( jlORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA I 1/^11 τη I Λ fondato da ACHILLE NERI LIVJUl\l/Y e UBALDO MAZZINI » * NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini ANNO III. Fascicolo 1 1927 Gennaio-Marzo SOA/AARIO % ... -r- Vito Vitale, Le relazioni commerciali di Genova col Regno Normanno-Svevo. L’età normanna — Emilio Pandiani, Storia dei pirati liguri — Ubaldo Formentini, Intorno al Duomo di Sarzana — Umberto Giampaoli, Per la storia del Costume, Contributo alla storia del Costume nel Cinquecento — Mario G. Celle, Poesia ed arte in Ceccardo Roccatagliata Ceccardi — F. L. Mannucci, A proposito della lirica chiabreresci — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Luigi Volpicella, La questione di Pietrasanta nel-l’anno 1498 (Vito Vitale) - Orlando Grosso, Genova, (Vito Vitale) — Ubaldo Formentini, Sulle origini e sulla costituzione di un grande gentilicio feudale (Vito Vitale) — Giuseppe Pessagno, Questioni colombiane (Mario G. Celle) — F. Ernesto Morando, Anton Giulio Barrili ed i suoi tempi (A Luisa Bianchi) — SPIGOLATURE E NOTIZIE — a. c., Appunti per una bibliografia mazziniana. GENOVA Stab. Tip. G. B. Marsano 1927 V Giornale storico e letterario della Liguria NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldq Formextìni, . COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale. / - ...... ° * —^L· ■. L « . ^ J v.y - .. «/ L’annata 1927 esce sotto gli auspici del Municipio e, della ^..Università di Genova, e del Municipio e della Società dTncorag-giamento della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: « . ... 3 L il Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 £· > ' . . . - ’ - o<». c' 6 ■ : ' . 1 *■». V .. . · t 'vii »·-.■. ___- ' ■ t , ,. . \ . .· ·■; CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Il Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali di circa 80 pagine ciascuno. Ogni fascicolo contiene scrìtti originali, recensioni, spigolature, notizie e appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per l’Italia Lire 30; per ΓEstero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA y NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini Volume III. GENOVA Stab. Tip. G. B. Marsano 1927 Al chiudersi dell’ annata 1926, il nostro Francesco Luigi Marmarci ha dovuto, per irûprescindïbili cure sopraggiuntegli, lasciare la condirezione del Giornale che, soprattutto per opera sua, è rinato a nuova vita. Dolenti di non averlo più a compagno di lavoro, gli rivolgiamo un riconoscente e cordiale saluto e, nel tempo stesso, avvertiamo i lettori che al suo posto subentra Arturo Codignola. Il programma del periodico resta invariato. LE RELAZIONI COMMERCIALI DI GENOVA COL REGNO NORMANNO-SVEVO I/ETÀ NORMANNA Due fatti hanno speciaOmente contribuito se non a crea/re a rawi-vare almeno e intensificare le redazioni commerciali tra Genova e l’Italia meridionale e in particolare la SiaiMa : il passagigiio di questa dalla dominazione aralba aida normanna, per cui ed apriva aille nazioni marittime l’adito ad un paese importante per i suoi prodotti e le sue ricchezze e centro di comunicazioni e punto d’intersezione di vas'te correnti, e le crociate che diressero verso Oriente l’azione delle città dell’Alto Tirreno rivo lite sino allora piuttosto verso l’occidente. L attività, navale mercantile genovese infatti, dacché intorno al mille se ne trovano le prime tracce, appare indirizzata appunto adì’occident e nelle spedizioni sulle coste africane, nella lotta contro iMogahid in Sardegna al principio del secolonella impresa navale sulla fine dello stesso secolo contro il sultano di Mehedia, nella stessa rivalità con Pisa die da 'queste imprese cominciò a delincarsi per le interferenze del contemporaneo e analogo Ibilsogno di espansione (1). Certo le navi genovesi non avevano atteso che la conquista normanna in Sicilia garantisse la completa sicurezza della via verso il Levante; e lo stretto di Messina le viide passare dirette in Siria e in Egitto pur avanti la fine del secolo XII (2), allo stesso modo che ancihe prima si trovano rapporti tra i Genovesi e gli abitanti delle coste meridionali del Tirreno. Un Bonifacio appare nel 1059 aJbitante ad Atrani sulla riviera di Aimaltì (3), e le violenze del principe GiisuMo di Salerno colpiscono i Genovesi come e più dei Pisani : allorché una nave commerciale di Genova è presa dai suoi, non sodo è ritenuta buona preda ma egli costringe tutti i prigionieri a cedergli ogni loro possesso come prezzo del riscatto (4). Che poi le navi le quali passavano davanti a Salerno ed erano ispesso catturate da Gisulfo fossero dirette tutte verso il levante, come l’Heyd congettura, mi pare eccessivo perchè non può escludersi che avessero interessi diretti anche coi paesi del Tirreno. In- (1) Manfroni, Storia della manna italiana dalle invasioni barbariche al trattato di Ninfeo, Livorno, 1899, pag. 94 sgg. (2) Heyd, Storia del commercio del Letvante nel medio evo, in Biblioteca. dell’Econo-mista, Serie V, vol. I, Torino, 1915, pag. 138. (3) Codex diplomaticiis Cavensis, Vili, 117. (4) Schaube, Storia del Commercio dei popoli latini del Mediterraneo sino alla fine delle Crociate in Biblioteca dell‘Economista, Serie V, vol. XI, Torino, 1915, pag. 82. 4 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA fatti la tariffa daziaria del principio del secolo XII, comprendente i pagamenti dovuti da coloro che si recavano a Genova « prò mercato », stabilisce una tassa di 18 denari pavesi a testa per gli albitanti di Napoli, di Amalfi, di .Salerno, e di dodici per quelli di Gaeta, il che fa supporre, con questi specialmente, frequenti e importanti rapporti. E si comprende come una simile tariffa non abbia ancora alcun accenno alla Sicilia perchè, sebbene redatta nel 1128, essa riproduce e consolida una situazione anteriore, da riportare al secolo XI quando mancavano i contatti con l’isola dominata dagli Arabi (1). Ma era naturale cihe gli amichevoli rapporti stabiliti tra Genova e i Normanni del continente dolessero poi estendersi ailla Sicilia. La conquista normanna dell’isola ha avuto, dal punto di vista commerciale, una duplice considerevole importanza. Non solo, sottratta al dominio normanno, essa poteva fornire più solide basi al commercio delle città mariittimè del nord e mettere a loro disposizione una quantità di prodotti naturali e fabbricati che gli Arabi durante il lungo dominio avevano avuto il tempo di estendervi, come lo zucchero, il cotone, i datteri, le seterie, offrendo così un importante mercato (2), ma apriva un più facile e più breve pasisaggio all’oriente attraverso lo stretto evitando il più amjpio giro intorno all’isola e le crociere dei corsari. Quelle amichevoli relazioni sono anche attestate dalla parte che i Genovesi prendono alla prima crociata e specialmente dall’aiuto arrecato a Boemondo che può così impadronirsi di Laodicea e di altri luoghi posseduti dai Greci sulle coste dell’Asia, Ê assai probabile, come (suppone il Manfroni, che i Bizantini, incapaci di vendicarsi subito, attendessero le navi di Genova al ritorno e così si spiegherebbe la battaglia navale combattuta nell’Ionio dinanzi all'isola d'Itaca nel 1101 tra navi bizantine e genovesi provenienti dalli’oriente, della quale i cromisti non danno la ragione (3). La cordialità dei rapporti e l’analogia degl’interessi politici dovevano ripercuotersi nelle relazioni private e in concessioni commerciali. Così nel 1116 Ruggero II, ancora conte di Sicilia, in considerazione delle loro benemerenze, donava al console genovese Oglerio Capra e a suo fratello Amico un terreno in Messina, presso la riva, del' mare e in vicinanza al castello reale, perchè vi fabbricassero una casa; assegnava a ciascuno una rendita annua pari a una libbra d’oro e concedeva loro (1) Heyd, 139; Schaube, 82-84; Breve recordacionis de decito in Liber Jurium reipu-blicae genuensis «(-Historiae jpatriae monumenta, tomo VII), vol. I, Torino, n. 2ó pag. M- (2) Sulle condizioni economiche e commerciali della Sicilia v. il III voi. della Storia dei Musulmani in Sicilia dell’AMARi, e l’importante studio di P. Ciccaglione, La vita economica siciliana nel -periodo normanno-svevo in « Archivio storico per la Sicilia orientale», a X, faec. ΙΠ, pag. 7-16 dell'estratto. (3> M abboni, pag. 139 egg., 148 sgg. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 5 libera esportazione di me/rci sino all’importo di sessanta tari aurei (1). Quantunque la concessione abbia carattere di privilegio personale, è evidente che l’edi'fìjcio da erigersi doveva essere destinato a servire da deposito di merci e da magazzino di vendita per tutti i Genovesi a Messina e sembra giustificato identificarlo col Fundncum S. lohanrvis, dhe vi si trova in tempi posteriori (2). L’espressione « consolo di Genova » apposta al nome di Oglerio Cajpra ha^ fatto credere che egli fosse addirittura console dei Genovesi a Meslsinà, come hanno ritenuto Hieyd, Campar, Chalandon, Manifróni ed altri (3). Ma in questa età non si trovano altri esempi di consolati transmarini e questo sarebbe (precoce; è più probabile, come credono il Gregorio e lo Schaube, che sia indicato qui soltanto un titolo personale del Capra, il quaile daJlle cronache genovesi appare appunto appartenente al collegio dei consolli cittadini negli anni tra il 1114 e il 1117. D’altra parte il documento è interefssante perchè mostra quale importanza commerciale Mesisina tendesse subito ad assumere e come i Genovesi, comprendendone il valore, si affrettassero a mettervi piede come del resto si stanziarono, formandovi colonie, in più luoghi dell’isola; e da una colonia genovese, o piuttosto di gente della riviera, trasse probabilmente origine Cailitagirone (4). IL’importanza annessa da G-enova ai suoi rapporti con Messina può avere anche un’altra raigione, essere determinata cioè dal fatto che domina tutta la vita e la politica genovese, il dissidio e la rivalità con Pisa. Il comune toscano nel 1126 stringe un importante trattato di navigazione e di commercio con Aanalifì ancora autonoma e fiorente, mentre è in ottimi rapporti con Napodi e un pisano si trova tra gli stitpu-datori di un trattato conchiuso nel 1129 da Napoli con Gaeta che, come appare anche dalla tariffa sopra accennata, è- il porto in maggiori relazioni con Gienova‘(5). iDeve 'â questa importare idi ottenere in Sicilia la posizione prevalente che la sua rivale possiede sulla costa del continente. Così continua a mantenere buoni rapiporti con Ruggero II ail quale d’altronde l’aaniciizia di Genova può sembrare utile all’aspirazione di far risoli a centro del commercio mediterraneo impadronendosi delle due vie che la costeggiano a oriente e ad accidente (6) e forse ne (1) Mortillaro, Opere, vol. V., Palermo, 1848, pag. 7-8; R. Gregorio, Considerazioni sopra la stoiia di Sicilia, I, 592 sgg., 606; II, 82; Schaube, 557 e n. 1. (2) Annali genovesi, (in Fonti dell’istituto Storico Italiano) II, 48 (1194). (3) Heyd I, 183; Caspar, Roger II und die Griindung der normannisch-sizilischen Monarchie, Tnnspruck, 1904, pag. 54; Manfroni, pag. 178; Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris, 1907, I, 364. (4) Amari, Storia, dei Musulmani in Sicilia, III, 229-30, 232. Queste colonie prima clic da mercanti ebbero origine da bande di avventurieri di varie parti d’Italia unitesi ai conquistatori. Ibid. 218 sgg. e Chalandon, 349 e note 4 e 5. (5) Schaube, 552-553; Manfroni, 178, (6) Chalandon, I, 368. 6 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA spera aiuti contro i Musulmani. Infatti Genova, interpostasi media-tnice tra Ruggero e Savona, una nave della quale era stata catturata dal re per «atti di pirateria, conclude un pronto accondp con la promessa da parte dà Savona di fornire al re in quello stesiso anno (1128) una galera per 40 giorni (1). Quando però l’anno successivo, in occasione di una violenta rissa tra Pisani e Genovesi nel porto d;i Messina, nella quale, come narra Caffaro, i cittadini favorirono i Pisani, i Genovesi sdeignati si impadronirono del terzo dedlla città, 'Ruggero non vol'le tol-letrare che così sfacciatamente fosse violata la neutralità del suo porlo e che essi facessero i prepotenti in casa sua e chiese niinacciolsamente soddisfazione dei danni patiti. Genova dovette cedere, restituire la rotba presa e pagare i danni (2). Questo conflitto però non lascia tracce : orinai le vicende e i rapporti si chiariscono. Pisa, alleata a Napoli, repubblica indipendente, ove ih a una base importante, si trova di fronte a Ruggero che mira a impadronirsi in modo assoluto del continente e minaccia di fansi in breve padrone di tutte le forze navali di Napoli, di Salerno, di Amalfi e di Gaeta ed è quindi anche -alleata dei feudatari che gli si oppongono; Genova, che -ha interessi opposti a quelli di Pisa e intende escludere i suoi rivali dalla Sicilia, non partecipa alla guerra contro Ruggero, con cui mantiene rapporti amichevoli o almeno un atteggiamento neutrale, quantunque il papa Innocenzo II, per opera di S. Bernardo, sembri essere riuscito a pacificare le due città sulla questione della Corsica appunto per averne l’aiuto (3). In realtà, intermediario il papa, dopo lunghe trattative e siccome Pisa non vuol impegnarsi se anche Genova non partecipa alla spedizione, le due repubbliche stabiliscono col principe Roberto di Capua un accordo per un’azione comune, ma soltanto mille uomini pisani vengono sotto la guida di due consoni nel 1134 in aiuto di Roberto; Genova non interviene, e una lettera in cui S. Bernardo, il vero dirigente della politica papale, stimo'la i Genovesi, parla di ambascerie di Ruggero e fa comprendere che rintervento e probabilmente il 'denaro e le promesse del re sono stati la causa di questo loro contegno (4). I Pisani, alleati dell’imperatore Lotario e del papa, contro il regno, partecipano alla spedizione da cui deriva la distruzione di Amalfi, massimo emporio commerciale del Tirreno e poi, per il dispetto di non aver jjotuto fare altrettanto con Salerno, si ritirano, forse compensati da (1) Filippi G. In «.Archivio storico napoletano », XIV, 1889, pag. 750 sgg. e Studi di Storia ligure, Roma, 1897, pag. 3 sgg.; cfr. Caspar, pag. 77 sgg., 136, 499 sgg.; Chalandon, I, 378. (2) Annali I, 24; Imperiale, Caffaro e i suoi tempi, Torino, 1894, pag. 177; Manfroni, 278; Schaube, 558. (3) Imperiale, pag. 184; Chalandon, II, 25. (4) Chalandon, II, 32 sgg. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 7 Ruggero con favorevoli concessioni commerciali (1), Genova invece non si muove, continuando nella sua politica tradizionale. Ohe una sua flotta di 80 navi aiutasse Lotario all’assedio di Palermo nel 1137 è detto soltanto da un cronista tedesco (2); Caffaro non ne parla affatto e così neislsun’altra fonte degna di fede; evidentemente si tratta di un errore. La cattura di una nave di Gaeta, venuta, secondo il racconto di Caffaro, (3), a depredare sulle coste di Provenza le navi genovesi, può essere uno dei consueti episodi di pirateria che non implicavano rapporti ostili tra i governi. D’altra parte in questo momento Genova era impegnata in altre imprese. Di quello stesso anno Caffaro narra una spedizione contro .i Saraceni di Spagna in cui furono prejs'e molte navi e danaro; nel 1130 aveva combattuto contro Biugia in Africa e nel 1137 gli accordi con le città marittime di Provenza segnavano il principio della sua supremazia su quel mare ove cominciava a esercitare la polizia (4); nel 1146 ebbe luogo la grande spedizione dhe portò alla conquista di Almeria e di Tortos a da cui la repubblica trasse onore molto e fama ma vantaggi non corrispondenti nè adeguati alle ingenti spese (5). Erano anni di grande attività anche nel campo della politica commerciale come mostrano i patti compresi nei Libri Iwriwm; ma un’importanza spedale ha il fatto che nel 1149 (si stipulava con Pisa un trattato di alleanza offensiva e difensiva da durare 29 anni (6). Evidentemente tale convenzione, che appare abbastanza strana dati i rapporti tra le due repubbliche, doveva essere determinata da un pericolo e da un nemico comune contro il quale occorreva premunirsi. E non si può pensare ohe ad elementi tanto vicini da tessere pericolosi ad entrambi i contraenti e quindi minadciamti dal Tirreno, ai Saraceni cioè o ai Normanni. Il Manfroni pensa che l’accordo fosse rivolto contro Ruggero di Sicilia ohe, dopo le recenti imprese africane, isi atteggiava a padrone e dominatore del Mediterraneo, e che, quantunque vinto dai Veneziani, conservava ancora tanta forza e tanta potenza da incutere timore alle città marittime dell’Italia settentrionale, l’una indebolita dalla lotta contro Lucca, l’altra fi n an ai ari amente esausta per le recediti imprese. Forse la loro, più che una unione contro un preciso e immediato pericolo, era una assicurazione reciproca e una precauzione contro un pericolo temuto o supposto; e di qui andhe Ola forma indeterminata del trattato. In ogni modo, in quegli anni continua la solita attitudine delle due (1) Manfroni, 192, Caspar, 202 sgg. ; II, 35; 34; Schaube, 652-3. (2) Annalista Sassone in Mon. Germ. Hist, VI, 774. (3) Annali, I, 30 e Atti Soc. lig. I, 260. (4) Annali, pag. 28; Manfroni, pag. 195 sgg.: Imperyale, p. 195; Amari, Musulmani, III, 379. (5) Relazione di -Caffaro in Annali, I, 79 sgg.; Manfroni, 207 sgg.; Imperiale, pag. 220 sgg., 227 sgg. ; Schaube, 382 sgg. e 660 sgg. (6) Olivieri in Atti Soc. L'g. I, 272; Manfroni, 215 sgg. 8 GIORNAT E STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA repubbliche, quando Ruggero, senza attendere il consenso del papa Eugenio III, tfa incoronare come .futuro re il figlio Guglielmo, e il papa riprende l’alleanza con l’imperatore contro di lui, Corrado III intavola trattative con Pisa per averne aiuto, ma la sua morte nel 1152 interrompe questi piani e salva ancora Ruggero (1). Per quanto riguarda Genova si può solo notare che non vi è traccia di analoghe trattative e che d’altra parte il suo contegno poco amichevole all’impero greco doveva determinare almeno «un atteggiamento neutrale verso ά normanni. Con la morte di Corrado III e l’elezione al trono imperiale di Federico Barrtbarossa, mentre ned regno normanno àll’abile e ferma mano di Ruggero succedeva quella di Guglielmo I, così variamente dipinto da istorici e cronisti, e a volta a volta valoroso e infingardo, pigro e accorto, la storia così di Genova come del regno e di tutta Italia entrava in una delle -sue falsi più celebri e drammatiche. Audace e ambizioso, conscio del proprio valore e della propria autorità, deciso a riparare gli errori e le debolezze dello zio Cor,rado Ili, Federico aveva un preciso programma: ristabilire il potere imperiale. Ma Γ affermazione dei diritt/i imperiali non doveva e non poteva limitarsi ai Comuni soirti sud terreno del Regno feudale italiano considerato parte deUl’Ianjpero sin dal tempo degii Ottoni; non al Papato ingrandito dalla lotta dell le investiture e mirante a soverchiare in nome delle dottrine teocratiche l’impero; ma si estendeva al Regno di Sicilia, a quell’Italia meridionale su cui tutti gl’imperatori, da Carlo Magno, avevano steso inviano l’oicdhio cupido e la mano rapace; e sulla quale anch’egtli, per l’unità stessa dell dominio imperiale e dell’eredità ideale dei Cesari, vantava diritti. E «si trovava di ifronte una «serie di sentimenti inJsopprimilbili, di interessi invincibili, una mutata situazione di fatto alla quale non poteva più corrispondere una arretrata e superata situazione giuridica : si trovava di ironie, in unione di forze e d’interessi, i Comuni, il Papa, e il regno di Sicilia. In questa lotta grandiosa la situazione di Genova è particolarmente delicata* e difficile: anche per Genova, sebbene in modo diverso dagli altri Comuni, è questo un momento di capitale e decisiva importanza. Venuto Federico in Italia la prima volta nel 1154, anche Genova gli mandò ambasciatori : Caffaro, appunto, e l’arcidiaco Ugo della Volta che egli « (honorifice guscepit, et multa secreta consilia de honore regni et Ianuenisis civitatis legatis aperuit; et ultra omnes civitates Italiae honorem Ianuensis civitatis facere promisit; et sic legatis licentiam revertendi, prout decuit, sine mora honestissime dedit. Consules vero secreta consilia, que legati a rege retulerunt, electis consulibus post eos ven- ii) Chalandon, II, 150. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 9 turis omnia per ordinem narraverunt, et in eorum arbitrio omnia peragere dimiserunt » (1). Peccalo che Caffaro mantenga la discrezione imposta dall’ufficio; sarebbe assai intieiressante sapere quali fossero quei segreti propositi. E se si folsise trattato soltanto defila ricihiesta di jnena obbedienza — ciré pur potè esserci, come fu fatta anche più tardi — meno si spi etgher ebbe quielil’accenno ai vanteggi e quell lasciar ai consoli successivi la decisi oine. Soil diritto dell’autonomia del Coanfune tutti erano certo d’accordo. Credo si tratti piuttosto di un primo accenno alla questione del regno di Sicilia,, questione gravissima per l’imperatore e che metteva Genova di fronte a un problema centrale della sua politica. L’intervento dell'impero occident afte viene infatti a recare un elemento .nuovo e di capitale importanza. Fino a questo momento Genova si è trovata di fronte a Normanni e Bizantini e i suoi interessi commerciaJli e la rivalità pisana ne hanno determinato l’a*teiggiamento verso le due potenze del Mediterraneo. Ora l’azione del Barbarossa allarga il campo e rende più difficile la situazione. Contro Guglielmo I, figlio di quel Ruggero II dhe fu il vero creatore e organizzatore del Regno di Sicilia, sembrano allearsi le più cospicue forze d Europa: il papa cihe non vuol riconoscergli il titolo regio assunto senza suo consenso e rivendica i diritti feudali della Chiesa; l’impero bizantino naturale e fatale nemico dei Normanni che lo hanno cacciato dall’Italia e lo minacciano in oriente; l’impero occidentale nelle aspirazioni di Federico. Ma queste forze, se hanno un intento negativo comune, non possono intendersi; le aspirazioni del papa e de 1Γimperatore fondate sul principio di universalità si urteranno necessariamente appena il rogo di Arnaldo da Brescia avrà liberato il pontefice dal pericolo più minaccioso e vicino; le ambizioni degli imperatori sul medesimo paese sono anch’esse naturalmente in conflitto, mentre l’eterno insanabile dissidio tra ile due chiese impedisce un’efficace alleanza tra il papa ed Emanuele Gomneno. Così il regno di Sicilia, che appare minare iato a morte, è destinato a salvarlsi. Ma la situazione di Genova in questa complessità di interessi è veramente difficile tanto più che essa deve tener conto deill’atteggiamento di Pisa poiché il più vicino contrasto impronta di un carattere di Dre-mtinemte necessità tutta la sua politica: e Pisa, che ha già aiutato Lotario II contro Ruggero li, continua nella tradizionale alleanza all’impero e iha dato promesse di aiuto e ha avuto promesse di adeguati compensi dal Barbaro ssa. Alle prime richieste imperiali del 1154, Genova rispondeva con una prudiente attitudine di attesa e Caffaro appare iq quel suo cauto accenno ili consigliere di questo atteggiamento. E dovè esserne ben lieto quando, (1) Annali, pag. 39. 10 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA Tanno successivo, la prioria ideata spedizione imperiale ned mezzogiorno falliva prima d’avere un principio d'attuazione. Posizione dunque di neutralità, ma negoziata e fatta pesare per trarre il maggior vantaggio possibile dalle insistenti richieste di aiuto ohe le erano da più parti rivolte. Appunto nel 1155 e in seguito a lunghe precedenti trattative, un accordo politico e coiìmierei al e legava Genova atti’impero d’oriente. Caffaro rilem speci adirne nte, tra le concessioni ottenute, quella di una strada, di un fondaco, di una chiesa a Costantinopoli : ma nom accenna al valore politico del trattato col quale Genova si impegnava formalmente a non intraprendere ostilità contro l’imipera/tore, purché egli non toccasse i suoi domini di Siria, assumendo l’obbligo, per i concittadini dimoranti OéU’ìrnjpero, di difenderlo quando fosse assalito (1). Ma qui sotto c’era anche Venezia (2). Appunto allora Venezia aveva stretto un’ailleanza coi Normanni, Venezia perpetua mirti accia per Costantinopoli. Era naturale che il Comneno cercasse l’alleanza dell’altra repubblica forte nel Levante. Così si manifestava la prima opposizione di parti e d’interessi tra Genova e Venezia. Ma di fronte a Venezia alleata coi Normanni c a Pisa unita alViim-pe rat ore d’occidente, l’alleanza con l’imperatore d’oriente, lontano e distratto da tadite altre cure ed interessi, non dà a Genova sufficienti garanzie. D'altra parte Guglielmo e il suo ministro Madone non rimangono inoperosi. Sottomessi i ribelli di Puglia, sconfìtti i Bizantini a Brindisi, costretto il papa Adriano IV a riconoscere l’assumto titolo regio, occorre isolare l’impero d’oriente; e poiché Venezia è nemica di CoMan-tinopoli e Pisa troppo stretta aM’imperatore d’occidente (3), occorre assicurarsi Genova. Di qui, nell’interesse comune e ad accrescere quella posizione di equilibrio e di attesa, un accorrlo Che ha un valore quasi di controassicurazione. Mediante il trattato con Costantinopoli, Genova non si è compromessa per alcun intervento, così può ora accogliere le proposte che, utili per lei, rappresentano anche un trionfo dell'abile politica siciliana (*i). Nel settembre 1156 due inviati genovesi a Palermo, Guglielmo Vento e Ansaldo D’Oria, ottengono dal re un duplice privilegio: il primo () mette sotto la protezione regia i Genovesi e le loro mercanzie, eccettuati i pirati e i nemici del re, e disciplina la procedura per il caso di viola- ci) Annali, I. 42; Lib. lur., I, 213; Beuthlotto. RclaÿUmi di Ornava ran V impero bisantino, Atti Sor. li*. *t. patr. XXYIIÏ, fa*c. Π, pa*. 344; Manfroni. ibid, faéC. Ili, pa*. 597 e Storca drìla marina, pag. 219; IMPERIALI, Caffaro eoe., pag. 255 e 411; Hetd. I, 202 «re.; Scbaueb 279, *gsr. (2) Chalandon. II, 210 e cfr. 193, η. 1. <3) Schaubi, pag. 277. (4) Siracusa. Il ragno di Guglielmo I in Sicilia, Palermo. 1885, τοί. T, pag, 33 f»gg. (5) Liber /urium, J, 190. 202; v. anrhe SiRArreA. τοί. II. η. XXIV. p. 71 «pi.; Imperiale. pag. 256 e 414 sgg.; Manfroni, Storia... 220; Chalandon. 246-7; Ηγηαγρε, 658. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 11 zione dello stato di diritto esistente tra i due paesi, mentre i legali si obbligano a -far giurare ai propri concittadini « qnod non debent mortem regiis vel captionem consiliari et quod si in tota terra regis in personis vel in pecunia depredationem fecerint consules inde ei facient rationem ». E in realtà nei 1157 trecento cittadini prestano questo giuramento davanti agli amìlbasciatoli siciliani tra i quali sono il vescovo di Siracusa e un genovese, Ansaldo de Nigrone, evidentemente vassallo del re. Il giuramento è che nessun genovese entrerà al servizio dell’imperatore greco contro di lui o dei suoi eredi, clausola questa che Caffaro tace come attenua tu'tta la portata del giuramento, mentre insiste con grande compiacenza sudi’importanza delle concessioni commerciali; essa infatti dimostra una certa «fiducia da parte del re di Sicilia o almeno il desiderio di premunirsi (1). A sua volta l’imperatore Emanuele aveva ragione di essere ipoco soddisfatto di questo nuovo accordo che gli toglieva una speranza se non un alleato; e l'ambasceria che, secondo krli Armali, gli fu mandata nel 1157 per esigere i pagamenti promessi col Ir aitato del 1155 può essere stata provocata dal malanimo deLl’impera-tore nel mantenere le promesse (2). Il secondo privilegio (3) comprende la raccolta e la conferma, fatte per desiderio degli ambasciatoci, di tutte le concessioni e le consuetudini che si erano venute formando dal tempo di Ruggero nel commercio coi Genovesi, aggiunte le nuove franchigie accordate dal re. La più importante di «jueste concessioni fu l’esclusione voluta da loro di lutti i Francesi dal diretto commercio col regno di Sicilia. Comincia qui ad affermarsi 11 carattere di monopolio' che essi vogliono dare al loro traffico obbligando i paesi della coista provenzale a far caipo a Genova. La quale fper altro dovette tanche adattarsi a una certa limitazione del libero movimento ideilo sue Diavi mercantili in quanto tìl re r>i riservava la facoltà idi (limitarlo iteniporaneomente durante li preparativi di spedizioni marittimo d’interesse imi Ili tare, inoltre non potevano essi acquistane nè affittare mavì senza permesso del governo. il) Annali I, 46*47 «quam nemine promissionem non solum refri tante potentie tantoque magnitudini'. verum etiam ceteris hominibus pacem tenenti-bue lanuenees u*qtic modo alwqne sacramento firmiter tenuerunt et tenen. unde quidem multo maiora et. pulchriora lanueneoe accepisse quam fecisse, longe lateque a sapientibus l»cr Orbem dicitur et tenetur *. È anche notevole che deçli ambasciatori dice : « eum inulta diu et diu de honore rejriv et Ianuensis civitatis insimul traetaviseent, tandem pacnm et concordiam ex utroque latere taliter firmaverunt »» Il giuramento è in Olivieri, Serie dei consoli ecc. Atti 8. L., I. 292. (2) Annali, pag. 48; Chalandon, II, 247. f3) Lib. lur., I, 230 con la data errata del 1157, come jrià era stato avvertito da Olivieri, Atti ecc. I, 290. Questi aveva però ritenuto trattarsi di due documenti distinti mentre *ono due parti di un medesimo atto come mostra anche analogo documento concesso a Venetia nel 1175. Schaube, 558 n. 5. η GIORNATE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA Da questo documento tsi vede anche quali tf cassero i generi che offrivano (pili (larga materia aJ commercio di esportazione e di importazione e quali le tasse cfhe.si esigevano. A Messina i Genovesi pagavano due soldi iper ogni bottega e uno (per diritto d'entrata purché provenissero direttamente da Genova; «neH’usciTme ακη tari per ogni due colli di merce e altrettanto per 4 salme di grano del quale l'esportazione era permessa solo per Genova (1); nessun pagamento dovevano per la pesatura od erano autorizzati a valersi delle proprie bilancie me 1.1 e rontrattazioni 4ra loro. Quando venivano da Alessandria, dall'Egitto e da qualunque altra *terra cristiana o saracena erano lenuti a dare il 3 % sul valore delle merci vendute. Anche si .ricava che a Palermo acquistavano di preferenza maiali, facendoli venire dall'interno, cotone, pelli di agnello, lana (greggia e frumento e vi importavano panni di lana pagando 120 del valore cioè il 5%, per tutto il resto 1/10. Analogamente a Girgenti e Mazara. Nulla era innovato per Qe consuetudini di Salerno e delle altre terre di -Calatoria e di Puglia «che rimanevano alle condizioni del tempo di Ruggero. Questo atto attesta una grande vivacità di commerci risalente, eom'è naturale, anche al tempo di Ruggero (2), poiché grandi correnti di nde a circa L. 1.25 di moneta aurea; il tari a 2.50: la salma h, rii litri 163. (2) Nel 1141 Alberto Vento lamenta la perdita fatta dal fìllio Parano in flicilia di un'* Arca - con quanto vi era contenuto e vorrebbe e**ere invlcn ni zzato dal comune ma non ottiene «oddtefazione, Lib. lur. I. n. 73. (3) Lib. Iurium I, n. 75 e 909: Regitlrum Curie Archicp. Jan., Atti Hoc. Lie., Vol. II, fase. 2, pa^. 10, e Belcìano, Mutuazione del regittro arcivctc ovile, ibid. parte Π, pag. 465. (4) Amaii, Storia dei Musulmani, III. 297. (5) Monumenta Hittoriae Patriae, Chartarum, t. II, Torino 1853. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 13 Nello iscbematiisano arido delle contrattazioni economiche, delle coni-pere, delle v-endite, dedite •società e delle accomendazioni per commerciare su tutte le coste mediterranee, dalle isole italiane al Marocco e all’Egitto, dalla Spagna alla Siria e a Costantinopoli, ci si offre un quadro if rammentano «e anorganico, ma mirabile di espressione e di persuasione, a rappresentare una vertiginosa attività mercantile, una vita intensa, una larga partecipazione al movimento dei commerci e della navigazione da 'parte di tutta la cittadinanza, a mostrare ile correnti e gli sibocclii di quei traffici. Salerno e sopra tutto la Sicilia, indicata genericamente o nei suoi porti principali, sono appunto i luoghi più frequentemente nominati negli atti del notaio Giovanni già studiati dallo Sci i aube e sui quali avrò occasione di tornare più avanti. La idiilìcile posizione in oui Genova veniva a trovarsi in seguito ai due recenti accordi col regno normanno e con l’impero d’oriente fu certo migliorata dalla tregua trentennale stipulata nel 1158 tra Normanni e Bizantini, ni in amati entrambi dalle aspirazioni di Federico Barba-russa (1). Ma questi non era uomo da rinunciare alle proprie pretese e al proposito di compiere ila sovranità universale dell’impero. Nella prima discesa aveva dovuto abbandonare d’idea della spedizione nel mezzogiorno anche per l’insurrezione romana deJ 1155. Ora, dopo la dieta di Roncaglia, costretto il papa Alessandro a uscire da Roma, fiaccata la resistenza comunale con la distruzione di Milano, l’imperatore poteva accingersi a compiere la parte del 6uo programma relativa al regno normanno. Però Γesempio del passato e la certezza òhe il Regno non sarebbe stato abbattuto [finché non si foi se occupata la .Sicilia che ne era la base, rendevano indispensabile l’impiego di forze navali e l’impero non ne possedeva e non poteva procurarsene se non dai comuni marittimi. Che Pisa aderisse ad un accordo in questo isenso era .naturale e conforme alla sua politica tradizionalmente poco favorevole ai Normanni, amica invece dell'impero. Più diffìcile appariva l’intesa con Genova che voleva mantenere la propria indipendenza e aveva saputo conservare la neutralità nella precedente discesa quando il suo atteggiamento era stato, anche ee indiretta, non ultima causa della salvezza di Guglielmo I. Genova vedeva come un’alleanza troppo spinta con Γimperatore cor-n S'f il pericolo, date Je idee e le aspirazioni di lui, di trasformarsi in vincolo rii dipendenza; perciò a Roncaglia aveva giustificato il rifiuto di obbedienza e di fornire ostaggi e aiuti con gli antichi privilegi e col diritto di mantener libero il amane, mentre aveva ricusato non promessa generica di fedeltà ma pagamento di qualunque .reddito perché non possedeva terre dell’impero e i suoi cittadini, dovunque andassero per i •loro commerci, pagavano già forti imposte. (2) Chalandon, II, 263 14 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA Della libertà d* azione lasciatale dall'imperatore costretto a rinunciare aille sue pretese, Genova si era valsa continuando a trattare con l'impero greco, parteggiando per il papa Alessandro, scortandolo anzi sino in Francia quando appunto a Genova egld si era rifugiato su galee siciliane (1). iL'alleanza normanno-genovese sembrava dunque rafforzata dall’appoggio del papa, dalla comune avversione ai Pisani e ai due imperi. Ma la vittoria imperiale aveva mutato le cose consigliando prudenza, mentre l'accordo concluso dal Barbarossa con Pisa (G aprile 11&?) trasformava la situazione minacciando di tagliar fuori Genova assoluta-r opera di genovesi dimoranti nell’isola dov’e-rano venuti da Costantinopoli e spinse il re di Sicilia alla sua spedizione contro l’impero in apparenza determinata dal desiderio di vendicare la strage dei latini, in realtà dall’intento di riprendere queilla poflitica orientale ohe -già iRoberto Guiscardo aveva cominciato. Anche questa ripresa era però destinata a .fallire (Γ). Intanto il matrimonio tra Costanza, la zia di Guglielmo, ed Enrico figlio del Barbarossa, celebrato nel gennaio 1186 a Milano, era destinato ad avere le più gra-vi conseguenze politiche capovolgendo l’equilibrio deJHe forze itailiane con la prossima unione ded regno normanno all’impero tedesco che si rifaceva così ad usura della sconfitta di Legnano e della pace di Costanza. Guglielmo II distruggeva di sua mano .l’opera dei predecessori e la propria e segnava la fine dell’indipendenza dell -regno che Tancredi tentò invano (salvare appoggiandosi alla borghesia delle città demaniali, all partito popolare e nazionale. Tra le prime difficoltà die Tancredi dovè superare furono le turbolenze provocate dai ‘crociati che si avviavano verso l’oriente dopo la caduta di Gerusalemme e in cui anche i Genovesi ebbero parte. 'Nel porto di Genova si erano incontrati la prima volta il re di Francia Filippo Angusto e Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra; di qui si avviarono separatamente verso la Sicilia ove giunse prima il re di Francia imbarcato su navi genovesi e scortato dallle galee della repubblica comandate dai consoli. Gl’Inglesi isopraggiunti commisero a Messina gravi prepotenze: 'Genovesi e Francesi si unirono al popolo e ne derivò una fiera rissa nella quale cercò invano d’interporsi paciere l’ammiraglio siciliano Margarito. Occorse un forte pagamento perchè gl’inglesi, che si erano impadroniti della città, venissero a patti; ma l’accordo allora concluso con Tancredi e rivolto contro Enrico VI non ebbe effetto. Quando ìesercito tedesco passava il Garigliano, l’armata inglese era già partita per ΓΟ-riente, seguita dalla francese, senza rimpianto del re che vedeva allontanarsi codesti prepotenti e ingombranti alleati. A lor volta anche i Genovesi erano partiti coi Francesi ed erano andati a riprendere in oriente le eterne risse icoi Pisani (2) mentre -altri aiutavano Enrico VI nel saio tentativo d’entrare \n possesso del regno (3). Come già suo padre, Enrico VI era persuaso che l’impresa della Si- (1) Manfroni, 268; Chalandon, II, 402 egg. (2) Annali, li, 34 sgg.; Manfroni 280 sgg.; Chalandon, II, 432 sgg. (3) Le pagine che seguono sono state pubblicate come saggio (Genova cd Enrico VI di Svevia) nella Miscellanea di studi storici in onore di Camillo Manfroni, Padova, 1925, pag. 89-102. Le riproduco per non interrompere la continuità deH’esposizione. 24 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA cilia, 'centro e base del regno, fuorr della quale ogni altra conquista sarebbe istata precaria, non si poteva fare senza flotta; ed egli non ne aveva, mentre T'ammaita normanna era assai forte e guidata dairammi-raglio Margarito da Brindisi che aveva compiuto in Oriente gloriose imprese ed era soprannominato re del mare. Perciò, mentre ancora era in Germania, Enrico intavolò trattative con Pisa a oui accordava molti privilegi. Venuto in Italia, il 1 marzo 1191 concluse con quella città un trattato che rinnovava la clausola di quello stipulato dal Barbaresca nel 1162 (1). La speranza di grandi vantaggi allontanava così la repubblica dalla politica favorevole al regno normanno; e lo stesso avveniva di Genova, che puir aveva dalla .ripresa dei rapporti commerciali col regno derivata una situazione tanto più favorevole in quanto la mutala politica verso i Sìusulmani, la loro persecuzione e l'emigrazione che ne era derivata e l’iniziato deperimento economico, rendendo minori le forze localli di resistenza e di reazione, permettevano meglio una politica di predominio commerciale (2). Eppure (sembra quasi incredibile) quei mercanti così accorti si fecero illudere e abbacinare dal miraggio di promesse ^orbitanti che pur una volta li avevano deludi. Enrico mandò legati a Genova nel 1191 a chiedere aiuti per la spedizione promettendo grandi cose, secondo che narra il cronista Ottofoono (3). Gli ambasciatori Genovesi a 1er volta raggiunsero l’imperatore che già assediava Napoli : ed egli, vedendo la sua armata e la pisana insufficienti al dominio del mare, per assicurarsi il comconsO genovese, il 30 maggio stipulò iin accordo che rinnovava esattamente quelilo del 1162 fatto da suo padre (4). Così le due repubbliche rinnovarono entrambe i vecchi trattati ineseguiti e pare davvero strano che una seconda volta si illudessero sulla, possibilità della loro a/ttuazione. Non è noto se Genova già" isapesse, ma doveva supporllo, dell’accordo con Pisa rinnovante le clan isole del veochio trattalo ; p-uò essere ohe accettasse l . icettabile. Può essere che ci isiia sitato sotto quailcihe maneg.gio politico e che egili, come il Manfroni suppone, conoscesse le disposizioni dei genovesi non tropipo favorevoli all’imperatore per la preferenza dimostrata ■ai pisani e li lanciasse andare isenza assalirli. I consoli, rivoltisi all’imperatore per istruzioni su quell che dovessero fare, ebbero da lui l’autorizzazione a ritornare a Genova dove sarebbe venuto egli stesso per ulteriori aecordi (1). L’ipotesi defl Manfroni trova una conferma di probabilità in alcuni interesisianti documenti del notaio GugflieQmo Cassi mes e. Questo notidario comprende, nei primi mesi specialmente del 1911, assai frequenti atti di società,
Chi parila oggi di corsari ? pensavo sfogliando certe vecchie carte dell’Archivio di Stato di Genova, ove tirov«avo come suol dirsi ad ogni piè sospinto traode di assalti e di depredazioni, temuti di mercanti che avevano perso tutti i loro averi per opera di pirati lungo la loro navigazione. iLa lettura di quelle carte mi faceva tornare in mente ile anticihe novelle toh e contengono tanto spesso de vicende romanzesche di abbordaggi e di rapimenti di corsari e che sono così piacevoli a leggersi, mentre in queste veccJhie carte di Archivio v’era il fatto puro e semplice senza orpelli, v’era la prepotenza brutale, il furto, la perdita delle robe, gli insulti, le percosse, le (ferite e qualche volta la morte del 4 povero navigante, È veramente impressionante Ja quantità di lettere che il governo genovese dirigeva a comunità ed a principi per i beni perduti da genovesi, in conseiguenza di incontri con corsari. Nel solo periodo di una trentina di anni (tra il 1480 ed il 1510) le violenze subite per mano di essi, sono centinaia e centinaia e intorno ad esse si «accoglie naturalmente un ampio stuolo di ordinanze, di provvedimenti e di processi che fanno rivivere questa epoca così diversa dalila attuale. E’ perciò che ho pennato di raccogliere ed ordinare in qualche modo queste notizie che mi sono venute sottocchio e che chiuderò con un episodio di pirateria così clamoroso iche ebbe l’onore di un ampio racconto da parte di un cronista genovese, intorno al quale posso aggiungere qualche particolare inedito. Come si diventava pirati? In una maniera molto semplice. Bastava che un uomo di mare, senza scrupoli e d’animo ifermo, risoluto a «guadagnare largamente, sia pure col pericolo della-galera e della forca, raccogliesse intorno a sè GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 31 pochi compagni che avessero la stessa tempra e le stesse mire. Sopra un (brigantino veloce e ben armato essi andavano ad appostarsi in qualche angolo di costa ove il mare fosse frequentato da passaggi di navi e quando ne era in vista alcuna icthe sembrasse ricca di bottino e poco armata, piombavano su essa 'all’improvviso, e, profittando dèlia sorpresa, del disordine e della inferiorità di armi dei naviganti, salivano sulla nave e la depredavano di quanto rappresentasse una ricchezza. Poteva anche accadere che i consari non si accontentassero di depredare merci e naviganti, ma dhe si impadronissero anche ideila nave stessa e se ne servissero iper più ardite imprese piratesche, gettando il terrore sul miare. Non era infrequente il caso che il governo di qualche città marinara, per indebolire od ostacolare il commercio di una città emiula, permettesse -siiibdo lamente questo ibrig an t/aggio, salvo però a smentire ufficialmente tale condiscendenza. A »volte, per vendetta di gravi offese al proprio naviglio, isi dichiarava pubblicamente la guerra
  • o podhe ore la notizia dèl-Γultimo delitto compiuto dal Galliano. E’ da supporre che il merito di tale straordinaria rapidità fosse dovuta alle segnalazioni per mezzo di fumate e di fuochi tra le varie torri semaforiche sparse sulla Riviera. Til fatto è che, poco dopo avvenuta ì'aggressione essa era conosciuta in Genova. (La notizia produsse grande commozione, sollevò in un attimo l’opinione pubblica genovese, eccitò il governo ad agire immediatamente, e la popolazione marinara fu pronta a dargli aiuto con quello slancio possente e fattivo che hanno i popoli usi od affrontare con provvedimenti immediati le violenze del mare. Era in tutti il pensiero che occorresse finarla subito con questo terribile predone, (prima cbe esso potesse continuare la sua opera distruggitrice verso altre navi genovesi. Prima (18) Bart. Kenarfoa, Annali dclVa. 1488 alla. 1514 oditi in Mueatori, RE. II. 88., Tomo XXIV col. 526. 38 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA ancora che il Senato sancisse con un decreto la formazione di una flotta per catturare il pirata gili ufficiali del Magistrato del mare erano accorsi al molo dichiarando che non si sareblbero moslsi finché non avessero avviato la composizione di una piccola armata. V’erano nel iporto due navi, la Selvatica e la Goana (dette così per-chi ajppartenentè alle «famiglie dei Saivago e dei Goa.no). La Goana, tornata da poco da un lungo viaggio, era poggiata su un (fianco per la pulizia alila carena. Si iniziarono suibito i lavori per raddrizzarla. Contemporaneamente si levavano d-all’arsenale e si riparavano in gran fretta due galee che fprolbabilmente erano state tirate in secco per lo sverno (si era alla fine di novembre) e che dovevano servire di complemento alle due di guardia alle Riviere, le quali erano forse in crociera e dovevano ancora giungere a Genova. Il cronista Senarega (19) descrive assai vivamente questo improvviso concorde lavoro di tutti per accelerare l'armamento della flotta. Si era diviso il lavoro fra cittadini di ogni ordine, e fanciulli, giovani, vectehi si offrivano per lavorare eseguivano con celerità e con cura gli ordini ricevuti, suggerivano tutto ciò che fosse ancora necessario. Lo stesso governa tore Agostino Adorno era presente 'a qnesto magnifico sforzo e vi prendeva parte come privato cittadino. Conradolo Stanga fiduciario del Duca di Milano (la Liguria era allora sotto il governo degli Sfoirza) metteva tutta la sna attività e ila sua autorità a profitto dell’impresa. Il tempo avverso per la pioggia continua osteggiava i preparativi, ma ogni difficoltà era superata daHl’ar-dore dei cittadini che volevano vendicare i -loro morti. Il Senarega narra che si lavorò anche di notte e se qualcuno, istamco per il lungo lavoro, era preso dal sonno, si concedeva un breve riposo appoggiandosi ad un muro o ad un legno e dopo una breve pausa si rimetteva afl lavoro. In meno di tre giorni, tutto ifu (pronto; le due navi, armate delle bombarde del Castelletto e con la forza di seicento uomini, sciolsero le vele ed il giorno dopo comparivano dinanzi a Vignoneto, sorprendendovi il Galliano poco prima che effettuasse il suo ingresso in Villafranca. iLa sorpresa era riuscita splendidamente poiché il pirata credeva che solo allora fosse giunto la notizia del suo delitto a Genova. Il comandante della flotta, Giuliano Magnerri, fece tendere una fune dal lido alle navi per impedire la fuga all Galliano e fece disporre travi sulle tolde in modo da unire le due navi per resistere più potentemente al pirata, se questo avesse osato venire all’assalto. Ma prima di muovere egli stesso contro la nave pirata, volile attendere le galee genovesi che forse per il mare burrascoso non erano ancora giunte. Venne 1-a notte, sorse il giorno seguente ed allora il Magnerri, tesa una nuova fune, si avvicinò alla nave del Galliano dhe invano tentava di sciogliersi dal (19) Bart. Senarega op. cit., col. 526-527. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 39 laccio tesogli. Appena le bombarde cominciarono a tuonare, il pirata fece issare la bandiera bianca e poco dopo egli saliva insieme ad alcuni dei suoi fidi su una delle navi genovesi consegnandosi prigioniero. Se chii©dessimo all lettore di continuare il racconto secondo il suo modo di vedere, egli certamente lo finirebbe con una giusta impiccagione del terribile pirata ad una antenna della nave. Invece Trulla di questo. Dopo un colloquio tra il Gajlliano ed il Magnerri sulla nave patroiuizzata da Salvaigio Salvaiigo si venne ad un compromesso che forse conteneva queste clausole: il Galliano consegnava la nave sua e quella di Boeto, ma sembra, gli era promessa salva la vita e per {malleveria, il nobile Gerolamo di Goano capitano della atltra nave ed il nobile Pietro di iMagnerri, genovesi, si recavano sulla loro nave a 'Nizza tome ostaggi presso Raffaele e 'Claudio fratelli del Galliano, finché rfosse stato sborsato idei danaro. I documenti ed il Senarega non spiegano a quale scopo dovesse servire questo denaro. Suppongo che fosse per pagare il riscatto del Galliano e forse andhe della sua nave. Questo modo di procedere veramente singolare doveva nascondere interessi privati, come accenna oscuramente con qualche paro letta il cronista Senarega il quale trova che, malgrado quell’ultimo particolare, l’impresa era riuscita magnificamente perchè aveva raggiunto il suo scopo. Accenna egli tuttavia che alcuni invidiosi « egregium facinus aliquantiisper débilitassent », e che specialmente i nobili si scagliassero contro il Goano, perchè senza alcuna ragione si fosse offerto come ostaggio « iparuan circumspectum et rei privatae male consulentem ». Il Senarega però non racconta quanto leggiamo in un documento del tempo e cioè che la notizia, dell’accordo, giunta con la consueta rapidità al governo genovese, vi dovette produrre uno stupore ed una indignazione tali che esso ordinò a tre suoi rappresentanti Enrico de (Gamilla, Nicolò de iBrugnalli ed Alarame Gentile di partire immediatamente per raggiungere la flotta; appena giuntivi, congregare tutti i capitani delle navi, presentare le lettere patenti per le quali tutti dovevamo obbedire a loro e subito dopo prendere e legare Galliano, suo fratello, i suoi parenti ed amici e tutta i nicesi, esaminarli separatamente ricorrendo ad ogni mezzo' di tortura per scoprire chi avesse consigliato e procurato mezzi al Galliano per commettere tanti delitti (si dubitava che fossero i Fiorentini) e infine procedere alila loro impiccagione. In seguito, con quattro navi e due galee, essi dovevano navigare verso Vii- 1 afranca e, gettate le ancore ove loro fosse parso meglio, avrebbero inferto off else ai Nicesi, terrorizzandoli, ferendoli, saccheggiandoli. Per giunta alla derrata, se avessero trovato sulle navi di Galliano qualche genovese, dhe avesse preso le arimi contro la patria, dovevano metterlo ai tormenti ed anche a morte (20). (20) Diversorum, Filza 47, 1 dicem. 1490. 40 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA Questi severissimi iprovvedimenti non (poterono essere eseguiti dai tre cornarli ssari percliè quando essi -giunsero alla flotta trovarono che il patto co.nc.luso tra il Magnerri ed il Galliano era già stato messo in esecuzione. Protestarono essi perchè il Magnerri non aveva ricevuto alcuna autorità dalla Repubblica per stringere tali patti, ma ormai due nobili genovesi erano in ostaggio presso i -fratelli Galliano in Nizz-a e non vi era altro a fare. La flotta tornò a Genova portando secò preda di guerra la grossa e (bella nave di Giovanni e la nave dello sfortunato Boeto, ma dovette avere una accoglienza tutt’altro che trionfale perchè il Senarega stesso accenna che, (per la malignità idi alcuni, (fu tanto vicino alila morte il vincitore quanto il vinto Galliano. Quei pochi maligni volevano che il pirata (fosse ucciso, ma prima confessasse quali erano stati gli istigatori idei suoi delitti. Il Galiliiano però, (pur sottoposto a vari generi di tortura, non confessò nulla e dichiarò che la nave era stata costruita con il suo denaro e che delle sue azioni dove\7a. rispondere lui solo. Ma qui incomincia la parte più curiosa della narrazione, del Senarega. Egli racconta che, dopo i tormenti, (fu deciso di uccidere il Galliano; ma due sicari mandati un dopo l’altro per strangolarlo, dovettero ritirarsi dalla impresa per il panico provato dinanzi a tanto uomo « adeo ut non minor viri 'huius credatur ifuisse animus vel potius fortuna quam ifuorit Marii olim erga illuni Cimlbrum ». E siccome il Senarega immagina (sfido!) un sorriso di incredulità sulle lalbbra dei suoi lettori, anzi li sente esclamare: ifìcta haec sunt, non vera », aggiunge che per tre volte gli si gettò il capestro al colo .e tre volte fu liberato « gloriosissimae Virginis praesidiis, cui ab ipsa infantia se voverat et factus homo preces orarias ipsi Virgini ordina/tas nunquam intermiserat », e aggiunge : « Se qualcuno mi crederà troppo credulo errerà poiché per certo ciò avvenne « non arte umana sed Divino auxlio ». Ma vien fatto di domandare al Senarega: E se invece del capestro i (Signori del governo avessero provato uno dei tanti altri mezzi dhe si usavano per mandare al Creatore le persone moleste, sarebbe avvenuto lo stesso miracolo? — La verità è che il Galliano si era assicurata la vita con la vita dei (Rie patrizi genovesi ostaggi a Nizza e che il governo genovese dovette fìngere una azione di severa giustizia contro il Galliano per accontentare il popolo furibondo, perchè volea si punisse il pirata come si meritava, ma era ben deciso di salvare da vita del Galliano per non mettere in serio pericolo quella di due suoi patrizi. Con questo abile trucco, fu sedato il tumulto popolare ed il famoso Pirata con due nicesi fu mandato prigione nel Castello di Lerici. Dopo circa un mese la nave che aveva portato tanto terrore nei mari era venduta in pubblico incanto, ed era. data al miglior offerente, Francesco Spinola, che pagava la (bella somma di 19.100 genovine (21). <21) Diversor., Reg. 144, 30 dicem. 1490, GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 41 Ma il nostro pirata doveva avere degli appoggi ben forti ne la quale por d'ombra e di vento. Versi nei quali un altro artista dalla squisita sensibilità Ernesto Arbocò (Secolo XIX, 17 Giugno 1910) ha creduto di sentire una spiccata affinità col oosidetto moderno - impressionismo » pittorico. 62 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA poeta, nel momento dell·inspiramene, pe.rc-hè di esso è l’esatta espres-sione, volendone esaminare e distinguere gli elementi1 di vita, ci si può trovar costretti ad ammettere, per così dire, un metodo artistico di tradurre quell’inspirazione. Il che va d’aiacordo con la definizione crociana che « l’arte sia l’espressione pura di uno stato d’animo », perchè questo che conveniamo di dhiamar metodo è pur esso prodotto dello spirito •più che dall’inteMietto ed è in ogni poeta e corresponde allo speciale contante atteggiarsi della sua sensibilità poetica. È quanto avviene di ■pensare rileggendo una strofe della già accennata cantilena dei « cuori solitari » : Cuori, solitari cuori, se mai una fanciulla avesse compreso da un volo di farfalla, dal trillo d’un uccellilo, — dall lavorìo di un tarlo entro un piolo che lenta ililnsion di desio in voi cresceva... (1) dove si 'sente l’insolita efficacia di un’arte personalissima tutta intenta a non dire la cosa, ma a farla sentire per via di impressioni nuove e inaspettate, che sono con essa in rapporto ideale e vagamente intuitivo, riuscendo così a meglio comunicarne l’intima essenza. Un altro degli aspetti (più soggettivi dell’arte ceccardiana si ritrova in una -spioca/ta predilezione per le personificazioni dhe fanno prova sovente d’una rara originailità. L’imagine talora si concretizza e si fa innanzi ai nostri occhi come una coisa 'finita, taflora oi trascina in un mondo di impressioni vaghe e indefinite. Ma dove l’artista richiede troppo alla sua 'personificazione, estendendola a un troppo ampio significato, perde in efficacia insieme e in proprietà, come in quei versi che descrivono la « primavera del mare «che ...seduta in sui balconi, rosea tra rami di umidor goccianti, di «passeri le torri erme ghirlanda. È stato ancora giustamente rilevato come il (poeta insista su motivi a lui cari e soprattutto su particolari attributi che dànno anima alle cose (e così è che una rama (fiorita o un raggio di luna o l’occhieggiar d’una stella tra le nubi hanno un loro pa/Lpito di vita). È ovvio che ne consegna, a prescindere, se si volesse considerare nel suo complesso l’opera dell’artista, dallMonpreissione che se ne riporterebbe d’u ncerto tono di maniera, che non si possa talora non sentire (1) Sonetti e poemi, Ed. cit., pag. 149. GIORNALE STORICO e LETTERARIO DELLA LIGURIA 63 assai meno felice quello stesso attributo che altrove era apparso felicissimo. Giovanni (Rabizzani ohe ha dedicalo alla 1 lirica ceccardiana un ibreve studio (1) me ne fa osservare qualche esempio caratteristico. Si legge nel poema « Il viandante » (2) : O 'Primavera, gli alberi dell’orto pendevano origliando alla finestra altrove nello stesso poema: la selva umida pende origliando; nell elegia « in morte di mio fratello » l’esametro: o nato quando la cura sedea origliando „ [a la porta e nella (canzone « Il carrettiere » ; pur l’allba non s’imbianca su la quiete «stanca •de la notte origliando •da la porta de’ monti (3). «Ora, notò il Rabizzani, il senso della suggestione si va aifìevole rudo e rimane il motivo ripetuto, che richiede tante pensoniifìcazioni non sempre necessarie, degli alberi, della selva, delda cura, dell’alba ». * * * Nessun componimento organico dall’ampio schema ci resta di questo originale poeta, capace di abbracciare in un complesso armonico tutti gli aspetti deilla sua personalità. V'è chi dà colpa di quella sua incostanza intellettuale e sentimentale alla sua vita errabonda e travagliata, mentre la ragione delil’una e dell’altra era proprio in quella sua conformazione psichica e mentale che la vita e l’opera aveva foggiate così e non avrebbe potuto foggiare altrimenti, e nella quale non trovava posto quella speciale attitudine a coordinare le impressioni di bellezza che veniva accogliendo in una più vasta concezione artistica che in esse e per mezzo di esse si rivelaisse. E Ceccacdo fu eminentemente il poeta del frammento (4). « Solo di frammenti — dice del noto poe- ti) Giovanni Rabizzani - Pagine di critica letteraria - Pistoia 1911. (2) Sonetti e poemi, Ed. cit., pag. 199. (3) Sonetti e poemi. Ed. cit., pag. 65. (4) Ai vasti disegni di opere non più realizzati accenna Lorenzo Viani in « Ardita ·» (Rivista del Popolo d’Italia) Settembre 1919. Di una sua tragedia schema* ticamente abbozzata il poeta scriveva allo stesso Viani dalla solitudine di S. Andrea Pelago : « Ora son poi tutto (preso da Luca Cambialo. Il quarto atto è quasi tutto verseggiato. Del terzo lo schema è ultimato. Dei primi due son dietro a raccogliere il materiale d’amÌbiente ed avrò bisogno anche di te, Lorenzino, chè è un poema drammatico sì, ma scritto per la rappresentazione e quindi con le debite norme che a questa convengono. Quando io vengo ne sentirete qualche frammento»». E nulla aggiunse di poi a quei frammenti, perohè in realtà soltanto essi dovettero avere vita propria nella sua mente e corrispondere ad altrettante distinte inspirazioni. 64 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA metto II Viandante lo stesso autore (1). — mi par ohe l-o potessi comporre, lasciando allo spirito, che unico li informa, il debito ed il vanto pur di congi ungenti in una ideal armonia ». Il frammento è del resto, per una somma di ragioni, e se ne è molto parlato e scritto, uno dei caratteri dominanti della letteratura contemporanea e ci sono i teorici della « liricità pura » e dell’impressionismo poetico dhe non vedono possibilità eli (vera poesia se non nel frammento, perchè la fantasia opera a lampi e tutto iì resto è lavoro di riflessione; die non è che la teoria del « (fanciullino » (pascoliano. iPoeta fanciullo era Ceccardo nella pura ingenuità dedle sue inspirazioni e doveva riuscire, per esser tutto sincero, poeta frammentario. ■Ceccardo è poi ancora il poeta viandante. Ilo detto già che nell’opera isAia non si legge la realtà della sua vita. Ci fu il viandante della vita e il viandante «per la selva dei canti ». Ceccardo poeta concepiva classicamente e, se si vuole, lapidari amen te così. Il problema dell’arte è in fondo quello stesso della sincerità dell’arte e l’arte se è arte davvero non ipuò essere che sincerità d’espressione. Gli è che il noistro poeta nei suoi entusiasmi estetici sentiva la realtà a quel modo e così essa rivive idealizzata nella sua poesia in cui tutto è sentito ed espresso in tono maggiore. Era quella stessa forma ideale, generatagli nella mente dal suo culto per la poesia, che gli s’era fatta un abito mentale (notevole il pensiero di Ubaldo Fonmentini (2) che tutto il patrimonio spirituale del poeta ha ridotto alla passione per la poesia.). Chiara ed esplicita riesce d’altronde una geniale osservazione del citato iRabizzani (3) : « 11 Viandante ha una genealogia, una stirpe, un progenitore : Dante «0 re de’ viator, Dante Alighieri!». Ed ecco la sincerità di quest’arte. .Altri avrebbe ogni mattina frullato il motivo, come (rubo un’arguzia al Tommaseo) i irati fanno della cioccolata, io viandante, tu viandante, colui viandante... e di seguito, con legami ideologici, astrazioni, fantasticherie compiliate sul paradigma. Il Ceccardi no, egli non posa a viatore, è (egli è, quale si ritrae, il viandante per la sedYa Idei canti); itinerario, le (poesie. Ad ogni ipasso egli e noi acquistiamo maggior Coscienza del viaggio, 'la realtà del quale non i>i legittima coi mezzi consueti, ma, come nei viaggi alle terre sconosciute, esaminando la Idiversa costituzione del suolo, ila nuova fauna, ia nuova fiora, misurando la «posizione del sole nel cielo ». Duole tuttavia che poco o nulla sia rimasto dédia prosa dalla quale la figura dello scrittore e dell’uomo operante sarebbe balzata fuori più netta e più viva. Ma l’anima di Ceccardo è tutta là anche nella poesia, sennondhè quella sua poesia è, come nessun’altra mai, tale che occorre « saperla leggere ». (1) «Nota» al «Viandante»» nel volume «Sonetti e Poemi", Ed. cit. -pag. 357. (2) Ubaldo Formentjni - « L’Azione »» (Genova) - 15 luglio 1922. (3) G. Rarizzani - Op. cit., loc. cit. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA eé * * * Per Ja ifonma e per lo {stile 'Ceccardi è un 'classico. £>i sa cihe ia distinzione consueta (di ifonma le sostanza (pur intendendo per (forma quelle che appaiono le caratteristiche più estrinseche Idell’artista) non è possibile se mon sa (condizione che si riconosca l’impossibilità di giudicar .dell’una .prescindendo idall’altra. Dicendo infatti che tCeccandi è un classico non si vuol idire isoiltanto che la isua iforma sia modellata sugli esempi più eletti del hello scrivere (1), ma più precisamente che sostanza e forma isi fondono e completano -a vicenda in una espressione artistica simmetrica ed euritmica in cui viene sempre a risolversi l’inspirazione. H>a detto del poeta apuano un noto scrittore, Ardengo Soffici (2), che potrelbbesi riconoscere an lui « il (più cihiaro (maestro di uno stile meravigliosamente atto ad esprimere la sensibilità moderna con dignità p perfezione antica ». Ma vediamo «di alcune qualità più propriamente formali del nostro poeta. Sebbene alblbia ragione di osservare Ettore Janni (3) òhe « talvolta ili 'dispregio della facile -musicalità diventi in lui ostentazione e allora il verso igli riesca inon musicale del inatto », non si .può dire che mainohino nell1 opera sua creazioni puramente musicali, cui sia riuscito al poeta 'di completare melila forma finemente anelodiosa, come, oltre la nota « iSinfonia in là minore » (Siliai)e ed Ombre), questa felicissima che ha messa in (musica Lorenzo Parodi: Vanno dandoci il (braccio a *passo e senza un detto.... chè il susurro de le memorie è (filo tenue, d’oro, che luce ed il cor riconduce come 5n barca a un azzurro silenzioso asilo.... (1) Fervido ammiratore o diligente studioso soprattutto dei latini ha lasciato tra i suoi versi qualche pregevole traduzione da Marziale ed un più notevole frammento dall’ Itinerarium di Cl. Rutilio ïïamaziano (Sillabe ed Ombre). — Per ciò che si riferisce alla sua traduzione di Caffaro si veda qualche precisa notizia nella Nota Storico-bibliografica di Arturo Codignola in Bollettino Municipale « Il Comune di Genova » 30 Novembre 1922, nel mio articolo in Giornale di Genova 2 Dicembre 1923 e un giudizio critico nella prefazione di Achille Beltrami alla edizione municipale continuata dal Prof Giovanni Monleone: «Vari i temperamenti dei due traduttori. NcU’uno (Ceccardi) la tavolozza smagliante del poeta forte e imaginoso che ci fa «entire un’eco della colorita e sostenuta prosa dei nostri storici maggiori eoe.....». (2) In un importante saggio critico, scritto a prefazione del libretto di Lorenzo Viani, in cui considera gli inconfondibili caratteri di assoluta indipendenza della poesia di O. R. C. nel confronto con i fanatici rievocatori dei mondi poetici del Carducci, del Paliceli, del D’Annunzio, superati dall’arte nelle più recenti vicende della vita sociale e nazionale. (3) Ettore Janni (Corriere della Sera, 24 Settembre 1910) il quale del Ceccardi pregia essenzialmente l’efficacia descrittiva «vivificata da un profondo senso spirituale del paesaggio» e dèi dell’arte sua un bel giudizio sintetico: «la tristezza della vita consolata dalla bellezza delle co?e». 