena, marchese Copoli (13 giug.). , Elezione anticipata del nuovo duce Giacomo Lomellino (15 giug.), che entrò a Palazzo il 25 giugno. Ambasciatore di Lucca a Spagna (28 giug.) (3). Ambasciatore di Spagna (29 giug.). Entrata a Palazzo di nuovi Senatori (1 lug.). Esposizione del S.mo Sacramento (3 Ing.). Entrata a Palazzo del m.eo sig.1' Giovali Arincenzo Imperiale (4 lug.). Il principe Doria, a complimentare il Ser.mo duce (4 Ing.). Il duca Don Carlo Deiria, a complimentare il Ser.mo duce (8 lug.). Marchese di Valdefuentes, mandato dal governatore di Milano duca di Féria per negozi (16 lug.). Don Carlo Doria (27 lug.). Marchese di S.ta Croce (28 lug.). (1) Gli atti dell’ambasceria di Jacopo Arnolfini dal 5 maggio 1625 all 11 febbiaio 161-1 sono nell’Archivio di Stato in Lucca (Anziani, 617 e 648). Cfr. la nota al 28 giugno 1625. (2) Lelio Brancaccio, maestro di campo e consigliere di guerra in Fiandra, gran croce dell’ordine di Malta, fa anche al servizio della Repubblica di Genova. Scrisse due libri di cose militari. (3) Qui è incerto se si tratti di Jacopo Arnolfini, citato al 17 maggio'1625, o eli Cesare Burlaiuacclii, già ricordato nella nota (4) a pag. 218 (26 ott. li/21), il quale détte due relazioni (27 nov. 1625 e 8 apr. 1626) della sua ambasceria in Ispagna (Archivio di Lucca, Anziani, 62® Don Lorenzo Mendoza, mandato dal governatore di Milano (3 ag.). Don Geronimo Pimentello, generale delle arme per S. M.là in Catalogna (17 ag.). Marchese di Taverna, viceré di Sicilia (1), venuto da Spagna (19 ag.). Colonnello Balderone, assoldato dalla Repubblica (‘28 ag.). Giovanni Ambrosio Cazela, commissario di Sarzana (2 sett.). Vescovo di Savona (7 sett.). Duchessa di Féria, attesa da Spagna (9 sett.), non venne. Giorno dell’ÌJnione’ con orazione del padre Centurione teatino (12 sett.). Marchese di Pavana, viceré di Sicilia (13 sett.). Conte d’Ognat (42), ambasciatore di Spagna per Roma, atteso da Spagna (13 sett.), venne l’anno seguente (17 mag. 1626). Marchese di S.ta Croce, da Napoli (17 sett. 1625) (3). Primogenito della marchesa di S.ta Croce, marchese del Viso, da Napoli (18 sett.). Don Lorenzo Mendoza, da Napoli (23 sett.). Mons.1' Durazzo, chierico di camera, da Roma (27 sett.). Marchese di >S.ia Croce (29 sett.). Don Carlo Doria (30 sett.). Mons.1' Spinola vescovo di Savona (9 ott.). Incoronazione del duce Ser.mo Lomellino, con orazioni del dottor Guano (11 ott.) e del padre Ricardo domenicano (12 ott.). Galere del papa (16 ott.). Vescovo di Sagone (17 ott.). Ill.mo sig.1' cardinale Barbarino, legato de latere, da Francia (19 ott.). Presentazione della Madonna delle Vigne, con orazione del padre Panosi zoccolante (21 nov.). (1) Il marchese (li Tabara viceré di Sicilia era Antonio Pìmentel. (2) Inico Velez de Guevara e Tassis conte di Or/nate e di Villamediana, che poi fu viceré di Napoli (1648). (3) Maria Emanuela, figlia di Francesco II de Benavides conte di Santo Stefano, morto il 1ÓS0, e di Isabella de la Cueva e Solerà, e moglie del marchese di Santa Croce Alvaro III de Bazan, ammiraglio di Spagna (v. nota (2) a pag. 191). Suo primogenito fu Alvaro de Bazan marchese di Viso e di Santa Croce, che dalla moglie Zama-ra, figlia di Bernardino Manrique de Lara, ebbe Alvaro, col quale si estinse la famiglia, benché avesse egli sposato Maria Francesca Doria, figlia di Carlo duca di Tursi. Marchese di S.la Croce (9 die.). Generale de" padri zoccolanti (1.4 die.). Fra Lelio Brancaccio, generale delle arme della Repubblica (11 die.). Funzioni e complimenti di Natale; abate del Bisagno, duca Doria, vicario, ambasciatore di Spagna. Entrata de’ nuovi Ill.mi senatori (1 gen. 162(>). Ambasciatore di Spagna, ad annunziare la nascita di una principessa (3 gen.). Principe Doria (ò gen.). Promozione di cardinali fatta da Urbano Vili (24 gen.). Cardinale Barberino, legato (24 gen.). Duca di Pastrana, ambasciatore di Spagna, di ritorno da Roma (26 gen.). Orazione delle quarant’ore (6 mar.). Gran cancelliere di Milano, da Spagna (1 apr.). Pasqua (12 apr.). Duca di Fèria, già governatore di Milano, per Spagna (21 apr.). Principe di Satriano, di casa Ravàschero, maestro di campo della Repubblica (21 apr.). Ambasciatoli di Spagna a Roma duca di Alcalà (26-api.) (1). Reggente Orsino di Napoli (28 mag.). Generale della cavalleria di Milano (28 mag.). Cardinale Ri carola, giunto da Civitavecchia (8 giug.). Duca di Pastrana, per Spagna (9 lug.). Entrata a Palazzo de’ nuovi Ill.mi senatori (1 lug.). Reliquie di S. Bernardo (17 lug.), Don Carlo Doria, generale della Repubblica (lug.)· Cardinale Barberino (3 ag.). Ambasciatore di Lucca (2), per riverire il cardinale Barberino (7 sett.). Giorno dell'Unione, con sermone del padre Bianchi gesuita, (12 sett.). Don Carlo Doria conte di Dolceaque (19 ott.). Marchese di S.la Croce, fatto nobile genovese (3 ott.r nov.). (1) Dopo questa data, il 17 maggio 1626,' giunse il conte d’Ognatte, che era atteso fin dal 13 settembre 1625; e però a tale data si trova il racconto di questa sua venuta. (2) Girolamo Minatoli, pel quale cfr. la nota (4) a pag. 218. - 225 — Cardinale Tresso detto Paragua, per Spagna (25 ott.). Marchese del Vino, primogenito del marchese di SJa Croce (19 nov.). Marchese di S.ta Croce (nov.). Presentazione della Madonna delle Vigne, con orazione del padre Bianchi gesuita (21 nov.). Processione per riponere la prima pietra delle nuove mura della città (7 die.). Signor di Monaco (14- die.). Mons.1’ Truultio, chierico di camera (16 die.). Contestabile di Navarra, figlio del duca d'Alba (20 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, Carlo Doria, ambasciatore di Spagna, Giovanni Andrea Boria, vicario. Entrata di 111.»11 nuovi senatori (1 gen. 1627). Principe Doria (5 gen.). Don Carlo Doria, eletto nel Maggior Consiglio (7 gen.). Luogotenente generale delle galere del papa, da Napoli (4 gen.). Ambasciatore di Mantua, conte di Camino (29 gen.). Don Carlo Doria, per andare a Napoli (26 mar.). Visita al marchese di S.la Croce, per la morte della sorella (28 mar.). Marchese del Viso (1 apr.). Pascpxa (4 apr.). Ambasciatore della Repubblica per Mantua (26 apr.). Marchese di S.ta Croce (30 apr.). Mocenigo, ambasciatore di Venezia, da Spagna (1 mag.). Principe Doria, ad annunziare il suo accasamento con la principessa di Valditaro (17 mag.). Mons.1' Tramalo, collettore in Portogallo, da Roma (28 mag.). Cardinale Spada, nel ritorno di Francia per Roma (9 giug.). Principe di Valdetaro (11 giug.). Ser.mo Lomellino a casa (25 giug.). Elezione del Ser.mo Giovanni Luca Chidvari (28 giug.). Principe Doria (29 giug.). Ambasciatore di Spagna (29 giug.). Marchese di S.ta Croce (29 giug.). Don Carlo Doria (6 lug.). Principe di Valdetaro, per Milano (19 lug.). 15 — 226 — Marchese del Viso (22 lug.). Duca d’Alburquerqtie (1), viceré di Sicilia (3 ag.). Don Michele Borgia, generale delle galere di Napoli (-1 ag.). Promozione de' cardinali fatta da Urbano Vili (3 sett.). Mons.1' Ri carola, vescovo di Agiaccio (12 sett.). Commendatore Nari, luogotenente generale delle galere del papa (23 ott.). Marchesa di Castagneda (2), ambasciatrice residente di Spagna, da Spagna (24 ott.). Don Carlo Doria, per Napoli (6 ott.). Presentazione della Madonna delle Vigne, con sermone del padre Spinola carmelitano (20 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, ambasciatore di Spagna, marchese del Viso, vicario, duellino Doria fratello del principe, duchessa Doria. Mons.1' Ricarola, vescovo di Aleria (25 die.). Incoronazione del Ser.mo Chidcari, cqh orazioni del figlio di Cesare Giustiniano (27 die.) e del padre Squarciafico cappuccino (28 die.). Entrata de’ nuovi Ul.mi senatori (1 gen. 1628). Principe Doria (5 gen.). Andata de' Ser.mi Collegi al Gesù per la beatificazione di tre martiri gesuiti (5 feb.). Marchese del Viso, partendo per Sicilia (10 feb.). Conte di Francinborgo, ambasciatore dell 'imperatore per Spagna (25 feb.). Mons.1’ Marino arcivescovo, di ritorno da Roma (6 apr.). Pasqua (22 apr.). Giubileo mandato da papa Urbano Vili (25 apr.). Martino Gigli, ambasciatore di Lucca (3), tornato dal Monferrato (6 mag.). (1) Francesco Fernandez de la Cueva duca di Albuquerque, che fu poi viceré di Sicilia (1632'. (2) Questa famiglia portava i titoli di conte di Castagneda e marchese di Flores Davila. L’ambasciatrice qui menzionata e l’ambasciatore ricordato nel dicembre 1632 e nel novembre 1640 furono forse i genitori di quell’Antonio Fernandez Manrique de la Cueva conte di Castagneda, marchese di Flores Davila, che sposò (1687J Caterina Maria Giron figlia di Gaspare duca di Ossuna. (3) L istruzione (s. d.J e la relazione (17 mag. 1628) del Gigli sono nell’Archivio di Lucca-{Anziani, 628). — '227 — P unzione della chiesa di S. Bernardo (10 mag.). Generale di S. Domenico (12 mag.). Marchese di S.ta Croce, che parte per Spagna (21 mag.). Mons.1’ Monti, nunzio del papa straordinario per Spagna (24 mag.). Luogotenente generale delle galere del papa (26 mag.). Principe di Marni (25 mag.). Principe Doria, ad annunziare l’accasamento di sua sorella con il marchese del Vasto (26 mag.). Marchese del Viso, tornato da Sicilia (28 mag.). Don Filippo Spinola, generale della cavalleria dello Stato di Milano, tornato da Spagna (5 giug.). Marchese del Viso, che riparte, per Sicilia-(7 giug.). Luogotenente delle galere del papa, reduce da Spagna (21 giug.). Principe di Valdetaro (22 giug.). Entrata d’Ill.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Principessa Doria, visita fattale per la nascita al principe Doria di suo figlio (12 lug.). Generale de' zoccolanti (19 lug.). Principe di Massa (27 ag.). Luogotenente generale delle galere del papa, che passa alla \Tolta di Tolone (23 sett.). Conte di Monterei/, ambasciatore di S. M.ta Cattolica a Roma (24 sett.). Ambasciatore di l’arma, mandato a visitare il conte di Monterei/ (28 sett.). Duca di Nocera (1), non visitato perchè luogotenente e non generale della cavalleria di Napoli (28 sett.). (1) Francesco Maria Carafa duca di Nocera, conte di Soriano, marchese di Sant’Angelo, figlio del duca Ferdinando e di Anna Clarice Carafa di Stigliano, fu cavaliere del Toson d’oro e viceré di Aragona e di Navarrà. La madre, prima di maritarsi, era stata cagione del richiamo da Napoli del viceré marchese di Mondejar, il quale, volendo maritarla con suo figlio, aveva tentato di torla per forza dal monastero o\ ella eia in educazione. Egli a sua volta fu uno de’ principali pretendenti alla mano della famosa Donn’Annà Carafa, principessa di Stigliano e duchessa sovrana di Sabioneta, sua nipote cugina, reputata il più vistoso partito d’Italia: la quale fu invece .dalla Spagna fatta maritare col duca di Medina de las Torres (1637) con promessa di dar loro il viceregnato di Napoli. Il duca ebbe poi due mogli, Anna Pigliateli! di Monteleone e Giovanna Ruffo principessa di Scilla, vedova di Vincenzo Ruffo principe di Palaz-zolo. Calunniato dagli invidiosi presso il re Filippo I\ e gettato in carcere, vi morì dieci mesi dopo nel luglio del 1612. — 228 — Ambascia tore di Lucca sopra detto (11 ott.) (1). Marchese del Fiso, tornato da Sicilia (21 ott.). Morte del sig.1' Giovanni Geronimo di Negro, ammazzato (25 ott.). Marchese di S.,a' Croce, che parte (tì nov.). Itl.mo Giovanni Francesco Lomellino estratto dal seminario per la morte di Giovanni Geronimo di Negro (6 nov.). Ill.mo Marc’Aurelio Oderico a Palazzo in luogo del sig.1’ Gregorio Musalano scusato (16 nov.). Spinola, cardinale di S. Clemente, da Roma (‘24 nov.). Luogotenente generale delle galere del papa (‘2 die.).· Cardinale S. Clemente (21 die.). Vigilia di Natale; abate del Bisagno. Giorno di Natale; ambasciatore di Spagna. Don Carlo Doria, tornato da Napoli (26 die.). Esequie per il m.co Giovanni Geronimo Doria, morto in Torino prigione del duca di Savoia (29 die.). Principe Doria, tornato da Napoli (31 die.). Entrata a Palazzo de’ nuovi Ill.mi senatori (1 gen. 1629). Principe Doria (6 gen.). Conte di Castro portoghese, ambasciatore straordinario di Spagna all’imperatore (9 gen.). Conte d'Ognat, ambasciatore di Spagna, di ritorno da Roma (12 gen.). Don Mefeliiò Borgia, generale delle galere di Napoli (13 gen.). Mons.1' Costa, vescovo di Albenga (28 gen.). Gentiluomo del re di Francia (22 feb.). Quarant’ore (16 mar.). Indulgenza plenaria alle chiese di S. Lorenzo e delie Vigne (23 mar.). Il barone di Sabran, gentiluomo del re di Francia (26 mar.). Agostino Pallavicino, destinato ambasciatore al re di Francia· (10 mar.). Pasqua (15 apr.). M. de Taures, generale delle arme per il re di Francia nel Monferrato (19 apr.). (1) Invero pare che qui si tratti rii Giuseppe Saminiati, le cu istruzioni (s. ri.) e relazione (20 ott. 1628) sono nell’archivio di Lucca (Anziani, G28). - 229 — M. de Biron (1), ambasciatore di Francia, di ritorno da Firenze (4 mag.). Nari, luogotenente delle galere del papa (15 mag.). (-onte della Moreta, fratello bastardo del re di Francia. (22 mag.) (2). Marchese del Vino, di ritorno da Sicilia (2 giug.). Ser.mo Andrea Spinola, eletto duce anticipatamente (28 giug.). Sei.1110 Giovanni Luca Chiàcari, finito il biennio, torna a sua casa (28 giug.). Principe Doria (30 giug.). Entrata de’ nuovi Ill.mi senatori (1 lug.), Ill.mo sig.1’ Paolo Serra a Palazzo, in luogo del duce Andrea Spinola (6 lug.). Don Carlo Doria (8 lug.). Reggente di Napoli (10 lug.). Duca d'Alcalà, viceré di Napoli, da Spagna (21 lag.). Don Giovanni Serrano Sapata, ambasciatore di Spagna residente, giunto da Spagna (‘20 lug.). Marchese Spinola, governatore di Milano, da Spagna (19 ag.). Don Filippo Spinola, giunto da Milano (22 ag.). Marchese di S.ta Croce (22 ag.). Duca de Lelma (20 ag.). Contestabile di Navarra, da Napoli per Spagna (21 ag.). Duca d'Alva, viceré di Napoli (29 ag.). Generale delle galere di Napoli (31 ag.). Don Gonzalo de Cordila, già governatore di Milano (1 sett.). M. de Sabran, tornato di Germania (9 sett.). M. della Val età, figlio del duca di Per non (18 sett.) (3). Ambasciatori della città di Messina per Spagna (1 sett.). Festa del Rosario (7 ott.). (1) Probabilmente Giovanni de Gontaut barone di Biron, figlio del barone Armando maresciallo di Francia (ucciso 1592) e di Giovanna d’Ornesan, marito di Giacomina de Gontaut e poi di Marta de Noailles. (2) Antonio di Borbone conte di Moret, bastardo del re Enrico IV di Francia e di Giacomina de Bueil-Sancerre contessa di Moret. Fu all’assedio di Susa. Ribellatosi, aderendo alla parte del duca d’Orleans, dovette uscire dalla Francia (1631). Vi rientrò militando con Montmorency contro il re, ma fu ucciso in combattimento (1 sett. 1632). (3) Cfr. la nota (2) a pag. 200. Nascita del principe di Spagna (15 nov.) (1). Coronazione del Ser.mo Andrea Spinola, con orazione del Cui-brera (17 nov.). Promozione di cardinali fatta da Urbano Vili (24 nov.). Marchese del 17-vo, tornato di Sicilia (8 die.). Giubileo (12 die.). Duca di Candelle, tìglio del duca di Pernon (2) (13 clic.). Marchese di S.ta Croce, da Milano (15 die.), A'igilia di Natale; abate di Bisagno. Giorno di Natale; ambasciatore di Spagna. Ill.mo Caribaldo, morto (26 die.). Entrata de’ nuovi Ill.mi .senatori (1 gen. 1630). Principe Doria (5 gen.). Ill.mo Federico de Franchi, morto (20 gen.). Principe di Guastalla, tornato di Spagna (26 gen.) (3). M. di Sabran, tornato di Francia (27 gen.). Ambasciatore del duca di Modena per Spagna (10 feb.). Marchese di Fosdinoco, mandato alla Repubblica dal conte di Collalto per negozi dell’imperatore (22 feb.). Ambasciatore di Firenze per Spagna (5 mar.). Pasqua (31 mar.). Ambasciatore di Lucca per Spagna (12 apr.) (4). Ill.mo Giovanni Battista Ifornellino, morto (26 apr.). Don Carlo Doria, ambasciatore di Spagna all’imperatore (19 api.). (1) Nel fascicoletto Circa le nascite dei re di Francia e Spagna, notizie 1 icavate dal l’Archivio segreto per ordine etc., che è nella busta 483 B Ceremoniarum, si dà conto di quel che fece la Repubblica per rallegrarsi con l ambasciatore e col ie di Spagna. (2) Leggi “ Duca di Caudale ,, che fu Enrico Nogaret de la Vailette, figlio di Giovali Ludovico duca d’Espernon (cfr. la nota (2) a pag. 200) e di Margherita eToix figlia ed erede di Enrico contedi Candale. Militò pel granduca di toscana, pei gli O an desi e per Venezia, e col fratello Cardinal Ludovico prese gran parte alla gueira di Lom bardia in difesa della duchessa Cristina di Savoia, assalita dai cognati Tommaso e Maurizio di Savoia e dagli Spagnuoli del Milanese (cfr. Muratori, Annali, a. 10 J>; e in quella morì di febbre in Casale di Monferrato (11 mar. 1639). Aveva sposato (160 ) Anna d’Hallvin figlia di Fiorimondo marchese di Magnelay (ucciso 1591) e di Marghe rita Claudia de Gondy; dalla quale divorziò. (3) Nel gennaio del 1630 duca di Guastalla era Ferdinando II Gonzaga e pi incipe ereditario il figlio di lui Cesare, il quale in quello stesso anno divento duca di Guastalla per la morte del padre (5 ag.). (4) Giovan Francesco Boccella, la cui istruzione (s. d.) e relazione (15 lug. 1030) sono nell·Archivio di Lucca (Anziani, 628). - 231 _ Cai (liliale Diatristayn, mandato dall 'imperatore per ricevere la regina di Ungheria, che di Spagna va in Germania (15 mag.). M. de Srisac (1), ambasciatore di Francia per Roma (23 mag.). M. de Betun, ambasciatore di Francia (2), di ritorno da Roma (5 giug.). Mons.1 Sesto, nunzio del papa alli Svizzeri (8 giug.). Cavalier Zambeccari, governatore delle galere del papa (8 giug.). Cardinale S.ia Cecilia, da Roma (5 giug.). Regina d’Ungheria (19 giug.). Gran duchessa di Firenze, sorella dell’imperatore. Mons.1 Serra, chierico di camera, nunzio mandato a visitare la regina di Ungheria (7 lug.). Cardinale SJ“ Cecilia (19 lug.). Principe di Valdetaro (23 lug.). Processione per la festa (8 sett.). Giorno deH’Unione, con sermone del padre Castiglione cappuccino (12 sett.). Don Francesco Manrìquez, luogotenente delle galere di Napoli (17 sett..). Principe Doria va a Loano senza licenziarsi (19 sett.). M. de Sabran (1 ott.). Cardinale S.ta Cecilia (5 ott.). Festività del Rosario, con sermone del padre Chi/icari (6 ott.). Mons.1' Biclii, nunzio, in Francia (7 ott.). Duca di Féria (8 nov.). * Conte della Rocca, ambasciatore di Spagna per Venezia (13 nov.). Cardinale S.ta Cecilia, che presenta un breve (22 nov.). Duca di Terranova (19 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, ambasciatore di Spagna, arcivescovo, marchese del Viso. Entrata de’ nuovi Ill.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1631). Cardinale S.ta Cecilia, che riparte (6 mar.). (1) Duca eli Brissac era Francesco de Cossè, figlio del duca Carlo e di Giuditta d’Acigné e marito di Guionna de Kuelaii di Bocheportail. Mori il 1G5L (3 die.) settantenne. (2). Ippolito de Bethuiies, conte di Bothunes-Selles e marchese di Chabrus, era figlio (1603) del conte Filippo, fratello del famoso maresciallo duca di Sully, e di Caterina Bonteiller de Senlis. Fu ambasciatore presso Urbano Vili. Mori il 1665 (21 sett.). — 232 — Senatore di Milano Villani, giunto da Spagna (13 gen.). Marchese Filippo Spinola, tornato di Lombardia (23 gen.). Duca di Fèria, fatto governatore di Milano (fi mar.). Marchese del 1V.so, che parte per Spagna (23 mar.). Duca à'Alva (11 apr.). Pasqua (19 apr.). Ambasciatore di Barcellona alla Repubblica (28 apr.). Duca d’Alcalà, viceré di Napoli, richiamato a Spagna (25 mag.). Duchessa di Feria, da Spagna (18 mag.) Ser.mo Andrea Spinola, -finito il biennio, torna a sua casa (28 giug·)· Ser.mo duce Leonardo della Torre (30 giug.). Arcivescovo, marchese Spinola, ambasciatore di Spagna a complimentare il duce (1 lug.). Entrata de’ nuovi Ill.mi senatori (1 Ing.). Principi Boria e di Valditaro a complimentare il duce (9 e 10 lug.). Cardinale Trini zio (15 lug.). Luogotenente generale delle galere del papa (17 lug.). Don Carlo Boria, ambasciatore di Spagna, di ritorno dall imperatore (19 lug.). . Marchese Spinola (28 ag.). Giorno dell’Unione, con sermone: del padre Squarciafico cappuccino (12 sett.). Cardinale Triulzio-, che va a Milano (22 sett.). Ambasciatore di Firenze per Spagna (4 ott.). Ambasciatore di Venezia per Spagna (6 ott.). Marchese Spinola, che riparte (17 ott.). Marchese di Castelrodrigo, ambasciatore di Spagna per Roma (18 nov.). Ambasciatore di Venezia, Mocenigo, di ritorno da Spagna (18 nov.). Presentazione della Madonna delle Vigne, con sermone del padre Squarciafico cappuccino (21 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, ambascia-tori di Spagna, arcivescovo mons.1' di Sabran. Entrata a Palazzo de’ nuovi 111.1111 senatori (1 gen. 1632). Principe Boria (1 gen.). Giubileo mandato da papa Urbano Vili (9 gen.). - 233 — Marchese Spinola, di ritorno da Milano (29 gen.). Senatore Villani arrivato di Germania per la Spagna (10 feb.). Ambasciatóre di Spagna ammalato, visitato (3 mar.). Ambasciatore di Firenze, ritornato di Spagna (23 mar.). Ambasciatore di Spagna residente, Don Giovanni Serrano, morto, ed esequie (31 mar.). Pasqua (11 apr.). Vescovo di Aìaccio (7 apr.). (Tiovan Bernardo Frugone, senatore nuovo, per. morte dell'Ul.™ Gerolamo Spinola (10 mag.). Senatore Villani, che parte per Spagna (11 Ing.). Incoronazione del Ser.mo Leonardo della Torre (lo mag.). Ambasciatore dell 'imperatore destinato alla Repiibblica (29 mag.). Ambasciatore rii Spagna per Torino, Don Francesco Melo portoghese (1 giug.). Vicei'è di Sardegna (2 giug.). Campeggi, nunzio in Spagna (16 giug.). Barone di Boemar, gentiluomo àe\Y imperatore, spedito in Spagna (18 giug.). Cardinale S.ta Cecilia, che ritorna dal suo arcivescovato di Muterà nel Regno di Napoli per pigliare possesso del vescovato di Sar-zana (20 giug.). Duca (V A le (dà, viceré di Sicilia (29 giug.). Marchese di Caldereta, ambasciatore di Spagna all'imperatore, tornato di Germania (13 lug.). Duca di Alburquerque, viceré di Sicilia (S ag.). Visita al R.mo padre generale domenicano (21 ott.) (1). Ricevimento e visita fatta all’Ecc.mo sig.1' IX Francesco de Melo, nuovo ambasciatore Cattolico residente presso la Ser.ma Repubblica (nov.). •Visita fatta al reggente Villani, da Spagna (die.). Visita fatta al sig.1’ marchese Castagneda (2), ambasciatore straordinario di Spagna a Cesare (8 die,). (1) Con questa nota comincia lo scritto del sottocancelliere Giovan Carlo Mercante, pel quale cfr. qui innanzi alla pag. 26. (2) Vedi la nota (2) a pag. 226. \ isita fatta al sig.1- marchese Spinola (10 die.). Vigilia di Natale. Visita fatta al sig.1' principe di Masso (gen. 1033). Nuovi senatori (1 gen.). V' isita fatta all’ambasciatore del re d'Inghilterra (5 gen.). Duca di Veragua (1), giunto di Fiandra, non visitato (27 gen.). λ isita fatta airill.mo sig.1' marchese Carlo SpinellL c&po e governatore delle armi della Ser.ma Eepubblica (mar.) (2). Morte dell’lll.1110 sig.1' Carlo Spinelli (apr.) V ' Ricevimenti al Ser.mo cardinale infante di Spagna, che giunge da Spagna (2 mag.). Elezione del maestro di cerimonie Fabrizio Picci (18 apr.). Cardinale Sandoval, visitato (20 apr.) (3). Venuta del cardinale infante, fratello unico del re di Spagna (ò mag.). Duca di Ferrandina (4), generale delle galere di Spagna (6 mag.). Ambasciatori di Mantova, Parma e Modena (mag.). Figli del duca di Vandomo (5), figliolo naturale di Enrico IV (18 mag.). Duca di Orecchi ((i), ambasciatore straordinario del re di Francia al papa (2ò mag.). (1) Il duca di Veragua era Alvaro Giacinto de Portugal e La Bastida, nato (1598) dal duca Nugno de Portugal e da Aldonza La Bastida Espinosa, morto il 1636. Discendeva da Isabella figlia di Diego di Cristoforo Colombo. (2) Carlo Spinelli de’ principi di S. Giorgio nel Regno di Napoli, militò in l· iandra, in Boemia, in Ungheria. Fu generale delle galere di Malta (1630j. L'imperatore lo ci'eò marchese dell’impero (1023). Mori in Genova al servizio della Eepubblica (1633). (3) Di qui cominciano le narrative del maestro delle cerimonie Ricci, pel quale cfr. qui innanzi alla pag. 26. (4) D. Pietro Alvarez de Toledo duca di Ferrandina, principe di Montalbano, marchese di Villafranca militò in Fiandra e in Portogallo e da governatore di Milano guerreggiò contro il duca di Savoia (1618). Fu capitan generale delle galere di Napoli. (5) Cfr. la nota (1) a pag. 210. (ti) Carlo de Crequy, principe di Pois, conte di Canaples e di Sault, nacque (1570) da Antonio de Blanchefort e Crequy e da Cristina d’Aguerre. Valente ed audace uomo di guerra, fu creato maresciallo di Francia (1622). Quando non fu a battagliare, vigilò come ambasciatore del suo re, e la sua ambascèria a Roma (1633J restò famosa. Diventò duca di Lesdighières per avere sposato Maddalena de Bonne figlia di Francesco duca di Lesdighières (1595): morta la quale, si riammogliò con l’altra sorella di lei Francesca (1623). Morì in Lombardia di un colpo di cannone (17 mar. 1638) e si raccontò che sulla palla fu trovata incisa la destinazione “ a Crequy. ,, - 235 - Ser.mo Torre, finito il bienno, va a sua casa (30 giug.). Senatori nuovi a Palazzo (1 lag.). Cardinale Albornozzo, per Milano (1 lug.). Prior New., tenente delle galere del papa (1 lug.). Elezione del Ser.1110 duce Giovanni Stefano Doria (9 lag.). Venuta a Palazzo dell’ambasciatore di Spagna, di mons.r arcivescovo e del sig.1' duca di Tarsi per visitare il nuovo dace (10 lag.). Mons.1’ Rivarola, vescovo di A lazzo, a Palazzo (20 lug.). Principe Dorici a Palazzo (28 lag.). Festa per l’Unione, sermone del padre Nerucci gesuita (12 sett.). Visita al principe di Massa (.13 sett.). Il principe di Massa\ a Palazzo (17 sett.). Battesimo nella cappella di Palazzo di un figlio di Luca Spinola, suo nipote (‘21 sett.). Visita fatta al tenente generale delle galere pontificie, priore Nari (‘25 sett.). Visita del luogotenente generale delle galere del papa (26 sett.). Venuta a Palazzo deirill.mo Raffaele della Torre, estratto in luogo deirill.mo Giovan Battista Manuffo procuratore, morto a’ 23 di settembre (27 sett.). Festa del S.mo Rosario (2 ott.). Don Ferrante d’Arse, luogotenente di Don Melchior· di Borgia generale delle galere di Napoli (13 ott.). Duca di Tarsi a Palazzo, partendo per Milano (25 ott.). Frate Domenico vescovo di Cordova, figlio del conte di Benavente, e Don Vincenzo Ciumazzero, commissari del Regno di Castiglia, non visitati, e perchè (13 nov.). Processione e messa solenne in S. Lorenzo in rendimento di grazie a Dio benedetto per aver preservato questa città dalla peste (20 nov.). Festa della presentazione della Madonna, con sermone del padre Dorici somasco (21 nov.). Nuovo vescovo di Venti miglia, mons.1’ Gacotto teatino, a Palazzo (2 die.). Promozione di cardinali (7 die.). Visita fatta al padre generale de’ zoccolanti (‘21 die.). Il medesimo generale a Palazzo rende la visita (22 die.). La vigilia di Natale. Il giorno di Natale: funzioni e compimenti; abate di Bisagno, — 236 — vicario, ambasciatore di Spagna, arcivescovo, principe di I ahliiaro. lll.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1634). Principe Doria a Palazzo (1 gen.). Coronazione del Ser.mo Giovanni Stefano Doria con orazione del m.co Antonio Giulio Brignole (7 gen.) e del padre Luigi Albrizio gesuita (8 gen.). Principe di Polonia, fratello di quel re, a Genova (16 mar.). Conte della Xavaglia (1), ambasciatore di Francia, di passaggio alla volta di Roma (28 mar.). Consigliere aulico con lettera àeW imperatore per la Ser.™ Repubblica (28 mar.). Giubileo mandato dal papa (10 apr.). Duca di Terranova (10 apr.). Pasqua (16 apr.). Mons.1’ Rolognetti, nunzio apostolico in Francia, da Civitavecchia (apr.). Cardinali Spinola e Durazzo in Genova (2 mag.). Visita fatta al prior Xari, tenente generale delle galere del papa (9 mag.). Marchese di Legares e marchese Spinola (20 mag.). Marchese Spinola a Palazzo (11 mag.). Il cardinale Durazzo privatamente a Palazzo. Duca e duchessa di Lorena (2) a Genova da Milano (12 giug.). Cardinale Monti, arcivescovo di Milano, a Genova (17 giug.). Ambasciatore di Spagna viene a licenziarsi da Palazzo per andare a Milano (18 giug.). Ill.mo Giacomo Lo niellino ritorna dai bagni di Lucca (29 giug.). Don Antonio di Moscoro, da Spagna (26 giug.). (1) Filippo I de Montault barone di Navailles, primo dei baroni del Bearnese, fu figlio del barone Bernardo e di Fabiana de Gabaston. Fu fatto duca e pari di Francia (1650). Sposò Giuditta de Gontaut signora di Saint-Geniez e di Badifol, e mori il 1654. Cfr. la nota all’anno 1642 (feb.). (2) 11 duca di Lorena era Carlo-Ili, nato (1603) da Francesco di Lorena conte di Yaudemont e da Cristina di Salm. Diventò duca sposando (1621) Nicoletta sua cugina, figlia del duca di Lorena Enrico morto il 1624 (30 lug.). Non ricevendo prole dalla moglie volle ripudiarla, e passò ad altre nozze con Beatrice de Cussance (1637;, e, morta costei, sposò ancora Maria d'Aspremont (1665). Egli era nipote della granduchessa di Toscana Cristina di Lorena vedova di Ferdinando I de: Medici. Morì il 1675 (18 sett.). - 237 — Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lag.). Ambasciatore Melo, ritornato di Milano e visitato (10 lug.). Come si deve fare la salve al marchese di S.ta Croce (12 lug.). Marchese, di S.ta Croce arriva a Genova da Spagna (15 lag.). Duca di Tursi, tornato da Milano, perchè non visitato (20 lug.). Il Sei.mo duce a casa di sua sorella Livia Sai vago (1 ag.). Il sig.1' di Sabrano, ritornato di Francia, è visitato (25 ag.). Cardinale Spinola privatamente a Palazzo partendo per Spamia (8 sett.). Duchessa Margherita di Mantom in Genova per Spagna, perchè non fu visitata (2 sett.). Festa dell’Unione, con orazione del padre Riguardato (12 sett.). Nari, tenente generale delle galere del papa, perchè non fu visitato (2 ott.). Ambasciatore veneto per Spagna, perchè non fu visitato. Mons. r Ceca, nunzio straordinario in Francia, di ritorno in Italia (14 ott.). Visitazione della Madonna, con sermone del padre Riguardato gesuita (21 nov.). Duca di Mantom sl Savona da Monferrato (12 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno. III.1111 nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1635). Marchese Spinola, visitato, rende la visita (1 gen.). Principe Doria, a Palazzo (2 gen.). Mons. r Castracane, collettore in Portogallo, da Torino dove era stato nunzio residente (18 gen.). Mons. r Carafa, nunzio in Polonia, di ritorno in Italia per la via di Francia (20 gen.). 111.1110 Giovan Battista Scudi la prima volta a Palazzo (22 gen.). Duchessa di Ghisa (5 feb.) (1)· Processione per l’elezione del nuovo arcivescovo (11 feb.). Don Giovanni d'vlm.s·, reggente della Vicaria di Napoli (24 feb.). (1) La duchessa di Guisa era Enrica Caterina duchessa de Joyeuse, unica figlia del duca Enrico de Joyeuse maresciallo di Francia e di Caterina Xogaret de la Vallette. Sposò Enrico di Borbone duca di Montpensier (1597); poi, rimasta vedova (1608), passò a seconde nozze (1611) con Carlo di Lorena duca di Guisa. Morì, già vedova (1610), il 1656 (25 feb.), — 238 — Conte Ottavio Cerati, ambasciatore del sig. v duca di Panna per incontrare il cardinale di Lione (7 mar.). Cardinale di Lione in Genova è visitato e rende la visita (19 mar.). Bagli di Forbè, tenente generale delle galere di l· rancia (21 mag.). Pasqua (8 apr.). Galere di Francia, da Civitavecchia, dove avevano portato il cardinale di Lione (8 apr.). Ambasciatore di Spagna visita il duce in letto (9 apr.). Li Ser.mì Collegi mandano il mastro di cerimonie all ambasciatore di Spagna per sapere se il secretario Don Andrea Irle* portasse lettere regie per restare residente in Genova (13 api'.). Visita di due Ill.mi procuratori all’ambasciator di Spagna Don Francesco di Melo, che lascia Genova (15 api’.). Reggente nel Consiglio d’Italia Enricliez, che da Napoli passa a Spagna, visitato (d mag.). Padre generale de’ canonici di S. Salvatore (21 mag.). Il padre inquisitore residente in Genova (14- giug·)· Ronchiglio, gran cancelliere di Milano, da Spagna (12 giug.). Don Pietro Deyla, reggente di Sicilia, per Spagna (20 giug.). Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Ser.mo Giovanni Stefano Loria depone la carica e ritorna a sua casa (9 lug.). Elezione del nuovo duce Giovali Francesco Brignoli. Elezione di un nuovo senatore, Geronimo de 1 ranchi, in luogo del nuovo duce (13 lug.). Il vescovo di Savona (21 lug.). Monsù di Belieure, ambasciatore di 1 rancia a molti principi d I- talia (26 lug.). Marchese Spinola, che parte per Milano (30 lug.). Il principe di 1 'aiditaro (1 ag.). Don Francesco Melo ritorna da Spagna con titolo d’ambasciatoie all’imperatore ed ai principi d’Italia (2 sett.). Marchese di Zelada (1) ambasciatore di Spagna al re d’Ungheria, e conte di Sora, ambasciatore di Spagna al re di Polonia (2 sett.). (1; Il marchese di Celwla era Alfonso Gaspare de Cordova. Sposò la marchesa di Villanueva del Fresno Francesca Portocarrero, marchesato e cognome che ella trasmise alla discendenza del marito. — 2-39 — del] (Juione, con orazione del padre Septa reta fico (12 sett.). 111. Giovan Battista Ballano a Palazzo, in luogo del sig.1' Bartolomeo Mainerò morto (3 nov.). Festa del S.mo Rosario (7 ott.). Duca di Tursi, tornato da Massa (21 ott.). Marchese di Leganes, nuovo governatore di Milano\ da Spagna (4 nov.). Marchese Spinola, tornato dalla difesa di Valenza di Po (8 nov.). Vescovi) di Sacjone (11 nov.). Il marchese Spinola, che parte per Milano (19 nov.). Festa della presentazione della Madonna, con sermone del padre Antìnoro tentino (2 L nov.). Ambasciatore Melo (21 nov.). Cavalieri inglesi molto principali, alloggiati all’osteria di S.ta Marta (22 nov.). L ambasciatore Melo a negoziare con i Ser.mi Collegi (26 nov.). Il marchese di S.ta Croce (28 nov.). Verrazzano, ammiraglio delle galere toscane (2 die.). Don Carlo Colonna, mastro di campo generale nello Stato di Milano (4 die.). La principessa di Carignano, sorella del duca di Suassons e moglie del principe Tommaso di Sacoia (4 dic.) (1). Il Cardinale Borgia, da Napoli (4 die.). Il sig. v di Monaco (15 die.). Ambasciatore del duca di Modena (16 die.). Il generale delle galere di Napoli Don Melchior di Borgia, dal- 1 isola di S. Onorato per Napoli (20 die.). La vigilia e giorno di Natale; abate del Bisagno. L’ambasciatore di Spagna a Cesare (26 die.). Hl.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 163(5). Principe Doria a Palazzo (1 gen.). Duca di Alcalàt, viceré di Sicilia (8 gen.). Coronazione del Ser.mo Giovan Francesco Brignole, con orazioni (1) Maria ili Borbone, nata il 1U06 (8 mag.) dal conte di Soissons Carlo e da Anna contessa de Montafiè, era sorella del conte di Soissons Ludovico di Borbone. Aveva sposato (1625) Tommaso di Savoia principe di Carignano. - 240 - del in.00 Pier Francesco Guano (12 geli.) e del padre Contri gesuita (18 gen.). Nozze in Palazzo per lo sposalizio tra la figlia del Ser.mo duce ed il m.co Giovali Battista Raggio (27 gen.). Ambasciatore Melo, die parte per Livorno, a Palazzo (( feb.). Don Raimondo gentiluomo savonese, chierico di camera (14 feb.). Ambasciatore Melo, di ritorno da Livorno, visitato (21 feb.). Marchese maresciallo di Corre o vero di Tre (1), ambasciatore straordinario di Francia per Roma (13 mar.). Duca d’Alcali), già viceré di Sicilia, fatto vicario generale del re di Spagna ' in Italia (10 mar.). Figlio primogenito del principe di Massa (13 api'.). Duca di Medina de las Torres, viceré di Napoli ( < mag.) (2). Generale de’ frati di S. Francesco zoccolanti (2 giug·)· Duca di Alcalà (7 giug.). Andrea di Gennaio (3), reggente di Napoli (6 giug.). Duca di Alcalà manda a render la visita (21 giug.). Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Mons.r di Scibrano, tornato di Francia e visitato (1 lug.)· Duca di Tarsi, di ritorno dall’isola di tì. a Margherita (3 lug.). Don Melchior di Borgia, generale delle galere di Napoli e di Sicilia, e il marchese del I iso, non visitati (10 lug.). Giubileo (2 ag.). * (1) Francesco Annibale cTEstrées signore di Coeuvres, già vescovo e designato cardinale, lasciò l’abito ecclesiastico quando gli morì in guena il fiatello piimo0em ("1-594; e si détte alla milizia e alla diplomazia, segnalandosi così che fu fatto ni aie sciallo di Francia (1632) e poi duca d’Estrées (1615). Sposò prima (1622) Maria de tìe-tliune, che mori il 1628, poi (1634) Anna Habert de Montmoi \Sorano, ambasciatore di Fiorenza in Spagna, di ritorno (7 die.). Cardinale Bichi (15 die.). Cavaliere Zambeccaro, luogotenente delle galere del papa (21 die.). La vigilia di Natale; abate di Bisagno. Giorno di Natale; ambasciatore di Spagna. Decreto de’ Ser.mi Collegi per la dignità e il titolo Beale al doge e alla Repubblica (29 die.). Principe Doria (30 die.). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1638). Mons. r à’Ossau, ambasciatore di Francia alla Repubblica di Venezia, giunto da Torino (14 gen.). Don Francesco de Melo, ambasciatore di Spagna albimperatore di ritorno da Alemagna (15 gen.). Reggente Pozzobonello di Milano, per Spagna (18 gen.). Conte di Monterei, viceré di Napoli, che torna dal suo governo (21 feb.). Marchese di Leganes, governatore di Milano, venuto ad abboccarsi col conte di Monterei (27 feb.). Pasqua (4 apr.). Marchese Spinola e ambasciatore di Spagna (5 apr.). Padre generale de’ zoccolanti (27 apr.). Principe Cosimiro, fratello del re di Polonia (28 apr.). Ecc.mi e Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Ambasciatori della città di Messina (21 lug.). Don Francesco di Melo, ambasciatore di Spagna a Cesare, giunto da Spagna (23 lug.). Principe di Botero (l), grande di Spagna (30 lug.). Mons. r Bohviso lucchese, chierico'di camera (9 ag.). Duca di Modena, per Spagna (14 ag.). (1) Il principe di Bufera, primo principe del Regno di Sicilia e grande di Spagna, marito di Donna Giovanna d’Austria, figlia spuria di Don Giovanni d’Austrià, era di casa Branciforte. Pochi anni rii poi per l’estinzione di questa linea il principato di Butera passò nella casa Carafa in persona di Carlo principe di Roccella, che assunse perciò i nomi di Carafa Branciforte Barrese e Santapau, e, nato il 1651, mori improle il 1695, — 245 — Ambasciatore di Spagna, per la morte della madre in Alemagna cameriera maggioi’e dell’imperatrice (30 ag.). l39, qui innanzi pubblicata a pag. 134. Intestazioni delle narrative nel LIBRO III CEREMONIARUM e dei cerimonieri Ricci (1639-1645) e Cattaneo (1645-1658, 1662) e del sottocancelliere Viale (1654) 1639, il primo di fébraro. Comincia il terzo libro del Cerimoniale, nel quale saranno notate le cerimonie che seguiranno alle giornate in conformità della riforma fatta dai Ser.mi Collegi ed approvata dal Minor Consiglio (1). Qui comincia a mettersi in uso la nuova riforma del Cerimoniale. Ambasciatore straordinario dell 'imperatore al re di Spagna, Don Annibaie Gonzaga de’ signori di Bozolo (14 feb. 1639). Ecc."0 nuovo a Palazzo Benedetto Viale (14 mar.) in luogo del sig.1- Geronimo Adorno morto. Giubileo venuto da Roma (11 apr.). Pasqua (24 apr,). Marchese Spinola a licenziarsi per partire alla volta di Spagna (23 apr.). Ambasciatori de’ signori Grisoni e de’ Valtellini di ritorno da Spagna (4 mag.). Principe Doria, partendo per il suo governo di Sardegna (21 mar.). Nunzio di Polonia barone Biboni (2 giug.). Mons.1’ Facchinetti, nunzio straordinario del papa al re Cattolico (11 giug.). Ecc.ml ed Ul.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Re-cucco (2) (1 lug.). (1) Si riferisce al nuovo cerimoniale, pubblicato qui innanzi a pag. 134. (2) Ai nuovi senatori che entravano in carica il 1° gennaio e il 1" luglio di ciascun anno veniva impartito un discorso, pronunziato pel solito da uno de’ dottori — 248 — Festa di S. Siro (7 lug.). Ecc.mo sig.1' t/iovan Battista Mercante (1) a Palazzo la prima volta (11 lug.). Ser.mo duce Agostino Pallaiicino ritorna a casa sua (13 lug.) (2). di Collegio. Non essendo venuto fatto in questi elenchi dei libri I e II Ceremoniarum di annotare, come sarà fatto per i libri susseguenti, i nomi degli oratori, se ne dà in questa nota la seguente lista per gli anni dal· 1588 al 1039 (1 gen. e 1 lug.), come essi si leggono nei libri su menzionati. Anno 158S — magnifico Aurelio Tagliacarne (lug.). 15S9 — un chirurgo dell’ospedal grande, prete Giovan Battista Ceva. 1590 — magnifico d.r Giovan Battista Doria, Prospero Valeriano da Sarzana maestro di scuola. 1591 — Leonardo Spinola, Giovan Battista Spinola del sig.1' Giorgio dell Tsola. 1592 — d.r Fossa, medico Strà. 1593 — d.r Giovan Battista Invrea, d.v Innocenzo d’Aiulora. 1594 — medico Ravaschiero, Giovan Battista Scribano. 1595 — d.r Malfanti, medico Grosso. 1596 — medici Bosso e Riccardo. 1597 — figlio del sig.1' Paolo Basadonne, medico Paggi. 1598 — d.r Pastore, magnifico Rossano medico. 1599 — d.r Giuseppe Martingnone, magnifico Riccardo. 1600 — magnifico Rivarola, magnifico Maino medico. 1601 — d.r Viacà, un giovine in abito di prete detto il Brando. 1602 — medici Ghilardengo da Novi e Leveratto. 1603 — medici d.r Arquata e Barbante. 1604 — magnifico d.r Casanova, magnifico medico Tinello. 1605 — d.r Pas'e, magnifico medico Bogiano. 1606 — magnifico d.r Gràmola, magnifico Marco Antonio Asareto dottore. K307 — d.r Caleri, m.co medico Camilla giovine. 1608 — manifico d.r Garbarino, rev. prete Matteo Carmagnola nipote di sua Serenità. 1609 — magnifico sig.r Ambrosio Carmagnola nipote di sua Serenità. 1610 — d.r Lelio Ravenna da Chiavari, magnifico medico Pietro Ruggia. 1611 — magnifico Franco Ottavio LomelUno dottore, magnifico Giovan Francesco Tiscornia medico. 1612 — magnifico Tiscornia medico, magnifico sig.1' figlio del sig.r Boi medico. 1613 — magnifico Isola, magnifico Tiscornia. 1614 — sig.r Paolo Lasagna figlio del magnifico sig.1' Stefano, magnifico sig.r Canevaro medico. 1615 — d.r Francesco Pasqua figlio del sig.r Giovanni (gen.). 1619 — magnifico Mainerò medico (lug.). 1632 — magnifico A. Cbiàvari (gen.). 1633 — magnifico Canevaro (lug.). 1634 — d.r Guaslavino, magnifico Cauevaro. 1635 — d.r Vigene, magnifico Triora il giovane. 1636 — medico Paggi (lug.). 1637 — d.r Canevaro, medico Drago. 1638 — d.r Vigeni (gen.). 1639 — d.r Serra (gen.). (1) Questi è quel sottocancelliere che già abbiamo visto aver funzionato da mastro delle cerimonie dall’ottobre 1632 all’aprile 1633: vedi a pag. 26 e a nota (1) di pag. 233. (2) In questo giorno 13 luglio giunse a Genova, e vi si trattenne fino al 19, monsi- — 249 — Don Annibaie Gonzaga di BozqJo, ambasciatore dell'‘imperatore al re Cattolico (21 lug.). Elezione del Ser.mo duce Giovan Battista Durazzo (28 lug.) (1). L’abate Soldati, gentiluomo de’ principi di Savoia (12 ag.) (2). Ambasciatore del re dì Inghilterra, di ritorno da Costantinopoli (4 sett.). Baglivo Iterrazzano, generale delle galere toscane (5 sett.). Don Melchior de Borgia, generale delle galere di Napoli (5 sett.). Festa per l’Unione, con orazione del padre Saliniero cappuccino (12 sett.). Ambasciatore di Spagna qui residente, di ritorno da Milano (20 ott.) (3). Mons.1' vicario del cardinale arcivescovo Durazzo (17 ott.). Don Francesco di Melo, viceré di Sicilia (30 ott.). Mons.1’ Bolognetti, nunzio in Francia, tornato da Francia (18 nov.) (4). Baglivo di Verrazzano,'generale delle galere di Fiorenza (5 die.) (δ). Fra Giovanni Marinerò spagnolo, padre generale de’ padri zoccolanti (13 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate del Bisogno. Ambasciatore di Spagna (27 die.). Ecc.mi e Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Ver-nazza (1 gen. 1040). gnor Rossetti nunzio apostolico in Inghilterra; del quale il segretario Domenico Fanxozzi andò scrivendo il diario, pubblicato da Giuseppe Ferraro e ristampato per quanto concerne la venuta di lui a Genova da Achille Neri nel Giornale Ligustico (a. XII, p. 467-475). Non ne fu fatto cenno in questi Cerimoniali perchè egli era venuto incognito. (1) Con la notizia di questa elezione cominciano i Novellari, cioè il giornale o gazzetta di Genova; del quale si serba un esemplare, per un volume (dal 29 lug. 1639 al 29 lug. 1647) nella Biblioteca Universitaria (Q, IV, 18) e per altri due (dal 21 apr. 1646 al 17 mar. 1649, e dal 3 apr. 1649 al 30 mar. 16S2J nell’Archivio di Stato (btbL, 127 e 128). Anche con quest’antichissima pubblicazione giornalistica si possono confrontare e confortare le narrazioni di questo libro Ceremoniarum. (2) L’arrivo dell’abate Soldati è già narrato nei suddetti novellari del 5 agosto. (3) Nei novellari il 21 ottobre era annotato che « Don Francesco ài Melo s’aspetta in questa città per li 29 del corrente, con opinione sia per passare in Sicilia »; e il 4 novembre era narrato l’arrivo di lui nel dì 30 ottobre, e il 18 la partenza per la Sicilia a dì 15 novembre. (4) Registrato nei novellari del 25 novembre. (5) Cfr. ivi (9 dic.j. — 230 — Mons.1’ Pizzorno di Rossiglione, generale feW ordine di S. Francesco di Paola, vescovo di Sagone (16 mar.). Ambasciatore di Spagna residente in Genova, di ritorno da Nizza % di Provenza (18 mar.) (1). Duca di Tursis, fatto grande di Spagna (29 mar.). Pasqua (8 apr.). Vescovo di Brignato, mons.1' Francesco Durazzo, figlio di Sua Serenità (11 apr.). Padre generale de’ Minimi di S. Francesco di Paola (19 apr.). Coronazione del Ser.mo duce Giovan Battista Durazzo, con orazioni del m.co Camillo de' Mari (21 apr.) e del padre Rinieri oli-vetano (22 apr.). Principessa Doria, vedova del principe viceré di Sardegna, che ritorna (11 mag.) (2). Cavalieri polacchi figli del Palatino (12 mag.). Capitano comandante due galere di Malta (11 giug.) (3). Marchese di Villa franca, generale delle galere di Spagna (2 ag.) (4). Festa dell'Unione, con orazione del prete Brandi in luogo di suo fratello padre Brandi francescano ammalato (12 sett.). Mons.1' Giulio Cesare Borea di Lugo di Romagna, vicario del cardinale arcivescovo (15 sett.). Marchese di Castagneda (5), ambasciatore di Spagna all’imperatore (2 nov.). Festa di S. Carlo (4 nov.). Conte di Sirvela, ambasciatore di Spagna qui residente, tornato di Lombardia (21 nov.). Festa della presentazione della Madonna, con sermone del padre Giocolaro gesuita (21 nov.). Lettera alla Ser.ma Repubblica dell’Ecc.mo sig.1’ Giovan Battista Saluzzo, ambasciatore residente appresso la M.tà Cristianissima, del seguito in quella corte circa l’ordine mandato dal papa a tutti i suoi nunzi che trattino gli ambasciatori di Genova niente di meno di (1) Registrato ivi (23 mar.). (2) Le due galere ohe portavano la vedova e la salma del principe Doria giunsero in porto, secondo i novellari (11 mag.), il 9 maggio. (3) Cfr. nei novellari (8 e 15 giug.J. (4) Ivi (3 ag.). Vedi qui innanzi la nota (1) a pag. 241. (5) Vedi la nota (2) a pag. 226. Cfr. i novellari (3 nov.). - 251 — quello sono soliti trattare gli altri ambasciatori di teste coi'onate (30 nov.). Duca di Tursis (23 die.). Vigilia di Natale; abate di Bisogno. Giorno di Natale. Mons.1 Coff avello, nunzio di Torino, perchè non visitato (29 dic.) (1) Nicolò Sagredo, ambasciatore di Venezia a Spagna, pel trattamento di testa coronata a lì’ambasciatore di Genova a Madrid (29 die.) (2). Ecc.mi ed 111.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Paggi (1 gen. 1641). Decreto del Ser.mo Senato pel maestro di cappella del Palazzo (gen.). Conte di Sirvela, ambasciatore di Spagna residente in Genova, che parte per Milano (26 gen.) (3). Sig.>'a infanta Maria di Savoia a Pegli (26 gen.) (4). Marchese di Leganes, governatore di Milano, che torna a Spagna (10 feb.) (5). Duce d’Acigliano, fratello del principe Doria, fatto viceré di Sardegna (feb.) (6). Principe di Valdetaro (9 mar.). Principe Mattia di Toscana, fratello del gran duca (14 mar.) (7). Mons. r Geronimo Grimaldo, nunzio del papa al re di Francia (27 mar.). Pasqua (31 mar.). Ammirante di Gattiglia, viceré di Sicilia (17 apr.) (8). (1) Cfr. i novellari (29 die.). « (2) Ivi. (3) Ivi (‘26 gen., 2 feb.). (4) Maria di Savoia, figlia del duca Carlo Emmanuele I, che, nata il 1594, si fece monaca e morì in Roma il 1656. Le toccava il trattamento di infanta di Spagna, come a figliuola della infanta Caterina d’Austria, figlia del re Filippo II di Spagna, duchessa di Savoia. Cfr i novellari (‘26 gen., 2 feb.). (5) Cfr. i novellari (16 e 23 feb.). (6,) Ivi (9 feb. a 9 mar.). (7) Ivi (16 a 30 mar.). (8) Giovanili Alfonso Iienriquez de Cabrera, ammiraglio di Castiglia, duca di Medina de Rioseco, conte di Meìgar e di Modica, era nato (1597) dall’ammiraglio duca Luigi e da Vittoria Colonna figlia del duca di Tagliacozzo Marcantonio. Fu viceré di Sicilia (1641) e di Napoli (1644); nella quale carica raccolse il plauso de’ sudditi e I » \ — 252 — Mons. r Scotto, vescovo di Borgo San Donnino, nunzio del papa in Francia, di ritorno a Roma (17 giug.) (1). Ece.mi ed Ill.m> nuovi senatori a Palazzo, con orazione del medico Paggi (1 lug.). Mons.1' Castracani, collettore di Portogallo (10 lug.) (2). Figlio del generalissimo del re di Polonia (13 lug·)· Ser.mo duce Giovan Battista Durazzo compisce il biennio del suo governo, e se ne ritorna alla sua casa privata (28 lug.). Pel bacio del libro deH’Evangelo in assenza del duce, ordine del Senato (29 lug.). Elezione del Ser.mo duce Giovanni Agostino de Marini (14 ag.). ‘ Duca di Tursia, principino Boria, mons. r vicario del cardinale arcivescovo, primogenito del marchese Spinola, principe di Massa, padre inquisitore, mons. 1 Durazzo vescovo di Brignato, a complimentare il nuovo Ser.mo duce (15 ag.). Marchese de los Vele fi, grande di Spagna, che viene di Spagna (20 ag.) (3). Marchese di Grana, ambasciatore delVimperatore per Spagna (21 ag.) (4). Mons. r vicario del sig. r cardinale arcivescovo (31 ag.). Festa deirUnione, con orazione del padre Botto somasco (12 sett.). Mons. r Cicchinelli da Vezzano, vescovo di Montefiascòrie, nunzio del papa in Torino (19 sett.) (5). il biasimo della corte di Spagna per essersi rifiutato di strappare al popolo i tesori, che i suoi predecessori non avevano mancato di estorcere e trasmettere in Ispagna. Il successore, duca d’Arcos, che riprese Tusato costume, suscitò la famosa rivolta di Masaniello. Andò poi ambasciatore a papa Innocenzo X (1646). Tornato in Ispagna, fu fatto cavallerizzo maggiore del re, ma ben presto mori (1647). Ebbe in moglie Luisa de Sandoval e Padilla figlia del duca di Uzeda. — Cfr. i novellari (20 apr. a 18 mag., e 29 giug.). (1) Cfr. i novellari (22 giug.). (2) Ivi (13 lug.). (3) Pietro Paxardo de Zùnica marchese di los Velez, che fu più tardi viceré di Sicilia (1644). Quando egli giunse nel porto di Genova, si credeva ch’egli dovesse andare ambasciatore di Spagna a Roma, voce che egli stesso, interpellato, smentì. Il marchese de los Veles restò famoso per la ferocia con cui l’anno appresso, il 1642, represse la rivolta di Catalogna. Egli comandò di dar fuoco alle case, tagliare gli alberi, trucidare gli uomini che avessero più di quindici anni, marcare nelle gote con un ferro rovente le donne. — Cfr. i novellari (31 ag.). (4) Cfr. i novellari (24 ag. a 14 sett.). (5) Ivi (21 sett.). - 253 — Padre generale de: francescani scarpanti (22 sett.). Padre generale de’ miniatri degl’infermi (24 sett.). Principe di Massa (24 sett.). Infanta Maria di Savoia, che viene da Nizza (15 nov.) (1). Marchese Spinola, grande di Spagna, che torna da Spagna (22 nov.) (2). Decreto del titolo di Serenissima dato àdlY imperatore Ferdinando III alla Repubblica e ai suoi duci (2 sett.) (8). Don Giovanni d’Erras, ambasciatore nuovo di Spagna appresso questa Ser.ma Repubblica (25 nov.) (4). Cardinale Trivùlzio (30 nov.) (5). Promozione al cardinalato del sig. r cardinale Raggio (22 die.) (6). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, duca di Tursi, marchese Spinola, principi Doria e di Yalditaro. Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Luigi Benedetto Gentile (1 gen. 1642). Mons.r di Montot (7), mandato dal re di Francia appresso la Ser.ma Repubblica (21 feb.). Mons. r Pancirolo, nunzio straordinario del papa in Spagna, da Roma (26 feb.) (8). Pasqua (20 apr.). Principe di Valdetaro (20 apr.). Coronazione del Ser.mo dace Giovanni Agostino de Marini, con orazione del m.co Bandinelli Sàoli (21 apr.; e del padre Giocolare gesuita (22 apr.). Ecc.mo sig. r· Geronimo de Franchi la prima volta a Palazzo, per morte delPEcc.mo Emanuele Garbarino (25 apr.). (1) Ivi (16 nov. a 7 die.). (2) Ivi (23 nov.). (3) Ivi (26 ott.). Questo non era ohe un riconoscimento; ma già dal secolo XVI • i dogi di Genova si chiamavano Serenissimi e Serenità, come risulta anche da questi stessi libri Ceremoniarum nel volume I. (4) Ivi. (5) Ivi (7 die.). (6) Ivi (21 e 28 die.). (7) Probabilmente Filippo de Montault barone di Navailles, più tardi il650) fatto duca e pari, al quale si riferisce qui innanzi la nota (1) a pag. 236. — Cfr. i novellari (22 feb.). (8) Cfr. i novellari (L mar.). — 254 — Mons.r di Montot, gentiluomo del re di Francia in Genova (25 apr.). Battesimo pella cappella di Palazzo di un figlio di Giovanni Antonio Giustiniano e di Placidia de Marini, nipoti del doge (22 apr.). Mons. r Paolo Fiesco, vescovo di Tal (17 mag.) (1)· Mons. r Facchinetto, nunzio del papa in Spagna, di ritorno (Il giug.) (2). Morte e funerali del Ser.mo duce Giovanni Agostino de Marini (19 giug.) (3). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo con orazione del medico Borino il giovane (1 lug.). Elezione del Ser.mo duce sig. r Giovan Battista Lercaro (4 lug.). Mons.r vicario per l’arcivescovo assente, marchese Spinola, mons.r de Montot, principi Doria e di Valditaro, Don Giovanni d1 Erasso ambasciatore di Spagna, padre inquisitore di S. Domenico, dame, a complimentare il nuovo duce (lug.). Ecc.mo sig. r Lorenzo Giustiniano la prima volta a Palazzo in luogo del sig. r Giovan Battista Lercaro eletto duce (10 lug.). Funerali fatti al cardinale Borghese, protettore della Repubblica (12 lug.) (4). Ambasciatore di Spagna, che parte per Spagna (3 ag.). Cardinale Tricidzio (2 ag.) (5). Festa dell’Unione, con orazione del padre Malfante somasco (12 sett.). Padre generale de’ domenicani, fra Michele Mazzarini, fratello del cardinale, eletto in Genova (29 ott.) (6). Ambasciatore di Spagna, tornato da Spagna (5 nov.) (7). Marchese Spinola (4 die.). _ / ; ' (1) Ivi (24 mag.). (2) Ivi (14 giug.). (3) Ivi (21 giug.). (4) Ivi (12 lug.). (δ) Ivi (2 a 23 ag.). (6) Michele Mazzarino, battezzato per Alessandro, seguì la fortuna del fratello cardinale. Monaco domenicano, diventò generale dell’ordine, maestro del sacro Palazzo, arcivescovo d'Acqui, cardinale (1644), e, come il fratello serviva a Francia, egli servì a Spagna quale viceré di Catalogna. Morì di 43 anni il 1648 (31 ag.). — Cfr. i novellari (1 nov.). (7) Cfr, i novellari (8 nov.). — 255 — Cardinale Durazzo, arcivescovo di Genova, legato di Bologna, che viene da Livorno (9 dic.) (1). Maresciallo di Covre, di ritorno dall’ambasceria di Roma e da Parma (22 die.) (2). Ordine dato al maestro delle cerimonie per l’intervento di persone de Ser.mi Collegi nelle chiese, e doglianze del cardinale arcivescovo (22 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, ambasciatore di Spagna, mons. r de Montot, marchese Spinola. Ecc.mi e Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Tas-sorello (1 gen. 1643). Festa di S. Tomaso d’Aquino; differenze tra i Ser.mi Collegi e Varcivescovo (7 mar.). Cardinale di & Cecilia (30 mar.) (3). Marchese Spinola, grande di Spagna (4 apr.). Pasqua (5 apr.). Ambasciatore di Spagna (5 apr.). Mons. v de Montot (7 apr.). Duca di Tursis, grande di Spagna (25 apr.). Canonici del Duomo, contro l'uso, sedono sopra sgabelli vestiti e con appoggi (15 giug.). Cardinale Bigiù} da Francia (21 giug.) (4). Ambasciatore di Spagna, che parte per Toscana (30 giug.). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del medico Vernazza (1 lug.). Marchese di Torrecuso, grande di Spagna (5), da Napoli (8 lug.). (1) Ivi (13 die.). (2) Ivi (27 dio., 3 gen.). (3) Ivi (4 apr.). (4) Ivi (27 giug., 4 lug.). (5) Carlo Andrea Caracciolo marchese di Torrecuso e grande di Spagna nacque (1583) dal marchese Lelio e da Silvia Caracciolo. Fu uno de’ più valenti capitani del suo tempo nell’arte di oppugnare e difendere piazze: cominciò giovinetto a militare in Africa, fu alla battaglia di Nordlingen in Germania (1634), salvò Valenza in Italia assediata da’ Francesi (1635), ai quali riprese Fonterabia in Biscaglia (1638). All'assedio di Barcellona (1641) perdette il figlio ventottenne Carlo Maria duca di S. Giorgio, di che volle lo stesso re di Spagna condolersi con lui in apposita lettera. Ritiratosi in patria per quietarvi (1646), fu invece rimandato ad Orbetello assediata dai Francesi, dove egli prese la febbre che lo uccise. Sua moglie fu Vittoria Ravaschieri. — Cfr. i novellari (11 lug.). — 256 — Conclusioni di filosofia, sostenute nella chiesa di S. Siro dal m. co Tobia Pallavicino (18 lug.). Allegrezze pubbliche per la promozione di tre cardinali genovesi, Grimaldo, Dongo e Gontaguto (‘21 lug). (1). Duca di Tursis, grande di Spagna (2 ag.). Conte di Sircela, governatore di Milano (5 ag.) (2). Alessandro Massei, ambasciatore di Lucca per Spagna (27 ag.) (3). Cardinale Raggio, vescovo di Aleria (28 ag.) (4). Mons. r Maxcardi, vescovo di Xebbio (1 sett.). Ambasciatore di Spagna, ritornato dal viaggio di ί iorenza (2 sett.). Festa deirUnione, con orazione del padre Sgambato (5) domenicano (12 sett.). Ill.mo Agostino Centurione la prima volta a Palazzo per essere prima stato in Alemagna (2 ott.). Festa del S.mo Rosario, con orazione del padre Sgambato richiesta dal Ser.mo Duce (4 ott.). Il S.mo duce calò nell’appartamento dell’Ecc.1110 Luca Grimaldo, uno delli due assistenti (4 ott.). Principe di Manna (12 ott.). Mons.l' Ricarola, vescovo di Aiaccio (7 nov.). Incoronazione del Ser.mo duce Giovan Battista Lercaro, con qualche innovazione nel cerimoniale (6) e con orazioni del m.co Domenico Grimaldo (29 nov.) e del padre Alberto gesuita (30 nov.). Mons. r Gacotto savonese, vescovo di Ventimiglia, nunzio del papa alli signori Svizzeri (18 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Binagno, ambasciatore (1) Cfr. i novellari (18 e 25 lug.). (2) Ivi (8 ag.). (3) L’istruzione fs. d.), la relazione (24 ag. 1646) e il carteggio di questa ambasceria sono nell’Archivio di Stato di Lucca (Anziani, 6B0J. (4) Ivi (29 ag.). (5) Il padre Eeginaldo Sgambati napoletano o, per dir meglio, regnicolo, fu dell’ordine de’ predicatori e maestro in teologia. Détte alla luce un dramma per musica Pasife, una commedia La finta zingara, stampata in Bologna (Ί651) e in Perugia (1659). Le sue orazioni vennero pubblicate dal P. Alberto de Rossi Vaiìgas con giunta di due panegirici del marchese Brignole-Sale. (6) Una lettera anonima aveva giovato a provocare dal Senato un decreto (10 nov. 1648·) che rese più sontuosa la cerimonia dell’incoronazione del doge (Politico-rum busta 9, incart. 