Conto corrente con la Posta ANNO Vili - 153 2 Fascicolo I e II - Gennaio-Giugno \ GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA fondato da ACHILLE NERI e UBALDO MAZZINI i Pubblicazione Trimestrale NUOVA SERIE Direzione e Amministrazione GENOVA, Palazzo Rosso, Via Garibaldi, 1 6 SOMMARIO Vittorio Calestani, Dai Liguri moderni egli antichi Liguri — Giuseppe Pierucci, Un Condottiero Ligure, il Capitan Barbarossa — Ferruccio Sassi, Attività Marinare degli Estensi — Giacomo Gorrini, L istruzione Elementare in Genova e Liguria durante il Medio Evo — Renato Giar-delli, Saggio di una Bibliografia Generale sulla Corsica ;— RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: I moti del 1831 in Italia attraverso le pubblicazioni fatte in occasione del Centenario (Adolfo Bassi) — Arnaldo Momigliano. L opera delllmperatore Claudio (Antonio Giusti) — Giacomo Devoto, Gli Antichi Italici (Antonio Giusti) — Ernesto Bignani, La Poetica di Aristotele e il concetto dell'arte presso gli antichi (Antonio Giusti) — Adolfo Colombo, Carlo Alberto (Carlo Bornate) — SPI* GOLATURE E NOTIZIE - APPUNTI PER UNA BIBLIOGRAFIA MAZZINIANA Dai Liguri moderni agli antichi Liguri NOTE DI TOPONOMASTICA E DI POLEOGRAFIA 1. Degli antiçlii Liguri abbiamo conoscenze, molto scarse e con t rad Storie. Gli autori italiani se ne occupano a mala pena. Le storie romane e italiche, anche le più moderne, ammettono che i con fini del popolo Ligure fossero quelli della Liguria romana., la Magra, la Trebbia, il Po, ritenendo che le conquiste etnische o celtiche abbiano completamente espulso i Liguri dalle altre zone delle Alpi e della Penisola che avessero avanti occupato. Questi Liguri sono concordemente descritti come popoli primitivi (]), viventi in caverne, parlanti un linguaggio non indo-europeo, di cui non sarebbe rimasta traccia alcuna. Il Pais, secondo il suo solito, ha idee più originali. I Liguri, secondo il Pais, anche nell’età romana si estendevano ampiamente nella regione alpina e appenninica, e al di là delle Alpi sino al Rodano ; la lingua che parlavano sarebbe stata indo-europea, poco diversa da quelle italiche. Tale è anche l'opinione prevalente fra gli scrittori francesi. (2) I Liguri inliterati non hanno lasciato monumenti epigrafici, e non possiamo raccoglier nuovi indizii della loro lingua e della loro vita, se non ricercando le tracce che possono essere rimaste nella lingua e nel costume dei Liguri odierni. Particolarmente la toponomastica può dare importanti informazioni, se applicata a larghi (1) Ad esempio Ducati, Etruria antica, II 14 : cin Liguria abitavano popolazioni selvaggie «fi razza mediterranea.» (2) «La plus part des Ligures furent des Aryens au même titre que les nouveaux venus; ils différaient à peine de leurs envahisseurs (i Celti], et ceux de la Gaule n’ étaient que aes Indo-européens des premiers bans, et, pour ainsi dire, des Celtes d’avant Je nom celtique. O’est vers cette hypothèse que j’incline à l’heure présente, et chaque jour davantage.» C. Jul-LIEN, Histoire de la Gaule, (2a éd., 1926) vol. I p. 122. Cfr. anche PullÉ, Italia, Genti e Favelle, vol. I pag. 167; trattazione ben fatta. 2 Vittorio Calestaxi confronti colle regioni vicine. Il Pais, servendosi di questo strumento di ricerca, ha potuto riconoscere molte e significative omonimie fra la Liguria e l'Italia meridionale, confermando l’identità fra Liguri e Siculi (3) tramandataci dagli antichi, messa in dubbio dai moderni; e ciò è tanto più importante, in quanto si conoscono alcune iscrizioni sicule (4), e la loro lingua pare affine al latino. Altri confronti fatti dal Pais lo persuadono che i misteriosi Euganei, dominatori della pianura padano-veneta, prima dei Celti, fossero la stessa cosa dei Liguri Ingauni. (5) Su questa· strada D'Arbois de Jubainville aveva fatto, ventanni prima, notevoli progressi (6). La guida di questo erudito erano i suffissi asco, asca, e simili, usati in nomi di villaggi e vallate, suffissi liguri, come ci è rivelato dalla tavola di Val Polcevera. Questi suffissi si estendono, attraverso la valle Padana e le Alpi, fino al Trentino, alla Baviera, all'Alsazia, alla intera \Talle del Rodano, ai Pirenei, a parte della Spagna. Esaminando poi nomi di città, di fiumi, di monti, il D'Arbois viene a scoprire un certo numero di radici (quasi tutte indo-europee) e di suffissi liguri, che permettono di ampliare l'area ligure a quasi tutta la Francia, al Belgio, airin ghilterra, alla Germania occidentale. Ma le ricerche del D’Arbois de Jubainville non si applicano, se non in minima parte, ai territori italiani. Dai territori italiani partono invece le ricerche toponomastiche del Ribezzo (7) e di altri della sua scuola, ma esse sfiorano appena la Liguria storica. Il Ribezzo pone in luce una unità toponomastica, anteriore alle invasioni greche, italiche, ceìte, ecc.. diffusa in tutta Italia, e in tutto il bacino mediterraneo. Questa unità è per lui di origine etrusca; ma molte delle radici da lui ritrovate sono le stesse che vedremo riprodursi in Liguria e fra le Alpi; e quando mai furono Etruschi in Liguria? Io vorrei qui, seguendo molto da lontano le orme di G. Ober-ziner e di A. Schiaffini che scrissero maestrevolmente, su questa stessa rivista, dei Liguri antichi (8), fare qualche confronto toponomastico fra la Liguria classica (compresa fra i limiti Augustei, cioè il Varo, il Po, la Trebbia, la Magra, il mare; ma dando la pre- (3) Pais, Ricerche geografiche sull'Italia antica, pag. 141». ecc. (4) Ribezzo, Sulle traccie della lingua dei Siculi, iu Rivista Indo · Greco - Italica, 1923, i. IJI-IV p. 61. Rserbo ad altro lavoro l’illustrazione più completa dei rapporta etnografici fra Siculi e Liguri. (5) PaIS, Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, p. 427 seg.ti. (6) D’Abbois de JubaìnYILLE, Les premiers habitants de l'Europe (2a edizione tomo II, pag. β e segg<) (7) in Rivista indo - greco - italica, anno 1920, fase. I-II, p. 87 e fase. III-IV, p. 62. (8) G. Obebzineb, Gli antichi Liguri e i loro commerci, in Giorn. Stor. Lett. Liguria, 1902, fase. II, III, IV. A. SCHIAPPINI, I Liguri antichi e la loro lingua, 1. c. 1926, f. II Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 3 valenza alla Riviera occidentale e centrale) e la regione dei laghi piemontesi-lombardi (fra il bacino del lago d’Orta e il lago di Garlda). •Questo confronto, fatto specialmente servendomi delle carte del Touring e dei relativi indici, potrà servire di orientamento ad ulteriori ricerche. Mi permetterò poi qualche altra osservazione sulla struttura poleografìca del territorio ligure. Il Paia, oltre alla duplicazione del nome di Ingauni ed Euganei, aveva notato alcuni altri casi di duplicazioni di nomi di tribù (9), escludendo però che tal fatto potesse significare una estensione di territori. Ampliando le ricerche toponomastiche ai nomi attuali, io mi sono accorto che la duplicazione dei nomi è piuttosto la regola che l’eccezione; quasi a far credere cosa normale che le tribù liguri avessero diversi territori, uno al mare o in clima marittimo, uno al monte; talvolta anche territori in numero maggiore, distaccati gli uni dagli altri. Si veda questa tabella : REGIONE MARITTIMA Comani, presso Marsiglia e lungo il Rodano. Decii o Deciati, vicinanze di An-tibo. Elvii, oltre il Rodano. Geno άτι, Genova. Ingauni, Val d’Arroscia e d’impero. Intemelii, Val di Roja e vicine. Oxybii, Usubii, Nizzardo. Sabazii, Savona. REGIONE DI MONTAGNA Como. Dezzoy Dezzolo nel Bergamasco, Desenzano. Elva, in vai Maira, fiume Elvo nel Biellese. Genauni, fra i popoli alpini vinti da Augusto, presso Bolzano. Euganei : sedi principali f j*a il Verbano e il Lario. Intra, Intragna; sedi principali fra il lago dOrta e il Verbano. Presso Susa: fra i popoli obbedienti a Cozio. Sabini, Valsabbia, presso Brescia·. (9) Pais, Dalle guerre puniche a Cesare Augusto, p. 447 e 511-12 (note). Cfr. Pais, Ricerche storico-geogr. Italia antica, p. 488 seg.ti 4 Vittorio Calestani Salii, Salluvii, Marsiglia. Selteri, Provenza presso Tolone. Veturii, presso Voltri. Salassi, Val d'Aosta. Suetri, popoli vinti da Augusto^ nelle Alpi Occidentali. Turii o Tulli as si, in Val di Sole (Trentino). Per contrario, questi altri, aventi le sedi principali al settentrione : VALLE PADANA E ALPI Camuni, vai Camonica. REGIONE MARITTIMA C a mogli. Epanterii, sopra gli Ingauni (Li- Presso Taggia un casale e un tor-vio) ; in vai Tanaro, ove è il rente Pamparà (10). monte Anteroto (* Anteroti-cum?) e Pamparato (* Epante-riatumf). Focunati, popolo alpino vinto da Fegino presso Genova, Feglino Augusto. presso Noli. Lepontii, Canton Ticino (vai Le- Presso Nizza, valle di Levenzo. ventina). Marici, presso Pavia, fondatori Presso Imperia (Borgomaro, Bosco mare). della città. Taurini, presso Torino. Trumplini, Valtrompia presso Struppa presso Genova. Brescia. Toirano presso Loano. Nella Tavola di Polcevera si fissano i confini dei Yeiturii L(vngen-ses; e si nominano alcune altre popolazioni che vivevano in quei dintorni, pagi dei Genoati, i Dectunini, i Cavatur ini, i Mentuvlni. Ma· i Langenses, oltre che al castello di Langasco che corrisponde al territorio della tavola di Polcevera, hanno lasciato il loro nome nelle Langhe, poi alla colla di Langan in Val Nervia, e alla punta di Langan presso Rapallo. I Cavaturini hanno dato il nome a Cavatore a 7 km. da Acqui. I Dectunini mi sembrano avere stretta relazione cogli abitanti di Dertona o Tortona, e i Mentuvini coi Mantovani. Altre nazioni liguri, pur non raggiungendo il mare, hanno posseduto territorii nei monti e nel piano. I Nantuates avevano certo due territorii ; uno presso Lione, ove è Fattuale Nantua, e dove ebbero a che fare con Cesare, l'altro nel Vallese, ove oggi è Martigny, <10) Il cognome Lanieri, comunissimo nei paesi alti della Liguria occidentale estrema, potrebbe essere una corruzione di Epanterii? Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 5 dove furono sconfitti da Augusto. (n) I Brixentes avevano le loro sedi sul lago di Costanza, ove è Bregenz; ma la loro traccia va dal Brixmthal, ramo della valle dell’Inn, per Brixen o Bressanone, a-Brescia e a Brescello sul Po. Gli Isarci hanno dato il loro nome a due fiumi ben distinti, l’Isarco e la Sarca. A questo parallelismo non si sottraggono i Reti. Sia che essi debbano credersi null’altro che una tribù potente di Liguri aventi subito l'influsso etrusco, sia che fossero alleati dei Liguri e partecipi dei loro costumi, è certo che una serie di nomi che li ricordano trovasi diffusa dallo spartiacque alpino al mare. 11 Pais considera segno non equivoco delle tribù retiche i nomi di \7al dei Ratti prèsso Chia venna, Rezzo e Rezzonico sul lago di Como; non diverso significato deve attribuirsi ai nomi liguri come 'Bovgoratti presso Genova, Bor-goratto in vai d'impero, altro Borgoratto nel Monferrato, Rezzo in vai d’Arroscia, Rezzi presso Savona, ecc. Per comprendere la portata di queste notevolissime ripetizioni di nomi, convien farci una idea chiara del modo di vivere degli antichi Liguri, espostoci dagli autori in modo contraddittorio. Tutti gli autori an'tichi affermano che i Liguri vivevano su un terreno aspro, boscoso e povero ; ma da una parte ci vien detto, e Tito Livio in più passi conferma, che i Liguri avevano villaggi e castelli difficili ad espugnare, che possedevano campi e vigne esposti ad essere distrutti nei combattimenti; d’altra parte si dice che i Liguri vivevano principalmente della carne e del latte del loro bestiale, che i loro pascoli erano situati sulla riva del mare e sopratutto sulle montagne, che i principali prodotti portati da loro sul mercato di Genova erano provenienti dal lavoro di boscaioli e di pastori : legname, pelli, bestiame (12). Sul povero terreno ligure (tanto più povero allora, quando erano ignote le coltivazioni più redditizie) i Liguri erano assai numerosi, tanto che singole tribù (Tugauni, Stazielli, Apuani), potevano tener fronte a eserciti consolari di quattro legioni, pari a quello con cui Cesare penetrò in Gallia; convien credere perciò che sfruttassero molto intensamente il loro territorio. Una parte dei Liguri coltivava come poteva, su una terra così sassosa (dice Poseidonio) che meglio di agricoltori si sarebbero detti tagliapietre; ma una parte notevole della popolazione era fatta di pastori. Erano i pastori quelli £he, seguendo le mandrie, vivevano molto all’aperto, in misere capanne o in grotte, come fanno oggi i pastori abruzzesi, che hanno (11) MOMMSEN, C. I. L. XII, p. 45 e n. 145. (12) Diod. £$c· \· 39; Stbab. IV, 6. Anche Polibio, (lì, 17, 11) constata cìie gran parte della Valle del Po serviva da pascolo. 6 Vittorio Calestani pure i loro borghi e i villaggi, ma vi lasciano, per la maggior parte dell’anno, solo le donne e i vecchi. E i pastori saranno anche s'tati, come sono ovunque, i più arditi scorridori e i più bellicosi combattenti, quelli che ai consoli romani parevano più facili a battersi che a raggiungersi, e costringevano gli ingegneri romani a fare poligonali le mura delle colonie, per poter meglio sorvegliare improvvisi attacchi diretti in ogni senso (13). Ora, chi dice pastori, dice transumanza. Quei pascoli presso al mare e quelli molto più vasti sulla montagna non potevano essere sfruttati nella stessa stagione, ma in stagioni diverse. Vi erano certo allora, fra il littorale di Liguria, o di Provenza e le Alpi, quei tratturi che esistevano già, come esistono tuttora, fra l’Abruzzo e le Puglie. La distanza fra la Val Lepontina e la Val di Leveus, ossia fra due estremi corrispondenti a un solo popolo, di circa 350 chilometri, non è superiore a quella che intercede fra gli Abruzzi e le M'urgie tarantine. Ala i pastori abruzzesi non possedettero mai i pascoli di Puglia; invece i Liguri possedevano le Alpi e la costa marittima, e fissarono ben presto i loro territori di pascolo. Si può credere che le tribù ricche e forti avessero vasti territorii nelle due zone in loro assoluto dominio : le più povere, forse, non avevano che pochi tratti dispersi sul territorio di altri Stati, possedendone 1 uso ma non il dominio politico ; pia non vi è da dubitare che ogni pascolo non fosse ben definito, e che in esso non vi fossero, o poco o molto, castelli e luoghi fortificati per proteggere greggi e pastori da qualche improvviso avvenimento guerresco. La tavola di Polcevera attesta che i Veturii Langenses possedevano in proprio un tratto di terreno dei Genoa ti, su cui avevano il castelus Allianusy ma- di -un tratto assai maggiore avevano soltanto l'uso, e dovevano pagare ai Genoati il vectigal di 600 vitto-riati. La tavola alimentare di Velleja ci attesta che nel territorio di Λ elleja erano i pagi dei Bagienni e degli Statielli, e un vicus, o altra piccola zona, dei Tigullii ; nel vicino territorio di Piacenza era un pagus di quei di Λ alenza, altro Vercellese, altro Veronese. L’usanza doveva essere così diffusa, che i Liguri Apuani, tolti dalle proprie sedi dai consoli Cornelio e Bebio e collocati nel Sannio, hanno aneli essi concesso porzioni del nuovo territorio alle popolazioni vicine,, certamente per il passaggio delle greggi dalle montagne alla campagna romana, e fra essi si trova un pagus romano, uno beneventano» uno equano (14). (13) Pais, Dalle guerre puniche, p. 549 seg.fci. Vîtbuv. I, 5, 2. (14) Ο. I. L. V 7749 (tavola di Polcevera) XI 1147 (tavola alimentare di Velleja^ IX 1455 (tavola alimentare dei Ligures Baebiani). Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri I tratturi idi Abruzzo e delle Puglie non si sono conservati nell’Italia superiore; si trovano invece in Francia, col nome di drayes. Queste drayes hanno lasciato larghi saggi nella toponomastica ligure-alpina. Vi è un casale Drego presso Triora, verso il passo fra Valle Argentina e Valle d’Arroscia: ani Orezzo presso Como, su una depressione che conduce diretta dal lago di Lugano verso Milano : un Dresio presso Domodossola, al conliuente fra Val di Toce e Val-l’Anzasca; un casale Forest Drecca presso Vinadio, un villaggio Drès presso Cles nel Trentino, un Dresal presso Gressoney Saint-Jean. Esempio d’altro genere dà la regione Baitè che trovasi ad Imperia, vicinissimo al mare, e ricorda le montane hait e. Indubbiamente gli avvenimenti di guerra e di pace modificavano i territori di pascolo ; le tribù che divenivano più forti li allargavano mediante compenso o colla forza; le tribù che diventavano deboli vedevano i vicini approfittarne. Così si può dare un senso soddisfacente alla famosa frase di Plinio (III, 6) «Nec situs originesque persequi facile est, Ingaunis Liguribus, ut coeteri omittantur, agro tricies i>ato» e cioè (die gli Ingauni (i quali furono favoriti dai Ko-mani, mentre molte stirpi liguri venivano distrutte) variarono trenta-volte i contini del loro territorio, a spese dei pascoli ivi incidisi appartenenti a popoli in rotta. Dobbiamo attenderci che popoli, aventi un doppio territorio, abbiano ripetuto in ognuno di essi le proprie abitudini ed anche i nomi dei luoghi familiari; e questo potrebbe esserci d’ajuto per ritrovare aH’incirca i confini. Il confronto fra l’attuale territorio ligure e la regione alpina mi ha dato risultati probanti per tre tribù : Intemelii, Ingauni, Veturii. Intemelii Avendo il loro centro a Ventimiglia, dovevano possedere le valli di Roja, Crosia e Nervia, che al loro sbocco quasi confluiscono. A levante immagino arrivassero fino all’Argentina, ove si può credere esistessero almeno quattro castelli liguri, tre sulla sponda destra (Arma», Taggia e Campomarzio) un terzo sulla sinistra (Castel-laro (15). II nome di Intemelii sembra debba; decomporsi in Int-e-melii; all’ultima parte del nome è attribuito il significato di «roccia». ('(15) A Campomarzio esistono le rovine; a Taggia sappiamo daUa Tavola Peutingerfana che esisteva un castelus Tabiae; il castello di Arma, sul maTe, sorge su ruderi più antichi, e vi fu già castello romano, provato da una iscrizione (C. I. L. \ 7809) la. cui autenticità non par dubbia al Mommsen. Dall’altra parte del fiume Castellaro conserva il nome del castelliere, ed è forse la Costa Balenae o Costa Bcleni ricordata dalla Tavola Peutingeriana. Fra Castellaro e Taggia il fiume è scavalcato da un lunghissimo ponte, di cui almeno un arco è romano. 8 Vittorio Cale sta .μ Sul Lago Maggiore trovasi Intra; due paesi più interni liannu il nome di Intragna; Intra, lnt-ra, si decompone in una radice identica! alla precedente, e nel suffisso -ra, che, secondo D'Arbois de Jubainville, è proprio di innumerevoli fiumi liguri. Intemelii signi ticlie-rebbe perciò «gli Intii della roccia», e Intra «gli Intii delle acque». Non lontano, sul Lago di Lugano, esiste il territorio di Intelvi, che è derivato da uguale radice; ma in questo non ho trovato nessuna particolare corrispondenza col territorio degli Intemelii. Molte invece se ne trovano fra questo e il territorio incluso fra la Val d'Os-sola, il Lago d'Orta e il Lago Maggiore : Airole (Val Roja). Argallo (presso Bajardo) Bajardo Severa Banda Breil Briga marittima Vallone Cairos Goarazze (Nizzardo) ) Pabeii, Origini etrueche, p. 238-239, e Pieri, in Atti Acc. Lincei, cl. stor. 1912, p. 143 segg. 15. Berrà (Nizzardo) 16 Berzi (Sanremo) monte Barro (Lecco) Berzo e Berzo inf. (Val Camo- 17. Bormida, fiume, paese e sorgente nica) Bormio 19. Bracco passo (Sestri Lev.) 20. Braus passo (Nizza) 21. Brevenna valle (Genova) Bracca, (v. Brembo) Braulio jnonte (Stelvio) Brivio (Como) 14 Vittorio Ca lesta ni YalWevenna, Paravenna (Albenga) torr. Varenila, (Genova) — Esca-rena, Bolena, Malauss&na (Nizza), Caffarena, Manessena (Genova) — Arsene (Imperia), Viozene (Ormea). D’Arbois de Jubainville crede che il suffisso -mna sia ligure, e lo paragona al participio presente medio indoeuropeo. 22. Briga marittima (Tenda) Briga (Orta) Bricherasio (Sàluzzo) e Briga nel Yallese Bricco (Garessio) Ritenuta· come segno di linguaggio celtico, col significato di «monte, fortezza posta su un monte» ; ma faccio rilevare che corrisponde al termine dialettale bric usato in tutto il Piemonte e la Riviera di Ponente, sino a Genova e oltre, col significato appunto di «monte». 23. Brigneta, Brignola Bregnano (Como) Brignano (Bergamo) 24. Buggio} v. Nervia Boggio (Chiavenna) Bugilo (Valtellina) ecc. Bùggiolo (Porlezza) 25. Caffarena presso Genova Caff aro, passo, V. Giudicarla 26. Cairo Montenotte, ecc. Cairate (Varese) ecc. Cairo, caïre in provenzale, è usato nel Nizzardo, nella valle di \rinadio, e altrove, come «monte» (le grand Caire, le Caire gros, Caire di Prêtons). Trovasi anche nel celtico: gaelico cairn monticello di sassi. 27. Candeasco (Imperia) C andò glia (Ossola) Ganzo (L. Como) Candia (Ivrea) e Candia Lomel-lina 28. Calice Ligure Calcinate e Calcio (Bergamo) Calice al Cornoviglio 29. Camino (Tenda) Carnate (Lecco) In Liguria occidentale trovasi canno per monte (Carino dei Brocchi, ecc.). Stessa origine di cairo. 30. Carrega Pizzo Cavregasco (Chiavenna) Carrosio (Gavi) Caro ss o (Bergamo) Cartasegna (Novi) Castasegna, vai Bregaglia. Tutti «da un tema ligure celtico car, che si ritrova in cairo e car- Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 15 mOj ma pare che qui significhi piuttosto «castello, fortezza». Comunissimo in Liguria, anche da solo (Carro, v. di Vara) ; i Romani fondarono una colonia Karrium, che è Chieri. E' una radice indoeuropea, che trovasi nel celtico (eli*, le città Cardiff, Carnarvon, Carnale) e nel latino (cfr. castrum). Carruggio è probabilmente car-rugio, cioè strada (ruga, Ir. rue) del castello. 31. Cetta, fraz. di Triora Ceto, v.'Camonica 32 Ceva, vai Tanaro, ecc. Cevio, Valmaggia, Cevo, Valcamonica, ecc. 33. Colla, presso Diano · Val di Colla, c. Ticino Colla, vai d’Aveto Colla, vai Antigorio La Colla, Macugnaga Colla (non «colle» nè «collo») nel dialetto della Riviera di Ponente ha preciso significato di «passo di montagna». 34. Conio} vai d’impero Cima dei Cogni e di Cognone Conio presso Loano (Cant. Ticino Cogna dentro e fuori, presso il Sempione 35. Costo d’AjToscia Cosa e Cosasca presso Domodos-Coscia, fraz. d’Alassio sola Cime di Coss, presso Tenda Torr. Costa (Como) Cosio (Valtellina) Derivato da una radice ampiamente diffusa nel bacino del Mediterraneo, da cui anche la città etrusca Cosa e l’isola Cossyra. 36. Cremeno (Genova) Cremano (Lecco) Altro tema battezzato a torto per etrusco, da cui le città di Crema e Cremona, il Cremonis 'jugum, che Annibaie avrebbe superato, il fiumicello Cremera presso Roma. 37. Creppo, fraz. Triora Crebbio, 1. di Como 38 Crosa (Genova) Crosto di Valle (Varese) e valle Crosia (Ventimiglia) Crostoy Grosotto (Valtellina) Il tema potrebbe essere conservato in eroda, termine ben noto delle Dolomiti per indicare «rupe a picco». 39. Curio, monte presso Savona Curio (v. Malenco) 40. Curone, torr. nel Tortonese Curone torr. (Lecco) e Curione presso Sesto Calende 16 Vittorio Ca lesta ni 41 Eìlera (Savona) 0’ 0ssola· Tema precedente ampliato in * rod-i-a. La lombarda roggia, fosso, corso d’acqua, ne è l’equivalente. 84. Sarola (Albenga) fiume Serio (Sarius) Saronno Tema Sa ra, come nel fiume Saar. «Seriola» in Lombardia e nel Veneto, vale «canale, fosso». Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 21 85. Sesto Godano Sestri levante Sesto,■ com. di Bleggio, Trentino Sesto Calende Sestri Levante è in latino Segesta. E gli altri? .86. Spruga (Tenda) 87. Stura, affluente del Tanaro 88. Tegli, Teglia (Genova) 89. Tresenda torr. (Savona) 90. Trezzo presso Alba 91. Trucco (Ventimiglia) 92. maga, Ubaghetta (Albenga) Ubago monte, Taggia Upega, alle sorgenti del Tanaro Monte e passo di Spinga Storo, v. Giudicarla Teglio Valtellina Tresenda (Valtellina) torr. Tresenda, v. Livigno Tresa presso Lugano ecc. Trezzo d’Adda Truccazzano (Adda) Opaco, case e cima Ovaga, Ovago, monte O vaglie, casale TJbac, nei dialetti provenzali, è il pendio esposto all’ombra·, in opposizione a adret, versante solatio. Forse corrisponde al latino opacus. Nelle Alpi l'ho trovato solo in Valsesia e Valle Anzasca. 93. Varazze Varese Ligure ecc. Varallo Sesia, Ύardilo Pombia Varese arenna, 1. di Como, ecc. Derivato da un tema, fluviale vara, torrente precipitoso (Varo, Vara, Varaita, Varatello presso Loano, Pennata ira, ecc.) Potrebbe essere della stessa famiglia Γitaliano varare. 94. Varsi, Varzi (Parma) 95. Vegliasco (Albenga) 96. Velva, Sestri Levante 97. Verezzi, Savona Verezzo, Sanremo Verzi, Savona 98. Vernante, Cuneo Vernazza, Spezia Varzo, vai d’Ossola. Veglio, vai Intelvi T crva (casale e torrente) e Vervio, Valtellina valle Verzasca (Locamo). Vernate, Milano Verna, 1. di Lugano Membri di uua famiglia di grande estensione geografica-, da Al-vernia (Francia) alla V ernia) presso Arezzo. In sabino liernia vale «sasso» (Varrone). 22 Vittorio Calestani 99. Vezza d'Alba Y e zza d’Oglio Vezzi (Savona) Vezzo (Stresa) TMezzano (Spezia) Vezzano (Brescia) Vezzedo (L. di Como) Vezzano, risalirebbe a una gens Vettia. Vi furono molti \ettii di origine etrusca· e italica, ma anche dei Liguri, perchè fra i senatori del tempo di Cesare si cita un Vettius Salassus. (10) 100. Viola plondovì) Passo Viola e torrente Viola di Bormio e di Porchiavo 101. Vione (Rocca vione) Cuneo Y ione (Valtellina) Bione (Valsabbia) 102. Zucco monte (Cuneo) Zucco monte (Comasco e Berga-Succa, paese (Ventimiglia) masco) Nome comune a molti monti, anche trasformato in ZuccaZuc-chero} Zuccolo, e conservato nei «sucs» idi Alvernia. I n eccellente studio su questa famiglia di nomi ha scritto il Dauzat in Revue des Langues. Romanes, 1929, p. 66 seg. 4. Allo stesso modo che è rimasta intatta la toponomastica ligure, devono essere rimaste altre traccie dell’antica consanguineità, nel tisico delle popolazioni, nel linguaggio, nelle abitudini. Io non credo sia difficile rintracciare nelle popolazioni di montagna, tanto delle Alpi come dell’Appennino, un tipo ligure qualte ce lo delineano gli antichi storici; uomini bassi, magri, non molto muscolosi ma infaticabili al lavoro, camminatori instancabili, dai capelli bruni, dal cranio debolmente dolicocefalo, di intelligenza solida e riflessiva, poco immaginosi e niente artisti ; amantissimi del loro paese, ma arditi, se occorre, ad allontanarsene per ritornarvi a guadagno raccolto: fedelissimi nelle loro amicizie e nei loro odii. Questo tipo è dominante anche in buona parte della Francia (20) e della Spagna; è quello che chiamiajno i popoli neolatini, i popoli che furono il centro e la forza dell'Impero Romano e ne conservarono la lingua, certamente perchè affine a quella che essi stessi parlavano. Come la toponomastica, così, io credo, ci hanno tramandato il loro modo di abitare. Quali erano le abitazioni dei Liguri? Le caverne, i fondi di capanne, le palafitte, le terremare, rispondono gli archeologi, e si azzuffano fra loro. Tutto ciò non risponde ai dati di fatto. Le caverne, in primo luogo, sono ben poco numerose (19) Pais, Ricerche stor. sul Diritto Pubblico in Roma, II, 217. (20) C. JULIIEN, Histoire de la Gaule, I 189. Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 23 in Liguria, nè so io di luogo alcuno ove ne siano state trovate di artificiali, come sarebbero occorse per dar luogo a un popolo cosi numeroso (21). Ben so di grotte artificiali, tuttora abitate, nell’Orvietano e nella provincia di Viterbo, a Matera, nella Sicilia sud orientale; e potrei credere che Etruschi, Falischi, Apuli, Siculi le abitassero ; ma non i Liguri, salvo che per rifugio temporaneo di pastori o per riti funebri e sacri. E i fondi di capanne mi sembrano ben più connessi alla civiltà di Villanova, agli Umbri e agli Etr-uschi ancora; la forma delle capanne si ripete talora nelle camere sepolcrali, talora nelle urne cinerarie della civiltà Villanoviana; nè ciedo che in Liguria siano mai stati ritrovati quei fondi di capanne scavati nel terreno, che dovrebbero caratterizzare il tipo. Risulta però che nella pianura lombarda coltivatori e pastori abitavano capanne fatte, almeno in parte, di rami e di zolle di terra, le casae che ci descri\e Virgilio nelle Bucoliche, e che ricordano, divise per i vari fondi, le tavole alimentali di Velleja e dei Liguri Bebiani. Plinio ricava da un antico annalista che « gli edifici di fango» sono stati inventati, imitando i nidi delle rondini, da un Dodo figlio del Cielo ; ma Do-cio ((il conduttore» è un nome siculo e ligure (22). Maggiore sarebbe l’esitazione davanti alle terremare e alle palafitte. Le palafitte appaiono una importazione orientale (illirica, veneta) ; ma i Liguri più orientali possono averle imitate, e aver poi edificato, a somiglianza dei villaggi lacustri, le terremare, costruzioni particolarmente forti in terreno piano, ove mancavano difese naturali. Tuttavia le terremare, colla tipica orientazione, le strade seguenti il decumanus e il cardo, il solco augurale dell’aratro, la fossa e Vagger, sembrano essere in relazione troppo intima coi riti italici per poter essere ricondotte a una stirpe, a mio avviso alfine di sangue e di lingua, ma ben più semplice di costumi. Ciò che fa esitare a credere liguri le terremare si è che esse non corrispondono affatto all’idea che possiamo farci delle abitazioni ordinarie di un popolo montanaro. Se i Liguri fossero stati normalmente costruttori di terremare, avrebbero avuto i loro centri più importanti in fondo alle vallate e presso* le sorgenti, e troveremmo negli autori greci e latini almeno qualche traccia di così singolari edifici. Invece noi sap piamo che i Liguri abitavano in vici, anzi in viculi, in tecta informia imposita rupibus, in loca montana et aspera, quae ipsi cape)e (21) Forse la cosa è di-versa nelle Alpi Apuane e nell’Appennino Toscano, dove il Pais ha trovato numerose caverne sufficienti per abitazione di dense popolazioni, v. Dalle guerre puniche ecc. p. 481. (2?.) Plin. VII, 57. Gli scrittori greci che ci parlano dei Liguri viventi in grotte o addi rittura allo «coperto non possono riferirsi che a pastori vaganti. Da notarsi che Teocrito, nei suoi idilli!, fa alloggiare i pastori siciliani in grotte, ma Virgilio, che pure lo imita» considera le grotte solo come luogo di riposo e di convegno. 