66 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA E senz’affanno e senza un detto vanno.....; dhè i-1 susurro ■de Ile memorie è vena id’ acqua che divien iti urne (per riviera serena: riviera idi raccolti a Uberi al lume del dì che cade e sotto li rispecchia tranquilli in vendi spechi mentr’ alitano a torno i tremoli echi di dont an’ opre in campi e iborghi; e ili trillo cresce, presso di un grillo (1). Spesso invece, meglio che nella (facile /armonia del verso e della rima, la sua musica si coglie nell’effetto (cìhe è essenzialmente un effetto musicale) di dissonanze e di accordi improvvisi di vere e proprie tonalità in maggiore e in minore cui dànno luogo altrettante impressioni poetiche, come -ad esempio dell’accordo in minore (2) ottenuto nell’ultimo verso di questa strofe d’una delle odi più care ail poeta, « Per una nave di battaglia : A uno a uno i pezzi sbalzar da’ fusti; falciate le ciurme a manipoli cadder; jpoi quando in sulla strage, sui muti cannoni, e sui morenti a lor abbracciati, rumar — con tutte le vele, le sàrtie — gli alberi, e il ponte fu solo gorgóglio id’acqua e di sangue, lor gittò Aroildo un fiore ! •Non è difficile scoprire anche nella metrica, che specialmente ha contribuito, per l’assenza di un 'ardito (spirito d’innovazione, a far passare il poeta agli occhi di molti per non più fche -un fedele carducciano, nella tecnica del verso nonché in certe esteriori peculiarità di stile, il segno (distintivo (dell’arte ceccardiana : quella spiccata predilezione per le parole tronche, causa talora di sgradevole ^asprezza, più spesso di un’ insolita vigoria, quell’ accorto uso della dieresi^ qua&i ad accentuare il valore idi certi voicaiboli, quel vezzo di fare entrare i versi l’un nell’altro e di troncami a mezzo, e quello mon meno comune di affaticarli in un duro (contrasto idi consonanti irte e taglienti.... -Qualche volta il poeta si diletta a dar saggio di virtuosismo metrico e in quell’originale gioco di forma, ad imitazione degli artifìci provenzali della scuola di Arnaldo 'Daniello, dhe è la (bella sestina dei (1) Sillabe ed Ombre, Ed. cit., pag. 73. — Per Lorenzo Parodi il poeta aveva anche preparato non più che un semplice abbozzo d’un «oratorio sceneggiato.» tratto da una tra le più antiche favole latine e aveva pure pensato ad una suggestiva leggenda alsaziana (ne dà notizia una sua lettera a L. Parodi pubblicata dal compianto maestro in Caffaro, 10 Agosto 1919). (2) Sonetti e poemi, Ed. cit. pag. 284. — All'autore steseo la paternità, dell’osservazione critica: Cfr. Lorenzo Viani, «Ceccardo», pag. 157. GIORNALE STORICO e LETTERARIO DELLA LIGURIA 67 « (pioppi, flauto e oro » rara efficacia ha saputo abilmente ottenere dal ri tomo obbligato •L’esametro, ohe più 'chiaramente richiama al Carducci, rappre&enta per ila tecnica un progresso anche nel (Confronto con quello del Thovez, che è rtra 'i più noti recenti scrittori idi esametri, perchè assai più liibeTo •e meno stilizzato nello schema. * * * Questi i distintivi caratteri ideila lirica idei poeta apuano, pregi e •difetti, ima tra i pregi quelli, oiggimai riconosciuti, dhe ne raccomandano la parte migliore a una degna e durevole sopravvivenza (1). In·; dubbiamente, come iha detto dii /Formentini (2), « oggi è una consolazione per iquelli capolavori \degli antichi, ma jmr dalle esperienze, dai stentativi dei più recenti nel raggilo della \poesia italiana e straniera; e miolto fondendo organicamente, e tutto accordando all’indole dell’arte nazionale. Qvellc che -paiono novità della poesia sua, sono semplicemente attitudini della poesia italiana, sorprese, dimostrate, documentate. Egli fu il rabdomante.. Francesco Luigi Mannucci RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Luigi Volpicella, La questione di Pietrasanta nell'armo 1496, Atti della Società ligure idi Storia patria, vol. SLIV., fase. I, pp. 184 in 8°. È la narrazione della controversia svoltesi tra Genova e Lucca nel 1496 per il possesso di Pietrasanta e Motrone; interessamte episodio del-rdanfpreea di Carlo Vili thè contribuisce a illustrare ancora una volta i sistemi politici e i grovigli diplomatici di quell’età, dell resto tra le più note e studiate, andie nei minimi particolari, dela storia italiana. Possesso sino al 1430 della repubblica di Lucca, Pietrasanta passò in quelTamno al Banco di San Giorgio di Genova in pegno di un prestito di 15 mia fiorini, e tsiocome la somma non fu restituita, Genova la ri-teenne in suo dominio finché nefl 1484 i Fiorentini la occupiarono e ritolsero ai Genovesi insieme con Sarzana. Ne venne un’aspra guerra che era nota nelle sue linee generali per i.l racconto di tutti gli storici con-tenreporanei genovesi e fiorentini, a cominciare dal Machiavelli, e della quale, or sono alcuni amni, Carlo Boriiate ha dato, con la consueta diligenza esauriente, una minuta particolare narrazione sui documenti dell’archivio genovese (Miscellanea di Storia Italiana, Serie II, tomo XIX) in uno studio che non vedo ricordato dal Volpicella. Per la piace, firmata a Roma id 6 gennaio 1486, Pietrasa/nta rimale a Firenze che la conservò dieci anni finché Piero de’ Medici la cedette a Carlo Vili con le altre terre e castelli di Lunigiama e Versilia: e gliene venne la perdita della Signoria fiorentina. Ma quando il re di Francia, di fronte al costituirsi dela Lega italica, fu costretto a ritirarsi dal Regno di Napoli e ripassare le Alpi, il governatore francese di Pietra-sainta, dopo vane pratiche con Genova, vendette quella terra ai Lucches» che gli avevano offerto un prezzo maggiore. Genova, naturalmente, iprotestò rivolgendosi al suo signore, il Duca di Milano Lodovico il Moro, che intimò a (Lucca di rendere Pietrasanta ai Genovesi, ma nello stesso tempo il re di Francia perorava la causa dei Fiorentini suoi amici e protetti, mentre Luoda, dinanzi a cosi opposti ordini e consigli, provvedeva al (proprio interesse conservandosi il possesso. Ma quando Genova, adirata dello scacco subito, deliberò di non daire in alcun modo aiuto alla Lega ee prima non Je fossero restituite Io terre perdute, ne ebbe aspro rimprovero del Moro: quel suo contegno era pericoloso e poco riguardoso verso di lui che si era intromesso per farle avere la necessaria soddisfazione. iLa repubblica mandò allora una legazione al Duca a spiegare e giustificare ifl proprio operato e a richiederne valido aiuto: tira l’altro, lamentava l’arresto compiuto dai Lucchesi, anche per le mene dell’Entraigues, il francese venditore e allora dimorante a Pisa, dell’ambasciato re genovese Anfreone Usodi-mare. Come questa particolare faccenda sia terminata e quamdo l’Uso- GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 71 diari are, Costretto anche a «pla giarsi il riscatto, si a stato liberato, non risulta. Ma amiche la questione maggiore defl possesso di Pietrasanta non faceva un passo avanti, non ostante le numerose ambascerie e le lettere frequenti -e He ripetute riunioni che si tenevano in proposito feil Banco San Giorgio. E non era possibile procedere a deiliberazioni ardite e decisive perchè alla complicata situazione generale politica di quell delicatissimo (momento si aggiungeva la minaccia delle fiazion.i interne. La parte dominante deglii Adorno, appoggiata a Milano, temeva infatti J1 intromissfrorue della (Francia spinta dai Fregoso, fuorusciti aippunto in Francia e favoriti da Carlo VTIT. D'altra parte nella complessa situazione (generale e nel timore del ritorno dei Frairucesi, ogni piccola cosa assumeva l’iaspetto di grave problema : nè la Francia nè la (Lega volevano esercitare violenza contro Luoca per non indurila a gettarsi dalla piarte avversaria. Perciò tutto l’agitarsi di Miflano e Venezia, pensino l’intervento di Roma, di Spagna e deir impero, a base di lettere di ambascerie di trattative riusciva vano e inconcludente. Neanche l’intervento di Massimiliano, sceso in Italia alleato della Lega e recatosi ad assediare inutilmente Livorno, vtalse a risolvere la questione nel senso voluto da Genova: a nuMa servirono le accogli i en zo festose cOie Genova gli apprestò; anch’egfli aveva troppo più gravi interessi cui attendere e non diede che buone piairole. Genova, non alblbastanza aiutata dall Moro, che non voleva veder Lucca schierarsi, come Firenze, per la Francia, fini col rassegnarsi e, dopo aJltre e imitili lamentele, rinunciiare al possesso conteso. Non così Firenze che, se allora rimase -in seconda linea, riaffermò più tardi i propri diritti con tanti a insistenza da costringere Lucca a deferire l’adntrato della questione in Leone X, 11 quale naturalmente diede ragione &i suoi concittadini. Queste le vicende e il lavorìo diplomatico che il Volpicella ricostruisce sui documenti degli archivi di .T;uoea e di Genova con molta minuzia di particolari in una esposizione, intramezzata di frequenti brani di lettere e di istruzioni diplomatiche e deliberazioni di consigli, che ha forse il difetto di essere ancflie soverchiamente analitica. Per quanto lo studioso si sforzi di dare all suo lavoro un tono vivace e spigliato, la narrazione di tutte queflle pratiche e negazioni e trattative è di per sè stessa e necessariamente un poco pesante; anzi direi che quel voluto tono leggero e brillante contrasta con la materia e col tipo del lavoro che — è inutile illudersi — andrà per le mani soltanto di eruditi e studiosi, conoscitori del latino. Inutile perciò pare ifl proposito di non dare i documenti nel testo ma nella traduzione : se voleva essere uno studio divulgativo e da largo pubblico, era necessario fosse abbreviato «senza pietà e ridotto alle proporzioni di articolo da quotidiano o da rivista. Così com’è, appare come un individuo che si sia messo addosso un vestito non suo; e la forma leggera e persino scherzosa, che era giustificata quando il VottpiceUa par- 72 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA lava delle imipredazioaii contro Ponzio Palato in un curioso atto notarile, non mi sembra più aidatta tra tante lettere ufficiali e tanti brani di prosa che non sareibbe stato male -conservare nell’elegante latino umanistico dei Bracelli. E ciò siia detto anche a costo di ajpparir legato alle v tradizioni, prevenzioni, «saccenterie » quii abbondantemente deplorate. E un’altra osservazione vorrei fare. A proposito della vittoria navale riportata dai Genovesi a Rampollo sulla flotta francese reduce da Napoli, il Volpicella nota che questa vittoria italiana è poco conosciuta e meno ricordata: e può aver ragione. Poi aggiunge: « L’ Italiia scolastica, ahimè, finora celeibratrice di sconfìtte, divulgatrice di Novara, di Cu-stoza, di iLissa, idi Dogali, di (Adua, par irnienti della lotta italo^francese del 1-Ì95 sa e descrive la idura Sconfitta di Fornovo, iche i (Francesi con ragione esaltano, e ignora o tace la pronta vittoria di Rapallo, che i Francesi icon magione tacciono ». A parte iche Γ importanza politica e generaHe idellle due {battaglile è ben diversa, 0’ Italia «scolastica sa che ia battaglia di Foauiovo, ise è stata strategicamente una vittoria francese, non fu poi per la lega una dura sconfìtta se è vero, come tutti gli storici idal Guicciardini in poi hanno narrato, che ciascuna delle parti si considerò vittoriosa; ma sa ancora e lia ben coscienza ili non essere ceflebratrice di sconfitte; ricorda, è vero, Novara, Custoza, Lissa, Dogali e Adua che (non (si (possono togliere o negare ai ella storia italiana, ma ne indica anche la reale emti.tà e il giusto fl'uniite e .il preciso valore e ne ricerca le cause e ne ricava gl’innegabili insegnamenti, e pure sa insieme ricordare e celebrare Goito e San Martino, Coatit e Senafè, Ain-Zara e le Due Palme, il Piave e Vittorio Veneto. Obi ha raccontato certe cose all'egregio Sopraintendente ohe forse non conosce la Scuola se non per i suoi non (più recemti (ricordi liceali ? Sarebbe ora rii smetterla con le /frasi (fatte, coi giudizi avventati, coi malvezzo di (fare della scuola — della vecchia e della nuova (scuola d'Italia — una testa di turco, un bersaglio contro il quale tutti si credono autorizzati a rivolgere i loro strali, anche se (spuntati. Il più umile dei suoi rappresentanti si nente in diritto di /protestare contro l’ingiusto ed erroneo apiprezzamento. VITO VITALE Orlando Grosso, Genova, Bergamo, Istituto italiano di arti grafiche, 1927. Era veramente strano dhe in una grande collezione onde sono insieme onorati gli studi etorico-artistici italiani e la perfezione tecnica editoriale, accanto alle illustrazioni di Venezia e di Ravenna, di Roma e di Firenze, di Siena e di Siracusa, e a quelle anche di minori luoghi e meno artisticamente importanti, mancasse affatto una illustrazione di Genova, cyuasi che nella storia dell’arte italiana la città dei traffici e dei commerci non avesse una voce sua e urea parola da dire, non presen- GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 73 lasse altro volto che quello degli affarìi, insensibile alle seduzioni e ai richiami della (bellezza. La lacuna è oggi degnamente colmata; nella collezione delle monografìe illustrate dedicate all’Italia artistica, diretta da Corrado Ricci e pubblicata con mirabile perfezione tecnica dall’istituto italiano di arti grafiche di Bergamo, Genova, per opera di Orlando Grosso, prende il posto che le compete : e si può affermare che il valore deliTopera compensa del ritardo e dell’attesa. Dal primitivo nucleo di popolazione ligure-etruisca costituente la capitale dei Genoati, rifugio delle navi di cabotaggio dell’alto Mediterraneo, sede di commercianti etmi'sctm e greci, rivelataci dalia necropoli dhe ei estendeva sul co-ile di S. Andrea e dalla stele scoperta appunto dal Grosso, all’arce romana ricostruita dai Longobardi, alle vicende dei primi ©ecoli medioevali, una chiara rapida sintesi in pochi tratti perspicuamente riassunti segue le vicende più antiche di Genova sino all’età dèlie crociate e all sorgere della maggior potenza sul mare; e le nitide riproduzioni del materiale archeologico aocoanpagnano e commentano la narrazione. Poi l’esuberante attività mercantile, ili molteplice incrociarsi delle iniziative e delle imprese coloniali e marinare, l’a-scemsiione magnifica del popolo intraprendente e operoso, industre e tenace e insieme (rinfuriare delle lotte civili, l’acuirsi delle discordie nobiliari, il parteggiare delle maggiori famiglie, quelle di origine viscon-tile e consolare, quelle venute dai feudi di contado, quelle formate dalle accumulate riodhezze dei traffici marinari. La città medievale rivive nella rievocazione callda e sicura del narratore; rivive nei monumenti più insigni riprodotti con nitida perfetta chiarezza agli occhi del lettore: la torre degli Embriaci e la torre campanaria di β. Donato, S. Stefamo e il chiostro di S. Andrea, Porta Soprana e la Cattedrale, il palazzo del Capitano del Popolo, divenuto poi di S. Giorgio, e la Commenda di S. Giovanni di Prè, le chiese di S. Agostino e S. Matteo. Aq*pare subito, dalla semplice enumerazione, quello die è il carattere tipico e fond amen Me delle manifestazioni artistiche genovesi: l’architettura vi domina sempre e con atteggiamenti particolari dovuti alle specialrs«srme condizioni di luminosità quasi orientale che imponeva ampie superfìci liscie, sporta decisi e robusti per ottenere ricchezza di ombre, sobrietà di chiaroscuro e decorazione a vivacissimi affreschi per animare le facciate delle case sotto il bagliore del sole e nella luminosa chiarezza delle ombre. iLa scoltura ha per lo più una funzione prevalentemente decorativa e -la pittura, mutevole secondo le influenze delle varie correnti o scuole artistiche che dal di fuori vi esercitano la loro azione, non hanno raggiunto uno sviluppo egualmente grandioso. Gli è, commenta argutamente l’espositore, che l’opera d’arte non è concepita daU’artista ligure coorve espressione spirituale, ma soltanto quale semplice narrazione di avvenimenti tradotta in una visione decorativa e in una forma viirtuosa. Non mancano, ei comprende, le magnifiche eccezioni e Luca 74 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA Cambiaso si eleva a commozioni intende s superiori; é se, d’altra parte, Parte genovese non possiede pregi di profondità di pensiero e di pene-trazione dei problemi pittorici, vanta una sensibilità decorativa veramente squisita e iinioonifoniddlbile. Questi caratteri fond'a(me>nta.li si mantengono compleissivamente costanti pur nel mutevole atteggiami delle età storiche e artistiche. Passano dinanzi aigili ocdhi nella calda rievocazioine la bella città turrita circondata dalla linea delle mura costruite, forse sotto la direzione di Caffaro, al tempo del Barbarossa e le grandiose costruzioni duecentesche attestanti tra le lotte delila gente che il trovatore chiama « irta di odio e di contese » urna meravigliosia gagliarda vitalità; e poi le semplici e castigate opere del trecento coi palazzi aerei per alti Joggiati e per ampie quadrifore e i chiostri delle cihiese dai pilastri ottagoni e dalle cotto n-nine biniate. E poi, allentati se non affatto scomparsi d secolari legami con la Toscana, il tipico quattrocento liigure che risente nell’architettura, nell’oreficeria, nella pittura, nella scultura, come ormai la città sentiva nella politica, la completa influenza lombarda. Genova si allarga e si rinnova: molte vedchie costruzioni medievali si riprendono e trasifonmano murando le loggie, a.prendo portichetti e scale ampie, rivestendo lia veòdhia facciata con decorazioni pittoriche. Se l’uso dei rifacimenti, perpetuatesi ajncihe di noi, ha trasformato molte deflle eleganti costruzioni quattrocentesche, interi palazzi (D’Oria a San Matteo, e Spinola in Piazza Fontane Marose) e portali grandiosi e finestre e balluaistrate e motivi ornamentali ridchi e graziosi conservano il tipo di quell’arte. Ma non più esiste la fortezza del Castelletto, grandiosa e superfba. opera militare turrita, costruita dagli Adorno per dominare la riottosa città. La grande figura di Andrea D’Oria domina nel secolo XVI non solo la vita civile e politica ma anche l’artistica''di Genova: il paJlazzo italiano del rinascimento vi sorge appunto per opera sua nella villa di Fassolo, imitata poi dai maggiori patrizi. Dalle opere che architetti, scultori, pittori, arazzieri e ricamatoli, argentieri e mobiliari vi compiono, trae origine nn’arte genovese ispirata a fonti e motivi di rinascimento italiano. iSiamo all’età più splendida: il momento in cui lavorano Pi eri n de’l Vaga e MonfairsoQi e Galeazzo Allessi e i fratelli Lugaro e Taddeo Car-lone e infiniti altri architetti, scultori, pittori; è il momento in cui si apre quella Via Aurea — oggi Garibaldi — nella quale la (sontuosità decorativa alternata alla purezza e alla semplicità stilistica e la Ibeilflezza prospettica e scenografica, compongono un insieme armonioso e regale, facendone una delle più fbelle vie ohe si conoscano. La prima metà del seicento ha visto una fioritura pittorica prima ignota con influenza di varie scuole e correnti italiane e straniere, la fiamminga specialmente; è l’età in cui si raccolgono le grandi gallerie anicora esistenti. Intanto la grandiosa espansione della città e l’intenso lavoro degli edili diminuiscono; ma non si mutano molto i caratteri del- GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 75 l’arte cdquecentesea; lo stile non degenera nella licenza e il barocco si manifesta /con linea audace e movimentata: ipr©dominia sempre, su ogni ardita concezione, la misura classica. Di qui, attraverso il barocchetto del secolo XVIII, risultante dalla tradizione decorativa loca1 e e dalla raffinatezza venuta di Francia, attraverso le influenze del periodo rivoluzionario K<)fttC^e t*na'gnifìo° Prof· Buroi, il Prof. Mochi direttore del Museo e il Sindaco sen. ro . anbasso rievocarono dinanzi ai convenuti la bella figura di Paolo Man-togazza scienziato o direttore, accennando ai suoi viaggi nell’America meridionale, ne n ìa e 111 Lapponia: alle ricerche «ulla coca da lui introdotta in Europa: al Ρί^°ι ^°rat0ri<> dÌ patologia sperimentale da lui fondato a Pavia: al suo primo gidMinmetro : ai suoi antichi esperimenti di trapiantamene delle ghiandole sessuali c e ree*.ntemente sono stati ripresi da uno scienziato straniero come cosa nuova molto strombazzata : alle sue numerose conquiste nel campo dell’antropologia : alla sua feconda opera di /popolarizzazione dell'igiene. Prof· Pcxìeaizana conservatore del Museo Civico della Spezia e rappresentante del Comune di questa Città, ricordò come il Mantegazza solesse di frequente soggiornare nella sua villa «Serenella.» di Santerenzo ove dinanzi al mare ligure scrisse la magigior parte dei suoi libri, ove morì e giace nell’eterno riposo. In Questa occasione la Società Italiana d'Antropologia ha dato alle stampe una accurata Bibliografia degli scritti di Paolo Mantegazza, (Eetr. dall'Arch. per l’Antropologia e JBtnologia, iLVI, 1926, fase. 1-4) compilata dal dott. Erasmo Ehrenfreund, il quale «premetto interessanti notizie sulla pregevole libreria dell’illustre scienziato di oui una parte notevole, con alcuni mes., è stata donata dagli eredi alla Biblioteca Civica della Svezia. * * * Una breve sosta de «Il Gonzaga nella Superba» è, in occasione delle recenti peregrinazioni del S. Teschio Aloisiano, rievocata da uno scritto anonimo comparso nel .. Cittadino » del 1 Gennaio 1927. 11 tema, già trattato da L. A. Corvetto sul medesimo Giornale nel 1891 (contenario della morte di S. Luigi) è svolto col sussidio di alcune lettere del Santo pubblicate qui dallo scrittore. * * Considerati gli studi in proposito, del padre Bofflto e del Prof. Gerolamo Biscaro, Arturo Ferretto in II Cittadino del 4 Gennaio 1927 riferisce le notizie che possano desumersi dalle collettorie dell'Archivio Vaticano intorno agli Inquisitori ed agli Eretici a Genova nel secolo XIII e XIV. - Di inquisizione a Genova, ma in altri tempi, si occupa Amedeo Pescio (Andrea Repetto e C., in II Secolo XIX, 6 Febbraio 1927) trattando dei rapporti del Governo della Repubblica con la Massoneria. In « Caffaro » del 6 Gennaio 1927 Vito Vitale ricorda «Drammi famigliari e tragedie S10RICHE ». -annodati attorno a;lla figura di Ricciarda Malaspina Marchese di Massa, singolare figura di donna nella fastosa società cortigiana del '500. * * * Su « La Ricchezza e la Bellezza di Genova in un libro di Orlando Grosso »» scrive Lazzaro De Simoni in « Cittadino » dell’ 11 Gennaio 1927. LI pregevole libro del Grosso v’è analizzato e n’è ben rilevata la sintesi rapida ma esauriente e comjpleta ch'esso sa offrire. * * * Paolo Bosblli, oin ligure dello stampo antico è ricordato dal Cittadino (11 Gennaio 1927) in occasione delle onoranze rese recentemente nel suo S9<> anno alla sua florida vecchiezza. 84 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA * * * Studiando ©li antichi lussi della -Superba, E. Pandi ani in « II Cittadino » 12 Genn. 1927 parla de «Gli Abiti durante il Rinascimento». La gonna, la schiavina, il bialdo, la guamacca, la giornèa, tutta una pleiade multiforme e multicolore di abbigliamenti curiosissimi sfilano dinnanzi al lettore, illustrati opportunamente. L’articolo è tratto dal voi. del Pandiani « Vita privata ecc.». * * * Sull’ uso della camicia a Genova ei deve ad Arturo Ferretto una prima notizia, sfuggita al Belgrano, (Il Cittadino, 14 Gennaio 1927), e la citazione di una lunga serie di documenti riferentisi all'uso della Cambia nei secoli XII e XIII. * * * Alcuni «Sonetti a Genova» tratti dall'omonimo volume di Aldo Martinelli (studio Editoriale Genovese) riproduce «Il Cittadino» del 15 gennaio 1927. Vi sono cantati paesaggi e ricordi rivieraschi da Noli a Finalborgo da Quarto a Castel Govone. * * * Gravissimo crimine era considerato a Genova la falsificazione della moneta, punito con il rogo e la confisca. Ne parla Januensis dn « Corriere Mercantile », 15-16 Genn. 1927. * * * Di Bartolomeo Maggiocco (1528-1605) e della sua famiglia parla a lungo Arturo Ferretto in « Il Mare », 8 gennaio 1927. * * -κ- Ι restauri delle vie romane e vicinali nel 1604 è l’argomento di un diffuso articolo di Arturo Ferretto in « Il Mare », 16 Gennaio 1927 ('Curiosità storiche di Rapallo di Ohiavari e della Fontanabuona). * * * La regione di « San Teodoro » in Genova viene da Umberto Villa illustrata in « Giornale di Genova » 18 Gennaio 1927. Lo studio, pure breve, è ricco di notizie o di rilievi importanti. * * * Rifacendosi agli antichi statuti della Liguria A. Ferretto («17· Cittadino », 20 Gennaio 1927) espone come si vivesse nel 1599 dn quel di Priora. L’antico ed alpestre paese che chiude da Valle Argentina è fotografato assai bene nei suoi usi e costumi. * * * La Grandezza di Genova sul mare (Cellini e un’esaltazione marinara) è lfargomento di un lungo articolo del marchese Cesare Imperiale di Sant’Angelo nel Giornale d’Italia, 22 Gennaio 1927. * * * Una felice Tievocazione in « Il Cittadino » del 22 Gennaio 1927 sotto il titolo Figli gloriosi della Superba: La leggendaria vita di Paganini ha fatto Enrico Boni, rammentando del grande violinista le vicende della agitata esistenza e le più note leggende diffusesi prima e dopo la morte di lui. * * * Col titolo «Il venerdì' di Ponza» A. Pescio iscrive in «Il -Secolo XIX» del 25 gennaio 1927 su l’impresa genovese che guidata da Biagio Assereto fu feconda jdi gloria per la Repubblica ai danni dei Reami di Aragona e Navarra. * * * Artem batendi folium auri.....» arte tutta speciale dei genovesi, questa, del battiloro, oggi, 9i può dire, scomparsa. Ne parla, C. R. in «Giornale di Genova» (3 febbraio 1927). GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 85 * * * Tutta una pagina del « Cittadino » (5 febbraio 1927) è dedicata a « Gandolin ». Prima un sostanzioso articolo (A. U. M.) ne delinea la figura, quindi egli è fatto rivivere nei ricordi di Amedeo Pescio, infine Erp. rammenta una visita improvvisa di Depretie al geniale giornalista eh’ ha lasciato di se a Genova tanto ricordo. * * * J. Gomez scrive su «Il Corriere Mercantile» (9-10 febbraio 1927) intorno a Un prezioso documento del 1503 su la scoperta dell’America ». Si tratta d’un piccolo libro boemo del [periodo di quella rinascenza «letteraria dal quale viene un contributo alla storia -dei (primi navigatori ohe sotto gli auspici della Corona di Castiglia scoprirono le terre dell\Atlantico. * * * L’emblema araldico dei «Conservatori del Mare» a cura del Consorzio Autonomo del Porto idi Genova è stato recen tiseim amen te riconosciuto dalla R. Consulta Araldica. Fregierà d’ora innanzi la sede e gli atti deU'importantissimo Istituto. Il « Corriere Mercantile » di Genova i(l 2 Febbraio 1927) ne reca la minuta descrizione rifacendone in pari tempo la storia. * * * Facendo seguito a due precedenti scritti (Il Cittadino 12 e 18 Febbraio 1927) nei quali erano studiati alcuni avvenimenti che precedettero il bomibardamento francese dì Genova «del 1848 Arturo iFerretto {parla ora (Il Cittadino 30 marzo) delle giornate del (bombardamento medesimo. Notevole (ed è da rilevarsi con maggior piacere oggi che son (uniti a (Genova) il concorso dei comuni limitrofi a prò della città bombardata. Quelli della Polcevera, del Bisagno, delle Riviere. E fra tutti Pegli, che fu posto al-l’ordine del giorno. * * * Nel numero 13 Febbraio 1927 della Illustrazione Italiana si parla del nostro Istituto Biotipologico-ortogenetico di recente creazione presso l’Ateneo Genovese e del suo direttore Prof. Nicola Pende. *- * * La Rivista Milanese « Le Arti Plastiche » nel suo N. 16 febbraio 1927 contiene, a firma P. D’Ancona, una recensione del volume recente di Orlando Grosso « La Pittura Giapponese (Soc. Ed. d’Arte 111., Roma). In questo libro è notevole la potenza di sintesi con la quale l’Autore ha saputo senz’essere affatto oscuro, mettere eott’occhio al lettore le fasi multiformi d’ un arte che toccò a caratteri, scuole, religioni, dinastie molteplici e su cui una quantità d’elementi disparatissimi ha influito. * * * La figura della infelice Maria Giustiniani sposa allo sventurato Gattilusio, signore di ]jes!bo, è rievocata in Secolo XIX 20 Febbraio 1927 da A. Pescio che in altro articolo i(La scarpa di Petronilla) apparso nello stesso giornale (9 Marzo 1927) si occupa ancora degli interessi genovesi in Oriente facendo la storia della quarta guerra tra Genova e Venezia (sec. XV). * * * Dì eretici non genovesi ma che si rifugiarono in Genova scrive «Janueneis» àn « Corriere Mercantile » del 22-23 febbraio 1927. L’attività degli Inquisitori di cui rimane in molti documenti la traccia ne rivela parecchi. Cinque ne furono arsi in 6ett’anni nell’ambito della giurisdizione dell’Inquisitore genovese pel quale, come si vede, Genova non era una « città di rifugio». * * * Del carnevale genovese antico A. Ferretto ha offerto ai iéttotri del « Cittadino » (27 febbraio 1927) una rievocazione interessante riportando bandi e grida che ne ricordano gli inconvenienti e gli abusi. 86 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA * * * Una identificazione che ci pare di un certo interesse per i cultori della storia del-l’arte in Liguria è quella che ha resa nota Lorenzo Reghezaa nel numero di Febbraio 1927 del Bollettino Municipale « Il Comune di Genova». Si tratta di due affreschi nel Convento dei Domenicani in Taglia erroneamente attribuiti ad un Corrado di Alemagna anziché al noto pittore Giovanmi Canavesio di Pinerolo. * * * Nello «tesso numero del Bollettino Municipale, trattando diffusamente di Una nave genovese del secolo XV e dei Galeoni delle Indie, (Husep'pe iPessagno ha preso ad illustrare con la nota competenza la Collezione Navale Garelliana. * * * Su iQenova e il IRinascimento si intrattiene Amedeo Pescio in tre brillanti articoli dal titolo «Genova e ili IRinascimento» comparsi sul Marc di B-apallo (26 febbraio, 5 e 12 marzo 1927). * * * Ernesto Rossi a Genova (nel centenario della nascita) è il titolo di un interessante e curioso articolo di F. Ernesto Marundo nel Corriere Mercantile del 12-13 Marzo 1927. * * -x- Nel settimanale « Il Mare» i(Rapallo, 26 marzo 1927) Amedeo Pescio parla di una tipica macchietta genovese; Daniele Chiarella. Gtli aneddoti più curiosi sono intrecciati a notizie e rilievi assai interessanti. Lo scritto è in continuazione. * * ·«■ «Januensis» scrive in: «Corriere Mercantile » (25-26 Marzo 1927) intorno a Fr. Francesco da Camporosso detto « Il Padre Santo ». Ne traccia una breve biografia e rapidamente ne descrive l’apostolato in mezzo agli umili in Genova dove morì in fama di santo il 17 settembre 1866 durante l’imperversare d’ una fiera epidemia colerica. -x- * Riparlando della Cucina Genovese in : « Il Secolo XIX >» (29 marzo 1927) Amedeo Pescio ricorda un ipoeta che ne cantò le lodi, Anton Maria Pozzuolo, di cui sono riferiti in copia i versi settecenteschi che celebrano i piatti, più caratteristici delle mense genovesi. * * * D’Enrico Drogo un annalista dimenticato del Comune di Genova evoca (in «Cittadino ») del 22 marzo 1927 la memoria Arturo Ferretto. La figura ne è ben disegnata ed opportunamente collocata nello sfondo degli avvenimenti a lui coevi. * * * Recensendo nella Rivista storica italiana (Nuova Serie V, fase. I, Gennaio 1927) il libro di Emilio Frasca: VAmmiraglio Des Geneys e i suoi tempi, Costanzo Rinaado n’espone succintamente i casi della vita e le fasi dell’attività- militare e politica del Comandante Generale della Marina Sarda —: E /poiché siamo in argomento: «Tripoli torna di moda : la nostra bella colonia mediterranea chiama navi di giganti a vedere la sua interessante esposizione. Altre navi essa aveva chiamate — e italiane aneli’ esse ! — oltre un secolo fa..... L’ho scoperto in questi giorni, frugando in Biblioteca. Sentite ». E la scoperta di Giuseppe Macchi in Caffaro, 3 Marzo 1927, è la storia della spedizione navale della marina sarda a Tripoli nel 1825. Di essa il M. dà un breve cenno. * * * \ Preso lo spunto dalla curiosa notizia di un premio d;i « 50000 pesetas per un Colombo spagnolo », assegnato cioè al migliore studio comprovante che Cristoforo C. era spagnolo e non italiano, Emilio Pandiani nella « Nuova Lettura » (Anno I, η. 1) richiama opportunamente ad alcune delle più recenti conclusioni degli studi colombiani, secondo le quali resta provato che C. nacque tra il 26 agosto e il 31 Ottobre 1451 proprio in quegli stessi mesi in cui il padre Domenico, abitante in Vico dell’ 0- GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 87 livella « era incaricato della custodia della porta della città ivi esistente e quindi obbligato a dimorare presso la medesima». Perciò, conferma il Pandiani, Cristoforo Colombo non ipuò essere che genovese. * * * Nel « Corriere Mercantile », 15-16 Febbraio 1927 E. d’iAlt (d’Altamura) riassume sull’ Arca-dio dal Padre Tacchi Venturi eull’argomento "L'arcade Eudoseo Pan,u tino (ii gesuita Uibertino Carrara) e il suo Columbus studiato ed illustrato da Mario Segre». * * * Mario Buffa nelle « Memorie deH’Aocademiia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini » vol. Vili (1927) fase. I, pubblica un originale studio sui nomi Luni e Pisa, eh’ egli associa con valide argomentazioni, e riferisce all’ etrusco, traducendoli, in base anche ad un restaurato passo di Sernio, nel significato di porto-estuario. * * * Tre lettere inedite di Lorenzo Costa a Stefano Grosso sono pubblicate da Guido Bustdco (N°zze Saregli-Corradi, Novara 1927). Sono dell’ 8 marzo 1857, 16 febbraio e 15 marzo 1858, riguardano la pubblicazione di alcune opere del C. e la preparazione del Canzoniere : « queste ultime [le liriche] non so risolvermi a pubblicarle, ciò non os tante le corregìgo, le pongo in assetto, e brucio quelle che non mi garbano o per la forma o per l’argomento». * * *- Contro la domanda diretta dal Comune di Ortonovo al Governo per essere autorizzato a cambiare il proprio nome con quello di Luni, scrive una densa memoria Michele Ferrari (Osservazioni storiche circa la pretesa del Comune di Ortonovo di assumere il nome di Luni, Sarzana Tip Zappa, 1926). La polemica porge occasione al chiaro scrittore di mettere in luce, sui documenti del Codice Pelavicino alcuni punti interessanti della storia medievale lunense, specie per quanto attiene alla definizione del confine urbano e suburbano di Luni. * * * Le voci corse ultimamente circa la possibilità di un riordinamento della diocesi d? Luni hanno dato luogo alla pubblicazione d’un opuscolo del Comune, dell Opera e del Capitolo della Cattedrale di Sarzana col titolo: Per la conservazione del vescovato di Luni e della sede episcopale di Sarzana. Memoria diretta alla Sacra Congregazione Concistoriale di Roma, stampato a Sarzana, nella Tipografia Rolla e Canale, 1927 II memoriale contiene una chiara sintesi della storia religiosa e civile del vescovato di Luni, soffermandosi specialmente sui documenti della traslazione della sede episcopale da Luni a Sarzana, della quale invoca iil mantenimento, non senza accennare alla proposta fatta altra volta da Manfredo Giuliani nel «Popolo» (XI, 1915, 27 febbraio) perchè la sede «arzanese sia elevata ad Archi diocesi avendo suffragane! i vescovati di Brugnato, Pontremoli, Massa, rappresentanti, invero, successivi emembramenti della diocesi stessa» * * * Il centenario francescano ha procurato due pubblicazioni di carattere storico e artistico intese ad illustrare l’avvento e il progresso del Francescanesimo in Lunigiaca nelle due città i cui cenobi vantano origine dallo stesso Patriarca, Pontremoli e Sar-zana. Trattando del primo Piero Ferrari (La Chiesa e il convento di S Francesco di Pontremoli, nel VII centenario francescano. Pontremoli, Tip. Rossetti, 926), rievocate le tradizioni raccolte dai cronisti pontremolesi sulla fondazione del monastero e della chiesa di S. Francesco, svolge, con larga e inedita documentazione, la parte presa dai frati dell’ Ordine nelle lotte del Comune, di questo insieme tracciando, con 6icura e palpitante dottrina, la storia, dalle origini feuda-li al suo tramontare nelle oignorie. Per Sarzana le carte e i Monumenti esaminati da U. Formentini (Arte Francescana, monumenti e marmi gotici a Sarzana, pubblicato a cura della Deputazione Provinciale della Spezia nel VII centenario francescano, La Spezia, 1926) confermano la tradizione 88 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA nel senso almeno di avvicinare assai la data del convento e della chiesa all'età del Santo : « una poesia francescana, storica, artistica in tutto spirituale —1 scrive Paolo Boselli fiorisce in queste pagine dove Oe due chiese di Sarzana, chiese mirabili, si appalesano nella loro gloria di arte e di fede. La storia politica di Sarzana si presenta dottamente intrecciata con quella dei monumenti insigni. Questo libro arreca note\olissimi documenti alla storia artistica italiana poiché esso considera i monumenti di Sarzana anche nelle loro attinenze con le opere artistiche delle prossime regioni e deM architettura gotica perviene alle successive forme dell'architettura e movendo dall immacolato marmo di Luni, porge un capitolo importante alla storia delia scultura italiana». * * * Sopra il grande navigatore lunigianese Alessandro Màlaepina dei Marchesi di Maluzzo, si sono pubblicati recentemente nuovi studi. Della sua vita e dell’ importanza scientifica dei suoi viaggi hanno ecritto il comandante Joelc Marulli nel domale d'Italia 3dicembre 1926, e più ampiamente, valendosi anche dei manoscritti di Giovanni Sforza conservati nella Biblioteca Civica della Spezia, Carlo diselli (Memorie dell'Accademia lunigianese di Scienze Giovanni Capellini, voi. VII, 1926): a questi studi ha aggiunto una breve nota Manfredo Giuliani (La Giovane Montagna, Parma, 1 aprilo 1927) toccando anche un nuovo argomento: quello dell'attività politica del Malaspina in Lunigiana, dopo il suo ritorno in patria. APPUNTI per una Bibliografia' Mazziniana SCRITTI SU G. MAZZINI PUBBLICATI ALL’ ESTERO 250.) Mattbr Paul, Cavour et Vunité italienne, Taris, Alcan, 1927, '3 voli. Il Master che ha consultato gli Archivi di 'Stato di Parigi porta, per quanto riguarda il Mazzini e Je condizioni di Genova nel ’33, l’importante testimonianza del Decazes, console generale di Francia a Genova, che inviava dettagliati rapporti salilo spirito pubblico in Liguria e Piemonte all suo Governo (voi. 1°, pag. 124 e segg.) Interessanti accenni all’opera del Mazzini vi sono pure nel vol. II0 (pag· 238 e segg.) e in quest’ultimo volume (pag. 336 e segg.). 251.) (Unito lettere di Mazzini ad un Museo, in a Progresso Italo-Americano », New York, 1(1 Dicembre 1926; e in « Italia )), Chicago, 21 Dicembre 1020. Breve notizie delle lettere di Mazzini a F. Campanella testé donate al Museo del Risorgimento di Genova, 252.) Mazzini and Mussolini, in « Stampa Italiana », St. Louis, 7 Oennaio 1927. 253.) Alimenti (ìiviao, Il fascismo e Mazzini, in II (Irido della Stirpe, New York, 22 Gennaio 1927. Breve articolo d’ispirazione politica. 254.) (i. in « L’Impero », Roma, 15 U-ltXI ZO -I (JaJ I . ■Notizie della commemorazione di G. Mazzini tenuta il 10 marzo a «Roma da /Raffaele di Lauro iper iniziativa dell1 Università mazziniana. 318.) Marcuzzi Antonio, Mazzini (Lettere d’amore), in « Patria del 11 nuli », Udine, 17 marzo 1927. Recensione ‘del voi. Lettere d'amore di Mazzini curato da G Gasipe-roni, cfr. n. 272. 319.) Benco Silvio, Mazzini e Ba^ounine, in (.(Piccolo della Sera », Trieste, 17 Marzo 1927. Recensione del voi. del Rosselli su Mazzini e Bakounine, cfr. n. 271. 320.) (Huseppe Mazzini, Lettere d’amore, in ((Giornale Storico della Lettemi, ni Italiana » Torino, Fase. 263-(iti. Breve notizia delle Lettere d'amore di Mazzini curate da G. Gas-peroni, cfr. n. 272. 321.) Un a More di Giuseppe Mazzini, in ((Domani del Piemonte », Torino, 2ti marzo 1!>27. Breve recensione del voi. delle Lettere d'amore edito dal Gasperoni cfr. n. 272. 322.) Cappa Innocenzo, Beethoven e Mazzini, in ((Piccolo)), Trieste, 29 marzo li>27 e in « Popolo », Trieste, 29 marzo 1927. Ampi riassunti della conferenza tenuta dal Cappa a Trieste il 28 anarzo al Teatro Verdi. 323.) Tag lia latrila Ediardo, Le lettere di Mazzini, in « Evangelista », Roma, 30 marzo 1927. Recensione del volume di U. Zanotti Rianco, cfr. n. 46. 324.) Silvano, Alla ricerca di Mazzini, in « Pietre », Genova marzo 1927. Necen t; pubblicazion i ; FRANCESCO LUIOi MANNUCCI La lirica di Gabriello Chiabrera STORIA E CARATTERI vol. IX della Biblioteca della « Rassegna » (un voi. in 8°, di pp. 298; L. 35) Società Anonima Editrice Francesco Perrella, Genova, Via Assarotti, 16 A ARTURO CODIGNOLA La giovinezza di G. Mazzini vol. XXIII della «Collana storica» dell’Editore Vallecchi (un voi. in 16°, di pp. 250, con 15 illustrazioni fuori testo; L. 14) Vallecchi, Editore - Firenze. UBALDO FORMENTINI Conciliaboli pievi e corti nella Liguria di Levante (Saggio sulle istituzioni liguri nell’antichità e nell’alto Medio Evo). Edizione della Accademia lunigianese di scienze, 1926; in vendita presso l’Amministrazione del Giornale storico e letterario della Liguria, Palazzo rosso, Via Garibaldi, 18 — L. 10 Ultime pubblicazioni ; P. NURRA — A. CODIGNOLA Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento (Genova, Settembre-Ottobre 1925) GENOVA Comitato Ligure della Soc. Naz. per la Storia del Risorgimento Italiano. Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 — GENOVA Edizione di lusso, di 500 esemplari numerati fuori commercio — Al voi. L. 100 (cento) Direttore responsabile : Ubaldo Formentini ί. s* ϊ' ο lORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA IfìI IDIA Andato da ACHILLE NERI ΓνΙ/Λ. e UBALDO MAZZINI * * Pastine Onorato, Genova e Massa nella politica mediterranea del primo settecento (parte l.a) — Vitale Vito, Intorno ai «Libri Iurium » — Formentini Ubaldo, Lunigiana romantica : 11 Poeta di Sarzana — Pesce Ambrogio, Luigi Maineri e Giovanni Battista Maria Pizzorno — Sassi Ferruccio, Vicedomini e Gastaldi del Vescovo di Luni — Giampaoli Umberto, Spigolature dalPArchivio dei marchesi di Olivola — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Atti della Storia Savonese di Storia Patria - voi. Vili (Vito Vitale) — Friedrich Schneider, Kaiser Heinrich VII, Der Romzug 1310-1313 (Vito Vitale) — I. Scovazzi e F. Noberasco, Storia di Savona, voli. 1 e II (Vito Vitale) — P. Nurra e A. Codignola, Catalogo della Mostra ligure del Risorgimento (Vito Vitale) — A. Saiucci, Tavolozza genovese (M. Celle) — Piccola Cronaca Colombiana -Spigolature e notizie - Appunti per una bibliografia mazziniana. NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini ANNO III. 1927 Fascicolo 2 Aprile-Giugno SOMMARIO GENOVA Stab. Tip. G. B. Marsano 1927 Giornale storico e letterario della Liguria NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini. COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale. L’annata 1927 esce sotto gli auspici del Municipio e della R. Università di Genova, e del Municipio e della Società d Incoraggiamento della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Il Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali di circa 80 pagine ciascuno. Ogni fascicolo contiene scritti originali, recensioni, spigolature, notizie e appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per ΓItalia Lire 30;. per l’Estero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. GENOVA E MASSA NELLA POLITICA MEDITERRANEA DEL PRIMO SETTECENTO i. ATTIVITÀ’ ESPANSIONISTICA DELLA REPUBBLICA DI GENOVA AL PRINCIPIO DEL XVIII SECOLO 1. Genova e Savoia — 2. Genova e la Toscana. 1. — Che alla Ælepulbbiica di Genova nel secolo XVIII non fostse venula meno ogni vitale energda, ilo mostra non soltanto Γ amore indomito iper la [propria indipendenza, diiesa strenuamente contro tutte le insidie e tutta gli lassailtò; non solitanto ilo (sforzo manifesto di accrescere la propria ipotenziaMtà economica, cencando di dare nuovi impulsi specialmente ai commerci non mai Idei tutto l'anguenti; ma altresì una certa sua ipoŒitroa .di espansione, che si accentua — per vero con non sover-ichia 'fortuna — nella prima metà del secolo, mentre va covando e divampa la ribellione fcòrsa. (Ragioni (poiiMclre ed economiche promuovono Me aspirazione della •Repubblica, fch-e isi esplica nei due campi d’ azione tradizionali : verso ponente, /a contatto e in contrasto con la iben più impetuosa forza espan-skmiisft.ica idei dominio sabaudo; ad orieiute nelle terre déliai Lunigiana sul transito del Granducato verso la valle padana. Il «primo campo si presenta irto dà (difficoltà e lfecondo di amarezze. Spesso ìsd rinnovano con acrimonia le persistenti questioni di confine con il 'Piemonte, ohe già avevano determinato la mediazione di Luigi XIV nel 1673; Oneglia, ormai veccihio possesso dei Savoia, era una spina dolorosa nel iconpo non pingue della Repubblica, non meno del Fin'ale, che minacciava di cadere nelle mani dell’ avido vicino, il quale ancora dappresso stringeva i confinanti feudi imperi aliti delle Liangihe. Neil 11713 l'a eomjpena dell marchesato del iFinale da Cario VI fu un colpo magistrale di (Genova e uno scaioco per Vittorio Amedeo II, da cui pur era sitato offerto un prezzo maggiore, e che nemmeno aveva abbandonata 1’ idea di una eventuale occupazione della stessa Savona La Repubblica iu pronta a sfruttare le particolari condizioni politiche del momento (per •effettuare una così profìcua operazione, che le portava sensibili vantaggi e costituiva «un incoraggiamento ad altre simili azioni. I mezzi di cuii /intendeva e poteva valersi Genova (per il conseguimento di 102 Onorato Pastine taili fini non erano certo ile armi e la conquista violiemta, mia le trattative •condotte con ponderazione ed accortezza di tubiili aneix?ainti'; era il denaro di cui essa avea faima di essere Iben fornita. Il die mon bigniifìca già die .non si dovesse ipur essere pronti ad impugnare le armi se man ialit.ro tper difendere un fcmon acquisto abilmente procurato. A guerra gloriosa con Savoia avea condotto la compera del marchesato di Zuccarel'lo d'ailil' lampero nel 1624; e con le anni era btaJfca conquistata OnegiLa ned 1672, (purtrqppo strappata poi alila Repubblica sovrat.utto dallla dijploan-aziiiai francese. Ora Finale im possesso di Genova non poteva (punto garbare alla Corte di Tonino, già malcontenta per Ja mancata Concessione dei feudi delle Ijangilve promessi dalli’ Imperatore nefll’ alleanza dell 1703. Quetst' oiDtiona questione, interessante anche Genova, era sul tappeto fin da quando nel 1690 Leqpoildo I con suo diiploma Uvea conferito al duca di iSavoia la facoltà di acquistare i feudi impeniiaM confinanti ed inclusi nel tsuo Storto. Ma ili duca si era vista da via intra lei ala dolila Repubblica, che era (riuscita ùn da principio a sventare il passaggio olla casa sabauda del marchesato di DolceoJequa e del ttrimoiipato di Seborca, a cui essa stessa aspirava. iNon così era sitato possibile nel 1713 a Vii-Ionio Amedeo II di impedire allo Stato avversario la compera del Finale; onde, limitato sempre più, egli non tralasciò di indoisdriarsi per rompere quel contratto o .trovare altrimenti compensi. Negli tanni i che seguono al trattato di Ut redi è im Europa un continuo iai trecciarsi di «trattative, d: (proposti rimn.neggioimenti, di accoaxli a vicenda allacciati e spezzati, di (minacce bellicose. Il Piemonfe è sempre in caanpo: vigile, «attento, ipronto a lottare e a ghenmire; e la Repubblica spiega Cfcsa uure un’ attività politica abbastanza viva, per quamto non sorreitta, come quella sabauda, da una conveniente base militare. Dopo il Congresso dell' Aja -(1720), più intensa di\'ieflie cotesta autista. Λ'βΐ 1720 iil Conte Carlo Borromeo, Vicario imperia/le in Italia, a torto o a ragione riferiva al Consiglio Aulico come la Repubblica avesse offerto alla «maggior parte dei 'Feudatari limperiaili delle 'Langhe di ammetterli fra i Buoi nobili, e ciò contro il decreto di Leopoldo I, che vietava qualsiasi oderemza di quei vassalli ad eiltri Principi (1). Ma a co-testi (feudi aspirava, come si dinse, il ore di 'Sardegna, che, per mezzo dei suoi ministri a Vienna, (mirava a stabi kime accordi con Genova su questo punto. Ad loro confrnri e aiT inrterno dei /rispettivi domini, molte terre imperiali vi erano di convenienza dell’ uno o dell’ altro Stato; il procedere insieme nell’ intavolare, al momento propizio, trattative di compera, avrebbe facilitato V operazione, impeddto ogni speculazione della Camera cesarea sui loro antagonismi, diminuite Je spese anche ri- (1) Archivio di Stato di Genova - Lettere Minittri, Vienna, busta 2668, ma zzo 61 · Clemente Doria sul Governo, dispacci del 30 ottobre e 6 novembre 1720. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 103 guardo ai domativi ohe era pur necessario faire ai ministri tajperiali, i quatti avrebbero maneggi ûarta la pra/tiica. Taili erano senza dubbio le intenzioni ‘di Vittorio Amedeo II, che si mostrava ora così propenso ad una intesa amichevole con la Repubblica; egli che ira «pochi anni minaccerà addinitituira «di 'Spingere Je sue miMzie condro iil doaruinio genovese. Ora il Governo Ser.rno si schermiva dalle offerte, diffidente sempre e (guardingo. Alle .ripetute 'insistenze del ministro piemontese, marchese ti'iuseipipe .Roberto «Solaio di Breglio, ordinava, sì, la Repubblica al pro-iprio Inviato a Viiemna, ili gentiluomo Clemente Doria, di ricambiare le premure e la conlidenzJa mostrategdii, ina con tutte « le dovute cautele e circoscrizioni » e « senza dare intenzioni positive (1) ». Le sue convenienze, come riconosceva lo stesso Marchese di RregJio, erano rivolte piuttosto a certi feudi della riviera di Ponente come quelli della Casa di Balestrino, e Amasco; ad altri interni che appartenevano a Feudatari genovesi, quali Serravai le, Carosio, Savignone, Camipofreddo e simitLi; nonché a parecclii uncora dolila Lundjgian’a Anciie su Spigmo in un primo momento si erano avanzate ie mire di Genova; ma questa, riscontrando che il feudo non era confinante con i suoi domiini, «aveva tosto riconosciuto il maggùor vantaggio che al possesso di quella »terra poteva avere il Piemonte (2). Onde, quando lo stesso Conte di Wurumbrand sollecitò Γ InviaJto genovese a Vienna, perchè la Repubblica o qualche suo particolare u ne applicasse alla compra », dato e ne trazione del vessillo sabaudo, che dia; tempo aspirava a piantarsi su terre delüe «Repubblica, anzi sulla Dominante stessa; Γ altro, d* interesse più strettamente economico, tendendosi ad ^impedire die, in visita di vantaggi commerciali, si realizzasse J’ antico sogno del Piemonte di a/prinsi una diretta e comoda via di comunicazione col mare. 2. — Ma non miglior fortuna arniderà all· anadoga aeione svolta dadla Repubblica di S. Giorgio verso oriente. Anche qui ragioni poli tâche ed economiche convergevano a determinare cotesta azione. L’ espansione si (rivolgeva verso le terre deBla Toscana, e, negti ultimi tempi, movente economico era quello di controllare àe vie ded commercio di Livorno, che rappresentava una concorrenza effettiva ed efficace e non un semplice pericolo futuro. Del resto, anche in questa regione i contrasti e le competizioni avevamo una secolare tradizione. (La Lunigiana e la Yeieilia furono regioni a cui sempre mirarono da una fparte gli Stati toscani, dall’ altra Genova. Per Firenze in particolar modo il dominio della Vali di Magra assumeva uno speciale valore politico, come quello che poteva chiudere militarmente i passi di Lombardia e Sbarrare la via della (Liguria. Cosi fu Ohe, dopo le lotte sostenute con Pisa, la quale spinse i suoi possessi fino a Lerici, Genova si trovò di fronte la Rqpubbdica fiorentina, poscia die questa si fu impadronita/ deila rivale città toscana (1406). Col secolo XV Firenze pone piede in Val di Magna iniziando con i Geno* \esi quella gara di ipr dominio che più non si spense, estendendosi pure ad altre terre della regione. Costoro, che nel 1405 avevano acquietato dal Ducicaldo, il ..radi tore di Gabriele Maria Visconti, il porto di Livorno f*r munirsi contro i Fiorentini, furono costretti pochi anni dopo (1418) Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 105 a venderlo alila stessa Firenze per 140 mila ducati d’ oro. Più (ardi (1431), si dava loro in 'ajccamamidiigia Iacopo TI degli Ajp/piani, signore di Piombino, in opposizione appunto ailla metropoli toscana; ma nel 1451 svanì per e^si Γ ocoaisione di impadronirsi di epaeJ)lo istfaterello, quando già la la coe-a pareva, fefliceimente riuscire (1). Intanto la (Repubblica, dietro un prestito di 15 mila fiorimi d’ oro, avea avuto dn pegno per dieci anni da Luooa, a cui dal 1369 era stata umiltà dall’ dmiperaltore Gairio IV la vicaria di MaussJa e di Pietraisanta, terre di iLumigiana e di Versilfia, fra cui la stessa Pietrasanta. Questa, trascorsi dieci anni senza che si effettuasse il irimborso del mutuo, rimajse a Genova, passando quindi sotto il Banco di S. Giorgio; ma -nel 1484 Lorenzo de Medici da faceva improvvisamente occupa/re, i/rtsieone con Motrone in Versilia e con Sa/rzaoia e, Sarzanello in Lixnigiana, accendendo la co^idetta guerra di Sarzana e Pietrasanta, e spuntando anche le proteste e le armi diplomatiche di Genova, non sostenuta neppure dal suo concittadino Innocenzo Vili Cibo, tìfie aveva sposato il fìgflio Framcestìhetto a Maddalena, nata da Lorenzo id Magnifico, p si mostravi! fleraanentte avverso alla sua patria. Coteste terre di Luniigiana e di Versilia furono in seguito (1494), con Riprafatta, Pisa e Livorno, cedute viflmenrte da Piero de Medici a Car- lo Vili; e se Genova, dopo Fomovo, poteva acquistare col denaro Sar-zarta e Sarzanello, «pendeva però la possibilità di ritornare in possesso dà Pietrasanta passata definitivamente ai Lucchesi (1496) (2). E vani pure riuscirono i tenta/ti vi fatti nel 1527 e 1530 per ricuperare Pietrasanta, approfittando deri inaivi frammenti in cui veniva a trovami Firenze: lo stesso Andrea D’ Oria avea dovuto rilhira/rsi con le sue galee di fronte alla risoluta opiposizione di quella popolazione (3). Così pure in quel tempo si insisteva inutilmente per riavere Livorno, perduta già da oltre un secolo, sebbene non fosse allora che urta- piccola località, a cui il BracelM (sec. XV) assegnava una popolazione di soli cento fuochi. Ma i Genovesi già (mostravano con le loro insistenze di comprendere fl’ importanza ohe poneva e doveva assumere quel porto (4), di cui i gnandiflchd faranno un ricco emporio in contrapposizione alla loro città. E mentre i Còrsi ribelli trovarono spesso nella Toscana um punto di appoggio, la steesa Sarzaroa, rimasta saldo possesso iigure, veniva insidiata dai Fiorentini, onde Genova eiibe alcuna volta motivo di temere che (meditassero di impadronirsene con un colpo di mano, conniventi gli 41) Ambrogio Pesci, Un tentativo della RepubbUca di Genova per acquistare lo Stato di Piambin** in Archivio Storico italiano, dimp. I, 1913. (2) Luigi Volpicrlu. La qui+tions di pietrasanta ncU'a. 1496 in - Atti della Società Lij?. di 8t. Patria «, Voi. LTV, fa*c. 1, 1926. (3) Lnci Ktapfbtti. Contributo alla storia del costumi? nel batso M. E. - Inventario illustrato dei beni c robe dell'opera di iS. Martino in Pietraninta iaprile 1420) — Genova, 1906. (4) Girsirre Ahdiiani, Gvicoma Bracelìi nella Storia della Geografia in · Atti della 8oc. Lig. di St. Patria vol. LII, p. 201. 106 Onorato Pastine stessi ufficiali della Repubblica (1). E se è vero che Cosimo I giunse a (proporre a iFiliippo la distruzione delio iStato .genovese, e dhe anche in seguito la Toscana non si disinteressò (come, ad esenupio, per la congiura del Vacchero (2) dei rivolgimenti interni della Repubblica; è pur certo che, in generale, i Granduchi medicei « non æi&panmiavano inai denaro, artifìci diplomatica, informazioni e raggiri per escludere i Genovesi da quei trattati pei quali con spirito assai spesso di mercatanti, costoro miravamo ad accrescere i loro possessi » (3). Così accadde per Pontremoli nel secolo XVII. Questa terra importali tissima, già feudo ded Fieschi, che spingevano la loro signoria sino a Calettano, dopo fla congiura genovese del 1547 «passava alla Spagna. Cosimo I 1’ aveva inutilmente richiesta per sè; ma i Medici non la perdettero mai d' occhio, mentre ingrossavano il loro dominio in Lunigiana con la compera di molti feudi, ben guardarti dal Governatorato e daJ presidio militare stabilito in Fi aizzano. ! Genovesi, che pur erano andati perdendo terreno, non si mostravano tuttavia meno vigili, valendosi degli stessi mezzi e delle medesime arti. E così fu che nel 1647 riuscivano a farsi cedere per duecento mila pezze dal Governatore di Milano Don Bernardino Femandez de Velasco, Pontremoli; possedimento però che doveva rimaner loro soltanto fino al 1650, quando Ferdinando II di Toecama riuscì ad entrarne egli stesso in possesso dietro il pagamento di quattrocento mila pezze alla Corte di Madrid, che, per gli intrighi del Granduca, aveva finito per megare la ratifica alla vendita precedentemente fatta a Genova dal Governatorato di Milano (4). Avevano ragione gli Eccellentissimi di Palazzo quando affermavano, nel 1648, che il 'Medici « continuando ne’ soliti pensieri di farsi patrone di tutta la Lunigiana, non può soffrire gli avanzamenti della Repubblica in quelle parti > (1); nè le gelosie, gli intrighi e gli approcci cessarono, chè anzi si protrassero nel secolo seguente; ed appunto nel-Γ anno 1723, in cui, come vedremo ancora, si trattava una eventuale compera di confinanti feudi imperiali, la Repubblica guardava particolarmente a quelli della Lunigiana, interessandone il proprio Inviato a Vienna. E fra gli altri acquisti, uno assai notevole solleticava allora pa/rli- (1) Così avvenne dnrante le discordie fra i due Portici finite con la pace del 1576, quando il Governatore Pietro Cal>eUa Imperiale, per ira contro la faraone del Portico di 8. Luca, proditoriamente trattò per vendere Sarzana e Sarzanello al Granduca. Ia trama fallì; ma «rii intrichi furono rinnovati, come altrove avrò occasione di mostrare. (2) Gino Arias. La congiura di G. C. Vacherò, Firenze. 1897. (3) L. Staffetti, recensione a U. Mazzini. Un Malatpina di Villa/ranca omicida in Archivio St. /tal., ser. V., t. XXX, a. 1902. (4) L. Staffetti, Donne e Castrili di Lunigiana, II, Trépana c l'ultimo de' suoi .Marchent ifaUutpina, p. 11-13. — La questione di Tresana è un episodio delle competizioni di cui qui si discorre. (5) L. Staffetti, op. cit., p. 19. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 107 colarmente la Repubblica: quello di tutti i feudi posseduti dal duca, di Massa; acquisto che, oltre a portare un ingrandimento territoriale non disprezzabile, -aveva sovratutto, indirettamente, un notevole interesse economico rispetto al commercio di Livorno, che Genova cercava di limitare in ogni modo. Di fronte a tale mossa del Governo Ser.mo, quale doveva essere l'atteggiamento del vicino Stato, .antico rivale nella gara di espansione ? Massa, nelle mani di una nobile famiglia genovese imparentata con i Medici, ai margini della Repubblica e del Granducato, doveva essere inevitabilmente — e fu sempre di fatto — in continui e molteplici rapporti con entrambi gli Stati, oggetto di aspirazioni e campo d’ influenza per essi. Quel territorio tagliava fuori dal Granducato i domini di Lunigiana, onde la sua condizione politica doveva assai premere a Firenze. I gran-duelli inoltre avevano aperta, per i bisogni degli scambi economici, una strada detta « Gra/nagnacc: », che «attraversando per breve tratto Massa e il suo dominio, passava in Lombardia senza toccare lo Stato gena-vese. Abbandonata per qualche tempo, questa strada veniva riaperta al commercio da Cosimo ITI dopo il trattato di Londra. Il Governo toscano si era facilmente accordato con i Signori di Massa dietro il pagamento di una piccola somma di denaro; nè mai quei Duchi avevano ostacolato o grava/to con imposte il transito per il proprio territorio delle merci dello Stato fiorentino dirette a Venezia, in Lombardia e Germania. Molto interessava quindi che questo territorio non cadesse nelle mani dei Genovesn; i quali, naturali avversari dell’ incremento del porto di Livorno, avrebbero in ogni modo cercato di impedirne il libero sfogo air interno. Ma dietro agli interessi del Granducato, come pure a quelli della Spagna; dove FJ.isaJbetta Farnese sosteneva naturalmente i vantaggi del figlio Don Carlo, riconosciuto dal trattato della Quadruplice (1718) (piale successore aHa corona, oltre che di iParma, anche di Toscana; si agitavano gli interessi di altri Stati europei, e in modo particolare del-Γ Inghilterra, che si avviava a divenire una grande potenza mediterranea. E’ necessario quindi, per la migliore comprensione e il più giusto apprezzamento dei fatti, soffermarci anzitutto ad esaminare brevemente il problema del Medi terraneo, il quale attraversa appunto, nell’ epoca di cui discorriamo, una nuova fase quanto mai importante e degna di studio. 108 Onorato Pastine II. GENOVA E IL PROBLEMA DEL MEDITERRANEO 1. Il contrasto franco-bri tta-nico per il predomino nel Mediterraneo e la Repubblica — 2. Le relazioni con l'oriente e di porto di Livorno — 3. Provvedimenti della Repubblica per il commercio del Levante — 4. Misure contro Livorno : le tariffe del Portofranco — 5. Il Lazzaretto della Spezia. 1· — Quel predominio marittimo nel bacino occidentale del Mediterraneo, che Genova aveva acquistato nel Medio Evo, affermazione di potenza che soltanto ai nostri giorni felicemente si rinnovò, era andato perduto per la Repubblica marinara con 1’ età moderna. Ma nel gioco delle aspre e secolari competizioni per la soluzione dell’ assillante problema di cotesto mare contrastato, essa fu sempre un elemento che ebbe peso e valore non certo trascurabili. Prima ancora che per le grandi scoperte, a cui pur tanto contribuirono suoi figli gloriosi, il centro di gravità dell’ attività mercantile europea si spostasse sulle sponde dell’Atlantico, già i Catalani avevano strappato ai Liguri il pritmato marittimo, che rimaneva quindi alla nuova monarchia, spagnuola, dopo la gigantesca lotta con la Francia, protratta fino al 1559. Genova,, centro mercantile pur sempre importante, padrona, col possesso della Corsica, di una posizione mediterranea notevolissima, è necessariamente coinvolta in questa lotta, a cui dà navi e ammiragli, mentre la sua isola è campo di battaglia specie per i Turchi, che con Solimano il Magnifico si affacciano all’ occidente per tentarne 1’ ambito dominio. Intensi sono i rapporti commerciali e bancari con la monarchia spagnola durante il periodo della sua preponderanza politica, mentre incessanti sono le minacce e le ambizioni del Re Cristianissimo verso la Repubblica, intrecciiantisi con quelle sabaude. La politica di espansione mediterranea ripresa dalla Francia dei Borboni, mentre va declinando la potenza spagnuola, ha uno dei suoi vigili occhi rivolti sulla vicina metropoli ligure per insidiarne la stessa indipendenza ed aggiogarla ai propri interessi. E quando il programma di predominio sul Mediterraneo si fa con Luigi XIV più deciso, ecco a Costantinopoli intralciata, dall’ ostilità francese f opera saggia del M.co Gio. Agostino Du-razzo rivolta a riattivare i traffici con 1’ Oriente (1665); ecco 1’ inaudito bombardamento del 1684. Ma proprio quando il Despota di Versailles crede di veder realizzarsi il suo 'piano col porre sul capo del nipote la, corona spagnuola, illudendosi così di poter sommergere i Pirenei ed allacciare Marsiglia con Barcellona, Napoli e Palermo, una nuova Potenza si affaccia alle Colonne d’ Ercole con mire e propositi di predominio: 1’ Inghilterra. GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 109 Inglesi, come pure Olandesi, erano per vero tutt’ altro che nuovi al Mediterraneo. A Costantinopoli, dove (prevaleva da (tempo il’ amicizia francese, essi erano riusciti a 'stipulare convenzioni! vantaggiose per i loro compierci. Genova stessa avea con quei mercanti rapporti economici e marinaci, e ad epoca remota risalivano le relazioni con Venezia; mentre più freqnen'ti e vive erano quelle allacciate con la Toscana. L’ Inghilterra, dopo la seconda rivoluzione (1688) attraversa un periodo di intensa attività industriale e commerciale, segnando progressi rapidi ed incessanti. La, sua partecipazione ai grandi conflitti europei e in relazione con tale incremento e con la sua politica economica. Ed eccola al principio del settecento·, con la guerra di successione spagnuola, stabilirsi in Gibilterra alla porta del Mediterraneo, donde più non verrà smossa., rendendo vano il tentativo francese di signoreggiare il bacino occidentale di questo1 mare. Nello -stesteo tempo, sulle coste dell’ Italia meridionale stabiliva pure il suo effimero dominio un’ altra Potenza, 1’ Austria, che da sud e da nord contrasterà d’ ora in poi ai Borboni di Spagna 1’ espansione politica nella penisola, appoggiata spesso da Londra, che dei Borboni del-1' uno e dell’ altro ramo voleva impedire il predominio su quel mare, in cui già aveva svolto una. larga opera di penetrazione. Tali .atteggiamienti si delineano subito dopo i trattati di Utrech (1713) e Rastaidt (1714). I malcontenti austriaci trovano eco nel gabinetto britannico; il tentativo dell’ Alberoni è sventato e le navi inglesi combattono nelle 'acque italiane contro gli Spagmioli (10 agosto 1718) a vamtaiggio ideigli Austriaci, ma innanzi tutto dei propri interessi. E cotesti, interessi determinano la politica d’ intervento dell’ Inghilterra nei secoli seguenti. Dal Congresso dell’ Aja (1720) essa, nella, sua espansione, si trova sempre sbarrata la via. dalla Francia, a cui, per tutto il XVIII secolo, sii appoggia la Spagna. Cosi nella guerra di successione d’ Austria e in quella dei. sette anni, come nella lotta accesa dalla ribellione delle colonie inglesi' d’ America; e se Minorca, conservata a Parigi (1763), sarà restituita nel 1783 al re Cattolico, non per questo isi arresterà la (fortuna britannica. (La quale non intendiamo quìi seguire nel suo volo attraverso il XIX secolo, da, Malta alle isole Jonie, da Navarritno alla Crimea, da Cipro a Suez; ma, l'iìmitandooi a quanto riguarda il settecento, vogliamo soltanto osservare che la. Repubblica di Genova, la quale alle .violenze inglesi ebbe tailvolta. a resistere con energia (nel 1746-47, ad esempio, e durante i (rivolgimenti della rivoluzione francese), fu necessariamente coinvolta,, come già nel conflitto fran)c o-sp'agnuolo del XVI secolo, così in quello anglo-borbonico di questa epoca per il predominio del Mediterraneo. La Corsica diventerà nel settecento esca all’ avidità delle varie Potenze. Impero, Savoia, Inghilterra, Spagna, Olanda, Francia rivolgono con maggiore o m-iìnor fortuna, le loro mire e spesso le insidie di una 110 Onorato Pastine politica coperta e subdola contro Γ isola. genovese, la cui importante posizione eccitava le più vive sollecitudini (1). Ma prima ancora, che la. questione della. Corsica si accendesse, l'urto ■di interessi economico^) olitici fra la Repubblica e le Potenze europee mediterranee si determinava in Toscana. I fatti che verremo esponendo, e che cadono fra il secondo ed il terzo decennio del XVIII secolo, stanno a rappresentare appunto un siffatto contrasto, nel quale collimavano le convenienze dei vari Stati contro la Repubblica; nè cotesti fatti potrebbero essere considerati nella loro vera luce e nel loro giusto significato, senza inquadrarli nella situazione generale della, politica medi-terranea europea, e senza tener conto della posizione e del valore che rispetto a questa assumeva lo Stato genovese. 2. — Genova non aveva mai interrotta la sua attività marinara, anche dopo la scoperta delle nuove vie commerciali e Tirruente conquista del Turco. Tagliata fuori dal Mare Maggiore (M. Nero), che — vero mare italiano — avea già risuonato del suo nome e della sua gloria; spezzate le antiche correnti di traffico; perduta con Scio (1565) l’ultima, colonia in levante; la icittà ligure non aveva per questo ri nu merato ded tutto alle sue relazioni con 1’ oriente, per quanto divenute ormai diffìcili e rischiose. Alblbandonati i piani di riattivare gli scambi 'attraverso la Russia, o di tentare nuova via lungo le coste settentrionali dell’ Asia, nel 1623 si istituisce, con privilegi della Repubblica, una Comlpagniia per il commercio con le Indie. Marinai-mercanti continuano a solcare il Mediterraneo con tenacia e .non senza lucro; per essi si compiflano portolani (2) e lavorano cartografi. L’alleanza del Cristianissimo col Turco, nel secolo XVI, aveva portato alle Capitolazioni concesse dall’ impero ottomano alla Francia, che instauravano un sistema di rajpporti politici ed economici, da cui specialmente Marsiglia traeva straordinario profitto. A Parigi si era. rivolta Genova fin dal 1654, per mezzo degli ambasciatori G. B. Pallavicino e Gian Luca Durazzo, per ottenere appoggio nei tentativi di ripristinare i commerci interrotti con 1’ oriente; e con maggior efficacia, come già ricordammo, il M.eo Gio. Agostino Durazzo 'trattava direttamente (1) Gioacchino Volpe in Europei e Mediterraneo nel XVII e XVIII secolo - Come la Corsica divenne francese, (Politica, τοί. XVII, f. T, n. XLIX, 1923), come nota anche P. Silva (Aspetti e fasi del problema del Mediterr. occid. nell’ultimo secolo in Nuova Rivista Storica, 1924, f. IV-V), ha messo in rilievo cotesto competizioni europee per la questione còrsa. Su tale argomento avevo io pure già insistito in : La Repubblica di Genova e le Gazzette - Vita politica ed attività giornalistica · sec. XVII-XVIII, Genova, Waeer, 1923. (2) G. Andbiani, L’Asia Minore nel Portolano di Giov. Francesco Monno (1633), (Boll, della E. S. G. I., serie V, voi. VII, 1918, nn. 5-6, 7-8). Genomi e Ma>ssa nella politica mediterranea ecc. Ili col Gran Visir (1665), attenendo da. Maometto IV libertà di traffico, diritto consolare con facoltà giurisdizionale, tolleranza religiosa e amicizia. Viv-aci le opposizioni dei Francesi, a cui si aggiunsero quelle di Inglesi, Olandesi e Veneziani; indegna e dannosa Γ opera del residente conte Gian Maria iSinilbaMo Fi escili; diffìcili e talvolta andhe aspiri i rapporti con la Sublime iPorta per icalomnie di maJlevoli, non sempre del resto prive di fondamiento; ferme e salde ormai le posizioni ottenute dalle altre nazioni più fortunate; ma comunque quel levante nel quale g'ià aveva dominato S. Giorgio, veniva pur di nuovo aperto all’ attività della vecchia città, marinara. Non così però da poter, in questo campo, non dico soverchiare, ma neppure uguagliare ·Γ espansione di Livorno; chè Γ importanza europea e mondiale di Genova, consisteva pur sempre, come già fin dal XV secolo, soprattutto nel suo largo movimento bancario, che si esercitava specialmente nei rapporti con i domini del re Gattolico; onde, a detta del cav. Roberto Solaro, ambasciatore di Savoia a Madrid nel 1673, quella monarchia odiava i Genovesi come « distruggitori della Spagna con i loro cambi » (1). Il (porto di Livorno era sorto nel seicento -a grande fortuna, monopolizzando, si può dire, J’ importazione dall’ .Asia Minore in Italia, ed estendendo la sua influenza in Toscana, Lombardia, Piemonte, nel Regno di Napoli, nello Stato pontifìcio e nella stessa Liguria; e certo non floridi dovevano essere al confronto i traffici di Genova in quelle parti, nel 1698, quando un tal Nicolò Maria Geirola presentava al Ser.mo Governo della Repubblica un progetto, in cui si suggeriva di promuovere un’ energica azione in concorrenza con i rigogliosi comimerci di Livorno, navigando e mereatando in oriente anche con bandiera, forestiera, per sfuggire aile opposizioni inevitabili degli altri Siati (2). Il sistema non era insolito: per non rifarci ad altri esempi, ricorderemo come, nella prima metà del settecento (1725), anche mercanti della stessa. Livorno trafficassero nelle Indie orientali con bandiera imperiale (3), mentre nella medesima epoca, molti Genovesi si valevano, per spacciare le loro mercanzie, di quella francese, amica ai Barbareschi e perciò da questi rispettata. Ed il Governo non risparmiava attenzioni e sforzi per procacciare ai sudditi un incremento del commercio nelle terre del Sultano, col quale curava di rinnovare, migliorandole, quelle capitolazioni, ohe già era riuscito precedentemente a concludere, adoperando all’ uopo tutte (1) Gioacchino Volpe, Europa e Mediterraneo nel XVII c XVIII secolo, cit. (2) G. Andriani, op. cit., pg. 578. (3) Giuseppe Prato, L'espansione commerciale inglese nel primo settecento in una relazione di un inviato sabaudo (Miscella-uea di studi storici in onore di A. Monno, vol. I, Bocca, Torino), p. 55. 112 Onorato Pastine le risorse della diplomazia e anche della corruzione, a cui' erano tuttal-tro ohe insensibili gli alti e i· bassi funzionari ottomani. Così nel 1710 trattava il ristabilimento delle antiche concessioni, Mons. Castelli, che giungeva, non senza lunghi travagli, a un-a. favorevole conclusione. 3. — Sono amni cotesti di vivace attività politica, in cui si intensi1-fìcano gli sforzi e si -allargano le mire a. nuovi acquisti, a più fiorenti rapporti economici. Si guarda alla riviera di ponente, ma non si perde di vista, la situazione verso il levante. Il lavorìo diuturno a Vienna darà i suoi frutti nel 1713 con la compera del Finale; frattanto continua 1’ attenta vigilanza e gli assidui; sforzi per strappare vantaggi in oriente contro il predominio del fortunato porto toscano. E il Governo interviene con i suoi provvedimenti rivolti a disciplinare V attività dei marinai liguri, che colà navigano, contenendone anche Γavidità e le intemperanze, che dovettero talvolta arrecare gravi danni agli interessi del commercio· della Repubblica. Così il 17 e 21 marzo idi quello stesso anno 1713, i Consigli deliberavano « contro i Padroni di barche, ed altri delinquenti in pregiudizio del nuovo cc-mmercio di Levante ». La « Proposizione » mette in rilievo le cure del Governo e tutta la sua attenzione per 1’ incremento di quei traffici': « Restando in oggi come è noto ristabilito a benefìzio de’ nazionali il commercio in tutti i Luoghi e Spiaggie, Scali, e Porti dell’ Tmpero ottomano con la ratificazione, e confermazione fatta dal Gran Signore de Turchi dell’ antiche capitolazioni, e privilegii che già furono conceduti alla nazione genovese nella prima introduzione di quel traffico stato interrotto da impensati accidenti non lasciano i Collegi di impiegare la loro applicazione per conservarlo, ed accrescerlo ». Occorreva quindi porre riparo agli inconvenienti che, « procedendo da Capitani, Padroni, Sopraccarichi, ed altri officiali e persone », che navigavano in levante, potevano « facilmente di nuovo interrompere, e turbare questo commercio con intiero e irreparabile discredito della, nazione ». Fosse quidi impedito tehe si introducesse moneta di falsa lega, nè alcuno si arrischiasse « a far truffaria e molto meno à trasgredire le regole generali del Consolato, ed à declinare dall’ ubbidienza e rispetto verso il publico rappresentante alla Porta ottomana, ed alli Consoli ed altri ministri publici ». I Ser.mi Collegi avevano osservato che il Magistrato dei Conservatori del Mare avea si autorità di punire le mancanze d>ei capitani in merito -alla navigazione, ai carichi e simili oggetti; ma non per quanto si riferiva alle disobbedienze e « poco rispetto al pubblico Rappresentante, e Ministri publi'oi, e ad altri delitti che ugualmente per buon governo di questo commercio puonno . meritare di essere esemplarmente puniti ». I 'Colle>gi stessi pertanto proponevano ai Consigli e questi Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 113 approvavano (che isi conferisse a detto /Magistrato la facoltà di punire tali delitti iseicondp- ile leggi vigenti e, nei oasi non preveduti, con « ipena di uno in cinque anni di Carcere, o di Bando, o di relegazione nel Luogo che le paressi, ad uno sino in cinque anni di Galea avuto riguardo alla qualità della persona, e circostanze del fatto », oltre il risarcimento dei danni; e che, ove difettassero « prove legittime » potesse- unitamente alla Ecc.ma Giunta del Traffico procedere « ex informata conscientia » e \< senza formalità di processo >;, purché vi concoressero almeno otto· voti favorevoli. La legge, deliberata come di consueto per dieci anni, veniva riconfermata. dal Minore e Maggior Consiglio « in tutto come sopra per altri anni dieci » nell’aiprile 1723 (1). Era naturale idhe i malli lamentati non fossero scomparsi: ce lo attesta la rinnovazione del provvedimento; il quale però ci mostra laJltreisì come si continuassero a sostenere tenacemente i commerci (genovesi nel levante. 4· Ma la floridezza dei traffici livornesi era pur sempre molesta ed invincibile. Bisognava combatterla con ogni mezzo; e in questi stessi anni misure ostili >al porto toscano erano state prese dalla Repubblica. Una memoria presentata dalla Spagna al Congresso di Cambray rilevava-in pi oposito come un decreto del 1713 aveva iimjposto il pagamento del dieci pea* cento sulle merci di Ponente che fossero giunte a Genova per la via di Livorno; un simile decreto era stato poi emanato nel 1715 per le mercanzie che, provenienti da Livorno, fossero passate in Piemonte e nel Monferrato per la. via di Savona e Finale. In seguito si era pui e vietato ai pescatori di corallo, sudditi della Serenissima, di portare il loro iprodotto a Livorno, dove infatti più non erano comparse coralline genovesi. Anche il tabacco che da. Salonicco o da altre parti veniva -a Livorno e di qui a Genova era stato soggetto all’ imposta del dieci per cento (2). I provvedimenti non riuscirono sempre del tutto vantaggiosi a Genova stessa. L’ Aocinelli accenna sotto il 1723 -ad -una nuova « addizione » del dieci per cento, « oltre il solito pagamento », imposta sulle merci di Livorno e Toscana dal Magistrato di S. Giorgio, aggiungendo che « diminuissi in tal modo il commercio, che fu la cagione di non leggieri dispendi al Pubblico »; e questa imiposta. dovette pertanto essere aibolita .(3). (1) Proposizioni pubbliche dei Minor Consiglio dal 1713 al 1756, Me. presso la Biblioteca Universitaria di Genova, alla segnatura OVI-30. (2) Memoria presentata dagli Ambasciatori apagnuoli alle Potenze mediatrici al Congresso di Cambray. — Archivio di Stato di Genova - Lettere Ministri, Francia, busta n. g. 2218, aocdusa alla lettera del Segretario G. B. Sorba al Governo» Cambray, 10 marzo 1724. (3) Accinblli, Compendio. - Vi allude il Balestrieri: « f u imposto il 10% sopra le merci procedenti da Livorno, ma di eubito fu (levata per non essere di vantaggio a S. Giorgio». (Citato dal P. L. Levati in I Dogi di Genova dai 1721 al 1746, pg. 11). 114 Onorato Pastine Notizie più precise possiamo ricavare da lettere del Sindico delle Compere deir Ill.wua Casa di S. Giorgio, Emanuele Castelliino, scritte a nome del Magistrato dei Protettori a Clemente /Doria, Inviato a Vienna, per giustificazione contro le molteplici lagnanze avanzate al riguardo (1). Le antiche « regole de Car atti », da quattro secoli istituite, stabilivano il pagamento della gabella del dieci per cento per tutte le meu ci che 'arrivavano a Genova; il che fu praticato fino alla, istituzione del Por-tofranco. ‘Ma nel maggio del 1713 veniva fatta una legge per la durata di dieci anni, onde restavano escluse dal benefìcio del Portofranco stesso tutte le mercanzie « imbarcate, sbarcate, travasate » nei luoghi poeti entro i « limiti», ossia al di qua del fiume Varo e di Civitavecchia, le quali «soggiacevano quindi «al pagamento dell' antica imposta del dieci per cento « sopra Γ Estimo d i sii i itameli te apposto alle medesime Merci dalle Tariffe ». Con ugual provvedimento si colpivano «tutte le robbe originaiie di Ponente, che procedevano dalle parti del Levante », eccezion fatta per quelle trasportate da « vascelli da gabbia;», i cui capitani erano però ftenuti a giustificare con giuramento che 'le merci elencate nel manifesto di bordo provenivano veramente da Ponente e «< che ni una benché minima parte ne avessero caricato o travasato nelle parti del lavante, con obbligo altresì allo Scrivano di e>ssi vascelli di preseli tare le Polizze di carico del Mercadante, cui fossero detti Generi diretti, o a provigione, ò per conto proprio ». Esentati dal pagamento del dieci per cento furono invece alcuni generi di mercanzie del Levante, anche se provenienti « dalle Parti situate fuori del Dominio, di qua da Civitavecchia »; e così godettero di tale beneficio « le sete d1 ogni qualità, Panni e Calsette, e ogni altro lavoro di seta sì semplice, come misto, ed ogni Panno, e lavoro d^ oio, e d* argento, tanto fino, fcoane falso ». Ma spirata nel maggio 1723 la suddetta legge sul Portofranco, mentre già da tempo gli IlLmi Protettori discutevano intorno alla sua rinnovazione, dando luogo a molte riflessioni e controversie sui vantaggi o danni che ne potessero derivare al commercio, ritornavano in vigore le vecchie « regole de caratti ». Se non che, mentre si conservava la « goduta » del Portofranco alle merci provenienti dai paesi al di là dei « limili », non uguale concessione si faceva fper tutte le altre. Riguardo alle quali, nel dicembre dello stesso anno, << per riparare a quel pregiudicio, che si caosava al passaggio delle merci provenienti di qua da limiti, per le strade della riviera di Ponente », veniva « pubblicata Γ esecuzione delle dette Regole »; deliberazione che — aggiungeva il S indico Capellino al Doria, riferendoei alle lagnanze provenienti dal Governo milane&e « non può aver portato, che la maggior facilità al Commercio dell intiero Stato di Milano, (1) A. S. G. - Lettere Ministri, Vienna, busta 2571, lettere del 24 e 25 giugno 1724. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 115 mentre tutte 1« robbe, che Testavano divertite «la altre strade, per mezzo di quelle del Piemonte, tutte hanno avuto e sveranno la più pronta, e tacile condotta da questo Portofranico, per quella della Bocchetta, col pagamento della stessa Tariffa del detto· Portofranco ultimamente terminato ... Frattanto erano ora sottoposte al carico del dieci per cento anelli le .