17). — 257 — di Spagna, Don Paolo Spinola, primogenito del marchese Spinola, mons. r de Montot. Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Boriano (1 gen. 1644). Lettere al Senato deH’Ecc.mo Bartolomeo de’ signori di Passano ambasciatore della Ser.ma Repubblica al re Cristianissimo, del 27 dicembre 1(343 per avvertire di non essere stato complimentato in Avignone da mons. r Sforza, vicelegato di quella città (12 gen.). Mons.1 di San Scia/non, ambasciatore di Francia per Roma (1), perchè non fu complimentato (21 fèb.). Mons. v di Fontanè, ambasciatore di Francia a Roma, in ritorno (24 mar.) (2). Pasqua (27 mar.). Mons. r di Montot, gentiluomo del re di Francia (28 mar.). Ambasciatore di Spagna (28 mar.). Monsù di Montot, gentiluomo residente del re di Francia, nella sua partenza per la corte di Parigi (15 apr.) (3). Legge che proibisce li complimenti usati sin ora a’ sig.1' cardinali, ed insieme si dichiara il modo che si ha da tenere nell’avvenire con essi nel complire, avuta dal secretario Poggio (18 apr.) (4). Mons. r Rospigliosi pistoiese, nunzio apostolico per Spagna (28 apr.) (5). Cardinale di Lione, da Francia (28 apr.) (6). Principe di Massa (27 apr.) (7). Cardinale Grimaldo, giunto di Francia (3 mag.) (8). Duca di Buglione, pari di Francia e sua moglie (13 mag.) (9). (1) Probabilmente Claudio de Saint-Simon, figlio di Luigi de Saint-Simon signor di Plessis e di Baffe e di Dionisiade laFontaine, il quale da Luigi XIII, cui era carissimo, fu fatto prima cameriere intimo, cavallerizzo e direttore delle cacce de’ lupi, e poi duca di Saint-Simon, pari di Francia (1631) e cavaliere degli ordini reali (1633). Morto il re (1613), egli rivendette la più parte de’ feudi che ne aveva ricevuti. Sposò Diana de Budos figlia del marchese di Portes (1614) e poi Carlotta de l’Aubespine figlia del marchese di Hauterive (1672). — Cfr. i novellari <‘27 feb. i. (2) Cfr. i novellari (26 mar.). (3) Cfr. i novellari (30 apr.). (4) Questa legge è qui innanzi pubblicata alla pagina 141. (ò) Ivi. (6) Ivi. (7) Ivi. (8) Ivi (7 mag.). (9) Federico Maurizio de la Tour d’Auvergne, duca di Bouillon, principe sovrano 17 — 258 — Mons. r Cicchinell i da Vezzano, vescovo di Montefìascone, nunzio del papa a Torino, di ritorno (4 giug·) (1). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del medico Balbi (1 lug.). Marchesa de los Veles, viceregina di Sicilia, da Spagna (‘2 lug.) (2). Cardinale Trivulzio, da Spagna (2 lug.) (3). Mons. r Fossati milanese, olivetano, vescovo di Tortona (3 lug.). Ser.mo duce Griovan Battista Lercaro compisce il biennio del suo governo e ritorna a sua casa (4 lug.). Elezione del Ser,mo duce Luca Giustiniano (21 lug.). Principi Doria e di Valditaro, marchese Spinola, vicario, padre Fossa genovese padre generale de’ canonici lateranensi, dame, ambasciatori di Spagna, a complimentare il nuovo duce (22 lug.). Cardinale Pancirolo, venuto di Spagna (‘2 ag.) (4.) Conte di Sirvela, ambasciatore di Spagna per Roma (2 ag.) (5). Duca di Terranova, grande di Spagna (2 ag.) (6). Mons. r Dongo, teatino, gentiluomo genovese, vescovo à'Aleria, fratello del cardinale (26 ag.). Festa dell’Unione, con orazione del padre da Diece teatino (12 sett.). Segni di allegrezza per la creazione del nuovo pontefice Innocenzo X, chiamato prima il cardinale Panfìlio (18 sett.) (7). di Sedan e di Raucourt, nato il 1606 (22 ott.) dal visconte di Turene Enrico e da Elisabetta di Nassau dOranges, fu fratello primogenito del famoso maresciallo di Turenna. Si gettò nel partito del conte di Soissons contro il Cardinal di Richelieu (1641), ma, dopo la battaglia di Sedan, rientrò nel favore regio. Se nonché, avendo congiurato col Cinqmars, venne messo in carcere, e, per uscirne, dovette consentire la cessione del principato di Sedan. Tuttavia con regie lettere del 1642 (sett.) gli venne tutto restituito. Infine, per nuovo accordo, egli cedette al re il principato indipendente di Sedan, prendendo in cambio i ducati di Albret e di Chateau-Thierry e le contee d’Au-vergne e d’Evreux, serbando’inoltre il paterno ducato di Bouillon (1651). Aveva sposato-(1634) Leonora Caterina di Bergh. Morì il 1652 (19 ag.). — Cfr. i novellari (14 a 28 mag.). (1) Cfr. i novellari (4 e 11 giug.). (2) Ivi (2 a 16 lug.). (3) Ivi (2 e 9 lug.). (4) Ivi (6 ag.). (5) Ivi. (6) Ivi. (7) Ivi (24 sett.). — 259 — •Ser.mo duce Luca Giustiniano va per un di solo alla sua villa d Albaro, avendone ottenuto prima licenza dal Ser.mo Senato (22 sett.). Festa del S.mo Rosario, con sermone del padre Sgambato napolitano richiesta dal Ser.mo duce (2 ott.). Principe di Massa (1 nov.). Cardinale Durazzo, arcivescovo di Genoca, di ritorno a Roma (8 nov.) (1). Ϊ està della presentazione della Madonna, con sermone del padre Fregone di S. Francesco di Paola (21 nov.). Ser.mo duce Luca· Giustiniano va a banchetto in casa del m.co Giovanni Ambrosio Doria suo cognato (24 nov.). Ambasciatore di Spagna, per dar parte della morte della regina di Spagna (26 nov.) (2). Funerali fatti alla regina di Spagna Isabella d'Austria Borbone, moglie del presente re Filippo IV (12 die.) (3). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, ambasciatore di Spagna, marchese Spinola. Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d.T Sanseverino (1 gen. 1645). Cardinale di Lione, da Roma per Francia (6 gen.) (4). Giubileo venuto da Roma (13 gen.). Duca di Tursis, tornato di Spagna (19 gen.) (5). Mons. r di Gremouille, ambasciatore di Francia per Venezia (22 gen.) (6). Ecc.mo sig.l' Paolo Andrea Doria a Palazzo (gen.). Decreto del Ser.mo Senato sopra li musici della città (23 gen.). Incoronazione del Ser.m0 duce Luca Giustiniano (4 feb.). Mons. r Pinello teatino, arcivescovo à' Avignone, venuto da Roma (11 feb. 1645). Supplica del maestro delle cerimonie Fabrizio Ricci al Ser.m0 Senato per andare a Roma e Napoli (die. 1644) (7). (1) Ivi (12 nov.). (2) Ivi (26 nov.). (3) Ivi (17 die.). (4) Ivi (7 gen.). (5) Ivi (21 gen.). (6) Ivi (28 gen.). (7) Cfr. a pag. 26, — 260 — Elezione di Marco Antonio Cattaneo per maestro delle cerimonie (28 ag. 1645) (1). Processione per li presenti bisogni invadendo i Turchi lo stato della Repubblica di Venezia (10 sett.) (2). Festa dell’Unione, con orazione del padre Pietro Al far oli (12 sett.). Monsieur di Covanges, governatore di Casale, mandato dal ìe di Francia a madama di Mantova (16 sett.). Padre Turco, generale de domenicani, per andare in hi ancia (26 sett.). Il sig. r cardinale Antouio Barberini (3 ott.). Battesimo in Palazzo Reale di un figlio del m.co Francesco M.a Garbarino e della sig.ra M.a Margherita Sàoli (18 ott.). Festa della presentazione della Madonna, con sermone del padre Sgambati domenicano (21 nov.). Visita all’ambasciatore di Spagna Don Giovanni d 'Erras ammalato (12 die.). Funerali dell’ambasciatore di Spagna Don Giovanni d 'Erras (16 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, marchese Spinola, principe Doria. Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del d. r Carroccio (1 gen. 1646). Contestabile di Gas figlia, governatore di Milano (7 feb.). Ul.mi Agostino Pallavicino e Giacomo Filippo Durazzo a negoziare col detto sig. r contestabile, e non per visita (10 feb.). Esequie per Don Giovanni d 'Erras ambasciatore del re Cattolico i-esidente appresso la Ser.ma Repubblica (20 feb.). Pasqua (1 apr.). Il sig. r Duca di Tursis a Palazzo (11 apr.). Festa di S.ta Monaca (7 mag.). Mons.r Martini, vescovo di Noli, venuto da Roma (14 mag.) (3). Conte d'Ognatte, ambasciatore del re Cattolico al papa (20 giug.) (4). (1) Qui cominciano le narrative del Cattaneo, su di che vedi a pag. 27. (2) Si tratta dell’invasione dell’isola di Candia, principio di quella lunghissima e memorabile guerra. (3) Cfr. i novellari (19 mag.). (4) Ivi (23 giug.). — 261 — Monsieur di Savurè governatore del re morto di Francia (26 giug·) (1)· Donn Anna Colonna Barberina, moglie del prefetto di Roma (2), per andare in Francia (30 giug.). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del medico Leonardi (1 lug.). Almirante di Casti glia, viceré di Napoli, di ritorno da Napoli (9 lug.) (3). Ser.mo duce Luca Giustiniano compisce il suo biennio (21 lug.) (-4). Elezione del Ser.mo duce Giovan Battista LomelUno (24 lug.). Duca di Tursi*, marchese Spinola, principe Doria, a complimentare il nuovo duce (24, 27 e 31 lug.). lesta dell’Unione, con orazione del padre Brizio gesuita (12 sett.). Marescialla di Gubriant, che con titolo di ambasciatrice aveva accompagnata di E rancia la novella regina di Polonia (5) al re (16 sett.). Don Antonio Ronchiglio, ambasciatore di Spagna residente appresso la Ser.ma Repubblica (24 ott.) (6). Due Ill.mi procuratori a negoziare col sig. r cardinale arcivescovo (6 nov.). Monsieur di Sovurè, tenente generale delle galere di Francia (12 nov.) (7). Presentazione della Madonna, con orazione del padre Lengueglia della Maddalena (21 nov.). Ambasciatore di Spagna residente Don Antonio Ronchiglio per la prima volta a Palazzo (28 nov.). (1) Ivi (30 giug.). (2) Anna, figlia di Filippo Colonna duca di Tagliacozzo e principe di Palliano, aveva sposato Taddeo Barberini principe di Palestrina e prefetto di Roma, nipote di papa Urbano Vili (1623-1644). Restò vedova il 1647 (nov.). — Cfr. i novellari (7 e 14 lug.). (3) Cfr. i novellari (14 lug.). (4) Per questa sede vacante vedi nella busta 9 Politicorum l’incartamento n.° 50. (5) Maria Luisa, figlia di Carlo Gonzaga duca di Nevers, andava sposa (1646) al re di Polonia Vladislao VII, già vedovo (1644) di Cecilia d’Austria figlia dell’imperatore Ferdinando II. — Cfr. i noveUari (22 sett. a 6 ott.), nei quali la marascialla è chiamata la contessa di Gubrian o Ghebriano. (6) Pochi giorni innanzi, il 9 ottobre, i Collegi avevano stabilito il modo di contenersi del doge nel rispondere ad ambasciatori e ministri diplomatici quando si presentavano per loro istanze (Politicorum busta 9, incartamento n.° 56). (7) Cfr. i novellari (17 nov.), in cui il generale delle galere è chiamato “ il sig.r ball de Sourè ,,. — 262 — Coronazione del Ser.mo duce Giovan Battista Lo niellino, con oia· zioni del m.co Paolo Spinola conte di Pezuella (1 dic.J e del padre Alitinovi teatino (2 die.). Duca di Tursis a Palazzo (22 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagnomaicliese Spinola (29 die.), ambasciatore di Spagna (30 die.). Principe Doria a Palazzo (6 gen. 1647). Mons.1' Crescenzii, nunzio apostolico a Torino (< gen.). Antonio Caimo, reggente di Milano, per passare in Spagna al Consiglio d’Italia (8 mar.) (1). Eec.mo nuovo a Palazzo Tommaso Grimaldo, per morte dell Ecc.1,10 Federico de Federici (20 mar.). Pasqua (21 apr.). Ill.mi ed Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 Ing.). Festa dell’Unione, con orazione del padre Frugone di Gesù Maria (12 sett.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Mons.r Gori Panolini, ambasciatore di Firenze al re Cattolico (3 gen. 1648) (2). Mons.r Stanislao Scalakak, abate in Pruscia, ambasciatore del re di Polonia di ritorno dal re di Spagna (8 gen.). Mons.r Durazzo, protonotario apostolico (18 gen.). Il sig.r marchese Spinola (20 gen.). Mons.1- abate Maffeo Barberini, figlio di Taddeo, giunti da Marsiglia (23 gen.) (3). Il sig.r principe Doria dal Ser.1110 duce per rallegramenti di matrimonio (23 gen.). Mons.r Moncalvi córso, vescovo della Guardia in Regno di Napoli (25 gen.). Benedizione di sposi in cappella di Palazzo, essendosi concluso (1) Ivi (9 mar.). (2) Ivi (4 e 18 gen.). (3) Questo abate Maffeo Barberino era il secondogenito di Taddeo, principe di Palestrina e nipote fraterno del papa Urbano Vili, e di Anna Colonna di Tagliacozzo. Dal fratello Carlo, che diventava cardinale (1623). ebbe ceduta la primogenitura, cosicché, successo al padre, sposò Olimpia Giustiniani figlia di Andrea principe di Bassano. Fu fatto grande di Spagna (1678) e decorato del Toson d’oro. — 263 — matrimonio fra una figlia del Ser.mo duce ed il sig.1’ Ansaldo Pal-lamcino di Agostino (13 feb.) (1). Ambasciatore di Spagna, di ritorno da Milano (14 feb.). Contestabile di Cartiglia, che tornava dal governo di Milano, visitato (17 feb.) (2). Pasqua (12 apr.). Festa di S.a Monaca (7 mag.). Battesimo nella cappella di Palazzo di un figlio del sig.r Giovan Francesco Lomellhio cognato del duce e della sig.a Paola Maria Doria. Ser.mo duce va a banchetto in casa dell’Ill.mo sig.r Agostino Pallavicino. Generale de’ franciscani, da Roma per andare in Spagna. Generale de’ dominicani, da Spagna per Roma (29 mag.). Ambasciatore Cattolico, a negoziare ne’ Collegi Ser.mi (mag.). Il duce Ser.mo va a banchetto in casa del sig.1' Giovanni Stefano Spinola pel matrimonio del primogenito sig.r Stefano di Sua Serenità con una figlia del detto sig.1' Giovanni Stefano (2 giug.) (3). Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Ser.mo duce sig.1' Giovan Battista -Loméllino finisce il suo biennio e torna a casa sua privata (24 lug.). Elezione del Ser.mo Giacomo de Franchi, quarto duce di sua casa dopo il padre e l’avo (1 ag.). Marchese Spinola, ambasciatore di Spagna, vicario, a riverire il nuovo duce (1 e 2 ag.). Sig. r principe di Avella, generale delle galere del re Cattolico che risiedono in Genova (4), fu a riverire ii Ser.mo duce la prima volta, giunto da Napoli (5 ott.). Sig.r duca di Tursi, giunto da Napoli, a visitare il Ser.mo duce (6 ott.) (5). Ecc.mo Luigi Centurione a Palazzo in vece dell’Ecc.mo Anton Giulio Btignole, che si scusò (11 die.). (1) Cfr. i novellati (15 feb.). (2) Ivi (15 a 29 feb., 11 apr.). (3) Ivi (6 giug.). (4) Il principato di Avella nel Regno di Napoli apparteneva alla casa Doria principi di Melfi dall’anno 1607. — Cfr. i novellari (8 ott. 1648). (5) Cfr. i novellari (3 ott.). — 26-4 — Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, ambasciatore di Spagna, marchese Spinola. Ecc.mi ed Ul.mi nuovi senatori fanno la loro prima e solenne entrata (1 gen. 1649Ì (1). Sig.1' principe Doria a Palazzo, a compire con Sua Serenità per le buone feste di Natale (6 gen.). Monsieur della Supè. maresciallo di campo del re di Francia, venuto per far passare la cavalleria rimasta a Modonna [Modane o Modena?] in Francia, a visitare Sua Serenità (23 mar.). Sig.1' duca di Naxera (2), destinato maggiordomo alla Maestà della nuova regina di Spagna (3) (29 mar.). Coronazione del Ser.mo duce Giacomo de Franchi, con orazioni del m.°° Bendinelli Sauli (4) (1 mag.) e del padre Lengueglia somasco (2 mag.).. Mons.1’ Pinello, vescovo di Molfetta, a riverire Sua Serenità (mag.). Mons.1' Ri carola, vescovo di Aiaccio, che va ad limina, a riverire Sua Serenità (18 mag.). Mons.1' Marini, arcivescovo di Avignone (23 mag.). Cardinale Montai do (10 giug.) (5). Mons.1' vicario del sig.1- cardinale arcivescovo (12 giug.). Padre generale degli olivetani (18 giug.). Monsieur bagli di Valenze, ambasciatore del re di Francia al papa (25 giug.) (6). Ecc.mi senatori, ed Ill.mi procuratori nuovi a Palazzo (1 lug.). Ambasciatore Cattolico a negoziare con Sua Serenità e due Ecc.mi assistenti (15 lug.). Monsieur de Fontane, ambasciatore del re Cristianissimo, di ritorno da Roma (15 lug.) (7). (1) Narrazione minuziosa. (2) Pei duchi di Nagera cfr. la nota (2) alla pag. 1Ò3. (3) Maria Anna d’Austria figlia dell’imperatore Ferdinando III sposò (8 nov. 1649) ;1 re di Spagna Filippo IV, già vedovo (6 ott. 1644) di Elisabetta di Borbone figlia del re Enrico IV di Francia. Pel ricevimento della regale sposa in Genova corsero attivissime trattative diplomatiche, le cui carte sono nella filza Ceremoniarum 483 A. (4) Il Sauli fu poi ministro della Repubblica a Milano nel 1651 e a Firenze nel 1654 (Corteggio diplomatico). (5) Cfr. i novellari (12 e 19 giug.). (6) Ivi (26 giug.). (7) Ivi (17 lug.), ove è detto · marchese di Fontane ». - 265 — Principe di Avella, generale della squadra di galere di S. M.tà Cattolica, residenti in Genova, viene a riverire il Ser.mo duce (19 lug.). Marchese di Baiona, generale delle galere di Sicilia (1), visitato (19 lug.). Marchese di Baiona a Palazzo (20 lug.). Romano Garzoni, ambasciatore di Lucca, tornato da Milano, dove era stato inviato a riverire la regina di Spagna (16 lug.) (2). Sig.1' principe cardinale de Medici (15 ag.) (8). Sig.1 ambasciatore di Spagna, ritornato dal Finale, e visitato (26 ag.). Festa dell’Unione, con orazione del padre Girolamo di Negro della Maddalena (12 sett.). Padre vicario generale de’ francescani, visitato (16 sett ). Sig.r ambasciatore di Spagna da’ Ser.mi Collegi nel partire per Sicilia, dov’era destinato sopraintendente del governo di quel Regno con assistere alla persona del sig.r Don Giovanni d’Austria viceré (19 sett.) (4). Sig.1’ duca dell’Infantado (5), ambasciatore del re Cattolico al papa (8 ott.). Festa della presentazione della S.ma Vergine, con orazione del padre Lengueglia somasco (21 nov.). Principe di Avella, di ritorno da Spagna, a riverire Sua Serenità (11 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, vicario, padre inquisitore. (1) Il primo marchese di Baiona fu Geronimo Pimentel; il quale da Maria Euge-nià de Bazan, che per successione fraterna divenne marchesa di Santa Croce e di Yiso, ebbe due figlie. La primogenita, Mencia Pimentel e Bazan, portò il marchesato paterno di Baiona e quelli materni di Santa Croce e di Viso al marito Enrico de Be-navides, terzogenito di Francesco conte di Santo Stefano. Questo Enrico Benavides è il marchese di Baiona qui menzionato, il quale fu appunto capitan generale delle galere di Spagna. Costui con le seconde nozze si accrebbe di altri titoli quando sposò Francesca de Castro Cabrera e Bobadilla contessa di Chinchon e marchesa di San Martino de la Vega. Aveva più di 70 anni quando fu fatto viceré di Navarra (1684). (2) Cfr. i novellari (31 lug., 7 ag.). L’istruzione (27 apr.) e la relazione di questa ambasciata (6 ag. 1649) sono nell’archivio di Stato di Lucca (Anziani, 630). (3) Ivi (14 a 28 ag.). (4) Ivi (25 sett.). (5) Rodrigo Lopez de Mendoza duca deWlnfantadgo, che poi fu viceré di Sicilia (1655). — Cfr. i novellari (9, 23 e 30 ott.). — 266 Principe di Massa ('29 die.). Principe Doria (6 gen. 1650). Sig.1' principe di Massa (11 gen.). Pasqua (17 apr.). Entrata degli Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori, la prima volta a Palazzo, con orazione del medico Preti (1 Ing.). Ser.mo sig.1' Giacomo de Franchi finisce il suo biennio, e torna alla sua casa privata (1 ag.) (1). Elezione del Ser.mo duce Agostino Centurione (23 ag.). Sig.1' marchese Spinola, principe Doria, vicario, a compire col nuovo duce (23 e 24 ag.). V igilia e giorno di Natale; abate di Bisagno, duca di Tursi. Ecc.mi ed Ill.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1(551). Sig.1' principe Doria a dare le buone feste al Ser.m0 duce (6 gen.). Coronazione del Ser.1110 duce Agostino Centurione, con orazioni del m.co Giovali Battista de Franchi (29 mag.) e del padre Antinori teatino (30 mag.) (2). Sig.1' reggente duca della Montagna palermitano, clie passa in Spagna del Consiglio d’Italia in quella corte (29 mag.). Sig.1' cardinale Triùlzio, giunto di Sardegna con due galere del principe Doria (9 giug.) (3). Sig.1- principe di Massa (27 ag.). Sig.1' principe di Massa (5 sett.). Festa dell’Unione, con orazione del padre Alberti gesuita (21 sett.). Sig.r cardinale Antonio Barberini (13 sett.) (4). Sig.1' duca d’Alburquerque, generale delle galere di Spagna (22 ott.) (5). Il sig.1' Gioannettino Cibo figlio del principe di Massa (6) e tenente gènerale delle galere di S. M.tà Cattolica (10 nov.). fi) Nella filza 106 Diversorum dei Collegi si trova fra le carte dell’aprile 1653 una anonima, scritta in carattere stampatello, nella quale si dice di un certo disordine che, « se fusse seguì in tempo dell’lll.mo Giacomo de Franchi, la giustizia averebbe avuto il suo luogo, poiché sostenne vigorosamente contro chi chi sia, anche con li parenti più stretti ». (2) Narrazione minuziosa. (3) Cfr. i novellari (17 giug.). (4) Ivi (16 e ‘23 sett.). (5) Ivi (28 ott., 25 nov.). (6) Giannettino Cibo Malaspina, uno de’ tanti figli del principe di Massa Carlo e di Brigida di Giannettino Spinola, nacque il 1615 (17 ag.) e mori il 1683 (30 lug.). — 267 — Duca d’Alburquerque, che riparte (20 nov.) (1). Festa della presentazione della S.ma Vergine, con orazione del padre Girolamo di Negro somasco (21 nov.). Sig·'1 Donna Maria Ronchiglia (24 nov.) (2). Sig.1' principe Alfonso di Ente, figlio primogenito del sig.r duca di Modena (19 die.) (3). Vigilia e giorno di Natale. Principe Doria (6 gen. 1652). Sig.a marchesa di Carasena, figlia del sig.r duca d'Arcos, nipote del sig.1’ Don Luis d’Aroos privato diS. M.til Cattolica, destinata sposa al sig.1' marchese di Carasena governatore di Milano (21 feb.) (4). Pasqua (31 mar.). Don Pedro de Gregorio del Consiglio d’Italia in Spagna va presidente in Sicilia (30 mar.) (5). Ambasciatore del re di Polonia, da Spagna (22 giug.). Don Diego Zapata, gran cancelliere di Milano, da Spagna (4 lug.). Il Ser.mo Agostino Centurione torna alla sua privata casa, finito il biennio del suo ducato (23 ag.). Elezione del Ser.mo Girolamo de Franchi, quinto Duce di sua casa (8 sett.). Principe Doria (9 sett.). Giorno dell’Unione, con orazione del padre Noceto gesuita (12 sett.). Ill.mi Giovan Battista LomelUno e Pier Maria Gentile, a negoziare col sig.1' cardinale arcivescovo (22 nov.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Ul.mi ed Ecc.mi senatori ed Ill.mi procuratori nuovi a Palazzo (1 gen. 1653). (1) Cfr. i novellari (25 nov.). (2) Ivi (25 nov. 1651 e 3 feb. 1652). (8) Ivi (23 e 30 dio.). (4) Il marchese di Caracena era Luigi de Benavides Carriglio de Toledo, marchese di Fromesta, figlio del marchese di Fromesta Ludovico e della marchesa di Cara-cena Anna Carillo de Toledo, che fu governatore di Milano e mori il 1668 (6 gen.). La marchesa sua sposa era Caterina Ponce de Leon, figlia di Rodrigo duca d’Arcos, la quale mori il 1701. Pel trattamento da usarle nel suo passaggio pel territorio della Repubblica fu fatto dai Collegi (19 feb.) apposito decreto (Politicorum, busta 10, in-cart. n. 34). — Cfr. i novellari (24 feb. e 2 mar.J. (5) Pietro de Gregorio, siciliano, fatto duca di Tremisteri dal re Filippo IV (1647), fu reggente del Consiglio d'Italia, luogotenente del maestro giustiziere e presidente in Sicilia e cavaliere di S. Giacomo della Spada. — 268 - Sig.r principe Doria a Palazzo (δ gen.). Coronazione del Sei·.1110 duce Girolamo dt Franchi con orazioni del m.co Luca Maria In crea (6 gen.) e del padre Thaone gesuita (7 gen.). Sig.1’ principe di Carbognano romano (26 mar.) (1); Il maestro di cerimonie per ordine de' Collegi Ser. mt è stato assente in servizio pubblico un anno ('2), in quale ha servito Giuseppe Viale, che dovrà poi scrivere in appresso (3). Sig.1' duca di Tursi, di ritorno di Spagna (14 ag. 1654). Il Ser.mo duce Gerolamo de Franchi a banchetto in casa del-nil.mo sig.r Giacomo suo fratello, pel matrimonio di sua figlia col m.co Giulio Spinola (16 ag.). Mons.r arcivescovo di Matera (26 ag.). Principe Doria (27 ag.). Sig.r duca di Tursi, per fare oflferta di sè nelle presenti congiunture (30 ag.). Il Ser.mo Girolamo de Franchi compisce il suo biennio e torna alla sua casa (8 sett.). Elezione del Ser.mo duce Alessandro Spinola (9 ott.) (4). Sig.r conte di Bregy, tenente generale della cavalleria di S. M.ta Cristianissima in Italia (17 ott.). Monsù della Tagliada con lettera credenziale del sig.r duca di Ghisa (27 ott.). Sig.r duca di Mantova (12 nov.). (1) Principe di Carbognano era Giulio Cesare Colonna duca di Bassanello, figlio del principe di Palestrina e di Carbognano Francesco e di Ersilia Sforza figlia del duca di Segni. Sposò Isabella Farnese bastarda del duca di Parma Panuccio l e poi Manzola Sforza. Morì di 79 anni il 1681 (17 gen.j. (2) Gli appunti della settimana santa e della Pasqua, che seguono la narrazione del 26 marzo 1653, qui omessi, e quella del 14 agosto 1654 sono nel testo immediatamente consecutive, scritte entrambe dal maestro delle cerimonie Marc’Antonio Cattaneo. L’annotazione invece dell’assenza del Cattaneo fu scritta lateralmente in margine. Il « servizio pubblico > che impedì il Cattaneo fu l’incarico di recarsi più volte a Sarzana per trattare col marchese di Fosdinovo Malaspina. bisognoso di danaro, la compera di Fosdinovo. Le lettere per tal uopo scrittegli dalla Signoria dal 20 luglio 1652 al 27 febbraio 1654 sono nel volume 133° Litterarum Cancellarie. (3) Dove abbia scritto il Viale non risulta. Cfr. la nota precedente. (4) Dopo questa elezione, il 19 ottobre furono prese delle provvidenze circa l’eleggere il doge (Politicorum, busta 10, ine. n.° 85). / - 269 — Il Ser.mo duce a banchetto in casa del m.co Alessandro Giustiniano, che si è sposato con la sig.a Paola Spinola (nov.). Il figlio primogenito del sig.r maresciallo di Vitrì (1), che va a Roma (27 nov.). Festa di S. Andrea (30 nov.). Perdono all’ospitale grande (15 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Il Ser.mo duce visita le sue figlie monache (10 gen. 1655). Il Ser.mo duce a banchetto in casa del m.co Agostino Ayrolo, che marita la sorella Cattina col m.co Federico de Franchi figlio del-rill.m0 Giacomo (12 gen.). Monsieur di Liona, destinato gentiluomo a Roma per assumere poi ivi qualità d’ambasciatore, viene a Genova con lettera del re Cristianissimo e titolo di ambasciatore alla Repubblica Ser.ma (13 gen.). Compieta alla chiesa di S. Leonardo (15 mar.). Decreto per li nunzii Caetano di Spagna e Bagni di Francia (19 apr.). Coronazione del Ser.mo duce Alessandro Sphìola, con orazioni del m.co Balbi (1 mag. 1655) e del padre Bianchi gesuita (2 mag.). Mons.1' vicario archiepiscopale (29 giug.). Festa di S. Antonio di Padova (13 giug.). Sig.r marchese Spinola, grande di Spagna, a riverire il Ser.m0 duce (21 giug.). La sig. ra principessa di Modena, nipote del sig.r cardinale Maz-zarini, venuta di Franza sposa al sig.1' principe Alfonso di Este figlio primogenito del sig.r duca di Modena (28 giug.) (2). (1) Il maresciallo di Vitry era morto dal 1644 (28 sett.). Si chiamò Nicola de l’Hó-pital marchese di Vitry e d’Arc, conte di Chateauvilain, poi duca di Vitry e pari di Francia (1643), e fu figlio del marchese Luigi e di Francesca de Brichanteau. Fu creato maresciallo dal re Luigi XIII (1617); ma il Cardinal de Richelieu lo incarcerò nella Bastiglia, donde usci dopo la morte di quel terribile ministro (die. 1642). Dalla , moglie Lucrezia Maria Bouchier du Plessis, vedova del marchese di Noirmonstier Luigi de la Tremouille, ebbe due figli, Luigi Maria duca di Vitry qui menzionato, che mori il 1679 (9 mag.) e Nicola Maria marchese di Vitry e barone di Plessis, morto il 1685 (11 feb.,). (2) Margherita Mazzarino, sorella del famoso cardinale e ministro di Francia, era andata in moglie (1634) al conte Geronimo Martinozzi da Fano e gli aveva dato due figliuole; delle quali· la prima, Lorenza, fu sposata (1655) dal principe ereditario di Modena, che tre anni dopo fu il duca Alfonso IV, il quale mori il 16o2: la vedova — 270 — Vigilia della festa di Nostra Signora, sostituita alle feste del 24 e 25 marzo. (14 ag;). Il Ser.mo duce visita le sue figlie monache (21 ag.). Il sig,1' marchese di Baionci, direttore e comandante di tutta l’armata reale di Spagna (13 sett.). Il Ser.1110 duce alla villa di Marassi (14 sett.). L’Ecc.mo sig.r Giovanni Antonio Sdoli visita il sig.1’ cardinale Trimdzio (17 sett.). Padre generale de’ conventuali de’ francescani (6 ott.). Il sig.1' di Plesis Besenson, quale passa di residenza a Venezia con lettere del re Cristianissimo e titolo di ambasciatore destinato alla Repubblica Ser.ma (8 ott.). Festa della presentazione della B.ta Vergine, senza orazione perchè li sig.ri fabricieri non providero di oratore stimando che Sua Serenità avesse fatto egli la grazia a qualche religioso di quella cattedra (21 nov.). Ser.mi Collegi in S. Ambrosio per la festa di S. Francesco Saverio (2 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Mons. r Frangiotti lucchese, Ancelegato di Avignone, che torna dal suo governo a Roma (7 gen. 1656). Sig.1- duca dell'Infantada, viceré di Sicilia (12 feb.). Il Ser.mo duce in casa del m. 00 Giulio Centurione per occasione di nozze (23 feb.). Il Ser.mo duce in casa dell’lll.1110 sig.r Giovanni Francesco Grimal do (26 feb.). Monsù Valbella, deputato dalla città di Marsiglia a pigliare pubblicamente scusa dell’occorso di una galera della Ser.ma Repubblica nel porto di detta città (2 mar.). Sig.r duca di Modena, venuto di Franza. Ser.mo sig.r Don Giovanni di Austria, figlio naturale del re Cattolico, che di Barcellona va in Fiandra (23 mar.). Duca di Tursi (apr.). Monsù di Lionnè, ambasciatore del re Cristianissimo, ritornato da Roma (24 apr.). duchessa visse fino al 1587. La sorella Maria Anna aveva sposato (1654) il principe di Conty Armando di Borbone. — 271 — Monsù di Quinzé, tenente l’anno passato generale delle armi del · re di Francia in Italia (25 apr.). Mons.r Marini, arcivescovo di Avignone, di Francia per Roma (1 mag.). Festa del S.mo Sudario (3 mag.). Ser.mo duce a banchetto in casa del m.co Giorgio Spinola, che marita la sorella Teresa col m.00 Ottavio Sdoli (24 giug.). Il Ser.mo duce in casa del m. 00 Lazzaro Spinola suo nipote per levai’e dal sacro fonte una sua fìglietta (6 lug.). Regina di Svezia (21 lug.) (1). Festa dell’Uhione, con orazione del padre Mainerò di S. Francesco di Paola (12 sett.). Ser.mo duce Alessandro Spinola finisce il suo biennio e torna alla sua casa privata (9 ott.). Elezione del Ser.mo duce Giulio Srìoli (12 ott.). Mons. r Maritarli, vescovo di Mariana, a compire di nuovo con Sua Serenità per parte del sig.r cardinale arcivescovo (ott.). Festa della presentazione della B.ta Vergine, con orazione del padre Mainerò (21 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, mons.r Marliani per Varcivescovo, ambasciatore di Spagna. Ser.mo duce al monasterio di S. Andrea per vedere sua figlia colà monaca (25 feb. 1657). La prima pietra della chiesa che li Ser.mi Collegi deliberarono bhe si deve fare nell’albergo de" poveri per il voto fatto (23 apr.). Festa di S. Giorgio, col Ser.mo duce non incoronato (24 apr.). Ingresso degli cinque Ecc.mi senatori la prima volta a Palazzo, l’anno 1658 a dì primo gennaro. Nè ti meravigliare, o lettore, divedere tralasciato lo scrivere da’ 24 aprile suddetto sino a questo giorno, di gennaro perchè il fiero contaggio che ci ha travagliati non ha dato luogo nè alle solite funzioni, nè a scriverle (2). (1) La celebre regina Cristina di Svezia, figlia di Gustavo Adolfo. (2) Intorno a questa peste cfr., oltre le cronache e le storie genovesi, la narrazione di ^Filippo Casoni dei Successi del contagio della Liguria negli anni 1656 e 1657 (Genova, Pagano, 1831). Ivi (pag. 30) è anche ricordato in nota il voto fatto dai Ser.mi Collegi il 26 dicembre 1656 dell’erezione di una chiesa a Carbonara, a cui appuntò si riferisce l’annotazione presa in questo Cerimoniale a di 23 aprile 1657. — 272 — Coronazione del Ser.mo duce Giulio Sàoli,, con orazioni del m.co Orazio Torre (6 gen.) e del padre Riccardo teatino (7 gen.). Tre processioni, per sodisfare al voto fatto da’ Ser.mi Collegi, per la cessazione del flagello della peste. Unione, con orazione del padre Francesco Mari somasco (12 sett.). S. Domenico di Soriano (15 sett.). Padre generale degli agostiniani (8 ott.). Ser.mo duce Giulio Srìoli finisce il suo biennio e torna alla sua casa privata (12 ott.). Elezione del Ser.mo duce Giovanni Battista Centurione (15 ott.). Padre generale de’ lateranensi (28 ott.). Sig. * Don Paolo Spinola, figlio del sig. r marchese Don Filippo (14 die.). Padre generale de’ francescani zoccolanti (die.). Mons.r Marini, arcivescovo d’Avignone (die.). Vigilia e giorno di Natale (25 die. 1658) (1). Sig.a Duchessa di Angoleme (2), che da Firenze torna in Franza (3 gen. 1662). Ambasciatore del re Cattolico al papa, Don Pedro à’Aragona (sett.) (3). Sig.r conte della Rocca, ambasciatore di Spagna per Venezia (sett.) (4). (1) Per gli anni dal 1659 al 1662 vedi alla pagina qui seguente. (2) Il 1662 duchessa à'Angouléme era Enrichetta de la Guiche, che, maritata il 1629 con Luigi Emanuele di Valois poi (1650) duca d’Angoulème, ne restò vedova il 1653. L’unica figlia Maria Francesca (1631), rimasta anch’ella vedova (1654) di Luigi di Lorena duca di Joyeuse, era andata in mattia e cosi viveva nell’abazia di Essay, dove mori (1696). (3) Cfr. a pag. 277. (4) Cfr. a pag. 277. Intestazioni delle narrative nel LIBRO IV CEREMONIARUM del cerimoniere G. B. Gentile (1659-1666), del sottocancelliere e cerimoniere Yiceti (1666), dei cerimonieri Cattaneo (1666-1668) e G. B. Gentile (1668-1671) Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatoria, Palazzo (1 gen. 1659) (1). Mons. r Visconti, nunzio straordinario per Sua Santità al re Cattolico, giunto da Civitavecchia (9 gen.). Solennità di S. Tommaso di Villanova, o sia coronazione con panegirico del padre Gaetano Mirabello neapolitano (12 gen.). Mons.1' Marini, vescovo di Albenga (16 gen.). Mons.1' vescovo di Albenga (26 gen.). Mons.r Roberti romano, nunzio del papa a Torino, giunto da Roma (8 feb.). Mons.1' vescovo di Albenga (28 feb.). Mons.1' Pinello, vescovo di Molfetta in Regno di Napoli (3 apr.). Mons. r Gherardo Boselli modenese, fatto nuovo vicario deH’Ecc.mo arcivescovo (8 àpr.). Pasqua (18 apr.), Mons.1' vescovo nuovo di Sagona in Corsica, giunto da Roma (16 apr.). Processione delle sante ceneri. Arrivo di vascelli inglesi (5 mag.). (1) Narrazione minuziosa. 18 — 274 — Battesimo in la cappella di Palazzo di un figlio del sig.1 Paolo Rwarola (2 giug.). Il vescovo Mari gli ani parte per Roma in conserva dell Ecc.1110 arcivescovo (6 giug·.). Padre generale di Gesù Maria (giug.). Mons.1' Marini, vescovo di Albenga (11 giug.). Battesimo in la cappella di Palazzo di un figlio del m. 00 Giovanni Battista di Negro (12 giug.). Marchese di Baiona, generale delle galere di Napoli, che passava in Spagna (15 giug.). Marchese di Baiona a Palazzo (17 giug ). Coronazione del Ser.mo doge Giovanni Battista Centurione, con orazione del m. co Luca Maria Invrea (21 giug.) e del padre Agostino Lengueglia somasco (22 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo (1 lug.). Il Ser.mo doge Giovanni Battista Centurione andò a banchetto in casa della sig.a Nicoletta Grimalda per le nozze della sig.a Vittoria Ròvere ed il sig.1- Ambrosio Doria (lug.). Il sig.1' duca di Mantova (15 ag.). Il marchese di Taracusa napolitano, grande di Spagna (1), giunto da Milano (18 ag.). Don Giovannettiuo Cibo, secondogenito del sig. r principe di Massa (20 ag.). Viceregine di Napoli, contessa di Pigliaranda (2), da Spagna per Napoli 4 (sett.). Duca di Tursis (28 sett.). Ecc.mo Carlo Imperiale la prima volta a Palazzo, in luogo del-rEcc.mo Carlo Sai vago morto (31 ott.). Mons.r Marini, vescovo di Albenga (11 nov.). Viceré di Sicilia, marchese di Terazona, di Spagna per Sicilia (27 nov.). Feste per la pace fra le due corone di Francia e Spagna (21 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. (1) Girolamo Caracciolo marchese di Torrecuso fu figlio del marchese Carlo Andrea (cfr. nota all’anno 1643) e di Silvia Caracciolo. (2) Il viceré di Napoli era Gaspare de Bragamonte e Guzman conte di Pugnar anda, che governò cinque anni (1659-1664) e fu per i sudditi uno de’ migliori viceré. — 275 — Li nuovi Ecc.mi senatori e procuratori (1 gen. 1660). il Ser.mo doge Giovanni Battista Centurione va a casa del sig.r Carlo 1 allavicino, suo genero, per malattia di sua figlia (27 gen.). Contestabile Colonna (1), da Roma per Milano (2 mar.). Pasqua (28 mar.). Cardinale Grimaldo, da Francia (6 apr.). Mons.r Marini, per andare ad limina (6 apr.). Padre generale di S. Onofrio (mag.). I està di S. Filippo Neri nella chiesa nuovamente aperta (26 mag.). Principe Ludovisio, viceré d’Aragona, da Roma per Spagna (3 giug.). Mons.1 Promontorio, vescovo di Ventimiglia (1 giug.). Don Giovannettino Cibo, secondogenito del principe di Massa (27 giug.). L entrata delli nuovi Ecc.mi senatori (1 lug.). Mons.1’ Martines romano, vescovo di Noli, giunto da Roma (23 lug.). Marchese di Baiona, generale delle galere di Napoli, per Spagna (2 sett.). Marchese Spinola a Palazzo (4 sett.). Festa dell Unione, con orazione del padre Carlo Calvo proposito delle Vigne (12 sett.). Conte di Lamberghe, ambasciatore Cesareo, di ritorno di Spagna (3 ott.). II Ser.mo doge Giovan Battista Centurione finì il suo biennio e se ne tornò alla sua casa privata (15 ott.). Elezione del Ser.m° doge Giovan Bernardo Frugone (28 ott.). Padre generale de’ padri teatini (2 nov.). Padre generale delli olivetani (4 nov.). Duca di Tursis a Palazzo (5 nov.). (1) Lorenzo Onofrio Colonna Gioeni, principe di Palliano e di Castiglione, duca di Tagliacozzo, gran contestabile del Regno di Napoli, grande di Spagna, cavaliere del Toson d’oro, nato dal principe Federico e da Margherita Branciforte ed Austria di Butera, diventò famoso per le sue nozze (1661) con la bella Maria Mancini, nipote del cardinale Mazzarino come figlia della sorella di Geronima maritata con Lorenzo Mancini nobile romano. Di Maria era notala tresca col giovinetto re Luigi XIV di Franoia, la vita della quale dalla fuga dalla casa maritale al divorzio e al convento fu tutto ancora un romanzo. Il principe Colonna fu viceré di Aragona e per poco tempo anche di Napoli (1687). Morì il 1689 (15 api·.·). — 276 — Presentazione della beata Vergine, con sermone del padre Nicolò Ricardi. ' v - v La vigilia del Santissimo Natale (21 nov.). Ecc.mi senatori la prima volta a Palazzo, con orazione del m. co Domenico Donati (1 gen. 1(>61). Padre generale de’ padri francescani zoccolanti, da Roma per Spagna (25 gen.). 11 Ser.mo doge Giovali Bernardo Frugone privatamente alla sua villa di Carignano. Il Ser.mo doge Giovan Bernardo Frugone va in casa dell’Ecc.mo Giovali Battista Pichenotti per la festa di ballo che fece in sua casa quando disse di si la figlia di S. E~a col tìglio del m.co Lazaro Maria Doria (1). Si mandi copia a gli Ecc.mi di Palazzo della nota de trattamenti che si stilano fare a gli ambasciatori nella corte di Francia, con incaricare detti Ecc.m* di doverla far registrare nel Cerimoniale del maestro di Cerimonie: per Ser.ma Collegia ad calculos etc. (14 mar.). « Forma e differenza con le quali sono trattati gli ambasciatori de’ principi: 1) Regi straordinari: incontrati da un maresciallo, condotti all'udienza da un principe, hanno il reggimento di guardie in parata, coprono d’avanti Sua Maestà, sono alloggiati· e spesati tre giorni. 2) Ordinari: incontrati e condotti all’udienza da. un maresciallo, hanno l’armi in parata, coprono d’avanti al re tanto quanto straordinari, hanno la mano visitando i principi del sangue, e sono fatti visitare dal re per il primo di camera, non hanno nè spese nè alloggio. 3) Non regi straordinari: in tutto come i regi, fuori che nell’introduzione del principe, avendo in luogo di esso un maresciallo, e non alla porta il reggimento delle guardie in parata. (1) Bisogna credere che qualche inconveniente sia accaduto per l’intervento del doge in questa festa, perchè poco di poi fu per decreto statuito che per l’avvenire spettasse solo ai Collegi il concedere licenza al doge d’intervenire a festa da ballo, e ciò per evitare che egli, essendo intervenuto in una festa, debba andare nelle altre e che la presenza di lui e de’ Collegi dovesse obbligare gl’invitati a un contegno riservato. Il curioso si è che frattanto quel doge veniva a morire (22 mar.), e i Collegi emanavano quel decreto il 26 marzo, che fu il giorno dei funerali del doge (Politicorum, busta 12, ine. n.° 10). — 277 — 4) Ordinari: in tutto come di contro, eccetto il reggimento delle guardie e qualche differenza nella qualità dell’ufficiale che manda il re a visitare, se ben questa non si osserva molto esattamente. Eccezioni: Oi dinario di Savoia: ha avuto Farmi; ma lo straordinario non ha potuto in conseguenza ottenere il principe. Malta: straordinario non è stato spesato nè alloggiato, benché forse il commendatore di Souvrè, che ne ha fatto la funzione, non si sarà curato essendo in Parigi di patria e di stanza ». Malattia del Ser.mo doge Frugone, ed elenco delle chiese che ne furono avvertite (‘20 mar.). Morte (22 mar.) e funerale del Ser.mo doge Giovan Bernardo Frugone (26 mar.) (1). Elezione del Ser.mo doge Antoniotto Invrea (28 mar.). La sig.a marchesa Spinola, a visitai’e Sua Serenità (9 apr.). Pasqua (23 apr.). Cardinale à' Aragona, da Spagna (mag.). Marchese Mattel, gentiluomo di S. M.tà Cesarea, inviato a’ principi d’Italia per chiedere soccorsi contro il Turco (28 mag.) (2). Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Il Ser.ni° doge uscì privatamente per visitare alle monache di S. Brigida la sposa destinata per il suo figlio e a S. Bartolomeo del Carmine a visitare la sua figlia (lug.). Due Ecc.mi procuratori, Giovan Battista LomelUno e Giovan Battista Centurione, a negoziare con l’Em.mo arcivescovo (18 ag.). Mons.r Marini, vescovo d’Albenga (7 sett.). Matrimonio nella cappella di Palazzo del m.co Ottavio Invrea, figlio del Ser.mo doge, con la figlia del m.co Tommaso Faggio (17 ott.). Per la nascita del delfino di Francia (8 nov.), e allegrezze fatte in Genova (3). (1) Cfr. la nota a pag. 276. (2) Porse .quel Luigi Mattel che militò in Fiandra e in Germania e che fu dal papa Alessandro VII fatto luogotenente generale delle armi di santa Chiesa. jPBJ Il primogenito di re Luigi XIV fu Luigi, nato il 1661 (1 nov.), morto il 1711. Sposò (1680) Maria Anna di Baviera e n’ebbe un altro Luigi (16S2) duca di Borgogna, che anch’egli premorì (1612) al vecchio re suo avo, lasciando un figlio, che finalmente salì sul trono succedendo al bisavo col nome di Luigi XV (1715). — 278 — Coronazione del Ser.mo duce Antoniotto Invrea, con orazioni del m.co Giovali Battista de Franchi (19 nov.) e del padre Agostino Len-gueglia (20 nov.). Festa della presentazione, con sermone del proposito padre Carlo Calvo (21 nov.). La vigilia del santissimo Natale. Li Ecc.mi nuovi senatori vanno a Palazzo (1 gen. 1(>(»2). Sig.a duchessa d' Angolemme, da Firenze per Francia (3 gen.) (1). Mons.1' Arachel Vartapet, arcivescovo d'Armenia (feb.). Pasqua (9 apr.). 1 Marchese Spinola (21 apr.). Padre generale de’ minimi (21 apr.). Don Luigi Ponse de Leon, che di Roma, di ritorno da quella ambasceria, passa al governo di Milano (29 apr.). Duca di Sermoneta, di ritorno dal governo di Milano (2), passa per Spagna (7 mag.). Monsù di Chrichì, ambasciatore di Francia al pontefice, da Francia per Roma (25 mag.) (3). Festa di S. Giovali Battista, protettore della Ser.ma Repubblica (24 giug.). L’entrata in Palazzo de’ nuovi Ecc.1”1 senatori e procuratori (1 lug.). Don Pietro d'Aragona e il conte della Rocca, ambasciatori di Spagna a Roma e a Venezia (ag.) (4). Battesimo fatto in cappella di Palazzo del figlio del m.co Ottavio Invrea del Ser.mo duce (2 sett.). (1) Cfr. la nota (2) a pag. 272. (2) ' Francesco Caetani duca di Sermoneta e di S. Marco, marchese di Cisterna, cavaliere del Toson d’oro, nacque dal duca Filippo e da Camilla Gaetani d’Aragona di Traetto. Sposò prima Anna Acquaviva d’Aragona principessa di Caserta, procurando cosi questo principato a’ suoi figliuoli, e poi (1662) Eleonora Pimentel. Fu viceré di Catalogna, governatore di Milano, viceré di Sicilia (1663-67). Mori di 92 anni il 1683. (3) Probabilmente costui, se non era altro personaggio della casa di Crequy, fu Francesco de Bonne de Crequy d’Agout de Vex de Montlaur e de Montauban, duca di Lesdiguiéres, conte di Sault, pari di Francia e cavaliere, figlio del maresciallo duca Carlo de Crequy e di Maddalena de Bonne duchessa di Lesdiguiéres (cfr. la nota (6) alla pag. 234). Nelle lotte intestine e nelle guerre che turbarono a quel tempo la Francia egli serbò sempre fede al suo re. Sposò prima la zia materna Caterina de Bonne, poi, rimasto vedovo (1621), si riammogliò (1632) con Anna de la Madelène figlia del marchese di Eagny. Morì ottantenne il 1677 (1 gen.). (4) Cfr. a pag. 272 (sett. 1662) e 279 (8 sett. 1662). / — 279 — Li Ecc.mi Giovan Battista Lomellino e Giovan Battista Centurione, a negoziale per li Ser.mi Collegi coll’Em.mo arcivescovo (4 sett.) (1). Don Pietro d’Aragona, ambasciatore di Spagna al pontefice, regalato (8 sett.) (2). big.» principe Ludovisio, di ritorno dal viceregnato di Aragona, per andare viceré di Sardegna (2 ott.). Padre generale di Nostra Signora Incoronata (3 ott.). Mons.r vescovo del Borgo San Sepolcro (4 ott.). Governatore del duca di Ulzatia (19 ott.). L Ecc.™o Angelo Pallavicino la prima volta a Palazzo, per morte del fu Ecc.mo Vincenzo Montebruno (10 nov.). Li Ser.mi Collegi in la chiesa de’ padri del Guastato per l’ottava della Ser.ma Concezione (3 die.). Vigilia e giorno di Natale. Ambasciatore di Francia, monsù di Chrichì, col cardinale d’Este, di ritorno da Roma per Francia (27 die,). Ingresso de’ nuovi senatori e procuratori (1 gen. 1663). Monsù d’Ohe ville, gentiluomo di S. M.tà Cristianissima inviato a’ principi d’Italia (2 feb.). Pasqua (25 mar.). Il Ser.™0 duce Antoniotto Livrea finisce il suo biennio (29 mar.). Decreto per moderare i funerali de’ Ser.mi duci (28-31 mar.). Elezione del Ser.mo duce Stefano Mari (13 apr.). Ambasciatore di Moscovia pel gran duca di Toscana (18 apr.). Nuovi senatori e procuratori a Palazzo (1 lug.). Mons.r Pinello, vescovo di Molfetta (12 ott.). Mons.r da Dieci, vescovo nuovo di Brignè, da Roma (23 ott.). Monsù d'Obeville, gentiluomo del Cristianissimo inviato a’ principi d’Italia (1 nov.). Festa della presentazione, con decreto che vi si assista nel « Sancta Sanctorum » (21 nov.). Coronazione del Ser.mo duce Stefano Mari (24 nov.). Il signor di Monaco (19 die.) (3). (1) Cfr. a pag. 277 (18 ag. 1661). (2) Cfr. a pag. 272 (sett. 1662) e 278 (ag. 1662). (3) Luigi Grimaldi, principe di Monaco, duca di Valentinois, marchese di Baux, conte di Carladés, ecc., nato il 1642 (15 lug.) da Ercole marchese di Baux e da Au- — 280 — Vigilia e giorno di Natale. Senatori nuovi a Palazzo (1 gen. 1664). L’abate Mario Spinola, cameriere secreto di papa Alessandro Vili, che da Roma va in Spagna a portare la berretta all’Em.mo Bonetti creato cardinale (21 feb.). Mons.1' vescovo da Diece (7 mar.). Pasqua (13 apr.). Passaggio del sig.1' Cardinal Ghiggi, nipote del sommo pontefice Alessandro VII^ (1) e suo legato a latere al re Cristianissimo (mag.) (2). Ambasciatore di Francia, monsù di Crichì, per Roma; il seguito di ciò si è scritto e consegnato al ηιΛ'° segretario Dulmeta, nè si è più riavuto per metterlo al libro (mag.). Giunta qui in Genova e compimenti del conte Testa Piccolomini, gentiluomo inviato a’ potentati d’Italia (23 mag.). Marchese Spinola a Palazzo (20 sett.). Il Ser.mo duce va privatamente alla sua villa (21 sett.). Passaggio dell’Em.1110 Cardinal legato, che di Francia ritorna in Roma (21 sett.). Viceré di Napoli, conte di Pigneranda, di ritorno in Spagna (25 sett.). Generale de’ zoccolanti (29 sett.). Vigilia e giorno di Natale. Li nuovi Ecc.mi senatori e procuratori entrano nel possesso del loro biennio (1 gen. 1665). Mons.1’ arcivescovo la prima volta visitato (11 feb.). Mons.r arcivescovo nuovamente eletto la prima volta da’ Ser.mi Collegi (19 feb.). Mons.1’ arcivescovo da Sua Serenità (21 feb.). Pasqua (5 apr.). Padre generale di S.a Fede (9 apr.). relia Spinola, successe, per la morte precoce del padre (1651), direttamente all'avo, principe Onorato II (1662). Sposò (1660) Carlotta de Grammoiit. (1) Flavio Chigi, figlio di Mario fratello del papa e di Berenice della Ciaja (1631), fu creato cardinale il 1657. Morì il 1693 (13 sett.). — Narrazione molto ampia. (2) Qui un’altra penna apnotò in margine: « Vedansi, se si vuole, le lettere del sig.r Raggio nel fogliazzo Litterarum a principibus 1664, per informazione degli ordini fatti ». i Mons.1' arcivescovo da Sua Serenità (10 apr.). Sig.1 marchese Spinola da Sua Serenità (11 apr.). Il Ser.mo duce Stefano Mari in casa del m.00 Cesare Gentile per li sponsali dL suo figlio con la figlia di detto m.co Cesare (18 apr.). Il Ser.mo duce Stefano Mari finisce il suo biennio e torna a sua casa privata (12 apr.). Creazione del Ser.mo duce Cesare Durazzo (18 apr.). Mons.1 Spinola, vescovo di Savona, la prima volta a Palazzo (mag.). Il signore di Monaco (lug.). Mons.1 Spinola, vescovo di Sarzana, nuovamente eletto (lug.). Mons.r vicelegato à'Avignone (29 lug.). Mons.r vicelegato d'Avignone (4 ag.). Festa per l’Unione, con orazione di un padre gesuita lucchese (12 sett.). La presentazione, con orazione del padre Burro somasco (21 nov.). Coronazione del Ser.mo duce Cesare Durazzo (12 die.). Funerali per il re Filippo IV, con orazione del m.co Orazio Torre (21 die.). Vigilia e giorno di Natale. Nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1666). Il Ser.mo duce in casa del m.co Carlo Balbi pel matrimonio fra la sorella del m.co Carlo e il m.co Pietro Francesco Durazzo (24 feb.). Principe di Firenze in incognito a far carnevale (1 mar.). Conte di Vailate, cavaliere inviato dalla corte di Spagna qui residente, giunto in Genova (17 mar.). Cardinal langravio d’Assm, da Milano per Roma (27 mar.). Passaggio del sig.1’ cardinale à’Aragona, viceré di Napoli, a Spagna (26 apr.) (1). Elezione eli Francesco Maria Viceti a funzionare per quindici giorni da mastro di Cerimonie (28 apr.). Battesimo nella reai cappella in Palazzo di una figlia del sig.r Carlo Emanuele Durazzo (2 mag.). Principe Ludovisio, g'enerale delle galere di Sardegna (12 mag.). (1) Con questa cominciano le narrative del vice cancelliere, poi maestro delle cerimonie, Yiceti. Vedi a pag. 28 e 29. — 282 — Francesco Maria Viceti, deputato in mastro delie Cerimonie sino a nuova elezione (12 mag.). Sig.1' conte di Vaylat a Palazzo (26 mag.). Conte Monte Cuculi, generale de\V imperatore, venuto per incontrare la sig.a imperatrice sposa, che si aspetta di Spagna (lb giug.). Duca di Lionne (1), ambasciatore del re Cristianissimo a .Sua Santità (18 giug.). Nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Don Baldassar della Queva, fratello del duca di Albuvquerque ed ambasciatore di S. M.tà Cattolica all’imperatore, alloggiato in S. Pier d’Arena (27 ag.). Principe Mattia, fratello del gran duca di Toscana, di ritorno da Savona per Livorno (29 ag.). Marchese di Villafranca, duca di Ferrandina, generale delle galere di Sicilia (31 ag.). Cessa dall’ufficio di maestro delle Cerimonie il sottocancelliere Viceti (31 ag.). Li Ser.mi Collegi eleggono per mastro delle Cerimonie la seconda volta Marco Antonio Cattaneo (8 nov.). Vigilia di Natale. Li Ecc.mi ed Ill.mi senatori nuovi a Palazzo (1 gen. 1667). Marchese di Astorgas (2), ambasciatore del re Cattolico al papa, da Spagna a Roma (13 apr.). Allegrezze pubbliche per la promozione del sig.1' cardinale Giulio Spinola, gentiluomo genovese (14 apr.). Ser.mo duce Cesare Durazzo compisce il biennio del suo ducato e governo (18 apr.). Disposizione de’ Ser.mi Collegi circa i saluti di cannone alla squadra di galere di Sicilia, con darne copia al maestro delle Cerimonie per doverla registrare nel Cerimoniale, acciò in ogni tempo appaia la verità del fatto (mar. - mag.). (1) Ugo de Lionne fu de’ ministri che proposti dal Mazzarino, gli successero, quando egli mori (1661), nel governo, egli aveva il carico della marineria e degli affari esteri, nel quale principalmente si segnalò. Choisy e Saint-Simon lo dichiararono un « uomo superiore ». (2) Antonio Pietro Alvarez Osorio G-omez Davila e Toledo, marchese di Asterga, fu poi viceré di Napoli (1672-1675). - 283 — Sig." cardinali di Borione Vandomo, Retz e Grimaldi, che di Francia dovevano passàre per Roma (22 apr.). Agente generale della città in sede vacante (25 apr.). Online degl’ili mi sig.ri supremi sindicatori che gli oratori si astengano dalla denominazione e titolo di re nella persona del Ser.mo duce (25 apr.). Ser.mo Cesare Gentile eletto duce della Ser.ma Repubblica (10 mag.). Padxe inquisitore, vicario, arcivescovo, a riverire il nuovo duce (12, 14 e 18 mag.). Decreto che li capitani ed altri stipendiati vengano alla mattina al corteggio di Sua Serenità in cappella (20 mag.). lesta del beato Luigi Gonzaga (21 giug.). Allegrezze pubbliche per la creazione del papa Clemente IX Rospigliosi (28 giug.). Ingresso a Palazzo delli cinque Ecc.mi senatori nuovi (1 lug.). Ambasciatore de’ Svizzeri, di ritorno di Spagna (10 lug.). Sig.1 cardinale Vandomo o sia di Borbone, da Roma in Francia (7 ag.). Giubileo venuto da Roma (12 ag.). Sig.1 abate Rospigliosi, nipote del vivente papa Clemente IX, che torna da Francia in Italia (lug.). Sig.1 Don Griannettino Cybo, fratello del sig.r duca di Massa (ag.). Il padre Don Fer. domenicano, fratello del duca di Avero (ag.) (1). Battesimo nella cappella del Reai Palazzo di un figlio dell’Ecc.mo sig.1 (xiacomo Ottavio Giustiniano (8 sett.). I està della Unione, con orazione del padre Quattrocase milanese (12 sett.). II Ser.mo duce va a S. Sebastiano di Pavia a vedere la figlia e le sorelle (13 sett.). ger.mo duce a casa del m.co Giovan Battista Negrone, suo suocero infermo (1 die.). Ser.mo duce nella medesima forma a visitare la sig.a Placida, moglie di detto quondam m.co Giovan Battista passato a miglior vita (5 die.). (1) Porse è da leggere Aveiro. — 284 — Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisogno, padre inquisitore, vicario, arcivescovo. Ingresso delli tre governatori e due Ecc.mi procuratori (i gen. 1(Ì<»8). Sig.1' Abate Veliere, tìglio del segretario Teliere del Re Cristianissimo (13 feb.). Signore di Monaco, a visitare il Ser.mo duce (20 mar.). Pasqua (1 apr.). Coronazione del Ser.mo Cesare Gentile, duce della Ser.ma Repubblica, con orazioni del ni.00 Giovali Grimaldi (2 apr.) e del padre Marco Gentile (3 apr.). Mons.1' Federico Borromeo, patriarca Alessandrino, nunzio di Sua Santità per Spagna (LI e 22 apr.). Mons.1’ Spinola,t vescovo di Savona (29 mag.). Mons.1' Spinola, vescovo di Savona (7 giug.). Nozze in Palazzo con assistenza de’ Ser.mi Collegi, con festa di ballo e banchetto, per il matrimonio della sig.a figlia dell’Ecc.mo Giovali Tomaso Serra, uno dei due governatori residenti nel Reai Palazzo, con il sig.1- Giovai! Battista Centurione (25 giug.). Sua Serenità e Ser.mo Senato alla chiesa delle monache di S. Paolo (29 giug.). Elezione del mastro di Cerimonie la seconda volta in persona di Giovan Battista Gentile (28 giug.). Sig.a Donna Menzia, moglie del fu Don Luis Porne de Lion già governatore di Milano, da Milano (10 lug.). Cardinale Visconti, da Spagna (lug.). Governatore di Milano, marchese di Mortara, giunto al Finale da Spagna (ag.). Don Felice Oglioa del Sacro Consiglio in Napoli (1), da Spagna per Napoli (12 ag.). Li Ser.mi Collegi in S. Lorenzo per la S.ma Assunta, e mancato saluto del celebrante (14 e 15 ag.). Il Ser.mo duce alle monache di Nostra Signora delle Grazie (29 ag.). (1) Felice Lamina e TJlloa fu nominato reggente del sacro regio Consiglio in questo anno 1668. -.285 — Giorno festivo dell'Unione, con orazione del Padre Secondo Anconitano de’ predicatori (12 sett.). I assaggio del duca de Lion, ambasciatore del Cristianissimo al papa, che se ne ritorna in Francia (18 sett.). II Ser.mo duce andò alle monache di Pavia (30 sett.). Padre generale di S. Agostino (18 ott.). Li Ser.mi Collegi andarono alla chiesa di S.tì Giacomo e Filippo, con sermone del padre Dezza della madre di Dio (20 ott.). Barone D harvij, ambasciatore inglese per Costantinopoli (22 ott.). Padre generale de’ padri del Carmine (28 ott.). Padre generale de’ somaschi (8 nov.). Marchese Spinola, giunto da Milano, dal Ser.m0 duce (18 nov.). Il Ser.mo duce Cesare Gentile in casa del m.co Giulio Centurione per li sponsali della cognata del detto m.00 Giulio con il figlio del m.co Paolo Geronimo Pallavicino (18 nov.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di Nostra Signora delle Vigne (21 nov.) Vescovo di Ventimiglia (die.). Vescovo di Ventimiglia dal Ser.mo duce (die.). Funzioni e compimenti di Natale; padre inquisitore, abate di Bisagno, arcivescovo, vicario. Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori (1 gen. 1669). Mons.r vescovo di Brignato (9 gen.). Vicario archiepiscopale dal Ser.mo duce per negozio (9 gen.). Il signore di Monaco in Genova (13 gen.). Marchese Spinola, fatto governatore di Milano, dal Ser.mo duce (3 feb.). M.°° Sinibaldo Fiesco dal Ser.mo duce, come capitano delle guardie del governatore di Milano (13 feb.). Generale de’ padri di S. Teodoro (20 feb.). Il Ser.mo duce a banchetto in casa del m.co Paolo Geronimo Pallavicino per la venuta della nuora, stretta parente del Ser.mo Cesare Gentile (26 feb.). Il Ser.mo duce alle monache di S. Bastiano di Pavia a vedere le sorelle e la figlia (2 mar.). Reggente Don Diego Gioppolo palermitano, duca di S. Antonio, che passa in Spagna del Consiglio supremo d’Italia (28 mar.). Don Giovanni di Roixas, gentiluomo inviato a Roma dal principe Don Pietro di Portogallo (17 mar.). — 28« — Pasqua (22 apr.). Principe di Monaco dal Ser.