24 Vittorio Calestani labor erat, et e praeoccupatis dejicere hostem} ed anche in munita castella ed oppida, di cui i soli Euganei, a dir di Catone, possedevano ben 34. (23) Dopo una guerra cogli Ingauni, il senato Romano ottiene \di fare smantellare le mura di quattro città. Siamo ben lontani dalle palafitte, dalle fosse, dai terrapieni, dalle isole artificiali o naturali ! Rispondono invece perfettamente alle concise indica zioni di Livio i «castellieri» del Trentino e della Venezia Giulia, posti su poggi isolati o su sproni di montagne, con cinte di pietrame giranti a più riprese intorno al poggio, e traccie di costruzioni in muratura. Il nome di queste fortezze ci è pervenuto tradotto in molti dialetti da una origine comune, castelliere, castellaro, (24) castlìr, gschlier, e risale certo a notevole antichità. I luoghi dove furono trovati i castellieri furono in parte occupati -da tribù liguri, ed Orazio canta le conquistate arces alp-ibus imposita-s tremendis (Od. IV, 11) a proposito di quei Genauni, che ricordano ben tda vicino i Genoati. Dove il territorio non era abitato da Liguri, i popoli che li hanno edificati posono avere imitato le usanze liguri, coinè i Liguri ne hanno forse copiato le palafitte dei laghi. (25) Di questi castellieri occorrerebbe fare ricerca nella Liguria propria. Molti paesi che io conosco nella Liguria occidentale, di antica origine (Castelvecchio d'Oneglia, Badalucco, Bevera, Apri-cale, Castelvittorio, ecc.) hanno tutte le caratteristiche di luogo adatto per un castelliere.' I na fortezza ligure dovrebbe essere la roccia di Campomarzio, posta lungo P Argentina· non lontano da Taggia ; ivi sono ruderi medioevali e romani e altri che appaiono più antichi, i quali tutti attendono una regolare esplorazione. Studiando le carte topografiche e i volumi del censimento, ma ancor meglio esaminando i luoghi, si riconoscono in Italia alcune aree con una particolare dispersione dei centri abitati. Le case sparse sono rare, e di origine recente ; numerosissimi i villaggi, collocati su monticelli isolati o su pendìi ripidi, o, se in fondo alla valle, ognuno allo sbocco di una vallicella ; le costruzioni compatte e povere, a più piani ; le strade interne strettissime, alcune giranti (23) Liv. XXI, 32; xxxv 3, G, 11. xxxix, 1. A. Strabone è noto che i Liguri vivono in villaggi ; anche nella Gallia cisalpina gli abitanti vivono in villaggi non murati. \ ir-gilio (Bue. 1 82) parla di viìlae; Tolomeo afferma che 13 nazioni della Corsica vivono in villaggi. Catone si vantava di avere smantellato 400 tfittà dei Betici in Spagna (creduti da alcuni anche liguri) e Tiberio Gracco di averne distrutte 300 dei Celtiberi, ma i Roman1- si risero di loro, pretendendo che erano villaggi. Vedi Pais, Ricerche stor. Italia antica, p. 491. (24) Fra Liguria, Nizzardo, Piemonte, Appennino tosco-emiliano vi sono 20 località che portano questo nome.. (25) Ricordo a questo proposito la descrizione degl? avanzi di Aefulae fatta da BUCCIAREI.LI (Atti Acc. Lincei, se. stor., 1912, p. 125 seg.ti) Si tratta di un castelliere.Aefulae^ fra Tivoli e Preueste, pare tosse una fortezza degli Equi. Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 25 intorno al colle e in piauo, le altre a «caletta, scendenti giù lungo la massima pendenza; archivolti frequentissimi; la proprietà molto divisa, e ogni parcella suddivisa ancora dai muri a secco che sostengono i piccoli ripiani ; colture arboree dominanti, spesso di oli-veti, ma anche di mandorli, di gelsi, di castagni. E’ questa; la struttura poleogralica della Liguria, specialmente delle due estremità orientale e occidentale, ma anche quella della regione dei laghi piemontesi-lombardi, del Trentino occidentale, della Corsica ; l’aspetto caratteristico dell’interno dei villaggi si trova nelle vecchie città liguri, Genova e Savona come Sanremo e Ventimiglia, ma è anche quello che dovevano avere i castellieri alpini. Questo tipo di villaggio e di paesaggio è una spia ligure — ricompare però nell’Appennino centrale nell’area che fu dei Sabini, ma se i Sabini l'abbiamo creato indipendentemente dai Liguri, o se in quel territorio vi sia un persistente influsso ligure, è cosa· che deve ancora studiarsi. In Francia il tipo ligure si trova nel Massiccio Centrale e nei Pirenei. La differenza coi territori vicini è molto spiccata, perchè dove furono gli Umbri, gli Etruschi, i Celti, i Germani, una gran parte della popolazione vive in case sparse sul terreno che coltiva, e la casa forma col terreno una sola entità economica (podere, maso, ecc.) ; i villaggi sono ampi e aperti, intramezzati da orti e cortili, sorti spesso lungo le strade maestre; si intercalano fra i villaggi grosse città, aventi una autorità tradizionale sul territorio circostante. Nell’Italia meridionale e nel Lazio i Sanniti^ i Latini, in parte anche i Siculi edificarono centri molto più rari, ma più grandi, tipicamente murati e capaci di difesa, mentre la campagna è lasciata del tutto disabitata ; nelle Puglie finalmente e in varie parti della Sicilia i centri abitati sono ancora assai più scarsi e grandi, e vi sono nelle campagne masserie isolate, dove però non dimorano contadini se non in qualche giorno di raccolta. Tra i vecchi circondari di Sanremo, Portomaurizio e Albenga, su 1800 Km2 vi sono 423 paesi riconosciuti dal censimento (26) e cioè almeno un paesello per ogni quadratino di 2 Km. di lato, con 450 abitanti in media; la popolazione sparsa è 1/n di quella accentrata. Nella attuale provincia di Como vi sono almeno 865 paeselli su 2066 Km2, uno ogni quadratino di lato 1,2 Km. soltanto : anche qui in media 450 abitanti per paese. Nei vecchi circondarli di Domodossola e Vararlo vi sono 423 paeselli su 1508 Km2: qui un paese ogni q-uadrato di 1,9 Km. ; ma per ognuno solo 150 abitanti. A Rovigo invece, in area di altra natura, vi sono 144 paesi su 1770 Km2, uno ogni quadratino di Km. 3,5 di lato, e popolazione sparsa in quantità (26) Il Censimento non registra tutte le frazioni come risultano sui luoghi, ma le raggruppa in «frazioni di censimento», che possono comprendere diversi piccoli centri, ma talora ■comprendono solo una parte di un grosso centro, o una zona di case sparse. 26 Vittorio Calestani maggiore di quella agglomerata : a Viterbo i paesi, ognuno in media di 1500 abitanti, sono uno ogni 30 Km2; a Foggia vi è un paese ogni 117 Km2., con una media di 8000 abitanti. Non saprei meglio esprimere le mie idee sulla struttura dei villaggi liguri, e sulla economia degli abitanti, che citando le parole del Brunhes : «Nella zona fra i 600 e i 900 metri di altitudine si trovano i villaggi fabbricati in pietra ; quasi tutti hanno l'aspetto di borgate fortificate; case a più piani, quasi cieche, organizzate per la difesa; poca coltura nei dintorni ; non fabbricati agricoli, perchè le greggie vivono tutto Vanno all’aperto, l’estate in montagna, 1 inverno alla spiaggia. I villaggi sono perforati da stradicciuole in declivio, o piuttosto da scalinate, e si allungano in posizione difensiva su qualche stretta cresta... «L’alta montagna è il dominio esclusivo del pastore, dove mandrie e pastori vivono per lo più in pien’aria; a volte si proteggono con capanne -di pietra. Tuttavia in qualche distretto più elevato vi è qualche villaggio permanente. «Ogni villaggio della zona boschiva ha il suo annesso nella zona bassa; benché separati da lunga distanza, appartengono alla stessa comunità, e spesso il nome del villaggio d’inverno è un derivato da quello del centro principale. In queste basse pianure i pastori vivono in capanne, e i villaggi che ne sono formati quasi spariscono nella macchia... Ma la fisionomia di questi bassi villaggi tende a modificarsi ; se la transumanza diminuisce d’ijnportanza, il villaggio diventa maggiormente una istituzione sedentaria ; i coltivatori, più numerosi e meno nomadi, si costruiscono solide abitazioni di pietra, sempre aggruppate in casali. La separazione fra coltivatori e pastori si accentua. Si formano a poco a poco i migliori villaggi, circondati da accurate colture di piante mediterranee; i copiosi muri a secco graduano il pendio e dimostrano lo sforzo perseverante dell’uomo. Là abitano quelli che sono ritornati da lontani paesi dopo essersi arricchiti, in belle case pitturate a colori vivaci... (27)». Questa descrizione non si riferisce ai Liguri di 2000 anni fa; si riferisce ai moderni Corsi. La solitudine e l’abbandono hanno lasciato i Corsi in condizioni strettamente paragonabili a quelle dei Liguri antichi, e anch'essi sembrano oggi al loro dominatore inli-terati mendacesque, perchè non ne sanno scrivere la lingua, perchè non ne dividono i sentimenti, e le loro sofferenze egli non le comprende. E i Corsi, come gli antichi Liguri, nell’attuale Stato francese hanno una parte limitata; anch’essi, nella maggior parte, solo nelle armi manifestano la naturale valentia. (27) Beunhks in HanotaüX, Historié de la nation française, I, 472-473. Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 27 5. Le ricerche di G. Oberziner, pubblicate quasi trentanni fa in questa rivista, avevano messo in luce che i Liguri, ben lungi dall’essere «pojmlazioni selvaggie», avevano una propria civiltà, commerci, industrie, agricoltura, navigazione. Finora poco si è aggiunto alle dimostrazioni del compianto storico, ma vi è ancora molto da spigolare. Gli autori classici hanno appena intravveduto i Liguri di Liguria, ma hanno conosciuto assai bene la Gallia cisalpina e transalpina. I veri Galli, feroci predoni e combattenti furibondi, che in cerca di preda percorsero come un turbine l’Europa intera senza nulla conservare, dispregiatori del lavoro, capricciosi e crudeli, per cui era uno scherzo far morire nei tormenti i loro compagni, e doverosa cerimonia ardere sulla tomba,· dei padroni gli schiavi e i clienti insieme col cavallo di guerra e gli oggetti più preziosi, (28) non hanno fatto certo progredire la civiltà. La loro nazione, non molto numerosa, si è ovunque f-usa coi Liguri, i dominatori riserbandosi le arti della guerra, i vinti quelle della pace; ma quando i dominatori furono alla loro volta sconfìtti e ridotti a tranquillità, la popolazione di origine ligure condusse a grande prosperità il territorio detto gallico. Per questa ragione troviamo negli scrittori classici enumerate molte abilità dei Galli, e conservate, come parole della loro lingua, parole riferentesi alFagricoltura, alle arti, al commercio, che non appartengono alle lingue celtiche, e che sono certamente testimonio delle conoscenze dei Liguri. Anche durante la loro indipendenza i Liguri della regione padana e della Francia avevano dato prova di una buona organizzazione commerciale. Strade commerciali, fino dai tempi mitici, portavano lo stagno dalle coste dell’Inghilterra fino alle bocche del Rodano, l’ambra dal mar Baltico alla stessa regione o alle foci del Po. Laminette di stagno puro sono state trovate nelle palafitte liguri; l’ambra vi è pure comune, e trovasi poi in enormi quantità nelle tombe picene, proveniente certo per via di mare o di terra dagli empori euganei. Attraverso le montagne passavano ancora vari prodotti vegetali, come il nardo, detto impropriamente celtico (la saliunca o erba dei Salassi) il Linum angustifolium, coltivato dagli antichi Liguri come altrove il lino vero o Linum usitatissimum, (28) CES. Bell. Gal. VI, 19, V 56. 28 Vittorio Calestaki le pietre adatte a fare utensili, usate tino ad epoca tardissima. Il reticolato dei drayes o trattiiri, resistenza dei territori di pascolo, presuppongono salde costumanze giuridiche. Anche la moltitudine delle incisioni rupestri della regione di Val Fontanalba e di Val delle Meraviglie presuppongono ordinate vie perchè le varie tribù concorressero alle sacre cerimonie. (29) Ed è notevole osservare che le varie tribù liguri, se tenacemente battagliere a difendere i proprii territori, e forse anche a depredare gli altrui, sempre si vedono agire di concerto contro lo straniero, e mai appajono in guerra fra loro. 11 Ligure antico si rivela estremamente scarso di senso artistico : non vi è più povera cosa della ornamentazione della sua suppellettile ; nessuna opera d’arte è venuta fuori che si possa attribuire a mano ligure, salvo qualche rara e mostruosa figura, e le enigmatiche incisioni delle Meraviglie. Nessun letterato è originario dalla provincia ligure; ma la Liguria subalpina ha dato alle lettere romane la più chiara e amabile personalità poetica, Publio Vergilio Marone. Sir fosse lecito arguire dai nomi per risalire alla stirpe, Virgilio ci apparirebbe il prodotto di un incrocio. La madre. Magia Polla, sarebbe celtica : rnagos celtico è il latino campus. Ma il padre di Virgilio, un povero lavoratore giunto colla sua attività ed intelligenza a farsi una fortuna, aveva un nomen e un cognomen ligure. Il gentilizio Vergilius, comune nelle iscrizioni alpine, ricompare nella famosa tavola di Polcevera col flovius Veraglasca. Maro è il nome di una alta magistratura, a -un tempo sicula (e quindi ligure), etrusca, umbra e sannite; ma il x>overo Vergilio ben difficilmente sarà srato un i»Ito magistrato, e allora convien credere che il cognomen, anche questo proprio dell’arco alpino, indichi invece una qualche appartenenza alla tribù ligure dei Marici. Il viens, patria di Virgilio, di cui non si conosce bene la collocazione, (30) ha ad ogni modo un (29) A proposito delle incisioni rupestri di Val Fontanalba. non da tutte credute liguri, è da notare 3a somiglianza ira alcune incisioni a rastrello e i segni del valore di monete dei Salassi. Da paragonare la tav. II di Bicknell (Soc. progr. Scienze, Genova 1912 : p. 721 t. 2o) figure della 3a fila a cominciare dall’alto, con Pais, Dalle guerre puniche tav. IX. (30) Pietole ha per sè una lunga tradizione, risalente al Medio Evo, ma nessun indizio autentico. Recentemente A. Dal ZjOTTO (Vicus Andicut) ha ripreso in esame la questione con grande copia di argomenti, ma non persuade. La vita di Probo, unico nostro testimonio, colloca questo vicus, secondo le diverse letture, a ire o a trenta miglia da Mantova. Pietose è invece al quarto miglio, e ne porta :1 nome gallico (petor quattro). Notevole è che circa un chilometro ad ovest di Pietole, quindi a tre miglia da Mantova, è un casale detto le Maragnane (Maroniane); converrebbe far ricerche sulla antichità di questo nome, che potrebbe anche essere stato dato da qualche erudito degli ultimi1 secoli. Semyour-Conway (in Atene e Roma, 1926, p. 170 seg.) leggendo in Probo trenta miglia, colloca Andes a Carpendolo, sul colli a sud del Óarda. In quei dintorni furono trovate due lapidi del lo sec. d. C., una col nome *Vergilia>, l'altra con quello di cPublio Magio». Dai Liguri Moderni agli Antichi Liguri 29 nome ligure, Andes, (vedi sopra § 3 n. 3). La campagna mantovana è satura di elementi toponomastici liguri : vi sono non meno di dieci località che hanno preso il nome da gaggio o gazzo (Gazzuolo, Gaz-zoldo, Igazza, ecc. : § 3 n. 43), cioè probabilmente ((pascoli»; vi è un Di aso, cioè «fratturo», che conduceva a questi pascoli; vi sono tre Carrobbio, cioè tre castelli (§ 3 n. 30) e molte altre forme di varie radici, fra cui un Marengo, forse il vero luogo d'origine del padre di \ irgilio. Nè il nome di Mantova è d’origine etrusca, come fu detto e creduto da Virgilio stesso ; la dea che ne sarebbe l’eponima è Mantus per i latini, ma per gli etruschi Muantrs, da cui, giustamente, a Roma è stata fatta una dea Manturna, e assai probabilmente deriva la campana Minturno. Mantua deriva dallo stesso tema ligure di Manta presso Saluzzo, di Màntie presso Novara, e differisce per una sola lettera dai Mentuvini di Val Polcevera; la desinenza è pur essa ligure. Virgilio ci è descritto di alta statura, ma bruno (aquilo colore), gracile e di grossolane fattezze, ben diverso dai robusti e formosi Galli che egli stesso raffigura aurea caesarie, lacteo collo (Aen. Vili, 655-002) ; abitudini, tendenze e spirito tutto al contrario dei Celti. Nel Gallo Virgilio non vede che il nemico del popolo Romano, (rallum rebellem (Aen. VI, 858). L’amore alla terra, l’affetto nostalgico per la patria lontana, il rispetto per il lavoro, che domina tutta l’opera di Virgilio, è ligure e non gallico. E se non erro, il ligure ha nei poemi di Virgilio un posto molto subordinato, ma onorevole, un trattamento simpatico, quale certo non gli fanno gli altri scrittori latini. Nè d’altra parte sappiamo se i Liguri della Gallia Cisalpina, e specialmente quelli della pianura, dopo le varie conquiste di Etruschi, di Galli e di Romani, avessero chiara coscienza della loro origine, nè qual parte conservassero della loro lingua e dei loro costumi. Se il Moretum fosse veramente di Virgilio, noi potremmo essere più affermativi, perchè il povero villico che esso mette in scena rassomiglia, punto per punto, ai montanari liguri di oggi; la casula di Simulo non è molto peggiore delle catapecchie di qualche frazione di Triora o d’Ormea ; l'orticello minuscolo, assiepato di vimini e di canne, dove il villano impiega tutto il suo tempo, ma di cui vende al mercato il miglior raccolto, l’abbiamo veduto tante volte, e se non Simulo, la contadina l'abbiamo veduta portare alla città sulla testa le sue mercanzie, e ritornare sul tardi col collo leggero e le tasche gonfie di soldoni, cervice levis, gravis aere. La pietanza di 30 Vittorio Calestani Simulo non la disdegnerebbe forse neanche un genovese, perché non è altro che una pagnotta con su preparato il pesto tradizionale, raccolto a palla nella forma ancora consacrata dall’uso. Nelle opere maggiori Virgilio non conserva più ai personaggi ama così distinta fisionomia etnica, ma qualche tratto sempre si trova che disvela l’ambiente locale, ora la pianura lombarda, ora i colli dell’arco del Garda, ove forse Virgilio era nato. Nè potremmo meglio che col ricordo e col nome di Virgilio chiudere questo lavoro. Con lui i Liguri insegnarono ai Romani antichi, come insegnano tuttora al mondo, le virtù del lavoro e della povertà : Labor omnia vicit, Improbus3 et duris urgens in rebus egestas. Vittorio Calestani. UN CONDOTTIERO LIGURE IL CAPITAN BARBAROSSA Il periodo guerresco che ebbe origine in Portoria il 5 Dicembre 17-1-6 col sasso leggendario di Balilla, e che va fino alla pace sotto-scritta in Aquisgrana il 18 Febbraio 1748, in forza della quale Genova ritornò in pieno e libero possesso dei soioi stati, è tutto un susseguirsi e un intrecciarsi di fatti d’armi, in cui, più che in altre epoche storiche, rifulse il valore e la tenacia dei Genovesi nella difesa accauita della loro libertà. Sopratutto, in questo periodo, si distinsero per ardire e capacità di comando, degli avventurosi ed eccellenti capitani, i quali, con le loro gesta, segnarono vaste orme nella gloriosa storia della Repubblica. .Di costoro fu il Capitan Bar-barossa; il quale, dagli storici contemporanei, è spesso ricordato nella narrazione succinta di varie azioni belliche, dove meraviglia la prontezza delle sue decisioni, la fulmineità dei suoi atti, e in modo sorprendente il suo indomito coraggio nell’assalire e nell’attac-care il nemico. Tutta la sua fiera gesta si svolge e compendia nel primo semestre del 1747. E il suo nome, senza gran lustro di racconti, è stato tramandato alla posterità , più che dalla storia, per voce di popolo e per tradizione, avvolto, come un mito, in una nebbia di leggenda. Indagare le origini di questo ardito capitano, o risalirne la genealogia della schiatta, oggi torna alquanto difficile, e direi quasi vano, poiché egli fu di quelli uomini che appaiono nella vita -come una meteora, e da soli si creano la propria storia, che poi serve ad illustrare tutta la loro discendenza. Fu il Barbarossa uno di quei condottieri senza nome, che balzano improvvisi dall'ombra, quasi per magico richiamo dei tempi e delle vicende, e per virtù propria·, con le loro opere, assecondati da congenite vigorie fìsiche e morali, ma pur favoriti dal destino, si creano il nome che spesso li tramanda ai posteri. Di questo nostro capitano non è giunto a noi neppure ani ritratto ; ma la penetrazione aquilina dello sguardo, la schietta linea delle corporee forme, la squillante e imperiosa voce di comando, la dinamica sveltezza dei gesti, l'effervescenza delle idee, la sagacia dei piani d'attacco, la 32 Giuseppe Pierucci non valutazione catastrofica dei possibili eventi, l’ardire, il valore, l'audacia, ecco quali dovevano essere le .caratteristiche che formavano la tempra di questo ignoto condottiero, il quale esercitava un potente ascendente su la massa dei suoi seguaci, quando, contro il nemico, li guidava alla morte come alla vittoria. « Quest’uomo che non aveva ereditato la sua gloria e il suo nome dal sangue dei suoi antenati fu il primo, e può anche essere, che sarà l'unico Eroe della sua famiglia ». Non miglior compendio della sua viltà mortale, nè più alto elogio poteva scrivere uno storico contemporaneo, nè con sintesi più schietta e laudativa chiudere la sua relazione, il comandante delle truppe francesi alleate, quando seppero della sua fine immatura, avvenuta proditoriamente in Cornigliano. « E i popolani piansero il Capitan Barbarossa che nella difesa ai Yoltri e negli affronti incessanti ai passi di quelle montagne tanto-belle prove di valore aveva dato ». Si sarebbe desiderato, oltre il commosso epicedio, che gli storici dell'epoca guerriera che meravigliò tutto il mondo, avessero meglio ottemperato a un ordine cronologico e topografico degli episodi guerreschi in cui ebbe gran parte il Barbarossa, così a distanza di tempo, tornerebbe più facile la illustrazione e la valutazione storica di questo eroe, del quale, da quanto ci è stato possibile indagare nelle storie e negli scritti sparsi di questa epoca·, tenteremo, attenendoci scrupolosamente alla verità storica documentata, di radunare e coordinare gli avvenimenti e le gesta eroiche, affine di po terne meglio ricostruire la reale personalità. ÿ ÿ ÿ Entro la cerchia delle mura cittadine non ancora, era spenta l’eco delle giornate gloriose della cacciata austriaca. La rivolta popolar? che, dal vespro del 3 dicembre, aveva divampato fulminea· in tutti i sestieri, suscitando entusiasmi e ardimenti, non accennava a sedarsi. Nelle piazze si facevano prediche; nelle vie si dilungavano processioni ; nelle chiese si alzavano canti. Ovunque si osannava e si inneggiava alla vittoria col grido: «Viva la Libertà! Viva Maria! » Fra i popolani però serpeggiava il sospetto e si acuiva il risentimento contro la Nobiltà, considerata inetta nelle giornate della riscossa ; perciò il malumore popolano, sopito dall’ardore deH’insurre-zione, ora si trasformava in odio aperto, mentre il governo del popolo, acquartierato in Via Balbi, si trovava in pieno contrasto col governo regolare dei Nobili, presieduto dal Doge Brignole, che risiedeva a Palazzo Ducale. Come avviene in tutti gli sconvolgimenti rivoluzionari, dei male intenzionati e criminali, profittando del disordine, con sediziose grida e tumulti per i quartieri della città, aggravavano la si- Un condottiero Lioure : Il Capitan Barbarossa 33 trazione, già critica, inasprendo gli animi e creando difficoltà al ritorno normale del riassestamento politico e sociale della Répubblica (-1). Sebbene il generale Botta fosse stato costretto a uscire con le sue truppe dalle porte della· Lanterna, e dopo qualche breve soggiorno a Sampierdarena, veduta la mala parata, si fosse deciso con infingimenti ed inganni a valicare il passo della Bocchetta per riparare a· Novi, e quivi accantonarsi, tuttavia H popolo genovese cominciava a rendersi conto di quanto logicamente doveva succedere ai suoi danni. P-ur tra i dissensi di casta, tutti i cittadini intuivano che la libertà conquistata a furor di popolo e con eroismo collettivo, era affatto precaria, e che col passar dei giorni sempre più sarebbe stata soggetta a insidie e a minaccie. Infatti, scornato e reso aspro dalla vergognosa fuga, il Botta, dai suoi quartieri di Novi, meditava e architettava nuovi progetti di vendetta, tanto più che la di lui alterigia veniva umiliata dal- 1 imperioso ordine di Maria Teresa di Ungheria, che gl’imponeva di riconquistare la città perduta. , Passato il primo· sconquasso, il Botta, riordinate le sue truppe, si accingeva a ridiscendere lungo la valle della Polcevera, nell’intento di ripiombare su Genova e metterla, a ferro e a sacco; ma i Polceveraschi lo ricacciarono di là dall’Appennino. La cittadinanza genovese, di fronte al pericolo immanente, andava intanto formandosi una più equa concezione dello stato delle cose, e soffocando i risentimenti e le discordie si orientava verso una concorde armonia di vedute e di opere, che venivano sanzionate dalla costituzione di un nuovo governo, formato dai migliori uomini del Popolo e della Nobiltà/ L’assillante pensiero della salvezza della Repubblica aveva avuto cagione di tutti i dissensi e di tutti gli egoismi per cui, rasserenati gli animi e soppressi gli elementi faziosi, nel gennaio 1747, la (1). Non è da credere però che il governo regolare e la Nobiltà avessero intesa col nemico e neppure che iossero 'insensibili ai sentimenti del risveglio e della riscossa, com'era opinione errata e divulgata nella cittadinanza. Se questi sentimenti erano tanto palesi e ardenti nel popolo, con maggior circospezione e avvedutezza erano alimentati negLi spiriti colti e più responsabili. Uguale amor di patria e ardore di aziona tumultuava nei cuori di tutti i genovesi, chè, memori delle antiche glorie e dell·! loro potenza sul mare, non potevano soffrire che fosse calpestato e fiaccato l’onore e la libertà della Repubblica. Por studi documentati sulle cause e sugli avvenimenti dell’insurrezione contro gli Austriaci è oramai acquisito alla storia che il tergiversa/re e il dissimulato assenteismo o la mortificante sottomissione del governo regolare della Repubblica alle pertinaci e dure imposizioni del rinnegato generale Botta-Adorno, altro non era che un’abile astuzia per crearsi un alibi, o meglio una plausibile discordanza di sentimenti e di azione col popolo rivoltoso, qualora la rivoluzione fosse stata spenta nel Baugue. 34 Giuseppe Pierucci nuova guerra che si iniziava era il preludio epico del periodo di gloriose battaglie che doveva concludersi vittoriosamente col trattato di Aquisgrana. COMPAGNIE FRANCHE Avvilita ed esausta dalla oppressione e dalle estorsioni del Bvotta, poi dissestata dal movimento insurrezionale, ed infine tormentata dalle conseguenze deleterie delle discordie cittadine, la Repubblica si trovava in critiche condizioni economiche. Le sue truppe regolate erano inadeguate per numero e per munizioni alle impellenti esigenze della situazione bellica, la quale giorno per giorno si andava delineando minacciosa lungo tutti i confini. « A riparare a questo grave danno concorse lo zelo dei cittadini di ogni rango, i quali abbandonando le proprie e premurose occupazioni si diedero ad intraprendere, per la salvezza della Patria, il nobile mestiere delle armi. Dapprima si costituirono in battaglioni, composti degli abitanti di ciascuna Parrocchia ; staccandosene in appresso molta parte, che si unì in Compagnie o di Arti, o di altre oneste persone. In queste Compagnie si arruolavano indistintamente i Patrizi in qualità di semplici soldati o di ufficiali, secondo che il servizio pubblico richiedeva. Ciascuna di queste Compagnie vestita con nobile uniforme si prestò sempre senza stipendio di sorta alcuna a- servire ovunque fu comandata, dando le maggiori prove di coraggio in esporsi ad ogni più azzardoso cimento, ognor dipendendo dagli ordini del Geneiale della Repubblica». Sulla stessa conformazione di queste Compagnie, che si possono chiamare « Cittadine » altre se ne formarono nei paesi e nelle borgate della Repubblica. Queste erano addette alle operazioni sulle montagne e stavano anche di presidio ai valichi dell’Appennino, donde più facilmente poteva passare il nemico. « Le incursioni continuate che facevano in ogni parte dei confini delle due valli i Croati, obbligarono l’assemblea del popolo ad istituire qualche Compagnie Franche; e di queste la principale fu quella del Barbarossa di Voltri ». Intanto si apprende da questo accenno dell’Accinelli che il Bar-barossa era Capitano della Compagnia, Franca Voltrese; la quale Compagnia per il fatto di essere composta di paesani, di valligiani, di artieri e pescatori ecc., non è ammissibile che vestisse con «nobile uniforme » e neppure che, date le strettezze economiche dovute alla convulsione rivoluzionaria, fosse nella possibilità di provvedersi il fabbisogno quotidiano per la guerra. I volontari che formavano la Compagnia Franca combattevano per la patria, la quale era sim- Un condottiero Liqure: Il Capitan Barbarossa 35 boleggiata e unificata esclusivamente nelle loro case, nei loro averi e nelle loro terre ; non dunque speciale uniforme essi indossavano, ma per distinguersi portavano di certo qualche distintivo, una coccarda ad esempio, o qualche altro contrassegno ; ed anche ammesso che non percepissero alcun soldo, la Repubblica concorreva indubbiamente a rifornirli del materiale bellico e delle provvigioni da bocca. Dette compagnie, come abbiamo veduto dipendevano dal Generale della Repubblica, ma è lecito pensare che di loro iniziativa si scegliessero il proprio Capitano, uomo di fiducia e di riconosciuto valore e coraggio, il quale, tosto che aveva sentore della vicinanza del nemico invasore, dando egli per primo l’esempio, con vera tattica militare, li scagliava arditamente all’assalto. PRIME APPARIZIONI DEL BÀRBAROSSA Fallito al Botta-Adorno il tentativo di aggredire Genova dalla Val Polcevera, le prime avvisaglie di un nuovo attacco si ebbero dalla parte di Ovada. Un corpo di oltre quattrocento Croati, uscito da Campofreddo, si avviò verso le montagne che fanno capo al passo del Dente per calare lungo la strada della Canellona e sorprendere Voltri. Giunto al Convento dei Capuccini di S. Nicolò, questo corpo s’imbattè in un piccolissimo presidio di truppe regolate della Repubblica. L’attacco e la battaglia che ne seguì fu fiera e tenace da ambo le parti; ma il nemico sopraffatto dalla resistenza e dal valore dei soldati genovesi, comandati dal patrizio Gerolamo Balbi, e dai contadini chiamati dalla campana a martello, fu costretto a ritirarsi, cercando riparo entro un gruppo di casuccie chiamate le Capanne di Bernardo. E’ questo il primo episodio guerresco dove appare il Capitan Barbarossa. Il Mecatiti racconta che « sentito il fragore della pugna e il rombo della campana, il Barbarossa si staccò da Voltri con la sua Compagnia e cacciatosi dietro agli Austriaci li inseguì a colpi di continue fucilate fino al loro campo; onde incominciò da questa azione ad acquistarsi il nome di valoroso guerriero, quale poi a misura del suo coraggio ed ardire si andò sempre aumentando ». Seguendo la versione di altri storici contemporanei, si trova qualche controversia circa la presenza del Barbarossa in questo fatto d’arme, che però non muta nè diminuisce la sua importanza. T/Accinelli, ad es. si limita solamente a notare che la Compagnia Franca del Barbarossa si segnalò per la sua combattività, mentre il .Doria, illustrando più ampiamente l’azione, non fa staccare 36 OlUSEPPE PlERUCCI il Barba rossa da Voltri al momento della battaglia·, ma afferma clie questo Capitano, agli ordini del patrizio Balbi, con la sua Compagnia aveva raggiunto il passo del Dente, forse per poter vigilare la strada elie mette nella Valle d’Olba, affine di ostacolare al nemico qualche attacco di sorpresa o anche di fuga da