< setarie e sete .. e le « robbe originarie del Levante, de quali, per abbondarne ora questo Portafranco, puonno essere tramandate col beneficio di esso, estraendoei di qui per il detto Stato di Milano senza il detto carico.... ma bensì col pagamento, alla forma delle Tariffe del detto ultimo Portofranico ». Al contrario si accordavano, subito dopo, facilitazioni a mercanzie provenienti dal Regno di Napoli e Sicilia, concedendo il libero transito delle «eie; rruentae per 1 « panni di seta e altre setarie poiché potevano pure trasportarne piccoli bastimenti che erano costretti ad approdare durante il loro viaggio in più porti e quindi anche entro i «limiti.., nel Gennaio del 1724 veniva deliberato — ad evitare che dette navi ne cantassero anche in questi ultimi scali — si presentassero dai rispettivi Padroni, il (manifesto e Je polizze di carico, protestando aJtresì il giuramento. T^le esigenza non era una novità, essendo contemplata in più casi: così nelle stesse « regole de Caratti >.; nella legge ultima del Portofranco riguardo alle merci originarie di Ponente; per la denuncia dei sali giunti nel porto con bandiera straniera; per le prescritte comunicazioni al Tribunale di Sanità. E chiaro elle tutte le suaccennate disposizioni erano rivolte contro il poito di Livorno ,i cui mercanti cercarono di suscitare in ogni modo malcontenti e proteste. « Li maneggi de Livornesi e Fiorentina — scriveva il Castellino — uniti a Mercadanti Francesi qui commoranti lian dato motivo alle sinistre informazioni fatte da Consoli alle Corti, à motivo de loro proprj privati interessi, e in pregiudicio sì di questa capitale, che de] Stato di Milano ». Cosi fu che il console Maricone aveva imposto ai Padroni di bandiera imperiale di rifiutare il giuramento richiesto, onde recentemente due feluche napoletane se n’ erano senz’altro ripartite. Si riteneva che la relazione del Maricone stesso al Governo di Milano, il quale aie aveva riferito a sua volta alla Corte di Vienna, avesse provocato seri turbamenti, che si cercava di calmare, annunciando come nelle nuove tariffe del Portofranco che si stavano preparando dagli MI.mi. Protettori, il traffico con Milano sarebbe stato favorito con una probabile menomazione delle medesime. Ma frattanto la Corte di Francia, aggiungeva il Castellino, aveva ordinato al proprio cotisole di comportarsi secondo 1' esempio di quello imperiale e ben tre istanze al riguardo venivano presentate in Maggio al Ser.mo Governo. Soltanto i capitani inglesi non si erano rifiutati a prestare il voluto giuramento, non mossi « da altra mira che dall’ utile del Commercio ». Tale era 116 Onorato PXstine infatti la sola norma seguita dalla Nazione britannica, che pur era in^ teressata a salvaguardare i vantaggi del porto toscano, tanto che la troveremo tra non molto a capo della opposizione contro altri tentativi genovesi minacciatiti il viciino emporio del Tirreno. Effettivamente gli oppositori principali della politica commerciale di Genova erano, com’ è naturale, i Toscani; e con essi Francesi ed Inglesi. Clemente Doria, rispondendo al Castellino (13 luglio 1724) in merito al nuovo Regolamento del Poortofranco e al Marinone, informava risultargli dalla visione che avea potuto prendere direttamente della lettera del console cesareo, come il provvedimento riguardante le feluche napoletane fosse stato da lui deliberato « a dettame di quanto avea veduto volersi praticare da Ministri di Francia e Inghilterra co quali ne avea conferito ». Ma il Maricone stesso faceva osservare che le convenienze delle due grandi Potenze non sarebbero forse per coincidere con quelle di S. M. Cesarea, onde attendeva istruzioni sul contegno che dovesse in seguito tenere, ricordando altresì le « proposizioni del nuovo commercio che voleva stabilirsi con lo Stato di Milano », a cui avrebbe piuttosto giovato che nociuto il ritorno all’ antico regolamento del Portofranco (1). Altri miglioramenti al commercio con lo Stato di Milano si stavano di fatto concretando dal Governo Ser.mo e dalla 111.ma Casa di S. Giorgio, ed erano appunto in corso trattative per far sboccare, attraverso la Lombardia, a Genova « molte mercanzie che da Griggioni e Svizzeri passavano in dirittura in Francia » (2). Il marchese di Rialp ne parlava in aprile anche al Doria in Vienna, comunicandogli le notizie che ne avea da Milano, come di affare di somma importanza. (Risulta che i Grigioni lavevano già riparate le \ie di comunicazione, di modo che per quella del Sempione si poteva giungere a Milano in soli cinque giorni mentre pi'ima ne occorrevano undici. Si richiedeva da parie degli Svizzeri, a Milano e a Genova, 1 accomoda-mento delle strade e la diminuzione delle gabelle di transito; e il ministro cesareo manifestava tutto il suo vivo desiderio di secondare un tale incremento di attività economica. 4 ___ n Doria, a sua vclta, prendeva occasione per introdurre ii discorso su altra questione riguardante la costruzione di un Lazzaretto che la Repubblica voleva eseguire nel Golfo delia Spezia, « col1’ idea non solo di assicurare la capitale dalle disgrazie della Peste, cui molto soggiaciono le Città marittime, ma altresì per render più agevole alle navi mercantili lo sbarco delle merci per sottoporle allo spurgo, ciò che (1) A. S. G. - Lettere Ministri, Vienna, busta 2671, 01. Doria ad E. Castellino, Genova, 13 luglio 1724. (2) Ibid. - Cl. Doria al Governo, Vienna 5 aprile 1724. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 117 non potea praticarsi in una spiaggia che per molti mesi dell’ anno resta inacessibile tanto per lo sbarco, come per lo imbarco, causandosi così infiniti dispendj a negozianti ». Anche per questo da qualche tempo si agitavano i mercanti Toscani, cercando di far apparire la cosa come sommamente sconvenevole anche per Milano. Il marchese Riinuccini, Seg.rio di Guerra derGranduca aveva infatti, nel gennaio del 1724, informato « con gran premura » il Seg.rio Lisoni, ministro cesareo in Firenze della deliberazione presa dalla Repubblica di formare « un Ptrtofranco alla Spezia per cui la. fi anchiggia di quello di Genova debba del tutto restare abolita, et in conseguenza soggiacere tutte le merci provenienti dallo stato ecclesia^ stico e dalla Toscana al pagamento de dritti de quali per altro andavano esènti nel Porto di Genova ». Il Lisoni informava tosto della cosa il Sig. Conte Governatore di Milano, il quale a sua volta ne richiedeva parere al Gran Cancelliere, che gli presentava il 1° febbraio una consulta, trasmessa poi a Vienna. Il pericolo — si diceva in detta Consulta — potrebbe consister nel fatto « che entrando ne stati del S.r Duca di Parma, le mercanzie- per via de mulatieri si disertano in altre parti »; e poiché la Repubblica in altri temipi non aveva « stimato venire ad una tale risoluzione!), c’era da temere che questa fosse ora rivolta contro il commercio che S. M. Cesarea voleva « sostenere per introdurre ne’ suoi Dominj il contante sì necessario nelle presenti angustie », e che vi potesse essere « dell’ intelligenza fra le Potenze marittime e la Rep.ca Ser.ma » (1). Ora il Doria, nel suo colloquio col March, di RiaLp, si studiava di distruggere ogni prevenzione al riguardo, parlandone al Ministro « in forma di dernso, quasi che in Milano potessero aver ciecamente bevuto le massime de Fiorentini e Livornesi »: e Γ effetto ottenuto dai suoi discorsi giudicava buono (2). Ma i Toscani insistevano nel proposito di giungere al loro fine, suscitando sospetti e inquietudini nella Corte imperiale; e si valevano a tal uopo anche di notizie inventate e diffuse ad arte. In quel tempo una. gazzetta italiana si stampava appunto m Vienna per opera di un fiorentino e con la data di Livorno. Ripetutamente questo foglio sì occupò della questione, affermando in vari capitoli che S. M. Cesarea « aveva fatto intendere alla Rep.ca Ser.ma di sospendere la fabrica di detto Lazaretto come appreso pregiudiciale al commercio dello Stato di Milano »; « inibizione » che veniva ancora confermata, (1) Lettera cil. «del Doria al Governo, 5 aprile 1724. tario di Stato, annega al dispaccio 12 febbr. 1724 del Governo al M.co Clemente Doria (A. 8. G., Leti. Min., Vienna, bmta 2571). (2) Lettera oit. del 'Doria al Governo, 5 aprile 1724. 118 Onorato Pastine pur aggiungendosi che « da diverse persone venute da quella parte » si sentiva « fosse stato levato mano a quel travaglio » (1). Le questioni riguardanti la cos'iniziane del Lazzaretto alla Spezia e il Portofranco di Genova costituivano laboriosa materia alla ponderazione degli 111.mi Proiettori di S. Giorgio, accudendovi pure attivamente la Giunta del Traffico e gli Ecc.ihi Aggiunti dell· 111.ma Casa. Il M.co Ippolito de Mari, a nome dei Protettori, ne aveva informato Clemente Doria fin dal febbraio, e questi continuava « nell1 attenzione dovuta, per accorrere alle doglianze che se ne facessero dalla parte di Milano, ove Γ astuzia de Fiorentini e Livornesi tentava di far causa comune », volendosi far apparire che i provvedimenti in parola potessero pregiudicare gli interessi del Milanese, con difficoltare gli scambi mediante Γ aumento delle tariffe, o introducendo « un nuovo commercio ne stati del Sig. Duca di Parma » (2) in danno di quello di Milano. Ma le intenzioni al riguardo sappiamo come fossero ben diverse. Frattanto anche il Granduca aveva in quel tempo effettuato un aumento delle tariffe per il porto di Livorno, e si disse in vendetta di quello fatto a Genova; ma ben presto, per i reclami dell’ Imperatore, era stato annullato (3). Quanto poi a Genova, se essa manderà ad effetto il suo proposito circa il Lazzaretto della Spezia, dovrà, per il suo stesso tornaconto, sopprimere Γ ultima imposta stabilita sulle '< provenienze » da Livorno. Tuttavia un qualche frutto aveva pur ottenuto dalle ripetute gravezze stabilite dal suo Banco di S. Giorgio; chè i negozianti del porto rivale muovevano frequenti ricorsi alla Corte di Firenze, e quelli inglesi, francesi ed olandesi avevano minacciato, se non si fosse posto un pronto rimedio, di « siriver Γ exemple de quelques autres de leur Nation, qui ont trasferé leur negoce a Genes, Naipies, et Venise » (4). Ma questi tenui risultati non potevano appagare la Dominante; altre vie si potevano battere: ostruire qualche sbocco sul retroterra, ostacolare il transito diretto a paesi di smercio. E in verità non pare che fosse in errore chi pensava mirasse a tal fine la Repubblica, quando, in questo stesso tempo, maneggiava le trattative per la compera del Ducato di Massa. (1) A. 8. G., Lett. Min., Vienna, 01. Doria al Governo. 19 aprile 1724. (2) A. S. G., Leti. Min., Vienna, busta n. g. 2571, Cl. Doria al Governo, Vienna, 8 mano 1724. (3) Ibià., C Doria a E. Castellino, Vienna, 2 agosto 1724. (4) Ibid., Memoria cit. (marzo 1724). Ge7iova e Massa nella politica mediterranea ecc. 119 III. LA SUCCESSIONE DI MASSA 1. La questiono di Massa — 2. I Cibo — 3. Il Duca Alderano e Mone. Camillo _ 4. Aspiranti al dominio del Ducato : Impero, Spagna, Toscana, Modena, Papa Innocenzo XIII — 6. Rapporti dei Cibo con Genova — 6. Speranze e mire della Repubblica verso lo Stato di Massa. 1. In mezzo alle vicende incalzanti della storia italiana della prima metà del settecento; tra i mutamenti politici che sconvolgono vari stati della penisola in tale età.; ha il suo posto modesto ma non indegno di rilievo la questione del piccolo ducato di Massa. All’ infuori d-el dominio teocratico d: Roma e delle oligarchie di Venezia, Genova e Lucca — formazioni statiche nei valori estremi dei loro istituti — tutte le altre unità politiche italiane subiscono in questo secolo alterazioni più o meno sensibili e profonde, con lo stabilirsi di nuove dinastie e di diverse in-fluenze, che hanno riflessi anche nel rinnovamento della vita interna. Sta a sè la monarchia sabauda in continua espansione: organismo per eccellenza dinamico. Alla fine del secondo decennio del secolo, Milano, Napoli e Sicilia si trovano sotto gli Austriaci; la Sardegna si unisce al Piemonte; Parma e Toscana, dove stanno per estinguersi (Farnesi {1731) e Medici (1737), attendono i loro dentini dall’ arbitrio della diplomazia europea. Orbene in questi anni, ira tanti gravi problemi, vi era pure sull’orizzonte (politico una questione di Alassa, ohe valse ad occupare ripetuta-mente e vivamente governi e diploanaitilei di mezza Europa. Come la successione di Panna e del Granducato formavano oggetto di aperte discussioni e di trattative laboriose, così si affacciava la possibilità dell’ estinzione dei Cii>o, non avendo lasciato eredi Alberico III, mentre il fratello Camillo seguiva, la carriera ecclesiastica, e rimaneva infecondo, per dieci anni, il matrimonio con Ricciarda Gonzaga dell' altro fratello e suo successore, Alderano. Ma la piccolezza dello Stato e le penose condizioni economiche della famiglia ducale rendevano possibile, in questo caso, un’ eventuale successione per (mezzo di trattative dirette, su, basi finanziarie, con qualcuno degli Stati, che avevano interesse all’ acquisto di quel dominio. Tali Stati in vero non manicavano; ina alcuni ancora ve n’eiwio, che, senza avere mire dirette su Massa e Carrara non intendevano che altri se ne impossessasse. Ecco quindi Γ intrecciarsi degli approcci segreti, degli interventi diplomatici, delle competizioni varie, che si svolgono per parecchi anni intorno a questo piccolo problema italiano. L’ ultimo degenere discendente dei Cibo dava esca a siffatti‘intrighi. 2. — Per il matrimonio di Lorenzo, nipote di Innocenzo VIII, con Ricciarda figlia ed ereditiera di Antonio Alberico Malaspina marchese di Massa, questa corona passava, il 15 giugno 1553, al figlio Alberico I, 120 Onorato Pastine che fu Marchese terzo e prima Principe di Massa, essendo state erette Massa in Principato e Carrara in Marchesato da Massimiliano II, che conferiva allò stesso Alberico, con diploma del 23 agosto 1568, il titolo, trasmissibile ai successori, di Principe del Sacro Romano Impero. Si trattava infatti di un feudo imperiale; e ciò va, tenuto presente nell’ esame degli avvenimenti che in seguito esporremo. Titolo di « illustrissimo >- per sè e discendenti otteneva dall’ Imperatore (7 febbraio 1625) il successore dii Alberico, Carlo I, uomo colto, il quale venne anche nominato principe dell1 Accademia degli Intrepidi di Ferrara e di quella di Genova. Leopolda I erigeva più tardi (5 maggio 1664) Massa in Ducato e Carrara in Principato a. benefìcio di Alberico II, figlio di Carlo I, che fu pertanto il primo Duca di Massa e mori nel 1690. A lui succede Carlo- II con cui si entra nel periodo storico a cui ci riferiamo nel presente lavoro. Gli avvenimenti d’ Italia si complicano. Scoppia l'a guerra di successione 9pagnuala. e il piccolo: Duca si trova impigliato in gravi difficoltà politiche e finanziarie. La moglie Teresa, figlia di Camillo Panfìli Principe di S. Martino e di Olimpia Aldobrandini, sposata nel 1673, fu splendida e benefica. Portò un soffio di vita nuova, ed elegante nella minuscola capitale. Elia cercò di « procurare ai suoi figli nuovi comodi e accrescimenti di ricchezza » (1); ingrandì ed albbellì il palazzo ducale di Massa e di Carrara (2); innalzò nelle vicinanze della città la ibella Villa della Rinchiostra, ed edificò nel 1701 un nuovo teatro ducale', dove, come ci fa sapere il Rocca, si recito in quel Carnovale « un bellissimo dramma, in musica » col concorso' di « moltissimi forestieri, tra i quali titolati, conti e cavalieri con altri nobili, fìno da Firenze, Gemo va ed altre città cospicue; e per maggior manifìoenza fece detta Signora Duchessa stampare dette opere, quali generosamente fece dispensare all’udienza forestiera e suddita » (3). In Massa prosperavano allora industrie quali la fabbricazione di cappeüi e ile comcie delle pelli (4); e vi fiorivano pure gli studi. Nel 1714 i Fediriani da Lucca poirtarono a Massa la loro arte tipografica, e Car- (1) Giorgio Viani, Memorie della Famiglia Cybo e delle monete di Massa di Luni- giana, Ætanieri Prosperi. Pisa, 1808, pg. 52. (2) Il canonico Odoardo Rocca (1676-1751) nelle sue Storie antiche di Massa di Carrara raccolte da autori antichi (me. presso R. Bibl. estense di Modena) narra che la Duchessa Teresa Panfìli, considerando che il palazzo ducale « restava assai basso e con pochi appartamenti, oltre le facciate ineguali e di vista poco gustevole, stabilì, per incontrare il genio del dilettissimo consorte, supplire a detti difetti, col farlo alzare competentemente, accrescere li appartamenti, e per li iati farvi bellissime facciate, ornate di marmi e vaghissimi stucchi con nobile sim et ri a, come si gode anche oggi; e fece ciò nelli anni 1703 e 1704 ». (Cit. da Giovanni Sforza, Massa di Lunigiana nella prima metà del sec. XVIII in « Atti e mem. della R. Deput. di St. Patria per le provinole modenesi », serie V, vol. V, 1907, pg. 122). (3) G. Sforza, op. cit., pg. 160. (4) Quella del marmo si sviluppò solta/nto a partire dal 1751. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 121 10 II, morendo il 7 dicembre' 1710, lasciava per testamento ai' Francescani cinquecento -pezze da lire dieci moneta di Massa, perchè vi istituissero urna libreria (lj. Ma questo· stesso testamento ci prova pure come allora fossero ben poco floride le condizioni economiche della Casa ducale. Già fin dal 1692-93 Carlo II, -a proposito della calppella che egli stava costruendo nella Ghieisa di S. Francesco di Massa, lamentava nelle sue lettere allo zio cardinale Alderano- le « angustie di denaro >■ in cui si trovava, asserendo ohe ^avrebbe voluto fare (( ancora di vantaggio- » se le sue « strettezze » non lo avessero impedito (2). Ora nel testamento fatto fin d'ai 9 giugno 1705, il duca, parlando degli assegni lasciati ai fìgl-i minori, riconosce le difficoltà in cui veniva a trovarsi 1’ erede primogenito, poiché — egli dice — « presentemente s. sono diminuite assai le rendite e le entrate della Casa nostra da tutte le parti e soggiace tuttavia a maggiori pesi e gravezze di quello sia mai stata in tempo delli Signori Principi miei antenati.... e trovo che assolutamente non posso imponere questo peso eccedente all’ infrascritto mio erede, «senza fardo declinare dal grado in cui dovrà trovarsi con 1 obbligo di sostenere il lustro e lo· splendore della nostra famiglia e dell istessia dignità ducale... » i(3). Povero lustro e meschina dignità ! Come saranno abbassati proprio da quei suoi ultimi figli, con cui fra pochi anni doveva spegnersi 1’ antico casato dei Cibo ! Morto fra 1’ universale rimpianto il buon Carlo II, gli succedeva 11 primogenito Alberico III, il quale, anche a. causa delle depredazioni e delle angherie di Spa,gnu-oli ed Austriaci, che durante la. guerra di successione spagnuola molestarono lungamente il Ducato, si trovò ridotto a m'al partito, tanto da esser costretto a vivere egli stesso « con qualche particolare misura -e necessaria economia » (4). ,Breve fu il suo ducato. Buono, amato dai sudditi, verso i quali mostrò sempre la massima benevolenza, morì il 20 novembre 1715 senza eredi. 3. — Camillo, secondogenito di Carlo II, che erasi stabilito a Roma e fu 'creato /più tardi (1729) cardinale, non volle abbandonare la carriera ec-clesiaistiica da lui intrapresa., e rinunciò ai diritti di successione a vantaggio del fratello minore Alderano, nato il 29 luglio 1690, ultimo Duca e degenere discendente di questa nobile famiglia. La. convenzione venne firmata a Montefiascone il 2· dicembre 1715 e ratificata a Roma il 21 febbraio 1716: in virtù ai essa Camillo si riser- it) L. Staffetti, Origini e vicende dell'Accademia de’ Rinnovati di Massa, Massa1912. (2) L. Staffetti, Spigolature di storia artistica massese - Un affresco di Bernardino Pinturicchio nel Duomo di Massa in « Giorn. St. e Lett. della Ligoiria», n. 11-12 (1900). (3) Giovanni Sforza, Il •principe Eugenio Frane, di Savoia Conte di Soisson e il suo fidanzamento con Maria Teresa Cyho Duchessa di Massa in. « Miscellanea di Storia italiana » (R. Dep. sopra gli Studi di Storia Patria per le antiche province e la Lombardia), terza serie, t. XIII, Torino, Bocca, 1909). (4) G. Viani, op. oit. 122 Onorato Pastine bava soltanto, vita naturai durante, tutte le entrate feudali o> allodiali di cui i Cibo godevano nello stato pontificio e nel regno1 di Napoli. Al-derano riceveva Γ investitura imperiale il 17 aprile 1717. Questo principe, dice il Viani, « pieno di spirito e di vivacità amava il lusso e il divertimento. Massa divenne brillante nel tempo del suo governo. Ma le rendite, già limitate pel suddetto accordo fatto con suo· fratello erano minori della grandezza e della generosità del suo cuore ». Giudizio più sincero e 'apertamente avverso dà invece il Rocca, i'1 quale, parlando della sua morte, avvenuta nel 1731, afferma, che parve « al paese di essere risuscitato da morte a vita e di essersi sottratto da un giogo insopportabile, tollerato pazientemente quasi1 per anni sedici » (1). Fanciullo e giovinetto, dimostrò ingegno pronto e vivace e ricevette una buona educazione, avendolo i suoi genitori mandato a completare gli studi nel Collegio romano e quindi -a Parma nel Collegio dei P.P. Gesuiti; mia tornato a Massa, si mostrò disordinato e riottoso al padre e al fratello. Due volte fuggì dalla famiglia, tanto che il padre non volle più riceverlo. Morto Carlo II, si riconciliò col fratello; ma ben. presto <' s’ -alligno intorno gente forestiera », che nuovamente lo fece traviare. Il duca Alberico, non avendo eredi, sia per provvedere alla successione, eia. nella, speranza di un suo ravvedimento', gli imtpose allora di accasarsi ; così il 28 aprile 1715 si concludeva il suo matrimonio con Γ Ecc.ma Donna Ricciarda Gonzaga, figlia del Conte Camillo di Novel-lara. Mori poco dopo Alberico, e Alderano, salito al trono, ebbe per ministri i conti Bernardo Luciani e G. B. Diana Paleologo, consiglieri degnissimi, che nulla hanno certo a che vedere con quella « mano di persone tristissime », che, a dire del Rocca, « gli stavano al fianco e lo spadroneggiavano ». Gli scialacqui e i disordini finanziari lo spinsero- a vendere alcuni feudi e a indebitarsi fortemente, lasciando strascichi, da cui si trovò ancora molestata, più tardi, la figlia Maria Teresa (2). Stretto dal bisogno del denaro, si abbandonò pertanto' ad atti inconsulti e talvolta anche poco dignitosi. Anni di forte disagio dovettero essere quelli fra il 1720 e il 1725. Degnamente lo emulava in Roma il fra-tello Camillo, Auditore Generale·' della Camera apostolica e Patriarca di Costantinopoli, il quale nel novembre del 1721 abbandonava gli uffici pubblici, dicendo di volersi ritirare a vita raccolta ed umile. Monsignore, frattanto, come narra il Rocca, chiamò « il Sig. Dvuca. fratello a Roma, ed al medesimo consegnò una ricca e rara suppellettile di pretiosi paramenti ed altri mobili sfarzosi (eccettuati però oro, gioie ed argenti) che il loro valore ascendeva i trenta mila scudi romani ». Ma quell’ improvviso abbandono del mondo non persuase i « più sen- ili «Vita di Alderano I Duca IV di Massa», me., cit. da G. Sforza, Il principe Eugenio Fr. di Savoia ecc., cit. (2) G. Viani, op. cit., cap. XIII. Genona e Massa nella politica mediterranea ecc. 123 portanza militare 'e tanto ipiù ora che erano sull tappeto le scottanti questioni relative alla successione di Parma e Toscana, sati », i quali tanto più si confermavano nel loro dubbio, quando seppero che il Cibo era « angustiato da altrettanta somma di debiti, quanto importava il valore de suddetti mobili». Si diceva ancora che Sua Altezza « in ricevere detti mobili » avesse prestato « il consenso al fratello di potere alienare li feudi del Regno di Napoli e lo Stato di Ferenti110' » (1). Ma questi fatti vanno pure spiegati, come vedremo, con le fallite trattative di vendita del Ducato di Massa a Innocenzo XIII, nelle quali era stato appunto mediatore Monsignor Camillo. Alla Corte pontificia egli poi non rientrava che nel luglio del 1725, in attesa del cappello cardinalizio, che gli toccò, come si disse, nel 1729. Ora proprio- in questi anni, tra il 1721 e il 1722, vediamo lo stesso duca Alderano spogliare di statue, di marmi e di quadri il palazzo ducale e la (( Villa, di sopra, la Rocca fo per inviarli al fratello a Roma. La stessa sorte toccava 'all· altra, villa delia Rinchiostra, che già nel 1716 egli stesso aveva- fatto, con la sovraintendenza di Jacopo Staffetta., completamente rinnovare, ingrandendola e adornandola « di nuove statue ed altre sculture di marmio·, molte delle quali aveva, levate dalia villa del già Sig. Duca suo padre ed altre ne aveva provedute in Carrara con dispendio » (Bocca). Ed ecco il 6 febbraio 1722 giungere in Carrara mercanti, «che avevano avuto commissione dallo czar Pietro il Grande dii Russia di acquistare marmo per una somma, ingente. Il duca Alderano con grande egoismo s’ intromise nell’ affare', trattò direttamente, eliminando del tutto i isuoi sudditi da ogni negòzio, e consegnò subito, per tre mila pezze, marmi tolti alla Rinchiostra e alla villa del Colle, con biasimo universafle (2). Questi fatti mostrano in quali acque navigasse il poco prudente Alderano; e non. è pertanto meraviglia se proprio in questi tempi egli, che non avea avuto peranco eredi dalle sue nozze, pensasse persino alla alienazione dell’ intero suo Stato; non è meraviglia, se altri, cupidi ed avveduti, addocchiassero tale dominio, studiandosi di sfruttare le necessità che premevano, inesorabili, il Duca. 4. — E pritmia di ogni altro doveva V Imperatore, come alto Signore feudale, esercitare il suo dominio e la sua vigilanza su le vicende e le condizioni diel piccolo Stato, specie in momenti di perturbazioni politiche e di assettamento dell’ equilibrio italiano, quali furono quelli della prima, metà del settecento. La posizione del Ducato non era priva d’ im- Più volte Γ Imperatore aveva fatto valere la sua autorità, risultan- (1) Giovanni Sforza, V ultimo Cibo in «Giornale Storico della Lunigiana», a. XIII, fase. I, 1923. (2) G. Sforza, Massa di Lunigiana nella prima metà del s. XVIII, oit. p. 139, nota 29, 124 Onorato Pastine done al Duca gravezze e temendone egli fìnanco la privazione dei suoi feudi. Così nel 1692, per intervento dello zio cardinale Alderano, Carlo II si era liberato, con .la contribuzione di dieci mila scudi d’ oro, dall’ obbligo dell’ alloggiamento di soldatesche imjperi'ali impostogli dal generale cesareo Conte Caraffa (1). Al tempo poi della guerra di successione spagnuola poco mancò che Γ Imperatore non si impadronisse dello Stato di Massa, spogliandone il Cibo. Costui si era trovato in gravi frangenti, preso fra Spagnuoli e Imperiali. I .primi gli avevano Insistentemente richiesto il passo per i suoi domini, ed egli, per naturale debolezza, aveva ceduto, consentendo loro Γ occupazione della fortezza di Avenza; mentre d’ altra parte avea rifiutato agli Imperiali l’aiuto per il ricupero della fortezza stessa, respingendo «pure le (proposte e gli inviti di Vittorio Amedeo II, che ella sua amicizia aveva fatto appello nel marzo del 1704 (2). Carlo II, inoltre, era stato indotto a prestar giuramento di fedeltà a Filippo V, come padrone del Milanese, permettendo’pure che il figlio Alberico accettasse la patente di Maresciallo di campo dal τβ di Spagna; onde Γ Imperatore, riacquistato il predominio in Italia, minacciò il Duca di privarlo dello Stato, come era accaduto al genovese Principe Centurione, che si vide tolto il suo feudo di Aulla in Lunigiana, concesso da Carlo VI al Marchese Alessandro Malaspina di Podenzana Il piccolo Ducato aveva subito durante la guerra invasioni e scorribande dei belligeranti, ed in seguito, dall’ [imperatore erano state poste stabilmente milizie a Massa e ad Avenza-, dietro richiesta, del resto, dello stesso Alderano. La Corte di Vienna, che mirava a far valere e ad Estendere il gius dell’ Impero sul Granducato di Toscana, anzi su tutta Γ Italia, ora che era entrata in possesso dei domini spagnuoli nella penisola, considerava naturalmente più che mai suo vassallo il Duca di Massa. Ciò apparve anche dall· intervento imperiale nella contesa del 1716 fra il Cibo e Lucca; e il decreto emanato al riguardo dal Consiglio Aulico, conda-nante la Repubblica a multa pecuniaria come violatrice della pubblica pace, trattava di fatto ί due litiganti quali « sudditi dipendenti e non come Principi » (3). Quando tra il 1721 e il 1722, come si disse, il Duca Alderano, tormentato dai creditori, stava spogliando di marmi e di opere d’ arte il Palazzo di Massa, il Klein, comandante del presidio imperiale, si opponeva, avvertendo che « per ordine preciso » di S. M. Cesarea, non doveva essere « levata cosa alcuna benché minima del palazzo, e nè (1) L. Staffettt, Spigolature di storia artietica masseto, cit. (2) L. Staitetti, Lettera di Vittorio Amedeo II per la guerra contro i Francesi nel 1704; G. Viani, op. oit, p. 50. (3) A. 8. G. - Leti. Min., Vienna, bueta 2662, D. M. Spinola e 01. Doria al Governo (risposta alia lett. (lei Governo 26 seti. 1716, in bneta 2563). Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 125 pure dalla Fortezza di Massa e di Lavenza » (1). Rimanevano frattanto le truppe tedesche -a tutela dei diritta imperiali. Al Governo genovese, desideroso di conoscere i motivi della permanenza di cotesti presidi, comuniioava 1’ Inviato Clemente Doria da Vienna, nel 1724, quanto risultava in quella capitale e gli suggeriva il suo avveduto discernimento. Il castello di Avenza aveva una. saia particolare importanza anilitare; e in quei tempi specialmente in cui si agitava il problema della successione di Toscana, richiedendo il Re di Spagna o meglio la Regina. Elisabetta — contrariamente alla volontà di Car- lo VI, di poter far /presidiare il Granducato in nome del figlio Don Carlos, sebbene fosse ancora in vita il Medici. La questione costituiva uno dei punti più gravi delle trattative al Congresso di Cambray, e frattanto (1 Imperatore teneva ben s'aida Avenza, terra di paissaggio alla Toscana. Se si fosse ottenuto di differire la venuta del Borbone in Italia si diceva — forse Je milizie tedesche sarebbero state ritirate previa la demolizione di quel castello; mia ài Doria riteneva ciò poco verosimile. Del resto poteva pensarsi che il mantenimento di quelle forze militari dipendesse pure dal « caso contingibile che venendo a mancar il Duca senza prole » fosse ki Corte di Vienna « in prossimo commodo di entrare al possesso de Feudi qualora potesse occuparli come decaduti per mancanza di successori » (2). Quanto poi dovesse interessarsi delle sorti del Ducato di Massa la Spagna, è facile immaginare. Poiché all’infante Don Carlo era stato riconosciuto 'il diritto di successione, oltre che al Ducato di Parma e Piacenza, anche allo Stato dei Medici, era ben naturale che il re Cattolico, nell interesse del figlio, tenesse d’ occhio le vicende del piccolo Stato confinante con la Toscana e custodito dalle armi tedesche; e vedremo infatti come gli ambasciatori spagnuoli cercheranno di portare a Cambray anche la questione di Massa. Che la 6pagna, inoltre, potesse aspirare, nelle presenti circostanze, a riassorbire nel Granducato anche queste terre è cosa ben verosimile. Certo nel 1772 a Vienna « da grantempo » si andava « sussurando di qualche Trattato » che, in proposito, poteva essere « promosso a favore dell Infante Carlo di Bouiibon » (3); e ancora due anni dopo, si riteneva a quella Corte che la Spagna sperasse di poter ottenere la cessione di Massa dal Congresso di Cambray (4). Inoltre, una terra toscana, che dominava -le vie di transito del Granducato all· Italia settentrionale, doveva richiamare 1’attenzione partico- (1) G. Sforza, Μα-êfa di Lunitf. nella prima metà del t. XVIII, ©it., f. 122, nota 7. (2) A. 8. G. - Leti. Min., Vienna, buMa n. g. 2671, a. Doria al Governo, 4 e 11 ottobre 1724. (3) Ibid., buetft 2570, Doria a#li Inquisitori di Stato, Vienna, 8 luglio 1722. (4) Ibid., bu^ta 2571, Doria al Governo, Vienna, 6 dicembre 1724. 126 Onorato Pastine lannente dei Toscani, anclhe se ipossiamo credere senza troppa esitazione alTinviaito fiorentino a Vienna, il quale, alludendo a un eventuale acquisto di iMatsa, asseriva a. Clemente Doria (1) che la sua Corte « era più nel caso di vendere che di comprare »; essendo allora, di fatto, il Gran, duca Gian «Gastone intento a procurarsi J’asenso per la vendita dei 6Uoi feudi di 'Napoli. Ma vera non era certo Γaffemnazione aggiunta che la Corte stessa non s'interessasse punto della sorte di Alassa; chè i Fiorentini erano ben vigili e cercavano con tutti i mezzi, brigando un po’ dovunque, di ottenere che per lo meno le cose non a/vessro uena soluzione per essi svantaggiosa, come potremo in seguito riscontrare. Anche gli Estensi, a cui era pur destino che, per il matrimonio di Maria Teresa, figlia del Duca Alderano, con Ercole Rinaldo, passassero m seguito'Massa e Carrara, non mancavano di addocchiare queste terre, che potevano fornir loro uno sbocco conveniente sul Tirreno. Si spargeva infatti, nel settembre 1710, la 'notizia di trattative del Duca di Modena per la compera dello Stato di Massa, a cui « preludio evidente » ritenevasi fosse stata la vendita dei beni che il Cibo possedeva nel Modenese, effettuata a prezzo vilissimo. Si diceva che costui avesse ricevuto in Novellara 1400 doppie « supposte in conto della futura vendita de feudi », e che dal Duca Estense si fosse inviato 3 Genova. certo Conte Salvatici per contrattare un prestito. « Da lungo tempo » era sorto il sospetto di simili maneggi, particolarmente (2). Nè i sospetti cessarono; che a Genova se ne discorreva nel giugno del 1720; e ancora nel 1721, Γ abate Vanni, Inviato di Lucca, confidava a Clemente Doria la supposizione, senza però fondamento, che il Duca di Modena avesse mandati a Vienna cento cinquanta mila fiorini <» per vantaggio di detto Trattato » (3). La sussistenza di tali tentativi è poi confermata da quanto scriveva più tardi il ministro Doria al suo Governo, in data 6 dicembre 172Λ da Vienna: « Ho altresì saiputo che qualche anni sono il Sig. Duca di Modena avesse la mira à detto acquisto e che di fatto ne avanzasse qui la proposizione co>l motivo di inde-nizarsi da danni patiti in servizio di questa Corte, e non lasciando forse di temere di essere costretto alla restituzione della Mirandola senza sicurezza di rimborsare il prezzo demandando perciò 1 Investitura eventuale di detto Stato fdi Massa] a qual dimanda però essendosi opposto (1) A. 8. 0., Leu. Min., Vienna, brwta 2671, Cl. Doria al Governo, Vienna, 4 ottobre 1724. (2) A. 8. G. - Lett. Min., Vienna, bunta 2568, 01. Doria al Governo, Vienna. 20 (3) Ihid. - Lo memo allo eteeeo, Vienna. 26 ottobre 1721. wettembre 1719. Genona e Massa nella politica mediterrarì£a ecc. 127 il Duca di Bovino Napolitano come discendente da una delle quattro sorelle dell ultimo cardinale Cibo, avessero qui preso il pretesto di escludere 1’ istanza del Sig. Duca. Per altro mi vien supposto che 1’ allegata discendenza sia in grado più remoto di quella del Duca della Mirandola discendente dalla Maggiore di dette sorelle ma che per es-eere del partito di Spagna non possa qui produrre le sue ragioni » (1). Dalla quale lettera pi può vedere infine, come essendo Massa e Carrara fendi femminini, non mancassero altri minori pretendenti alla loro successione. Sui maneggi di Alderano circa Γ alienazione del Ducato vigilava da Roma anche il fratello Monsignor Cibo, il quale, avendo nella rinunzia pila successione riserbati i suoi diritti in caso tihe il Duca morisse senza figli maschi, intendeva pure farli valere quando si fosse trattato di far passare i feudi ad altre mani. In proposito, Sua Santità, per preghiera di quel prelato, di suo pugno aveva scritto un breve all’ Imperatore dando inoltre istruzioni aJ Nunzio pontificio in Vienna, perchè di quella faccenda s’ interessasse. Mons. Caimillo poi, quando nel 1719 si parlò delle presunte trattative del fratello con Γ Estense, spedi a Vienna un suo fidato, Γ abate Ciocopleri, con Γ incarico di opporsi a quello come ad altro qualsiasi trattalo di vendita, e di. far possibilmente dichiarare inabilitato il Duca Alderano per la sua. prodigalità, onde gli venisse «costituito un Governo,.. Su quest’ultimo punto nulla però ottenne· chè, come osservava il Principe Eugenio, non così « di leggieri si fa il torto di dichiarar per pazzo un Principe.,; nè fu luogo a muover ricorsi diretti al Consiglio Aulico circa la cessione dello Stato al Duca di Modena, essendone mancata la ragione. II che non impedì che il Ciccopieri rimanesse ugualmente soddisfatto della mia missione, in quanto egli era riuscito ad ottenere dai vari ministri cesarei promessa che non si sarebbe consentito a veruna aliena-zione del lineato; mentre d’altra parte non cessava di occuparsi della cosa il cardinale Nunzio per le premure fattegli da Mons. Cilbo (2). Al quale, però, più che stane a cuore la conservazione della corona paterna nella sua famiglia, pare piuttosto premesse di sfruttare un' e-ventuale alienazione di essa a suo vantaggio. Egli aspirava al cappello cardinalizio e questo sperava di ottenere dal nuovo Papa Innocenzo XIII dei Conti (1721-1724), di cui favorì quindi le aspirazioni all’ Acquisto di Massa per la sua famiglia. Il Doria informava il suo Governo di tali pratiche nell’ ottobre 1721 ed asseriva die ei stava già chiedendo i’ assenso imperiale al contratto! il) A. H. O. - Lclt. Min., Vienna, Gl. Doria al Governo, Vienna, 6 dicembre 1724, (2) A 8. 0. - Lett. Min., Vienna, bueta 2668, 01. Doria al Governo. Vienna 20 •ettembre, 18 ottobre, 20 dicembre 1719. 128 Onorato Pastine il quale maneggiavasi appunto per mezzo di Mous. GaJmillo e del cardinale Alitan in (Roma (1). Della cosa ne scrivevano ancora il 12 giugno 1722 gli Inquisitori di Stato al M.co € lem-ente Doria, che confermava essersene « fatto ne mesi scorsi un positivo discorso, non senza lusinga di questa Corte [di Vienna] più a motivo di obligare Γ animo di Sua. Santità che a disegno di seriamente ridurlo ad effetto· ». A nulla certo si approdò; e se ne troncò il discorso « credessi ad oggetto.... di non svegliare le pretensioni della Spagna e della Francia » per Γ Infante Carlo di Borbone, che pur aspirava ail possesso di Massa (2). Fallite le trattative, il cappello cardinalizio non venne, e Mone. Oa-mililo, disgustato per questo e per altro, come vedemmo, abbandonò Roma per non ritornarvi se non dopo la morte di Innocenzo XIII. Nel gennaio del 1724, però, i Ser.mi Collegi sollecitavano ancora. Γ Inviato di Vienna . indagasse < quali maneggi o fra*» tati » fosse per faro il Duca di Massa a quella Corte; ma il suddetto ministro smentiva la notizia comunicatagli, dietro informazioni ricavate da persona confidente e dallo stesso Alderano. II quale si era proprio Con lui sfogato lagnandosi delle falsità messe in giro pubblicamele, « come ee egli — gli avea deito — avesse affatto perduto il cervello, e non conoscesse il suo interesse, et il pregio dei 132 Onorato Pastine suoi feudi, per cangiarli con altri a lui incogniti e niente addattati ai suo genio, e non ei sapesse che anco in difetto della sua linea, vi era/no molte chiamate nella Femminina, onde ne tampoco potrebbe far tal pazzia quando gli fosse saltata in testa ». E particolarmente si lagnava, come autori della bizzarra novella., dei Marchesi Malaisp'ina « suoi vicini, eh e andavano a cannino di screditarlo nel concetto del mondo » (22 gennaio 1718). Il Duca, anzi, aveva tutto il desiderio di ritornarsene nei suoi Stati ed altresì di liberarsi delle truppe cesaree che pareva dovessero infatti partirsene tutte, meno· però il presidio dii Avenza, come aveva egli aggiunto (c in aria di disgustato », a domanda delio Spinola. Questi, più tardi, recandosi a dargli il buon viaggi oiper 1’ Italia, apprendeva [poi dallo stesso Duca certo discorso che gli avea fatto 1 Imperatore nel-Γ udienza di congedo, riguardante i servizi che il Cibo avrebbe potuto rendere a S. M. in Italia, giusta quanto gli sarebbe stato comunicato al suo ritorno in patria; volendosi con ciò certamente alludere al concorso che da lui si attendeva per respingere un eventuale attacco della flotta spagnuola in quelle parti. In realtà le guarnigioni tedesche rincaserò poi ancora a lungo nel Ducato, per più ragioni, volente o nolen e lo stesìso Alderano (1). Frattanto ci è lecito qui ora notare come la confidenza, del Duca con Γ Inviato genovese mostri quanto grande fosse verso la Repubblica la sua inclinazione,. che meglio spiegherà in seguito. E possiamo pure ag giungere che analoghi sentimenti nutriva i'I iratello Camillo. L aba Ciccopierd, quando si recò, come vedemmo, a Vienna, inviato da Monsignore per frastornare ogni tentativo di vendita dello Stato per pai e del Duca fratello, non manicò di visitare il ministro genovese, March. Clemente Doria, successo allo Spinola nel luglio 1719, mettendolo a par e della sua missione. Egli aveva avuto ordine, infatti, di rivolgeisi « par ticolarmente » al Doria perchè lo aiutasse nelle sue incombenze, ed ora, in tale occasione appunto, gli faceva apertamente conoscere che « £ intenzioni di Mons. Ciibo erano che in caso di alienazione passassero i Feudi a mani della Repubblica, Ser.rna colla quale facilmente si sarebbe inteso » (2). Credo che tali simpatie e preferenze, come pure quelle che vedremo ebbe a manifestare la stessa Corte imperiale, fossero dovute essenzialmente alla convinzione di poter ricavare dalla ricca Repubblica un maggior profitto, data la grande importanza che avevano per essa quei feudi. Che abbondasse nella Dominante il denaro era opinione generale, ed era la verità; sicché Principi italiani e stranieri continuavano a ri- ti) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2565, il Governo a D. M. Spinola, Genova, 6 dicembre 1717, 4 gennaio 1718; D. Spinola al Governo, Vienna, 10 novembre 1717, 12 gennaio, 27 aprile 1718. <2) Tbid., busta 2567, Cl. Doria al Governo, Vienna, 20 settembre 1719. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 133 volgersi ai banchieri- genovesi per prestiti; così proprio in quegli stessi anni (1717) la Camera Cesarea, ad esempio, aveva sollecitato una simile operazione per mezzo degli Inviati straordinari, Spinola e Doria. Certo la Repubblica non poteva non essere incoraggiata da tali buone disposizioni a suo «riguardo; ma un’ altra speranza le balenava in quegli stessi1 giorni: quella di riuscire a ridurre intrighi e difficoltà con una legittima e regolare successione. Non so come pervenisse ai Signori Ser.rni la novella che nel testamento del Duca Carlo- II, padre di Alberico III e di Alderano, morto il 7 dicembre 1710, fosse disposto che mancando la Casa Cibo venisse chiamata alla successione di Massa e Carrara la Repubblica di Genova ì( con 1 assenso però della Camera Aulica, ». Noi sappiamo infatti che un benevolo eccenno alla Serenissima si conteneva in detto testamento, ma vedemmo che il senso non era propriamente quello supposto. Comunque il Governo della Repubblica andava in proposito « procurando le più sicure cognizioni », e di conseguenza incaricava anche i Doria di indagare se esisteva a Vienna U.n (comunicato iddi Municipio idi Genova iai giomnaOi cittadini informava tempo addietro che dopo annose 'e difficili trattative si era finalmente ottenuta Γ autorizzazione alla riproduzione fotografica dei « (Libri Iurium » della Repubblica (Genovese conservati nell’ Archivio ded Ministero .'degli Esterni a (Parigi. [La riproduzione Idelflia qu'aile iil Coanune assume con munifica (larghezza I’ onere mon fedifferenite è già fin corso e arricchirà d’ Archivio Municipale idi documenti veramente prezioso per ia storia ipolirttilca economica e coloni-ade di Genova. ILa sapiente d'atrgihezza e il culto delle memorie e ideile glorie del passato .tradizionali nelle civiche amministrazioni (genovesi, (hanno ottenuto così un ricupero di valore veramente eocezionalle idei quade aneitte conto (di rilevare ·Γ importanza e la storia. ■Continuando in quel sistema di spogliazione di cimelii storiti e di oggetti artistici ohe aveva cominciato gin dalla prima spedizione italiana nel 1796-97, Napoleone imperatore mandò in Liguria nel 1808 e nel 1812 due dotti : iLeibrun e De Sacy a esplorare gli Archivi genovesi. Risultato di questa esiplorazione fu il saccheggio sistematico negli Archivi segreti della Repubblica di San Giorgio di tutto quanto più importante e più raro a quei due eruditi parve degno di fare dO. viaggio di Parigi (1). In compenso rimaneva nell’ Archivio genovese la preziosa e interessante corrispondenza fra i due esploratori e id grande Imperatore il quale intendeva unire quel materiale ligure all grande Archivio del-Γ Impero che avrebbe dovuto porgere a Parigi. Il proposito svanì con la caduta dedi’ Impero ma non tutto quanto era stato raccolto a Parigi fiu restituito per effetto del Trattato di Vienna e tra il materiale rimasto fu appunto il Genovese forse psricibè nessuno andò a rintracciarlo nell’ Archivio del Ministero degli affari Esteri dove, non si sa per quali vicende, era andato a rintanarsi. Neppure ritornò il Codice originale di Caffaro finito alla Biblioteca Nazionale di Parigi del quale il Municipio di Genova ha fatto fare la riproduzione fotografica nel 1898. E’ il Codice che tha servito all’ edizione del Pertz nei « Monumenta Germaniae Historica » e al Belgrano e al-Γ Imperiale nelle fonti dell’ Istituto Storico Italiano. Se id Pertz avesse saputo ohe un altro codice degli Annali esisteva al Ministero degli Esteri e avesse potuto servirsene, non avrebbe dovuto ricorrere per il periodo posteriore al 1285, dove Γ originale si arresta, ai (1) V. la prefazione del Belgrano al I<> volume degli Annali genovesi ai cajjaro e dei suoi continuatori, pubb. daU’Ietituto Storico Italiano. 136 Vito Vitale Codice bri tannile q che è copia della prima metà deil XV evitando taluni errori dovuti a dusaittenzione e inesperienza di ohi fece la trascrizione. •Ma nè egli nè altri conosceva Γ esistenza di quel 'Codice e di un Fonds Génois al Ministero degli Esteri : tutti ritenevano ohe quei prezioso materiale portato a Parigi fosse andato disperso; e il rincrescimento di questa supposta perdita era accresciuto dall vedere Γ impoTtanza dei due Libri Iiurium che su copie di Torino e di Genova erano alati pubblicati dalla Deputazione di -Storia Patria, istituita per volere di Carlo Alberto (1). Ognuno sa infatti che ,i documenti raccolti in quei due volumi costituiscono la base fondamentale di ogni studio sui primi secoli della R apubblica Genovese. Soltanto nel 1880 e casualmente iil dotilo americano Henry Harrisse, notissimo e benemerito studioso di cose oolomlbiane, avendo ottenuto il permesso di fare ricerche di documenti Colombiani nell’ Anelli vi o degli Esteri in Parigi, trovò una raccolta di manoscritti, distinta con Γ indicazione « Fonds Génois » e ne diede notizia a Cornelio Desiniom, Γ insigne e infialticaibile studioso allora sopraintendente delll’ Andhivio di Stato Genovese. Sebbene vecchio e malato , J’ illustre uomo, che così profonda traccia ha lasciato negli studi della storia ligure, si relcò a Parigi e grazie ai buona uffici del conte Nigra e di Emnesto (Renan, potè veder.e una parte dei manoscritti e prenderne nota, redigendone anche una breve relazione che, per contenere -le prime notizie su questi importantissimi documenti, merita di essere riferita (2). Più minute indicazioni sono date da posteriori descrizioni, 1’ ultima delle quali dovuta a Où-landò Grosso fu pubblicata ned Bollettino municipale di Genova del 31 dicembre 1926. Dei Lilbri luni uni in queste relazioni erano forniti i dati offerti dal Catalogo della Biblioteca con gli estremi cronologici dei documenti e il numero delle pagine di ciasicum volume e notizie ancora generiche forniva poco dopo lo stesso Desimoni occasionalmente negli Atti deilla Società /Ligure di Storia Patria (3). Più ampia relazione 1’ insigne studioso si proponeva di preparare per gli Atti della (Società, ma il proposito non fu poi attuato' e il materiate già pronto rimase tra il· prezioso e singolare suo schedario ali Archivio di Stato. Un esame intrinseco per quanto sommario dei Libri fu fatto invece dal Sieweking inel 1907. iLa storico dett Banco idi San Giorgio e daUe finanze genovesi potè esaminare i nove Codici e diede del loro contenuto una relazione sommaria in questo stesso giornale (4), che acuì con la il) Monumenta Historiae Patriae, vol. VII e Vili - Tortino, 1854 e 1857. (2) V. allegato A. (3) Vol. XIX (1887) pag. 34, nota. Quattro documenti tratti dal Io -dei .Libri furono pubblicati dal Belgrano in Atti, vol. XVII, p. 227 .segg. (4) Giornale storico e letterario della Liguria, vol. Vili, 1907, pa*. 414-438. Intorno ai « Libri Iurium » 137 conoscenza dei tesori In -essi racchiusi il rimipianto Ideila «perdita e il desiderio 'del ricujpero. (Di questo desiderio e della necessiità per gli studi starici idi conoscere il (prezioso (materiale e di darne tsecondo le norme e le esigenze della critica una edizione diplomatica· si fece interprete in più modi e con tenaçe persistenza il Marchese Cesaire Tmiperiale di Sant’ Angelo, allora e (per ilungo· tempo Presidente della Società (Ligure di Storia Patria. ÌEgfli 'aveva 'già iniziato pratiche personali {per mezzo del Signor Emanuele IRodocanachi appassionato cultore di studi storici italiani, allo iscopo di ottenere la copia idei tvolumi che per Γ editore degli Annali avevano un (particolare e capiltale interesse, massime riguardo al fcecolo XTII. 11 Rodocanaohi faceva presente (però Che ila spesa della trascrizione sarebbe stata eccessiva ed esponeva per la pTima volta come più conveniente il"’ idea idi una rijproduzione fotografica (1). E coin lettera Successiva fornendo altre interessanti informazioni aggiungeva che la copia sarebbe costata intorno «ai ventiicinqne mila franchi e quindicimila franchi la .fotografìa (2). Va da isè che la fraise rizio ne 'avrebbe richiesto un tempo infinitamente (maggiore. iNefllo isitesso momento V Imperiale ‘cominciava le pratiche ufficiali per raggiungere lo iscopo «e inel'la (seduta JdeO maggio 1906 insieme al Prof. Camillo iManifroni proponeva alla IR. Deputazione di Storia Patria di Torino, dhe fosse curata la sltaimp*a dei preziosi codici neOa collezione Monumenta. La proposta fu accettata e la Presidenza ebbe il mandato di avvinare ai modi e al tempo di metterla in atto. Se non che la sua attuazione -andava, incontro ia una (duplice difficoltà, diplomatica e finanziaria. Quello 'dhe si sarebbe potuto dire programma massiimo, la semplice restituzione dei dodici nostri, urtava contro la prescrizione opposta dal governo francese che non avrebbe neanche voluto accettare trattative in materia : la considerazione che quei documenti importantissimi per la storia genovese ed italiana non ne hanno allcun diretto per la storia francese, e dhe non hanno neppure un (particolare valore artistico non con- ii) « J© suis allé aux Affaires Etrangères. Les Libri Jurium sont au nombre de ■neuf, dont plusieurs, comme vous le verrez par la liste ci jointe, très considérable·. Ce eout en outre de grand in folios. Les copies deviendrait à un prix excessif; mais on peut les faires reproduir photographiquement. Il y a au Ministère un opérateur qui pourra se charger du travail. Je lui ai fait demander d’établir un prix pour tout, ou pour un ou deux volumes ». Lettera gennaio 1906. (2) « Les volumes -des Lib'ri Jurium ont beaucoup de pages, comme voue pouvez le voir, et l'écriture eu est extrêmement serrée. J’estime que sur une page il se trouvent, fans comter les abréviations, de 30.000 à 50.000 lettres. Aussi la somme nécessaire (pour en faire une copie serait-elle plus élévée. A première vue. on extime aux Affaires Etrangères que la copie à la main coûterait environ Fr. 25.000 et la copie photographique Fr. 15.000. Encore l’opérateur assure-t-il que tson procédé est plus économique que les autres et qu’il peut photographier les pages des nuss. qui sont in folio telles quelles alors que les autres me le pourraient pas. Il doit venir me voir un de ces jours me -donner de (plus amples renseignements et je le prierai de me faire une note que je vous cornu niquerai aussi tot». Lettera 1 feibbraio 1906. 138 Vito Vitale lava naturalmente per dii (possessore. Entrati, comunque ciò fosse avvenuto, mei (patrimonio in azionale francese non potevamo essere alienati. Il /programma minimo della trascrizione o della (riproduzione fotografica urtava contro una penosa situazione di .faltto, da ristrettezza dei mezzi economiici della Deputazione di Storia patria e in gemere di tutti gli enti di cultura. Ma i (tenaci istudiosà e (amatori nom rinunciavano ai loro propositi e una significativa riprova dell' interesse destato da questi cimelii della sitoria genovese, si ha .neJ-1 ’ azione quasi contemporanea esercitata dal Comune idi Genova. Nel settembre dei 1910 Orlando Grasso Direttore del-Γ ufficio di Belle arti, per V interessamento dell’ ex ministro degli Esteri Gabriele Hanotaux aillora presidente della. Commissione degli Archivi di quel (Ministero, potè (prendere visione di quel materiale riguardante Genova iche vi è conservato e ne riprodusse Γ elenco recentemente pubblicato mel Bollettino 'Municipale. Questo elenco come quello del Desimoni col quale sostanzialmente concorda, comprende 36 numeri — 32 ne ha il Desimoni — mentre secondo le notizie di quel dotto i numeri del iFonido Genovese sarebbero stati 57. Poichiè Γ elenco del Grceso è copia precisa del catalogo esistente al Municipio degli Esteri, bisogna credere che il numero 57 sia urna svista o un erroneo «calcolo del 'Desimoni. Ma anche ridotti a 36 i volumi hanno una eccezionale importanza come si jpuò vedere dall’ indice sommario già accennato (1). Accanto al codice degli Awncdi che arriva sino al 1923, e che è stato collazionato dall Belgrano e dall’ Imperiale, accanito alila cronaca dello Stella già compresa melila [Raccolta muratoTiana e a copie di documenti che si trovano mei Libri Iwriv/m e negli Archivi Genovesi, altre serie ci sono che presterebbero abbondante materia di studio a illustrare ■la storia costituzionale diplomatica e commerciale della Repubblica Genovese. •Conscio di questa importanza il Grosso iniziò a sua volta preliminari trattative per ottenere la restituzione almeno di parte del maìteriale valendosi appunto deill’ amicizia dell’ Hanotaux e pensò anche lui almeno alla riproduzione fotografica, delle parti più imporltanti. Ma per la cessione occorreva urna legge speciale del Parlamento francese che autorizzasse il governo a disfarsi di cosa considerata ormai patrimonio nazionale o almeno lo scambio con materiale giudicato equivalente. Ma che cosa poteva dare Genova in cambio ? Essa non aveva mai depredato Biblioteche o Archivi, francesi, forse perchè non ne iha avuto Γ occasione potrà pensare qualche maligno. D’ altra, parte Ja spesa della riproduzione fotografica apparve troppo forte all’ amministrazione municipale del (tempo e la cosa non ebbe seguito. Veramente geniale fu poi il tentativo del Grosso di riprendere la questione durante la neutralità italiana (1) Bollettino Municipale « Il Comune di Genova », 30 dicembre 1926, pag. 1426. Intorno ai « Libri luriwm » __ 139 mel primo periodo ideila grande guerra. Anche con 1’ aiuto del Console francese allora in Genova, egli sangigerì quella restituzione come un bel gesto; ma «la 'diplomazia aveva allora altro da fare e poi giunse 1’ intervento italiano e 'dei iLibri Invium e degli alibri documenti genovesi non ei parlò più per e coi Dogi di Venezia, coi re d’ Inghilterra, 'di Francia e di Aragona con gl’ Imperatori Miaissimiliano e Carlo V. Da Siisto IV a Giulio II e Leone X, tutti i grandi pontefici del Rinascimento e poi Francesco F ascari e Nicolò iMarcelilo dogi di Venezia, Fi-lipipo Ma/ria Visconti e Francesco Sforza, Bianca Maria e Gian Galeazzo e Ludovico il 'Moro, Renato d’ Argiò e Alfonso e Ferdinando d’ Aragona, Ferdinando e Isabella di Cartiglia, tutti i maggiori personaggi storici di queir età compaiono (nelle pagine interesisantiesime del III volume. Concessioni economiche e commerciali, esenzioni doganali, fatti politici e convenzioni diplomatiche vengono ad aggiungersi e a integrare i documenti già moti e gli altri esistenti nell’ Archivio di Stato genovese, e le iserie degli atti compiendosi a vicenda potranno recare nuova luce 0 delucidare punti oscuri o poco .noti. I rapporti molteplici e complessi con Milano durante il dominio dei Visconti e degli Sforza, le lotte poliscile e le gare economiche con gili Aragonesi di Napoli, le eterne contese coi Del Carretto, con Savona con le altre città delia riviera, le lotte astiose e interminabili, con alterne vie emide di trionfi e di cacciate, di vittorie e di esili tra gli Adorno e i Fregoso hanno in questo volume urna serie di documenti di importanza gnamdisjsima. E non minore interesse presenta il IV volume che riporta al tempo di Andrea Doria e contiene anche um elenco coi nomi dei nobili aggregati mei 28 alberghi e privilegi imjperiali e concessioni economiche di Carlo V. Sugli altri volumi, alcuni dei quali contengono copie di atti compresi nei precedenti, il Sieweking ha dato scarse notizie, forse per averli meno attentamente esaminati e ‘perchè ritenuti meno interessanti per V età più tarda, ma serviranno anch’ essi di efficace compimento e di controllo. Certo questo materiale sarebbe anche più utile agli studiosi di ogni regione, interessando non solo la storia locale genovese e ligure, ma per 1 suoi rapporti e per le sue interferenze, quella di tutta Italia, se potesse essere imtegralmente pubblicato e messo per mezzo della stampa, a di-sposizione del pubblico. Quel dhe prima di tutto importava era di avere in Italia, nella sola forma possibile, questa materia preziosa : e conviene non disperare die di più si possa ancora fare, dopo compiuto dì primo passo. Certo sarebbe (1) Gli alberi genealogici compilati da Iacopo D’Oria e traeoritti dal Desimoni, furono pubblicati dall’imperiale negli Atti deUa Soo. Ug. di Storia Patria, vol. XXVIII, patf. 302 segg. / 142 Vito Vitale un’-opera grandiosa quella alila quale la R. Deputazione di Storia. Pa-tia e il R. I's-titoto storico italiano hanno dato il loro voto entusiasta e concorde; la Depurazione continuerebbe la serie dei suoi Monwmemta e Γ Istituto Storico editore delle Fonti della. Storia d’ Italia e della magnifica ristampa della raccolta muratori an a dei R&rwm Italicarwm Sciip-tores troverebbe un riccihissimo materiale per il commento alle sue pubblicazioni : ma le loro risorse economiche sono insufficienti alla vasta impresa. Una .nuova -speranza però soccorre. Una nuova forma di mecenatismo sta sorgendo dalla nostra società meccanica e industriale, uomini di banca e magnati dell’ industria prendono il posto dei magnifici signori del Rinascimento; la nuova aristocrazia del denaro si converte in aristocrazia della coltura devolvendo a fini di munifico mecenatismo in-teltletatuale le cospicue ricchezze. Giova [far voti che qualcuno di questi rivolga benevolmente Ha propria attenzione a un’ opera Iche, illustrando e chiarendo la storia specialmente commerciale e coloniale di Genova, verrebbe a recare nella (più (precisa cognizione e nella ricostruzione del passato la (conferma delle speranze e delle as liibro Jurium, ma duplicati disposti in ordine diverso e mancanti inoltre di documenti che si trovano nei codici Parigini. Inoltre il voi. VII compilato da Jacopo D’Ona, il grande Annalista e custode deH’Archivio isulla fine del sec. XVIH è (prezioso per note marginali ed alberi ‘genealogici delle contemporanee famiglie signorili che erano in relazione colla Repubblica. Per ila categoria legislativa importantissima è la legislazione (generale del 1403. I due volumi jparigiini sono però mutili in più parti, per forse 200 carte mancanti dei testi ipiù viitali, come le regole sulle costituzioni delle colonie orientali, le regole sulla contabilità di Stato, sui Padri del Comune, etc.; le quali tutte vi devono essere state 'secondo l’injddce generale che precede. Tuttavia i -due codici non mancano di essere preziosi per circa 100 carte che vi restano ancora, e specie per 'la completa esposizione dei regolamenti sulle singole arti e mestieri. Della collezione legata alFArchàvio dal Federici, vi sono 4 codici fra quelli conservati a Parigi, cioè : Caffaro, Stella, Politicum Ianue e De Officio Monete. Allegato B. R. AMBASCIATA D’ITALIA Telegramma-Posta n. 3439-1227. Parigi, 9 settembre 1926. Al Ministero degli Affari Esteri - Roma. In relazione al 3° capoverso del dispaccio del IR. Ministero della P. I., n. 1951 (ohe era allegato al dispaccio di V. E. e che restituisco) mi pregio informare che questo Ministero degli iAffari Esteri ha consentito a che venga eseguita la riproduzione fotografica di tutti o parte dei 9 volumi dei «Libri Jurium della Repubblica Genovese». In base alle leggi in vigore, i volumi deH’Archivio del Quai d’Orsay non possono essere asportati dalla loro sede e si rende necessario che la riproduzione fotografica, per quanto il luogo non sia molto indicato, si faccia alla sede stessa dell’Arohivio. Per ciò (fare, secondo un preventivo stabilito dalla Ditta Berthaud Frères di Parigi, specialista di lavori di tal genere, ei andrebbe incontro ad una spesa di circa 22500 franchi (fotografìa del formato 18x24, su carta al bromuro che dà i caratteri in bianco su 'fondo nero) dato che si tratta di fotografare complessivamente 4500 pagine per i 9 volumi, a meno che la riproduzione dei codici di cui si allega un elenco, secondo la classificazione stabilita dall’Archivio di questo ministero degli Affari Esteri, non debba essere limitata a quelli che l’istituto Storico Italiano riconosce più particolarmente interessanti. 144 Vito Vitale Estratto del catalogo della Biblioteca del (Ministero degli Affan Esteri Francese per quanto riguarda i «Libri Jurium Genovesi» N.odi cat. 28 — (Genes 26) 958-1285 — Libri Jurium Januensium - voi. 1°, comprendente la trascrizione dei documenti relativi a Genova dal 958 al 1295 1 votane, in folio (pergamena) XIII secolo - 342 fogli. * 29 — (Genes 27) 1317-1422 — voi. 2o - 6 documenti dei detti anni classificati per ordine di argomento, con repertorio. — 1 voi. in folio-pergamena - XV secolo - fogli 427. 30 — (Genes 28) — voi. 3° - Documenti dal 1430 al 1498, classificati per ordine di argomento, con due documenti addizionali datati dal 1403 e del 1514 1 voi. in folio - XVI -secolo - fogli 250. 31 — (Genes 29) — voi. 4o - Documenti dall 1528 al 1565, classificata per ordine cronologico — 1 voi. in F. - XVI secolo - 6 fogli 182. 32 _ (Genes 30) — voi. 5« - documenti classificati per ordine cronologico dal 1560 al 1633. con doc. addizionali del 1338, 1343, 1526 - vol. 1 in F. - XVI e XVII secolo - fogli 184. 33 — (Genes 31) — voi. 6o - Documenti classificati per ordine cronologico dal 1513 al 1606, con documenti addizionali del 1513 e del 1560, del 1605 e del 1606 vol. 1 in F. - XVI e XVII secolo - fogli 139. 34 — (Genes 32) — voi. 7<> - Documenti da1 958 al 1274, con repertorio delle ma- terie (ed annotazioni dell*annalista Jacopo D'Oria) - in F. - sec. Ili - fogli 301. 35 — (Genes 33) — voi. 8<> - Estratti diversi dai volumi precedenti, classificati per ordine da argomento - Documenti dal 911 al 1552 - vol. 1 in quarto carta del XVI secolo - fogli 190. 36 — -fiGenes 34) — voi. 9© - intitolato : Instrumentorum et Investiturarum Liber - documenti in ordine cronologico dal 1396 al 1409, e repertorio - vol. 1 in F. - XV secolo - fogli 200. Figurano inoltre nel catalogo le seguenti altre pubblicazioni che si riferiscono alla storia di Genova. 1 e 2 — (Genes lei bis) — voi. 2<> di Memorie Genovesi comprendenti una cronologia sommaria della storia di Genova dal 958 al 1574 e diversi estra ι dei LiJb. Jurium. 3 — (Genes 2) — Annales Januenses Oaphari et continuatorum (1101-12 '(N. Questo Codice, detto degli Esteri è copia, eseguita nel secolo XIII, del Codice originale che si conserva alla Bibliothèque Nationale. Fu collazionato con questo e tutte le varianti fra i due codici sono notate nell edizione dell'Istituto Storico, a cura dii C. Imperiale). 4 — (Genes 3) — Annalia Ianuensia - Cronaca di Giorgio Stella dal 1396 al 1435. 5 _ (Genes 4) — voi. lo - Miscellanea comprendente copie di varii documen i dal 967 al 1545. 9 — (Genes 9-10) — voi. 2o della stessa collezione. 10-13 — (Genes 11, 11 bis, 12 e 12 bis) — voi. 3<>, 4 , 5<>, 6o ed ultimo delle Memorie Genovesi. 14 — (Genes 13) — voi. 3<> ed ultimo della Miscellanea. 18 _ (Oenes 16) — 1492-1503 - Raccolta intitolata: « Cartas y privilegio©, y otras escrituras de don Christo vai Colon Almirante Mayor ». 19 _ (Genes 17) — 1413-1563 - Regulae sou ordinationes pro pacifico etatu Comunis Januae de anno 1413 aliaeque usque ad annum salutis 1560. FOETI m LIGURIA LUNIGIANA ROMANTICA: IL POETA DI SARZANA Quajndo usici il (primo volume dii versi d*i Corrado Miartinetti (1) ne iscrissi, ricordo, «una (breve recensione vibrante di simpatia, se ben vergine di (spirito critico. Da allora, e son più che vent’ armi, ho spesso ri udito entro me quel canto, (condensato, dirò», nel suono di due strofe serbatemi .dallia memorila ahiare, «perfette, tra un sussurro di motivi smagriti : vatpOQ'dta di dittamo e di veli palpitante di nuirmuri, leggera a me, come un amor che si riveli viene la sera. E mentre i rami tremano $omu ia nostra Va/l di 'Magra, sostò i' onda avventurosa dei puri Aria ? Um a ne h e od ago troverà i seguii di ciò con oscura Haitica, ma il ipoeiba (può ancora, a distanza di miUlenni, fermare quel flutto al tocco della sua lira. Ubaldo Formentini LUIGI MAIN ERI E GIOVANNI BATTISTA M.a PIZZORNO Intorno a Luigi Maiiner.i, -di antlica e nolbile famiglia genovese, filosofo, eiconomista e letterato del secoli ο XVIII (1734-1793) scrisse Achille Neri nel Giornale Ligustico del 1882 (1). Come scrittore, semibra ini uscisse meglio .in prosa che in poesia. Scrive infatti ili «Neri : « Urna certa i ndi inazione ailla poesiia, dhe era quasi indiisipeii'salbiiLe per uscire diaüHa volgare schiera, in quell’ età in cui imperava 1’ Arcadia, gli procurò la benevolenza dei pastoni deMLa Colonia Ligustico,, i quali lo accolsero -neliLe loro aduniate, dove ebbe il nome di Linceo, aipproprdiaitc afcsai bene alila sua naltuna, piuttosto volta alla osservazione ed al (ragiomaaniemito filosofico, ohe agili sflankri spontanei del-Γ estro e dellia fantasia. Ianfartltli se può ritenersi, sotto un certo aspetto, eh’ -ei fosse — serri tore in prosa... de’ più iistiruiiti nell’ eleganza e pulitezza dello stile —, non gtlii i$i potrà concedere ugujall vanjio — in verso (2) —, perché le due poesie die ho potuto vedere non escono dadia mediocrità; e fonse egli stesso conosceva questa sua pochezza poetica, di che πώ fa accorto id vedere come in quelle ral:codte di poesie, colle quali usavamo gli Arcadi feisletggiare Γ incoronaziione dei dogi o piangere la perdita di qualche chiaro collega, egli preferisse dettare la prosa da premettersi alle rime. iNè può negarsi che queste prose facendo ragione dii queilie ampollosità. tulfcte propnie dell’ educazione lette rama d allora, non manifestino una certa robusta eleganza di stile, ed una non mediocre conoscenza deglii scuotitori latini, italiani, e stranaeri così antichi come moderni ». Conosceva, dunque, la propria pochezza poeliiica; e tutta/via tentò persino la tragedia, scrivendo le prime scene di un Conte di Essex; e n’ebbe dal Genovesi giudizio favorevole. Ma, aggiunge il Neri: «Dopo questa lettera — del Genovesi — nonostanti le lodi e gli incoraggia- (1) Vol. IX, p\p. 169 se*gg. La sua famiglia, proveniente dalla omonima illustre e tra le primarie a Milano, eru passata in questo ramo in Ovada nel seoolo XIII; e di qui parecchi suoi membri si erano reca-ti nel sec. XV a Genova, dove avevano sostenuto alte cariche ed ai loro discendenti era stata riconosciuta la condizione nobiliare. Luigi discendeva in linea retta da un Andrea nato verso la fine del sec. XIII. La tomba di questo ramo era in 8. Francesco di Castelletto. I Maineri avevano continuato qual (più qual meno le loro relazione con Ovada. (2) Ho chiuso tra lineette le parole ohe il Neri trasse dagli Avvisi del 1793 pag. 225; e ciò per evntare la confusione con le virgolette tra le quali riporto le sus 152 Ambrogio Pesce nienti, dobbiamo credere smetteste© ili pensiero ideila Itragediia; o se pur la ridusse a fine, certo non la pubblicò, 11011 avendone trovato memoria aiicmia ». Agli scritti siaiora a noi noti dei Maàaietni sono da aggiungere quattro poesie dalle quali (però conosciamo unicamente il’ esistenza e Γ argomento perchè ricordate in due sonetti di un poeta ovadese suo contemporaneo, che si trovano in un codice ans. da me posseduto. lì teoQftJaitiivo d>i tragediiia dei Maineri appartiene circa al 17G5, come risulta dalla data delia risposta inviatagli dall Genovesi. Ora. è questo certo un perìodo in cui la sua vena poetica, buona o poco buona che fosse, si andava esercii andò; ed egli, secondo ili vezzo del temjpo, corri-sponde-via con alitai poeti coi quali scambiava campo minienti. Ho avuto altra λ olila occasione dii panlare deli’ Ovadefee, Abate Niccolò Giowaami BaiUuSta Malia Pizzorno, letterato, amico di letterati, e in particolar modo di Ignazio Butta, descrivendo un codice manoscritto sincrono, e credo autografo, contenente i componimenti poetici — tutti o quasi tutti — del Pizzorno (1). Ora pareccni fra i suoi molti scritti sono deducati a munibri delilla iMiustre casa dei Maineri, e tra gtli alitili, i due sonetti diritti al Prevosto D. Perrando, pei* mezzo del quale aveva ificevuto « il’ ordine » di S. E. Luigi Maineiu. Ad essi, infatui, sotto forma di titolo è premessa una nota, la quale ci fa sajpere che il Mai-neri aveva inviato ai Prevosto di Ovada, D. Gio. Guido Peirando, al-ourki « bellissimi > cxxmiponimenti poetici da consegnare a lui, esprimendo il desiderio lusinghiero — egli lo diiiama « ordine » — che li con-tioccariii) lasse con qualche suo sciutto in versi. Quelli del Mai-neri, come ho detto, non ci sono pervenuti, ma risulta i’ argomento dai primo dei due sonetti del Pizzorno: sono qualutro, e riguardano la diistruzione dii Troia, la conversione di S. Paolo Apostolo, o megiio di Sauìo, un cofnjpoarofla e Γ ufficio del vdcedornino hanno un sigruifilcato ed un contenuto 'specifico 'ben diverso, idi regola, da quello del vicecomes e del-1’ Advocatus. Le baisi del vdcedomiiiniato lunenise deibibano certamente ritrovarsi inefliT 'amrnd nistn azione dii terre e di beni venuti in un modo o nell’ 'altro nielle mani della Chiesa; ma mi pare che is'i toJdrehlbe fuor di tsrada ise, con un salto di circa un secolo e mezzo, si volesse, ad esempio, ricollegare il vie ©domino Guglielmo a quel Rollando Uscente dìe testimonio compare dn urna carta dell 26 luglio 888 (4), can Ha quale il marchese Oherto prometteva al vescovo Gottifredo 1° di non esigere ail-cun diritto su alcune pievi. Troppo vasta è la lacuna, troppo debole il filo conduttore perchè eli possa asserire che aniche in iLunigiiama. 1’ istituto diel vicedomdnato potesse trovare le sue baisi nel diritto pubblico. La stessa oisservaz-kme vale anche neti confronti idi quelita teoria che vorrebbe .riconnettere il vdcedomd’nato alle immunità, mentre queste sono in Lunigiana connesse con Γ aivvocazia. Vediamo piuttosto se quella data 1144 (5) non dica proprio nulla, o in- (1) Volpe, Lunigiana Medioevale, p. 115. (2) Cod. Pel. n. 370. (3) Volpe, Medio Evo Italiano, Valleoohi, Firenze, p. 281-2. (4) Cod. Pel. n. 219. (5) Volpe, Lunigiana Medioevale, ip, 77. 156 Ferruccio Sassi vece non (poesia .proprio spiegarci come precisamente in quel giro dii tempo venga dato dà imbatterci in questa carica che pair quasi sorta dal nudila. E’ noto da un documento del Codice Pelavicmo a‘1 1140 come in queist’ anno i -Sarzanesi giurassero a Goffredo "vescovo di Luni di non contender più le ragioni ded vescovato di S.-ta Mairia : dotta recente dunque vi era stata; , e, dell (resto, non erano un mistero le tendenze autonomistiche dei ìnt/t'gens es del borgo di Sarzana, tendenze ohe si manifestavano, ad esempio, nel desiderio idi munirsi di fortifie azioni (1). Ora, può portarci lume dii ricollegiare questi piccoli moti locali — generaltri da interessi che, pur in fondo di per sè illimitati, assumevano nel quadro particolare dell’ ambiente urna grande importanza — ai più grandi fatti polliticd e sociali dhe 'in quel tempo stavano svolgendosi in Italia, ed amiche fuorti. Ed tallona vien fatto di rivolgere il pensiero a Roana, dove, già dall temrpo dell pontificato di Innocenzo II0, isi erano manifestati i sintomi d’ un’ «acerba lotta, tra. il Pontefice e unla parte della cittadinanza (piccola nobiltà e borghesia) ; lotta, ohe, precisamente nel 1143, degenerava in un’ ajperta solilevazione che portava al governo della città un redivivo « senato ». Era proprio la stessa tendenza che, tanto nella Città Eterna quanto nel borgo di fSarziana, mirava a svincolare interamente 1’ amministrazione della cosa pubblica da qualunque ingerenza dell’ autorità ecclesiastica. Si «aggiungano le eresie che nuovamente qua ■e -là risorgevano dando orìgine 'alile sette, particolarmente fiorenti in Itafliia e nella Francia meridionale, dei « Càtari », degli « AJbdtgeei » e d«ed « Valdeisi »; questi ultimi, diffusisi nelle città lombarde, trovavano già preparato il terreno dal. vecchio movimento « patarino » ad accogliere la loro tesi antigemarchica. Tesi naturalmente diretta in primo luogo contro 1’ alito clero, ma chie minacciava di seppellire (butto Γ ordinamento della Chiesa e materiale e spirituale. Sono insomma i tempi di Bernardo di Chiaravalle, di Pietro Abelardo, di Arnaldo da Brescia. Per rientrare infine nel ristretto quadro della iLuniigiiana, si consideri che non molto tempo avanti il 1144, l’imperatore aveva ricevuto sotto la» sua particolare protezione una potente famiglia lunense : i Domini di Vezzano: Edco in quale momento storico vediamo avanzarsi alla ribalta il primo vicedomino della Chiesa di Luni (2); e dopo ciò, vien fatto di pensare, piuttosto che ad una (lontana ed incerta derivazione giuridica da pubbliche « potestates », ad un’ (istituzione sorta d’improv- (1) Cod. Pel., 63. (2) Ci .sarebbe nel Codice Pelavicino ima carta, segnata col numero 140, attribuita già dal Podestà al l’anno 1140 e -dal I/upo (Gentile ail 1141, che (potrebbe riuscire molto allettante — si tratta infatti di deposizioni fatte intorno ad una lite pendente tra la Curia lunense ed i borghesi di Sarzana — se la datazione di essa non fosse erratissima, come già ebbe a dimostrare -il Mazzini nelle sne correzioni critiche al Begesto del Lupo-Gentile in « Atti della Soc. Lig. di Storia Patria *» Vicedominì e gastaldi del Vescovo di Luni 157 viso, o quasi, sotto da (pressione di gravi difficoltà, tali dia consigliare ad Vescovo di valersi dedi’ lappogio di qualche potente casato di Lunigiana. Poi, per molti ainni, idei yicedottnini s(i perde la traccia: ricompare un « Aldeprando vicedoanino » primo fra i testimoni, in una carta del 1° giugno 1153 (1), nella quale un certo Gotolo, qm. Amato, chiede in livello ad Vescovo Goffredo quanto tarane' ed «ebbe in feudo dal Vescovo Filippo un Gerardo patruus ded richiedente. Ma non tanto per questo è interessante la darla, quanto perché vi è esattamente ricordata la consistenza ded divello, id quale comprende, fra 1’ altro, « berciami partem Caiozole sicuti dividituxr cura Aldeprando vicedomrwio et cum hominibus de Carraria ». Non mi riesce possibile stabilire con certezza a quale luogo corrilsponda nedd’ odierna toponomastica Ha villa di Oarozola, per quanto essa debba essere certiaonente compresa ned distretto detl’ Ame-gllia : infanti d’atto è rogato dn questo luogo, e Γ dlenco dei beni richiesti a divello coani'nicia col ricordare due case situate in quello stesso castello e termina menzionando due iugeri di terra a Capocorvo. L esistenza di interessi dei vdjcedomini nel diistretto dei!’ Ameglia è, ded^ resto, chiaramente dimostrata da alcune laarte ded Pelavano. Citerò, fra le ailltire, id lodo pronunciato ned marzo 1258 dal giudice pisano Bandino Gaitano sulle questioni vertenti tra id Vescovo e i vicedomini, -che, com’ è risaputo, erano pure domini di Trebbiano, intorno ai conni dei 'distretti di Trebbiano e dell’ Ameglia e «... de iurisdictionibus et usantus nel consuetudinibus quas domini de Trebbiano debent habere in hominibus habitantibus infra districtum Amelie....)). Dal lodo si può rilevare che id distretto dedi' Ameglia, e quindi gli uomini in esso abi-. , dov^airìo dipendere direttamente diafl Vescovo, fatta eccezione per gli uomini di Cala e Fratta, sui quali è evidente avessero giurisdizione i domini di Trebbiano (2), 'Dei redditi e delle prestazioni varie, e dei beni posseduti dai vice-domini nei distretti deld’ Ameglia e di BarbazzJano, sono inoltre rimaste tracce in una carta del 3 gennaio 1285, in occasione della vendita, di alcuni vassalli fatta iati Vescovo Enrico dai tuitori dei fìgdi minori di un deiunto domino (3). ■Resta dunque stabilito che questi vicedoanini hanno, sin dagli inizi, in Lunigiana interessi indipendenti dal vicedominato medesimo in distretti alttigui a quello loro concesso, verisimilmente come feudo d’ ufficio. Quel già ricordato vicedomino Aldeprando, nonostante la diversa lezione del noane dataci dal Lupo Gentile, può senza esitazione identificarsi con quell’ Ildebrando ricordato dal Volpe teome id primo vicedo- (1) Cod. Peh, n. 386. (2) Cod. Pel., n. 493. (3) Cod. Pel., n. 496. 158 Ferruccio Sassi mino della Chiesa di Limi (1) e con quell’ AQdepTando che nel 1163 funziona da testimonio in urta richiesta per «ror in affìtto tire pezze di terra, presentata al Vescovo Andrea IIe da G rumando dedèa Brina e da altri (2). Ed è «senza dubbio quel vicedomino i oui (figli, dopo la morte franino preso poesesfcso del casrtetlo di Trebbiamo e del connesso vucedomi-natfo con damno delle regioni di Parente di Vallecohia e di Giustaroonte da Trebbiano, altTi consorti del medesimo cartello. Ragioni però queste quasi certamente infondate. Intanto in quei pdctfìi documenta che tua il 1144 ed il 1172 fanno menzione di vi cedamini hinensi, uno solo è f\ vi-cedoxntino di volta In volta ricordato. Inoltre daflT esame delle carte del Pelavamo e del Libèr Jurium appartenenti al secolo XI1° e persino ni secolo XI11° abbastanza Inoltrato, si mota la tendenza — non la regola, assoluta, è bensì vero — di designare i tìgli del vicedoenino vivente, anche quando essi siano maggiorenni, col predicato gentilizio «« de Valisela », ovvero « filius >» o « fìliì viredomhii »*. In una parola, vivendo il padre, a questo solo parrebbe dovuto il. titolo, e, per conseguenza, Γ ufficio (3). Infine la sentenza stessa emanata nel 1218 da l'go Vescovo di Ostia (*i) onde por termine alle lotte vertenti tra i discendenti di Paxenlte di Vaâlekxîhia intorno al cartello di Trebbiano e mila carica di vicedamino, starebbe a «indicare, nel modo com* è redatta, un di ritto di priorità, nel ran>o di Ildebrando e nfrponor vi re domi n ai us ». I termini sono anche qui ormai capovolti : e quel Gmstamonte, che sino 1172 «non era che « htsianums de Trebiano », «i firmerà nel 1176 « Just am/ms Vict'dominns »> (5). (1) Cod. Pel. n. 616. (t) Cod- Pel- n. 270 * per U «ft. Mmim. Corrghoni cHOehè. (Î) Cod. Pel. no. 471 e 5M - Lib. Jur.. I. 71f*5 eie. (4) Cod. Pel. o 492. (6) Cod. Pél D. 642. Vicedomini e g as Mài dei Vescovo di Lìmi 159 On’ ultima osservazione. In tuitte Ί-e carte del Pel avicino ohe dal 1144 vanno ad 1190, i vicedomini non .rivestano in fondo che una parte secondaria. Essi non occupano ancona una posizione eff estivamente importante nel maneggio degli affari secolari delda Ohiesa lunense; la loro attività ipane si esplichi e venga tutta assorbita «neHT assistere alde varie contrattazioni e nel ratificare gin atti notarili, taflora in compagnia di persone che non sembrano neppur mienùtane una pairticolare distinzione, a strazi on fatta, ben si intende, daJHT attività spiegata nelde lotte intestine che nulla hanno a che vedere con le pratiche inerenti ad loro ufficio. Solitanto nel 118-4 vediamo i vicedomimi Parente, Alberto ed Enrico farsi g&rainïà d' uin prestilo fatto ad Vescovo Pietro d*a Gailgano canonico di Pisa; ned 1188 troviamo il vicedomino Enrico contrattare a nome del medesimo Vescovo con il rappresentante dei Signori di Erberia per la costruzione d* un castello presso la vidla di Banci (1), e nel 1189 il vice-doemno stesso rttppresentare il Vescovo in un acquisto di terreno presso il castello di Banci (2). Ma ben si può dire che si tratti di eccezioni, dovute foTVe soprai flutto alle qualità personali del vicedomino Enrico: riprende tosto p attività test in ioni afl e, e solamente sul finire del secolo i vlcedomini assumono una posizione realknente iconfacente a3 loro titolo, al loro officium. Non è da escludere ohe resistenze più o meno celiate si opponessero ad un repentino accrescimento della potenza e dell’ influenza dei domini tli I rebbi ano, sia che queste rd'flstenze trovassero il loro fulcro in un co προ dhfuso quale il CaipHoflo (restio a conferire prestigio e autorità notevoli e pericolosi ad un sol ceppo, quando la situazione generale non f<**se tale da giustificare tale fatilo), sia che si manàfesitassero aMa spicciolala nelle varie corti e nei vari cestèlli vescovili attraverso gii atteg-gtementi alquanto ambigui e riluttanti dei gastaildS vescovili. Quesiti uffici della Curia godono, qui in Imnigiana, d’ una posizione eminente e privilegiata nelP interno dei distretti affidati alile loro cure (3). Sappiamo che i gastaldi, non solo pronunziavano sentenze in certe cause non riservate ad tribunale vescovile, o concedevano carte di liveldo, o nominavano i « Maltarii » (4) , ma avevano pure /facoltà di vendere, permutare e pignorare gfli uomini dei « rrmsii » (5); ricevevano giuramento di fedeltà pei fmidi concessi dal Vescovo (6); col lavoravano con i consoli dei borghi a raccogliere e custodire i redditi della Curia (7), in attesa di entrare a far parte, nel secolo XIII0, dei collegi consolari (8). Ed (1) Cod. Pel. e. m. (2) Cod. PCU n. 227. (3) Cod. Pel. oli», tiel Lujk» Gentile, txXe al n. 370. (4) Cod. Pel. n. 263. (6) Cod. Pel. n. 234. <6) Cod. Pel. n. 633. (7) Cod. Pel. o. 102. (I) Volf», luniQiana ìiodioevale, paf. 297. 160 Ferruccio Sassi ogni quadvoQÜa il Vescovo trattasse direttamente con i soggetti, a riguardo delia posizione personale dei medesimi!, si faceva espressa menzione degtli obblighi cui avrebbero o non avrebbero dovuto più sottostare per iil futuro verno il Vescovo ed i suoi nunzi e « quam maxime » il ga-staildo (1). Nel disbrigo dei vari negozi citarti, alcun dei quaJLi d’ un certo rilievo, potè esservi concorrenza d’ ufficio con i vicedomini. E soltanto, ripeto a cominciare dagli ultimissimi anni del secolo XII0 vediamo i vicedomi ni agire da consiliatore\s nella redazione .e pubblicazione delle costituzioni vescovili, entrane nei collegi artoaitraii che devono appianare le contese del Vescovo con gli uomini del vescovado o con signori feudatari (mentre ancora nel 1181 figura arbiitro un Ventura da a raccolta. E’ da augurare che la serie sia presto compiuta e serva poi ad un’ organica ricostruzione narrativo che inquadri le vicende di Savona in quelle di Liguria, anzi nella storia generale del tempo, valendosi dell’ abbondante materiale narrativo e documentario certo ben noto al diligente raccogliere. Ed è ancihe 'augurabile ohe ciò sia fatto con sereno e consapevole senso critico e storico, lontano dalle esagerazioni e dalle iperboliche esaltazioni dell’ « inaugurato regno della libertà e dell’ eguaglianza ». Alcuni documenti sulla vecchia questione, sempre insoluta, della costruzione idi una strada a mare fra Savona e Alibissotla marina, reca ancora il Bruno, che in un terzo studio continua nella « Ricostruzione del Libro id’ Oro » delle famiglie savonesi, parlando delle famiglie Gamba-rana, Relia e Travers agni. Si tratta di brevi notizie, spesso slegate e inorganiche per evidente mancanza di materiale, costituenti tuttavia un contributo utile, anche se modesto, alla conoscenza della storia locale. ■Giuseppe Emanuele Bazzauo espone la serie dei Vescovi Savonesi (La Sede V&scorile di Savona e i Vescovi della sua Diocesi) raccogliendo le notizie dall’ lUghelli, dal Semeria, da annaJlisti genovesi e da qualche scrittore recente. E’ un elenJco senza pretese critiche e documentarie che può avere la sua importanza, ma che dovrebbe essere integrato da alti e e più minute ricerche sui documenti . Metodo più severo, ampia e sicura erudizione storica e bibliografica dimosltra Filippo Noberasco nel trattare de L’ azione sociale delle Confraternite savonesi mettendole a confronto con le Casacc.e di Genova e narrandone le vicende attraverso i secoli XIII-XV. Breve studio che reca un buon .contributo alla storia delle congregazioni religiose medievali; Rassegna Bibliografica 169 altrove' studiate in opere di lunga. lena. Altri due lavori ded Noberasco condotti egualmente con abbondanza di notizie e lunghezza di ricerche riguardano gili Scrittori della città di Savona, limitatamente per ora, seco ί IV XVII. θ la ceramica savonese. E’ evidente in. essi lo studio i superare la forma tipica degli studi locali caratteristici per la ristrettezza della visione e della ricerca, e meritano perciò non piccola lode an- 8 ,se 1 risultati non escono dall’ ambito della città deHlla quale ricercano con amorosa indagine il passato. Vito Vitale Friedrich Schneider, Kaiser Heinrich VII, Der Romzug 1310-1313 Greiz unid (Leipzig, 1926. L opera di Enrico VII e il suo tentativo di restaurazione imperiale, COln ie Città e 8,11 enti Politìlci italiani sono stati studiati di solito parzialmente, in rapporto cioè al Papato, a Firenze, a Milano, a Genova e cosi via. Qui invece ili sovrano tedesco non entra occasionalmente e di scorcio ma coistiltuiisce il centro del quadro e dédia narrazione. Lo studio è perciò una compiuta esposizione del viaggio imperiale e delle viteende che le (hanno accompagnato; e, per quanto non retìhi no-vita di vedute e di conclusioni sulla figura e 1’ opera dell’ imperatore idealista e illuso, è minuto ed esauriente e fondato su amipia e sicura conoscenza delle fonti e della letteratura dell’ argomento. Qui si ricorda non tanto per il suo interesse per la storia generale quanto perchè tocca anche la istoria ligure e specialmente genovese; iì capitolo quarto infatti è dedicato alla dimora di Enrico VII a Genova dal 21 ottobre 1311 al 16 febbraio 1312. (La materia non è nuova perchè già ampiamente trattata dal Caro e dal Samanek ma è svolta diversa-mente. Lo Schneider presuppone e usufruisce nella sua narrazione quei minuti studi critici ma non li segue in particolari discussioni. Così non si addentra nella spinosa questione dei rapporti tra Enrico e la città e del grado di soggezione a cui Genova s’indusse, del valore effettivo del giuramento di fedeltà da. essa prestato. E’ evidente però che non segue le conclusioni, per dir così limitatrici, del Samanek, abbagliato, egli dice, dalla stessa abbondanza dei documenti ; non accetta 1’ opinione secondo la quale, dopo pochi giorni dal suo ingresso in città, l’imperatore si vide costretto ad attenuare, con una spontaneità che’ è soltanto nelle parole di certi atti dell notaio Bernardo de Mercato oggi conservati nell Archivio di Stato di Torino, la forma dei primi patti giurati dai cittadini, attenuando in tal modo la loro soggezione e il proprio diritto (1) (1) Sulla questione si può vedere la recensione del Manfrom allo studio del Samanek (Die Verfassurtosrechtliche stelìung Genuas 1311-1313) in questo Giornale, a, 1907. pag 341 e ses. Il Caso ohe se n’era occupato dn Genua und die Màchtc am Mittelmeer, 1257 1311 sostenendo la piena signoria dell’imperatore (vol. II, 396 sgg) rispose nella Historische Vierteljarssclirift, 1908, p. 226 sgg. e il Samanek replicò nella stessa rivista (1909, p. 77 egg). 170 Rassegna Bibliografica Lo Schneider dice soltanto e genericaniente che Genova, pur dando indnlbibia adesione all’ impero, caricava di salvare anche di fronte ad Enrico i suoi privilegi. Neppure s>i trattiene particolarmente sui! altra questione, ampiamente discussa dal -Caro e dal Samanek, sulla conferma dei (privilegi alle città delfla riviera e sui rapporti che ne derivarono tra d’ imperatore e Genova; ritiene però che 'la conferma di privilegi a Noli e Savona non poteva produrre con Genova un serio contrasto. Non dunque diiscussioni critiche — e ibiisoigna d’altra parte riconoscere che 1’ intento delfl’ autore non era1 d’ indagare la storia genovese ma seguire 1’ imiperaltore nel suo viaiggio — ma accurata esposizione di fatti. L’ entrata di Enrico a Genova e 1’ accoglienza ricevuta rappresentavano urn raggio di luce nella storia defila mancia imperiale verso Roma. Nei giorni 13 e 14 novembre gli furono resi grandi onori : il marchese Gabriele di Gavi incaricato dall podestà, dall’ abate del popolo, dai governatori e dal consiglio generale prestò giuramemtQ di fedeltà. Guglielmo Fieschi e Obizzo Spinola di buccoli avevamo proposto di confe-r.ire al isovrano ili pieno dominio e di offrirgli il governo della città con tutti i forti : egli volile che la proposta fosse confermata dalli’ assemblea popolare. Aveva già accolito onorevolmente in Lombardia i due capi di parte che cercavano d’ ingraziarselo e di rendengliisi benemeriti per averne aiuto: può anche essere ohe in quelle condizioni 1’ idea dell offerta partisse appunto da lui, ma la volle regolarmente legalizzata. Per assicurarsi il dominio della città si fece consegnare .i forti ed ebbe non si saprebbe dire quanto spontaneo — anche un renté;:i. Bisognava perciò non disperdere queil’ impressione e conservare nel 6 olio modo (passito il e queir unità e vi ha provveduta con la Bollita signorile e ^generosa larghezza il Municipio di Genova con la stampa del catalogo ideülla Mostra compilata dai suoi ordlin’atori, i professori Pietro Nurra e Arturo (Cadlignola. Tecnicamente e tipograficamente perfetto, ordinato e composito da due provetti (specialisti iquesto volume viene ad aggiungersi e ad integrare quel Catalogo dell Museo civico del (Risorgimento che è stato 1’ ultima ); alla lettera idi Augusto Vecchi il quale nel novembre 1860 al generale Broicclhi che voleva sicrivere a Garillaidì consiglia: « Siate breve e non dategli grandi elogi, perchè come le ragazze delia propria bellezza, ejgili Ina il pudore della gloria » è iun coro magnifico che inorgoglisce e elsaJlta. Uima parte speciale è naturalmente riservala al Mazzini e con lettere e 'autografi idegli scritti giovanili isono riprodotti in facsimile i giornali e le opere 'suille quali si formò il grande sipirito, i libri e le carte geografiche che gli aippartennero. iRioca opera, magnii iicaimente compiuta con perizia tecnica e con profonda (passione che rivela un prezioso materiale ignorato, e peranette di seguire nelle vicende più varie e neglli atteggiamenti diversi, nei tumulti delle passioni, nel mutarsi delle idee il periodo più iimiportante della moderna storia italiana dell secolo XIX, il faticoso ed arduo mo-anento della formazione nazionale che -ebbe in Genova e in Liguria uno dei centri più attivamente operosi e più fervidamente propulsori e che è il punto di partenza e la premessa insopprimibile di tutJta la vita posteriore di tutte le auspicate ascensioni future. Vito Vitale Arturo Salucci - Tavolozza genovese - Libreria Editrice Moderna, Genova, 1926, pp. 211. •Nessuna « iposa. » di sognatore poeta, nessuna affesazione dii letterato è in queste pagine scorrevoli e divertentissime, dove si leggono le meno peregrine cose del inondo in una forma pullita e semplice, dal tono un po’ scettico e bonariamente ironico, die le rende quanto mai gustose. J motivi su per giù in questi liubmi d'impressioni locali &i rassomigliano tutti ed tanche in quest’ lalltiro del Salucci aleggia quell senso vago di nostalgia di tutto ciò che è tramontato e die non torna più, dell bel tempo antico dei nostri avi casti e puri, quando, voliere o no, c’ era un po’ più di religione. iMa il Saiucci vi ricama attorno voluttuosamente cooi le sue argute divagazioni soaraticoip'anainiiane mentire sfoggia la sua rara e varia coltura. Sd interessa ài elucubrazioni etimologiche, di storia e di poesia e tutto inquadra felicemente nell’ amibien te genovese, ritraltito -nell suo vero .spirito più schietto e genuino in questo libro che sembra concepito icosi nel suo schema '(rileggendolo, mi tengo in dovere di modificare un mio (precedente giudizio) e non ha 1’ aria d’ una ricucitura d’ articoli e -di bozzetti giornalistici. 178 Rassegna Bibliografica Ed il .passato, nel quale i genovesi sentono più intimamente se stessi, •ritorna nelle gramdiose e suggestive rievocazioni storiche, tra le quali risalita nedl>a sua vivida lui:e di glloria d-a grande figura dell’ Apostolo, e nel ritradto vivace e fedelissimo di quegli uomini d’ um passato più prossimo, dii cuti fresco è il ricordo ed ili rimpianto. iLa città è scrutata e desori-tlta nei suoi nuovi e nei suoi antichi quar-iiier.i caratteristici, n-edle vecchie albitudini e n elida intensa vita d’ oggidì, nelle isue chiese e in tutti i suoi monumenti con sicura esattezza di notizie erudite. Altri due liibri del genere sono venuti in luce non è molto : uno ded Varaldo, 1’ allibro del Bararono, il primo nello stille dovizioso d’ uno scrittore dalla vena niclca e feconda, Γ 'altro in tono di poesia in prosa, un po’ astratto, imagi aioso, ma lievemente ostentato, e fortemente perennale. E la differenza tra « Genova a lume di naso » e « Tavolozza genovese », per non stancare con alili esemipi, è tutta qui. Si-amo im Via Prè. «.iSi snoda — scrive id' Bairatono — nelida penombra, fra la slfcreitoia delle -alte case abbrunate. Di coilpo, a una brusca sferzata di Isole, sobbalza e resipira -ampia, stropicciandosi — micio freddoloso — alla breve balaustra e odorando il salso del mare. Poi, si ailunga di nuovo verso altre penombre, di .tratto im tratto occhieggiate dalle 'lucide pupille dei tronchi vicoletti in discesa. Finestre spal-pebrate di persiane s’ aprono miopi e curiose. E festoni dd 'cenci scio-ilmaiti solcano in ogni senso 1’ ari'a>, qua dirizzando il volo veriso Γ azzurro ded cielo, più oltre giltitandosi obliqui verso id grigiore del basso; e or pendono floscia e inerti spremendo a gocce un .pianto cadenzato, ora si Sbattono col disperato gesto di òhi voglia metter aili e non possa » e il Sai ucci: « Ogni porta è una bottega e vi-en voglia di dhriedersi: come fairanm o tutte a guadagnare e a vivere ? Friggitorie piene dell’ acre odore del-1’ olio in padella; macellerie vivaci, macchie di rolsa tenero ned cupo quadro deflll-a strada; osterie dove s’ (imaffìa la farinata col cancaron violaceo; salumerie -dove (ci sono tutti i colori come nella tavolozza tT un pittore ghiottone; negozi di mercerie d’ ogni genere. Strada di popolo — plebe, proletariato, minuta boirghesia esefrcentesca; — radi i viandanti in coQletto, -ancor più «rade le viandanti in cappello.... ». E altrove sjpi-godando qua e là. Il nottambulismo inspira i sognatori, dice gran cose ai poeti* ma più spesso può condurre « a una modesta e molesta sbornia ». Nobile e schietta sincerità e gagliarda rudezza nella selvatica. vita dei Vàgeri alila Lorenzo Via/ni... « ana, intanto, benvenuto anche Γ albergo popolare, aereato e luminoso e soipratutto lindo e pulito. — Perochè noi amiamo da democrazia col sajpome ». Fa una 11 unga disquisizione sulla casa di Mazzini e conclude serenamente « Per finire : dove sorgeva Ila Gasa di M'azzini, oggi — a/n quest’ epoca mercantile e dinamica — (sorge la.... Casa del Linoleum ». M. Celle PICCOLA CRONACA COLOMBIANA Recentemente due libri hanno suscitato commenti, polemiche e difese, fra gli studiosi \di Colombo. André Hevesy e Marius André hanno scritto, l'uno di un Colombo sulla falsariga lasciata da RoseUy de Lorgnes: predestinazione, santità, virtù sovrumane etc.; l'altro sulle d'ine del Winsor e del Ruge, di un Colombo avventuriero, 7rui.stificatOfre ipocrita,... poco meno che delinquente. Come si vede, nulla, nulla affatto di nuovo e di originale nella letteratura colombiana. Le proteste e le difese suscitate dai due libri hanno presentato questo fenomeno sconcertante: a parte un articolo di « Januensis » sul « Mercantile » sensato e come sempre equilibrato e competente, si volle dif elidere il Genovese (per V André c'è anche il dubbio sulla geonovesità di C.) con un estratto del famoso « giornale di 'bordo » miracolosamente ritrovato sulle coste del Messico, dopo quattro secoli e mezzo d'immei'sione, diario famoso, ma famoso come canard ! Altri propone, in risposta alV André, certi.... suoni locali e ipopoiarissimi, assai dimostrativi, jria non si è ancora d'accordo, a Genova, sulla data di nascita dell' Ammiraglio e sulla sita ascendenza patema... si reclama infine ü solito « scrittore itcMano » che « metta le cose i a posto »! Ma i compilatori della «Raccolta Colombiana » idei 1892 non erano forse italiani, compresi i genovesi ? Se almeno il [sunto, lo spirito efó quell' opera decisiva (iche gli stranieri ci invidiano non solo, ma conoscono a. fondo e ihanno volgarizzato) fossero noti approssimativamente, le difese sarebbero più efficaci. Auguriamoci quindi che le « questioni colontbiane » poco accessibili al gran pubblico — I' esperienza lo dimostra — tacciano, fin quando almeno le parti contendenti abbiano acquistato una meno infelice preparazione pei loro tornei storico-letterari. E s^ia lasciata in pace da avversari e da ammiratori V ombra sfortunata del nostro concittadino. SPIGOLATURE E NOTIZIE Allarghiamo da questo numero la sfera delle note cui sin qui si è limitato il nostro « Giornale ». Esso si occuperà d'ora innanzi tra l’altrto, anche degli studi storici e letterari riguardanti la Corsica, poiché sono connessi strettamente, per molti secoli, con la storia ·della Liguria. Cercheremo poi di tenere informato il lettore «su tutto quanto può interessare direttamente o indirettamente la mostra regione, dall'età preistorica alla moderna e contemporanea. Mario Lobo, nel voi. degli « Atti della Società Economica di Chiavari » i(Chiavan, Tip. Esposito, 1926, pagg. 85-93) tratta a lungo della Prima Mostra Chiavarese d Artb moderna, tenuta a Ohi avari dall’ll luglio all’8 agosto 1926. * * * Su il cardinale Bivarola e l'attentato del 1826 scrive uiia dotta monografia, condotta, su documenti inediti, Ugo Oxilia in « Atti della Società Economica di Ohiayari » (Chiavari, Tip. Esposito, anno 1926, pagg. 93-129). L’Oxilia conduce il suo studio su documenti conservati. nell’Archivio della Società Economica di Ghiavari e soprattutto su documenti riguardanti Agostino itivarola (n. a Genova nel 1758) e Stefano Rivarola (n. a Genova nel 1755). * * * Una ricostruzione dell’antica Chiavasi eseguita da Riccardo Rocca su di un antica pianta della città, viene pubblicata nel voi. testé edito degli - Atti della Società Economica di Ohiavari », anno 1926 (Chiavari, Tip. Esposito, fuori testo). * * * « Da cinquecento e più fra volumi e filze di atti e documenti d’ogni specie che da secoli dormivano indisturbati e polverosi nell’archivio del Comune » ha tratto g i elementi per comporre la storia di Noli, Bernardo Gandoglia nel voi. In Repubblica, Vita intima degli uomini di Noli, studiata nell’archivìo del Comune (Finalborgo, Tip. Bolla, 1927, ipp. 696. Questo bel volume comprende la storia di Noli dalle origini al 1815. * * * Nel cinquantesimo anniversario della morte di Pietro Giuria (1876-1926), è il titolo di un opuscolo commemorativo del ipoeta savonese, dovuto a Silvio S abat eli i ( avona, btab. Tip. Ed. Bicci, 1926, pagg. 42). La monografia è divisa in sei parti : 1°) introduzione; 2o) L’Uomo; 3o) Introduzione allo studio delle opere; 4o) Il Poeta; 5<>) Pittore e critico d’arte; 6°) Scrittore e Pensatore. * * * Col titolo Le opere e il pensiero di Pietro Sbarbaro, Silvio Sabatelli pubblica una importante monografìa (Tip. Ital. Savona, s. a. ma 1926, pagg. 59) in cui viene stu diato il pensiero dello Sbarbaro attraverso la sua attività nelle scienze economiche e sociali. * * * H. Voltelini studia Die Imbreviatur des Johannes Scriba in Staats archiv zu Gbnua nelle « Mitteilungen des ôsterreichischen Institut fiir Geschichtstforschungr » XX*I (1926), 70-79. * * * Una grande figura della Chiesa di Francia, Mr. Chapon vescovo di Nizza dal 96, discepolo di Dupanloup, e dedicatosi alla conciliazione della Chiesa con lo Stato, studia V. Bucaille in «Le Correspondant», 1926 (Vol. CCC1I, pagg. 123-139). Rassegna Bibliografica 181 * * * G. Borç/hezio continua la pubblicazione di una Bibliografia ligubb piemontese nel « Bollettino Stor. Bibl. Subalpino », Anno XXVIII (1926) N. Y-VI, pagg. 457-479. * * * Assai interessante un opuscolo (estratto dal lo tomo del « Epeteris tee Etaireias Bizantinon Spoudon») dal titolo: Manuel Olobolus - Uskomion eis ton Autokratora Mikael e ton Palaiologon. In esso l’Autore (X. A. Siderides) tocca di una etimologia tanto originale quanto ingegnosa del nome di «Genova», parla del trattato del « Nymphe ion » (1261) e di due doni fatti dall’Imperatore a Genova, il più celebrato dei quali è il « Pallio » conservato nel Museo di Palazzo Bianco del quale reca una riproduzione assai nitida (Tipografia « Estia » in Atene, 1926). * * * D. Guerrini ha studiato La Cacciata degli Austriaci da Genova nel 1746 in un articolo apiparso in «Esercito e Nazione», Anno I (1926), pagg. 297-305. * * * Alcune Lettere di Mons Bernardi, vescovo di Aiaccio, al Cardinale Farnbsb sono fatte conoscere da Giuseppe Micheli che ne pubblica due nell’« Archivio storico di Corsica», Anno II, N. 5-4, ipagg. 195-199. * * * Un autografo, forse inedito, di Pasquale Paoli viene pubblicato dall' « Archivio storico di Corsica», Anno II, N. 3-4, pp. 208-209. * * * Di Un curioso processo contro un italiano a Bastia nbl 1829, il poeta senese estemporaneo Antonio Bindocci, accusato di avere proferito varie espressioni sediziose per incitare i Corsi alla rivolta, dà notizia « L’archivio storico di Corsica », Anno II, N. 3-4, .pp. 199-205. * * * Studia il Cristianesimo in Corsica il P. Ilario Rinieri nell « Arhivio storico di Corsica», ott-dic. 1926 (Anno II, iN. 3 4, ,ρρ. 139-152), e conclude che la religione cristiana esisteva nell’isola durante il sec. V per la predicazione dei vescovi cacciati dall’Africa in esilio in Corsica. Dà notizie sul martirio di S. Giulia, di 8. Devota, di 8. Fiorenzo e di altri martiri della fede in Corsica. * * * Dà notizie sul soggiorno di una compagnia di soldati Corsi a Milano, nel 1799, Vittorio Adami, che pubblica alcuni documenti ad essi relativi in Soldati Corsi in Italia ai tempi di Napoleone (« Arch. storico di Corsica», ott.dic. 1926, Anno II, N. 3-4, pp. 182-185). * * * Un « Decreto dell'Assemblea Generale di Corsica che pronuncia la totale separazione di quest’isola dai Francesi ed esposizione dei motivi che l’hanno determinato» è reso noto da Vittorio Adami in un articolo Un decreto dell’assemblea gbnerale di Corsica contro la convenzione del 1793, pubblicato in « Ach. stor. dì Corsica », 1926, Ajino II, N. 3-4, pp. 178-179. # * * Ersilio Michel spigolando nel Carteggio Capponi-Tommaseo, stabilisce quale aiuto diede <3. Capponi a Tommaseo e da dove questi trasse le notizie su S. Devota e S. Giulia, a oui accennò nel Proemio alle Lettere di P. Paoli, Le Sante patrone della Corsica nel carteggio Capponi-Tommaseo in «Arohivio storico di Corsica», Anno II, N. 3-4, pp. 194-195. 182 Spigolature e (Notizie * * # Col titolo Spigolature còrse da uno zibaldone della polizia pontificia 1834-1835, pubblica lettere di esuli italiani, rifugiati in Corsica, E. Michel in «Archivio Storico di Corsica», Anno II, N. 3-4, pp. 188-121. * * * È stata discussa da Pierino Parisela, una itesi di laurea su La Corsica economica. Ne dà l’annuncio 1’« Archivio storico «da Corsica», Anno II, N. 3-4 i(ott.dic.). Tratta lo stesso argomento il « Semaphore » idei 20 gennaio 1927, sostenendo la necessità di migliorare i rapporti marittimi dell’isola col continente. * * * La breve vita di un giornale L’Osservatorio di Monte Rotondo, fondato nel 1833 da G. B. Barbi Adriani, suddito pontificio esule in Corsica, viene ricordata da E. Michel nell’ « Archivio Storico di Corsica », Anno 11, N. 3-4, pp. 191-193. * * * Paolo Silvani, nell’articolo Postilla Dantesca - Dante e la Corsica illustra i versi 80-81 uel Canto XVIil del Purgatorio in « Aroh. Stor. di Corsica», ottxlic. 1926, Anno II, N. 3-4, pp. 175-178. Le complicazioni diplomatiche provocate dal l’espulsione di Vincenzo Oraziani Un abate corso, sfrattato da Roma sono narrate da Ersilio Michel, in Ibase ai documenti dell’Archivio Vaticano, nell’« Archivio Storico di Corsica», ott-dic. 1926, Anno II, N. 3-4, pp. 185-188. * * * ìSul viaggio di Murat a Bastia e sugli avvenimenti che hanno preceduto il disgra^ ziato sbarco a Pì:ìzo di Calabria, tratta E. Michel in «Archivio Storico di Corsica», Anno II, N. 3-4, pp. 152171, giovandosi di documenti aeli’Archivio Vaticano. * * * Ritorna alla vecchia e ormai confutata ipotesi di Coloniibo nato a Calvi un articolo di Bianca Margherita di Cymos : Le berceau de Cristophe Colomb -pubblicato nel « Petit Marseillais » del 7 Die. 1926. * * * Come La Question corse au xviii siècle apparisse al governo francese, ha narrato M. Villat sulla base dell’inchiesta fatta dal Conte di Vaux in «Le Petit Marseillais», del 17 Dicembre 1926. * * * In memoria di alcuni ragguardevoli cittadini genovesi nel decorso anno, 1926, defunti, «Il (Comune di Genova » ne pubblica nel suo fascicolo di Gennaio 1927 alcuni cenni biografici. Ricordevole il P. .Federico Gazzo che fu un benemerito illustratore di memorie genovesi. Di lui rimane, tra altri scritti, una traduzione in versi genovesi della Divina Commedia. * * * Studia Le origini di Genova in un (breve studio apparso nel « Bollettino del Comune di Genova», 1911, N. 2, 28 febbraio, pp. 13, Ubaldo Foi'mentini che stabilisce nelle necessità del mercato le prime origini della città divenuta luogo di convegno di tribù liguri ed emporio di forestieri. * * # Evoca la figura di Filippo Buonarotti fondatore dell’Ami della Liberté e noto divulgatore di dottrine comunistiche la Revue de la Corse, 1927, N. 43 (janvier-février), pp. 11-15 nell’articolo Philippe Buonarotti e Pascal Paoli. * # # Dà qualche notizia sul Soggiorno in Corsica di Victor Hugo, Louis Barthou pubblicando la corrispondenza del padre del romanziere, il Generale Hugo, in « Revue de la Corse », 1927 (janvier-février), N. 43, pp. 46. Spigolature e iNotizie 183 # * * La personalità politica e la carriera militare di Lucio della Casabianca, deputato moderato alla Convenzione e valoroso combattente perito nell'Oriente ad Aboukir, sono ricordate da Vinceritela nella «Revue de la Corse», 1927 (janvier-février), N. 43, pp. 33-38. * * -itila tratteggiato La vbaib figure de Bonaparte en Corsb (Flammarion, 1926), Lorenei de Brandi, ohe volle studiare in relazione all’ambiente corso, il carattere e il genio di Napoleone. Il volume vien recensito dalla « Revue de -a Coree », 1927, N. 43 (janvier-février), pp. 41-42. * * * Raoul Blanchard ha pubblicato un volume intitolato La Corsb (Paris, B. Arthaud), in oui illustra dal punto idi vieta geografico e turistico quella regione, ch’egli ha lungo tempo percorsa. Il volume vien recensito dalla « Revue de la Corse », 1927, N. 43 (janvier-février), pp. 39-40. * * * Nel centenario della nascita di Goffredo Mameli è il titolo di un articolo nel quale il prof. Vincenzo Molle ricorda in « Secolo XIX », 22 febbraio 1927 il prof. Leone Orsini, del iMameli amico e biografo. * * * L importanza de 'La Collezione Navale Garelliana, che è raccolta nel Palazzo Alee-siano già dei Cambiaso a S. Francesco d’Albaro, è messa in luce da Giuseppe Pessagno, conservatore della Collezione stessa in « Il Comune di Genova » Febbraio 1927. Tra 1 altro, una Nave del sec. XV (unica fìn’ora d’origine genovese) v’è egregiamente illustrata. * * * Sull’agitazione di Genova per l’espulsione dei Gesuiti e per l’istituzione della Guardìa Civica ai primi del gennaio del 1848, porta nuova luce A. Custodero in uno studio condotto su le Carte Valerio, in « Il Risorgimento Italiano » (Vol. XX, Fase. I, gennaio marzo 1927), dal titolo « Il Piemonte negli albori della libertà secondo il carteggio Gioberti-Valerio ». * * * Dà notizie sulla vita, la preparazione intellettuale e le opere di Giacomo Cattaneo professore di Anatomia Comparata nella R. Università di Genova, Luigi Cognetti de Marttis nella prolusione al corso ufficiale letta il 12 gennaio 1926 e pubblicata in « Atti della Società Ligustica di Scienze e Lettere Nuova Serie degli Atti della Società Ligustica di Scienze Nat. e Geografiche », Vol. VI (1927) gennaio-marzo, Fase. I, pp. 27-45. Vi è unita una bibliografìa delle opere di Cattaneo. * * * Genova « ascia di Dio » nel 1926 è il titolo suggestivo d’uno scritto di F. M. Zan-drino in « La Patria degli Italiani » (Buenos Ayree, 15 marzo 1927). L’Autore parlando del recentissimo Album-Atlante pubblicato dalla Associazione Genovese « Risorgimento » a cura del Comune e recante per titolo « La Battaglia di Vittorio Veneto » ricorda la parte cospicua che Genova ebbe nella grande guerra tenendo fede alla grande promessa giurata nel maggio sacro. * * * Diverse curiose e interessanti lettere inedite di donne dirette a G. Garibaldi pubblica Antonio Monti in un articolo dal titolo Le donne a Garibaldi in «Il Secolo» di Milano, 24 marzo 1927. * * * Jamuensis parla in «Corriere Mercantile» del 30-31 marzo 1927 de il vi Centenario di S. Rocco Patrono di Genova, ricercando le prime origini del culto di lui. 184 Spigolature e /Notizie * * * Sotto di titolo Corsica (Milano Istituto Ed. Scientifico 1927), Gioacchino Volpe ha riunito tre suoi articoli in cui studia particolarmente l’Europa e il Mediterraneo nel XVII e VIII secolo, la figura di Pasquale Paoli, i precedenti diplomatici dell’occupazione dell'isola da parte dei Francesi e quanto avvenne in Corsica dal 1769 ad oggi. Ne dà un’ampia recensione la « Rassegna Italiana Politica Letteraria e Artistica » diretta da Tomaso Sillani 1927 (Sez. II, Anno X, Voi. 19, Fase. 106, marzo, pp. 275). * * * « 11 Comune di Genova » nel suo fascicolo di marzo 1927 ha un ricco cenno di Bibliografia Ligure dovuto a Mario G. Celle. Vi sono ricordate numerose pubblicazioni interessanti la storia e le istituzioni genovesi. * * * La sezione ligure alla Mostra d’Arte Marinara in Roma è il titolo di una breve memoria di P. De Gaufridy in « Comune di Genova » fase, di marzo 1927. * * * Genova a Tripoli ossia la partecipazione del Comune di Genova alla Fiera di Tripoli è ampiamente illustrata nel Bollettino « Il -Comune di Genova », fascicolo di marzo 1927. Lo scritto reca numerose riproduzioni fotografiche. * * * La Chiesa Medievale di San Donato in Genova è sobriamente illustrata col corredo di buone fotografìe da Domenico Castagna in « 11 Comune di Genova » marzo 1927. * * * Nel fascicolo di marzo della « Nuova Antologia » è comparso un saggio critico di Francesco Viglione sopra le Relazioni letterarie fra l’Italia e l’America Anglo-Sassone con particolare riguardo a Genova, nelle impressioni degli scrittori nord-americani dal Franklin al Longieliow che sono ad uno ad uno sinteticamente studiati nel pensiero e nell’arte. * * * Intorno al bombardamento di Genova nel 1684 Mario Panizzardi ha uno scritto in « Il Comune di Genova » fascicolo di marzo 1927. * * * Camogli e la Punta (Un angolo d’Italia bella) è rievocato con smaglianti colori da Orbeni in « Italianissima » fascicolo marzo-aprile 1927. * * * Col titolo Goffredo Mameli alla madre, Giuseppe Gonni in « Caffaro » dei 1° aprile 1927 ripubblica una lettera ch'egli dice « ignorata » di Goffredo alla madre da Roma il lo aprile 1849. La lettera fu già pubblicata dallo stesso Gonni nella « Rassegna Nazionale » del 1915. * * * In « Il Cittadino » (5 aprile 1927) A. Ferretto -pubblica uno scritto dal titolo : Il lusso e la moda muliebre prima delleLeggi suntuarie studiati negli usi e costumi della Superba. In realtà di questi uxtimi vi si parla assai poco e l’articolo è piuttosto un excursus sugli eccessi del lusso e sugli sforzi per moderarlo, per tutti i tempi e presso tutti i popoli. Nondimeno esso è interessante. Nel medesimo giornale (13 aprile) lo stesso A. continua il suo studio, il quale completa il precedente con rilievi e notizie che danno assai luce sull'ambiente storico del tempo. * * * De II Teatro dei Piccoli a Genova parla in «Corriere Mercantile» del 7-8 aprile F. E. Morando. L'A. rievoca la meritata fortuna che il «Teatro dei Piccoli» del Podrecca ebbe in Germania e discorre del primato che tenne in questo genere di spettacoli la nostra Genova -dove le Marionette si allogarono nientemeno che in un teatro regale. Spigolature e Notizie 185 * # * La Domenica detta de Le Palme viene illustrata con i particolari usi genovesi riferentiei a tale giorno, da Januensis in «Corriere Mercantile» del 9-10 aprile 1927. * * * Di Enrico Michele L’Aurora, sulla «corta di documenti testé pubblicati da Pietro Nurra, A. Pescio ricorda in «Secolo XIX» del 10 aprile 1927 l’attività di cospiratore nella prima alba del nostro Risorgimento .Altri nomi -di patrioti genovesi di quella prima ora sono evocati accanto a quello del L’Aurora in questo interessante scritto. * * * Dagli ulivi del Gettsemani a quelli della Riviera Ligure è il titolo d’un articolo di A. Ferretto in «Il Cittadino» (10 aprile 1927). Secondo ΓΑ. l’ulivo sarebbe venuto per merito dei Orociati sulle .sponde liguri proprio dalla Palestina, siochè gli è facile ora riattaccare l’omaggio che le turbe osannanti resero a Gesù entrato in Gerosolima giusta il racconto evangelico della Passione a quello che oggi gli viene dal popolo affollan-fcesi nelle nostre Chiese nella Domenica che è detta liturgicamente « in ramis palmarum». In realtà, pur movendo da uno spunto poetico, lo scritto ha interessanti notizie sugli oliveti liguri. * * * Camallo Pariset in un articolo comparso sul «Corriere Emiliano» di Parma del 13. aprile 1927, dal titolo Per un sonetto attribuito a Garibaldi, mette in rilievo un errore in cui è caduto G. E. Curatulo (pubblicando negli « Scritti e figure del Risorgimento italiano » un sonetto ch’egli attribuisce a Garibaldi, mentre ne è autore Giovan Battista· Cotta di Tenda che visse dal 1668 al 1738. * * * « L’Angelus » e una strana accusa a Papa Callisto III dà a Januensis (« H Corriere Mercantile » 13-14 aprile 1927) l’occasione di ricordare l’inizio della pratica di sonare VAngelug a Genova, sulla scorta di atti rogati da notai Genovesi. * * * * Di alcune Gesta genovesi delle feste Pasquali discorre in « Il Cittadino » del 16 aprale 1927 A. Ferretto. «Gesta» forse è troppo, ma di usi e riti ipeculiari lo scritto ne raccoglie runa buona messe e tutti interessanti. * * * iNe «Il Corriere Mercantile » (16-17 aprile 1927) Januensis ricorda Una Pasqua Genovese nel 1101 a Gerusalemme. Desumendo dal Giustiniani la narrazione d’un miracolo ohe ei sarebbe compiuto ogni anno nel sabato nel S. Sepolcro, l’A. rievoca l’esercito genovese capitanato dall’Embriaco. * * * Su L’Arte dei « Battifoli » e i ricami colle piume d’uccello scrive A. Ferretto in « Il Cittadino » del 21 aprile 1927. Dopo un cenno di storia generale l’A. ricorda i lavori di simile genere esistenti in Liguria. Limitatamente poi a « L’Arte dei Battifoli », il medesimo torna in uno scritto apparso nel giornale .predetto del 7 maggio 1927. Nel medesimo giornale (20 maggio 1927) l’argomento è continuato. * * * Amedeo Pescio insiste nel «Secolo XIX» del 21 aprile 1927 sulla opportunità di aprire in Genova un Museo Etnografico Ligure. Poiché una sintesi etnografica a Genova manca ancora l’A. vorrebbe disporne ed esporne una, a Villa Imperiale, a S. Fruttuoso. * * * Col titolo S. Giorgio dei Genovesi Lazzaro de Sim>oni (in « Il Cittadino » 23 aprile 1927) riannoda intorno al leggendario eroe i fasti gloriosi di Genova la quale lo ebbe come « segnacolo in vessillo ». 186 Spigolature e Notizie * * * Il Palazzo dei Duchi Spinola di S. Pietro in Sampierdarena, ora sedo del R. Istituto Tecnico, è illustrato da Lidia Bertone Pagliano in « Il Comune di 'Genova » fascicolo di aprile 1927. * * * In uno scritto segnato * ♦ * apparso in «Il Comune di Genova», bollettino Municipale, fase, di aprile 1927, si vorrebbe derivare il nome d’una cittadina guascone « Ghaune » fondata nella prima metà del sec. XIV, dal nome stesso di Genova. * * * Giuseppe Pessagno rievoca col suo scritto Pittori di Marine in « Il Comune di Genova » fase, di aprile 1927, un po’ della storia marinara di Genova antica. * * * Il Gen. Pompilio Schiarini parlando de Gli Istituti topografici e cartografici degli Stati Italiani in « Bollettino delTUfficio Storico del Comando del Corpo di Stato Maggiore» (lo maggio 1927) rileva come la cartografìa topografica di Genova sia stata (al pari di quella di Venezia) piuttosto tarda e scarsa. Le due repubbliche che nel Medio Evo erano state in testa coi loro celebri « Portolani » non seguirono le applicazioni alla cartografia terrestre dei nuovi progressi scientifici e non ebbero appositi Istituti. Genova possedette una topografia del territorio solo nel 1772 con la riproduzione della Carta degli Stati Sardi del Borgonio. # * * In occasione de il xvi Centenario del ritrovamento della S. Croce, Januensis rileva in « Corriere Mercantile » del 3-4 maggio 1927 la menzione che della S. Croce è fatta negli Annali di Oenova. * * * Sulla Villa Galliera a Voltri, egualmente ricca di bellezze e di ricordi, ha uno scritto Ars in «Lavoro» del 5 maggio 1927. * * * Il Teatro del Falcone è il titolo d’uno studio pubblicato in « Corriere Mercantile », 5-6 e 6-7 maggio 1927. lì vecchio teatro di Corte annesso al Palazzo Reale in via Balbi v’è ricordato nella storia delle sue lunghe e non ingloriose vicende. Lo scritto a firma Bouge et Noir è dovuto ad un chiaro studioso di cose genovesi. * * * De Le Tonnare della Riviera di Levante nel 17o secolo dà notizie A. Ferretto in « Il Cittadino » del’ 11 maggio 1927. Tra esse quella di Camogli sarebbe la più antica. * * * Violantina Giustiniani-Ajdorno, La Dogaressa più bella, è rievocata da A. Pescio, in un articolo apparso ne « Il Mare » ü Rapallo (21 maggio 1927). * * * Del centenario di Goffredo Mameli si occupa Giuseppe Gonni (in « Caffaro », Genova, 18 maggio 1927) in un articolo dal titolo « La Compagna per Goffredo Mameli » ripufbbli-oando, come dnedita, uan lettera di Goffredo alla madre da Roma del 18 maggio 1849, dallo stesso Gonni già pubblicata nel 1915 sulla «Rassegna Nazionale». * * * L’Ammiraglio Napoleone Canevaro Duca di ZoAGbi morto a Venezia il 30 Dicembre p. p. è ampiamente ricordato in « Il Cittadino » del 24 maggio 1927, con una buona rassegna dei suoi servizi navali e un rilievo opportuno del suo patriottismo. * * * Col titolo La festa Dell’Ascensione a Genova A. Ferretto ricorda in « Il Cittadino » 26 maggio 1927 usi e costumi genovesi proprii di quel giorno. Spigolature e Notizie 187 * * * L'Ascensione è pure ricordata, con particolare riguardo agli usi genovesi peculiari di questa festa, iu « Il Corriere Mercantile » del 26-27 maggio 1927 da Januensis. * * * Il valore d’un ricupero è il titolo d’uno scritto rilevante di S-pectator in « Giornale di Genova » 27 maggio 1927. Il riacquisto di cui vi si parla è quello delle riproduzioni fotografiche dei « Libri Jurium » esistenti a Parigi. La intera riproduzione fotografica sarà eseguita a cura del Comune ed intanto sono giunti a Genova quattro volumi contenenti le prime fotografie. # * * Alice Galimberti nel «Giornale di Genova» del 28 maggio 1927 ha uno scritto: La Ligustica 'Gens nella Tuscia regale che recensisce il volume che il prof. Attilio Mori ha recentemente delicato (in: «"Raccolta di Monogr. iilustr., puibb. dalla R. Società Geografica Italiana ») alle stirpi della Toscana. # * * In continuazione di precedenti scritti contenuti ne « 11 Corriere Mercantile » (29-30 ottobre 1926, 20-21 gennaio e 16-17 febbraio 1927) e già da noi ricordati, Januensis riparla del numero del 28-29 maggio, stesso giornale, de La Nobiltà Genovese. # * * A. Ferretto in «Il Cittadino» del 31 maggio 1927 torna a parlare di Brigida Morello, monaca rapai lese-, tema già trattato in «Il Mare» del 30 ottobre 1926. * * * La Ddnna gbnovese nel (Rinascimento è studiata da Amedeo (Pescio in « Seoolo XIX» del 31 maggio 1927. * * * Notizie su La sede vescovile di Genova eretta in Metropolitana dà un articolo apparso nella « Rivista Diocesana » organo della Curia Arcivescovile di Genova (maggio 1927, N. 5, pp. 100-107). Vi si accenna pure alle relazioni che il Vescovato di Genova etrt>e con la Corsica. * * * Sebastiano Beledda fa, in verità un po’ tardi, nel fascicolo 5 di « Mediterranea » (Rivista mensile di Cultura e dd problemi isolani - Cagliari, lo giugno 1927) una recensione del voi. di Louis Villat su La Corse de 1768 a 1789 edita a Besançon nel 1925. Concordiamo nel giudizio che dà su questa opera il Deledda : egli pur ponendo lo s tu dio in posto « di prim 'ordine nella storiografìa corsa· moderna » osserva che l’A. non sempre riesce « a sottrarsi a certe influente e tendenze storiografiche francesi nel considerar le cose di Corsica » e che negli studi corsi « finché l'indagine non sarà estesa ai nostri archivi di Genova, Torino, Roma, Firenze, Napoli, Milano, Venezia, Pisa, Livorno etc. i risultati non potranno esser mai definitivi ». * * * « Il Corriere della iSera » del lo giugno 1927 ha una buona recensione del recentissimo libro di Orlando Grosso su Genova (Collezione : Italia Artistica, diretta da Corrado Ricci). * * * Arturo Pettorelli. parla· in «Corriere Mercantile», 1-2 giugno, 'di Una prima visita alla Sezione Ligure presso la. Terza Mostra Intemazionale delle Arti Decorative a Monza. Lo scritto ha pure illustrazioni. * * * L. G. Neri dedica a Lb Vie di Genova Antica uno scritto apparso su « Il Giornale di Genova » del 2 giugno 1927 che promette (lo scritto è in continuazione) di fornire interessanti notizie topografiche e toponomastiche. 188 Spigolature e /Notizie * * # Il 2 Giugno 1882 è rievocato in «Caffaro» del 2 Giugno 1927 da E. B. di Santafiora riferendo la eco dell'ultima visita fatta a Genova da· Garibaldi nel 5 ottobre 1880. ÿ ♦ A firma : Il Tagliacarte e col titolo /Garibaldina si parla in « Lavoro » (2 giugno 1927) di alcune lettere scritte da illustri uomini all’Eroe e del suo « Poema Autobiografico ». * * * Le filatrici dell’oro e dell’argento, operaie d’un’arte assai sviluppata nel genovesato ed ora, si può dire, scomparsa, sono ricordate da A. Ferretto in « Il Cittadino » del 3 Giugno 1927. * * * Col titolo «Pagine di Mare e di Cielo», Gugl.[ielmino] recensisce in «Giornale di Genova » del 5 giugno 1927 il recente libro di Marco Marchini, Genova, la Dominante del Mediterraneo edito nei « Quaderni Fascisti » da Bemporad. * * * La -Pentecoste e la sua vigilia negli usi genovesi è ricordata da A. Ferretto in « Cittadino » del 5 giugno 1927. * * * Dei recenti restauri de La Chiesa di S. Agostino e de La Torre degli Embriaci, insigni monumenti della città di Genova, parla Aldo Ma^t^iclli in « M Corriere Mercantile» del 7-8 giugno 1927. * * * Col titolo II Caffè Roma F. Ernesto Morando rievoca in « Corriere Mercantile » poco meno che un cinquantennio di vita genovese. Lo scritto è distribuito in quattro puntate nei numeri: 28-29 aprile, 19-20 e 25-26 maggio, 8-9 giugno 1927. * * * Collo pseudonimo Ars un noto studioso di cose genovesi ricorda in «Il Lavoro» del 9 giugno 1927 gli accenni a Genova ed ai Genovesi che occorrono nei nostri quattro maggiori poeti : Genova e i quattro Yati. * # * Un patrizio Genovese che si cela sotto le iniziali C. I. pubblica in « Corriere Mercantile » 8-9 giugno 1927 una pagina tratta da un suo maggiore scritto in replica allo studio del Rodolico che accusò la Nobiltà Genovese di aver ceduto al Re di Francia nel 1648. Titolo delle .pagine suddette : Una difesa dell’Aristocrazia genovese. * * * De Lb Carte Diplomatiche genovesi a Parigi parla F. Ernesto Morando in « Corriere Mercantile » 9-10 Giugno 1927. * * * Col titolo Cimelio che torna e cimelio che resta Lazzaro De Simoni iparla in « Cittadino » del 10 Giugno 1927 d’una lapide ricordante l’arrivo in Genova delle Ceneri di Θ. Giovanni Battista. * * * Lb Filatrici dell’oro e dell'argbnto riparla A. Ferretto in «Cittadino» 10 giugno 1927. * * * Filippo N&berasco (parla in « Cittadino » dell’ll giugno 1927 de II Gioco del Pallone in Savona. * * * Egilberto Martire in un articolo pubblicato nel « II Cittadino » (11 giugno 1927) col titolo Per la cristiana morte di G. Mameli, dopo aver affermato che il poeta morì munito dei Sacramenti (come il Martire stesso ebbe già ad affermare) invita a nome del sodalizio Fides Romana, a rendere « solenni » funebri onoranze, per la memoria e per il suffragio di Goffredo, nella Chiesa delle Stimmate a Roma», e a disiporre nell’autunno prossimo, « con il consenso della famiglia e delle Autorità, sulla tomba del Yerano i segni della Fede ». Spigolature e /Notizie 189 dei COn8tatM7'6 della morte del ^ta· munito ci sembrano per lo ^ * «»”“ «*" * * * .α.^Η«1οΒ"1*28“Αι5?7:ΝΙΤλ' nesli usi è “ta da *· *"** - * * * Sach^rTinTu Λ™" “T? ?“ΙΓΓ0Μ LIGURE è 41 titol° d’™° dritto di Alessandro « Lettres persanes ^ì” * giugno 1927. Si tratterebbe di una derivazione delle Marana " 1 mODen DOta: “ ^'esploratore turco,, di Gio. Paolo * * * colo^IX^de^lf^rj; f927PeSCÌ° rieïOCa ÌDtere88anti rlcordl ^novesi in: „11 Se- * * * * .11 C0EPUS D0MIN1 A °EN0VA NBL 1740 è ri«>rdate « descritta in « Il Cittadino ,, del 15 giugno 1927 in un lungo articolo anonimo. * * * T V”. delizioso pae8e della Raiera Ligure è dedicato uno scritto di G B in «Le Vie d Italia ». giugno 1927. Già punto costiero munito contro le incursioni pira- SezlDOD β P ^ ÌDtereS3a"te *>er Ia Pa<* romita in cui ei compone la eua * * *' Paganini b Satana è il titolo d’un saggio pubblicato da A. Codignola in « Atla« » (numero di saggio, Milano, 1927, pag. 113-120). Sono brevemente rievocate le leggende morTo «Π tormentata vita di Paganini ed il processo di eresia intentato, dopo morto, alla sua memoria. ^ * * * 0BTI E TESAGGI di Liguria è il titolo di run importante saggio, pubblicato da E. Montale m « Atlas » (numero di saggio, Milano, 1927, pag. 45-56). Il Montale mette brevemente in rilievoJe peculiari doti di quattro nostri poeti: Ceccardo Kooeatagliata Ceccardi, Mario Novaro, Giovanni Boine, Camillo Sbarbaro. * * * A cura dell’istituto Idrografico della R. Marina in Genova ò venuto alla luce il Portolano della Sardegna e Isole- Minori e dell’IsoLA di Corsica. La parte riguardante la Corsica, ricavata in parte dalle « Instructione Nautiques -Mer Mediterranée, Côte sud de France et Côte de Corse, n. 333, édition 1925 (,ρρ. 161-183) comprende tutte le istruzioni utili ai naviganti, (Istituto Idrografico, 1927 - Portolano delle Coste d'Italia e isole adiacenti, Vol. Π, fase. I, 2. ediz.). * * * Per Nozze Parodi-Carrara Leopoldo Valle dà notizia d’alcuni manoscritti conservati nella Biblioteca Beriana idi Genova, che offrono una notevole raccolta di poesie tosoane del '300 e del '400 : rime del Petrarca, del Burchiello, del Tinuoci e d'altri E due fra questi componimenti ne pubblica, offrendoli come dono di nozze ai predetti s/poei : Stanze fatte quando si bandì la Croce contro i Turchi ed Una ballata senza titolo in ottava rima. * * * Un saggio della produzione dei migliori rappresentanti della poesia corsa contbm-poranea si trova nell' « Annu Corsu » del 1927 Italiano 1927 (Beanporad, Firenze, vol. XXXII, ’ AsS*A 5 MB^bHbI2 ™w]lTZ SdTG0FFRB0° MTU NEL PE,M° CEN“ DBLL* nuovo alla biografi! dei °* ^ ^ al°“ CO““ * * * Oattbobalb d-Imper.a (1781-1828) è uno dei più notevoli esempi italiani dell’arte neo-class,ca; Pier Francesco Cucchiari ricorda nel «Marmo», 1927, η 1 la grande opera* dÌ <^n ia'Urir d6ll° SCUlt°re oarrareSe CarI° tinelli, poeta snll'altar maggiore-mente * 1Dtonazlone neoclassica dell'architettura, della chiesa, tuttavia nobil- mente inspirata e commossa, uno dei capolavori dell'eletto artista lunigianese. * * * Νθ1 ^ΓΓ«<»·ίο della diocesi di Luni e nella Riviera di Levante si hanno diversi esempi di chiese m pianta a due navate, con doppio abside, le quali tutte possono rum^/rohirima data· Λ· Μ·conti nen° 'Mem°rie *** nese», Vili, fase. I, studia le note, a partire dalla vecchia cattedrale longobardica dì qtUr n-1DSITeiTÌe leDOte Ch'egU ha aTUto Ü merito di S0°Prire. come quelle Stadomel.li in Val di Vara e il Verici nel Seetrese. Lo studio, aocurato denso di osservazioni, corredato dd chiare illustrazioni grafiche, propone un vero enigma storico. A quale sconosciuta regola, o a quale perduta esigenza rituale risponde questo singoiar tipo architettonico? L'A. vede una relazione con alcune chiese d’età barbarica come S. Vittore di Ravenna, la Pieve d'Arliano ecc. nelle quali si ha la disuguaglianza rW ΓΤ · ' Pen9a' ·*“· >*rÒ ?hm3ere ad una sicura affermazione e riservandosi nuovi studi e ricerche, che lo sohema a due navate possa rappresentare come 1 abolizione della navata centrale, una semplificazione cioè consentita quando venne meno in questa l’uso del recinto della «Schola Cantorum». * * * Nelle stesse «Memorie della Accademia Lunigianese e di Scienze», Vili fase I Umberto Oc Champs pubblica una breve e accurata notizia biografica di’ Antonio Bbrtoloni (1775-1869) il grande scienziato sarzanese che illustrò le cattedre di Botanica delle Unavemtà dd Genova e di Bologna, lasciando fra i suoi copiosi scritti scientifici anche alcune pregiate monografie di storia lunense. 192 Spigolature e 'Notizie * * * La tipografia editrice Cesare Cavanna di Pontremoli annunzia la pubblicazione imminente dell’opera I Castelli di Lunigiana, collezione iconografica dd tutti i monumenti e i ruderi dell’architettura feudale superstiti entro la cerchia dell’antica diocesi di Luni. Il volume è preceduto da un’amipia prefazione storica di Piero Ferrari; ciascuna tavola è accompagnata da monografie illustrative, affidate alla redazione di Luigi Bocconi per l’ex Circondario di Pontremoli, di Ubaldo Formentini per il Gir condario di Massa e Carrara, di N. M. Conti, per la Provincia di Spezia. Ri serbandoci un resoconto analitico dell’opera, in quanto è contributo di par 1 colari ricerche e sintesi della storia della Lunigiana feudale, segnaliamo frattanto l’eleganza sontuosa dell’edizione, frutto di lunghe, intelligenti e generose cure dello stampatore : un vero monumento tipografico. * * * «L’Annuario di studi etruschi», nuova pubblicazione diretta da Antonio Unito, di cui è uscito testé il primo volume (600 pp. 300 illustrazioni) presso la Soc. « masci men to del Libro» in Firenze, contiene un memoria di U. Formentini: Sulle sta ue e stele della Lunigiana in relazione con i problemi villanoviano ed ertrusoo. * * * In Polimnia » (rivista edita a Cortona, particolarmente dedicata a studi etruschi), anno ΠΙ, n 5, Marcello Campodonico a proposito del nome dell’adriaca Spina. c eg ritiene greco: = Aspina, da axpis scudo, trova analoghe spiegazioni dal greco di moti nomi liguri del golfo della Spezia e della Riviera. APPUNTI per una Bibliografia Mazziniana SCRITTI su G. MAZZINI PUBBLICATI ALL’ ESTERO - Il Maestro, in « L’ ItcMwno », Lima, 5 marzo 1927. Breve nota commemorativa. Ballerini Renato, 1 wepubbHami e Mazzini, in « Squilla Italica „ Lugano, 31 Marzo 1927. Articolo politico in polemica con Libero della «Gazzetta Ticinese». Cilea Diego, Con Mozzimi, in « Patria degli Italiani », Buenos Avres 7 aipi-il-e 1927. J ’ TraSldell*a,?UefÌOI,e Ü O. ripubblica alcune pagine di Mazzini sulla missione della donna. Balsamo - Crivelli G., L' anima poetica di Mazzini nelle sue lettere agli umici, im (( L’ Italiano », /Londra, 20 aprile 1927. ad una In*Iese" 'tradotte daUa s^nora Cappa Innocenzo, Mazzini senza Mazzini, in « La Patria degli Italiani » Buenos Ayreis, 15 maggio 1927. Recensione del volume: Giuseppe ilaizini, Poesie giovanili, curato da A Salucoi Lo stesso articolo è notevolmente diverso da quello pubblicato con lo stesso titolo in « LI Secolo » idi Milano del 17 maggio 1927. OPERE E STUDI SU G. MAZZINI PUBBLICATI IN ITALIA Nurra P., Codignola A., Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento, •Genova, -Comitato Liguire iper la Storia idei iRLsorginiônto, 1927. Una parte del volume è dedicata ad illustrare la figura del Macini. Son riprodotti numerosi ibrani di Jettere inedite, di autografi varii, e varie numerose riproduzioni fotografiche di ritratti, autografi, cimeli vari. Mazzini (Giuseppe, « I doneri deiV uomo », nuova edizione con introduzione e rfiofce a cura di Arturo Codignola, « La nuova Italia », Editrice, Venezia, α,η collezione « Educatori antichi e moderni ». È una nuova edizione dei « Doveri » condotta eul testo dell’ « Apostolato Popolare » di Londra (1841-42), sulla prima edizione di Londra (1860) e sull’autografo della Conclusione, preceduto da una breve introduzione. 194 Bibliografia Mazziniana (Lodolini Armando: LXXV1I> Lettere inedite ι di \Giuseppe Mazzini a Luigi Pianciani, im « Il Patto Nazionale », Anno V, N. 7-9 (febtbraio-imarzo 1927). / Il Lodolini (pubblica lun buon numero di lettere inedite inviate dal Mazzini ‘dal 1853 al 1861 a Luigi Pianciani. La pubblicazione dell’importante carteggio ci fa sempre più desiderare uno studioso che ci dia finalmente una biografia del Pianciani. ARTICOLI VARI IN GIORNALI E RIVISTE Guardione Francesco, Lu parola di Giws\eppe Mazzini per Ugo Foscolo, in « Il 'Corriere Marittimo Siciliano », IPal-eamo, 23 gennaio 1927. Interessante articolo, in cui viene ampiamente lumeggiato il grande amore del Mazzini per il Foscolo. Bassi Enrico, Vita Operaia agli albori del Risorgimento, in « Comune di Bologna », (febbraio 1927. Ampia recensione del volume di N. Rosselli : Mazzini e Balcounine. Plini Giovanni, Lettere ad una famiglia inglese di Giuseppe Mazzini, in « Patto Nazionale », Roana, febbraio <1927. Ampia recensione delle « Lettere ad una Famiglia Inglese »» tradotte a cura della Signora Bice Pareto Magliano. Il P. pubblica in essa un ampio spicilegio di dette lettere. De Marchi Armando, Giuseppe Mazzini : « Lettere d axmore », inti °du zione e note a cwa di Gaetano Gasperoni, in « Momento », Tonno Ib marzo 1927. Recensione del volume « Lettere d'amore ecc. », edite dal Gasperoni. Colombo A., Mazzini, in « 11 Risorgimento Italiano », Rivista storica, Anno XX, iasc. I, (igannaio-marzo 1927). Breve recensione del volume di U. Zanotti Bianco su Mazzini. Silvano, Alla ricerca di Mazzini, in « Pietre », Genova, marzo 19lì. Salemi Leonardo, Giuseppe Mazzini e la famiglia inglese, in « Libri d' I-talia », Palermo, marzo 1927. Recensione del volume «Lettere ad una Famiglia Inglese., tradotta a cura d Signora Bice Pareto Magliano. BucalohStanganelli M„ Il pensiero del Mazzini, in « Il Moschetto », Mes-•sina, 4 apriile 1927. Lodolini Armando, Le relazioni tra Mazzini e Kossuth, in « Tevere », iRoma, 7 cipride 1927. _ . - Il L. rievoca in un succoso articolo i noti rapporti corsi fra il grande apostolo italiano e il fervido patriota ungherese. Mazzini G., Le idee sul problema religioso negli scritti di Mazzini stralciate da E. Paolo Lamanna, in « IL’ Ambrosiano », Milano aprile 1927. .t Breve recensione del volume « Le idee sul problema religioso ecc.», del Lamanna cit. Bibliografia Mazziniana 195 Vella Bruno .Lionello, La musica nel pensiero mazziniano, in « Pensiero », Bergamo, 9 aprile 1927. Tra^ rartem^icale^116 ^ ™°*°*α Mla de,la Passione di Mamni G. DI (L., Giuseppe Mazzini, Lettere ad una famiglia inglese, in « L’ Educazione Nazionale », (Roana, 22 aprile 1927. Re°gnoraeB?<^ : ^ Famiglia Inglese »> tradotte dalla Si- gnora Bice Pareto Magliano. Alpino Enrico, Risposta a Silvano, in « Pietre » Genova, aprile 1927 ricerca di -bbiicat° Monti Antonio, I tentativi costituzionali del 1820-21, Carlo Alberto e Mazzini e il loro atteggiamento citi fronte alla reazione, in « La Scuola Haitiana Moderna », Brescia, 1° maggio 1927. Il Monti continua a pubblicare le sue importanti lezioni di storia del Risorgimento. Viandante (II), Mazzini e Bakounine, in « Nazione », Firenze 3 maggio 1927. ’ ^ Breve recensione del .volume di N. Œtoseelli : Mcatini e Bakounine. Morando F. E., Mazzini poeta, in « Messaggero », Roma, 4 maggio 1927. mpia recensione del volume: Giuseppe Mazzini, poesie giovanili, curato da A oaiucci. Mazzini Giuseppe, Poesie giovanili in « Caffaro », Genova, 4 maggio 1927 BTal^nS10ne del νθΙ™β: Giu*ePI>e Macini, Poesie oiovanili, curato da A. Mazzini Giuseppe, Un carteggio inedito, Ln « Corriere Adriatico » An- îûo'f’ ·4 ma{fgio 1927> in “ Corriere Padano », Ferrara, 4 maggio 192/, in (( L Impero », (Roma, 3 maggio 1927. Notizia delle settantasette lettere, inedite di G. Mazzini a L. Pianciani pubblicate ■da A. liodolim m Patto Nazionale {fase. 7-9). Sacheri Alessandro, Mazzini poeta, in « Il Lavoro », Genova 7 maggio 1927. ë Ampia recensione ded volume : Giuseppe Mazzini. Poesie giovanili, curato da A ìs allicci. Mazzini Giuseppe, Lettere a d una famiglia inglese, in « iL'Ora», Palermo, 10 maggio 1927. Breve accenno del volume: «Lettere ad una Famiglia Inglese»., tradotte dalla Signora Bice Pareto Magliano. Paltonieri Vincenzo, Mazziniu e Venezia, in « Gazzetta di Venezia », 19 mi aggi o 1927. Vien pubblicato un frammento del libro di V. Paltonieri : «Moti contro Napoleone negli Stati di Parma e Piacenza » teste edito dallo Zanichelli.. Roppo Trancesco, Un liìbw un' idea, in « L'Araldo », Bari, 28 maggio 1927 Propone che si addotti nelle scuole italiane «I doveri dell'uomo» del Mazzini. Ars,Bibliografia mazziniana, in « Il Lavoro », Genova, 29 maggio 1927 Il Saiucci recensisce i due ultimi volumi degli Scritti mazziniani (XLV e XLVI); il volume idei Rosselli: Bakounine e Mazgini; quello di G. Gasperoni: Lettere d'amore di Mattini; e infine il Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento di P. Nurra e A. Codignola. 196 Bibliografia Mazziniana ANT[0NiNi],Ptmf0 fermo su Mazzini, in « Pietre », (anno II, faac. IV), Genova, maggio 1927. Risposta ai due articoli polemici del Sabatelli e di Silvano, pubblicati ne a s ssa rivista, intorno al pensiero del Mazzini ed al suo « valoré suscitativo dazione». Candida iCarlo, La Ma dìi. Penelope, in « La Fiera letteraria », Milano, 5 giugno 1927. Recensione del volume del Mazzini «Lettere ad una Famiglia Inglese», tradotte dalla Signora Bice Pareto Magliano. Rapsoda, Il movimento bakunista italiano in una storia e in un romanzo, in « Il Lavoro », Genova, 8 giugno 1927. [Recensione del volume del Rosselli, Mazzini e Bakounine e di un romanzo storico del Bacchelli : Il dianolo di Pontelungo. Pepe Attilio, La tradizione solare mediterranea e il . fascismo, in « Il Giornale d' Italia », Roma, 11 giugno 1927. Il Pepe in un interessante articolo accenna alle affinità di pensiero ra a Gioacchino e il Mazzini. Morando Ernesto, Per la Casa di Giuseppe Mazzini, in « Il Comere Mercantile », Genova, 17-18 giugno 1927. η Morando prendendo lo spunto dalla relazione dell’Ufficio centrale "Jemrto. presieduta da Paolo Boselli, presentata al Senato il 2 aprile u. · blicata negli Atti Parlamentari, si sofferma a parlare dell’alta funzione e patriottica che l'istituto Mazziniano avrà in Genova. Rinaudo Costanzo, G. Mazzini, Scritti edibi ed inediti, in « Rivista storica —Italiana », anno 1926, fase. 3-4. Recensione dei vol. XLI e XLH degli Scritti de 1 Mazzini (Sdii. Naz.). Vaglia V., I Fratelli Ruffini, in « La Rassegna », anno XXXV, N. I-I · Ampia recensione del volume « I fratelU Ruffini » di A. Codignola Ave-ita M., La giovinezza di Mazzini, in « Rivista storica Itahanu », anno 1926, fase. III-IV. Ampia recensione del volume di A. Codignola sulla giovinezza di Mazzini. Ultime pubblicazioni ; P. NURRA — A. CODIGNOLA Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento (Genova, Settembre-Ottobre 1925) GENOVA Comitato Ligure Soc. Naz. per la Storia del Risorgimento Italiano Via Garibaldi, 18 (Edizione di lusso, di 500 esemplari numerati fuori commercio — L. 100) 1927 P. B. G AN DOG LI A In Repubblica (Vita intima degli uomini di Noli studiata nell’Archivio del Comune — Pag. 1-696) F1NALBORGO - Tip. V. Bolla & Figlio - 1927 I. SCOVAZZ1 - F. NOBERASCO Storia di Savooa vol. 1 e 11 SAVONA - Tip. Italiana - 1927 ANTONIO CANEPA Vicende del Castello di Sapremo dal 1297 al 1359 SANREMO - Tip. P. Gandolfi - 1926 GIUSEPPE MAZZINI / doveri dell'uomo Nuova edizione con introduzione a cura di Arturo Codignola VENEZIA - . La Nuova Italia » Editrice - 1927 Direttore responsabile : UbaLdo Formentini ( I lORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA fondato da ACHILLE NERI UBALDO MAZZINI * * NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini ANNO III. Fascicolo 3 1927 Luglio-Settembre SOMMARIO Pastine Onorato, Genova e Massa nella politica mediterranea del primo settecento (contiti. e fine) — Emilio Pandiani, Considerazioni sugli Annali di Bartolomeo Senarega - Mario Battistini, Sui francesi uccisi a Filattiera nel 1796 — Michele Ferrari, Intorno alle origini di Sarzana — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Bernardo Gandoglia, In Repubblica, Vita intima degli uomini di Noli studiata nell'archivio del Comune -(Vito Vitale) — Filippo Noberasco, Giovanni Caboto savonese ? (L. F.) Spigolature e notizie - Appunti per una bibliografia mazziniana. GENOVA Stab. Tip. Ο. B. Marsano 1927 Giornale storico e letterario della Liguria NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Fokmentini. COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale. L’annata 1927 esce sotto gli auspici del Municipio e della R. Università di Genova, e del Municipio e della Società d Incoraggiamento della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali di circa 80 pagine ciascuno. Ogni fascicolo contiene scritti originali, recensioni, spigolature, notizie e appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per l’Italia Lire 30; per ΓEstero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. GENOVA E MASSA NELLA POLITICA MEDITERRANEA DEL PRIMO SETTECENTO (continuazione e fine) IV LE TRATTATIVE FRA LA REPUBBLICA DI GENOVA E IL DUCA ALDERANO 1. La questione tdelila compera dei feudi imperiali e ili Bucato di Massa _ 2. La « (media (sovranità»» e le trattative (per Massa — 3. Il Congresso di Cambray _ 4. Il memoriale dei (Plenipotenziari gfpa-gnuoli 5. Il contratto per l’acquieto di Majasa — 6. La notiziia delle trattative segrete si diffonde : la « Gazzetta di Livorno » e la Corte di Vienna — 7. Il mutato atteggiamento del Duca Alderano e l’azione della Spagna. 1. Già ricordammo' come placata, ‘ almeno momentaneamente, nel Congresso dell’ Aja (1720) la tempesta suscitata, dall’ intraprendente Al-beroni e dall’ ambizione de-lla regina Elisabetta, Vittorio Amedeo II, amareggiato per lo scambio forzato della Sicilia con 1’ isolia di Sardegna, pei* il fallito tentativo' dedi’ acquisto1 del Finale e per il -non completo adempimento da parte austriaca dei patti del· 1703, cercava di intavolare negoziati per venire finalmente in p assesso dei feudi delle Langhe inviscerati nel suo Stato. Fin dal novembre del 1714 il Marchese di S. Tomaso, Inviato di Savoia a Vienna, e al principio del 1720 il suo successore, Roberto Solaro Marchese di Bregìio, d’ ordine die! loro Sovrano, confidavano all’ Inviato genovese, il gentiluomo Clemente Doria, il disegno di un’ azione comune rivolta ad assicurare, così al Piemonte come alla Repubblica, quei feudi confinanti o> internatii nei rispettivi territori, che meglio convenissero ai due Stati. Lo stesso March, di Breglio> ne aveva, ripasso il « progetto » nel 1721, parlandone al Principe Eugenio, al Conte di Diectrestein, Presidente' della Camera imperiale, e presentando al ministro di Genova 1’ elenco dei Feudi da lui richiesti insieme con quello degli altri, che potevano, a suo giudizio', interessare la Repubblica. La pratica non era stata portata ancora nella Conferenza Segreta, ma già se ne era trattato1 nella. Giunta detta della Deputazione Minì--steriale delle Finanze, e pareva si dovesse concedere 1’ alienazione solo per quei Feudi che gi'à erano soggetti alla giurisdizione media della Camera di Milano, insorgendo anzi in proposito competizione fra il v< Ministero alemanno' » e quello' « spagnuolo » per stabilire se il prezzo della vendita doveis'se spettare alla Camera di Vienna o a quella di Milano, dalla quale si sarebbe staccata la detta giurisdizione. 198 Onorato Pastine Quanto alla Serenissima, già dicemmo come non provasse eccessivo entusiasmo per le (profferte del Piemonte, sebbene ordinasse al suo In-^ viato di corrispondere alla confidenza ricevuta. Schiva di assumere impegna col (( Duca di Savoia », ne faceva ajttentamente osservare le musse a Vienna dal Doria, ben considerando che ugual premura essa doveva avere di acquistare quei feudi, come di impedire che altri se ne impadronissero, « con i quali potessero insorgere delle differenze » (1). E mentre si incaricava anche Γ agente Viganego di Torino perchè procurasse di sapere ciò che passava « in materia de feudi » fra quel Sovrano e la Corte di Vienna (2), il Governo di Genova dava istruzioni al-Γ Inviato Doria di vigilare alla Corte imperiale sull* opportunità di trattare, con Γ occasione propizia, qualche acquisto vantaggioso alla Repubblica, sia pure « passandone d* intelligenza » col ministro di Savoia (3). Che non mancassero buone disposizioni a Vienna verso la Repubblica era risaputo. Già fin dal novembre del 1714, subito dopo la vendita del Finale, il Conte Modignani aveva avanzato al March. Domenico M. Spinola, nell* occasione di certe pratiche che il ministro genovese trattava col Consiglio di Spagna in Vienna, 1’ idea di proporre a S. M. CC. la vendita alla Repubblica dell* alto dominio su feudi imperiali, alludendo particolarmente a ((quelli intorno le Langhe del vicinato del Tor-tonese e dalla iparte di iS. Sebastiano » (4). Ed laiccemniamdo ·1ό Spinola, per ordine del suo Governo, anche a quelli di Val di Scrivia (ad esempio : Serravalle) e di Lunigiana (Aulda), il ministro cesareo ammetteva la possibilità di una cessione per questi ultimi, non per Serravalle (( andando quel (feudo per conto (della Cannera di (Milano » (5). Ricordammo pure Γ offerta fatta, più tardi (1722) dal Conte di Wu-rumbrand per Spigno; ma nulla si era mai concluso, passando così parecchi anni in attesa di circostanze favorevoli; quando con dispaccio del-1’ 11 agosto 1723 (6) da Praga, dove trovav«asd la Corte, il (Doria (rilior-nava sull’ argomento, facendo noto ai Signori Ser.mi che forse la recente vendita di Spigno effettuata a. Vittorio Amedeo II per 350 mila fiorini, avrebbe potuto far venire quella Corte « nel disegno di ricavar somme più grandiose con una maggiore alienazione di altri Feudi Imperiali tanto nella Rep.ca Ser.ma come in detto Sovrano ». E poiché (1) A. S. G. - Leti. Min., Vienna, busta 2568, Cl. Doria al Governo, Vienna, 6 die. 1719; 6, 20 marzo, 3 maggio 1720; 26 febbraio, 7, 14, 28, maggio, 25 giugno 1721; Il Governo al Doria, Genova 28 maggio 1721. (2) Iì)id., Litterarum Finium, Eeg. 391, Il Governo al Viganego, Genova, 6 settembre 1721. (3) Ibid., Lett. Min. Vienna, busta 2568, Il Governo al Doria, Genova, 26 giugno 1721. (4) Iìjid., Lett. Min., Vienna, busta 2561, D. M. Spinola al Governo, Vienna, novembre 1714. (5) Ibid. - Lo stesso allo stesso, Vienna, 5 dicembre 1714. • 6) Iì)id.t Lett. Min., Vienna, busta 2571. Genova e Massa nella politica nruediterranea ecc. 199 tutti i feudi in parola avevano « Padrone utile i», ossia feudatario, si trattava di ottenere soltanto la media giurisdizione o dominio diretto subalterno, consistente nel gius di rinnovane le investiture ad feudatari stessi, che verrebbero cosi a dipendere direttamente da quel Principe che fosse investito della media sovranità. In realtà la Camera Cesarea era a corto di denaro. Le « grandiose spese » per i consueti viaggi e soggiorni della Corte fuori di Vienna si ciano di molto accresciute; «doni e munificenze» che andava « rip-pai tendo Sua Maestà trà i Ministri e Cortiggiani » aggravavano le dif-l'coltà del bilancio camerale: la possibilità quindi di una larga vendita di feudi sembrava assai probabile. Bisognava però cogliere con prontezza il momento opportuno e la buona occasione, quando si fosse offerta, per questo il Doria pregava il Governo di voler esaminare le convenienze su detta pratica, dandogli precise istruzioni, come già ne aveva ricevute il ministro di Savoia dal suo Padrone. L’ investitura di Piomr bino, concessa dall’ Imperatore con la media sovranità al Re di Spagna di cui esisteva forse copia nell’ Archivio di Stato, o qualche altra del genere, avrebbe potuto illuminare le Loro Signorie sulla portata di tale diritto. Ma una notizia di particolare importanza era contenuta nella let-eia del 11 agosto. «Oltre quelli [feudi] già dinotatimi da W. SS. 111.me — scriveva il Doria — non son lontano da credere che il disegno di questa Corte potesse estendersi· anco a quelli della Lumiggiana compreso lo stesso Ducato di Massa., a fine di ampliare in somma considerabile il prezzo che hanno per avventura in pensiero di ricavarne ». Il March, di Breglio riteneva che, al ritorno della Corte a Vienna, si sarebbero intavolate le trattative da. tanto tempo desiderate Di là il Dona avrebbe potuto inviare ai suoi Padroni notizie più precise specialmente riguardo 'ailla disposizione di includere nella cessione il Ducato di Massa. L’importanza di tale feudo era evidentemente di gran lunga 'superiore a quella degli altri in questione, se esso, venendo a mancare il Duca 'Senza -successione, fosse potuto decadere al Signore che avesse ottenuto l’investitura del Dominio diretto subalterno. L Inviato ricordava che dalle notizie raccolte negli ultimi anni aveva isì appreso che una Casa (napoletana — forse il Duca di Traetto (Minturno) — discendente in linea femminina dai Cibo, poteva accampare diritti alla successione di Massa; ma tali pretese, quel tale abate Ciccopieri, inviato tempo addietro da Monsignor Camillo a Vienna gli aveva dichiarato insussistenti, come non fondate su investiture ò te stamento (1). La possibilità dell’ accennata disposizione, per parte di Vienna., ad (1) A. S. G., Lett. Min., Vienna, busta 2571, 01. Doria al Governo, Praga, 13 eet- 4 200 'Onorato iPàstine alienare la media giurisdizione dii Massa, doveva promuovere le più sollecite -cure (della Repubblica per procurare un acquisto così notevole per lo Stato. Invero non per la prima volta essa rivolgeva le sue mire a quel dominio; ima «certo .soltanto »ora una taile pratica veniva -avviata con decisa volontà ie .probabilità di riuscita. Di fatto il Governo si mostra. ancora adesso irnpreparato. Lo provano le informazioni che in seguito -al dispaccio sopra indicato esso ripetutamente richiede al proprio ministro, intendendo chiiarire le iconiseiguenze idi una tale compera per ben ponderante -Γ -utilità effettiva. E’ (evidente icome ipiù di ogni possesso stesse -ora a cuore -ai Ser.mi (Collegi quello del iDucato idiei Cibo, le nelle loro lettere sempre infatti si insiste « partieoi armento » sui feudi di Lunigiana. 