™0 (22 apr.). Ingresso dell’Ecc.mo Giustiniano quondam Laurentii, estratto ed eletto in luogo dell’Ecc.mo Filippo Spinola predefunto (23 mag.). Principe di Monaco dal Ser.mo (mag.). Il Ser.mo duce Cesare Gentile terminò il suo biennio e tornò a sua casa (10 mag.). Elezione o sia estrazione dell’Ecc.mo Oberto Torre in luogo del defunto Ecc.mo Geronimo Ricarola (3 giug.). Elezione del Ser.mo duce Francesco Garbarino (18 giug.). Principe di Monaco, vescovo di Brignato, generale dei padri di S. Bernardo, arcivescovo, cicario, vescovo di Saluzzo armeno, a rallegrarsi col nuovo duce (23, 24 e 29 giug.). Ambasciatore d’inglese, conte di Vonchlesca, che dalla Porta Ottomana se ne ritorna alla patria (6 giug). Il padre confessore della regina di Spagna, gesuita, che passa in Roma (6 mag.). Governatrice di Milano, marchesa vedova di Mortara, che passa in Spagna (26 lug.). Mons.1’ Pinello, vescovo di Albenga (28 lug.). Giorno dell’Unione, con panegirico del padre Costa (12 sett.). Il Ser.mo duce Francesco Garbarino andò alle monache di Nostra Signora di Misericordia e d’ivi ad Albaro a spasso (19 sett.). Padre generale di Gesù Maria (LO ott.). Figlio secondogenito del re di Danimarca, alloggiato in S.a Marta (26 ott.). Giunta in Genova del sig.r Ludovico Casale romano, gentiluomo di Don Giovali Battista Rospigliosi, nipote del pontefice regnante Clemente IX, a portar le gioie alla sposa del suo patrone sig.a Donna Maria dell’Ecc.mo Stefano Pallavicino (6 nov.). Visita fatta alla sig.a Donna Maria Pallavicino Rospigliosi, d’or: dine delli Ser.mi Collegi (LI nov.). Li Ser.mi Collegi alle Vigne per la santissima Presentazione, e panegirico del prevosto Calvo (21 nov.). Generale de’ padri agostiniani, venuto di Francia (25 nov.). Allegrezze pubbliche per la promozione del Cardinal Pallavicini (7 die.). Nuovo padre inquisitore, giunto in Genova, dal Ser.mo duce (16 die.). \ Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisogno, padre inquisitore, principe di Monaco, arcivescovo. Introito delli nuovi cinque Ecc.mi in Palazzo, senatori e procuratori, con orazione del m.co Giulio Cesare Gentile dottor di legge (1 gen. 1670). Passaggio delli cardinali Buglione e Reze e l’ambasciatore Scion per Roma a causa della sede vacante (8 gen.). L’Ecc.mo Nicolò Viale, in luogo del m.co Stefano Pallavicino, che se n’era andato a Roma (9 gen.). S.a Maria Maddalena de Pazzi (26 gen.). Mons.r arcivescovo, die parte per Roma, a riverire il Ser.mo duce (26 gen.). Arcivescovo dalli Ser.mi Collegi (29 gen.). Padre generale de" R.di teatini, per Roma (gen.). Li Ser.mi Collegi a S.a Brigida, e predica del padre Stoppa agostiniano (23 feb.). Abate di Servien, inviato dal re Cristianissimo (2 mar.). Abate di Servient al Ser.mo Trono (4 mar.). Abate Servient a licenziarsi dal Ser.mo duce ed Ecc.mi residenti per partire di Genova (mar.). Giorno dell’apparizione di Nostra Signora di Misericordia (18 mar.). Il Ser.mo Senato a S.a Maria in Passione (23 mar.). Li Ser.mi Collegi a sentir compieta a Nostra Signora delle Grazie (25 mar.). Padre inquisitore dal Ser.mo duce per andare a Bologna ad assistere al capitolo provinciale (29 mar.). Mons.1' di Brignato dal Ser.mo duce (31 mar.). Pasqua (6 apr.). Cardinal Porto Carrero, da Spagna per Roma (12 apr.). Milord Falcombrid, ambasciatore inglese alla Ser.ma Repubblica (11 mag.). Padre inquisitore, ritornato da Bologna dal Ser.mo duce a compire (mag.) (1). (1) Il 28 maggio 1670 fu fatta in Genova una prammatica per l’alloggiare e regalare di cibarie gli ambasciatori e gli altri visitatori illustri, tenendo conto de’ precedenti trovati nei libri Ceremoniarum (Politicorum busta 13a, ine. n°. 100). f — 288 — Principe di Ligni, viceré di Sicilia, dalla Fiandra per la Sicilia (13 giug.). Il padre Francesco Giurila di S. Francesco di Paola, messinese, con lettera della città di Messina al Ser.mo duce (15 giug.). Ingresso delli nuovi Ecc.1111 senatori a Palazzo, con orazione del sig. r Pastore (1 lug.). Padre abate presidente di Monte Cassino (2 lug.)· Mons.r Borromeo, nunzio di Spagna, se ne ritorna a Roma (26 lug.). Il fratello di mons.1’ nunzio Borromeo, venuto da Milano, a riverire il Ser.mo duee (27 lug.). Il Ser.mo duce alle monache di Pisa, e poi a spasso ('27 lug.). Giorno di S. Siro, ove intervennero li Ser.mi Collegi senza il Ser.mo duce (7 lug.). Mons.r Lomellino, vicelegato d'Avignone, giunto da Roma, privatamente dal Ser.mo (31 lug.). Mons.r arcivescovo Marini, venuto da Roma dal Ser.mo duce (11 sett.). Mons.1’ vescovo di Nebio in Corsica, da Padova (11 sett.). Giorno dell’Unione, con panegirico del padre Dionisio Colluci di Martina in Regno (12 sett.). Mons.1’ Galeazzo Marescotti, arcivescovo di Corinto, nunzio del papa per Spagna, giunto da Roma (15 sett.). Cardinal Maidalchino, da Roma per Francia (19 sett.). Abate Costaguti, da Roma, dal Ser.mo duce (23 sett.). Il Ser.mo duce Francesco Garbarino andò ad Albaro a desinare in casa della sig.a Angela Maria sua suocera (28 sett.). Il Ser.mo duce alle monache di Misericordia a visitare le nipoti, e poi ad Albaro dalla suocera (12 ott.). Abate Servient, gentiluomo inviato dal re Cristianissimo, a licenziarsi dal Ser.mo duce (18 ott.). Li Ser.mi Collegi a Nostra Signora delle Vigne (21 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; padre inquisitore, abate di Bisagno. Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo‘(1 gen. 1C>71). Mons.r vescovo di Brignato (4 gen.). Principe Ludovisio in Genova (5 gen.). Conte di Melgar, primogenito delPAmirante di Castiglia, di Spa- — 289 — gna passa a Milano generale della cavalleria di quello Stato (26 gen.) (1). Ambasciatore di Spagna a Cesare, di ritorno per Spagna (30 gen.). Padre generale de’ lateranensi (18 feb.). Mons.r vicario archiepiscopale dal Ser.mo duce (8 mar.). Marchese di Seneglia, figlio di monsù Colberte segretario del re di I rancia, per Roma (10 mar.). Il Ser.mo Senato a Nostra Signora di Misericordia: festa per 1 apparizione di Nostra Signora di Misericordia (18 mar.). Pasqua (29 mar.). Padre Galiani pavese, generale de’ somaschi, venuto a Genova per l’elezione del suo successore (15 apr.). Padre Pallavicino genovese, eletto generale de’ so maschi (22 apr.). Festa della Croce (8 mag.). Mons.r arcivescovo, ritornato da Roma (15 mag.). Mons.r arcivescovo dalli Ser.mi Collegi (22 mag.). Mons.1' arcivescovo, a riverire il Ser.mo dùce (30 mag.). Principe Giovanni Andrea Doria a Palazzo (17 giug.). Ser.mo duce Francesco Garbarino fornì il suo governo, e tornò alla sua casa privata (18 giug.). Elezione del Ser.mo dace Alessandro Grimaldo (27 giug.). Nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Signore di Monaco dal Ser.mo duce (1 lug.). Arcivescovo, padre generale de’ somaschi, vicario, a rallegrarsi col nuovo duce (2 lug.). Mons.r Spinola, vescovo di Savona per incoronare il Ser.mo duce (2 lug.). Principe Doria dal Ser.mo duce (2 lug.). (1) Si chiamò conte di Melgar, fino a quando successe nei titoli paterni (1691), Giovan Tommaso Henriquez de Cabrera, primogenito di Giovan Gaspare ammiraglio di Castiglia, d uca di Medina de ilioseco e conte di Melgar, e di Elvira Ponce de Leon. Fu prima maestro di campo del terzo di Lombardia e prefetto della città di Novara, e poi governatore dello Stato di Milano (1580). Sposò in prime nozze (1663) Anna Caterina de la Cerda di Medinaceli e poi, rimasto vedovo (1697), si riammogliò con l’altra Anna Caterina de la Cerda, nipote della precedente, già vedova dal 1690 di Pietro Antonio d’Aragona dell’ordine di Alcantara. Di lui si narra che, avendo un giorno (1669) foi’zate le prigioni di Madrid e trattone un carcerato, fu fatto dall’ammiraglio suo padre arrestare, e che la regina reggente, esortata dall’ammiraglio stesso a punire il conte, volle, commossa, firmarne la grazia. 19 — ‘290 — Ecc.mo Tobia di Negrone a Palazzo, in luogo del Sei.mo duce (6 lug.). Padre inquisitore, a riverire il Ser.mo duce (12 lug.). Conte di Fonsalida, grande di Spagna, direttola Milano al comando degli uomini d’arme (13 Ing.). Monsù d’Uchluo, ministro del re di Francia (lug.) (1)· Mons.1’ vescovo d.'Albenga dal Ser.mo (9 ag.). Giorno dell’Unione, con discorso del padre Grisetti gesuita (12 sett.). Sig.1' Natale Mosti cavaliere veneziano (19 sett.). Principe Doria da’’ Ser.mi Collegi, a dar parte del suo accasamento (22 sett.). Principe Doria dal Ser.mo duce (23 sett.). Festa di S.a Teresa (15 ott.). Il Ser.mo duce, solo, alle monache di S.a Teresa (20 ott.). Vescovo di Savona dal Ser.mo duce (9 nov.). Cardinale Litta, da Roma per passare alla sua chiesa in Milano ‘ (nov.). Principessa Donn’Anna Doria, sposa del principe Giovanni Andrea (14 nov.). Festa di San Francesco Borgia (15 nov.). Per la festa di S. Gaetano (die.). Padre generale de’ R.^1 padri teatini (die.). Padre generale di S. Francesco scarpanti (die.). Vigilia di Natale; abate di Bisagno (24 die. 1671). (1) Questo « monsù i'Uchluò » dev’essere · monsieur de Richelieu », cioè Armando Giovanni du Plessis de Vignerod, duca di Richelieu, pari di Francia, marchese di Pont de Courley. conte di Cosnac, principe di Mortagne, che era figlio del marchese Francesco de Vignerod nipote da sorella del famoso cardinale Richelieu. Intestazioni delle narrative nel LTBRO Y CEREMONIARUM dei cerimonieri G. B. Gentile (1672-1686) e Spinola (1687-1705) Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione di Giuseppe Reinelli (1 gen. 1672). Principe Doria dal Ser.m0 duce (6 gen.). Due figli del duca di Vandomo (1), ch’erano per vedere l’Italia di ritorno di Roma (13 gen.). Ser.mo duce alle monache di S.a Teresa, per visitare la sig.a cognata che vi è monaca (20 feb.). Il Ser.mo duce in casa del m.co Francesco M.a Imperiale Lercaro alla sera per una bellissima festa di ballo (28 feb.). Duca Destee (2), ambasciatore di Francia per Roma (4 mar.). Principe Doria dal Ser.mo duce (mar.). Don Pietro à'Aragona, viceré di Napoli, di ritorno per Spagna (10 mar.). Pasqua (17 apr.). Nunzio del papa, Nerli, per Francia (1 apr.). Solennità di nuovi santi nella chiesa di Castello (15 mag.). (1) Luigi Giuseppe, nato il 1654, e Filippo, nato il 1655, che fu cavaliere di Malta e poi (1678) gran priore della Lingua di Francia, erano figli di Luigi di Borbone, duca di Vendóme, di Mercueur, di Penthièvre e d’Estampes, principe di Anet e pari di Francia, e di Vittoria Mancini nipote del Cardinal Mazzarino. Il padre loro, che, rimasto vedovo, era stato fatto cardinale (1667), era già morto dal 1669 (6 .ag.). (2) Francesco Annibaie II duca d’Estrée e pari di Francia, figlio del duca Francesco Annibaie I, morto il 1670, e di Maria de Bethune, morta il 1622, fu prefetto dell’ìsola di Francia e di Soissons e per molti anni ambasciatore a Soma. Ebbe in moglie (1647J Caterina de Themines, figlia ed erede del marchese di Lauzières. - 292 — Principe Boria a Palazzo, tornato da Loano (15 mag.). Mons.1' vescovo di Nebio nuovamente eletto (mag.). Giunta in Genova di monsù Goumonte, gentiluomo inviato dal re Cristianissimo a’ principi d’Italia (18 mag.). Mons.1’ Doria, vescovo di Nebio, .nuovamente eletto delli Ser.1111 Collegi (27 mag.). Solennità per li nuovi santi in S. Domenico, con panegirico del padre Imo carmelitano ('26 giug.). Mons.1' Marcello Durazzo, che passa vicelegato in Avignone (1 ag.). Li Ser.1111 Collegi alla cattedrale per la vittoria delle armi della Ser.ma Repubblica contro il duca di Savoia (7 ag.)· Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo (17 ag.). L’Ecc.1111 Giovan Battista Doria e Agostino LomelUno a negoziare con il sig.1' cardinale Raggi (3 sett.). Principe ottomano Giòvan Michele Cichala venuto alla fede (4 sett.). Giunta in Genova di monsù Goumonte, gentiluomo inviato dal re Cristianissimo alla Ser.ma Repubblica a cagione delle guerre presenti (8 sett.). Giorno solenne dell’Unione, con panegirico del padre Nicolò Ricardi (8 sett.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce (20 sett.). Mons.r vescovo di Nebio dal Ser.mo duce (sett.). Don Antonio di Mendoza, gentiluomo inviato alla Ser.ma Repubblica dalla reggenza di Spagna (30 sett.). Festa del S.mo Rosario, con panegirico del padre Cava napolitano (12 ott.). Monsù de Goumonte al Ser.mo Trono (9 ott.). Principe di Monaco, ritornato da Parigi, dal Ser.m0 duce (ott.). Don Antonio Mendoza dal Ser.mo duce (18 ott.). Monsù di Goumonte, tornato da Torino (3 nov.). Marchese Pareli a, uno de’ prigionieri presi dal sig.1- duca di Savoia, dal Ser.mo (4 nov.). Mons.1’ vescovo di Nebio (4 nov.). Mons.r vicario dal Ser.mo duce (9 nov.). Generale de’ R.dl padri zoccolanti, (7 e 8 nov.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce, partendo per Roma (12 nov.), I — 293 — ^ ^ei' Collegi a Nostra Signora delle Vigne, con sermone dei padre Manzi somasco (21 nov.). Gentiluomo del re Cattolico qui residente (26 nov.). Passaggio della sig.a Sposa g0Vernatrice di Milano (2 die.). Gentiluomo del re Cristianissimo, di ritorno da Torino (20 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Ingiesso delli cinque nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione del m.co Yincenzo Scudi (1 gen. 1673). Mons.r Opizio Pallavicino, nunzio in Colonia (11 gen.). Monsu di Goumonte, stato qui a cagione delle presenti guerre col sig.1 duca di Savoia, dal Ser.m° duce per ritornarsi in Francia (12 gen.). Mons.r vescovo di Savona (14 gen.). Monsù di Goumonte, gentiluomo inviato dal re Cristianissimo alla Sei. la Repubblica, ritorna a Genova e ha l’udienza da’ Ser.mi Collegi (31 gen.). Pi incipe Dorici dal Ser.mo duce (mar.). Monsù di Goumonte parte di nuovo (mar.). Pasqua (2 apr.). Don Antonio Mendoza dal Ser.mo (3 apr.). Li Ser.mi Collegi in S. Lorenzo a render grazie per la pace fatta con il sig.1' duca di Savoia (10 apr.). Don Antonio Mendoza, gentiluomo del re Cattolico qui residente, al Ser.mo trono (17 e 20 apr.). Mons.r vescovo di Sarzana (apr.). Don Antonio Mendoza dal Ser.mo duce (2 mag.). Mons.r vescovo di Serzana dal Ser.mo duce (3 mag.). Generali delle religioni de’ padri di Gesù Maria, de’ Bernabiti e de monaci olivetani di S. Stefano dal Ser.mo duce (25 mag.). Mons.1’ arcivescovo, tornato di Roma (28 mag.). Due Ecc.mi procuratori a visitare mons.1' arcivescovo, ritornato di Roma (5 giug.). Mons.1' arcivescovo da’ Ser.mi Collegi (8 giug.). Mons.1' di Brignato dal Ser.mo duce (23 giug.). Mons.r arcivescovo dal Ser.mo duce (24 giug.). Don Antonio Mendoza dal Ser.mo duce (25 giug.). Principe Doria dal Ser.mo duce (26 giug.). Ser.mo duce Alessandro Grimaldo fornì il suo governo, e se ne andò alla sua casa privata (27 giug.). — 294 — Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 Ing.). Creazione del Ser.mo duce Agostino Saluzo (4· lug.). Vescovo di Sarzana, padre generale de’ som (ischi, residente di Spagna, arcivescovo, principe Doria, a rallegrarsi col nuovo duce (5 lug.). Coronazione del Ser.1?10 duce Agostino Saluzo (1), con discorso del m.co Andrea De Ferarì e sermone del padre lettore di Castello (( Ing.). Mons.1' vescovo d’Albenga (14 lug.). Mons.1’ vescovo di Savona (14 lug.). Mons.r vescovo di Brignato (17 lug·.). Gentiluomo residente di Spagna (6 ag.). Sig.r Giovanni Pinchi, ambasciatore inglese alla Porta Ottomana (10 ag.). Visita fatta all’ambasciatore inglese (11 ag.). Ambasciatore inglese da' Ser.mi Collegi (12 ag.). Ambasciatore inglese dal Ser.mo duce ed Ecc. mi di Palazzo (15 ag.). Gentiluomo residente per Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (19 ag.). Reggente Don Antonio Gaeta (2), da Napoli per Spagna, dal Ser.mo duce (20 ag.). L’Ecc.111' Nicolò Doria e Bernardo Belliano dall’ambasciatore inglese (22 ag.). Visita fatta a Don Antonio Gaeta (31 ag.). Gentiluomo residente di Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.1111 residenti di Palazzo (3 sett.). Ecc.mi procuratori, Francesco M.a Balbi e Bernardo Ballano dall’ambasciatore inglese (4 sett.). Ambasciatore de\\‘imperatore, conte di Arache, che passa alla corte di Spagna (10 sett.). Mons.r vescovo d'Albenga (10 sett.). (1) Il 6 luglio fu fatto decreto che nelle orazioni solite a dirsi nell’incoronazione del doge alla dizione “ Regi nostro ” si sostituisse l’altra “ Duci nostro ” (Politicorum busta 14.% ine. n.° 15). (2) Antonio di Gaeta, gentiluomo napoletano e cosentino, cavaliere di Calatrava, fu successivamente avvocato de’ poveri, regio consigliere e presidente della Sommaria, patrocinatore in Roma della regia giurisdizione, reggente del Consiglio d’Italia m Madrid. Pubblicò un discorso sulla bolla Gregoriana sotto l’anagramma di Onantio Atega (Messina, 1673). — 295 — L’Ecc.mi procuratori Giovan Battista Centurione e Bernardo Ballano dall’ambasciatore inglese (13 sett.). Mons.1' vescovo di Amalfi dal Ser.mo duce (19 sett.). Ambasciatore veneto per Spagna (20 sett.). Solennità nuovamente imposta per la Beata Vergine, con panegirico del padre Maruffo gesuita (24 sett.). Festa del S.mo Rosario, con panegirico del padre lettore maggiore di Castello (1 ott.). Marchese di Po vara, gentiluomo straordinario spedito dalla corte Cattolica all’imperatore (2 ott.). Ambasciatore inglese da’ Ser.mi Collegi (5 ott.). Mons.1’ Raviza, nunzio di Portogallo, di ritorno dalla sua nunziatura (25 ott.). Gentiluomo residente del re di Spagna dal Ser.m0 duce (12 nov.). Giorno festivo della presentazione di Nostra Signora, con panegirico del padre Geronimo Grimaldo (21 nov.). Generale de’ padri zoccolanti, venuto di Spagna (6 e 14 die.). Gentiluomo residente del re Cattolico (23 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo, con orazione di Giovan Battista Serra (1 gen. 1674). Gentiluomo del re Cattolico qui residente da’ Ser.ml Collegi (5 gen.). Principe Boria dal Ser.mo duce per le buone feste (6 gen.). • Gentiluomo residente per il re di Spagna dal Ser.mo duce (11 gen.). Visita fatta al signor di Monaco, giunto da Monaco (21 gen.). Don Antonio Gaeta, reggente di Spagna e del Consiglio d Italia dal Ser.mo duce, partendo per Spagna (22 gen.). Il Ser.mo duce a festa in casa dell’Ecc.mo Alessandro Giustiniano, che maritò sua figlia con il m.co Bartolomeo Saluzo (24 gen.). Li'Ser.mi Collegi alle monache di Nostra Signora delle Grazie, con predica di un padre cappuccino da Pesaro (25 feb.). Gentiluomo residente del re di Spagna (27 feb.). Principe di Monaco, che parte per Monaco, dal Ser.m0 (2 mar.). Principe Boria dal Ser.m0 duce (5 mar.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (13 e 17 mar.). Ser.mo Senato alla chiesa della Pace (18 mar.). — 296 — L’Ecc.mo Stefano Onorato de Franchi, in luogo del fu Ecc.mo Alessandro Giustiniano (20 mar.). Pasqua (25 mar.). . Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce (31 mar.). Battesimo in cappella di Palazzo di un figlio del m.00 Bernardo Garbarino dell’Ecc.™ Francesco Maria (31 mar.). Il vescovo di Aiaccio (16 apr.). Mons.1’ arcivescovo dal Ser.mo duce, per andare a Roma (28 api·.). Giorno dell'Ascensione del Signore, con sermone del teatino padre Quattrocase napolitano (3 mag.). Padre Francesco Guinigi lucchese, generale delli padri della Madre di Dio (9 mag.). Gentiluomo residente del re Cattolico (14 mag.). Mons.r Timoteo arcivescovo armeno di Mordino e Babilonia (mag.), Gentiluomo residente per la corte di Spagna (1 giug.). Il Ser.mo duce andò alla chiesa di Nostra Signora del Monte (13 'giug.). Principe Doria dal Ser.mo (14 giug.). Conte di Pitenche, ambasciatore Cesareo che ritorna dalla corte di Spagna (15 giug.). Padre generale della Crocetta (17 giug.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (23 giug.). Passò per il Finale il principe di Ugni, che andava governatore di Milano (giug.). Ingresso delli cinque nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo, con orazione del medico Pizurno (1 lug.). Gentiluomo residente per Spagna (5 lug.). Monsignor Durazzo, nuovo vescovo dAleria in Corsica (23 lug.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna dal Ser.m0 duce ed Ecc.mi residenti (28 lug.). Gentiluomo qui residente per la corte di Spagna (31 lug.). Mons.1' vescovo di Brignè (2 ag.). Mons.1’ Doria, vescovo di Ne!no, giunto di Corsica (4 ag.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (4 ag.). Battesimo in la cappella d’un figlio del sig.r Giovan Battista Sa-luzo (5 ag.). Principe Doria dal Ser.mo duce (26 ag.). Mons.r Doria, vescovo di Nebio (2 sett.). 297 — Gentiluomo residente per la corte Cattolica (8 sett.). Giorno dell’Unione, con sermone del padre Cambiagio somasco (l‘2 sett.). Mons.1’ vescovo di Brignè (23 sett.). Besta ad onore della Beata Vergine, con panegirico del padre Pallavicino gesuita (24 sett.). Gentiluomo residente di Spagna (30 sett. e 5 nov.). Generale de’ R.di padri agostiniani (11 nov.). Mons.1' Doria, vescovo di Nebio (25 nov.). Padre generale delli agostiniani (11 die.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (22 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Mons.r vescovo di Nebbio (27 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori e procuratori a Palazzo con orazione del m.co G. B. Bargaglio dottore di Collegio (1 gen. 1675). Il principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo (19 gen.). Mons.r vescovo di Serzana (22 gen.). Ecc.mo Giovan Giorgio Giustiniano pigliò il possesso al governo nel Ser.mo trono, in luogo del quondam Ecc.m0 Nicolò Serra (28 gen.). Il vescovo di Aiaccio dal Ser,mo duce, di passaggio per Roma (4 feb.). Il residente di Spagna dal Ser.mo (7 mar.). Mons.r vescovo di Savona (28 mar.). Residente di Spagna dal Ser.mo duce (4 apr.). Pasqua (14 apr.). Mons.1’ vescovo di Aiaccio, venuto da Roma (15 apr.). Residente di Spagna dal Ser.mo duce (18 apr.). L’Ecc.mo Innocenzo Fiesco a Palazzo, in luogo del quondam Ecc.mo Giovan Pietro Spinola (19 apr.). Giunta in Genova di monsù di Goumonte, gentiluomo inviato del re Cristianissimo (20 apr.). Giuuta a Palazzo dell’Ecc.mo Bartolomeo Torre, in luogo del quondam Ecc.mo Giovan Giorgio Giustiniano (23 apr.). Residente di Spagna dalli Ser.mi Collegi (24 apr.). Il Ser.mo duce in casa del m.co Giovan Carlo Serra per lo spo- — 298 — salizio del m.co Giacomo suo figlio con la figlia del m.co Giovan Carlo (24 apr.). Giunta in S. Pier d’Arena del sig.1- Cardinale Grimaldi (26 apr.). Monsù di Goumonte, gentiluomo del re Cristianissimo dal Ser.mo ' o duce ed Ecc.mi residenti (27 apr.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (28 apr.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (2 e 11 mag.). Mons.1' vescovo Botto del Regno di Napoli (1) dal Ser.mo duce (10 giug.). Gentiluomo l’esidente per la corte Cattolica (22 giug.). Principe di Monaco, da Francia (29 giug.). Solennità nella chiesa di S. Carlo per il beato Giovanni della Croce (30 giug.). Ingi'esso delli nuovi cinque Ecc.mi senatori estratti per il Ser.mo Trono, con orazione del d.r Viceti medico collegiato (1 lug.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (2 lug.). Il Ser.mo duce Agostino Saiuso terminò il suo governo, e andò a sua casa (4 lug.). Elezione del Ser.mo duce Antonio Passano (11 lug.). Principe di Monaco dal Ser.mo (12 Ing.). Mons.r vicario archiepiscopale (12 lug.). Mons.1' vescovo Botto di residenza in Regno di Napoli (13 lug.). Il padre inquisitore (13 lug.). Coronazione del Ser.mo duce Antonio Passano, con discorso del m.co Domenico Donati e sermone del padre Domenico Dezza (20 lug.). Principe Doria dal Ser.mo duce (22 lug.). Mons.r vescovo à’Albenga (26 lug.). Gentiluomo residente per il re Cattolico (1 ag.). Giorno dell’Unione, con sermone del padre Durazzo teatino (12 sett.). Visita fatta alla sig.a marchesa di Villa, moglie del marchese di Villa Garzia residente qui per la corte Cattolica (12 sett.). Marchese di Villa Garzia dal Ser.™ ed Ecc.mi di Palazzo (14 sett.). (1) Antonio Botto, genovese, dell’ordine somasco, fu fatto vescovo di Minori nella costiera di Amalfi (1670). Morì il 1683 — 299 — Cardinale Spada, che di Francia passa a Roma (14 sett.). Principe Boria dal Ser.mo duce (19 sett.). Gentiluomo l’esidente per la corte Cattolica (14 ott.). Mons. vescovo Airoli dal Ser.mo duce (19 ott.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (19 ott.). Giunta in Genova del sig.1' marchese, di Astorga già viceré di Napoli (25 ott.). , r Viceré dell’ Ameyo, ambasciatore del principe di Portogallo al pontefice (3 nov.). Giorno della S.ma presentazione di Nosta Signora, con sermone del padre Tasorello gesuita (21 nov.). Gentiluomo residente per la corte di Spagna (nov.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (8 die.). Giunta in Genova d’un gentiluomo inviato dal re d1 Inghilterra in Italia (9 die.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica dal Ser.mo ed Ecc.mi residenti di Palazzo (15 die.). Gentiluomo inviato del re d’Inghilterra dal Ser.mo duce ed Ecc.mi residenti di Palazzo (21 die.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Gentiluomo residente per la corte Cattolica (27 die.). Ingresso delli cinque nuovi Ecc.mi, tre senatori e due procuratori, con orazione del leggista collegiato Vadorno (1 gen. 1670). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (2 gen.). Principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Nipote del marchese di Astorga viceré di Napoli dal Ser.mo duce (17 gen.). Giorno e festa di S. Sebastiano, con predichetta del figlio del m.00 Marc’Antonio Doria (20 gen.). Principe Doria dal Ser.mo duce (1 feb.). Il Ser.mo duce alle monache di S. Tommaso, di Nostra Signora delle Grazie, di S. Sebastiano e di S. Andrea a vedervi la sorella e le figlie (12 feb.). Gentiluomo del re d'Inghilterra da’ Ser.mi Collegi (20 feb.). Gentiluomo qui residente per la corte Cattolica (27 feb.). Principe di Monaco dal Ser.mo, giunto da Venezia (1 mar.). Mons.1’ vescovo d'Acqui dal Ser,mo duce (7 mar.). 300 — Padre generale de’ canonici regolari (8 mar.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica da Ser.mi Collegi, e visitato (16 mar.). Pasqua (5 apr.). Gentiluomo qui residente per la corte Cattolica (26 apr.). Mons.1’ vescovo di Savona (7 mag.). Festa di S. Filippo Neri, con predica del padre Dezza (26 mag.). Giunta in Genova del marchese de las Naves, viceré di Sardegna (28 mag.). Padre generale delli olivetani (11 giug.). Ing l’esso delli cinque senatori nupvamente estratti al governo del Ser.mo Trono, con orazione del medico collegiato Rolino (1 lug.). Padre generale di Gesù Maria (lug.). Residente per la corte Cattolica (lug.). Padre Generale di Gesù Maria (23 ag.). Giorno dell'Unione, con sermone del padre Torre gesuita (12 sett.). Giorno dedicato al nome di Maria, con sermone del padre Palombo gesuita (2-1 sett.). Marchese del Viso (26 sett.). Elezione del nuovo pontefice Innocenzo XI (1 ott.). Festa del S.mo Rosario, con sermone del padre Giustiniano (4 ott.). Giunta in Genova del sig. cardinale Grimaldi (26 ott.). Residente per la corte Cattolica dal Ser.mo duce ed Ecc.mi residenti di Palazzo anzi al Ser.mo trono, per dar parte dell’accasamento di S. M.tà Cattolica con le figlie dellTmperatore (30 ott.). Passaggio da Roma in Francia del sig. cardinale di Buglione (2 nov.) Giunta in Genova del R. padre generale de’ zoccolanti (4 nov.). Giunta in Genova delli sig.ri cardinali lìez e Bonzi (7 nov.). Festa di Nostra Signora delle Vigne, con sermone del padre Nicolò Palombo gesuita (21 nov.). Vigilia e giorno di Natale; abate di Bisagno. Residente, di Spagna dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo unitamente (26 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del leggista collegiato Pastore (1 gen. 1677). Principe Doria a dar le buone feste al Ser.mo duce (6 gen.). Residente di Spagna a Palazzo (gen.). - 301 — Principe Doria a Palazzo dal Ser.mo duce, per andare a Roma (3 feb.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (4 feb.). Battesimo in cappella di Palazzo d’una figlia del m.co segretario Andrea Tesorello (2 feb.). Giunta in Genova da Civitavecchia per Francia del sig.1’ cardinale de Tre (24 feb.)(l). Pasqua (18 apr.). Giunta in Genova da Sicilia, Napoli e Roma per Spagna del duca di Ferrandina, viceré di Sicilia (7 mag.). Solennità dell’Albergo di Carbonara, con sermone del prete Merello (27 mag.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (1 e 9 giug.). Ingresso delli cinque nuovi Ecc.mi senatori, con orazione di Trombetta (1 lug.). Principe Doria, di ritorno da Roma (3 lug.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica eletto ambasciatore alla Repubblica di Venezia (7 lug.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica, a licenziarsi dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo unitamente (8 lug.). Il Ser.mo duce Passano alla sua casa privata (11 lug.). Visita fatta al sig.1’ marchese di Villa Garzia, gentiluomo qui residente per la corte Cattolica (13 lug.). Elezione del Ser.mo duce Giovannettino Odone (16 lug.). Vicario, vescovi di Brignato, Marini e di Albenga, principe Doria a rallegrarsi col nuovo duce (17, 18 e 22 lug.). Coronazione del Ser.mo duce Giovannettino Odone, con discorso del m.co Giacomo Spinola e sermone del padre Palombo gesuita (24 lug.). Don ..... della Queca, duca à'Alburqueque, per Spagna (30 lug.). Mons.1’ di Nebio dal Ser.mo (2 sett.). Giorno dell’Unione, con panegirico del padre Ugo domenicano (14 sett.). (1) Leggi « Cardinal d'Estrèe »; che fu Cesare, fratello di quel duca Francesco Annibaie II, cli’è menzionato nella nota (2) alla pagina 291. - 302 - Mons.r vescovo di Erignato (14 sett.). Giorno dedicato a solennizzare il nome di Maria Nostra Signora fin dall’anno 1673 (24 sett.). Mons.1- vescovo Marini, partendo per Roma (9 ott.). Ambasciatore della Repubblica di Lucca, che passa di residenza in Spagna (7 die.). Il padre inquisitore dal Ser.mo duce (23 die.). Nuovi Ecc.mi senatori e procuratori a Palazzo, con orazione di Serra (1 gen. 1678). Il principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Generale de’ padri francescani scarpanti (23 gen.). Padre generale de’ francescani di Castelletto (9 feb.). Don Emanuele Colonna, inviato ordinario e qui residente per la Maestà Cattolica (δ feb.). ■ Don Emanuele Colonna da’ Ser.mi Collegi, e prima fatto visitare (10 mar.). Don Emanuele Colonna dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo (13 mar.). Duca Doria, uscito di minore età, dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (27 mar.). Nota fatta per la gita in S. Lorenzo del Ser.m0 Senato alle prediche di venerdì di marzo (1 apr.). Pasqua (11 apr.). Mons.r Martini, vescovo di Sagona in Corsica nuovamente eletto, giunto di Roma per passare alla sua residenza, dal Ser.mo duce (12 mag.). Battesimo in cappella di Palazzo d’un figlio del m.co Giovan Nicolò de Franchi (15 mag.). Mons.r vescovo di Aleria (26 mag.). Visita fatta al residente Colonna di Spagna (6 giug.). Ordine che il sottocancelliere Giovan Stefano Granera sostituisca il maestro delle Cerimonie indisposto (12 giug.). Mons.r vescovo di Serzana dal Ser.m0 duce (giug.). Mons.1’ vescovo Senarega (16 giug.). Mons.1’ vescovo Senarega da’ Ser.mi Collegi (17 giug.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (18 giug.). Processione generale straordinaria per implorare il divino aiuto (19 giug.). — 303 — Li nuovi Ecc.mi senatori e procuratori a Palazzo, con oi'azione del medico Costa (1 lug.). Mons.r vescovo di Serzana, che torna a Serzana (2 lug.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (31 lug.). Il sig. r duca Doria dal Ser.mo duce (3 ag.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (7 ag.). Padre generale carmelitano scalzo (8 ag.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (14 ag.). Gran tesoriere di Polonia, da Livorno (15 ag.). Mons.r vescovo Martini dal Ser.mo duce (15 ag.). Festa per l’Unione, con sermone del prete Viale (12 sett.). Mons.r vescovo Martini, che torna alla sua chiesa (15 sett.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (20 sett.). Festa per il nome di Maria, con sermone del padre Dezza (24 sett.). ■ Residente di Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (29 sett.). Padre generale de’ teatini dal Ser.mo duce (12 nov.). Padre generale de’ camaldoli di S.ta Tecla (15 nov.). Festa di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Santini lucchese, somasco (21 nov.). Padre inquisitore dal Ser.m0 duce (22 die.). Il residente di Spagna dal Ser.mo duce (27 die.). Duca Doria dal Ser.mo duce (28 die.). Ingresso delli Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione del dottor collegiale Isola (1 gen. 1679). Visita fatta al Ser.mo duce da un padre carmelitano scalzo fratello del viceré di Napoli (1 gen.) (1). Gentiluomo residente per la corte Cattolica dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (6 gen.). Principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). (1) Γ1 viceré di Napoli nel 1679 era il marchese los Velez de Don Ferrante Gioacchino Faxardo de Zunica. Probabilmente questo fratello di lui, carmelitano scalzo, fu quel Diego de tunica che Nicolò Toppi nella sua Biblioteca Napoletana (Nap., Bu-lifon, 1678) disse ch’era napoletano, benché di casa spagnuola, prima gesuita, poi prete secolare, autore di prose e di poesie che l’autore menziona, fra cui La cetra lagrimosa stampata in Roma il 1670. Il Candida Gonzaga (Famiglie nobili meridionali, voi. ii, pag. 217) lo dice monaco dell’ordine degli eremiti e professore di teologia in Ossuna, — 304 — Ingresso dell’Ecc.mo Luca M.a Invrea, in luogo del defunto Ecc.mo , Giacinto Salle (13 gen.). Il Ser.mo duce in casa del m.co Leonardo Cattaneo per festa di ballo (δ feb.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica del Ser.mo duce ed Ecc.mi residenti (19 feb.). L’Ecc.mo Vincenzo Giustignano in luogo del quondam Ecc.mo Giovanni Agostino Pinello (23 feb.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (10 mar.). Pasqua (2 apr.). Gentiluomo residente di Spagna a Palazzo (2 apr.). Giunta in Genova della squadra delle galere del re di Francia in numero di 28 con stendardo, con la duchessa di Niverse (1), (16 giug.). Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione di Gibone il giovane (1 lug.). Giunta in Genova del figlio naturale del re d’Inghilterra sopra d’una nave da guerra, duca di Grafeton (6 lug.). Principe Doria dal Ser.mo duce (11 lug.). Il Ser.mo duce Giovannettino Odone fornì il suo biennio e ritornò da Palazzo a sua casa privata (16 lug.). Elezione del Ser.mo duce Agostino Spinola (29 lug.). Il principe e il duca Doria, mons.r Doria vescovo di Nebio, residente di Spagna, a rallegrarsi col nuovo duce (30 e 31 Ing., 3 ag.). Duca Doria dal Ser.mo duce (31 lug.). Mons.1' Doria, vescovo di Nebio (31 lug,). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (3 ag.). Coronazione del Ser.mo duce Agostino Spinola, con discorso del m.co Giulio Cesare Gentile e sermone del prete Giovan Battista Viale (5 ag.). Camerata dell’ambasciatore polacco, cavaliere Ltdwmischi, che era restato ammalato a Toi’ino (17 ag.). Il vescovo di Nebio, che torna alla sua chiesa (24 ag.). Mons.1' vescovo di Albenga (26 ag.). (1) La duchessa di Nevers nel 1679 era Isabella Chiara d’Austria, figlia dell’ar-ciduca Leo]x>ldo, vedova (1665) di Carlo III Gonzaga duca di Nevers e poi duca di Mantova e di Monferrato. Suo marito, assunta la nuova successione negli Stati gon-zagheschi d’Italia, aveva venduto Nevers e le altre sue terre di Francia al Cardinal Mazzarino (11 lug. 1659), che, morendo, le lasciò al nipote Filippo Giulio Mancini. — 305 — Nuova giunta in Genova delle galee di Francia con stendardo e genei’ale, ed esse in numero di 28, che da Levante posavano a Ponente (11 sett.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica, ad annunziare lo stabilito matrimonio del re con la figlia del duca d’Orleans (23 sett.). Visita fatta al gentiluomo qui residente per la corte Cattolica in occasione degli sponsali del suo re (5 ott.) (1). Mons.1 vescovo di Savona, ritornato da Roma (4 ott.). Il duca Doria dal Ser.mo duce (5 ott.). Il generale de’ padri cappuccini (16 nov.). Giunta in Genova di otto galere di Francia con la padrona reale e luogotenente generale Novaglie,s (21 nov.). Li Ser.mi Collegi a Nostra Signora delle Vigne, con sermone del padre Fossa somasco (21 nov.). Padre generale di S. Bernardo (26 nov.). Battesimo in cappella di Palazzo della figlia dell’Ecc.mo Giovan Tommaso Giono, nata in Palazzo (21 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, duca Doria, residente di Spagna. Ingresso delli nuovi Ecc.mi sig.1'1 senatori e procuratori in Palazzo, con orazione del dottor collegiato Ottone (1 gen. 1680). Battesimo in cappella di Palazzo d’una figlia del m.co sig.1' Andrea Tassorello segretario della Ser.ma Repubblica (1 gen.). Giunta in Genova d otto galere di Francia con galera padrona reale (14 gen.). Il duca Doria dal Ser.mo duce per domandare una galera (18 gen.). Giunta di otto galere di Francia con padrona reale sotto comando di monsù Mansè (13 feb.). Padre generale delli somasclii (29 feb.). (1) Il re di Spagna Carlo II, diciottenne, sposò la malvolente Maria Luisa di Francia, figlia di Filippo duca d’Orleans fratello del re Luigi XIV. Si narra che il re-zio, vedendola triste (la ragazza aveva adocchiato il delfino di Francia), le abbia detto: « Ma io invero non saprei far di meglio per una mia figlia »; e ch’ella abbia risposto: « Ahimè! potreste far di meglio, invece, per vostra nipote ». Ella mori il 1689 (12 feb.), ventisettenne. Carlo II non trasse figli nè da lei, nè da Maria Anna di Neoburgo, che sposò subito dopo la vedovanza (1690), lasciando all’Europa la funesta eredità delle guerre di successione di Spagna. 20 306 - Il sig.r duca Doria dal Ser.1110 duce, partendo per Palermo a condurvi una sua sorella a maritare (29 feb.). R.d° generale de’ minimi dal Ser.mo duce (13 mar.). Giunta in Genova di otto galere di Francia con padrona reale, comandate da monsù D’itpede (1 apr.). Pasqua (21 apr.). Ritorno delle galere di Francia da Civitavecchia, comandate dal commendatore D’upede (6 mag.). Il duca Dona a Palazzo (mag.). Navi del re di Francia (22 giug.). Giunta in Genova di dodici galere con padrona reale del re di Francia, comandate dal luogotenente monsù della Novaglies (28 giug.). Mons.1- Doria, prelato di segnatura, giunto di Roma (29 giug.). Nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del medico Trombetta (1 lug.). Padre generale de’ R.di bernabitì (20 lug.). Mons.1' vescovo di Albenga (25 lug.). Figlio primogenito del generale delle galere di Francia, monsù de Vicone (1), da Marsiglia per Livorno (3 ag.). Conte di Egemonte fiammingo, viceré di Sardegna, che va alla sua carica (15 ag.). Arrivo in Genova di dodici galere di Francia col luogotenente Novaglies (20 ag.). Principe Doria dal Ser.mo duce (1 sett.). Giorno dell’Unione, con sermone del padre Mansi somasco (12 sett.). Padre Ginesio Malfanti, eletto generale de’ somaschi (15 sett.). Giorno festivo al glorioso nome di Maria, con sermone del padre Gramatica lucchese (24 sett.). Mons.r vescovo Marini, ritornato da Roma, dal Ser.mo duce (29 sett.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (3 ott.). R.mo padre generale de’ carmelitani scalzi (13 ott.). Residente di Spagna (10 die.). (1) Luigi de la Roehechouart, duca di Mortemar, figlio del maresciallo e pari di Francia Luigi Vittorio duca di Vivonne e ammiraglio di Francia e di Antonia Luigia de Mesmes. — 307 — Gentiluomo residente per la corte Cattolica-(die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, residente di Spagna, duca Doria, vescovo Marini. Giunta in Genova del sig.r Don Francesco M.a Spinola duca di S. Pietro, nuovo grande di Spagna (30 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori e procuratori a Palazzo (1 gen. 1681). Principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Mons.r vescovo Marini, che parte per Roma, dal Ser.mo duce (14 gen.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (18 gen.). Padre generale di Gesù Maria dal Ser,mo duce (2 mar.). Giunta in Genova di otto galere di Francia con padrone reale, comandate da monsù di Mansè (23 mar.). Il Ser.mo Senato alle prediche in S. Lorenzo de’ predicatori padre Gramdtica lucchese, padre Luccioni domenicano, padre Marra teatino napolitano, padre Perini (mar.). Il padre generale di Gesù Maria dal Ser.mo duce, passando in Francia (10 apr.). Ritorno dalle coste di Levante di otto galere di Francia (12 apr.). Nuovo mons.1’ arcivescovo, giunto in Genova per la prima volta (11 mag.). Duca Doria dal Ser,mo duce (15 mag.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce (15 mag.). Il Ser.mo Senato a messa alla Foce per i miracoli ivi seguiti (18 mag.). Il sig.1' duca di fi' Pietro Spinola partendo per Milano, dal Ser.mo duce (13 giug.). Mons.1' vescovo di Savona (19 giug.). Gentiluomo residente del re Cattolico (26 giug.). Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione del medico collegiato Costa (1 lug.). Nuovo padre inquisitore dal Ser.mo duce (2 lug.). Ser.mo duce Agostino Spinola a sua casa privata (29 lug.). Giunta in Genova di dieci galere di Francia con capitana reale, comandate dal generale duca di Mot Marte figlio del duca di Vivone (20 lug.) (1). (1) Pel duca di Mortemar vedi la nota precedente. — 308 — Elezióne del Ser.mo duce Luca M.a Invrea (13 ag.)· Visite al Ser.mo duce di mons.1' arcivescovo, del padre inquisitore, del sig.1' principe Doria, del residente di Spagna, del sig.1 duca di S. Pietro, del vescovo Pinello, del padre generale de somaschi, duca Doria, per rallegrarsi (L6 e 17 ag.). Il Ser.mo duce alle monache di S.a Brigida, a vedere la figliuola ivi in educazione (10 sett.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (11 sett.). Giorno deH’Unione della Ser.ma Repubblica, con sermone del padre Gramdtica (12 sett.). Giunta in Genova di dieci galere di Francia, che da Levante tornano a Ponente, con capitana reale, comandate dal generale duca di Mot Mar (14 sett.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.ino duce (19 sett.). Il Ser.mo duce alle monache di S.a Maria in Passione, a visitarvi la sorella (9 ott.). Padre generale della Madre di Dio (15 ott.). Mons.1' Spinola, vescovo di Serzana (18 ott.). Il Ser.mo duce privatamente alla Pace per la festa di S. Pietro d’Alcantara (19 ott.). Giunta in Genova della sposa moglie del gentiluomo residente per la corte Cattolica (11 nov.). Galere di Francia di ritorno da Levante, con padrona reale, comandate dal luogotenente Novaglies (25 nov.). Il sig.r principe di Monaco (27 nov.). Li Ser.mi Collegi alla nuova chiesa dei titolo della Madre di Dio, nuovamente aperta (7 die.). Padre generale de’ canonici lateranensi (8 die.). Il sig.r principe Boria dal Ser.mo duce (9 die.). Il duca Doria dal Ser.m0 duce (19 die.). Funzioni e compimenti di Natale; padre inquisitore, arcivescovo, abate di Buagno, residente di Spagna. Coronazione del Ser.mo duce Luca M.a Invrea, con discorso del m.co Francesco Antonio Mala Spina e sermone del gesuita Perini (27 die.). Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione di Giovan Marco Paggi (1 gen. 1682). Il principe Doria dai Ser.mo duce (6 gen.). — 309 — Duca di S. Pietro [Spinola] dal Ser.mo (16 gen.). Battesimo in cappella di Palazzo del figlio del m.00 Ippolito Invrea (18 gen.). Duca Doria dal Ser.mo duce (25 gen.). Principe Doria a Palazzo, partendo per Milano (25 gen.). Il Ser.mo duce a}|e monache di S.a Brigida, a vedere la figliuola (7 feb.). Duca Doria dal Ser.mo (18 feb.). Principe Doria dal Ser.mo duce (19 feb.). Galere di Francia in numero di undici, con padrona reale, comandate da monsù Bertesce (20 feb.). Ritorno delle galere di Francia, in numero di otto, comandate da monsù Bertesce, da Livorno per passare in Francia (10 mar.). Padre generale de’ cappuccini, venuto di Francia (19 mar.). Pasqua (29 mar.). Padre inquisitore dal Ser.mo per partire per Lombardia pel capitolo provinciale (7 apr.). Duca di S. Pietro dal Ser.mo (12 apr.). Duca di S. Pietro dal Ser.mo duce, partendo per Spagna (26 apr.) R.mo padre generale de’ monaci di S. Bernardo (30 apr.). Duca di S. Pietro dal Ser.m0 duce, per ringraziare della galera concessagli per passare in Spagna (30 apr.). Festa di S.a Monica (11 mag.). Padre inquisitore, di ritorno, dal Ser.mo duce (12 mag.). Duca di S. Pietro dal Ser.mo duce, a licenziarsi (13 mag.). Duca Doria dal Ser.mo duce (13 mag.). Don Emanuel Colonna, gentiluomo qui residente per la Maestà Cattolica (18 mag.). Monsù di S. Tolone, gentiluomo inviato dal re di Francia alla Ser.ma Repubblica (25 mag.). Gentiluomo residente per la corte Cristianissima di Francia i1 g'ug·)· Madama di S. Tolone, moglie del ministro qui residente per la Corte di Francia, dal Ser.mo duce P giug ) (1)· (1) Forse la presenza di questa dama, ohe qui troviamo sovente in visita a Palazzo, détte motivo al decreto del 2 giugno 1682, eoi quale si ordinò ohe nella cassetta serbata “ nel Serenissimo Trono ” si tenesse un registro pandettato, in cui si do- — 310 — , » Ingresso delli cinque nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione di Gibone il giovane (1 Ing.). Il sig.1' duca Doria dal Ser.mo duce, partendo per Napoli (2 lug.). Festa di ballo in casa dell’Ecc.mo Agostino Saluzo ad Albaro per le nozze della figlia con il sig.1' Prospero Doria (5 lug.). Madama di S. Tolone dal Ser.mo duce (10 lug.). Padre generale di S. Agostino (22 lug.). Gentiluomo residente per la corte di Francia a Sex.1111 Collegi, ad annunziare la nascita del figlio del delfino (14 ag.)· Madama di S. Tolone dal Ser.1110 duce (10 ag.). Gentiluomo residente per il re di Francia (21 ag.). Ser.mo duce alle monache di S.a Brigida, a vedere sua figlia (3 sett.). Giorno e festa per FUnione, con sermone del padre Massimiliano Dezza (12 sett.). Residente- di Francia a Palazzo. (19 ott.). Residente di Spagna a Palazzo (22 ott.). Padre generale de’ monaci olivetani (22 ott.). Principe Doria a Palazzo (29 ott.). Giunta in Genova di dieci galere di Francia, con capitana reale e generale duca di Mot Marte (30 ott.) (1). Monsù di S. Tolone a Palazzo (δ nov.). Don Emanuel Colonna a Palazzo (7 nov.). Mon.1' arcivescovo dal Ser.m0 duce (7 nov.) Gentiluomo residente per la corte di Francia (10 nov.). Madama di S. Tolone dal Ser.™ duce (11 nov.). Duchessa Doria dal Ser.m0 duce per rallegrarsi dell annunzio di aver maritata sua figlia (12 nov.). La. Principessa Doria dal Ser.mo per la medesima causa (1 ( nov.). Li Ser.mi Collegi a Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Merello somasco (21 nov.). Ritorno delle dieci galere di Francia (22 nov.). vesserò annotare tutti i cittadini che ottenessero licenza di visitare i ministri esteri (Politicorum busta 15.», ine. n." 116). Il 15 gennaio 1683 gl'inquisitori di Stato chiesero che si disponesse che ogni sabato si dovesse dar la nota di coloro cui da’ Collegi fosse stato concesso di fare tali visite (Ivi, busta 16.“, ine. n.° 2). (1) Per il duca di Morlemar vedi le note a pag. 806 e 307. — 311 — Padre generale de" zoccolanti, giunto di Spagna (1 die.). Gentiluomo residente per la corte Cristianissima (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, padre inquisitore, monsù di S. Tolone, abate di Bisagno, residente di Spagna. Li Ser.mi Collegi alla Madre di Dio (27 die.). Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo, con orazione del m.°° dottor Costa (1 gen. 1683). Il principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Mons.1’ Spinola, vescovo di Serzana (17 gen.). Il Ser.mo duce alle monaclie di Nostra Signora delle Grazie e di S.a diaria in Passione (7 feb.). Il Ser.mo duce alle monache di S.a Brigida (14 feb.). Gentiluomo residente per la corte di Francia (25 feb.). Il Ser.mo duce alla festa in casa del m.co Eugenio Durazo (28 feb.). Passaggio di due galere del gran duca di Fiorenza, che da Livorno portavano a Marsiglia imbarcato il marchese de los Veles, che. terminata la sua carica di viceré di Napoli (1), passava in Spagna (9 mar.). Gentiluomo residente per il re di Francia innanzi a’ Ser.mi Collegi in seduta segreta (5 apr.). Gentiluomo residente per il re Cattolico (8 apr.). Pasqua (18 apr.). Giunta in Genova d’un ambasciatore di Venezia di ritorno d’in Spagna (23 apr.). Passaggio di galera del papa col nunzio Ranuccio per Marsiglia (6 mag.)'. Gentiluomo residente per il re Cristianissimo (15 mag.). Gentiluomo residente per la corte Cattolica (16 mag.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor collegiato Marano (1 lug.). Battesimo in cappella di Palazzo della figlia del ni.00 Bartolomeo Saluzo (4 lug.). Mons.r Fieschi, vescovo di Marianna nuovo, giunto da Roma (8 lug.). Il Ser.mo duce Luca M.a Invrea terminò il suo biennio (13 ag.). (1) Pel marchese de los Velez, venuto viceré in Napoli il 1675, vedi la nota a pag. 308. — 312 — Conte Martinize, inviato Cesareo, alloggiato all’osteria di S.a Marta (1 giug.)· Elezione del Ser.mo Francesco Maria Imperiale per duce della Ser.ma Repubblica, e sua coronazione l’istesso giorno (18 ag.). Padre inquisitore, arcivescovo, residente di Francia, vescovi Fieschi e di Attenga, principe Doria, a rallegrarsi col nuovo duce (20 a 22 ag., 4 sett.). Il padre generale servita (ò sett.). Residente di Spagna dal Ser.mo ed Ecc.mi residenti (5 sett.). Padre generale servita, che parte (8 sett.). Giorno dell’Unioue, con sermone del padre Doleva. (12 sett.). Mons.1' Fieschi, vescovo di Marianna, partendo per la sua chiesa (14 sett.). Solennità del giorno destinato al nome di Maria, con sermone del padre Pierini gesuita (24 sett.). Festa d^l S.m0 Rosario, con sermone del padre Lucciolìi (3 ott.). Festa ed allegrezze per la vittoria e liberazione dell’imperiali e polacchi in Vienna contro il Turco (4 ott.) (1). Residente di Francia al Ser.mo trono (5 ott.). Duca Doria dal Sei\mo ed Ecc.mi di Palazzo (5 ott.). Mons.r Marini dal Ser.mo duce (12 ott.). La presentazione di Nostra Signora, con sermone del padre Mansi somasco (21 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, padre inquisitore, abate di Bisagno, residente di Spagna, vicario, duca Doria.· Ingresso delli nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo, con orazione di Giuseppe M.aBenielli (1 gen. 1684). Principe Dovia dal Ser.mo duce (6 gen.). Mons.r Durazo, nuovo vescovo di Savona, venuto da Roma (23 gen.). Nuovo residente per Spagna, Don Carlo Bassani (20 feb.). Don Manuel Colonna già residente di Spagna, a licenziarsi (21 feb.). Don Carlo Bassano, nuovo residente per la corte Cattolica, dal Ser."10 duce ed Ecc.mi di Palazzo (25 feb.). (1) Si riferisce alla battaglia del 12 settembre 1683 sotto le mura di Vienna, nella quale Giovanni Sobieschi, re di Polonia, ruppe i turchi, salvando cosi la capitale del-Plmpero e, con quella, la Cristianità. Don. Carlo Bussano al Ser.mo trono, come nuovo residente per la corte Cattolica (23 mar.). Pasqua (2 apr.). Duca Doria a Palazzo, partendo per Napoli al governo delle sue galere (6 apr.). Residente di Spagna a Palazzo (6 apr.). Monsù de Villechier, figlio del duca d’Oumont (6 apr.) (1). Generale de R.di padri di S. Bernardo (17 apr.). Padre generale de’ somaschi (20 apr.). Visita fatta al residente Colonna, che torna in Spagna (27 apr.). Partenza per la Francia di monsù di S. Tolone, residente del re di Francia (6 mag.). Giunta in Genova dell’armata di Francia, comandata da monsù' di Seneglie (18 mag.). Giorno e festa del Corpus Domini, che per gli accidenti seguiti li antecedenti giorni dell’armata di Francia non si fece la solita processione; ma solo nell’Albergo, d’onde si trovava di stanza il Ser.m0 duce, vi si unì li Ser.mi Collegi, e ivi, sentita messa, si fece la processione nel medesimo Albergo senza uscir dalle porte di esso (1 giug.). Residente di Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo uniti etc. ricevuto nell’Albergo (2 giug.). Mons.1’ arcivescovo dal Ser.mo all'Albergo, d’onde risedeva (7 giug.). Mons.1' Marini, giunto di Roma, dal Ser.mo duce (11 giug.). Mastro di campo Cordova dal Ser.mo, destinato al comando della soldatesca qui mandata dal governatore di Milano per li bisogni della Ser.ma Repubblica per la mossa guerra da’ Francesi (15 giug.). Giunta in Genova dell’armata delle galere del re 'Oattolico ed annesse quelle della Ser.ma Repubblica, tutte in numero di trentacin-que, e comandate dal generale marchese della Granya e le otto della Ser.ma Repubblica dal sig.1' Giovan Maria Doria commissario (16 giug·). Li Ser.mi Collegi deliberarono di andare collegialmente alla solennità solita farsi a nostra Signora del Carmine il 16 luglio, ritrovandosi il Ser.mo dace per le contingenze di guerra d’abitazione all’a- (1) Il marchese di Villequier era nato verso il 1661 da Luigi Maria d’Aumont duca di A uni on t e pari di Francia e da Maddalena Tellier. 314 — lutazione detta di nostra Signora del Refugio o sia l'Albergo di Carbonara (16 lug.). Estrazione delli cinque Ecc.mi senatori e procuratori che dovevano essere estratti per il primo di luglio decorso, trasportati al giorno 14 agosto. Festa di Nostra Signora, non in chiesa di S. Lorenzo, mezza rovinata dalle bombe, ma a Nostra Signora del Refugio, d’onde risedeva il Ser.mo duce (15 ag.). Giorno e festa deH’Unione, con predica del padre Cattaneo gesuita, solennizzata all’Albergo (12 sett.). Giorno festivo per il nome di Maria, con sermone del.padre Meréllà somasco, solennizzato al.1*Albergo (24 sett.). Festa del S.mo Rosario, con sermone del padre Mongiardino domenicano, al solito in S. Domenico (L ott.). Residente di Spagna dal Ser.mo ed Ecc.mi residenti unitamente (14 ott.). Giorno e festa di S.a Teresa, con sermone del m.00 Alessandro Grimaldo (15 ott.). Mons. r Marini dal Ser.mo duce (3 nov.). Processione generale di tutte le religioni, per riportare dall’Al-bergo di Carbonara le santissime ceneri di S. Giovan Battista, ch’ivi restavano riservate dalle rovine cagionate dalle bombe, in S. Lorenzo; donde usciti, li Ser.mi Collegi, accompagnarono il Ser.mo duce al palazzo del duca Doria in Strada Nuova, eletto per abitazione di Sua Serenità (5 nov.) (1). Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce al palazzo di Strada nova (6 nov. 1684). Principe Doria dal Ser.mo (8 nov.). (1) Il bombardamento della città di Genova da parte dell’armata di Francia nel maggio 1684 danneggiò il reai Palazzo della Signoria; la quale riparò nell’ampio edificio dell’Albergo de' poveri, detto di Carbonara, sito a mezza costa della collina, oome risulta pure dalle annotazioni di questo libro Ceremoniarum. Di là il 5 novembre passò nel palazzo del duca di Tursi di casa Doria sito nella nuova via, appunto per questo chiamata strada nuova, oggi via Garibaldi, la cui adattabilità a palazzo pubblico è stato nel sec. xix maggiormente esperimentata da quando venne destinato a sede del municipio di Genova. Di là partì il doge Imperiale Lercaro nel marzo 1685 per l’impostagli andata alla corte di Versaglia. Durante quell’assenza il 25 aprile fu decretata la uscita dal palazzo Doria per rientrare nel palazzo della Signoria e l’opportuno ringraziamento agli ospiti duca e duchessa di Tursi (Senato, filza 485, indicetto ài decreti pel 1684 e seg.). ' V' ·: · ' . 'V ·' —· 315 — Mons.r vescovo di Savona (20 nov.). Sig.1' duca di S. Pietro [Spinola], ritornato di Spagna, dal Ser.mo duce (28 nov.). Giunta di otto galere di più stuoli di Spagna, comandate dal generale della capitania di Napoli marchese di Cogogliudo (5 dic.) (1). Residente di Spagna dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo unitamente (27 die.). Per decreto de’ Ser.mi Collegi in questo anno il Ser.mo duce non ricevette compimenti di buone feste, e si tenne in detto giorno l’anticamera serrata (24- die.). Ingresso de’ nuovi Ecc.mi senatori e procuratori, con orazione di Annibai Celle (1 gen. 1685). U sig.1' principe Doria dal Ser.mo (6 gen.). Giorno di Nostra Signora di Purificazione (2 feb.). Ecc.mo Antonio Invrea a Palazzo, in luogo del m.c0 Rainiero Grimaldo (9 feb.). Padre generale de’ teatini dal Ser.mo duce (12 feb.). Il sig.1’ duca Doria dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo uniti (25 feb.). Il padre inquisitore dal Ser.mo duce per dargli il buon viaggio, dovendo Sua Serenità partire per Parigi (15 mar.). Mons.r arcivescovo dal Ser,mo che doveva partire per Parigi (19 mar.). Li Ser.mi Collegi a predica, per udire la predica del prete Viale, che era in grido d’eloquenza (23 mar.). Il 3er.mo Senato a predica, senza il Ser.mo duce, che giorni prima era partito per Parigi (30 mar.). Pasqua (22 mar.). Invito fatto da mons.1’ arcivescovo a messa solenne per la siccità (20 mar.). Giunta in Genova di 15 galere di Francia, con capitana reale e generale duca di Mot Marte (14 giug.). (1) Il marchese di Cogolludo era Don Luigi Francesco de la Cerda, primogenito del duca di Medinaceli e d’Alcalà Don Giovan Francesco e di Caterina Antonia d A-ragona Sandoval duchessa di Segorbia e di Cardona. Per la morte del padre (1691) divenne duca di Medinaceli. Fa viceré di Napoli (1695 a 1702). Sposò Maria Giron Sandoval figlia del duca di Ossuna. — 316 — Festa della S.ma Trinità all’Albergo di Carbonara, senza però il Ser.mo duce, quale era in Francia (17 giug.). Giorno e processione del Corpus Domini con l’intervento del Ser.mo duce, cli’era ritornato di Francia (1) (21 giug.)· 11 padre inquisitore dal Ser.m0 duce (23 giug.). Il sig.r duca di S. Pietro [Spinola] dal Ser.mo duce (‘25 giug.). Ritorno da Levante delle 15 galei’e di Francia (12 lug.). 11 Ser.mo duce Francesco M.a Imperiale, terminato il suo biennio, tornò a sua casa privata (18 ag.). Elezione del Ser.mo duce Pietro Durazzo (22 ag.). Residente di Spagna, arcivescovo, vicario, duca di S. Pietro, a rallegrasi al nuovo duce (24 ag.). Visita al sig.1’ d’Obeville, residente novamente qui per la Maestà del re di Francia (24 ag.). Coronazione del Ser.1110 duce Pietro Durazzo, con discorso del m.00 Ignazio Palavicino e sermone del padre maestro Santini domenicano (25 ag.). Mons.r vescovo di Albenga (29 ag.). Il residente di Francia dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo (1 sett.). Il sig.r principe Doria dal Ser.mo duce, a rallegrarsi (2 sett.). Festa e giorno dell’Unione, con sermone del prete Borzese ( 12 sett.). La sig.a principessa Doria a Palazzo, a visitare la sig.a Violante moglie del Ser.mo duce (15 sett.). Padre generale di S. Bernardo (20 nov.). Festa al glorioso nome di Maria, e Te Deum per le vittorie delParmi imperiali contro il Turco (24 sett.). Mons.r vescovo di Savona (27 sett.). Residente di Francia dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo uniti (1 ott.). Festa di S. Francesco d’Assisi (4 ott.). Giunta in Genova delle galere particolari del duca Doria, che vi era imbarcato come generale di esse (12 ott.). Mons.1' vescovo di Ventimiglia (30 ott.) (1) Sull’andata del doge di Genova in Francia molto fa scritto allora e poi in tutta Europa. Un riassunto recente di quanto si raccontò intorno all’udienza reale a Ver-saglia, compilato sn documenti in gran parte inediti, è nella memoria di Eugenia Chicca Ambassade du Doge de Géties à la cour de Versailles (Lucques, Baroni, 1917). — 317 — Residente di Francia dal Ser.mo duce ed Ecc.mi residenti uniti (8 nov.). Mons.1' vescovo di Ventimiglia (10 nov.). Battesimo nella cappella di Palazzo di una figlia del m.co Cesare Durazzo, figlio del Ser.mo Pietro (17 nov.). Festa di S. Fi’ancesco Saverio (3 die.). Il signore di Monaco visitato (7 die.). Principe di Monaco dal Ser.mo (8 die.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, principe di Monaco, residenti di Francia e di Spagna, abate di Bisogno, duca Doria. L ingresso de’ nuovi Ecc.mi senatori in Palazzo, con orazione di Ventura (1 gen. 1686). Principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Padre generale della religione detta la Madre di Dio (18 gen.). Residente di Francia a Palazzo (10 feb.). Il Ser.mo duce aue monache di Misericordia a vedere la figlia e altre monache parenti (14 feb.). Residente di Francia a Palazzo (16 feb. e 17 mar.). Principe Doria dal Ser.mo duce (28 mar.). Mons.1' vescovo di Brignato (28 mar.). Galere di Sardegna in numero di due, comandate dal generale Don Alfonso Gusman, con il conte di Fuenzalida, che da viceré di Sardegna passava governatore di Milano (4 apr.). Ambasciatore straordinario d’Inghilterra per il pontefice, conte di Meri (5 apr.). Visita al generale delle galere di Sardegna (6 apr.)