quella parte. E' però concorde, in tiitti, il fatto che i Croati, riparatisi alle capanne di Bernardo e sulle montagne circostanti, furono aggrediti dalla trup pa regolare della Repubblica e dai contadini, accorsi al suono della campana a martello, e quivi furono sbaragliati. Un discreto numero di essi fu ucciso e gran parte rimasero prigionieri. Quelli che riuscirono a sfuggire furono, sulla strada della Camellona·, inseguiti dal Barbarossa, che, calato improvviso dal Dente, riuscì ancora a serrarli alle spalle e a batterli a fucilate tino a Campofreddo, ove gli Austriaci aveano i loro accampamenti. Questa azione svoltasi sul colle di S. Nicolò il 11 Gennaio può considerarsi il fatto iniziale delle battaglie che seguirono nel 1747-1718. Nei seguenti giorni, verso il 30 gennaio il castello di Masone, comandato da Anfran Sauli, veniva aggredito da un altro forte gruppo di Austriaci, guidati dal colonnello Franquin, il quale, dopo aver intimato la resa e averne ricevuto recisa risposta negativa, l’aveva attaccato fieramente, riportandone la peggio, poiché nei reiterati assalti aveva lasciato il pendio del colle seminato di morti. Contro i saldi baluardi del castello, era ormai dimostrato che sarebbe tornato vano ogni attacco improvviso. E’ presumibile che il Barbarossa, con i suoi uomini, durante lo svolgersi di questi avvenimenti battesse costantemente le montagne che chiudono a settentrione le valli del Cerusa e del Leira, ed anche passasse nel territorio di Masone, sorvegliando i valichi e molestando il nemico ogni qual volta gliene tornava il destro. Lungo tutto il mese di febbraio non ci consta, da quanto riportano le storie, che sieno avvenuti altri scontri importanti, ove il nostro Capitano abbia avuto agio di mettere in evidenza il suo ardimento e il suo valore. Ma « verso la metà del marzo, dalla banda di Voltri, i soldati e le milizie della Repubblica combatterono contro un grosso corpo di Austriaci che nella Badia e nelle cascine d’OJba si erano trincerati, afforzandosi specialmente nella chiesa e nel palazzo di Antonio Raggio. Vennero ad assalirli il Capitano Peretti e l'alfiere Sebastiano Poli con trenta soldati, spediti da Voltri dal Commissario Gerolamo Balbi; questi per istrada si unirono ad un picchetto comandato dal tenente Baccicalupo. Dal castello di Maso-ne fu inviato il Capitano Giovanetti con venti soldati da Anfran Sauli. A questi si aggiunse la Compagnia Franca del Barbarossa, che come si è detto bivaccava sui monti, e circa un centinaio di paesani racimolati lungo il cammino. Un condottiero Ligure: Il Capitan Barbarossa 37 Tanto i soldati regolari che gli uomini della Compagnia Franca, scagliatisi con impeto contro le trincee nemiche vi saltarono dentro ; occuparono con lo stesso valore la chiesa. Restava il palazzo Raggio, ove gli Austriaci, più numerosi che altrove, disperatamente si difendevano. Ma nè le grosse mura, nè le porte barricate furono ad essi sufficiente schermo. I soldati genovesi, appoggiare le scale, entrarono dentro con le spade in mano, primi fra tutti il Barbarossa, Peretti e il Baccicalupo. Percossero i primi nemici che loro si allacciarono ; poi dischiusero agl’irrompenti compagni le porte. Gii iujiiirjaci, morti gran parte di essi, in numcvo di centossessan-tatre soldati e di cinque ufficiali, sfuggiti alla sltra-ge, si arresero. » Dopo questa ardita impresa, che non lieve scompiglio aveva prodotto nelle truppe nemiche, creando dalla parte occidentale della Repubblica una· precaria sicurezza, che non doveva durare gran tempo, il Barbarossa non depone le armi nè cerca riposo, ma ri valicato il Dente, lungo il· dosso delPAppennino e per la piana di Fraglia, si dirige con la sua Compagnia verso le Capanne di Marcarolo, dove gli Austriaci campeggiavano, per recare ad essi molestia. In questo frattempo (si era giunti all’aprile) il generale Belio-lembourg succeduto nel comando delle truppe austriache al generale Botta, era deciso a sottomettere la Repubblica come il popolo era accanito a difenderla. Difatti, l’il aprile lo Scliolembourg con un esercito di circa 20 mila uomini, diviso in cinque colonne, rivarcò l'Appennino, e disceso nella Val Polcevera si spinse tino alla Torrazza, dove pose il suo quartiere generale. I primi episodi guerreschi arrisero agli Austro-Sardi. Gaspare Basadonne, Agostino Pinelli, Fanchino Grimaldi, rivelatisi eccellenti capitani e battendosi da eroi, pur tuttavia avevan dovuto indietreggiare fino a Bolzaneto e cercare riparo nel castello di questo borgo. Ma qui, ripreso ardire, avevan riguidate le loro truppe contro il nemico, ricacciandolo fino a Langasco, e seminando la strada di oltre quattrocento morti. Così, mentre valorosamente battagliavano i nostri nella Val Polcevera, sulle colline di San Cipriano, sul Monte della Guardia e su i Due Fratelli, ecco spargersi improvvisamente la nuova che il Capitan Barbarossa, apparso come un fulmine con la sua Compagnia Franca, al posto della Bocchetta, in fiero combattimento aveva ucciso gran numero di nemici e si era impadronito di due cannoni. Instancabile e sagace, questo ardito condottiero che non si concedeva mai tregua, nè tregua dava al nemico, lo ritroviamo sempre dove più accanita infierisce la pugna ; e sempre imperterrito alla testa dei suoi uomini, che sul di lui esempio son diventati leoni, egli sventa agguati, porta lo scompiglio tra i nemici ogni qual volta li avvista e li può raggiungere, avventandosi contro col suo grido 38 di guerra : «Addosso, Addosso ! » senza mai valutarne il numero e le forze. Nonostante questi grandi ardimenti e gesta eroiche, le sorti della guerra non accennavano alle fortune della Repubblica. Morivano intanto eroi leggendari come Pier Maria Canevari, comandante di milizie, appena ventenne, il quale con la sua morte valorosa avvenuta il 1 maggio, segnava· un fulgido esempio di eroismo nella storiai, lasciando in tutti i suoi soldati grande sconforto e ammirazione. Ma i combattenti anziché prostrarsi si ringagliardivano a sempre maggiori e più ardimentose audacie, poiché la salvezza della Repubblica stava sopra ogni cosa, e la libertà della Patria era il sacro retaggio che ogni cittadino aveva giurato di difendere fino alla morte. BATTAGLIE DI VOLTRI Zona di operazioni, come abbiamo già veduto, era per il Barba-rossa la catena degli Appennini che dal monte Dente, attraverso il Turchino e monte Martin, chiude a tramontana le due valli del Ce-rusa e del Leira. Attraverso i valichi di queste montagne, se non fossero stati costantemente e tenacemente vigilati e difesi, i nemici avrebbero trovato facile passaggio per calare sui paesi della Riviera e quindi di sorpresa avrebbero potuto aggredire Genova. Ma buona guardia faceva a questi posti la Compagnia Franca del Barbarossa, composta tutta d’uomini fieri, che quelle campagne conoscevano ottimamente e a cui, senza dubbio, erano legati d'affetto perchè esse costituivano una naturale difesa alle loro terre. Lo stesso Barbarossa doveva essere un conoscitore profondo di ogni vetta e di ogni sentiero, essendo egli nato nella valle dell’Acquasanta in quel di Mele, e quivi avendo svolto la parte migliore della sua esistenza di cittadino e di soldato. Fu in una vigilia delle prime giornate di Maggio — e ancora forse l’eroica morte del Canevari gli amareggiava il cuore e lo inaspriva nella sua fierezza — quand’egli, lassù nei suoi montani bivacchi, fu raggiunto da un’altra triste novella. I Voltresi, complice l’Arciprete Cestino di S. Erasmo, si erano arresi alle condizioni loro proposte dal colonnello Franquin, comandante delle truppe Austriache. Costui, dissimulando i suoi progetti, aveva promesso a tutti salvo l’onore e i beni minacciando al contrario le ultime rovine del borgo qualora lo avessero osteggiato nei suoi disegni. I quali disegni, secondo quanto affermava il Franquin, erano di trainare in detto borgo la propria artiglieria per imbarcarla e mandarla ove il bisogno richiedesse. La dolorosa notizia non solo irritò il Barbarossa, ma stupì grandemente anche tutti i genovesi, all'udire che i Voltresi, « senza fare resistenza alcuna, aveano rice- Un condottieno Ligure: Il Capitan Barbarossa 39 vuti ed accolti i nemici, dopo le molte prove di coraggio che essi avevano date nei frequentissimi precedenti incontri, e le proteste fatte in ultimo luogo di volersi in ogni caso difendere senza alcun aiuto di truppa regolata, assicurando che erano bastanti da soli a tal line, avendo preso le armi, in molto numero, e non altro richiedendo fuorché le necessarie provvigioni da guerra, nel che erano stati dalla Capitale colla maggior sollecitudine compiaciuti)). Non indugiò un attimo il Barbarossa a mettere in azione il suo progetto. Radunò prontamente i suoi uomini, e unitosi a questi un forte numero di paesani delPOlba, di Masone, di Mele, di Carnoli e delle circostanti montagne, piombò giù come una valanga sul borgo di Voltri, dove i nemici, appena entrati, mancando ai patti promessi, si erano buttati a depredare e a saccheggiare chiese, case, botteghe, ovunque spargendo il terrore e la morte. Mala sorte toccò agli Austriaci, i quali, assaliti e sgominati dal furore iracondo degli uomini del Barbarossa, si diedero a fuga precipitosa. A colpi di fucilate e baionettate i nostri gli si posero alle spalle e li inseguirono fino al deserto di S. Antonio presso Pegli. La gloriosa azione costò pochissime perdite alla Compagnia Franca del Barbarossa, del quale è difficile dire quale incomparabile valore e coraggio abbia spiegato, poiché nella tema che agonizzasse il combattimento, andava arditamente incontro ai cannoni, superando ogni ostacolo e ogni pericolo. Quando il Barbarossa diede r«alt» ai suoi uomini presso il Convento dei Frati, aveva convertito la vittoria in un vero macello. Voltri il 5 maggio aveva riacquistata la sua libertà! Di questo e di altri consimili fatti d’armi, svoltisi in località diverse e tutti improntati di audacia e di valore, che non lieve sgomento avevano apportato nell’esercito Austro-Sardo, mentre di nuovi ardimenti e più fieri propositi rinfocolavano il sangue dei Genovesi, se ne avvantaggiò il generale Boufflers, nuovo comandante delle forze della Repubblica. Costui il (i maggio, dopo il tramonto del sole, fatta battere per la città la Generale, ordinò di radunare con prontezza tutte le milizie e le varie Compagnie, per tentare una sortita contro il nemico che operava nella Val Polcevera, alla Coronata, a Corriigliano, a Sestri e nei borghi adiacenti. Agli ordini dei loro capi erano uscite le truppe dalle porte di S. Tomaso e degli Angioli^ quando sul far della, mezzanotte uirabbondante pioggia le costrinse a rientrare in città. Sull’esempio della Capitale, animati i paesani della campagna·, davano anch’essi sempre maggiori e continue prove di coraggio; particolarmente in questo periodo si distingueva il Capitan Barbarossa con la sua Compagnia Fianca, il quale, dopo la scacciata degli Austriaci da Voltri, sempre più avveduto e deciso, vigilava che non si ripetesse da parte del nemico qualche altro tentativo di sorpresa-. Non errati, infatti, erano i suoi sospetti, perchè accortosi che gli 40 Giuseppe Pierucci Austriaci ingrossati di numero, si erano di bel nuovo avanzati tino in vicinanza di Voltri per ritentare la rivincita, ripiombò loro addosso con tale irruenza e vigore clie li obbligò a ritirarsi precipitosamente. L'inseguì, questa, volta, quasi presso il borgo di Sestri con iuoco incessante, uccidendone un buon numero. Lungo la strada furono ritrovati sessantotto morti, senza contare i molti feriti che poterono accompagnarsi con i fuggitivi. Questa nuova azione costò alla sua Compagnia la perdita di pochissimi uomini. Maravigliose e strenue vittorie queste del Capitan Barbarossa, che pareva dovessero garantire una duratura tranquillità e una più salda difesa al borgo di Voltri : invece fomentarono tra i nemici un odio, più acre e una più ostinata brama, di rappresaglia. 11 13 maggio, il generale Conte Cacheranno Della Rocca proveniente da Vai-azze alla testa di sei battaglioni (altri dice dodici), di Piemontesi, alleati agli Austriaci, apparve contro Voltri dalla parte di Ponente. L’attacco fu furibondo, e il Della Rocca, per ben due volte occupato il borgo, fu costretto a sloggiare da esso per la resistenza e la violenza dei soldati e dei popolani. Soltanto a! terzo giorno gli riuscì di impossessarsene, costringendo il patrizio Sauli e il Capitan Barbarossa che lo difendevano accanitamente, a battere in ritirata, su per la Valle del Leira, verso Masone. Di questa importante battaglia che, per accanimento e sangue versato, non dovette essere da meno delle precedenti, assai poche notizie si possono ricavare dalle storie di allora ; ma è da credere che solo per la potenzialità del numero e per un maggiore rifornimento di mezzi bellici, il nemico, potè contrastare e sopraffare il valore e il coraggio indomito della Compagnia Franca del Barbarossa e dei popolani Voltresi. Per la prima volta l’ardito Capitano era stato costretto, con onore, a lasciare il nemico padrone del campo. RESA DEL CASTELLO DI MASONE. Alla testa delle loro truppe, vinte ma non dome, Anfran Sauli e il Capitan Barbarossa la sera del 13 Maggio, valicato il Passo del Turchino, movevano verso il Castello di Masone. Il vecchio maniero, costruito in tempi remotissimi si profilava sullo sfondo cupo del cielo. Era questo castello, per la sua posizione strategica sopra la valle, «un baluardo avanzato della Repubblica, che serviva quale nodo di comunicazione tra la Capitale e le Comarche dell'Ovadese. Fin dall’inizio delle operazioni guerresche del 1747 era comandato dal Sauli, il quale lassù era stato inviato in qualità di Commissario dal governo della Repubblica. Gli Austriaci con le frequenti incursioni da quelle parti avevano Un condottiero Lioure: Il Capitan Barbarossa 41 ripetutamente tentato eli assalirlo e di occuparlo ; ma i loro conati contro i poderosi bastioni erano stati fiaccati dal piombo delle milizie genovesi, lasciando il pendio del colle sparso di morti. Anfran Sauli, come giunse con i suoi uomini al castello, pensò tosto di quivi fortificarsi, deciso per nessuna ragione o violenza a capitolare; mentre il Barbarossa con la sua Compagnia Franca ritenne più opportuno accamparsi sulle montagne circostanti, affine di dar noie al nemico. Così stavano le cose, quando il generale Della Rocca prevedendo che questi instancabili e indomabili soldati avrebbero persistito ad essere un ostinato e pericoloso ostacolo all’avanzata dell’esercito Austro-Sardo, deliberò di inviarvi il colonnello Soro con due battaglioni di settecento uomini (altri riporta invece con tremila Austriaci', con la missione perentoria di occupare il castello. Per tredici giorni non fu che un incessante battagliare tra assediati e assalitori. Anfran Sauli, con tiri ben aggiustati delle sue artiglierie sparate a mitraglia tenne per tutto questo tempo a buona distanza il nemico, il quale, nei ripetuti assalti lasciò sul colle oltre quattrocento morti. Ma al 30 Maggio, quel che non aveva potuto la forza lo potè l’insidia. 11 colonnello Soro, fatta costrurre una mina a forma di galleria che si sprofondava nel colle fino al centro del castello, vi lece deporre 36 barili di polvere, quindi inviò un parlamentare al Sauli, minacciando di farlo saltare se egli non si arrendeva con tutta la sua truppa. Anfran Sauli e Cecco Doriai, altro patrizio che con lui si trovava alla difesa del castello, risposero che avrebbero preso partito solo quando la constatazione di quanto li informava il Soro corrispondeva alla realtà. In fatti, scesi nella galleria, e constatata de visu la terribile minaccia, per non sacrificare inutilmente i loro uomini, Anfran Sauli e il Doria si arresero a discrezione il 30 maggio. Così capitolava il castello di Masone, che aveva fino allora resistito ai più furiosi assalti del nemico. Anfran Sauli, nella divisione del bottino e dei prigionieri di guerra toccò ai Piemontesi, Cecco Doria, malaticcio ed esausto per le fatiche e i disagi, fu preso dagli Austriaci. Si racconta che costoro, nella loro crudele vendetta lo costrinsero a piedi scalzi, in camicia e legato ai polsi, a percorrere tutta la disagevole e pietrosa strada che da Masone, attraverso il Turchino, scende a Voltri. In questo borgo, dopo poco tempo, tra inenarrabili sofferenze il Doria· moriva. Così si immolava all’amor di patria, insieme con gli oscuri popolani, il miglior fiore del patriziato genovese. 42 Giuseppe Pierucci MORTE DEL CAPITAN BARBAROSSA Dèmone inafferrabile, anche nella penosa disdetta della resa del castello di Masone, il Barbarossa riuscì a sfuggire agli artigli del nemico. Con ira selvaggia, gli Austriaci lo andavano cacciando da monte a monte ; ma ad ogni scontro con la di lui Compagnia Franca, ne dovevano sentire il morso acuto e subirne dure conseguenze. Il destino, a questo intrepido condottiero, riservava accora qualche mese di vita ; vita assillante, di agguati ; vita vissuta minuto per minuto, nella tensione dello spirito, acceso dalla brama di vendicare gli eroici suoi commilitoni, jnorti o prigionieri, e di salvare l'onore e la libertà della Repubblica. A soggiornare sulle montagne, attornianti Masone, non vi era più alcuna ragione nè scopo dopo la resa del castello, perciò il Barbarossa rivalicò la catena deli’Appennino, considerando che la sua opera oramai doveva accentrarsi sui paesi della Riviera. Per i ben cogniti valichi del monte della Madonna della Guardia e giù per il contra-forte che sovrasta Sestri e Comigliano si avanzò occultamente a brevi tappe, per poter sorvegliare Pesercito Austro-Sardo, che in detti borghi aveva formato i suoi quartieri. Anche lo tormentava il pensiero, che il nemico, addensandosi giorno per giorno in detti posti, costituiva una minaccia permanente di aggressione su Genova. Nel mese di giugno avvennero scontri di una certa importanza nella Valle del Bisagno, alla Coronata, a Sainpierdarena e a Corni-gliano, dove i paesani, sobillati dal Barbarossa tentarono qualche sortita dai loro trinceramenti, recando molestia e danni al neinico* il quale, tosto che gli riusciva di avere il sopravvento, si vendicava con uccisioni e con incendi di palazzi e di case, ognor bramoso di saccheggiare e di depredare. Così, tra· una guerriglia continua, alternata da fortunose vicende, che non lasciavano intravvedere quali eventi sarebbero stati riservati alla· Repubblica, si arrivò al 6 luglio. E qui cedo la parola agli storici: «Sul dopo desinare il Capitan Barbarossa che era a Cornigliano, dove stava a un balcone ad osservare i movimenti dei nemici con un cannocchiale (che pare fossero affaccendati a caricare uomini e armi, e per via, di mare dirigersi verso ponente), fu da un colpo di fucile ferito a una coscia che gli tagliò per mezzo Parteria. Questa ferita non diede tempo che un Cerusico venisse ad arrestargli il sangue, che egli andava perdendo in abbondanza, sicché in questa guisa se ne morì, senza poter ricevere soccorso veruno. « Quest’uomo, che non aveva ereditato la sua gloria e il suo nome dal sangue dei suoi antenati fu il primo, e può anche essere, che sarà Punico Eroe della sua famiglia. Ancorché avesse sortito Un condottiero Lioure: Il Capitan Barbarossa 43 oscuri natali si distinse col suo valore e col suo zelo in ogni occasione che avesse avuto riguardo alla difesa/ e alla libertà della sua Patria. Egli fu clie ispirò col suo esempio il valore e la fedeltà ai suoi concittadini. Questa morte impensata lo rubò a quelli onori che avrebbe conseguito dalla Repubblica, in guiderdone dei suoi servigi, se egli fosse vissuto lino a Finterò ristabilimento della di lei tranquillità, per conseguire la quale egli si era tanto affaticato con animo invitto e imperturbabile ». Questa chiara e sintetica narrazione della morte del Barba rossa lasciò scritta l’abate Mecatti, elevando al prode Capitano un lirico elogio per la sua opera e per la grandezza del suo sacrificio, mentre con eguale concordanza di espressione il Celesia scrisse che « così mancava quest’uomo d’una intrepidezza piuttosto meravigliosa che rara ç a cui nessuna cosa più grata poteva tornare che l’occasione di menare le mani. La storia, che è del biasimo ai tristi e delle lodi ai buoni non timida dispensatrice, non defrauderà questo Eroe popolano di quella ricordanza nei futuri che alla sua virtù meritamente è dovuta ». Nobili ed eccelse parole, se non fossero tosto offuscate dal pensiero e dalla constatazione che « il valoroso non ebbe nè sfoggi di funerali, nè orazioni, nè lapide sepolcrale; ed è gran ventura anzi se il suo nome è stato tramandato alla posterità ». * * * Meteora luminosa nel cielo della Patria, il Barbarossa compì il suo ciclo glorioso nello spazio breve del semestre, che dal gennaio va ai primi di luglio del 1747. Come gli altri suoi giovani commilitoni, comandanti eroici delle milizie repubblicane, che con eguale ardire e valore si erano immolati per la patria, sacrificando alla di lei libertà e indipendenza, la loro giovinezza, le ricchezze, gli onori, e tutto l’avvenire, anche il fiero Barbarossa tramontò nella floridezza dei suoi anni per tornare silenzioso nell’ombra d’onde era venuto. Ai suoi intrepidi soldati lasciò in memoria l’esempio e l’eroismo delle sue gesta ; ai suoi tìgli, unica eredità, il sentimento del dovere e del sacrificio per la patria, unito al retaggio d’un nome glorioso che impegnava tutta la sua discendenza a imitarlo nelle cose grandi e onorate. Kato e cresciuto nella pittoresca vallata dell’Acquasanta, celebre per l'antico santuario dedicato alla Vergine, trasse forza e ammaestramento dalla modesta virtù dei suoi padri ; le sue agili membra addestrò e temprò col duro esercizio della montagna; e il suo cuore e lai mente educò nel culto delle sacre memorie e nell'esempio 44 Giuseppe Pierucci degli uomini grandi, che ai personali interessi avevano anteposto il dovere e l'amore verso la Patria. L’anima sublimò nella contemplazione e nell'ammirazione delle cime dorate dal sole del monte Denjte, e del monte Martin ; e visse le sue giornate tra il verdeggiare del paesaggio, stormente di casta-gni e di pineti, di fragorose acque risonante, e induré per molte cartiere. Oscuro tra gli oscuri, — tanto che ignoto è il giorno del suo nascimento, e ignoto pure il breve tratto di terra che accolse le sue ossa, frementi di libertà9 — - balzò, foriero di alti destini, nella luce irrompente della guerra, quando la Patria pericolante lo chiamò. Incurante d’ogni pericolo; infaticabile nei più aspri cimenti, non agognò compensi ed onori che lo elevassero tra gli uomini. Solo alla p'atria consacrò la sagacia della sua mente, la tenacia della sua forza, la bellezza della sua gioventù. APPENDICE Nota I Lodevole è il contributo portato dal sac. Serafino Pareto, con le indagini fatte circa il luogo di nascita e Panno di matrimonio del Barbarossa ; come pure lodevole il tentativo per ricostruirne la genealogia e la discendenza, e ritrovarne il luogo di sepoltura. Indagini, in parte infruttuose e in parte non corrispondenti alla verità. Il Pareto, nelle « Memorie del Comune e della Parrocchia di Mele » seguendo le orme di un articolo di L. A. Cervetto, comparso nel Cittadino di Genova il 21 novembre 1886, e da notizie ricavate dagli Archivi parrocchiali di Mele e di Voltri, è giunto a precisare che il Barbarossa, figlio di Benedetto, si chiamava Lorenzo e non Giacomo (come scrive il Cervetto), e che, il luogo di nascita non è proprio Voltri città, ma la \ralle dell’Acquasanta in quel di Mele. A corroborare il primo asserto sta la seguente notizia, ricavata dal libro dei morti dell’Archivio parrocchiale di S. Erasmo di Voltri : « il 4 luglio 1747 morì per ferita alPinfermeria dei poveri un certo Victus Bozanus Ioannis miles de Compania D. Laurentii Barbaros-8a Capitani ». A precisare il luogo di nascita, invece, concorre ottimamente il libro dei matrimoni celebrati in Mele (allora Parrocchia e non ancora Comune). Ma qui è, a mio avviso, errata la interpretazione che dà il Pareto per stabilire la vera personalità del Barbarossa. Da detto libro risulta che « ai 15 Giugno 1698 contrassero matrimonio Barbarossa Lorenzo di Benedetto e Steardo Simonetta, ambi due di questa parrocchia », da cui nacquero vari figli. Un condottiero Liqure: Il Capitan Barbarossa 45 Ancora· dal registro parrocchiale di Mele risulta che « il 17 ottobre 1744, Barbarossa Lorenzo di Benedetto già marito (vedovo) di Maddalena de Planis (Dellepiane) con dispensa delle pubblicazioni contrasse matrimonio con Maddalena Cestino di Domenico », da cui nacque una figliuola, a cui fu imposto il nome di Maria Maddalena, e un figlio che si chiamò pure Lorenzo. Il Pareto, con un ragionamento che non regge, identifica- nello stesso personaggio il Barbarossa Lorenzo che -contrasse il matrimonio nel 1698 con quell’altro che lo contrasse nel 1744. Ma come può essere logica e accettabile questa versione? Il Barba-rossa,· che si ammogliò nel 1698, (c’è da Credere che per adire al matrimonio avrà almeno avuto 20 anni) risposandosi, già vedovo due volte, nel 1744, di anni ne aveva 66 a quell’epoca: oh, allora come concorda questa avanzata età con la fierezza, la prontezza, l'elasticità, il dinamismo e l’eroismo del Capitan Barbarossa, senza contare che nei sei mesi, in cui combattè, visse sempre all’agguato, in mezzo a insidie, lotte, disagi, fatiche, pronto all’aggres-sione e all’inseguimento dei nemici? Non è piuttosto da credere che il primo Barbarossa, cioè quello che si ammogliò nel 1698, sia un avo di quell’altro Barbarossa, il vero Capitano, che si sposò nel 1744, e che, sì e no, avrà potuto contare 26 o 27 anni di età. Era nel fiore della sua giovinezza, allora, piena di ardore, di coraggio e ricca di vitali energie. Molti documenti di Archivio sono andati indubbiamente smarriti, attraverso alla convulsione delle rivoluzioni e delle guerre; ma a soccorrere la nostra supposizione stanno quelli che rimangono e il fatto incontestabile che tuttora, nella Valle dell’Acquasanta, vivono e fioriscono famiglie che non solo portano il cognome Barbarossa, ma in cui si perpetuano gli stessi nomi di Benedetto e di Lorenzo. Infine è presumibile che il Capitan Barbarossa fosse giovane d’anni, come d’altronde erano giovanissimi tutti gli altri comandanti di milizie della Repubblica, il Canevari, il Basadonne, il Pinetti, il Pinceti e molti altri. Per la storia, è anche meritevole che sia di pubblica conoscenza che la figlia Maria Teresa (e non Maddalena), dopo la morte eroica del padre, fu allevata a spese della Repubblica, e provveduta di conveniente dote andò sposa a quindici anni a Giuseppe Polleri, nato e domiciliato a Mele. Al figlio Lorenzo (secondo afferma il Cervetto) fu conferita la carica di uffiziale di truppe nell’armata della Repubblica. Emigraci a Lisbona, gli sposi, impiantarono laggiù una casa di commercio che presto fiorì, ed ebbero così agio di accumulare cospicue ricchezze. Dal loro matrimonio, tra gli altri figli, il 24 febbraio 1780 nacque quel Francesco Polleri che, proseguendo il commercio paterno, 46 Giuseppe Pierucci aumentò col lavoro e col risparmio il denaro, e ritornato in Patria, memore dell'insegnamento materno e dell’esempio e del sacrificio del suo grande Avo, legò un lascito di tre milioni di lire ai poveri e ai inalati di Genova. A perenne ricordo nell'ospedale dei cronici gli fu innalzata una statua marmorea, sotto cui aneor oggi si legge il seguente epitaffio : « Francesco Polleri di Giuseppe e di Teresa Barbarossa, dal Materno Avolo, eroicamente caduto nel 1746 — imparò come si ama la Patria. ». La statua è dello Scanzi; ma la data è errata, chè il Capitan Barbarossa morì il (> luglio 1717. Francesco Polleri morì cieco d'anni 82, nel 1862. Nota II Lio intitolato « Battaglie di Voltri » il capitoletto a queste dedicato, perchè esse furono due in realta; l'una avvenuta il 5 maggio e l’altra il 13 maggio 1747. Tuttavia nei riguardi di queste battaglie, nelle storie dell’epoca, si trovano notizie imprecise e confuse. Concordi sono gli storici nel ricordare la brillante vittoria che il Barbarossa riportò il 5 maggio (prima battaglia) scacciando e massacrando il nemico Uno al deserto di S. Antonio presso Pegli, e che il 13 Maggio, (seconda battaglia) sotto l’assalto dei battaglioni piemontesi, comandati dal Della Bocca, il borgo di Voltri, dopo tre giorni di fiera resistenza, era stato costretto a capitolare, e il Sauli e il Barba rossa a mettersi in salvo verso il castello di Masone. Se non che, una lettera, rinvenuta nell’Archivio parrocchiale di S. Erasmo, di Voltri, verrebbe a portare non poca confusione circa le cause che avrebbero determinato l’occupazione di Voltri. Dice il documento, di pugno delFArciprete Cestino : « Mentre le truppe piemontesi, incamminate al nostro luogo viaggiavano per Arenzano, l’Arciprete di S. Erasmo· con li M.M. R.R. Arciprete di Arenzano e Prevosto di S. Ambrosio di Voltri si presentarono al signor generale Conte Della Rocca e con espressiva di rispetto la supplicarono di non permettere alle sue truppe libertà alcuna e danno tanto di Arenzano, quanto di Voltri atteso che li rispettivi popoli in estrema dessolazione meritano tutta la compassione. Promise detto generale di non usare ne pure un minimo atto di hostilité protestando che venivano le truppe di S. M. Sarda piuttosto per difesa, essendo tale la mente di detta S. M. Arrivato però appena sul primo ingresso del nostro luogo alle persuasive di quel colonnello a tutti noto come scellerato, il Franchini si arese et ordinò che fosse dato il saccheggio per il tempo di quattro ore continue, quale ordine fu prontamente eseguito dalle sue truppe con tale sfrenatezza che non la perdonarono ne meno alle chiese e sebbene in appresso detto genera Un condottiero Ligure: Il Capitan Barbarossa 47 le vedesse continuarsi detto saccheggio oltre del tempo determinato non si curò mai di impedirlo per i\ giro continuo di ore ventiquattro, e tutto questo nonostante che ogni una delle persone del sopradetto nostro luogo si astenesse da qualunque ben leggerissimo atto di ho-stililtà. A cagione di tale saccheggio oltre tutto quanto in esso fu rubato e rovinato al detto Arciprete Cestino, di più ha dovuto sopportare altri danni lo stabile patrimoniale della Parrocchia fu fat to quartiere .continuo di molti soldati i quali non diedero il permesso alla raccolta ». Dalla presente si rileva che il colonnello Franquin (o Franchili!