2. — Del resto nei rapporti feudali tutte le terre in questione si trovavano in -analoghe condizioni; per tutte Γ Imperatore, cerne si disse, conservando Γ alto Dominio inalienabile, (poteva concedere soltanto la media sovranità, sul valore della quale si desideravano appunto maggiori lumi; in pari tempo isi sollecitavano altresì ragguagli sulla spesa che detta cessione potesse richiedere e sui passi che losse per compiere da pairte sua il ministro Idi 'Savoia. Alile notìzie già forni ite, aggiungeva il Doria importare la media giurisdizione che nell’ evenienza della. « caducità del .feudo » ne (dovesse idiivenine [Padrone il Sub investi en te; e così nel -caso di confìsca per delitti, eccettuati quelli che.il Subinvestito commettesse contro 1’ Imperatore e 1’ Impero, spettando allora la confisca di lealtà, come non solo -sarebbe riuscito « difficile, pericoloso e poco efficace » un simile tentativo, dato il fervore che poneva in quella faccenda, id Sovrano di Savoia, pronto a non badare al prezzo e neppure a « generose ricognizioni, doni, e regali » per i Ministri tedeschi (1) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, 01. Doria al Governo, Praga 25 settembre 1723. 202 Onorato Pastine chJe Io facilitasisero -nel isuo disegno; mia che « un isoanimio pericoIo » ne sarebbe anche derivata, « per la sincera buona eo-rrispondenza » che 1’ Inviato del Piemonte gli aveva, sempre dimostrata, convinto coni’ era, il gentiluomo genovese·, che « le intenzioni » del Duca, « in questa occasione », potessero « importare qualche cosa di più che una pura apparenza » (1). Nulla operò infatti 1’ Inviato della Repubblica contro i negoziati in parola e ancora nel gennaio successivo· scriveva di non aver potuto '« sinora ravvisare alcun mezzo efficace per opporre a tale maneggio in obbedienza degli ordini » ricevuti (2). Ma se la Repubblica voleva intralciare siffatte trattative del Piemonte, essa, stessa era tutta intenta all’ esame delle sue convenienze in materia. Così quando i Ser.mi Signori richiedevano ia Clemente Doria in data 3 novembre 1723 nuove delucidazioni sulla questione dei feudi, già stavano per avviarsi rapporti diretti col Duca Alderano di (Massa, per quanto le incertezze del Governo su punti fondamentali mostrino che la pratica non fosse peranco entrata in una fase decisiva. Dubitavano essi ancora se, data I*a maggiore ampiezza dell’ investiture concesse ad alcuni fra. i Vassalli in parola (e certo si pensava anzitutto -a Massa), .rimanesse qualche gius o facoltà o prerogativa » da concedersi dall’ alto Signore, non potendo forse costui obbligare i vassalli stessi a riconoscere un altro Superiore e ìl prenderne nuova, investitura, senza loro consenso. Forse per il Duca, di Savoia le cose stavano diversamente, dato dhe 1’ acquisto ipoteva considerarsi non nuovo, ma quasi « una specie di cessione ò successione nel jus già radicato e carico imposto ò faccettato ò riconosciuto da Vassalli », in quanto poteva richiamarsi a diritti derivatigli dai patti di alleanza del 1690 e del 1703 o inerenti al possesso del Marchesato del Monferrato e della Pro-vincia di Alessandria. Se poi — aggiungevasi — per « i Feudi che εοηο di convenienza della Rap.ca Ser.rna e partieoi aivnente della Luniggiana potesse 1’ Imperatore fare ad un tratto queflle cessioni che fossero necessarie, perchè riuscisse utile ed esercibile detto acquisto »; occorrerebbe allora procurarsi una copia del decreto del Consiglio Aulico fatto al tempo del dominio 'di Filippo V in /Milano. Rassicurava, il Doria, con ragioni attinte alle norme di diritto feudale, circa la facoltà dell’ Imperatore di concedere la media sovranità « non ostante qualunque più ampia » investitura; quanto ai negoziati del Duca di Savoia essi venivano sì lappoggiati al iiratttaio del 1703, ma non cessavano per questo di essere « nuovi »; nulla infine sapevasi colà (1) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, 01. Doria al Governo, Praga, 9, 30 ottobre: Vienna, 29 dicembre 1723. (2) Tbid., lo etesso allo eteeso, Vienna, 26 gennaio 1724. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 203 della menzionata sentenza del Consiglia Aulico. Riferiva inoltre che il Ministro di Savoia gli aveva comunicata una nuova istruzione ricevuta, con la quale gli si ordinava di procedere senz’ altro per primo, con l’occasione favorevole, all’ offerta del prezzo; questo poi egli pensava di regolare secondo il*«numero dei fuochi, in ragione di cento in centocinquanta fiorini per ifuoco, salendo così a un’ oblazione complessiva di 450 mila fiorini (1). Fino a questo momento, dunque, i sSer.mi Signori non avevano fatto alcun cenno esplicito1 delle loro intenzioni riguardo a Massa. La prima comunicazione ufficiale al Doria delle trattative col Duca A Idei ano è infatti del 24 gennaio 1724. Tornava a diffondersi la voce, come già si disse, che il Papa Innocenzo XIII Conti stesse ad oprando si per pi oc li rare alla propria famiglia Massa e Carrara, e che più corrieri si fossero inviati a tal uopo da Roma, a Vienna. Occorreva indagare la verità intorno a tale negozio, vedere a qual punto esso si trovasse, ricavandone « tutte le più minute e precise circostanze »; onde, a maggior sollecitudine, i Collegi s’ inducevano per 1* appunto ad informare, con tutta riserva, i»l proprio ministro come essi stessero « maneggiando col Duca di Massa la compra del suo stato per la Rep.ca... con essersi già avanzate qualche proposizioni reciproche ». « Non dovrete però — gli si aggiungeva con alcuno darvi inteso di questo nostro· negoziato, che vi partecipiamo per ora per semplice notizia » (2). E pei vero in simili faccende il segreto era fattore essenziale per una buona riuscita. Ma come mantenerlo a lungo? Come ottenere il silenzio anche dall’ altra parte ed eludere la vigilanza oculata, della diplomazia italiana ed europea interessata in tale questione ? 3. — Cotesta diplomazia era in quei momenti più che mai in fermento L’ Europa non avea la sua pace; le armi erano state appiedate ma non depaste; la guerra, dopo un ventennio di lotte sanguinose, mi-nacciava sempre di prorompere improvvisa, e violenta. I' Austria Asburgo e la Spagna dei Borboni continuavano nel loro antagonismo politico, aspramente, conseguenza della guerra di successione e dell’ avventura del cardinale Alberoni. Francia e Inghilterra s’ erano interposte come mediatrici per evitare una nuova conflagrazione; esausta la prima., dopo i gravi sacrifìci con cui aveva scontato lo splendore del Re Sole e 1’ ambizione dell’ egemonia europea, piombata ora 'sotto le inette reggenze dei duchi d’ Orleans (im. 1723) e di Bolibone· scaltra e vigile la seconda, dal 1714 sotto il dominio dei Whigs e dell’a- (1) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, 01. Doria al Governo, Vienna le di-©ombre 1723. (2) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, (opp. : Litterarum Finim, Reg 392) Il Governo a 01. Doria, Genova, 24 genn. 1724. 204 Onorato Pastine bile ministro Roberto Wailpole (1721-1742) ch'e, assecondando gli appetiti della ricca borghesia mercantile e parlamentare, svolge ora una politica meno bellicosa, ma non mai assente «da agni conflitto o questione, in cui sia in giuoca Γ interesse britannica. Nel Congresso deir Aja. (1720) erano stati confermati i patti della Quadruplice (Trattata di Landra del 2 agosto 1718), deliberandosi il passaggio della Sicilia all’ Austria in cambia della. Sardegna con la rinuncia di Vittorio Amedea ad ogni ragione sul Vigevanasco e sulle Langhe, e riconoscendosi il diritto di Carla di Borbone alla successione al Ducato di Parma e Piacenza e ail Granducato di Toscana, dove stavano per estinguersi le vecchie dinastie dei Farnesi e dei Medici; stati che riconosciuti icome 'feudi mascolini dell’ Impero, dovevano essere presidiati, in attesa che si rendessero vacanti, con milizie neutrali. L’accordo era però ben lungi dall’ essere sincero e completo. Car- lo VI, restio a rinunciare alla dignità di Gran Maestro del Toson d’ oro e al titola 'di Re Cattolica, a. mailincuore aveva aderita al riconoscimento di Dan Carlo come erede delle corone di Parma e Toscana; assolutamente, poi, non inUiendOTa die idetto Principe potesse presidiiiane subito questi ’StaM, come richiedeva fta ISpagna ; pretesa iche, laocolrta più tardi nel trattato di Siviglia da Francia e Inghilterra (9 novembre 1729), spingerà 1’ Imperatore, sempre ostile, a rompere le relazioni diplomatiche con (MadTid e ad apparecchiarsi ad una opposizione armata contro il passaggio degli Spagnuoli in Italia. Altro punto su cui intendeva insistere la Spagna era la restituzione dei feudi imperiali in Italia che erano stati confiscati da Carlo VI. Si aggiungeva poi la questione della Prammatica. Sanzione a cui tanto teneva 1’ Imperatore e quella della Compagnia di Ostenda assai molesta alle Potenze marittime. Problemi che tutti si sarebbero dovuti trattare nel Congresso convocato a Cambray fin dal 15 ottobre 1720 e in cui Francia led Inghilteirra dovevano aissumere le parti di mediatrici Ifira Austria e Spagna. Principali Plenipotenziari al Congresso stessa furono per 1’ Austria il (Conte di Wiauddagra/tz, Penten/riedter, )per la Francia ά Conti di Sariint Contest e di Morville, per 1’ Inghilterra lord Carteret e il cav. Sutton, per Ita ISpagna il iConte di San (Erevan e 'il March. iBeroetti iLandi; erano inoltre presenti per la S. Sede i-1 Card. Albani, per il Re di Sardegna, il Conte Provana, per la Repubblica di Genova il segretario Giovan Battista Sorba, ed altri rappresentanti di Stati italiani. Per li continui contrasti, fa riunione della conferenza di Cambray si ifiece 'attendere assai; ifinchè, lapertasi ifLnaLmentie il 25 gennaiio 1724, trascorse ancora i primi mesi inattiva, limitandosi allo scambio delle Plenipotenze fra i Ministri e alla compilazione del « Règlement de Police pour le congrès » pubblicato in aprile, quando incominciarono effettivamente i lavori. Genova e Massa mella politica fmed/iterraneu ecc. 205 7~ ^ miarzo, il .segretario G. B. Sorba scriveva da Cam- bray ai Ser.mi Collagi comunicando una notizia paco gradita. I Pieni-poftenziiaaà dà Spaigma, leociitiaiti, a iquianubo potè vasti icongettu-rare, id/ai Ministri di Toscana e specialmente di Parma, avevano ultimamente presentata una memoria ai rappresentanti delle Potenze mediatrici « per impegnarli a, frastornare la «compra di Massa », che supponevano volessero le Loro Signorie Ser.me effettuare. Era riuscito, egli, usando di <( tutti i miezzi possibili », ad averne una copia « con molta precauzione e sotto rigoroso segreto », e prontamente la trasmetteva, osservando che (( senza dubbio » avrebbero riconosciuto « che lo stilile è di un Italiano, il quale sa così poco ragionare come scrivere in francese ». Il memoriale comincia col richiamare Γ attenzione dei Ministri degli Stati mediatori sulla convenienza di « embarrasser la vente » del Ducato di Massa chie « le Duc de ce noim veut faire aux Génois; ce qui est sollecitò par eux avec une grande vivacité, y étant des recontres scures, que la Republique de Genes se donne tous les mouvements possibles à fin d’en obtenir le consentement Imperia! /». I pregiudizi che colpirebbero la Toscana sarebbero « tres grands », in quanto -che i Genovesi, padroni di Massa, turberebbero senza dubbiò i commerci terrestri di quello Stato con Venezia e la Lombardia, a vantaggio dei quali Cosimo III aveva fatto aprire a tal uopo la strada « qui existe présentement et se pratique » e « sans toucher Γ état de Genes », solo attraversando il territorio e la città di Massa, porta nella pianura padana. Or dunque, non soltanto « la raison de la politique, de la justice, et de 1 équité mais la raison d’ etat et 1’ interest des Commerces » esigevano che si corresse ai ripari. Sebbene la strada detta « Grana-nacci » ( i ragnana), che toccava soltanto un piccolo tratto del territorio di Massa, non fosse stata, aperta da Cosimo III se non dopo il Trattato di Londra, tuttavia i Granduchi suoi predecessori Γ avevano fatta in passato praticare, con tenue pagamento di diritti a quei Duchi; ciò che certo non avverrebbe con i Genovesi, i quali appunto per ostacolare il commercio di Livorno, insistevano tanto sulla compra di Massa. Le potenze mediatrici e garanti avrebbero tenuto ad ogni modo come invariabile, per l’articolo V del Trattato di Londra e le successive investiture, il principio che la Successione delia Toscana toccava all’ Infante Don Carlo « sans la moindre diminution », cioè così integralmente come 1’ avea posseduta Cosimo III e la possedeva Gian Gastone Ora era da considerarsi che non mai i Duchi di Massa avevano colpito « d impôts g.raves et consi deralbl es » Je mercanzie toscane passanti per ifl piccolo tratto dell loro Iberiritario, ie che inoltre « de leur coté (le présent sisteme de Port franc de Ligoume a souffert la moindre altération ciò che doveva ben esser noto a Francia e Inghilterra, perchè tutte le novità, introdotte dal Duca di Massa avrebbero costretto il Granduca a farle ricadere sui mercanti loro sudditi. Ma vogliano i Sig.ni Plenipotenziari mediatori — continua il memoriale — far 1’ onore di dare un’ occhiata alla carta geografica, e la ra- *206 Onorato Pastine gi-on di stato, -che è « la plus forte », in opposizione alla deprecata vendita, subito apparirà in tutta la sua evidente gravità. Facilmente «si poteva Infatti vedere come la. situazione territori al e del Ducato tagliava « la comunication de· quelques etats de la Toscane », nei quali il Granduca non poteva recarsi senza passare per i‘l territorio di Massa. Quale danno ne deriverebbe dunque all’ Infante Don Carlo, se tale territorio cadesse nelle mani di « quelque Prince ou Repubblique que ce soit, tant soit peu pouissante », speiciadmente nei tempi presenti «qui isont si délicats»! Lo iStato di .Massa potrebbe infatti, in caso da guerra, impedire i»l passaggio di truppe di soccorso all’ Infante, mentre così a Massa come a. Carrara o in altro luogo vantaggioso di quel paese montuoso si potrebbero costruire fortezze, e fors>e per istigazione dello stesso Imperatore, che avrebbe potuto presidiarle con sue milizie, « ce qu’ il n’ lexeoutie, que Itirop actuellement ta/vec violence, et sous d'9S 'prétextes lesntâea^ement contraires à la Quadruple 'Alliance dans les Fiefs de la Lunigiana, qui est. attinent au Duché de Ma'ssa » (1). Fra gli altri inconvenienti inopinati era pure da considerarsi, ad esempio, ciò che sarebbe potuto accadere in caso di contagio, « parceque qualque fois prétextant la santé publique on à vue des autrels Princes et Eftats .se servir d’dhe de conveaiiienze di Don Carlo si accordavamo perfettanneoiite icoin queille delle due grarudii Potenze marittime e dei loro sudditi mercanti. Onde, constatato 'come la situazione del territorio di Massa e dei fendi attigui delfla iLuoiigiana ostacolavano i passi della Toscana, i Sig.ri PIeruipotenziari avrebbero certo considerato la necessità di inserire Jiel prossimo (trattato di pace ohe si concluderebbe a iOaanbray, lima clausola, con cui si vietale a quals/iiasi feudatario dell’ Impero di derogare, sotto qualsiasi pretesto, al Trattato di Londra, ohe doveva essere la baise dii quellio prossimo. In tal modo i possessori o compratori di detti feudi di Massa o di iL/unigian'a. non potessero ora nè mai « charger d’ iimposts dès Merchandriises, qui pur le chemim Granagnaccri passent de la Toscane en Lombardie, au de là de ce, qu’ on pratiquoilt dams le tems du Traité de Londre ». Se tali imposte fossero messe, da chi comprasse Mastea, •sulle merci che da Li- (1) Un presidio cesareo trovavasi anche ad Aulla. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 207 orno passavano a Venezia in Lombardia e di qui in Alemiagna, co-s ìnigienido quindi il Granduca ad elevare pure le sue glabelle, iti danno si incenserebbe in gran,parte isuii anencanlbi francesi e mgiefsd dhie avevano (considerevoli rapporta commerciali con il ponto toscano. P ii 'Liv0IΓ:n,0 Poteva ©ssere porto franco, ©ome esigeva I’ arti- colo v idei Trattato di Londra, soltanto ise annettile « le chiamili Grana gniacci soit un chemin frane, et libre in guarito che a mila servirebbe rthP r'6ntT,ée Si °n n’eut la fran'chise de la sortie,,; ciò che potrebbe invece accadere se il Ducato di Massa venisse nelle mani ei Genovesi o da laflltri, che avessero interesse, per il vantaggio del loro commercio o per ragioni diverse, a pregiudicare ili porto del Grand-acato « ne faut point douter - .afferma il memoriale - que la fin principale des.Gênons d acheter Γ .état de Massa est pour faire prejudice au cera- lo mot*™ ÏT™’ ^ Piar là a°gmenteT ’le leair ”· L’ esperienza recente poteva attestare; e qui si accennano i vari provvedimenti della Re- rdaÌtT a ^°Γη°’ ,0he 8Ìà riÆertamo completandone le notizie e ative, m conseguenza dei .quali, mercanti (francesi, inglesi ed olan- asi avevano deviate proteste minacciando 'di trasferire altrove i propri Ena P®1 ld'a tenersi presente ohe qualunque si fosse il padrone di pendere f ^ d;so ® troverebbe sempre di- nosa per le tro p° ? tfla ,G0rte di Vi€nna; co,sa sommamente dannosa per le tre Potenze Marittime, «-et me tout a present que la dite cour de Vienne travaille avec application et hauteur a etabl^ee erces dans ü océan par Ostende, et dans ,la Mediterranée par Trieste »· onde essa Repubblica avrebbe tutto il vantaggio a contribuire alï ^ vma del .commercio di Livorno; laddove 1’ Infante Don Carlo, ottenendo nv! da “ Granagnacci » fosse espressamente dichiarata libera, Potenze8 ^ C°nV'eni6nZa di procedere in P^no accordo con le suddette Forse 1 ministri apagnuoli, estensori del memoriale, intendevano in-sinuare, fra le .ragbe, 1’ opportunità che il Ducato di Massa fosse unito alla Toscana stessa ia vantaggio di Don Carlo di Borbone : idea ohe sappiamo, mon era del resto nuova, pur .riuscendo affajtlto contraria a«iTi stendimenti della <*«*> di Vienna, che riteneva volesse la Spagna impedire a Genovia queftla. compera, « su la fiducia di poter un giorno aqmstare detti feudi, con farne da dimanda nel tongresso di Cam-Ibray » (1). Intanto i Plenipotenziari mediatori, come informava U Sorba dichiaravano Ohe « non essendo tal materia ,della competenza del Congresso essi non potevano far altro » che trasmettane il documento rice-vnto alile loro Corti. mnbreAÌ7284. ^ “”· α ***» * Governo, Vienna, 6 di- 208 Onorato Pastine •Dalla risposta ded Ser.imi · CoflUejgd all Sorba, in daitia 31 marzo, ed apprende die la uotizìlai dii quelile trattative, oomuimicarba, conile vedemmo, soltanto verso Qa fiime dd gennaio ial M.co demente Doria, Invialo straordinario in Vienna, non era -stata ancora 'trasmessa al rappresentanlte della Repubblica a Cambray. IRiiguando ial contenuto d efila mennoniia invi altaici si scriv eva all segretario — « dobbiiatmo imifonmiarvi d’ essere in qualche trattato per l*a compra di Massa im termini (però di cosia sin ora laisisai lontana., et à tali effetto vii avertiamo di stare in a/titeinziicxne di quelle ndtizde che potesse riuscirvi di ricavare senza darvi mai in/teso dell detto trattato anche ned caso di ujdiime pani aire.... e quando ve ne tosse espr esalarne n te discorso dà Ministri dogete loro offerire d*i uioriverne come dd afflare, di cui non rue avete la mliinima im/formazione » (1). A-nailogamente isi rendeva edotlto del memoriale {presentato dagli Spagnuol-i al Congresso, ed insieme deilila pratica di Mlassa, il segretario Domenico Maria Vdceti dd Londra (2), il quale dichiarava e»ssere quello « ili primo riscontro, e notizia pervenutagli' » (3). Al Doria di Vienna veniva confermata, inoltre, il’ informazione già comuni calla, a proposito ded suppositi maneggi di Innocenzo XIII per un’eventuale compera del Dulcato dei, Cibo, avvertendolo pure deOla novità ricevuta da Cambray, come sempliice notizia « per stare in attenzione a’ quie’ passi 'che (fossero dati », colà, e per quando aveisse potuto ricavare al riguardo (4). -Neilüo stesso tempo erano pure sorte le questioni del Lazzaretto della Spezia e dei Partofranco dd Genova, delle quali gdà parlammo, e che servono a lumeggiare il valore di coteste trattattive per Massia, nonché i vari interessi commerciiali che erano in gdoco, mettendo esse in movimento oltre che i Toscani, Milano e varie Potenze europee. A Caimbray, dove frattanto erano comi/nedati finalmente i lavori effettivi del Congresso, si icontinuava a decorrere fra i mini/slttri dell affare dei Ducato di Massa. -Nel luglio, «anzi·, a quanto riferiva iti Sorba, i Plenipotenziafri francesi avevano discusso con queüld spagnuoli su tale argomento, combattendo le ragioni eeposte nel noto memoriale e considerando ohe « il medesimo Stato, a giudizio loro, sarebbe men soggetto all’ Imperatore passando sotto la dominazione della Rep.ca Ser.ma, che rimanendo in potere dedl’ lafctaiale suo (Possessore » (5). Ma checché ne (1) A. 8. G. - Litterarum Finium, Reg. n. g. 392. I Collegi a G. B. Sorba, Genova, 31 marzo 1724. (2) Ibid. - I Collegi a D. M. Viceti, Genova, 3 aprile 1724. <3) Ibid. - Leti. Min., Inghilterra, busta n. g. 2281, D. M. Viceti ai Collegi, Londra. 24 aprile 1724. (4) Tbid. - Liti. Finium, Beg. 392, I Collegi a Cl. Doria, Genova, 31 marzo 1724. (5) Iibid. - Leti. Min., Francia, busta n. g. 2218, mazzo 42, G. B. Sorba ai Collegi, Cambrai, 24 luglio 1724. I Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 209 fosse dii siffatte opinioni personali, è certo che la F-ranioia si mostrò sempre avversa a Genova in tale faccenda. Un mese dopo, lo stesso Sorba informa/va ancora dhe il secondo Ple-niipoitenzuario di Spagna, March. Berretti Landi, estensore dedlla prima memorila sapera iLa vendita di Massa, ne aveva presentata una seconda ai ministri francesi ed inglesi,, nella quale s’ insinuava ohe le Potenze mediatrici .avrebbero dovujio « indurre il Papa a comprare detto Stato •di Miasma per darlo ail Sig. Duca idi Parma in compenso ed equivalente del Duioato di Castro e Roncdgliome ». Il nuovo memoriale sembra però che non venisse ineppuir trasmesso aflle Corti; ed « io ηο·η comprendo ·— oomcludeva il ministro genovese — come Persone di buon senso possano esporre simili Progni » (1). 5. -Era ftanite ostilità, ila Repubblica conduiceva lavanti la pratica col Duca Alderano, il quale, a quanlto risulta, ripetutamente ne scriveva al Governo genovese con offerte e sodilecitaziomi per la conclusione di un tal negozio, da cui ,si riprometteva di rioavare quei mezzi finanziari che tanto gili abbisognavamo. ‘Ned settembre dell 1724 si trovavano a tali uopo a Genova in rapporti coQ Goveirno Ser.mo .persome appositamente inviate dal Duca di Mafcsa e si era venuti oirmai a concrete proposte che pareva dovessero avere iim/miinenite attuazione. I Collegi, considerando lehe per la conclusione di quell1 affaire avrebbero abbisognato di informazioni da Vienna, dove era pur forza fare i passi necessari per il’ iassenso imperi ale, isi ' aocingeviano a dare, dopo lungo fciiilenzio suilla pratica, ragguagli particolari al proprio ministro Clemente Doria, dhe stava pier lasciare da sua residenza per un temporaneo icongedo (2). iRiiisuilta da queste ccxmuniiciaaioaii seg.rete e cifrate, ohe lo stesso Duca Ailderano aveva manifestato il proposito e desiderio di alienare i suoi feudi,, mostrando in pari tempo «maggiore inclinazione à preferire» ja Repubblica di Genova, la quale si -era affrett/altia quindi a intavolare trattative, invitando il Duca ad inviare il suo « progetto ». Ma quésto apparve così «pieno di dittile od tà e non riuscabile per l’incompatibilità particolarmente dellle condizioni de quaM in esso con Ita natura della vendita e >niispettiive investiture », che i Sig.ri Ser.mi pensarono, « in seguito ideila «dimanda da lui » fatlt'a, idi mandargli nuove proposte. Consistevano queste o in una « vendita libera » del feudo, in modo ohe esso dovere passare immediatamente in possesso della Repubblica.; oppure, previi sempre Γ assenso e 1’ investitura imipeoùalli, in una su-biinfeu,dazione al Duca, vita naturai! durante, per miezzo dd una conces-sione non trasmissibile « a figili o alltiri successori », ma coll godimento (1) Ibid. - Lo stesso agilri stessi, Parigi, 28 agosto 1724 » Uto mV "“f ** '■ 11 * “· ^ 210 Onorato Pastine di lutte le rendite annue, giuriisdiziioni e ragioni presenti, e implicante il riconoscimento deilla dipendenza immediata dalla Republblica, a cui il Cil>o dovesse prestare il consueto giuramento di fedeltà, e i sudditi potessero ricorrere come attualmente a S. M. Cesarea. Come condizioni essenziialli per ili « progetto » di vendita, si poneva: 1° che 1' «assenso imperiale intervenisse prima dedil'a sftipulazione dei con traino, eppure dopo, « coerentemente alila supplica che in esso ■si fareibibe » per detto assenso; 2° che la vendita, saia per il feudale come per 1’ allodiale, e qualsiasi altro atto inerente al contratto, dovesse farsi (( con l’intervento o il consenso » del fratello del venditore, Monsignor Camillo; 3° che si dovesse « ii prezzo sì del feudale che degli allodiali depositare » nella Caisa di S. Giorgio « in testa all venditore per averlo ad impiegare in luofgihi fruttiferi ad elezione del medesimo compratore, ohe aihbino obligata la publica ifede à (beneficio, ie cautela di /esso vien-■ditore, e «li tutti gli ulteriori chiamati alla successione in forza 'di «qualunque idisposiziione ò ifra vivi ò id’ Udimma volontà, che potessero essere islfcate fatte. E dhe 'fatto il deposito — continua il progetto — succeda il prezzo depositato, canne gli effetti, ne quali fosse impiegato in luogo dei d.i feudi, e contro esso denaro, et effetti sodamente restino indirizzati, e trasferite tutte le ragioni e/t azioni, che in qualonque modo e tempo potessero competere à chiamati, ò à qualomque altra persona par qualsivoglia titolo in modo da dover restare i Feudi liberi e franchi da qualsivoglia obiiighi vincoli, et alltro, onde non possano mai soggiacere à molestia per regressi, pagamenti ò in altra forma come se i feudi non fossero in reruni natura per i sud.i calsi di disposizioni, chiamiate, carichi, obligHii in tutto come sopra, e die à tal effetto debba ottenersi Γ opportuna derogazione cesarea ailie Investiture, e disposizioni si fra vivi che di ultima volontà de maggiori di esso venditore, e d’ ogni altra cosa che ostasse in contrario »; 4° che i Presidi e soldati tedeschi evacuassero ι castelli e il territorio dei feudi per essere costituiti dalle milizie deilla Repubblica; 5° che ài deposito suddetto si effettuale dai compratore soltanto In seguiito alla stipulazione del con-tralùto, dopo aver ottenuto dall’ Imperatore il consenso, l*a deroga e 1’investitura con i relativi possessi, e poscia dhe fosse avvenuto il « rimpiazzo » deQile soldatesche cesaree. Quanto alla sabinieuda zi one, poi, si richiedeva: 1° che nell’ investitura fosse indicata la f ac olita di sub infeudare; 2e chie i frutti dell’ « impiego », così per il feudale come per l’allodiale, toccassero al compratore, « durante la vita del venditore, dhe goderà tanto quei del Feudo, che dei ciud.i beni allodiali »; 3° che la sub infeudando ne dovesse concedersi dopo che la Repubbfiica fosse entra/ta din completo possesso dei Feudi. Infine tutte le spese relative « aM’ assenso comprovazione cesarea e investiture » sarebbero andane !a carico del compratore. La Repubblica avrebbe desiderato naturalmente 1’ attuazione della prima proposta; ma il Duca Alderano aveva dichiarato di preferire la Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. seconda dolendogli di dover restare escluso dai feudi durante la sua vita· r n t>n lfiVeIa & Gen°Va SUOÌ fldati Per «dazione e la con- clusion definitiva dèi contratto. v _ 0ra’. mentre a questo accudiva con somma premura, i-1 Governo ee-CnriT» aC,eVa indag'are a Vienna sulla eventuale disposizione di quella lÌzfe guarnigioni dal Ducato per poterle sostituire con mi- tedeschi Si ’n H 0 SU1 per CU1 S1 mantenevano cotesti presidi cilità di otte ava pure dl assumere informazioni riguardo alla fa- nure circf 1 T1150 6 1& der0ga ai fìd^cmmissi esistenti, come pure circa la spesa che importerebbero tutti gli atti da compiersi e le concessioni da conseguirsi colà. φ e 16 Alla piudenza, del Dona si faceva infine presente come s’ imponesse « una ben precisa -esigenza dhe il tutto ,, restasse « nel più rigoroso T Γ r! H’’ ,e qU1 la masskna cautela nelr attingere le notizie e nel vaerei di persone icomfidemti. « In quaikmque caso — continua la lettera — non dovrete mai aprirvi della condizione che riguarda Γ impiego da farsi “ *· amS“' Pe“'C“ «■“·» rima- imnortÜ P°ter mantenere Ü «**eto SU di una questione di tale importanza era una ingenua illusione del Governo genovese Mentre s&szr-rv? *· a““°qui -** ££ elle trattatile col duca Alderano già si diffondeva per le Corti europee- «s™"6’ "Γ'ν1 drri0 M ***** ~ a VienL:, Tné sussurrava » specialmente fra i ministri degli Stati italiani e il Doria SS°MiaM?hr‘"to IeSBere’ C°" S°a SOrp'esa· Γ ““uncto sulla gaz-,ΐίLìto™ n“r““· si stipava a Vienna sotto la dato permutare al Duca üVm Sue cosi forma un monte coll’ offerta di due per cento ed i p*hì. i pretendono tre ». P ’ ed 1 Particolari ne L’ Inviato di Firenze poi, incontrandosi col gentiluomo -enovese Do Γ6? initr0d0'tt0 11 dlscorso come di cosa a lui indifferente- al che il Doria, dopo aver negato la sussistenza della novella faceva nnt sovente detto attere, che era ftorenL delTnZt liguai danti la Repubblica, aggiungendo, con un sorriso che non sa peva se a Vienna o in Livorno fosse nata la notizia. Il Ministro del Gran’ duca rispondeva non avervi prestato, per suo conto, ïiessuna fedesa" pere che quei Feudi erano femminini ed esservi dei «chiamati',, ’alla successione; non prendere la sua Corte alcun interesse Sdento cifermazione che non poteva riuscire credibile. 212 Onorato Pastine Anche •con quanti altri gli pariaivano di quel trattato1, il Doria si teneva -sulla negativa; ma in pari temipo raccomandava a Genova di considerare la convenienza che anche dall’ altra, parte si mantenesse « il più esatto segreto », cosa di gran momento per poter, a suo tempo, trattare con quella Corte circa 1’ assenso· cesareo (1). Riguardo alla disposizione in cui potesse venire detita Corte di ritirare le guarnigioni dal Ducato· e ai motivi del mantenimento di tali presidi, riferiva V Inviato· della Repubblica quanto già più sopra si ebbe occasione di accennare. Metteva cioè in rilievo 1’ importanza della foltezza di Avenza anche pei* lavsua contiguità con i confini toscani e in relazione alle pretese della Spagna di farvi passale subito truppe per Γ Infante Don Carlo, {punto essenziale del Congresso di CamJbray. Nè credeva difficile potersi ottenere dall’ Imperatore Γ assenso e la deroga a fìdecommissi, purché la natura dei 'feudi, come quella di molti altri in Italia, fosse tale da consentire a11’ Investito di disporne liberamente; chè altrimenti sarebbe forse prevalsa presso la. Corte cesarea la speranza di pote-r, in miancanza di successione, avocarli al Fisco. Sulla s-pesa relativa all’ assenso stesso, alla deroga e al laodemio da pagarsi al Consiglio Aulico, come sulla facoltà di subinfeudare, occorrevano più particolari riscontri; ma sul primo punto il Doria ricordava che era necessario conoscere prima il prezzo su cui si regolavano le «tasse dei foiochi di quei feudi, ciò che già .iin «una lettera precedente (2). dietro suggerimento del Marchese di Breglio, aveva indicato potersi facilmente ricavare da Milano. E infatti il 13 ottobre il Segretario di Staio della Repubblica scriveva all’ agente Pedemonte di questa città, sollecitandolo a procurarsi, con la massima cautela, una copia della Tassa del Commissariato Cesareo così sui feudi delle Langhe che su quelli della Luinigiana interessan)tìi il Coviamo Ser.mo (3). ‘Grani rumore limitanto si coratiiruiava a fare in Vienna per quell avviso, che anche lettere private da Roma e da Milano confermavano £ di cui non cessava di parlare la « Gazzetta di Livorno »; tanto che molti consideravamo rii contratto come già stalbililto (4). L’amiibajsciajtore 11 In; ghilterra presso 1’ Imperatore, informando la sua Corte delle intenzioni cesaree circa gli affari del Congresso di Cambray, è cioè del suo proposito di voler attenersi strettamente alle disposizioni del trattato di Londra di ÌTonte alle pretese spagnuole, aggiungeva delle .premure di Carlo VI nei rendersi gradito « a tutta Italia »; donde la restituzione di Comacchio al Papa e le « compiacenze » usate ai parenti e al favorito di Innocen (1) A. 8. G. - Lett. Min., Vienna, tota 2571, CI. Doria al Governo. Vienna, 4 ott. 1724. (2) Ibid. - Lo stesso allo stesso. Vienna, 27 gettembre 1724. (3) A. 6. G - Lift. Finium, Eeg. 392. 11 Segr. di 8t all’Agr. Pedemonte di Milano. Genova, 13 ottobre 1724. _ 179, (4) Jbid. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, Cl. Dona al Governo, Vienna, 11 ott. 17Z4. Genova v Massa nella politica mediterranea ecc. 213 zo XIII, Mons. Coscia; come pure la propensione a favorire la Repubblica di Genova nelle sue trattative per la 'compera di Massa. E ciò, non ostante che osservava il ministro inglese — « dovrebbero a Vienna considerare come, avendo Genova « le principali convenienze con li regni di Spagna per il commercio non converrebbe il passaggio et accesso (alile i truppe, che isi volessero introdurre .melila Toscana » i(l). ih di fatto, per quanto il Principe Eugenio, a detto ministro e a quello di Firenze che gliene avevano mosso qualche accenno, avesse r freddamente risposto» che non ve ne era alcuna notizia nella Conferenza Segreta, è certo che la Corte imperiale era. favorevole alla Repubblica, come lo era Mons. Camillo Cibo e lo stesso duca Alderano, che aveva preso 1’ iniziativa della pratica. Ma il Ser.mo Governo, per non svelare anzitempo i suoi maneggi pregiudicandoli, non aveva ancora fatto, al riguardo’, alcun passo presso l Imperatore, come pur sarebbe stato doveroso e necessario. Verso la fine d’ ottobre si lagnava appunto di questo silenzio il Presidente del Consiglio Aulico, Conte di Windisgratz (padre) con 1’ Inviato genovese, il quale, pur tacciando la -diceria di (falsità, come proveniente dalla a Gazzetta di Livorno » e per ciò «nata nella, mente di qualche Fiorentino zelarne fuor di patria »; tuttavia si affrettava ad aggiungere che a Genova ben si conoscevano le leggi feudali dell’ Impero e come non fosse possibile alienare un feudo senza. 1’ assenso di S. M. e « senza pagare li soliti diritti ». Proposizione, quest’ ultima, chie « piacque molto a iSua EccefLlenza », di quale inon « replicò di vantaggio » ! (2). Ma le smentite e i dinieghi ormai erano divenuti vani e quasi puerili, chè crescevano « alla giornata, li discorsi sopra il trattato » e con le più (( minute circostanze ». Lo stesso March, di Rialp, « previe le proteste di tutto il buon genio verso la sodisfazione » delle Loro Signorie Ser.me e «della particolare amicizia» che «protestava» al Doria, dichiarava a questi come non poteva non « parer strano » che si volesse mantenere il segreto su cosa di cui da ogni parte ormai si di-sconrevia, e iche «si aspettasse che le gazzette ne dessero Je prime notizie, « quando la materia di cui si trattava riguardava non un semplice feudo di poca conseguenza ma un picciolo stato posto ne confini della Toscana Provincia destmata ad un Principe della Casa di Bourbon in vigor di un trattato à cui erano intervenute tutte le Principali Potenze di Europa, e che però dovea considerarsi non solo la semplice formalità legale del1’ assenso, ma le altre politiche riflessioni, che interessano la gelosia d’ ogni Principe e particolarmente dell’ Imperatore verso del quale parea che si dovesse usare una particolare attenzione, e confidenza ». (1) Λ. Θ. Q. - Lett, Min., Vienna, (busta 2571, a. Doria al Governo, Vienna 18 ot-Ό 1724. (2) A. S. G. Leti. Min., Vienna, buata 2571, Gl. Doria al GOverno, Vienna, 25 ott. 1724. 214 Onorato Pastine Consigliava, quindi di parlarne al Presidente del Consiglio Aulico in ital senso, e ila 'loro «attività in questo mare (3); (si comprende come fin dal-Γ inizio del secolo, dopo 1* occupazione di Gibilterra e Minorca per parte degli Inglesi, ilo 'Stato genovese dovesse richiamare, in ogni sua. mossa, (1) E. CalleGabi, Preponderanze straniere, Vallardi, Milano, p. 519. <2) A. 8. G. - Lett. Min., Inghilterra, 'busta n. g. 2282, mazzo 10, Ή secretario G. B. Gaetaldi al Governo, Londra, 14-28 giugno 1729. (3) G. Volpe, Europa e Mediterraneo nel XVII e XVIII ecc., cit. •Genova e \Mmsa nella, γ ortica mediterranea ecc. 219 in ogni suo atteggiamento, in ogni isua forma di attività economica e politica, Γ attenzione vigile e pronta dell© grandi Potenze marittime. E tanto più, poi, quando erano in giuoco anche gli interessi di. Livorno, altra, porta notevole di accesso all’ Italia «centrale e alla piamura padana, scalo frequentatissimo da navi1 britanniche, francesi e olandesi. Riguardo al commercio dell’ Inghilterra abbiamo proprio di questi anni una interessante relazione presentata (1725) dai Marchese Rovero di 'Cortanze, di ritorno 'da una missione straordinajri'a a Londra, al re Vi/titoirio Amedeo II (1). Tale commercio mediterraneo isi svolgeva intensamente Con i porti del levante (Istoanderun, Alessandria, Smirne, Aleppo', Costantinopoli) per una importazione ed esportazione rispettivamente di lire sterline 470 mila e 350 mila; nonché con i principali porti italiam1 di Venezia, Livorno, 'Genova, Napoli e Messina. Per le mercanzie importate dalla Gran Brettagna, Genova occupava il terzo posto (lime sterline 22.150) (2), riimia/nendo molto al di sotto di Venezia (Lst. 120.500) e an'cor più di Livorno (Lst. 559.900) (3). Da Genova le mercanzie britanniche si avviavano in Piemonte e Lombardia, mentre Livorno, oltre la, Toscana e lo Stato pontifìcio, riforniva Napoli, Milano, «Genova stessa, gran parte della (Lombardia e persino qualche tratto del Piemonlte. Navi inglesi, poi, imbarcavano a Genova velluti, drappi di seta e carta per lire sterline 8000; quest’ ultimo articolo, però, veniva colpito in Inghilterra da forti dazi d’ entrata, mentre era ormai cessata Γ esportazione thè in altri tempi si faceva dei saponi e dell’ « olio odorifero ». Più attivi erano anche in questo campo i porti di Napoli (Lst. 23.000), Venezia (Lst. 44.300) e sovratutto di Livorno, thè con un’ esportazione di lire st. 126.000 (1) aveva scambi di gran lunga più frequenti e importanti con 1’ isola britannica. Da questi dati si comprende quindi quanto dovesse interessarsi dei vantaggi 'del porto toscano Γ Inghilterra; onde ci si può agevolmente spiegare il suo intervento nella questione ‘della compera di Massa per parte della Repubblica. Già sappiamo come si temesse che Genova, padrona del piccolo Ducato dei Cibo e quindi della strada per la Lombardia, potesse infral- ii) Q. Prato, L’espansione commerciale inglese nel primo settecento ecc., cdt. (2) 3 importavano : « piombo, stagno, stoffe di lana de afltrii panni diversi, aringhe, saraoche e salmoni, pepe, cuoio d’Inghilterra e d’Irlanda, cappelli, calze e piccole manifatture ». Da documenti di questi stessi anni (1721-25) risulta che sete lavorate erano spedite a Torino dagli Inglesi anche per la via di Savona (Prato, op. cit., pag. 57). (3) Alle e tosse meroi importate a Genova vanno aggiunte : « droghe, baccalari, campeggio, brasiletto e tabacco, zuccheri, grani, fave e segale, vetri e mussoline ».. (4) Si esportavano : «sete di Bologna, Lombardia e Torino, drappi di Beta di Firenze, vino, oaffè e tulle di seta di Turchia, olio in «coppi, veld di Bologna, acciughe, solfi di Civitavecchia ». 220 Onorato -Pastine ciare con dazi e gabelle il libero passaggio delle merci avviate da Livorno verso la valle padana. Le gitustifìcazioni e le denegazioni in proposito non manicarono; mia «che tale fosse, come si riteneva, un'a delle principali mire a cui tendeva la Repubblica con quell’ acquisto appare evidente. 2. — L’interesse politico s’intrecciava con quello economico·. Il commercio vive delle coammiicazioni; e quelle 'ai confini orientali premevano di fatto non poco al Governo di Genova. Da due parti, venivano in questi anni le preoccupazioni: dal Granducato e da Modena. Si temieva che la stessa Sarzana potesse esser tagliata fuori dalla principale via di scambio con Γ oltre ajppennino. Da molto tempo 1’ Estense, asseriva il Commissario di Sarzana Gio·. Paolo Giovo il 29 novembre 1719, aveva idea di aprire una strada dalla spiaggia di Massa al suo stato, e già, a questo scopo, inutilmente aveva fatto offerte di grandi somme ai predecessori di Alderano. Ora. era ritornato alla carica con quest’ ultimo ed avea ottenuto in vendita, come si disse, varie terre, che a muli’ altro dovevano servire se non a formare detta via di comunicazione, la quale, si affermava, sarebbe stata « la chiave della Lombardia », restando Sarzana « affatto priva del traffico de’ Colli, et altro, tanto più (continuava il Giovo) che esso Sig. Duca di Modena, ha 1’ idea di fare dentro terra un canale per 1’ ingresso de Bastimenti..... onde se ciò succedesse si vedrebbero gli effetti di pessima conseguenza, per la pubblica utilità ». La notizia era confermata da un fatto accaduto in circostanze alquanto strane il 23 ottobre di quell’ anno. Un certo uomo trovandosi nella campagna di Massa, colto dalla pioggia, si era riparato in una cascina. Mentre stava egli al di sopra come nascosto, ecco entrare due individui in aspetto di mendicanti, i quali, spogliatisi degli abiti perchè bagnati, rimanevano vestiti l’uno da abate e Γ altro in modo assai civile. Dopo che quest’ ultimo ebbe prese alcune misure e varie annotazioni, i due si posero a discorrere intorno all’ acquisto per parte del Duca di Modena del Feudo di Massa « o almeno di vari siti che dal confine idi Modena vengono (fino al luogo del Forno del Territorio di Massa luogo distante quattro miglia da detti confini », come pure di altre località « che dal detto luogo del Forno vengono al Ponte di Massa in distanza d’ altre tre miglia, e similmente d’ altri siti, che dal detto Ponte di Massa vanno al lido del mare col tratto d’ altre due miglia»; e ciò col proposito di aprirvi una strada « capaice per la condotta de’ bestiami da soma che dal mare conduca al Modenese ». In tal maniera nessuno avrebbe più potuto pensare al feudo di Massa, mentre sarebbe rimasto, così, aperto il passo della Lombardia e privata Sarzana « del benefìcio delle mercanzie di essa Lombardia, le quali » sarebbero passate « con più facilità per quella parte ». Però — avevano aggiunto i Genova e ÌMmsa nella (politica mediterranea ecc. 221 ue mis erio-si personaggi- — conveniva tener il tutto sotto sommo se-81 β,0’ ,nchè non si Penetrasse da Genovesi, che soli avrebbero avuto ma ο i impedire tale idea, di che molto temeva detto Sig. Duca di Modena ». Queìlo dei due che aveva preso le misure e le note, si era poi dichia- 1 a o pronto -ad impegnarsi -alla costruzione di detta strada per 20 mila pezzi e anche per 15 mila, ove gli fosse stato concesso di valersi della mano d opera, degli uomini della Garfagnana e del Massose (1). e anche non -si ebbe a verificare per allora un siffatto pericolo (2) in essamente del Governo Ser.mo in proposito mostra quanto gli premesse conservare il controllo di quelle importanti comunicazioni; nè diversamente stavano le cose nei riguardi del Granduca di Toscana. osi nel^ 1720 la Repubblica ordinava al suo Inviato a Vienna di sostenere — s’ intende senza mostrare nessuna pubblica incombenza — le ragioni i Torquato Maria Malaspina, marchese di Sòvero, il cui feudo era stato ripetutamente invaso da sudditi del Granduca, il quale pareva mirasse ad aprirsi il passo «sulla strada regia per farvi transitare i sali, et altre merci anche con notabile detrimento della Rep.ca », che aveva fino allora « procurato giustamente di ripararlo éS, impedirlo » (3). rpni«j^e-se8'u^’ POT’ nU0Ve amarezze e nuovi timori assalivano i Se-se««n ii λ if1101''" t Una Parte le supp0s{e aspirazioni di Firenze al pos-A^S° rÌ mLyunigiana, dall’ altra le mire dello stesso Granduca su stato vend confl9eato f<o™a a un Centurione, era r,nrjrr,’ a?° / P^h® fin dal 1714, per 50 mila fio- cas one dMnt' Alessand™ jVlajlaspina, di Podenzana, già aveva, avuto cc-i r» la RepubbIica· Da PI110 Cant° Con Ja condiscendenza del Conte Mo- im Zi in !■ V COnSÌgh° dÌ Spagna in Vienna; verso la del • , poi m momenti di aspri rapporti con la Corte imperiale per la que- tTJl d n1’ Ge°0Va aV6Va moetrato di Preoccuparsi non poco^r r. notizia di una eventuale cessione della stessa Aulla al Granduca (4) del μΙ^ΓΪαΓ^Γ a P)rraZe dÌ Francesco M· SPinda- figlio ed erede del March. Alessandro, aveva fatto nascere di nuovo id sospetto e la voce che si stosse trattando la compera di quella terra, per parte di Cosimo III La cosa non risultò vera; chè la smentiva 1’ Inviato toscano a Vienna march. Bartolomei, asserendo avere « il suo Padrone altro in mente che 23 MÌn·' bUSte 256M9· 11 «o-rno a, ^ tOt^AÒZ^TcoZe^T ^ 1750 dal ^ Modena. 30 «re mi. LCt>' MÌn- VÌenna' *** 256?-50' H <*"™> * Λ Doria, Genova, mimi''1 ' *** tó61' 2562’ l0ttere TOrie dei C<>1,eei « di D. M„ Scinola 222 Onorato IPXstine pensare ad acquisti »; mentre il Doria, per conto suo, faceva rilevare la massima imperiale di non acconsentire a qualunque atto che po esse <■ importare ingrandimento de stati di Toscana, come quelli che ■venivano già considerati appartenenti ai Figli di Spagna » (1). Ma riguardo ta Massa, quel grosso prestito di sertterml'a sacchi di grano fatto dal Granduca al Cibo, e che ben era cosa notoria, fri riteneva avesse proprio lo scopo di tenere il Duca « ben affetto — come scriveva il Doria — a caosa dell· impegno che hà la Toscana di sostenere ad ogni costo qualche strada che conduca in Lombardia» (2): ed effettivamente noi vedemmo come Cosimo III riaprisse, dopo il trattato di Londra, la strada di cui parla il sopra citato memoriale di Cambray. Ma ora la Repubblica pensava di porsi una. buona volta il cuore in pace su cotesta faccenda con la compera del Ducato di Massa; ed anzi prendeva essa stessa Γ offensiva, meditando di poter ostacolare, con quel possesso, i liberi commerci deigli avversari. Le intenzioni dei Signori Genovesi si palesavano di fatto nelle m formazioni che essi richiedevano a Clemente Doria riguardo i diritti ine renti alla « Media Superiorità ». Con lettera del 6 settembre 1724. i Collegi, mentre stavano esaminando col Minor Consiglio questa pratica e si apprestavano a stringere le trattative con il Duca Alderano, davano ordine all’ Inviato di Vienana di proseguire a coltivare la confidenza col March, di Breglio « sempre però senza impegno »; studiandosi intanto di indagare presso il Marchese stesso o il Consigliere Sicarrli, quali os sero gli effetti di detta superiorità, e particolarmente se sussistesse « quello di poter imporre datij moderati ò avere una sovraintendenza a rendere le strade dei rispettivi feudi soggette o dipendenti dalle convenienze del padrone diretto subalterno » (3)· Che i Collegi, iormulamdo questo « quesito particolare .», sul qi»ale, secondo .il Doria (4), nessun dubbio poteva cadere, essendo tali prerogative innegabilmente connesse con la media giurisdizione, avessero presente la situazione di Massa, è cosa più che probabile, certissima. Non si erano dunque male apposti i Toscani e i Plenipotenziari spagnai oli; e ben convinti ne erano rimasti Francesi ed Inglesi, che unitamente avevano deciso, poiché ebbero sentore che il contratto fra »e· nova e il Cibo stava ormai per stipularsi, di intervenire con un passo collettivo ed energico. 3. — A Londra, dunque, mentre il 22 novembre il Segretario della Repubblica, Domenico Maria Viceti, trovavasi a Palazzo nell’ ora consueta in cui il Re dava udienza ai suoi Ministri, il Segretario di Stato, (1) A. 8. 0. - Lett. Min.. Vienna, bo*t* W68. Il Governo a CI. Dori». ignora < aprile 17Î1. (2) Fbid. - Lo rt**»o allo *to»of 1® febbraio 1724. (i)À. 8. G. - Lett. Min.. Vienna, bosU 2671. (4) fbid. - Cl. Doria al Genreγόο, Vfeona, 27 ■etterobre 1724. Genova e Massa nella politica True diterranea ecc. 223 Milord Jownshend, gli si avvicina,va e, prendendogli sorridente la mano, manifestavajg'li il’ opinione che certo le Loro Signorie Se»r.me non ave-vano intrapreso il negoziato della compera di Massa «con intento di effettuarla », dato che ciò non poteva essere approvato dal suo Re, come cosa contraria alle convenienze del commercio britannico. Alle merar viglie del genovese e per la notizia e per la supposizione dei pretesi danni a scapito dei traffici inglesi che pur godevano tutto il favore nel dominio della Repubblica, replicava Mylord che « passando attualmente questo commercio per li due canali del Porto di Genova e di quello di Livorno, S. M. non trovava conveniente nè prudente esponerlo alla restrizione d’ un solo, come facilmente potrebbe la Ser.ma Repubblica conseguire mediante l'acquisto di sud.o Principato». Avvicinatosi intanto anche il Duca di Newcastle, questi aggiungeva di dover appunto col Segretario della Repubblica tener discorso di tale affare per ordine di S. M., unitamente all’Ambasciatore di Francia (1). Non è improbabile dò che il Viceti sospettava: avesse cioè la Spagna fatte nuove pressioni per impedire il passaggio di Massa nelle mani dei Genovesi; certo è che pochi giorni dopo (30 novembre) il Viceti, debitamente avvertito, si recava in casa di Mylord Jownshenh, dove erano pure convenuti gli Ambasciatori di Francia e di Spagna, nonché il Duca di Nefwcastle, Segretario di Stato della Provincia. Il quaile aprì la conferenza comunicando al Segretario genovese, con incombenza di riferirne alle Signorie Ser.me, i sentimenti dei rispettivi sovrani riguardo a la questione del Ducato di Massa e Carrara, sulla quale poscia tutti . ministri, a più riprese, parlarono. Il tono di tali comunicazioni fu ab-bastanza preciso e forte. Le tre Corone, che travagliavano « di concerto al riposo di Europa», sarebbero state dolenti che l'effettuazione del effoziato intrapreso col Cibo, potesse turbare gli amichevoli rapporti If << perfetta corrispondenza» che avevano con la Repubblica, la quale tuttavia, ..dopo la presente dichiaratione di sod.e Potenze», non avrebbe avuto .. a dolersi che della sua condotta rispetto le future con-tingenze ». L· alienazione di quel Principato non era nè giusta nè equa, trattan-feijdo trasmissibile in linea femminina, come il Consiglio Aulico aveva riconosciuto. -Che se la facilità, con la quale qualche Potentato ria Corte di Vienna] in vista di sua convenienza aderiva a questo negoziato, ne fomentava.» in quel ., Ser.mo Pubblico il desiderio della compra si dovessero prevenire tutte le conseguenze di un tale atto Le tre Potenze, garanti del Trattato della Quadruplice Alleanza, che ΞΓΓ™, llalia 30 *tetu non poteva piacere a S. M. Cesarea. Al che Mylord riconfermava il punto di vista (telle tre Potenze riguardo ai loro interessi commerciali, aggiungendo che in modo alcuno-, non potevano nè dovevano permettere che la Ser.ma Rep.ca entrasse in possesso di quel Principato; vive rappresentazioni -provenire da quelli negozianti ». (toscani*; non « potersi comparare ne sottomettere a trattati di commercio « _ secondo il susae* ranento del ministro imperiale - .. i vantaggi, e sicurezza di traffico eh attualmente godono nella sussistenza.» del Portofranco di Livorno’ bleau,> t, novlbr^ “ 2218’ Q· B· S°rb* Staine- 18 «γ"' 1784*. ^ ^ *** °‘ B' ^ <*"™* W. dicembre ini * ^ In°m'rra' ^ 2281· D' * Governo, Londra, 4 226 Onorato /Pastine ) Infine — aveva concluso il Segretario di Sta.to britannico « S. M. poco si mette in pena di chi goda il possesso del Principato di Massa, purché non sia la Rep.ca di Genova (1). Era questo parlai· forte e chiaro, onde ben poche speranze rimane vano ai Genovesi di riuscire nel loro intento. Evidentemente essi potevano 'tuttavia far conto sull’ appoggio lianperialle; e frattanto, per guadagnar tempo, riguardo alla « insinuazione » del novembre, 1 Collegi ordinavamo ai Segretari di Londra e Parigi di comunicare a quelle Corti che essendo il Ser.mo Governo occupato per il principio dell’ anno nella rinnovazione dei Consigli e Magistrati, non potevasi al momento ren dere alcuna risposta. Cosi infatti riferiva il Viceti a Mylord Jownshend, il qua t, acco gliendo tale giustificazione, insisteva sulla considerazione che dovesse riuscire ormai « assai difficile la stipulazione ài quella compra, e già cadutone il progetto, non potendosi nemeno immaginare che la solita prudenza » delle Loro Signorie Ser.me fosse « per insistere in negoziato capace di attirare alla Ser.ma Rep.ca dissapori con le tre Corone » (2). Anche all’ Ambasciatore cesareo a Londra, che avea chiesto istruzioni a Vienna, nessuna risposta era pervenuta in proposito; egli peio, a richiesta del Viceti, affermava di poterlo assicurale essere » frattorniato il trattato della compra e S. iM. Cesarea sorpresa, e poco sodisfatta delle forme, et unione » dei ministri inglesi con quelli delle altre ue Corone nella « rappresentazione » fattagli. E 1’ Inviato di Savoia più particolarmente dichiarava aver appreso dalla sua Corte che era « ro o il trattato di sod.a compra stante disparità di sentimento fra il S.r t rin-cipe di Massa, e suoi eredi in convenire dell’ equivalente d’ altri feui i, 0 Terre, promesse da altro Pottentato, per il quale era destinata somma del deposito da farsi dalia Ser.ma Rp.ca mella Banca di S. Giorgio » ( )· 11 Viceti confermava, il 29 gennaio 1725, che correva « opinione generale » alla Corte essere quella « negoziazione..... interrotta € sopita ». aia lo stesso giorno il iSoiba scriveva da Parigi informando che .ni signor di Morville gli aveva richiesto se dal suo Governo gli fosse stata trasmessa qualche risposta circa il passo fatto per Massa, « poic ie si haveva indizio che da qualche tempo in qua'., i Signori Ser.mi « ne havessero ripigliata la negoziazione con più calore che mai ». E anche 1 ambasciatore d’ Inghilterra gli aveva rivolta la stessa domanda, alla quale il Segretario si era limitato a rispondere evasivamente, m con-formità delle istruzioni ricevute. ,1) A. 8. O. - Lett. Min., l^hilterra, busta 2281, D. M. Viceti al Governo, Londra. 7 dicembre 1724. . (2) A. B. G. - butfta 2282, Viceti al Ooverno, Londra. 11 gennaio 1725. <î> A. B. G. - Leu. Min., Inghilterra, busta. 2282, D. M. Viceti al Governo, Londra. 15 gennaio 1725. 'Genova e iMassa nella politica Vnediterramea ecc. 227 Gì a il ministro francese invitava il Sorba a rinnovare ai suoi Paloni ìt istanze già fatte riguardo alla «supposta compra», poiché non sai ebbe potuto riuscire « con sicurezza e senz’ azardo d’irritare e tie Potenze di Francia di Spagna e d’ Inghilterra». La nuova insinuazione si spiegava con la notizia pervenuta che il March, di S. Fi-lippp avesse scritto da Genova, avvisando di aver scoperto che le Loro Signorie erano « rientrate nel disegno di detta compra con grande apparenza di volerla effettuare» (1). Certo è che la Repubblica., di fronte alle intimazioni delle tre Potenze, non aveva 'Sùbito desistito dal proposito di raggiungere il suo scopo, iorse, come si disse, sperando .nell’ appoggio cesareo. Si era procrastinata una risposta esplicita per guadagnar tempo; all’ esame del r Consiglio era stata sottoposta -1’ « insinuazione » delle Potenze; e intanto si continuava a lavorare presso il Duca Alderano. 4‘ ~ Ma nel S€nnaio k speranze di approdare a qualche risultato concreto dovevano essere orma* cadute, almeno per il momento; chè al-avvenire certo non si rinunciava.. Appunto il 30 di questo mese i Collegi scrivevano al Sorba, al Viceti e al Doria, informandoli di quanto era stato deliberalo sulla pratica, in seguito alle proposizioni presentate dal Minor Consiglio. I Segretari di Parigi e di Londra dovevano rispondere ai ministri di quelle Corti come il loro Governo non avrebbe in nessun modo potuto mynaginare che, aderendo alle offerte del Duca di Massa circa la vendita dei suoi feudi, dovesse mai recare « il minimo dispiacere » a quei bovram, sia per la costante premura della Repubblica di mantenersi nella loro benevolenza, sia perchè non si vedeva coirne potrebbero nascere i pretesi disturbi al commercio accampati. Comunque, tali difficolta si erano incontrate (fin .(«lai principio del maneggio di detto affare» che poteva dirsi (( discorso, più che serio trattato quello occorso in detta materia ». Inutile era quindi dimostrare — come sarebbe stato facile — che queir alienazione avrebbe portato piuttosto utile che danno ai trafila di quelle nazioni. Se poi si fosse ancora accennato al dubbio che Genova, padrona di Massa avrebbe potuto costringere quelle Potenze al commercio col solo suo porto, S1 cercasse di « disimprimere concetti così insussistenti » in quanto osservasi avere il porto di Livorno, « indipendentemente dà essi [feudi di Massa e (Carrara] tutto di comodo del suo Commercio massime con quella parte di iLamibaixiia ohe gli è più à quel traffico im-mediaita, e conferente, inè essere in alcuna esigenza tal .detto effetto il passaggio per lo .StaJto di Massa »; mentre al contrario 1’ uso dei due (1> A't 8'179°«,' ‘ LetU MÌn" Francia· bueU 2218· «· B· al Governo, Parigi, 228 Onorato /Pastine Porti sarebbe stato ad ogni modo ancor più sicuramente garantito dalla Repubblica Che tuttavia le mire di Genova su Massa non venissero con ciò abbandonate, si vede >chiiiaramente dalla lettera a. Clemente Doria. Premeva al Governo della Repubblica di non eccitare suscettibilità accrescendo le opposizioni, nè dii assumere impegni formali. Esporrete, si diceva al V Inviato, le ragioni della Ser.ma ai ministri imperiali, però « rite-ijuto sempre il riguardo di non dare alcun passo, che potesse eissiere mal appreso dalle dette due Corti di Francia, e di Londra, e massime se avesse à cagionar loro il minimo dubbio, che per nostra parte si dasse un quaiMiè moto -a iar .formare costì impresisioinie sopra .le de!tte insinuazioni. La massima con cui presentemente si regolano le nostre misure nell’ affare del detto acquisto, che nelle circostanze presenti è assai allontanato, riguarda d>i noin pregiudicarci per he buone opportunità avvenire, ò con avviamzare espressomi nelle risposte, cihe portassero impegno successivo ò con lasciar prender piede à quelle sinistre impressioni col rischio che avessero ad essere poste in campo, e far nuovi intoppi alli casi, e disposizioni avvenire » (1). Ma ben manifeste riuscirono le intenzioni di Genova ai Ministri delle tre Corone. Così apertamente si esprimeva il Duca di Newcastle nell’abboccamento avuto col Viceti, che si era recato da lui per rifeiiigli quanto i' suoi Padroni gli avevano ordinato: « non essere questa la. risposta che S. M. si attendeva dalla Ser.ma Rep.ca »,; aver bensì appreso che il trattato era ormai « frastornato e sospeso », ma. non ricavarne « la po sitiva determinazione della Rep.ca Ser.ma di non più pensare a quel l’acquisto, notizia che sarebbe stata molto più grata, alla M. S. ». Invi tava quindi il Segretario a scriverne ancora al suo Governo·, che si voleva ritenere non avrebbe mai più pensato·, « ne adesso ne per 1 av ve nire », ad un acquisto, ai quale S. M. non poteva nè avrebbe potuto « in alcun tempo acconsentirvi ». Inutili le giustificazioni: « restare S. M. e le due Corone benissimo informate della situazione di Massa, comc del corso del Comamercio di Ligorno in Lombardia, esserne inoltre aosai •evidente la situazione nella Carta geografica stata per acerto ancihe ben eissaminata » (2). Le stesse considerazioni venivano in seguito ancora r.ibiaidite (3) a ministro britannico; nè mieno chiaro· e risoluto era stato a Parigi il Signor di Morville con G. B. Sorba. Della risposta non era egli parso troppo contento, asserendo che le tre Potenze sarebbero state « più facili a credere che non se ne fosse fatto sin’ ora un serio negoziato, che (1) A. S. G. - Litter. Finium, Reg. n. £. 392, Il Governo al Doria, Genova, 30 genm. 1725. (2) A. S. G. - Lett. Min., Inghiltelrra, «busta 2282, I>. M. Vâceta al Governo, Londra, 22 febbraio 1725. .(3) Ilici. - Lo stesso allo stesso, Londra, 1° marzo 1725. Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 229 a persuadersi che la Rep.ca, potesse mai allegar buone ragioni contro i temuti disturbi e pregiudizi], che ne riceverebbe il commercio ». E poiché il Sorba definiva quella una « prevenzione mal fondata »: « Sì, voglio — esclamava il ministro — .che questa sia una prevenzione; sappiate però che essendo fìssa nella, mente di tre Potenze, come la Francia, la Spagna e 1’ Inghilterra, la vostra Repubblica correrebbe risico di non riuscire a distruggerla; nei qual caso esse non mancherebbero di valersene aimen sotto pretesto di rivendicar i Stati di Massa a beneficio di qual'ch’ uno de molti che pretendono havervi diritto ». E concludeva osservando' come veramente quell’ acquisto non era « necessario » alla Repubblica, mentre avrebbe potuto cagionarle « imbarazzi e disturbi estremi ». L’ opposizione era recisa e tutti i mezzi erano stati posti in moto per impedire quel negozio1. Anche 1’ Inviato britannico! a Vienna, Sanseforin, aveva avuto incarico di (( poisitivamente agire per divertire quella Corte dal concorrere all’ 'alienazione di detto Feudo nella Rep.ca Ser.ma. 'Si temeva iquélllia benevolenza dell’ Imperatore verso Genova, che il Conte di Windisgratz, Presidente del Consiglio Aulico, confermava, proprio in quella circostanza, all’ Inviato genovese, pur facendogli presente le difficoltà a cui andavano incontro le aspirazioni della Repubblica circa. Γ acquisto di Massa. Una tale questione aveva assunto· di fatto importanza politica non lieve; e il ministro cesareo notava « doversi considerare 1’ agitazione in cui pareano poste tutte le Corti interessate in Cambray nella presente congiontura che restano· destinati all Infante Don Carlo li stati di Toscana, e quantùnque à lui mai si conceder ebbero detti Feudi » di Massa e Carrara. Restavano poi ancora i diritti dei discendenti dalle sorelle del Card. Cibo e per primo del Duca della Mirandola, le cui ragioni era credibile « sarebbero prodotte nel Congresso perchè non le poteva portare » al Consiglio Aulico (1). Ugualmente il Conte di Sinzendorf, Cancelliere di Corte, rilevava pure al Doria io « strepito » che avevano (fatto le trattative di Genova col Cibo, (( in tutte le Corti », essendo apparso un tal fatto come « un nuovo ostacolo alla pace ». Vienna non poteva quindi andare incontro ai desideri della Repubblica, 'come avrebbe voluto. Al qual proposito, il Sanseforin aveva anzi insinuato — Iciò che 'alla Corte imperiale « era riuscito più sensibile » •— non potersi presumere >che i Genovesi avessero pensato a quel nego^ ziato « senza una 'previa intelligenza con S. M. Cesarea », affermandosi inoltre « che già fossero convenuti li diritti di iLaodeanio » (2). ùVIa il (1) A. S. G. - Lett. Min., Vienna, busta 2571, 01. Doria al Governo, Vienna, 13 e 20 dicembre 1724. (2) A. S. G. - Lett. Min., Viwna, tota 2572, Gl. Doma· al Governo, Vienna, 10 gennaio 1725. 230 Onorato /Pastine Conte 'di Windisgratz, pachi giorni dopo, aggiungeva al Doria stesso che era lieto avesse la « Gazzetta di Livorno' » ine orni noia to finalmente· a tacere isul capitolo 'di Massa; e -ciò « non già perchè egli credesse che in \S. M. vi fasse avversione alcuna all’ acquisto1 in favore della Rep.ca ma perchè nel Congresso di Camibray non lasciava luogo a sperare la felice riuscita di un tal negozio che troppo stava in vista di tutti, vagendosi che ogni piccolo incontro e pretesto 'bastava ad allontanare la pace e tanto più patena supporsi di questo iin cui s’ interessavano non meno gli spagnuoli, Che i mediatori » (1). Frattanto, mentre per il fallito fidanzamento dell’ Infanta di Spagna col Re di Firancia Luigi XV, si guastava 1’ amicizia, fra quelle due Potenze, la Corte idi Madrid allacciava ,con Γ Imperatore ir appo riti diretta o segreti, che portavano al primo Trattato di Vienna, (1° maggio 172o). fatto che evidentemetine non poteva giovare alle mire della Repubblica su Massa. D’altra parte le pressioni 'delle tre 'Corone dovettero' esercitarsi an-chii. direttamente sullo stesso Duca. Alderano, delle relazioni del quale con gli agenti 'spagnuoli già parlamlmo, ricordando le due mii'la doppie che gli erano state fornite, certo' per soddisfare il suo isemipre urgente ed inestinguibile bisogno di denaro. « Serviranno per un carnovale a Veneziiia ! », iavev-ano ideato a Vienna udendo quella nuova (2), e veramente gld 'spassi e.... i creditori erano· i pungoli assillanti della sua vita sregolata ! 5. — Si comprende quindi come il Cibo, già postulante a Genova per ia conclusione delle trattative intraprese, mutasse poi atteggiamento. Ma, dal canto suo, altra ragione si aggiunse, onde verso il principio del 1725 cadeva per Genova ogni possibilità di imminente accordo: la gravidanza della Duchessa Ricciarda, che annunciava 1’ erede atteso da dieci anni. Il 29 giugno di quell’ anno, veniva infatti alla luce in Novel-lara Maria Teresa, destinata appunto a portare, più tardi, la corona ducale dei Cibo alla Casa estense mediante il suo matrimonio con Ercole Rinaldo, risolvendo in tal modo quella questione della, successione di Massa, che in questi anni travagliava — come se già altre cure non vi fossero ad inasprirla — la scontrosa politica europea. In Massa, per tale occasione, come attesta il Rocca, « si fecero illuminazioni universali per tre sere, con suono di tutte le campane sparo d' artiglieria del castello, diverse gazzarre ed altri segni di giubilo. In (S. Pietro si .cantò messa pontificale, con solenne Te Deum pro gratiarum actione d’aver Sua, Divina Maestà conceduto successione allo stato ». (1) A. 8. O. - Let. Min., Vienna, (busta 2572, -Gl. Doria al Governo. Vdenna 22 gennaio 1725. (2) A. 8. G. - Lett. Min., Vienna, boeto, 2571, 01. Doria al Governo, Vaentna, 6 da-cembre 1724. 'Genova e Massa nella politica mìe di terranea ecc. 231 Del fausto evento ise ne rallegrava — almeno ufficialmente — anche la (Repubblica 'Ser. mia, che coisì rispondeva ialT ìanaiuneio ri cedutone : « All’ Ill.imo et Ecc.mo Sig.re Il Sig.r Duca di Massa » (( Ill.mo et Ecc.mo Sig.re » « L ammanissimo foglio di V. E. de’ 2 istante ci porta Jia consolazione di 'veder prorogata la di lei Casa -col nascimento di una figlila; e siccome riguardiamo la. medema con la più distinta parzialità per le pruove, che ci ’hà 'sempre date d’ una figliale amorevolezza, così non abbiamo che ad augurare à V. E. quei maggiori avvenimenti, iene può promettere un così fortunato principio, pregando S. D. M. a concederle e questa, e ogni altra più completa, prosperità. Di V. E. etc., Genova, li 21 luglio 1725» (1). Se 'fosse riuscito alla Repubblica di stringere prontamente il contratto elaborato nell’ estate del 1724, chissà che le difficoltà non sarebbero· state superate. Ma un gran male era forse, agli occhi dei ‘Ser.mi Signori, la mancanza, del segreto· in siffatte faccende, e le lungaggini delle procedure c deliberazioni in via ordinaria. Il caso di Massa era certo presente· ai Ser.mi Collegi, quando, il 5 giugno di quell’ anno 1725, presentavano ai Consigli ìe seguenti proposte in materia, concretate poi nel 1728 in deliberazioni di massima, che venivano rinnovate, (come di (consueto, per un decennio nel 1737 e nel 1747 : a Circa la facoltà dei Colleggj per comprar Feudi, Signorie ecc. _ 1725, 5 giugno, e 1726 5 gennaro in Segretario Tassorello. La più sicura, e meno dispendiosa forma di aumentare ίο stato che ad ogni Principe è (così a (cuore è quella di farlo col mezzo di compre, avendone la Repubblica perdute imollte opportunità in altri tempi non senza un giuisto rammarico1. L’ effetto di questo pregiudizio si è anco conosciuto procedere dalla mancanza di quel segreto che è Γ anima di simili affari e dalla longhezza 'de trattati imidi'spensiafc.ile 'alia via ordinaria, idi regolarli. Presentatosi ora a Collegij un trattato dell’ acquisto di un feudo che puoi essere di molta convenienza alla Repubblica richiedendo però le circostanze dell affare prontezza, e rigoroso segreto hanno stimato i Gol-legij di tfare à iConsegli la seguente proposizione indirizzata al desiderabile riuisldmento delia detta compra ciò che 'vien .approvato, cioè : Di dar (facoltà ai CotLleggìi di venirle alia compra del .feudo di cui hanno prevenite il trattato con passare à tale effetto quelle (scritture, e fare le spese tutte che (1) A. S. G. - Litter. FiniumReg. n. g. 392. 232 Onorato Pastine stimeranno necessarie 'col prender à cambio la somma corrispondente alle mederne, ed obbligare li beni 'della Repubblica in torma solita, o valersi In S. Giorgio d’ una consimile partita di Luoghi di quelli che sono destinati à benefìcio, o uso publico in qualunque modo· purché non siano espressamente già obbligati, con condizione -però espressa che la conclu-sione del trattato abbia ad esser approvata dal Minor Consiglio anche prima di causare alcun debito, o disporre de Luoghi sudetti, ed il tutto con quelle scise, e condizioni che (paresse al detto minor «Consiglio di prescrivere. Derrogando à tale effetto à qualunque legge che ostasse-, o rispetto ai Luoghi anche à qualonque disposizione d’ ultima volontà, e senza pregiudizio di quella facoltà che competesse tanto al Senato' quanto a Colaggi] » (1). 6. — Non credo però che i Ser.mi (Signori; i quali, più tardi, ebbero almeno la magra, consolazione di veder svanire il matrimonio progettato fra la piccola Maria Teresa col Principe Eugenio Francesco di Savoia Conte di iSoiisson, morto a vent’ anni .nel 1734 (2); non credo, dico, che si .vjaiiessero .di siffatte disposizioni per ulteriori trattative ri volte all 'acquisto di Massa e Carrara; ma inon per iciiò cessarono i rapporti col Duca Alderano. Questi, cui nacquero in -seguito altre due figlie: Marianna, il 18 agosto 1726, e Maria Camilla, il 22 aprile 1728, sopravvisse non molto agli avvenimenti qui esposti. Negli ultimi anni della poco dignitosa sua. vita, egli non riuscì per nulla a sollevare moralmente e materialmente le sue misere Oondizioni. Attorniato da uomini tristi, che gli dilapidarono, come scrive il Rocca, « le sostanze e la riputazione », continuò ad essere angustiato da penuria di denaro. E questa indigenza lo spingeva, al termine ormai della sua non lunga esistenza, a rivolgersi ancora alla Repubblica di Genova, umile ed implorante. Una, sua supplica al Governo genovese è appunto· del luglio 1730. Eccola. : « Ser.mi Sig.ri » (( Nel Cartulario B dell’ Ill.ma Casa di S. Giorgio vi sono luoghi cento sedeci, e L. 32, il provento· di diecianove dei quali restano destinati pei’ usi pij, e li rimanenti luoghi novantasette e L. 32 eono destinati per dispensarsi iai (poveri d'eli’Albergo Cylbo, alla percezione de quali dà duecento, e più anni à questa parte, sono stati sempre ammessi gli ascendenti del presente Sig. Duca di Massa, come quelli, che hanno nella loro (1) Proposizioni pubbliche del Minor e Maggior Consiglio dal 1717 al 1756, me. presso la Bibliot. della R. Università di Genova, ai segni G, VI, 29. (2) Giovanni Sforza, Il Principe Eugenio ecc., cit. Genova c !Massa nella politica mediterranea ecc. 233 sola casa 'conservato* tutto il detto Albergo. Or à caosa de contingenze de’ 'tempi (ritrovasi in istato detlto iSig. Duca di Massa di xaccorrere a VV. SS. Ser.me riverèntemente supplicando degnarsi di guardare con qualche parzialità il presentando suo· stato, che senza dubbio rinosce-ranno meritar egli d’esser suffragato colla deroga di detti 11. 