· Pasqua (14 apr.). Ingresso de nuovi Ecc.mi senatori, con orazione di Pier M.a Trombetta (1 lug.). Ecc.mo Gregorio Garbarino in luogo del quondam Ecc.mo Vincenzo Grondilo (1 Ing.). Mons.1' Marini, venuto di Roma, dal Ser.mo (13 lug.). Duca Doria dal Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo uniti, partendo per Napoli con le galere come generale di esse (lug.). Mons.1' vescovo di Savona (10 ag.). Solennità e giorno di S. Bartolomeo (24 ag.). Allegrezze fatte dal pubblico per la promozione de’ tre cardinali nazionali Durazzo, Pallavicino, e Negrone (3 sett.). — 318 - Giunta in Genova eli sette galere, comandate dal sig.r duca Doria come generale di esse (4 sett.). Padre inquisitore dal 3er.mo duce, il cui fratello, che si trovava nunzio in Spagna, è stato promosso cardinale (7 sett.). Residente di Francia a Palazzo, a rallegrarsi (7 sett.). .Mons.1' vescovo di Albenga dal Ser.mo, a rallegrarsi (< sett.). Residente di Spagna dal Ser.m0 ed Ecc.mi, a rallegrarsi (7 sett.). Duca Doria dal Ser.mo ed Ecc.mi di Palazzo, a rallegrarsi (7 sett.). Residente di Spagna a Palazzo (7 ott.). Festa di S.a Brigida (8 ott.). Principe Doria dal Ser.mo, a rallegrarsi (8 sett.). Mons.r vescovo Marini, a rallegrarsi (10 sett.). Giorno dell’Unione, con sermone del prete GaHbaldo e Te Deum per l’impresa fatta dal l’imperiali della città Buda (12 sett.) (1). Padre generale-de’ bernabiti (14 ott.). Il sig.1' duca di Mantova (nov.). Mons.1- vescovo di Aiaccio, padre Giovan Paolo Invrea camaldolese (nov.). Festa di S. Leonardo (7 nov.). Presentazione di Nostra Signora, con sermone del padre Vadetaro teatino (21 nov.). Padre generale di Gesù Maria (23 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, residenti di Francia e Spagna, vescovi Marini e di Aiaccio, duca Doria. Battesimo in cappella di Palazzo della figlia del m.c0 Agostino Adorno dell’Ecc.1110 Giovan Battista (26 die.). Senatori nuovi a Palazzo, con orazione di Cassone (1 gen. 1687). Principe Doria a Palazzo (6 gen.). Ser.mo duce a’ sponsali della figlia del m.00 Giovan Battista Centurione col m.co Camillo Mari (10 feb.). Pasqua (30 mar.). Giorno di S. Antonio di Padova (13 giug.). Arrivo in Genova dell’inviato dal re Britannico, che passa a Firenze con lettere per la Ser.ma Repubblica (19 giug.). V (1) Bada, la capitale dell’Ungheria, fu presa di assalto dai cristiani il 2 settembre: il di 9 ne giunse la nuova a Eoma, e colà il 12, come a Genova, venne solennemente festeggiata (cfr. Musatosi, Annali). — 319 — Ingresso de’ nuovi Ecc.mi senatori (1 lug.). Contestabile Colonna, grande di Spagna (1). Marchese Spinola, grande di Spagna. Ari ivo in Genova di monsù Nòpaglies (2), tenente generala delle galere di Francia in numero di 15. Ritorno in Genova del medesimo monsù de Novaglies, luogotenente generale, con le 15 galere. Il Ser.mo duce Pietro Durazzo ritornò alla sua casa privata (23 ag.). Elezione del Ser.mo duce Luca Spinola (27 ag.). Monsù Duprè, gentiluomo residente di S. M.tà Cristianissima (27 ag.). Contessa di Melgar (3), già governatrice di Milano (ott.). Sig.1 marchese di Camerazza (4), generale delle galere di Napoli (12 nov.). Il residente di Francia a Palazzo (23 die.). Gli Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1688). Il Principe Doria dal Ser.mo duce (6 gen.). Pasqua (18 apr.). Ingresso de nuovi Ecc.mi venatori a Palazzo (1 lug.). Pasqua (10 apr. 1689). Funerali della regina di Spagna (28 apr.) (5). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Marchese di Camerezza, generale delle galere di Napoli (1 lug.). Il Ser.mo duce Luca Spinola ritorna a sua casa (27 ag.). Elezione del Ser.m0 duce Oberto dalla Torre (29 ag.). Visite di rallegramenti al Ser.mo duce (ag. - sett.). Giorno dell’Unione, con panegirico dell’oratore Borsese (12 sett.). Coronazione del Ser.mo duce Oberto della Torre, con discorso del figlio del sig.1' G. B. Pallavicino e sermone del padre Viale (17 sett.). Arrivo in Genova delle 28 galere di Francia, con tenente gene- (1) Pel contestabile Colonna vedi la nota a pag. 275. (2) Probabilmente si tratta di un successore di quel Filippo de Montault duca di Navailles, di cui è cenno nella nota (1) a pag. 236. (3) Per la contessa di Melgar -vedi la nota a pag. 289. (4) Emanuele Cornei Manrique de Mendoza Sormientos e Luna, IV marchese di Camerasa, marito d’isabella Portocarrero e Luna, (5) Cfr. la nota a pag. 305. - 320 — rale Namglies, sopra de quali il sig.1' duca di Scìon ambasciatore al conclave e gli Ern.mi cardinali di Buglion, Bonzi e Fostembergh (ott.). Arrivo in Genova dell’Em.1110 sig.1' Cardinal Durazzi (ott.). Ritorno in Genova delle ‘28 galere di Francia, con tenente generale (20 ott.). Sig.1' marchese di Toursy con sopra vivenza di primo ministro della M.tà Cristianissima (ott.). κ Sig·1' Don Carlo Bassano, residente di Spagna, all’udienza dei Ser.mi Collegi (26 ott.). Il principe di Neóburah (14 nov.). Principe di Danimarca, figlio del re (25 nov.). Nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1(>90). Em.mo cardinale de Tré (18 gen.) (1). Em.mo Cardinal Bonzi, da Roma per Francia (7 feb.). Em.mo Cardinal Durazzi. Abate Francesco Trevisani, nobile veneto, cameriera di Sua San-tità, che passa in Francia a portare la berretta ad un sig.1' cardinale. Monsù di Rattabon, nuovo residente di Francia (1 mag.). Nuovo residente di Francia a Palazzo. Residente di Spagna visitato da due gentiluomini. Residente di Francia, monsù Duprè, venne a licenziarsi dal Ser.mo trono. Inviato di Francia, monsù di Rottabon. Arrivo in Genova dello stuolo delle galee di Sicilia col generale di esse. Arrivo in Genova delle squadre delle galee di Napoli col generale. Gentiluomo inviato straordinario qui per S. M.là Cattolica (6 lug.). Abate de Croisi, figlio del segretario di S. M.tà Cristianissima (1 lug.). Em,mo sig.r Cardinal Durazzi (11 lug.). Sig.1’ duca di S. Pietro, ritornato di Spagna (25 lug.). Sig.r principe di Neoburgo, giunto sul convoglio olandese (l ag.). Gentiluomo inviato per la corte di Francia all’udienza pubblica (18 ag.). Arrivo in Genova delle squadre di Napoli e Sicilia con loro generali (18 sett.). (1) Cardinal d’Eslrée, di cui è cenno nella nota a pag. 301. I — 321 — Sig.1 marchese d’Altana (1), grande di Spagna (14 sett.). Gentiluomini quadralvi delle galere di Napoli e Sicilia e camerata del sig.r marchese d’Aitona (16 sett.). Sig.1’ marchese di Cantei Rodrigo (‘2), grande di Spagna e nuovo viceré di Valenza (25 sett.). Em.mo sig.r cardinale di Buglione (24 ott.). Generale de’ padri della Madre di Dio (26 ott.). Il Ser.mo duce a S. Leonardo a visitare le sue figlie (26 ott.). Ecc.mo Paolo Viale, estratto in luogo dell’Ecc.mo Vincenzo Giustiniano (15 nov.). Mons.r Fieschi, arcivescovo di Avignone (6 die.). Mons.1’ arcivescovo della città, per passare a Roma (10 die.). I Ser.mi Collegi a S. Filippo per espiare il rapimento della santa pisside (21 gen. 1691). Don Garsia di Gusmano, inviato della corte Cattolica alla Maestà dell’imperatore (8 mar.). Sig.1' marchese d’Aitona, grande di Spagna e genero del viceré di Napoli (8 mar.). Sig.r conte. di Monsfelt, grande di Spagna (8 mar.). Sig.1' principe di Olsteim Gohotorp principe dell’impero (8 mar.) (3). Arrivo in Genova delli sig.ri cardinali di Estrées, Bonzi, Camus e Buglione, di Francia per Roma al conclave (12 mar.). Pasqua (15 apr.). Sig.1’ di Nicers, duca pari di Francia, da Roma per Francia (12 apr.). Sig·1' marchese Obici, inviato straordinario a’ principi d’Italia dalla Maestà dell 'imperatore (25 apr.). Conte di Leganes, nuovo governatore di Milano (10 mag.). Arrivo in Genova di 20 galere della Maestà Cristianissima, comandate dal tenente generale di Novaglies (27 mag.). (1) Guglielmo Raimondo de Moncada, VI marchese di Aitona, marito di Anna Maria de Benavides. figlia del conte di Santo Stefano viceré di Napoli. (2) Anello de Moura e Gusman, marchese di Castelrodrigo, che fu viceré di Sicilia nel 1676. (3) Cristiano Alberto duca di IIolstein-Gottorp, nato il 1641 (3 feb.), successo al padre duca Federico il 1659, morto il 1694 (27 die.); a meno che non si tratti del principe ereditario Federico, nato il .1671 (18 ott.). 21 I - 322 — Sig'.1' Don Giovan Gastone de Medici, fratello del gran principe di Toscana (16 giug.). Sig.1'· Don Puemalida ritorna dal suo governo di Milano (18 giug.). Sig.1' duca di S. Giovanni, generale delle galere di Napoli (28 giug.). Mons.1' Invrea, vescovo di Aiaccio (1 ag.). Contessa di Lubcovitz, moglie del sig.1' ambasciatore Cesareo in Madrid (5 ag.). Ritorno a sua casa privata del Ser.1110 duce Oberto della Torre, terminato il suo felicissimo, governo (1 sett.). Elezione del Ser.mo duce Giovan Battista Cattaneo (4 sett.). Em.mi cardinali Camus ed Imperiale (8 ott.). Em.1110 cardinal di Buglione.e sig.1' duca di Scioline, ambasciatore di Francia a Roma di ritorno in Francia (13 ott.). Em.mo cardinal Bonzi (16 ott.). Sig.1’ Marc’Antonio Grillo, grande di Spagna (18 ott.). Generali delle squadre di Sicilia e Napoli (18 ott.). Coronazione del Ser.mo duce Giovan Battista Cattdneo, con orazione del sig.1' Luigi Sdoli e del padre Salcetti (20 ott.). Marchese di Villa Garzia, ambasciatore della Maestà Cattolica, di ritorno da Venezia (4 nov.). Conte di Rabenac, inviato straordinario della Maestà Cristianissima a’ principi d'Italia (9 nov.). Arrivo in Genova del sig.1- duca di Savoia (12 feb. 1692). Sig.1' governatore di Milano (12 feb.). Il sig.1' cardinale Salazar (20 feb.). Mons.r Ill.mo Tanara, arcivescovo e nunzio della Maestà Cesarea (28 'mar.). Mons.1- arcivescovo, suo ritorno da Roma a questa sua residenza (25 mag.). Mons.r Cornaro, nunzio in Portogallo (28 mag.). Principe primogenito di Danimarca (mag.) (1). Mons.r Cavallarini, nunzio in Francia (10 giug.). Il Ser.mo duce uscì privatamente due volte per visitare le sig.e sue figlie in monastero. (1) Nato dal re Cristiano V e da Carlotta Amelia di Assia Cassel (21 ott. 1671), che poi fu re di Danimarca col nome di Federico IV (1699-1730). — 823 — Arrivo in Genova delle galere di S. M.là Cristianissima coi tenente generale No vaglie.s (sett.). Generali delle squadre di Napoli, Sicilia e Tursi (sett.). Arrivo sovra al porto di Genova dell’annata navale di S. M. là Cattolica, comandata dal governatore generale Don Pietro Corbett (29 sett.). Ai’i'ivo in Genova del sig.1' governatore di Milano marchese di Le-ganes (10 ott.). big.1' principe di Monaco, duca pari di Francia (12 die.). Monsù di Tiebenac, gentilomo inviato a’ principi d’Italia, che torna in Francia (18 gen. 1693). Sig.1' principe di Monaco, che torna a Monaco (19 gen.). Pasqua (22 mar.). Direzione della cerimonia seguita nella funzione del battesimo di due figli di monsù di Rattabon, residente di Francia, assistiti al sacro fonte dal Ser.1110 duce Giovan Battista Cattàneo (ag.). Sig.a di Rattabon, visitata d’ordine pubblico per la morte seguita qui in Genova del sig.1' residente suo marito. La sig.a Marchesa di Lambai, figlia del sig.1' viceré di Napoli (1). Visita fatta a madama di Rattabon prima della sua partenza per Francia. Ritorno a sua casa privata del Ser.mo duce sig.1' Giovan Battista Cattàneo (5 sett.). Elezione al ducato del Ser.mo Francesco Invrea (9 sett.), e sua coronazione (25 ott.). Residenti straordinarii, l’uno del re d’Inghilterra destinato alla corte di Torino, l’altro del re di Francia inviato al duca di Mantova, che non avevano lettere per la Repubblica Ser.ma (10 gen. 1694). Residente nuovo di Francia, monsù di Lucien, visitato da 4 gentiluomini, secondo il solito (17 gen.). Il sig.1' conte Oberto Stampa, inviato dal sig.1- governatore di Milano con lettere per la Ser.ma Repubblica (23 gen.). Sig.1' conte Prainer, tedesco, con carattere di inviato (18 feb.). Monsù di Lucien, residente di Francia. (1) Rosalia de Benavides, figlia del viceré di Napoli Francesco conte di Santo Stefano, moglie di Luigi Borgia marchese di Lovibay. — 324 — Il sig.1' conte de Avigliar, grande di Spagna, con la sig.a sua moglie (6 apr.). Monsù D'uprè, residente a Mantova per la Maestà Cristianissima, che torna da Mantova (16 apr.). Monsù di Pompona, figlio d’uno de’ ministri di S. M.ta Cristianissima (10 mag.). Sig.1' governatore di Milano (18 mag.). Sig.1' residente straordinario di Spagna, in Genova per la corte medesima. Monsù di Fochier, già residente alla corte di Firenze, che ritornava in Francia dal suo sovrano (6 sett.). Il sig.1' principe Analta (1), tedesco (10 ott.). Il sig.1' principe di Brandeburgo, fratello dell’elettore (2), comandante le sue truppe in Piemonte. Mons.1' arcivescovo di Genova, suo arrivo e comparsa al Ser.1110 Trono (8 nov.). Mons.1' arcivescovo la prima volta dal Ser.mo duce. Monsù Duprè, residente straordinario alla corte di Firenze per la Maestà Cristianissima, il quale non aveva lettere per la Ser.ma Repubblica (14 nov.J. Generale de’ padri francescani, grande di Spagna (30 nov.). Il medesimo generale venne dal Ser.mo duce (2 die.). Il conte d’Aguilar, grande di Spagna (ò die.). Detto sig.r conte d’Aguilar, di ritorno dalla corte di Spagna (25 mar. 1695). Figlio primogenito del principe langravio à'Assia (15 apr.) (3). Generale delle galee di Napoli, Don Beltran di Gavarrà (11 giug·)· (1) Leopoldo, nato dal principe di Anhalt-Dessau Giovan Giorgio II e da Enri-chetta di Nassau-Orange (3 lug. 1676), successe al padre il 1693 (17 ag.) e morì il 1747 (9 apr.). (2) L’elettore era il margravio di Brandeburgo Federico III, che poco di poi diventò re di Prussia (18 gen. 1701). (3) E Federico, figlio (28 apr. 1676) del langravio di Assia-Cassel Carlo e di Maria Amelia di Curlandia, il quale si rese celebre nelle battaglie di Spira (1703) e di Hochstet (1704), negli assedi di Traerbach (1704) e di Tolone (1707). Sposò in seconde nozze (1715) Ulrica Eleonora di Svezia figlia del re Carlo XI; la quale, eletta poi regina (1719), fece coronare anche il marito, che si chiamò Federico I. Egli successe poi al padre nel langraviato di Assia (1730). Morì il 1751 (5 apr.). — 325 — Gentiluomo qui risidente per la corte Cattolica, duca Moles, promosso ambasciatore a Venezia (20 ag.). Il Ser.mo duce Francesco Invrea ritorna a casa (9 sett.). Elezione del Ser.mo duce Bendinelli Negrone (16 sett.). Sig.1' inviato di Spagna, marchese Albiz (28 sett.). Pasqua (3 apr. 1096). Cardinale Callavarini, che passava in Alemagna (16 apr.). Duca di Veraguas, viceré di Sicilia, (1) venuto in Genova con la duchessa sua moglie viceregina (20 apr.). Viceré di Napoli (1 mag.) (2). Giorno dell’Assunta di Nostra Signora, nel quale si deliberò di presentare la corona, scettro e chiavi della città a’ piedi di quella gran Regina (15 ag.). Il Ser.mo duce uscì privatamente. Sig.1' ambasciatore Cesareo, che passava in Alemagna (nov.). Pasqua (7 apr. 1697). Sig.1’ cardinale Camllarini (16 apr.). Sig.1’ cardinale di Buglione (13 mag.). Ritorno a sua casa privata del Ser.mo duce Bindinelli Negrone (16 sett.). Elezione del Ser.mo duce Francesco Maria Sàoli. Coronazione del Ser.mo duce Francesco Maria Sàoli. Festività di S. Francesco (2 ott.). Arrivo del sig.r cardinale Cornaro, che passava di Francia a Roma (26 gen. 1698). Arrivo in Genova del sig.1’ inviato straordinario della Maestà d'Inghilterra (27 gen.). Detto sig.1’ inviato inglese venne a riverire il Ser.mo duce ed Ecc.mi di Palazzo. Detto sig.1’ inviato inglese all’udienza del Ser.mo Trono. (1) Pietro Emmanuele de Portugal e La Cueva, duca di Veragua, figlio (25 die. 1651) del duca Pietro e d’isabella Fernandez e la Cueva, successo al padre il 1673 nei ducati di Veragua e de la Yega, nella contea di Gelves, nel marchesato di Villami-zar e nell’ammiragliato delle Indie, era nipote diretto del duca Alvaro Giacinto, qui innanzi ricordato nella nota (1) alla pagina 234, e discendente per donna da Cristoforo Colombo. Fu cavaliere del Toson d’oro (1675), viceré di Galizia, di Valenza (1679-1693) e di Sicilia (1695-1698). Mori il 1710 (10 sett.). (2) Duca di Medinaceli, di cui in nota alla pagina 3L5. — 326 — Sig.r conte di Suisson della casa Ser.ma di Savoia e duca pari di Francia (12 mag.) (1). Sig.1' governatore, principe di Vcidemont, governatore di Milano (12 mag.). Tenente generale Novaglies con squadra delle galere di Trancia .(15 giug.). Sig.1' conte di Lemos, generale delle galere di Napoli, con la sig,a contessa sua moglie (15 giug.). Due sig.1'1 milordi (22 sett.). Funei'ale del Ser.mo duce Francesco Maria Sàoli di gloriosa memoria (19 mag. 1699). Elezione del Ser.mo Geronimo de Mari, duce della Ser.ma Repubblica (3 mag.). Due sig.ri milordi d’Inghilterra, Nors e Graia (25 mag.). Figlio naturale del re Giacomo d’Inghilterra (25 mag.). Ambasciatore di Francia per Roma, sig.1' principe di Monaco (25 mag.). Conte di Nassau con un suo fratello, inglesi (6 nov.). Ambasciatori per Venezia, di andata e ritorno (4 nov.) di Francia. Ammiraglio Hermer inglese con vascelli da guerra (T ag.). Duca di S. Giovanni, viceré di Sardegna (22 die.). Duchessa di Uzeda (2), moglie deH’ambasciatore Cattolico in Roma (22 die.). Cardinal d’Etrès, non visitato, perchè si dichiarò incognito (10 feb. 1700). Cardinale Delfino, veneziano (10 feb.). Gentiluomo inviato alla Ser.ma Repubblica dalla Repubblica Ecc.ma di Lucca (18 feb.). Inviato del sig.1- duca di Lorena (26 feb.). (1) Da Maria di Borbone, che alla morte del fratello Luigi (1011) divenne contessa di Soissons, e da Tommaso Francesco di Savoia principe di Carignano, la contea di Soissons passò al secondogenito di quelli Eugenio Maurizio (1656), che sposò Olimpia Mancini nipote del cardinal Mazzarino (1657), e da questi (1675) al suo primogenito Luigi Tommaso Amedeo, natogli il 165S (15 die.), che è il conte di Soissons qui menzionato. fratello del famoso principe Eugenio. Egli morì di ferita all’assedio di Landau il 1702 (14 ag.). (2; Isabella Maria de Sandoval e Giron, duchessa di Uceda e marchesa di Vai-monte, figlia di Gaspare Tellez Giron duca di Ossuna, aveva sposato il 1G77 (16 lug.) il conte di Montalvan Giovan Francesco Pacheco, che fu viceré di Sicilia (1687 a 1696). — 827 — Έ umerali della Maestà Cattolica celebrati in S. Lorenzo con l’assistenza de Ser.mi Collegi e mons.1' arcivescovo (1). Sig.1 Castelbarco, inviato della Maestà Cesarea (5 apr. 1701). Nuovo gentiluomo qui inviato straordinario della Maestà Cattolica (3 mag.). Ritorno alla sua casa privata del Ser.mo duce Geronimo de Mari (3 mag.). Nova elezione del Ser.mo Federico de Franchi, duce della Ser.ma Repubblica. 11 residente di Francia venne a Palazzo a dar parte al Ser.mo Trono della morte del duca d’Orleam (2). Sig.1 viceré di Sicilia, duca d’Escalona (8 lug.) (3). Duchessa di Bracciano, che passava in Spagna cameriera maggiore della nuova sposa di quel monarca (2 sett.) (4). Sig.1' cardinale Archinto, legato di Sua Santità alla regina sposa a Nizza (2 sett.). Conte Alessandro, figlio terzogenito del re polacco (27 sett.). Nunzii di Francia e Spagna, che passavano ai loro principi destinati (8 ott.). Generale della squadra di Napoli, conte di Lemos (10 die.). Marchese Spinola con la sig.a sua moglie (8 mar. 1702). Inviato dell 'imperatore, conte di Castelbarco (2 apr.). Sig.r duca à'Escalona, viceré di Napoli, e viceregina ( 1-i mag.). (1) Carlo II, ultimo re di Spagna della casa d’Austria, era morto, appena trentanovenne, il 1 novembre 1700. (2) Il duca dOrleans, detto Monsieur, fratello di Luigi XIV, morì il 9 giugno 1701. (3) Giovanni Pacheco, marchese di Villena e duca di Ascalona, viceré di Sicilia (1701) e poi di Napoli (1702 a 1707). (4) Anna Maria de la Tremouille, figlia di Luigi duca di Noir-Moutier, che, maritata prima (1669) col principe di Chalais Adriano Biagio di Telleyrand e poi (1675) col vecchio duca di Bracciano Orsini, entrata nella corte di Spagna come cameriera maggiore delle regine Maria Luisa di Savoia (1701-1714) ed Elisabetta Farnese (1714), vi divenne famosa per i suoi intrighi sotto il nome di principessa degli Orsini. La Farnese, che era stata sposata dal re Filippo V per suggerimento della Orsini, giunta in Ispagna, immediatamente la bandì (die.). Mal ricevuta in Francia, soffermandosi in Savoia e poi a Genova, si ritirò in Roma, dove morì più che ottantenne il 1722 (p die.). Questa menzione di lei nel libro Ceremoniarum è ricordata dal padre L. Levati nel suo Dogi di Genova evita genovese dal 1699 al 1721 (Genova, 1912) alla pag. 48. Del secondo passaggio di lei per Genova non è notizia in questi libri. - 328 — Sig.1’ cardinale de Medici, fratello del gran duca (14 giug.). Milord d’Inghilterra duca di Norfolch (‘2 ag.). Inviato d'Inghilterra (D)' sett.). Ambasciatore di Spagna, che passava a Torino (4 sett.). Inviato d'Inghilterra, sig.1' Lamberto Blachivelli. Passaggio del re Cattolico in Italia a Napoli, poi per gli Stati della Repubblica Ser.ma (20 ott.) (1). Duca d’Escalona, viceré dì Sicilia. Sig.1- di Chamillar, fratello del segretario di Stato di S. MJà Cristianissima (1 gen. 1703). Cardinale Spinola S. Cesareo (1 gen.). Sig.1' viceré di Napoli (6 mar.). Visita del sig.1' inviato d’Inghilterra per negozio (7 mar.). Elezione del Ser.mo Antonio Grimaldi, duce di Genova (7 ag.). Conte di Volerà, inviato straordinario dell'imperatore (12 nov.). Conte d'Aguillar, grande di Spagna, mastro di campo della cavalleria nello Stato di Milano (2 gen. 1704). Ambasciatore di Spagna a Torino, sig.1' d'Alhizo (20 giug.). Monsù di Chamillar, fratello del segretario di Stato di S. M.tà Cristianissima- (26 die.). Mons.1’ vicario capitolare nuovamente eletto (10 feb. 1705). Ecc.mo nuovo a Palazzo sig.1' Luca Giustiniano, estratto in luogo del quondam sig.1' Agostino Adorno. Inviato straordinario d'Inghilterra, sig.1’ Blaclier (12 mar.). Ordine dato in voce dal m.00 segretario Tassorelli per parte dei Collegi Ser.mi al maestro delle Cerimonie pel trattamento del sig.1' duca Doria (14 mar.). Sig.r duca Doria a Palazzo (19 mar.). Inviato d'Inghilterra, sig.1’ Blacher (30 apr.). Mons.1' Raggi, barnabita, vescovo di Aleria nuovamente eletto (8 mag.). (1) Di tal fatto esiste nell’archivio segreto della Eepubblica (Arch. di St. in Genova, A. Segr. n.° 481) tutta una serie di documenti nella filza intitolata Passaggio del Be Cattolico Filippo V per gli Stati della Ser.ma Repubblica. Una relazione di quella venuta fu stampata il 1703 con la falsa data di Brescia, e Michele Rosi (Ardi. stor. ital., serie V, t. XVIII, pag. 319) la ritenne data dalla Signoria di Genova, ma pubblicata anonimamente per prudenza politica. — Cfr. pure P. L. Levati, Regnanti a Genova nel secolo XVIII (Genova, 1911), a pag. 3. — 329 — Ambasciatore di Francia, monsù di Pompóna. Monsù de Lucienes, qui inviato per la corte di Francia (20 mag.). Viceré di Sicilia, marchese di Belmar (1) (10 giug.). Sig.r di Coure, gentiluomo inglese messo della regina d’ Inghilterra alla Repubblica Ser.ma (20 giug.). Ritorno alla sua casa privata del Ser.mo duce Antonio Grimaldo (7 ag.). Elezione del Ser.m0 Stefano Onorato Ferretto in duce della Repubblica (11 ag.). Sig.r duca Doria a visitare Sua Serenità (16 ag. 170ò). (1) Isidoro de la Cueva, marchese di Bedmar. - Cfr. alla pagina 332 (ag. 1707;. Intestazioni delle narrative nel LIBRO VI CEREMONIARUM del cerimoniere F. M. Gentile (1705-1726) Arrivo del sig.1' marchese di Monte Leone, nuovo inviato della corte di Spagna (11 die. 1705). Udienza privata a detto sig.1’ inviato (18 die.). Visita di congedo del sig.1’ marchese di Monreale, inviato di Spagna (23 die.). Il sig.r di Luzienes, inviato di Francia, da Sua Serenità (25 die.). Mons.1’ Costa, vescovo di Calci, da Sua Serenità (26 die.). Entrata pubblica del sig.1’ marchese Monte Leone, inviato di Spagna (29 die.). Sig.1’ inviato di Spagna a Palazzo (30 die.). Mons.r Borelli, vescovo di Noli (31 die.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1706). Estrazione dell’Ecc.1110 Alessandro Grimaldo in luogo del quondam Giovan Pietro da Dieci (23 gen.). Ser.mo duce a S. Leonardo privatamente, a pranzo con le figlie monache (7 feb.). Mons.r Durazzi, vescovo di Sacona (25 feb.). Ser.mo duce a S. Silvestro di Pisa privatamente, a vedere la sorella monaca del principe di Monaco (mar.). Passaggio del sig.r duca di Vandomo (29 mar.). Pasqua (4 apr.). Sig.1’ inviato di Spagna dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (18 api·.). _ Ser.mo duce alle monache a S. Leonardo privatamente (22 apr.). Padre generale de’ carmelitani scalzi dal Ser.mo duce (22 apr.). Mons.1’ Sacco, vescovo di Brugnato (25 apr.). — 331 — Sig.1' cardinale di Gianzone, di passaggio da Roma per Francia (2 giug.). Estrazione deH’Ecc.mo Emanuele Garbarino in luogo del quondam Ecc.mo Francesco M.a de Mari (‘21 giug.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Arrivo delle sig.re duchesse di Savoia con i principini, incognite (14 lug.) (1).‘ Arrivo da Milano della sig.ra marchesa di Monte Leone, moglie del sig.1' inviato di Spagna. Ser.mo duce privatamente a S. Silvestro di Pisa, a vedere la sorella monaca del fu sig.'' Principe di Monaco (26 ag.). Sig.1- di Vandermer, inviato degli Stati Generali d’ Olanda (11 sett.). Sig.1' di Vandermer dal Ser.mo e due Ecc.mi di Palazzo (16 sett.j. Regalo fatto alle sig.re duchesse di Savoia (20 sett.). Sig.1- inviato à’Olanda (25 sett.). Mons.1’ vescovo di Ventimiglia (28 ott.). Mon?.r vicario generale nuovo (28 ott.). Sig.1' marchese Spinola (25 nov.). Il sig.1' di Luzienes, inviato di Francia, dal Ser.mo (7 die.). Sig.1' di L'izienes, inviato di Francia, a’ Ser.mi Collegi, visita di congedo (9 die.). Sig.1' d'Iberville, nuovo inviato di Francia (11 die.). Sig.1' d’Iberville dal Ser.mo e due Ecc.mi di Palazzo (14 die.). Sig.1' d’iberville, nuovo inviato di Francia, a' Ser.mi Collegi (28 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 genn. 1707). Sig.1’ di Neuton. inviato nuovo d’Inghilterra (5 mar.). Il Ser.1110 duce in casa del m.co Giovan Battista Morando per il sposalizio del m.C0Bast. figlio di Sua Serenità con la sorella del detto Giovan Battista (6 mar.) (2). Inviato d’Inghilterra, sig.1' di Neuton, dal Ser.mo duce (10 mar.). Inviato d’Inghilterra a’ Ser.mi Collegi (17 mar.). Pasqua (24 apr.). Sig.1’ marchese Spinola, viceré di Sicilia, e sig.a viceregina (mag.). (1) Cfr. P. L. Levati, Regnanti a Genova nel secolo XVIII, pag. 8. (2) Cfr. P. Levati, Dogi di Genova dal 1699 al Π'21, pag. 66. - 332 — Visita di congedo del sig·.1' inviato d’Inghilterra (giug.). Principe di Carignano, incognito sotto il nome di marchese Caselli (28 giug.). Visita fatta al sig.1’ marchese di Vallerò, già viceré di Sardegna (6 lug.). Il Ser.mo duce Stefano Onorato Feretto terminò il suo biennio e se ne andò alla sua casa privata (12 ag.)· Arrivo in Genova del sig.1' marchese di Bedmar (1), di ritorno dal viceregnato di Sicilia (22 ag.). Arrivo da Milano del sig.1' duca Moles, ambasciatore dell’mpe-ratore (15 ag.). Elezione del Ser.mo duce Domenico Maria de Mari (9 sett.) (2). Giorno di S. Pietro d’Alcdntera (19 ott.). Coronazione del Ser.mo duce Domenico Maria de Mari, con discorso del m.eo Nicolò Garibaldo (12 nov.). Mons.1’ Rocca, nuovo vescovo di Bastia, dal Ser.mo duce e poi da Ser.mi Collegi. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1708). Processione delle sante ceneri straordinaria, per impetrare il tempo buono per la continuazione delle pioggie e per altri motivi (18 mar.). Pasqua (8 apr.). Marchese Malaspina dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo, come inviato del marchese di Prie plenipotenziario de\V imperatore in Italia (25 giug.).. Ambasciatore della Repubblica di Lucca, Lelio Guinigi, con lettera della sua Ecc.ma Repubblica a questa Ser.ma (24 lug.). Il marchese di Monte Leone, inviato di Spagna (29 lug.). Mons.r Spinola, vescovo di Ventimiglia, dal Ser.mo (4 ag.). Mons.1’ Spinola, vescovo d’Albenga (5 ag.). Arrivo in Genova del maresciallo di Tesse con otto galere di Francia col tenente generale monsieur de Rey (19 sett.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1709). Sig.r di Chetroind, residente d’Inghilterra (6 gen.). Memoria per il m.eo Filippo Gentile, maestro delle Cerimonie, in ordine al trattamento da praticarsi col sig.r di Chetroind. (1) Cfr. a pag. 329 (10 giug. 1705). (2) Cfr. Levati, op. cit., pag. 71. — 333 - Ritorno da Roma del sig.1' maresciallo di Tessè, con galere del sig.r gran duca (24 mar.). Pasqua (31 mar.). Marchese Litta da Sua Serenità e due Ecc.mi di Palazzo (2 giug.). Marchese di Uzeda, di ritorno dall’ambasciata di Roma (15 giug.). Il Ser.mo doge Domenico Maria de Mari terminò il suo biennio e se ne andò alla sua casa privata (9 sett.). Elezione del Ser.mo doge Vincenzo Durazzo (14 sett.). Visita fatta al sig.r duca d’Uzeda, ambasciatore del re di Spagna al papa e plenipotenziario in Italia (29 ott.). Coronazione del Ser.mo doge Vincenzo Durazzo (23 nov.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1710). Ecc.mo Pietro Francesco Costa in luogo del quondam Ecc.mo Raffaele Giustiniano (gen.). Marchese Litta da Sua Serenità e due Ecc.mi di Palazzo (1 mar.). Pasqua (20 apr.). Allegrezze in Genova per la nascita del primogenito àe\Vimperatore (30 apr.). Due lettere del m.co Giulio Spinola, governatore di Savona, in ordine alla visita fatta e ricevuta dalPammiraglio inglese e contrammiraglio olandese, comandanti dell’armata che si ritrovava in Vado per imbarcare truppe e scortarle a Barcellona (5 e 9 giug.). Ingresso de cinque nuovi Ecc.mi senatori (1 lug.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo per la prima volta (1 gen. 1711). Giorno della santissima Pasqua di Resurrezione (5 apr.). Il sig1' di Neuton, inviato della regina à’Inghilterra, (16 apr.). Visita di congedo dell’inviato d’Inghilterra sig.1' di Neuton (3 mag.). Duca à’Argile e Milord Pi'eterburgh, inglesi (5 mag.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo per la prima volta (1 lug.). t Arrivo sopra questo porto dell’armata anglo-olandese con ammiraglio inglese e due contrammiragli inglese ed olandese, che porta Carlo III (1) che passa d’Italia a Vienna (9 Ott.). (1) Gli atti relativi sono raccolti nella filza 486 Ceremoniarum, col titolo esterno, « Passaggio del re Carlo, seguito in 1711 ». — Cfr. pure P. Levati, Regnanti a Genova, pag. 16. — 384 — Coronazione del Ser.mo doge Francesco Maria Imperiale, con orazione del m.00 Giovan Battista Richeri (il nov.). Sig.1' (jhetruind con carattere d’inviato straordinario d’Inghilterra (30 nov.). Udienza privata a suddetto sig. v inviato (3 die.). Udienza pubblica del sig.r di Chetruind, inviato d’Inghilterra (9 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1712). Padre generale de’ teatini (‘22 gen.). Padre generale de’ rochettini (16 gen.). Mosè Barzilay, inviato del Re di Marocco (17 gen.) (1). Pasqua (27 mar.). Sig. r marchese di Fuentes, ambasciatore del re di Portogallo a Sua Santità, per Roma (31 mar.). Mosè Barzilay, inviato del re di Marocco, per congedo (7 apr,). Marchese dì Susa, figlio naturale del duca di Savoia (20 apr.). Principe di Carignano con fratello, e principessa madre, incognita col nome di marchesa Busca, che si portava a Lucca a prendere quell’acque (3 giug.). Sig. r à' Anneville, nuovo inviato per la corte di Francia (4 giug.). Sig. r d’Anneville, inviato di Francia, dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (9 giug.). Udienza a’ Ser.mi Collegi del sig.1- d’Anne vili e, inviato di Francia (9 ag.). Giorno di S. Andrea Avellino, nuovamente canonizzato (10 nov.) (2). Li Ser.mi Collegi alla chiesa de cappuccini per la canonizzazione di S. Felice da Cantdlice (4 die.) (3). Li nuovi cinque Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1713). Arrivo dell 'imperatrice, moglie di Carlo III, sopra vascelli inglesi per passare da Barcellona a Vienna (mar.) (4). fi) Cfi. P. Levati, Dogi di Genova dal 1099 al 1721, pag. 92. (2) Cfr. Levati, ibidem, pag. 98. (3) Cfr. Levati, ibidem. (4) Gli atti relativi sono raccolti nella filza 487 Ceremoniarum; la quale perciò porta il titolo esterno « Pratica circa il passaggio della Sig.a Imperatrice per questo Ser.mo Dominio, seguito l’anno 1718 >. Si tratta di Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolffenbuttel, che, maritata (1 ag. 1708) con l’arciduca Carlo d’Austria, fratello del- — 335 — Pasqua (16 apr.). Li Ser.on Collegi alla chiesa di S.a M.a di Castello per la funzione ad onore di S. Pio V, nuovamente canonizzato (22 apr.) (1). Li Ser.mi Collegi dai padri domenicani, che festeggiavano la canonizzazione di S. Pio V, con panegirico del padre Agudi (5 mag.). Il Ser.mo duce Francesco Maria Imperiale in casa dell’Ecc.m0 Domenico Pcdlamcino per lo sposalizio del m.co Giovan Giacomo figlio di Sua Serenità con la figlia di suddetto Ecc.mo (12 giug.). Giorno di S.a Caterina figlia di S.a Brigida (25 giug.). Ser.mo duce in casa del m.co Ignazio Pallamcino per festa di ballo (25 gig.). Li cinque Ecc.mi nuovi venatori a Palazzo per la prima volta (1 lug.). Il Ser.mo duce alla festa da ballo in casa del m.co Giovanni Agostino Centurione (3 lug.). Estrazione dell’Ecc.mo Bartolomeo Lomellino in luogo dell’lll.mo Agostino Lomellino scusato (7 lug.). Il Ser.mo duce Francesco Maria Imperiale terminò il suo biennio, e se ne andò alla sua casa privata (L7 sett.). Elezione del Ser.mo duce Giovanni Antonio Giustigniano (22 sett.). Coronazione del Ser.mo duce Giovanni Antonio Giustigniano, con discorso del m.co Luc’Ottavio Restori (24 nov.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo per la prima volta (1 gen. 1714). Passaggio della regina di Polonia da Roma per Francia (20 giug.) (2). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.) Padre vicario generale de’ padri agostiniani scalzi (17 sett.). Passaggio della nuova regina di Spagna, figlia del duca di Parma, moglie del re Filippo Y (18 sett.) (8). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1715). Giorno di S. Sebastiano, con lungo panegirico del padre Pantaleo l’imperatore Giuseppe I, seguendo le sorti del marito fu regina di Spagna, più nominale che effettiva, e poi imperatrice (1711). Fu la madre dell'imperatrice Maria Teresa. Mori il 1750 (21 dic.). — Cfr. P. Levati, Regnanti a Genova, pag. 13. (1) Cfr. Levati, Dogi dal 1099, pag. 98. (2) Cfr. Levati, ibidem, pag. 103 (3) Cfr. Levati, Regnanti a Genova, pag. 19. — 336 — Doleva, e decreto dei Ser.mi Collegi circa il permettersi i discorsi o panegirici (20 gen.). Giorno di S. Pasquale Bailone (17 mag.). Arrivo del sig. r marchese di S. Filippo, nuovo inviato per la -corte di Spagna (8 lug.). Visita privata di detto sig.l' inviato al Ser.m0 duce e due Ecc.mi di Palazzo (24 lug.). Nuova visita del medesimo al Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (4 ag.). Udienza pubblica a’ Ser.mi Collegi del sig. i‘ marchese di S. Filippo (4 sett.). Il Ser.mo duce Giovanni Antonio Giustigniano finisce il suo biennio e si porta a sua casa (22 sett.). Elezione del Ser.mo duce Lorenzo Centurione (26 sett.). Il Ser.mo duce, di permissione del Ser.mo Senato, andò all’opera in musica al Falcone (ott.). Li Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1716). [Serva di notizia che di quest’anno 1716 arrivò il principe elettorale di Baviera, di cui non se ne vede la solita annotazione al libro. Vi sono però le scritture e decreti nel fogliazzo Salutationum et Ce-remonialium 1710 in 1732] (1). Pasqua (12 apr.). Centenario della coronazione di Maria Vergine nella chiesa delle Vigne, con panegirico del padre Ferrari domenicano (14 apr.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Principe elettorale di Baviera, incognito sotto nome del conte di Traonis (16 lug.). Mons. Aldobrandi nunzio di ritorno di Spagna (24 lug.). Marchese di S. Tomaso, secretario di Stato del sig. r duca di Savoia (20 sett.). Decreto intorno alla forma dell’accompagnamento nelle uscite de’v Ser.mi Collegi (21 ott.). Sig. r d’Avenant, inviato d’Inghilterra (27 nov.). Udienza privata al suddetto sig. r d’Avenant (29 nov.). Decreto de’ Ser.mi Collegi, sopra biglietto de’ calici de’ Ser.mi fi) Cfr. Levati, ibidem, pag. 25. — 337 — Collegi, sul numero di messe da ascoltarsi nella cappella del Iteal Palazzo nel giorno di Natale (2 die.). Il padre inquisitore dal Ser.mo duce (die.). Udienza pubblica al sig.1' d’Avenant, inviato d'Inghilterra (14 die.). big.1 marchese di S. Filippo, inviato di Spagna, dal Ser.mo duce (25 die.). Il Ser.1110 duce a S.a Maria in Passione, privatamente (27 die.). Sig.a d'Avenant, moglie del sig.1' inviato d’Inghilterra, arriva da Livorno (27 die.). Li cinque. Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1717). Principe di Morbach, fratello del governatore di Milano (9 mar.). Pasqua (28 mar.). Mons.1' Aldobrandi, nunzio di S. S.tà in Spagna (mar.). Marchese di S. Tomaso (giug.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Sig.1' principe di Branderburgh (lug.). Decreto de’ Ser.mi Collegi sulle feste da ballo o veglie da offrire a principi o personaggi (lug.). Inviato di Spagna, marchese di S. Filippo, dal Ser.1110 duce e due Ecc.ml di Palazzo, dovendo recarsi in Sardegna ad assistere all’assedio di Cagliari (2 sett.). Giorno del nome di Maria e dell’Unione, con panegirico del padre Torre teatino (12 sett.). Te Deum in S. Lorenzo per la vittoria dell'imperatore presso Belgrado (19 sett.). Ser.mo duce Lorenzo Centurione termina il suo biennio (26 sett.). Elezione del Ser.mo duce Benedetto Viale (30 sett.). Padre generale de’ chierici regolari teatini (13 e 25 ott.). Sig.r d’Avenant dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (27 ott.). Sig.r marchese Rubbi, che ritorna dal viceregnato di Sardegna (19 nov.). Sig.1' marchese di S- Filippo, inviato di Spagna, dal Ser.mo duce e due Ecc.mi (5 die.). Sig.1' duca Doria dal Ser.mo duce (23 die.). Sig.1’ d1 Avenant, inviato d'Inghilterra, di ritorno da Lombardia, dal Ser.mo e due Ecc.mi di Palazzo (25 die.). Coronazione del Ser.mo duce Benedetto Viale, con orazioni del 22 — 338 — tìglio del in.00 Nicolò Orerò e del padre Pietro Antonio Gentile teatino (8 gen. 1718). Mons.1' Gandolfo, vescovo di Noli, dal Ser.mo (13 gen.). Sig.1' duca Doria dal Ser.mo duce (16 gen.). Sig.1' marchese di Nuentes, ambasciatore di Portogallo, di ritorno da Roma (7 feb.). Visita fatta al sig.1' marchese di S. Filippo, inviato di Spagna, per la morte di sua moglie (3 mar.). Il Ser.mo duce in casa del m.co Giuseppe Pallavicino per sponsali della figlia di detto Giuseppe col m.00 Stefano LomelUno. Festa di ballo in casa del m.co Stefano Pallavicino. Mons.1’ Cacagnaro, vescovo di Calci, dal Ser.1110 duce (19 apr.). Padre generale della Madre di Dio (14 mag.). Mons.1' Cacagnaro dal Ser.1110 duce, tornando al suo vescovato in Corsica (21 mag.). Mons.1’ Sai uzzo, vescovo N Aleria, da Roma (25 mag.). Padre generale degli olicetani (6 giug.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo per la prima volta (1 lug.). Estrazione del nuovo procuratole Ecc.m0 Carlo LomelUno, in luogo del fu Ecc.mo Nicolò Canecaro (15 lug.). Processione generale per impetrare l’acqua (2 ag.). Te Deum cantato in S. Lorenzo per decreto dell’8 agosto per la pioggia ottenuta (14 ag.). Giorni del S.mo nome di Maria e dell’Unione, con orazioni del canonico Viale e del padre Torre somasco (11 e 12 sett.). Ser.mo duce all’opera in musica (25 ott.). Ecc.mo Carlo LomelUno, tornato da Milano, per la prima volta' a Palazzo (26 ott.). Ser.mo duce nuovamente all’opera (17 nov.). Giorno della presentazione di Maria Vergine, con panegirico del padre Fabiano della Crocetta (‘21 nov.). -* Mons.1’ Approdo, vescovo di Nebio in Corsica (‘26 nov.). Ecc.mo Felice Spinola estratto in luogo del quondam Giovan Battista Cicala (22 die.). Sig.1’ marchese di S. Filippo, inviato di Spagna, dal Ser.mo (31 die.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1719). Il principe Doria dal Ser.mo (6 gen.). Mons,r cicario generale archiepiscopale (6 gen.). - 339 — Mons.1' Approvino, vescovo di Nebio, dal Ser mo'duce (7 gen.). Sig.1- d’Avenant, inviato d'Inghilterra, dal Ser.mo duce (8 gen.). Inviato di Spagna, marchese di S. Filippo, all’udienza de’ Ser.mi Collegi (26 gen.). Pasqua (9 apr.). Allegrezze per la nascita del primogenito deli’imperatore (30 apr.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Ammiraglio Binchx inglese (7 sett.). Giorni del S.mo nome di Maria e dell’Unione (10 e 12 sett.). Visita fatta al sig.1' di Chiavignì, nuovo inviato di Francia (29 sett.). Ser.mo duce Benedetto Viale termina il suo biennio, e si porta alla sua casa privata (30 sett.). Giorno del santissimo Rosario, con panegirico del padre. Maschio (1 ott.). Elezione del Ser.mo duce Ambrogio Imperiale (4 ott.). Ecc.mo Giovan Paolo Invrea a Palazzo, estratto per la dignità procuratoria (13 ott.). Sig.1 inviato d'Inghilterra dal Ser.mo duce con l’assistenza delli due Ecc.mi di Palazzo (14 ott.). Sig.1 inviato di Spagna dal Ser.mo duce con l’assistenza de’ due Ecc.mi di Palazzo (15 ott.). Sig.1' inviato nuovo di Francia all’udienza privata del Ser.mo con l’assistenza delli due Ecc.mi (17 ott.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. L720). Sig.1’ di Chavignì, inviato di Francia, all’udienza pubblica dei Ser.mi Collegi (13 mar.). Pasqua (31 mar.). Passaggio della sig.a principessa d’Orleans, sposa del figlio del sig.r duca di Modena (3 giug.). Sig.a duchessa di Villars con carattere d’ambasciatrice del re di Francia (14 giug.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo per la prima volta (1 lug.). Sig.1’ di Chiavignì, inviato di Francia, dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (6 lug.). Giorno cleU’Unione, con discorso del padre Cremona (12 sett.). Giorno del santissimo nome di Maria, con panegirico del padre Ambrosio da Genova cappuccino (15 sett.). — 340 — Giorno del santissimo Rosario, con discorso del padre De Nobili d’Jesi (6 ott.). Giorno di S. Pietro d’Alcàntara, con panegirico del canonico Brandi (19 ott.). Estrazione delli cinque nuovi senatori e procuratori (16 die.). Li nuovi cinque Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1721). Sig.1' principe Doria dal Ser.1110 duce (6 gen.). Sig.1' principe di Movbach·, fratello del governatore di Milano (9 mar.). Udienza pubblica a’ Ser.mi Collegi del sig.1' di Schiavignì, inviato di Francia (13 mar.). Temperamenti apportati nelle quotidiane ufficiature di Palazzo per l’impedimento di podagra del Ser.1110 duce. Li nuovi Ecc.mi senatori per la prima volta a Palazzo (1 lug.). Estrazione deU’Ecc.mo senatore Giovanni Carlo Bngnole in luogo del m.eo Giovanni Battista Morando scusatosi per la morte della moglie (7 lug.). Giorno dell’Assunta di Maria Vergine, con presentazione della corona (15 ag.). Il Ser.mo duce Ambrogio Imperiale termina il suo biennio, e va alla sua casa privata (4 ott.). Elezione del Ser.mo duce Cesare de Franchi (8 ott.). A complimentare il nuovo Ser.mo duce vennero mons.1' Gandolfo vescovo di Noli, mons.1' vicario generale archiepiscopale, principe Doria, inviati di Francia e d’Inghilterra (11, 12, 16 e 18 apr.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1722). Sig.1' inviato di Francia dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (22 gen.). Coronazione del Ser.mo duce Cesare de Franchi, con orazioni del m.co Anton Giulio Rovereto (24 gen.) e del canonico Brandi (25 gen.). Mons.r Spinola, vescovo d’Aiaccio (27 gen.). Sig.1’ duca Doria dal Ser.mo (30 gen.). Li nuovi cinque Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Sig.1’ gran priore Ildam, inviato nuovo Cesareo (5 lug.). Udienza privata a detto sig.1’ inviato (7 e 16 lug). Sig.r duca Boria dal Ser.mo (25 lug.). Sig.1’ conte de Grossi, agente di Savoia in Genova (16 ag.). Mons.1’ Gandolfo, vescovo di Noli, dal Ser.m0 (30 ag.). — 341 - Sig.1 Iìdari.s·, inviato dell’imperatore, dal-Ser.mo partendo per Milano (‘24· nov.). Mons.1 Lomellino, vescovo di Briujnato, nuovamente eletto (29 nov.). Sig.1 d Λ cenant, inviato d'Inghilterra, a’Ser.mi Collegi, per congedo (9 die.), Mons.1 Lomellino, vescovo nuovo di Br ugnato, a’ Ser.mi Collegi (14 die.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1723;. Generale de padri minori osservanti dell'Annunciata del Guasta-do (12 feb.). Pasqua (28 mar.). Processione generalissima per ringraziamento a Sua divina Maestà per averci preservato dal flagello della peste, che ne' paesi circonvicini molestava (11 mag.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Sig.1- inviato di Spagna, marchese di S. Filippo, a’ Ser.mi Collegi (14 feb.). Sig.r inviato di Spagna, marchese di S. Filippo, al Ser.mo duce (8 apr.). Arrivo di sei galere di Francia con patrona reale, con tenente-generale marchese di Leis (30 giug.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.) Processione per impetrare acqua (11 ott.). Sig.1’ inviato di Spagna, marchese di S. Filippo, al Ser.’mo duce (16 nov.). Padre generale della Madre di L)io dal Ser.mo (16 nov.). Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (l gen. 1725). Sig.r principe Boria al Ser.mo duce (6 gen.). Solennità nella chiesa di S.a Brigida (9 feb.). Funerali per la morte di Ludovico re di Spagna (13 apr.). Pasqua (1 apr.). Sig.1' marchese di S. Filippo, inviato di Spagna, a' Ser.mi Collegi, per congedo (8 die.). Ecc.mi «uovi senatori a Palazzo (1 gen. 1726). Elezione del Ser.™0 duce Geronimo Vene roso (18 gen.). Sig.r marchese di Susa, figlio naturale di Savoia, giunto da Sardegna con nave inglese (18 gen.). — 342 — Principe e duca Doria, ricario archiepiscopale, padre inquisitore, a complimentare il nuovo Ser.1110 (gen.). Coronazione del Ser.mo duce Geronimo Veneroso, con orazioni del m.co Nicolò Doria (23 feb.) e del padre Lazari gerolimino (24 feb.). Pasqua (21 apr.). Generale de’ padri della somasca dal Ser.1110 (29 apr.). Mons.1' vescovo di Noli (29 apr.). Funerali per il sig.1' cardinale Lorenzo Fiesco, nostro arcivescovo (5 mag.). Ordine al maestro delle cerimonie che faccia nuovo libro dal gennaio del 1726, premettendovi i decreti dei cerimoniali (9 lug. 1 <26) (1). (1) Quest’ordine aveva origine dalla deliberazione dei Collegi del 27 maggio 1726, qui innanzi pubblicata alla pagina 48, cagionata da alcune inesattezze riscontrate nelle ultime narrative del maestro delle cerimonie Filippo M. Gentile. Per tal fatto queste narrative dal l0 di gennaio al 5 maggio 1626 vennero riscritte in capo del seguente libro VII de’ Cerimoniali. V Intestazioni delle narrative nel LIBRO VII CEREMONIARUM dei cerimonièri E. M. Gentile (1726-1727), A lbora (1727), Peibano (1727-1748), Cassero (1748-1761), De Marchi (1761-1765) Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del m.co Ignazio Quarlara dottor di Collegio (1 gen. 1726). Elezione del Ser.mo duce Geronimo Veneroso, dopo tre mesi e cinque giorni di sede, vacante (18 gen.). Sig.1' marchese di Susa, figlio naturale del sig.r duca di Savoia. giunto in Genova con nave inglese (18 gen.). Visita a complimentare il nuovo Ser.mo del principe Doria, del duca Boria, del Dicano archiepiscopale, del padre inquisitore (gen.). Coronazione del Ser.mo duce Geronimo Yeneroso, con orazioni del m.co Nicolò Boria (23 feb.) e del padre Lazari gerolamino (24 feb.). Pasqua (21 apr.). Padre generale de’ somaschi dal Ser.mo duce (29 apr.). Mons.1' Gandolfo, vescovo di Noli (29 apr.). Funerali del sig.1' cardinale Lorenzo Fieschi, nostro arcivescovo (5 mag.) (1). Li Ecc.mi nuovi senatori per la prima volta a Palazzo, con orazione del medico Ghisolfi (1 Ing.), Guicciardi, inviato dell'imperatore alla Ser.ma Repubblica (4 Ing.). Udienza privata di detto sig.r inviato dal Ser.mo duce e due Ecc.mi di Palazzo (6 lug.). (1) Per queste narrative dal 1° di gennaio al 5 maggio 1726, le quali ripetono quelle di pari date che terminano il libro VI de’ Cerimoniali, cfr. la nota alla pagina precedente. — 344 — Udienza privata di detto sig. l' inviato dal Ser.mo duce e due Ecc.mi (11 lug.). Padre generale de’ minimi di S. Francesco di Paola (13 lug.). Sig.1' Guicciardi, inviato de\V imperatore, visita fatta al maestro delie cerimonie (14 lug.). Ecc.mo Giovan Battista Raggio per la prima volta a Palazzo (15 lug.). Giorno di S. Gaetano, nella chiesa di S. Siro, con panegirico del padre Mari teatino (7 ag.). Mons.1' Torre, nuovamente eletto vescovo di Sarzana, venuto da Roma, dal Ser.1110 duce (17 ag.). Mons.1' vescovo di Sarzana a’ Ser.1111 Collegi 28 ag.). Giorno dell’Unione, con discorso del padre Bruni della Madre di Dio (12 sett.). Giorno del nome di Maria, con discorso del padre Mari teatino (15 sett.). Mons.1' Nicolò M. a de Franchi, domenicano, nuovamente eletto arcivescovo di Genova (15 sett.). Istruzione pel cerimoniale dell’iiigresso del nuovo arcivescovo di Genova, da trascriversi nel libro de Cerimoniali (sett.). Mons.1' arcivescovo la prima volta alla visita de’ Ser.™1 Collegi (17 sett.). Mons.r vicario generale nuovamente eletto (21 sett.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.mo duce (22 sett.). Cerimoniale praticato da Mons.r arcivescovo F. Nicolò M.a de Franchi cogl'ufficiali del primo magistrato di Misericordia in occasione di esser stato complimentato da’ medesimi all’ingresso di questa carica archiepiscopale (24 sett.). Sig.r marchese Giovanni Stefano Doria, nuovo grande di Spagna (17 die.). Funzioni e compimenti di Natale: duca Doria, arcivescovo, incaricato d’affari di Spagna sig.1' Spelata, sig.1' Guicciardi inviato de\Y imperatore. Sig.1- principe Doria dal Ser.mo duce (β gen> 1727). Il Ser.mo duce Geronimo Yeneroso si porta alla sua villa d’Albaro per causa di malattia (1), e decreti de’ Ser.mi Collegi (2 mar.). (1) Cfr. padre L. Levati, Dogi eli Genova dal 1721 al 1740, pag. 90. — 345 — Mons.1 Giustiniano, nuovo vescovo di Sagone (9 mar.). Mons.r Giustiniano da’ Ser.1111 Collegi (12 mar.). Ritorno del Ser.mo duce in città (30 mar.). Sig·1 Guicciardi, inviato dall’imperatore, all’udienza de’ Ser.mi Collegi per la prima volta (20 mag.). Il padre generale delli olivetani dal Ser.mo doge (11 lug.) (1). Il Ser.mo duce, ammalato, passa nella sua villa di Albaro (8 ott.). Arrivo del sig.1’ elettore di Colonia (13 ott.). Copia della relazione fatta dagli Ill.mi quattro deputati a servire detto elettore di Colonia (ott.). I Ser.mi Collegi alla chiesa della Pace per la festa di S. Pietro d’Alcantara (19 ott.). Giunta di un deputato del cantone degli Svizzeri d’Appenzel (2) con lettere per li Ser.mÌ Collegi per trattare negozio (25 ott.). Arrivo del sig.r di Campredon, nuovo inviato straordinario qui residente per la corte di Francia (25 ott.). Ritorno del Ser.mo doge dal suo palazzo d’Albaro (8 nov.). Sig.1' marchese Monteleone, ambasciatore di Spagna a Venezia e plenipotenziario a’ principi d’Italia, giunto da Madrid (12 nov.). Inviato di Francia monsieur di Campredon dal Ser.mo doge (18 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; sig.r Campredon inviato di I rancia, conte Guicciardi, arcivescovo, vicario (3). Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del m.co Alessandro Maria Carrega di Collegio (1 gen. 1728'. II duca Tursi dal Ser.mo doge (4 gen.). 11 marchese Stefano Doria dal Ser.mo doge (4 gen.). Sig.1’ Don Bernardo Spelleta, inviato straordinario di Spagna (4 gen.). L’Ecc.mo Francesco Maria Balbi senatore a Palazzo (12 gen.). (1) Con questa narrativa cominciano le annotazioni del magistero di cerimonie di Geronimo Alboua. Cfr. a ,pag. 30. (2) Era G. B. Geigher, e ne dà conto il padre L. Levati (Dogi di Genova dal 1721 al 1740, pag. 88). (3) Qui comincia il magistero di cerimonie di Francesco Maria Peiuano. Cfr. a pag. 30. — 346 — Sig.1' Speli et a, inviato di Spagna, dal Ser.mo doge (13 gen.). Ser.1110 doge Girolamo Veneroso termina il suo biennio, e si porta alla sua casa privata (1S gen.). Elezione del Ser.mo doge Luca Grimaldi (22 gen.). Sig.1" conte' Guicciardi, inviatovdel sig.1’ imperatore, sig.1-di Cant-predon inviato di Francia, sig.1' Spelleta inviato di Spagna, mons.r arcivescovo, sig.1' vicario generale, sig.1' duca di Tarsi, sig.1' marchese Stefano Doria, a rallegrarsi col nuovo doge (3 a 10 feb.). Duca Spinola, erede del grandato di Spagna del fu suo padre duca di S. Pietro (19 feb.). Detto duca Spinola da Sua Serenità (29 feb.). Pasqua (25 mar.). Estrazione dell’Ecc.mo senatore Bartolomeo Feretto in luogo del quondam Ecc.mo Giovan Battista Torre (5 apr.). L’Ecc.1110 senatore Bartolomeo Feretto la prima volta a Palazzo (8 apr.). Il Ser.1110 doge, all’opera col permesso del Ser.1110 Senato (20 apr.). Ser.m0 doge all’opera (15 mag.). Mons.r Gandolfo, vescovo di' Noli, da Sua Serenità (18 mag.). Sig.r Campredon, inviato di Francia, dai Ser.mi Collegi (3 giug.). Incoronazione del Ser.mo doge Luca Grimaldi, con discorso del m.co Giuseppe Spinola (5 giug.) e panegirico del padre Mari somasco (6 giug.). Arrivo dell'infante Don Emanuele di Portogallo fratello di quel re, alloggiato alla Croce di Malta (9 giug.). Arrivo del cardinale Pereira, portoghese (9 giug.). Estrazione del seminario de’ cinque Ecc.mi senatori nuovi (15 giug). Sig.r duca di Tursi da Sua Serenità (17 giug.). Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del d.1' fisico Domenico Ghisolfo (1 lug.). Arrivo di Don Cristoforo de Cordoa d'Aragona, conte di Sastego, per passare al viceregnato di Sicilia (3 lug.) (1). Il Ser.mo doge e Ser.mi Collegi alla chiesa di S. Siro il giorno di S. Gaetano, con panegirico del padre D. Pietro Antonio Gentile (7 ag.). (1) Cristoforo Fernandez de Cardova conte di Sastago fa viceré di Sicilia dal 1728 al 1734. *** l· — 347 — TI Ser.mo docje in casa dei m.co Giovan Carlo Doria per sponsali della figlia di detto Giovan Carlo col m.00 Stefano Spinola (5 sett.). Giorno del S.mo nome di Maria e dell’Unione, con panegirico del padre Giuseppe Sisto Morosini da Lugano (12 sett.). Arrivo del sig.r principe e principessa di Modena sotto nome di conte e contessa di S. Felice (ott.) (1). Estrazione dell’Ecc.mo Girolamo Durazzo senatore in luogo del in Ecc.mo Agostino Fossa che copriva la dignità procuratoria (29 ott.). Giorno della presentazione di Nostra Signora, con panegirico del padre Bruno della Madre di Dio (21 nov.). Giorno di S. Francesco Saverio, con panegirico del padre Ύornielli novarese (3 die.). Estrazione del seminario de’ cinque Ecc.mi senatori, con intervento dei principi di Modena (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; conte Guicciardi, arcivescovo, veglia, duca di Tursi. Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del d.1' Giovanni Stefano Morchia (1 gen. 1729). Sig.1' principe Doria per buone feste (6 gen.). Sig.1' di Campredon, ministro di Francia, da Sua Serenità per buone feste (23 gen.). Ser.mo doge, precedente invito, all’opera (25 gen.). Mons.r Lomellino, vescovo di Brugnato, da Sua Serenità (8 feb.). Ser.mo doge, nuovamente all’opera (15 feb.). Sig.1’ Don Bernardo Spelleta, ministro di Spagna, da Sua Serenità per buone feste (26 feb.). Pasqua (17 apr.). Mons.1’ Lomellino, vescovo d'Aiaccio, da Sua Serenità (19 apr.). Padre vicario generale degl’agostiniani scalzi dal Ser.mo (19 apr.). Estrazione d'ell’Ecc.mo senatore Giovanni de Franchi, per morte dell’Ecc.mo Bartolomeo Feretto (24 mag.). Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del d.r fìsico Pecorino (1 Ing.). (1) Delle visite che Francesco d’Este, principe ereditario di Modena, e la sua sposa Carlotta, figlia di Filippo d’Orleans reggente- di Francia, fecero a Genova il 1728, il 1729 e il 1734 discorre il padre L. Levati (Regnanti a Genova nel secolo XVIII, pag. 29 a 33). Cfr. a pag. 351 (30 sett. 1734). — 348 — Giorno di S. Gaetano, a S. Siro, con panegirico del padre For-maggieri (7 ag.). Solennità del S.mo nome di Maria, con penegirico del padre Anìadeo agostiniano (11 sett.). Giorno dell’Unione, con panegirico del padre Gatti agostiniano (12 sett.). Mons.1' de Campredon, inviato di Francia, da Sua Serenità (20 sett.). Padre generale deJ servi delia Madre di Dio, da Sua Serenità (20 sett.). Giorno del S.mo Rosario, ccn panegirico del padre P aravìcino piemontese (2 ott.)· Giorno di S. Francesco Saverio, con panegirico del padre Rossetti (3 die.). Conte Guicciardi, inviato dell’ imperatore, sig.1' de Campredon inviato di Francia, sig.1' Don Bernardo Spelìeta inviato di Spagna, mons.1' arcivescovo, e suo vicario, da Sua Serenità per buone feste (die.). Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del m.co Per andò (1 gen. 1730). Principe Doria da Sua Serenità (6 gen.). Duca di Tursi da Sua Serenità (6 gen.). Sig.1' Don Bernardo Spelìeta, inviato di Spagna, fa l’entrata pubblica a’ Ser.mi Collegi (19 gen.). Ser.mo doge Luca Grimaldi termina il suo biennio e ritorna alla sua casa (22 gen.). Elezione del nuovo Ser.mo doge Francesco Maria Balbi (25 gen.). Sig.™ principe Doria, duca di Tursi, inviati Guicciardi e Spelìeta da Sua Serenità per rallegrarsi. Pasqua (9 apr.). Solennità del beato Vincenzo de Paoli a Fassolo, con panegirico del padre Visetti gesuita (30 apr.). Mons.r arcivescovo, per congratularsi con Sua Serenità (30 apr.). Padre generale della religione comasca (l mag.). Sig.1’ de Campredon, inviato di Francia, da Sua Serenità (3 mag.). Ser.mo doge all’opera (3 mag.). Mons.r Gandolfo, vescovo di Noli, e mons.r LomelUno, vescovo di Brugnato, da Sua Seranità (7 mag.). — 34-9 — Incoronazione del Ser.mo doge, con orazioni del m.co Giulio l’al-laiicino (13 mag.) e del padre Amadeo nicolita (14 mag.). Ser.mo doge all’opera, precedente invito (30 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del d.r di medicina Tam (1 lug.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del pade Preg-gia domenicano (12 sett.). Il ber.“o doge privatamente a S. Gerolamo de’ gesuiti a visitarvi il fratello Agostino Balbi inabile per podagra (4 ott.). Il Ser.mo doge al monastero di S.a Maria in Passione a visitarvi la seconda volta sua sorella e sua figlia monache (14 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; conte Guicciardi inviato del-l’imperatore; non vi fu la solita veglia per la podagra di Sua Serenità. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Serra di Collegio (l gen. 1731). Mon.1' 1ìioarola, nuovo vescovo di Albenga, dalli due Ecc.mi di Palazzo (13 feb.) e poi alli Ser.mi Collegi (20 feb.). Il padre generale de’ somaschi da Sua Serenità (10 mar.). Pasqua (25 mar.). Ecc.mi Domenico Doria a Palazzo, senatore in luogo del fu Ecc.mo Giovanni Battista Airoli (5 apr.). Il Ser.mo doge, precedente invito, all’opera al teatro del Falcone· (22 apr.). Il Ser.mo doge all’opera (29 mag.). Il duca di Tursi dal Ser.mo doge (16 giug.). Li nuovi Ecc.mi a Palazzo, con orazione del dottor fisico Spontone (1 lug.). Giorno del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Cavalli gesuita (9 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con discorso del padre Giacomo Costa teatino (12 sett.). 