/ già comandante le truppe Austriache, occupanti Voltri, e sbaragliate, come vedemmo, dal .Barbarossa il 5 maggio, si ritrovava nuovamente all’assalto contro Voltri il 13 maggio, alle dipendenze del generale Della Rocca. Ma quel che merita rilievo si è che al Della Rocca, secondo spiega il documento, verrebbe attribuito Pintrigo con pArciprete Cestino di S. Erasmo, e la falsa assicurazione data da costui di nessuna molestia o danno al borgo e al popolo voltrese. Simulazione smascherata tosto dalla scelleraggine e dalla rappresaglia compiuta dal Franquin, il quale, secondo la concordante versione degli storici, non il 13 maggio, ma il 5 maggio avrebbe usato del perfido stratagemma. La qual nota, non mutando i fatti, serve a meglio precisarli. Giuseppe Pierucci Rivarolo Ligure. Attività marinare degli Estensi (Contributo per la storia delle Corporazioni, del diritto marittimo amministrativo della Marina Italiana) Pur non presentando all’esame delio storico ed all’ammirazione dei posteri fatti memorabili, e nulla aggiungendo alle infinite glorie d’una marineria ul'tramillenaiia, quale l’italiana, ritengo non privo di utili insegnamenti lo studio di ciò -elle si può genericamente definire attività marinara degli Estensi. IS'on intendo riferirmi a quanto possa esser stato da essi compiuto in unione agli altri marchesi Obertenghi, e in rapporto alle operazioni belliche della marca ligure, ma degli intendimenti o delle realizzazioni attinenti ai periodi successivi, da quando cioè vengono gettate le fondamenta sulle quali poggerà l’edifìcio del principato estense. 1 principii ne sono, s’intende, alquanto umilianti per chi amava assumere posizioni indipendenti e svolgere una politica propria; ma il signor di Ferrara aveva ereditato la posizione del Comune, in questo campo davvero non troppo felice, e per giungere a rovesciare i canoni fondamentali della politica marinara della Serenissima ben altra energia ci sarebbe voluta e ben altra potenza morale e materiale. Quando Rinaldo, Azzone ed Obizzo d’Este sono nominati il 14 agosto 1317, protettori e difensori della città di Ferrara, con mero e misto impero, questa aveva ormai perduta la possibilità di essere il solo emporio — e indipendente — del traffico intenso avviato da secoli tra il mare e la valle del Po. Se anche, come precisa lo fechaube (*), non si deve dar fede alla « narrazione attraente e vivace » della «Chronica parvula Ferrariae», è pur vero per attestazione dello stesso storico che degno di rilievo era il traffico di cabotaggio svolto da piccole navi nell’ambito dell’Adriatico sin nel-l’Apulia, e che i Ferraresi portavano a vendere almeno sino a Piacenza anche le mercanzie del Levante. Ma, dopo i tra/ttati del 124U con Venezia e del 1258 con Ravenna, la vecchia città si era veduta (1) < Storia del commercio dei popoli latini del Mediterraneo sino alla fine delle Crociate > Torino, V.T.E.T., 1915, pagg. 879 e 902. Ferruccio Sassi 49 togliere il monopolio della navigazione alle foci del Po, mentre navi e fortezze veneziane vigilavano sull’estuario alla rigorosa osservanza dei patti proibitivi. Dimostrazione antica quanto convincente, non prima nè ultima nella numerosa serie, che, sino a quando almeno non sia staila raggiunta dagli Stati un’armonica intesa, la forza delle armi ed essa soltanto significa sul mare, più ancoraché in terraferma, vita, potenza, sicurezza. Siamo giunti al tempo dell'istituzione del ((Capitano del Golfo» ; ci avviamo verso il secolo in cui il Senato ordinerà alle proprie navi (]) « quod omnia navigia et galeas armaitas quas reperirent in ilio mari debeant capere et intromittere pro conservatione nostri status et securitate omnium euntium et redeuntium ». La sicurezza dello stato è nel tempo stesso la sola garanzia per tutti coloro — di qualunque nazionalità essi siano — i quali con intendimenti non ostili intendano avvalersi dei benefìci immensi che il mare arreca: la forza armata della Serenissima può sola consentire il contemporaneo raggiungimento delle due finalità e dare allo Stato potenza, a tutti i ben intenzionati tranquillità e ricchezza. E a nulla approdano le lagnanze, variamente ripetute, dei re di Napoli suirimmobilizzazione della propria flotta cagionata dalle squadre del golfo : pronta però Venezia, qualora si fossero levate lamentele per danni patiti, a negare la propria effettiva giurisdizione persili nelle acque territoriali di Primaro (2). Il vincolo alia libertà, dì commercio era nel secolo XIV divenuto talmente gravoso e monopolista che il 18 luglio 1303 il doge non esitava a negare al marchese d’Esto il permesso di transito per le acque venete d’una partita eli grano acquistato all’estero e a lasciar sperare che Venezia avrebbe potuto darne del proprio (3) Militarmente poi, troviamo sul Po una «tansa » veneta, il cui capitano proprio da Ferrara chiede al doge lo stipendio bimestrale dei suoi soldati (4) ; nel 1312 abbiamo il legno di Ferrara, il cui comito era a quanto parrebbe, incaricato fra l’altro di redigere una statistica sul movimento mercantile (5); già nel 1308 infine, in occasione del Poccupazione di Ferrara da parte dei veneto-pontifici, i delegati papali consentono a che Venezia occupi Casteltedaldo, il ponte, la torre e il borgo di S. Marco, e costruisca un forte sul Po alla punta della Stellata od altrove, ed un altro verso Argenta (6). Tutto questo apparalo di forze, parzialmente mantenuto anche dopo l’occupazione (1) Ro. A.o S.o Venezia, Memorie antiche importanti per supplire in parte al vacuo dei Commemoriali, IV, c. 41. (2) « I libri Commemoriali della Repubblica di Venezia », Regesti a cura di Predelli, Venezia, Tip. del Commercio, 1, n. 605 del 5 marzo 1314 e passim. (3) ib., 1, n. 115. (4) ib., 1, -n. 119 : (5) ib., 1. n. 547; (6). ib.. 1, n.ri 3S7 e 394. 50 Attività marinare degli Estensi armata della città da parte dei Veneziani, doveva servire ottimamente al « visdomino » veneto che prima e dopo i fatti del 1308 troviamo in Ferrara in attcx, persino, di disporre atti esecutivi 0) a tutela più o meno legale dell’osservanza^ dei trattati. Nonostante le burrascose vicende, la navigazione sul Po e agli estuari aveva conservato notevole importanza; ne sapeva qualcosa in proposito quel cavalier bresciano Alessandro de' Tangetini il quale, chiamato podestà in Ancona, mentre vi si dirigeva con due giudici, due cavalieri ed altri famigliali, veniva assalito nelle acque venete presso il porto di Volano dalle genti di Azzone d’Este e trascinato prigione a Ferrara rimanendovi sette mesi (2). Ben notava il Pontefice Clemente V, lamentando che il vicario di Re Roberto in Ferrara frapponesse intralci alla navigazione veneta nel so- lo canale pel quale era consentita in forza delF-ultimo trattato, che gran parte delle rendite del ferrarese consistevano appunto nelle tasse sulla navigazione (3). Per quanto la parte maggiore non fosse data da traffico indigeno, pur tuttavia non doveva applicarvisi solo quel Gerardino navigante, di Ferrara, cui il 16 settembre 1337 si accordava privilegio di cittadinanza veneziana per dimora di 15 anni, col divieto di trafficare nel fondaco dei tedeschi se non avrà fatto « gli imprestiti pubblici ». Ormai gli interessi commerciali tra Venezia e Ferrara erano talmente avviati, Ferrara convinta dell'inutilità di reagire alla preponderanza di Venezia, e questa interessata al mantenimento dello « statu quo» nella bassa valle padana, che anche l'assunzione degli Estensi alla signoria — per quanto inevitabilmente destinata a(l imprimere all-azione di governo maggior energìa e coesione di quelle che fosse possibile avere in regimi a base democratica — non poteva destare soverchia j>reoccupazione almeno per lungo decorso di tempo. Qualche screzio inevitabilmente nasce, ma cagionato soprattutto da eccesso di zelo o forse meglio da malanimo degli ufficiali addetti alla sorveglianza dei traffici : cose di tutti i tempi. I marchesi sono ben consci che la floridezza; della citta è conseguenza dei buoni rapporti con la potente vicina, e perciò Nicolò d’Este dispone la-posa di pali di segnalamento occorrenti alla navigazione (anche se i chioggiotti guardando in distanza la scambiano per una « palata » che impedisca; loro l'accesso al porto cui avevano diritto di approdare), assicura ai veneziani libertà di traffico, dichiara che restituirà loro quanto venne indebitamente percetto per diritto di bolletta non potendosi estendere alle venete l’obbligo fatto alle navi uscenti dal ferrarese di munirsi di bolletta (4). La vita procede così (1) ib., 1, n. 597 del 21 gennaio 1314 (2) ib. 1, n. G06 (3) ib., 1, n. 585. (4). «I Libri Coinm. » cit. Ili, n. 479-480. Ferruccio Sassi 51 tranquilla che Venezia non esita a farsi garante del trattato di ami· eizia o alleanza tra, i Carrara e gli Este, che pur lascia a questi ultimi il possesso del Polesine di Rovigo, Lendinara e Badia, e riconosce certi diritti loro sul castello di Vighizzolo, chiave dei possessi estensi di oltre Po (J). E per sicurezza propria, Venezia non esita a difender anche con le armi lo stato-cuscinetto degli Estensi e a far stazionare nel porto di Primaro alquanti navigli a difesa di Aldobrandino III e dei Ferraresi, impedendo così il passaggio del Po agli uomini di Bernabò Visconti in guerra con Mantova e Ferrara per proteggere — come quegli afferma — gli interessi di Francesco III d’Este (2). !Non era del tutto priva d’importanza l’attività privata dei Ferraresi in Venezia. Noto una discreta serie di sequestri disposti dal doge a lor danno nel maggio 1310 (3); un certo numero di richieste di cittadinanza veneziana « prò tempore » (4) ; un Lanzarotto dei Contrarii da Ferrara addirittura cancelliere del capitano generale in Schiavonia (5). Rilevo infine un contratto del 21 luglio 1356 (6) pel quale Bonaguisa falegname e mastro Giunta, abitanti in Ferrara, ricevono a prestito dalla, signoria 1000 ducati d’oro da restituirsi a rate annuali di 150 ducati, e si obbligano a costruire 4 molini sopra sandoni da collocarsi nonostante l’opposizione di chi si sia in luogo a lor scelta del canal di Castello ; della restituzione si fan mallevadori Lorenzo Querini e sei Consiglieri tra i quali un Loredan, un Bragadin, un Venier, un Barbo. Quest’atto trova forse la sua plausibile spiegazione nella riconosciuta abilità dei falegnami e carpentieri ferraresi, i quali, per essere il ferrarese una zona produttrice di grani e uno dei granai veneziani, e quindi dedito all’industria molitoria, dovevano aver acquisita una buona pratica in merito. Sulle relazioni politiche nell’epoca seguente a questa, pochi documenti dei Commemoriali bastano a gettar ampia luce. La forza preponderante di Venezia sul mare attanagliava sempre più in lenta, ma inesorabile stretta, il potere marchionale: soffocato sul mare, nuova e grave « diminutio capitis» lo colpiva nel dicembre 1366 (7) quando, pur di conservare buone le relazioni con la Serenissima militarmente più forte, si vedeva di buon 0 malgrado costretto a consentire che il Visdomino venato sequestrasse nel ferrarese le merci che provenissero da Primaro, Volano, Goro e da ogni altro porto sul mare. Il Visdomino non si presenta più come un semplice in- (1) ib., V., n. 27: 10 gennaio 1354. (2) îb, V. n 115: (3). -ib, 1, n. 432; (4) ib, passim.; (5) ib, V, n. 123. (6). ib, n. 181 e 183. <7). Libri Comm., VII, n. 817. I 52 Attività marinare degli Estensi caricato commerciale ; la sua complessa figura ce lo mostra anche in veste di diplomatico autorizzato (13S5) a prestar giuramento di osservanza dei patti stipulati i1), ed ora «ipso iure» investito di poteri esecutivi ai quali poteva por mano di sua iniziativa senza bisogno di produrne richieste, come per il passato, alle autorità estensi. Siamo in pieno protettorato, dal quale ΓEstense non avrebbe potuto liberarsi se non con una fortunata, energica azione militare. Ma per far ciò, mancava ancora il punto su cui far leva. Non era bastato che nel 13S3 (2) egli comparisse in veste di creditore della Serenissima. Il marchese Nicolò doveva ben conoscere che se, sotto questo aspetto, la sua posizione era privilegiata, non differiva virtualmente da quella di un qualsiasi privato : il dualismo signoria e comune — che vediamo anche più tardi comparire — (3), mostrava che la sua signoria sarebbe stata salda fintantoché egli avesse saputo far coincidere gli interessi suoi privati e personali con quelli generali della cittadinanza. Ma quando, accanto al signore, vediamo intervenire e ratificare alleanze il podestà di Ferrara ed il suo giudice e vicario, o il podestà stesso esercitare la patria potestà come tutore del minorenne marchese Nicolò, la diarchia non ancora composta in superiore unità appare troppo evidente: e induce a credere che i Ferraresi non sarebbero stati troppo inclini a seguire il marchese in una linea di condotta che avrebbe potuto nuocere gravemente i loro interessi economici, non coincidenti con quelli del signore. Pochi anni trascorrono, ed ecco Venezia — forte nella granitica compattezza del suo elemento direttivo — capovolgere rapidamente le posizioni e riprendere, con quella superba tenacia che la distingueva, anche il predominio economico. E’ il debito di 5000 ducati d'oro, che nel 1395 conduce, il marchese a dare in pegno a Venezia il Polesine di Rovigo; nè la breve guerra del 1405 — terminata senza vinti nè vincitori, e, se non voluta, affrontata forse dal giovane marchese con la sua fresca e abituale gagliardia, (della quale, se non erro, non poche prove restano anche nell'organizzazione interna del dominio) — era valsa a scuotere il giogo (4): nel 1407, l'Estense — a mezzo di un suo referendario e consigliere, e di altro procuratore — riconosceva in ben 126000 ducati il suo debito verso la Serenissima (δ). In questo clima politico nasceva la corporazione ferrarese «na-variorum seu galafasiorum». Costituita regolarmente e riconosciuta (1) ib. Vili, n. 211. (2) ib, Vili, n. 152. (3) ib, IX, n. 2 e 92: 3 aprile 1395 e 30 marzo 1398. (4) ih. X. n 16 (5) ib. X. n 61. Ferruccio Sassi 53 dal marchese Nicolò nel 1372, riceveva da questo i primi Capitoli, .assorbiti poi con l’aggiunta di nuovi negli Statuti accordati alla « scuola, arite o collegio » nel 1393 dal marchese Alberto, fratello dej defunto marchese Nicolò (l). La reiterata sanzione da parte dei signoii ed il proemio dei Capitoli del 131)2 bastano a fornirci una chiara idea delia vera essenza giuridica- di questa Corporazione : (( Mandantes quibuscumque rectoribus et officialibus civitate nostre iamdicte... omnia et singula capitula statuta seu ordinamenta... in pi esenti nostro decreto descripta et declarata per nos confirmata et de no\ o concessa debeant inviolabiliter observare et facere observari sub pena amissionis gratie nostre». II principio della vigilanza da parte del potere costituito è affermato con l’attribuire ai rettori ed ufficiali estensi l’uso dei poteri di polizia* e col deferire agli stessi, ad integrazione dell’azione svolta dai massari dell’arte, la competenza a perseguire, chi, estraneo all’ordine od anche, come, vedremo, facendone parte, violasse le norme statutarie. La* Corporazione è dunque anzitutto sfornita di ogni influenza politica, incompatibile con un regime signorile, al quale essa deve soltanto fedeltà. Siamo ben lontani concettualmente, nò poteva essere altrimenti, da un organo paragonabile all’«Ordo» Maris » pisano, vero e proprio organo del potere politico munito di propri poteri giurisdizionali, legislativi ed esecutivi, ed il cui influsso non poteva per contrarie circostanze giungere sino a Ferrara anche se qualche traccia esso aveva lasciato, secondo afferma lo Schaube, negli Stat-uti di Ancona (2). La differenza capitale è quindi funzione esclusivamente della diversa costituzione politica; nè è minimamente concepibile in Ferrara l’esistenza d’uua volontà che possa comunque discordare da quella del signore o sia in contrasto anche soltanto con Pente «Comune», posto che solo il signore ha riconosciuto e conferito alla Corporazione una giuridica personalità che la distingue tanto dalla Signoria quanto dal Comune pur sottoponendola ad entrambi. Più che un organo, è uno strumento politico e fiscale. Altra differenza notiamo in questo, che mentre POrdo Maris, sintetizzato nel Consolato del Mare, viene gradualmente organizzato in modo da sottomettere ai Consoli quanti vivevano del commercio per via acquea, non solo della città e sul mare, ma anche del distretto e sulle acque interne, gli Statuti ferraresi del 1392 ci configurano una Corporazione esclu sivamente cittadina. E’ perciò evidente in questo punto l'influsso di Venezia dove gli Statuti dei calafati e dei carpentieri, riorganizzati dalla Giustizia (poi Giustizia Vecchia) nel 1271, pongono particolari oneri agli ar (1) Ro.Aa.go. Modena — Cancelleria Marchionale * Decreti' e Chirografi : Registro «Nicolai II et Albert* Decreta», 1, 1379-93; da c. 37 v. a c. 40 v. (2) Schaube, Das Consulat dea Meeres in Pisa, Leipzig, Verlag von Dunker e Humblot, 1888, pag. 226. 54 Attività marinare degli Estensi li cri delle due specialità clie, pur essendo sudditi veneziani, non abitassero « in civitate Rivaiti » (1). Dove invece gli Statuti veneziani e ferraresi si differenziano nettamente, è neirattribuz.one delle funzioni spettanti ai dirigenti, oltreché nella delimitazione dei campi materiali di attività, attribuiti ai carpentieri ed ai calafati; campi tenuti in Venezia nettamente separati almeno in linea concettuale, chè nel fatto ciò non era sempre possibile. Carpentieri e calafati sono invece riuniti in Ferrara in unica Corporazione assieme coi marinai, certamente pel loro minor numero, ma anche con maggior praticità. La diversità delle rispettive competenze dei dirigenti risalta anche dalla diversa qualifica : al gastaldo in Venezia, fa riscontro in Ferrara un massaro. Quello gode anche di poteri giurisdizionali e ha potere di conoscere le vertenze per somme sino a 5 lire costituendo con i suoi cinque giudici un tribunale di prima istanza a cui è facoltativo accedere da parte degli iscritti, mentre da giudice d’appello entro i detti limiti, e da primo giudice per somme superiori, funzionano i Giustizieri. Al contrario, in Ferrara il Massaro — la cui durata in carica è limitata ad un anno — non ha attorno a sè dei giudici, o dei consiglieri investiti anche di funzioni giurisdizionali, ma dei semplici consiglieri amministrativi. Il loro numero è rilevante e in ai -monia a quanto viene stabilito per altre civiche cariche, fissato in 10 rinnovabili essi pure annualmente: il loro parere è obbligatorio allorché si tratti di spendere per la scuola o università una somma superiore a 10 soldi ferraresi. Al contrario però del «Masser» delle arti veneziane, investito di funzioni puramente contabili, il massaro ferrarese gode di un potere punitivo disciplinare che in taluni casi diviene addirittura discrezionale. «Et si quis ex confratribus diete scole aliquem confratrem percusserit, et in persona et rebus quod absit offenderit, secundum voluntatem massariorum scole satisfaciat, et emendare nullatenus recuset, quod si facere recusaverit, penam quam massarii sibi dare voluerint, vel bannum sustineat ». Questa discrezionalità, è anche concessa ai massari di nuova nomina allorché, « tempore reddende rationis », risulti comprovato che i massari decaduti non furono diligenti nel perseguire le infrazioni perpetrate dai componenti la scuola, e nel riscuotere le relative pene pecuniarie, alla rubrica vietante di accettare lavori di valore superiore alle 20 lire « bagatinorum ». Secondo lo Statuto, questo dell’essere inquisiti circa l’eventuale mancata riscossione delle pene pecuniarie da applicarsi a sensi dello Statuto medesimo costi- (I) Monticolo-Besta, Gli Statuti delle Arti \eneziane sottoposte alla Giustizia e poi alla Giustizia Vecchia, Fonti per la Storia d’Italia, Roma, Istituto Storico Italiano, II, 1-2. Ferruccio Sassi 55 tuisce imo dei capi più delicati di sindacato, e i massari rispondono di persona, con i beni loro nè più nè meno che se si trattasse di ammanchi di cassa. Per esigere quanto era dovuto alla scuola da parte degli iscritti, i massari dovevano rivolgersi agli agenti marchionali del potere esecutivo. La necessità di perseguire con pene speciali quanti attentassero al mantenimento dell’ordine e al rispetto dovuto al potere costituito si riflette nelle varie disposizioni per le quali la pena applicata dai massari non esclude quella comminata dagli ufficiali estensi in conformità degli Statuti cittadini, ma si innesta in questa colpendo così il riottoso sia come cittadino sia come lavoratore delParte. Così oltre alle pene stabilite nello Statuto della scuola, colui che avrà, dato origine a risse e scandali fuor della scuola stessa dovrà essere assoggettato alle pene degli Statuti cittadini « eidem auferendis per officiales civitatis Ferarie». La posizione dei massari delParte è equij)a-rata agli effetti penali a quella del massaro della città... « si massarii qui tunc fuerint prò tempora preceperint alicui fratrum dicte scole quod debeat ire secum ad colligendum candelas et ad portandum cerrum ad Sanctum Georgium, et non veniret, solvat prò banno duodecim ferarinos. Et ultra solvat penam que aliis imponeretur per eomunitatem Ferarie non obedientibus massario comunitatis ferarie ». Alle pene comuni, oltre che alle particolari, è sottoposto an-c*he chi disturbasse con parole ingiuriose o con fatti le adunanze della Corporazione; alle pene degli Statuti e provvisioni del Comune, oltre che al diritto comune e alla condanna particolare di 100 soldi imperiali vecchi, è sottoposto chi osasse « aliquid dicere tam in scola quam extra, vel arengare vel proponere contra honorem, statum vel dominationem » del marchese e della sua casa. Il principio deirinfrangibilità dei patti statutari viene saldamente riaffermato allorché « ipso iure », ed anche eventualmente contro la volontà stessa dei massari e dell’intero collegio, si inibisce il reingresso nell’arte, se non previa soddisfazione pecuniaria integrale, a chi, punito per aver percosso un confratello, non tenga alcun conto del bando e delle intimazioni (da notificargli in numero di tre) e ricusasse ancora di sottostare alla pena così raddoppiata in seguito ai ripetuti atti di indisciplina. L’influenza veneziana si manifesta chiara ed evidente nelle disposizioni regolanti i rapporti di lavoro tr^ i maestri delParte e di costoro verso chi ordinasse lavori, allo scopo di conservare la maggior possibile armonia e di tutelare con vera e propria azione corporativa i diritti civili dei singoli : in modo speciale vi influisce il 2° capitolo delParte dei Carpentieri. Noto soltanto, a titolo di curiosità storica, una differenza caratteristica nei costumi delle due Corporazioni : mentre in \renezia era prescritto che gli associati accompagnassero alla sepoltura il cadavere dei colleglli defunti presen- 56 Attività marinare degli Estensi ziando alla cerimonia dell’inumazione, in Ferrara invece essi erano tenuti... « ire ad onorandum corpus defuncti usque ad ecclesias et redire cum eredibus et affinibus defuncti ad domum habitationis ipsius ». Severo era, come s'è detto, anche in Ferrara il rendiconto della gestione che i massari scaduti dovevano produrre ai nuovi massari e a una commissione apposita· di tre « boni viri idonei », da eleggersi dall-assemblea assieme ai nuovi massari ed ai consiglieri otto giorni avanti Γuscita di carica dei massari « prò tempore ». Si manifesta in ciò riniluenza delle disposizioni amministrative stabilite in Pisa per r«Ordo Maris», secondo le quali tre «modulatores» «buoni et discreti uomini» delPordine dopo prestato giuramento si riunivano assistiti da un notaio per procedere all'esame della passata gestione '3>. Molto ben regolata appare in Ferrara la tenuta del « giornale » delle entrate e delle spese, al contrario di quanto si verificava in Venezia dove, evidentemente per difetto di precise disposizioni in merito, si sentiva nel 1437 il bisogno di confermare Pobbligo di un quaderno apposito da tenersi dallo scrivano dell'arte dei calafati. E ciò perchè i gastaldi avevano sempre ritenuto di poter toglier con se il quaderno relativo alla loro gestione cosicché i nuovi non sapevano mai a quale norma attenersi per la tenuta dei conti. Per riflesso, alcune disposizioni dello Statuto Ferrarese vengono introdotte nella citata riforma del capitolare dei calafati veneziani del 1437, come quelle concernenti il divieto « nisi necessitas magna immineret » di tirar navigli in terra ferma nei giorni festivi, e, si aggiunge in Venezia, nottetempo. Mentre poi in questa citta si prescrìve ai calafati nel 1437 « de ha ver tutti li ferri che prociede a Parte », sembrerebbe che in Ferrara parte almeno degli arnesi del mestiere appartenesse alla scuola : troviamo infatti che è proibito agli artieri prestare ad alcuno « parolos scole » senza deposito di cauzione. E troviamo anche le curiose disposizioni che fanno obbligo ai forestieri, e a coloro che vogliono apprendere l'arte, di entrare nella Corporazione versando a questa, contemporaneamente ad una tassa d'entrata (rispettivamente di 10 e di 20 soldi imperiali), una libbra di pepe e una «scutillam». Passano gli anni, e la pratica rende evidenti quegli inconvenienti che nel primo ordinamento della scuola non erano stati preveduti : primo fra tutti in ordine di tempo e per gravità, Fimpossibi-lità di conciliare il sistema elettivo col mantenimento d'un rigido sentimento di disciplina negli organizzati, quando a base della Corporazione si poneva in luogo di un superiore ideale un più o meno complicato congegno di pene e di multe. Era evidente che, in tali (1) Schaube, op. cit., Ili, Ferruccio Sassi 57 contingenze, o il massaro applicava rigidamente lo Statuto — e le pene soprattutto pecuniarie non avrebbero fatto difetto — attirandosi gli odi e le antipatie di coloro che erano e sarebbero stati nuovamente di lì a non molto in tutto e per tutto suoi colleghi di lavoro, o egli sorvolava sulle infrazioni commesse (peggio ancora se aleute potevano «filar per occhio » ed altre no per loro stessa natura) con evidente discapito della disciplina e del suo stesso personale prestigio. Sono, sebben in più grave misura, i medesimi inconvenienti manifestatisi in Venezia e, ritengo, presso a poco dovunque l’autorità politica non fosse tempestivamente intervenuta o meglio ancora, noi avesse sin dagli inizi provveduto per indirizzare opportunamente l’attività della Corporazione conciliandola con gli interessi generali. I dieci soldi ferraresi vecchi, che lo Statuto del 1312 comminava a chi ricusasse 1’ufficio di massaro, diventano nel « Decretum Nauta rum » del 23 marzo 1429 del marchese Nicolò, ben dieci ducati d’oro « applicandis scoile et arti prediate » (x). La Corporazione è venuta crescendo d’importanza come rappresentante di interessi economici : F «ars nautarum » ha evidentemente assorbito la precedente e più modesta arte « navariorum seu galafasiorum » ; è un nuovo lustro che l'adorna, in grazia certo della costante cura con la quale il marchese ne ha seguito le vicende e ne ha voluto l'affermazione sino a comprendere in essa tutte le attività che avessero comunque attinenza con la navigazione. Tutte le attività nautiche : non però tutti coloro che a tali attività si dedicavano. E ben lo sapevano quei poveri diavoli che vedevano il. loro nome nelle matricole dell’arte. « Et cum dicti servitore^ vestri substineant onera gravia et in-supportabilia tam pro factis domin. vestre quam pro factis comunitatis Ferrarie, quibus resistere non valent. Et alii non existentes in dicta universitate, et exercentes dictam artem sint absoluti e dictis talibus gravaminibus et iustum non sit quod ipsi consequantur lucrum et commodum quotidie ex ipsa arte, et non incommodum aliquod... » (2). E ciò per una ragione semplicissima : perchè in base al contesto dei decreti signorili costituenti ed organizzanti la Corporazione, i marittimi del distretto ed i forestieri sostenevano « se non posse nec debere astringi ab aliquo ad intrandum in dieta universi-tate.... Et in tali modo de ipsis nautis derident». Nello Statuto fondamentale del 1392 non è fatto cenno di « comandate obbligatorie » da prestarsi per conto dello Stato, come in Venezia : è dunque evidente che i marittimi della Corporazione erano assoggettati al pagamento di imposte reali e personali in dipenden- (1) Ro.Ao.So. Modena, Cancell. e Decr. cit., Registro Xicolai III Epistole et Decreta, see.to IV 1419-1441 a c. 182 v. (2) Ro.Ao.So. Modena, Reg. cit. di STCfcolò III, a c 217 v. : 25 novembre 1431. 