97.32 alla disposizione delli Colonanti suoi ascendenti, li quali per certo sè an-ch’ essi potessero darvi uno sguardo, non lascerebbero di sollevare Γ u-nico loro rampollo col destinare à sua libera disposizione tutto il detto capitale, riconoscendo massime restare estinto il detto Albergo nella, persona di detto* Sig. Duca Oratore. Succedendo· donque W. SIS. Ser.me in questa parte alle veci di detti suoi Antenati, spera che vestendosi anch1 elleno della loro compassione 'Si degneranno di praticar à favore di esso Oratore quella stessa liberalità col derogare alle loro disposizioni, che essi pratticherebbero à favore dell’ unico· loro· Nipote se fossero vivi; e sperando dalla loro suprema munificenza ottenere tal grazia le fà prof.ma riverenza » (1). « Di W. SS. e Ser.me » « D.o Oratore » Non so quale fosse 1’ esito- di tale istanza, che il Ser.mo Senato, in data 24 luglio 1730, rifletteva agli Ill.mi ed Ecc.mi Governatori Residenti in Palazzo, perchè la esaminassero e riferissero’ in merito. Il Duca Alderano evidentemente non sapeva più dove cavar denaro; ed egli era pronto, per questo, a quaLsiasi atto, anche il più degradante: 10 stringeva inesorabile quello 'stesso bisogno che già lo avea spinto più volte a mercanteggiare la corona dei suoi avi. E cotesta supplica raipipresenta forse Γ ultimo raipporto dell’ ultimo Duca dei Cibo con la Ser.ma Repubblica, cessando egli di vivere in Massa 11 18 agosto 1731, non cerio rimpianto dai suoi sudditi1. Onorato Pastine (1) A. S. G. - Atti del Sellato, Alta n. 1795 (a. 1730-1733). DOCUMENTI i. Lettera del Segretario di Parigi Giovan Battista Sorba al Govei'no della Repubblica. (Archivio di Stato di Genova. Lettere Ministri, Francia, busta 2218, mazzo 42). / Ser.mi Sig.ri — Essendomi riuscito discoprire che i Plenipotenziari spagnuoli eccitati per Quanto hò luogo di congetturare dal Ministro di Toscana e molto più da quello di Parma hanno ultimamente presentata una memoria alli mediatori, per impegnarli a frastornare la compra di Massa, che suppongono si volglia far da VV. SS. Ser.me, hò pratticati tutti i mezzi possibili per haverne una copia, e finalmente questa mattina con molta precaozione e sotto rigoroso segreto mi è stata permessa. VV. SS. Ser.me la troveranno qui acchiusa, e senza dubbio conosceranno che lo stile è di un Italiano, il quale sà così poco ragionare come scrivere in francese. « Les Plénipotentiaires d’Espagne remontrent a Messieurs les Plenip.res Mediateure que sur le danger d’une résolution précipitée, ce seroit une resource très conforme aux présentes conjonctures de (procurer par toute sorte de moyens d'embarrasser la vente du Duché de Massa, que le Duc de ce nom veut faire aux Génois; ce qui est sollecite par eux avec une grande vivacité, y étant des rencontres scures, que la République de Genes se donne tous les mouvements possilblefe à fin d’en obtenir les consentement Impérial. Les prejud::ces, que pur cette vente en resentiroit la Toscane seroient très grands, pareeque si les Génois font l’achat du dit état de Massa, il est à presumer que d’abord ils troubleront le commerce par terre des Marchandises les quelles par la Toscane passent a Venise, et par des autres endroits de la Lombardie en Allemagne. C'est à ces fins que le Gran Duc défunt fit ouvrir un chemin, qui existe présentement et se pratique, et que les dites Marchandises sans toucher l’etat de Genes traversent seulement le Territoire et la ville de Massa, et passent librement en Lombardie. Nous devons en suitte de cette importante affaire donner à connoitre à Mess.rs les Plenip.res des Roys médiateurs que non seulement ,1a raison de la politique, de la justice, et de l’equité mais la raison d'etat et l’interest des Commerces doivent etre bien ponderées et que pour celà il est juste, et indispensable d’accourrir au remede. Quoique le chemin nommé Granagnacci, qui depuis les états de Toscane touche une petite portion du Duché de Massa, n’ait été ouverte sous la domination du Gran Duc défunt qu’après le Traité de Londres, néanmoins les Grands Ducs ses prédécesseurs 1θ3 firent ouvrir, et pratiquer, s’etant accomodés avec les Possesseurs de Massa moye-nant une certaine modique pomme d'argent: C3 qu’on ne pourroit pas obtenir des Génois, pareeque leur commerce est opposé à celuy de Ligourne, et c’est justement la raison precise qui determine la Repubbliche de Genes a achepter Massa. Cependant ei le chemin Granagnacci à été descontinué pour quelque tems, celà ne leve pas ny la ra’son de l’avoir possédé, et pratiqué, ny le droit de pouvoir le rouvrir nouvellement. Outre que sans qu’il soit necessaire d’alleguer ces preuves et reflexions, il est toujours constant, que nous esperons que les Puissances mediatrice», et Garantes tiendront bon et nous soutiendront sur ce point. II est constant, que la succession de Toscane doit passer à l’infant Don Carlos sans la moindre diminution, et pour toute sorte de cas elle y doit passer aveo 1 intégrité de ce qu’a possédé le Grand Duc deiunt, et possédé le Grand Duc vivant, suivant l’article V du Traité de Londres, et suivant le sens des Investitures. Pour l'intelligence du fait et pour ne s’éloigner de la justice il est à avertir, laissant à part l’affaire du chemin Granagnacci, que jamais ]es Ducs de Massa ont chargé d’impots graves et considérables les Marchandises, les quelles de Toscane pas par la petite portion du chemin situé sur leur Territoire, ny que de leur coté le Genova e Massa nella politica mediterranea ecc. 235 present sistema du Port Frano de Ligourne à souffert la moindre altération ; ce qne la France et l'Angleterre doivent bien scavoir par avance, parceque toute n ou vau té de cette nature seroit tomlbée sur leurs sujets; et si le Duc de Massa se fût comporté 'autrement, il auroit Obligé le Grand Duc à son tour a d’autres nouvautés. Nous Pleniip.res d’Espagne demandons a Messieurs les Plenip.res Médiateurs arrivero1^ »as> et qu'est ce qu’ on ne doit gnacci et charme acquisition de Massa, embarrassant le chemin Grana- •~s « *—* —» aohepteLWpoÎeralw’eS,\rMar<1"OT *** ** *“ QUÌ q,le 56 wit autre ximes de la (to 2 Yi^L ^aS9a ""2 *°u;|0urB dependant de la volonté et mâles expressions a„ c °Y eSt U° artwile qui' importe au delà de toutes presïïT~dite οΖΖΓνίΙΖΤ t Ntdella Beì,UÌ6Uca M’Inviato straordinario a Clemente Doria - (A. S. G. - Litterarum Finium, Res. n. g. 392). ir. ■n,DU<>e' e Procuratori della Rep.ca di Genova iinsitruire i«l vostro Segrio Boio<«n» di i ,. , prima di partire .·, Êtfâ:· “ Τ· · ? essere munito di quelle notizie delle quali vi λ'ττλ i-n · + quà potete 6 deLnon altrÌgrUart0 dòl.laKmed'Ìa «Wità ^ u di remo dolent ieri ΐΓrappwto^à^oce1 Giià con altre nostre vi abbiamo informato di un qualche tritiate di , ! Feudi che hà nella Lunigiana il Duca di Ma,,a à i rispettM t i? nostre del 26 Genaro, e 31 Marzo del corr te anno- R-ZÌ r^rdi, de quali nelle Duca all alienazione dei d.i Feudi e cim · ■»· · Posizione del mederai la nostra Rep.ca s’intraprese da Noi a dar man^a^tratt atT ^à^lTff etto t™tte°rcf ΓΤ ,COrrirndtnZa' Che St™“ fortuna fù invitate ü Ducf à trasmetterci il suo progetto, che trovammo pieno di difficoltà λ «at, ·ν.·τ l'incompatibilità pMtiw.lajm.te delle oon-iiiioni de quali in esso con . * J;‘;r ΓΤ */»“*"* investiture, .limammo „ <*Λ.^LTiÌ ìK\ ar altro pr°^tk) Plù informe, e più capace del necessario maneggio per le 238 Onorato Pastine communi convenienze, e fù da noi concepito nella sostanza che dovesse>ò fare mia vendita libera per oui passasse à noi immediatamente il Feudo, e po vinvp previj gli assensi, e le investiture cesaree ò farla in termini, che ottenuta danoal investitura di essi Feudi, dovessimo poi subinfeudiaiilo al med.mo Duca, sua con Investitura personale non transitoria à figli ò altri successori con tutte le annue rendite, prerogative, Giurisdizioni, ragiona, diritti, e giurì ldi iquaüsiasi sor e, co► qua (presentemente possiede, e riconosce dji Feudi dall’Imiperatore di m o c e dipendenza mediata di S. M.tà Cesarea dovesse immediatamente ncenoscere li med^u Feudi dal Compratore nella maniera, che li riconosce ora da S. M. · , alcuna mutazione ò inai ovazione con anche prestare à noi il so ito grur fedeltà con quegli altri atti soliti, e consueti à praticarsi, e con rimaner p à sudditi di avere al Padrone Subinfeudante quei ricorsi, che sono permessi sono ora praticati à S. M. Cesarea. _iox λ Le condizioni più essenziali, e comuni all'urna e l’altra parte del p g dire alla vendita libera, et alla subinfeudazione sono : 1.0 di dovere intervenirvi l’opportuno assenso cesareo ò prima della^ del contratto di vendita con le capitol aziona, patti e condizioni di essa, _ d.a stipolazione coerentemente alla supplica che in esso si farebbe per - · 2.0 di dovere la vendita tanto rispetto al Feudale, ohe à igli allo ia ì, e altro atto che dovesse susseguire, ò precedere alla medjma farsi con m rven consenso di monsig.re Fratello deil venditore. « 3.0 di dovere il prezzo si M feudale ohe de^i allodiali deportarsi m ad Magare le d.e notizie zzi:he la perregm<‘ d.i Stati che la Ser.ma Rep.ca entri in possesso di quel Princfpatojie intende soffrire novità cosi pericolosa al Commercio di Livorno et alla Commuirfcaziomo di quel Ch» la Corte di Toscana, dopo molto tempo in non poca aprensione di ne rapresenta con evidensa il proprio pretriudicio. e quella ne deveranno le tre Corone. quaW come buon'alleate di quel Principe, et guar o e motivÌ Htà che U Commercio de loro sudditi gode nel Porto di Livorno hanno novi motivi di non potere a provare sod.a compra. ohe A tutto questo sogirionsero il Sr. Ambasciatore di anc a n p _ Seg.rio simili rap resenta rioni per parte del suo Sovrano saranno già s a e _ sicuro di TT. PS. Ser.me radente in Paridi, et 11 B.r Ambagi a toro Cattolico ^ che codeeto H.r Marche d; 8. Filippo (ria ne bà e-poste a . . ^ nienae. e non dnbbitare porto debba d’ordine del W TOOS,^re replicarle pr-wn£ Conclndendo d.i Ministri tntti assieme, non essere hi "«<*"“ d ^ de loro Sovrani l'ali ien azione di quel Principato, che per oro o n tririoni e mio mezzo qnerf'nmcio a VA'. SS. Ser.me. accampanato dalle d, penmarf che la «ritta prudenza di TV. M. Ser.me te ^dera«or« M dell tre Corone, come del proprio interesse declineranno dall n ra.pre«o jnenf- A1 che replicai, come proenrerft con la I-ta d'ort et ame*.odell:a fi ci en za teSere W. SS. Ser.me distintamente ariate dell esposi rione fattamP£ parte de loro Sovrani, e che ricevendone riporta ne farft ron^-evoie 11 H.r T>nca di Newcartle. per comunicarla nella forma ti compiacerà di notarmi Nell'ultima Garrita di Hollanda de 24 del corrente Tiene ·"■· ^ in aprewo in qua·te Certe stampate sud Λ compra p^'*’arte . „ h lB termini seguenti, do è per il pre**> di nn mi bone 2500 senti, o .la r>e*^che 1» Ser.ma Rep.ca pacherà presentemente in contante pene 2500. e che per JT il Prencipe di Ma~a riceverà l'annuo intere-e di 2> p. 100. oon^depo.ito del ^pitale nella Banca di 8. O Sorcio. riserbandoei d.o Prencipe la covranitA. con Τ^_>τ(ι sopra la giudicatura civile e criminale, ma ohe dopo sua mo riti vesti tur* alla Ser.me Rep.ca. qnale deve pattare a 8. M. Cesarea doppie 2500 per 1 come obe W. Sfi. Ser.me trattano per la compra del Marchesato dI Eaptoo. R*»e-gnandomi per fine con la più divota veneratione sommessamente mi preggio Di VT. ΒΘ. Ser.me ecc. Londra li SO/19 Novembre 1724. CONSIDERAZIONI SUGLI ANNALI DI BARTOLOMEO SENAREGA .Ludovico Antonio Muratori scrive nella 'prefazione ai Commentaci di Bartolomeo Senarega che diffìcilmente si -può trovare in Italia una oufctu che al pari di Genova fpossa vantare una serie di starici sincroni iuccedentisi l’un dopo l’altro nel narrare le vicende della Patria, ed in una lettera privata afferma esplicitamente : « Niuna [città] la pareggia nella gloria del Caffaro e dei suoi continuatori ». In verità la gloriosa (tradizione di affidare ad un proprio cittadino la narrazione delle vicende del Comune cointinuò dal famoso primo cronista Caffaro {inizi del secolo XII) sino alla metà del secolo XVI, ma se le Cronache più antiche ci furono felicemente conservate alcune del secolo XV’ e del sec. XVI paiono irrimediabilmente perdute. -Mancano del secolo XV, le cronache di Battista Stella e di Gotiiredo H' Alibaro; del sec. XVI quelle idi .Benedetto Tagliacarne. Possono in minima parte supplirle due commentari xiferentesi ad una spedizione genovese contro Barcellona nel 1466 ed lai (fatiti .politici degli anni 1476, 1477, 1478, scritti dal contemporaneo Antonio Gallo , notaio e cancelliere di S. Giorgio, ma evidentemente la lacuna lasciata dalla mancanza degli Annali, dirò così, ufficiali non è colmata. I. cerio che essi furono smarriti in epoca assai prossima alla loro composizione perchè Agostino GiusTCmiani, vescovo di Nebbio, nel proemio ai suoi .. Castigatissimi Annali della Repubblica di Genova .. (a. 1537) lamenta già la loro scomparsa e nascerebbe persino il dubbio della loro esistenza se non avessimo, a’meno per gli annali di Gotiiredo di Albaro la testimonianza dello stesso Antonio Gallo, che in due punti dei suoi Commentar! accenna all’incarico affidato a Gotìfredo di scrivere gli An-nali di Genova. 4)opo Gotiiredo d'Albaro l'onorifica missione fu affidata al notaio e Cancelliere Bartolomeo Senarega del quale conserviamo gli \nnali dall’anno 1488 al 1514. In verità il Federici nel suo famoso « Abecedario » afferma che il Senarega fu eletto « scrittore d’ Annali nel 1477 » e ciò coinciderebbe col fatto che assai probabilmente Γ Albaro era morto in quell’ anno, avendo nel 1477 coperto il suo ultimo ufficio pubblico, e sarebbe confermato da un argomento degno di considerazione, cioè che su alcune copie 242 Emilio Pandiani manoscritte ‘della (Cronaca del Senarega i'1 titolo «annunzia ài approssiniarmi al vetro pensando che soltanto nel 1488 egli ebbe Γ inoani-co « aiffiicialle » di iscrivene Hie oionacHue idi 'Genova e sia perché lo ‘stesso Baritiolomeo aveva notificato ‘di ‘avere composito un com-mierutajiio, un « prò meanoiria » degli avvienini-enti precedenti, sia perchè ile cromachie idi OotiÆredo giungevano isino al -1477, gii fu coimnesso di iniaiajre la narrazione idal punto in cui il’ aveva lasciata Γ aiitimo Annalista. Però il (Senarega confessa anche nelle prime rigihe del suo secondo Commentario di non avere ancora dato Γ ultima mano al precedente e potrebbe credersi che egli oberato dalle occupazioni sempre maggiori della sua vita cancelleresca non avesse avuto più tempo per dedicarsi alla revisione del suo primo libro e che perciò esso iosse rimasto una raccolta di note «non digerite. Comunque sia, malgrado *le moite ricerche, non ne abbiamo sino ad oggi alcuna notizia. * * * La cronaca del -Senarega «ha inizio col ritorno di Genova al dominio .Sforzesco dopo dieci anni di governo indipendente, turbato dalie lotte tra fazioni che non avevano mai tregua nella Superba. •La perdita del dominio di Sarzana da parte dei Genovesi nel 1487 aveva dovuto indebolire di molto Γ autorità del Cardinale Pao;lo Piegoso, Arcivescovo di Genova e Doge di essa dal 1483 e perciò questi decise di rafforzare il suo potere consegnando la città -agli Sforza a patto che gli fosse conservato il governo di Genova. Il ducato di Milano era allora retto nominalmente dal giovane Gian Galeazzo (Sforza ma chi comandava in effetto era suo zio Ludovico il Moro. Questi accettò il patto propostogli dal cardinale Fregoso, ma poco dopo ίιή improvviso rivolgimento di ‘fazioni rovesciava il Fregoso e portava al potere i capi -del partito Adorno dhe accettarono tuttavia Γ alta sovranità dei duchi di Milano. La politica di Ludovico il Moro verso la Superba fu sagace, benevola, quasi paterna sicché d cittadini accettarono volentieri il suo governo, ma la città, retta in suo nome dai due capi idei partito Adorno, era istanica idei gravi soprusi dei loro partigiani e perciò quando nel 1499 apparve prossima la fine del dominio sforzesco in Lombardia una parte della cittadinanza si augurava ila caduta -del Moto, non per rnaJ. animo contro di lui (e chi poteva odiarlo? Considerazioni sugli Annali di Bcurtolomeo Sena/rega 243 domanda il Senarega) ma perchè la fazione Adorno sarebbe caduta con esso. Ini atti appena i Francesi occupano il Milanese, gli Adorno «sono cacciati dalla città «e Genova seguendo la stessa sorte ai Milano diviene suddita del He di .Francia, il dominio irancese ipoirtò indiscutibili vantaggi, poiché aveva μ-a vigoria -e 1’ ampiezza di vedute del governo rei dalla Spagna nel 1492 ove con poche frasi tratteggia la crudeltà ai tali persecuzioni, Γ orrore dei viaggi di quei miseri verso 1’ e-silio; da buon cattolico egli nota che ciò, a primo aspetto, poteva essere lodevole per il rispetto della nostra religione, sed aliquantulum m se crudelitatis continere (si noti la delicatezza della critica di aliquantulum che contrasta con lo stridore del crudelitatis) si eos non beluas sed homines a Deo creatos consideraverimus. Egli voUe nell’ iniziare il discorso, essere prudente nella critica, ma come sempre succede, il suo vero seni ime nto si fece strada e finì con Γ esprimere intera la sua disapprovazione. Quando egli discorre di Principi potremmo dubitare che il suo giudizio fosse influenzato dall’ ora in cui scrisse; ma poiché egli rimaneggiò spesso il suo lavoro, c è da credere che quamo noi leggiamo, in proposito sia frutto di matura ponderazione. Ludovico il Moro elogia la affabilità e la generosità, non la politica tortuosa nelle cose dT Italia ed assiste freddamente alla sua fine. Palese invece è la sua simpatia verso la casa di Aragonese di Napoli, dovma forse ai contaiti che ebbe con essa; egli ne segue le vicende col desiderio non espresso che siano fortunate e si rattrista che finiscano male. Inalterata dal mutare delle soni politiche è la sua ammirazione per il Re di Francia Luigi XII di cui apprezza la bontà e la magnanimità. Degli uomini che ressero il governo della città sia in nome dello Sforza o del Re di Francia, sia a capo del partito Adorno o Fregoso egli esprime giudizii che danno l’impressione della esattezza e della perfetta conoscenza. Egli appare entusiasta della accortezza e del senno di Conradolo Stanga milanese, fiduciario del governo Sforzesco in Genova, mentre del suo successore, Francesco Fontana, scrive soltanto: « vir equidem bonus i> e chiunque capisce che non gii sembra aJT altezza del suo predecessore. Si astiene dal giudicare il governatore francese Filippo di Cle-ves ma elogia Γopera del suo luogotenente Giacomo Fonchexoles e del successore Filippo Roccaberüno di cui traccia andfce una breve biografa; tace del breve governo di RodoSio di Lannoy, ma non risparmia le critiche alla mala signoria del Rochechouard, ultimo governatore francese che si incontra nella sua Cronaca. 248 Emilio Pandiani Prudente, circospetto è il isuo giudizio sui reggitori genovesi dei due partiti, ma tra le righe si comprende che egli non apprezzava molto il modo di governare degli Adorno, che ressero Genova dal 1488 al 1499 e per certa loro burbanza militare e pier la troppa condiscendenza verso quellii della loro parte, come non dovette approvare il modo cori cui Giano jpiregoso (prese le redini dello staluo, dopo la rota àrance:sie del 1512, che gli suggerì tforse parole così gravi da provvedere più tardi a farle scomparire lasciandoci una pagina della sua cronaca sconnessa e frammentaria. Grande invece è la sua ammirazione verso il Doge Ottaviano Fregoso, che successe ad un breve dominio degli Adorno nel 1513 e seppe reggere con saggezza, con temperanza, con spirito liberale e con amore patriottico la sua città. Del resto, ogni volila se ne offra l’occasione, egli è pronao a porre in evidenza i cittadini benemeriti della città, come i dottissimi Bracelli, l’imparziale e solerte G. B. Grimaldi e Ambrogio di Negro vincitore dei Corsi e Paolo Negrone attivo ed energico nelle provvidenze contro la peiste; nè manca di riconoscere le virtù di illustri stranieri, come ad esempio del famoso ammiraglio francese Pietf.ro Giovanni del quale narra la fortunata carriera. -Ciò dimostra l’imparzialità dello scrittore e rende più simpatica la sua opera in cui -arde ann sano ed equilibrato .amore di patria. Questo gli farebbe desiderare, intensamente, un governo forte, ordinato, giusto per la sua città ma dove trovarlo? 11 governo fazioso era proprio affatto 1’ opposto di tale «concezione ed egli, pur non esprimendo alcun corruccio ne dimostra le tristi conseguenze. Il regime sforzesco era buono, ma troppo molle, troppo cedevole e lasciava che in Genova la fazione Adorno esesicit'aisise la sua tirannia. Il governo francese invece, reggeva con maggiore fermezza, ed il Senarega ne apprezzava le doti pur riconoscendo che Genova doveva seguire una politica esterna non sempre conforme ai suoi interessi commerciali e pfeirciò egli vide con rammarico tramontare nel 1512 il dominio francese e succedergli uno dei soliti governi faziosi genovesi, che tuttavia dopo un anno di duri contrasti, mutò, 'òssendo comparsa ia splendida «figura di Ottaviano Fregoso, dhe lasciò sperare al Senarega, primia che egli chiudesse la sua vita, un lungo, stabile, glorioso dogato genovese. Qui è d’ uopo avvertire che il Senarega aveva avuto bensì molte simpatie per il governo (francese, ma soltanto come forma di reggimento, per i francesi invece, e per gli spagnoli, a traverso le .tristi vicende dei primi anni del secolo XVI, «era venuto maturando una avversione profonda che generò in lui un mirabile rivolgimento interiore, per il quale egli si sentì non più Genovese ma Italiano. E’ commovente seguire passo passo nella cronaca «questo svegliarsi d’ una anima Italiana. Dal 1488 al 1509, in venti anni, notiamo il progredire di questa sua visione politica, dalla miopia dell’ uomo comunale, dal particolarismo del geno- Considerazioni sugli Annali di Bartolomeo Senarega 249 vese, intento solo ai propri interessi, al sentimento di appartenere ad una pa ria più grande, di essere italiano di fronte a barbari oppressori. Nel 1494, alle prime voci di una spedizione di Carlo Vili in Italia, eg i si contenta di affermare che nessuno in Italia desiderava la discesa dei Francesi, anzi tutti la aborrivano e, dopo la battaglia di Fornovo, quantunque affiori il suo rincrescimento per la non bella prova fattavi dagli Italiani, si leggono le seguenti parole, nelle quali lo spirito cristiano si unisce aid una considerazione politica di bassa lega: « sed ita Deus non voluit (cioè la sconfitta e la morte di Carlo Vili) ne vel Italia tanti principis nece pollueretitr, ml ne düutius Gallos qui pro vendicando facimore acerbiores fiassent, hostes haSbe-remus ». Debole politica il pensare di non fare troppo male ai proprii nemici per non ricevere in seguito danni «peggiori. 'Ma tnel 1509 quando tutti gli stati più potenti dell’ Europa occidentale muovono le loro armi per distruggere la gloriosissima Repubblica di Venezia il vecchio particolarismo campanilistico del vecchio cancelliere della repubblica di Genova, sfuma come nebbia imipontuna, ed alla sua mente ed al suo cuore appare che le sventure d’ Italia sono le sventure della sua Patria, ed il suo lamore verso la gente ligure diventa palpito di amore per tutte le altre genti italiche, ogni .giorno più oppresse da igenti di oltre Alpi. Il Senarega, descrivendo la bella resistenza ed il forte valore dei Veneziani nella prima sfortunata battaglia contro i Francesi, ricorda con parafrasi latina il verso del Petra.rca: Che. 1’ antico valore negli italici cor non è ancor morto, e cita 1’ ordine del capitano Bartolomeo Alvi ano alle sue milizie di entrare in combattimento mandando un solo grido : Italia ! E più torte, più ardente, più intimo appare questo amore del Senarega non soli auto per la sua città, ma per ogni terra d’ Italia, quando egli racconta le vicende della lotta in Brescia nel 1512 ira Veneti e Francesi, e magnifica il valore dei duci veneziani e deplora la terribile devastazione ed il saccheggio compiuto dai Francesi in Brescia, come 'fosse città amica e sorella di Genova e lamenta la triste sorte d’ I-talia preda di barbari di ogni nazione. * * * ìDall’ insieme della narrazione noi possiamo dedurre il carattere essenziale della età descritta dal Senarega. Il comune di Genova non ha multato nulla nella sua politica ormai secolare di lotta fra partiti. Le famiglie dominanti non hanno imparato che per lo Stato è necessaria 1’ unione ira cittadini, il rispetto alla legge, la concordia e il mutuo accomodamento. Da secoli il partito che fu cacciato dal potere, ricorre ad aiuti stranieri per ritornare in auge e sbaragliare gli avversari, e 1’ alterna vi- \ 250 Emilio Pandiani oenda di oppressi «ed oppressori si prolunga indefinitamente, nè mai si ottiene una qualche stabilità di governo se non ricorrendo all’ asservimento verso qualche signoria straniera, la quale poi non essendo mai perfettamente aderente agli interessi peculiari dello stato genovese provoca la formazione di un malessere interno di cui profittano i vecchi partiti per cacciarla e (ritornare subito dopo a battagliare fra loro. L’ unica istituzione che rimanga salda ed intatta in mezzo a tanta furia di passioni è il famoso banco di San Giorgio depositario delle ricchezze d>ei cittadini, invocato spesso dal governo per aiuti finanziari e persino per qualdh-e azione politica, ma «esso non è che un organismo finanziario e non può mutare la mentalità politica della [Repubblica. Tuttavia anche in Genova, sia pure con qualcihe ritardo, si sente aleggiare qualche cosa dei tempi nuovi. La città segue il rinascimento delle arti e delle lettere. Ad una bella coorte di 'umanisti si accompagna una schiera di mecenati. Si riconoscono pubblicamente i meriti dei cittadini illustri con statue nel palazzo di San 'Giorgio, «con doni e pubblici attestati di elogio, li tenore di vita sale a gradi sempre più aiti di eleganza e di lusso, sale anzi fin troppo rapidamente così che il governo deve spesso emanare leggi suntuarie che appunto per la loro frequenza sono indice della doro inosservanza. Γ1 iSenarega ci presenta 1’ esempio dell’ uomo d’ antico stampo che rimane stupefatto e spesso scandalizzato dinanzi al crescere delio sfarzo nel suo tempo. Per Jo sposalizio di iLeonora figlia del duca Roberto di San Severino con Giovanni Adorno (dicem. 1490) egli nota che furono offerti doni dal Senato, dagli Artisti, dalle Podesterie, dai più -umili borghi « quod nunquam antea contigit » e accenna ai -tornei, ai giochi continui nel Palazzo, ai quaìi assisteva il popolo per tuitto il giorno. Parlando della Aisita di Ludovico il Moro a Genova nel 1498, egli dichiara « celebriorem ingressum nunquam vidisse fateor » e dice che ad accogliere il Duca in città « «erant plusquam ccc juvenes induti veste serica, purpurea autem innumerabiles ». L’ anno seguente, quando si decise di consegnare il dominio della città a Luigi XII, che già avwa occupato il Milanese, si inviarono ventiquattro ambasciatori a Milano « tanto apparatu quanto nunquam nostra urbe factum sit ». Nel 1502 in occasione della solenne visita del Re di Francia alla nuova città del suo regno, si stanziarono dodici mila scudi d’ oro per le spese di ricevimento e le accoglienze furono trionfali e certo maggiori di quelle per Ludovico il Moro. Il Re procedette sotlto un ricco baldacchino retto dagli Anziani per le vie della città « ornata tapetibus peristromatibus, floribus ubique sparsis ». Mulieres in porticis et plateis ornatissime dispositae.... » ma la narrazione di questo solenne ingresso è già nota per altre fonti più ricche di questa del iSenarega. L’ anno seguente (1503) per 1* elevazione Considerazioni sugli Annali di Bartolomeo Senarega 251 al papato di Giulio II i genovesi, lietissimi perchè saliva al pontificato un ligure, decretavano che a prestargli omaggio ed obbedienza fosse inviata una ambasceria di dodici cittadini « tanto ornatu ut nulla ex multis legationibus célebrior visa sit » e riferendo Γ esito 'della ambasceria il cronista dichiara con orgoglio : « Fuit ^onorificentissima legatio, post Venetam, sive numerum legatorum, .sive ornatum requiras ». A questo lusso pubblico corrispondeva il lusso privato, ma il Senarega stesso osservava dhe esso era :Γ esponente di poche grandi ricchezze raccolte in poche mani e ciò provocava nna pericolosa emulazione fra i ricchi ed una insaziabile 'avidità di denaro. Per soddisfare questa avidità bisognava raggiunngere il potere e per raggiungerlo i capi partito vendevano la loro città per contanti a Signorie straniere oppure chiedevano ad esse in prestito grosse somme per marciare alla conquista del dogato genovese e quando vi erano riusciti restituivano le somme cavandole dalle casse dello Stato. 'Quiete « -operazioni in grande stile » eramJo 'soltanto concesse ai capi dei partiti, ima v’eira pure una borghesia grassa ed una borghesia colta, ed un artigianato intelligente ed una plebe insoddisfatta che mal sopportavano il dannoso altalenare delle fazioni, e avrebbero voluto pure essi partecipare al 'governo ed ai grossi guadagni. Il moto rivoluzionario degli anni 1506-1507 è appunto un movimento sociale con fini economici e :se raggiunge per breve tempo il 'suo scopo abortisce poi per le violenze e per le esagerate pretese della plebe. Queisltio moto è istottaimiente legato 'al grande fenomeno economico del rinviìio della moneta ed al conseguente aumento del costo delta vita nei primi anni del secolo XVI per le cause cKe tutti conoscono. Il Senarega stesso nota nella sua Cronaca i progressi del male. •Mentre nel 1492 egli affermava che Γ anno era stato buono per mercanti e per artefici e cihe il commercio aveva avuto largo sviluppo, nel 1495 e nel 1496 constatava che di caro dei viveri era gTande, e dopo una ripresa di profìcuo lavoro nel 1503, .segnava anno per anno (1507 - 1509 1511) gli affannosi provvedimenti tentati inutilmente dal governo per ottenere che la moneta di basso valore non cacciasse dal mercato la moneta di alto valore. Entro tali angustie andava svolgendosi la vita della vecchia gloriosa 'Repubblica e malgrado il senno ed il valore di molti suoi cittadini essa .sarebbe finita tristamente, entro pochi anni, facile preda di una delle grandi potenze europee in lotta per il predominio in Italia se la forte e saggia mano di Andrea Doria non Γ avesse trattenuta nella sua paurosa discesa ridonandole una ordinata libertà ed un governo suo proprio. Emilio Pandiani DOCUMENTI NOSTRI ALL' ESTERO SUI FRANCESI UCCISI A FILATTIERA NEL 1796 Non sappiamo (per quali strane circostanze sia igiunta qui una piccola (racconta di (Lettere che hanno relazione con un (fatto avvenuto in Italia durante Γ occupazione napoleonica; sappiamo solo che essa, attual-imiente iocnmiamifee il (Codice 7120 (II : 3*48) die lia Bibliothèque .Royale d'e Bruxelles, fu acquistata, nel 1878. 'La corrispondenza non ha interesse storico, ma getta un po’ di' Inoe eorpra un comune atto di .criminalità., in seguito al quale si rivelarono antagonismi e discordia fra alcnni membri della f almi glia dei Malaispina. iNe-1 1796 due /funzionarli francesi, il cittadino -Graz, aimministrator3 degli spedali imi-li tari dell’ armata ed il cittadino /Moz o Mos, furono assaliti da alcuni malfattori, feriti e depredati del danaro, circa 15 mila franchi, e delle cose (tutte che avevano iseco. Il fatto brigantesco avvenne presso Filattiera, in luogo solitario, posto in territorio toscano, ma vicino ai confini dei (feudi (Malaspina. Esso sollevò grande indignazione nel campo francese e per 1’ audacia (dei delinquenti, e per la qualità delle vittime, e per Γ importanza della somma sottratta. Il itrilbunale di Bainone fu incaricato d'eli’ istruzione del processo contro i rei, (due soli dei quali erano caduti nelle mani degli sbirri : gli altri erano scomparsi. Tutti però (appartenevano alla comunità di Villafranca, feudo di Tommaso e Giovanni Malaspina, il primo dei quali aveva al proprio servizio due fra/telli di uno degli aggressori, appartenente alla /famiglia Ricci. La circostanza non aveva in a’ Consoli di tal luogo, si doveva capire che al loro borgo alludeva e non ad altro. Infatti ristrumento medesimo malgrado II’ oscurità, ichie possa :averie e che (ha realmlente, è chiaro quanto basta per farci Comprendere che è precisamente i'I « burgum Scrr zanate » quello che da OPipino concedevasi di trasmutare « in loco vibi di-(Mur Asiarvws ». Il che — nota 'egli — è a-nche previsto dalla rubrica detti’ atto; e continua : <( iPerò se può (La medesima valiere d’ argomento a provare viemmeglio l’erroneità dello storico sarzanese, non possiamo noli in venin (modo laurum'etitiere che isolo allora, icioè nel 1170, fosse Sar-zana edificata.... Anzi 'dirò di più che non isolo lesso borgo già d’ allora e molto prima esisteva, mia che trov avaisi collocato nel posto medesimo ove pur trovasi (adesso: per cui ci è (forza infierirne o che la progettata traslazione non \eWb-e effetto, o che (2). Π che è pure fermato d adii’itinerario britannico dei Crociati de'lla fine dei secolo XII (3) e dalia storia di Benedetto di Peteiiboroug, là dove, nella Vita di Arrigo II re d'Inghilterra, vengono enumerate ie stazioni percorse da Filippo Augusto, re di Francia, quando nel 1191, reduce dalla terza crociata, passò per /Roana e, attraversando la Cisa (Mombardone), .si restituì a’ suoi stati. Il Repetti, seguito in ciò dallo 'Sforza, dhe si limita a citarne testualmente le parole, partendo dal presupposto che l’autore dell’itinerario islandico abbia voluto indicare ailla pietà dei (fedeli alcuni paesi col nome del loro santo patrono o titolare, ritiene di poter identificare il borgo di 'S. Maria con Sarzana, che sarebbe stata così chiamata del nome della sua cattedrale. Ed è veramente inesiplicabile e strano che due storici insigni si sieno lasciati andare ad un simile errore, quando erano •perfettamente informali che ne‘1 tempo, a cui risaile l’itinerario, la cattedrale di S. Maria ancora non esisteva, a Sarzana, dove si trovavamo soltanto due pievi, quella di S. Andrea e quella di S. Basilio, che diventò cattedrale dopo il trasferimento della sede vescovile a Sarzana; e solamente allora assunse il titolo di S. Maria, in seguito a cessione che ne aveva fatta il vescovo Gual'terio al Capitolo della cattedraile di Duni il 4 giugno 1201, e che venne confermata poi colla bolla di Innocenzo III il 7 marzo del 1203 (1). Bastano queste date a distruggere completamente la loro congettura ed a provare che è affatto logico identificane flra loro il borgo di S. Ma-ria, ricordato nell’itinerario islandico, è il borgo di Sarzana. Ma Φ13,10 d’andhe non bastassero, risulta in modo inconcepibile dallo stesso itinerario che il borgo di S. Maria doveva trovarsi sul vecchio tronco di strada che passava per Luni attraversando il piano e le « arene lunenses . . 'burgis undique circumdatue »; mentre invefce Sarzana sorgeva sulla via Franci gena, che andava in quel punto rasentando le falde delle co ine. <1) Per fl movimento dei pellegrini e l’importanza. deUa Via Romea cfr. P. Raina, TJna iscrizione Nepusina, in Archivio Storico Italiano, serie I , tomo . . (2) « Est in Monte Bardonis crucis emporium (le Cento Droci) et Villa Franco tum Pontremolne : inde iter diei ad convivium Mariae. Inde urbs Luna, apud quam arenae lunensie. Decem miliarium itinere transeundae sunt hae arenae, burgos undique circun datis : illuc latus patet prospectus, inter Mariae convivium Iiunanque o acent burgus 6tephani et burgus Mariae v. G. Sforza, in « Memorie e Documenti per servire alla Storia di Pontremoli », Parto II (Documenti) - Iiucca 1887 - Appendice I, pp. 361 e Θ. (3) Per Lune meledictam civitatem episcopalem et per Sanctam Mariam de Sardegna, in Monum. Germ. Script. XXVII, p. 131. <1) L. Podista, I Vescovi di Luni etc. già. cit., jp. Intorno ulle orìgini di Sarzanci 263 Ciò risulta anche ipiù Chiaramente dall’itinerario seguito da Filippo-Augusto ned suo viaggio di (ritorno in patria, dal quale si ricava jion solo che il hoirgo di S. Maria si -trovava suiH’antico tronco di strada, ma che veniva incontrato subito dopo Luni da chi arrivava da Roma. Vi è detto infatti che il Re, partito da Roma e per Viiterbo e Siena giunto a Lucca, incontrò dopo questa il Salto della Cevvia (Mont Cheverol) ossia il Castello di Montignoso, e di là « per Saint Léonard (S. Leonardo del Frigido) et per Lune evo. episc. (Luni) et per S. Maniam de Sardencu (il borgo di S. Maria) » passò a Villafranca, a. Pontremoli etc. (1). Una prova più chiara non si potrebbe desiderare. (Ma, oltre a questa, il documento fornisce un’altra prova, o meglio indizio, molto utile per la nostra ricenca, inquantochè trovare in esso, come anche nell'itinerario britannico dei Crociati, che sono documenti posteriori alla convenzione del 1170 fra Pipino e i Sarzanesi, ritrovarvi, dico, nominato il Borgo di Santa Maria coll’aggiunta specificati va « de Sardena », (che non esiste nell itinerario islandioo del 1154 e che può essere benissimo una corruzione del nome di Sarzana), dà fondato motivo di ritenere che quell’aggiunta abbia (una qualche relazione colia (concessione Æa/tta da Pipino ai Sarzanesi, e cioè che il '« b pp. 696 in 8». Quando il Prof. Gandoglia scrive chie « Cinquecento e più ira i volumi e filze di atti e documenti d’ogni specie che da secoli dormivano indi-sturbati e polverosi neU’Archivio del Comune misero per alcuni anni a iben dura prova la pazienza mia » gii isi ctnede assai ifacilmente e si è traiti senz altro ad ammirare 1 indefessa, operosità e la pazienza veramente certo-sina, ma si comprende ch’egli ancora esprime un vero e profondo sen-niento quando parla 'della « gioia di vedersi sfilare dinanzi, vive e parlanti, varie dozzine di generazioni degli avi nostri ». Generazioni che a sua volta fa rivivere davanti ai lettori in quadretti brevi, vivaci e mute-voli che riescono a evitare quella che sarebbe stata inevitabile monotonia nella minuta e rigorosa esposizione storica limitata ad un ambiente tanto ristretto. Non è perciò una impaludata solenne narrazione di carattere scientifico, sebbene l’ordine sia cronologico e per ogni fatto ed episodio e particolare sia indicata la filza d’Archivio dal quale è ricavato; non è neppure una ricostruzione vaga, generica, con abbellimenti fantastici o retorici : è piuttosto una serie di quadri spesso spigliati e gustosi esposti con vivacità e brio, ned quali, in tutti i particolari rivive, ricostruita n,e@li usi , nei costumi, nei sentimenti, nella secolare attività marinara, nella tenace difesa dei vecchi privilegi e delle forme e consuetudini tradizionali, la vita del (piccolo Comune. Piccolo ma caratteristico Comune, sopravvivenza tipica del Comune medioevale anche in età ben diverse e mutate, del quale si seguono le aspirazioni ê la tenace conservazione d indipendenza dal giorno in cui i Nolesi si svincolarono dal dominio fendale del figlio di Enrico Guercio marchese di Savona; Γ autonomia fu poi sanzionata da un diploma di Enrico VI, il 2 settembre 1196 — fino alla frase di innegabile e dura chiarezza: « Messieurs lia Reipubldquie de Noli n’existe ρίαιχ » - scritta nel 1807 dal Preietto Napoleonico Ghabrol, fino all’indirizzo di devozione di Vittorio Emanuele I del 5 febbraio 1815 nel quale, .rievocata la secolare indipendenza, la città non può chiedere di più che la nomina del Vescovo alla sede vacante e la qualità di Capo Cantone sotto l’intendenza di Savona. (Scompariva così un ultimo resto anacronistico di reipubblichetta medioevale, mentre scompariva, assorbito in uno stato più vasto e più forte, la maggiore «repubblica di Genova, principio, anche se sulle prime non gradito, di più ampia fusione ravviamento alla futura unità. 266 Vito Vitale lì /tra Je due repubbliche i rapporti erano stati continui e ben definiti. il trattato di alleanza del 19 aprile 1202 col quaie « gratuita, voi untate «et non coacti » i cittadini 'di Noli accettavano il prefettorato di Genova per non diventare la preda, permetteva alla piccola repubblica di vedere ancora sventolare nel Mediterraneo la bianca croce del suo stendardo, oggetto d'invidia per i vicini. S’intende che le sorti del piccolo uainune sono così intimamente legate a quelle del Comune maggioie e s’intende anche — e tanto più quanto più la vita si restringe dalla line del (medioevo e si rinchiude nelr angusto respiro delle mura cittadine — come gran parte dell’attività' politica si limiti e si esaurisca nella difesa dei privilegi formali, nella tenace quasi caparbia volontà di veder rispettati anche dalla repubblica protettrice gii ultimi avanzi e le ultime manifestazioni dell'autonomia comunale. E se, per lesempio, Genova vuoJ abbattere il castello dhe nelle incursioni piratiche potrebbe divenire covo di riparo di nemici, i Nolesi si oppongono accanitamente e riescono a conservare quel segno dell’antica potenza e dell’autonomia di difesa impegnandosi a presidiarlo fortemente; se Gian Andrea Doria s interpone perchè a Noli siano conservate le secolari franchigie, gli si offre in compenso, nientemeno, un magnifico presente di beile triglie doiate. iLe lotte con Savona e col Finale, i tentativi dei Duchi di Savoia, le frequenti congiure che agitano la vita interna genovese ihanno la loro ri percussione di preparativi militari, di difese, di preoccupazioni e di an sie anche a Noli e le carte gelosamente conservate nell’Archivio delia minuscola repubblica, ne conservano tenace il ricordo, sino alle a0itate vi oende della fine del XVIII, airinvasione francese alla scomparsa deg i ultimi resti di vita medioevale. •Ma ipiù che la vita politica naturalmente /ristretta e tipica appun o e specialmente per quella sopravvivente e tenacemente difesa autonomia, è importante la vita intima: la cronaca spicciola dei piccoli acca ìm^n 1 locali, la quale, se non può avere una risonanza e destare un interesse che esca dalle mura cittadine, acquista un valore cospicuo .per c 11 vo glia seguire lo svolgersi dei costumi, dei sentimenti, degli usi. Non e a cile trovare un piccolo luogo ove si siano così conservati con tanta in teiTotta continuità di ricordi e documenti, di secoli e che offra pei ciò uno specchio lo svolgersi della vita passata e permetta di pene rai* a ^ ricostruirla anche in quelle piccolezze cihe costituiscono appun ο 1 c tere tipico di un luogo e di un^ popolazione e sono preziose per a del costume. . . Non storia aulica certamente, ma domestica, intima con un sapore di intimità famigliare, vivacemente e affettuosamnte rico_ rui che se ha un interesse locale e un valore sent ime lutale per a picco a ladina, contribuisce ad illustrale quella della vita privata e e cos u che desta in noi profonda e suggestiva curiosità. Vito Vitale. Has segna bibliografìe a ì 267 FiLipro Noberasco, Giovanni Caboto Savonese? - Savona, Tipografìa Savonese, 1927, pp. 10. • Un studio il Noberasco porta un valido contributo alla “Vk8, ^ov,anTÌJ* 'Caboto ligure. Messo in evidenza per quali circostanze a oto che viaggiava in Oriente e che dovette soggiacere alla xeno-o ia mussulmana, sia passato, quando Genova appunto declinava in riente, a Venezia, ove secondo le leggi in vigore ricevette la cittadinanza veneziana nel 1476, ci fa seguire il Caboto nei suoi viaggi in Inghilter- ' a Avril 1927). , * * * Notizie biografiche su Le Général Babbuccia, l’homme de guerre, l’archÉolooue dà Sebastien Silvani in « Rovue de la Corse» '(Mars-Avril 1927). Il Generale na a il 14 Luglio 3808 morì di colera a Gallipoli r.el 1854 e durante il suo soggiornojm Algeria (1830-1851) si fece iniziatore degfli ?cavi da Lamibese, l’antdca caipi a e Numidia, contribuendo aillo studio storico-geografico dell antica provincia roma * * * L'abate Casanova tratteggia la biografia di Mathieu de Buttafoco nel .« Petit serillais » del 28, 30 Maggio e in quello del 1° Giugno 1927. Lo studio basato eu ' menti d’archivio fa meglio conoscere Buttafoco, corrispondente di Rousseau ίtv e sario di Paoli, deputato agli Stati Generali e segue le vicende e a sua vi all’epoca della sua morte. * * * In continuazione a quanto già ne scrisse dn « Il Cittadino » (27 Gennaio e 18 1927) A. Ferretto riparla nel numero del 2 Giugno dello stesso giornale e dei Coralli in Genova. * * * Su La Poesia del Corpus Domini .parla A. Ferretto in «Il Cittadino» 16 Gnigno 1927. * * * In «Corriere Mercantile » del 21-22 Giugno, facendo seguito a parecchi altri scritti già pubblicati nel mede-imo giornale (29-30 Ottobre 1926 - 20-21 Gennano-lfrl7 Febbraio - 28-29 Maggio 1927) Januensis riparla de La Nobiltà ^enovese. Un ferito all’incoronata è il titolo d’uno «critto di Errico Martini in «II-Lavoro» (22 Giugno 1927). Sul colle di Coronata f prereo Genova) nel 1800 dn un fatto d’arme tra gli Austro-Russi e i Francesi coi Genovesi ed altri alleati, fu ferito Ugo Foecolo. 'Spigolature e -Notizie 269 Lavoro ““a" «““is27ENOVB3E' “d<> ^ È ltoeBd*to da 4· ™ « 11 * * * maitttoTfrfìa Π Cwrifre 'd’Italia'· del M «"*■“» «27 ei occupa dei servizi dono che è dirmi ailaLa θ la Corsica, e della mano d'opera cecoslovacca, favorita aopo cne è diminuita quella italiana. * * * di ^Τη^ηονΓ-Γ^ "> Le,“e DEL Pmcdrsorb a Genova, aerando l’arrivo imo., 24 Giugno’1927™ * ’ ™’ memOTIe che vi 60110 connesse. («Il Citte- * * * FeanceTco0 Saccht ttt, » Citóadi'n°; del 26 ^no 1927 parla della Vta ed opere di P.ee Francesco Bacchi pittore pavese che molto lavorò in Genova e Liguria. * * * ™,.?0mNE GE™VESIE D0NNE forestiere nei nostri Annali sono ricordate da X in «Cor-nere Mercantile» 27-28 Giugno 1927. * * * Rapsodo. parla di Un grande poeta mezzo genovese in «m Lavoro» del 28 Giugno nonncf avrehhé * M d«l 29 Gtaeno 1927 di San Pietro di Pino spigolando dalla stona di questo luogo, paesello nella Val Bisagno. * FocE ricortla An «Il lavoro del 29 Giugno 1927 con interessanti evocaz.ona di cose genovesi. * * * \E°™.de ,a. 001,56 ■ αω-Jvìn 1927, pp. 158-159) una necrologia dì Camule Bnlard, autore di prognati studi di architettura romana, gotica e lombarda e w/rJV Γ'0™ del’e rUÌ1,° ^ AIerla e Mariana in Villes mortes du rrUr^Æj!20’ ^ “ di “ ^ d<* * * * rn ulZT f GiOVcUiln Wreia neUa «Revue de la Corse,, (Maggio-Giugno 1927, BP. 139-143) Λ ranomo di llene de Week·. Le Roi Theodore. Es*> Λ ispira aUe vicende del noto re da Corsica ma ne tratteggia la figura eterica con molta libertà. * * * Π processo contro alcuni oonsi colpevoli di avere diffuso nel 1765 una satira contro aloune signore di Bastia frequentate assiduamente da ufficiali francesi, viene illustrato da J B. Marca g gì in Une chronique bartiaise au xviii siècle («Revue de la Corse.. Mai»Juin 1927, pp. 131-116). L’abbate Luigi Gentili genovese d’origine e nato a Bastia reo confesso, fu condannato al bando dalla Corsica per la durata di sei anni. * * * Hermcnt continua a descrivere un suo viaiggio in Corsica in Solitudes en Oorse (« Eevue de la Corse », Mai-Juin 1927, pp. 116-120). # # * È stata pubblicata dn Primavera Corsa una larga scelta degli scritti politici umoristici, narrativi e oratori di Santu Casanova noto come scrittore dialettale Corso. Arrighi in ‘.Revue de la Corse» (Mai-Juin 1927, pp. 136-138) ne dà un minuziosa recensione. 7 Spigolature e Notizie La « Beroae -de la Corse » (Mai-Juin 1927, (pp. 159-160) dà un .breve cenino cronologico del Db. Ebasmo de Paoli, noto iper il libro Come mobì Napoleone <1923). * * * H Prof. Chapot in una sua recente pubblicazione: Synthèse collective de l Evolution de l’humanité publiée sous la dibection de H. Bebb, 12o, ipp. 500, accenna al dominio romano sulla Corsica. Fa una recensione di quest’opera la « .Revue de Ila Corse » (Mai-Juin 1927, pp. 145-146). * * * h Un articolo della «Revne de la Corse» (iMai-Jiuin 1927, pp. 126-134), Les Pêches μ abiti mes en Cobse, lamenta che la pesca marittima sia ormai abbandonata pei mancanza di braccia. I pescatori italiani, napoletani specialmente, che avevano fino dal 1761 garentito da un trattato il diritto di ipesca nelle acque di Corsica, ora per la legge francese lo Marzo 1888 non possono esercitare legalmente il .loro lavoro ; si favorisce perciò la (pesca di frodo. Seguono notizie sui pesca delle acque di Corsica. Sul l'importante argomento riferì al Xo Congbès nationale des pêches et industbies mabitimes, M. Clement Carabin. * * * In «Corriere Mercantile» (1-2 Luglio 1927) «si ricorda Come dalle Scuole di Mabina di Genova e Napoli sobse la R. Accademia Navale e si riferisce una annotazione autogra a di G. Garibaldi al Verbale d’una Commissione creata iper la fusione degli ufficiali di Marina in ordine alla nuova Accademia. * * * Su Goffbedo Mameli, in occasione del 1° centenario della sua nascita, seri\ e^ Timone un 'breve cenno commemorativo sul giornale « A Noi » di Parma del 6 ug io * * * Facendo seguito a precedenti scritti (Dal «Municipio» al « Comune » signorile) già apparsi in «Corriere Mercantile», Januensis parla nel medesimo ^.oijLa e Luglio 1927) della Compagna in rapporto al «-Comune», come conclusione egli seri medesimi. * * * 11 « Corriere Mercantile» del 12-13 Luglio 1927 illustra m un articolo anonimo La Casa di Balilla a Montaggio. * * * Gabbiele Chiabbeba b Innocenzo Fbugoni sono ricordati in « Il La\oro de Luglio 1927. * * * L’arte della sua nella Befübbl.ca d, S. Corco è studiata da Arturo Ferretto in «Cittadino» del 14 Luglio 1927. Goffredo Mamel, e . Frateil. Bandura. è il titolo dato dal ^rale CaHo Paoarù ad un suo cenno commemorativo del poeta-eroe, pubblicato nella «Gazzetta di nezia » del 14 Luglio 1927. E Alberto Martire m un articolo dal gitolo Dopo la coMMRMORAZ.onp^d, comparso nel giornale .Cittadino· di Genova del 15 Luglio 1927. n^>onde ^lem.z^ndo ad una acerba critica imoasa dall' « Osservatore Romano » alla sua iniziativa per un apoteosi religiosa del Mameli. * * * Nel cbntenabio di Goffbedo Mameli, è il titolo di una breve nota oommem°^a de poeta-eroe di Paolo Orano in «Il Lavoro d'Italia» di Roma del 15 Luglio * * * Col titolo Memobiette d’Imbne, Amedeo Pescio evoca in « Il Secolo XIX » del 21 Lu#io 1927 ricordi di opuscoli genovesi antichi. Spigolature e Notizie 271 In «lì Mare» <9 Luglio 1927) col titolo vernacolo Parollb con l’amÈ, Amedeo Pescio imprende a (parlare dì una -serie dii Poeti Genovesi. Segue lo stesso argomento nel medesimo periodico 16 e 23 Lcugilio 1927. * * * Intorno a Le relazioni fra Rodi e la Repubblica di Genova — La Chiesa Collegiata di S. Giovanni il Vecchio, scrive Civis in « Corriere Mercantile » del 26-27 Luglio 1927. * * * L’arte serica e le leggi suntuarie è di titolo d’uno scritto di A. Ferretto in « Gitta-dino» ded 29 Lugilio 1927 con referenza alla storia ed agii usi genovesi. * * * Sulla pretesa conversione di Goffredo Mameli, affermata da Egilberto Martire, già, abbiamo avuto occasione di da/re di nostro giudizio nel numero precedente di questa, rivista dn queste stesse Spigolature. Non pensavamo mai che i cattolici più intransigenti come i redattori delTOsseru&tore Romano di Roma, e della Liguria del Popolo di Genova — fossero iella stessa nostra opinione. Tra questi due giornali e l’On. Martire ei è infatti accesa una viva polemica, chiusasi per ora con queste parole della « Liguria del Popolo » (Genova, 30 Luglio 1927) : « Chiamare ignorante l'On. Martire, sarebbe atroce ingiuria; resta dunque la seconda parte (quella cioè ohe definisce trucco la tesa sostenuta dal Martire). Nè si adoniti l’on, deputato : le cose hanno nome loro proprio ». — Sed de hoc satis ! * * # Il Castel Gavone e le vicende storiche della Marca Finalese sono illustrati da Alfa in « Il Lavoro » 31 Lugdio 1927. # * * Col titolo: Al Pino Sottano. A. Ferretto ricorda in «Cittadino» del 31 Luglio 1927 le vicende dell’insigne Oratorio di S. Giacomo di Pino in Val Risagno. * * * In un articolo intitolato Come nacque « Fratelli d’Italia »> pubblicalo nella « Gazzetta di Venezia » del 22 Luglio 1927 e ripubblicato nella « Unione Sarda » di Cagliari del 31 Luglio, A ldo Caron, senza portare alcun nuovo contributo alla questione, si limita a ripetere la tesi già sostenuta dal Barrili. * * * Dà notizie storiche Sull’bmigrazione e l’immigrazione in Corsica, un articolo di Piero Parisella, pubblicato in «La Rassegna Italiana» dèi Luglio 1927. # * * Cerca di dare un giudizio complessivo sulla attività letteraria di Goffredo Mameli, ne «Il Giornale di Politica e di Letteratura» (Pisa, Luglio 1927) Biscottini Umberto, in un lungo articolo dal titolo Goffredo Mameli. # * # Qian Marco Salvatori pubblicando L’âme Corse - Legendes et vieux dictons de l’île de Beauté (Avignon, 1926), si propone di avvicinarsi alle fonti della poesia corsa. Dà una recensione del voi. Gino Bottiglioni in «Mediterranea» di Cagliari del lo Agosto 1927. * # # Eugenio Grimaldi, rievooando in « Mediterranea » di Cagliari del lo Agosto 1927, i vincoli che uniscono la Sardegna e la Corsica-, accenna in un articolo Corsica b Sardegna al risveglio ohe ai nota in Corsica per la difesa del dialetto. ·* * * Lo scrittore corso Carlotti Domenico, più noto sotto il nome di Martinu Appimapolu, ha pubblicato qualche anno fa (1924) nel dialetto nativo un voi. di Racconti e fole di l’isula Persa con Prefaziu di Clemente Merlo. Ne parla ora in una recensione la rivista « Mediterranea » di Cagliari del lo agosto 1927. 27? Spigolature e Notizie Col titolo II Tragico e il Comico - Ospiti di Genova, .4. Saiucci ricorda la permanenza di Alfieri e di Goldoni nella Superba in « Il Lavoro » 2 Agosto 1927. * * * Stephanus Docto-r, scrive m « Il Corriere Mercantile » del 3-4 Agosto 1927 intorno a La ferita mortale di Goffredo M\meli. L’a. riproduce la nota pagina del Bertani. * * * Di Luigi Arnaldo Vassallo γοετα vernacolo parla, neU’aiinuale della morte, F. Ernesto Morando in « Corriere Mercantile » del 5- 6 Agosto 1927. * * * Giovanni Petraccone in « Secolo XIX » del 7 Agosto 1927 recensisce il recente volume Genova di Orlando Grosso. * * * Ricerche e studi su Balilla è il titolo d’uno scritto di Lazzaro Desimcni in « Cittadino» del 7 Agosto 3927. ·* * ·* Bartolomeo Gentile Fallamonica è ricordato come poeta da P. M. Raffo in * Cittadino» del 9 Agosto 1927. * * * Il Giudice Lanfranco Pignolo, annalista genovese, è ricordato da A. Ferretto in ■ Cittadino * del 10 Agosto 1927. * * * Il Gen. Eugenio De Rossi, rievocando la Vita di un ufficiale italiano fino alla guerra (Milano, Mondadori, 1927) narra come un curioso errore di interpretazione della Carta dello Stato Maggiore francese, fece credere verosimile ad alcuni giornali italiani, l’esistenza di un campo trincerato a Corte, nell’interno della Corsica. Ne fa una recensione gustosa, come di consueto, A. Panzini in «Il Corriere della Sera» di Milano de] 13 Agosto 1927. * * * De L’Assunta e i Genovesi tratta Januensis m « Corriere Mercantile » del 13-14 Agosto 1927. * * * Col titolo Goffredo Mameli, pubblica una breve nota commemorativa del poeta, Jole Miceli in * La Vedetta d’Italia» di Fiume del 14 Agosto 1927. * * * In continuazione di (precedenti scritti comparsi sul medesimo giornale (5 e 13 Aprile, 29 Luglio 1927) A. Ferretto riparla n «Il Cittadino» del 17 Agosto de La Moda i il Lusso a Genova. * * * Januensis ricorda in « Corriere Mercantile » del 19-20 Ago-to fiAN Bernardo e i Genovesi. * * * Amedeo Peicio pubblica in ■ Π Secolo XIX · (7, 14 e 21 Agosto 1927) alcuni ecritü dal titolo La madre di Colombo. * * * Arturo Ferretto parla in « H Cittadino ■ del 21 Agosto de II culto di 8. Hocco in Ltgueia. * * * Il Battistero di S. Lorenzo nella piazzetta di S. Giovanni il vecchio è ampiamente illustrato da Civis in « Corriere Mercantile ■ del 23-24 Agosto 1927. * * * I Musicanti genovesi e S. Cecilia è il titolo d’uno scritto di A. Ferretto in « I! Cit-tadino » del 25 Agosto 1927. Spigolature e Notizie 273 * * * Prete Zanoia genovese, canonico del Duomo di Milano, autore di un volumetto di « v ermom » è ricordato da Domingo Bolsi in « Oaffaro » ded 27 Agosto 1927. * * * Oratorii b Processioni tRapalleai ricorda E. L. P. in « 1*1 Mare » del 27 Agosto 1927. * * * Il centenario di Goffredo Mameli è il titolo di un cenno commemorativo del poeta-eroe ohe Costanzo Binando fa in «La Illustrazione del Popolo» di Torino del 28 Agosto 1927. * * * Chiri Enrico pubblica in «La Sentinella delle Alpi» di Cuneo del 30 Agosto 1927 una breve recensione del recente volume Poesib di Goffredo Mameli, curato da F L Mann ucci. * * * Le prime tessiture seriche a Genova danno argomento ad A. Ferretto <« H Cittadino» 31 Agosto 1927) di adunare un buon contributo di notizie per la storia delle industrie liguri. * * * Cagliostro a Genova è il titolo di una (buona « Memoria » di Giovanni Petraccone pubblicata dn « Il Comune di Genova » del 31 Agosto 1927. * * * Nella « Nuova Rivista Storica » (Maggio-Agosto 1927) Piero Pieri recensisce il recente studio di E. Michel su gli Esuli b Cospiratori Italiani in Corsica. * * * Adolfo Colombo, in un brillante articolo pubblicato su « La Lettura» di Milano del lo Settembre 1927, in occasione del centenario della nascita del poeta-eroe, ne traccia un esatto profilo, in un breve articolo dal titolo Goffrbdo Mameli. * * * In « Corriere Mercantile » del 1-2 Settembre 1927 è recensito ampiamente il recente volume di E. Bertotti: Goffredo Mameli e la Repubblica Romana del 1848. * * * Tn due articoli pubblicati ne ■ Il Corriere Padano» di Ferrara del 2 e 3 Settembre 1927 .4. Sautto, parla a lungo del poeta-eroe intitolando il suo suo studio: Nel primo centenario della nascita di Goffredo Mameli. * * * • Spetactor » fa un’ampia recensione del recente (lavoro di A. Codignola: -La Vita e gli Scritti di Goffredo Mameli », edito dal « Comitato [per le onoranze a Goffredo Mameli nel lo centenario della sua nascita», in - Giornale di Genova » (Genova, 4 Settembre 1927) col titolo: Nel centenario di Goffredo Mameli: L’Annunciatore. * * # Filippo Papa nel giornale «Il Corriere di Catania» (Catania, 4 Settembre 1927) pubblica una breve nota commemorativa dal titolo: Goffredo Mameli. » * * Magni Mario nel giornale -< Voce di Bergamo » del 5 Settembre 1927, pubblica una breve nota commemorativa dai titolo: Goffredo Mameli. * * * Su La Vita e gli Scritti di Goffredo Mameli, i due volumi editi recentemente da A. Codienola, a cura del « Comitato per le onoranze dà Goffredo Mameli, nel centenario della sua nascita» si intrattiene a lungo Arturo Saiucci in · Il Lavoro» di Genova del 16 Settembre 1927. 274 Spigolature e Notizie CaiHissa Umberto Vittorio, con la viva .passione cli’egli nutre per tutte le nostre memorie patrie, scrive una simpatica nota sulla Mostra Mameliana, inaugurata ai primi di Settemfbre meli Palazzo Rosso a Genova, in «Il Lavoro » del 6 Settembre 1927. * * * Giuseppe Mazzini per gli scritti del Poeta, è il titolo di un (breve cenno commemorativo su Goffredo Mameli dovuto a F. E. Morando comparso in «Corriere Mercantile» di Genova del 6 Settembre 1927. * * * G. Giglioli Quirino, in un articolo dal titolo Mameli dopo cent’anni, ipuibblicato in « Il Giornale d’Italia » dfi Roma del 6 Settembre 1927, traccia un breve cenno commemorativo del poeta-eroe. * * * 'Raffaele Calzini -descrive le impressioni di viaggio riportate navigando lungo le coste deìlla Corsica in un articolo intitolato La Corsica s’allontana, apparso in « Il Corriere della Sera » di Milano del 7 Settembre 1927. * * * Parlando di Goffredo Mameli è il titolo dd varii' articoli di Giuseppe Baffico pubblicati in « Il Secolo XIX » di Genova del 17 e 27 Luglio, 12 Agosto e 3, 4 e 8 Settembre 1927. * * * Ricordi d’incursioni turche sulle .gpiaggie (liguri evoca A. Ferretto m « Il Cittadino» del 9 Settembre 1927 col titolo : Il saccheggio di Montaretto e di Bonassola. I * * * Filippo Noberasco traccia in «Il Cittadino» del 9 Settembre 1927 la storia e la vicenda de La Ceramica Savonese. * * * La prima gloriosa impresa della R. Marina Sap.da è ricordata da Giuseppe Moiin _n « H Cittadino » del 13 Settembre 1927. Lo scritto interessa .particolarmente Genova per i .personaggi genovesi o liguri che vi sono ricordati. \* * * Giorgio Doria e gli albori della libertà è il titolo d’uno scritto di F. E. Morando in «Corriere Mercantile» 16-17 Settembre 1927. Vi si recensisce un recente libro di Giovanna Gallo sullo stesso argomento. * * * In «Giornale di Genova» del 17 Settembre 1927 G. Miscosi parla brevemente de I Liguri di Avellino. /* ■* * Il mancato matrimonio tra un Principe (Sabaudo) e una Granduchessa (Toscana) nel Seicento è ricordato da documenti inediti in « Giornale di Genova » del 17 ettem re 1927. Lo scritto, firmato I. G., ha referenze alla storia Ligure coeva. * * * Una Basilica Pontificia (Vol. X, 1927,, Fase. Ili), e dopo di aver ricordato gli oggetti preistorici venuti alla luce dal sottosuolo conclude « che durante l’età delia pietra un gmipjpo di Liguri abitava il promontorio di Priamar » e dai tuguri ivi costrutti molto tempo prima deila conquista romana sorse il primo nucleo dell'odierna Savona. ,* * * hmilio Tixi pubblica Garbùggi d’amó : Commedia brillante in tre atti (Tip. Elzeviriana di Savona, 1927). Vi è annesso O Centenâ de San Francesco, Scherzo comico in t’unna scena. % * * * Tn memoria del Dott. Cav. Michele Bolloli l'Istituto Marino Ligure L. Merello pubblica una 'breve necrologia •(Savona, Stab. Ricci, 1927) per rievocarne la figura di combattente e la sua opera presso l’istituto stesso che lo ebbe per due anni direttore. * * * M. Mar chini, pubblica ^una monografìa su: Genova, la dominante del Mediterraneo, in >· Quaderni Fascisti ». del Bemporad (Firenze, 1927). * * * Intorno al Traffico del porto della Spezia nell’anno 1926 pubblica un interessante rapporto la Camera di Commercio della Spezia, (Tip. Moderna, 1927, 4o, pp. E2). * * * In « Giornale di Genova » 24 Settembre 1927, collo scritto Manuel Belgrano, •i Spectactor » (ricorda il (ligure resosi nell’Argentina illustre. * * * Nello stesso numero del medesimo giornale lo scritto Dje duelli, due morti e sessantanni di relegazione firmato I. G. evoca ailcuni ricordi di storia ligure-nizzarda. * * * In « Il Lavoro » del 25 Settembre 1927 « Ars » parla di Genova negli Scrittori del Settecento. 276 Spigolature e Notizie Ricordando Umberto Villa in «Corriere Mercantile» del 27-28 Settembre 1927, F. Ernesto Morando traocia il profilo dello scrittore di cose genovesi testé scomparso. * * * La R. Deputazione dì Storia Patria per (Le provinole parmensi ha tenuto il 20 settembre scorso sotto la (presidenza del Senatore Giovanni Mariotti, un adunanza al Passo della Cisa, per iniziativa della «sottosezione di Pontremoli, con lo scopo dii trattare alcuni temi interessanti Ha storia della Lunigiana. Ê stata data lettura di una memoria di Manfredo Giuliani sul tema: L’amministr asiane del sale in Lunigiana in una memoria inedita di Alessandro Malaspina, contributo alla storia ignorata dell attività politica del grande navigatore lunigianese negli ultimi anni della sua vita. Ubaldo Formentini ha riferito sopra un argomento interessante la storia g i u ri d ioo-pol itica deir Alto Medio Evo nella regione tosco-ligure : La tenuta curtense degli antichi marchesi della Tuscia in Val di Magra. Pietro Silva ha palliato delTcfpera : I Castelli della Lunigiana, testé (pubblicata a Pontremoli, rilevando il pregio dell edizione, e soffermandosi sovratutto sulla ibelila monografìa introduttiva di Piero Ferrari e sulle illustrazioni dei singoli castelli sordtte da Luigi Bocconi, U. Formentini, N. M. Conti. Seguirono due comunicazioni, una del Prof. Don Emilio Cavalieri, sul tema: L Archìvio Comunale di Pontremoli; l'alta a deilOn. Dott. Giuseppe Micheli sopra Una cessione di beni in Val di Taro fatta dal Monastero dell’Aulla al Comune di Piacenza (1218). * * * La letteratura sulla famosa Contessa di Castiglione (la march. Virginia Oldomi della Spezia) s’e arricchita idi un nuovo volume dovuto ad Aldo Mazzucchelli : L imperatrice senza Impero. .* * * La .Rivista di Antropologia» edita dalla Società Romana d'Antropdogia sotto la direzione di G. Sergi, ha pubblicato una memoria d'antropologia archeologica e ingiù stica di Giovanni Sittoni : Liguri e Celti nella Liguria Orientale (Estr. Roma, presso a ?ede della Società, 1927). * * * Il Bollettino periodico del Comune della Siezia, Anno V, nn. 1-3 pubblica. Formbn tini Ubaldo, La Spezia, il suo duomo, il nome, il blasone, lo maschera (pp. * * * Negli « Atti dell'Accademia Lunigianese di Scienze Giovanni Capellini », anno Vili, fase. II: Ferruccio Sassi, La politica di Nicolò Fieschi in Lunigiana ’ Lanfranco Bellegotti, Un nuovo menhil scoperto nell’Alta Lunigiana <>pp. Μ. Conti, Ipotesi sui Sengauni e hulle statue menhirs (pp. 101-103). * * * In occasione delie feste· francescane il £P· Bonavent™ C. Giannini ha dato alle stampe: Trittico: S. Francesco - L'Italia - La Spezia (Finalborgo, Casa ed. . 1927), con notizie storiche sui convent. francescani della Lunigiana APPUNTI per una Bibliografia Mazziniana SCRITTI SU G. MAZZINI PUBBLICATI ALL’ESTERO Λ Morando iF. e Mazzini poeta, in « La patria degli Italiani », Buenos Aires, 10 giugmo 1927. * “ ““ » - · " *-«»> ■ Ammuso' Voue, La nazione neW aposhUUo di Mazzini, In „ Adula „ Beïïmzoma, 19 gi-ugmo 1927. ’ Breve excursus intorno alla dottrina delia nazionalità in Giuseppe Mazzini. Manfroni Camillo, Mazzini nell' intimità, in « Progresso Italo-Americano », New York, 21 agosto 1927. È r.,pubblicato la recensione del voi. della Richard*, tradotto da B. Pareto Ma-g lano. Lettere a4 una famiglia inglese, cit. - Notevole questo giudizio dei l'ì iT11· Bichards: «Apro a caso il secondo dei tre volumi e leggo “ ri “a * a Rlchar:iti' «ueeto giudizio sul governo sardo del 1855 dopo 'a di Crimea· : . Corruzione, dispotismo militare e tiraimia ch“° SOVra’“ 0ra ehe 11 Mazzini, sdegnato per la politica del Cavour che ave\a spezzate con l’alleanza fran«wnglese le sue speranze di rivoluzione InT**,,βίΓ "?e"‘*T“te COntro Garitoì'i:·· «»<«> Ü suo fedelissimo Medici contro tutta gli altri, che avevano accettato il programma nazionale sotto gli auspici .sabaudi, ogmmo caipisoe, spiega e giustifica: ma cho una straniera ^LeJ;amParri· eÆ£(Tatl^me ^rok·· «a*a ohe una sola riga, non dirò di ™ “a dL “faellto e dl eiuetiflcatìone richiami il lettore italiano ad una meno passionale visione dei fatti, mi è dispiaciuto, tanto più che non è questo il tolo caso m cu. della verità storica da questa signora inglese si fa s^non «ose ter limitata conoscenza dei fatti, o per convinzione politica » w“hirI integralmente il giudirio del ìlanironi, trovandoci d'accordo OPERE E SrlUDl SU G. MAZZINI PUBBLICATI IN ITALIA Cremona Cozzolino Itala, Maria Mazzini ed il suo ultimo carteggio, Genova., Casa Edite·. Imperia, 19Ê7. Ê uno stud;o condotto dalTA. con molto amore e con molta cura. Il contributo però ohe i nuovi documenti portano alia biografia manimun, è 278 Bibliografia Mazziniana Vairo Francesco, Mozzami .e il suo cuoco a Gaeta, in « Giornale di Sicilia », /Palermo, 12 agosto 1927. Il Vairo, attraverso i ricordi (personali di Lorenzo G-ioia, albergatore, i qu e prestò affettuose cure al Mazzini detenuto a Gaeta nel 1870, narra curiosi epi intorno alila breve dimora c’è!!’apostolo nel Castello Angioino. ARTICOLI VARI IN RIVISTE E GIORNALI Sorbelli Adriano, Mazzini e Bakownine, in « V Archiginncisio », Bolo igna, tgieamaio^a{p.riile 1927. . Breve ma nutrita recensione del voi. del Eosselli, del quaJe mette in ri.ie grande im^portania nella letteratura mazziniana». _ __ Una lettera di Mazzini a Benœnwzegh, in « Israel », Firenze, 2 igioigno 1927. . ... .. È (pubblicata una lettera che ai attribuisce a Mazzini degli -Ultimi mesi del grande Apostolo, riguardante il (problema religioso. Bibliofilo (II), Balbo, Mazzini e Gioberti, in « Corriere dell' Lrpinio », Avellino, 11 giugno 1927. Breve recensione di vari staili di F. Lando^a eu Mazzini, BaJ,bo e U.oDeni. Morando F. E., Contributi alla bigliografia mazziniana: LXXVII lettiere inedite a 1Luigi Pianciani, in «Zi Messaggero», Roma, 1/ gJU-gno 1927. . Recensione della pubblicazione già accennata di Armando Lodolini. __, Lettere ad una famiglia inglese di Giuseppe Mazzim, in « Domani del Piemonte », Torino, 18 giugno 1927. Mae-iiamo Breve recensione deile Lettere ad famigli inoUxe, tradotto da B. Maglia Pareto. Bellorini Egidio, Un amare di Giuseppe Mazzini, in « Provincia di Pa-dova », 21 -£iuignio 1927. Ampia recensione del voi. Lettere d’amore, curato da Oaetano Gaaperom. __Rovine (Dalle) della Repubblica Romana sfavilla^ una grande idea, in « Regime Fascista », Cremona, 30 giugno 1927. Eei>ub- Breve riassunto degli avvenimenti militari che portarono alla caduta della Rep •blica di Borna, e della parte ohe i! Mazzini vi prese. Zini Zino, Mazzini e Nietzsche, in « Paraviana », Torino, Giugno 1927. Lo Z. prendendo lo spunto dalla pubolicaznone delta ^"cre p Niotzeoh«, e si intrattiene eu l’incontro avvenuto sul Gottardo nel 1871 tra *. «ιβκ G. Mazzini. Imperatrice Pasquale, Il ribaldo Mazzini, Ü masnadiere Garibaldi, ü famigerato Pilo, in « Voce del Popolo », Tarante, 2 'luglio 1927. Si publicano tre circolari riservate della poliziadel 1854, tratto daU Archivio del Comune di Mottola, riguardanti Mazzini, Garibaldi e Pilo. Bibliografia Mazziniana 279 iRobustelli Tanuccio, Mazzini romantico, in « La Gazzetta », Messina, 23 luglio, 1927. Bozzano N., Curiosità di tempi attraverso le lettere id' una madre, iti « Caffiaro », Genova, 23 higftio 1927. È un breve excursus attraverso l’episWtorio dd Maria Mazzini col figlie edito anni or sono dal L/uzio. Battaglia Sebastiano, Mazzini nella scuola, in « Popolo di Brescia » 23 Ituglio 1927. ^ ^Stìvfere”1-0 dl ™* otmtereilza recentemente dal B. a Castiglione delle Manfroni Camillo, Mazzini nell' intimità, in « Resto del Carlino » Bologna, 28 luglio 1927. Ampia e acuta recensione del voi. teiere ad una famiglia inglese, tradotte da 1®rebo Magliano (Cfr. in questo stesso numero gli « Scritti su Mazzini pub-blacati al l’estero » ). G. A. A., Un' illusione dii Mazzini su « V armo fatale », in « Il Messaggero », Roma, 29 luglio 1919. Ê un'ampia recensione del vol. XXV d^'Epistolario mazziniano (ediz. naz.), che contiene le lettere del Mazzini dal luglio 1851 ai settembre 1852. < Maria Mazzini e il,suo ultimo carteggio, in « Giornale del Friuli » Udine, 29 luglio 1927. Breve recensione del voi. dii recente pubblicazione di I. Cremona Cozzolino : « Maria Mazzini ed il suo ultimo carteggio»». Mazzini e Bakounine, Sin « Il Giornale di politica e di letteratura », Breve recensione del voi. ded Rosselli, cdt. 'Pisa, laigtfio 1927. *D. Cl., Mazzini Giuseppe, Lettere ad una famiglia inglese, in «Nuova Antologia », Roma, 1 agosto 1927. Breve recensione delle Lettere ad uria famiglia inglese, cit. G. A. A., Mazzini e lo sciovinismo francese, dn « Il Messaqqero », Roma 3 -agosto 1927. G. A. A., continuando la recensione del vol. XXV dell •Epistolario masziniano (Cfr. «U Meeeaggiero » del 29 luglio) tratta in questo articolo delle aspre polemiche ohe il Mazzini ebbe nel 1852 con* i socialisti francesi. Lodolini Armando, IX agosto : Maria Drago Mazzini Iti « La Scuola fascista », Roma, 11 agosto 1927. Breve cenno commemorativo di Maria Mazzini. Vampa V., agosto 1852 - A Maria Mazzini, in « Mare », Rapallo. 13 agosto 1927. Breve cenno commemorativo di Maria Mazzini. (T) , L epistolario di Giuseppe Mazzini. Dal «profeta» al «cospiratore », in (( Osservatore Romano », Roma, 16 tagosKo 1927. È un articolo ispirato da una sufficiente acredine settaria. Attraverso il vol. XXV dell EpistOlario mazziniano testé edito, 3'ignoto autore vorrebbe dimostrare che «non cade soltanto il genio del profeta, ma quello altresì del cospiratore ». A Questo articolo risponde aspramente polemizzando l'Impero del 20 agosto. 280 BïBLIOGfiAFXÀ MtóziWiANX' . ^..... ■ _ ...... -. . . . îPoletti iG., L'artigianato d'Italia nei vaticini di Giuseppe Mazzini, sa « La Voce », Bergamo, 16 (aigosto 1927. — — Rispetto per «i Santi'della Patria, in uìLr Imperò- », Roana, 20 ago-isrto 1927. 11V) p _ Risposta polemica, all'articolo « Dal profeta al cospiratore » comparso ne vatore Romano del 16 agosto. --Maria Mazzini e il suo ultimo ;carteggio, in « Aquila », Aigriigie-nti, 20 laiprilie 1927. ' ■ r È ripu'blicato il breve cenno editoriale del vol. cit. di I. Greimona ozz pubblicato dal « Giiornale del iFriuli » del 29 liugibo. r--Giuseppe Mazzini,,'lettere ad una famiglia inglese, con inU od. di E. F. Richards 1844-1872 - Pref. di F. Raffini, tir ad. di Bice™'el0~ Magliano, Torino, .in « Italia che scrive », Roma, agosto 19L7. Breve recensione del voi. Lettere ad una famiglia inglese, cit. --Maria Mazzini ed il suo cartggio, in « Popolo Mai inaio », Gemma, -1 eetiteintoe 1927. 1 _ , ~.illlfÌ , A È ràpiibbOicato il breve cenno editoriale, già. comparso sull « Giocmale e nel giornale « Aquila » di Agrigento. Cappa Innocenzo, Mazzini studiente, in « Il Secolo », Milano, 13 seüfcem (bre 1927. __ Ampia recensione del voi. di A. Codignola sulla «Giovinezza di Mazza® . Ultime pubblicazioni ; P. NURRA — A. CODIONOLA Catalogo delia Mostra Ligure del Risorgimento (Genova, Settembre-Ottobre 1925) GENOVA Comitato Ligure Soc. Naz. per la Storia del Risorgimento Italiano Via Garibaldi, 18 (Edizione di lusso, di 500 esemplari numerati fuori commercio — L. 100 1927 P. B. GANDOOLIA In Repubblica (Vita intima degli uomini di Noli studiata nell’Archivio del Comune — Pag. 1-696) FINALBORGO - Tip. V. Bolla & Figlio - 1927 GOFFREDO MAMELI “ La Vita e gli Scritti,, a cura di A. Codignola EDIZIONE DEL CENTENARIO 2 voli, con 30 tavole fuori testo « La Nuova Italia » Editrice - VENEZIA GIUSEPPE MAZZINI / doveri dell1 uomo Nuova edizione con introduzione a cura di Arturo Codignola VENEZIA - « La Nuova Italia » Editrice - 1927 Direttore responsabile : Ubaldo Formentini ο lORNAI F STORICO E LETTERARIO DELLA I ΐρ,ϊ IDIA fondato da ACHILLE NERI LlvJUiyiA e UBALDO mazzini » » NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini A N N Ο III. Fascicolo 4 ^927 Ottobre-Dicembre SOM/AARIO Ubaldo Formentini, Leggende della « Maritima ». 11 Viandante - Vito Vitale, Studi su Goffredo Mameli e i suoi tempi. — Pietro Nurra, Genova durante la rivoluzione francese. La cospirazione antioligarchica — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Louis Ulloa, Christophe Colomb catalan etc., (Giusepppe Pessagno) — Adolfo Bassi, Armi ed amori nella giovinezza di Ugo Foscolo (Vito Vitale) — Silvestro Bassi, Il Castello e ΓAbbazia dell’Aula nella storia della Lunigiana (A. Saiucci) — SPIGOLATURE E NOTIZIE — Appunti per una bibliografia mazziniana. GENOVA Stab. Tip. G. B. Marsano 1927 Giornale storico e letterario della Liguria NUOVA SERIE diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini. COMITATO DI REDAZIONE: Giuseppe Pessagno, Pietro Nurra, Vito A. Vitale. L’annata 1927 esce sotto gli auspici del Municipio e della R. Uni versità di Genova, e del Municipio e della Società d’Incoiag giamento della Spezia. DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: Genova, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 18 CONDIZIONI D’ABBONAMENTO. Il Giornale si pubblica a Genova, in fascicoli trimestrali di circa 80 pagine ciascuno. Ogni fascicolo contiene scritti originai., recensioni, spigolature, notizie e appunti per una bibliografia mazziniana. ABBONAMENTO ANNUO per l’Italia Lire 30; per ΓEstero Lire 60. Un fascicolo separato Lire 7.50. LEGGENDE DELLA « MARITIMA » IL VIANDANTE keggerudie diedra Maritima in/tendo quelite fiorite enitro il confine totaco-ligure Aspettato dai Longolbardi meflll·’ invasione, riimasito quasi un cear-tihio magico, a traverso de catastrofi dellla dominazione bisanitiiina, longobarda, firamca, fin ohe non tfn creata, venso ila meftà djell X secolo, e separata daiDlia Tnslaila la Manca Jannensiis. Esse inflettono i fatti coimno-veniti e drammatici di qnieisita ikunigia età: Dia iLotta degli Iconoclasti, marnando prodigiosi aipprodi dii sacre immagini e nelkjui-e dial·!7 Oriente, le couse -dei Saraceni ie dei Normanni, raffigurati sotto l*a specie di mostri marini, o melila piltt/ura verace delllle loro imprese. Aflioune, cotmie l'a leggenda ded. Volto Santo, ettaro rd^diizai-anrL· liin tutto 1’ orbe cristiano, o, come qiue*llle delia diistazione dii Luni, balzarono dal Mieditenrameo ai! Mare dell (Noald, riecheggiando dovunque per vie lettera™, ailitre, fiorite in piccolissimo campo, perirono, o non le 'conosciamo che sai tardi rifacimenti. iSono prqprio queste icorne delie vecchie costruzioni romanidhe solito le masiohere dell Sei e Settecento, bisogna scrostare gilii intonaci per nutrovarvi M, e in tuiUto il Medio Evo la via roimea ned tratto tanei&e. •Ma i.n questo caso il biografo dii iS. Terenzo salva ili buoin monne della giewtie dell (paese* e ricetta tirttia la seisipomisalbiddità dieil mliisfa.