11 Ser.mo doge al collegio di S. Girolamo de’ Gesuiti a visitarvi suo fratello Agostino Balbi (22 sett·.). Il Ser.mo doge al monastero di S.ta Maria in Passione a visitarvi la sorella e la figlia (29 sett.). Il Ser.mo doge all’opera (18 ott.'). Arrivo da Livorno delle sei galere di Spagna, comandate dal te- — 350 — nente generale Don Michele Piggio siciliano, cavaliere di Malta e fratello del viceré di Valenza (14 nov.). Compimenti al marchese Castagnola di. Casa Faletti, che viene da Torino viceré di Sardegna (15 nov.). Li Ser.mi Collegi, precedente invito, alla chiesa delle Vigne, con panegirico del padre Isola gesuita (21 nov.). Il duca di Tursi, tornato da Milano, dal Ser.m0 duce (24 nov.). Complimenti al marchese di Cortame, di ritorno dal suo viceregnato di Sardegna (9 die.). Funzioni e compimenti di Natale; conte Guicciardi, abate di Bisagno, veglia. Arrivo delle quattro galee di Francia con la persona del sig.1' duca di Saint -Agnan, pari ed ambasciatore di detta corte, a quella di Roma (27 die.). Mons.r arcivescovo dal Ser.mo doge (28 die.). Mons.1’ Giustiniano, vescovo di Sagone, dal Ser.mo doge (28 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del d.r Giovanni Antonio Taccone (1 gen. 1732). Principe Doria dal Ser.mo doge ((3 gen.). Il Ser.mo doge Francesco Maria Balbi, finito il biennio, torna a sua casa (25 gen.). Elezione del nuovo doge Ser.mo Domenico Maria Spinola (29 gen.). Conte Guicciardi, principe Doria, arcivescovo, vicario, a rallegrarsi col nuovo doge (7 e 15 feb.). Il principe di Wirtembergh (1) privatamente dal Ser.m0 doge (20 mar.). Il giorno di S. Benedetto il Ser.mo doge e Ser.mo Collegi alla chiesa di S. Marta, precedente invito, con panegirico del padre Barachino gesuita (21 mar.). Li sig.i principi di Wirtembergh, Collembach e Liectemstem (2) a vedere privatamente l’officiatura del Minor Consiglio (26 mar.). Nuovo arrivo di quattro galee di Spagna, comandate del tenente generale Pàggio (1 apr.). (1) Il principe Luigi di Wilrtemherg era stato mandato dall’imperatore Carlo VI, per richiesta della Signoria di Genova, con alcune migliaia di tedeschi per domare i ribelli di Corsica. Cfr. alle date 4 aprile e 21 luglio 1732. (2) Leggi Culmbach e Lichtemtein o Liechtenstein. Cfr. alle date 7 e 23 luglio, 23 agosto 1732. — 351 — Il principe di Wirtembergh, che passa in Corsica, a congedarsi dal Ser.mo doge (4 apr.). Partenza di detto principe con due galere di questo stuolo (5 apr.). Arrivo di cinque navi da guerra di Spagna, comandate da Don Biasio di Les (7 apr.). Pasqua (‘20 apr.). Arrivo delle quattro galee di Francia che condussero per Roma il duca di Saint-Aqnan, comandate dal sig.1' di Monuiqlì ceffo di squadra (‘20 apr.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa de’ padri di S. Domenico per la novena ordinata dal pubblico a nostra Signora del Rosario per li correnti disturbi (1) (‘22 apr.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa della santissima Annunciata di Por- -toria dedicata alla beata Caterina per la novena ordinata dagl’ili.mi protettoli dell’ospedale di Pammatone per li correnti disturbi (22 mag.). Arrivo di quattro navi da guerra di Francia, comandate dal sig.1' bali de Vatan (6 giug.). Il duca di Tarai, tornato da Firenze, dal Ser.mo doge (22 giug.). Mons.1' Bacicalupo, nuovo vescovo di Ventimìglia, e il padre Brem-bati, generale de’ teatini, dal Ser.mo doge (29 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione dei d.1’ fìsico Spontone (1 lug.). Mons.r vescovo suddetto pubblicamente innanzi a' Ser.mi Collegi (3 lug.). Mons.1' Campredon, ministro di Francia, da Sua Serenità (6 Ing.). Il principe di Culembac da Sua Serenità (7 lug.). Il principe di Wirtembergh a congedarsi da Sua Serenità (21 lug.). Il padre vicario generale degli agostiniani scalzi dal Ser.mo doge (23 lug.). Il principe e la principessa di Liectestem a inchinare Sua Serenità (23 lug.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa della Nunciata di Portoria pel tri- (1) Probabilmente i disturbi che muovevano la Signoria di Genova a ordinare novene nelle chiese di S. Domenico (22 apr.) e di Portoria (22 mag.) erano quelli della rivolta in Corsica, per i quali la Repubblica si vedeva costretta a rivolgersi ai tedeschi e a Dio. duo in ringraziamento a Sua Divina Maestà, perchè avesse persuasa della santa Sede la mente a decretare che la beata Caterina godesse de virtutibus etc. (28 lug.). Mons.1’ de Campredon dal Ser.mo doge (6 ag.). Il principe di Culembah a congedarsi da Sua Serenità ( ( ag.). La sig.a contessa Dami, qui venuta col marito per vedere la città, ammessa ad assistere al Minor Consiglio congregato, e poi la sera alla veglia del Ser.mo doge (22 ag.). Mons.1' de Campredon da Sua Serenità a congedarsi, passando in Francia per mutazione d’aere, .per indi ritornare a Genova (20 ag.). Mons.1' Lomellino, vescovo d Aiaccio, da Sua Serenità, in congedo per passare al governo della sua chiesa (7 sett.). Giorno dell’ Unione, con panegirico del padre Solali gesuita (12 sett.). Mons. r Saporito, arcivescovo di Anazarbo, privatamente da Sua Serenità (19 ott.). Complimenti al marchese de los Balbasses (1 nov.). Il sig. r Spelletta, inviato di Spagna, ritornato da Parma, dal Ser.mo doge (2 nov.). s Incoronazione del Ser.1110 doge Domenico Maria Spinola, con orazioni del m.co Lazaro Vigdnego (15 nov.) e del padre Isola gesuita (16 nov.). Presentazione al tempio di Nostra Signora nella chiesa delle Vigne, con panegirico del padre Piatto carmelitano scalzo (21 nov.). Funzione e compimenti di Natale; abate di Bisagno, inviati del-l’imperatore e di Spagna, duca di Tursi, veglia, arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Ferdinando Gentile dottor collegiato (1 gen. 1733). Pasqua (5 apr.). Mons.r Curio, nuovo vescovo di Sagone, visita il Ser.mo doge (9 giug.), e poi compare nanti de’ Ser.mi Collegi (12 giug.). Mons.r de Campredon, tornato di Francia, da Sua Serenità (14 giug·)· Il genei’ale delli olivetani da Sua Serenità (20 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo Antonio de’ signori di Passano, estratto senatore (11 lug.) in luogo dell’Ecc.mo Agostino Grimaldi, per la prima volta a Palazzo (17 ag.). — 353 — Il padre maestro Paolo Bellomo, siciliano, generale del terzo ordine di S. Francesco, da Sua Serenità (29 sett.). Li Ser.mi Collegi nella chiesa di S. Domenico per la festa del S.mo Rosario, con panegirico del padre Borello (4 ott.). Monsr.1’ de Byssì, figlio delFambasciatore di Francia alla corte del principe Carlo, a riverire il Ser.mo doge (8 ott.). Il padre generale de’ minimi dal Ser.mo doge (17 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre vettore delle Scuòle Pie (21 nov.). Il conte Castelli, incaricato d’affari di Sardegna in Genova, dal Ser.mo doge (22 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, conte Guicciardi, duca di Tursi, il figlio del sig.1' de Campredon, Don Bernardo Spelìeta. arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Quar-tara dottor di Collegio (1 gen. 1734). Principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen.). Elezione del Ser.mo doge Stefano Durazzo (3 feb.). Mons.1’ arcivescovo, mons.1’ vicario, conte Guicciardi inviato dell’m-peratore, Don Bernardo Spelìeta inviato di Spagna, a congratularsi col Ser.mo doge (6 feb.). L’Ecc.mo Paris Fossa, estratto senatore (8 feb.) in luogo del Ser.mo doge, per la prima volta a Palazzo (13 feb.). Il Ser.m° doge al banchetto del m.co Girolamo Durazzo per lo sposalizio della figlia Maria col m.00 Marcello Durazzo (15 feb.). Il Ser.mo doge all’opera (24 feb.). Complimenti alla sig.a contessa di S.° Stefano, moglie del primo ministro dell'infante di Spagna (28 feb.). Visita al conte di Sess, ambasciatore d’Inghilterra a Torino (1 mar.). Sig.r Stefano Doria dal Ser.mo doge a congratularsi della sua esaltazione al Trono (4 mar.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di S.a Marta per la festa di S. Benedetto, con panegirico del padre Bossisio gesuita (21 mar.). Decreto de’ Ser.mi Collegi per regolare la cappella da tenersi in avvenire nella chiesa della Nunciata di Portoria per onorare la beata Caterina Fiesca Adorno (17 mar.), e relativa funzione (22 mar.). Giunta del conte Fuenclara, ambasciatore di Spagna a V enezia, 33 — 354 — alloggiato all’Albergo Reale situato in Banchi, e complimenti fattigli (1 apr.). Il duca di S. Pietro, Spinola, dal Ser.mo doge a congratularsi della elezione (27 apr.). » Mons.1' de Campredon, inviato di Francia, dal Ser.mo doge a congratularsi della elezione (3 mag.). Coronazione del Ser.mo doge Stefano Durazzi, con orazioni del m.co Ferdinando Gentile (8 mag.) e del padre Solari gesuita (9 mag.), con intervento del principe e principessa di Modena (1). Li nuovi Ecc.1111 senatori a Palazzo, con orazione del in.00 dottor fisico Carlo Domizio Figari (1 lug.). L’Ecc.1110 senatore Girolamo de Franchi la prima volta a Palazzo (6 lug.). λ - Festa di ballo a Palazzo, data da Sua Serenità alla Sig.a Manin Durazzi, sposa dèi m.co Marcello Durazzi (20 lug.). Il duca di Tursi, che parte per Napoli, dal Ser.mo doge (29 lug.). Festa di San Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Tra-vazzo veneziano (7 ag.). L’Ecc.mo Domenico Maria Garbarino, estratto senatore in luogo delTEcc.mo Giacomo Filippo Durazzo scusato, per la prima volta a Palazzo (26 ag.). Il Ser.mo doge privatamente al monastero di S.a Brigida a vedervi una sua figlia in educazione (11 sett.). Feste del nome di Maria e deH’Unione in S. Lorenzo, con orazione del padre Botta gesuita (12 sett.). Arrivo di otto galere di Francia, comandate dal generale gran priore d’Orleans (18 sett.). Partenza di dette galere con la principessa di Modena, che passava a Parigi (30 sett.). Festa del Rosario in S. Domeiiico, con panegirico del padre Bianchi veronese (3 ott.). Presentazione a Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Palmaro di santa Fede (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio de’ gesuiti, con panegirico del padre Botti (3 die.). (1) Per la presenza in Genova del principe e della principessa di Modena cfr. a pag. 347 (ott. e die. 4728) e in questa (30 sett. 1734). — 355 — Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, conte Guic-ciarcli, Don Bernardo Spelìeta, arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co dottor Gaetano Ignazio Carbonara (1 gen. 1735). Iriduo in S. Lorenzo, fatto fare per conto pubblico (13 feb.). Il Ser.mo doge, col solito permesso del Ser.mo Senato, al monastero di S.a Brigida a visitarvi la figlia in educazione (18 feb.). Complimenti all’Ecc.mo Troiano d'Acquatica (3 mar.), giunto per via di terra, che poi parte per Livorno sulla galera accordatagli dalla Ser.ma Repubblica, comandata dal capitano Angelo Maria Porro (7 mar.). Pasqua (10 apr.). Il conte Rimerà, incaricato d’affari di Sardegna, dal Ser.m0 doge (3 mag.). Mons.r de Campredon, inviato di Francia, dal Ser.mo doge (7 mag.). Il padre generale de'canonici regolari di Nostra Signora Incoronata dal Ser.mo doge (18 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Marengo (1 lug.). Festa del nomedi Maria in S. Lorenzo, con discorso del padre Isola gesuita (11 sett.). Giorno delFUnione, con discorso del padre Solari carmelitano (12 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con discorso del padre Mauri domenicano da Mantova (2 ott.). Il Ser.mo doge alle monache di S.a Brigida a visitarvi la figlia e la cognata (18 ott.). L’inviato di Spagna, Don Bernardo Spelìeta, da’ Ser.mi Collegi in congedo (15 nov.). Complimenti al nuovo inviato di Spagna, Don Felix Corneco (18 nov.). Presentazione a Nostra Signora delle Vigne, con discorso del padre Connio gesuita (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio de' gesuiti, con discorso del padre Egidio Ercole napolitano (3 die.). L’inviato di Spagna, sig.r Corneco, dal Ser.mo doge (13 die.). Funzioni e compimenti di Natale, abate di Bisagno, padre ge- — 356 — nerale de’ carmelitani scalzi, duca di Tursi, conte Guicciardi, Don Felix Corneco, arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Ventura utriusque juris dottore (1 gen. 1736). Il principe Doria da Sua Serenità (6 gen.). Li Ecc.mi Paolo Girolamo Pallavicino, estratto (9 gen.) in luogo del già Ecc.mo Francesco Maria de Franchi, e Giovan Raffaele Basadon-ne, in luogo del in.00 Domenico Setoli scusato, a Palazzo per la prima volta (1*2 gen.). Il Ser.mo doge per la seconda volta all’opera (31 gen.). Il Ser.mo doge Stefano Durazzo torna a sua casa un'ora e mezza prima che termini il suo biennio (3 feb.). Elezione del doge Nicolò Cattaneo (7 feb.). Conte Guicciardi, Don Felix Corneco, Varcivescovo, il vicario, il duca di Tursi, il principe Doria, a congratularsi col nuovo doge (12 e 18 feb.). Mons.1' De Mari, vescovo di Aleria, dal Ser.mo doge (26 feb.). Mons.r Saluzzo, vescovo di Mariana in Bastia, dal Ser.mo doge (10 mar.). Pasqua (1 apr.). Mons.r de Campredon dal Ser.mo doge (15 apr.). Festa della beata Caterina Fieschi Adorno nella chiesa dell’An-nunciata del Vastato (1), con panegirico del padre Barachino della Croce (29 apr.). L’Eec.mo senatore Agostino di Negro a Palazzo, in luogo del fu Ecc.mo Paolo Gerolamo Pallavicino (4 mag.). Incoronazione del Ser.mo doge Nicolò Cattàneo, con orazioni del m.co Ignazio Gaetano Carbonara dottor di legge (9 giug.) e del padre Generelli delle Scuole Pie (10 giug.). 11 padre generale de’ carmelitani calzati dal Ser.mo doge (17 « giug.)· Mons.r Giustiniano, vescovo di Calvi, dal Ser.mo doge (29 giug.). (1) La festa della beata e poi santa Caterina si celebrava, e si celebra tuttora, nella chiesa dell’Annunziata di Portoria presso l’ospedale di Pammatone, nella quale è esposto alla venerazione de’ fedeli il corpo della santa; e cosi si vede sempre ricordato in questi libri de’ Cerimoniali, fuor che questa volta, nel 1734, dicendosi che la funzione si fece nella Annunziata del Yastato, che è altra e maggiore chiesa di Genova. Avvenne proprio cosi? o qui corse un errore di penna di colui che scriveva? — 357 — Li lluovi Ecc.1TU senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Carlo Figari (1 lug.). Duca di Tursi, che parte per Napoli, dal Ser.mo doge a congedarsi (15 lug.). L Ecc.mo senatore Giovan Francesco Brignole a Palazzo (1), in luogo del fu Ecc.mo Felice Spinola (30 lug.). iesta di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Grassi di Savona (7 ag.). ί està del nome di Maria nella cattedrale, con discorso del padre maestro Novara agostiniano (9 sett.). Giorno dell’Unione, con discorso del rev. Giesino (12 sett.). Il Ser.mo doge privatamente a visitare sua figlia al monastero di S. Silvestro di Pisa (29 sett.). Il Ser.mo doge al monastero dei santi Giacomo e Filippo a visitare altra sua figlia. I està del Rosario in S. Domenico, con discorso del padre maestro Venturelli di Grafignana (7 ott.). Festa di S. Pietro d’Alcàntara nella chiesa della Pace, con panegirico del rev. Montano (19 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del rev. Zignego (21 die.). lesta di S. Francesco Saverio, con panegirico del padre Raineri Tessetti forlinese (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, Don Felix Corneco, arcivescovo, vicario. Li Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo, con orazione del m.00 Giacomo Renato Serra dottor collegiale (1 gen. 1737). L’Ecc.mo senatore Paolo Battista Fiesco a Palazzo (7 gen.). Mons.1' Maranna, vescovo (ΪAscoli nella Marca, dal Ser.mo doge (10 gen.). (1) In questo anno 1736 due cose accaddero a Giovan Francesco Brignole, cioè l’entrata nel senato genovese (30 lug.) e lo scandalo suscitato ai bagni di Lucca da sua moglie Lattina llaggio, che egli aveva sposato il 1731. La quale in quella stagione balneare venne in pettegola contestazione con la gentildonna lucchese Margherita Boccella maritata Tegrimi per il maggiore o minore riscaldamento dell’acqua; donde ire, sfregi, ferimenti, processi, torture, condanne alla galera. La colonia bagnante genovese abbandonò per tal fatto quella sede di bagni, che era solita di frequentare. Nè la Battina fu di poi fortunata, ohè morì, giovane ancora, il 1741, nè J vide doge nel 1746 il marito, il quale, quando scese il 174S dal trono biennale, si riconsolò nelle nozze con Maria Iffnazia Durazzo. — 358 — « Arrivo su galea della Sei'.ma Repubblica del sig.1 duca di Mon-temar, generalissimo dell armi di Spagna in Italia, imbarcato al golfo della Spezia (11 gen.) (1), e complimenti e sua partenza su detta galea per Antibo (12 gen.). L’Ecc.mo senatore Giulio Gavotte a Palazzo, in luogo dell Ecc.mo Lazaro Centurione (1 feb.). Il Ser.mo doge la seconda volta all’opera (19 feb.). Il padre generale di S. Francesco di Paola dal Ser.1110 doge (24 feb.). L’inviato di Spagna, Don Felix Corneco, in comparsa pubblica nauti de' Ser.1111 Collegi (25 feb.), e poi dà due festini di ballo. Pasqua (21 apr.). Te Deum nella cattedrale per la canonizzazione della beata Caterina Fieschi Adorno, proclamata con decreto del 3 aprile dal papa Clemente XII (6 e 7 mag.). Mons.1' de Campredon dal Ser.mo doge (12 mag.). Il padre generale de’ padri di S. Bernardo dal Ser.m0 doge (23 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Giacinto Gibelli (l lug.). Duca di Tursi, tornato da Napoli, dal Ser.m0 doge (20 Ing.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Paciaudi torinese (7 ag.). Mons.1' Serra, vescovo di Noli, in pubblica comparsa nauti dei Ser.mi Collegi (10 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Zachei delle Scuole Pie (12 sett.). Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con panegirico del padre Bruno della Madre di Dio (15 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Malcovich domenicano (6 ott.). Il Ser.mo doge privatamente al monastero de' santi Giacomo e Filippo a visitarvi una sua-figlia in educazione (12 ott.). Mons. r Lomellino, vescovo di Brugnato, dal Ser.mo doge (19 nov.). Il Ser.mo doge all’opera (19’nov.). (1) Il duca di Montemar, sgombrato Livorno delle milizie spagnuole, parti da quel porto per Genova il 9 gennaio 1737 (Muratori, Annali). — 359 — Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con discorso del rev. Borzone arciprete di S. Martino d’Albaro (21 nov.). Processione generalissima per la canonizzazione di santa Caterina Fieschi Adorno (23 nov.), e ottavario con panegirico del padre Giacinto Maria Malcovich domenicano (24 nov.). està del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Dru-■ silio de Ferrari parmigiano (3 die.). Complimenti al marchese Giovanni Fogliarli, inviato del re di Napoli presso questa Repubblica (14 die.). Detto inviato dal Ser.mo doge (23 die.). Funzioni e compimenti di Natale; duca di Tursi, abate di Bisagno, conte Guicciardi, inviato di Napoli, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Giovan Maria Oneto (1 gen. 1738). Il Ser.mo doge all’opera (14 gen.). Sig. r principe Doria, per la morte del padre fu marchese di Torìglia e dell’avo, sua pubblica comparsa nanti de’ Ser.mi Collegi (15 gen.). Ecc.mo senatore Carlo Doria, a Palazzo, in luogo del m. 00 Carlo Centurione (15 gen.). Ecc.mo senatore Giovanili Stefano Setoli a Palazzo (28 gen.). Il Ser.mo doge Nicolò Cattàneo, finito il biennio, torna a sua casa (7 feb.). Elezione del Ser.mo doge Costantino Balbi (11 feb.). Conte Guicciardo, principe Doria, duca di Tursi, vicario, inviato di Napoli, a congratularsi col nuovo doge (16 e 18 feb.). Il Ser.mo doge all’opera (16 feb.). Festa di S. Benedetto alla chiesa di S.a Marta, con discorso del rev. Schiaffino (21 mar.). Pasqua (6 apr.). Il padre vicario generale degli agostiniani scalzi dal Ser.mo doge (26 apr.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno nella Annunciata di Portoria, con panegirico del padre Micheli rocchettino (4 mag.). Il padre generale de’ carmelitani scalzi di S.n Teresa dal Ser.mo doge (31 mag.). Sig.l’ di Campredon, inviato di Francia, dal Ser.mo doge (31 mag.). Coronazione del Ser.m0 doge Costantino Balbi, con orazioni del — 360 — m.co Agostino Galleano (14 giug.) e del padre maestro De Paoli della Madre di Dio (15 giug.), con intervento anche di Don Filippo Doria marchese di Caravaggio, che trovasi in Genova con la sig. a sua sposa. Il padre generale de’ bernabiti (23 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Gibelli (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Giovan Bernardo Veneroso a Palazzo (10 lug.); Il padre generale de’ canonici lateranensi cioè rocchettini dal Ser.mo doge (13 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Gaetano Tacchi da Bergamo (7 ag.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con discorso del padre Solari gesuita (12 sett.). Festa del nome di Maria, con orazione del padre Giustiniano somasco (14 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Tavella maestro di teologia (5 ott.). Il Ser.mo doge al monastero delle turchine a visitare la figlia (12 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Paganino della Croce (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrosio, con panegii’ico del padre Masotti veronese (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, conte Guicciardi, marchese Fogliavi, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Giacomo Renato Serra dottore di Collegio (1. gen 1739). Il moderno principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen.). Il Ser.mo doge, precedente invito, all’opera (11 gen.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di S. a Marta, con discorso del padre Bona teatino (21 mar.). L’Ecc.mo Domenico Doria a Palazzo, senatore in luogo del m. co Anton Maria Rocca scusato (24 mar.). Pasqua (29 mar.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno nell’Annunciata di Portoria, con panegirico del padre Tolla crocifero (26 apr.). Mons.r Campredon, inviato di Francia, richiamato, dalli Ser.mi Collegi per congedarsi (15 mag.). — 361 — Il Ser.mo doge, precedente permesso de’ Ser.mi Collegi e Consigli, va al palazzo del m.co Giacomo Balbi suo nipote nella villa di San Bartolomeo degli Armeni, per rimettersi in salute (31 mag.). Il Ser.mo doge torna a Palazzo (21 giug.). Il Ser.mo doge ritorna alla detta villa del Zerbino ^6 giug.). Il Ser.mo doge di ritorno da detta villa (30 ging.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Paolo Battista Solaro (1 lug.). Complimenti al sig. r di Jionville, nuovo inviato di Francia alla Ser.ma Repubblica (21 lug.). Detto inviato da Sua Serenità (23 Ing.). Arrivo del duca e della duchessa di Modena su tre galee di Francia, comandate dal caposquadra sig.r di Monleurier (31 lug.), complimenti e feste, e poi loro partenza per Modena (7 ag.). Cavalier Serintori, ciambellano del gran duca di Toscana, con lettera credenziale alla Ser.ma Repubblica (6 ag.). Detto cavaliere a licenziarsi da Sua Serenità (13 ag.). Li Ser.mi Collegi invitati alla chiesa de’ padri missionari di Fassolo per la Festa di S. Vincenzo de' Paoli canonizzato, con orazione del padre Fabiani domenicano (23 ag.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Fabiano (4 ott.). Il Ser.mo doge alle monache turchine per visitare la figlia (2o ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con orazione del padre Giustiniano olivetano (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio de’ gesuiti, con panegirico del padre Peverelli veronese (3 die.). Mons.1' de Jionville, inviato di Francia, in comparsa nanti dei Ser.mi Collegi (14 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, conte Guicciardi, mons. r de Jionville, marchese Fogliarli, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.00 Ignazio Gaetano Carbonara (1 gen. 1740). L’Ecc mo Alessandro Pallavicino per la prima volta a Palazzo (13 gen.). L’Ecc mo Lorenzo Imperiale, ex ambasciatore, a Palazzo, in luogo de’ m.ci Nicolò Spinola e Filippo Maria LomelUno scusati l’uno dopo l’altro (14 gen.). — 362 — Il Ser.mo doge Costantino Balbi, finito il biennio, torna a sua casa (11 feb.). Elezione del Ser.mo doge Nicolò Spinola (16 feb.). Conte Guicciardi, gl’inviati di Francia e Napoli, principe Doria, mons. r Serfa vescovo di Noli, vicario (21 feb.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con discorso del rev. Balbi (21 mar.). Mons. r Giustiniano dal Ser.mo doge (9 api·.). Pasqua (17 apr.). Festa di S. a Caterina Fiesca nella chiesa deH’Aniiunziata di Portoria, con panegirico del padre Paganino crocifero (15 mag.). Incoronazione del Ser.mo doge Nicolò Spinola, con orazioni del m.co Giovan Battista Carbonara (25 mag.) e del padre Porro teatino (26 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co dottor fisico Gibelli (1 lug.). Il padre Oldoino, generale degli scolopii, dal Ser.mo doge (1 ing.). Mons.1’ Torre, vescovo di Sarzana, dal Ser.mo doge (16 lug.). L‘Ecc.mo senatore Francesco Maria Spinola a Palazzo (19 lug,). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Tersi di Bergamo (7 ag.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Rissetti (2 ott.). Festa di S. Pietro d’Alcàntara alla chiesa della pace, con panegirico del padre Paganino crocifero (19 ott.). Visita al padre generale degli zoccolanti (27 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Solari (21 nov.). Funzioni e compimenti di Natale; padre inquisitore, abate di Bisagno, inviato di Francia, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Giacomo Renato Serra (1 gen. 1741). Processione generale in riva al mare, fatta per proposta dellW-civescovo, vedendo la continuazione del tempo piovoso e il mar in burrasca con venti a contrasto, per quali accidenti non approdavano barcarecci di sorta alcuna per mantenimento del necessario commercio e provvedimento della città (8 gen.). Il Ser.mo doge all'opera (gen.). — 363 — Il padre generale de’ carmelitani scalzi di S.a Teresa dal Ser.mo doge (21 gen.). Il Ser.mo doge la seconda volta all’opera (31 gen.). I^esta di S. Benedetto a S.a Marta, con panegirico del padre Granello gesuita (21 mar.). Pasqua (2 apr.). Giunta del sig. r Stefano de Mari, nostro cittadino, con carattere d’ambasciatore di Spagna alla Repubblica di Venezia (27 apr.). Festa di S. a Caterina Fieschi Adorno nell’Annunciata di Portoria, con panegirico del padre Paganino crocifero, e con maggiore solennità nella città per decreti de’ Ser.mi Collegi (30 apr.). Mons. r Giustiniano, trasiato dalla chiesa di Segone a quella di Ventimiglia, dal Ser.mo doge nell’andare al suo vescovato (11 mag.). L’inviato di Francia dal Ser.mo doge (18 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Cunneo dottore di medicina (1 lug.) Mons. r Romualdo Messei, nuovo vescovo di Nei rio, pubblicamente da’ Ser.mi Collegi (3 lug.). Mons. r Paolo Maria Mariotti, nuovo vescovo di Sagone, dal Ser.mo doge e da’ Ser.mi Collegi (3 lug.). Sig. r della Vivoill, ambasciatore del re delle Due Sicilie al re di Sardegna, giunto con due galee di Napoli (16 lug.). L’Ecc.mo senatore Domenico Maria della Torre a Palazzo, in luogo del fu Ecc.mo Domenico Rivarola (17 lug.). Complimenti al sig.r Don Antonio Zelaida, ceffo di squadra delle dette due galee di Napoli (17 lug.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di Carignano, ius-patronato del m. co Domenico Sàoli, che ha invitato per il triduo per la beatificazione del beato Alessandro Sàoli (1), con panegirico del padre Sambuceti barnabita (26 lug.). Mons.1' Curio, nuovo vescovo di Aleria, dal Ser.mo doge (27 lug.). Il cardinale Giovan Battista Spinola con galea della Ser.ma Repubblica, non complimentato perchè dichiaratosi per l’abate di Subloco (21 ag.). Comparsa di mons.r Curio a’ Ser.mi Collegi (23 ag.). (1) Cfr. padre Levati, Dogi di Genova dal 1721 al 17461 pag. 188. > — 364 Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con orazione del padre Paganino crocifero (10 sett.). Giorno dell’Unione, con discorso del padre Solari gesuita (12 sett.). Il padre generale de’ conventuali di S. Francesco di Castelletto (30 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Ca-ramasti mantovano (1 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con discorso del padre Tavella domenicano (21 nov.). Il padre generale delli olivetani dal Ser.mo doge (21 nov.). Il padre generale de’ teatini dal Ser.mo doge (26 nov.). Il padre vicario generale degli agostiniani scalzi dal Ser.mo doge (26 nov.). Arrivo su galea di questo stuolo del duca di Monte mar, generale delle truppe di Spagna in Italia; non complimentato perchè non scese a terra (29 nov.) (1). Festa di S. Franceseo Saverio, con orazione del rev. Galloni parmigiano (4 die.). Complimenti al sig.1' Don Donato Domas, ceffo di squadra delle sei galee di Spagna giunte in questo porto (28 die.). Mons.r vicario generale dal Ser.™0 doge (31 die.). L’abate di Bisogno, che non -comparve la vigilia di Natale per sua indisposizione (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Gibelli (1 gen. 1742). Il principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen.). Mons.r Centurione, nuovo vescovo di Àiaccio, dal Ser.mo doge (7 gen.). Comparsa di detto monsignore a’ Ser.mi Collegi (15 gen.). Il Ser.mo doge all’opera (21 gen.). Il Ser.mo doge Nicolò Spinola, finito il biennio, torna a sua casa (16 feb.). Elezione del nuovo doge Domenico Canevaro (20 feb.). (1) Riapertasi la guerra fra le grandi potenze per cagione della successione d’Austria, il duca di Montemar ritornò in Italia a riprendere il comando degli eserciti di Spagna. Il 29 novembre giungeva innanzi a Genova e il 9 dicembre ad Orbetello, dov’era la radunata delle forze spagnuole. — 365 — Principe Dorid e vicario generale, a congratularsi col nuovo doge (25 feb.). Pasqua (‘25 mar.). està di S. Benedetto a S.a Marta, con discorso del padre Solari gesuita (3 apr.), I està di S. a Caterina Fieschi all’Annunciata di Portoria, con discorso del padre Rolla crocifero (22 apr.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m. 00 Carlo Crollalancia (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Camillo Doria a Palazzo (6 lug.). Incoixmazione del Ser.mo doge, con orazione del m.00 Antonio Cicala (7 lug.) e del padre Carlo delle Scuole Pie (8 lug.). Matrimonio a Palazzo della m.oa Maria Canevaro, figlia del Ser.mo doge, col m. co Stefano Feretti (11 lug.). L’Ecc.mo senatore Lorenzo de Mari a Palazzo (13 lug.). II padre' generale del terzo ordine di S. Francesco esistente in Gran'arolo dal Ser.mo doge (14 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre maestro S. Giuliano di Como (7 ag.). L’inviato di Francia, di ritorno da quella corte, dal Ser.mo doge (24 ag.). Festa del nome di Maria alla cattedrale, con discorso del padre Grassi teatino (9 sett.). Giorno dell’Unipne, in S. Lorenzo, con orazione del padre Porrata gesuita (12 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Mele-vidi (7 ott.). Li Ser.1111 Collegi alla chiesa de’ padri crociferi per il triduo del beato Camillo de Lellis fondatore de’ ministri degl’infermi, con panegirico del padre Melcvich (19 nov.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Genta, guardiano di S. Francesco di Castelletto (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio de’ gesuiti, con panegirico del padre Girolamo Doria. (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; padre inquisitore, inviato di Francia. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.00 Giovan Battista Carbonara (1 gen. 1743). — 366 — L’Ecc.1110 senatore Carlo Emanuele Durazzo a Palazzo (7 gen.). L’Ecc.1110 senatore Giovan Battista Invrea a Palazzo, in luogo del m. 00 Agostino Maria Lomellino (16 gen.). Li Ser.mi Collegi, invitati dalle monache di Nostra Signora di Misericordia fuori la porta dell’Acquasola, vanno a quella chiesa (18 mar.). L’Ecc.mo senatore Paolo Maria Garibaldo a Palazzo, in luogo del fu Ecc.mo Filippo Gentile già estratto in luogo del ni. co Luca Adorno ' scusato (26 mar.). Triduo in S. Lorenzo per pregare Iddio per li correnti bisogni (5 e 8 apr.) (1). Il padre generale de’ somaschi dal Ser.1110 doge (3 mag.). Li nuovi Ecc.1111 senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Solari seniore (1 lug.). Triduo in S. Lorenzo, disposto a motivo de’ correnti bisogni (7 e 9 lug.). Complimenti all’ammiraglio inglese sig.1- Mattius, giunto con molte navi (13 lug.) (2). L’Ecc.mo senatore Giovan Battista Grimaldi a Palazzo, in luogo del m. co Bidolfo Spinola scusato (6 ag.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Rinaldi nizzardo (7 ag,). Il Ser.mo doge, col permesso, privatamente al monastero di Nostra Signora delle Grazie a visitarvi la sorella monaca e a quello di S. Silvestro di Pisa a visitarvi altre monache sue parenti (1 sett.). Li Ser.mi Collegi a S. a Caterina di Genova in Portoria alla no- ci) La Eepubblica, dichiaratasi neutrale nella guerra della successione d’Austria (1741-1748), si mostrava benevola per la Spagna; epperò ebbe parecchie noie e si trovò più volte in imbarazzi gravi, finché, lesa negli accordi fra i belligeranti con la perdita del marchesato di Finale, dovette dichiararsi apertamente per la Spagna (1745). La frase per li correnti bisogni, usata qui (5 apr.) e appresso (7 Ing.), potrebbe far pensare a bisogni per armamenti, se non la si trovasse completata poco di poi (8 sett.) in correnti bisogni del morbo contagioso. (2) L’ammiraglio inglese Mathews, sorvegliando la riviera di Genova, si avvide dell’arrivo in quel porto di -alcune barche spagnuole cariche di munizioni da guerra. Fu quindi quest’arrivo dell’armata inglese un atto di polizia marittima, che d’altra parte giustificava il sospetto che si aveva sulla neutralità della Repubblica. Ne parla il Muratori negli Annali, e particolari notizie si trovano nell’Archivio di Stato di Genova nella filza Maritimarum 42 per gli anni 1742 e 1743. — 367 — vena del di lei transito, il tutto a motivo de’ correnti bisogni del morbo contagioso (1) (8 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con orazione del padre maestro D'Aglio agostiniano (12 sett.). Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con orazione del padre Amadeo nicolita (15 sett.). L’inviato di Francia dal Ser.mo doge a licenziarsi per passare alla sua corte (22 sett.). Il padre generale degli olivetani dal Ser.mo doge (25 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del rev. Carozzino di Savona (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrosio de’ gesuiti, con panegirico del padre Banditi di Rimini (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; veglia. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Francesco Maria Sertorio (1 gen. 1744). Il principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen.). Mons.1' vicario generale dal Ser.mo doge (6 gen.). L’Ecc.mo senatore Nicolò Maria LomelUno a Palazzo, in luogo del m.co Giovan Francesco Doria scusato (14 gen.). Giunta per via di terra del Cardinal Giorgio Doria, fratello del principe, che si trattiene sotto titolo di abate di S. Fretuoso per schivare complimenti (27 gen.). Il Ser.1110 doge Domenico Canevaro, finito il biennio, torna a sua casa (20 feb.). Elezione del Ser.mo doge Lorenzo Mari (27 feb.). Il principe Doria, il padre inquisitore, vicario, per congratulazione al Ser.mo doge (1 e 8 mar.). L’Ecc.mo senatore Francesco Maria Spinola a Palazzo, in luogo del doge Lorenzo Mari (5 mar.). L’Ecc.mo senatore Giovanni Andrea Spinola a Palazzo, in luogo del m.co Nicolò Maria LomelUno scusato (14 mar.). Il padre vicario generale degli agostiniani di Lombardia dal Ser.mo doge (15 mar.). Festa di S. Benedetto a S.a Marta, con discorso del rev, canonico Gatti di S. Lorenzo (21 mar.). (1) Cfr. la nota (1) a pag. 366. - 368 - L’Ecc.mo senatore Giovanni Stefano il lonza a Palazzo, in luogo del m. 00 Bernardo Sopranis (8 apr.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno nell*Annunziata di Portoria, con panegirico del padre Bobbio crocifero (3 mag.). L’inviato di Francia, ritornato, dal Ser.1110 doge (19 giug.). Li nuovi Ecc.1111 senatori a Palazzo, con orazione del dottor di medicina Gatti, figlio del m.co Pietro dottore collegiato (1 giug.). Il padre generale de’ carmelitani scalzi, fiammingo, dal Ser.mo doge (12 lug.). L’Ecc.mo senatore Carlo Adorno Centurione a Palazzo, in luogo del m. co Giuseppe de Franchi scusato (1Ί lug.). , Coronazione del Ser.mo doge Lorenzo de Mari, con orazione del m. co Roberto Curio (18 lug.) e del padre Granello gesuita (19 Ing.). L’Ecc.mo senatore Domenico Maria Torre a Palazzo (21 lug.). L’Ecc.m0 senatore Carlo Morando a Palazzo (29 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Gaetano Travasa veneto (7 ag.). Festa dell’Assunta con comunione generale, avendo celebrato per la prima volta mons.1' Saporito, coadiutore di mons.1- arcivescovo de Franchi, e determinazione del cerimoniale relativo (15 ag.). Giunta dell’ammiraglio Matteus su due galee del re di Sardegna che lo imbarcarono a Vado; scortato da quantità di vele britanniche che continuarono il cammino a levante, e complimenti fattigli (1 sett.). Il Ser.mo doge, con permesso e con scorta, va, per gustare un poco d’aere di campagna, a sentir messa ai Cappuccini, passeggia nella villetta di quei padri detta della S.ma Concezione, sente altra messa, va al monastero dei santi Giacomo e Filippo a visitarvi alcune monache parenti e a quello di S. Marta dalla sorella monaca (6 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico dal padre Margherita di Cuneo teatino (12 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con discorso del padre Grassi scolopio savonese (13 sett.). Festa di S. Pietro d’Alcantara alla chiesa della Pace, con panegirico del padre Fabiani domenicano (19 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Bonacina rocchettino (21 nov.). Li Ser.mi Collegi in S. Lorenzo a comunione generale per con- — 369 — seguire il giubileo, con intervento per la seconda volta del coadiutore mons.1 Saporito, giusta il cerimoniale prestabilito .(22 nov.). Il padre vicario generale degli agostiniani scalzi dal Ser.mo doge (18 die.). Iunzioni e compimenti di Natale; abate di Bisogno, inviato di Francia, vicario. Li nuovi Ecc.1"11 senatori a Palazzo, con orazione del m.co Bartolomeo Deiitone. L’Ecc.mo senatore Ambrosio Negrone a Palazzo,, in luogo del m. co Giovanni Stefano Durazzo scusato (14 gen. 1745). L Ecc.mo senatore Giovan Benedetto de Franchi a Palazzo, in luogo del m. co Federico de Franchi scusato ('26 gen.). L’Ecc.1110 senatore Ottavio Grimaldi a Palazzo, in luogo del fu Ecc.mo Francesco Maria Serra (13 feb.). L’Ecc.mo senatore Pier Maria Canevaro a Palazzo, in luogo del m.00 Giovan Pietro Serra scusato (8 mar.). Festa di S. Benedetto a S.a Marta, con panegirico del padre maestro Doglio agostiniano ('21 mar.). Complimenti al marchese Santa Giulia, che va in Sardegna viceré (24 mar.). Pasqua (18 apr.). Festa di S.“ Caterina Fieschi Adorno alla Nunciata di Portoria, con panegirico del padre Alessandro Perotti crocifero torinese (16 mag.). Il padre generale de’ barnabiti, Don Francesco Gaetano milanese, dal Ser.mo doge (4 giug.). Complimenti al sig.1' duca di Modena, generalissimo del re di Spagna, giunto con Tarmata spagnuola proveniente dalla Riviera di Levante sotto il comando del generale conte de Gages (6 giug.) (1). Notizia de’ decreti fatti per il complimento in Albenga all 'infante Don Filippo e della relazione scrittane. Memoria del complimento ordinato il 10 aprile per il sig.1' barone di Blonai di ritorno dal viceregnato di Sardegna; il qual complimento non ebbe effetto, essendosi detto signore voluto trattenere fuori della città, alloggiato all’osteria del Papa fuori porta S. Tommaso. (1) Per la venuta del duca di Modena Francesco III cfr. anche il padre L. Levati (Regnanti a Genova nel secolo XVIII; pag. 33;. 24 — 370 — Decreti per le cerimonie in S. Lorenzo il giorno di san Giovanni Battista pel santissimo nome di Gesù (19 giug.). Li Ser.™1 Collegi alla chiesa de’ .santi Giacomo e Filippo a venerare la reliquia del Precursore, con panegirico del padre lettore Caldura domenicano (27 giug.). Li nuovi Ecc.01* senatori a Palazzo, con orazione del dottor Marengo (1 Ing.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Mai preposito «7 ag. ». Festa del nome di Maria e dell’Unione, nella cattedrale, con panegirico del padre Girolamo Doria gesuita (17 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Grassi domenicano (1 ott.). L’Ecc.®0 senatore Pietro Maria Giustiniano a Palazzo, in luogo del fd Ecc.— Gacotto (3 ott.). L inviato :;i Francia monsieur de Jiunvill, che torna in Francia a motivo ii sua indisposizione, dal Ser.mo doge a congedarsi (20 ott.). Presentazione di Xostra Signora delle λ igne, con panegirico del rettore Racenna di S. Vincenzo (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio de gesuiti, con panegirico del padre Zaccaria veneziano (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, cicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Bartolomeo Dentone (1 gen. 1746). Il principe Doria dal Ser.m0 doge (6 gen.). Il Ser.mo doge all'opera nel teatro di S. Agostino (17 gen. e S feb.). H Ser.mo doge Lorenzo de Mari, finito il biennio, torna a sua casa ,27 feb.). Elezione del doge Ser.mo Giovan Francesco Brignde (3 mar.) (1). Entrata dell 'arcivescovo, mons.r Giuseppe Maria Saporiti (10 mar.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta·, con panegirico del rev. prete Carolino di Savona (21 mar.). L'Ece.mo senatore Marcello Durazzo a Palazzo, in luogo del m.co Giovan Battista de Mari, e Giovan Doria in luogo di Giuseppe de Franceschi procuratore (28 mar.). Pasqua (10 apr.). 1 Cfr. lì nota a pag. 357. — 371 — Complimenti del nuovo inviato di Branda mons.1' de Guimont (17 apr.). Monsieur de Guimont dal Ser.mo doge (19 apr.). lesta di S.ta Caterina da Genova nella Annunciata di Portoria, con discorso del padre Bobbio crocifero (8 mag.). Mons.i' Ardoino, nuovo vescovo di Noli, dal Ser.mo doge (19 mag.), e poi in comparsa a’ Ser.mi Collegi (25 mag.). Processione del Corpus Domini con l’intervento dei Ser.mi Collegi e dell arcivescovo, e decreto pel cerimoniale (9 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Coronazione del Ser.mo doge Giovan Francesco Brignole, con orazioni del m.°o Giacomo de Marchi (2 lug.) e del padre Durazzi gesuita (3 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Sii'o, con discorso del padre Grassi di Savona (7 ag.). L’Ecc.mo senatore Carlo Cattaneo a Palazzo, in luogo del m.co Vincenzo Gropallo (8 ag.). lesta dell’Assunta in S. Lorenzo, con presentazione, dopo il consueto venticinquennio, delle insegne reali e delle chiavi della città a Nostra Signora (15 ag.). Complimenti in S. Pier d’Arena a monsieur de Ghages, capitano generale del re di Spagna (21 ag.), e sua visita al Ser.mo doge pel passaggio delle truppe (23 ag.). Complimenti a S. A. R. il principe Don Filippo in Sestri di Ponente (26 ag.). Novena nella Chiesa di S. Domenico a spesa pubblica, ordinata ]jer li correnti bisogni, con panegirico del padre maestro Tavella (‘23 sett.). Festa di S. Pietro d’Alcàntara nella chiesa della Pace, con panegirico del padre lettore Clemente francescano (19 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Friano della Madre di Dio (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Calvi bolognese (3 dic.) (1). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, inviato di Francia monsieur de Guimont, arcivescovo. (1) Due giorni dopo al grido di Balilla Genova si sollevava e scacciava a furor di popolo gli Austriaci. — 372 — Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con discorso del m.co dottor Pozzi (l gen. 1747). Il principe Doria dal Ser.m0 doge (6 gen.). Festa di S. Benedetto in S> Marta, con discorso del padre P riano della Madre di Dio (21 mar.). Nella chiesa di Nostra Signora delle Vigne, dopo una novena a spesa di pii devoti, li Ser.1111 Collegi vanno a ringraziare Nostra Signora dell’intercessione ne’ correnti disturbi delle guerre, con panegirico del padre Rossi chierico regolare (22 mar.). Pasqua (2 apr.). Festa di S.ta Caterina Fieschi Adorno nell’Annunziata di Portoria, con panegirico del padre Ramorino crocifero (30 apr.). Complimenti al sig.1’ duca Bouffiers, duca e pari di Francia, comandante in capo (3 mag.) (1). Processione dell’ottava del Corpus Domini, non ostante che non fosse stata fatta la solita processione generalissima, a motivo delle insidie dell’inimici trasportata ad altro tempo (8 giug.) (2). L’Ecc.mo senatore Agostino de Mari a Palazzo, in luogo del m. co Felice Pinello e del m.co Giovanni de Franchi, ambo scusati vicendevolmente (21 giug.). Li Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Michele Gatto (1 lug.). -Li Ser.mi Collegi nella cattedrale con l’intervento di mons.r arc[. vescovo per la pubblicazione del voto solenne fatto da’ Consigli in onore della Vergine Immacolata (9 log.); Ecc.mo senatore Lazaro Centurione a Palazzo, in luogo del m.co Agostino Grimaldi scusato (13 lug.). Processione del Corpus Domini, che non potè farsi al suo giorno in cui cadeva a motivo de’ torbidi della guerra (23 lug.). (1) Anche il Muratori ricorda la venuta del Bouflers in Genova. Dice che egli « era cavaliere non men cospicuo pel valore che per prudenza, affabilità e cortesia. 'Un eloquente e ben onorato discorso da lui fatto al doge e ai collegi per esaltare il coraggio delle passate e presenti loro risoluzioni e per assicurarli della più valida protezione del suo monarca, toccò il cuore a tutto quel maestoso consesso » (Annali). Diresse la difesa di Genova assediata; ma, mentre il nemico, disarmato, abbandonava l’assedio (2 a 6 luglio), egli vi moriva di vaiuolo (3 lug. 1747). (2) La festa del Corpus Domini cadde quell’auno nel primo giorno di giugno. La città, difesa dal Bouflers, era già investita dagli austro-sardi. La processione consueta venne poi fatta, come appresso è annotato, il 23 luglio, ad assedio levato e Bouflers morto. — 373 — Processione della S.ma Concezione, che parimenti non potè farsi nel suo giorno in' cui cadeva per li motivi di guerra (1), e fu generalissima a tenore del voto fatto, confermato da papa Benedetto XIV (26 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con discorso del padre Berzizza veronese (7 ag.). Li Ser.mi Collegi in processione alla chiesa di S. Francesco di Castelletto in onore della S.ma Concezione con gran pompa (27 ag.). f està del nome di Maria nella cattedrale, con panegirico del padre Tavella domenicano (10 sett.). Giorno dell’Unione, nella cattedrale, con panigirico del padre Zachei scolopio (12 sett.). Li Ser.mi Collegi, precedente loro deliberazione, all'Annunciata di Portoria nel giorno anniversario del transito di S.a Caterina Fieschi Adorno, per ringraziare detta santa per l’ottenuta liberazione della città dall’assedio deWarmi austriache (15 sett.). Cappella tenuta a Nostra Signora del Monte per deliberazione pubblica per ringraziamento del distacco delle truppe tedesche da tutta la valle del Bisagno, con panegirico del padre lettore Amadeo di Savona (24 sett.). Giunta per via di mare del sig.r duca di Richelieu, duca e pari di Francia, plenipotenziario alla Repubblica Ser.ma e comandante in capo delle truppe gallo-ispane destinate a sollievo della Repubblica (27 sett.), e complimenti fattigli (29 sett.) (2). Festa del Rosario, con panegirico del padre Vingoni domenicano (1 ott.). Udienza pubblica nanti i Ser.mi Collegi del duca di Richelieu (2 ott.). Te Deuni in S. Lorenzo, con intervento del duca di Richelieu, per li felici successi dell’armi francesi (4 ott.). Complimenti al sig.r duca di Dangenuoi nipote del duca di Richelieu (5 ott.). (1) Il di 8 dicembre 1746, festività della SS. Concezione della Madonna, era già il terzo giorno dell’insurrezione del popolo genovese contro gli austriaci; non fu possibile perciò di pensare alla consueta processione. (2) Anche della venuta del duca di Richelieu in Genova dà notizia il Muratori (Annali), presentandolo per « personaggio di rara attività e di mente vivace». Vedi pure il padre Levati (Dogi di Genova dal 1746 al 1771; pag. 116). — 374 — Festa di S. Pietro d’Alcàntara nella chiesa della Pace, con panegirico del padre Amadeo di Savona scalzo (19 ott.). L’inviato di Francia, monsieur de Guimon, in udienza privata dal Ser.mo doge (14 nov.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Ludovico Marchetti gesuita (21 nov.). L’Ecc.mo senatore Cesare Gentile a Palazzo (22 nov.). Mons.1’ Saporito, nuovo vescovo di Bastia, dal Ser.mo doge (26 nov.), e poi in comparsa pubblica a’ Ser.mi Collegi (29 nov.). Novena della S.ma Concezione per deliberazione, e relativi capitoli (22 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Solari (4 die.). Li Ser.1111 Collegi al santuario di Nostra Signora di Loreto, con panegirico del padre Angelo Maria da Genova (10 clic.). 11 gentiluomo della Repubblica di Lucca sig.1' Giovan Battista Domenico Sardini, venuto con sola credenziale, dal Ser.mo doge (23 die.). Funzioni e compimenti di Natale; duca di Richelieu, veglia con intervento di detto duca e del generale Umada; arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Croa-lanza (1 gen. 1748). Il gentiluomo Sardini dal Ser.mo doge per congedo (9 gen.). Il Ser.mo doge all’opera (9 gen e 13 feb.). L’inviato di Francia sig.r Guimon, di ritorno da Parigi, dal Ser.mo doge (15 gen.). Il Ser.mo doge Giovan Francesco Brignole, finito il biennio, torna a sua casa (3 mar.). Elezione del Ser.mo doge Cesare Cattàneo (6 mar.). Chiusa d’un triduo straordinario in S. Lorenzo per il felice successo della guerra, con discorso Ae\Y arcivescovo (7 mar.). L’inviato Guimon e mons.r Saporito, vescovo di Bastia, a congratularsi col nuovo doge (10 mar.). L’Ecc.mo senatore Felice Spinola a Palazzo, in luogo del fu Ecc.m0 Giovan Battista Giovo (14 mar.). Festa di Nostra Signora della Misericordia in quella chiesa all’Acquasola, con panegirico del rev. Andrea Carbone (18 mar.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con discorso del padre Fabiani gesuita (21 mar.). Mons.1 arcivescovo dal Ser.mo doge a congratularsi (21 mar.). Chiusa della novena, fatta fare da’ capitani delle parrocchie nella chiesa degli agostiniani, in lode a Nostra Signora del Buonconsiglio a.motivo de’ correnti bisogni (24 mar.). Pasqua (14· apr.). lesta di S.a Caterina Fieschi Adorno nella Nunciata di Portoria, con panegirico del padre Bobbio crocifero (12 mag.). Il Ser.mo doge all’opera (3 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor fisico Marenglio (1 lug.). Il Ser.mo doge, precedente invito e deliberazione, all’opera (25 Ing.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Cannati vicentino (7 ag.). Coronazione del Ser.mo doge Cesare Cattàneo, con orazioni del m.co Giovan Battista Carbonara (31 ag.) e del padre Porrata, gesuita (1 sett.). Triduo alla Maddalena de’ somaschi, per la beatificazione del beato Gerolamo Emiliani loro fondatore, con panegirico del padre Epifanio Gastaldi barnabita (5 sett.). Banchetto del Ser.mo doge pel solito ringraziamento (8 sett.). Giorno dell’Unione, nella cattedrale, con discorso del padre Remo-vino crocifero (12 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con discorso del padre Marchelli somasco (15 sett.). Cappella tenuta per conto pubblico a Nostra Signora del Monte, con discorso del padre Semino francescano (29 sett.). Novena come ne’ due anni precedenti e chiusura del Rosario, con panegirico del padre Bonifacio Casalasco (6 ott.). Il Ser.mo doge, con permesso, al monastero di S. Silveltro di Pisa a visitarvi le sue sorelle e la nipote (18 ott.) (1). Complimenti al duca di Richelieu, fatto maresciallo di Francia (18 ott.). (1) Qui cominciano le narrative del maestro delle cerimonie Barnaba Cassero. Cfr. a pag. 30. — 376 — Presentazione di Nostra Signora delle λ igne, con discorso del padre Remori no crocifero (‘21 nov.). Novena della S.raa Concezione, deliberata con decreto del 25 novembre, con i capitoli per la vestizione delle 36 donzelle (20 nov.). Decreto perpetuo della festa di Nostra Signora di Loreto nella chiesa de’ minori osservanti in Oregina da celebrarsi il 10 dicembre di ogni anno (14 e 15 nov.) (1). Mons.1' vicario generale nuovamente eletto, dal Ser.mo doge (30 mag.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Giovan Battista Martinelli di Sarzana gesuita (3 die.). Li Ser.mi Collegi al santuario di N. Signora di Loreto, con discorso del padre Angelo M.a da Genova (10 die.). Estrazione dal seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (16 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, inviato di Francia monsieur de Guymot, vicario, veglia. Li nuovi Ecc.m.' senatori a Palazzo, con orazione del dottor di Collegio Solari (1 gen. 1749). EccJ110 senatore Paolin Sdoli, estratto (21 gen.) in luogo del m.ce Domenicano Fiesco scusato, a Palazzo (27 gen.). Il Ser.mo doge, invitato, va all’opera (21 gen. (2) e 4 feb.). Supplicati dal corpo de’ cadetti, i Ser.mi Collegi vanno a un triduo in onore di Nostra Signora della Concezione nella chiesa di S. Filippo Neri (18 feb.). Complimenti a S. A. R. il principe Don Filippo, venuto per via di terra a Sestri di Ponente (24 feb.) (3). Festa di Nostra Signora di Misericordia nella chiesa all’Acqua-sola, con panegirico del rev. prete Montano priore di S. Sisto (18 mar.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con discorso del padre Girolamo Doria gesuita (21 mar.). (1) Questa disposizione fu mutata per decreto del novembre 1778, che designò per tale funzione la chiesa dell’Annunziata del Vast.aso (v. a pag. 403); ma poi, per altro del decreto 12 nov. 1781, si tornò alia chiesa di Oregina (pag. 406). (2) Nei primi giorni del gennaio 1749 si rappresentava l’opera in musica Arsace dello Zeno, e vi si segnalavano la Viscontina e Lorenzino da Novara. La Viscontina ammalò, ma potette riprendere la sua parte nel teatro di S. Agostino il 21 gennaio, quando vi intervenne il doge (A. Neri, nel Giornale Ligustico, a. IX, pag. 461). (3) Cfr. padre Levati (Regnanti a Genova nel secolo XVIIT; Genova, 1911; pag. 37). — 377 — Triduo a spese pubbliche in S. Lorenzo, per deliberazioni dei Ser.mi Collegi (‘20 e ‘26 feb .), per allegrezza per la cessazione della guerra col ristabilimento della pace generale e per ringraziamento all’Altissimo e a Nostra Signora per le grazie particolari fattene godere in tutto il tempo della guerra alla Repubblica (23 a 25 mar.). Pasqua (6 apr.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno alla Nunciata di Portoria, con discorso del padre Ferdinando Viva crocifero napolitano (4 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Carlo Domenico Figaro (1 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Luigi Fantone padovano teatino (7 ag.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Farina gesuita (12 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. prete Carozzino (14 sett.). Festa del Rosario, con discorso del padre Elena domenicano (5 ott.). Arrivo da mare della sig.a infante di Francia e duchessa di Parma (5 nov.), complimenti e festeggiamenti (1). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Fabiano gesuita (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padi'e Garofalo gesuita (3 die.). Monsieur Guimont, inviato di Francia, dal Ser.mo doge per congedo (5 die.). Estrazione del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; monsieur Scicluelen, abate di Bisogno, veglia, arcivescovo, vicario. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor Croce collegiato (1 gen. 1750). Il Ser.mo doge, invitato, va all’opera (6 gen.). Il padre Giuseppe Agostino del Bech d’Oneglia, generale delle Scuole Pie, dal Ser.mo doge (8 gen.). (1) Nella busta Ceremoniarum 4!)0 A è un foglio contenente la narrazione minuziosa della venuta in Genova nel 1749 di Luisa Elisabetta di Francia, sposa a ilippo di Borbone duca di Parma. Cfr. pure padre Levati (Regnanti in Genova nel secolo IlVIII, pag. 41). — 378 — Il Ser.mo doge per la seconda volta all’opera (27 gen.). Il padre Don Flaminio Gandini bresciano, generale olivetano, dal Ser.mo doge (27 feb.). Complimenti al nuovo inviato di Francia monsieur Chavelin (i) (3 mar.). Il Ser.mo doge Cesare Cattàneo, finito il biennio, torna a sua casa (6 mar.). Elezione del Ser.mo doge Agostino Viale (10 mar.). L’inviato Chauvélin, Va rei rescovo, il vicario, a congratularsi col nuovo doge (12 e 14 mar.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con panegirico del rev. Barcari arciprete di Sapello (21 mar.). Pasqua (29 mar.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno nella Nunziata di Portoria, con panegirico del padre Giuseppe Chiapponi pavese crocifero (26 apr.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor di medicina Michele Gatto (1 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Andrea S. Biagio napolitano (7 ag.). Decreto de’ Ser.mi Collegi sul cerimoniale in occasione della disputa insorta fra mons.r arcivescovo e il sig.r capitano di Rapallo (15 lug.). Monsieur Schavelin, inviato di Francia, dal Ser.mo doge (10 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Lauro di Finale scolepiante (12 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. Ravenna rettore di S. Vincenzo (13 sett.). Il Ser.mo doge, con permesso, al monastero di S.a Marta a vedere le sue sorelle (20 sett.). Li Ser.mi Collegi decretano che la novena del Rosario, invece che in S. Domenico, si faccia nella cappella reale (25 sett.). Li Ser.mi Collegi in S. Domenico per la festa del Rosario, con panegirico del padre Pietro Mario Gervasoni veneziano (4 ott.). (1) Leggi Chauvélin; forse parente di quell’abate Chauvélin che nel 1761 denunziò al parlamento di Parigi le costituzioni e gli abusi dei gesuiti (A. Coppi, AnnalicVItalia a. 1764). — 379 — L’Ecc.m° senatore Giuseppe de Franchi a Palazzo, in luogo del-l’Ecc.mo fu Stefano Passano (5 ott.). Complimenti al conte di Sartirana, inviato di Sardegna, a visita al Ser.mo doge (7 e 8 nov.). Il Ser.mo doge, con permesso, al monastero delle rev.de madri di S. Andrea a vedervi sua cognata (10 nov.). Coronazione del Ser.mo doge Agostino Viale, con orazioni del m.co Giovan Battista Oderico (14 nov.) e del rev. Carezzino di Savona (19 nov.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del rev. Borzese di Rapallo, canonico di Carignano ('21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Ignazio 'Peoni veneziano gesuita (3 die.). Estrazione dall’ urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, inviato di Francia monsieur Schiovelin, inviato di Sardegna, veglia, arcivescovo, mons.1' Saporito di Bastia, vicario. Monsieur Schiovelin, inviato di Francia, dal Ser.m0 doge per congedo partendo per Parma (1 gen. 1751). Il Ser.1110 doge, con permesso, all’opera, precedente invito del padrone del teatro (21 gen.). Comparsa a’ Ser.mi Collegi di mons.1’ D'Angeli, nuovo vescovo di Aleria (27 gen.). L’Ecc.mo senatore Giorgio Zoagli a Palazzo (11 feb.), in luogo del m.co Marcello Serra scusato e già estratto (27 gen.) in luogo del-l’Ecc.mo Carlo Emanuele Durazzi. Il Ser.mo doge, invitato e con permesso, all’opera (16 feb.). Monsieur Schiovelin, inviato di Francia, dal Ser.