58 Attività marinare deoli Estensi za dell’esercizio della loro arte e degli atti della loro industria. Il lamento è riconosciuto giusto dal signore, certamente in consic dazione che dall’obbligatorietà dell’iscrizione nella matricola maggiori proventi sarebbero derivati alla cassa dell’arte e perciò maggior possibilità di contribuzioni verso lo stato — confermandosi 1 obbligo della tassa d'iscrizione in 5 lire marchesine — anche a prescindere dalla forma diplomaticamente abile con la quale la richiesta è presentata. Incorra nella pena di lire 5 marchesine, ogni qualvolta contraddica al decreto che renderà obbligatoria l’appartenenza alla Corporazione « quilibet persona tam terrigena quam forensis, et tam civitatis quam burgensis habitans in civitate vestra Ferrane et ni eius burgis, in dictam artem navium exercitans seu exercitare laciens per se vel alium, qui non sint descripta in eorum universitate » : e vada il provento per metà alla camera marchionale, per l’altra meta alla Corporazione. Per la verità, però, bisogna anche aggiungere che sulla legalità della petizione il marchese aveva ritenuto dover sentire il parere dei giudici costit-uenti ü collegio dei 12 Savi della citta di Ferrara. Nel silenzio dei decreti del 1429 e del 1431 (il primo accenna ai regolamenti del 1° novembre 1409, attualmente irreperibili) si può ritenere seguitasse ad aver pieno vigore il disposto dello Statuto de 1392 che deferiva alla competenza del giudice dei malefìci della città di Ferrara ogni controversia sull'interpretazione dei capitoli « si ve in sententia sive in sillabis vel dictionibus ». * * * Sono note a tutti le vicende in seguito alle quali 1 duchi di Casa d’Este, premuti da settentrione e da mezzogiorno dai maggiori aggruppamenti politici costituiti dalla Serenissima e dallo Stato Pontificio, si videro obbligati ad abbandonare gradualmente le coste adria^iclie ai due più potenti competitori. Premuti dalla parte di Oriente, gli Estensi rivolgono allora vieppiù la loro attenzione \ eiso le zone ad occidente dei loro domini, ed è appunto di questo tempo la prima loro ricomparsa nelle terre lunensi i1) ; costretti ad abbandonare ogni velleità di politica marinara nell’Adriatico, e ristret-ti dopo la guerra di Rovigo ad un. praticamente, nullo controllo della navigazione sul Po. si polarizzano attorno ad una politica di terraferma destinata a rinserrarli nell’interno del continente. E’ forse la necessità intravveduta di un più ampio respiro, che suggerisce 1 primi mal riusciti tentativi di aprirsi il passo verso il Tirreno : il mare deve apparir loro come un ideale irraggiungibile. E soltanto «per spasso», che Giovan Giorgio Seregni, ambasciatore ducale a Milano, comunica alla Cancelleria il 5 luglio 1500 «À Genua (1) cfr. uüa mia monografia, «I primordi del principato massese» in Oiorn. Stor. e Letter. della Liguria, VIo-3. Ferruccio Sassi 59 «ono entrati in porto due navi grosse la una, nominata La LomeUina l'altra Bozola, quali vengono da Levante con tante mercanzie de spe-ciarie cottoni zambeilati... Et me dicto che hanno tanti artillarie suso che bastaria a uno exercito. Et usano artillarie grosse et lunghe, su le caretti non inanello che siino li canoni francesi più grossi» i1). Dettagli costruttivi assai preziosi pur nella loro sche-letricità, e atti a chiarire le norme tattiche regolanti l'impiego di questi mezzi: ma in realtà, come osservava l’ambasciatore, nulPaltro che una semplice curiosità per gli Stati del Duca. Pur tuttavia, anche dopo la perdita di Ferrara, qualche aspirazione doveva essere stata coltivata in segreto, alimentata forse dai-Γalterna vicenda degli avvenimenti che afferrava e trascinava nel vortice delle lotte europee, or con chiara visione degli obbiettivi ed or contro lor voglia, or attori illustri ed or oscure comparse, gli stati italiani. Queste aspirazioni non erano rimaste lettera morta, ma col tempo si erano evidentemente concretate nelle istruzioni scritte o verbali che la Cancelleria Ducale impartiva ai diplomatici, agli agenti, agli informatori estensi sparsi nelle varie capitali italiane ed estere. Nessuna infatti, delle numerose comunicazioni pervenute alla Cancelleria in tempi posteriori, figura inviata « per spasso », ma, e per il loro numero, e per le località di provenienza (Genova, Venezia, Roma, Parigi, Londra, Paesi Bassi, Vienna), e per gli oggetti trattati infine, danno appunto l'impressione di essere frutto di una direttiva superiore. Tengono il primo posto — in ordine cronologico — le notizie d'indole militare e commerciale. Citerò, fra quelle, due avvisi da Livorno del 27 febbraio e del 4 settembre 1G36, nei quali si danno particolari sui vascelli quadri in genere, ed in particolare su una nave del Gran Duca di Toscana di tale tipo inviata nelle acque di Malta e di Palestina (2). Non si dimenticavano naturai. mente le inforinazioni che potevano rivestire speciale interesse per la difesa dello Stato. « Sabbato scorso passò di qua quantità di novelle macchiue ed instrumenti da guerra e tra gTaltri 40 carrette a 4 cavalli con sopravi due barche per cadauna di rame più grande di quelle deiranno passato, e se ne passano in Fiandra, dicendosi che dovranno con l’altre venire per l’assedio di Gant, ò altre vicine Piazze, ove Tacque rendono difficili gl’approcci » (3). Le speciali caratteristiche di quel recente mezzo atto a combattere in bassi fondali e quindi anche in acque interne giustificavano la comunicazione. Nè diversa finalità doveva avere un complesso (1) Ro.So.Ao. Modena ; Cancelleria Ducale, Carteggio degli Ambasciatori : Milano, Se-regni Gio. Qioraio. (2) Ro.Ao.So. Modena, Cancelleria Ducale, Avvisi e notizie dall'Eetero : da Livorno. (3).ib, da Pari2i, 10 maggio 1673. 60 Attività marinare degli estensi di avvisi pervenuti anni avanti da Venezia (L) elie descriveva -una nuova nave inventata dal Nobile Barbarigo e costruita a di lui spese nell’arsenale della Repubblica. Per quanto destinata alle acque di Candia, la nuova costruzione poteva servir di modello per altre di minori dimensioni ed esser fonte di complicazioni anche per l’equilibrio nella valle padana. Se infatti nessuno poteva « penetrare il vero disegno del inventore di macchina così fatta », i competenti ritenevano concordi, e ciò confermava le prime notizie circolanti in proposito, « non possa servir ad altro che a dar scaliate ». Son ho avuto agio di accertare se esisto nell'Archivio di Stato in Venezia qualche notizia relativa alla nave di Barbarigo. Nel dubbio, e trattandosi d’un tentativo degno di rilievo per l'applicazione d’uii sistema di propulsione dato da un sistema di ruote, trascrivo la comunicazione descrivente la nave : « Con l’opera di 20 e più manuali si sollecita diligentemente il lavoro qui del scritto Vassello a proprie spese del Barbarigo, il disegno è molto considerabile, che essendo costruito assai bene in piccolo legno per la prova, che se ne è fatta, si spera che... liabbia a riuscire anche in questa macchina misurata di 30 passi di lunghezza e di 12 di larghezza, in modo che sarà capace di tanta gente da far sbarco di M. huomeni, e di bordo così alto et con ordegni si fatti, che potranno dar scalata anco alle mura, bavera 50 cannoni di bronzo tra grossi e piccoli, 100 liuomini da remo, e verrà aggittata da parecchie ruote le quali saranno maneggiate da altri 100 huomini di servizio, il Direttore sarà un Capitano Provenzale, sì che con gran curiosità si stà aspettando di vederlo perfettionato ». Successivamente si precisa che il vascello « ha 40 remi, maneggiati da huomini, che saranno al coperto, e non saranno veduti ». T/interesse suscitato dalla nuova costruzione, era veramente poco comune; la si attendeva alla prova, anzi alle prove, per valutare i requisiti sia nautici che militari. Ma, proprio all’opposto delle previsioni dei competenti (cosa del resto, conrè noto, non nuova in questo mondo), il vascello nonostante costrutto in legno dolce e carico di macchine dimostrò di solcar « 1 acque quanto ogni altro buon vascello ». di sorpassare tranquillaìnente la sua brava burrasca nei mari dell'Istria, e di poter imbarcare a Pola altri 200 uomini; ma viceversa, di essere « inadatto al servizio pubblico et impotente à quei disegni, e vantaggi, che promettevano li strumenti artificiali de quali fu armato » in Venezia. Fosse proprio questo il motivo, o non piuttosto quello accennato in una comunicazione precedente, che cioè il Barbarigo avesse venduto al generalissimo il vascello dovendo stipendiar troppa gente e temendo di non potere trarre gli sperati vantaggi (era certo fonte di (1) ib, da Venera, 1654, marzo 13, maggio 1 e 29, giugno 19, luglio 24, novembre 13; 1655 gennaio 15. Ferruccio Sassi 61 maggior lucro l’armare in corsa), la line ingloriosa della spedizione doleva aver strappato, a più d’uno, un respiro di sollievo. Miste alle informazioni d’indole militare, v’erano — come s’è detto — quelle d’indole prettamente commerciale, che però potevano talora interessare da vicino per quanto rifletteva gli interessi ed il prestigio. « In Amsterdam sono giunti di Persia due Vascelli con mille balle di sete et altre merci di quel Regno che solevano prima andar in Italia e particolarmente a Venezia » (y). E su di una di esse, come nelle favole orientali, stava un Ambasciatore di quel Re che, a missione esaurita felicemente, offriva tra l’altro « al Principe Henrico Federico di Nassau... un tavolino d'oro massiccio, ,et... 18 perle di valore di mille tiorini runa» oltre a vari altri regali. Scopo della missione era « contralier ramicitia buona corrispondenza e traffico con quelli Siati com'anco l'assenso di poter nel Paese loro smaltire dette merci et levarcine deir altre bisognose per il detto Regno ». E giustamente rilevava l’informatore estense, dimostrando una larghezza di vedute di cui vedremo nel secolo successivo altre prove presso i duchi e i loro consiglieri ed elementi responsabili : « Onde si tiene che questo nuovo commercio pregiudicherà molto a Ili Italiani, perch’essi in vece di mandar merci di Persia, et particolarmente sete, ne Paesi Bassi come facevano saranno costretti a mandare a. pigliarne con molto lor dispendio ; e poco utile, per non dire alcuno ». Noto di proposito questa valutazione di interessi « italiani », come elemento di importanza morale non indifferente in quanto dimostra un superamento di concezioni particolaristiche quale si poteva avere soltanto presso una classe politica colta e non chiusa in un isolamento vegetativo. La noto di proposito perchè anche su questo fattore morale si innesta l’azione svolta dal duca Francesco III, quasi un intimo nesso legasse il frutto delle osservazioni fatte dai padri e i progetti realizzatori ideati — mutate le circostanze -di fatto — dai tardi nepoti. E’ vero che partendo da queste premesse e dall’intima e naturale aspirazione di provvedere ai propri particolari vantaggi, nasceva per logica conseguenza il desiderio di cercare e trovare una larga base sulla quale erigere nuove fortune: e, per un comprensibile processo psicologico, era ben facile concepire la speranza di poter erigersi a nuovo centro tutelatore di questi interessi italiani, e su questa speranza architettare progetti destinati a fallire perchè intempestivi quando non addirittura irrealizzabili. Una certa dose di presunzione e di ambizione doveva costituire realmente un putito debole dell’animo di Francesco III. « L’Abbate di Villeford ebbe a dire ad Amico suo confidente in (1) Ro.Ao.So, Modena — Cancelleria Ducale, Avvisi dall’Estero; da Anversa, 20 febbraio e 3 aprile 1620. 62 Attività marinare degli Estensi Milano, clic il Duca di Modena si allontanò dalla Francia per non esser stato contento del He nel tempo, che egli fu in Pariggi non essendo stato contidenzialmente da esso trattato, ne ammesso alle sue cene, e per essergli stata sospesa la solita pensione. » A questo soggiunge, che « un Prencipe abbenchè non grande deve dar soggezione onde il Duca non poteva pretendere di essere trattato con tanta famigliarità da Sua Maestà » (*). Qui però fa indiscutibilmente capolino una certa consuetudine d-oltr'Alpe, altrettanto dannosa quanto pervicace, di non voler o non saper valutare nella loro reale portata situazioni e cose, e si potrebbe anche dire perciò di non voler o non saper prevedere. Via, Luigi XV esagerava ora nel pretendere che un Principe, « abbenchè non grande », dovesse riverenza tale a una dinastia, quella sia pure che aveva voluto nel trattato di Aquisgrana anteporlo alla stessa Repubblica di Genova (ma era poi tutta benevolenza per ΓEstense?), da perdere per questo sino ogni diritto all’azione. Perchè quella tale pensione era stata tolta al Duca da quando la Corte di Francia — sono sempre parole del Villeford — aveva saputo che « questo dinaro veniva impiegato in oggetti assai vani come quelli, di costruire un porto in una spiaggia, che non è capace, e nella formazione di strade per un commercio, che non si poteva effettuare». Povero Francesco III, intravisto e liquidato attraverso gli occhiali affumicati d’una Pompadour, e vittima d’una politica «del momento » non atta di certo a valutare — fortunatamente per 1Ί-talia — l'importanza del suo piccolo ducato ! E non v’è chi non dubiti come in fondo il motivo per sopprimere la pensione, dati i tempi e le persone, non fosse tanto quello di disapprovare i tentativi di costruire un porto alFAvenza e di raccordarlo convenientemente all·entroterra, quanto quello più volgaruccio di trovare nuovi cespiti da scialare. La comunicazione concernente le dichiarazioni del Villeford, « che nulla tiene del suo » e perciò « viene certamente stipendiato * dalla Corte di Francia », è relativamente tarda, ma assai istruttiva perchè ci rivela completamente i retroscena della faccenda, che si ingranano nel lavorio diplomatico preparante la guerra dei sette anni. Ed è proprio essa che ci rivela la storia dei ripetuti tentativi fatti dal duca per giungere alla realizzazione della sua aspirazione di avere un porto proprio, pel quale svolgere il traffico di importazione e di esportazione al sicuro da ogni aggravio fiscale da parte di esteri stati confinanti. Respinto una prima volta dalla Francia, il Duca aveva tentato di tendere la mano alla Gran Bretagna ; la venuta di due vascelli inglesi alla- spiaggia di Massa gliene aveva porto il destro. Più pratici il) Ro.Ao.So. Modena, Cancelleria Ducale, Avvisi dall'Estero, Milano, 12 Gennaio 1756. Ferruccio Sassi 63 e meno tronfi che non le Ninfe Egerie della Corte francese; in cerea di qualche solida base nel Mediterraneo che consentisse loro di tenere a bada le marine rivali nei mari del sud non ancora assurti all’attuale importanza, ma già in via di netta ripresa sotto Paspetto schiettamente politico, gli Inglesi non respingevano senz’altro il progetto del Duca pur non dissimulandosi le difficoltà dell’impresa. « E’ partito l’altro ieri — dice una comunicazione da Londra del 13 jnarzo 1755 0) — il Signor Venturini; quegli che nelPanno scorso era stato qui spedito dal Duca di Modena con l’oggetto di attirare a sè, per mezzo delli di lui maneggi il Comercio di questa Statione in preferenza degli altri porti d’Italia, sull’idea da tanto tempo coltivata di formarne uno à Massa; conoscendo egli forse, che l’indole degli affari così politici, che di comercio, che presentemente tiene, con questa Corte, non possa richiedere di trattenere qui una seconda figura, oltre à quella dell’ordinario Suo Ministro ». Su questo punto però l’informazione non era esatta, e vi sarebbe stato di che gettare il discredito sull’informatore inglese che diffondeva tali notizie... a meno che non si trattasse d’una bugia diplomatica fabbricata e buttata là per stornare ogni sospetto nelle corti continentali direttamente interessate alle vicende italiane. Ma, se questo era lo scopo, non poteva certo dirsi riuscito. Da oltre tre settimane era già stata segnalata la presenza in Milano (2) dell’ingegnere inglese Oskenden « spedito dal Re Brittanico secondo Pietanze fattegli dal Duca di Modena per prendere in esame la spiaggia di Lavenza, e vedere se si possa colà formare l’ideato porto. Fu l’ingegnere medesimo in replicate conferenze con Sua Altezza, e partirà egli ben presto per Massa, onde fare le più accurate osservazioni ; e suggerire in seguito al e fjna delle due parti non avesse lasciato all’altra maggior libertà d azione nelle spinose questioni italiane. Ed ecco Francesco III divenuto nuli altro che una pedina nel gioco franco-austriaco ; non quindi che « il Gabinetto di Yersaglia» tenesse ad ogni costo, in se e per sè, a contare il Duca d'Este tra i suoi aderenti e per questo scopo facesse si « che l'abbate di Villeford si trattenesse in Milano, e quasi tutti li giorni fosse con Sua Altezza^, e si fermasse a pranzo ». Era la parte che si sentiva più minacciata, che voleva tutt’al più compiere un onorato ripiegamento se indispensabile — effettuando sulla via delle diretti\e secolari della propria politica la minima ritirata possibile. E la rinunzia si appalesava tuttavia necessaria. Il 17 febbraio 1756 si comunicava da Menna alla Cancelleria· Ducale che era stato rilevato il motivo della venuta del solito Venturini. Il progetto che egli doveva sottoporre all’esame dell’imperatrice era completo in tutte le sue parti. Il porto doveva essere costruito nella zona tra le foci della Magra e del « Lavenza » in guisa che potessero attraccarvi per effettuare con sicurezza lo scarico « li bastimenti di mediochre grandezza ». Da notare che il porto avrebbe dovuto compiere esclusivamente attività importatrice. Dal porto, a mezzo di muli, le mercanzie e gli effetti avrebbero pre^o la 'na di Massa. Castelnuovo di Garfagnana, S. Pellegrino, Fiorino e Sassuolo, dove la mulattiera si sarebbe innestata nelle carrozzabili per Modena, per Peggio e per le altre plaghe del ducato. Ma le intenzioni del duca vanno ben oltre, e mirano a sottrarre, a favore del nuovo porto, buona parte dell’entroterra di Livorno e di Genova imponendo minime tasse sulla navigazione e sul commercio, specialmente sulle pannine, sul ferro, sullo stagno e Ferruccio Sassi 65 su altri prodotti e manufatti di prima necessità, sì clie tanto i commercianti dell’Italia centrale quanto i commercianti e gli armatori d'Austria, d'Inghilterra e d'olanda — che alimentavano la maggior parte del traffico nel Tirreno — fossero allettati a frequentare il nuovo porto. Anzi il Venturini doveva sin d'allora trattare per instaurare un regolare commercio fra Trieste e l’Avenza. Dal lato politico si può rilevare che l’eventualità d’un urto fra Vienna e Londra non era ancora in quel tempo minimamente sospettata dal Duca, cui doveva essere sfuggito il lavorio di preparazione dell'alleanza franco austriaca — stipulata nel maggio dello stesso anno a Versailles. Neanche a Vienna mancava chi, essendo pratico della località, dubitava della buona riuscita del disegno « per esser troppo estese e continue le spiaggie sabinosa, e per l’impeto con il quale la Magra sboca in mare». Interessante, dall'aspetto ideila geografìa locale, questo particolare che mostrerebbe come ancora alla metà del secolo 18° non si fossero formate quelle barene che oggi raffrenano il deflusso dell’acqua alla foce, e come l’interrimento sia andato crescendo in progressione geometrica. Ma senza dubbio il Duca sperava di poter felicemente superare le difficoltà tecniche, e doveva confortarlo in quest’idea la notizia pervenutagli del favorevole esito dell’invenzione dell’architetto Melchiorri, impiegata nella costruzione del nuo vo braccio del porto di Ancona e consistente nel calare in mare, fra palizzate, sacelli ripieni di breccia (*). Comunque fosse, l’accoglienza migliore era diplomaticamente riservata al Venturini. Inteso dal Conte Cristiani, venne dal medesimo accompagnato all'imperatrice ; «e le raccomandazioni di un tanto accreditato Ministro sono sempre da Sua Maestà accolte, e d'ordinario secondate; ...ed in relazione di ciò consta che il Conte Rodolfo Chodek mediti il modo di dare effetto alla favorevole disposizione di Sua Maestà». Lo scoppio della conflagrazione era ormai imminente, e le ri-percussioni del conflitto non potevano non influire sulle possibilità anche economiche di esecuzione del progetto. Il sogno di Francesco III svaniva col trascorrer degli anni, mentre a rendere più acuto il disappunto del vecchio duca pervenivano alla Cancelleria le notizie sulla fervida attività della Curia Romana nel campo della navigazione fluviale e marittima (2). (1) Ro.Ao.So. Modena, Cancell. Due. Avvisi daH’Kstero, Roma, 27 ottobre 1755. (2) Ro.Ao.So. Modena, Cancell. Due. Avvisi dall'Kstero, Roma, 3 ottobre 1772, 19 giugno 1776; 10 aprile 1779. Per la storia delle comunicazioni fra la costa tirrenica e gli Stati Modenesi, le condizioni della costa massese-carrarina, e il trasporto del sale tra Massa e il Modenese nel sec. XVIII v. G. Micheli, La strada da Parma al Golfo della Spezia, Parma, Bodoniana, 1930, pagg. 16-20, e M. Giuliani, Avventura di emigrati francesi in Lunigiana nel 1714, ib. -Cfr. anche per le comunicazioni tra Modena e Garfagnana nel sec. XIX, Monti U., Il Duca Francesco V in Civago, ib. 66 Attività marinare degli Estensi ■* * * Passano gli anni e giungiamo così al 1841, nel qual anno una domanda assolutamente nuova ed inattesa giungeva ad aprire all’attività degli Estensi un campo sino ad allora intentato : ed anche, se vogliamo, a porre in un bel l'impiccio i burocrati ducali. Da Carrara, Domenico Andrea Fabbricotti, che con criteri economici unitari amava conglobale nell’industria principale — la marmifera — anche tutte le industrie sussidiarie che potevano giovare allo s\iluppo di quella, chiedeva di poter inalberare il tricolore del ducato su di un suo bastimento recentejnente costrutto alla spiaggia delPAvenza i1). E ancorché un chirografo del Duca Francesco, del 20 settembre 1841, asseveri : « La circostanza di essere già altre volte stata conosciuta, e riconosciuta nei diversi Porti di Europa una bandiera mercantile degli Stati di Massa e Carrara, e stata concessa anche di nostra Madre come Sovrana di questi Stati fa sì che... ci determiniamo ad accordare., la bandiera nostra degli Stati di Massa e Carrara... riservandoci di emanar anche all’occorrenza la relativa Patente.. », tuttavia dal complesso della « pratica » evidente risulta l’inesperienza e Pincertezza propria di chi, abituato a percorrere da anni 1 identico e metodico « curriculum vitae », si trova per la prima volta alle prese con un problema di nuovo genere. Problema che per sua intima natura richiedeva di esser trattato con somma delicatezza: tutto infatti era da farsi in questo campo, ed il gettar le basi per la creazione di una marina mercantile — per quanto limitato sia lo sviluppo costiero e modesto il tonnellaggio anche in base alle previsioni più rosee — non è stata mai impresa da poco nè fattibile con un’improvvisazione per quanto felice. Fra i vari quesiti, quello che si presentava di più facile risoluzione era proprio la costituzione dei quadri degli elementi dirigenti responsabili, al contrario di quanto suole naturalmente accadere ogni qualvolta si debba procedere alla formazione di una classe direttiva capace di fondare e di mantenere una tradizione, un indirizzo spirituale. Non era prevedibile un deciso, immediato sviluppo del nuovo organismo, tale da richiedere l’opera di personale specializzato. Come già a suo tempo nelle contigue marinerie lucchese e toscana, la burocrazia statale organizzata all’austriaca poteva trovare in sè stessa gli elementi cui affidare per ragioni di affinità e d’opportunità contingente il nuovo seme. Mentre la pratica di affari internazionali iudicava senz’altro il dicastero degli Affari Esteri, come il più idoneo per tutelare gli interessi della marina, la stessa limitata estensione delle coste — per cui più facile era il cogliere e regolare la manifestazioni locali, fossero esse usanze e consuetudini indigene, fossero invece imporrate nella gente del sito dal contatto con le analoghe e (1) Ro.Ao.So. Modena, Arch. Ducale, Ministero degli Affari Esteri, Titolo 16, Rubrica 1, Fascicolo 2. 67 più progredite istituzioni degli Stati finitimi rendeva palesi i benefici che sarebbero potuti derivare da.ll'accentramento delle funzioni esecutive mille mani del rappresentante il potere centrale. E questo non poteva essere che il Governatore dei Ducati di Massa, Carrara e della Lunigiana. Le basi deli organizzazione risentono evidentemente, oltreché -delle condizioni locali, anche delle influenze, sia pur indirette, delle marinerie toscane, alle quali, certo più che alla piemontese, e ciò per ragioni politiche, si rivolgeva l'attenzione del Duca. « ...ed avendo la R.A.S. in pari tempo prescritto che circa al modo di accordare al Fabbricotti (ed a chi si presentasse in seguito con eguale richiesta) la relativa Patente di Bandiera o Passaporto di mare, debbono seguirsi le pratiche in uso presso il Governo Toscano, credo di soddisfare a parte del mio dovere col rimettere a Y. S. a schiarimento delle pratiche istesse copia d’una lettera particolare ottenuta dairincaricato provvisorio dell’Agenzia Estense in Livorno non che 1’ originale modulo di Patente -che il medesimo mi ha trasmesso». Così il governatore al Ministro per gli Affari Esteri, Marchese Giuseppe Molza, nella sua citata lettera del 2G ottobre 1841. Le pratiche seguite in Toscana consistevano nell’inoltrare a S. E. il Governatore di Livorno una domanda corredata dei seguenti documenti : « 1° della fede di nascita o di sudditanza almeno da 10 anni; 2° Certificato di specchietto rilasciato dalla Cancelleria Criminale; 3° Idem di onestà, buona morale, rilasciato dal Commissario di Polizia ; 4° Certificato di capacità per Parte nautica firmato da 4 o 5 Capitani di Bastimento, e almeno due che ci ha viaggiato, e navigato (sic) ; 5° Contratto della proprietà del Bastimento se è nuovo, o da chi è stato comprato, o se appartiene al Capitano, o Particolare ». Questi requisiti rispondevano già del resto in linea di massima alle direttive personalmente impartite dal Duca- con suo chirografo fi ottobre stesso anno, col quale si disponeva, in attesa degli ulteriori chiarimenti, che la bandiera potrà essere concessa « se quelli che ricorsero per avere tali patenti sono sudditi nostri, e che non abbiano eccezione pei· pensare politico e che siano persone oneste e che abbiano mezzi ». L’eccezione per pensare politico non si può dire non fosse previdente: e, dal punto di vista dell’estense, necessaria. E, poiché si innesta in un episodio del nostro Risorgimento, e precisamente alPin-felice tentativo dei mazziniani presso le foci della Magra nel 1856, ricorderò il fatto del Capitano Modesto Menconi di Avenza sorpreso l’8 luglio dalla «forza Piemontese» in Luni, località Cantinole, «ove trovavasi assembrato in grande numero di male intenzionati pel de- 68 Attività marinare deoli Estensi nunziato oggetto di promuovere una sommossa contro il legittimo regime ». Tradotto a Sarzana e riconosciuto per cittadino estense, veniva estradato e compariva innanzi alla R. Militare Commissione ili Massa, sedente in permanenza se il 10 stesso mese il Menconi ne veniva assolto per insufficienza di prove. L'assoluzione sia pure imperfetta*, procurava al capitano la restituzione della patente ritiratagli in seguito all’arresto (*). I requisiti richiesti in Toscana portavano palesi influenze della situazione politica miste a traccie della legislazione medioevale delle città marinare; notevole fra queste ultime, quel requisito della sudditanza per un periodo non inferiore ai 10 anni, durante i quali la attività di colui che assumeva temporaneamente cittadinanza nuova subiva limitazioni ed impedimenti (2). Nè erano spenti i ricordi di situazioni politico-militari veramente critiche, ben note ai gloriosi Cavalieri di Santo Stefano : uno speciale « riscontrino » segnato in calce alla patente serviva a garantire il bastimento da ogni molestia turchesca. «Questa marina la seguiva tuttavia» commenta ΓIncaricato d’affari del Duca in Livorno «benché 11011 ve ne sia più il bisogno». La patente rilasciata dal Ministero degli affari Esteri, Direzione deH'I. e R. Dipartimento di Guerra, veniva registrata presso PI. e R. Uffizio di Marina Mercantile retto da un Ministro con sede in Livorno, e in line consegnata all’interessato che doveva curarvi Papposizioni del visto del Colonnello comandante del porto. Su questa falsariga sono condotte le pratiche anche nel ducato esteuse. Ma a questo punto insorgono le vere difficoltà. Per quanto, come il Duca aveva ricordato, qualche nave avesse in passato inalberato bandiera estense, non v’ha dubbio che dovesse trattarsi di casi sporadici, senza seguito: mancava insomma una tradizione marinara estense. Ciò portava di conseg-uenza che i pur numerosi marittimi della costa erano stati assorbiti dalle marine vicine : bisognava quindi richiamare in certo qual modo questi «sudditi » che ora prestavano servizio per altri stati ed in vantaggio naturalmente dell’economia straniera. E con le persone bisognava richiamare i navigli, quel potente fattore della prosperità commerciale, che allora era assorbito dai vicini pur servendo all’espansione delPindustria marmifera delle Apuane. Ben 380 erano i velieri sardi e lucchesi che, secondo le statistiche in possesso dell’Agente Estense in Genova, toccavano nel 1842 il litorale estense, addetti appunto in modo speciale al traffico dei marmi (3). E quand’anche si .ammetta che il tonnellaggio di questi navigli fosse modesto, è innegabile che il (1) Ro.Ao.So. Modena, Arch. Gen. Minist. Aff. Esteri, Tit. 16, Rubrica 1, Fase. 1. (2) Cfr. ad es. i Libri Commemoriali cit., passim. (3) Ro.Ao.So. Modena, Arch. cit, ad annum, Titolo 16, Rubr. 1. Fase. 1. Ferruccio Sassi 69 movimento commerciale non fosse del tutto indifferente e capace anzi di alimentare una viva corrente d’interessi, che sarebbe stato opportuno .attrarre nell’orbita « nazionale ». Per un pezzo ancora, se pur non fosse provvidenzialmente intervenuto il '59, la direttiva delsDuca di provvedere di equipaggi nazionali le navi estensi avrebbe dovuto rimanere lettera morta. Ed egli stesso « avendo considerato che è così ristretta la Marina Estense da non potersi esigere che tutto l’equipaggio dei bastimenti sia composto di nazionali, lia risoluto di conceder la Bandiera Estense al Fabbricotti con che almeno la metà dell’equipaggio sia composto dei Nazionali e vi sia un Capitano di Bandiera per Nazionale» (*). Ma neppure questa ridotta pretesa poteva agli inizi trovare applicazione. La mancanza di scuole atte a formare l’animo e la mente di una classe dirigente marinara faceva pesare i suoi effetti perniciosi sulla stessa marineria toscana, tanto che — come si è visto — il comando era concesso a chi comprovasse di avere acquisito una certa pratica di navigazione a prescindere da ogni considerazione sul livello culturale ed intellettuale degli aspiranti. Sulle coste estensi, per i motivi suesposti, le .cose andavano naturalmente anche peggio. Era indispensabile rinunziare al principio di sudditanza, ed accettare soltanto ed unicamente il principio dell’incolato od altro praticamente equipollente se pure di ancora minor valore giuridico. Nel caso dell’istanza Fabbricotti, il Duca dovrà infine contentarsi giuoco-for/, i d’un capitano che, per essere da molti anni al servizio dell’industriale carrarino pur essendo nativo di Viareggio, « potrebbe in certo modo aver diritto all’incoiato nei Dominij di S.A.R. ». 11 ragionamento poteva filare sino ad 'un certo punto, in quanto quel capitano era munito di patente della marina lucchese; ma non rimaneva da far altro che ritirare questo documento sostituendolo con altro similare e disporre il cambio delle matricole sue e dei suoi quattro marinai viareggini di bordo con altrettante ducali in modo da ini ziare finalmente il ruolo dei marittimi di bandiera estense. Reputavasi dunque il conseguimento della matricola — per altro lato vera e propria carta personale di riconoscimento — capace di produrre effetti giuridici di notevole rilievo, quali la perdita della nazionalità originaria, o anche solo precedente, e l’acquisto d’una nuova : nè più nè meno che, per le navi, il cambio di bandiera. Fissati dunque i capisaldi dell’azione da svolgere nei confronti del personale ; data una prima e sommaria organizzazione agli uffici U) ib. in minuta del Ministro Molza al Governatore di Massa del 3 nov. 1841. 