-ttjo sui due stranieri Ohe i'1 Santo awa dielfcro, i qiualliii invero, fatta urna l'e^a coll siervliido-ramie, veouti presso Γ Avanza le 'assassinarono e spogliatolo lo seppediiii-rono sotto poca sabbia lì dov’ etna caduto. Dio non vd’lle ohe quieti coipo dieSt'inat© ai perpetui onori dal culto fosse corrotto ,innanzi tempo diali’ ardente cainiioolla era la fiine ’d'i' luglio— nè che passi profond conculcassero 'ili sacro deposito; e .sulbitamen-te urna coramella spuntò, s’ datoliti sull tramutio, spiegò le suie vigorose hrac-cija oamtòhe dii flmitti vermiglili a protegge Alo e, come fu notte, una liuce soave, splendidiiissiana v,i brillò sopra. Non dice ili radconto in che stato provassero ili cadavere vescovo, clero e ipopolo accorisi in processione al ripetersi per più .notti dell dlivino segnale; ina qraaato è .proprio il punto stonico dèi miracolo. Qhiè, forse, un caso di proluinigata imiconruzioine defila satolla, prova classica, diremo, deMezfiOBie diiviina, grosrtriifioato sotto 1’ aspetto’umano dalla ipuna e 'sanlia vita del buon romèo, suscitò Biufl; ta-nnullo appena 'discoperto uno di quei sommami processi dii canonizzazione popolare, di cui possiamo initenidere i moti-vii e 1’ intreccilo psicologico ricordamelo il racconto dello stàretz Zoeima in Dodtojewskij. Quindi il w-tum seduta stante, .e la ded&ccvtio all culto diefflT odorifera Salma. iLa leggenda, sii sa, ritorna suii fatti con ali di poesia; e si capisce che di' mi- -racolo dela cornicila è un tapreisttiito, la segnalazione luminosa, che ritorre in terni/ini pressoché identici nella storia dii S. AniaJldo, uno dei tanti riflessi della stella deil Piresèipe. Urna contesa per il possesso d’ una reliquia era il fatto più comune in caso dii simili invenzioni; sappiamo come s’ .azzuffassero Jiunesi e lucchesi per il Volito Santo; ma quii 1’ anonimo non dice ohi fossero -i contendenti e come si dividessero le parti; sembrerebbe trattarsi piuttosto d’ orni’ onesta discussione fora ohi voleva erigere un tempio -nel 'luogo del-Γ eccidio e chi vedeva trasportare He reliquie -in ciltità, controversia decisa con la prova dei giovenchi indònm. Importa osservare i.n anodo particolare, su questo puinto, le contaminazioni dalllia nostra con la leggenda del Volito 'Santo, coetanea, almeno nei larghi temm>im)i dell’ età finança. Con V identica prova si decide imitatiti ffl trasporto della miraJbiile icone a Lraoca; ma la versione è tarda (1); non ne pariamo gli apografi più antichi nè in particolare il famoso racconto del diacono iLetooimo (2), (1) La registra primo il Feanciotti, Historia della vita dei flanU, Venezia, Cambi, 1629, pp. 145-146, avvertendo /però che queste» è una variante al .racconto degli antichi mss. ,(2) Ms. meanbr. dèi sec. XIV neLla Biblioteca del E. Archivio dii Stato in Lucca. Cfr. Barsoccdini, Ragiona mento sul Voltç Santo in MI)G, V-Ι; Sforza, Bibliografici sto--rica della città di Luni ecc. cap. IX. Leggende della ·« Maritima » 285 mienitre liepisodiio toma cost'2tó|iieaii|éóiite niellila tradizione ilumiigiaineee dédia stessa leggenda, come sii può desumere da/l ricordato .Larudimellfl (1). Perciò non è ili caso di dii/rie che la lleigigeaida d'i S. Terenzio dell Bàjrdiime abitila laititii-nito dalie tante edizioni della leggenda ded Volito Santo, quiairudo è da crederei invece ili fialtito contrario. l>eil rèsto n'eife retgioni d*dllle cave, dove ili traino dielii bovi eira d1 uso amtichistsitmo pieil tmasjporto diei marrani, una siffatta formila dii trar le sorrdi poteva appartenere all costume .ed aflflie tradizioni popoiliairi più votaste. Ecco ora testualtaenite 1’ e\pisodlio riferito dail LainidiimeOilii, di siud nuanoscriltito tneicenteisico, serbato n>ed3a sua àingenuità e freschezza, nonostante quallche fronda detterartia. « ... Prevalse noni dimeno ili parer d,i queflJlli ohe per levar se gi/udica/rono •ohe sii dovesse rajcicoamianidare alila sorte ; icosi trovati diue giovenchi non dormati amcjoira, ed adldesitmaitilLi· sotto un carro muovo, sopra vi composero il corpo samto, isiuipipillcaindo Dio· ohe quello conducessero ove maggiore apparasse -la gdoria sua; cosla nrnravigliosa, non prima furono fatte queste isoj;p{piliioaziiomi, li igjiovenicihi, lasoialto HI piiatno, con passo veloce presero carminino verso i monti, seguitati dall vescovo, d'ai suo dieno e dia gran parte diel papjodio, e venuti alili’ alito ove una ricca donna teneva um suo podere, quivi isi stesero in. piana terra riimajnieindlo immobili, nè bastò forza umiaina. a tarlili muovere, ifìmdhè ila donna, imsipiitrata da Duo, e con speranza che quietila fosse la stanza da prepararsi per ili1 isainito, gflieme fece (libera donazione : ma non successe id faitito coimformie a3 siuo ipieinisiero, perdiiotocihè gili giovenichi si alzarono da terra, e seigurirono il -loro viaggio sino alia maiggiilore isoanimiità del momte, donde poscia, scendendo 'per M· dedllivio, giunsero ad un allltiro monte opposto, illi quade «era diffidiUiisisiimo a sclhavaire ed impossibile a pass aire senza id sov rano aiuto. Iene va (poco lontano dii là ,ill vescovo Gualiterio una sua viilila, e quivi aveva di già avvisato 'dii coHllocare il· santo, e si affligea e piangeva per le tiante diffrcoütà che gHi si paravamo innanzi, e dd monile ohe gdi ostava; iutfìne ri-Icorrendo ΜΓ orazione dei suo cileno e (popoflo, fu dad siginone Iddio benignamente pousodato, peraioochJè qiuie'l monile, ohe im|pediva idi transito: /die11 Santo, vsi apersie e divise ned1 miezzo, e diedJe taailto spazio ai gnoveruchi dhe potessero passarvi cod carro, ed arrivare sud luogo ove da Diio benedetto era jdeteinmiiiniato si franassero, e vi fabbricasse id siuo tempio ail /suo isfervo Terenzio; ili cdie seguì tosto per opera dei! vescovo, id quale •itoase per, Guitto ciò Guitto ripieno dii giubilo êd aüdegriezza spdirituade col suo gregge ». Ili Gerini, che jconre ho idetlto, attingeva alida medesima fonte, aggium-)ge um partiicoGiare che forse all .Landind'ili parve tmasourabiilìe : le bestie, idiiice, Je quali « aniuggihiiamido e quasi inferocite » avevamo condotto id car-ιιό med' luogo designato « laiblb e vetrate si amiblidue ad urna p)ozza, cre il vescovo Guadtien sudda tuie del XII sec. quei che avrebbe voluto imca-steflilare il pogTgfio per d.iiferndersi d'ai temibili signori di (Fosdtìnovo, non vi riesci, e dovette ventre a patta jcon iquiei top archi, rinunciando a tirar su ila fortezzla con 1 assicura 2^ione oh’ essi non avrebbero modestaito gdi uomini dedda vidda di S. Te renzio, suoi 'suiddìiti (1); ma insomma iiL riìchiamo dedda leggenda a que ©ti storici avvenimenti e cdiiaro. * * * La chiesia di S. Terenzio è notata fra le chiese immédiat aìnente soggette ad vescovo idi Luni neld’ estimo dei «secodo XV (2). In tempo più an ittico id vescovo arveva avulto ancihe signoria temporale de*l luogo e dleildia regione rircostante dhe possiamo chiamare territorio del Bardine, dad torrente ohe vi scorre, e si chiamò Qjmfatttì. nei documenti deld Alto Me il) Atto 4 agosto 1211; C. P., n. 504. (2) Sforza, Un sinodo sconosciuto delle dioc. di Luni-Sarzvna, (1470-71), in « Giornale storico e Lett. della Liguria», V (1904) p. 249. Leggende della -« Maritima » 287 dio Evo *c wrtis de Bardar ano. Le vicende «di flra i vescovadi da Lncca e 'di Lami, in teimjpo remo-tiiSfSùimo, peir le vicende vpoi delle· lo^te fona i Mtaflaspina e ili vescovo, ondle tramontò ila signoria feudale ‘dii quest’ uHitsimo nel secolo XIII. 'Due documentai deil secolo IX, sui quali dovremo tormjaate in seguito, dimostrano comte sul Bardiate e ordinò la resitdtuzlone in punto di morite, e l’esegu'iirono à ©noi eredi Isnard-o e Altaico (con atto soiLenne celebrato nel palazzo episcopa/le dà Sarzanello il 1° febbraio 1269 (5), nm pofr di nuovo i Malaspina dell’ -altra branca, i figli dd Corrado 1’ Antico, MoroeJHo, tManfìredd, Alberto -e i loro -nepoti, Conriado i(di Danite), Tomaso, Obizzimo itonnarono affll·’ assalito ed occuparono da villa di iS. Terenzio con (trutte o (juasi (tutte de altre terme vescovili della Val d’L M^agira, come e’ intende .dall lodo [pronunciante ad Orvieto il 1° maggio 1281 dial cardinal Gherardo di Sabana (6). Non è il caso dii seguitar più innanzi ìe vicende del comune di S. Terenzio, clhe dd vengono oscure iper buon tratto di tempo; certo, ise anche «il lodo idèi card/iInai Gherardo fu osservato idial Mafllaspina, del dhe non si-amo certi, il dominio vescovile non durò oltre la pace di Dante del 1306. (Premesso -queste notizie nessuno stupirà se noi andiamo a cercare le più fanitirohe memorie del nostro Santuario fitìa le carte lucchesi. Un atto delld·’ Ailclhivio airci-veiscoviile idJi iLucoa dell’ anno 859 reca infatti notizia d1’ un dliacono Radhipaldo, appartenente ad uno di quei gentili cleri-oald, così spessa nell7 età carolimgila nella diiocesi dii Lucca, il quaile godeva in parziale Ibeneofìcio Ila chiesa di iS. Terenzio e questa sua parte cede ial vescovo Geremia di Lucca. Trascrivo il documento dalli a no'ta edizione bertimdana (7) : In dei nomine. Regnante D'omno nostro Hludovxicus Imperato*)' Augusto, άτυπο, Xpto propitio, Imperii ejus decimo, i dus Oclubris, Indictione octava. Manifestu sum ego Raœhipaldms Diaconus, filio b. m. Gheri-paldi de loco Colu gnola, quia per kanc c artutam pro anime mee remedium offero Deo, et Uhi ecclesie Saneti Martini Domus Episcoporum istius Liicensis civitatis, u'bd Domnus Hiere iHieremiasi Episcopus esse Videtur, icLest illam peil Bardine e nom dii u,n? aiiniente in finibus Iwrvensis; e dà iinsieinie altre iind'iioajzioini toipograifìcihe dedllia località documentando per quadcihe tratto ia couutiigiuità dei fomdli vescovili di iLucìcìa e di Luni, d'ato fomda-meaita/le per intemidere de vdioemde dedilia dhliesa e dettila viildia di S. Terenzio, falle latto, dell 7 setteimibre 879, è urna (permuta fra Pietro dell fu Petri-(perto e Gienemiiia vescovo di Lucca, colllaiudiata diagid estimatori inviati, drue dall vesooivo stesso, diuie diail duca Adadlberlto. Id primo cede in loco ubi dicitur Pulicha (Poiìliiiga, frazione dell cornarne di Fosidfimovo) prope Colu g ποια finibus iunemis, un ipezzo dii terra con sedva ecc., che da un ilato Όomifìima con die terre dell vescovado dii S. Maria di Lami e cbaflDf adtro con quelle d'i S. Martino di ijucca ed è per nwnsit\t'as ad insta per tic ha mensuratas niodiarum se pienti et sistariorum quinque, e riceve in cam-diilo un a^pipezz aumento pure .in finibus Iwiiensis, che tifine uno de/i capi in rivo quod dicitur Pisciula (.Pésciola), a contini dii nuovo con de terre dleil vescovato di 'Lumi e con laditirii fondi imidentiifìcalbidi per i guasti dedda per-giarrneri-a; si leigigomo i nomi di 'luogo Log natie a e Ciceram.û, cioè gdii attuarti Lonjgiatica e Ceseramo neilda vaille dei Bardine (1). Queste notizie wrrehibero a con/fermare, secondo id racconto Leggendario *Γ eisistiemiza dedia chiesa ned secolo IX. Vero è ohe id vescovo Gualcherò, suo presunto fondatore, è posto, neddia croinotassi uffictade dedda diocesi al tenupo di 'Cauli o ili Grasso, fra gii i anni 882 e 884, dalte po siteri ori eitti sospira, citati. Mia tornerebbero a proposito le osservazioni da me faitte in .altro studio sopra da serie dei vescovi lunes i in questo se-oodo (2) : uni vescovo Guadtiero o meglio Waltarius dii Luni deil· ultimo quarto secoli ο IX, esse-r testimoniato da -una lettera di Giovanni λα II da- ti) Μ Ό L, IV-II, app. ih 53. Corregga la segnatura, «errata: 0. £5. (2) 1 vescovi di Luni nel periodo carolingio, G S L, XIII, *). βΐ. 290 Ubai.do Formentini taibiilie tra 14 dicembre 872 e ili maggio 873, ma la lite iia il vescovo di Lumi e fl’ .abate Guinliibaflido dl Bobbio, ricordata in iposteffiore chiptene. di Ottone II, lia oui moitizia è il punto dii partenza della cran ot assi < ιο-oesana, doversi ipiù ptrobaibilmente riferire ad un aJltiro Gualfaheri'Cvcon .temporaneo d' un allitro abate Guinibalido di Boibbio, noto peu un i|p o ma dfi Carlo Magno del 774 (1), e questa, e nan il Grasso essere il Oajrio imperatore cbe presenziò il placito aoceniruato nell diploma ο i amano, tanto più che la caiglon delle lite può trovarsi nell’ lampi® donazione fatta da Carlo Magno ailiT Abbazia Bobbiese, nella Marvhma, sm con- fini delie tenute cM vescovo dii -Lumi (2). , Non resterebbe durnque obe riferire gli a;vvemianenti deMia leggenm *ai piriani anni dell oregmo e deli’ impero carolingio, il che può farsi senza idbe ne abbia a soffrire la icredibiitóltà dei raiccomto negli aMn -suoi eie-(pienti. Il mio studio .era giunto a questo punto aMardhè un anoliiesta che ho oreduto di non dov-eir trascumare m’iba riportato in ailto maire. * * * QuiaiT è il raggio di diffusione del culto dii S. Terenzio, e v è prova o ,alkneno ind'iizio sufficiente che dovunque sia segnalato esso e.ruvi a Santuario ni ont ano dove si custodirono le . 81. (10) Atti 29 die. 918 (MDL, V-III, n. 1184), 13 e 30 luglio 939 (ivi, nn. 1261 62) 9 aprile 940 (ivi, n. 1271). 1 Leggende della « Maritima » 293 lungo iaJ)t>ainjdoaio : pro eo quod distillila esse agnovimus. A questo puiruto esce uni documento assai più antico «dei citati che oi parta ailIT età di Luiilprando; ed è 1’ atto dii fondazione d’ una chiesa dedicata a S. Terenzio neil iliuago detto in Vico Coioniensi (1), che gii editori delle carte tooohesi riferiscono senz’altro ala predetta chiesa dei Vico Eiliingo. Ma la cosa è dubbia. Che i:l Vico Eltingo si sia chi annato .poiana ohe cari questo nome \icus Colonierhsis o Vico Colonia non risuLta, per quanto io abbia po-itiuto vedere, da nessun atto : la lezione vico ILI Ingo è costante. li toponimo Colonia (il qu allié allude e vide n temente ad una tenuta data a colonia) volgarizzato néQllia maggior parte ded casi col vocabolo Cotognata, .ricorre in d’uveirsi luoghi dei carni-tati lüunese e liuicjdhese e im tutta la To-3cana; vedasi sub voce il Dizionairio del Repetti. Ma nan lo troviamo as-(sociato con -una chiesa del titalo di S. Terenzio se non nell’ aitto dell’ 859 3iciirannerite riferibile, come abbiamo dimostrato, al Santuario di S. Te-jrenzio del Bandiine. Il testo di quest’ atto, comparato col successivo del-1’ 874, chiarisce che ili luogo Colugmda doveva essere il centro del territorio ^circostante, un virus nel linguaggio del secolo Vili, che ancor conservava questo vocabolo anmiiaastrattivo ramano, come fu una curtis poi. Neir 856, infatti, iper determinare iil sito della chiesa di S. Terenzio $i diice in loco Colognola, sebbene realmente la chiesa fosse a notevole distanza da! viiLliag*gio di questo nome; nell’ 874, l'indicazione topografica del luc^o Puhìcha (iPufliga) è daJtia con riferimento a Colognola, prope Colugmda, benché ila distanza sia ancor maggiore che nel caso precedente. Néd daie casi 1’ espressione designa i larghi confini d’ un v ι-ρο, d una corte, e significa la dipendenza ammiinistratiiva di dati hioghi da un oenltiro dlistrettua'Le; e linfatti Colognola dà ancora ili nome ad una corte nel secalo XII essendo ricordata come tale in diverse bolle pontifìcie date aliL’ Ahlxazia di Canossa (2). Questi argomenti sono rinforzati da un dato diplomatico iimuxxrtamte, a parer mio: la /pelamene reca nel verso un breve regesto din questii termini: Dos ecclesie Sane ti Terenti in vico colon iensi edificate; ili manoscritto è sicuramente aissai posteriore al secolo Vili, forsé dèi XII secolo. Ora, è evàdente dhe, se la carta avesse riguardiate S. Terenzio di Marti κι, nella nota si sarebbe usato questo nome, o quelito dii Viico frlingo; questo è infatM la nonna costante di tali regesti nelle da/rte di Lucca, intesi appunto ad idèntàfìbare i soggetti o gti oggetti dai veetftoi documenti con indicazioni genealogiche e topogra-fiche coteinpomnee, come si può riscontrare in infiniti esempi. ■Per tutte queste ragioni non trovo dubbio che il documento del 728 non designi Colognola in Lunigiana coO nome di Viens Coloniensis e perciò lo trai*crrivo infegra’unente, nel suo rude latino che già sente il vol- li) MOL, V-I. e ixientiLfìoa-to, del nostro Santuario. .... Jesu X.ti regnante dn. nostro Liudprand rege, anno vegtui ejus septimo decimo indit. decima [undeoima] feliciter. T rasu aldo v. d. tivi Hecclesie Dei, et beati S. Terentii perpetuam salutem. Postea jurante Dominum omnipotentem, ego Trasualdo in meo proprio jure Hecclesia in fmorenn Dei, et ipsius beati S. Terentii in loco, qui vocatur in vico Coio-niensi, ubi avitare videor per manu.m artificum a fundamentis constru- xi... et die Sanctum edificationis tue, per hanc dKttis titulo medie tate jn\ de omnem vis mea vel conquisito meo, quidquid avire videor omnia medietatem in te S. Hecclesia cunfennavi, sicot enim factium est. Idieoque ydo du.no trado et cunfero tivi predite te S. Hecc. idest medietatem de casa mea, uvi avitare videor cum fundamento cum omnem intrinsico suo, idest terra vinea pratis cultam atque icultam, ulivetis silvis vergaris movile vel immovUe, omnia et in omnibus quidquid a me jus pertenet, media-tate de pecunia mea, et uvi ipse Eccles. fundata est, et aduc Deo juvatrxte acquirere potuero in potestatem ipsius Hecclesie set, et qui ividem re-servierit, omnia et omnibus, comodo superius decrivimus, medietatem de omnem ris nveain ejus Hecclesie sit potestatem: et tamen dwm ego ad vivere meruero in mea sit potestatem guvernandi: et exinde Deo ipsius Hecclesie laudem referri. Et pos viro ovito meo, quem ego demisero in ipsa S. Hecclesia sit potestave ividem serviendo. Nam nullatenus alie-nigiandi, set semper eius Hecclesie sit potestatem firmam et istavUem permaneat; ut neque a me, neque a posterus meus posset dismmpi. Et Leo-nacis indignus prebis ter iscrivere rogavi, et super sigum S. Crucis fleimus, et testibus optulit rovorandum pro cunfermationem istipulatione ispunsio-ne interposita. Actum Luca die et regnum et indit, snprascritta flliciter. Signum ^ ms. Trasualdi Autwris et cunserbaturis, et qui hanc car-tulam fieri rogavit. Signum ms. A hai di rogatus a ec. Signum φ ms. Tunaldi rogatus ec. Signum ms. Bah ah’ fili iis Alvarti v. d. tes. Signum ms. Aufridi rogatus testis. Quel che oi aipipare alila lettura del dotameonto è che la fondazione /deila chiesa dii IS. Terenzo non è (preceduta fdagiLi avvienimi enti descritti dalla leggenda, e, se anche questi si vogliono rid/urre alla puma deeori-zione idi rum cerimoniale, fili votum, .!ia dedicatio, mon è o/pera ried vesfcovo-e del popolo, nè la ohliesa è destinata im origine a ania/usoleo dell Samio. Transualdo, vir devotus, mon isùirt/uiisce, aria (rende omaggio ad un culto e v id eiiitetmente gii à accentato e di ffai .so. E una delle istüüuzioaiii private di diiese o -monasteri, ootsì numerose neflfl^ïttoo regno ilomjgobinrd de o, su cui gettano una nobile 'luce, quasi dii analiineonico ipresagio délila prossima Une (1), in singolare contrasto cori la posteriore età carolingia nella (1) Cfr. Volpe, rim e i Longobardi in « Stilili .Storici », X. 391. Leggende della « Maritima » 295 quale queste pie fondazioni lombarde divengono oggetto di una serenata speculazione. La oonclaisione nega/tiva (rispetto ailUa veridiicità deJllla lleggenda mon ermterefbibe ancdie a supporre olle ili documento predetto niiguardasse ili S. Jerenziio d.i iMjairibiia, poicdiiè icomuuinque si arerebbe îa prova tìhe moJto innanzi-l’et à da essa iimdicajtia. il cudto di S. Terenzio era -professato, senza reciproco iriferiinienito, m diue punti (lontani ideila Tuiscia. * * * »Ned rLcord-ato oalladogo delide chiese Lucchesi ded 1260 trovasi, fra le il'ldiali déplia Pieve Foscia/na, meUL’ adita Val dii Ser^clhio, un’ adltra ecclesia Sancti Terentii, (nel medesimo omino 'ricordata im ama a iota delia tìhiiesa della Piero anzidietita esistente neilft’Aincdiiivio ded Monastero dii S. Pom-ziano din .Lucca (1) e metta coiLletta d'efliLe decimi e per la crociata (2). Dalia balla di Alessandro III del 1168 che riconosce d confini e ‘la giuirLsdizdo-ne deiliLa iP.ieve Fosciaina (3) verniamo a sapere che il’ ecclesia Sancti Terenti fletti era una itfhiesa intitola/ta a qaiesto Santo, mna semplicemente /urna chiesa dedica/tia a S. Biagio, slitaata in una locailità chiamata Podium Saniicti Terenti, ·Γodierno Poggio (4). un caso 'analogo a qu elido che abitiamo verificato in (S. Terenzio al 'Maire ,nna qui iiiitrovtiamio la ragione dell nonne; ed è perdile ili Poggilo, con ila sua chiesa ,p arrocchiale, ipriaiuà d’ appartenere alULa Pieve Fosciana erano «stati compresi nella giuriidi-#ione d1 «un' altra vetusta Pieve, intitola/ta appunto a S. Terenzùo, dd cui centro era, ili presso al Paggio, meli lliuogo Rogiana; pieve e pago deserti alla idiata deliba balda suddetta e forse 'già da igrain tempo poiché i loro militimi Ticordi sono del secalo X. — a. 926, 26 giugno, ind. 11; iil vescovo Pietro ordina prete Pieftiro del fu (Riacluifaiso dn ecclesia illa evi nocccbulum est beati S. Joluw Batiste, et S. Terentii sita in locoy et flmbus Rogiana quod est ptebem baptismalis pertinentes ipsius Eccl. Epis, nostw S. Mafrtinii (5). — a. 943, 21 apr. lirnd. 1; id vescovo Corrado ordina simitoeniie nella detta pieve Prete Teuperto del fu Roaiifuafido (6). — a, 999, 20 luglio ind. 8; il v. Gherardo allMvelila ad Alberico e VàndgSIdo del fin Fraolmo i reddiiti consuetudinari dovuti dogli abitanti (1) Pacchi, Ricerche istoriche intorno alla provincia di Garfagnana, do©. XXX. (2) Ivi, doc. XXIX. (3j Ivi, doc. X. (4) Ririm, Dii. IV, 495; R. Rafaelli, Descrizione olografica storica economica della Garfagnana, Lucca, Giusti, 1879, p. 418. (5) MI)L, V ili, n. 1196. (6) Tri, a. 1296; v. auch^ altro atto fra i medesimi, 23 maegio 943, Ivi, n. 1297. 296 Ubaldo Formentini di Gareggiane, Opacìuo e Rogiana afilla pieve battesrinuaile di S. 1 erenzlio e β. Giovanni Baltitista .sita in questo niHtimio luogo {1). Questo ‘è lill breve icartanio della pieve. Qoiadi 'fossero i' priiiniitiivi confini dolila isua formiiare la ai uova pieve di Oareggime (3) c(hr «eblbe -sede melila vetusta chiesa di S. Pietro fonda ta nel 720. Tutte queste «notizie prospettano /la decadenza e Jo sfacèlo di urna antica circoscrizione eotìlesiaiàtioa, ohe, non sodo iper La nota ^presunzione generale, ma iper particolari iindizii, ima/nifesJta orna pieve fondata nei confini .romani d’rum (pago. Id ticponiano Rogiana (ricorie in egual sdito dt Pieve, neflF alilta Vad di Vara dov’ è .lia plebs (Le Rolnana attualmente S. Mania del'la Sesta e «similmente melila diiocesi di Modena dov’ è la ipieve di (Rubbiano nel Frignano, enifaràimfoe amtiiicbissiime e (presumibilmente originali. L’ etimo oamuné è sicuramente lobius, roseo. Ciò premesso, sebtbeme de notizie deil lenito di S. Teremzo in Rogiana siano documemlt ariamerute posteriori a quelile di Marlia e ded Bandirne, ili tro vario nel 'primo si'to associato con le vicende d’ un cen/tro mi igi.naitio i propagazione del Cristianesimo ci persnade ohe rid /ricordo di S. Teirenzio nisaJle rvri aild'a età eroica della fede. •Ci soccorrono a questo 'punito iitiquissinnae civitatbs desolatéone: In regno Danismaìrk. gens fuerat norrivanda quae anno DCCCLV1I civitatem. Lunae delevit et post aliquod tetnupus refecta per cives lucanos ite-ί u.in destructa fuit (1). Testimonianza confermata ned secolo XVI dia Giorgio Stellila, - in qniesitlL termini: Luna civitas..., iterwm fuit per Lucanos destructa prout extractae me docuei'e literae a Sarzanae episcopali basilica (2). E’ dia osservane ohe il lasso di tempo indicato da queste memorie, dopo Γ incursione normanna, da cui da/ta storica semlb/ra debba fìs-sars/L nielli 800 (3), ci /porta aflir età dell vescovo Guaicherio (II) indicato dafl-lia Qieggendta come Γ autore delia traslazione di S. Terenzio; cdoè comunque la leggenda avrebbe .incluso meli racconto nn fatto storico riferibile all pontificato di Guallcherio. Ohe la t/rad iz ione pop oliare faccia seguire la fablbrilca dellila chiesa al trasporto delle re/lfiqruie è ‘logica conseguenza dell /processo miracoloso che essa attribuisce al faJtito; ma la chiesa esisteva da più tempo, come dimostrano i docoumenit/i inmamzd riferiti, e /1’ esser una chiesa dedicata a S. Terenzio e neflfle condizioni topografìcihe più favorevoìLi per gairantire 1 incoHuimità defl deposito di firoimte al'le inouirsiomi marittime, furono la ragione deilla ecettiteu * * * Rettificato icosì ili racconto della traslazione è da vedere quali siano gdfi ellementi dieffiT «antico martiroflogio di S. Terenzio eh’ esso ha sexibati e i nuovi die vi ha sovrapposti. Appartiene alila vecchia tradizione da tigni ra dèi vescovo-mnairtiire, nell signi-fìctao genuino deilla parola, e si mantiene weHT iconografia, soLitiamiente tradizionalista, Ha qnaile assegna aJ Sanilo le insegne veseoviflâ e da paJlrna del martirio, attributo che sarebbe improprio per desigware solamente la vittim/a d’ ama grassazione. Forse anche nei paniticoilari dell’ leccidio si atrt/iene agùii atti died mairtire. La tradizione hmese insiste sopra il iberna dei vescovi uccisi d'agli abitaimti del lruogo ni entre andavano in giiro per le prediJüazioiiü o per le cure ded proprio ministero : vedasi ila leggenda di S. Ceccardo (4). Può .darsi che <1) Cyriaci Anconitani, Convmenlariorum ©oc., ed. Pesaro 1766, pp. 15-17. (2) G. Stellae, Ann. fìen. in RIS, XVII, 1214, (3) Cfr. Sforza, La distruzione di Luni nella leggenda e nella istoria, Torino, 1920. (4) Ofr. il mio articolo: I vesco-vi di Luni nel periodo carolingio, GLS, XIII, pp. 81 anche questa Incenda è duplice e concentra l’episodio d’un vescovo massacrato dai Normanni nell’860 con la storia d’un più antico vescovo-martire. 300 Ubaldo Formentini ili contesto or iemali e del roaittirodogio di S. Terenzo fosse questo appunto, cioè ohe non ai trattasse di uin vescovo martirizzato pei* sentenza dei magistrati, ma perito per marno degli uBtiimù pagani del imuinicipio lu-nese, la cui conversione deve esser stata landa se ancora nell; secollo Vili eti ,ritrovano neiir alta valile di Magra tracce del culito idolatra (1). supposizione aw adora ta dalla circostanza ridetta dhe ili caidito di S. Terenzo aJbìwa {fasciato il più antico segno in un pago de^la regione montuosa e interna dèi territorio ilfunese-ducchese. L’ «demento improntato allT età deilla tir ablazione con cui è stata ri-manegìgia/ta la vita di (S. Terenzio è di tema d'elde avventore del romèo, il ramamzo dedda strada. QLo avevamo pomtatto i profughi, dietro il miracoloso carro ned sodiftario irecesso della vallile defl. Bardane, ivi lo conserva rono come un ri cardo del paese abbandonato. Lentamente i post eri lo sovrapposero alila veridica storia defl Santo e ilo confusero con questa. I vescovo di Liumi, divenltò un vescovo straniero di passaggio neiLla citta o secondo la versione racconta dal De Rossi um pedlegrimo subitamente acclamato vescovo di Lumi a cagione die* suoi .meriti liiifuilsi nella breve sosta; gli episodi del martirio si scamibriairano con i pairticodan d un sem pìlice ifatito (brigantesco, mori raro fatto di aroruaca del/la via tromèa. Pure, se il raicconto del ipeflileigtrifno, in sè, ci dà utna rappresentazione fugace ma vivacissima deflde condizioni dii Luni ned secalo IX isotto la m/im acci a e»i piraiti, esso è a sua vofl/ta complesso e reca, concentrati, vari edemeniti c ie appairt engano a trad Morii· e ricordi storici di varie età. Innanzi tutto, ciò cli»e doveva coll/pire gtli aibitanrtu di Luni, o co 010 che stavano medila via /romlèa, nei «radi paesi, o spesso güi ospedali, ciò c e dovea dare a loro Ila sigmiifìicazione più alta dédia pietà e defila fé e, e suscitare, imeieme, in loro, la fasaimazione fantastijca e poetica, eia passaggio di grandi personaggi, riconosciuti sottto le vesti del pe e^mno, exuit purpuram et vilem induit tunicam. S. Terenzio è perciò d i/11 n na/tlalli, è tìoco, viiene con um corteggio /di serva; e sano (proprio queslte o\ i zie, con generosità caritatevole, quanto imprudente, dispensate, la camion dell’ eccidio. Se nom avesse dovuto farne um vescovo, in atocordo con una troppo soliida tradizione e forse con i segmi patenti di questa d'igni a n vedati dalUa sepoltura, ûa leggenda ne avrdbbe fatto il figlio ■ un come di S. Frediano e di S. Pellegrino. NeflOT indicare la patria scozzese del Santo può semlbrare ohe la leggenda aibbia uguaimemte acco ito un tema generico di fantasia: il pellegrino venuto dall estremi a mondo; ma un esame pilù accurato cri mostra in questo, come ne mo vo precederti e, id fondo storica La Scozia imtesa ned senso etmico^paMiKO del’ Alito Medio Evo, (ha dato gran Santi ad!1 AJltla e Medtia Fialia. u-nesi non potevano ignorare che dafltt1 Ibemia errano venuto nel secolo VI S. Colombano, ü fondatore dell1 abbazia di Bobbio, ed uno dei più gio- ii) V. V epigrafe di Filattiera del regno d'Astolfo, illustrata da P. Ferrari e da TJ. Mazzini. Leggende della i« Marittima » 301 triosi vescovi di Lucca S. Frediano. Niellila tiraidtiziione deJil; Alto Medio Evo io scozzese ineanimava il1 (pelitiegiri/n-o comte, oìso dia:*e, fino a quaOicihe tempo ia da noi Vinglese raippiresenitava iti tipo dielL tubista intomaz/ìonlale; lo dice Vattefrido: Scotorum consueto pereyrinanvdi jam pene in naturam conversa est (1). La conisuetaidime s’ apprende agili Angio-Sajseomii, ed è, in ìpinimo ll'Uogo, cost/uane dii re. Ili veaueiriaibaDe Beda narra di Cedvate re dei Sassoni docidentalM che medil1 amino 680 viene a Roma a ricevere il battesimo. Il suo epitaffio adìliuide ail vii aiggio friairittimio e teorestre : Sospes enim veniens supremo ex orbe britanno Per varias gentes, per freta, per que vias Urbem romuleam vidit..... .Noi mon sajppiamio, cent am Lente, se iü corn maino terrestire a cui afJlu-dono i versi fostse queiLlo dellla via .romèa meli tratto lai nese; e però proiba-ihifle ohe i pedJegmimi d’ oditor’ iA9pe diell secoflio VIII üramsitosseiro a Dumi, o venissero dia Bdbbao per da Maritima, o già fosse praticata la via dellla Gisa, o vai ti «sero a Lumi per mare (-tatìie è preciisamiente la versione raccertila daJ De IRossii per i\l viaggio dii S. Terenzio); trenteuseftt’ animi dopo ili successore dii Cedvadda, temi limò pour’ egli liil suo regno e la sua vita in ipellegiriimigigio a Roana; e atfdora (già sorgeva sull monte Bardone 1’ abbazia dii Lioitjpramdo e la coriente dei romèi ί doveva già esseri limcam-mimata; chè, diice Beda, 1’esempilo dei re era seguito diaMa nobiltà imgdese, laici, cdiierici, uoanimi e donne (2), costume registrato amoora nel secolo seguente qoiaei negli identica temnimi da Paolo Diacono (3). A. Lucca, adira sosta, coirne Lumi, dollio che la localizzaziome dei 'Cillito di «S. Pellegrino deve giudicarsi tarda forse propino nel ‘luogo che la isorte e (ili capriccio delire imivenzioiiiii poetiche (popolaci hamno designato -come sua vivente dimiora. Se plo/tesslimio ripetere a questo proposito le iur cerche fatile per Ile chiese dedicate a S. Teremzio, troveremmo dhe -la luiaic-cia di ,S. Peliliegiimo risaie a iben (più alltia. 'età : tositi citare una chiesta ^d/i S. Pefllegoiiino nel suburbio di Reggio nominata in carta dell a-nino 898 (~). Se noi ipensiamio due iPelilegrlno mon è mm momie proprio, mia veraimierutfe indica tun (personta^ggio anonimo, non chiameremo contradditoria illa (leggenda ipeirch'è assegna ai isuoii aititi tanta varietà di (tempi, mia con mag-.gior verità vedremo iin essa riunite varie edizioni cbeUa storia dei pellegrino. Ohe davvero ]a vita defl Santo, coni’ è raccontata, pei prende) e min dmgenno testo, dall Padi'e {Fraine iotti, è «troppo cricca e varia d a v ven tuirte, [per non apparire ia (prima visita un sminlto dii più è diversi radconti, •ogniumo dei quaili s’arricchì se è a suìa vto'litia di vietlii eleameiniti ti atti dalle vite dei iSamti Padri e diaMe fonti agiografìche più coim/um. Il Samto è intento, carne S. Terenzio, scozzese, è gran personaggio e fìgiio dii re, poco iimpoirta che iil Demjpsftier non abbia trovato ili nomne diell pirimcipe PeO e. g.rino negHii ammali dell' (saio regno, chè mon isi 'tratta dii um nome proprio, come aibibiatmo detto, inè qmelilo deil re Romano e dellla regima Pdanlt-uja snidi gemi tori; moi sappiamo ormai quale fondamento e siigmufea.to a > ibiano neilla moveMiitstica -popolare questi rifériimienitii alila Scozia. Come S. Te remaio, sopporta :le itirruici awentee die,lilla strada; è ais vetrina il romèo im v/isiilta della (tomlba de0 n. - ipo stolli e dei più ceiebri santiuiari del Mezzogiorno*. Poi df nuovo eremi suili’ Appemmimo ilucchese, vii termina im compagnia di S. Bianco 3a sua avventurosa vita, abitamdio, wutiriaato dallie fiere, i'I cavo di un albero ). Or comie .s’ è formata questa forse tairda tradizione dhe iocalizzia il Sanlto PietHlegiimo meUF Alpe lucchese ? Non v’ è, a paier mio, cosa più chiara. La ileggemda eom»miefìrancesii e italiaml, a {parte i rimaneggiamenti· le le sequele di pura fante francese, ili vero, ·Γ am/tico (romanzo stalliamo d’ Autcario ha la sua conclusione nell lido fra Lumi e Lucca, in un castellilo deilla Versilia, dove l’eroe (sostiene un assedio dii fèetfte anni, rimanendone l’oiltimo' difensore e l’unico 'abitante col (suo ca/vallo Broiefort. iLe tappe della via romea peofaonse dall (fuggente e dall^inseguitore fra Borgo 6. Domnino e la Ver-!iia «sono staite riconosciute sommariamente dall Bédier; ma occorre precisare. Per Foffmovo (Forniel) egli giunge a Pontreanoii (Pontramble) e sa incammina a Luni at tra/versando ailcuni luoghi che il Bédier non è lascito, dice, ad identificare; Guillet, Pierroi, Cerchamble. Il primo è senza dubbio fl’AoiMa, si confronti A guitta in atto del ire Ugo del 938 e nefliT itinerario di -Sdigerico di Camltorbery del 990 (4), Cerchamble è Sairzama; non (1) Per la 'storia *deUa istrada idi Monte Bardone nel M. Evo, v. Sforza, Mem. e doc« ;per servire alla 'storia di nach Luna, in « Mflit&heiilungen dee Inetit. für osterreich Geschichtesforschung » XXIV; Schutthe, Ber Apenninenpa-ss de* Monte Bardone und die deutchen Kaiser, Berlin, 1901; Mazzini, L’ epitaffio di Leodegar, in G.'S. L., X, segg. ; Ferrari Michele, Intorno alle origini di Sarzana, in G. S. L. L. n. serie III, 22 5 sgg. Per le notizie dell’itinerario nelle leggende carolingie: Rajna, Cria iscrizione nepusina del 1131, in A SI, XVIiII-XIX ; e princiipaHmente Bédier, Les légendes épiques, 3* ed. Paris, Champien, 1926, vol. II, pag. 214 e sgg. PI senatore Giovanni Mariotti attende alia relazione d’un ampio lavoro sulla via francigena, del quale i colleghi della R. Deputazione di Storia Patria parmense hanno avuto, a viva voce, un magnifico saggio. (2) La chevalevie Ogier de Danemarche par Rarrèhert de Paris, poeme du XII siècle ed. Barbois, Parigi 1842. Cfr. Bédier, Ogder le danois et V Abbaye de Saint Faraon de Meaux, in op. cit. II, pp. 297 egg. (3) Ed. Duchesse, I., pp. 488 sgg. (4) Μ. Ή. P., XIII, 944. Leggende della « M aritmia » ' » 305 4 isapa ed tioviare Plerroi fra. 1’ AuÛila e Saazama, nè Moichiira fina Sarzana e m. Fin quii, lia Icanzone recitia fan itinerario in piena concordanza, con tg i lalttri motissiimi d^eJ iMedfio Evo che üticordiano lia stessa, via; Γ a-zioaiie epiioa incomincia oltre iLunii, in runa sanie dii casteflUa, Γ orno all’ aü-tro fassai vicini, ohe, peil Qa Recisa (descrizione Idiel paesaggio, ima vagita palude stufila quale avanzano speroni dii nuda montagna (1) si fanno riconoscere iper li vecchi manieri Bongobardiici della Versilia. Ϊ»! primo dove Uigìgieni (sostiene (un (breve assedio di ire Carilo è un Icastello senza nome eletto aneli mezzo d’ un acquiMno : non è Ohe una difesa avanzata. T'Ctslto 11 eroe isi ‘dirige verso Barsemon, luogo in pia/mura, dia dóve si scorgono He due .fortezze dd Castetfort e di Mont Chevreol. Quest’ ultimo, «secondo il (giusto .apprezzamento de-1 Bédier, è il colile di Caprigfóa ad ovest di Pietiraisanta. Castel {Fort non identifie ab ile con nessun moderno toponimo è descritto come piantalo isu uno iscogülio, vici'no lailila ip(al*ude e ad «un torli ente naipido e nero, chiamato la Rosne. Credo che di torrente sia il’ antica. lesi dia, isrull cui braccio destro dn ailito si trova oggi ad villaggio dü Ruósina che paio un tempo aver dato nome all fiume, e perciò Castel Fort sita d amltico icaisfte'JlLo di iCor invenzione e la commoziionie poetica del caTiftore. a Oaiprigiia questi non ira più nulla dii 'raccoTutaire; Ogier passa senza far fronte agili inseguitori: non si sa perchè de viont ( hevroel li font 1* moni p nier, il suo cammino iriddiveinta υαι freddo itinènaffho, fìnidhè inori si perde dietaro le pallndi del Serchio e dell’Arno, cioè, io direi, noni tirami anta sul- V orizzonte defl moveililalore cine primo (raccontò ai piedi dellla ton e gUJi-diiinga questa vefcchria istoria defl castello e dei suoi signori. I signori di Corraja e Vallecchia, a/ntico ceppo baabamiico, aquiile aipuane, che tra la Garflagnama e la Versilia nidaftetairono j^er ogni forra delia giogaia sublime, possono aver conservatio u.n blasone delle loro più aortiche gesta. All tempo in cui si forano Γ edizione francese del romanizo d leggeri, niei {primi dell secdlo XIII, si potevano già raccontale le lotte, gl/i assedi, la distruzione die la ròcca di Coarvajta aveva sofferto da lucchesi e pisani, nia se è attendibile la dimostriizione del Varetzsch che iti mamtfunao fosse già anftico alla metà del secorto XII, d’altri più remoti avveniimenitii dove» cantore la leggenda. E perchè non proprio d' u*n fatto irwflFtare riie-ritwile ali r^no e alla catastrofe di re Desiderio, ned termiin-i /prefcisi de ncmiamzo italiamo d’Autcaonio ? Ohe Desiderio fosse salito ail regno dal ducato di Toscana è assai probabile (1) canmnque è certo eh’ egli in appoggilo dalde forze asinate dei Toscani contro Ile schiere ftraaisailpine congregate da Rachj (2). 1 sia o no in questa dotta un contrasto regionali*?, Desiderio Tiiimiane um per somaggio ra^preserttativo della Tuscia (longobardica; giacché non seanbra che deMja/no attribuirsi unicamente alila rlfivulgazione defl faJlso decreto viterbese i iiicoirìi di doni a Lucca carne fondatore dellle iiuura della città (3); 4>en può esser rimasto un ricordo ilei suoi atti utilitari Tl*l sane d1 una fiiarnigHa che quasi ceirtaünenie aveva flato dei guerrieri a e sue squadre fosse appunto nella lottia contro Rachi, fosse neftl estrema campagna comitro i Fnanclii. (Vero è, per questa seconda ipotesi, che la To se aria longobardica e la sua capitate accolsero pacificamente 3a venuta dei Franchi; tajftt a via il Voftpe ha raccolto indizi d’ona tenace se pur non armata resistenza, deQÙ’ eleonenito toscano all nuovo regno; e se i>ucca non fi) Cfr. Volpe, op. oit., pp. 402 -ìtì?. (2) Lib. Pont. ed. Duchesn*. p- 454. (3) Cfr. Cianblli Dii*ertazioni *ojrra In Moria I uechete, M DL. I. 38 «ws·. : Volpi. · cit. p. 403 e noia. i.Leggende della « Maritima » :J07 pmgnò, mesauinio ipuò escfluidiere uno o più epiieodii d/i iLsoilalta e ddjsperatja mesisfcemza, dei castellili, e specie iin quél vecchio ruido XomgoibairdiitO ch'era Iti Vensil/ia (1). Imsoanuna peruso ohe una canitamiinaziione di Leggende lorn-Ibamdie e K3aax>liinjgiie, quale ili· Bódiier, contiro ,iU Rajna, è riluttante ad am-aiiletibeipe a proposito ddlllia leggenda dii AdcMii, sliia «più ohe probabile nefDLa ( hevalene Ogier per il’ episodio di Castellifoirte. Ma vengono grufola sictia dei peflllegmim i jongleurs d’ Oltralpe, e, dove paisisano, ringiovaniscono o imvecchiiaino ailll’ età dii Oaorflo itiuMi i nostri raccoltiti e Ite norstre cainzoroi; iti Stime diaJilia ibairba fiorita è quei ohe iimuailza gllii anchii romani vi-àiitaiti daii ipeùlegirdini nidi loro viaggio, ed esgüü e i suoi palliateli mi, ridesftati da «uni sonino tfciigecoOiaaie «ail iriitmo dolile (canzoni, entrano, per esempio, auellll aironi dJegÜemte lobati zzare nril ctotel d’ Agfitnoilfo prossimo a Corvaja ed una dolile rocche d'i questo óoneorteria; <Γ altro è una traccia del longobardo dnica GuoianorH del secolo VI, conquistatore di Populomia, le curi gesta debibono aver avuto una (lenichiria, per quanto oscura, edizione lunese, (1) lì nome torre guidinga © torre flaminga, dato al castello di Corruja indica una fortificazione «rii confino. Es*a. «*>n gli altri castelli della Versilia (v. iper il pro^ eimo cartello d Airinulfo, appartenente alla <«te&«a conforteria il mio articolo Monti-gno*o. in Cantelli dolia Luni B0ff. (4) Jung, ÎAJ citiò di Limi r il ìuo territorio, AMDM, V - II, p. 267; ofr. iì m.* articolo Montiono*o, cit. I 308 Ubaldo Formentini ®e iti .cteuneee aitiate Nicolao, reduce dii Tenrasanfta nei 1154, raccoglile a L/uni questa tradizione : « in an’enis Innenisifbrus fuiisee speiumc&m ser-penrtilbus refertam cui Gunai»airus indudeibatar » (1). * * * L’ aaistocrazia mdiLtare longoibaadiiica sopravvisse alilia catastrofe dd Desiderilo; riparò e ri fiorì allT ombra degli i episcopi; mojfta conile nazione irdnaeque come oliasse. Insieme con d rudi rtaiecomt/i di guerra che i jongleurs de rapirono, essa aveva, isenbato un patrimonio di tm'en fieni ricordi. Erano quelli deMe chiese, dei moniasiteiri, dei rcaniitara dhe a cenilo i suoi figli devoti avevamo linnallzajti, restaurati, dotati e serviti; eriano He croniche dellle grandi abbazie regie, .gii esotici romanzi che avean battuto ailile .porle dei conventi e degli ospedali disseminati per le vie aperte (ai jieOiliegrinji' del settentrione d’ Europa; ivi, dovunque, in quell aura di reOigiosit-à awiodgente, quasi un*a nulbe d*limicenso, 1’ ufltimo secolio del regno OoiDiibardo, in quei tepore ohe aveva addollcito, fuiso, consumato la ferocia deliba razza, lentamente prosltramdola alila prefìssa sentenza deil Pajpato, èra spuntata la leggenda dell viandante di teKn'a lontana, del figlio del re venuto a spirare suMe sogtLie d’ pn santuario o a combattere coti demoni nelibe solitudini del più aspro Appellino. Noi non sappiamo se queste leggende abbiano avuto una vena redazione poeitiica, in questi (te^tii die aibibiamo, ritoccati dai cliero, sploigliiiati d’ogni disgressione, d’ogni episodio profano, ridotti >allo scihenna dei componimenti edifica tivi, degli specchi di perfezione o di penitenza, poi, nei più tardi rifa riunenti sin presso di noi, impoveriti, dissecalti, ostinatamente imlbaroc chdJtii, ci basti cogliere un qualche La«npo diete commossta fantasia dhe ie animò. UBALDO FO(R*MENTJNI <1) Ed. Weblauft, Hauciae, 1821; per «la bibliografia cfr. Sforza, La distruzione di Luni ecc., tp. 61 *,gg. La leggenda è di puro carattere nordico; Il Werlauff identifica Gunnar con. un personaggio della leggenda d’iAttila, non localizzatile però, ee^i oeee va, in Italia. Deve dunque /trattarsi del duca Uunmarit, che forse conquistò il Uu> ohe&e nei «secolo VI (Volpe op. cit. 387) e certo compare a Populorua fra il 574 e i ^576, dov’é ricordato nella leggenda dd 8. Gerbone, (Grigorji J, D\alog. Ili, 11)· 9 STUDI SU GOFFREDO MAMELI E I SUOI TEMPI La atonia diefl Risorgimento, sii sual dire, è amcoira da fare o dia ri-f»aü -e e 1 espressione, ohe ha assumito orrmai ili valoir di un luogo comune, ha imolfca (panate dii vero. Amkilbe ipiù esatto «sarebbe dire che sa sta ri-falcieindo con urna, prospettiva tanto più aanipia e sicura quanto più ci atl-lanitamiairno dia quell periodo e daJlDe passioni che lo dominarono e quanta più le foniti doiouimentairie che si vengono aprendo e si possono usufruire pennetitono unja revisione di moite formule convenzionali e di racconci steineatiipaimienitie trasmessi e Gristailiizzati nei giudizi pairtligiam o neìila retorica dei monumenti e dei diiscorsi comiimeimoiraftivi. Ainjohe per Gtemova e la Liigiuria iJl lavoro è assai ben avviato e, a nom voler prenderne le mosse dia più lontano, >Lo studio del Bamate sui moti -del ’21 (1), i >due votali idei Codignola sui Fratelli Ruffiimi e suilla giovinezza Lia sua perciò è la celebrazione del più puro martire deil Risorgimento, deM’assertore, con la poesia e gii scritti e razione sino alla morte, dell fratto nuovo dhe si compiva nefllT anima italliiana, defllla rivoGiuzione spirituale che sii manifestava nella vòlontà di essere nazione, a quafliunque costo. Qui non siamo di fronte a una deMe soiliite comnlemorazioni rumorose ma a una interpretazione e ad uraa simltesi gemiiiaRe e profonda quale 11 filosofo poteva fare e a crai le indagini deigli storici e ile pubibilicaziioni degli scritti mameldani hanno fornito il materiale. * * * ■Nel suo discorso il Gentille ha avuto occasione di ricordare c-hé il prof. Arturo Codignofla « ha scritto la biografìa deO Mameflii con riicer- (1) Goffredo Mameli e «i suoi tempi - Pagg. 396, Venezia « La Nuova Italia » Editrice, 1927. (2) Giovanni Gentile - Goffredo Mameli nel Voi. Mameli e i suoi tempi - Pag. 15*37. Studi sa Goffir e do M amidi e i suoi tempi 311 che axxwatiLss/iimie, con acuitine dii critico, con gran cojpìita dii documenti ini modo che sa palò ritenere deifìniJtiiva ». E taille appare intat/ti per Ila ‘larghezza deMbe indagini e l’imjpontaniza defllbà ricostnuziione e delle conclusioni. Le canate e i documenti del Museo Genovese dei Risorgimi enito, del- 1 Adicliiiiviio di Stato e deM’Archivio Universitario, quellle conservate diaJllla laflini'güia dei miairichesi Rovereto e altri fondi minori hanno fornito id miateriailie (piecr la ililcositiruzione biografica e storica. E notevole che ili Co-dliigmolia ditelli ajra senz’filtro di non attintaire vtaliore aJ3ìl*e postille amto-g^rajfe di Giaimlbialttlista Marniteli, fratello di Goffredo, a um esemplane de-gflà (( (Scritti » editili/ dal Barrili esistemte all Museo del Risorgimento, e aflàia biografia di Goffredo, dettata dallo ©tesso· /fratello quasi ottuage-naino, spesso in evidente contrasto coi fatti reiailmente accadali!. Questo spiega il freqaieote disaccordo soli dat)i> biografici, anche di notevole importanza, con un alltiro 'volente studioso, il Manruucci che nella prefazione meiliiiimi e ideali Zoagili. Ma isoi questi argomenti dii biografo sorvoli a discretamente come non sente il bisogno di riesnmare 1’ amicizia inifaintillie per ilei dell Mazzini iche la ricordò in commosse parole, le quadi non autori zziamo ‘tuttavia le tirate retoriche, le esagenazionli e le fiorettature fantastiche di chi, rappresentando anche id giovane Mazzini « geloso per lie convogliate nozze dedda sua compagna di giuochi », ha lavorato d’imnia-giiinazione su quell preteso « romanzetto sentimentale ». Comunque mon ìurono liete 1’ infanzia e la giovanezza di Goffredo, ed anfclhe per la gracile saliute eibibe in casa dalla madre i primi insegnamenti. Egualmente, a prqposito dei suoi maestri e degli stiudi secondai e universitari de conclusioni del 'CodiigmoHa sono diverse da queilLe degli aitili biogmaifì. A parte le questioni miinori, non amaniette, e con ragione, che il) Goffredo Mameli - Poesie, con introduzione © note di Fr. L. Ma-nnucci * Totrino.. Paravia, 1927, pag. LXXX-164. 312 Michele Giuseppe ‘Carnale, -cine gli fu poi aulico e ne -narrò ipnimo La vita, gili sia stato ancdie 'e proprtiamerate maestro. ΙΊ curriciclus dei suoi studi universitari, seguito 9ui documenti, tailvolita an eli e fotograficamente nijprodot-td, escluda o atltenua di molto l'episodio della punizione inflitto. ail giovane Mameli com Ila sospensione degld studi per un armo poi ridotta quasi a nulla. Si è trattato delle conseguenze di u>na baruffa, tm ragazzi e la persecuzione polditica al giovanissimo autore detliTode a Gian Luigi Fie-*9chi svanisce e con esvimeniio di coltura che prep«ara gli animi alle battaglili e dell’azione. Poco era noto degli atteggiamenti spirituali del Mameli in quegtìd ultimi anni, dei sudi studi universitari e le no*tizie incerte e frammentaitie èrano desunte per lo più daile prime poesie giovanili (Cfr. Manmucci p. XI segg. ). Ora uno spiraglio si apre con 1 attività del giovane in una accademia segreta politico-letteraria, 1 opera della quale riéntra e s’innesta su quel largo movimento di associamone culturale che ena, qui come altrove, sintomo di profondo rinnovamento e precipuo mezzo di preparazione politica * * * L''argomento, allargandosi dalla biograffa mameliana allo studilo di ambiente, induce il Codàgnòla nella seconda pa/rte del primo capitolo a un esame dei rapporti tra Genova e Torino, tra rarisrtocrazia genovese «specialmente, memore delfl’antiioa repubblica, tenace ned rimpianto dei vecchi privilegii e delle perdute .libertà e liberaleggiante per opposizione, amebe quando non lo era per intimo convincimento, e il governo piemontése sospettoso di quegli atteggiamenti che cercava d’impedire o d’atte- Studi su Goffredo Marneli e i suoi tempi 313 n'Ud7, COn oauta earvegJiaùrtt e anche feriora con prudenti .provvidenze (1). 1. amgomenito dei rapporti fira Genova e Torino è a base dii tutta la stona genovese del Risooignimmto e ha perciò una serie dìi stadi nelle opere (generali e in particolari lavori (2) ma manca ancora di una trattazione con ìjp lessi jva. e organica la quallie presuppori-e una sistematica esplorazione neLl'immenso materiale detl’Airchivio dti Stato di Torino. Intanto .ne paniamo tutti gfl/i studi miamelliani dà cui qui sii riferisce- i (pia- li dimostrano a quali importanti risultati possa condurre la ricerca do-•cuimieiiitairaa. Dopo la tempesta Hivoiltuzionairia ded ’21 nellla quale, a Genova come a 1 orino, più ohe per la costituzione gli amimi fremettero per la guerra contro lo stramieiro, Genova parve chiudersi in una passiva e sdegnosa resistenza di feinte all governo reazionario di Calilo Fel/iee, ma accanto alla sprezzante opposizione dei nobili e adii'opera spesso disordinata indeterminata incoerente (Mie sette cairbonare, una fucina di libertà, cen-tio vivo di azione per il xliisorgnanento nazi ornate si costituiva nei gruppo dei giovani «he si stringevano tra 11 1825 e il ’30 intorno all Mazzi™. L’arresto di lui e degli alteri caipi cantonali — non si può a meno di ricordare qui il magnifico studio ded Luzio su Mazzini carbonaro — determina un dfcsoo-ientamento; ma gli anioni si risollevano durante il moto deì-1’ Itailia cenitotaüe cfuarvdo a Genova, secondo un informartore francese, non si pensa più a una repubblica locafle ma a un Regno d’Italia col Prìncipe di Carignamo o ii re dii Napoli affila testa. Tuttavia si tratta di illusione di breve durata; e quando Calilo Alberto, saflito appena al trono, per opportunità dei momento conchiiude un’alleanza con l’AuSt/rna, la profonda e invincibile awersdioe antnaustrialca rende, di fronte affla notizia trapelata e invano smentita, più profondo iti distacco dal Piemonte e dal re e più facile la diffusione del verbo deffia Giovine Itallia, ■die ha fira i cajpisalldi del programma l’unione degli Italiani per la guerra contro i Tedeschi (3). Ed eoco tra i sospetti e i processati nel ’33 pa-irectìhi nobili ed ecco coi processi militari Ile sentenze e le condanne e il «uicddio di Jalcopo Ruffrni e ili sacrificio di altre anime nobili e le recriminazioni nalturaild e gli scoraménti e l’abbandono di molti seguaci e nel Mazziini stesso la. tormentosa orisi del dubbio. Su -piei processi del ’33-’*i, dopo quanto ne hanno scritto recens- ai V. Vitali - I n documento euU'amminùtratione comunale e lo spirito pubblico « Genova dopo il 1814 in lia Liguria nel Risor«rimento. a cura ded Comitato Uçuro della Soc. Naa. per la Storia del Risorgimento, Geiova, pag. 77 eg-g·. (2) Dati e notizie importanti, oktre che nelle storie generali, nelle vecchie opere del Martini e deUo Spinola sulla fine della Repubblica di Genera, in parecchi articoli dei Neri e nesrli studi citati del Bornate, del Codiamola, del R4deUa. (3) A. Colombo - La tradizione di Balilla a Genova nel 1846. in Goffredo itameli e i tuoi tempi, pa®r. 145 se??. 314 Vito Vitale mie-rote il Luzio, la Del SPIim e il Codiigmofla (1), aggiunge interessanti no-tiai'e Eugenio Passamionlti, preannuncio e promessa di un ampio 6 io condotto soli (( gigamitescihi imcartiam'emti » dlefllTAtrciliiviio dii Sitato Tonine se. In un imjportamte scritto iinteressiaailte Solido ben condotto il Paissa monti si occupa di Michele Giuseppe GanuaiLe, fiiguira modlto notevo nle vita genovese deil tempo, stoaTico e critilco mediocre, mia patriota ivo é fervente, tamii!o più notevole in quanto nei diversi aittegigiumiemti iisjpec chiia iil mrfare dediLe saturazioni e dellle correnti ideali, La speranza e varie sotlaizioni pratiicthe di una sola aspirazione e dii un umico 1 e. Maestro di Mameili fu détto (ed è ripetuto amidhe im ailicuni di qaies i s u dii recenti) ma nom è stato; amico sì, e per quiaJllc’he rispetto e saio piwnjo bdografo. Carbonaro ned 1830, passato con tanti ai n,^ , quemta/toni come lui ddBa libreria di Antonio Doria, cientro pnmJcapla diéi liberaii, ala Giovarne ItalMa, esercitò notevole attività mazzimi-ain-a, elbibe parte alila prepaa’azione diel moto dlefl ’34 mia fu assollito per misai fìcienza dd prove e quindi ancora sospetltfcuto e sorvegiltiato. Dopo id ’34 l’attività ded Cainaflle assolane un aUtiro indimi zzo e ai rivolge priinlcùjpaffmuemte adda codituna e nappresenita un assai importami e e fiuso movimento d’idee e uin ruuovo atteggiamento politico. A Genova, con intento idi educazione detlt'eraim e scientiiim, uscwa im quefld’ammo una nuova rivista id Magazzino pittoi ico wniveisa e, c ebbe anche gli elogi di Mazzini e dii cui ifu principale coddaboaatore i maHe. Lontana daippcrimia da ogni questione ohe potesse seni rare miiumque sospetta, la rivista, imitando i temupi e risci i iaram osi un l’orizzonte, assunse un caira/tteire più neltto, per opéra ajppun o e naHe, trattando questioni letterarie secondo la confceziiom niazzmi L’esame di questa attifvità (letteraria, compiaito (con -sagace 1 amenza Passamonti, mostra d'influenza imaiiediiata e con tinaia de i ay imi ^ scrittone che fai propagatore coscienzioso delle idee del ■ ^ a se non recò in quest'opera umla sicura nota personale. OOlbre c! critica id Canade portò la siua concezione romantica e nuazzamaama 1 ’uffiìcdlo dedda Qettenatura, e forse con migliori nisuditati, Tielda nove nel nomianzo e .piairticodarmeoilte notevole è il racconto Pao o a i ow y i*l Passamonti riassaime e amadizza. Scarsa di vailore fletterai! io, ia vedda è tuttavia lassai ioniportante per Ha tinita fortemente rtoanaoi' a gueairazzi ama, (per i fremiti d’amor paltnio cihe tultta la per va ono, 2 speeiaitoemte perchè «neldia figura ded (protiagoniista si ceda ilo stesso zimi medde soie idealità ë nei saldi imtendimienitii mentre negtfi tra per. ma^gi si videro rajpipresentati, e ispesso con colori assai poco hisini^hnem, nobidi e dame dieOda più alita società genovese. Ne venne uno scandali : He dame dhe si ritennero coilpiliie corsero ai (1) A Lu zio - I processi della «Giovane Italia» 1833-34 nel voi. Carlo Alberi o e Mazzini, BocaJ 1. <( mazziniani a Genova si sentivamo uin pio1 tutti amiche queiHi cl^ie ί°Ύ0. vaino buttarsi diaOOia pair te deil Gioberti e magari aocétitiaire u ci e onori dalla. Conte piemontese ». M>a im verità che Genova fosse in que^ « un semenzaio «dd mazzindamii pronità a ogmi isbajragilao », coaiie u e o da tali uno, non risponde a verità; più esatta appare ì affermazione e CodigmóQia (pag. 46) che 5 mazzi/niianii puri vi fossero in numero esiguo perché, esuflii giìi unii jgtli antri ritiratisi diailda vita ipoiDitica o passa i a partito (modelliate) rMormatoire, nessuno quasi degiM antichi compagni ri «malleva «fedele e attivo. «Niuimexo esiguo isi, ma (di jniudlei aititi vi dhe, opeciaîmem e opo i , riannodarono Oie fìl*e, ripresero Fazikme e troviaiO.no attamento, im ornio^ ’46, medila (muova generazione entusiasta e fervente, pronta ta tu ^ e ° •maturata m quegili amni di attesa, che ha avuta a suoi massimi ap prtesenltamti Nino Bixio e Goffredo M'ainieM. Pneziosà «elementi d’imtformazione su qmegli anni prepara ora esiu ane il Cdlomlbo, meli' icapitoüo su Genova dall '41 al 4o, dai dappoi 1 J?0 '1 adeschi e speciailmente del Lujdani, acuto· e accorto direttore i p izia. Peccato che im questa pairte, carne ufn po’ in tutto ili resto, il avoio ■ -disoa la Ma e lo studioso, a cui deve essere mancato ώ tempo, o opportunità di una cadmia elaborazione, sembri un po sopra a l’abbondanza .dèi mlateoMe accolito, di valore veramente eccezionale. Certo, noiOilia dà Q’impreesiome immediata e geniuainia deglii avve i menti e dei igiudizi contemporanei -come i documenti, ma è amoie C6^ , dhe quella lunga serie di lettere e di fornii niffldaH mtercaH-ate nel testo fimiisce «coi dare un senso dd pesantezza; afosa al avoro e istiaimcaire il lettore. χ a*ì IO Luciani soiw©va nël 1841 ohe a Genova la massa costataite due terzi ideila popolazione, ^interessava di polMca solo ira a 11 ... con gli interessi commerciali, che i nobili persistevano nel loro iyd atteggiamento dii Rimpianto pél1 perduto potere, che cerano q 1 sparsi nelle diverse classi alLouini esalltati; nessiuin sintomo prog cospirazioni; ogni tanto quafliohe scritto incendiario. Solo e ’ pareva col oso il malcontento d’iimdoll'e economica dei commeirciarati nel e» non avesse ad accostarti m ìpaWm. E il governatore Plauftum uberte a sua volta nel giudizio che gfli avvenimenti politici destano imflMteesaon sopra tutto in rapporto agili effetti sulle operazioni commer i i e (1) Nella biograna del Maaneld gerito nel 1849, il Canale A mostra zigano e ha parole di fuoco per «le incomprendibili infamie di -Novara «*«««“? vergata la più nefanda pagina delia storia italiana per quella mano mede9ima . volea vergarne la più glorila,, Ed era la maoo del Re *1 quale cinque anni aveva dedicato la Storia ! Studi su Goffredo Ma-meli e i suoi tempi. 317 igrunige : « coQoiro ohe bramerebbero (1) veder oambdaJtio ì’afcUiaile ordine dii cose (e m Genom sono pur mofljti) non dairuno at/t/uaJknente semitore del ioiro malanimo consci come sono che l*e Ionio maaiiifèstaziom non servi-irebbe io cftie a comfpromieit/terllfii inverso ad Governo, non avvistando propizi 'i teampi ipeir i lioro prageftà ». \Ditrn'0}stHazl-Oiri.i di dlevozionie all Governo e alila Monardhia segnalava, il Luc/iami -aoiioana ruel '42 ana insieme indicava 'aflmni soditi per lia (parteclipaziome 'a quei congressi scientMci ohe soittto il previsto deliba scienza appari vaino .già occasione dii avvicinare e affìiaibare i patrioti dei-fle vaiie regioni. Ili miajrcihese Dairazzo, per eisemjpio, eira sospettato pe-r un attivo cia(nt)qg!gio — intermediario Enrico Mayeir segniafllaito come « uno dei più ardlitii ed instancabili pei progettiti della Giovine ItaMa » — con Cattilo Duciano Bonaparte principe di Canino e di Marsigmano cbe fai appunto iniziatone ed amoma dd quei congressi. Il moviianeinto negOli arimi successivi si intensifica; ili bisogno di novità, di aria piiù fresca e più paura fa stringere insieme in privati ritrovi e in innocue laisisociazianft letterarie, ove .paure si dibattono idee nuove e si guarda verso più aim(pio orizzonte, uorntai ohe si sentono uniti da affinità di seirutimuenti e dii. aspiratomi. I^foamaitisisima, la poiizia non dimostra sovencMo timore neanche .quando scopne una società liberale detita della Maididailena, costiiitoiita da 17 aderenti, con programma ulti-mio lia repubblica mia. col ferano proposito di non maiovene passi incentri e attenderle gli aventi. Sono sorvegliate Ile riunioni presso id marfcihese Gfiian iCanHo Di INegiro nell famoso palazzo deilla Villetta e ipresso H’avv. Tito Orsiimli o im casa di Michele Erede, direttore diefl. giornale « La Rivista ligrure », lamico dell comltie barione Pïetiitti di Roreto eoa quale fri per parecciM anni in continola e confidenziale corrispondenza; e le let-teirle dell Pietitti, oggli presiso il Maiseo Genovese del Risorgimenlto e delle quali nell votane mamelliamo e nel caitaJlogo d'eMia Mostra del Risorgimento del 1925 iil Codignola ha dato ghiotte primizie, promettono un commentario aoutos gemialie, (spregundiicato, ifìaitto da un aiomo di informazioni siciuire e di alidissima. intelligenza non legaito a partiti, degli anni jpliu torbida e agii alti, tira il ’46 e il ’49. Tutte queste riunioni sono tenute d’occhio dato polizia ohe ci conseca i nomi di coloro che vi partecipano, e sono lappuaito i nomi dei Più famoisi liberali dhe avranno parte méi, movimenti posteriori. Acuto (menile ili Luciani nota la tendenza a romipere le vecchie cer-cihjite, ad avvicinarsi tira lo.ro persone aincihe di diverso coilone, a mescolai Le Oliassi, a fondere ì gruppi. Egli non apipare molito persuaso ohe qnesti novatorfi anelino soltanto nell silenzio e nìel'l’inerzia ad un cambiamento di regime e nota che si riiaHLaJcciamo i fìlli delle relazioni col Mazzini : l’avv. Didaoo Reintegrimi, il marchese Vliincenzo Ricci, ira' Die- (1) Il tremerebbero del testo (ipag. 156) è certo errore «dargli um carattere piuttosto- poilitiilco che scien tifico. H'anmo essi il loro candidato nel marchese Francesco Pallia cimo che inducono ad accettare il posto di segretario nel prossimo congieeso meotre il fmartje,lJljo di lui, GanniiKliO, si dà ad istituire soditela se iem olassi e 'di origini dipaniate, a iar i-(soutere probUeonii tecnici .e /soiemit.ifici, a iar vagheggiare, in aibuli alMiomi e*d espressivti'. sottintesi, ailditii ideala. E s’intemide che i nomi dii coloro che ad esse presero parte, coirne «quelli degli aderenti alle riunionà e aissooiaziom miascondeiuti sotto il (1) ìAitti della Società Ligure di Storia Patria, vol. XLII - 1908-1909. Studi su Goffredo Mameli e i suoi tempi 319 •pretesto delile aumicibe volili conversazioni o del divertimento Lo scopo politico, si troviamo im prima linea medii’-azione quando dia poilitica dii Gardo AÌlberto, faltitaisi ,più ijisollluta e più audace di ftanite alili1 Austria, fa rinvigorire le sjpeæamze e riassumile, appiiintanidoOie meflllia tradizionale avversione amibitaraisitiriiiajoa, le più ajcicese aspiiraziomli. iL’iinidiufllto pajpalle, la presenza a Genom di Massimo d’-Azegfliio, le poesie cibe ili Berohct declama alila ViiDllettja Dii OÌegro, e per le quiaili la ’ poiWzia gflli minaccia l’esipudiaione, contribuiscano a iuifìamimarié gÙii ami-' mti e iil congresso è latteso con arusia generale coirne um awenimmto di dieoisd'va iimtpoirtainzla poQliitica. Nedde dimostraziiomi ond° esso fu assai ricco, neltte acidliatmiaizlioam a Piio IX e a Cardo Alberto è sempre soltitintiesa la nota aimtiiiauistriaaa che trapela anlclhe dlail/Le pubblica^ioni occasionali, tra lie quali merita d’esser ricordato Γ opuscolo non dii Eirurico Nodi, come fu sempre creduto, mia di Federico Alberti sudila cacciata degl/i &u-striaci meli 1746 cih'e (diffonde e aoaredlita l’identificazione dia poco fcom-pinta ded giovane B-aDWa in Giamlbattiisltià Per asso. •Niellile sedute puiblbiHiidhie e nelUe conversazioni pirivalte, velatamente o con audaci allusioni, die speranze €ihe ar.riidono agli amimii trovano ormai le loro esipressionii; e niatufralimente lamohe in abbondanti declamazioni di poiesde. È -di questo momento, e pirodotto dellll ’amiblieinite 'arroventato, mia icon intento he nessuna forza di poilizia riesce a sedarè, in un moto .inconi em a; e· ohe tiriascdmia nel suo genenioiso crescendto Re e Governo daildle rii orme a^ ^ la Costituzione adda guerra nazionali contro l’Austria. Sono staiti mesi dd una (passione ardente e doilorasa, dd enftusiasond e dd scoramenti, di Mam'dimienti e dd minaccile, nei quaJld il movimento, tanto più efficiaice quamito più assume aspetti esteriori di ordine e dd dlevozdome alide istituzioni, trasclima aJl Piemonte verso ile mete faitalli; mesi im oui Genova ha comupiuto una funzione decisiva di propulsione e m incitamiento che solo ora si può mnsurare in tuUtia il’iimipoirtanza e l’efficacia. Studi su Goffredo Mameli e ι svoi lempi 321 IM queMfr mesi possiamo infetti seguire le vicewrie giorno per giorno : di secondo carpit aQo dell Codignola \V Italia s’ è desta è appunto La storia üïiiiiiifUitia e drammatica dlîl quei momenti, ri tessuta iai gran parte suflll’ af-fiaiiiinosta 'corrispondenza ufficiaile -tra Genova e Tortino, piena, di notizie inuteresisiantissiinie e di vere rivelazioni suilHte condizioni eboezioniaflii dettila cótta, sui ra/pporti suoi e dei suoii capi col Governo, suihlo stato d’anifcno così idelllla. popolazione genovese come debile sfere ufficiagli piemontesi. •Mia .è -dA^v eroso ricordare a quesito proposito un al tiro studio serio e coscienzioso che illSumliima suMo. stesso periodo e dn gir an pairte sudile foniti medesime questi rapporti. I due lavori, contemporanei ë indrkpendeniti, quasi isi coautroilliano a vicenda; per vie diverse e con diversi intenti metodiiici airi vano a conclusioni amaJloghe perchè panterno in essi molte vollftìe (gibi sltessi atti dotoumentari adoperata1 con sagace perspicaci a. Quel· lo che è per il Codiignolla, addestrato e maestro in questi stadi e quindi più largo e comjprensivo, soltanto un capitolo defe vasta opera, ma capitolo ^particoilaraienite amato e curato anche se la figura di Mameibi! vi appaia taAivofttia appena di scorcio, è per la ?dottlt. Gaulflo Γ argomento unifico e icenitcraille (1). Larvano solido il suo e con robusto organiamo severamente e studio-siamiente condotto sebbene illasci qua e là. trapelare quaiMie liimesperienza giovanile, è un'ottima promessa. Una sotai'a introduzione, se non dà notizie o visioni nuove, presenta con sicura e larga conoscenza delle foniti e defilila letteratura dell'argomento un ciliiiaro e 'anipio quadro defitta vita geno*vese tra il 1815 e id J46, quaìe ailmeno era nota prima degüii stu-dii che qui .si ainmuniciano; poi, dopo brevi cenni sudila vita dii Giorgio Doriia, si viene aiUlia suja -azione come capo del partito moderatto e centro e 'dirigente di tutta l’ajttiviltà patriattica a cominciare appunto daflil’agosto ’47. L’aver accentrato l'attenzione tutta, sull Do:ria dà aü lavoro una precisa e solliikia. linea organica mia ne tàmia quailche volita all respiro e tende a riverberare sud personaggio studiato una luce ecce-ssiva in quanto, egili 'ha avuto indubbiamente importanza preminente ed è apparso capo e dirigente di tutto un movimento., ma, come spesso avviene, mentre sembra guidare d(l moto ne è più vottte itrastctimjato. Moderato, giiobertìiano, riforaniisttia, timoroso degù! eccessi ma aspirante alile interne franchigie è a/li’ indipendenza maizionalLe, designato dotti’ajutorità >deìl nome e dail/lia posizione personale ai posti di maggiore responsabilità, iil Doria si trova lattila testa dell· Gomiitaio dedlT Ordine che si costituisce nell settembre 1847. Gii eventi del ’46, ^effervescenza degli animi spécialllmente me.il giovani, fanno temere che si trascorra ad eccessi peri collosi. Un eloquente indizio si è avuto meM;’audace manifesto affisso clandestinamente in più punti -della città contenente fraisi violente ad’dndirizzo di Oamlo Alberto dopo l’ocoupaziome austiriaicia di Ferrara; (1) Giovanna Gallo, L’ Opera di Giorgio Doria a Genova negli albori della libertà ► Genova, Tiip. Litogr. Sordomuti, 1927, pagrg. 215. 322 Vito Vìtale c’ è sotto — lo riconoscono concordesniente ìa ‘Gallio e i'I Godìigrxoila — la, maino di Bixio e di MæuineBii, ami secondo iil Codaginiollia iad Maanedi ne spetterebbe addirittura «la redazione. Moderare gli spiriti occorre e disciplinaire 1 azione; ed ecco costi tuirsi, presidenite ili Doriti, quel Gommato del/Γ Ordine ned quattè si tro-mno inafteme i inodorati e gli accesi, i gioberbiiani e i anlaa^imieoia uwi/ti per .ili (momento in orni inltento comune. De iniziative partono spesso dai ipiù giovani e vivaci mia gli all tiri assumono la direzione : questi an brano a straippare comjciessioni ali sovrano, quélli piuttosto, col colorito a/n ti austriaco delle driniìostrazioni, a diffonderle e radicare lo spirito dii η·α zionailità. Più tardi ie necessità dei programmi! e dei caratteri li dii vi daranno ma moftta strada può esser fallita in coniarne. Dall’ 8 settembre, in oui, per spingere i'I governo sudila via rdfonna-trdee e chiiuriraie i propositi, cominciano ile dtaoetraaioTM, è um seguito di agnazioni che è inupossibile miaioitamenle segnile, bisognerebbe ri faire il Ia/voro analitico dei due egregi studiosa òhe ci offrono diue zioni dia punti di vista diversi e condotlte con intenti e metodn e i epa-zione differenti (ÌTinformazione in Codignofla è moflto più larga e ana i tioaimente condotta l’esposizione) dhe gettono fiasco di kice su eT cui sembra volersi avviare. Ma il moto ormai non si frena: ci sono disposizioni di pottazia, sferri lagine tra Genova e Torino, corrispondenze ina i'I Doria e t'I marchese ViMamaxina, /Mànfetro òéMa Guerra, apparenti soste nelle agitazioni iri attesa dei risultarti. Ma nessuno ipuò illudersi; «lo scopo è di ottenere riforme sempre fpiù larghe e generali: ίο nota con acuta Chiarezza nei buoi rapporti il 'Luciani. ... Quando i«l Re ari primi di novembre sta per vemire a Genova i più accesi e insofferenti vorrebbero fare uria chiara dimoe^/razaone ondando in corteo verso ti Bisogno, dalla parte opposita a quella del mio ingresso; Studi su Goffredo Mameli e i suoi tempi 323 e ailitri 'propone (pers/ino «um Corteo ailfta Cava ove e itamta fpamte r\<*} remi erto popolare, dd iCustodero diimostra eoa! buone ragioni che ifiu composta a Torimo linrtomo al 18 novembre (1) cosicché 48, dopo la campagna. Il Gtìamibatttete ha probaMlmenite equi-vocato tra i due momenti. Studi su Goffredo Mameli e i suoi tempi 325 •cara 'ventarne ohe (rifulsici con am iflocoso discorso >a impedire ios.se accolto -e tàrmaJto all imamiiif-esto {proposito dal Bailjbo, « igià accettato d'ai fiore dei iMiberaili (pieanomjtesd., iper cihiiedere tal iRe dii Napoli dii accedere aûüie ri*focnmie ! Quell igioviajne vedeva ipiù chiaro degild' ailitri e aveva cagione, mualld riisullita che *iil midmistro Boreililii, in voce dii avverso (1) A. Colombo, Dalle 'riforme a-Uo Statuto di Carlo Alberto, a oura del Gomitato piemontese della Soc. Naz. per la Storia del Risorgimento, vol. Y, 1924. 326 Vjto Vitale a ogni cancessikxne, esercitò invece um’ abile efficace pressione snidilo spirito del Re eai/ta -di gioia e dii entusiasmo; 1’ Inno di Mannelli, iciaintato sempre e in ogni iliuogo, ne sembra 1’ espressione esteffiiiore. Ma l'a speranza cihe subenti ri -una caluma ordimata è fallace : è nelle parole e negli acaiti giudizi del Petitti un senso di lanisia accorata e dti ninquiietia aspettazione. Ormai i giovani si annuamo, Jé notizie del Lombardo Veneto oppresse diallllia legge marziali e -eccitano gli animi, Ίο sbocco del motto violento non può -essere che la guerra; mia ohi assicura ila prepiamazilonie, dov è la disciplina indillo sfrenarsi idi quei diisordiiinatl entusiasmi ? Qiueslta parte dello 'Studio dell Codignola, modliio più ampia e docu-menjtata che non sia nell riiaissunitivo lavoro della Gallo, 'ha urna persuasione suggestiva. iLa pressione mima collosa di Genova, prima per le riforme pai -per (la costituzione e per la guèrra d’ imidipemdieniza, me eslce luminosamente provata, mentre vi appare qmailie decisiva importanza abbia 'eseircitato negli eventi dfei primi mési del ’48 Γ azione personale defl Mameli man iifest alta con attività prodigiosa neUL opera politica ac compaginata dalla pano!a dialla stiaanipa idieJlllia poesia. Tutte le dimostrazioni di quei mesi, il continuo riferirsi ai prosis-imi grandi evènti, alila guerra di indipendenza, ai: tempii maturi e vicini prò vaino ancora una volita dhe queste vicende 'italiane e la guerra ohe ne deriva injon Sono che seconda/riamente e occasi analmente connesse con. •le vicende delle insurrezioni europee : Genova è pronta nieglli spiriti prima· delle rivoluzioni di Franala di Germania e d’ Austria. La partecipazione MI muovo Momiìstero, presiieidiuto da Cesiare B o, di Vincenzo Ricci e di Lorenzo Piareto che avevamo avuto neflile ultime vicènde genovesi parte precipua e avevano posto a condizione diei a oro adesione il tpreparairsi a unia eventuale guerra contro 1 Aiuistrila, è viititloria genovese e ideigli 'elementi più tavanizati. Quandi alila noi ìzia giornate di Milano paTitono a primi volontari', foriti più di entusiasmo e teli fervore che dii preparazione organizzata, e accorrono, come ad un e biito. d' onore, così ìNimo Bixio e Mameli come Giongio Doria e ailttri mo die rat ori, 1’ azione d‘eCL partito idlell/ ordine si può diire finita. Subentra un altro periodo storico; dlurarute -e dopo la guerra, cosi piena idi delusioni, tPopera del' Doria, nominato Ira i (primii Senatori, »a minore imjpioartainza; prevalgono semipre più gli elementi accesi, ’ > orna tato *si viien trasformando aneli Circolo Nazionale a tenidentzia moder'ata e idi fronte a lui si oppone il Circolo Italiano dei -più violenti. Il Doria passa in secjomda linea; Γ accurato studio della Gallo lo accompagna in •questo momento di azione declinante e poi nell’ ulteriore vita politica ofce ‘la 'bufera diel 4849 con una narrazione .solida equilibrata ricca d*i iinfoimiazioni e di riferimenti che permette di vedere in piena luce ‘la nobile figura del gentiluomo- liberale. Studi su Goffredo Mameli e i suoi tempi 327 A-isiuia volta ili Godiigniola, meli terzo oapiitolo, Qiasoia (la «storia intarma dti Genovia ie eeignie (Mameli im Lomibairidtiia. Ditetro a Nino IBI x io, salitato sn-dxi'to e sodo cooi Fnanjcesco Doneri meOJla prima corriera verso il Ticino, Manieli si avvia con treoento volontari costituenti la compaginila di Mazzini; dia G ira velilo ne scrive id 22 marzo -unta specie dii manifesto ai Gemo-\esii aruruu melante lia liberazione di Milano e dii qiui anche a Bianca Re-ibizzo min’ interessante fletterà ohe, con aJLtre qoiaJbtno dirette alila R-eihizzo stessa e a Raffaele Riubattimo, isono state poibMiciate con commentario storitelo fìlioisofìeo e note da Raffaele Foà (1) e comprese pjoi medi’ eplsto-1 atrio, nel voìlrumie degli Scritti, dal Codtìgnotla. Attraverso lie viicemidle dell Mannelli, capitano in lia prima volta òhe Γ agitatore vede dd1 suo fedele e lo stringe ia. illui quella profonda /simpatia icihe lo accomjp agner à sin oltre la morte die! discepolo e gllii -farà slcirivere die notissime commosse parole dl afMto e di eisalltoiziomie. 