™·0 doge (25 feb.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con panegirico del rev. Balbi canonico di Carignano (21 mar.). Pasqua (11 apr.). Il padre Baldini, generale de’ somaschi, dal Ser.™0 doge (15 apr.). Festa di S.a Caterina Fieschi Adorno nell’Annunciata di Portoria, con panegirico del padre Francesco Borlasca crocifero (9 mag.). Triduo, per decreto de’ Ser.mi Collegi, in S. Lorenzo per implorare la divina misericordia per il tempo cattivo che andava facendo (13 mag.). Il padre generale Don Alessandro Viarizzi di Cheri dal Ser.mo doge (27 mag.). L’inviato di Savoia dal Ser.mo doge (6 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Pa0i0 Solari dottor di medicina. Per la festa del Carmine li Ser.mi Collegi, con loro decreto, si portarono in S. Carlo invece di andare alla chiesa solita del Carmine, a motivo che detta chiesa minacciava rovina (10 Ing.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Andrea Patti teatino messinese (7 ag.). Complimenti a monsieur Schiovelin, inviato di Francia, per lana-scita del duca di Borgogna (‘23 sett.). Mons.1' Massoni, nuovo vescovo di Calvi, dal Ser.mo doge (14 sett.). Il Ser.mo doge, con permesso, privatamente alle monache di S.a Marta (16 sett.), e poi al monastero di S. Andrea (21 sett.). Udienza pubblica de’ Ser.mi Collegi a mons.1’ Massoni, nuovo vescovo di Calvi (8 nov.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del rev. Giuseppe Brunnesp (21 nov.). Il padre generale Mari de’ teatini dal Ser.mo doge (25 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Francesco Ignazio Filòmaco gesuita napolitano (3 die.). Li Ser.mi Collegi in Oregina, con panegirico del padre Alessandro di Nove lettore di teologia (10 die.). Estrazione dalfurna^del seminario degli Ecc.mi senatori (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, conte Sar-tirana inviato di Savoia, veglia. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1752). L’arcivescovo, il suo vicario, mons.r Saporito, principe Doria, a complimentare il Ser.mo doge (6 gen.). Il Ser.mo doge all’opera (21 gen. e 9 feb.). L’inviato di Francia monsieur Schiovelin dal Ser.mo doge a presentare una lettera del re, che annunzia la morte dell’infanta sua figlia (29 feb.). Il Ser.mo doge, mezz’ora prima che finisse il suo biennio, torna a sua casa (10 mar.). Festa di Nostra Signora di Misericordia, con panegirico del padre Priani della Madre di Dio (18 mar.). - 381 — Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con panegirico ' del padre Granello gesuita (21 mar.). Elezione del Ser.mo doge Stefano Lomellino (28 mar.). Monsieur Chauvélin inviato di Francia, l’inviato di Savoia, a congratularsi col nuovo doge (1 apr.). Pasqua (2 apr.). L inviato di Sardegna dal Ser.mo doge per congedo (22 apr.). Festa di S.a Caterina nella Nunciata di Portoria, con discorso del padre Pietro Remolino crocifero (30 apr.). Il Ser.mo doge Stefano Lomellino, scusato dal Minore, e dal Maggior Consiglio, depone la toga ducale e lascia il Palazzo, e resta sotto sindacato de supremi sindicatori pel tempo che è stato con la toga ducale (3 giug.). Elezione del nuovo doge Giovan Battista Grimaldi (7 giug.). MonsieurSchiovefin inviato di Francia, Varcivescovo, il principe Doria, a congratularsi col nuovo doge (10 e 11 giug.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (15 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottor di medicina Sante Spontone (l lug.). LEcc.mo senatore Ottavio de Mari a Palazzo (1 ag.). Festa del Carmine nella chiesa del Carmine (16 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Vincenzo Maria Grassi di Savona teatino (7 ag.). Arrivo di quattro galee di Francia, comandate dal sig.r di Crené (28 ag.). Giunta per via di terra della sig.a infanta di Francia duchessa di Parma, complimenti e festeggiamenti (3 sett.) (1). Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con panegirico del padre Ricci genovese di S. Nicola (10 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Re-morin genovese (12 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del padre Felice domenicano (1 ott.). (1) Intorno alla venuta in Genova il 1752 di Luisa Elisabetta di Francia, moglie di Filippo Borbone duca di Panna, cfr. in padre Levati (Regnanti in Genova nel secolo XVIII\ pag. Al). Pel ritorno che ella fece di Francia nell’anno seguente vedi alla pagina 383 (sett. 1753). — 382 — Il padre Serafino d’Anna napolitano, generale degli olicetani, dal Ser.mo doge (22 ott.). Coronazione del Ser.mo doga Giovan Battista Grimaldi, con orazioni del m.co Vincenzo Giustiniano (18 nov.) e del padre Nicolò Durazzi gesuita (19 nov.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del rev. Andrea Carbone (21 nov.). Veglia di ringraziamento a Palazzo (21 nov.). Pesta di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre Giuseppe Maria Durelli di Novara gesuita (4 die.). Li Collegi Ser.mi in Oregina, con panegirico del rev. Angelo Maria di Genova (10 die.). Funzioni e compimenti di Natale; mons.1' Schiovelin, abate di Bisagno, arcivescovo, veglia. Li nuovi Ecc.ml senatori a Palazzo, con orazione del m.00 Giovan Battista Serra dottore di collegio (1 gen 1753). Il principe Doria dal Ser.m0 doge (6 gen.). Il Ser.mo doge all’opera (16 gen. e 20 feb.). Festa di Nostra Signora della Misericordia, con panegirico del padre Cosso gesuita milanese (18 mar.). Complimenti al padre generale de’ zoccolanti, grande di Spagna, giunto a Genova (7 apr.), che prosegue per Roma. Pasqua (22 apr.). L’inviato di Francia dal Ser.m0 doge per suo congedo (30 apr.). Il m.00 Giovanni Agostino Grimaldi estratto senatore invece del m.co Giovanni Stefano Monscia scusato (28 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo Giorgio Spinola estratto senatore, invece del m.co Giovanni Agostino Grimaldi scusato (13 Ing.). L’Ill.1110 senatore Giuseppe Doria procuratore, a Palazzo (30 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Giuseppe Barsiglia veronese teatino (7 ag.). Arrivo con feluca del padre generale de’ zoccolanti, grande di Spagna, al convento della Nunciata, e complimenti fattigli (6 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. Carezzino savonese, priore di S. Agnese (9 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Francesco Castaldi domenicano genovese (12 sett.). — 383 — Ritorno della sig.a infanta duchessa di Parma di Francia, come da relazione qui infilzata {!). Festa di S. Francesco Saverio, con panegirico del padre Dell'Annuale (4 die.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (17 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, vicario, veglia. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1754). Il principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen.). Li Ser.mi Collegi, invitati, vanno alla chiesa de’ padri di Castelletto per la festa del loro beato Giuseppe di Copertino, con panegirico del padre Giano gesuita (13 gen.). Festa di S. Benedetto in S.a Marta, con panegirico del padre Scaffi gesuita (21 mar.). Pasqua (13 apr.). Festa di S.a Caterina alla Nunciata di Portoria, con panegirico del padre Privara crocifero genovese (12 mag.). Il Ser.mo doge Giovan Battista Grimaldo, finito il biennio, torna a sua casa (7 giug.). Elezione del Ser.mo doge Giovan Giacomo Veneroso fatta dal Minor Consiglio (11 giug.). L'arcivescovo, il principe Doria, a congratularsi col nuovo doge (15 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Gaetano Travasa teatino veneziano (7 ag.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padi'e Giovanni Antonio Martini agostiniano (12 sett.). Mons.r Tattis, nuovamente eletto dal pontefice, dai Ser.mi Collegi (12 sett.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. Giovan Battista Cambiaggio (15 sett.). (1) La relazione non è infilzata qui. Invece nella busta 490 A Ceremoniarum è l’incartamento che comincia col titolo Disposizioni date per l’arrivo in Genova della Sig.a Infanta Duchessa di Parma nel di lei ritorno da Parigi in ottobre 1753, e prosegue con la Relazione dell’arrivo delle galere di Francia a dì 30 ottobre 1753. — 384 — Il padre generale di S. Francesco di Paola dal Ser.mo doge(15.sett,). Il Ser.1110 doge, con permesso, alle monache di S. Andrea (19 sett.). Giunta del sig.1' duca di Pentiiieuvre, principe del sangue di l· rancia legittimato, sotto nome di conte di Dinan, con quattro galee di Francia comandate dal tenente generale Ducrenè, e complimenti fatti (19 ott.). Complimenti al nuovo inviato di Francia mons.1’ de Neulì (6 nov.), e sua visita al Ser.mo doge (9 nov.). Complimenti al cardinal Giorgio Doria, fratello del principe, giunto sotto nome di abate di S. Fruttuoso (17 nov.). Incoronazione dei Ser.mo doge Giovan Giacomo I oneroso, con· orazioni del m.co Giacomo Orerò (23 nov.) e del padre Porrata gesuita (24 nov.). Festa di S. Francesco Saverio al Gesù, con panegirico del padre DeirAnnuale gesuita (3 die.). Li Ser.mi Collegi in Oregina, con panegirico del padre Farina (10 die.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi Ecc.1111 senatori (16 die.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, inviato, veglia. Li m.cl Giacomo Lomellino e Francesco Maria Doria, estratti senatori in luogo de’ m.ci Agostino Grimaldi e Francesco Maria d Aste scusati (30 die.). Il principe Doria dal Ser.mo doge (6 gen. 1755). L’Ecc.mo senatore Giacomo Lomellino a Palazzo (13 gen.). 11 Ser.m0 doge, con permesso, all opera (5 feb.). Pasqua (30 mar.). Festa di S.a Caterina nella Nlinciata di Portoria, con panegirico del padre Ignazio Porro crocifero torinese (2< apr.). Il padre vicario generale degli agostiniani dal Ser.m0 doge (28 giug·)· Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del dottoie Pellegrini medico (1 lug.). Mons.r Gaspare Lancirato Birago, vescovo di Bobbio, dal Ser.m0 doge (3 lug.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Farina gesuita (12 sett.). — 385 — lesta del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. Barcari arciprete di Pra (14 sett.). l· està del Rosai’io in S. Domenico, con .panegirico del padre Bruno domenicano (5 ott.). Piesentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre abate Buontempo benedettino (21 nov.). lesta di S. Francesco Saverio alla chiesa de’ padri del Gesù, con panegirico del padre Dell’Annuale (3 die.). Li Ser.mi Collegi in Oregina, con panegirico del padre Giacomo di Gavi francescano (10 die.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (15 die.). I unzioni e compimenti di Natale; inviato di Francia, veglia. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1756). Mons.1 Mari, nuovo vescovo di Savona, in udienza pubblica dei Ser.mi Collegi (17 feb.). Pasqua (18 apr.). II generale de’ barnabiti, padre Premoli bresciano, dal Ser.mo doge (13 mag.). Festa di S.a Caterina alla Nunciata di Portoria, con panegirico del padre Pruta napolitano crocifero (16 mag.). Il Ser.mo doge Giovan Giacomo Veneroso, finito il biennio, torna a sua casa (11 giug.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (15 #g·)· Elezione del Ser.mo doge Giovan Giacomo Grimaldi (22 giug.). L’inviato di Francia, il principe Doria, a congratularsi col nuovo doge (26 e 29 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Mons.r arcivescovo, il vicario, a congratularsi col nuovo doge (26 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Stendardi teatino di Siena (7 ag.). Il Ser.1110 doge, con permesso, al palazzo dell’Ecc.mo Lorenzo Mari per complimentare la sig.a Collettina e figlia sposa (16 ag.). Giorno dell’Unione e del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del rev. Da Pelo canonico di San Lorenzo (12 sett.). Il Ser.1110 doge\& alle nozze della figlia del m.co Ottavio Mari col m-co Bartolomeo Lomellino (15 nov.). 25 — 386 - Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegiiico del rev. Carozino priore di S. Agnese (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio in S. Ambrogio, con panegirico del padre dell’Annuale gesuita (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, inviato di Francia, veglia. Complimenti al padre generale de’ zoccolanti, grande di Spagna, giunto in Genova (28 die.), e sua visita al Ser doge (31 die.). Li Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1757). Il principe Doria dal Ser.m0 doge (6 gen.). Incoronazione del Ser.mo doge Giovan Giacomo Grimaldi (14 gen.), coii panegirico in S. Lorenzo del padre Serafino Giustiniani (15 gen.). Il Ser.mo doge all’opera (25 gen.). Festa di ballo a Palazzo data dal Ser.mo doge Giovan Giacomo Grimaldi alla sig.a Angelina de Mari sposa del ηιΛ° Baitolomeo LomelUno (13 feb.). Pasqua (10 apr.). Festa di S.a Caterina di Portoria, con panegirico del padre Parodi crocifero (10 mag.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Mari teatino genovese (7 ag.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Masnata gesuita (11 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre-Prts- seggi delle Scuole Pie (12 sett.). Il Ser.mo doge, con permesso, si porta a fare un piccolo giio in Carignano (17 sett.). Festa del Rosario, con panegirico del padre Odo domenicano di Albenga (2 ott.). Il padre generale di S. Francesco del terzo ordine dal Sei.m0 doge (4 ott.). Festa di S. Pietro d’xllcàntara al convento della Pace, con panegirico del padre Grillo francescano (19 ott.). Festa di S. Francesco Saverio al Gesù, con panegirico del padre predicatore Dell'Annuale gesuita (3 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, vicario, inviato di Francia monsieur de Neulì, veglia. Per il centenario di S. Silvestro li Ser.mi Collegi, per loro decre- — 887 — to, vanno in S. Lorenzo a comunione per la peste seguita nell’anno ... (1) (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, con orazione del m.co Felice Sperone dottor di legge (1 gen. 1758). Pasqua (26 mar.) (2). I Collegi Ser.mi in Oregina (27 mar.). II patire generale della Madre di Dio dal Ser.mo doge (15 apr.). lesta di S.a Caterina di Genova all’Annunciata di Portoria, con panegirico del padre Remondino crocifero genovese (23 apr.). Il Ser.mo doge con sei senatori, cioè tre governatori e tre procuratori, invitato all’opera (23 mag.). Il Ser.mo doge Giovan Giacomo Grimaldo, finito il biennio, torna a sua casa (22 giug.). I senatori nuovi a Palazzo (1 lug.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Annuale (7 ag.). Elezione del Ser.mo doge Matteo Franzone (22 ag.) (3). Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con panegirico del padre maestro Borghetti bolognese della Pace (10 sett.). •Giorno dell’Unione, in San Lorenzo, con panegirico del padre Mam-billa nobile veronese della Maddalena (12 sett.). Festa del Rosario in S. Domenico, con panegirico del rev. maestro Pier Domenico Scoffero domenicano di Alassio (1 ott.). Presentazione di Nostra Signora delle Vigne, con panegirico del padre Remorino crocifero genovese (21 nov.). Festa di S. Francesco Saverio al Gesù, con panegirico del padi'e Deir Annuale gesuita (4 die.). Estrazione dall’urna del seminario de’ nuovi senatori (18 die.). (1) Nel testo è la lacuna dell’indicazione dell’anno: probabilmente, trattandosi qui di centenario, vorrà intendersi l’anno 1657, rimasto famoso per la peste che devastò l’Europa e specialmente l’Italia e, in Italia, Genova. Appunto il31 dicembre 1657, giorno di S. Silvestre, cessato quel flagello, era stato cantato un Te Deum di ringraziamento. (2) Nel testo, per evidente errore, la data è del 26 aprile. (3) Le date in .questo anno sono in gran parte errate, e si son dovute correggere in questa pubblicazione. Anche la data dell’elezione del doge qui stampata del 22 agosto, come risulta dalla fine del biennio ducale verificatasi il 22 agosto 1760, nel testo invece è notata per 22 settembre e collocata fra il novembre e il dicembre. _ 388 - Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisogno, arcivescovo, inciato, veglia. I nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1 gen.). Pasqua (15 apr.). Il Ser.mo doge, con decreto, va a S. Giacomo di Carignano a are quattro passi (15 mag.). Il Ser.mo doge all’opera (23 mag.). I nuovi Ecc.1111 senatori a Palazzo (1 lug·)· II padre Camillo Casanuova bolognese, generale de’ rocchettim (1 ag.). Il Ser.m0 doge, con permesso, va a barcheggiai e sopì a ue ^a ee della Repubblica (5 ag.). Festa di S. Gaetano in S. Siro, con panegirico del padre Dell’Annuale (7 ag.). Il Ser.mo doge, con permesso, va alle turchine a vedervi le sue sorelle (8 ag.). Il padre generale degli olivetani dal Ser.mo doge (17 ag.). Festa del nome di Maria, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Fascie genovese delle Scuole Pie (9 sett.). Giorno dell’Unione, in S. Lorenzo, con panegirico del padre Giuseppe Giustiniano nobile genovese benedettino (12 sett.). Festa del Rosario, con panegirico del padre Dell’Annuale ( ott.). L’inviato di Francia dal Ser.mo doge a presentare lettera della nascita di una figlia del delfino (5 ott.). Funerale in S. Lorenzo, per decreto de’ Ser.mi Collegi, per a morte del re di Spagna (27 ott.). Festa di S. Francesco Saverio al Gesù, con panegirico del padre Annuale (3 die.). Il padre Ilarione di S.a Reparata, francese, generale de’ carmelitani scalzi dal Ser.mo doge (29 die.). I nuovi cinque Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1<ί>0). Pasqua (6 apr.). Estrazione del seminario de’ nuovi senatori (1·ϊ giug.). Complimenti al conte Galiota, nuovo ministro plenipotenziario delle Due Sicilie presso la Ser.ma Repubblica, e visita sua al Sei .m doge (17 giug.). — 389 — li està di 8. Gaetano in S. Siro con panegirico del padre Dell’Annuale (7 ag.). Il Ser.mo doge Matteo Franzone, finito il biennio, torna a sua casa (22 ag.). Elezione del 8er.mo doge Agostino Lomellino (10 sett.). Giorno dell'Unione in S. Lorenzo, con panegirico del padre Cattaneo agostiniano genovese (12 sett.). Festa del nome di Maria in S. Lorenzo, con panegirico del padre Mambilla della Maddalena genovese (14 sett.). Complimenti al padre Brusadors, generale de’ domenicani, grande di Spagna (25 sett.). Festa del Rosario in'S. Domenico, con panegirico del padre Del-VAnuale (4 ott.). I cinque nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 17G1). Pasqua (22 mar.). Elezione del maestro delle cerimonie Giacomo de Marchi quondam Giovanni Stefano (22 sett.) (1). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, vicario. I senatori uscenti a congedarsi dal Ser.mo doge (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1762). Sua Serenità per quattro volte all’opera, e si trattenne per un’ora dopo l’opera a vedere la festa di ballo del teatro (di carnevale). Li Ser.mi Collegi, invitati, alla chiesa de’ Servi, con panegirico di uno de’ padre serviti (7 apr.). Pasqua (11 apr.). Complimenti al nuovo inviato straordinario di Francia monsieur de Boijè (17 mag.), venuto dopo cinque o sei mesi dalla partenza del precedente inviato monsieur de Neiilì, e visita al Ser.mo doge (22 mag.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). II Ser.mo doge va al monastero de’ S.^ Giacomo e Filippo a vedervi la sorella e poi fa il giro di Carignano (28 lug.). L’Ecc.mo senatore Ridolfo Brignole va per la prima volta a Palazzo (30 lug.). Il Ser.mo doge va a fare il giro di Carignano (21 ag.). (1) Cominciano le narrative del maestro di cerimoniere Giacomo de Marchi. Cfr. a pag. 31. — 390 — Il Ser.mo doge Agostino Lomellino, finito il biennio, torna a sua casa (10 sett.). Festa del nome di Maria e deU’Unione in S. Lorenzo, con panegirico del padre Farina gesuita (12 sett.). I padri generali de’ barnabiti (11 ott.), di santa Lede (14 ott.), de’ carnai doli (21 ott.), di S. Carlo teresiano (25 ott.), di S. Stefano olivetano (29 ott.), de' francescani della Pace, grande di Spagna (3 nov.), dai due Ecc.1111 di Palazzo in sede vacante. Elezione del Ser.™ doge Ridolfo Emilio Brignole (25 nov.). Mons.'· arcivescovo, il vicario, l’inviato di Francia a rallegrarsi col nuovo doge (28 nov.). II padre generale de’ cappuccini, spaglinolo, dal Ser.mo doge (13 die.). Funzioni e compimenti di Natale; arcivescovo, vicario, inviato di Francia, veglia. L'Ece.mo Giuseppe de Franchi a Palazzo, nuovo senatore invece del Ser.mo ci0ge (29 die.). Li Ecc.mi senatori uscenti a congedarsi dal Ser.mo doge (31 die.). Li cinque Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo (1 gen. 1763), Il Ser.mo doge al teatro del Falcone in strada Balbi ad udire l’opera (27 gen.). Il Ser.mo doge per la seconda volta all'opera al teatro del Falcone, quale terminata, si fermò una mezza ora a vedere la festa di ballo, che in quel giorno davasi nell’istesso teatro (6 feb.). Pasqua (3 apr.). Incoronazione del Ser.m0 doge^ con orazione del m.00 FederiM) Federici (16 apr.) e del priore Carrozini di S. Agnese (17 apr.) e banchetto (1). Ricevimento a Palazzo di ringraziamento pel banchetto della incoronazione (24 apr.). Il Ser.mo doge al monastero dell’incarnazione alle turchine di sotto a visitarvi le figlie in educazione, poi al palazzo suo in strada Nuova (28 apr.). L’inviato di Francia dal Ser.™ doge a congedarsi per tornarsene in Francia a casa sua (21. giug.). (1) Descrizione minuziosa. Li cinque Ecc.mi senatori nuovi a Palazzo (1 lug·). 11 Ser.mo doge alle monache di Pisa per vedere le sue figlie (28 lug.). Li ber.mi Collegi alla chiesa di S. Bernardo, dopo avere fatta la processione per la guerra del 1625 (20 ag.). L’inviato di Francia, ritornato di Francia, dal Ser.mo doge (27 ag.). lesta del nome di Maria, in S. Lorenzo, col panegirico (Il sett.). Giorno dell"Unione prò civitate ab intestinis dissensionibus liberata anno 1528 in S. Lorenzo, col panegirico, quale si dà a quel religioso meglio visto da'] l’Ecc.mo capo di giurisdizione, il primo e il secondo delli due Ecc.mi di Palazzo; e, venendo dette due funzioni in un medesimo giorno, si provvede per ambidetti due panegirici dal solo Ecc.mo capo di detta Giunta (12 sett.). 11 Ser.mo doge, per suo particolare decreto, al monastero delle turchine da basso per vedervi le sue figlie (6 ott.). Arrivo di S. A. R. il duca di Jorch, sotto nome di conte di Ulster, con tre navi inglesi (28 nov.), complimenti fatti, serate all’opera al teatro del Falcóne, sua visita al Ser.mo doge (29 nov.), feste di ballo, attenzioni di S. A. R. alla sig.a Angelina Serra Durazzo, sua partenza (10 feb. 1764) (1). Processione della Concezione per la liberazione dalla peste dell’anno 1580 (8 die. 1763). Estrazione dall’urna del seminario de’ cinque nuovi Ecc.1111 senatori (15 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, vicario, inviato di Francia, veglia. Gli Ecc.mi senatori uscenti a congedarsi dal Ser.mo doge (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo, e norme per il cerimoniale relativo (1 gen. 1764). Annotazione per la dilazione delle processioni di S. Antonio (17 gen.) e S. Sebastiano (20 gen.) quando il mal tempo le vieti. Il Ser.mo doge all’opera al teatro del Falcone (21 feb.). L’Ecc.mo senatore Felice Careqa per la prima volta a Palazzo (24 feb.). Pasqua (22 apr.). (1) Cfr. padre Levati (Regnanti in Genova nel secolo XVIII: pag. 51 e 56).· — 392 — Il Ser.mo doge alle monache turchine in Castelletto, a visitarvi le figlie in educazione (24 mag.). Il padre generale di nòstra Signora d’Incoronata dal Ser.mo doge (4 giug.). Mons.1’ della Torre, nuovo vescovo di Albenga, in comparsa ai Ser.mi Collegi (25 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa del Carmine, pel decreto del 1G giugno 1741 (16 lug.)· Ritorno in Genova del duca di Yorck, arrivando da Poi ino (28 lug.), complimenti fatti e festeggiamenti, partenza (1< ag.) (1)· Giunta del principe Doria e del duca di Tursi sopra una galea della Repubblica procedente dalla Spezia (19 lug.). Il Ser.mo doge alle monache di S. Silvestro di Pisa per vedere le sue figlie in educazione (23 ag.). Li"Ser.mi Collegi non vanno alla festa di S. Francesco in Castelletto per la scarsezza di numero del Ser.mo Senato e dell Ecc.ma Camera, essendo in campagna (4 ott.). Il Ser.mo doge Ridolfo Brignole, finito il biennio, torna a sua casa (25 nov.). Estrazione dall'urna del seminario de’ nuovi Ecc.mi senatori (17 die.). Nessun compimento di Natale, per essere sede vacante. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1765). Elezione del Ser.mo doge Francesco Maria della Botare (29 gen.). I capi delle religioni, \'arcivescovo, il vicario, l’inviato di 1·rancia monsieur de Boyè, a congratularsi col nuovo doge (30 e 31 gen). II Ser.mo doge all’opera al teatro di S. Agostino (6 feb.). Pasqua (7 apr.). Il padre generale de’ zoccolanti dal Ser.mo doge (8 apr.). L’inviato di Francia dal Ser.mo doge a congedarsi, per andare in Francia per tre o quattro mesi (11 mag.) (2). Decreto per la designazione dei capi d'arte nella processione dell’ottava del Corpus Domini (13 giug.). (1) Vedi la nota a pag. 391 (28 nov. 1763). (2) -Narrazione minuziosa. - 393 — Estrazione dall’urna del seminario degli Ecc.mi senatori nuovi (17 giug·)· Incoronazione del Ser.mo doge Francesco Maria della Rovere (‘2‘2 giug.); esposizione del cerimoniale relativo. Il padre generale degli olwetani dal Ser.mo doge ("26 giug.), e relativo cerimoniale. Gli Ecc.mi senatori uscenti a licenziarsi dal Ser.mo doge (30 giug.). Li nuovi Eec.mi senatori a Palazzo (1 lug.), Arrivo e complimenti fatti a S. A. R. la principessa di Parma principessa d'Asturies e principessa di Spagna arciduchessa d'Austria figlia del re di Spagna (3 lug.), e sua dimora in Genova (1). Trattamento fatto dal sig.r capitano generale Navarro marchese delia 1 ittoria a’ m.ci deputati della Ser.ma Repubblica (‘20 lug.) (*2). (1) Della narrazione, minuziosa, della venuta di Luisa Maria Teresa di Parvia sposa al principe delle Asturie, si è giovato il padre Levati (Dogidi Genova dal 174G al 1771; pag. 321). (2) Narrazione minuziosa. Intestazioni delle narrative del LIBRO Vili CEREMONIARUM del cerimoniere De Marchi (1765-1 (7/) e del sottocancelliere Mannello - Castiglione (1777-1778) Trattamento fatto e ricevuto dal capitano generale Navarro, che è l’ultimo notato nel libro VII de’ Cerimoniali (20 lug. 1765). Processione generale straordinario per li bisogni occorrenti, deliberata e non fatta (13 ag.). Li Ser.1™ Collegi in Oregina (10 die.). Sua Serenità diede una veglia alle dame per le buone feste (29 die.). Arrivo del principe Doria (mar. 1766). Giorno di Pasqua (30 mar.). Principe Doria da Sua Serenità privatamente (apr.). Comparsa in Trono del principe Doria, secondo lo stile antico (12 apr.). Sua Serenità andò all’opera (apr.). Giorno di S.a Caterina da Genova (27 apr.). Sua Serenità all’opera (mag.). Giorno del Carmine (16 lug.). Giorno dell’Unione, ove vi fu il solito panegirico, che devono darlo li due Ecc.mi del Reai Palazzo. Giorno del S.m0 nome di Maria, con panegirico, il quale deve esser dato daH’Ecc.mo capo della Giunta Ecclesiastica, secondo il solito. Sig.r Don Giovanni Corneco, nuovo ministro di Spagna pi esso questa Ser.ma Repubblica (sett.). Pesta dell’incoronazione di Nostra Signora della Salute in S. Maria della Pace (29 sett.). Sig.r principe Doria da Sua Serenità, per congedo (ott.). / — 395 — Sig.' marchese Pucci, mandato dal gran duca di Toscana a complimentare il governo Ser.mo (0tt.). Sig.1 inviato di Francia da Sua Serenità, per congedo (ott.). Il Ser.|Illj duca privatamente a vedere in sua casa un suo gabinetto nuovo magnificamente ornato (ott.). Veglia data da Sua Serenità (27 die.). U Ser.mo duce Francesco della Rovere terminò il suo biennio, e tornò a sua casa privata (29 gen. 1707). Elezione del Ser.mo doge Marcello Durazzo (3 feb.). 1 utti i capi di religione a felicitare Sua Serenità (feb.). Scossa di terremoto e triduo ordinato per questo (7 feb.). U padre inquisitore da Sua Serenità a complimentarlo (feb.). Sig.1 inviato di Francia a felicitare Sua Serenità (feb.). Sig.1 Don Giovanni Corneco, ministro plenipotenziario di Spagna, a felicitare Sua Serenità (feb.). fiiduo per essere stata questa Ser.ma Repubblica preservata da maggiori scosse di terremoto ,(15 feb.). Ali ivo del sig.1' principe di Brunsuichk (feb.). Mons ,1 arcivescovo e mons .r vicario a felicitare Sua Serenità (mar.). Giorno di Pasqua (19 apr.). Sig.1’ principe Doria (mag.). Sua Serenità al teatro (mag.). Coronazione del Ser.m° doge Marcello Durazzo (27 giug.). I Ser.mi Collegi, per particolar decreto, a S. Leonardo nel giorno di S.a Chiara (12 ag.). Arrivo di mons.1’ arcivescovo Lercari (ott.). Mons.1 Giovo, nuovo vescovo di Ventimiglia, entra a Palazzo (nov.). Arrivo del cardinale Pallavicino (nov.). Veglia data dal Ser.mo doge (die.). I cinque vecchi Ecc.mi senatori, terminato il loro biennio, furono riportati la sera alle ore 24, e li cinque senatori nuovi subentrano a fare il solito complimento a Sua Serenità (31 die.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1768). Sua Serenità al teatro (gen.). Li Ser.mi Collegi in S. Lorenzo per ringraziamento dopo una scossa di terremoto (7 feb.). Giorno della Pasqua (3 apr.). — 396 - Generale de’ so maschi (apr.). Li cinque Ecc.mi senatori che lasciano la toga, da Sua Serenità per congedarsi, con li cinque nuovi per complimentarlo (30 giug.). Li cinque nuovi Ecc.v111 senatori a Palazzo (1 lug.). Li cinque vecchi Ecc.mi senatori e li cinque nuovi da Sua Serenità (31 die. 1768). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1769). Il Ser.™0 doge Marcello Durazzo terminò il suo biennio, e ritornò al suo palazzo (3 feb.). Elezione del Ser.m0 doge Giovan Battista Negrone (16 feb.). Mons.r arcivescovo, mons.1' vicario, Don Giovanni Corneco inviato di Spagna a felicitare il Ser.m0 (feb.). Arrivo del sig.1' conte di Valentinuè, grande di Spagna (mar.). Giorno di Pasqua (26 mar.). Sua Serenità al teatro (apr.). Arrivo del sig. r marchese di Carammana, inviato straordinario del re di Sardegna presso la Ser.ma Repubblica (apr.). Entrata a Palazzo dell’inviato di Sardegna (mag.). Incoronazione del Ser.mo doge (10 giug.). Sig.1' inviato di Francia Boijé, tornato di Francia, dal Ser.mo (ott.). Ricevimenti e \reglia di Sua Serenità (die.). Sig.1- inviato di Sardegna da Sua Serenità (die.). Li cinque Ecc.1111 senatori a Palazzo (1 gen. 1 /<()). Sua Serenità al teatro (gen.). Sua Serenità al teatro (feb.). Giorno di Pasqua (15 apr.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (l lug.). Mons.r arcivescovo, mons.1' vicario, Don Giovanni Corneco plenipotenziario di Spagna, sig.1' Caràvenzana inviato di Sardegna ad augurare le buone feste a Sua Serenità (die. 17/0). Veglia data dal Ser.mo doge (26 die.). Li cinque Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1771). Il S.mo Viatico a Sua Serenità inferma (20 gen.). Infermità e morte del· Ser.mo doge Giovan Battista Negrone (26 gen.), e funerali. Giorno di Pasqua (31 mar.). Elezione del Ser.mo doge Giovan Battista Cambiano (16 apr.). - 397 — Mons.1' arcivescovo, mons.1’ vicario, inviati di Francia, Spagna e Sardegna a felicitare il nuovo Ser.mo (apr.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Illuminazione e fuochi d'artifìcio per la funzione di 25 in 25 anni, che suole farsi d’ordine e decreto pubblico, di presentare la mattina dell’Assunta le chiavi della città, la corona e lo scettro all'al-tare di Nostra Signora (14 ag.). Presentazione delle insegne reali a Nostra Signora dell’Assunta in S. Lorenzo (15 ag.). Arrivo in porto del sig.1’ duca di Glocester incognito, fratello del re d'Inghilterra (29 ott.). Mons.1' arcivescovo, mons.r vicario, inviati di Francia e di Spagna ad augurare a Sua Serenità (die.). Veglia data da Sua Serenità (26 die.). Sig.1’ inviato di Sardegna dal Ser.mo (die.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1772). Sua Serenità al teatro (gen.). Incoronazione del Ser.m0 doge Giovan Battista Cambiaso, con panegirici di Giustinian Giustiniani (8 feb.) e del preposto De Grossi (9 feb.). Banchetto e veglia a Palazzo (16 feb.). Sua Serenità al teatro (feb.). Processione di penitenza in S. Lorenzo per invocare la cessazione delle pioggie (‘28 mar.). Giorno di Pasqua (19 apr.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Il Ser.mo doge a spasso ad Albaro (ott.). Arrivo da Parigi dell’ambasciatore Zeno di Venezia in Francia (ott.). Il Ser.m0 doge va a pranzo a S. Rocco da sua zia sig.a Cata-rinin Cambiaso (29 ott.). Morte del Ser.mo doge Giovan Battista Cambiaso (21 die.), e suoi funerali. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1773). Elezione del Ser.mo doge Ferdinando Spinola (7 gen.), che rinunziò. Elezione <\e\ Ser.mo doge Pier Francesco Grimaldi (26 gen.). Mons.1’ arcivescovo, mons.r vicario, inviati di Francia, Sardegna a felicitare il nuovo Ser.mo (gen.). Incoronazione del Ser.m0 doge Pier Francesco Grimaldi, con ora- — 898 - zioni del m.co Federico Peirano (6 feb.) e del padre Girolamo Du-razzo (7 feb.), e con abolizione del consueto banchetto; e ciò per facilitare la via, acciò non seguissero tante scuse di m.ci cittadini, che non volevano accettare la carica ducale per essere troppo gravata di spese. Il Ser.mo doge al teatro (feb.). Giorno di Pasqua (11 apr.). Il Ser.mo doge al teatro (apr.). Triduo in S. Lorenzo, nella chiesa delle Vigne e a S. Siro per implorare la serenità del tempo (mag.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (mag.). Arrivo per via di terra del sig.1' conte d’Aguigliar, ambasciatore di Spagna a Torino (giug.). Il Ser.mo doge privatamente al monastero dello Spirito Santo, a visitare le sorelle del principe Doria educande (giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a. Palazzo, con orazione del dottore di medicina Petente (1 lug.). Il Ser.mo doge privatamente dalle monache di S. Giacomo e Filippo (lug.). Il Ser.mo doge privatamente alle nozze della sig. ra Teresina Grimaldi con fili mo Andrea Spinola (sett.). Il padre abate Stampa milanese, generale delli olivetani, dal Ser.mo doge (sett.). Festa della presentazione di Maria Vergine nella chiesa delle Vigne, con panegirico del padre Odone crocifero. Giorno di S. Francesco Saverio, con panegirico del prete I)e Camilli. Monsieur de Boye, inviato di Francia, dal Ser.mo per congedarsi, andando per sei mesi per i suoi affari in Francia, lasciando l’incarico degli affari al suo segretario monsieur Mischel (nov.). Ricevimenti del Ser.m0 doge per gli auguri di Natale (24 die.). Mons.1' arcivescovo dal Ser.1110 per le buone feste (die.). Veglia data dal Ser.mo doge (die.). Li cinque Ecc.mi senatori vecchi e li cinque nuovi a riverire il Ser.mo (3i die.). Li cinque Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 gen. 1774). Festa di S. Benedetto, con panegirico del prete Farina ex gesuita teologo. Giorno di Pasqua (8 apr.). Decreto perpetuo che la processione delle sante ceneri di S. Gio- — 3ϋί) — van Battista, quando non si possa fare pel tempo cattivo nella domenica in Albiis, si trasporti al giorno 15 di maggio (10 apr.). Festa di S. Caterina da Genova, con panegirico del padre Cd-nepa crocifero. Li cinque Ecc.mi senatori vecchi e li cinque nuovi a riverire il Ser.mo (30 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Il Ser.m° doge, per cambiare aria dopo cinque mesi d’infermità, va al Zerbino di S. Bartolomeo nel palazzo Balbi per dimorarvi 40 giorni (7 lug.). Il Ser.mo doge ritorna a Palazzo (16 ag.). Festa del S.mo nome di Maria, con panegirico del padre Bianchi crocifero. Giorno dell’Unione, con panegirico del padre Schiafìno delle Scuole Pie. Monsieur de Boye, tornato da Parigi, dal Ser.mo (ott.). Festa della presentazione della Vergine Maria, con panegirico del padre · Fascie delle Scuole Pie. Ricevimento del Ser.mo doge per Natale (24 die.). L’inviato di Francia, mons.1- arcivescovo, mons.1' vicario, inviato di Spagna dal Ser.mo per le buone feste (die.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1775). Il Ser.mo doge Pier Francesco Grimaldo terminò il suo biennio, e ritornò a casa (26 gen.). Elezione del Ser.mo doge Brizio Giustiniani (81 gen.). Mons.1' arcivescovo, mons.1’ vicario, e gl’inviati a felicitare il nuovo Ser.mo (feb.). Il Ser.mo doge al teatro (feb.). Giorno di Pasqua (16 apr.). Coronazione del Ser.mo doge (24 giug.). Mons.1' Clavarino, vescovo di Ventimigìia, fece la sua entrata nanti li Ser.mi Collegi, e poi Ansito e regalò il m.co maestro delle Cerimonie (giug·)· Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Il rev.mo padre presidente Buontempo, nuovamente eletto dalla sua religione, a complimentare il Ser.mo (lug.). Festa del S.mo nome di Maria, con panegirico dato da due Ecc.mt di Palazzo. — 400 — Giorno dell’Unione, con panegirico dato dall’Ecc.mo presidente della Giunta di Giurisdizione. Arrivo per via di terra di S. A. R. l’arciduca Massimiliano d Austria (sett.). Li due fratelli principi nipoti del sovrano d'Armestadat, giunti incogniti, vanno dal Ser.mo (sett.). Ricevimenti del Ser.mo doge per Natale (24 .die.). Mons.1’ arcivescovo, mons.1' vicario, li inviati di Francia e di Spagna dal Ser.mo per gli auguri (die.). Veglia data dal Ser.1110 doge (26 die.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1776). Il Ser.mo doge al teatro (gen.). Giorno di Pasqua (7 apr.). Nuovo inviato del re di Savoia, conte di Cunico (apr.). Arrivo per terra della sig.a duchessa di Schiartes, accompagnata da un ambasciatore di Francia per Napoli (mag.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug·). Il Ser.mo doge al teatro (lug.). Li Ser.mi Collegi al Carmine (16 ag. 1776). Li Ser.mi Collegi.......(7 ag. 1776). Annotazione. — Il presente libro delle Cerimonie n.° 8, mancante delle dovute annotazioni dal giorno 16 agosto 1776 in appresso era a carico del m.co Giacomo de Marchi maestro delle Cerimonie, passato all’altra vita li 27 dicembre 1777; avendo continuato dopo la di lui morte ad esercitarne le veci e sino alla nuova elezione del m.co Giuseppe L ossi, seguita li 27 maggio 1778, il sig.r Felice Giacinto Gianetto Castiglione, altro de’ sottocancellieri del Ser.mo Senato al dipartimento dell Ecc.ma Giunta della Marina; non avendo continuato il nuovo m.c0 maestro delle Cerimonie a scrivere nel presente libro per averlo ritrovato mancante, ma bensì in un nuovo libro marcato col n.° 9, come distintamente resta spiegato nel suo principio dal suddetto m.c0 Rossi, che cominciò ad esercitare le funzioni pubbliche della sua carica il giorno 13 giugno 17<8, ed a farne a suo tempo nell accennato nuovo libro del n.° 9 le corrispondenti annotazioni a tenore del suo ministero (1). (1) Durante l’interruzione delle annotazioni delle cerimonie dal 16 agosto 17<6 al 25 dicembre 1777 accadde l’incendio (3 nov. 1777) della sala grande del Consiglio nel — 401 — II maestro delle Cerimonie Giacomo de Marchi, infermo, si fa sostituire nelle sue funzioni dal sottocancelliere del Ser.mo Senato del dipartimento della Marina Felice Giacinto Gianelli Castiglione, a tenore degli antichi decreti de’ Ser.mi Collegi (25 clic. 1777). Mons.1- arcivescovo, mons.1' vicario, Don Giovanni Cornejo ministro plenipotenziario di Spagna ad augurare le buone feste al Ser.mo (26 die.). Veglia alle dame data dal Ser.mo doge (26 die.). Il conte di Canteo, inviato di Sardegna, per auguri al Ser.mo (81 die.). I cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1778). Nuovo ministro plenipotenziario di -Francia, sig.r di Moriteti (gen.) (1). II Ser.mo doge al teatro di S. Agostino all’opera buffa in musica (gen.). Il Ser.mo doge al teatro (feb.). Festa di S. Benedetto, con panegirico del padre Giovan Benedetto da Portovenere cappuccino. Giorno di Pasqua (19 apr.). Festa di S. Caterina da Genova, con panegirico del prete secolare Manucci. Processione delle ceneri di S. Giovan Battista (31 mag. 1<<8). palazzo dogale. Cfr. qui appresso alle date 4 marzo e 13 settembre 171"9, 16 settembre 1781, ó dicembre 1785. Vedi pure C. G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pitture, ecc. (Genova, Gravier, 1780; voi. I, pag. 58). (1) Signori di Monteil erano stati i D’Àubusson fino a Maria, nipote fraterna di Pietro, gran maestro di Rodi e cardinale; la quale il 1503 sposò il cavaliere Guido d’Arpajon, barone d’Arpajon e visconte di Lautrec, i cui discendenti furono perciò visconti di Monteil, chiamata per tal ragione Monteil-au-Vicomte. 26 Intestazioni delle narrative nel LIBRO IX CEREMONIARUM del cerimoniere Rossi (1778-1784), del sottocancelliere Ansa reto (1784) e del cerimoniere Ottone (1784-1797) Eiezione del nuovo maestro delle Cerimonie Giuseppe Maria Rossi (27 mag. 1778). Gli Ecc.mi nuovi senatori a Palazzo (1 lug.). Estrazione degli Ecc.mi senatori Francesco M.a Carrega e Goffredo Gaetano Zoagli, in luogo di Gerolamo Balbi e Giambattista Sopranis scusatisi (3 lug.). L’Ecc.mo senatore Goffredo Gaetano Zoagli a Palazzo (13 lug.). L’Ill.mo senatore Felice Carrega a Palazzo, estratto procuratore (15 lug.) in luogo del fratello Francesco M.a Carrega scusato (20 lug.). Festa di S. Gaetano, con panegirico del padre Dati teatino. Decreto di cerimoniale (19 ag.) pel ricevimento di mons.1' Benedetto Solari, nuovo vescovo di Noli. Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (2 sett.). Giorno dell’ Unione, con panegirico del padre Cdnepa crocifero. Giorno del S.mo nome di Maria, con panegirico del padre Molinello delle Scuole Pie. Il Ser.1110 doge privatamente al monastero di S.a Marta (23 sett). Festa del Rosario, con panegirico del padre Dania de’ predicatori (4 ott.). Il Ser.mo doge privatamente al monastero di S.a Teresa (3 nov.). Li Ser.mi Collegi per la prima volta, per decreto del 1 dicembre 1778, alla S.ma Annunziata del Vastato invece che alla chiesa d’O- regina, sì come era stato decretato iJ 1748 e come si legge a carta 82 del libro VII de’ Cerimoniali (1) (1.0 die.). Funzioni e ricevimenti di Natale; abate del Bisagno, arcivescovo, veglia, ministri di Spagna e Francia. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1779.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (5 gen.). Decreto pel ricevimento di mon«.r arcivescovo e per gli Ecc.mi senatori che vengono per la prima rolfca a Palazzo (12 gen.). L’Ecc.mo senatore Paolo Francesco Spinola a Palazzo, estratto in luogo dell’Ecc.mo Costantino Negrone scusato (14 gen.). L’Ecc.mo senatore Leonardo Cattàneo a Palazzo, estratto in luogo dell’Ecc.mo Costantino Pinello (18 gen.). Il Ser.mo doge Giuseppe M.a Lomellino termina il suo biennio, e ritorna alla sua casa (4 feb.). Elezione del Ser.mo doge Giacomo M.a Brignole (4 mar.), e cerimonie eseguite in altre sale del Palazzo per cagione delle rovine della sala del Gran Consiglio (2). Mons.1' arcivescovo e mons.1' vicario a felicitare il Ser.mo (6 mar.). Triduo per implorare l’acqua dal cielo (18 apr.). Gl’inviati di Spagna e di Francia a felicitare il Ser.mo (25 apr.) (3). Triduo in rendimento di grazie per la pioggia (13 mag.). Regolamento ossia metodo da tenersi nelle sortite de’ Ser.mi Collegi quando vanno a piedi, colla assegnazione del rispettivo luogo di ciascheduno che deve intervenirvi (4 giug.). (1) A tergo della carta 82 del libro 7° de’ Cerimoniali si legge, dopo i capitoli per la vestizione delle 36 donzelle: « Successive, proposto ne’ Ser.rai Collegi di deliberare che nel giorno 10 prossimo dicembre i Ser.mi Collegi si portino a tenere cappella nella chiesa di N. Signora di Oregina, ed ivi cantarsi dopo la solenne messa il Te Deurn in ringraziamento di N. Signora e deliberare si mandino un rubbo di cera a detto santuario per la funzione, — latis calculis approbata etc. » Cfr. qui innanzi a pag. 876 (nov. 1748). Qualche anno dopo, fatto nuovo decreto (12 nov. 1781,), si ritornò al santuario di Oregina. (2) Cfr. qui innanzi la nota a pag. 400. (3) Col foglio 9 aprile 1779 il ministro di Francia signor Monteil * prie le secretaire d’État Solari d’informer le gouvernement que, n’ayant pas manqué de rendre compte à sa Cour des raisons qui ont empeché jusqu’à present Sa Sérénité de lui in-diquer une heure où il pùt avoir l’honneur de la complimenter sur son élection, il en a reiju pour reponse un ordre formel d’insister de nouveau pour obtenir que cette heure lui soit indiquée conforme au rang incontestable de sa Cour, sans prolonger un retard qui n’a pu que causer une grande surprise au Boy son maitre » (Ceremoniarum, busta 490 A). — 404 - Quattro de’ cinque Ecc.mi patrizi a Palazzo (1 lug.)· L’Ecc.mo senatore visconte M.a Cicala a Palazzo, in luogo del m.co Marcello Durazzi scusatosi (6. lug.). L’Ecc.mo senatore Giovan Battista de Mari a Palazzo, in luogo di Giovanni Agostino Imperiate Lercari scusato perché ammalato (9 lug.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (12 lug.). Incoronazione del Ser.1110 doge Giacomo M.a Brignole nella chiesa di S. Ambrogio, per non essere la sala del Gran Consiglio ancora rimessa dalle rovine dell'incendio del 3 nov. 1777, con orazioni del m.co Lazzaro Federici (13 sett.) e dell’abate Francesco Massola ex-gesuita, professore d’eloquenza nella pubblica università (14 sett.) (1), Il generale de’ padri conventuali padre Gian Carlo Vipera romano a Palazzo a riverire il Ser.mo doge (20 sett.). Mons.1' Stefano Giustiniani, nuovo vescovo di Albenga per la prima volta innanzi a’ Ser.mi Collegi (24 sett.). Visita di congedo del sig.r conte di Cunico, inviato del re di Sardegna, che cessa dal suo carico (21 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bixagno, arcivescovo, ministro di Spagna e Francia, veglia. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1780). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (11 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (25 gen.). L’Ecc.mo senatore Carlo Lomeltini a Palazzo, in luogo del fu Ecc.mo Goffredo Gaetano Zoagii (20 mar.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (11 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino la seconda volta recitandosi l’istesso dramma (1 mag.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (6 giug.). Estrazione de’ cinque nuovi Ecc.mi senatori (15 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore M.a di Negro a Palazzo, in luogo del m.co Stefano Franzoni scusato (17 lug.). Li Ser.mi Collegi in duomo per la festa in nome di Maria, con panegirico dell’abate Boggiano (10 sett.). (1) Il racconto di questa incoronazione è uno de’ più minuziosi fra quelli dei libri Ceremoniarum. — 405 — Festa dell’Unione, con panegirico del padre Schiaffino delle Scuole Pie (12 sett.). Arrivo del cavalier Capello, ambasciatore di Venezia alla corte di Spagna (25 sett.). Sua Serenità al monastero di S. Silvestro a visitarvi due sue figlie in educazione (3 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, ministri di Spagna e Francia, veglia. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1781). Gli Ecc,mi senatori Giovanni Ambrogio Crosa e Giovan Battista d’Aste a Palazzo, in luogo di Giovan Stefano Suoli e Raineri Grimaldi scusati (22 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (23 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (13 feb.). Decreti de’ Ser.mi Collegi da osservarsi all'occasione che il Ser.m0 doge va al teatro e li Ser.mi Collegi vanno all’albergo di Carbonara (12 e 16 feb., 25 mag.). Il doge Ser.mo Giacomo M.a Brignole, finito il biennio, torna alla· sua casa (4 mar.). Elezione del doge Ser.mo Marc’Antonio Gentile (8 mar.). L’arcivescovo e gl’inviati di Spagna e di Francia a complimentare il nuovo doge (11 mar.). L’Ecc.m0 senatore Francesco M.a Morando a Palazzo, in luogo del Ser.mo Marc’Antonio Gentile (28 mar.). Arrivo a Torino della principessa Giuseppa Teresa di Lorena, vedova del principe di Carignano Vittorio Amedeo, con la canoni-chessa di Remiremont sua sorella e sig.1' bali di Rohan loro zio materno, alloggiati presso il conte di Valperga, ministro di .Sardegna in Genova (22 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (15 mag.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Francesco Serra a Palazzo in luogo di Giuseppe Pallavicini scusato (1 ag.). Li Ser.mi Collegi in duomo per la festa del nome di Maria, con panegirico del padre Figari delle Scuole Pie (9 sett.). Li Ser.mi Collegi in duomo per la festa deH'Unione, con panegirico del padre Fascie delle Scuole Pie (12 sett.). Incoronazione del doge Ser.1110 Marc’Antonio Gentile nella chiesa — 406 — di S. Ambrogio, per non essere ancora terminata la fabbrica della sala del Gran Consiglio come nel 1779, con orazioni del m.°° Pietro Giustiniano (15 sett.) e del padre Prospero Semino agostiniano scalzo e lettore di etica nella pubblica università (16 sett.). Il Ser.mo doge privatamente alla università (15 ott.). Il Ser.mo doge privatamente al monastero di S.a Marta a visitarvi le sue sorelle monache, una delle quali abadessa (17 ott.). Sua Serenità fa privatamente un giro per la città, soffermandosi a S. Marta per vedere le sue sorelle (10 nov.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di S. Maria delle Vigne per la presentazione, con panegirico del padre Massucco delle Scuole Pie (21 nov,), Li Ser.mi Collegi in S. Ambrogio per S. Francesco Saverio, con panegirico del rev. Traverso (3 die.). Li Ser.mi Collegi, per il decreto del 12 novembre che circoscrive quello del 1 dicembre 1778, vanno a tener la reale cappella nella chiesa di Oregina (1) (10 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, ministro di Spagna, veglia. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1782). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (8 gen.). L’Ecc.mo senatore Giovan Battista Cicala a Palazzo, in luogo del m.eo Raineri Grimaldi scusato e sostituito dal m.co Giovan Tommaso Balbi anch’egli scusato (14 gen.). L’Ecc.mo senatore Felice Carrega a Palazzo, in luogo di Giovan Tommaso Balbi scusato (29 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (29 gen.). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di S.a Marta pel giorno di S. Benedetto, con panegirico dell’abate Piazza ex-gesuita (21 mar.). Pasqua (31 mar.). L’Ecc.mo senatore Benedinelli Spinola a Palazzo, in luogo di Giovan Battista d'Aste morto di apoplessia (3 apr.). Il marchese de Monteu.il, ministro plenipotenziario di Francia, presenta al doge lettera del suo re, che partecipa la nascita del reai delfino (12 mag.) (2). (1) Vedi le annotazioni e le loro note alle date 16 nov. 1748 e 10 die. 1778. (2) Il primogenito di Luigi XVI, Luigi Giuseppe Saverio, era nato già il 22 ottobre 1781; ma, più fortunato del fratello secondogenito, che gli successe, mori fanciullo il 1789 (4 giug.). — 407 — Sua Serenità al teatro di S. Agostino (18 giug.). Tre de’ cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (17 lug.). Festa dell’Unione in duomo, con panegirico del rev. Ponte, e poi benedizione nella cappella di S. Giovan Battista per implorare la pioggia (12 sett.). Li Ser.mi Collegi in S. Lorenzo pel nome di Maria, con panegirico del padre Cattaneo agostiniano (15 sett.). Il Ser.mo doge privatamente alla libreria de’ missionari e poi a giro per la città (25 sett.). Sua Serenità privatamente al monastero di S.a Marta per vedervi le sue sorelle, e poi, uscito dalla porta dell’Acquasola, rientrò per quelle dell’Arco, passando le quali gli fu battuto il tamburo (26 sett.). L’Ecc.mo senatore Ludovico Palladci.no a Palazzo, in luogo di Stefano Doria scusato (25 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, arcivescovo, ministro di Spagna, veglia. Arrivo di commissario ed ambasciatore Marocchini (die.). Tre de’ cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1783). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (1 gen.). L’Ecc.mo senatore Alberto Doria a Palazzo, in luogo di Giovan Tommaso Balbi scusato (22 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (18 feb.). Il doge Ser.mo Marc’Antonio Gentile, finito il biennio, torna a sua casa (8 mar.). Pasqua (20 apr.). Elezione del doge Ser.mo Giovan Battista Ayroli (6 mag.). L’arcivescovo e l’inviato di Spagna a complimentare il nuovo doge (11 mag.). Arrivo del conte Giacomo Durazzi, ambasciatore deli’ imperatore alla repubblica di Venezia (15 mag.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (20 mag.). Arrivo dei reali arciduca e arciduchessa d’Austria di Milano in incognito sotto nome di conti di Nellemburg (29 mag.) (1). (1) La cancelleria di Vienna il 12 maggio 1783 aveva avvertita la Signoria dell’arrivo in Genova dell’arciduca Ferdinando &'Aii3tTÌ&) il quale doveva imbarcarsi per andare a Aix in Provenza, e dell’arciduchessa sua sposa Maria Bicciarda Beatrice d E- — 408 — Sua Serenità al teatro (17 giug.). Tre de’ cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Francesco M.a Sàoli a Palazzo (11 ag.). Li Ser.mi Collegi uella chiesa della S.ma Concezione de’ padri cappuccini per la beatificazione del padre Lorenzo da Brìndisi (18 ag.). Festa del nome di Maria in duomo, con panegirico del rev. Ponte (14 sett.). L’Ecc.mo senatore Carlo Cambiaso a Palazzo (‘26 sett.). Il sig.1' Mordwinoff, incaricato d'affari deU'imperatrice di Russia residente già in Genova, presenta nuove credenziali di ministro plenipotenziario (13 ott.) (1). Li Ser.mi Collegi alla chiesa di nostra Signora delle Vigne, ove, per la fabbrica di restauri all’altare, al coro e al presbiterio, si dovette alzare un altare fuori del s nida sanctorum; con panegirico del padre Galioli delle Scuole Pie (21 ott.). Incoronazione del doge Ser.m0 Giovan Battista Ayroli, anche questa volta nella chiesa di S. Ambrogio, con orazioni del m.co Giovan Battista Rossi, ventiduenne e parente del maestro delle Cerimonie (22 ott.), e del padre Clemente Fasce delle Scuole Pie (23 ott.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (25 ott.). Li Ser.mi Collegi alle chiesa di Oregina, con panegirico del padre Merlo francescano scalzo e lettore di teologia nella pubblica università (10 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, arcivescovo, ministri di Spagna e Francia, veglia. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1784). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (13 gen.). Il sig.1' di Mordwinoff, ministro plenipotenziario di Russia, va a Palazzo pei compimenti natalizi al Ser.ino doge, essendone prima stato impedito per infermità (25 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (12 feb.). Arrivo dell'imperatore Giuseppe LI in incognito sotto nome di conte di Falkenstein (15 feb.) (2). ste principessa di Modena, che voleva trattenersi in Genova per prendervi i bagni (Ceremoniarum, busta 490 A). (1) Questa cerimonia è minuziosamente narrata. (2) Narrazione minuziosa, di cui si è avvalso il padre Levati (Regnanti a Genova nel secolo XVIII; pag. 57). Questi viaggi in Italia, fatti in incognito da un impera- — 409 — Li Ser.mi Collegi vanno all’ospedale degl’incurabili, passando per la prima volta dalla porta cbe dà in strada Giulia, aperta con nuova vistosa fabbrica dalla munificenza di alcuni patrizi (24 mar.). Li Ser.mi Collegi vanno nella chiesa di S. Giorgio la domenica dopo il 24 aprile, giorno di S. Giorgio venuto di sabato, per il decreto del 14 aprile 1784, che spostava alcune feste alla domenica successiva; tale disposizione durò pochi giorni, essendo stata circoscritta con altro decreto del 23 aprile 1784. Arrivo di Gustavo III re di Svezia (26 mag.) (1). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (8 giug.). Attesa la malattia sopraggiunta al quondam rn.co Rossi maestro delle Cerimonie, io Giacomo Assereto, sottocancelliere del Ser.mo Senato al dipartimento dell’Ecc.ma Giunta di Marina, ho supplito in qualità del m.co maestro dalle Cerimonie a tenore degli antichi decreti de’ Ser.mi Collegi. Festa dell’Assunta (15 ag.). Per la morte del m.co Giuseppe Rossi quondam Cosmee maestro delle Cerimonie, sono stato, in concorso con altri, eletto da' Ser.mi Collegi a detta carica io Bernardo Ottone quondam Guglielmi; ed essendomi stato presentato li 13 agosto 1784, giorno della mia elezione, questo libro, nel quale, a tenore delle mie istruzioni, registrar dovessi tutto ciò occorrer pòssa alla giornata de' cerimoniali nell’esercizio del mio impiego, ho tralasciato trascrivere in fronte del medesimo li decreti. Giorno di S. Bernardo (20 ag.). Li Ser.mi Collegi in duomo pel nome di Maria, con panegirico del padre Paimarino de’ minori osservanti della Pace (12 sett.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, ministro di Spagna, veglia, ministro di Moscovia sig.r Mordivinoff. Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1785). Sua Serenità al teatro (4 gen.). Sua Serenità al teatro (25 gen.). tore, meravigliarono gli Italiani, memori delle pompe e delle azioni guerresche degl’imperatori medioevali nelle loro discese nella penisola, dal Barbarossa a Carlo V. (A. Coppi, Annali d’Italia a. 1769). Giuseppe II, partito da Vienna il 6 dicembre 1783, il 26 giunse a Roma; fu poi a Napoli, donde, per Roma e Toscana, venne a Genova. Passando per Parma, Modena e Pavia giunse a Milano nei suoi Stati. (1) Cfr. padre Levati (op. cit., pag. 61). 1 — 412 — Gli Ecc.-mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1789). Il ministro di Spagna Don Giovanni Corneco a Palazzo per annunziare la morte del re Carlo ITI e l’ascensione al trono di Carlo 1V (11 gen.). Funerali in S. Lorenzo pel re di Spagna Carlo III ('29 gen.). L’Ecc.mo senatore Leonardo Cattàneo a Palazzo (3 feb.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (3 e 17 feb.). L’Ecc.mo senatore Antonio Bracélli a Palazzo (9 mar.). Pasqua (12 api’.). Il Ser.»10 doge al teatro di S. Agostino (19 mag.). Complimenti al nuovo ministro di Svezia, alloggiato nella strada nuovissima (25 mag.). Il ministro di Svezia per la prima volta a Palazzo, trattato come inviato straordinario e ministro plenipotenziario a tutte le corti d’Italia (6 giug.). Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Tre de’ nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Il Ser.mo doge Raffaele De Ferrari, finito il biennio, torna a sua casa, osservandosi per la prima volta il decreto del 31 agosto 1787 (4 Ing.). Visita e complimenti all’ambasciatore di Spagna a Torino, che va a Madrid, alla locanda di S.a Marta (5 lug.). L’Ecc.mo Raffaele De Ferrari, già doge, si presenta in Palazzo ai supremi sindicatori (13 lug.). Elezione del Ser.mo doge Alerame Pallavicino (30 lug.). · L’inviato di Svezia a Palazzo in forma pubblica (20 sett.). Arrivo del principe di Condè (1) sotto nome di conte di Nanteuil (8 ott.). (1) Luigi Giuseppe di Borbone, figlio (9 ag. 1786) del principe Luigi e di Carolina d’Aseia fi-hinfels Eothenburg, successe al padre (27 gen. 1740) nel principato di Condè, nei ducati di Borbone, di Chàteauroux, di Montmorenci-Enghien, di Guisa, e, come quello, fu pari di Francia, gran maestro della casa del re, cavaliere degli ordini reali e del Toson d’oro. Seguendo la tradizione dei suoi avi, fra i quali contava il gran Condè (1621-1686), seguì la via delle armi. Combattette valorosamente a Hastembeck (1757), a Crewelt (1758), a Minden (1659), a Corbach, a Eppenghausen, a Obenveimar, a Nekeim (1761), a Iohannesberg. Nei mutamenti iniziali della rivoluzione egli si pose a capo degl’intransigenti e firmò il famoso Memoriale de'' principi diretto al re. Cscito di Francia (17 lug. 1789), andò a Bruxelles, in Isvizzera, a Torino, seguito da — 413 — 11 Ser.mo doge privatamente alle monache e a passeggio (21 ott.). Arrivo del barone Choiséul (22 nov.). L Ecc.mo senatore Giovan Battista Cambiano a Palazzo (11 die.). I uuzi°ui e compimenti di Natale; abate del Bisagno, arcivescovo, inviati di Spagna e Svezia, veglia. Gli Ecc.mi seilateri uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1790). Incoronazione del Ser.mo doge (11 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (14 gen.), Sua Serenità dà la veglia detta del ringraziamento del banchetto (15 gen.). Sua Serenità al teatro (4 feb.). Pasqua (4 apr.). II Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (24 apr.). L Ecc.mo senatore Alessandro Saluzzo a Palazzo, in luogo di Ambrogio Doria (5 mag.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (8 giug.). Visita e complimenti al principe Doria al suo palazzo fuori porta S. Tommaso (12 giug.). Il principe Doria a visitare in forma pubblica il Ser.mo doge (Ì7 giug.). Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Quattro de’ nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Pier M.a Gentile a Palazzo (19 lug.). -Deputazione di quattro patrizi a complimentare il nunzio Firao, ora giunto (25 lug.). Complimenti al duce di Bauville, grande di Spagna, ora giunto (30 ott.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1791). Il Ser.mo doge all’opera (18 gen. e 22 feb.). molti gentiluomini fuorusciti. Respinse l’invito del re di rientrare in patria, e radunò un’armata, con la quale combattette al fianco degli austriaci negli anni dal 1792 al 1797, dei russi di Suwaroff nel 1799, di nuovo degli austriaci nel 1800. Si era ritirato in Inghilterra quando il giovane duca di Enghien, figlio del duca di Bourbon-Condè figlio di lui, venne fatto prendere e fucilare da Bonaparte (21 mar. 1804). Rientrò a Parigi con Luigi XVIII (1814). Mori il 1818 (15 mag.) e fu sepolto a Saint-Denis. Va ricordato che, vedovo (4 mar. 1760) di Carlotta di Rohan-Soubise, egli sposò (21 ott. 1798) Maria Caterina Brignole, genovese, principessa vedova di Monaco. — 414 — Sua Serenità privatamente alle monache (5 mar.). Pasqua (24 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (13 giug.). Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.m°doge a congedarsi (30 giug.). Due de' nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Altro degli Ecc.mi senatori a Palazzo (8 Ing.). Visita al nuovo ministi'o di Francia presso la Repubblica monsieur de Semovill (1), e complimenti (12 lùg.). Visita e complimenti al Cardinal Dorini, giunto a Genpva (23 lug.). Il Ser.mo doge Alerame Pallavicino, finito il biennio, torna a sua casa (30 lug.). Elezione del Ser.mo doge Michelangelo Cambiaso (3 sett.). L'arcivescovo, i ministri di Spagna, Francia e Svezia a complimentare il Ser.mo doge (6 sett.). L’Ecc.mo senatore. Bartolomeo Saluzzo a Palazzo (15 sett.). Il ministro di Francia in forma pubblica a Palazzo per presentare a’ Ser.mi Collegi le nuove costituzioni (16 ott.). Mons.r MaggioTo, nuovo vescovo di Albenga, a presentarsi al Trono (25 n&v.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, arcivescovo, ministri di Francia e Svezia, veglia. Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Quattro de’ nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1792.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (15 gen.). Triduo per implorare la cessazione delle piogge (29 gen.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (31 gen.). L’Ecc.mo senatore Giovanni Antonio De Franceschi a Palazzo (3 feb.). Incoronazione del Ser.mo doge Michelangelo Cambiaso (6 feb.). Il solito banchetto nella sala del Gran Consiglio (7 feb.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (14 feb.). Pasqua (8 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (24 apr.). Gli Ecc. mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). (1) Leggi Semonville. — ————___ — 415 — L inviato di Francia a Palazzo a congedarsi (10 ag.). Visita e complimenti a mons.r de Somonvile ambasciatore alla Porta ottomana e a monsieur de Naillac nuovo ministro di Francia presso la Repubblica (1G e 17 ag.). Il nuovo ministro di Francia pubblicamente a Palazzo (18 ag.). Mons.1 Mari, nuovo vescovo di Brugnato, si presenta a’ Ser.mi Collegi (22 ag.). Funzioni e compimenti di Natale; vigilia, arcivescovo, inviati. Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1793). Il Ser.mo doge all’opera (5 e 29 gen.). Pasqua (31 mar.). Il Ser.mo doge al teatro di S. Agostino (16 apr.). Il ministro di Francia monsieur de Neilacha Palazzo per congedarsi (5 mag.). Il Ser.mc> doge al teatro di S. Agostino (2 giug.). Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Giovan Francesco Scaglia a Palazzo (17 lug.). Visita e complimenti al barone d'Armfelt, plenipotenziario di Svezia in Italia, ora giunto (26 ag.). Il detto ministro di Svezia a Palazzo (27 ag.). Il Ser.mo doge Michelangelo Cambiaso, finito il biennio, torna a sua casa (3 sett.). Visita e complimenti al nuovo ministro d’Inghilterra monsieur Drehc, alloggiato alla locanda del Cervo (6 e 7 sett.). Elezione del Ser.mo doge Giuseppe Doria, che era nel suo palazzo a S. Pier d’Arena (16 sett.). Il ministro di Spagna a complimentare il Ser.mo doge (1 ott.). Il ministro d'Inghilterra a complimentai’e il Ser.mo doge (3 ott.). Mons.1’ arcivescovo, prima assente, a complimentare il Ser.mo doge (12 ott.). Triduo in tutto il dominio, deliberato per li presenti bisogni (13 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisogno, arcivescovo, ministro di Spagna. Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Quattro de’ nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1791.). Suo Serenità al teatro di S. Agostino (7 gen.). — 416 - Visita e complimenti al nuovo ministro ossia inviato stiaordi-nario di Spagna, alla locanda della Posta ('29 e 30 gen.). Detto inviato di Spagna a Palazzo (2 feb.). Termina il giubileo impetrato dal Ser.mo Governo, cominciato il 16 febbraio (29 feb.). Pasqua (20 apr.). L’Ecc.mo senatore Stefano de Franchi a Palazzo (23 api.). Incoronazione del Ser.1110 doge Giuseppe Doria (2.) api.). Gli Eec.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Visita e complimenti a monsieur de Villars, nuovo inviato della nazione francese, alla locanda del Cervo (13 e 15 ott.). Detto ministro francese a Palazzo (19 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; abate del Bisagno, inviato di Francia, veglia. Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1795). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (10 feb.). Visita al conte Nonm, che ha avuto dal re di Sardegna titolo di ministro plenipotenziario (2 mar.). Detto ministro da Sua Serenità (5 mar.). Pasqua (δ apr.). Gli Ecc.mi senatori/xscenti dal Ser.mo doge a cogedarsi (30 giug.). Quattro de’ nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). L’Ecc.mo senatore Francesco Maria Spinola a Palazzo (13 lug.). L’Ecc.mo senatore Francesco Grimaldo a Palazzo (21 ag.). Il Ser.m0 doge Giuseppe Doria, finito il biennio, torna a sua casa (16 sett.). Elezione del nuovo Ser.mo doge Giacomo Maria lì r ignote per la seconda volta (17 nov.). Li Ser.mi Collegi, che hanno deliberato un triduo in tutto il Dominio per li presenti bisogni (1), vanno in S. Lorenzo, e non v’intervenne Sua Serenità (19 nov.). (1) Le guerre di quegli anni fortunosi, in cui cozzavano la repubblica francese eie monarchie d’Europa coalizzate, devastarono la Eiviera di Ponente e le Langhe delle Eepubblica di Genova, alla quale non giovava la prudente neutralità. Proprio nel novembre del 1795 i francesi, avanzando su Loano, si preparavano la vittoria del 2i e — 417 — Visita al nuovo ministro o inviato di Spagna alla locanda della Posta (‘21 nov.). Visita al nuovo ministro di Spagna nel palazzo del suo alloggio alla piazza della Nunciata (14 die.). Detto ministro da Sua Serenità (20 die.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisogno, arcivescovo, ministri di Francia e Spagna, veglia. Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Li nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1796.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (12 gen.). Mons.1’ Maggiolo, nuovo vescovo di Sarzana, da’ Ser.mi Collegi (18 gen.). L’Ecc.mo senatore Cesare Passano a Palazzo, in luogo del m.co Francesco Grimal do (19 gen.). Gli Ecc.mi senatori Domenico Livrea e Giacomo Serra a Palazzo (22 gen.). Il Ser.mo doge non va al teatro di S. Agostino per la pioggia (26 gen. e 9 feb.). Li Ser.1111 Collegi vanno alla chiesa di S. Lorenzo al triduo da essi deliberato in tutto il Dominio (13 mar.). Pasqua (27 mar.). Visita al nuovo ministro di Francia, Fripul (1), alla locanda del Leon rosso (1 apr.). Visita al detto ministro nel palazzo Spinola, dove stava il precedente ministro Villars (2 apr.). Il ministro di Francia, Farpul, da Sua Serenità (5 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (19 apr. e 5 giug.).· Il generale francese Murat, con un messaggio del generale Bona-porte, davanti a’ Ser.mi Collegi (16 giug.) (2). '2 1 eli quel mese, aprendosi, con la rotta degli austro-piemontesi, la via per Savona e per Genova. Venuto poi Bonaparte al comando dell’esercito francese (mar. 1790), cominciò la serie delle insistenti ed imperiose richieste di prestiti. S’intende così agevolmente quali fossero « li presenti bisogni » pei quali la Signoria di Genova, il 19 novembre e nel seguente anno il 13 marzo e il 2 luglio, andava nel duomo a propiziarsi il Signore. — Cfr. su di ciò l’opinione del’ Faypoult, ministro francese in Genova, in A. Copri (Annali d'Italia, a. 1797, n.° 60J. (1) Qui, come appresso, leggi Faypoult. (2) V. alle pagine da 46 a /19. 27 — 418 - Il marchese di Mattagliano, che va ambasciatore di Spagna a Venezia (23 giug.). Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (30 giug.). Li cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 lug.). Li Ser.mi Collegi vanno in S. Lorenzo al triduo da essi deliberato in tutto il Dominio per li presenti bisogni (2 lug.). Li Ser.mi Collegi, deliberato di rinnovare quest’ anno la presentazione delle chiavi, scettro e corona alla statua .della Vergine delimitare maggiore della chiesa di S. Lorenzo, che si solennizza ogni 25 anni (1), vanno alla sacra cerimonia (12 a 15 ag.). Giorno deU’Uiiione del 1528; i Ser.mi Collegi vanno in S. Lorenzo: e ieri al dopo pranzo, che, secondo il solito, dovevano andare i soldati al principe Doria, fu ordinato da’ 8er.mi Collegi il giorno 28 (12 sett.). Il ministro Nomis del re di Sardegna presenta al Ser.mo doge le sue credenziali del nuovo re Carlo Emanuele IV (20 ott.). Funzioni e compimenti di Natale; abate di Bisagno, arcivescovo, ministro di Francia, veglia. Gli Ecc.mi senatori uscenti dal Ser.mo doge a congedarsi (31 die.). Quattro de’ cinque nuovi Ecc.mi senatori a Palazzo (1 gen. 1797). L’Ecc.mo senatore Giuseppe Imperiale a Palazzo (23 gen.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (24 gen. e 14 feb.). Pasqua (16 apr.). Visita al cardinale arcivescovo di Toledo alla locanda del Cervo (28 apr.). Sua Serenità al teatro di S. Agostino (2 mag. 1797). (1) Il venticinquennio infatti cadeva appunto in questo anno, essendosi fatta la precedente celebrazione il 1771. FINE DEI LIBRI DE’ CERIMONIALI NOTA AGGIUNTIVA INTORNO A GERONIMO BORDONI Alla sobria biografia, che qui innanzi abbiamo data (da pag. 9 a 23) del primo maestro delle cerimonie dejla Repubblica di Genova e fondatole della serie de’ libri dii Cerimoniali, padre Geronimo Bordoni, ulteiioii indagini hanno portato altro contributo, che pure è pregio dell opera pubblicare in questa ultima nota. Quasi niente avevamo potuto dire della famiglia del Bordoni (pag. 9). Con opportune ricerche il signor Arturo Ferretto dell’Archivio di btato di Genova ha messo fuori un testamento del padre Bordoni (15JI) e 1 altro della sorella di lui Camilìa (1605), i quali colmano quella lacuna. Risulta infatti da essi tutto un albero genealogico, che compiliamo e premettiamo alla notizia particolare di quegli atti. Giovanni Antonio BORDONIO da Sermoneta; già morto al 1594 Lorenzo già morto al 1594 1 GERONIMO minore osservante, teologo del cardinale Filonardo (morto 1549), cerimoniere (1564) e poi (1588) maestro di cerimonie della repubblica di Genova; morto 24 feb. 1615 Camilla maritata con Pietro Valle da Piperùo; abitante in Genova; fa testamento '27 gen. 1605 Annibale erede dello zio Elena maritata innanzi al 1594; abitante a Pi-perno Artemisia maritata innanzi al 1594 con Pietro Tartaglia e poi con Masi; abitante in Pi perno Virginia maritata dopo il 1594; abitante in Piperno 2 figlie nubili; (1605) GlOV. SllIONE e Domenico Tartaglia Altri figli Masi I 1.1 I Lionora Nastasia Geronima Giacomo nubile (1605) nubile Q605) nubile (1605; (1605) — 420 — I). _ Il testamento del padre Geronimo Bordoni venne rogato il 26 luglio lo94 dal notaio Giovanni Antonio Roccatagliata.di Genova (filza n.° 11) nella casa del testatore, sita prope portam Sancti Thomce Gennai. Il Bordoni premette il testo intero della bolla (1 die. 1582), con la quale il pontefice Gregorio XIII gli aveva dato facoltà di testare e aveva incaricato della esecuzione l’arcivescovo di Genova e i vescovi di Amelia e di Macerata. — Poi dispone di essere sepolto nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso di Genova, in capsia iuxta altare sanctorum Hieronimi et Nicolai de Tolentino, ubi adest sepulcrum ipsius testatoris, e provvede per le sue esequie. — Alle monache di S. lom--maso lega lire cinquanta in moneta, da darsi loro appena avvenuta la sua morte, con obbligo di far celebrare, nel giorno seguente a quello del trasporto del cadavere nella sua sepoltura, una messa solenne all’altare su mentovato in suffragio dell’anima sua, da ripetei si otto giorni dopo. Dispone ancora per altre messe a quel medesimo altare e all’altro di S. Giovanni nel duomo e per una messa nella chiesa di S. Francesco all’altare della cappella del m.co signor Luca Grimaldi in suffragio dell’anima di lui. — Quindici lire per ciascuno lega agli ospedali di Pammatone e degl’incurabili. — V uole che, appena morto, Paolo Battista Spinola del fu Simeone e Paolo Sduli del fu Bartolomeo pongano in vendita al pubblico incanto tutti i suoi beni mobili, gli utensili di casa, l’oro e l’argento, e che de primi danari così ìi-scossi diano trecento scudi di oro alla persona che esibii à la fede sciitta e sottoscritta di mano del testatore, perchè dessa se ne valga per consegnarli segretamente e senza ritardo a colui o coloro che il testatore in segreto gli designò, per discarico della sua anima. Lascia venticinque lire a Rosa figlia del fu Rocco di Sermoneta, sua soiella cugina (consanguinea germana), o, se fosse già morta, ai figli ed eiedi di iei_ — Dà pure venticinque lire al servitore o ai servitori per ciascuno d’essi, nonché lire centoventicinque e un letto con due lenzuola alla serva Maria 1 alle e lire sessauta alla figlia di lei Zaninetta, moglie di Michele de Ferrariis. — Dona al Sduli suddetto il calice (poculum) di argento dorato con sua scatola, nella quale è impressa l’arma dei Pallavicino, e allo Spinola il suo calamaio di marmo misto, con l’astuccio di oro, adoperato per disegnare (a designando nuncupato) e una pittura dell’immagine di Sofonisba (picturam imaginis Sophonisba}). — Chiama erede il nipote Annibaie Bordonio del fu Lorenzo suo — 421 — fratello; ma gli fa obbligo di pagare a Virginia, figlia di Camilla Bor-clonia sua sorella, centocinquanta scudi d’oro in moneta per incremento di dote se a tempo della morte del testatore si troverà nubile, o scudi cinquanta in una volta tanto se allora sarà già maritata. Vuole inoltre che l’erede paghi cinquanta scudi per ciascuna alla Camilla suddetta e alle altre due figlie di lei maritate, e centocinquanta scudi alla medesima Virginia quando questa volesse monacarsi, per aiuto di dote di monacazione. — In caso che al tempo dell’apertura della successione Annibale fosse già morto senza aver lasciato figliuoli, gli sostituisce i figli della Camilla. — Ordina che piena fede sia data al suo libro in cui sono annotati i suoi redditi e specialmente il debito e il ci’edito correnti con Ponzio Ceca in Roma, paramenti che al libro del Ceva. — Nomina infine suoi fidecommissari ed esecutori testamentari i nominati Sauli e Spinola. Da questo testamento più cose vengon fuori, che meritano particolare considerazione. — Mentre ne risulta che il padre Bordoni già dal 1594 aveva scelto quel luogo della chiesa di S. Tommaso per sua sepoltura, ricordiamo che alla pagina 18 ne abbiamo trascritto l’epitaffio. Il quale attesta che .egli, vivente, si era fatto quell’altare,-dedicato alla Vergine e ai santi Geronimo e Nicolò Tolentino, dotandolo nel 1609 con tre azioni , del monte della Pace, non vacabili, sopra le scritture de’ notari di Roma, perchè si dicessero due messe per settimana, l’una pei vivi, l’altra pe’ morti. E difatti nelle carte del notaio genovese Marco Antonio Mollino (filza n.° 28) troviamo l’atto del 29 maggio 1609 di istituzione di quella cappellania. Con- questo il padre Bordoni, a quamplurimis annis Gennai degens, avendo già eretto l’altare col titolo della Vergine e de’ santi Giuseppe, Geronimo e Nicolò Tolentino nella chiesa di S. Tommaso, in nome proprio e di sua sorella Camilla vi fonda una cappellania perpetua, dotata con tre azioui del monte della Pace di Roma sopra le scritture de’ notari, del reddito annuo di circa scudi sedici e mezzo di moneta romana, e riserba la facoltà di nominare il cappellano dapprima a lui medesimo, poi, lui morto, alla Camilla, quindi a Maria Felice Doria, monaca in S. Tommaso, o ad altra consorella da lei eletta, ed infine all’a,badessa prò tempore del monastero; designa frattanto per cappellano il padre Vincenzo Parodi di Genova. Del quale il 3 settembre dello stesso anno pronunziò la nomina per atto di notar Lorenzo Paravània (filza n.° 49). — 422 — La notizia poi de’ conti correnti in Roma con Ponzio Ceva trova anclressa un precedente nell’atto di procura che il magnifico e reverendo Geronimo Bordonio, chierico di Terracina, faceva il 1° luglio 1592 in Genova, per lo stesso notaio Roccatagliata (filza n.° 12), a Ponzio Ceva, residente nella curia Romana, per pretendere, innanzi all’auditore della Camera Apostolica o altro giudice che sia, dal reverendo Retrocello di Omessa il pagamento della pensione dovuta al Bordoni e non mai pagata. E anche qui conviene notare, di passaggio, che Omessa è terra di Corsica in quel di Corte; ond’è che questo cenno troverebbe posto, qui innanzi, alla pagina 11, dove si fa parola del Bordoni in Corsica. Speciale attenzione meritano i doni che il testatore designò per l’esecutore testamentario Paolo Spinola. — Il calamaio di marmo variopinto, chiuso in astuccio di oro, conosciuto nella casa del Bordoni col nome di “ calamaio da disegnare ”, ci richiama a quella perizia di lui nell’arte del disegno, della quale lo encomiava due anni appresso, il 1596, Paolo Moneglia quando ne scriveva all’Ortelio rivendicando al Bordoni il merito del disegno cartografico dell’isola di Corsica, come abbiamo raccontato nelle pagine da 11 a 14. — Della quale abilità artistica di lui troviamo altra autorevole conferma in un decreto del senato di Genova (30 giug. 1604), il quale, nel consueto latino, prescriveva doversi i giuramenti de" dogi e de’ senatori trascrivere nell’apposito “ libro, fatto di cartapecora, coperto di corio rosso con lo stemma della Repubblica, decorato di argento, nella cui prima facciata è la figura di Gesù crocifisso graphice picta, e di poi il vangelo di S. Giovanni, quindi la formola del giuramento predetto, nonché il decreto del giuramento del silenzio, ed infine l’altro vangelo di S. Luca, tutte cose dette et eleganter scripta, manu 1). Hieronimi Bordoni Ceremoniarum magistri, usque anno 1599 ”, presentato invece allora, 1604, al senato (1). — Possiamo così dar quasi per certo che la cartografia della Corsica, di cui si avvalse l’Ortelio (1) Questo decreto è a tergo della pagina 158 del volume, distinto nell’Archivio di Stato di Genova con l’indicazione Biblioteca Mst. n.° fosso 00, che i’· uno dei tomi delle leggi scritti per l’antico archivio camerale. Si trova pure alla pagina 171 del secondo volume del Liber decretorum, conservato nella Biblioteca Beriana di Genova (D bis, C, 7, 17), donde ne trasse il primo cenno Ambrogio Pesce in un suo articolo di Appunti storici sul Cerimoniale di Genova, pubblicatoli 1917 nella Rivista Ligure di scienze, lettere ' ed arti (estratto, pag. G). Del libro manoscritto dal Bordoni non si sa altro. — 423 — pel suo atlante, e la calligrafìa del libro dei giuramenti uscirono da quel calamaio destinato allo Spinola, a designando nuncupato. L’altro dono per lo Spinola era una pictura immaginis Sofonisbce. — Chi era quella Sofonisba dipinta? Il primo pensiero andrebbe alla classica regina,' che bevve il veleno per cansare da schiava il trionfo in Roma, che venne atteggiata dai pittori e fatta declamare nelle loro tragedie dal Trissino, dal Mairet, dal Lagrange-Chansel, da Voltaire. Se nonché la coesistenza col Bordoni nella città di Genova di una Sofonisba famosa suggerisce la probabilità che qui si tratti, non di una imago o figura a maniera di una eroina dell’antichità, ma della imago o ritratto di donna viva e conosciuta. Poiché viva e conosciuta era in Genova allora la cremonese.Sofonisba Anguissola, pittrice ammirevole , ampiamente celebrata da'l Vasari nella vita di Benvenuto Garofalo e dal Soprani nelle Vite de pittori genovesi e de’ for ostieri che in Genova operarono (Genova, 1674); la quale, già pittrice nella corte di Filippo II, vedova di Fabrizio de Moncada di quella principesca casa siciliana, rimaritata col patrizio genovese Orazio Lomellino, viveva in Genova (1). Ella, invecchiando, era diventata cieca, ed alimentava nella casa maritale il suo spirito vivace, se non più de’ colori, almeno de’ conversari de’ gentiluomini, degli eruditi, degli artisti. Di cotesti suoi ospiti, fra i quali era assiduo il Van D}rch, era per certo anche il Bordoni, il dotto frate romano, il diplomatico e cerimoniere; il quale bene a ragione poteva pure, occorrendogli, consultare ne’ gravi problemi del cerimoniale la reduce dalla severissima corte di Spagna, dov’era stata dama di compagnia della infanta Isabella. Il Vasari ricorda che l’arcidiacono della cattedrale di Piacenza possedeva un quadro, autoritratto della Sofonisba Anguissola, e il Soprani cita altri due autoritratti di lei, l’uno in Roma nella villa Borghese, l’altro in Genova nella casa Lomellino. Tutto porta a credere che questa pictura imaginis Sofonislnv posseduta dal Bordoni sia un altro di quegli auto-ritratti, forse ancora pendente su-qualche parete di Genova con l’indicazione d’inventario « Ritratto di gentildonna, di autore ignoto ». E, poiché a proposito del Bordoni siamo caduti in discorso di quadri di ritratto, colgo volentieri l’occasione per introdurre in questa nota una sottile insinuazione. Nella galleria del Palazzo rosso di Geno- (1Ί Ho trovato notizie di lei presso i notari fra il 1590 (not. L. Paravània, 2 ag.) e il 1607 (not. G. P. Valedàrio, ‘21 giug.). — m — va, è propriamente nella sala detta “ dell’inverno ”, pende un altro qua- -dro, ritratto di un vecchio gentiluomo dalla bianca barba, vestito di toga nera di guernita pelliccia bianca. Se ne è ignoto il soggetto, ne è noto l’autore, che fu Paris Bordone da Treviso, eccellente pittore, che tanto lavorò in Genova sullo scorcio di quel secolo X\ I. QuelTignotó vecchio, se non m’inganno di grosso, potrebbe somigliare al vegliardo che figura in quattro de’ cinque affreschi dUrazzini del palazzo Tursi e che, come ho cennato nelle pagine da 19 a 23, è, per me, il cerimoniere Bordoni. Certamente non è improbabile che appunto i due Bordoni, rincontrandosi negli uffici di Palazzo e nelle stanze della Sofoni-sba Lomellino, si sieno conosciuti cosi dimesticamente da pensare di beute'illustrarsi l’un l’altro sulla tela di un quadro. II). — L’altro testamento, scritto in volgare italiano, è quello di « madonna Camilla Bordonia, moglie di messer Pietro Λ alle da Piperno e sorella del reverendo messer Geronimo Bordonio, figli del quondam messer Giovanni Antonio da Sermoneta », rogato in Genova dal notaio Giovali Antonio Boccatagliata (filza n.° 15) il 27 gennaio 1G05. Anche la Camilla vuol essere sepolta nella chiesa parrocchiale delle monache di S. Tommaso nella sepoltura fatta da suo fratello Geronimo presso l’altare dei santi Geronimo e Nicolò Tolentino. Fa eredi le sue tre figlie, tutte maritate, « non solo di quanto ella si ti’ova ed ha qui in Genova di utensili di casa, da esso suo fratello statile donati e lasciati per testamento per amor di Dio, ma ancora di dodici luoghi [cioè azioni bancarie], che in sua testa si trova, comprati anni sono in Roma non vacabili, cioè sei sopra le scritture dei notari, tre altri della gabella della carne del popolo Romano, ultimamente eretto, ed altri tre delle provincie seconde, erette da papa Gregorio XIIII ». Tali disposizioni valgono con « questa condizione e dichiarazione però, che, mentre esso fratello Geronimo vivrà, possa non solo godere tutti li frutti che si caveranno di essi luoghi presenti e da comprare ed avrà in testa sua nell’avvenire, ma ancora, in caso di sua necessità (che Dio noi voglia), possa venderli o impegnare, come più gli parrà e piacerà, per potersene valere ed aiutare come se fossero suoi propri, senza che da esse sue figliuole nè da altri gli ne sia data molestia alcuna; e questo per la particolare affezione ed obbligo che gli tiene, essendo da esso stata maritata e poi mantenuta e governata in questa città molto comodamente ed onoratamente ». INDICE ALFABETICO Acerenza (duca di), pag. 93. Acqua-viva, cardinale, 171, 219; Troiano, 355. Acqui (vescovo di), 299. Adorno Agostino, 318, 328; Cario, 368; Geronimo, 206, 247: G. li., 318; Luca 366. Adriano VI papa, 63, 67. Aeste, cardinale, 190; (marchese di), 189. Aff aitati ο Affatati Ottavio, 161. Ag a monte (conte di), 180. Cfr. Aimonte, Egeiionte, Egmond. d’Agi.io (padre), 367, 369. Agostiniani (padri), 357, 367, 383, 389, 406-7; (padre gen. degli), 357, 367, 384. Agldi (padre), 335. Aguillar (conte di), 321, 328, 398. Cfr. Avigliar. A.i accio, (città di), 28; (vescovo di), 211, 226, 233, 256, 264, 296-7, 318, 322, 340, 347, 352, 364. A.iamonte (marchese di), 179. Cfr. Agamonte. A.iaton (marchese di): v. Moncada Gastone. Airolo: v. Ayrolo. Aitona (marchese di), 196, 199, 321. Y. Moncada Gastone, Guglielmo. Alassio (luogo e cittadini di), 387. Alba (duca di), 19, 22, 151, 229, 232; Ferdinando (figlio del duca di), 151; Federico (figlio del duca di), 152-3, 225. Alba de Alista o de Lista (conte di), 155-6, 167. Alba r a Stefano, 211. Albaro o Erbaro (luogo di), 61, 168, 286, 288, 310, 344-5, 397. Albenga (città e cittadini di), 155, 369, 386; (vescovo di), 143, 212, 220, 228, 273-4, 277, 286, 290, 294, 298, 301, 304, 306, 312, 316, 318, 332, 349, 392, 404, 414. Alberguti (mons.1’), 219. Alberisio (padre), 203, 206. Alberti (padre), 256, 266. Albtzo (marchese), 325, 328. Albora Geronimo, 30, 45, 50,343, 345. Albornoz cardinale, 235. y Albrizio padre Luigi, 236. Alburquerque (duca di), 215, 226, 233, 266-7, 282, 301. Alcalà (duca di), 221, 224, 229, 232-3, 289-40; (duchessa di), 242. Alcantara (trattamento ai cavalieri di), 91. Aldobrandi (mons.1'), 336-7. Aldobrandini, cardinale, 184; G. Francesco, 172-3. — 426 — Aleria (vescovo di), 159, 203-4, 226, 256, 258, 296, 302, 328, 338, 356, 363, 379. Alessandria (città di), 218; (patriarca di), 284. Cfr. Alessandrino. Alessandrino cardinale, 154, 175. Alessandro Vili papa, 2S0. Alearoli padre Pietro, 260. Alonso Giovanni, 188. Alsazia: cfr. Ulsazia. Altezza (titolo di), 173. Alvarez de Toledo: v. de Toledo, Alba. Amadeo (padre), 347, 349, 367, 373-4. Amalfi (vescovo di), 295. Ambasciatori, nunzi, oratori (trattamento agli), 37, 63, 73, 81-2, 90, 93, 95, 97,107,131-2,137-8, 186, 287; vesti degli amb. genovesi, 113. Amelia (vescovo di), 173, 213, 217, 420. Ameyo (viceré dello), 299. Ammii’agli: v. Generali; cfr. ai nomi de’ singoli Stati. Amtriefo d’Andrazi Alfonso, 207. Anazarbo (arcivescovo di), 352. Ancona (cittadini di), 176, 285; (vescovo di), 182. Anconitano padre Secondo] 285. d’Andora Innocenzo, 248. d’Andrada Gii, 152. d’Andrazii Alfonso, 207. Santo Andrea, 334. d’Angè cav. Ludovico, 201. d’Angeli vescovo, 379. Angouléme (duchessa di) 272, 278. Anguissola Sofonisba, 423. Anhalt (principe di), 324. d’Anna padre Serafino, 382. d’Anneville, 334. Dell’Annuale (padre), 383-9. Antibo (luogo di), 358. Antinori (padre), 239, 262, 266. Anversa (vescovo di), 178. Appenzell (ambasciatori di), 345. Appiano Alessandro, 156. Approsino vescovo, 338-9. Arache (conte di), 294. Aragona (viceré di), 275, 279. d’Aragona, cardinale, 28, 76, 82, 277, 281; Antonio duca di Montai to, 153; Blasco, 199; Giovanna, 71; Ottavio, 215; Pietro, 272, 27S-9, 291; duca di Terranova, v. Terranova. d’Aras Giovanni, reggente, 237. Archinto cardinale, 327. Arco trionfale, 75. Arcos (conte di), 168; (duca di), 267. d’Arcos Luigi, 267. Ardoino vescovo, 371. Arescotto (duchessa di), 243. Areure (conte di), 245. Argyle (duca di), 333. Armenia (arcivescovo o vescovo di), 278, 286, 296. Armfeld (barone di), 415. Arnolfini Attilio, 209; Bernardino, 177. Aro (contessa di), 172. Arquata, 248. Arschott: v. Arescotto. d’Arse Ferrante, 235. Arte (corpi di), 392. · Arundel (marchese di): v. da Ron-del. Ascoli (principe di), 169, 189, 196; (vescovo di), 357. Assereto o Assareto Geronimo, 197-8; Giacoino, 31, 402, 409; Marco Antonio, 248. Assia (langravio di), 281, 324; (principe di), 324. Aste (conte di), 200; padre G. B., 199: d’Aste Francesco Maria, 384; G. lì., 405-6. — 427 Astorga (marchese di), 282, 299; (nipote del marchese di), 299. Asturie (principessa delle), 393. d’Aubeville: v. Obeville. Aumale (duca di): y. di Lorena Carlo. Aumont (duca di): y, Oumont. Ausona (duca di): v. Ossuna. T)’AusTRiA-(arciduca, arciduchessa), 60, 76, 84, 87, 152, 154, 171, 180-1, 220, 407; (trattamento agli arciduchi di), 60, 63, 82; cardinale, 174; D. Giovanni, 19, 20, 22, 152-3, 270; Isabella regina di Spagna, 259; Maddalena, 198; Margherita regina di Spagna, 204; Maria Anna regina di Spagna, 264; Massimiliano, 400. d’Avalos Alfonso marchese del Vasto, 95; Carlo, 156, 162, 164; Cesare, 164, 166, 170, 174, 178; 190, 195; Ferrante, 186, 188; laico, 177, v. Pescara; Luigi, 180; marchese di Pescara, v. Pescara; marchese del Vasto, v. Vasto. Aveiro (padre Fernando fratello del duca di), 283. Avella (principe di),‘263, 265. Avellino santo Andrea, 334; (principe di), 170. d’Ayenant, 336-8, 341. Avigliano (duca di), 251. Avigliar (conte e contessa di), 324. Cfr. Aguillar. Avignone (città di), 257; (arcivescovo di), 161, 163, 169, 175, 259, 264, 271-2, 321; (legato o vicelegato di), 161, 171, 182, 241, 243, 257, 270, 281, 28S, 292; (generale pontificio di), 172. de Ayala Luigi Gaetano, 210. Ayiiolo Agostino, 269; Gattina, 269; G. D., 349, 407-10; vescovo, 299. Babilonia (arcivescovo armeno di), 296. Bacciòn, 199. Bacigalupo vescovo, 351. Badaioz (arcivescovo di), 205. Bagni (mons.r ), 269. Bagni di Lucca, 168 (luogo di), 236, 334, 357. Bajona (marchese di), 265, 270, 274-5. los Balbases (Marchese di), 352. Balbi Agostino, 349; Carlo, 281; Costantino, 359-62; dottore, 258, 269; Francesco M.a, 294, 345, 348-50; Giacomo, 361 ; G. Tommaso, 406-7 ; Girolamo, 402; (rev.), 362, 379. Balcasser, presidente: v. Val-cazar. Baldacchino dogale, 85-6, 104-6, 110-1, 118. Balderone, 223. Baldini (padre), 379. Baliano Bernardo, 294-5, cfr. Bel-liano; G. B., 37, 142, 144, 238. Balli: v. Feste da ballo. Banchetti, 259, 263, 269, 271, 274, 384-5,353,390, 398, 413-4. Bandini o Bandino, 198; (mons. r), 181. Banditi (padre), 367. Barachino (padre), 350, 356. Barbante, 248. Barberini, cardinale, 221, 223-4, 260, 266; Anna principessa di Palestrina, 261; abate Maffeo, 262; Taddeo principe di Palestrina, 261-2. V. Urbano Vili. Barcari arciprete, 378, 385. Barcellona, 190, 270, 333-4; (ambasciatori di), 232. Baro aglio G.B., 297. Barionovo Berardino marchese di Cervinara e di Cusano, 192,199; — 428 — Francesco marchese di Cervinara, 192. Barlamonte (conte di), 180. Barnabiti (padri), 196, 328, 363, 335; (padre gen. dei), 293, 30(>, 318, 360,. 369, 375, 390. Barsiglia padre Giuseppe, 3b2. Cfr. Berzizza. > Bartolomeo (padre), 196. Barzilay, 334^ Basadonne G. Raffaele, 356; Paolo, 248; Simone, 188. di Bassano Alvaro, 152. Cfr. de Bazan. Bassano Carlo, 312-3, 320. Bastia (vescovo di), 332, 374, 3 <9; (vescovo di Mariana in), 35(5, cfr. Mariana; (conte della), 178. Bastone (mons.1'), 1S1. Battesimi, 235, 254, 2(50, 263, 271, 274, 278, 281, 283,'296, 301-2, 305, 309, 311, 317-8, 323. Batuyl (barone di), 221. Bauville (duca di), 413. Baviera (elettore di), 336; (trattamento ai duchi di), 82. de Bazan Alvaro marchese di Santa Croce, v. Santa Croce, cfr. di Bassano; Alvaro marchese del Viso, v. Viso. del Bech padre Agostino, 377. Bedmar (marchese di), 215, 329, 332. Belgrado (città di), 337. de Belieure, 238. Belli Domenico, 169, 176. Belli a no Bernardo: v. Baliano. Bellomo padre Paolo, 353. Benavente (conte di), 188-9, 199, 201, 235. Benavides Enrico marchese di Ba-jona, v. Ba.tona; Luigi marchese di Caracena, 267; Rosalia marchesa di Lombay, 323. Benedettini (padri), 385, 388. Benedetto XIV papa, 37.3. Benti voglio, 181. Bergamo (cittadini di), 300, 362. Berio, famiglia in Napoli, 91. Bernabiti: v. Barnabiti. Bernabò (padre), 195. Bernardini, 165. Berretta dogale, 85-6, 101-6,110-1, 118. Bertesce, 309. Berzizza (padre), 373. Cfr. Barsiglia. Bethunes (conte di): v. de Betun. de Betun, 231. Bevilacqua marchese Nest.er, 202. Bianchi (padre), 224-5, 269, 354, 399. Biboni (barone), 245, 247. Bichi cardinale, 231, 242, 244, 255. Btnchx, 339. Biondo Fabio patriarca, 1(58. Birago vescovo, 384. V. Lance-rati. de Biron, 229. Bisagno (torrente del), 125, 130, 132, 135, 373; (abate di), 159, 162,166,169.173,195,199, 202, 204-5, 207-8, 221, 224-6, 228, 230-2, 236-7, 239, 242, 244-5, 249, 251, 253, 255-6, 259-60, 262, 264-7, 269-71, 274, 284-5, 987-8, 290, 293, 295, 297, 299, 300, 305, 307-8, 311-2, 317, 350, 352-3, 355, 357, 359-62, 364, 369-71, 376-7, 379-80, 382-3, 386, 288, 403-11, 413, 415-8. Bisignano (trattamento ai principi di), 57; (vescovo di), 161. Blacher, 328. Blanchivelli Lamberto, 328. Blonai (barone di), 369. Bobbio (vescovo di), 384; (padre), 368, 371, 375. BoccÉlla, 216; G. Francesco, ‘230; Margherita, 357. Boi, ‘248. BoemaR (barone di), 233. Boemia (trattamento ai re di), 58; (principi di), 153. Boggiano, 193, 248, 257; abate, 404. Bologna (città e cittadini di), ‘201, ‘287, 371, 387-8; (legato di), 255; (congresso di), 8, 65, 71, 75, 120. Bolognetti (mons.r), 236, ‘249. Bona (padre), 360. Bonacina (padre), 368. Bonaparte Napoleone, 46-9. Bondia (conte di), 185. Bonelli cardinale, ‘280. Bensì o Bonzi, cardinale, 209, 300, 320-2. Bonvisi Lorenzo, 179; Martino, 188; Michele, 181; (mons. r), ‘244. di Borbone, famiglia, 94; duca Carlo, 57; (trattamento ai duchi di), 57; cardinale, 283: Filippo, infante di Spagna, 369, 371, 376, 378. Cfr. Moret, Condè, Nanteuil. Bordoni o Bordonio o Bordone, famiglia, 9, 419-21, 424; Annibale, 419-20; Benedetto, 12; Camilla, 419, 421, 424; padre Geronimo, 9-24, 34-6 41, 50, 157, 208, 419-24; G. Antonio 419, 424; Girolamo, 9; Loretizo, 419-20; Paris, 12, 424. Borea mons.1’ Giulio Cesare, ‘250. Borelli o Borello G. Lì., 86; (padre), 353; vescovo, 330. Borghese, cardinale, 194, ‘254. Borghetti (padre), 387. Borgia, cardinale, 205, 239; Ferdinando, 201; Francesco principe di Squiilace, v. Squilla-ce; san Francesco, 290; duca di Gandia, v. Gandia; Imùjì, marchese di Lombay, ‘223: Melchiorre,, 226, 228, 235, 239-40, 245, 349. Borgogna (duca di), 380: (trattamento ai duchi di), 56. Borgo San Donnino (vescovo di), 252. Borgo San Sepolcro (vescovo di), ‘279. Borino, 254. Borlasca o Borlasco padre Francesco, 379; Geronimo, 38. Borromeo san Carlo. 202; Federico patriarca, 284, ‘288; fratello del Cardinal Federico, 288. Borsese o Borzese (rev.), 316,319, 379. Borzone (rev.), 359. Boselli mons.1' Gherardo, 273. Bossisio (padre), 353. Botta o Botti o Botto Antonio vescovo, 298; G. Andrea, 28, 31 ; (padre), 252, 354. Boufflkrs (duca di), 372. Bouillon: v. Buglione, de Boye o Boyé, 389, 392, 398-9. Bozzolo (signori di): v. Gonzaga di Bozzolo. Bracciano (principe e principessa di), 327. Brace (mons. r), 153. Bracelli Antonio, 412. Brancaccio Lelio, ‘222. Brandeburgo (principe di), 324, 337. Brandi o Bkando, 248; (padre), ‘250; (rev.), 250, 340. Brandmar (marchese di), 215. Cfr. Bedmar. Bravo Luigi, 215. Bregy (conte di), 268. Brembàti (padre), 351. Brescia (cittadini di), 378, 385. de Breves, 198. — 430 — Brignole Anton Giulio, 236, 263; Giacomo Maria, 403-5, 416-8; G. Carlo, 340; G. Francesco, 36, 129, 217, 238-40, 243, 357, 370-1, 374; Rodolfo Emilio, 389-92. da Brindisi beato Lorenzo, 408. de Brissac, 231. Brizio (padre), 261. Brocakdo (conte), 151. Brognolo, 166, 177. Brugnato o Brugnè (vescovo di), 40, 200, 250, 252, 279. 285-8, 293-4, 296-7, 301-2, 317, 330, 341, 347-8, 358, 415. Brugnolo: v. Brognolo. Brunneso rev. Giuseppe, 380. Bruno (padre), 344, 347, 358, 385. Beunswich (principe di), 395; (trattamento ai duchi di), 82. Brusadores (padre), 389. Bucc-olini Bario, 165. Buda (città di), 318. Buglione, cardinale, 287, 300, 320-2, 325; (duca e duchessa di), - 257. Buoncompagni Buoncompagno, 166; Giacomo duca di Sora, v. Sora. Buontempo (padre), 385, 399. Buosù, 120. Burlamacchi Cesare, 218, 222. Burro (padre), 281. Busca (marchese), 334. Butera (principe di), 244. Buzio, reggente, 202. Cìetani di Sermoneta, famiglia, 9, 11, v. Sermoneta (duca di); Antonio arcivescovo, 204, 214; Bonifacio, 9; (mons. r), 269; cardinale, 11, 168, 183. Caffarelli (mons. r), 251. Cagliari (città di), 337. Caimo Antonio, reggente, 196, 262. Calafatta, 185. Cala mino cardinale, 203. Calatrava (trattamento ai cavalieri di), 91. Calavrese padre Carlo, 192. Caldara (padre), 370. Caldereta (marchese di), 233. Caleri, 248. Calvi (vescovo di), 330, 338, 356, 380. Calvi o Calvo Jacopo, 7; Paolo Battista, 153; (padre), 275, 278, 286, 371. Camaldolesi (padri), 318; (padre gen. dei), 303, 330, 390. Cambtaso o Cambiaggio Carlo, 408; Caterina, 397; G. B., 383, 396-7, 413; Michelangelo, 414-5; (padre), 297; (rev.), 383. Camerasa (marchese di), 319. Camilla, 248. de Camilli (rev.), 398. San Camillo, 365. Camino (conte di), 225. Campeggi, 233. de Campredon, 345-8, 351 -6, 358 - 60. Camus cardinale, 321-2. Candalle (duca di). 200, 230. Candìa (duca e duchessa di):, v. Gandìa. Canepa (padre), 399, 402. Cane varo, 248; Domenico, 364-7; Maria, 365; Nicolò, 338; Pier Maria 369. Cannati (padre), 375. Canonici del duomo di Genova, 255; lateranensi, v. Lateranensi; regolari (padre gen. dei), 300; 355. Capello, cavaliere, 405. Capizucca Biagio, 172. Cappuccini (padri), 197, 211, 231-2, 249, 339; (padre gen. dei), 305, 308, 390. Capua (arcivescovo di), 204. - 431 — Caracciolo Carlo Andrea, marchese di Torrecuso, v. Torrecuso; Girolamo, marchese di Torrecuso, v. Torrecuso; Caterina, duchessa di Monteleone, 190, 199; Tommaso, ‘221,-principe di Avellino, v. Avellino.· Caracena (marchese di): v. Cara-sena. Carafa Anna, 152, 227, ‘240; Decio cardinale, ‘204; (mons. r), 237; duca di Nocera, v. Nocera. Cara masti (padre), 364. . Carasena (marchese e marchesa di), 267. Caravaggio (marchese e marchesa di), 168, 360; cfr. Doria (marchese). Caravenzana (marchese di), 396. Carbognano (principe di), ‘268. Carbonara Gaetano Ignazio, 355-6; G. B., 36‘2, 365, 375. Carbone rev. Andrea, 374, 382. Carcassona (vescovo di), 242. de Cardenas Bernardino duca di Maqueda: v. Maqueda. Cardinali (trattamento ai), 37, 55, 60, 62-3, 66-7, 70, 72, 74, 77, 81-5, 87-8, 100, 122, 124-5, 131, 136, 141-2. de Cardines lnico, 191, ' de Cardona Giovanni, 155. Carignano (principe e principessa di), 216, 239, 332, 334, 405. Carizzano, reggente, 213. Carlo V imperatore, 8, 59, 65, 67-9, 71, 75, 89, 100, 120; II, re di Spagna, 305, 327; III, re di Spagna, 333-4, 353, 411-2; IV, re di Spagna, 412; VI, imperatore, 334; Carlo Emanuele III re di Sardegna, 418. Carmagnola Ambrogio, 248; Matteo, 248. Carmelitani (padri), 226, ‘243, 285, 292, 303, 352, 355; (padre gen. dei), 303, 306, 356, 359, 363, 368, 388. (’arpineto (marchese di): v. Scotto. Caroggio, 30-1. Carrara (marchese di), 242.. Carrega Alessandro Maria, 345; Felice, 39J, 403, 406; Francesco Maria, 402. del Carretto Marco Antonio, 152. Carroccio, 260. Carrozzino (rev.), 367, 370, 377, 379, 382, 386, 390. Casa lasco padre Bonifacio, 375. Casale Ludovico, 286; (governatore di), 260. Casanova, 248; padre Camillo, 388. Caselli (marchese), 332. Cassero Barnaba, 80-1, 50, 343, 375. Cassone, 318. Castagneda (marchese e marchesa di), ‘226, 233, 250. Castagnola di Casa Falletti, 350. Castaldi padre Francesco, 382. Castelbarco (conte di), 327. Castellammare (conte di), 410. Castelletti Dario, 192, 194. Castelli (conte), 353. Castello (priore o lettore di), 156, 294-5. Castelrodrigo (marchese di), 232, 242, 321. Castelvetrano (principe di), 157, 159, 166, 171, 181. Castiglia (aldelantado di), 185, 191; (almirante di), 251, cfr. Spagna (generale di mare di); (commendator maggiore di), 151-2, 154-5; (contestabile di), 260, 263. Castiglione (principe), 201, 204; (padre), 231. / — 432 - Castracene (mons. r), 237, 252. Castro (conte di), 228. de Castro, conte di Lemos, v. Lemos; Francesco, 189, 199, 219; Pietro, v. Lemos. Santa Caterina: v. Fieschi Adorno. Cattaneo Carlo, 371; Cesare, 347-8; Domenico, 38-9; Filippo, 206; (?. 5., 322-3; Leonardo, 304, 412; Marco Antonio, 27, 29, 42-3, 50, 247,260,268, 282; Mcofó, 356-9; (padre), 314, 389, 407; famiglia in Napoli, 91. Cava (padre), 292. Cfr. Cavo. Cavagnaro vescovo, 285. Cavalcante Bartolomeo, 90. Cavalieri di Ordini equestri (trattamento ai), 57, 63, 82, 90. Cavallerini cardinale, 322, 325. Cavalli o Cavallo Marino, 190; (padre), 349. Cavo (padre), 215. Cfr. Cava. Cazela G. Ambrogio, 223. Cesa: v. Ceva. Celada (marchese di), 220, 238. de Celerì, 220. Celle Annibaie, 315. Cenami G. B., 190; Lorenzo, 214. Censori genovesi (vesti dei), 113. Centurione (mons. r), vescovo, arcivescovo, 167-8, 186, 190, 364, cfr. Genova (arcivescovi di); Agostino, 256, 266-7, 335; Carlo, 359, 368; Cosimo, 191; Giorgio, 36, 129, 217-8; G. B., 272, 274-5, 277, 279, 284, 294, 318; Giulio, 270, 285; Lazzaro, 358, 372; Lorenzo, 336-7; Luigi, 263. Ceralvo (marchese di), 151. Cerati conte Ottano, 238. de la Cerda: v. Cogogliudo. Cerimoniale, 6-9, 16-7, 36-40, 53-144, 168, 241. 246-7, 250-2, 255-6, 276, 282-3, 328, 332, 337, 342, 369, 378, 403, 405. Cfr. Altezza, Eccellenza, Eminenza, Serenissimo, titolo Reale. Cervia (vescovo di), 180. Cesarini cardinale, 67, 71. Cesis cardinale, 178. Ceva (governatore di), 206. Ceva Ansaldo, 184; Antonio, 171, 174; G. B., 248; (mons.r;, 237; Ponzio 421-2; famiglia in Napoli, 91. Chamilar, 328. Chartres (duchessa di), 400. de Chauvélin, 378-82. de Cavigny, 339-40. Chetruind, 332, 334. Chiabrera: v. Ciabrera. Chiapponi padre Giuseppe, 378. Chiavari A., 248; G. Luca, 37, 134, 225-6, 229,' 245; Nicolò, 199; ' (padre), 231. Chiavigny: v. Cavigny. Chieri (cittadini di), 380. Chierici regolari, 372. Chiesa (trattamento ai gonfalonieri della), 57, 63, 96, 126, 131; (trattamento ai capitani generali della), 57, 93, 95. Chieti (arcivescovo di), 203, 215-6. Chigi Flavio cardinale, 280. Chion: v. Scion. de Cholseul, 413. Ciabrera, 230. Ciai’pella cardinale, 183. Ciavari: v. Chiavasi. Cibo principi di Massa, v. Massa, Carrara; Alberico marchese di Carrara, 242; Aronne, 93; Car- lo, 193; Giannettino, 266, 274-5, 283; famiglia in Napoli, 91. Cicada cardinale, 11. Cicala ο Cigala Antonio. 365; G. Lì., 338, 406; G. Michele principe ottomano, 292; visconte M., 404; famiglia in Napoli, 91. Cfr. Cicada. — 433 — Ciochinelli vescovo, 252, 258. CiFUENTES (conte di), 152. Cioala: v. Cicala. Chiappa N., 188. Ciumazzero Vincenzo, 235. Civitavecchia (città di), 1(57-8, 206, 224, 23(5, 238, 273, 301, 306. Claromonte cardinale, 206. Claravezza Bernardo, 36, 129, 209, 212. Clavarino vescovo, 399. Clemente VII, papa, 71; Vili, 167, 169, 177-8, 181-2, 192; IX, 283; XII, 358. Clemente (padre), 371. Cleves (trattamento ai duchi di), 82. de Coeuvres (conte di), maresciallo di Francia: v. d’EsTRÉEs; (contessa di), 241. Cogogliudo (marhese di), 315. Colbert, 289. Collalto (conte di), 230. Collembach: v. Culmbach. Colluci padre Dionisio, 288. Colombo Antonio, 174; Cristoforo, 49, 234, 325. Colonia (città di), 293; (elettore di), 345; (vescovo di), 99. Colonna, famiglia, 93; Anna, 261; Ascanio cardinale. 194; Carlo, 239; Emanitele, 302, 309 · 10, 312 - 13; Filippo contestabile, 202-2, ‘206, ‘212-3; Geronima, 16Θ, 190, 199; Giovanna, ‘202; Giulio Cesare principe di Carbognano, v. Cabognano; Lorenzo, contestabile, 275, 319; Marco Antonio contestabile, - 95, 153, 155, 168, 173, ‘212; Marzio duca di Zagarolo, 171; Nicolò cardinale, 410. Cfr. Napoli (tratt. ai contestabili di). Como (città di), 365. Condè (principe di), 412. Connio (padre), 355. Contarini Simone, 185. Conti vescovo, 182. Contri (padre), 240. Conventuali (padre gen. dei), 364, 404; cfr. Francescani (p. g. dei). di Copertino beato Giuseppe, 383. Copoli (marchese), 222. Cora m boni vescovo, 207. Corbett Pietro, 323. Cordova (vescovo di,), 235, 242. de Cordova, marchese di Celada, v. Celada; maestro di campo, 313; d’Aragona Cristoforo, conte di Sastego, v. Sastego. Cfr. DE CORDUA. de Cordua Gonzalo, 229. Cfr. de Cordova. Corinto (arcivescovo di), 288. Cornaro, cardinale, 322, 325; Luigi, ‘216, 220. Corneco o Cornejo Felice, 355-8; Giovanni, 394-5, 401, 412. Coronata (luogo di), 211. Corsica (carta geografica della), 11-4, 422. Cortanze (marchese di), 350. Corsini (mons.r), 217, 220. de Cosse duca di Brissac: v. Bris-sac. Cosso (padre), 382. Costa, 303, 307, 311; (mons.1-), 162, 220, 330; (padre), 175, 286, 349; Pietro Francesco, 333. Costacciaro (mons.r), 164. Costaguti, abate, 288; cardinale, 256. Costantinopoli (città di), 249, 285. di Costanzo Fulvio, 188. de Coure, 214, 329. DE CoVANGES, 260. de Covre: v. d’Estrées. Craviola, 248. Cremona (padre), 339. de Crenè, 381; cfr. Ducrenè. 28 / — 434 — Crequy (duca di), 234, 278-80. Crescenzi (mons. η, 262. Croce, 377; (padre), 185. Ci'oce (padri della), 36(5, 360; cfr. Crociferi. della Croce beato Giovanni, 298. Crocetta (padre gen. della), 296. Crociferi (padri), 360, 362-5, 368, 371-2, 375-9, 381, 383-9, 402. Cfr. Croce (padri della). de Croisi abate, 320. Crollalancia Carlo, 365. Crosa G. Ambrogio, 405. Culmbach (principe di), 350-2. Cuneo, 368. Cfr. Cunneo. Cunico (conte di), 400-1, 404. de Cunù commendatore, 183. Cunneo, 363. Cfr. Cuneo. Curla ο Curlo, vescovo, 208, 352, 363; (padre), 365; Roberto, 368. de Curtis Carlo reggente, 194. Cusano (marchese di): v. Bario-nuovo. Custodi di San Giorgio (vesti dei), 113. Daglio: v. d’Aglio. Dangenuoi (duca di), 373. Dania (padre), 402. Danimarca (regina di), 160; (principe di), 286, 320, 322. Darmstadt (langravi di), 400. Dati (padre), 402. Daun (conte e contessa di), 352. David reggente, 159. Deferrari: v. de Ferrari. Delfino, cardinale, 326; Pietro, 188. Dentone Bartolomeo, 369-70. Deyla Pietro, 238. Dezza (padre), 285, 298, 300, 303, 310. Diaquez Alonso', v. Idiaquez. da Diece o Dieci G. Pietro, 330; (padre), 258; vescovo, 279-80. Dinan (conte di), 384. Dietrichstein, cardinale, 181-2 231; Hernando, 154, 172; Margherita, 172. Dogi (trattamento ai), 56-7, 59-60, 64-6, cfr. Genova, Venezia; (vesti dei), v. Vesti, Manto, Berretta, Spada. Dolceacqua (conte di), 224. Cfr. Doria Cario. Dolera, cardinale, 11; (padre), 212, 336. Dolfini, 181. Domas Donato 364. Domenicani (padri), 200, 223, 243, 256', 283, 307, 314, 316, 336,’ 344, 349, 355,358-9, 361,368, 373, 377, 381-2, 385-7, (padre gen. dei), 143, 193, 203, 208-9, 212, 215, 227, 233, 254, 260, 364, 389. Donati o Donato Domenico, 276, 298; Francesco doge di Venezia, 95. Dongo, cardinale, 256; vescovo, 258. Doria (principe o principessa), 162, 164-73, 175-83, 185-9, 191-5, 198, 200-2 204-5, 212-3, 2J6-7, 219-22, 224-32, 235-7, 239, 243-4, 247, 250, 252-4, 258, 260-2, 261, 266-8, 289-304, 306-12, 314-19, 338, 340-4, 347-8, ' 350, 353, 356, 359-60, 362, 364-5, 367, 370, 372, 380-6, 388, 392, 394-5, 398, 413, 418; (duca o duchessa), 224, 226, 302-10, 312-8, 328-9, 337-8, 340, 342-4, 346, cfr. Doria Carlo, San Pietro, Tursi; (marchese), 344-6, cfr. Caravaggio, Torriglia; Agostino, 184, 189; Alberto, 407; Ambrogio ο G. Ambrogio, 217, 259, 274, 413; Andrea o G. Andrea, 93, 95, 116, 225; Anna, — 435 — Jto!^Tisia ^hessa di Gan-dìa 169-70, 203, v. Gandìa; Candì o, 365; cardinale, 11, 67 171, 192-0, 199, 367, 384; vescovo 292, 296-7, 304; (mons.r), 306; (padre), 235, 365, 370, 376; Carlo, 168, 171, 174-5, 177-9 182, .185-7, 189-90, 192, 195-6 198-9, 202, 204-5, 207, 212-5 219-26, 228-30, 232, cfr. Doloe-acqua, 1 ur$i, I )orìa (duca), Doria (marchese); Domenico, 349, 360; Filippo, 218, 360; Francesco M> 384; Giannettino, 171, 192; Geronimo ο G. Geronimo, 198, 228, 365, 370, 376; Ginetta, 170, Giorgio, 16-7, 367, 384, eli. Doria cardinale; Giovanna, 168, G. B., 197 217, 248, 292, 370; G. Carlo, 347; G. Francesco] 367; G. M.«, 313; G. Stefano, 407; Giuseppe, 382, 415-6; Lazzaro M.” , 39, 276; Marco Antonio, 25, 215, 299; Maria Felice, 421; Nicolò, 294, 342-3; Paola Maria, 263; Paolo, 183; Paolo Andrea, 259; Vittoria, v. Gonzaga Vittoria; Zannettino, v. Doria Giannettino; duchi di Dirsi, v. Tursi; duchi di Avigliano, v. Avigi.iano; marchesi di Caravaggio, v. Caravaggio; marchesi di Torriglia, v. Tor-Riglia; conti di Dolceacqua, v. Dolceacqua. Dorint cardinale: cfr. Durini. Drago, 248. Dreiic, 415. Ducrene generale, 384: cfr. de Crenè. Due Sicilie (Regnodelle): v. Natoli, Sicilia. Dulmeta, segretario, 280. Duprè, 319-20, 324. Durazzo (padre), 298, 371, 382; (mons. r ), 262, 330; vescovo, 250, 252, 296, 312; cardinale, 223, 236, 243-5, 249, 255, 259, 317, 320, cfr. Genova (arcivescovo di); Agostino, 20; Angelina, 391; Carlo Emanuele, 39, 281, 366,379; Cesare, 281-2,317; Eugenio, 311; Francesco vescovo, 250, 252; Giacomo, 19-23, 84, 407; Giacomo Filippo, 260, 354, 411; G. B. 249-50, 252; Girolamo, 347,353, 398; Marina, 354; Marcello, 292, 353-4, 370, 395-6, 404; Pietro, 36, 129, 214. 217, 316-9; Pietro Francesco, 281; Stefano o G. Stefano, 353-6, 369; Vincenzo, 333; Violante moglie di Pietro, 316. 1 )urelli padre Giuseppe M.a , 382. Durini cardinale, 410, 414. Eccellenza (titolo di), 143, 220. Ecclesiastici (trattamento agli), 91, 138. Cfr. Cardinali (tratt. ai), Vescovi (tratt. ai). Ecclesiastica (Giunta), 394. Edifizi (marchese degli), 181. Edili genovesi (vesti, degli), 113. Egemonie (conte di), 306: cfr. Egmond, Agamonte. Egmond (contedi): cfr. Egemonte. Agamonte. Elda (conte di), 241. Elena (padre), 377. Elettori dell'impero (trattamento agli), 56, 59,63, 71, 76. 82, 84. 87, 131. Emiliani beato Girolamo, 375. Eminenza (titolo di), 144. Enrichez reggente.. 238. Ercole (padre), 355. d'Erras Giovanni. 253-4, 260. Escalona (duca di), 327-8. Espernon (duca di): v. Pernon. Candalle, la Vallette. — 436 - d’Este Alfonso I duca di Ferrara, 88; Alfonso primogenitodelduca di Modena, 267, 269; cardinale, 25, 29, 84-5, 279; Cesare duca di Ferrara, 177. p’Estrées, cardinale, 301, 320-1, 326; Francesco Annibaie I conte di Coeuvres, duca d’E-stróes, maresciallo di Francia, 240-1, 255; Francesco Annìbalell duca d’Estrées, pari di Francia, 291. Fabiani ο Fabiano (padre), 338, 361. 368, 374, 377. Facchinetti (mons.1'), 247, 254. Faipoult, 46-8, 417. Faittel- (marchese di), 206. Falcombrid (lord), 287. Falkenstein (conte di), 408. da Fano Papirio, 196. Fantone padre Luigi, 377. Farina (padre), 377, 384, 390, 398; (rev.), 398. Farnese, cardinale, 69, 210; Elisabetta regina di Spagna, 327, 335; Orazio, 82; papa Paolo III, v. Paolo III', Pi^r Luigi, 89. Cfr. Parma (duca e duchessa di). Fasce (padre), 388, 399, 405, 408. Fassolo (borgo di), 163, 169, 175· 6, 183, 205, 207, 361. Favara (marchese di), 152. Fazardo Pietro, 154. Fedele (padre), 211. Federici Federico, 262, 390; Lazzaro 404. Felice■ (padre), 381. San Felice da Cantalice, 334. Ferdinando li imperatore, 242-3; LLL imperatore, 253; LV re di Napoli, 410. Ferta (duca di), 165, 167-8, 187, 197, 213, 220, 222, 224,231-2; (duchessa di), 222-3, 232. Ferrandina (duca di), 234, 282, 301· Ferrara (città e cittadini di), 178, '182; (duca di), v. d’Este; (duchessa di), 70; (trattamento ai duchi ili), 5(5-7, 60, 63, <0-1, 82, 87, 126, v. Modena (tratt. ai duchi di); (ambasciatori di), 163, 165, 169, 173, 177, v. Modena (amb. di). Ferrari (padre), 336; cfr. de Ferrari. de Ferrari o Deferrari o de Ferrariis Andrea, 294; padre Dru-silio, 359; Michele, 420; Raffaele, 411-2. Cfr. Ferrari. Ferretti o Ferretto Bartol omeo, 346-7, Bastiano, 331; Stefano o Stefano Onorato, 329-32, 365. •Feste da ballo, 276, 284, 291, 295, 304, 310-1, 335, 338, 354, 358, 386' 389-91. Fiandra (trattamento ai conti di), 56; (governatore di), 90, 126, 131, 155. Fieschi, vescovo, 155, 254, 311-2; arcivescovo, ,321, 342, cfr. Genova (arcivescovi di); cardinale, 342-3; Ambrogio vescovo, 155; santa Caterina, 351, 353, 358-9; Domenico, 376; Franco, 8; Giacomo, 93; Innocenzo, 297; Paolo Battista, 357 ; Sinibaldo, 285; Ugo, 39. Figari Carlo Domizio, Carlo Domenico, 354, 357, 377; (padre), 405. Filippo II re di Spagna, 20, 99, 101, 423, III re di Spagna, 204, 217; FV re di Spagna, 218, 281; V re di Spagna, 41, 327, 328; v. Spagna. Filomaco padre Ignazio, 380. Filonardo cardinale, 9-11. Finale (città e cittadini di) 182, 265, 284, 296, 278. Pinchi Giovanni, 294. Firao (mons. r ), 413. Firenze (città e cittadini di), 160; 167, 183, 193, 200, 202, 229, 245, 256, 272, 278, 313, 324, 351; (Repubblica di), 99, 100; (duca e duchessa di), 65; (principe di), 151, 153; (trattamento ai duchi di), 56, 59, 63, 65, 70, 87, 126, 131; (trattamento ai gonfalonieri di), 58; (ambascia-tori di), v. Toscana (amb. di). Cfr. Toscana, de Fochieb, 324. Fogli ani marchese Giovanni, 359- 61. Fonsalida (conte di): v. Fuen- SALIDA. de Funtané, 257, 264. de Forbé o Forbì bali, 238, 245. Forlì (cittadini di), 357. Formaggieri, 348. Fornari Ferrante 166, 169; (padre) 178, 203, 206. Fosdinovo (marchese di), 230, 2G8 Cfr. Malaspina (marchese). Fossa, 248; Agostino, 347; (padre), 258, 305; Paris, 353. Fossati vescovo, 258. Fossombrone (vescovo di), 207. Fostemberg: v. Furstenbeug. Francescani (padri), 162, 171, 371, 375, 385-6; (padre gen. dei), 143, 170, 214, 216, 253, 263, 270, 290, 302, 324, 353, 365, 386, 390. Cfr. Conventuali, Minori osservanti, Zoccolanti. de Franceschi G. Antonio, 414; Giuseppe 370. Francesco I re di Francia, 90. San Francesco Borgia, 290. de Franchi, arcivescovo, 368, cfr. Genova (arcivescovo di); Arrigo, 217; Benedetto o G. Benedetto, 369; Cesare, 340; Federico, 230, 269, 327, 369; Francesco Μ. a, 356; Gaspare, 176, 199; Geronimo, 32, 238, 253, 267-8, 354; Giacomo, 263-4, 266, 268-9; G. B., 266, 278, 347, 37.2; G. Nicolò, 302; Giuseppe, 368, 379, 390; padre Nicolò M. a , 344; Pietro, 189, 193; Stefano o Stefano Onorato, 296, 416. Francia (re di), 274, 380, 406; cfr. Francesco, Luigi', (regina di), 183; (trattamento ai re di). 56, 58; (ambasciatori di), 160. 176, 194, 198-9, 206-7, 214, 220, 228-9, 231, 234, 236, 238, 240-1, 244-5, 253-4, 257, 259-61, 264, 269-70, 279-80, 282, 285, 287-8, 290-3, 297-8, 309-13, 316-20, 322-4, 326-32, 339-40. 345-8, 350-1. 353, 359-63, 365, 367-71, 373, 376, 378-82, 384-6, 288-92, 395, 397-401, 403-6 408, 410-1. 414-7; (generali di), 47-8, 268, 271, 372-3, 417; (generali di mare e navi di), 197, 206, 210. 238, 245, 261, 304-10, 313, 315-6, 319-20, 323, 326, 341, 350-1, 354, 361, 381, 384: (gran priore di), 203, 210; (trattamento ai contestabili di), 57, 63, 82, 84. 90, 96; (trattamento ai marescialli di), 94; (trattamento ai pari di), 93, 94, 143. di Francia Elisabetta regina di Spagna, 152; Maria Luisa regina di Spagna, 305. Franciburg (conte di), 226. Franciotti (mons. r ), 270. Franzoni Agostino, figura di frontespizio, 85; Matteo, 387-9; Stefano, 404. Fregone (padre\259. Cfr. Frugone Fregoso Battista, 93. Frugone G. Bernardo, 233, 275-< : (padre), 262, cfr. Fregone. — 438 — Fuenclara (conte di); 353. Fuensalida (conte di), 290, 317, 322. Fuentes (conte di), 175, 183, 219; (marchese di), 334, 338. Furstemberg cardinale, 320. Fustembach (conte di), 219. Gabrielli Alessandro, 179, 184; Angelo, 184. Gaeta Antonio, reggente, 294-5. Gages (conte di), 369, 371. Galeota (conte), 388. Galiani (padre), 289. Galioli (padre), 408. Galiota: v. Galeota. Galleano Agostino. 