70 Attività marinare deoli Estensi a terra (*). occorreva allargare le visuali, e, pur non trascurando i dettagli minimi di organizzazione, impostare le basi per una buona e lungimirante politica commerciale e marinara. E’ intuitivo che in questo campo l’azione del Governatore di Massa sarebbe stata di per se insudiciente ; indubbiamente esperto nelPorganizzazione di uffici a terra, nelPimpianto di quella macchina burocratica che deve assicurare la continuità della vita politica di qualsiasi organizzazione statale (se e quanto essa risponda alle esigenze del suo tempo è altra cosa), nella determinazione dei rapporti e delle competenze, il Governatore non poteva, almeno in un primo momento, essere al corrente delPandamento dei mercati nè quindi suggerire l’adozione delle misure indispensabili a proteggere e favorire lo sviluppo delle industrie e dei traffici marittimi. L'opera del Governatore doveva perciò essere integrata da quella degli agenti consolari che il Governo ducale teneva dislocate nelle piti importanti città marinare d’Italia e delle potenze continentali, servendosi talora di personale proprio, tal’altra — secondo le esigenze politiche del momento, aggravate dai trattati di unione doganale — appoggiando la propria agenzia al consolato d’Austria. Ad aprire la via doveva essere di bel nuovo il Fabbricotti, il quale, intrapresa la navigazione col suo navicello, aveva dovuto subire tanto a La Spezia quanto nei porti toscani e pontifici aggravi doganali les surtaxes de pavillon del Colbert) i quali invece non erano stati imposti sui navigli di altri Stati. Contro quelPapparente ingiustizia, protestava il Fabbricotti richiedendo parità di trattamento: parità che per altro non era possibile ottenere se non previe trattative diplomatiche. L’inchiesta subito disposta dal governo ducale chiariva infarti la necessità di stipulare trattati di commercio e di navigazione, non soltanto con gli Stati che più o meno sfuggivano (1) A titolo d-i curiosità trascrivo il testo integrale della patente concessa al Fabbricotti : Dal R. Ministero degli Affari Esteri di S. A. R. Francesco Quarto, Arciduca d'Austria, Principe Reale d'Ungheria e di Boemia. Duca di Modena, Reggo, Mirandola, Massa, Carrara, ecc. : In adempimento alle Sovrane Risoluzioni contenute nel R. Chirografo del 6 ottobre 1841 si permette che il Padrone Saverto Cardinal; nato a Viarergio ora, Suddito della prelodata A.S.R. possa comandare la Goletta denominata Latina della lunghezza «li piedi 60,3/ e larghezza di piedi 18, e profondità di Diedi 6,*/« e della portata di Tonnellate 73.81 /100, armato di .... e con uomini, compreso il detto Padrone, e che pos^a navigare con la Bandiera Estense in trasporto d'ogni genere di mercanzie, e per passeggeri, constatando che la suddetta goletta appartiene per proprietà al Suddito Estense Domenico \ridrea Fabbricotti di Carrara; con obbligo di uniformarsi alle Leggi, ed ai Regolamenti Estensi. Quindi si incaricano le Autorità Civili, e Militari di questi Stati, e si pregano quelle delle Potenze amiche di prestare aiuto, o proUzone in caso di bisogno al suddetto Padrone Saverio Cardinali senza fargli soffrire ritardo, od impedimento alcuno. Dato in Modena il giorno 15 novembre IMI. Vale per un anno. L. S. IL MINISTRO Ferruccio Sassi 71 al controllo politico dell'Austria (il Piemonte, ad es.,) ma anche con gli Stati aggirantisi col ducato nel sistema creato dal potente ini pero absburgico. I maggiori oneri cui avrebbero dovuto sottostare i navigli estensi o avrebbero infatti necessariamente provocato un aumento dei noli, ovvero si sarebbero direttamente ripercossi suil’anda-mento dell’azienda degli armatori esercitanti la navigazione in prò prio. dell'un caso e nell’altro l’iniziativa di svincolare dalla soggezione, per cosi dire, straniera quest'importante branca dell'attività economica sarebbe stata destinata a sicuro insuccesso. Notevole per la tendenza spiccatamente protezionista l'esposto dell’Agente Estense in Genova, del 13 ottobre 1842 (x), che mirava a raggiungere Pintento non tanto per mezzo di accordi intesi a raddolcire l’asprezza delle tariffe applicate sulle navi estensi, quanto piuttosto elevando le tariffe estensi alla stessa altezza di quelle applicate alPestero sulle navi ducali. Intimo, egli notava, è il gettito delle dogane in rela zioue al numero dei bastimenti sardi e lucchesi che in numero di 3S0 toccano in inedia annualmente il litorale estense: mentre allo Stato è indispensabile il. possesso d’una forte scorta mobiliare prodotta dalle tasse sulla navigazione, per potere con le stesse armi altrui sia rimborsare i capitani dei navigli estensi delle tasse pagate alPestero e compensarli così delle maggiori spese d’esercizio ponendoli in grado di sostenere pratici!mente la concorrenza sarda, lucchese, toscana, sia costituire dei premi, a favore di quegli armatori che‘facessero costruire bastimenti sulle coste estensi. Indubbiamente lo stato nulla avrebbe perso rinunziando ai modestissimi introiti doga nali — percetti ancora in quelPepoca, a quanto sembrerebbe, in base a un Editto di Maria Beatrice del 7 - 12 - 1816 sui diritti di patente e di ancoraggio — in quanto avrebbe ampiamente potuto rifarsi nelle tassazioni mobiliari sugli armatori, sui costruttori, sugli esercenti le « industrie sussidiarie e minori » che non avrebbero mancato di tener dietro alla principale industria costruttiva. L'economia generale poi ne avrebbe tratto grandi vantaggi : e il protezionismo, volgendosi dalla navigazione alle industrie connessevi, dopo che fossero stati richiamati sul litorale del ducato gli interessi emigratine, avrebbe dovuto spingersi ni punto di non accordare la bandiera se non ai navigli costruiti sulle coste estensi. La proposta presentava aspetti degni di considerazione, ma urtava evidentemente contro difficoltà di ordine politico che un semplice agente consolare non poteva forse compiutamente apprezzare. L'esame della situazione induceva perciò il Ministero degli Esteri a favorire piuttosto la politica della reciprocità di trattamento. Ha così vita un relativamente denso carteggio clie, iniziatosi nell<> (1) Questa, come le altre rarte che rilettone la questione, trovansi nell’Arch. cit, M.o Affari Eateri, ad annuin, Titolo 10, Rubrica 1, Fase. 1. Attività marinare deoli estensi «tesso anno 1842, conduceva alla stipulazione di convenzioni varie con gli gtati Sardi (2 gennaio .1843), con Lucca (15 febbraio 1843), con lo Stato Pontificio (li)' Aprile 1845), con il Granducato di Toscana per il caso di approdo dovuto a forza maggiore (30 luglio 1845), col Governo delle due Sicilie (31 dicembre 1856). Diamo un breve cenno delle clausole di quest’ultimo trattato, « novella prova » — a quanto scrive al Ministro il Delegato Provinciale di Massa succeduto dopo l'intermezzo della prima guerra d'indipendenza al Governatore Ducale — «dell'interessamento che nutre l'E. V. allo sviluppo della piccola marina mercantile del Nostro Stato ». La parità non era completa, essendo riservata alla marina borbonica il diritto di esercitare il traffico di cabotaggio e la pesca lungo le coste del regno. Ma il principio si affermava nella sancita parità delle imposizioni doganali sulle merci in entrata od in uscita, e nell'eguaglianza di trattamento nelle tariffe di ancoraggio, di pilotaggio, di fanalaggio, di quarantena. Le convenzioni impongono l'obbligo del reciproco aiuto ed assistenza in caso di naufragio, e determinano a favore delPar-matore e del commerciante, costretti per l'infortunio subito a vendere carico e nave, il diritto privilegiato a riscattare i beni entro il termine d'nn anno previo pagamento d'un diritto di ricupero. E’ previsto anche il caso di approdo forzato ; ma in tale contingenza permane il divieto di commercio, ed è solo consentito disfarsi di una parte del carico, osservando le leggi e le tariffe locali, per supplire alle spese necessarie per riassettare il naviglio. In ogni modo il permesso di permanenza nel porto è ristretto al minimo i1). Questo trattato, come anche quello stipulato il 14 giugno 1855 con il Governo Toscano, doveva restare in vigore (per fortuna d’Ita lia non ve ne fu bisogno) per 10 anni, e, trascorsi questi senza che Puna o l'altra delle due parti ne avesse chiesto la rinnovazione, per altri 12 mesi. Le trattative con il Governo Granducale si erano svolte dunque in due tempi, nel primo dei quali i risultati ottenuti dall’E&tense erano stati molto modesti. Firenze non doveva vedere con occhio benevolo l'iniziativa concorrente, che avrebbe potuto intaccare la con siste η za della marina toscana e portare qualche attacco alla fiori dezza del porto liburnico. Ma i risultati ottenuti dalla nascente marina estense, e specialmente Popportunità di un mutuo accordo per non creare malcontenti tra la gente di mare abituata da lunghissimo tempo a contrarre rapporti con i colleghi a ventini, dovevano necessariamente provocare la revisione della linea di condotta dapprima segnila. The proprio quest'ultimo fosse il motivo principale dell’av-venuto mutamento, lo dimostra il fatto che il trattato del *55 concluso dopo circa un anno di trattative (2) e pubblicato nel Monitore (1) Arch. e 1. cit. ad annurn. Tit. 16, Hubr. 1. Faec. 1. (T). Arch. e 1. ctt, 1854, Tit. 16. Rubr. 1, FUfi. 6. 73 Toscano del 19 giugno di quell'anno, decretava parità di trattamento anche per il cabotaggio e libertà di pesca anche nelle acque territoriali purché oltre un raggio di 50 metri dalle foci dei fiumi, dei rivi, (lei torrenti. La politica delle convenzioni dava ben presto i suoi frutti, e ce lo attesta PAgente Estense in Genova con lettera del 28 aprile 181(> (x) nella quale rileva la sproporzione tra l’esiguo numero dei marinai u nazionali » e lo sviluppo sempre maggiore del naviglio mercantile di bandiera ducale, e nota che quest’incremento è dovuto alPassorbi mento di parte del naviglio sardo, che, cambiando bandiera, è meno gravato di oneri fiscali pur seguitando a godere i vantaggi derivanti dalla reciprocità di trattamento, oltreché per le migliori condizioni fatte alle navi estensi nei casi di approdo forzoso : certamente per effetto dei trattati. L'Agente ducale calcolava in oltre 200 franchi l’economia annua effettuata col cambio di bandiera. Superfluo è il rilevare che però, se non si fosse trovato il modo di dare forte impulso alle costruzioni, l’aumento del naviglio, del tonnellaggio, e quindi del traffico non sarebbe stato altro se non lampo fugace, effetto di particolari condizioni del momento soggette a mutare per un indirizzo più avveduto della politica marinara del regno sardo. Comunque tutte queste osservazioni erano la naturai conseguenza dell·importanza giustamente riconosciuta e legalmente attribuita alle Agenzie d’affari all’Estero da parte del governo ducale: e a sua volta 1^ studio delle varie situazioni, anche in relazione alle marine concorrenti, portava i rappresentanti ad avanzare proposte, spesso saggie, per eliminare inconvenienti, apportare miglioramenti etc. Per comprendere esattamente nella sua precisa portata il vaio re del'e asserzioni delP Agente in Genova, non abbiamo che a riferirci alla « Tabella dei diritti che gli Agenti Estensi stabiliti nei porti Esteri potranno riscuotere dai legni portanti Bandiera Estense», tdnella datata 27 febbraio 1843, a firma del Conte Molza, Incaricato del Ministero degli Affari Esteri del Ducato (2). Da essa traspare realmente un senso di modicità non comune a quei tempi. Così, ad esempio, resta esclusa l’esazione di ogni diritto quando l’approdo avvenga in seguito ad avarie, o per « fortuna di marei), o per altra forza maggiore, a condizione beninteso che il legno non effettui operazioni commerciali. Non sono considerate tali l’imbarco e lo sbarco di generi alimentari o di quanto occorre per riporre il naviglio in grado di riprendere il inare; e se per operazioni dipendenti dai fatti succitati le Agenzie dovessero spender somme in favore dei sudditi, esse dovranno limitarsi ad esigere il puro rimborso. Il visto ai passaporti dei marinai poveri deve essere grafi) Ih, ari aniuim, Tlt. 16, Rubr. 1. Fascicolo 4. (2) All. all’Arcb. del 1857, Tlt. 10, Ruhr. 1, Fa.cc. 5, assieme alla pratica concernente il progetto di un Regolamento per la Marina Mercantile Estense. 74 Attività marinare degli Estensi tuito. E così pure sono gratuiti gli atti redatti dall-Agenzia in casi di naufragio e quelli destinati ad assumere le prove di «fortuna in mare », evidentemente quali atti preparatori del conseguente giudizio di ripartizione dei danni e in genere per la realizzazione dei rapporti nàscenti dal fatto giuridico (naufragio, getto, avaria e contribuzione etcì. Ma l’esame della tabella è importante anche perchè ci conduce a riunire {sistematicamente le competenze degli Agenti, mostrando insieme il grado di sviluppo giuridico dell’istituto consolare già raggiunto in quel tempo anche presso gli Stati minori, e il livello cui era stata in breve tempo portata l’organizzazione della neonata marineria estense. Abbiamo còsi le competenze d indole amministrativa, quali l’ammissione a libera pratica e la spedizione dei legni, i visti ai passaporti, le verifiche al ruolo dell’equipaggio (vedremo in seguito come ciò desse modo di scoprire numerose infralì-zioni), l’autenticazione e la legalizzazione dei libri di bordo e di ogni altro atto pertinente alla navigazione, e il rilascio di certificati sullo stesso oggetto; la stesura di ricorsi o suppliche per conto di gente di mare o passeggeri estensi. La competenza giudiziaria è pure preveduta, per quei casi in cui, vertendo contestazioni, le parti si rivolgono per un compromesso alle Agenzie. E a queste è inoltre attribuita una larga competenza in materia civile, commerciale e procedurale con la facoltà di redigere, o prestare la propria mediazione per la stipulazione di contratti di società di noleggio, e di qualsiasi altro genere attinenti al commercio e alla navigazione, con l’assistenza a qualsivoglia atto esecutivo come il sequestro, l’incanto, il protesto, la formazione deirinventario, etc. A più diretta ingerenza nell’andamento stesso della navigazione portava l’atto di sostituzione, da redigersi dall'Agenzia, d’un capitano venuto a morte con altro in grado di esercitare dette funzioni : in questo specifico caso venivano attribuite alle Agenzie gli stessi poteri conferiti al Governatore Delegato di Massa, in quanto l’atto di sostituzione importava necessariamente un preventivo esame di. valutazione per accertare la presenza dei requisiti generali richiesti dal governo ducale per accordare il comando 0). (1) A titolo di curiosità storica, trascrivo le voci della tariffa r nviando per i casi speciali di esenzione a guanto bo esposto nel testo : Per l’ammissione e spedizione dei legni, la portata dei QDllI sarà espressa anche a redola della ta^sa, nella Patente * Passaporto d. Navigazione per legni della portata da 1 a 49 tonn. ital. Lr. 0.60 * * dalle 50 alle 99 tonn. » 1.50 * » dalle 100 alle 199 tonn. » 2.— » * dalle 200 e più » 3,— Quando i legni non vengono caricati o scaricati o non .^cgua stipulazione di contratto di’ noleggio, la ta*sa è ridotta alla metà. — Per visto a Passaporto anche complessivo Ital. Lr. 1.— — Pe' visto a Passaporto di ogni maritalo » — — Per ogni autent « azione o legalizzazione d’atti relativi alla Navigazione » 1.— Ferruccio Sassi 75 Nuovo importante incarico, reso necessario dal progressivo sviluppo della marina, veniva più tardi affidato ai rappresentanti all’E-stero del Governo ducale; quello delle rilevazioni statistiche annuali sul movimento delle navi, sul loro tonnellaggio di stazza, sulla quantità e qualità delle merci imbarcate e sbarcate, sugli equipaggi; quadro che sarebbe stato interessante esaminare, almeno negli ultimi anni di vita del ducato, per poter* comprendere in un istante ranima e la vita economica della marineria. I quadri statistici invece non sono giunti a noi, per quanto riguarda il movimento dei porti marittimi, e certo vi lia in buona parte contribuito un diffuso se pur tacito istinto di ribellione, che induceva i marinai ducali a sprezzare gli ordini e le raccomandazioni delle autorità preposte all’andamento degli affari marittimi. « Si ordini agli Uffici di Porto della Marina Estense» pregava Γ1. R. Console d'Austria in Marsiglia il 30 ottobre 1858 i1) «di invitare i Capitani di Navigli Estensi a presentarsi agli uffici Consolari di Marsiglia, Tolone, Bastia e ('ette», senza di che egli si troverà impossibilitato a redigere e trasmettere al governo del Duca « il prospetto annuale richiesto dalle istruzioni date ai Consoli e Agenti Estensi all’Estero ». L’unico prospetto rimastoci è quello trasmesso il 21 febbraio 1859 (2) dall’I. R. Console d’Austria in Ferrara, relativo al movimento del porto fluviale di Pontelagoscuro nel precedente anno 1858, ed appunto da esso possiamo trarre in sintesi interessanti notizie sull’andamento del traffico e sull'economia del ducato nelle sue relazioni con i porti adriatici, anche se la parte svolta dalla marina liu-viale estense è nel complesso assai poca cosa confrontata col Inovi-mento di bandiera imperiale e regia ed è inferiore anche al traffico di bandiera pontificia. Un attivo commercio si esercitava allora in quel porto, favorito dalla posizione geografica di questo in relazione alla situazione politica. Posto sulla, maggiore arteria fluviale della ricca, valle padana, in un tempo in cui le comunicazioni terrestri erano ancora assai tarde, adempiva esso ottimamente alla funzione importantissima di avvici- Per ogni certificato o rimile pure relativo alla Navigazione Ital. Lr. » 1.— - Per stesura di r’eorso, o supplica * — 50 - Per l’atto di toftttUEinne d'un capitano all’altro clic venisse a morire » 1·— - Per un compromesso ad istanza delle parti e relativo lodo » 2.— ■ Per l'assistenza ad ogni att-> di sequestro, inventario, perizia, incanto, protesto e fcim.li * 2.— Se la «confezione» dell'inventario o dell’incanto richiede più di un giorno, per ogni giorno * 2.— - Per ouni contratto di Società, noleggio etc., che losj-t redato (sic) pres.o l'Agenzia o co'.la mediazione di questa » 2.— Nei casi imprevisti dalli tabella, 1? tariffa doveva essere applicata per analogia, m ad annum. Tit. ir», Rubrica 1. Fase. 4 (o) ad annum, Tlt. 1„ Rubr. 3. Fase. 2. 76 Attività’ marinare deqli estensi naie notevolmente i centri di produzione e di consuma/ Particolarmente ciò è vero per ja marina asburgica; le cifre del traffico sono, dati i tempi, imponenti : avevano toccato il porto 117 vapori; 367 velieri marittimi di cui 114 vuoti per tonnellate 7152 e 253 carichi per tonn. 16620 di stazza; 332 navi fluviali delle quali 117 vuote per tonn. 7614 e 214 cariche per tonn. 12717. Gli equipaggi delle navi marittime erano ascesi a 2484 persone, quelli delle fluviali a 1080. Queste cifre dimostrerebbero da sole la doppia funzione svolta dal porto nei riguardi della marina imperiale e regia : Pontelago-scuro era uno dei centri maggiori di raccolta dei prodotti della Lombardia orientale e delle Valli Grandi Veronesi, e una delle principali stazioni per le quali le materie prime e i prodotti stranieri delle zone adriatiche dell'impero entravano nei doviziosi domini italiani del'a-quila bicipite. Lo confermano i dati relativi al valore delle merci : ti orini 3.465.510 aU’ijnportazione, fiorini 3.728.620 alPesportazione. Questa stessa doppia funzione era svolta dal porto anche nei confronti del traffico di bandiera pontificia, ma in diverso rapporto. I 432.230 fiorini segnati all’esportazione, in confronto dei 198.180 fiorini di merci importate, indicano evidentemente lo stato di super-produzione agricola dei territori della Legazione, e la necessità di importare in misura ridotta prodotti esotici o materie prime. In corrispondenza, la statistica registra 33 navi vuote in arrivo, 57 cariche, rispettivamente per una stazza di tonn. 2343 e 3717, con 127 e 293 uomini di equipaggio. Caratteristica è invece la funzione del porto nei riguardi delle terre del ducato. Figurano in arrivo 24 navigli vuoti per 1168 tonn. e con il uomini d’equipaggio; le medesime navi, non una in più ne una in meno, erano ripartite cariche di merci per un valore di 346.640 fiorini. Porto, dunque, unicamente di importazione; nè poteva essere diversamente data l'impossibilità pratica di far risalire il Po ed i suoi affluenti modenesi da navi atte a servizio marittimo, e lo stato di inferiorità di cui per conseguenza si sarebbe trovato il commercio di esportazione degli stati modenesi — qualitativamente affine a quello delle finitime Legazioni — per la necessità, dei trasbordi sotto altre bandiere che non avrebbero neppure mancato di applicare tariffe protettive nonostante tutti i trattati immaginabili. Riporto, per completare l’esame, la distinta delle merci importate nel ducato di Modena per la via di Pontelagoscuro : allume (funti 10795). anici (715), bulgari (114.89), caffè (817,34). canapa (869,32), ferro lavorato (479.926), formento [sic) (St.* V. 660), legno da tinta (133481 legna da ardere (carri 70), merci diverse (46.581), olio di oli\a (17J25). pallini (3481), panello (49571), pece e catrame (747), pelli g rezze (2046), pepe (12080), piombo 34389). rhum (1727), sapone (9933), sardelle (barili 23). scorze di arancio (3723), spirito (183521), tela di canepa (1302). vetrame (5403), zucchero (191.932). Ferruccio Sassi 77 Risulta pertanto chiaro che il restante commercio d’importazione e tutto quello di esportazione dovevano essere avviati per diverse vie, e cioè o per via di terra nella valle padana o per via di mare dalla costa a ventina o maggese. Per questo motivo appunto maggiormente rincresce la perdita delle tabelle statistiche, che avrebbero ponto delinearci esattamente gli itinerari seguiti e Pimportanza relativa ed assoluta delle correnti del traffico. Γη i)o' di luce sull'argomento getta soltanto una lettera del De lega/to Provinciale di Massa in data 3 aprile 1857 i1), che denunzia i gravi ostacoli cui va soggetto il mercato marmifero a causa della mancanza di speciali convenzioni colPImpero di Francia. I marmi «li Carrara avevano trovato nella Francia una favorevole accoglienza, ed il loro collocamento colà era pienamente assicurato ; « lucri assai rilevanti » erano così realizzati dai padroni dei bastimenti francesi o sardi dediti al trasporto di siffatta merce, ma non però dai legni « di grossa portata » del ducato impossibilitati a sostener la concorrenza di quelli, attesi i gravosi diritti cui sarebbero sottoposti nei porti francesi. Apprendiamo cosi che la corrente esportatrice di marmi nell'impero d’occidente era avviata verso Genova, nel qual porto avvenivano i trasbordi dei prodotti diretti a Marsiglia. Ma la proposta del Delegato non poteva essere accettata, non esistendo relazioni ufficiali tra i due governi. Esaminiamo ora l'azione svolta dal governo estense per assicurare alla nascente marina il rifornimento del personale occorrente. Abbiamo già veduto quali eccezionali misure fossero già state adottate, suo malgrado, dal Duca. Esse si appalesavano peraltro insuffi cienti, come del resto suole accadere ogni qualvolta si debba· ricorrere a provvedimenti saltuari, ad accomodamenti troppo forzati tra l’ideale e la realtà. L’azione diplomatica era però prontamente subentrata, e poteva essere considerato un vero trionfo della politica estense l'accordo intervenuto col governo sardo nel 1841, in forza del quale la gente di mare del regno sabaudo era autorizzata a contrarre arruolamenti sui legni di bandiera estense pur conservando la nazionalità originaria. Con ciò però non si formava una marina « nazionale », potendo detti accordi essere tosto o tardi denunciati ; e lWgente Estense in Genova, con la già citata lettera 28 aprile 184G presentendo forse l’impossibilità di perseverare in un tal sistema, che se in un primo tempo poteva anche giovare al prestigio del regno sardo, avrebbe potuto successivamente esser fonte di complicazioni faceva presente al governo ducale l’utilità di obbligare i padroni ad imbarcare come mozzi uno o due giovani sudditi dietro compenso delle sole panatiche: dopo un anno di navigazione essi avrebbero potuto essere regolarmente immatricolati marinai e ricevere quindi il soldo corrispondente. In tal modo si sarebbe aperta la (1) ad annum, Tit. 16, Itub. 1, Fa*c. 8 78 Attività’ marinare deoli Estensi carriera di mare ai giovani del litorale, e dopo pochi anni non si sarebbe più manifestata la necessità di ricorrere al personale ((estero». L’idea era tosto accettata, come assicurava il Governatore di Massa con lettera 12 maggio stesso anno. Nonostante ciò, il progetto era stato troppo tardi attuato. Le voci, che probabilmente Γ Agente in Genova aveva in forma vaga raccolto presso il competente l fticio di Marina (dal 1S43 Azienda Generale di Marina, da cui dipendevano i E. Uffici di Marina dislocati a La Spezia e nelle principali località del litorale), avevano un fondamento nel fatto che « vari... legni passano sotto la Bandiera Estense, e la gente di mare del golfo della Spezia si sottrae dal il. Servizio all’epoca della leva ». Così la ^Legazione Sarda di Fi renze per il Granducato di Toscana e i Ducati di Modena e di Parma giustificava addì 8 giugno 1850 il provvedimento adottato dal Go verno del Re di sospendere l'applicazione degli accordi del 1841, e di negare il rilascio della patente sanitaria ed il permesso di approdo ai legni estensi aventi oltre un terzo delPequipaggio composto di sudditi sardi C). Non è fuor della realtà il pensare che le lamentate diserzioni dal servizio militare sardo fossero in parte dovute all’attiva propaganda mazziniana che, com’è noto, aveva fatto numerosi proseliti fra gli abitanti del Golfo e specialmente in quel di Lerici. Esse erano ad ogni modo facilitate, qualunque ne fosse il motivo ispiratore. dai contatti frequentissimi tra le genti del golfo e quelle della costa estense. Basterà ricordare alPuopo che, per la mancata costruzione del famoso porto di Avenza·, il naviglio estense doveva necessariamente considerare come proprio porto di rifugio, nel caso — tutt'altro che infrequente su quella costa aperta — di libecciate e mareggiate, proprio il golfo de la Spezia. Cito a caso, fra gli atti del-l’Archivio, il naufragio del navicello «Il Corriere» avvenuto presso il forte estense «San Francesco » nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 1853, mentre il bastimento staccatosi dalFAvenza tentava di « riparare nel Golfo de La Spezia a causa di una violenta bufera elevatasi (2) ; e il naufragio della goletta estense « Rosina » che, uscita da Portovenere diretta alla spiaggia di S. Giuseppe per completare il carico dei marmi, causa il vento e il mare grosso doveva rientrare in golfo e verso le 10 del 2 maggio 1857 (3) colpita da un’improvvisa raffica affondava nei pressi del Telaro: l’equipaggio poteva porsi m salvo al Fezzano. Del resto, fosse per moventi ideali, fosse per altri moventi meno confessahili anche, anzi, solo perchè utilitari, la piaga delle diserzioni — prova indubbia di irrequietezza politica e di deficienza di (1) ad annum, T-t. 16, Rubr. 1, Fase. 2. (2) ad annum Tit. 16, Kubr. 1, Fase. S. (2) id, Tit. 16, Rabr. 1, (Fase. 4. Ferruccio Sassi 79 coesione morale, secondo i casi — infestava abbondantemente anche la marina estense. « Sarebbe solo desiderio di fronte al rinnovarsi dei molti .casi di diserzione di marinari specialmente Avenzini quando prendono terra all’Avenza, che ΙΈ. V. si compiacesse di fornire anche la nostra Marina Mercantile di un regolamento organico disciplinare che determinasse i doveri degli individui che vi sono ascritti, e le penalità cui dovrebbero sottoporsi dalla Delegazione quando ne trascurassero 1’adempimento ». Così il Delegato di Massa al Ministro degli Esteri in lettera 1S ottobre 1854 0). Ma già due anni avanti un relativamente voluminoso incartamento rivelava tutto un clandestino commercio di emigrazione, o meglio di passaggi abusivi dall1 uno all’altro dei vecchi stati italiani di passeggeri e marinai. Commercianti di frodo, ricercati dalle polizie per reati ordinari, profughi politici, cospiratori, organizzatori della rinascita italiana? Forse di tutto un poco : un'oscura commistione temporanea, coperta dal velo del segreto e del silenzio più assoluto per tutti, di combattenti per un’idea e di delinquenti comuni ; tipi ed ambiente adatti alle penne di un London e di un Conrad. Perchè mai, ad esempio, il navicello estense «Il Castore» partito nel 1852 da Livorno con un determinato ruolo d’equipaggio, si presentava in Viareggio con un equipaggio tutt’affatto diverso? (2). Il Ministro della Marina Mercantile in Viareggio aveva un bel farne rimostranze al E. Delegato Straordinario del Porto di Livorno e sollecitare per tramite diplomatico adeguati provvedimenti da parte delle competenti autorità del ducato di Modena ! Si fa quel che si può, aveva Paria- di rispondere il 17 luglio il R. Agente Estense in Livorno. E pur tuttavia... « raddoppierò la mia vigilanza sù i padroni dei navigli Estensi, per quanto l azione Consolare non possa giungere a impedire del tutto il lamentato trasporto clandestino dei passeggeri, che si fanno sbarcare occultamente alla costa, eludendo persino Pistessa vigilanza della forza armata toscana. In fondo cotali padroni rischiano grandemente di compromettersi, commettendo un delitto di infrazione sanitaria ! (qual migliore dimostrazione di decadente senilità in quegli organismi tarlati?). Io invigilo sempre che nell’imbarco che fanno di marinari abbiano ad essere sudditi Estensi. Per tali li denunziano, ed al più come domiciliati a Lavenza. Fatta questa vigilanza, e dato loro le spedizioni, chi corrisponde delPimbrogli Loro che fanno al momento della partenza?... Quanto all’operato del Padróne (de « Il Castore») Carlo Vatteroni, devo prevenire V. E., essergli un pes- ci) all. in Tit. 16, Rubr. 1, fase. 5 dell’Arch. per l’anno 1S57. (2) ad avnum, Tit. 16. Rub. 1, Fase. 9, come le altre carte che hanno rifer.mento all’incidente. 80 Attività marinare degli estensi simo soggetto, screditato anche presso la Marina Mercantile Estense e Toscana». Doveva essere uno degli specialisti in manovre del genere. La risposta dell’Agente in Livorno chiamava direttamente in causa le autorità preposte in patria agli affari della Marina Mercantile. Già abbiamo tracciato la linea delle competenze amministrative assegnate al Governatore di Massa : ma il quadro non è ancora completo. Con Pincremento della Marina e con il conseguente sviluppo delle relazioni con gli analoghi uffici degli altri stati, si era venuto accentrando nel governatorato il servizio degli avvisi ai naviganti, la cui importanza cresceva in proporzione diretta dei miglioramenti tecnici che si venivano apportando alPorganizzazione Scientifica della navigazione, sia nel campo delle segnalazioni luminose da terra, sia per la regolamentazione delle segnalazioni notturne e in caso di nebbia da parte di navi isolate, e in squadra, sia infine per la pubblicazione di avvisi commerciali etc. (*). In merito poi alla polizia della navigazione, non credo formulare giudizi temerari asserendo essere aspirazione del Delegato, almeno di quello che ricopriva la carica negli anni dal 1852 al 1854r vedersi attribuiti poteri giurisdizionali (v. la citata lettera del 18 ottobre 1854) e poter disporre di poteri discrezionali — salvo il superiore benestare — intesi a curare la repressione degli abusi denunciati dal governo toscano nel 1852 : « Per prevenire poi questi inconvenienti ho creduto necessario disporre interinalmente e tino a contraria superiore disposizione, che i Deputati di Sanità alla spiaggia sotto la propria responsabilità : 1° Non permettano -che alcun legno coperto di Bandiera Estense parta od approdi alla spiaggia se non previa verifica del personale che costituisce Pequipaggio, e quando non sia in perfetta relazione con quello notato nel rispettivo ruolo. 