'Non è 'Stato a Ciastellliairo /Miameld perchè il 29 aprile non era ancora rientrato in comjpagnia e neppure è sitato mai a Vicenza, come irnipetono i «più dei biografi dall 'iBiarriHi all M'animiicci ritenendo oh’eglli non si sia miai separato dall BlMo. Ma se svaniscono qoieste isuppoiste azioni militari acquistano tanto maggiore importanza 1’ azione politica e le missioni che igli siono affidate. E’ a Miniamo nuovamente il 7 magigio e slcrive parole acoite e profonde sudila situazione poliftlica ohe glii pare mollito perico-ilosa. Qoi'efl. giovarne ίηαη è un fazioso intransigente ed esprime il timore ohe, prevalendo i repubblicani, le diiscoridiie facciane ilicadere nel-Ie repubbliche d'eflL Medio Evo « e ciiò, a mio vedere, sarebbe peste peggiore (deilila Monarchia». Ai primi di giugno prende parte a una ardiita fazione a Cenese presso Mantova; poi hmallmente la colonnia- è inquadrata nell’ esercito pie-mlonltieise; mia sopraggiunige la sconfìtta e «la ritirata e Ilo vediamo tornare a (Genova. * * * Il qruiairtfo capitolo Tra «in inno e una 'battaglia riprende 1’ azione di Mameli in Genova dopo la guerra; si torna perciò alile vilcende della città (1) Raffaele V. FoÀ, Un lembo di vita di Goffredo Mameli nel volume Goffredo Mameli e i suoi tempi, pag. 351-359. Vito Vitale ne!il*a quale ita fime dolorosa deMa caampaigmia e lia ri occupazione au&tara&ica di MBltamo detaiuimuaiivo ima comcàtazliianie degli anima dolorbsa e fremente. n gtiovme isi gebta néfi’aziene politica con tutota da -foga dei e»uai verniti anni e deMia sua passione e diventa uno dei capi dell GiÌrcolo Nazionale dove ancora si trovano liniti infoderarti e mazziniani. Airdemte e appassionato una non (privo di «sermo e d(i equilibrio, non amnico degpld « agitato! i screditati e cioirlieri », quairudo all Circolo si ipi’oipone la proclamazione dii un governo provvisorio, cioè dii urnja repubblica .genovese, involcamdo inisieimie le dimifsisiani dei comissari fregi, Gioitilo Daria e Leopoldo Biixao, Maimeld ajppurtfto e ili Cabellla si appongono camprerudendo carne questo gesto separatista sa/nebbe rfata;lie ailflia caojjsa itailiiana e arresteiebbe il Risorgimento; mia ili Mameli redige e fa appmovaire un ass/a-i violento ma nifesto Ai popoli d' Italia a protesta dediT ammistiziio. episodio dell-a manicata iproOliamiazione .repailbbliicanja è ignoito al recente biografo ded Caibeflüa i'I cfuiafle métte ;però bene in luce come ie accuse ad Re e alii’ esercito abbiamo determinato 1’ at/tirdito iniziale tra questo e i più esaTttaiti Ohe scoppierà (un fannia violenta e doiloirosa nel celebre episoddo del '49. G'ii animi son«o sempre più accesi; iti tentativo dii fondere i Ciirc 1 fin uno solo faiMajsce, il solico che divide i partirti si approfondisce ogni giorno di più; coloro die sono sltjati amici si tiravano di fi onte. F Circoo Nazionale rivollge all Consolle francese rie Inietta d’ aiuto; Manieri puot a in una fletterà all Boccajccio .conttiro 11’ offesa afl. piiù -sacro semtiim del popolo inaiano; quellilo di voler risorgere per forza propria. non per mendicata cairiità; anche qui egli è Γ effìcaJce .iin»terprete del suo Maestro. L’ opera svalfta in quei glioma a Genova e le prove documentar i e c le qui sd foravano, tolgono ogni vaàore afl'lia affermazione dei biografi ohe egm partecipasse ajgùli scontra di Lai ino e dii Mora zzane è alllla fine si incentrasse con Mazzini nella Svizzera. Fu invece a Torino itt e, secondo che scriveva Allibente Ricc/i ai frtaitelflo Vincenzo, per invitare a Legione mantovana a retarsi a Genova « (per preparale Î insurrezione mediata », la qoiale comunque, per coerenza, non avrà avaito lo scopo delia separazione dall Piemonte. . . ,. Vero è ohe la. -poesia, per Venezia composta in quei giorni 1 ernie passione e contiene esplicite e vi odiente )le aoouse ché 'noi sajppuamo giuslte — dii tiraidinienito dèi Re. -, Questa violenza sfrenata preoccupa i più pennati e vegigen· ι e, sodilo, le 'lettere del Pet-itti, Ohe segue con acuto occhio le cose genovese, hanno profonda osservazioni ë pr e visti on i pesisimistìctie e anche in e nova non mancano segni d'i una opinione più moderata, come ne a cu riosa lettiera anonima ohe denuncia i perturbatori del ipopolo e invoca conftiro dii loro le severe sanzioni delfla legge : Γ ultimo delll elenco i-ragazzaccio Mameli e vi è compreso anche iil Canale, tornato ai prima amori mazziniani. Tuttavia Genova si può dire in piena amarlcihia; 1 i/ndiiscip’Iiina pie- Studii su Goffredo Μααη&Ιΐ e i suoi tempi 329 neti a anche nell esercito; è il momeinto tin cui ili Mameli non solo è in prima linea ma assume con gli accesi articoli del Diario del popolo urna funzionile dirotltiva. Le sue parole infìiamimajte hlammtoi lo scopo di eccitare i gliovani ailUa guerra, di preparare i volontari, sono magnifiche di concitata^ passione e di serrato ragionamento; ima ibroppi allibri sentimenti sono in^ giuoco in quella dissoluzione esasperata di ogini legalità; tutta quella vttolemza verbale pointa al disordine e all’ anarchia. Sono illusioni generose e fiere esaltazioni di alcuni magnanimi trascinati da ardente spirito dii saxariiflcio, ipnomtii e desiderosi di dare la vita per da oaiuisa delta, libertà e della indipendenza; ma troppi sonio accanto, come sempre, i parolai i mestatori e glli arruffoni; e noi che vediamo oggi quella reaità storica coin altri occhi e con animo pacato sentiamo quanto fossero fondate le apprensioni di uomini come il Perititi e come Giovannli Ruffini. « A .Genova molto ispirilo, molto slancio, ma non disciplinato, non serio, mille dliifìdenze, mille piccole preoccupazioni; nessuno vuote essere soldato nella Guardia Nazionale, tutti vogliono comandare, nessuno ubbidire » scriveva 1’ autore del Dottor Antonio. La presenza di Garibaldi aggiunge esca al fuoco; ma ili Mameli non si mostra sempre d’ accordo con luli e lo biasima violentemente quando pare voglia andare in Sicilia; la Lombardia deve essere il teatro della muova guerra. E intanto si prospetta il programma della Costituente ed egli se rue (fa campione e i caldi appelli determinano tumuliti; l'abisso si sicam più profondo che mai fra gllii, estremi! e' i moderati memlire il Governo è impotente e imjciapace di reagire. Mia non Ini, il giovarne poeta, si accontenta di parole o di declamazioni quando c’è da agire; appunto nell bisogno di far corrispondere ala parola 1’ azione fimo al sacrificio supremo è la siua grandezza; e quando la tanto attesa e agognata insurrezione lombarda sembra scoppiata im Vali d’ Iimtelvii e Mazzini grida « Ila misura è al cotono, 1’ ora è suonata » e Garibalidii landia da Livorno l'appello ai Lombardi, egli parte con alcuni compagini 'pier raggiunge,rio. E andrà a Roma a trovare la morte. Qui finisce nel volume del Codignola Ha ricostruzione dei'lia storia genovese; nell capitolo successivo si acjcienna ai fatti postefiorli. fugacemente, iin connessione con le brevi apparizioni del poeta nella città natale. Neanche la difficile questione del’ insurrezione del ’49 è toccata di proposito: troppo arduo e deificato problema per una trattazione nuova che non sia fatta in baise a larga e molteplice documentazione. Del resto anche per il ’48, per ragioni troppo note di ricerca archnfetilea, la documentazione a base di atti ufficiali, cttme era stata possibile per il periodo precedente, manca e gilii ailticolli del Mameli, per quanto integrati da notizie e dati diversi, presentano un aspetto unilaterale. Comunque la figura ne esce pienamente chiarita in quelli’ importantissimo momento della sua v.ita e ideila sua anione; e la storia dii quei mesi dalle ricerche del Codiiigmoia e deil Riddila, si può dire ora naie sue linee generali nota e sicura. 330 Vito Vitale •Le lei teme, per quesito momento più numerose, pemniettoiiio di seguire Miunelü dopo dia pairttenaa da Genova coìti la iCotaiinia Manitovama verso la Toscaina e Bologna e di sorprenderne il peiusiiero e il sentimento. La sua fedie dii uosino di azione sii trova di firomte a una idealità, iben .ìvetrsa dalil'a s, e vede re«a n# ^ored^ ^ siderio la Nazione stireltita dintorno ad saio cuore, orna. “ ^ suQ è ancora la Capitale del’ Itadliia, è la capitale de,suo m eJ.ezìoni progresso della sua vita ». Segue nei!’ lagone pdtoca per le eta» dalla Cositirtuemlbe le istruzioni e le ®usiona diei Maestro e l· cupa dellle più varte cose e ded più aliti problemi, ana P^®Plz,ione e ne-litare per la guerra aiM’ Austria, fine supremo e a ■ ngjlle cessaTio principio dell’umiltà della Nazione, ale ques io a quali, tra i fieri accenti antMérioali e antitemporafffc, c e profondo sentimento religioso e oristiiamo. M»77imri ri- .Pirofcllamata la repubblica e dato 1 eeletoe annunzio toma a Genova e scrive articoli di fuoco per a . Ipr0 .. h |lo as. l’unione di tutte le forze nazionali; ora è questa sorbe: e im questo grido incitatore è veramente poeta ultimo periodo della -vita sua una sola e fe Pff®> 9Cm,arci della sua passione trasforma gli articoli air en i un intima del poeti* nei quali si trasfonde ledere patriottico che è vita intima *" rì a R«» il KM»'* W* a invece sopraggiunge la notizia di Novara e quindi del insurrezione I . r.« >« »r«v- poesia di Mameli interessanti particolari da . per Venezia a Roma, in Goffredo Mameli e i suoi tempi, pag. Sol e *egg. Studi su Goffredo M-agrneli e i suoi tempi 331 li enova. vi è mainici aito col Bixiio dal Governo iRomano e giunge quandot la sarte de-lüia città è già decisa : è suo id proclama dhe 1’ Avezzana par-aendio Imdlurizz-a alla popolazione. Bd efcioo Γ uiMimo alito del dramma : lia venuta dei Francesi, 1’ eroica resistenza, ila. morte. -Su queste 'vicende ha soriltito mi ahiiajro e sobrilo votane il Gene-ralle EirriftMo Bertotti (1) narrando nei suoli aspetti politici e midjiitaTi >la, spedizione francese e la difesa romiana. Lo studio ha carat-tei e divulgativo e presenta. in un qu'adiro perspicuo gli awenfimjemti, sulle foniti giià note e senza pretesa di nuove rice.rdhe, con particolare riguardo alt azione militane. Alcune opere recenti e di notevole ianportianza noia avrebbero dovuto (essere trascurate, come ili Loevimson e il Trevelyan, è, a proposìito .deìl Mameli, che Una nella niarrazione e ned quadro gene ralle un importanza episodica, allcumi particolari non soino esatti. Non risalita oluiiaro che quando sbarcò a Civitavecchia d.i 14 aprile non vemli.va per la piima volita mua 'tiomniava dallilia breve missione di Genova e soprattutto Mameli non hia fatto parte dei bersaglieri del Manara. Ma sono inezie; e i.l lavoro ha notevol pregi di chiarezza e costituisce una buona esposizione sintetica di quegli avvenimenti. A confermare ancora le ragioni che determinarono la condotta di Mazzini in quei rfirangenlti e dii· fronte .alita Francia contribuisce la pubblicazione di alcuni appunti confidenziali inviati dal Dittatore al Guerrazzi quando questii nel 1863 si accinse a scrivere dell’ assedio di Roma : si tratta dii documentò importanti per la loro origine genuina ma non dicono cose cine già iper mioiMe parti non fossero note (2). J'I ‘Coidiitgnoilia non rii à la storia dell’assedio una segue soltanto ie vicende del Maaneli in quell’ ultimo periodo nel quale pare che le energie dii quel gradile orgamiismo trovino r/iiserve inesa/uribili rueilde forze spirituali. Aiutante dd Garibaldi, combattente valoroso il 30 aprile per testimonianza di Mazzini e a Falestrina per dichiarazione stessa del Capitano e di Nino Bixdo, infatJiioabile sempre e anello dii congiunzione tra d due grandi che lo anuano dd (intenso affetto, forte di una fede ohe non si affìe-vollfiisce niellile difficoltà e, pur capace ideile più meallistfdohe osservazioni, sicura del risultato finale, partecipa all’ azione sebbene ammalato e, colpito il 3 giugno « da palla inimica » dice il Bertotti, ma « ferito da un bersagliere mentre operavano una carica alla baionetta » ha scirtto Goffredo stesso alila madre e perciò con ogni probaibiiliità per destino tragico colpito diad suoi, muore il 6 luglio — e gli è risparmiato il più atroce dolore, di saper finita .la repubblica romana. Bene ha fatto il Godignoia a non sciupare questa tragica vicenda con le miiserie pettegole di qualche amoretto o con narrazioni assurde già ripudiate sdegnosamente dal Boselli, e ned giudicare e cofllocare in (1) E. Bertotti, Goffredo Mameli e la Repubblica Romana del 1849, Istituto Editoriale Genovese, 1927. <2) E. Michel, Uno iscritto e una lettera inedita dì Giuseppe Mazzini suIV Assedio di Roma, iai a Goffredo Mameli e i suoi temoi», pag. 339-348. i * 332 Vito Vitale gruista luce, sènza esagerazioni tendenziose o opportunistiche, Ια fine religiosa dei ppeta. * * * Parlarne del votarne degli « Scritti » ove Γ editore lina racconto im edfiizione critica definitiva q.uanito restia di poesie, dii 'lettere, di articoli del Maini eli non è possibile, nè del voiiumeiito d>ell Mannruclcli che, se, ii-corso a ftaniti non sempre (genuine, 'ha qual chie (inesattezza o fliajciuima n-eflllia paarte storica e sii presta a quialiclne osservazione per il testo, presenta però uin esaame e un commento deliP opera poetica pieno di garbo e dii giuslbo; troppo oramai è dliffuisa questa rassegna che si proponeva de'l resto e soltanto dd irajccogiltiìere quanto in materia storica id Centemaino Malmenano Ina prodotto. Ed è tale sountoa di studio e tale entità dii risultati dia (rinnajneire, nel-V opera specialmente dell magigta* biografo, il monumento più duraturo ideila celeÌMrazione e da sost/iltìuire e da compiere stuidii ancihe a/morosa-nnente condotti ma non più sufficienti per doounnentazione o inifonmazione bonne quellli del BiarriiLi e, in piairte, dei B/aseJlUi. E’ stata questa lia più degna forma dii onoranze all agitatore al poeta al solidato martire ed eroe cine ha impersonato gli entusiasmi e 1’ ‘azione di una generazione e Una annunci alto ai frate® italiani e al mondo, con 1’ Inno che doveva accoanjpagnare tutta la resurrezione e le fortune della patria, il ridesta/rsi d.’ Italia. Vito Vitale POSTILLA. — Sul .punto di licenziare questa rassegna vedo un nuovo \o urne. Marco Marconi, Marweli, collezione «Itala «Gente dalle molte vite» - Alpes, Milano, 1 pp. 243. LI lavoro, esclusi v amen te narrativo e divulgativo, non aggiunge nu a i nuovo e ripete le solite notizie dei precedenti biografi, anche re tesa critica con molto calore e molto, forse soverchio, colore nella forma e ne sizàone. Nella prima iparte 'specialmente, alla mancanza di precise notizie supp is e spesso una narrazione fantasiosa di supposti .pensieri e stati d animo. Ji e re u po’ informato non sa se si (trovi dinanzi a opera storica o romanzesca, uo e i u trattenersi sul romanzetto giovanile del Mameli, che almeno ha riper cu »s ione ne op ra poetica, e (più sull'amore romano che ripercussione non ha avuto e nu a ag=ru ^ alla comprensione e aflila .penetrazione dell’anilina del poeta; stona il continuo ri eoo do, specie nella prima parte, quasi come motivo ricorrente, del (preteso amore giov nile del Mazzini per Adele Zoagli e quel prestare alla madre nobilissima, a propos dei rapporti di Goffredo con Geronima Ferretti, analogie spirituali, sentimen i e .pianti che nessuno è autorizzato ad attribuirle. Procedendo, il piofilo diventa men 'superficiale e più aderente ailla -realtà, «sebbene manchi di vera e perspicua cornic storica e ripeta i soliti errori e i consueti luoghi comuni. Il liibro è scritto con molto sentimento e in forma vivace e colorita nei rapidi periodi incalzanti non privi di efficacia. Ë probabile che 1 autore abbia voluto comporre il libro di divulgazione facile e attraente che si fa leggere dal gran pubblico, pero in materia storica il dato di fatto deve essere esatto e l'informazione isicura e non e lecito sostituirli, ad accrescere vivacità o interesse, con arbitrario lavoro di fantasia. Ma queste possono anche essere grette malinconie da eruditi passatisti e superati. GENOVA DURANTE LA RIVOLUZIONE FRANCESE ILA COSPIRAZIONE AiNTIOLIGAIRCHICA. M movimento innovatane ohe si (miamiiféstò ovunque in Italia alia fine m Settecento, se presenta un aspetto più appariscente e vistoso negli ■b1 · a tiiipo imomiancihieo, in iqiuiamto pairltie daigli «rgami responis|abiffi del potere, non è meno intenso, sebbene il più ideile volte poco avvertibile negli 'S'tlaJtd a tipo dligarohico. Fra questi la Repubblica di Genova ci offne uno der più chiari eselmipi dii continasto fra 1’ aspetto esteriore di tirantqiuiUnta, da .agiatezza e di equilibrio sociale, che riusciva ad incannane pensano rii Goinarri (1), g il sondo e torbido agitarsi dell’ alta e me-bOTg*'»sa:a e dela muova classe mteUMtaaHie. Il .patriziato, fcihe era la citasse dominale, iriostoavasii, a sua volta, profondamente scisso da contrasti irriimiediiabili di carattere politico ed economico: alcune grandi 'faimigliie avev|ano costituito una oiliigarchiia sempre più ristretta attira-\erso urna 'corruzione così uniiiiamte dhe un Segretario di Stato., Girellatalo Gaisitalido, osava confidarla sofótianto ad un testaanento (2). Ma oraria^ tutta l’iiinipalloatiura dela vecchia società nata dai feudalismo temiceli iolav a. E cihe 'all disotto (Mia vita brillante ama frivola deil Settecento genovese (3) fermentassero in tutti i oamipi, dal idttera.rio al filosofico, (1) Joseph Gorani : Mémoires secrete* et critiques des Cours des Gouverne,nens, et (tes moeuis des principaux Etaits de l’Italie, Pardis, Buisson1, 1793. Nel terzo volume di quest’ oipera si parla lungamente dei Genovesi e del -loro Governo «qua les rend heureux»,, ed è «le pte doux. Je plus humain, le moins éloigné du vérata-ble état social ». Sul Gorani « onorato avventuriero ingegnoso poligrafo, gentiluomo patriota e cosmopolita », Vedi : Giulio Natali : Idee costumi uomini del settecento.. 2 a eddz. Torino, Sten. 1926, pgg. 319-340. (2) -Girolamo Gastaldo, in un suo testaanento in data 26 febbraio 1777, che riuscì a diffondersi nel .pubblico malgrado il divieto dell Governo, scriveva: «.... in questo paese l’amicizda non si estende oltre certi nomi, e fuori del libro d’oro, natali, probità, talenti mulla giovano per metter al coperto d'una certa differenza, di mòdi e vocaboli, che offendono gli amimi delicati. Il vizio accompagnato colla Nobiltà, e colile ricchezze non è mai posto a conto di demerito, e la violazione delle Leggi, è la oppressione non rende gld uomini odiosi, nè gli allontana dalle dignità Patrie, nè dalle maggiori attenzioni nella Società». (Vedi: A. Neri: Un conspondent e gèno-v'ese di Voltaire (Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura, anno XI. Genova Tip. Sordo-Muiti, 1884). (3) Questo aspetto fu ampiamente illustrato da Amedeo Pescio nel suo volume: Sette-cento genovese, Palermo, Sandron, 1922. 334 Pietro Murra d'att civili® all religioso, diallll’ amministrai ivo al giuridico, dalli’ economico all sociale, nuove idae e nUoivìe aspirazioni impazienti di uno sbocco, lo troviamo affermato a Mie he dia scrittori contemporanei. « Se la Rivoluzione mon (fosse scoppiata in Francia alili’ apoca degli Stati' Generali, scriveva ili senatorie genovese Goittamdo Solari, sarebbe scoppiata dn -altro Muogo, ό in altro tempo; sarebbe scoppiata fmaillnienite. Nom è passibile dii supponile chié isd sarebbe fatta unta pausa neìlla decadenza e nel guasto di tutte le cose, e che le istituzioni depravate si sarebbero riprisiti-matie dia sè stesse nel ttoro sistema' oriiginario di bontà, e dii utilità » (1). Simili condizioni sociali troviamo su per giù in tutti gOS Staiti italiani aito Amie del Settecento, ma dove il maturarsi deffie muove energie .assume un carattere precorritore, un valore dinamico nettila Storia del Risorgimento iltialMiainO è, sopratutto per ragioni storiclhe diettl’ ambiente, nelllla .Repubblica Genovese. « INon vii Iha città, iscriveva a quei tempi il « Deisodoars, che sia più presto a gâonno degllii importanti e grandit av~ » venimenti che seguono quanto (Genova: alila. iè lunla dellle principali piaz-« ze d’ Europa ; quasi tutti gli abitanti soma o negoaiiamitd o banchieri; « d suefeessd felici ideilie iloro ispeouOiaaioni, il’ arte di ben combinarle M « guida iaid essere informati con cietteriltà, ed esattezza di tutto ciò Ohe « può din qualche mandera (influire sull ttoro commercio; din tali marniera, (( sebbene il governo di Genova avesse proibito l’imtrodiuzioime de’ gior-« mialii straniali, e sopra ftutto dei francesi, non passava giorno, m oui « non sapessero li genovesi per mezzo di corrispondenze cogli ester; ne -■« gozianti tutti gili avvenimenti liinteressanti dettagliati, deUie più rmimu-« ,te oiircostiamze » (2). A queste ragioni dii carattere generale sono ila. aggiungersi quelle particolari e contingenti, e cioè: «Le voisinage de « da France, des réllatiomis du commarce presque toutes tournées vers ce « pays; ilia communication ihabirtual des iGenods lavec les Français, 1 a'n « cienne protection dont ila France couvrait la .République de Genes « pour garantir soin indépendance contre le roi de Sardegna, et la mai « son d'Austridhfi » (3); inoltre: 1’immigrazione di francesi, nngilesi e sviizaeri che rendevano seon|pre più faimiilliam le refezioni coi centri esteri più evoluti (4), l’esodo ideigli abitanti della campagna Che abbando- (1) (Gotttardo Solari): Discorso di introduzione a un nuovo progetto di CoHiluzione per ìa HepubbVica Ligure, Genova, Stamperia della Gazzetta NaZ.iona.le, 1 , amno HeRyiibblicano, pgg. 111-112. (2) Desodoars : Istoria filosofica ed imparziale delle Rivoluzioni di Francia, di Venezia, di Genova, Genova, Delle Piarne, 1798-1802, to. XV, pag. 19. <3) S. Poussylvegue : Relation de la Révolution de Gênes, Genova, I. B. CaffareHi, 1797, pag. 4. <4) E. Vincens : Historié de la République de Gênes, Pans, Didot, 1842, vo'L 3«, pgg. 409-411. Genova durante la rivoluzione francete 335 aravamo totemi pae,sii valligiiamli (per recarsi nella LiuiigHiadoQa. (1), Γ emi-giiiaai'ome « comJsideraJbiie », dei marinai genovesi nella miariinia di F*ran-ci'a (2). Tutti motivi, iinisotriurrba, ohe possono far considerare la Repufo-’billida di Genova come un osisiervafcoriio di primi’ andime per um comtiri-fbuto idi stuidi sullla genesi dell· riinimovamJemito sociale itaflliamo allila fine .diell (Settecento. Quando tiaiLi studi saranno camjpileti appariranno in una miglior liuc-e m-ett quadro stoiribo formativo deiLlia coscienza nazionale iia-M avicmo, lE”©°La proposizione suili’ « Impiego coattivo» può vedersi pubblicata nel giornale Avvisi, anno 1794, pgg. 118-121*132. . (3) Vincenzo di Negro aveva tentato di comprare un migliano di palle ossia voti, o atoeno 500, dal robboniere Saivago, « che provvedeva le palle per 1’ Uffici altura », o seduta, del (Gran Consiglio. Ma il Saivago rispose che un Decreto proibiva di venderle. Allora il Di Negro si rivolse al « Portiere dell'Eoc.ma Camera », ma questi si rifiutò di servirlo, perchè « non ci aveva che il numero dei voti necessari ptr ι se vizio dell’Eocmo Collegio Camerale ». Si vede però che il Di Negro era riuscito egualmente a procurarsele. (Collez. citata, vol. XI, Pgg· 17-21). <4) Ofr.: «Primo esame di Vincenzo di Negro». (Collez. citata, vol. XI, pgg. 103-112). - « Rapporto degli Inquisitori in data 24 gennaio 1794 » (Collez citata, yo . XII. doc. n. 10, ec. 29-31) - «Esame di Carlo Palllavicino ». (Collez. cit., vol. XI, pgg. 143). (5) Dai « Rapporti degli Inquisitori » in data 24 gennaio. 6 febbraio, 19 febbraio. (Collez. cit., vol. XII,, doc.ti n.ri 10, U. 12, 14). Geuoya durante la rivoluzione francese 339 il Govenmo così fece : prqpose all Minor ConisiLgiMo, con 1/internilo di pas-.-sauflia ipieir la rajtifìca all Maggior Consiglio, la ntomna di una Deputazionie dii dodici meanJbili, sei deil’-uno e sei (MPailtro Consesso, con l’incarico dii procedere alULa revisione dielUe leggi dellla RepubbMca. iMa i non Li (proposti ‘diali) Governo e dia procedura assegnata .ail'la Deputazione non soddisfecero -gtli Oppositori (1) ,i qiuali si radunarono plùrima im casa dell patrizio Vincenzo dri Neig-.ro (2), e poi in ìcasa dii Pietro Giustim|iano peu- decidere suiU’attegigiamenlto da segnine. Erano presenti, faia gli aUtaii, Benedetto Sperone, Gerollamo di iNegro coi fìglli Vincenzo, Cesare e Giacomo, Filliipploi Gd/ustiiniiiaino, Bernardo Otitone di Antonio, Gio. Biattfeta Do:nia, Luca Geratillle, Paolo Spingila dii Giuseppe e Gian Canio Senna. Qiueist’ultimo sostemirue dhe la Depurazione proposta sarebbe rimasta « vania ed dfcsoria se non fosse stata (autorizzata a portare a diifrirt-tuira lall Maggior Consiglilo .le riforme Ida essa indicate iper fra k>ro approvazione, giajccihè dovendosi ila stessa piiimia pontiare adibì Serenissimi Collegi ena facile a pochi imtpedire dhe quaHiunque cioisa, albibencihè seria e siaviiissima avesse la sua esecuzione ». Suggeriva, pertanto, che si impedisse illi voto su quiakinqiue proposite di legge, finché non fossero accordati laffllia Deportazione per la nifomua i pieni poteri. Ad Serra si oppose Fiertiria Giustiniano osservando che non gii sembrava onesto, dopo d’aver chiesto la nomina della Deputazione « terme (restando tutte le cose e leggi relative » (3), pretendere ora la deroga alllle leggi deQilo Stato; e che, d’lalltra iparte, non igili sembrava opportuno respingere senz’ ajltro tutte in blocco le proploislte diell Governo, specialimente quelle riguardanti « i poveri nobili », ed il « p-eistìfoo forzoso » che era, dopo tutto, destinato aila diiesa d'elio Stato. iSi convenne idi (lasciar possare solitanto ila legge sui « ipoveri nobili », e di idhiedene iail iDoige ila (facolltà di deroga |aila lliegge del 1576 « De condendis legilbuis » (4). Il paltriziio Bernardo Ottone, giovane di 24 anni, venne incaricato di sostenere all’ assemblea idei M'aggior Consiglio le ni-ohieslte deglli Oppositori, e di (attaccare a (fondo fe poilitica diei Governo. (1) Uno dei Commissari non graditi era il Magnifico Cerimoniere Bernardo Ot-tone (da non confondersi con l’oppositore di egual nome), «-per la ragione, che si seppe «avere lo stesso detto alla tavola del M. Gerolamo Durazzo, che egli avrebbe fatto tagliare la testa a· quelli, che avevano promossa detta dimanda ». « Terzo esame di Vincenzo di Negro» (Collez. citata, vol. XI, pag. 638). (2) «Primo esame di Vincenzo di Negro» (Collez. citata, rol. XI, pgg. 102-112). (3) Ma secondo rii Di Negro ila frase doveva intendersi : « ferme restando le leggi per interim che vuol dire fino a che di Legislatore, che è dl Contigldo Grande no® dimandi altro». In itad modo non veniva ad intralciarsi la richiesta della Riforma. « Esame di Carlo Fallavacino » (Collez. citata, vol. XI, pag. 13). (4) Vedi gli « Esami di Paolo Giustiniano e di Angelo di Negro. (Colles. citata, vol. XI, pgg. 54, 58, 189, 192, 459, 465). 340 Pietro Nurra * * * iLe as&mM'ee del Maggior Consiglilo presentavamo seni(pre un aspetto di austera soUlenoità cihe imponeva disciplina e raocogMimieinto. « I Sere-missitmd, assisi im un rdiailìzo semidircolare al oui vertice era il Doge sotto Ibaildtacjc'hiino in trono, avevamo la presidenza d’aimlbo i CoimsigÙi ii qiuaiDi oniè discutere nè delilberajre cosa alcuna potevano, clhe proposta non fosse da quelli » (1). Quel giorno 20 felbbraio 1794 lia Safta era affoììlliatissimia, ed iin mezzo ad un reiliigioso siili enzio Bernardo Ottone, avutone licenza d'ali Doge, imi zio ili suo discorso : « 'Serenissimi, e miei Signori, disse 1 o-« irait ore con l>a cattedratica elloquenza dell temp o, qiuesto è iil Re gno delie « Leggi, noi non ine isiaamo i Padroni, ima i custodii, e ili esecutori. Le (( usurpazioni, e gli «arbitrari trascor r imeni i cammeissi per il' addietro (( iconliro dd «questo sono alltir ottanti lattemtalti, ohe offendono; da loro « sicurezza e (libertà. Mettiamo adunque aü coperto deüflia vio-« üenza dieil'le p-assioni umiame quesito sacro deipoisiito dielltla publMica saliti vezza, e animi ijamoilo afllTiaspetto iamimlutaMlie della ragione. La moliti-« pitie ita delle leggi, güii abusi introdotti mettila iLegisiliaziome, la gravezza « enorme dea danni, ohe le alterazioni ne)'ile fa/coMà e mei dirtittli dei dii» (( versi corpi, cihie iformano quesito libero Govenmoi hanno apportato aille « ipubyiiiche finanze ed alilo Stato svegliarono è verno P ardore di moliti « zelanti Patrizi)!, mia le misure Icihe si son pirese per soddlisiarime le loro « mire sallultairi non bastiamo per adeguare 'un oggetto sì inteireisisante* « e gwamidiioso. Si è tatto un corpo clhe non può agire liibéiramiente medila « folita boscaglia dei disordini mancante d1 yn poteiie proporzionato alla (( grandezza del lavoro; uima deputazione, ohe toglili te bensì gili abusi su-« ibailtermi, ma che lascia in azione ili germe originario degti· erironi dettila « mostra Legistlaziome, un elleziome di Soggetti riispettalbWlli peu* lia proie vata lloro onestà, ama «ohe non (puon.no, o jper i'a cadente vecchiaia, o « pòr la miamoanzia dii um còiitiimuato attemdimemto aMia profomdia cogniti zione dettile leggi, sostenere lia carica spinosa di rìiBevianme i d'iffetti. Se « così è come amali potrà sfloggiiansi 'la comfiusiome, e lo sconcerto diagli « oscuri nascondigli, dove hanmo saputo fin’ ora appiattarsi, e so steli mersi, se tutta inon si liilcoimolsce, e nom sa esamina questa macchina am-« ftic-a deiIOba legiisllaziiome conrosa e indebolita dall tempo, e scossa d'a.l-« (Γ urto dei privati iinteressi. Egli è sicuro, dhe ili buono, o cattivo es-« sere di qualunque Governo n asce sovra ognli aitiro d(ailŒ organizza zi o-« ime deJlè Leggi fonidiamentaM, che influiscono direttamente suflilia com-« icatemaziome di tutti i rapporti sì pubblici, che privati, um errore, dhe « isi aman if esti din /aJlicune idi queste ipoirta uino scomvodgin lento meJl sistema « defilila legiisilazione ohe 'ad arrestarlo mon bastano le più pronte maisure « se non si distrugge nella sua origine... <1) Pietro Nurra: Le storie inedite di Gerolamo Serra (La Cultura Moderna, ottobre 1926). Genova durante la rivoluzione francese 341 « IL opposizione, ohe vediamo esistere, mascè appun/to diario scorgere « mon corata questa ,parte essenziale dii difesa iiniteinnia, dai! vedere una (( esaltazione «dii timore soviraJbondamte in a;Loumii, lia quale sii trasporta « 'bensì con prestezza a riconoscere i pericoli es termi, ma li rende dimiemr <( 'tiohli affiatto de’ più tënnübidii inaili che mantenuti e pessoohè accarez-« zaiti ine! senio dedilla Patria puonno formare un vortice sterminatole « ideila putolblica utilità. iM(a questa opposizione istessa noi vedremo diti tteguarsi e svanire tosltochè si alpprestienainuuo gili opportuni- rimeditò, a (( quell limale, comta) di cui si è con forza eieviata ». E dopo aver accennato lai miallcootento dei la Opposizione per i/l (ritardo dei iprovvedimenlii oomisentliti idiaida legge per « sostenerne ü decoro e desistenza » dei nobili poveri, meimlbri idei Maggior Coesi giti o, il’oratore fcomlbattè Ha proroga dei •portieri isrtiraondimiairi concessi aiiia Miagistratura deglli Inquisitori, deplorando gli «axribiM extrailegaüi dell’Oligarchia domimanltè. *< La iegge, che e-i « fa sentine con sicurezza e -libertà, egli osservò, stringe e lega «tutti i Cit-« tadimi per tali modo, dhe niiuno di essi può appartarsi daü suo cornando « imperioso, ed imiparziaile. L’ Uomo vive tranquillo, allorché conosce di « non amdar (soggetto alle interessate e capricciose opinioni di t>isi, n. 10 dell’8 marzo 1794. 344 Pietro Nurra « .ooin d’ aradiaire de’ tiemupi un’ autorità ingiusta, autorità (Ghie suprema, (( ed linidivisa coanpete 'uniicamemte al Gram Consiglilo, .e che iraipàirtliita deci v’ esserne confidata ai vairii TirdlbuniaJli (costituiti datUla ILegge, e prove-(c idni'ti non d’ imdlivddlui o semipre gilii stesisi o sempre appa/rteneniti alle « medesime Famiglie, ana ipiresi ipromisicu amiente neJlllia c obiezione delti 1’ (inno e dell’ .attiro Cowsdgtlio ». E idoipo aver (passato irapidamente im rassegnila ll'e vairie critiche mosse alllia (pod.iitdca diel Governo, ed .aver portato um vivace attacco laJl Tirilbuniaiie degli Inquisitoli 1’ inupilacabille Teqmdsitoria 'CoancOlUidieva trivodgemdosd ai membri ideil Gran ConisdigUio : « AflJùro nom mesta adunque, a sollevare voi, « e lia vostra Patiria idiaililia icomiume (mdiseria, che aprire il Udb/ro deüilia Coti stituziiane per iair tacere igûi imiteressi, le -lia vodomità di alcumd fimdividfui, (( e -sostituire per tetto id [Regno dledlla iLegge, (Regno dhe mon avrà mai « aoiogo, ise non quando il Gran Consilio ópigilierà e 'la sua «autorità « pirimiera, ed linalienabiile dalle mianii misuirjpaitricd d um dligiarcihia ejri-(( istooratiijca, e «ciò dovete -voi faire mon isollamente dm omaggio diete virtù, <( che /mimicamente consiste meli’ amor dell pubblico berne ma per arrestare «' eie >egili è possibile ila vendetta inaziionaHe, lia quale non potendo, essere « lontana stando ile cose (presenti comi onderebbe nella sua terribile pumi-« ziiome i Patrizi poveri ed oscuri con li superbii!, e Preponenti » (1). A iquesltii attaocihlì ied a queste mdmacV:-iie i fautoiri dell’ CKliiigiarchia risposero -incitando .ili Governo a misure repressive, con glli insidiosi biglietti di calme che ü Segretario idi ‘Stato Itmasmet.tevia «regoiliairttiiemte affilia Magistratura deglli Imquisitoiii, « Perché non si adotta ili metodo dei Pi incipi di Toscana e dû iRorna, dhiedeva un biglietto di calice ?. Soflo- Genova soffire im casa velenose vipere, o pagate, o miall imcliiimate..... Se VV. SS. Ser.me non .provvedono a taili tatti col tempo, eoa tempo dmiltiilmente se ne pentiranno. Principiis oh sia sero medicina paratui » (2). I nostri nemici, imsLmiava um aJltro biglietto, u si vantano ©fiacciaitamente <( che sono .arbitri del Corpo müilltaire, ed anco deflUe squadre di <( Famegli. Dicono ohe -non passeranno 20 giorni, dhe scoippieirà la mima, (( e voi sarete esimiti, imiinacai.ati di moirte ohnmmqme icon sosttamza procura <( .far 'laro conoscere I’ errore im cui isono. Vantano di aver armi, forze, <( ipartiito, e denaTi all’ opportunità. Si spiegamo che la catena che loro « avete -temuta firn’ ora .afl piiede voglliono cacciarvella all coillo e strango-(( (larvi )). Voi, insisteva id biglietto « avete dato troppo itemipo a Fait ziosi : opprimeteci una buona volita, non ‘siate più leniti. iLa vosliira lem « tezza f oraria il .vituperio dea Governo, e può causairme la rovina... Ordi-« .nate a varie squadre de’ Famuli di portarsi aMé loro case nspetti-« vamenttie da 9-60. Geiwva durante la rivoluzione francese 345 iMa güii· Ojppas-itori dovevano essere molto bene informjaJti suille iattenzioni dei .loino laiWiensairi, (perché, 'riunitisi, deHiberavano di « giurarsi vicend'e-volttniente urna unione ie ifedeQità reciproca », e di « preludere in ostaggio dane Patrizi ipeir oigni imidividiuo dii loro, che v-enis&e cat/tura/to » (43). * * * Alida lasjsenilblltea del 5 marzo .gli Oppositori si relegarono -arimatfa e ri-isotati fa iar passaire « ituitite ile proposizioni » quando ancora « vü si avesse dia sitare per ‘ime giorni » poiché casi si praticala meJlH’ Assetm-fodea Nazionale /dii -Francia » (2). Nel Cortile del iReal Pailazzo sii notavano ifiraanjnuiisti paltinizi, (borghesi! e isacerdoti, rappresemitanti delle tre chiassi alleate per rovesciare 1’ oligarchia. Ricorderemo iil iR:everenido P. RiawnJa, pamraco di iS. Croce, giansenista, Andrea iRepetto detto ili Rosso capo id’ una (Loggia massonica, iil procuratore .Domenico Rivarola, i pa- 1 ìli zi G. L. àpimolia idietto Spinolino, 'Renedetto Sperone, Saverio e Oatrlo Giustiniano, Carilo Palaivilciino, Felice di Negro, Paolo iSfpinola di Giuseppe, ili Capitano Ottone coi figli, >il 'Capitano Olavarino e suo trapelilo Gio. Rat/tislia. LL iruagniiifìoo Gti-an iGairiLo Serra, ,iQ capo rifoonosciuto e temuto -deilla Opposizionie, «xamparve « vestito -di colore con un grlan mar-®linone sortito cui si dùceva vi 'avesse delle annui » (3), Vincenzo di Negro con <( una spada, con guardia dii prmcisbecli, infilata fra la marsina e sotitomiarsina », Filippo Domia con « una scialbila, ossia Palozzo », Francesco -die Fraaic'hii <( coilla. diviisia di Castello e Redingote », Filippo Giu- 9ti.nii.ano con Ha « coccarda mazioniajle col berrettino fin petto sotto la sotto vieste » (4). H fermento era vivissimo, e* grande fa concitazione dagli animi Correva voce che @Soima (paMzd dell 'Minor Cantsiijglteo, indignarti per la irnsso-lultezza del 'Govemno, avessero nmimajcciiato di far entrarne seicento manenti (oomitadiim) aTimati per (( far mam bassa sopra li 'soggetti del Maggior .Consiglio >. (5). Ad evitare guai .peggiori i memihri del Governo non° intervenni ero alila seduca e questa andò deserta (6), ira lill dlamiore e le grida dei CorusiglMeri d’ opposizione che (protestavano contro quella nuova mamcanza di riguardo ali’ alito Consesso (7). Altrettanto avverane (1) Colici, citata, vol. XI; ..Esame del M. Cario Palilavicrno », pa.gr. 31. (2) CoUez. citata, vol. XI; «Esame del M. Carlo Pallavicino »», pag. 15. (3) 1.1 portar ferraioli di coQore, anziché neri, come usavano i nobili genovesi era .indizio dd idee democratiche KCfr. L. M. Levati: I dogi di Genova dal 1797 e vita genovese negli stessi 'anni. Genova, Tip. deilla Gioventù, 1916, pag. 673). (4) Per coccarda nazionale ei deve intendere la coccarda dai colori francesi- à berrettini erano rossi. (Cfr. L. M. Levati; 0t>. citata, pag. 571. <5) Collez, citata,, « Esame del M. Filippo Doria, vol. XI, pag. 345. (6) Collez, citata, «Esame di Pareto Spinola»», vol. XI, pag. 58. Vedi pnre il giornale Avvisi, n. 11, 15 marzo 1794. (7) Franco di Negro gridava « Questa è la etlma ohe fanno del Consiglio Grande, ma oi verranno, e ci verranno oon fonano loro dispiacere, o ce li faremo venire » (Colin, citata «Esame del M. G. B. Spinola, Vol. XI, pag. 35), 346 Pietro Nurra mela seduca dal 27 marzo; ed allora gli .dlgarchi miserò M Governo con le spale al miuro. « ûLe^ïamocü la maschera, dice .um taro toigili-eltito dd calice, o, V.V. S.iS. Ser.ane voglliomo governare o no; se vogdiiomo governare puniscano li disordini, tìliè anmlaii frecmie lia Oiittà di vedere da podlm la cerata ‘la riipmtiaedome del Governo, minacciati .1 Imam icittaiddna, e fomen-tata ila di'Viitsiome neJlLe Salle idei (Collisigli peir iperdére iinibei arine rute a « -e pubblica. Li sediziosi si comosoomo, dimprudentemenlte si manifestano da per se. Essi si aproffitaino dela debolezza del Governo per essere più m-iirapretnidemti. Assaiultlamemtie la cosa mon deve airudaire innanzi, o VV. S.iS. Ser.tme mettono in Tome finché le cose isiamoi quiete questi capa db disordini, cominciando dall più reo di tutti, quali è Gian Callo Seira 0 diversamemte vi -sarà Chi toglierà all’ Ecc.mo Qarrega e compagna voglia dd patrocinare ulteriormente dlei biirtanti >» (1). Gian Carlo Serra, canne ditale aim contemporaneo, era un uomo «che vedeva dia sventura ded suo paese, e il toisogmo di urna rivoluzione, ah’ etra capace a mischiare-«Tutto per vedeaüla possibile; ma che Ha voleva dia cittadino mon da congiuratone, per patriottismo mon per lam'hizione » (2). Perdio gli o i0air ohii lo temevano -e do odiavamo tad punto dia ifruvocaire conifero dd lui so tanto la repressione del Governo. « E fino a quando >i!l magnifico Gian QaiTilo Serra si abuserà della nostra (pazienza ? Attonito starà ni Sema 0, silenziose le Leggi, il (Popolo fìreimente, mentre conltlimua p.rotervo nelle sue empie (trame ? L’ marno il più superbo per indole, per imoldmazione sarà ora Γ amïico dl Protettore dell’ uiguajgiiainza ? Il più disulbbidi ente alle (Leggìi meda corrispondenza con esteri Ministri si eleverà ora in Tri humo del PopoGo » (3). Urna nofta acclusa ad un biglietto di calice precisa chi sono i « Principali Sediziosi », ed i loro « Saltelliti », osservarti o che questi ultimi sono poteo valutai» iflii per essere « anime vendute ».^ W « capo di tutita la Fazione è Gian Carlo Seria » (4), egli è, im/fatiti, 1 anni ina dd tutto .il movimento antioiliigarcihiico, « per tallenti e ricchezza » (o) superiore a (tratti .gli altri. Dieltro le sue orme si atrtruppa «il partito dei malcontenti » : a -cumd dd essi paghi soltanto dii poter ripristinare Γ auitaiiità ed 1 poteri costituzionali dela Repubblica onde provvedere ad una più efficace difesa dello Stato di fronte ai pericoffli d’ ogni parte imcallzan*., altra invece, impazienti di imnalzare suflle .rovninie della oligarchia i (1) Un biglietto di calice afferma che Vincenzo Di Netrro, doveva al avere (2) (P1EEFRANCESC0 Bast.db) : Libere riflessioni sulla rivoluzione f dal francese con annotazioni e aggiunte del traduttore. Pangi, 1V68 (falea data per Genova 1795), pgg. 32-33. (3) Collez, cit., vol. XII, ce. 59-61. (4) Collez, cit., vol. XII, cc. 61. (5) Collez, citata, vol. XII, cc. 76. impulso da qualche Patrizio, e per talenti, e ricchezza a ui superiore, come ι Bd inferisce per tutta la Città esserne il principale Fautore il m. Gian. ar>o (Oollez. cit., vol. XII, cc. 51). i Genova durante la rivoluzione francese 347 e a 1,1 ))* sitiamo delà Riejpulblhliica, dichiarava /iti anagiiimiico Biar- 1 torneo 1 anne dielllâ pante anodiamta, sa trov.a iin perdjcotto, « «atteso che si t/ri e ,'Patrizi iohe ila governiamo pâme cihe siano di geruio Francese, « 'e che dia ciò si devie iteaœre dhe inodìtirandosi verso dii’ n.oi il Penarneesii (( imon se faccua lia dovultla 'resilstemza, ed ôssamdo ailrtiri di geniio piemoin- , eise o Feudatari si può temnere lio stesso avanzandosi 11 Piiemionteisl « Uin mezzo iadden dia lonitjamo di atterrare o varian e iil Governo idellia Se mia iR'eipnlbMira con t.rasfenMo neil Pqpoilto', e per quanto ho inteso. e credo non ingannarmi, mentre 'ho ipartato con moliti Soggetti di quelllli ohe pareva tendessero afille liinnovazioni, la loro vistla era di eguagliare col Minor Consiglio, e stalbillire in questa forma urna maggiore •ammoniia fra i Soggetti dal Governo »> (3). Ben a ragione la Magistratura degli Iinqoiiisli'tari pcrteva assdtourare ai Sere.nii Collegii, nell Rappo o se^ greto dell 6 febbraio 1794, ohe « isi .comservaivia .finora .nefllle persone Popolari d’ altitiaccamento ail Governo » e idhe, come precisa un biglietto di ca ice « Il Popolo non voleva cambiamento di cositi tu® ione » (4). L’ accusa di 'ailouni .soibillliaitori ohe, dioè, il partito capeggiato dal d*i Negro e Riivarola tendesse ad una aiivofl/ta pqpollaire, è ementito dailie unanimi deposizioni di tutiti i Consolli dele Ariti che dichiarano di noni avere mai ricevuto proposte (im tali seniso (5). Ma queüllo che non eia an coi a venuto poteva accadere in seguito. Oli oiligarcihi ben sapevano c e, ' &ai prima de la Rjivokizioine Francese, Genova é la Liguria erano ^ il «teatro -di lo tèe accanite e feroci fra le varie classi dei Noibi ι e «e Borgìhesfoa, per Γ esercizio dell' potere. Ed il· popolo non era riimiai ■ ® pre astsenite, anzi vii era (stato urn mioimento, nell 17*6, quam o i p «aveva ripreso id dominio deto vfe puteKiaa, dhe Le idee di urna sfoltimi defl Governo in sènso democratico si erano manifestate con muf>vO e n luaccioso vigore. Àntfhe adora il malcontento dei Faltrizi del faggio Consiglio aveva assunto un aspetto tanto grave ohe una imci ie a o nata da Ser.mii· CdlQ^gi, durale le trattative per le con^nmam imposte dagflii A'uisrtriaci, concludeva col rilevlare Ohe « non lieve era i· · 611111 e molto serio 1’ .affare ... Anche aitara àa NofcdDità povera si lamentava (1) « Dichiarazione di Paolo Cevasco, podeetà di Portovenere ». (Collez. citata, rol. Μ·(2Γ'«Ε^πιβ di Angelo Di Negro». - «Esame di Matteo Ricci». (CoUez. citata, vol. XI, pgg. 463 e 467). (3) «« Esame di Giacomo Di Negro · {Collez, citata, vol. 2 I» pag. (4) Collez, citata, vol. XII, ec. 62. . (5) Collez, cit., vol. XII, cc. 53 e 55. I* dichiarazioni dei Condoli delle arti trovano nel vol. XI, da pag. 250 a eegg. Genova durante la rivoluzione francese 349 m M,a®®ior ComsigMo fosse notevodmete diminuita. Si eia (PaiÌlare. « v«fer mulare il Governo ed in- no p IblbliJci] castighi, anzi ili giorno 9 nav. 1746 igiLi Oppositori ave- G^ssanT ajt0,iil iDage 1,111 toro i^ppnasemitainlbe, ili pa/trizio Aaton Maria «fiato rth.in1,ate .Francesco Maria Dei Vecchio ^^oVeVia A°,9ajt0 sostenere in un sU0 scritto ,la dottrina dèlia sovranità p p aie - ia nell 1750, dopo tne annii di sitato d’ assedio e di guerre avendo al Governo impeto dalle tasse sud genieri di prima .necessità ai erano veiifioafci dei 'tumuliti, durante d quaflii ila nobiltà bassa ed d civili vennero ripetutamente incitati a dare addosso agfli arùstoaraiticd (2). _ fla a «nbuazione si ripeteva; in tutita la Liguria si eirano verificaJfd P°PI d0V'Utì aBa 0M1e9tia ed ,allla miseria (3), le riforme alla Coazione erano di nuovo topostate da un grappo battagliero ed audace di Oppositori, il’ -alleanza dalla Nobiltà anltioligiardbica con la bor-gnesliia era nuovamente sostenuta nelle piutoMdlclhie piazze (4) Oltre a ciò ai confini dèlia Repubblica, ventimila francesi .sitavano per entrare nel territorio ligure ad affrontare gli Austro-Sardi, ed i capi dela «razione estremista degli Oppositori, non aspettavano altro per « levar di mezzo gin 'airiisitocraittó » (5). Oodte 1ΓΪ .,nfnf,p(>teva «»»* Più grave, ed il Governo, su proposa dalla Magistratum degli Inquisitori «latis calculis approvata», dfS^a 16 «larzo Ì794 (6), di procedere agli arresti, suS esegu^. d Rivarolla (24 marzo), Vincenzo. Di Negro (29 marzo), dei maggiore degli artiglieri Agostano Domenico Mienioi (1 aprale), di Bartolomeo Torre τ.l’imputazione di complotto «attentatae reformationis S“ae ,ReiPuM«aie.... cium publiicae tramqudliitaltiis prejudicdo ». 1 Ofltìigarohi respirarono e pflaudliirono al Governo. « Sono state tutte « a atto a proposito le catture eseguite per ordine pubblico, dice un « biglietto d>% calice, Im fatti ihiamno per un momento avvilito il partito « de Faziosi, m oggi però settnlhriano più efficaci che mali, e minacciano « con maggiore insolenza ». Perciò chiedevano 1’atnresto del loro capo di Gian Cardo Serra. « Egli, continuava Γ accennato biglietto di calice, "J? °Sr·;. ?· PAND1ANI : La ceciata degli Austriaci da Genova nell’anno 1746 GMfc Γ Genova 2Γ ^8· ΙΠ· to· XX’ 1925)· · Α· NERI: La d« Tedeschi tino im) P°eSia e p<>railea (GiornaIe &torico e letterario della Liguria, l914!2reg.M135LlTI: 7 Όθ0ί dÌ Ge7Ì0Va dœl 1Mé al mi- *m’ Τί'ρ· della Gioventù, venu! mfpÏTÏi. ' ^ ^ 1793~ ^ Tip' Gio- (4) ..Esame di Bartolomeo Torre» in Collez, citata, vol. XI, 47.48 (5) «Beame di Michele Giusttniatno » in Collez, cit., vol. XI. pag. 36. Vedi inol-tre a « biglaetta di caliee», a ee. 51 e 62 deO voi. XII, della Collez, cüata (6) Collez, cit., τοί. XI, ,pag. 32. 350 Pietro Nurra --------- « è iil 'loro oracolo, da cui senza dubbio proviene il gran malie, e fino a «. che il Governo non si sarà assicurato della di lui persona lo Stato sarà « lìn disordine. Altronde in buioina politicia. non ed sa conoiscere, come es-« sendo egli il Direttore di tatti quasltd raggiri vada impunito, mentre si <( castigano gli altri meno rei. Se si vuol la pace, e la tranquiilMa, si « lascino da parte i rispetti untemi, e si castighino indlistintamente li colie pevottd, in divierso caso non si speri di dare alila Patria quella internia « tramqulillità, ohe le circostanzie pur troppo esigono » (1). Ed anleihe Gian Carlo Serra fu arrestato il 7 aprille dal capitano Kr-miando Bartbarosisa del Reggimento « iRieal Palazzo» (2), ed il aprile venirne arrestato il magnifico Filippo Giustiniani (3). Egli solo, Èra tutti, sostenne a viso atf>erto, che non riteneva delitto « l’laderire alla diman- « da della riforma ideile Leggi..... quando detta dimanda ha avuto 1 ap- « probazione del Maggior Comsigtoo ed è riinnasta sanzionata ». Perciò protestava di non riconoscersi « reo di alcun attentato contro deilla pu1 « ibi ica tranquillità. .Se consta diversamente al Fisco, disse egli ad un <, certo punto, non è che da questo se ne possa inferire, che consiti egual- « mente a irme » (4). * * * Ma iil Fisco sapeva che non tutti gfó arrestati seguivano le idee dei! GiiiSftJiiniajno : Gaspare Saju'lii e Filippo Dona, ad esempio, non facevano mistero alLcumo dei loro propositi di chiamare i Frantesi suW territorio . (2). A Vemsotud, nella Sede diedila Società Po- (polare, eigua avevia temuto un disooinso siginjiffìoa/fciiVO : «...... C’ isft depuis 1789 qu© moin coeur «et Jacobin: c’est depuis cdtte memoratole époque que j ai solivi 'La miarcihe die cette révoülutiom que toute 1’ E-uirope comibat, et ad/mire, qui fondée soir des bases «aussi soliidies, quie 1’ «esprit erui 1’ a amimieiiee était juste, 'bravera les affo,rts de ses emniemis, leis intrigues de ses enifianit dénaturés, ©t les brames perfides de tous ces etres impure qua s’ (acharnent à dia détruire. Né repubdimin, rempli d’adlminatiom pour les traite d’diéroisme, et d© vertu dont la loyauté et la gnérosité ont pur gtarant 1’envlie* et la jalousie dies aultres. J’ai vouflu être le témoin oculaire; ’ai pancoaim une grande partie defila iF,ramice. Si la revolutio>n m’ à offert dians ses détails des tableaux affligeons, la masse ne nr en à paru pfas grandie. Par tout j’ iai vu des grande hommes, par tout mon coeur a été miu par tas vertus, qu’ elfe a fait étìLaire. Spectateur du mitrante de Toudon, j’ eu l'Ugè du courage de vos braves frères d’armes, elb j’ai conclu qu’ à des français républicains irien n’ ©toit impossible » (3). E dopo cinque lunghi mesi egdi ridorma pieno d’entusiasmo, a Sa.ii Remo ed a Portomaiuriaio, ad abboccarsi corn gfli emissari degdi amtioli-garchici gemoveisi. Amzi il 25 mlarzo 1794 scrive a Gian Carlo Serra, una lettera indillamdolo a tenersi promito : (< Emeare quelques jours de fatigue, de courage et de gfloire, egdii esclamila, et inotre succès est assuré » (4). Ma giü informatori .ded Governo Genovese hammo igdà segnalato la sua pre-seza e queftiia dei suoi seguaci : « (Rien selon eux n’ est plus beau, mi plus respectable que lia République de Flramce, cele de Gênes est rien en comparaison. L entrée des Finançais n’ est retardée que jusque après Pâque, et selon ces messieurs, tous les Génois emibrasserant avec plaisir d© nouveau régime, oes messieurs ont dieja iliailt le serment de vivre il.ibres ou mourir » (5). Oramai gili avvenimenti precipitano: id 6 'aprile Robespierre il Giovine salive um’ uiltionia volita a Gaspaire Saudi chiedendogli imforma-ziionlt, o meglio carte e piani cialde piazze forti genovesi, piemontesi e lombarde. « Vous, soggiunge, in’ avez point besoin d’autres motifs ni d’autres conmoissanoes pour servir utilement, et efficacement la aàaise de 1’ humanité (6). Nelfla notte dall 5 al 6 aprile um corpo dii, spedizione iramcase, agli ardimi dì Masseria, entra nel territorio defllla Repubblica, ed ili giamo atto s’ impadronisce di Onegilìa. Lo stesso gtamo Gaspare (1) «Bea,me di Gaeparo Sauli », Colla, cit., vol. XI. pgg. 656 e segg. Vedi inoltre 1© lettere dei Confidenti del Governo Genovese (Colles. cit., voü. XII, doc.ti. 3-6). (2) « Esame di Francesco Viale» (Collez, cit., vol. XI, pgg. 558-559. (3) Collez, cit., vol. XII, oc. 95-96. (4) Collez, cit., vol. XII, ce. 67. (5) Collez, cit., vol. XII, ce. 81. (6) Collez, cit., vol. XII, oo. 89. doc. n. 56. 352 Pietro Nurra Salili viene arrestato per ordine della Magistratura degli Inquisì torli. E le coQipe di Folldippo Doria ? (( (Nefl&e feste ded Santo Natale prossi-mannenite passato, disse un tesitimtoiiiio d’ •accusa, pammi il giorno dolila viglila dellle medesime essendomi portato nelllo scagno del M. Gio. Batta Cannbiaso dove trovai altri poveri notod'li, e dove dii suole andare im congiuntura, ohe il detto M. Gita. Batta ci fa la. distribuzione di quaflJdhe sus-sdidio, essendosi fra din noi fatti dei discorsi relativi alla pre»a di Toilflone il già detto M. Filippo Dona, ed iil fratello del M. Filippo Segno, che credo dd nonne DomenteJo, si congratulavano uno con Γ altro deflto presa dii detta piazza, che adesso Od Francesli: vittoriosi si ^porteranno a Genova ed avranno finito di dominare questi becchi f..... di cavaglderi ricchi, e il M. Segno disse, che oi leveranno da mezzo una volita detti itilochi ed i povera in Genova trionferanno ed i ricchi resteranno avvilirti, ed allora replicò il detto Doria: così spero, e così sarà » (1). In sostanza, dietro il velario del movimento amMoiligardhico sa nascondeva una minaccia ben (più pericolosa, quella dei » geniaMsftd francesi », come aUkxra si chiamavamo i rivolaizdomari ed i loro sSimpatizzanti. Ghi fossero e cosa volessero lo vedremo chiaramente esaminando la corrispondenza dei profughi politici, d processi e le condanne che seguirono agili arresti. PIETRO NURRA (1) « Esame di Carlo PaUavicino » in CoUez. cit., vol. XI, pag. 139. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Jx)Uis Ulloa - Christophe Colomlb catalan etc., Paris Libra/rie Orientarle et Américaine, 1927, fpp. 416 - Fins. 35,00. Uni liiiwx) « sensazionaile » un « giram mistero nivedato » ecco i tito.li ohe l’edilltore Maisonneuve ha creduto elargire a/ΙΓ opera -di Luigi Ulloa « ex IbdMoltecanio deûüa Nazionale dii Làmia, ex inicaricaito defl Governo Pe-nmluanio » etc. etc. L o*pera tratta dii Codomibo. In cento modo è veramente « sensali baiale » ! IL’ ultima liindamazione dd Grdistotforo CoCombo sarebbe catalana e, mon più Citiistoforo Gofanbo, mm Juan Colom amzi, in um certo pentodo deilla sua vòlta, anche <( Scolimi », padota del 1477 ned maini d' Is-laouda..... Naituralmiente tutta ilia documientazione da Gallilo, Giustiniani, Fer-n a udo C., e non meno regolarmente numerata con numera (progressivo, intatto. E a tuitit’ oggi queste condizioni non sono mutate. Ohe, infime, la valorizzazione ded documento Asserato è stata fatta solo dm questi (ulitimii mesi dal De iLa Ronoière due ripubbdlilcò im extenso d’ atto comumjenitainidodo, e d'aio scrittore di q-ueste note. Id (( documento Aissereto » prova contearuparaneannente : la genove-sitd di Colombo, la sua data di nascita la sua permanenza in Portogallo 1478, un viaggio e un soggiorno a Madera la qualità di commerciante e fiduciando di « firme » genovesi ripetute nel suo Testamento, un viaggio e un soggiorno a Genova nel 1479, e il ritorno a Lisbona. E s|L capisce perfetitamenlte ohe tutte queste cose abbiano urtato i nervfr..... della Catalogna, e ne sia uscita una instouazione di falso. Altra m/amo- 4 Rassegna Bibliografica 355 vna disgraziata : perché traiùffajnidosi di un falso’ ohe si asserisce perpetrato din Uffiicio PubWJIiloo anzi StataiLe, potrebbe avvenire ohe dopo i'a più ampia facoltà di prova, ie conseguenti perizie cail'lligrafìche, ajrdheo- logiclhe, diplomatiche é\\c..... i risalitati defl-Γ insiinuaziiiane si traisfonmj&s- sero in conseguenze mon precisamente piacevo!! peO. Rivelatore dii GoUotm ! E ho .fìoiito coin Joian Colljoan, catàliano. Mi sia concesso ìi i/tornare a Don Ciri ‘ia prima conquista francese e le reipubbiìdclue deniiocratiche da quella stalbdldte : il poeto che a Bologna, fallalo il tentativo di uni gioumade <( Il Genio de-mocnatiiico », si era dato alla composizione della ariana pairie dedl1 Omtds,. enitrò volontario col grado di 'luogotenente melila Guardia Nazionale per combattere gilii insorti, éblbe una serie di peripezie e di vicende finché giunse a Genova con le trappe del Macdonald ohe proveniva dal sud ed eira stato vinto allia- Trebbia, dal quale eglii sperava di farsi rdleonoiscere ramldhi, Gioacdhino VoOipe coll, sno denso^ vod'ume siuHQa « Loinigiana 360 Rassegna Bibliografica MediioevaQe », numerasi stadii ed articçffi di A'cMMIie Neri, di Giicvannv. Sforza e di Ubaldo Formentini, ed un elegante volume « Castelli di Iju-niigfiamia ». testé pubblicato dalla Tipografia Qavanna di P omit remoli. ■Ora il comm. Silvestro Bassi, podestà di Aulla, in un volume ricco dii notizie, ma senza pesante erudizione, natnra la storia dii questo paese, importante nodo stradale aillla confluenza defila Magra coll Aulla, che ebbe dagli Adalbeoitli di Toscana, prima dell’ 884, il suo casteüllo; nei 1545 ebbe la fortezza della Brunella fondata dal genovese Adamo Centurione; sotto il Regno Italico fu Sottoçprefettura degli Appennini, e fu poi sede di un Delegato del Ducato di Mbdlemla, finché nel 1859 entrò a far parte dleOla grandie madre patria. Adalberto I di Toscana, oltre al Castello, fondò nell’ 884 1’ Abbazia di S. Caprasdo che ebbe un ampio potere gfiiuriisdàziomaiie e Γ Afolalte esercitò per quallcbe tén^po. anche dominio temporale, rilconosciuito formal-mente da Federico II con diploma del 1222. L’ Aulla fu, come altri paesi delà contrada, teatro di lotta ina il Vescovo di Luni e i Malasplima. Appartenne a questo uiltdmd a varie riprese: ad marchesi di Vallafranoa e Filaittiera, di Olivola, di Lusuolo, dii Podenzamia. Il marchese Gerouamo Ambrogio ìylaJlaspima, nei 1543, la vendette ad Adamo Centurione 1 a-iruico di Andrea Doria — il quale vi costruì, come dicemmo, la Fortezza della Brunella Che è Ila più potente opera militare dell’ epoca nella regione. La Brunella può dunque dirsli un Castellilo genovese in iDundgaana. Durante la guerra di successione fu obcupata dai Gallo-Ispani, indi ripresa diagli Imperiali; pai ebbe nulotvatoieote un presidio spagnolo che vi durò fino al 1737. Il marchese Alessandro Malaspina n’ ebbe la investitura, e dopo urna serie di lotte e di occupazioni varie tornò ai mai diesi di Podenzana. Venne poi Ila rivoluzione francese e la meteora napoleonica a spazzare tutto il- vecchi» mondo feudale. Al pari di tanti altri borghi di Lunigiana, Aulla subì il dominio o 1’ influenza idd tutte Ile ISigmorie, italiane o staimene : d discendenti degl Adalberti, i Mlalaispima coi loro intrighi di spino secco e spumo fiorito; e Genova, e Firenze, e via djìicendo, fino al « iRoganltin di Modena » e a suo figlio Francesco V, di triste memoria. Vide passare soldatesche di ogni colore : Castruccio Castracani, le « Bande Nere », le orde di Carlo VIII. A proposito diell’ itinerario di quésti, si ricordano alcuna versi dei De la Vigne, ch’era al suo seguito: Le ve?idredy il disna a Γ Avance... Et a la Roulle il disna le dimenche. A « ila BoullLe », cioè adir Amililia, desinò precieaimmite HI 27 giugno 1495, diumnite il viaggio dii Ttiitomo. Après disner, joignant de Ville franche... Lundi matin, sans passer pont ne planche, Il fu disner au dessus de Pontreme. (1736). NeLTarticolo ai · trovano anche notizde relative alLa aua -attività diplomatica per mettere la Corsica sotto la protezione dellOrdine Sovrano di Malta, al tentativo di assassinio cornimelo contro di lui per mandato del governo genovese, e in fine alla sua opera di vescovo a Tivoli. Ve * * Notizie sulle compagnie armate di volontari istituite in Corsica da Napoleone si tro λ ano in un articolo dell’ « .Archivio Storico /di Corsica » Gennaio-Giugno 1927, pp. 163-166 1927, pp. 163-166. * * *- Luigi Venturini (leggendo ile Novelle storiche .Corse di (F. O. [Renucci <(1838) fa in un articolo «« Per un vecchio libro corso» (« Archiv. &tor. di Corsica», Gennaio-Giugno 1927, pp. 167-171) interessanti considerazioni sulla dominazione genovese in Corsica. * * * Carlo Ara studia, nella Difesa litoranea della Corsica durante il periodo genovese, (Cagliaari, Editoriale (Italiana, 1927) 0/ organizzazione della difesa dell isola durante le imou-rsioom barbariche del secolo XV e XVI. Ne ida una recensione Luigi Venturini in «Archivio Stor. di Corsi ca » (-GennaJo-Giugino 1927) p. 135-143) Mario Ca-neva dlHustra con considerazioni Isteriche una concessione di Vittorio Amedeo con cui «i anulata run sacerdote .corso a conseguire benefìci riservati ai soli nativi della Sardegna. * * * Giusepve Micheli nell’« Archivio Storico di (Corsica» ‘(Gennaio-Giugno 1927, pp. 129-134), lai occupa di un Ferdinando Castagnola esule iparmense rifugiatosi neUl’isola dal· ΓAprile a” —<* “““* di Genova» del Settemibre 1927. c,„„. w B| ed LLL »*· f ““r””1 * ““ da Orlando Gro&so in «Il Comune di Genova» del Se M. me parla in «H Cornarne di Getovt ^ettem-bre 1927, de II soggiorno genovese di Foscolo. Spigolature e Notizie 365 'Sai II Centenario di Luca Cambiaso e la Pittura Genovese scrive Arturo Salucci in « La Grande 11 lustrazione Italiana » fascicolò di Settembre 1927. * * * Amedeo Pescio col titolo Per ristampare i Genovesi parila in « Secolo XIX >» del 2 Ottobre 1927 della opportunità di ricordare le Famiglie antiche Genovesi, specialmente quelle ora estinte. * * * Genova esaltata da un Gesuita fe uno scritto di A. Nacheri in « Lavoro » dell’ 8 Ottobre 1927. Si tratta di versi del P. Saverio Bettinelli in iode dei genovesi Liberatiei dagli austriaci nel 1746. * * * II. « Corriere Mercantile » del 10-11 Ottobre 1927, col titolo : S. M. dei Servi offre nn riassunto della storia di questa antica, chiesa di Genova. * * * In «.Corriere (Mercantile» del 10-11 Ottobre 1927 è ricordato brevemente Ni colo so d’ Areccó ardito navigatore genovese. * * * F. Ernesto Morando parla in « Corriere Mercantile » del 12-13 Ottobre 1927 di Tradizioni senesi sul grande Navigatore ed insieme di Un libro turco sulla scoperta d’America. * * * «Sul Borgo di S. Stefano nella fanciullezza di Colombo scrive Januensis in « Corriere Mercantile» tìel 13-14 Ottobre 1927. * * * Nel numero 15 Ottobre ‘1927 de « Il Mare » Piero Simonctti parla di Gio. Batta Pa-stene, genovese, che prestò all Cile segnalati servigi all’eipoca dellla conquisita apagnuola. * * * Filippo Noberaseo in «Cittadino» del 18 Ottobre 1927 .parla delia storia d’una vetusta chiesa savonese, cioè Santa Maria di Castello, l’antica cattedrale di Savona. * -* * Il « Corriere Mercantile » del 18-19 Ottobre 1927 ha uno scritto, firmato a. j). I., dal titolo Genova e Leonardo. * * * F. Ernesto Morando recensisce in «Corriere Mercantile » del 19-20 ottoibre 1927 La vita e gli scritti di G. Mameli a cura di A. Codignola. * * * A ifirma X il « Corriere Mercantile » «del 20-21 Ottobre 1927 pubblica uno scritto dal titolo La villa Matuziana - S. Romolo - S. Remo. * * * La Certosa di Rivarolo è ricordata da A. Ferretto in « Cittadino » del 21 Ottobre 1927. * * * Januensis racconta in « Corriero Mercantine» dell 27-28 e 28-29 Ottobre 1927 Comi Paolo III e Genova sventarono nel 1548 una trama ordita ai danni dell’ Italia. * * * Un chiaro epigrafista genovese (Mgr. Natale Sera-fino) è ricordato in « Corriere Mercantile » dell 28-29 Ottobre 1927. * * * A 'Pibrangelo Baratono dedica uno scritto .4. Salucci in «Lavoro» del 30 Ottobre 1927 ^ 366 Spigolature e-Notizie * * * I cipressi di San Benigno sono ricordati da- A. Pascio im « Secolo XIX» del 30 Ottobre 1927. * * * .Vino D' Althan rievoca la figura dì Manuel Belgrano im «La giramele Genova» (Bo -ilettimo Municipale) dell’Ottobre 1927. * * * L’architetto Ignazio Gardella vien ricordato im una breve nota biografica in « La Grande Genova» (Bollettino Mumioipale) dell Ottobre 1927. * * * Attualità b tradizioni nuziali Genovesi sono rievocate da Γ. De Gaufridy in « La Grande Genova» ( Bollettino Municipale) dell Ottobre 1927. * * * II Generale R. Corsclìì -tratta, im un importante studio ipubblicato sul « Bollettino v dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore >» <1° Novembre 1927) della Manovra di Garibaldi attorno a Palermo. * * * F. Ernesto Morando 'parla in «Corriere Mercantile» del 2-3 Novembre 1927 d’ima illustrazione genovese del giornalismo : Baldassare Avanzini. Lo scritto è continuato nel numero 5-6 Novembre dello stesso Giornale. * * * In continuazione di uno scritto già pubblicato im « Outtadimo » del 23 Settemibre 1927, .4. Ferretto riparla de II Cardinale (Ottobono Fieschi «nel medesimo giornale, nei numeri: 30 Settembre, 7 e 14 Ottobre e 4 Novembre. * * * Napoleone nella poesia dei Genovesi è il tema d’uno scritto di Alberto Lumòroso im «Giornale dii Genova» del 4 Novembre 1927. * * * Sotto il titolo L’Obituario di S. Lorenzo Amedeo Pescio evoca im «Secolo XIX» del 4 Novembre 1927 ricordi mortuarii genovesi di antica data. * * * Intorno a una «Vita» del Mameli (quella di A. Oodugmola) scrive E. Mai lite in « Cittadino » (ded 5 Novembre 1927. i * * * E. L. D. parla ne « Il Mare » di Rapallo (N. 5 NovemJbre 1927) Sulla canonizzazione di' Cristoforo Colombo. * * * «Il Lavoro» dell’8 Novembre 1927 ha uno scritto di « Ar$ » : Genova nei Poeti della prima metà dell’ ottocento. * * * Il Monastero e la Chiesa di S. Teodoro im Genova sono ricordati da X m « Corriere Mercantile » defll’ 8-9 Novemfbre 1927. * * * « Ghino di Taccv » pubblica uno scritto dal titolo Fierezza e nobiltà di Megollo Ler-cari corsaro e mercante genovese in «Giornale di Genova» del 9 Novemfbre 1927. * * * Col titolo: La*. Vergine dei Guerci Amedeo Pescio rievoca episodi e memorie genovesi del secolo XIII nel periodico rapallese «Il Mare» del 12 NovemJbre 1927. .Spigolature e Notizie 367 Su La quistionb del Balilla scrive in « Comere Mercantile » del 12-13 Novembre 1927, F. Ernesto Morando. * * * Alessandro ■Sacheri (recentemente scomparso, è Questo, forse, -il suo ultimo scritto) parila in «Lavoro» ded 13 Novemibre 1927 di Felice Ramami sotto il titolo: Il Poeta della « Gazzetta Ufficiale ». * * * Amedeo Pcyo scrive in « Seco/lo XIX» del 17 Novembre 1927 sii Bonifacio evocando lontanò. rilcOTdi dolila signoria genovese smJila Corsica. * * * Lerma e il suo feudatario Branca Doria è il titolo d’uno scritto di Arturo Ferretto m « Cittadino » del 18 Novembre 1927. * * * A rs (scrive su II « Lunario del Signor -Regina », ipmbblreazione annoiale, in « Lavoro » del 20 Novemibre 1927. * * * Un articolo di Albore: Autonomia, risposte a molte questioni d’ i nostri cumpatriotti spiega in forma dialogica quali vantaggi economici e morali sperano di ottenere i cOm da un regime a/uitonomiteco. L’ intereeisamte eejposiz#©, io- dialetto còrso, ap· parve nel n. 303 di «A. Muvra» del 20 Novembre 1927. * * * Umberto V. .Owvassd, in « Lavoro » del 24 Novembre, pai-la de Im leggenda attorno al balilla. * * * + •1 Fl"HCE^° Gandolfi’ ®ittore genovese, è ricordato da .a. p. 1. in « Corriere Marean-tue» del 24-25 Novembre 1927. * * * Scmvicco Giovanni tratta di Goffredo Mameli il poeta soldato, in un lungo articolo pubblicato nedtla «Sentinella delle Alpi., di Cuneo del 25 Novemibre 1927. * * * Su L Identità di Balilla, scrive in «Giornale di Genova», ded 25 Novemibre 1927 Spectator. * * * Col titolo Vecchia Genova, Ars parla in «Lavoro» del 25 Novembre 1927, della Mostra di tomografìa e iconografia genovese aderta a Pailazzo Rosso. .* * * Adalgisa Viazzi-Pessv lia una diffusa recensione del reconte libro di Orlando Grosso su Francesco Gandolfi pittore Genovese, in «Cittadino» ded 25 Novemibre 1927. * * * -Cose e memorie di Genova antica rievoca Amedeo Pescio in «Il Mare» di Ra-paLlo (26 Novembre 1927) col titolo: Un contadino della Serenissima. Lo scritto è in con-t innazione. * * * Francesco Federico Falco parla in «Il Ma.re » (26 Novembre 1927) di cose eolom-biane, col titoflo : Gli italiani all’ estero. * * * 0. Cornar a riassume .in «Corriere della Sera» del 26 Novemibre 1927 le diveree no-s, suona de, cultori di storia ideare circa l'identità del giovinetto genovese del 1746 in un articolo dal titolo: Omaggio Nazionale a Balilla. * * * Colombo e la réclame straniera è i,l titolo d’uno scritto anonimo in «Corriere Mer-cantile » del 28-29 Novemibre 1927. 368 Spigòlàture e Notizie Di Luca Cambi aso parla in uno scritto anonimo « IH Citttadino » del 30 Novembre 1927. * * * La festa di S. Andrea] negli nei e costumi genovesi e liguri è «studiata· da .4. iter-retto in «Cittadino» del 30 Novembre 1927. * * * « Il 'Santuario di Loreto e i Genovesi » è il titolo di uno scritto anonimo in « Corriere 'Mercantile » del 10-11 [Dicomjbre 1927. * * * Di « Balilla » riparla in uno scritto d’intonazione polemica Amedeo Pescio in «Secolo XIX» del 10 Dicembre 1927. * * * Gol titolo « Lezzéndia di Steva De Franchi >» si «parla in « Corriere Mercantile » del 9-10 Dicembre 1927 d’una composizione (poetica (dialettale dedicata al ritorno del famoso Mortaio di' Portoria alla Batteria della Cava. * * * Di «Luca Cambiaso» scrive Arturo Pettorelli in «Corriere Mercantile» del 7-8 Dicembre 1927. * * * I>i una recente conferenza su « Cristoforo Colombo e la sua italianità » di R. Al· magià, parla, riassumendola, P. E. in « Secolo XXX» del 8 Dicemibre 1927. * * * F. E. Morando ricorda in « Corriere Meroantifle » del 6-7 Dicembre 1927 « Il tirocinio GIORNALISTICO DI LUIGI ARNALDO VASSALLO ». * * * Di « Luigi Arnaldo Vassallo a (Roma » (.togliendo da iun volume di F. E. Morando su « Gan dolin e i suoi amici » di prossi ma ipuibblicazione), pa i la « Il Lavoro e 3 Dicembre 1927. * * * Il volume XXVI, N. S. (1926) dell’« Archivio Storico per le province parmensi.», contiene una memoria di (Manfredo Giuliani illustrante con geniali oissen azioni nuo ® statue-stele scoperte a Filattiera durante ©li scavi eseguiti nell’area defila vecchia pieve; uno studio di Piero Ferrari sul Castellare di Monte Castello, con ampie e e . digressioni sulla topografia antica del pago di Surano e sui Saraceni in Luni^ana^ quale abbiamo già fatto un .breve cenno GU amici \d\i Mazzini giovine, in « Fanfwlla », S. Paolo, 9 ottobre 1927 e in « Voce d1 Italia », Momiteviidieo, 9 mov. 1927. ReceaKsione del «voi. idi A. Codignola « La Giovinezza di G. Mazzini ». Luzio Alessandro, Mazzini e iswa \madre, in « Opinione della Domenica » 'PiMiaidieilifìa, 3 novembre 1927. E’ riprodotto (l’articolo puiblbOicato da A. Luzio mel «Corriere della Sera» del 9 ottobre. OPERE E STUDI SU G. MAZZINI PUBBLICATI IN ITALIA Zagaria Riccardo, La parte di Mazzini nel preparare la spedizione di Sa-2jtì9 in « Rassegna storica del Ri scorgimento », aipcrilLe -fiiuiirno 1927 ipag. 351-372. Lo. Zagaria «pubblica otto importanti lettere inedite del Mazzini a Nicola Fabrioi ed al Fanelli daill’agosto 1854 alila vigilia della spedizione di Sapri. Sono lettere assai Qimtportantd sia (perché 'chiariscono (sempre più la lotta antimuratiana del Mazzini, .-sia perchè ici fanno intravvedere- quale (febbrile e vasto (lavoro aveva compiuto iil iMazzind prima della spedizione deil P-isacame. Non. siamo d’accordo con lo Zagaria nel giudizio ch’egli dà degli uomitni © degli avvenimenti di oui tratta. Lodolini Armando, Luigi Pianciani e il più grosso esercito mazziniano del (Risorgimento, in <« Patto Nazionale », Roma, 12 isettemibre 1927. Il L., ohe lia recentemente pubbli cato un imiiportante nucleo di 'lettere del Mazzini al Pian,ciani traccia ora in um succoso studio le principali linee della biografia del Panciami, soffermandosi in particola.r modo ad iilHustirare la parte ch’egli ebbe melila famosa spedizione di Terranova. --Esiìivo (L’) di MazT&ni a Londra, im « Patto Nazionale », Roma 12 isetitieimibne 1927. Vengono pubblicate alcune pagine inedite di un .libro di Memorie di Giulio Ada-rnolli, recentemente scomparso. In esse l’Ad amoli rievoca ricordi personaJli di varie sue visite al Mazzini a Londra nel ’63, ’66 e ’67. 370 Bibliografia Mazziniana ARTICOLI VARI IN RIVISTE E GIORNALI Alessandro Levi, Mazzini e Baìtounine, in « Critica », Niupoüi, 20 ·1α-igûjijo 1927. Ampia recensione del vol. del Rosselli su « Mazzini e Bakoumiine ». Vittorio iPeracchio, Mazzini e Bakounine, im « Rassegna storica del Risorgimento Italiano », Aquilia, lugLio^fcamtoe 1927. E’ un’ ampla recensione del voi. del Rosselli su «Mazzini e Bakounine». Battaglia Sebastiano, Mazzini nella scuola, im « Corriere delle Maestre », MiLliano, 15 setitiemtae 1927. Breve articolo divulgativo. Grilli Alfredo, Tre libri » 68 Nurra Pietro - Genova durante la rivoluzione francese. La cospirazione an- tioligarchica............ . ...................» 333 Pandiani Emilio - Storie di pirati liguri .. ? . ..................» 30 — — Consi derazioni sugli Annali di Bartolomeo Senarega............» 241 Pastine Onorato - Genova e Massa nella politica mediterranea del primo 1700 ......................... . >> 101-197 Pesce Ambrogio - Luigi Maineri e G. B. Maria Pizzorno................» 151 Sassi Ferruccio - Yicedomini e Gastaldi del Vescovo di Luni............» 155 Vitale Vito - Le relazioni commerciali di Genova col Regno Normanno - Svevo. L’età normanna....................................» 3 --Intorno ai Libri Jurium ................................» 135 --Studi su Goffredo Mameli e i Buoi tem/pi................» 309 Bassi Adolfo - Armi ed amori nella giovinezza di U Foscolo (Vito Vitale) Pag. 355 Bassi Silvestro - Il Castello e l’Abbazia dell’Aulla ( .4. Saiucci) .... » 359 Formentini Ubaldo - Sulle origini e costituzione d’un grande gentilicio feudale (Vito Vitale)........\............................» 75 Gandoglia Bernardo - In Repubblica. Vita intima degli uomini di Ncli (F/to\* *65 Grosso Orlando - Genova (Vito Vitale)................................» 72 ............. ..........................» SS* Morando F. Ernesto - A. G. Barrili e i suoi tem/pi (Luisa Bianchi} .... » 78 Noberasco Filippo - Giovanni Caboto savonese? (L. F.)................» 267 Nurra P. e Codignola A. - Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento (Vito Vitale)................................................» 174 Pessagno Giuseppe - Questioni colombiane (Mario G. Celle)............» 76 Schneider Friedrich - Kaiser Heinrich VII der Romzug. 1310-1313 (Vito Vitale) ........................................n 1^9 Scovazzi I. e Noberasco F. - Storia di Savona (Vito Vitale)..............» 171 Ulloa Louis - Christophe Colomib catalan etc. (Giuseppe Pessagno) ... » 353 Volpicella Luigi - La questione di Pietra-santa nell’anno 1498 (Vito Vitale) » 70 Piccola Cronaca Colombiana...................Pa»g. 179 Spigolature e Notizie............... pa-g. 80, 180, 268, 362 Appunti per una Bibliografia· mazziniana....... » 89, 193, 277, 369 Ultime pubblicazioni : P. NURRA — A. CODIGNOLA Catalogo della Mostra Ligure del Risorgimento (Genova, Settembre-Ottobre 1925) GENOVA Comitato Ligure Soc. Naz. per la Storia del Risorgimento Italiano Via Garibaldi, 18 (Edizione di lusso, di 500 esemplari numerati fuori commercio — L. 100 1927 P. B. GANDOGLIA In Repubblica (Vita intima degli uomini di Noli studiata nell’Archivio del Comune — Pag. 1 696) F1NALBORGO - Tip. V. Bolla & Figlio - 1927 GOFFREDO MAMELI “La Vita e gli Scritti,, a cura di A. Codignola EDIZIONE DEL CENTENARIO 2 voli, con 30 tavole fuori testo « La Nuova Italia » Editrice - VENEZIA GIUSEPPE MAZZINI I doveri dell’ uomo Nuova edizione con introduzione a cura di Arturo Codignola VENEZIA - « La Nuova Italia » Editrice - 1927 Direttore responsabile : Ubaldo Formbntini