360. Galloni (rev.), 364. Gandìa (duca di), 169, 179, 203, 212; (duchessa di), 179, 203, 212, v. Doria Artemisia. Cfr. Borgia. Gandini padre Flaminio, 378. Gandolfo vescovo, 220, 238, 340, 343, 346, 348. Garbarino, 248; Bernardo, 296; Domenico M. a, 354; Emanuele, 253, 331; Francesco M. a, 260, 286, 288-9, 296; Gregorio, 317; (padre), 243. Garibaldo, 230: Giovanni, 177; Nicolò, 332; Paolo M. «, 366: (rev.), 318.. Garofalo (padre), 377. Garzoni Romano, 265. Gastaldi padre Epifanio, 375. Gatti o Gatto, 368, 372, 378; canonico, 367; (padre), 348. de Gavarrà Beltran, 324. di Gavi padre Giacomo, 385. Gavotto, 370; Giulio, 358; vescovo, 235, 256. Geigher G. B., 345. Generali di terra e di mare (trattamento ai), 72, 82, 90, 93, 95, 125, 131, 137-8, 215; di Ordini religiosi (trattamento ai gen.), 143. Generet,li (padre), 356. de Gennaro Andrea, reggente, 240. Genova (città di), mura, 225 ; porta Romana, 62; porta del-l’Arco, 407; porta dell’Aequa-sola, 366, 407; porta S. Tommaso, 369, 412, 420; via Romana, 62; via Giulia, 409; via Balbi, 390; via Nuova, 314, 390; via Nuovissima, 412; via S. Rocco, 397; piazza dell’Annunziata, 417; piazza di S. Teodoro, 61; piazza di S.Lazzaro, 61, 132; ponte di Bisagno, 124-5; ponte »-di S. Agata, 130, 135; ponte lungo, 61; ponte nuovo alla Polcevera, 61, 124; palazzo ducale, 79 -84, 314, 401, 403-4,406, 410; albergo de’ poveri a Carbonara, 271, 301, 313-4, 316, 405; università degli studi, 406, 408; palazzo Tursi Doria, 19-26, 314; palazzo Brignole, 390; palazzo Doria Fassolo, 156, 413; palazzo Durazzo, 411; palazzo Spinola, 417; cattedrale di S. Lorenzo, 220, 314,420 e. passim; chiesa di S. Agostino o degli agostiniani, 375; eh. di S. Ambrogio, 354, 360-1, 365, 367, 370-1, 374, 376-7, 379-80, 382, 386, 406; monastero e eli. di S. Andrea, 271, 299, 379-80, 384; eh. dell’Annunziata di Portoria, 351, 353, 356, 359-60, 362-3, 365, 367-9, 371-3, 375, 377-9, 381-7; eh. dell’Annunzia-ta del Vastato, 279, 356, 376, 382, 402; eh. di S. Bartolomeo degli Armeni, 411; eh. di S. Bernardo, 391; mon. e eli. di S. — 439 — Brigida 287, 308-11, 341, 354-5; eli. dei cappuccini, 334,368, 408; eh. di Carignano, 363; eh. di 8. Carlo, 380; eh. del Carmine 313, 380-1, 392, 400; eh. di S. M.a di Castello, 291, 335; mon. e eh. della Concezione, 368,408; eh. della Consolazione, 61-2; oh. di S. Domenico, 292, 314,351, 353-4, 357-61, 364-5, 370-1, 378, 381, 385, 387, 389; eli. dei missionari di Fassolo, 361; eh. di S. Filippo Neri, 275, 300, 321, 3<6, eli. della Foce, 307; mon. e eli. di S. Francesco di Castelletto, 365, 373, 383, 392; eli. del Gesù, 384, 386-8; eli. dei gesuiti, 385; mon. e eh. di S. Giacomo e Filippo, 285, 357-8, 368, 370, 389, 398; eh. di S. Giorgio, 409; mon. e eh. di N. S.a delle Grazie, 287, 299, 311, 366; mon. e eh. della. Incarnazione delle Turchine, 390, v. mon. delle Turchine; mon. e eh. di S. Leonardo, 207, 269, 321, 330, 395; santuario di Loreto, 3 <4, 376, cfr. eli. di Oregina; eh. della Maddalena, 375; eli. della Madre di Dio, 308, 311; eh. di S. Marco, 208; mon. e eli. di S. Marta, 350, 353, 359-60, 362-3, 365, 367-70, 372, 374, 376, 378-80, 382, 386-7, 411; mon. e eh. di N. S.a della Misericordia, 286, 288-9, 317,366, 374, 376, 380, 382; eli. di N. S.a del Monte, 296, 373, 375; eh. di Oregina, 376, 380, 382, 384-5, 387, 403, 406, 408, cfr. santuario di Loreto; eh. di S. M.a della Pace, 61, 175, 295, 308, 345, 357, 368, 371, 374, 386, 394,411; mon. e eh. di S. M.a in Passione, 287, 308, 311, 337, 349; eh. di 5. Pietro in Banchi, 164; eh. di N. S.a del Rifugio, 314; mon. di S. Sebastiano di Pavia, 195, 285; eh. dei Servi, 389; mon. di S. Silvestro di Pisa. 288, 331, 357, 375, 391-2, 405; eh. di S. Siro, 344, 346, 348, 354, 357-8, 360, 362, 365-6, 368, 370-1, 373, 375, 377, 380-3, 385-9, 398; mon. di S. Teresa, 290-1, 402; mon. e eli. di S. Tommaso, 18-9, 299, 420-1, 424; mon. delle Turchine, 360-1. 388, 390-2; eh. di N. S.a delle Vigne, 211, 220, 223, 225-6, 232, 285-6, 288, 293, 300, 303,305,310, 336, 352-4, 357, 359-62, 364-5, 367-8, 370-2, 374-7, 379-80, 382, 385-7, 398, 406, 408; collegio di S. Girolamo de’ gesuiti, 349; teatro del Falcone, 336, 349, 390-1; teatro di S. Agostino, 46, 370, 376, 392, 398; locanda del Cervo, 415-6, 418; loc. della Croce di Malta, 346; loc. del Leon Rosso, 417; loc. di S. Marta, 201, 239, 286, 312, 410, 412, 416-7; loc. della Posta, 416; osteria del Papa, 369; albergo Reale in Banchi, 354; lanterna, 61-2, 137; contrada di Carignano, 137,197, 276, 386, 388-9, cfr. eh. di Carignano; luogo dell’Acquasola, 374, 376, cfr. porta dell’Acqua-sola; borgo di Granarolo, 365; villa Balbi allo Zerbino, 361, 399; villa Frugoni a Carignano, 276; villa Giustiniani ad Albaro, 159, 168; villa Spinola a Marassi, 270; villa Veneroso ad Albaro, 344-5. Genova (tratt. ai dogi di), 57, 64- 6, 114-5, 116-20, 279, 2S3, 294, 407-411 ; (sede vacante in), 114-6, — 440 — 252,261, 283, 343,390,392,411; (elezione del doge di), 116-20; (trattamento agli ambasciatori di), 6, 220, 250-1, 276; (generale delle galere di), 165, cfr. Doria: (generale di), 221-2, 224, 234; (trattamento ai sudditi di), 84, 91-3, 115, 143; (Maria santissima, regina di), 242; (arcivescovo di), 40, 132, 167, 169-70, 172, 175-7, 179, 182, 187, 192-4, 196, 210-2, 214, 218-9, 226, 231-2, 235, 237. 243-5, 255, 259, 261, 267, 271, 274, 277, 279-81, 283-7, 289, 292, 294, 296, 307-8, 310-8, 321-2, 324, 327, 342-8, 350, 352-3, 355-7, 362, 368, 370-2, 374-86, 388-92, 395, 397-400, 408-11, 413-5, 417-8, 420; (vicario arcivescovile di), 143, 221, 224-6, 236, 245, 249-50, 252, 254, 258, 263- 6, 269, 273, 283-6, 289, 292, 298, 301, 312, 316, 328, 331, 338, 340, 342-6, 348, 350, 352-3, 355-7, 359-62, 364-5, 367, 369-70, 374, 376-80, 383, 385-6, 389-92, 395, 397, 399-400, 403, 410; (canonici del duomo di), 255; (cardinale protettore della Repubblica di), 264. da Genova padre Ambrogio, 339; padre Angelo il/.“, 374, 376, 382. Genta (padre), 365. Gentile Cesare o Giulio Cesare, 281, 283-7, 304, 374; Ferdinando, 352, 354; Filippo, 30, 43-5, 50, 330, 332, 342-3, 366; G.B., 27-30, 50, 287; Luigi Benedetto, 253; padre Marco, 284; Marco Antonio 405-7; padre Pietro Antonio, 338, 846; Pier M. a, 267, 413. Germania (imperatori di), v. ai singoli nomi propri; (ambascia- tori imperiali di), 157, 168, 173, 176, 179-81, 185, 192, 194, 201, 204, 219-20, 226, 230-1, 233, 236, 247, 249, 275, 277, 282, 294, 296, 312, 322-3, 325, 327-8, 332, 340-1, 343-6, 352-3, 407. Gerusalemme (patriarca di), 168. Gervasoni padre Pietro M.a , 378. Gesù e Maria (padri di), 262; (padre gen. di), 274, 286, 293, 300, 307, 318. Gesuiti (padri), 166, 168, 170, 172, 182, 185, 192-3, 195, 203, 224-6, 235-7, 240, 243, 245, 250, 253, 256, 261, 266-9, 286, 290, 297, 299, 300, 308, 312, 314, 34$ 50, 352-5, 360, 363-5, 368, 371, 374-5, 376-84, 386, 390, 398, 406; (padre gen. dei), 143. Ghigi: v. Chigi. Ghirlandengo, 248. Ghisolfi, 343, 346; Giannello Castiglione Felice Giacinto, 31, 393, 401. Giano (padre), 383. Gianzone o Janson cardinale, 331. Giappone (ambasciatori del), 41, 210· Gibelli Giacinto, 358, 360, 362, 364. Gibilterra (porto di), 199. Gibone, 304, 310. Giesino (rev.), 357. Gigli Bernardo, 196; Martino, 226; Sebastiano. 197. Ginevra (arcivescovo di), 166. Ginnasio cardinale, 193. Giocolaro (padre), 250, 253. Gioefredi Paolo, 204. Gioiosa o de Joyeuse cardinale, 18, 161-7, 179, 191, 197, 203. Giono G. Tommaso, 305. Gioppolo Diego duca di S. Antonio, 285. Giordano Benedetto, 183. Giovo G.B., 371: vescovo, 395, Girola, 47. Girolamini (padri), 24*2-3. Giron* Pietro duca di Ossuna: v. Ossi'x A. Gh'dice, famiglia in Napoli, 91. Giunta di Giurisdizione, 391, 400; di Marina, 31, 400-1, 409; Ecclesiastica, 394. Gicrba padre Francesco, 288. Giuseppe II imperatore, 408. Giustiniani Alessandro, 85, 198, 203, 205, 269, 295-6 ; Brizio, 399; Camillo, 198: figlio di Cesare. 226; Fabiano vescovo, 211; Giacomo Ottario, 283; G. Agostino. 166. 168, 171: G. Antonio, 254, 335-6: G. Giorgio, 297; Giuseppe. 38S; Giustiniano, 397; Lorenzo. 254, 286; figlio di Lorenzo, 286: Luca, 258-9, 261, 328: Nicolò, S; (padre). 166, 207-, 386, 388; vescovo, 201, ‘211, 345, 350, 356, 362-3, 404; Pietro, 370, 406; Raffaele, 383; Serafino, 386; Stefano. 206, 404; Vincenzo. 304, 321, 38‘2. Glocester (duca di), 397. Gnigno cardinale, 182. Cfr. Nigno. Godano, 166, 174. Goxdi, 16, 197. de Goxdy, maresciallo di Francia, 162, 197:’ Filippo Emanuele conte di Joigny, 197, 206, -210. de Gontaut barone di Biron: .v. de Biron. Gonzaga Annibaie. 247, 249; Fabio, 180-1; Ferrante, 154-5, 162-3, 169, 179, 1.81, 186-7, 198, 220; Giovanni, 195; san Luigi, 283; Maria Luisa regina di Polonia, 261: Pietro M.a, 220; Vesperiamo. 152; Vittoria, 162-3, 168, 186, (Tr. Μοκ/,οι,ο, Guahtali-a, Mantova, Nicvknh. Gonzalkh dh Mkndo/,a Pietro, 213. Cii', dic Mendo/,λ Pietro. Cori Panoljni (πιοιιη.·' ), 262. Gourino padi'o l·'mucesco, 198. de Goumonte, 292-8, ‘297-8. Governatori della repubblica di Genova (vesti doi), 112, Ili!, 128. Graeeton (duca di), 295. Grahunana (luogo di), 857. Grais (lord), 326. Gramatica (padre), 806, 808. Grana (marchese di), ‘252. Granara Gx Stefano, 30-1, 302. Granello (padre), 363, 381. Granja (marchese de la), 313. Granvela, cardinale, 57. Grassi o de Grassi, 158; Cristo-foro, 11-4; (padre), 357, 365, 368, 370-1, 381. Cfr. Grossi. Graziani (mons.1' ), 173. Gregorio V papa, 99; XIII, papa, 420; XIV papa, 164 6; XV papa, ‘217. de Gregorio Pietro, 267. de Gremoville, 259. Grigioni (ambasciatore dei), 163, ‘243, ‘247. Grillo Marco Antonio, 322; (padre), 386. Grimaldi (padre), 295; arcivescovo, 161, 163, 167, cfr. Genova (arcivescovo di); cardinale, ‘256-7, 275, 283, 298, 300; Agostino o G. Agostino, 85, 352, 372, 38‘i, 381; Alessandro, 39, 289-91, 293, 314, 330; Antonio, 171, 174, 328-9; Domenico, 256; Francesco o G. Francesco, 210, 416, 417; Geronimo, ‘251, 295; Giacomo o G. Giacomo, 198, 385-7; G. B., 381-3; Lazzaro, 177, 181; Luca, 193, 195, 197, — 442 — 256, 346-8, 420; Nicoletta, 274; Ottavio, 243, 369; Pier Francesco, 397-9; Raniero, 315, 405; Teresa, 398; Tommaso, 262; famiglia in Napoli, 91. V. Monaco (principe di). Griselli (padre), 290. Gritta G. Agostino, 23, 212. Gritti Andrea doge di Venezia, 121; Pietro, 210. Groppallo Vincenzo, 317, 371. Grossi o Grosso, 248; (conte), 340; Marco Antonio, 189; (rev.), 397. Cfr. Grassi. Guadagno o Guadegno o Gua-legno cavaliere Emilio, 165-6, 173. Guano Pier Francesco, 223, 240. Guardia nel Regno di Napoli, (vescovo di), 262. Guastalla, 183, 187; (Gonzaga di), v. GonzAGA; (principe di), 230. Guasta vino, 248. de Gubriant maresciallo, 261. Guerriero conte Vincenzo, 186. Guicciardi (conte), 343-50, 353, 355-6, 359-62. de Guimont, 371, 374, 376-7. Guinigi padre Francesco, 296; Lelio, 332, Michele, 194. Guisa (duca e duchessa di), 189, 237, 241, 268. Gunuì, 197. Cfr. Joigny. de Gusman Alfonso, 317; Garzia, 321; conte di Olivares, v. Olivares; duca di Medina de las Torres, v. Medina de las Torres. Gustavo III re di Svezia, 409. Habert de Montmor Anna contessa di Coeuvres, 241. Haroourt (conte di): v. di Lorena Enrico. Harvey (barone di), 285. Henp.iquez de Cabrera G. Alfonso: v. Castiglia (almirante di). Hermer ammiraglio, 326. Cfr. Vandermer. de l’Hòpital Luigi M.a duca di Vitry, 269. Holstein-Gottorp (duca di), 321. Janson cardinale, 331. Iberville, 331. Idiaquez Alonso, 162, 165, 172-3, 175, 178, 180, 195, 213. Jelves (conte di): v. Scelves. Jesi, 340. Santo Ignazio, 201. Ildaris gran priore, 340-1. Infantalo (duca de lo), 265, 270. Illustrissimo (titolo di), 143-4. Imperatori e imperatrici (trattamento agli), 55, 62, 66-9, 74, 76, 98, 100-1, 111, 120, 124-5, 129-30, 134-5, 139, 282. Impero (ambasciatori dello): v. Germania. Imperiali, cardinale, 322; Ambrogio, 339-40; Andrea, 411; Carlo, 274; Francesco M. « 291,* 312-6, 334-5; G. Agostino, 404; G. Giacomo, 212, 2L4, 335; G. Vincenzo, 222; Giuseppe, 418; Lo- ' remo, 361; famiglia in Napoli, 91. Incoronata (padre gen. di N. S. a), 279, 392. Inghilterra e inglesi, 239, 326, 328-9, 333. Cfr. Argyle, Arun-del, Binchx, Blacher, Blan- CHIVELLI, ChETRUIND , DrEHC, Falcombrid, Glocester, Grafe-ton, Grais, Harvey, Hermer, Neuton, Norfolk, Nors, Peter-bourg, York; (figlio naturale del re Giacomo di), 326; (ambasciatori di), 190, 234, 285-7, — 443 — ‘294-5, 299, 317-8, 323, 325, 328-9, 331-4, 336-8, 340-1, 353, 415; (generale di mare, e navi di), ‘273, 304, 326, 333, 339, 341, 343, 366, 368, 391. Innocenzo IX papa, 166-7; X papa, ‘258. Inquisitore (padre) in Genova, 143, ‘238, 252, ‘254, 265, 283 8, 290, ‘298, 302-3, 307-9, 312, 315-6, 318, 337, 342-3, 362, 365, 367, 395. Invrea, vescovo, 322; Antonio, ‘277-9, 315; Domenico, 417; Francesco, 323, 325; G. B., 248, 366; G. Paolo, 318, 339; Ippolito, 309; Luca M.«, 268, 274, 304, 308-11; Ottavio, 277-8; Silvestro, 196-7. Joigny (conte di), 197. Cfr. Gu- NUÌ. Jotnville (principe di), 189. Cfr. JONVILLE. DE JoNVILLE O JlONVILLE, 361, 370. Irles Andrea, 238. Iscarnero G. lì., 163. Isola, 248, 303; (padre), 350, 352, 355. Lambai (marchesa di): v. Lombay. Lamberg (conte di), 275. Lamberti Alessandro, 181, 186. Lanario G. Antonio, reggente, 159, 163. Lancerato Birago Gaspare, vescovo, 384. Landi (conte e principe), 155, 163, 177-8, 186. V. Valditaro. Landinelli vescovo, 212, 216. Lanciati Ascanio, 189. Lanzina y Ulloa: v. Ulloa. Lanzoni Francesco, 164, 170. Lao (padre), 292. Lasagna Paolo, ‘248; Stefano, 248. Lateranensi (padre gen. dei canonici), 258, 272, 289, 308, 360. Cfr. Rocchettini. Lauro (padre), 378. Lazari (padre), 242-3. Lega (mons. r), 155. Leganes (marchese di), 236, 238, 244, 251, 323. Legati e vicelegati Apostolici, 221, 223, 280, 327, cfr. Avignone; (trattamento ai), 62, 66-8, 72, 74, 77, 81-3, 100, 124-5, 131, 136, 221, 223, ‘280. Leis (marchese di), 341. . de Leiais san Camillo, 365. Lelma (duca di): v. Lerma. Lemos (conte e contessa di), 181, 186-7, 201, 211, 326-7. Lengueglia (padre), 243, 261, 264-5, ‘274, 278. de Lenoncourt, 164, 182, 194. Lenzoni o Lenzuoni Geronimo, 199. Leonardi, 261. Leone XI papa, 193. Lercari, arcivescovo; 40, 395; Francesco M.a, 291, 312-6; G. Agostino, 404; G. B., 3, 21, 40, 65, 254, 256, 258. Lerma (duca di), 229. di Les Biasio, 351. de Leva Pietro, 158-9, 164-5, 168, 172, 178-9, 183-4, 187-8, 207-9, 214, 217-8. Levanto Lelio, 214; (padre), 190. Leveratto, 248. Lichtenstein (principe di), 350-1. Ligne ο Ligny (principe di), ‘288, ‘296. Cfr. Lini. Lini (principe o signor di), 163-4. Cfr. Ligne ο Ligny. di Liona: v. de Lionne. Lione (vescovo di), 238, 257, 259. Lionne (duca di), 269-70, 282, 285. Lippomano, 161’ — 444 — Litta cardinale, 290; (marchese), 333. Livorno (città di), 159, 183, 240 255, 282, 303, 306, 309, 311, 349, 355. Loano (luogo di), 16Γ, 169, 173-4, 176,178-9,182,184,186,188-91, 193, 195, 201-2, 213, 216, 220, 231, 292. Lomellino (mons". r), 288; vescovo, 341, 347-8, 352, 358; cardinale, 11, 151; Agostino, 292, 335, 86H, 389-90; Bartolomeo, 335, 385-6; Carlo, 338, 404; Filippo M.«, 361; Franco Ottavio, 248; Giacomo, 222-3, 225, 236, 345, 384; Gioffredo, 166, 182; G. B., 67, 230, 261-3, 267, 277, 279; G. Francesco, 228, 263; Giuseppe M. a, 403; Orazio, 423; Sofonisba, v. Anguissola ; Stefano, 170, . 263, 338, 381. Lopez de Mendoza duca dell'ln-fantado: v. Infanta do. Loredano Pietro, doge di Venezia, 76, 84. Lorena (duca e duchessa di), 236; (trattamento ai duchi di), 56, 63, 87; (ambasciatori di), 326. di Lorena Carlo duca di Auma-le, .180; Carlo duca di Guisa, v. Guisa: Cristina, 160; Enrico arcivescovo, 241; Enrico conte di Harcourt, 245; Francesco conte di Vaudemont, v. Vaudemont; Giuseppa Teresa principessa di Carignano, 405; canonicliessa di -Remiremont. 405. de Loyola santo Ignazio, 201. Lubcovitz (contessa di), 322. Lubomischi (cavaliere), 304. Lucca (cittadini di), 243-4, 270, 281, 296, 306-7, 357, cfr. Arnol-fini, Bagni di Lucca, Bernardini, Boccella, Bonvisi, Buon- compaoni Buoncompagno, Bur-lamacchi. Cenami, Franciot-ti, Gabrielli, Garzoni, Gigli, Gramatica, Guinigi, Lamberti, Malpigli, Mansi, Micheli, Mi-nutoli, Moriconi, Sardini, Te-grimi; (repubblica di), 6; (ambasciatori di), 151, 153, 165-6, 172, 177, 179, 181, 184, .186, 188, 190, 194, 196-7, 201, 209, 211, 213-6, 218-9, 222, 224, 226, 228, 230, 256, 265, 302, 326, 332, 374. Luccioni (padre), 307, 312. de Lucien o Luoienes, 323,329-31. Ludovisi (principe), 275, 279, 281, 288. Lugano (cittadini di), 198, 347. Luigi'XIIre di Francia, 58; XIVre di Francia, 245; / re. di Spagna, 341; san Luigi Gonzaga, 283. Luisio (padre), 200. Lussemburgo (duca di), 176. Lutto (vesti da); v. Vesti di lutto. Lux Melchiorre, 162, 164. Luzimburg: v. Lussemburgo. Macerata (vescovo di), 420. Madre di Dio (padri della), 285, 344, 347, 358, 360, 371-2, 380; (padre gen. della), 296, 308,317, 321, 341, 318, 387. Cfr. Serviti. Maestro delle Cerimonie, 14-36, 41-8,50, 135-40, 142,144,157-8, 219-20. 234, 238, 255, 260, 268, 276, 281-2, 284, 302, 328, 332, 342, 375, 389, 393,399-401, 408-9. Magalotti (cavaliere), 175. Maggiola o Maggiolo vescovo, 414, 417. Magistrati genovesi (vesti dei): v. Vesti. Magonza (vescovo di), 99. Mai (padre), 370. — 445 — M a ila i,chini cardinale, 288. Maweri o Mainerò, ‘248; Bartolomeo, 239; (padre), 271. Maino, 248. Mainoldo, 193. Malaspina (conte), 174; (marchese), 332, v. Fosdinovo; Francesco Antonio, 308; Ippolito 191. Malcovich padre Giacinto M. a, 358-9, 365. Μ ai,fanti, 248; (padre), 254, 306. Malpigli G. Lorenzo, 181. Malta o Rodi (trattamento ai gran maestri di), 57, 82, 92, 108; (trattamento ai cavalieri di), 91, 93, 95; (ambasciatori di), 245, 277; (generale delle galere di), 158, 160, 183, 187, 190, 197, 202, 214, 250, Mambilla (padre), 387, 389. Mancini Olimpia, 326. Mandelli Otto, ‘205. Manini Paolo, 207. Manrique o Manriquez Antonio, 187; duca di Nagera, 153, 187; Francesco, 231; Giorgio, 179; 183; Giovanni, 165, 168. Mansè, 305, 307. ManspEld (conte di), 321. Mansi (padre), 293, 306, 312. Manto dogale: v. Vesti. Mantova (città e cittadini), 200, 323, 355,364; (duca di), 151, 167, 183, 197, ‘237, 268, 274, 318; (duchessa di), 70, 196, 237, 260; (trattamento ai duchi di), 56-7, 63, 70-1, 82, 87, 126, 131; (ambasciatori di). 152, 156 159-60, 170, 173, 18θ' 186, 204, 207, ‘225, ‘234; (cardinale di), 69. Manucci (rev.), 401. Maqueda (duca e duchessa di), 178, 187. Marano, 311, Maranna vescovo, 357. Marchelli (padre), 374-5. de Marchi Giacomo, 31, 43, 50, 343, 371, 389, 393, 400-1. Marcone rev. Aurelio, 214. Marengo, 355, 370, 375. Marescotti Galeazzo, vescovo, 288. Margherita (padre), 368. Mari o de Mart (padre), 272, 344, 346, 380, 386; vescovo, 356, 385, 415; Agostino, 372; Angelina, 386; Camillo, 250, 318; Colletti-na, 385; Domenico, M. a, 332-3; Francesco, 36, 1 ‘29, 331 ; Gero-mino, 326-7; G. B., 370, 404; Lorenzo, 365, 367-8, 370, 385; Ottavio, 381, 385; Stefano, 279- 81, 363; famiglia in Napoli, 91. Maria SS.a regina della Repubblica di Genova: v. Genova. Mariana (vescovo di), ‘215, 271, 311-2, 356. Cfr. Moriana. Mariguani vescovo, 274. Marina (Giunta di), 31, 400-1 v 409. Marinerò fra Giovanni, 249. Marini o de Marini, vescovo. 273- 5, 277, 301-2, 306-7, 312-4, 317-8; arcivescovo, 211, 226, 264, 271-2, 288, cfr. Genova (arcivescovo di); Domenico, 211, 226; G. Agostino, 252-4; G. Giordano, 217; Placidia, 254; famiglia in Napoli, 91. Mariotti Paolo M.a vescovo, 362. Marliani vescovo, 271. Marocco (ambasciatori di), 334, 407. Marra (padre), 307. Marsiglia (città di), 175, 183-4, ‘221, 262, 270, 306, 311; (ambasciatore di), ‘270. Martina (cittadino di), 288. Martinelli padre G. B, 376. Martines vescovo, 275. Martingnone, 248. — 446 — Martini padre G. Antonio, 383; vescovo, 260, 302-3. Martinize (conte), 312. Martinozzi Lorenza principessa e poi duchessa di Modena, 269. Maruffo G. Francesco, 201; (padre), 295. Mascardi Agostino, 23-6, 50, 218-9; vescovo, 256. Maschio (padre), 339. Masi, 419; Silvestro, 194. Masnata (padre), 386. Masola o Massola Francesco, abate, 404; famiglia in Napoli, 91. Masotti (padre), 360. Massa (città di), 169, 186, 293; (principe di), 153, 158, 161 , 165, 169, 172, 180, 182, 186, 193-4, 196, 202-3, 227, 234-5, 240-3, 252-8, 256-7, 259, 266, 274-5. Cfr. Cibo. Massei Alessandro, 256. Massimo (mons.r ), 220. Massola: v. Masola. Massoni vescovo, 280. Massucco (padre), 406. Matera (arcivescovo di), 233, 268. Mattagliano (marchese di), 418. Mattei (marchese), 277. Mattews ammiraglio, 366, 368. Mauri, 355. Ma venne (duca di), 205, 241. Mazzarino, cardinale, 241, 254, 269, 326; fra Michele, 254. de Medici duchi di Firenze e gran-duchi di Toscana, v. Firenze, Toscana; Antonio, 181; cardinale, 69, 71, 265, 328; Giovanni, 181; G. Gastone, 322; Maria regina di Francia, 183; Mattia, 251, 282; Pietro, 19, 21-2, 155, 158-9, 175, cfr. Firenze (principe di). Melina (duca di), 202. Medina de las Torres (duca di), 240. Cfr. Carafa Anna. Medina de Rioseco (duca di), 202, 251. Melcovich: v. Malcovich. Melgar (conte e contessa di), 251, 288-9, 319. Mellini cardinale, 169, 191, 198. Melo Francesco, 233, 287-41, 244, 246, 249. Mendoza o de Mendoza Antonio, 153, 292-3; cardinale, 159; Gar-zia, 161; Meo, 175, 184; Lorenzo,, 223; Pietro, 184, 213; Rodrigo Lopez duca dell’ Iufantado, v. Infantado. Mercante G. Carlo, 26, 209, 233; G. B. 248. Merello (padre), 301, 310, 314. Meri (conte), 317. Merlo (padre), 408. Messei Romualdo, vescovo, 363. Messina (città e cittadini di ), 196, 288, 380; (ambasciatori di), 229, 244, 288. Michel, 398. Micheli Nicolò, 207, 213; (padre), 359. Migliato Filiberto, vescovo, 213. Milano (città e cittadini di), 162, 164, 173, 177, 179, 182-3, 189, 196, 199, 202, 505, 207-8, 210-3, 217, 220, 222, 225, 229-30, 232-3, 235-9, 242, 244, 246, 249, 251, 262-3 265, 274-5, 281, 283-5, 288, 290, 307, 309, 338, 341, 350, 382, 410; (duca di), 8, 65; (trattamento ai ciuchi di), 56, 59, 60, 65, 87 ; (governatore di), 90, 155, 172, 179, 183, 239, 251, 256, 260, 267, 278, 281-6, 293, 296, 313, 317, 319, 322-4, 326, 337, 340; (trattamento ai governatori di), 63, 126, 131, 137; (gran cancel- _ 447 — liere di), 151, ‘224, 238, 267; (presidente di), 193; (generale di), 141,157, 190, 209, 211, 222, 224, 227, 239, 289, 328; (castellano, di), 189, 203; (arcivescovo di), 236. Minimi di S. Francesco di Paola (padre gen. dei), 250, 278, 306, 344, 353. Ministri degl’infermi (padre gen. dei), 253. Minori (vescovo di), 298. Minori osservanti (padri), 9, 341, 409. Cfr. Francescani. Minutoli Bernardino, 201; Geronimo, 218, 224. Mirabello padre Gaetano, 273. Miranda (conte di), 156; (figlio del conte di), 174; Mirandola (trattamento ai principi di), 57. Misericordia (magistrato di), 344. Missionari (padri), 361, 407. Mocenigo Francesco, 206, Luigi doge di Venezia, 7, 84, 95, 121, 225, 232. Modena (città e cittadini di), 264, 273, 361; (duca di), 243-5, 270, 361, 369; (duchessa di), 361, cfr. Martinozzi; (principe e principessa di), 241, 267, 269, 339, 347, 354; (trattamento ai ducili di), 131, cfr. Ferrara (tratt. ai duchi di); (ambasciatori di), 173, 181, 204, 230, 234, 239; (vescovo di), 181. Moles Annibale reggente, 156; (duca), 325, 332. Molfetta (vescovo di), 264, 273, 279. Molfino Marco Antonio, 421. Molinello (padre), 402. Molini, 181. Moltedo Geronimo, 177. Monaco (città di), 295, 323 ; (prin- cipe di), 214, 225, 239, 241, 279, 281, 284-7, 289, 292, 295, 298-9, 308, 317, 323, 326, 330-1. Moncada Fabrizio, 423; Gastone marchese di Aitona, 163, 175, v. Aitona ; Guglielmo Hai mondo marchese di Aitona, 321, v. Aitona; Michele, 166. Moncalvi vescovo, 262. Moneglia Paolo, 11-2, 422. Monferrato (marchesato di), 167, 226, 228, 237; (trattamento ai marchesi di). Mongiardino (padre), 314. Monino, 410. de Monleuvrier, 361. Monreale (marchese di), 330. Monscia, 368, 382. Cfr. Monza. Monsfelt (conte di), 321. Cfr. Mansfeld. Montaldo cardinale, 264. Montalto (duca di), 153. Montalvo reggente, 205. Montano (rev.), 357, 376. de Montault Filippo·. Cfr. Na- VAILLES. Montauto Giulio, 222. Monteacuto (conte di), 153. Montebruno Francesco, 162; Vincenzo, 279. Montecassino (abate di), 288. Monteclccoli (conte di), 282. Montefiascone (vescovo di), 205, 252, 258. de Monteil, 401, 403, 4:06. Monteleone (duca e duchessa di), 187,190,206, 209; (marchese di), 330-2, 845. Montemar (duca di), 306-8, 310, 315, 358, 364. M onte re y (conte di), 219, 227, 244. Monti cardinale, 227, 236. de Montmorency Anna, 57. Montoggio (luogo di), 28. — 448 — γ>ε Montot, 253-5, 257. Cfr. Na-vailles. de Monuiglì, 351. Monza G. Stefano. Cfr. Monscia. Morando Carlo, 368; Francesco M. », 405; G. B., 331, 340. Morbach (principe di), 337, 340. Morchio G. Stefano, 347. Mordwinoff, 408-9. Mores commendatore, 161. Moret (conte di): v. Moreta. Moreta (conte della), 229. Moriana (vescovo di), 213. Cfr. Mariana. Moriconi Moricone, 172. Moro Leonardo, 220. Morone cardinale, 19-20, 23. Horosini padre Giuseppe Sisto, 347. Mortara (marchese di), 284, 286. di Moscoro Antonio, 237. Moscovia o Russia (trattenimento ai duchi di), 56, 58; (ambascia-tori di), 279, 408-10. Mosti Natale, 290. della Motta Geronimo, 207. de Moura Gusman Anello marchese di Castelrodrigo, 321. V. Castelrodrigo. Murat Gioacchino, 47-8, 417. Musalano Gregorio,- 228. Musica di Palazzo. 172, 220,251, 259. Nagera (duca e duchessa di), 153, 187, 264. de Naillac, 415. Cfr. dE Neilach. Nanteuil (conte di), 412. Napoli (città, Regno e sudditi di), 159,162-3, 166, 169,171-2,177-8, 184, 187-8, 190, J92, 194-5, 197, 199, 200, 202, 205-7, 209, 216-7, 221, 225-6, 228-9, 240, 255, 259, 263, 273-4, 284, 292, 294, 296, 301, 307, 310, 313, 328, 354-5, 358, 377-8, 380, 382, 385, 400, cfr. Acerenza, Acqua viva, Ascoli, Avellino, Ba-. rionuovo, Berio, Bisignano, Brancaccio, da Brindisi, Caracciolo, Carafa, Castellammare, Cattaneo, Ceva, Cibo, Cicala, Colonna, Copertino, Costanzo, de Curtis, Doria, Ferrandina, Fogltani, Galeo-ta, de Gennaro, Giudice, Grimaldi, Imperiale, Lanario, Mari, Martina (cittadino di), Masola, MOLES, MONTELEONE, Mu-rat, Nocera, Pignatelli, Pi-nelli, de Ponte, Ravaschieri, Riavio, Salerno, Sanseverino, Seminara, Spinelli, Spinola , Squarciafico, Squillace, Sulmona, TORRECUSO, UlLOA , DE Vera; (re e regina di), 410, v. Carlo, Ferdinando, Filippo, Murat; (vicerèdi), 28, 154-6, 181-2, 187-9, 199, 201, 211, 216, 229, 232, 210, 244, 261, 274, 780-1, 291, 299, 303, 311, 325, 328; (trattamento ai viceré di), 57, 63, 93, 96, 131, 136; (ambascia-tori di), 359, 362-3, 388; (trattamento ai contestabili e agli altri grandi ufficiali di), 91, 94; (generale di), 227; (generale di mare, e navi di), 182, 191,205, 212, 214, 217, 226, 228-9, 231, 235,239-40,242,245,249,274-5, 315, 319-24, 326-7, 368; (prior di), 191; (famiglie genovesi, in), 91-3. Nari (priore), 226, 229, 235-7. Narni (vescovo di), 95. Nassau (conte di), 326. Naufragio, 172. Navaglia (conte della): v. Na-vailles. de Navailles, 236, 241, 305-6, 308, 319, 323, 326. — 449 — Να VARE a (contestabile di), 153, 225, 229. Navarro, marchese della Vittoria, 398-4. las Naves (mai’chese di), 300. Naxera (duca di): v. Nagera. Nazaro (duca di), 154. Nebbio (vescovo di), 165, 218, 256, 288, 292, 296-7, 304, 338-9, 363. di Negro Agostino, 356; Giacomo M.“, 404; G.B., 274; G. Geronimo, 228; (padre), 197, 265, 267. Negrone o di Negrone Ambrogio, 369; Bendinelli, 325; cardinale, 317; Costantino, 403; G. B., 162, 164,166, 283, 396-7; padre Giulio, 172, 193; Lorenzo, 177; Pla-cidia moglie di G. B., 283; Tobia, 290. de Neilach, 415. Cfr. de Naillac. Nellemburg (conte e contessa di), 407. Nemours (duca di), 195. del Neo Alessandro, 218. Neoburgo (principe di), 320. Nerli (mon.r), 291. del Nero Alessandro, 218. Nerucci (padre), 235. de Neulì, 384, 386, 389. Neuton o Newton, 331, 333. Nevers (duca e duchessa di), 154-5, 199, 304. Nicoliti (padri), 349, 367. Nigno cardinale, 176. Cfr. Gnigno. de Nigris cardinale, 11. Nizza, 155, 250, 253, 366. Nobili genovesi (vesti dei), 112-3; in Napoli, 91-3. Nobili o de Nobili Cesare, 181; (padre), 340; Zacchia, 181. Nocera (duca di), 227. Noceto Ginesio, 18; (padre), 267. Noli (vescovo di), 242, 260, 275, 330, 338, 340, 342-3, 346, 348, 358, 362, 371, 402. Nomis (conte), 416, 418. Norfolk (duca di), 328. Nors (lord), 326. Novaglies: v. Navailles. Novara (cittadini di), 347, 376, 382. Novara (padre), 357, di Nove padre Alessandro, 380. Nozze, 155, 169, 178, 183, 216, 225, 227, 240, 262-3, 268-71, 274, 276:7, 281, 284-6, 290, 295, 298, 300, 305-6, 310, 318,331, 335, 338, 347, 353, 365. Nuceto: v. Noceto. Nunzi pontifici: v. Papa (nunzi del). Obeville, 279, 316. Oddone Giovannettino, 301, 304. Cfr. Odone, Ottone. Oderico G. B., 379; Marco Aurelio, 228. Odo (padre), 386. Odone (padre), 398. Cfr. Oddone. Oglioa: v. Ulloa. Ognate (conte di), 211, 223-4, 228, 242, 260. Olanda (ambasciatore di), 331; (generale di mare, e navi di), 320, 333. _ Oldoino (padre), 362. Olidosio Boderico, 202. Olivares (conte di), 182. Olivetani (padri), 241, 250, 361, 378; (padre gen. degli), 264:, 275, 293, 300, 310, 338, 345, 352, 364, 367, 382, 388, 390, 393, 398. Omala (duca di): v. di Lorena Carlo. Omans (vescovo di), 160. Omena (duca di), 205. Omessa (luogo di), 422. Oneglia (città e cittadini di), 208, 377. 30 - 450 — Oxeto Giovanni Μ.α , 359. Oranges (principe di), 174, 180; (trattamento ai principi di), 57. Oratorio (padre gen. dello), 221. Orerò, 338; Giacomo, 384. Orleans (duca di), 305, 327; (principessa di) Carlotta, v. Modena (principessa di); (gran priore di), 354. Orsini (marchese), 207; (principessa degli), 327; reggente, 224; vescovo, 178; Virginio, 20G. Ortelio Àbramo, 11-2, 422. dOssau, 244. Ossù nel Giappone (ambasciatori di), 210. Ossuna (duca di), 154, 202, 216, 326; (figlio del duca di), 212,215. Ottone, 305; Bernardo, 31. 50, 402, 409. Oumont (duca di), 313. Pacheco, cardinale. 19-21, 23,151; duca di Escalona, v. Escalona; Giovanni marchese di Yigliena: v. Vigliexa; Rodrigo marchese di Ceralvo, 151. Beato Pacifico. 411. Paciaudi (padre), 358. Padova (cittadini di), 288, 377. Paganino (padre), 360, 362-4. Paggi, 24S, 251-2, 308. Palatino (principe), 250; (trattamento al), 82. Palermo (città di), 199, 306. Palestrina (principe e principessa di): v. Barberini. Pallavicixo, famiglia. 420; (padre), 289, 297; arcivescovo, 151, cfr. Gexova (arcivescovo di); cardinale, 58, 286, 317, 395; Agostino, 217, 228, 243, 248, 260, 263; Aleramo, 412-4; Alessandro, 217, 219, 361; Angelo, 279; Ansaldo, 263; Carlo o G. Carlo, 275,410-1 ; Domenico, 335; G. Andrea, 210; G. B., 16-7, 319; Giuseppe, 338, 405; Giulio, 349; Ignazio, 316, 335; Luca, 218; Ludovico, 407; Maria, 286; mons.1- Opizio, 293; Paolo Geronimo, 285, 356; Stefano, 286-7; Tobia, 256; famiglia in Napoli, 91. Palmarino (padre), 409. Palmaro (padre), 354. Palombo padre Nicolò, 300-1. Pai.ota (mons. r ), 220. Paxciroi.o (mons r ), 253; cardinale, 258. Panfilio cardinale, 258. V. Innocenzo X. Panosi (padre), 223. Panyaga cardinale, 212. de Paoli (padre), 360; san Vincenzo, 361. Paolo III papa, 75, 89; IV papa, 121; V papa, 194, 196, 198, 203, 212, 217. Paolo (padre) di S. Siro, 174, 177. Papa, v. Alessandro, Clemente, Innocenzo, Leone, Paolo, Pio, Sisto, Urbano; (trattamento al), 54, 62-5, 67, 74-5, 111, 120, 122, 129-30, 134-5, 139; (nunzi e in-ternuuzi del), 63, 73, 81, 95, 132, 137, 139, 153, 155, 158, 168-9, 171, 173, 177-8, 180-3, 186, 194, 196, 201, 203-4, 207, 213-7, 219-20, 225, 227, 231, 233,237, 247. 249, 251-4, 256-7, 262, 269, 273, 284, 288, 291, 293, 295, 311. 320, 322, 327, 336-7, 413; (generali di mare, e navi del). 138, 158,167,170-J, 173-5. 188, 191-2 196, 199, 200, 217, 221, 225-9, 231-2, 235-7, 242-4, 311. Paragua cardinale, 224. Cfr. Trescio. 451 — Para VANIA Lorenzo, 421. Para vicino (padre), 348; cardinale, 166; Paolo Antonio, 206. Parella (marchese), 292. Parigi (città di), 277, 292, 315, 354, 374, 396. Parma (città e cittadini di), 166, 182, 255, 352, 359, 364, 379; (duca di), 185, 210; (duchessa di), 381, 383; (principe e principessa di), 153, 377, 393; (trattamento ai duchi di), 57, 63, ■ 70-1, 82, 126, 131; (ambascia-tori di), 163, 169-70, 174, 176, 179, 181-2, 194, 202, 204-5, 210, 227, 234, 238, 243. Parodi (padre), 386, 421. Pasé, 248. Pasqua, cardinale, 11; Francesco, 248; Giovanni, 248. Passano o da Passano Antonio, 298-9, 301, 352; Bartolomeo, 37, 134, 257; Cesare, 417; Stefano, 379. Passeggi (padre), 386. Pastore, 248, 288, 300; Agostino, 38-9. Pastrana (duca di), 224. Patti padre Andrea, 380. Pavia (città e cittadini di), 167, 176, 179, 289, 378; (arcivescovo di), 166. Pecorino, 347. Pegli (luogo di), 165, 169, 172, 211-2, 245, 251. Peirano Federico, 398; Francesco , 30, 50, 343, 345. Pellegrini, 384; Sforza, 169. da Pelo (rev.), 385. Penchievre (duca di), 384. Perando, 348. Pereira cardinale, 346. Peretto Michele, 173. Perini (padre), 307-8. Cfr. Pierini. Pernon (duca di), 200, 229-30. Perotti padre Alessandro, 369. Persia (ambasciatori di), 41, 185, 200, 203. Pescara (marchese di), 152, 177, 192. V. Avalos, Vasto. Pesente, 398. Peste, 235, 271-2, 341, 367, 387, 391. Peterbrough (lord): v. Preter- BURGH. Peverelli (padre), 361. Pezuela (conte di), 262. Piacenza (cittadini di), 176, 206, 210; (vescovo di), 155. Piazza (abate), 406. Piccolomini Ascanio, 221. Picedi Papirio, 170. Pichenotti G. B276. Piemonte (principe di), 193. Pierini (padre), 312. Cfr. Perini. Pietrapersia (principessa di), 161. Pigna randa (conte e contessa di), 274, 280. Pignatelli duca e duchessa di Monteleone: v. Monteleone. Pimentel Antonio marchese di To-vara, 223; fra Domenico vescovo, 235; Geronimo, 223, 265; moglie di Geronimo, 222. Pinai (principe di), 180. Pinelli, abate, 204; vescovo, 264, 373, 279, 286, 308; arcivescovo, 259, cfr. Genova (arcivescovo di); cardinale, 171-2; Agostino, 199, 203, 304; Cosimo duca di Acerenza, 93; Costantino, 218, 403; Felice, 372; Paris, 153; famiglia in Napoli, 91. Pio IV papa, 56, 65; V papa, 335. Piombino (principe di), 156, 184, 205; (principessa di), 162. Cfr. Appiano. Piperno (terra di), 419, 424. Pisa (arcivescovo di), 216, 219. 452 — Pisani (marchese di), 160; Luigi, 410. Pitenche (conte di), 296. Pizurno, 296. Pizzorno vescovo, 250. Plato o Platto (padre), 352; cardinale, 173. DU PLESSIS BESANgON, 270. Poggio segretario, 141, 257. Poli (duca di), 195-6. Policastro (vescovo di), 212. Polo Lorenzo reggente, 202. Polonia (regina di), 68, 74, 261, 335; (principe di), 76, 220, 236, 244, 327; (trattamento ai re di), 58; (ambasciatori di), 151, 245, 247, 262, 267,304; (gran tesoriere di), 303; (figlio del generale di), 252; (gentiluomini di), 250. de Pomponne o di Pompona, 324, 329. Ponce de Leon, duca di Arcos, v. Arcos; Luigi, 278, 284; Menzia moglie di Luigi, 284. Ponte o de Ponti-: marchese G. Francesco reggente, 171, 177; Marco Antonio reggente, 199, 206; (padre), 189; (rev.), 407-8. Pontetti padre Michele, 201. Ponzon (conte), 165. Porrata (padre), -365, 375, 384. Porro Angelo M. a, 355; padre Ignazio, 362, 384. Portocarrero cardinale, 287. Portofino (luogo, di) 72. Portogallo (principe di), 299; (principe Emanuele di), 346; (principe Pietro di), 285; (ambasciatori di), 151, 285, 334, 338; (trattamento ai cavalieri di), 91. de Portugal duca di Veragna : v. Veragna. da Portovenere padre S. Benedetto, 401. Povara (marchese di), 295. Pozzi, 372. PozzoboneIjLO reggente, 244. Pra (luogo di), 385. Prainer (conte di), 323. Predicatori (padri), 285, 402. Prefetti di Roma (trattamento -ai); v. Roma. Preggia (padre), 349. Premoli (padre), 385. Preterburgh (lord), 333. Preti, 266. Priani o Priano (padre), 371-2, 380. Prie (marchese di), 332. Principi e signori (trattamento ai), 56-64, 66, 69-73, 76-7, 81-97, 108, 125-7, 131, 136, 137, 143. Prilli G. Antonio, 192; doge di Venezia, 76, 82; Pietro, 201. Privara (padre), 383. Procuratori genovesi (venti dei), 112, 116, 128. _ . Promontorio vescovo, 275. Prospero (padre), 182. Pucci commendatore, 167, 1<0, 173-4; (marchese), 395. Quartara Ignazio, 343, 353. Quattrocase (padre), 283, 296. de la Queva duca di Alburquer-que, v. Alburquerque; Baldassarre, 282. de Quizé, 271. Rabenac (conte di), 322. de Raconis, 158. Raggio, 280; vescovo, 328; cardinale, 253, 256; Battina, 357; G. B., 240, 344; Tommaso, 277. Ragusa (cittadini di), 172. Rambogueti cardinale, 154. Ramorino (padre), 372, 375-6, 381. Cfr. Remorino. - — 453 — Ranuccio (mons. r), 311. Rapallo (luogo e nativi di), 379; (capitano di), 378. Ratisbona (città di), 241. de Rattabon, 320, 323. Ravara Francesco, 86. Ravaschieri, 248; principe di Sa-triano, v. Satriano; famiglia in Napoli, 91. Ravenna (cittadino di), 164; (padre Fh'coìe di), 164. Ravenna G. Tommaso, 86; Lelio, 248; (rev.), 370, 378. Re e regine (trattamento a), 55, 62, 66, 68-9, 76-7, 100, 111, 124-5, 129-30, 134-5, 139. Recucco, 247. Reihs (arcivescovo di), 241. Retnelli, 291, 312. Remiremont ( canonichessa di), 405. Remondino (padre), 387. Cfr. Re-morino. Remorino (padre), 372, 375-6, 381, 387. Cfr. Remondino. Resto ri Luca Antonio, 335. Retrocello (rev.), 422. Retta Beryonzio, 176. de Rbtz cardinale, 283, 287, 300. Reverendissimo (titolo di), 143. de Rey, 332. Reyno (padre), 214. Riario, famiglia in Napoli, 91. de Ribera Pietro, 154. Riccardi o Riccardo, 197, 248; (marchese), 243; (padre), 223, 243, 272, 276, 292. Ricci Fabrizio, 26-7, 50, 209, 234, 247, 259; (padre), 381. Ricciardotto, 163. Richelieu (duca di), 290, 373-5. Richeri G. B., 334. Riggio Michele, 350. Riguardato (padre). 237. Rimtni, 367. Rinaldi (padre), 366. Rinieri (padre), 241, 250. Rissetti (padre), 362. Rivarola, 248; vescovo, 226, 235, 256, 264, 349; arcivescovo 166, 175, cfr. Genova (arcivescovo di); cardinale, 201, 203, 224; Domenico, 363; Geronimo, 286; Paolo, 274. Riviera (conte), 355. Roberti (mons.r ), 273. Rocca (padre), 162, 171; vescovo, 332; (conte della), 231, 272 278; Anton M. a, 360. Roccatagliata (luogo di), 28; Antonio.i 198; G. Antonio, 420, 422, 424. Rocchettini (padri), 359; (padre gen. dei), 334. Cfr Lateranensi. DE LA ROCHECHOUART: V. DE Vl-VONNE, MoNTEMAR. Rodi: v. Malta. Rodino, 241. Rodolfo imperatore, ‘204. de Rohan bali, 405. de Roixas Giovanni, 285. Rolino, 300. Rolla (padre), 365. Roma (città e cittadini di). 151, 153, 164-6, 172-5, 182, 185, 188, 190-1, 193-4, 196,199-200, 203-4, 214, 218, 220-1, 224, 226-8, 231-2, 236, 240-2, 252, 255, 257, 259-60, 263-4, 268-9, 271, 273-5, 278-9, 280, 282-3' 285-9, 291-2, 296-7, 299-302, 305-7, 311-2, 317, 320-2, 325-6, 331, 335-8, 382, 404, 421, cfr. Papa, Aldobrandini , Barberini, Buoncom paoni, Caetani, Colonna, Orsini, Poli, Rospigliosi, Sermoneta, Sora; (trattamento ai prefetti di), 63,82,261. Ronchiglio, 238; Antonio, 261; Maria, 267. — 454 — Rospigliosi G. B., 286, (mons. r ), 257, 283; papa Clemente IX, 283. Rossano, 248. Boncinelli conte Ercole ', 169, 179. Rossetti (mons. r), 249. Rossi G. B., 408; (padre), 365, 372; Giuseppe M. «, 31, 50, 400, 402, 408-9. Rovere o della Rovere Francesco M.a duca di Urbino, 120; Francesco M. a, 392-3, 395; Vittoria, 274; famiglia in Napo- li, 91. Cfr. Urbino. Rovereto Anton Giulio, 340. RuBBr (marchese), 337. Ruffino (mons. * ), 168. Ruggia Pietro, 248. Russia (Ducato o Impero di); v. Mosco via . de Ruvera: v. de Ribera. de Sabran, 228-32, 240. Sacco vescovo, 330. Sacrati conte Ghilio, 177. Sagone (vescovo di), 154,223, 239, 250, 273, 302, 345, 350, 352, 363. Sagredo Nicolò, 251. Saint- Agnan (duca di), 350-1. de Saint-Simon, 257. de Saint-Tolon: v. San Tolone. Salamanca G. Tommaso reggente, 194. Salazar cardinale, 322. Sale Giacinto, 304. Salerno (trattamento ai principi di), 57. Saliniero (padre), 249. Saluzzo (trattamento ai marchesi di), 57; (vescovo armeno di). 286. di Saluzzo Agostino, 39, 40, 293- 8, 310; Alessandro, 39; Bartolomeo, 295, 311, 414; Giacomo, 298; G. B., 250, 296; Pier Fran- cesco, 36, 129; vescovo, 338,'356; famiglia in Napoli, 91. Salvago Carlo, 274; Giovanni, 16, 155; Livia, 237. Salvetti (padre), 322. Salvia ti Alessandro, 179. Sambiase: cfr. San Biagio. Sambuceti (padre), 363. San Bernardo (padre gen. di), 286, 305, 309, 313, 316, 358. San Biagio padre Andrea, 378. San Clemente Guglielmo, 180-1. Sandoval cardinale, 234. San Felice (conte e contessa di), 347. San Filippo (marchese di), 336-9, 341. San Francesco di Paola (padri di), 259, 271, 288; (padre gen. di), 384, v. Minimi. San Fruttuoso (abate di), 367, 384. San Giorgio (cardinal di), 181. San Giovanni (duca di), 322, 326. San Giuliano (padre), 365. Sanguai, 160. San Martino (conte di), 154. San Michele (trattamento ai cavalieri di), 57, 63, 92,' 94. San Pier d’Arena (luogo di), 125, 130, 132, 185, 157, 175, 180, 183, 197, 282, 371, 415. San Pietro (duca di), 307-9, 315- 6, 320, 346, 354. V. Spinola Francesco M.a Sans (cardinal di), 168. San Salvatore (padre gen. di), 238. San Sciamon: v. de Saint-Simon. Sanseverino, 259; principi di Bi-signano, v. Bisignano; principi di Salerno, v. Salerno, di San Siro padre Paolo, 174, 177. Santa Cecilia (cardinal di), 231, 233, 255. Santa Croce (marchese di), 152, f — 456 — 191, 203, 207-8, 213, 215, 218, 221-5, 227-30 237, ‘239, (marchesa di), 223; cardinale, 69, 151. Santa Fede (padri di), 354; (padre gen. di), 280, 390. Santa Fiora (conte di), 81, 154, 205; cardinale, 81.· Santa Giulia (marchese di), 369. Santa Margherita (isola di), 240. Santa Maria di Germania (trattamento ai cavalieri di). 91. Sant’Antonio (duca di), 285. di Santa Reparata padre ila rione, 388. San Teodoro (padre gen. di), 285. Sant’Iago (trattamento ai cavalieri di), 91, 93. Santini (padre), 303, 316. Santi Quattro (cardinal di), 69. di San Tolone, 309-11, 313. San Tommaso (marchese di), 336- 7. Sant’Onofrio (padre gen. di), 275. Sant’Onorato (isola di), 239. Santo Stefano (contessa dij, 353. Sanvitale (mons. r), 171. Sapello (arciprete di), 378. Saporito (mons.1-), 368-9, 374, 379-80; arcivescovo, 352, 370, cfr. Genova (arcivescovo di). Sardegna (re di), v. Savoia (duca di); (viceré di), 156, 163, 166, 174-5, 201, 203, 233, 247, 250-1, 279, 300, 317, 326, 332, 337, 350, 369, 379; (trattamento ai viceré di), 63; (ambasciatori di), v, Savoia (amb. di); (generale di mare, e navi di), ‘281, 317. Sardini G. B. Domenico, 374. Sartirana (conte di), 379-80. Sarzana (città e cittadini di), 303, 376; (vescovo di), 143, 158, 196 233, 281,293-4, ‘297, 302-3, 308 311, 344, 362, 417; (commissario di), 223. Sassonia (trattamento ai duchi di), 82. Sastago (conte di), 346. Sauli o Saoli Alessandro, 207, 363; Antonio, 156; Bandinelli, ‘253, 264; cardinale, 163-4; Domenico, 44-5, 356,363; Francesco M. ®, 325-6, 408; G. Antonio, 270; G. Stefano, 359,405; Giulio, 271-2; Lorenzo, 181, 183-4; Luigi, 322; Marco Antonio, 16-7; Margherita, 260; Otta rio, 271; Paolo, 16, 36, 129, 218, 376, 420-1; Pasquale, 162; Vincenzo, 293. Savelli (mons.l'), 168. Savoia (duca di), poi re di. Sardegna, 154 5, 178, 193, 216,292-3, 322, 341, 343; (duchessa di), 70-1, 331; (figlio naturale del duca di), 334; (trattamento ai duchi di), 56, 59, 60, 63, 70 1, 82, 87, 126, 131; (ambasciatori di), 159, 164, 176, 178, 198, 200-1, 206-8, 277, 336, 340, 353, 355, 379-81, 397, 400-1, 404-6, 416, 418; (generale di mare, e navi di), 368. di Savoia Bernardino, 158; Eugenio, 326; Filippo Emanuele principe di Piemonte, 193; Maria, 251, 253; principi di Carignano, v ."Carignano; duchi di Nemours, v. Nemours; conti di Soissons, v. Soissons. Savona (città e cittadini di), 58, 72, 155, 174, 237, 282, 357, 367-8, 370-1, 373-4, 379, 381-2; (vescovo di), 143, 162, 196, 220, 222-3, 238, 281, ‘284, ‘289-90, 293-4, 297, 300, 305, 307, 312, 315-7.385; (governatore di), 333. di Savona Raimondo, 240. de Savurè, 261. Scaffi (padre), 383. Scaglia G. Francesco, 415. della Scala, 410. Scalakaic abate Stanislao, 262. Scarampi (conte), 160. Schiaffino (padre), 399, 405; (rev.), 359. Sciduelen, 377. Cfr. Chauvelin. Scion (duca di), 287, 320, 322. Scoffero padre Pier Domenico, 387. Scolopi (padri), 362, 368, 373, 378. Scotto vescovo, 252. Scrihano moni.1' Andrea, 16."); G. B., 248. Scuder reggente, 167. Scuole Pie (padri delle), 353, 356, 358, 386, 388, 399, 402, 405-6, 408; (padre gen. delle), 377. Sede vacante in Genova: v. Genova (sede vac.). Seminar a (duca di), 155-6. Semino (padre), 243, 375, 406. de Semonville, 414-5. Senarega Matteo, 174, 177; vescovo, 302. Senatori genovesi (vesti dei), 112. Seneglia (marchese di), 289. Cfr. de Seneglie. de Seneglie, 313. Cfr. Seneglia. Serenissimo (titolo di), 126, 253. Sermoneta (duca di), 278. Cfr. Caetani. di Sermoneta Rocco e Rosa, 420. Serra, 248, 302, 349; (mons.r), 231; vescovo, 358, 362; Angelina, 391; Francesco, 369, 405; Giacomo o Giacomo Renato, 357, 360, 362, 411, 417; G. B., 295; G. Carlo, 297; G. Pietro, 197; G. Tommaso, 42, 284; Marcello, 379; Nicolò, 37, 142, 144, 297; Paolo, 229; famiglia in Napoli, 91. Serrano Zapata Giovanni, 229, 233. Serristori cavaliere, 361. Sertorio Francesco M.a, 367. de Servient abate, 287-8. Serviti (padri), 175; (padre gen. dei), 312, 348. Cfr. Madre di Dio. Sess (conte di), 353. Sessa (duca di), 154, 163, 191; (duchessa di), 166. Sesto (mons.r), 231. Sestri (luogo di), 198, 371,376. Sforza Ascanio conte di Santa Fiora, v. Santa Fiora; Carlo, 81; (mons.1'), 243, 257; Guido Ascanio cardinale, 81. Sgambato (padre), ‘256, ‘259-60. Sicilia (Regno e sudditi di), 207, 226, 228-30, 265-6, 274, 285, 288, 301, 3Γ)0, 353, cfr. Castel-vetrano, Moncada, Pietraper-sia, Riggio, Tagliavia; (viceré di), 152, 155-6, 167, 178, 187, 191, 202, 219, 223, 226, 233, 239-40, 246, 249, 258, 270, 274. 288, 301, 325, 327-9 331-2, 346; (trattamento ai viceré di), 63, J.31, 137, 187; (trattamento ai governatori di), 63; (generale di), 156; (generale di mare, e navi di), 158, 168, 176, 178, 184, 191, 207, 209, ‘211, 213, 240, 242, 265, ‘282, 320-3. Siena (cittadini di), 385. Sifuentes (conte di), 152. de Silva Ferdinando conte di Ci-fuentes, 152; Filippo, 241; Gu-sman, 153. Sindacatori supremi genovesi (ve-sti dei), 113. Sipontino (mons.r), 182. Sirvela (conte di), 242, ‘250-1, 256, 258. Sisto V papa, 162. — 457 — Sofia reggente, 243. Soissons (conte di), 326. Solari o Solaro, 361, 366, 376, 380; (padre), 352, 354-5, 360, 362, 364-5, 374; vescovo, 402. Soldati abate, 249, Solerio conte G. B., 208. Salino ardi vescovo, 181. Somaglia (contessa della), 173. Somaschi (padri), 235, 243, 252, 254, 264-5, 267, 272, 274, 281, 293, 297-8, 303, 305-6, 308, 310, 312, 314, 338, 346, 360, 375; (padre gen. dei), 285, 289, 294, 305-6, 313, 342-3, 348-9, 366, 379. Sopranis Bernardo, 368; G. B., 402. Sora (dura d:), 157, 190; (conte di), 238, 243. Sorano commendatore, 244. Soranzo Francesco, 178, 188; Geronimo, 1H8, 202. de Sourè bali, 261, 277. Cfr. de SoVURÈ. de Sovurè, 261. Cfr. de Sourè. Spada cardinale, 225, 299. Spada dogale, 120. Spagna (re di), 20, 41, 99, 101, 179, 186, 198,204,217-8,274, 305, 327-8, 341, 388, cfr. Carlo, Filippo, Luigi; (regina di), 15, 152, 180, 204, 259, 264-5; 286, 319, 327, 335; (principe di), 152, 193, 230; (trattamento ai re di), 58; (ambasciatori di), 128, 132, 138, 153, 158, 161, 163, 167-8, 175-6, 183-4, 186, 190-1, 194-7, 199, 203, 215-33, 235 40, 242-5, 249-55, 271 2, 378-9, 281-2, 289, 292-318, 320-2, 324-8, 330-3, 336 9, 341, 314-8, 352-3, 355, 358, 363, 394-5, 397-401, 403-18; (cardinale infante di), 234; (generale di'), 358, 364, 369, 371; (generale di mare, è navi di), 155, 189, 202-3, 207, 216-8, 234, 236,241, 250-1, 263, 265-6, 270, 313, 315, 323, 349- 51, 364; (trattamento ai grandi di), 93, 99, 138, 143. Spelletta Bernardo, 344-8, 352-3, 355 Sperone Felice, 387. Spezia (porto di), 358, 392. Spinelli Carlo, 234; duca di Seminara, 155-6. Spinola (marchese), 139, 196, 204, 209, 211, 213, 217, 229, 232-4, 236-9, 241, 243-5, 247, 252 5, 257-64, 266, 269, 272, 275, 278, 280-1, 285, 319, 327, 331; (marchesa), 277; duca di S. Pietro, v. San Pietro; (padre), 266, vescovo, 220, 223, 243, 281, 284, 289, 308, 311, 332, 340; arcivescovo, 187, 192, 194, 196; 210-1, cfr. Genova, (arcivescovo di); cardinale, 157, 217, 220, 228, 236-7, 282,' 328, 363; Agostino , 217, 304. 307, cfr. Spinola cardinale; Alessandro, 268-71; Ambrogio, 171, 204, 209, cfr. Spinola (marchese); Andrea, ο G. Andrea, 229-30, 292, 367, 398; Bendinelli, 406; Benedetto e G. Benedetto, 7, 192, 196; Carlo, 211; Corrado, 93; Domenico M.a, 350, 352; Fabio Ambrogio. 245; Felice, 338, 357; Feminando, 397; Filippo, 42, 209, 211, 213, 215, 220, 227, 229, 232, 272, 286; Francesco M.a, 362, 367, 416; Gaspare, 198; Gei onimo, 233; Giacomo, 301 ; Giorgio, 211, 248, 371, 382; G. B., 30, 50, 199, 249, 363, cfr. Spinola cardinale; G. Pietro, 297; Giuseppe, 346; Lazzaro, 271; Leonardo, 24$; Luca, — 4β8 — 235, 319; Luigi, 36, 129, 218; Mario abate, 280; Nicolò, 361-4; Odoardo, 93; Orazio, v. Spinola arcivescovo; Paola, 269; Paolo conte di Pezuella, 262; Paolo Battista, 420-3; Paolo Francesco, 403; Placidia, J 78; 2W(tó7/b, 366; Simone, 153; Stefano o (?. /S5fe-fano, 263, 347; Teresa, 271; Tommaso, 36, 129, 205-7; famiglia in Napoli, 91. Spoleto (vescovo di), 171. Spontone, 349, 351, 381. Squahciafico (padre), 226, 232, 239; famiglia in Napoli, 91. Squilla ce (principe di), 184. Stampa (abate), 398; conte Oberto, 323. Stendardi (padre), 385. Sternans Antonio, 190. Stoppa (padre), 287. Stra, 248. Strozzi Carlo, 173; Giulio, 170. Suarez G. Alfonso, 188. Suarez de Figueroa duca di Feria: v. Feria. Subiaco (abate di), 363. Sulmona (principe di), 155. de la Supé, 264. Susa (duca o marchese di), 334, 341, 343. Svizzera, 255; (ambasciatori di), 163, 243, 247, 283, 345. Svezia (re e regina di), 271, 409; (ambasciatori di), 412-5. Tabara (marchese di): v. Tavara. Taccone G. Antonio, 350. Tagliacarne Aurelio, 248. DELLA TAGLIADA, 268. DE LA TaILLADE: V. DELLA Ta-GLIADA. Tagliavia d'Aragona Carlo principe di Castelvetrano: v. Ca-stelvetrano. Tanara arcivescovo, 322. Tappi a Carlo reggente, 20t>, 221. Taracusa: v. Torrecuso. Tartaglia Domenico, G. Simone e Pietro, 419. Taruggio, 169, 175. Taschi padre Gaetano, 360. Tassorello, 255; Andrea segretario, 301, 305, 328; (padre), 299. Tattis (mons.1- ), 383. de Taures generale, 228. Tavana (marchese di), 223. Tavella (padre) 360, 364, 371, 373. Taverna cardinale, 178, 205, 211. Teano (vescovo di), 201. Teatini (padri), 178, 189,198, 201, 215, 235, 239, 258, 260, 262, 266, 272, 298, 307, 368, 318, 338, 344, 349, 360, 362, 365, 368, 377, 380-3, 385-6, 402; (padre gen. dei), 275, 28i, 290, 303, 315, 334, 337, 351, 364, 380. Tedeschi al servizio di Genova, 125, 130-2, 137, 139, 159. Tegrimi Margherita, 357. Telière abate, 284. Teoni padre Ignazio, 379. Cfr. Thaone. Terazona (marchese di), 274. Teresiani (padre gen. dei), 390. Terragona (cardinale di), 154. Terranuova (duca di), 154, 169, 185, 189, 195, 198, 218, 231, 236; (figlio del duca di), 215. Tersi (padre), 362. de Tessè maresciallo di Francia, 332-3. Tessorello: v. Tassorello. Testa Piccolomini (conte), 280. Thaone (padre), 268. Cfr. Teoni. Tinello, 248. Tiscornia G. Francesco, 248. 459 — Titolo Reale alla Repubblica e al doge di Genova, 242, 244, 250- 1, 283, 294. Cfr. Genova (trattamento ai dogi di), Genova (trattamento agli ambasciatori di). Toocoli Giulio, 179. Toledo (arcivescovo di), 99, 418. DE Toledo Pietro, 155, 161, 170, 176, 183, 187, 210, 213, 234; duca di Ferrandina, v. Fkrran-dina. Cfr. Alba, Alvarez. Tolla (padre), 360. Tolone (città di), 227. Tolosa (città di},- 165. Tomasi Tommaso, 176. San Tommaso da Villanova, 273. de Torcy: v. Toursy. Torino (città e cittadini di), 215, 228, 233, 237, 244, 250, 252. 258. 262, 273, 292,-3 304, 323, 328, 350, 353, 358, 369, 392, 398, 405, 412. Tornielli (padre), 347. Torre o della Torre (padre), 300, 337-8; vescovo, 344, 362, 392; Bartolomeo, 297; G. B. 346; Domenico M.a, 363, 368; Giulio, 218; Leonardo, 232-4; Oherto, 286, 319-22; Orazio, 272, 281; Raffaele, 203, 235. Torrecuso (marchese di), 255,274. Torriglia (luogo di), 164; (march, di); 163, 165,168. 170,' 176, 190, 359. Cfr. Doria (marchese). Tortona (città di), 47; (vescovo di), 258. Toscana (granduca di), 183-4 199, 218, cfr Firenze (duca di); (granduchessa di), 160, 184, 231; (principe di), 198, 281, cfr. Firenze (principe di); trattamento ai granduchi di), 131, cfr. Firenze (tratt. ai duchi di); (ambasciatori di), 154, 159,161, 164-5, 169-70, 179, 198-9, 202, 213-4, 218-9, 222, 230, 232-3, 243-4, 262, 361, 395; (generale di mare, e navi di), 158, 161, 184-5, 205-6, 222, 239, 241, 243, 249, 311, 333. Tosone (trattamento ai cavalieri del), 57, 63, 91-2, 94. Tossetti padre Ranieri, 357. Toul (vescovo di): cfr. Tulle. de la Tour dAuvergne duca di Bouillon v. Buglione. Toursy (marchese di), 320. Tramalo (mons. r), 225. Traonis (conte di), 336. Travasa o Travazza o Travazzo padre Gaetano, 354, 368, 383. Traverso (rev.), 406. de Tre: v. d’Estrées. de la Tremouille Anna M.a principessa di Bracciano, 327. Tremuoto, 395. Trento (cittadino di), 192. Trescio ο Tresso cardinale, 215, 225. Treviri (vescovo di), 99. Trevisani Francesco abate, 320. Trivello Orsino (marchese), 207. Trivulzio cardinale, 225, 232, 253-4, 258, 266, 270. Trombetta, 301, 306, 317. Truta (padre), 385. Tulle (vescovo di), 254. della Tulleria, 245. Turchia (impero di), turchi, gran Turco, 185, 260, 277, 286, 292, 294, 312, 316. Cfr. Costantinopoli. Turco (padre), 260. Tursi (duca di), 220, 235, 237, 239, 240, 243, 245, 250-3, 255- 6, 259-63, 267, 268, 270, 274-5, 323, 345-54, 356-9 392. Tuvo, 349. — 460 — IJceda (conte o duca di): v. Uzeda. d’Uchluò: v. Richelieu. Ugo ( pad re), 301. Ulloa Felice, 284. Ulster (conte di), 391. Ulzazia (governatore del duca di), 279. Umada generale, 374. Ungheria (regina di), 131; (commendatore di), 183. d’Upede commendatore, 306. Urbano VII papa, 164; VIII papa, 220, 222, 224, 226, 230, 232. Urbino (duca di), 194; (principe di), 152-3; (trrttamento ai ducili di), 57, 63, 71, 82, 87, 120, 126, 131; (ambasciatori di), 196. Uzeda (duca e duchessa di), 179, 326, 333. Vaca David, 161. Vadetaro (padre), 318. Vado (luogo di), 28, 208, 215, 333, 368. Vadorno, 299. Vailate (conte di), £81-2. Valanzé (bali di), 264. Valbella, 270. Valcazar Pietro, 187. Valdefuentes (marchese di), 222. Valditaro (principe di), 174, 181 - 2, 184, 186, 190, 213, 215, 221, 225, 227, 231-2, 236, 238, 242, 251, 253-4, 258. V. Landi. Valentinuè o Valextinois (conte di), 396. Valenza (viceré di), 321, 350; (città di), 239. Valeriano Prospero, 248. Valle Artemisia, 419, 421, 424; Eleva, 419, 421, 424; Maria, 419; Pietro, 419, 424; Virginia, 419. 421, 424; Zaninetta, 420. Vallerò (marchese di), 332. la Vallette (duca di), 200, 229. Valperga (conte .di), 405. Valtellina (ambasciatori di), 243, 247. Vandermer, 331. Vandomo: v. de Vandòme. Van Dyck, 423. de Van ville principe Giovanni, 189. Vartapet arcivescovo armeno, 278. de Vatan bali, 351. Velasco Luigi, 158. los Velez (marchese e marchesa di), 252, 258, 303, 311. Vandòme (duca di), 330; (figli del duca di), 291; cardinale, 283; Alessandro gran priore di Francia, 210. Vene roso Geronimo, 341.-6; G. Bernardo, 360; G. Giacomo, 383-3. Venezia (città e sudditi di), 178, 290, 320, 326, 354, 368, 370, 378-9, 383, 175-6, 178, 183-4, 191, 197, 215, 244-5 259, 270, 272, 278, 290, 299, 301, 320, 325-6, 354. 363, 368, 370, 378- 9, 383, 407, 410, 417, cfr. Corna ro, Donato, Gritti, Loreda-no, Mocenigo, Mohosini, Pisani, Priuli, Soranzo, Padova (cittadini di), Verona (cittadini di), Vicenza (cittadino di); (Repubblica di), 6, 8, 59, 60, 68, 71,73 4, 76, 80-5, 87, 95, 97, 99, 100, 102, 104, 107-8, 110, 112- 3, 117, 121, 197-8, 201, 206, 210, 213, 216, 220, 225, 260, 263; (dogi di), v. Donato, Grit-ti, Loredano, Mocenigo, Priuli, Veniero; (trattamento ai dogi di), 57-8, 60, 74, 98; (ambasciatori di), 251, 295, 311, 397, 405, 410. Veniero Francesco doge di Venezia, 76. — 461 — Ventimiglia (vescovo rii), 40, 208, 216-7, 220, 232, 256, 275, 285, 316-7, 331-2, 351, 363, 395, 399. Ventura, 317, 356. Venturelli (padre), 357. DE Vera Anna, 176, 183; Giovanni, 221. Veragua (duce di), 234, 325. Vercelli (vescovo di), 88. Vernazza, 249, 255. Verona (città e cittadini di), 354, 360-1, 373, 382, 387. Verrazzano bali, 239, 241, 243, 249. Vescovi (trattamento ai), 40, 97, 101, 143. Vesti dogali, 102-8, 110-1, 117; dei magistrati genovesi, 112-4, 116; degli ambasciatori genovesi, 113, 114; di lutto, 103-4, 109, 111, 115-6. Viacà, 248. Viale, 247; Agostino, 378-80; Benedetto, 247, 337-9; Giuseppe, 268; Nicolò, 287 ; Paolo, 321 ; (padre), 304, 319; (rev.), 303, 315, 338. Viarizzi padre Alessandro, 380. Vicari dell’imperatore (trattamento ai), 57, 63, 82, 84, 90, 93. Vicario arcivescovile di Genova: v. Genova (vicario di). Vicenza (cittadino di), 375. Viceti, 298; Francesco M.a , 28-9, 31, 50, 281-2. de la Viefville: cfr. della Viv- VILL. Vienna (città di), 312, 334. Viganego Lazzaro, 352. Vigene, 248. Vigevano (vescovo di), 164. Vigliena (marchese di), 191, 202. Vilardi G. Antonio, 204. Villafranca (marchese di), 241, 250, 282. Villagarzia (marchese e marchesa di), 298, 301, 322. Villani, 232-3. Villars, 416; (duchessa di), 339. de Villequier, 313. San Vincenzo de’ Paoli, 361. ■Vingoni (padre), 373. Vipera padre G. Carlo, 404. Virtemberga: v. Wììrtemberg. Visconti Alfonso vescovo, 180; cardinale, 273, 284. Viscontina, 376. Viselli (padre), 348. Viso (marchese del), 225-32, 240, 242. Vitelli Beatrice, 206. Vitry (duca di), 269. Vittoria (marchese della), 393. de Viures, 187. Viva padre Ferdinando, 377. Vivaldi Cattaneo, 26, 32, 35-6, 50, 209, 220. de Vivas Giovanni, 187, 194, 206, 210, 212-3, 216-7. Cfr. Spagna (ambasciatori di). de Vivonne, 306-7. Cfr. Monte-mar. della Vivvill [de la Viefville ?], 363. Volerà (conte di), 328. Volpi vescovo: v. Vulpi. Vonchlesca (conte di), 286. Vulpi vescovo, 203. Wurtemberg (principe di), 350-1. Ynojosa (marchese della), 210. York (duca di), 391-2. Zaccaria (padre), 370. Zacchia Emilio, 177-8. Zachei (padre), 358, 373. Zagarolo (duca di): v. Colonna Marzio. Zambeccari cavaliere, 231, 243-4. 462 — Zapata cardinale, 199, 212, 216; Diego, 267. Zelaida Antonio, 363. Zignego (rev.), 357. Zoagli Giorgio, 379; Goffredo Gaetano, 402, 404; Vincenzo, 170. Zeno, 376, 397. Zoccolanti (padri), 223-4, 227, 235, 240, 286: (padre gen. dei), 223- 4, 227, 235, 240, 382, 392. de Zunica padre Diego, 303; Giovanni conte di Miranda, v. Miranda; Giovanni, 151; conte di Monterey, v. Monterey; Pietro marchese de los Velez, v. los Velez. PROSPETTO - INDICE Pagina Cerimoniali, cerimonieri e libri narrativi....... 1 7 <·' Cronologia dei Maestri delle Cerimonie....... 50 Appendice 1. — Documenti (1569-1658)..............51 1.... Trattato delle cerimonie laiche appartenenti alla Signoria di Genova, del 1569.......... 53 11.. Proposta di cerimoniale, del 1587..............124 III. Relazione in materia di cerimonie e complimenti con principi forastieri, del 1613........ 129 IV. Cerimoniale nuovo, del 1639 ........ 134 V.. Legge che proibisce li complimenti usati sin ora ai signori cardinali, del 1644. . v...... 141 VI. Cerimoniale pei ricevimenti che faranno i componenti elei Ser.mi Collegi, del 1658 ....... 142 Appendice II. — Intestazioni delle narrative dei Libri Ce- remoniarum (1561-1797).......... 145 Avvertenza................ 147 Intestazioni delle narrative nel volume Ceremoniarum 473 B (1561-1588)............ 151 Intestazioni delle narrative nel libro I Ceremoniarum (1588-1615).............. 157 Intestazioni delle narrative nel libro II Ceremoniarum (1615-1639)............... 209 Intestazioni delle narrative nel libro III Ceremoniarum (1639-1658).............. 247 — 464 — Intestazioni delle narrarive nel libro IV Ceremoniarum (1659-1671).............. Intestazioni delle narrative nel libro V Ceremoniarum (1672-1705).............. Intestazioni delle narrative nel libro VI Ceremoniarum (1705-1726).............. Intestazioni delle narrative nel libro VII Ceremoniarum (1726-1765).............. Intestazioni delle narrative nel libro VIII Ceremoniarum (1765-1778)............ Intestazioni delle narrative nel libro IX Ceremoniarum (1778-1797) .............. Note aggiuntiva intorno a Geronimo Bordoni..... Indice alfabetico............... Pagina 272 291 330 343 394 402 419 425 K - - * - ■ - .· - .'J* ' · ■ ·Λ ' Λ · '· ' --- -i ·. - . ■■■ *- - -- - - i - . - :· · · V.· I i ■“· ’ - . - ' / : v i