2° Che egualmente si assicuri che non si conceda Pimbarco ed esbarco a persone estranee dal legno se non siano muniti di re golari recapiti, dei quali in caso dovrà tenersene opportuna annotazione. 3° E che sia pur proibita la partenza β quei legni, i cui recapiti di bordo abbiano oltrepassata ]a durata d’un anno assegnata per massima ai medesimi » (2). Questi provvedimenti d’urgenza non erano però i più idonei ad eliminare la causa principale, secondo la scusante invocata dai Capitani, che dava loro origine od almeno li favoriva: Pimpossibilità di recarsi da L’Avenza a Massa per regolarizzare i documenti di (1) cfr. ad es 1858, Tit. 16, Rubr. 1, Fase. 3 per lei marine sarda e austriaca, etc. (2) Ad annum, Tit. 16, Rub. 1, Fase. 9. Ferruccio Sassi 81 bordo, per la necessità di compiere con la maggior possibile sollecitudine le operazioni di carico. Certo non era possibile negare al rappresentante del governo la facoltà di provvedere in determinate materie, sentito, ove necessario, il parere degli Uffici e delle Magistrature speciali create attorno all’autorità maggiore. I poteri d'urgenza erano particolarmente conferiti in materia di polizia e di sanità, e si esplicavano nel potere d’iniziativa e nel potere esecutivo. Le principali Magistrature che coadiuvavano il Governatore erano il Magistrato di Sanità, che per mezzo di appositi Deputati di Sanità opportunamente dislocati negli approdi e in altre località di confine accertava le condizioni sanitarie dei legni e delle persone che toccavano il territorio estense; l’Assessorato Politico e la R. Militare Commissione per quanto concerneva gli affari politici interni; l’intendenza di Finanza, infine, dalla quale dipendevano speciali Delegazioni con funzioni anche eccedenti il ristretto campo della polizia tributaria. La coordinazione degli incarichi e l’assegnazione delle attribuzioni sono illustrate da alcuni atti d’ufficio rimasti. Citerò anzitutto una comunicazione del 30 maggio 1849 0), con la quale il Commissario Straordinario per le Provincie Estensi oltre l’Appennino informa il Ministro degli Esteri che, essendosi verificato il naufragio del navicello estense « S. Faustino » al Cinquale (Marina di Montignoso), ed essendosi sparsa la voce della comparsa del colera in Marsiglia, egli aveva creduto dover convocare il Magistrato di Sanità, e, in seguito a deliberazione di questo, ordinare alla Delegazione di Finanza di coadiuvare il ricupero del legno, e porre in contumacia gli scampati dal naufragio sinché non fosse!* giunte da Livorno notizie rassicuranti sulle perfette condi zioni sanitarie del «S. Faustino », salpato da quel porto. Quanto ai Deputati di Sanità, si può affermare che essi avessero sostituito i vecchi Ricevitori dei Dazi del tempo di Maria Beatrice, posto che rientrava nelle loro competenze la verifica della portata delle navi di nuova costruzione o di recente aggregazione alla marina estense, al fine dell’applicazione delle tariffe nei porti dello stato od esteri (2). Dipendeva inoltre dai Deputati di Sanità l'ammissione o meno di legni a libera pratica, appunto per la preminenza assoluta che le questioni sanitarie mostrano di avere in questo periodo di tempo. E’ molto interessante, per fornirci ena librarum X Januinorum vel quod faciat finem in omnibus de quibus dicit et alias eidem precep toc. Dictum Magistrum Iohannem de Palma reputamus frivolam et inane et nullius fore roboris vel momenti et sicut frivolam et ex manifesto odio compositam ut comuniter ab omnibus tuis consociis et magistris scolarum superius nominatis clare et manifeste ab omnibus asseritur nemine discre pante ipsas tuas deposiciones et accusationes destituimus, annullamns et ani-chilamus ipsas iudicialiter et sentencialiter dicimus esse nullas est haberi pro nullis nisi quod absit antedictus magister Iohannes de Palma diceret illa de novo vel convinceretur dixisse per personas fide dignas. Giacomo Gorrini 89 Et quia tu magister Marche convinceris falsum dixisse testimonium adversus fratrem tuum et fuisti contumax et rebellis nostris immo verius apo-stolicis mandatis ne tale delictum omnino remaneat impunitum ut facilitas venie tibi et aliis non prebeat incentivum delinquendi tecum misericorditer nos habentes de supradicto consilio magistrorum in theologia inquisitoris predicti sententialiter condennamus in libris XV vel florenis XII boni auri et iusti ponderis nostre Camere et Oiiicio inquisitionis assignandis infra dies XV a publicatione presencium quod si hoc facere contempseris vel te assentaveris •predictam pecuniam non solvendo te volumus obligari ad penam dupli quam penam solvere tenearis infra octo dies immediate sequentes quam solucionem nisi plenarie adimpleveris presenti statuto te denunciamus incidisse in sententiam et penam excomunicationis. Actum ut supra. T n nomine domini Amen. Anno domini MCCCLXXXXVII die mensis XIIII Iuiii. Nos frater Benedictus Seaffacia Sacre Theologie professor ordinis pre-dicatoruni inquisitor heretice pravitatis in provincia Lombardie superioris et marchie Iauue a Sede Apostolica deputati diligenti habito consilio et deliberatone super quadam depositione et accusatione facta per Magistrum Marcum ae Besucio magistrum contra et adversus venerabilem Magistrum Iohannem de Palma consimiliter magistram grammatice quam deposicionem et accusa» tionern supradictam Roverendus dominus inquisitor per omnem modum et formam quibus melius fieri potuit inquisivit sollicite et diligenter et per larga spacia temporis volendo esse ab omnibus cum quibus conversatur et conversatus est idem magister Iohannes de Falma et convocando tam secrete quam pubblice omnes et singulos magistros scolarum in Ianua commorancium quorum nomina sunt hec Magister Georginus de Portu, rector magister Antonius de Ceva, Magister (iuillelmus de Alexandria, Magister Odo de Mail t» ^ F1ranciscus de Tervisio, magister Veronus de Casali, Jacobus ω Γ de veritate dicenda super dictis declaratione et acfusatione ac super nuibuscumque aliis qualibuscumque contrariis Sacrosancte T idei ( atholice ipsos astringentes sub certis penis pecunialibus ^ ?,eXC°'ÌÌUrÌCatÌOnÌS· QU0Cl si ipsi ,mlnes vel ;lli(lui seu aliquis eorum sclvit· audivit vel vehementer suspitantur vel suspitatur quod su-pradictusi magister Iohannes fle Palma dixit vel dixerit eis vel alicui seu ali- aiï tenPat,,r nobis (,icere et revelare. Qui omnes uniformiter unifor-maliter dixerunt et retulerunt dictum venerandum magistrum Iohannem de Palma fuisse et esse fidelem Christianum nec in aliquo suspectum de fide catholica et minus obedientem. Nec fidentes de hiis contenti recepimus aliunde et a quampluribus de antedicto magistro Iohanne de Palma informationem et informationes quas recipere comode potuimus de vita ed modo suo vivendi ■qui in omnibus monstratur etiam ex fama publica quam comuniter famant coniunctim bonus homo laudabilis vite et bone fame specialiter quoad articulos fidei sacramenta ecclesiastica et alia instituta sancte matris ecclesie. Quare cum iuris raclo exposcat et requirat quot innocentes ubique debeant protegi et defensari de consilio et assensu discretorum et reverendorum in Theologia magistrorum Leonardi de Felissano, Thome de Bozolasco, Iacobi de Uvade et fratis Augustini de Sancto Iacobo qui sunt inquisitores heretice pravitatis a Sede Apostolica deputati presenti statuto definimus, decretamus et sententiamus quod tu magister Marche super predicta declaracione et accusatione non debeas audiri nec de presenti, nec de futuro nisi alias sciat fideliter et absque dolo et fraude super predictis alios testes fide dignos et non in aliquo suspectos adducere. Ibidem — Ko t aio Cristoforo Revellino, Reg. II, fol. 251, foglio volante e monco. 90 L’ Istruzione Elementare in Genova e Liguria durante, ecc. IV. 1397—9 Ottobre in Genova, nel palazzo del Comune Testamento del maestro Lodisio Calvo di Voghera. In nomine domini nostri Jliesu Cliristi. Amen. Magister Lodisius Calvus de Viclieria regens scolas grammaticales m hac civitate Ianuensi per gratiam domini nostri Iliesu (liristi sanus mente intellectu et bene compos sui et in sua bona memoria existens licet aliquantulum corpore gravetur divinum timens judicium cuius hora nescitur considerans quod nil certius est morte nil vero incertius hora mortis nolens intestatus decedere sed potius cum testamento de se bonisque suis per presens nuncupativum testamentum seu sine scriptis de se disposuit et ordinavit ae fieri voluit ut infra. . . In primis namque cum eum mori contigerit animam suam altissimo Creatori Patri et Filio et Spiritui Sancto et Beate Alarie semper Virgini totique Curie celesti commendans, corpus suum sepeliri elegit et legavit apud ecclesiam Beati Laurentii de Ianua volens expendi debere circa exequias funeris sui libras decem Iauuinorum quas in octo florenis tradidit in presens testamentum iyifrascriptum mihi notario) Infrascripto nt illas fexpendain circa exequias funeris sui. Item dixit in condendo presens testamentum velle servare modum infra-scriptum videlicet quia primo vult denotare illos quibus debet, secundo illos a quibus recipere debet et tertio quid vult fieri de bonis suis et qualiter \ ult ea disponere. Et primo et dicit et protestatur se dare debere Magistro Petro de Levanto olim Magistro scolarum et modo studenti in iure civili togam unam nigram panni Florencie et quasi novam, Georgicam et Bucolicam Λ iigilii in carta in uno volumine, Petriani poetriam Gualfredi et Bonomenati in carta in uno volumine et quemdam Boetium veterem, quinque libros Lucani in pa-pirru in uno volumine, aliquas etiam questiones asininas (1) in papirru, omnia predicta dicit penes se habere, sed dicit quod dictus Magister Petrus debet et tenetur eidem testatori in florenis quatuordecim vel saltem duodecim sine dubio. Item Andree de Grimaldis pro pensione mediani in quo stat et infra quod stat. quedam Elena ad kalendas novembris proxime venturas pro uno solo anno libras quatuordecim Iauuinorum. Item Opicino de Spinolis filio domini Oberti occasione cartarum libras tres Ianuinorum. Item Iohannino revenditori commoranti modo sub domo Blanchaleonis de Grimaldis jarram unam bonam pro vino. Item domine Caterine de Spinolis uxori quondam domini Anfreoni unam strapuntam veterem valde, unum ramairolium pro scaldando aquam quod habet dominus presbiter Iohannes de Quarto modo, unam concham rami in domo Elene, unum coopertorium antiquum valde. Item Margarite olim sclave dicti domini Blanchaleonis banchale de quatuor pedibus et ipsa tenetur eidem testatori in uno fioreno sicut dicit quod scit Christina olim sciava dicte domine Catarine. Item Caterine filie Guilliermi Barberi de Spigno qui solebat stare ad portam Sancti Andree unam restam coraliorum rubeorum et unam corrigiam (1) questiones asinine sono da intendersi «questioni futilissime». In questo senso con quel nome di asinae le chiama Odofredo. E Cino da Pistoia ha un termine equivalente : «questiones de lana caprina». Giacomo Gorrini 91 habentem textum de seta et splangas circha XVII et florenos duodecim iu uno borseto quas rcs dicit se invenisse et scivisse postea quod erant sue. Item Francisclio Campanario tres anulos onichis et ipse tenetur eidem testatori in florenis duobus quia dicit quod habebat dictos anulos pro pignore dictorum florenorum duorum. Item Simonino lardo fratri suo de Vicheria pro redditibus habitis sive exactis de terris Piovere comunibus inter ipsum testatorem et dictum Syrnoni-num sicut dicit aparere per testamentum quondam matris sue scriptum manu Antonini Gebi de Vicheria in quo testamento dicit qiiocl continetur qualiter de dictis possessionibus Piovere ipse testator primo habere debet de nitido libras centum terciolorum que essent aliquantulum plures quam floreni triginta, alia-que vero pars dictarum possessionum restatium dividatur pro medietate ita quod equaliter media pars sit dicti Symonini alia vero media pars sit ipsius testatori ita quod post obitum dicte quondam matris sue dictus Symoninus et dictus testator non diviserunt dictas possessiones nec aliud habuerit dictus Symoninus ex redditibus ipsarum et ipse testator modicum dicit se habuisse quia Franciscus Calvus de l’iovera qui est advunculus suus et qui fecit ipsum laborare est debitor ut dicit in infra in secundo loco et ideo dicit se debere dicto Symonino occasione predicta florenos vigiliti sive libras viginti-quinque Ianue. Item domino Rutino de Grossis de Viqueria filio Micheli pro quibusdam denariis quos ipse debebat recipere a Comuni Ianue quia fuerat Iudex Maleficiorum quos denarios ipse testator dicit 'se exigisse pro ipso florenos vigin-ti seii libras XXV Ianuinorum aliqua lintheamina toaglias que omnia dicit esse in domo Magistri Veroni de Casali regentis scholas in vico Clape Olei que omnia sunt in uno banchali novo quam alia duo banchalia existentia in eadem domo scilicet in scolis predicti Magistri Veroni super scannis ubi sedent scolares et ipsum bancharetum parvum dicit quod eidem testatori concessit Cristina mater Oliverii. Item in isto secundo loco dicit se recipere debere a Francisco Calvo de Pioverà avunculo suo florenos quindecim et sol. XXVIII Imperialium quos denarios dicit quod debet pro redditibus terrarum suprascriptarum cornuniurn inter ipsum testatorem et dictum Simoninum lardum de Viqueria fratrem suum supradictum et in quo debito dicit quod non denotat redditum anni presentis qui potest esse circa fioreni sex. Item a Thoma Ritio fiorentino fratre Ambrosii fiorentini commorante in vico illotum de Finamore ut opinatur ipse testator florenos octo quos habuit super banco Antonii de Nairono circa annum de MCCCLXXXXIII sicut dicit stare Araonus Bibia et Bartholinus de Nigro. Item a Francisco Campanario florenos duos et pro pignore habet tres anulos qui sunt in banchali suo novo quod est in domo predicti magistri Veroni et de quibus supra mentionem fecit. Item a Margarita suprascripta sciava olim dicti domini Blanchaleonis de Grimaldis florenum unum et pro pignore dicit habere unum banchale quatuor pedum sicut scit Christina predicta. Item a Magistro Petro de Levanto magistro scolarum olim et semel etiam Rectore collegii Magistrorum florenos quatuordecim sed vult ipsos esse nisi duodecim sicut dicit quod scit Magister Franciscus de Trevixio versus quem ipse testator fuit fideiussor pro dicto Magistro Petro et pro pignore habet ipse testator suam togam nigram desfodratam et aliquos libros super nominatos. Item a me Oberto Folietta notario Valerium suum Maximum in papirru valorls bene quatuor florenorum quem ipse habuit a Petro de Valetari sive a Dominico de Finario notario et quem Valerium dimisit et legavit mihi Oberto notario infra scripto pro solutione presentis testamenti et pro extrahendo illud in cartis post obitum suum. 92 L’Istruzione Elementare in Genova e Liouria durante, ecc. Item in isto tertio loco dicit se liabere bona infraseripta et de ipsis fieri ut infra. _ . Primo dicit liabere in domi dicti Magistri Veroni tria banchalia in scolis suis super scannis dictarum scolarum quorum banchalium in parvo sunt res domini Rufini predicti de Grossis ut supra dixit. In aliis'vero duobus sunc predicte res predicti Magistri Petri de Levanto quas voluit sibi dari si dederit iìorenos duodecim de quibus est sibi debitor ut supra. Item dicit quod in dictis banchalibus est una zona sive corrigia supradicta cum coralis supranominatis quam corrigiam cum coralis et florenos duodecim qui habeantur a Magistro Petro predicto sive vendantur tot alie res de dictis banchalibus quod habeantur ipsi floreni duodecim voluit et legavit dari Pre" diete Cataline filie Guillelmi Barberii de Spigno olim habitatori ad portam Sancti Andree. Item voluit quod omnes alie res que sunt in dictis banchalibus et ^tiain que sunt in domo habitationis ipsius videlicet in mediano Andree de Grimal-dis vendantur et solvantur debitoribus supradictis. Si autem superessent aliqui denarii solutis debitoribus supradictis, tunc et eo casu voluit medietatem distribui pauperibus, aliam mediatatene voluit mitti Francisco Calvo supradicto cui Francisco legavit partem eidem testatori contingentem de redditibus anni presentis et etiam de florenis XV et s. ΧΧΛΊΙΙΙ supranominatis. Item voluit quod fiat divisio terrarum supradictarum comumum existentium inter ipsum et dictum testatorem et dictum Symoninuin secundum formam testamenti quondam matris sue scripti manu Antonii de Gobis de Λ iqueria ut supra et de medietate tangente eundem testatorem seu ad ipsum spectante cie dictis possessionibus voluit dotari Petrinam tiliam suam parvam que nuliitur prope Cremolinum in Gormardo sicut scit Magister Thomas de Viterbio seu de Roma et dictam filiam suam voluit mitti ad dictum locum Piovere per Laurentium Meladium et predictum Magistrum Tomam et ibi nutriri sed si contingeret dictam filiam suam ante nubilem etatem decedere tunc uicta pars et mediatas remaneat dicto Francisco Calvo et de alia dimidia bene nat pauperibus. . . Reliquorum vero bonorum suorum mobilium et immobilium jurium et actionum sibi quorumcunque et qualitercumque spectantium sibi heredem instituit et esse voluit dictam Petrinam filiam suam cui λ7oluit esse tutorem et curatorem Franciscum Calvum. Fideicomissarios et exeeutores presentis sui testamenti et contentorum in eo esse voluit dominum Obertum Spinulam et Antinium Panizarium notarium et utrumque eorum in solidum quibus et utrique eorum in solidum dictus testator dedit omnimodam potestatem et bailiam exequendi predicta et contenta in presenti testamento omniaque alia faciendi circa exeeutionem presentis testamenti et contentorum in eo que ipse testator facere posset si viveret ponens ipsos et utrumque eorum in solidum quoad exequendum predicta omnia ac etiam dependentia et connexa a pre-dictis a quolibet predictorum loco ipsius testatoris. Decenum vero legatorum suorum legavit operi portus et moduli Comunis Ianue juxta formam venditionis introitus dicti deceni. (1). Et unum seu dimidium pro centanario introitui defunctorum secundum formam venditionis dicti introitus (2). Et hec est sua ultima voluntas et suum ultimum testamentum que et quod valere vult more testamenti et ultime voluntatis et si iure testamenti non valeret valeat saltem iure codicilorum et cuiuscumque alterius ultime voluntatis prout melius valere potest cassans, irritans et annullane queeumque testamenta et ultimas voluntates per ipsum hactenus condita et conditas presenti suo testamento in suo robore permansuro. (1) e (2) — Su queste due tasse di successione genovesi, cfr. Sieveking, Studio sulle finanze ge noveei nel medio evo. Atti Sod. Lig. St. Patr., vol. XXXV, parte I, pag. 157. Giacomo Gorrini 93 Actum Ianue in palatio novo Comunis inter stantiam banci potestacie Yul-turi. Anno dominice nativitatis MCCCLXXXXVII indictione quinta secundum Ianue cursum die nona octubris circa vesperas presentibus Dominico de Ponte, Antonio de Cavallino, Georgio de Ponte cultelleriis in Campo fabrorum, Petro de Valetari quondam Simonis» Antonio de Monasterio quondam Thomey Iohanne de Ansaldo filio Selvaggi et Nicolao de Clavaro formagiario in centrata Sancti Georgii civibus Ianuensibus testibus notis ad premissa vocatis et per dictum testatorem rogatis. Nota quod decessit die XIII liuius mensis et sepultus in Sancto Laurentio et solvi super banco Cosme Lomellini Matteo de Clavaro bambaxario pro sepulturis predictas libras decem. Ibidem, Notaio Oberto Foglietta, filza η. 6, doc.to 244. V. 1398, 4 febbraio in Genova Inventario dei beni del quondam maestro Lodisio Calvo di Voghera. In nomine domini amen. Franciscus Calvus tutor testamentarius Pomini filii et heredis testamentarii quondam magistri Lodisii Calvi de Vicheria confirmatus in tutela die XXXI ianuarii testamento manu Oberti Foliete notarii MCCCLXXXXVII die Vili octobris... Primo toagia (1) una; Item linteaminem unum (2); Item aliud linteamen; Item bursa una modici valons; Item bancale (3) unum longum de una clava-tura; Item liber unus qui incipit Felix qui posuit copertus de corio rubro; Item liber unus alius de annis et de etate dictatorum magistrorum militum et copertus de coreo albo et qui liber est luclio (4) ; Item loica et georgica ver-milii (5) . Item travetum (6). in papiro (7) ; Boecii copertum de corio rubro ; Item tofanie (8) ; due cum aliquibus rebus minutis Item toagia una magna ; Item gona una foderata scoirolium (9) rubea; Item gona una alia panni viridi scuri; Item toagie due non lunge; Item Luchanus unus in papiro copertum de corio rubeo; Item Prisianus unus maior in carta; Item aliqua notabilia; Item Ovidium unum epistolarum in apaperu; Item poetria novella in carta; Item aliqui libri desquartenati tam in apapiru quam in carta; Item alius Luchanus in carta; Item liber Enrigeti in carta; Item liberetus unus Ha-cionis; Item alia poetria novella in carta; Item salteria parva pro pueris; Item quaternus unus epistolarum Senece ad Lucilium ; Item alii duo quaterni in carta cuius nomina ignorantur; Item alii quaterni in apapiru qui sunt questiones asinine; Item ali quaderni carte modici valoris; Item anuli tres legati in (1) Tovaglia. (2) Linteamen, lenzuolo (3) Bancale de una clavatura, banco ad un piano, perchè clavia o capra, espressa per clavatura. hanno il significato di piano. Nella parlata genovese corrente pancale è il tappeto da tavola. (4) Probabilmente è un derivato da luccià, che vuol dire tentennare; quindi, libro squinternalo, libro i cui fogli non sono tenuti dalla legatura e tentennano. '5) Errore del notaio per Vergilii. (6) Tractatum ? (7) Papiro, apapiru, apaperu, sono usati per indicare la pergamena agnellina in contrapposto a corio, che è cuoio. (8) Voce genovese ri-ferentesi a quei grandi vassoi in legno usati per mondare il riso e i legumi. La basla lombarda. (9) Lo scoiattolo? si usava, difatti, anche la pelle di scoiattolo come pelliccia. 94 L’Istruzione Elementare in Genova e Liguria durante, ecc. auro; It.ern mandilum (10) unum; Item coclearia (11) tria argenti; Item resta (12) una coraliorum : Item corrìgium (lo) unum rubeum'cum aliquibus spangetis (14) ; Item sonia (15) una prò auricuraribus recamata ; Item bancale unum unius clava ture; Item gona una virìdis scuri foderata bocassini (1(5); Item liber tragedia-rum Senece in apaperu; Item aliqui quaterni in apaperu; Item chitarra una: Item Ovidium unum metamorfoseos; Item alius quaternus in quarta (16 bis); Item piferi de camara (17); Item sachetus unus in quo sunt birreta ed uvete (180 ; Item manutergia (luo (19) ; Item goardanapum unum (20): Item capucium unum viridis; Item scaparona (21) duo vermilium unum et aliud biavi (22); Item camixia una: Item scaparona quatuor tele; Item bo-colerium unum et cerveleria una (23); Item pansaronum unum (24); Item cultris una; Item straponta una (25); Item cossinum unum; Item copertoria duo; Item strapontinum unum (26); Item coportoriuii· unum album sine foderatura; Item linteaminum paria duo trium tellarum; Item linteamen unum duarum telarum cum dimidia; Item manutergia tria; Item tria mocatoria cum tribus familiariis (27): Item toga una foderata de pena (2S) alba; Item toga una miscli (29) foderata pene; Item toga una biavi; Item manteletum unum d e feiree (30) ; Item duo paria caligarum. Item par unum caligarum rubearum solatarum; Item capucium unum rosee; Item capucium unum nigrum: Item capucium unum miscli; Item capucium unum biavi; Item du-ploides due (31); Item torgetum unum (32); Item torcular unum; Item bancale unum; Item capsia una; Item capsia una talis qualis (33); Item di-schus unus (34) ; Item discetus unus (35) : Item banca una : Item scabellum unum ; Item catreda una (36) : Item capsiete due scolariorum : Item (10) Fazzoletto. (11) Tazze, o coppe o bicchieri. (12) Collana : si usa anche per le collane di castagne, nocciuole, comunissime nelle feste popolari liguri. (13) Cinturino. (14) Ganci. (1δ) Ρβτ sona, copricapo con due falde che scendono sulle orecchie e le coprono. (16) 0 mocassino, stoffa di uso generale nel medio evo. (16 bis) Carta. (17) Ins eme con la chitarra questi pifferi piccoli, o da camera, farebbero sospettare anche un insegnamento musicale, se non si tratta, forse, di strumenti destinati agli svaghi del maestro. (18) Una specie di feltro di cotone o di lana che si metteva fra panno e fodera, perchè avessero tenuto caldo : il moderno ovatta. (19) Asciugamani. (20) TovagLlOlo. (21) Voce genovese, scampolo, ritaglio di stoffa. (22) Azzurro, bleu. (23) Gorgierina e cervelliera. (24) Panciera. (25) Materasso. (26) Materassino per sofà. (27) Smoccolatoi con tre lampade? (28) Piuma o penna. (29) Tessuto misto di lana o altra materia tessile. (30) Ferraiolo? (31) P.ù propriamente duplodes, cosciali in acciaio. (32) Torchietto. (33) Talis qualis, coeì così, in cattivo stato. (34) Desco. (35) Deschetto. (36) Sedia, o la cattedra del maestro. Giacomo Qorrini 95 vegeticulum unum (37); Item breviarium unum magnum Tome de Iioma; Item spatella una (3S); Item gladius unus pro mensa; Item lancea una que no est mea; Item arcus unus; Item tavonum (3,)) unum scola-riorum; Item candelabrum unum; Item ramairolium unum magnum; Item lanterna una; Item iarra (40) una pro vino; Item alia iarra que non est mea; Item dolium (41)· unum pro oleo; Item unus folis (42); Item marchetus unus (43); Item par unum tenagiarum; Item saclieta una pene; Item stagnarie due (44) ; Item bozellum unum vitrei (45) ; Item banclia scolariorum ; Item par unum goantorum; Item verrina una parva (40); Item liber unus Luchani in apaperu; Item liber rationis mee in apaperu. A.S.G., Not. Cristoforo Rivellino, XIII, fol. 54. VI. Genova, 21 novembre, 1430. Supplica del Collegio dei Maestri di Grammatica· di Genova contro la concessione dell’esenzione dalle norme statutarie fatta a favore di Francesco della Torre, e decreto del Governo Genovese. Collegii professorum gramatice Coram vobis Reverendissimo domino Ducali Januensi Gubernatore necnon spectabili dominorum Antianorum Consilio. Exponitur pro parte collegii Magistrorum Gramatice Civitatis Janue quod ad eius notitiam pervenit quedam licentia concessa de anno preterito et mense Junii per Reverendissimam et Magnificam dominationem vestram Francisco de Thurre de Castronovo videlicet regendi posse scolas in civitate Janue absque ulla solutione fienda dicto collegio, aut alia solemnitate quacumque in similibus servari consueta. Que quidem licentia fuit et est cum omni debita reverentia preter formam capitulorum ipsius collegii. Quoniam capitulis precavetur quod cuiuscumque ad talem doctrinam cupientis accedere fiat primo per spatium dierum quindecim diligenter inquisitio per rectorem collegii et socios de vita et fama moribus et virtute. 2° cum disputatione veniat ad sermonem. 3° sollemniter ad examen. In quibus actibus si sufficiens approbetur primo et antequam incipiat scolas regere. 1 eneatur ydonee cavere de libris XXV usque in centum arbitrio dominorum vicegubernatorum de non arripiendo fugam nec librorum furta faciendo. Insuper de avariis persolvendis, ac etiam dicto collegio et operi portus et moduli alia debite faciendo. Cumque evidenter appareat cetera cuiuslibet artis vilis et mechanice capitula firmiter observari, liberalem vero Gra-maticam infringi et ceteris artibus derogare videtur cum reverentia ut pre-feituri inconsomim rationi. Et ideo quia liberales inter artes teneat Grama-tica fundamentum quo amoto domus tota venerit [in] ruinam et nichil sine fundamento stabile neque bonum nec cetere liberales constastare possint sine illa et sic obtinet principatum supplicatur humiliter Reverentie et Magniti- (37) Botticella. (38) Spatella, spada corta, pugnale. (39) Panca. (40) Giarra o giara, recipiente per vino o per olio. (41) Botte. (42) Per follis, specie di vaso. (43) Non si può prendere la voce sull’accezione medioevale : qui probabilmente si tratta o di sigillo (inarca, marchetus) o di un peso o di una bilancia. (44) Stagnarie. (46) Per bozola? Misura per liquidi. (46) La comune verrina. 96 L* Istruzione Elementare in Genova e Liouria durante, ecc. eentie prelibatis uti dignentur liberum in libertate servari predictamque concessam licentiam taliter moderari quod tum forma capitulorum dicti Collegii non infracta is Franciscus de quo agitur remittatur secundum bonam et alias· erga tales praticatami consuetudinem ad eosdem magistros dispensaturos in predictis benivole et opportune tum etiam quicumque alii si qui huiusmodi licentias attentare presumpserit repellantur, ita ut honesta et ordinata consuescant ambulare via. MOCCCXXX0 die XXIa novembris Reverendissimus in Christo pater et dominus dominus B. mediolanensis-Arcliiepiscopus ducalis Januensis Gubernator et spectabile consilium dominorum Antianorum in legitimo numero congregatum in quo interluerunt m-frascipti videlicet Bartholomeus Jambonus prior; dominus Barnabas de Goano legum doctor laeobus de Passano; Petrus ltalianus; Franciscus Spinula de Luculo; Nicolo Cataneus; Johannes de Vignali et Andreolus de Francis Figonus. Considerantes honori ac dignitati sue conducere ut statuta professoribus-gramatice concessa et auctoritate eorum ratificata serventur nec contra ea nisi apparente utilitate publica aut alia ratione non levi quicquam attentetur, preierea animadvertentes licentiam concessam supranominato Francisco de Turri seu digna ratione seu gratuito data sit, consensu tamen et dispensatione ipsorum domini Gubernatoris et Consilii ratam esse nec posse salva dignitate ei contraveniri omni via iure modo et forma quibus melius fieri potest, ratificaverunt et rursus approbaverunt et valere ac servari mandaverunt omnia dicte artis statuta, ut que honorem civitatis et publicam utilitatem concernat, valida tamen et in sua virtute remanente licentia supradicti Fran-cisci. Quem tamen voluerunt et declaraverunt debere parere rectoribus artis*-presenti ac futuris in omnibus licitis et honestis ita tamen sumptui a quo illum exemerunt non subiiciatur. Archivio di Stato in Genova - Politicorum n. g. 1647, doc. n. 33. Giacomo Gorrinl SAGGIO DI UNA BIBLIOGRAFIA GENERALE SULLA CORSICA (,) STORIE GENERALI SULLA CORSICA AMBROSI A. - Histoire des Cores et de leur civilisation. Tours. Deslis Frères, 1912 - Bastia, chez vauieur, mue; pag. vili, eus, Kec. solmi m Arcluvio Slor. Ital.. n\ 5, 1916 (7S>. vol. , pag. 158, seg. Ree. Courtillier in Revue de la Corse. 1920 (I) cag. 73-76(?) 1925 (VI) pag. 4-5. BOELL Louis — Histoire de la Corse depuis les temps les plus reculés jusqu’ à son annexion à la France en 17G9.... Tours, Alfred Marne et Fils, 1882, 8®, pag. 240. BONAPARTE (N'APOLEON) — Histoire de la Corse. Dole, 1791, 2 vol., 12o. BOUREüLLE — La Corse historique dans l’antiquité jusqu’ à l'an 1769. Epinal, 1884, 8·. CACCIA Histoire anecdotique de la Corse. Paris, Garaier Frères, 1874, 16°. OAIRD L. H. — The history of Corsica, London, Unwin, V, 1899, 8o, pag. 190. CAMBIACI G. A. — Istoria del Regno di Corsica scritta dall’abate Giovanni Antonio Cam-biagi, fiorentino, arricchita di dissertazioni, documenti, bolle, annotazioni. Livorno, 1770, (Tom. I) 1772, (Tom. IV), pag. XII, 395; VIII 347, IV 324; IV 360. Ree. Ambrosi; Revue de la Corse, 1920, (I) pag. 3—10. CHE\RIER — Histoire de l’île de Corse, 1749, 12°. COLONNA Angelo Francesco — Commentario delle glorie e prerogative del regno e popoli della Corsica. Roma, Angelo Bernabò, 1685, 4°. COLON’N \ de Cesari Rocca Piérre Paul — Precis de l’histoire de Corse jusqu’ à l’an 1766, Amsterdam, 1784. [Fatti notevoli su famiglie nobili corse 1.. COLONNA de Cesari Rocca — Petite histoire de la Corse jusqu’en 1810. Paris, Bayle. 1890, 16®, pag. VIII, 208. COLONNA de Cesari Rocca — Histoire de la Corse jusqu’au 1769, Paris, Jouve, 1910 (très bon ouvrage, surtout par la période du Moyen Age) (Non ricordata dal Oraziani su Riv. Comm. di Colonna.) COLONNA de Cesari Rocca — VILLAT Louis — Histoire de Corse. Paris, Boirin, III ed., 1916, 8®, pag. XXVIII, 280. Ree. Demontfes in Revue de la Corse 1920, (1) pag. 105-106; Sfister in Revue historique, OXXVI (1917), pag. 125-123. (1) Contin. Vedi numeri precedenti. 98 Renato Oiardelli COLONNA de Cesari Rocca — Un ministre de Philippe II auteur d’une histoire de la Corse (Matheo Vasquez de Lee a) in Rev. Historique 1917 (vol. 126) p. 61-70. Estratto : Paris. 1917. COLONNA de Cesari Rocca — Histoire de la Corse écrite pour la première foie d’aprèe les sources originales. Paris, Bcnvaìot-Jouve, Ed. Tip. (s. d.) 16°, pag. \1II, 316. ^ OYRNEUS Petrus — Histoire de la Corse depuis les origines jusqu'au 1506 par Pierre de Cyrnos. Traduction par Albert Zozza, 1884. CYRNEUS PETRUS — Trad. française de la Chronique corse de Pietro Cirneo, par Letteron, in Bullctt. Soc. Hist. de la Corse, 1881, I: Riv. Stor. III. 351. CYRNEUS Petrus — Istoria di Corsica... divisa in quattro libr., recata per la prima volta in lingua italiana e illustrata da Giovanni Carlo Gregori e qu.ndi pubblicata per munificenza di S. Ecc. il Conte Pozzo di Borgo. — Parigi, Tip. Pihan Delaforest, 1834, 8°, pag. 508. OYRNEUS Petrus — De rebus Corsicis, in Muratori Rerum Italicorum Scriptores, Tom. XXIV, pag. 413-506. DELL* GROSSA Giovanni - MONTEGGIANI Pier Antonio - Croniche di Giovanni della Grossa e ài Pier Antonio Monteggiani, publiées par M. l’abbé Letteron, in Bull. Soc. h,*t. Corse, XXVII, (1907) fase. 313-324, pag XXIII, 548. [Introd. storica.] FILIPPINI Anton Pietro — La historia di Corsica nella quale si narrano tutte le cose se guite da che si cominciò habitare fluo all'anno 1594 con una generale descrittane del l’isola, tutta divisa in tredici libri dei quali i primi nove ebbero principio da Giovanni della Grossa proseguendo anchora a quello Pier Antonio Monteggiani e doppo Marc’ Antonio Ceccaldi e furono raccolti e compilati dal molto Rev.do A. P. F„ arcidiacono di Mariana, e i quattrp ultimi fatti da lui stesso. Revista con diligenza e data in luce dal medesimo arcidiacono. Tournon, Stamperia Claudio Michae.t, 1594, 4·, cc. nn. 10 + pag 563 + cc. un. 10, con dedica ad Alfonso d’Ornano ntrat o dell’autore e indici - lì Ed. riv. corr. ed illustrata con documenti mediti del avv G. C. Gregori. Pisa, Capurro, 1827, (Tom. I,) ISSI (Tom. V), 5 vol. . So. [con r,tratto e biografia di coloro che scrissero Storiti di Corsica pr ma del XIX sec.J FEIESS de Colonna - Corse. - Histoire de la Corse depuis Jes temps les plus anciens jusqu’ à nos jours — Paris, Firmin Didot, 1847, 8 , 1 vol., Bastia, 18 -. GALLETTI J. A. — Histoire illustrée de la Corse, Paris, 1865, 4°. GERMANES (Abbé de) — Histoire des Révolutions de Corse depuis ses premiers habitants, jusqu’ à nos jours. — Paris, Herrissaut, 1771-1776, 16% 3 voli. G1ROLAMI Cortona — Histoire de la Corse — Bastia, Piaggi, 1906, t?·. pag. xxxil, 446. Re Paolo Negri in Riv. Stor. Italiana, 1911 (Ser. IV), voi. 28, pag. 13-17. [E 1 opera più completa per la storia fìsica e politica di Corsica]. GREGOROVIUS F. - Histoire de la Corse depuis les temps le, plus reculés jusqu' à son OE Inné,ion * la France en 1769. Traduite de .■Allemand par P^uccana, ta Bull. c. histor. et natur. de la Corse, 1881-84, 3 vol. _ Ree. in Riv. Stanca, 8o, III, 351 (cit.) Lucien Brest, in Revue de la Corse, 1920 (I), pag. 25-27. GREGOROVIUS F. — Corsica — Stuttgart, G. B. Cotta, 1854, 8% 2 voli. Saoqio di una Biblioorafia oenerale sulla Corsica 99 GREGOROVIUS Ferdinand — Stona dei Corsi di F. Gregorovius; tradotta dalla Con-ssa Gozzadmi-Serego. - Firenze, Le Monnìeru 1857, IGo pag. 160 - lioma, Vogherò 'urico, Ed. 1912, 8o, 1 voi. Ree. Bertocdi. in Repertorio Bibliografico, p. 100. GREGOROVIUS l·erdinand — Histoire de la Corse depuis .les temps les plus reculés jusqu’ à son annexion à la FYance en 1760, tirée des œuvre* de F. G. et précédée d'une notice sur cette île par L. Boell (1), Marseille .... 1S78, (2) Tours, Macre et Fils 1882-1884, 8°, pag. 240. GREGOROVIUS Ferdinando - Muir Alexander-Wanderigs in Corsica, its history and its heroes, London, 1885, 2 voli., 8°, pag. 619. cfr. Quart. Rew. (1855) XCVI, 260. ΗΑΝΤΖ, DUPUCH — La Corse, Paris, 19Ü8. HISTOIRE de 1 île de Corse, coutenant en abrégé les principaux événements de ce pays par M. G. 13. C. — Nancy, 1749, 1 \ol., 12% (raro). Carta geografica. Ree· Giafferi, Revue Corse, 1924, (n. 28) pag. 113-118 — Attribuito a Monsieur Goury de Champ-grande, o a Mons. de la Ville Heruois. HISTOIRE de la Corse comprenant la description de cette Ile d’après A. Giustiniani, les chroniques de Giovanni della Grossa et de Monteggiani remaniées par Ceccaldi, la Chronique de Ceccald'i et la Chronique de Filippini : Trad. française de M. l’abbé Letteron, in Bull de Scienc. hist. de la Corse. Tom. I, 1888, Ann. VIII, fase. 85-90. [Notizie su Anton Pietro Filippini e poesie e cronaca del medesimo). Pag. XLVII, 502; Tom II; Ann. IX (1889) fase. 97-99, pâg. I, XVI, 1, 334; Tom. Ili [Filippini] Ann. IX, fase. 109-112, pag. XVIII, 441. HISTOIRE van Corsica — Amstelodami, Apud Wetstenium and W Smith, 1732, 8. Ree. Nova Acta Eruditorum, 1734, pag. 247-252. Giunge al 1852. La sunteggia largamente. Superstizione degli abitanti, abbandono dei Genovesi. JACOBI F. M. — Histoire générale de la Corse depuis les premiers temps jusqu’ à nos jours (1835) avec une introduction contenant un aperçu topographique et statistique de l'île, le precis de son histoire naturelle et une notice bibliographique des principaux auteurs qui en ont parlé. Ouvrage enrichi d’une carte géographique et d’un grand nombre de documents inédites. Paris, Aimé André, 1835, (Tom. II). — Notizie storico-bibliografiche con giudizio sugli aut. ; finisce colla conquista francese. LIMPERANI — Istoria di Corsica dai Tirreni suoi primi abitatori fino al secolo decimot-tavo, Roma, Salomoni, 1779-1780, 2 voli. 4°, cart. LUCCIARDI —' Mauualetto di Storia di Corsica, Bastia, Corder et Fils, 1925, 12o. pagg. 24; Ree. Revue de la Corse, 1926 (VII), pag. 42. MARCAGGI — Terre de Corse, Prehisto^re, Archéologie, Legendes, Histoire Numismatique, Iconographie, Visage de la Corse, Ajaccio, Rombaldi, 1927. 16 pagg. 118. MARTINI — précis de l’histoire Corse, Bastia, 1694, [primo libro stampato in Corsica]. MATTEI A. — Les Annales de la Corse. Paris, (s. a.) MONTI — Histoire de la Corse il l’usage des écoles de la Corse. Paris, Dupret, 1886-1888; 12; 2 voli. ORNANO (Marquis d’> — Coup d’œil sur l'histoire de Corse. Rivista del Collegio Araldico, Roma, 1904, pag. 350-355. 100 Renato Giardelli PERETTI (De) della Rocca — La Corse à travers les âges. La Corse Légendaire ; II. La Corse lieroïque, in Revue Générale, (Bruxelle^), 1907, (85), pag. 773-792; (86),. pag. 68-69; 1908 (87) pag. 230-248; 368-383; 502-522; 704-726. POMMEREUL — Histoire de l’isle de Corse. Berne, 1779, 2 voli. 12o; Bastia, 1779, 2 voli. 8o. Ree. Courtiilier, Revue de la Corse, 1922, (III), pagg. 161-166; 1923, (IV), pagg. 78-83; (V), pag. 8-11; 10-54. RENTFGCI Francesco Ottaviano — Osservazioni critiche sopra la storia di Corsica colla descrizione storico-geografica della medesima. Milano, Veladoni, (Anno IV della Repubblica di Franciat) 8o, pagg. 293. Lamenta la parzialità degli' storici, crede migliori il Filippini, Cambiaggi, (favorevoli ai Genovesi) Limperani e Boswell; tratta poi largamente dei Genovesi, del loro governo e delle cause della ribellione, nonché dei costumi, della vendetta, della povertà, della superstizione e fa una descrizione geografica della Corsica. RENUCCI Francesco Ottavio — Storia di Carsica, Bastia, Fabiani, 1833-1834, 2 voli. 8o. ROCCATAGLIATA — Antonii Roccatagliatae, Bellum Cyrnicum — La guerre de Corse. Texte latin d’A. R., revue et annoté par L. de Castelli et tradut en français par l’abbé Letteron, in Bull. Soc. hist. Corse, 1887, (Ann. VII) fase. 78-79, pag. I-X1I, 236. — N’otizie su Roccatagliata ; i manoscritti che lo riguardano. X SANTELLI A. F. — Collana di documenti inediti sopra la storia di Corsica, Bastia, 1852, 8o. SOLMI Arrigo — La Corsica - Studio storico, in Archivio Storico di Corsica, Ann. I, (Gennaio 1925) pag. 4-38. VIALE Salvatore — Delle mutazioni dei reggimenti politici in Corsica : Memoria di Salvatore Viale, in Arch. Stor. Ital. N. 3, Tom. XIV. pag. I, p 3 25. LA COLONIA GRECA IN CORSICA BALBO Leonardo — Opera nuova nuovamente stampata qual tratta di la presa di Bonifacio, con il numero dei morti de l’una parte e l’altra e de h libri di giorno in giorno e de li ambasciatori che mandavano per haver la terra, con un sonetto d’un altro authore. Composta per Leonardo Balbo Genovese, (s. d.) [1553J, 8o, 8 cat. n.n. BALBO Leonardo — Relazone dell’attacco e presa di Bonifazio, di Leonardo Balbo, ristampata sull’edizione del sec. XVI da Vincenzo Promis, in Atti Soc. Ligure di Storia Patria, 1874 (X), pagg. 683-704. BANCHERO — Bastia vers le milieu du XVII siècle, in Bull. Soc. hist. de la Corse, Anno V-VI (1885-86), fascicoli 59-61, pagg. 261-273. [Descrizione composta tra 1652-1660. R. S. IH» 351. Notizie sul governo, i costumi, gli edilizi, e le istituzioni]. BARBIE’ DU BOCAGE — La Colonie Grecque établie en Corse, in Bulletin de la Société de Géographie, 1827, VII, pagg. 450. BEGUE (LE) DE VILLIERS — Anecdote historique de la Colonie Grecque établie dans l’île de Corse en 1676, par Mr. L. B. D. V. Cagliari, Impr. Royale, 1780, 8o«, 1 vol. Saggio di una Biblioorafia oenerale sulla Corsica 101 CARAFFA Sébastien _ Promenade à travers Bastia au XVIII siècle : Conférence faite à Bastia par M. Sebastien de Caraffa, le 14 Fevr. 1914, in Bull. Soc. hist. Corse, 1916 (Ann. 34) nn. 367-369, pagg. 65-97. CASTELLI — Una colonia ascolana in Corsica, Ascoli Piceno, 1884. Ree. Trojani in Iievue de la Corse, 1921, (II), pagg. 158-160; 1922, (III), pagg. 30-32; pagg. 95-96. •COLOMBO Giuseppe - Documenti intorno alla colonia dei Greci stabilitasi nell’isola di Corsica l’anno 1676, in Giornale Ligustico, X, 359-363. COPIE di pergamene appartenenti a S. Mfchele in Borgo di Pisa estratte dall’Archivio Diplomatico per conto del sig. Vieusseux, in Bull. Soc. hist. de la Corse, 1887, (Ann. VII), fascicoli 83-84, pagg. 212-228. [Docc. riguardanti Aleria, Montecristo, e varie località corse.] FUMAROLI — Esquisse géographique et historique sur la Pieve de Bastelica, in Bull. Soc. hist. Corse, 1921, (Ann. 41), nn. 425-428, pagg. 65-92. [Notizie storiche sulla Pieve e i personaggi, più illustri]. LETTERON CALVI — Vers le milieu du XVII siècle par Letteron, in Bull. hist. de la Corse, 1885-86, Ann. V-VI, fascicoli 59-61, pagg. 376-387. [Riferisce un brano del Bancliero e dà notizie di documenti conservati alla Brignole-Sale]. MACE’ — Une visite a Cargèse : colonie grecque en Corse, Chambery, 1893, 18.o, pagg. 84. MARZOL ACCIO Gio. Battista — Compendiosa descriptione delle cose di Bonifacio di Gio Battista Marzolacci al molto illustre e rever.mo Mons. Fabiano Giustiniani vescovo di Ajazzo. Bologna, 1625, 16o, pagg. 94. [Notizie storico geografiche su Bonifacio; Bonifa-cesi illustri' e suIPammin/strazione della città]. G. MATTEI — Monographie de la Commune de Borgo. Bastia, 1912, 8o pagg. 6 Ree. Bull. Soc. hist. Corse, 1912, fascicoli 340-342, pagg. 249-250. MÉMOIRE historique sur l’émigration de la colonie grecque en Corse en 1676... et son établissement à Paomia... et ensuite à la pointe de Cargèse, Ajaccio, [Les fondés de pouvoirs des Grecs de la colonie de Corgèse] Tip. Marchi, 1920. F. P. N. MURACCIOLE — Vivario, in Bull. Soc. hist. Corse, 1912, fascicoli 346-348, pagg. 291-319. [Notizie isu Bartolomeo da Vivario e la storia del borgo]. ORECCHIONI A. C. M. — Historié de Bonifacio, Bastia, 1883, 8o, pagg. 64. PESCIO Amedeo — Bonifacio, in Secolo XIX, Genova, 17 Novembre, 1927. [Evoca lontani ricordi della signoria genovese sulla Corsica]. PIÈCES et extraits relatifs à l’histoire de Bonifacio, Bull. Soc. hist de la Corse, 1S84, (IV), nn. 37-38, pagg. 439-450. R. S. III 351. PIECES relatives aux villes de Calvi, Bibuglia, Saiut-Florent, in Bull. Soc. Scient, de la Corse. 1884. POGGI Vittorio — Istanza in data 21 marzo 1426 colla quale la comunità di Calvi :n seguito aLla voce corsa della cessione per parte di Filippo Maria Viscont*, dei castelli di Calvi e Bonifacio al re di Aragona, si rivolge all'arcivescovo di Genova Pileo de Marini pregandolo d’interporre i suoi buoni uffici perchè venga scongiurato il pericolo ond’è minacciata di cadere sotto la dominazione del Re Serenissimo e degli esosi suoi Catalani, in Poggi, Contributi alla Storia Genovese del sec. XV., Genova, 1891 (XI). 102 Renato Giardelli QUILICHINI F. B. — La Pie\e d* Atalia : Monograph/e du Canton de Tallano. Les produits, «es beautés, ses enfants avec préfation de J. Orsatt1'. Bastia, Piaggi, 1904, 80, pagg. 64. [economia e storia locale]. SERRA — Histoire de Bonifacio, Dijon, 1910, 80, pagg. 216. [utili informazioni]. SERVEILLE Eugène — La siège de CaJv! en 1794, in Bull. Soc. liist. Corse, 1912, fascicoli 340-342r pagg. 148-210. [studio con documenti]. STÈPHANOPOLI Xicolàos — Histoire de la colonie Grecque établie in Corse accompagnée de réflexions politiques sur l’état actuel de la Grèce et d’un court aperçu sur la Corse où l’on indique les moyens à employer pour améliorer le sorte des habitants de cette île. Paris, Thoisnier -Desplaces, Impr. Pochard, 1826, 16o, pagg. 221. STEPHAXOPOLI de COMXÊXE (Prince Xicolàs) — Genie des Colonies grecques spartiates et du peuple indigène de la Corse par le Prince de Comnène. Paris, Mathias, 1942, 80. STEPHAXOPOLI COMXÈNE — Une Colonie Grecque en Corse, in Bull. Soc. hist. Corse, 1918, nn. 385-390, pagg. 87-133: 1919, (n. 393-396); 1919, (n. 405-408), pagg. 153-235. STEPHAXOPOLI Patrice — Histoire des grecs en Corse illustrée de trois planches en couleur et une gravure. Paris, Ducollet Frères, 1900, 12o, Tav. III, pagg. XII-220. THIERS J. B. — Bastia en 1814 traduit de l’italien d’après un manuscrit du temps. Bastia, Ollagnier, 1883. VICU e a so provincia, in Almanaccu di A. Muvra, 1927, pag. 20-24 ; pag. 113-115. [Notizie storiche fino al 1831, Tav. II]. VILLA T L. — Une colonie grecque en territoire français: le village de Cargèse (Corse),, in Revue Bleue 9 Mai, 1914, pagg. 587-591. (continua) Renato Giardelli. Rassegna Bibliografica I MOTI DEL 1631 IN ITALIA attraverso le pubblicazioni fatte in occasione del Centenario. Giov. Canevazzi : Carlo Rossi e ì suoi «diari» inediti sul 1831. (Modena, Soc. Tip. Modenese 1932, X) (Vol. Ili0 della Collezione storica del Risorgimento italiano). Rina Del Piano: Roma e la rivoluzione del 1831 (Imola, Coop. Tip. Galeati, 1931 IX). Pubblicazione del Comitato Romano, Società Nazionale per la Storia del Risorgimento. Romeo Galli : Imola e la Rivoluzione del 1831 (Imola, Coop. tip. Galeati 1931 IX). Piero Pieri : Le Società Segrete e i moti degli anni 1820-21 e 1830-31, (Milano, Frane. Vallardi, 1931), Collezione Storia illustrata del Risorgimento Nazionale. Guido Ruffini : Le Cospirazioni del 1831 nelle Memorie di Enrico Misley (Bologna, Zanichelli, 1931-IX). Arrigo Solmi : Ciro Menotti e Videa unitaria nell'insurrezione del 1831 (Modena, Soc. Tip. Modenese, 1931-IX) Voi. 1° della Collezione sopraindicata. Albano Sorbelli : I/epilogo della Rivoluzione del 1831. Da Rimini a; Venezia. (Modena, Soc. Tip. Modenese, 1931-IX) Vol. II0 della Collezione sopraindicata. C. Vidal: Louis Philippe y Mettermeli et la crise italienne de 1831-32. Paris, De Boccard, 1931. Piero Zama : La marcia, su Roma del 1831. Il generale Sercognani. Casa ed. N. Moneta, Milano, 1931. 104 Rassegna Bibliografica Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia e Patria per le Provincie di Romagna con tengono : Giovanni Natali - Notizie e considerazioni sa ΓAssemblea delle Provincie Unite Italiane del 1831 (Bologna, 1931) Vol. XXI*. fase. I III. Il Comune di Bologna - (Articoli estratti dalla Rivista e pubblicati in volume a cura del Comitato Emiliano-Romagnolo della Soc. Naz. del Risorgim. Ital.,) (Bologna, Stabilim. Poligrafici riuniti, 1931-IX) contengono : Fulvio Cantoni - I bolognesi prigionieri politici a Venezia nel 1831 e un breve carteggio medito tra i fratelli Rangone. Giov. Maioli - Paolo Costa giornalista e la rivoluzione del 1831. Giovanni Natali - Intorno ai moti del 1831 in Bologna : I La legione di Pallade - II La rivoluzione in Provincia - III Relazioni fra il Comune di Bologna e il Governo Provvisorio delle Provincie Unite italiane - IV Un precedente del proclama del-Γανν. Vicini ai Bolognesi. Camillo Pariset - Il patriotta Piero Orlandi delegato anconitano all'Assemblea di Bologna del 1S31. Albano Sorbelli - Sui principii informatori della rivoluzione italiana del 1831. Nel primo centenario della■ rivoluzione del 1831 (Numero unico, a cura del Comitato Emiliano Romagnolo della Soc. Naz. del Risorgimento Italiano in occasione del XIX Congresso Sociale -Modena 29-30-31 ottobre 1931-IX) contiene: G. Canevazzi : Le memorie di un compromesso del 1831 (Ermenegildo Zeneroli). G. Pantanelli - Una lettera di Francesca Moreali Menotti. E. Nasalli Rocca - Il soggiorno della Duchessa Maria Luigia\ a Piacenza durante i moti parmensi del 1831. O. Masnovo - Ancora le origini dei moti parmensi del 1831. P. Mastri - La fine della marcia su Roma del 1831. G. Natali - Il generale Giovan Clemente Busi. G. Pariset - Una lettera inedita di Aurelio Saffi sul padre Gerolamo patriotta del 1831. F. Cantoni - Un7ottava in lode di un generale austriaco in Bologna nel 1831. P. Franciosi - I primi effetti, a S. Marino, dei moti del 1831. Rassegna Bibliografica 105 1). Bazzocchi - Cesena e i moti del 1831. G. Maioli - La donna nella Rivoluzione del 1831. Rivista Esercito e Nazione (Roma, istituto Poligrafico dello Stato, 1931-IX) contiene: G. Maioli - I bolognesi nella marcia su Roma del 1831. Ufficio Storico del Ministero della; Marina (Ufficio del Capo di Stato Maggiore, Roma 1931-IX) contiene: G. Gonni - La Regia Marina Sarda e la rivoluzione del 1831. * * * Il Congresso della Società Nazionale per la Storia del Risorgimento, tenutosi negli alitimi giorni dell’ottobre 1931, raccolse in. Modena i rapjjresentanti della Scuola Storica Emiliana e Roma* gnola; giovani e vecchi, ma tutti baldi e valenti, che mostrarono <ìi quanta cortesia e cordialità è capace la scienza, anche se malfamata con epiteti di « orsi, topi di archivio » e altri simili, ingiustamente inflitti a coloro che ad essa si dedicano. Delle cortesie ricevute ciascun partecipante riparlò tornando a’ patri lari alla famiglia raccolta, e ne riparlerà ritrovando gli amici nei futuri congressi con animo commosso e grato. Del lavoro fatto leggeremo il resoconto nella Rivista del Risorgimento e più ancora, ritroveremo le Itracce nel nostro ricordo. Qui diremo della messe di studi sul '31 che que’ valorosi congressisti, in gran parte emiliani e romagnoli, prepararono ai cultori delle glorie d’Italia. Un elenco discretamente completo precede questa rassegna e mostra* la grandiosità dello sforzo compiuto da tanti ricercatori nel ricostruire la realtà storica di quesito periodo del nostro Risorgimento. Pare anzi vi sia stato (e forse vi fu davvero) una spartizione del lavoro o una tacita intesa, affinchè l’opera di ciascuno convergesse (tolte poche ripetizioni) a formare un’unica storia. Ma appunto per ciò si rivelano le lacune. Gli archivi stranieri, specialmente quelli di Parigi e di Vienna, debbono darci la documentazione del lavorìo diplomatico e militare di quell’epoca in relazione ai moti. Vedremo più oltre come una pubblicazione francese è venuta in questa occasione ad occupare un posto onorevole su questo argomento. Un solo rincrescimento : che l’A-utore pur avendo lavorato sugli importantissimi documenti degli Archives du Quai d’Orsay di Parigi, e citandoli ad ogni pagina, non abbia creduto bene o non abbia potuto pubblicare interi almeno i più importanti. Da Vienna, ch’io mi sappia, finora nulla. Ma forse VArchivio di' Milano ha già dato il meglio del suo dal lato 106 Rassegna Bibliografica storico : non da quello diplomatico, la cui parola emanava da Vienna (*).. Una conoscenza perfetta dell'opera dei comitati Italiani, all’estero e in Italia, e dei comitati stranieri, o per meglio dire internazionali, all'estero rischiarerebbe zone oscure dei moti. E sarebbe allacciata alla storia dei nostri esuli pel mondo. Molti studi vi sono già, in Italia· e fuori, su questo argomento. Le numerose Memorie de’ profughi stessi ci aiutano, ma anche ci abbandonano ne’ momenti più difficili, dinnanzi alle questioni più gravi che ci si affacciano per via. Dal De La Hodde, dal Bianchi sino al L’uzio e al Sòriga quanto contributo fu arrecato a questo scopo ! Ma manca un'opera sintetica e analitica ad un tempo, critica e organica «-he lo raggiunga. La vita randagia de’ profughi, le persecuzioni dei Governi costrinsero alla distruzione delle carte segrete più gelose, allo sperdimento di infinite altre. Dobbiamo piuttosto all’opera di spionaggio se documenti preziosi non sieno scomparsi : riconoscenza, che si muta in vituperio, se pensiamo che ciascuno di quei fogli indica un tradimento, significa fonte di persecuzioni, e non di rado è l’origine di lunghe, infami prigionie, di torture, e a volte di estremi supplizi. Non meno interessanti notizie possono darci gli Archivi di Stato nostrani e i Musei del Risorgimento, a cui affluisce il meglio di quanto posseggono i privati, i discendenti degli uomini del Romanticismo Patriottico, che -diedero l’anima e il braccio per la reden zione d’Italia. A Torino, a Firenze, a Napoli non tutto è stato ancora esplorato. Il Piemonte in special modo ha molto da rivelarci, da/ta la sua posizione perigliosa tra Austria e Francia, minacciato dalle armi imperialiste dal Ticino e dalle insidie dinastiche austriache, minacciato dalla Savoia di invasioni di profughi o da rappresaglie armate francesi, come prudenti misure di approcci nell’imminente pericolo di una guerra tra Francia ed Austria. Ma a questo si arriverà speriamo presto, a Dio piacendo. Intanto dobbiamo rallegrarci della messe abbondante già raccolta. Passiamola dunque in rassegna; e per orientarci in tanta materia, seguiamo Pesame delie opere principali con un criterio cronologico rispetto agli avvenimenti, anziché rispetto alla data di pubblicazione, se non vogliamo smarrirci, o costringerci a inutili ripetizioni, a confusione di fatti o ad involontarie inversioni mentali nella successione degli avvenimenti. (1) Leggo con vivo interesse e soddisfazione nel Corriere della Sera 12 aprile 1032, un articoletto su «I moti del ’31 e Maria Luigia in nuovi documenti inediti», in cui si dice che il sen. Francesco Salata ’in seguito a lunghe ricerche negl Archivi di Λ ienna k raccolto documenti abbondanti e interessantissimi sui moti di Parma del ’31 e sul nobile contegno della Duchessa di fronte al Metternich e al Werklein, e sullo scontro di Fioren-zuola d’Arda. Il Salata trasmise i documenti alla R. Deputazione di Storia Patra di; Modena, che li pubblicherà nel suo Archivio Storico (cfr. Corr. d. Sera, 8 maggio). Rassegna Bibliografica 107 * * * Come oittima opera introduttiva allo studio dei moti del 1831 è assai adatto lo studio sintetico di Piero Fieéi «Le società segrete ed i moti degli anni 1820-21 e 1830-31 », che forma il VI volume della «Storia illustrata del Risorgimento Nazionale», pubblicata da Francesco Vallar di. Nel magnifico volume riccamente illustrato con ri-produzioni, molte inedite, di documenti dell'epoca, il Pieri si propone di dare in ampio quadro una visione delle condizioni d Italia dal 1815 al ’31. E’ il periodo della ripresa del nostro Risorgimento, favorito e insieme travolto nel turbine della Rivoluzione francese : periodo pieno di luci ed ombre negli avvenimenti, che una raccolta di studi, specialmente recenti, à messo in chiaro ad uno ad uno, correggendo le inesattezze sfuggite ai primi storici generali, per 1 impossibilità in cui essi si trovarono di esaminare tutte le fonti, sia dei nostri Archivi, sia da quelli stranieri, specialmente Austriaci. Ma ora molti ^eti sono caduti, molte barriere superate e anche \ienna è aperta ai nostri studiosi : d’altra parte le passioni partigiane sono calmate e lo storico d’oggi può parlare con piena obbiettività. Orbene : ne viene che in complesso le linee generali del nostro glorioso Risorgimento escono da questo freddo esame obbiettivo immutate : solo innumerevoli dettagli, importanti, ma non essenziali, vanno corretti o completati, e qualche giudizio va rifatto. E non mancano i tentativi di riabilitazione di avversari o di nostri ingiustamente sospettati, oppure riconoscimento di qualche dimenticato. Il Pieri comincia con un rapido quadro dell’Italia come fu conciata dal Congresso di Vienna, senza che essa potesse far sentire direttamente la sua parola, sia pure per mezzo dei rappresentanti dei suoi Sitati : ne uscì più austriaca di quanto lo fosse nel 1789. Solo due errori commise il Mettermeli : rafforzò il Piemonte colla Liguria, per farne un ostacolo alla Francia e un cuscinetto, ma dimenticò che esso era un nemico naturale anche per ΓAustria; e lasciò, a malincuore è vero, al Pontefice le provincie emiliane e marchigiane, cui essa ambiva e che dovevano essere il crogiuolo di fermenti italiani. La Restaurazione in Italia parve fatta apposta per tenerli desti. I principi restaurati o creati ebbero il dono dell’incomprensione dei tempi : reazionari inintelligenti, o malfidi se intelligenti, spinsero i sudditi malcontenti e tormentati a reagire come potevano, assillati dai duri balzelli subito imposti e dalla miseria terribile che arenarono l’attività industriosa del nostro popolo. Il tentativo Mu-rattiano potè sembrare un tentativo generoso, prematuro, anche se dettato, nel promotore, da sentimenti egoistici. Servì di fatto a far scomparire le ultime tracce dell’esercito del Regno Italico e al dis- 108 Rassegna Bibliografica solvimento della sua ufficialità. Ma fu questa ufficialità che, di spersa, si riannodò nelle Vendite massoniche e Carbonare e aprì la via alle numerose società segrete, di cui il Pieri ritrae in un riuscitissimo capitolo le vicende sino al 1821. Rintraccia le origini della massoneria in Italia nel sec. XVIII, sbarcata co' francesi a Livorno, cogli inglesi in Sicilia ; già sin dagli inizi con indirizzi diversi, benché da entrambe le fonti scorresse acqua razionalistica, liberaleggiante, illuministica, che servì ad uni i>carie in apparenza. Ma sul rinire dell'impero napoleonico il carattere politico delle sette si accentua. La borghesia, la più colpita nella Restaurazione, si raccoglie nelle loro fila, mentre nobili e clero vanno in prevalenza nelle società segrete contrarie, per quanto molte e nobilissime sieno state le eccezioni. I piccoli impiegati, gli industriali, i commercianti sono i borghesi della rivoluzione: gli antichi soldati italiani, napoleonici o del Regno italico, sono quelli che danno loro l'impronta militare. Ma i borghesi restano generosi, indisciplinati, teorici e idealisti, incapaci di coordinare i loro sforzi. E il popolo e specialmente i contadini, non li seguono. Sono diffidenti od ostili. La prima generazione di patrioti, quella del 1820*21 doveva quindi fatalmente fallire, anche forse, senza i tradimenti e gli spergiuri di re Nasone e senza la reazione di Carlo Felice. Essa invece fornì all'Au stria il pretesto di affermare la sua supremazia anche sul regno delle Due Sicilie e di far passare il Ticino alle sue schiere: e la dura lezione aprì le vie delPesUio ai liberali italiani sfuggiti al carcere, raffreddò gli entusiasmi de’ meno ferventi, scampati alla burrasca, e segnò indubbiamente Pinizio della rapida decadenza della Carboneria in Italia. Π frazionamento degli Stati Italiani aveva portato pei liberali il grave inconveniente del frazionamento delle società segrete, che pur avendo aspirazioni teoriche comuni, conservarono inconsciamente caratteri regionalistici. Di qui incomprensioni fra setta e setta, diffidenze, lentezze, unite allo scoramento dei vecchi carbonari. In que ste condizioni si forma la seconda generazione dei patrioti italiani ; di quelli dinnanzi ai cui occhi fanciulli era scomparso Pastro napoleonico; di quelli che erano cresciuti fra i ricordi folgoranti delPIm-pero. Erano ricordi di una dominazione straniera, ma essi erano circondati di grandezza, e avevano contribuito ad alimentare, in quei giovani, sensi di libertà, aspirazioni di lotta e sacrificio per un ideale. E quello che caratterizza i moti del 1830-31 è appunto questo spirito giovanile, impetuoso e disordinato, perchè spontaneo, perchè non seguito senza restrizioni dai vecchi patrioti sfiduciati. Quegli che per intelligenza, per costanza, per sublimità di sacrificio saprà Rassegna Biblioguaiica 109 collegare ili un unico fascio irresistibile la gioventù italiana soffre già in un carcere per la Patria, e vi medita la creazione del prodigio: «La Giovine Italia». Il martirio di Menotti e Borelli segna l'inizio ideale di essa. * # * Non s’intenda con questo che si misconosca l’opera carbonaia; chè la rivoluzione del ’31 à ancora da essa la sua. impronta. Ma sta il fatto che, per effetto delle persecuzioni, la maggioranza dei migliori elementi carbonari del ’21 o soffrivano nelle carceri austriache, napoletane o pontificie; oppure, profughi, ordivano nuove trame all'estero. In Italia eravi ancora un certo numero idi ottimi carbonari, che insieme ai compagni (di fede, se non di rischi) del '21, cercavano ripopolare le loro vendite con nuovi iscritti, specialmente giovani ; ma, fatti saggi dall’esperienza, si mostravano assai cauti, ed estrinsecavano la loro azione più in misteri settari e in eccitazioni e minacce retoriche, che in vera attività. I giovani erano scelti con criteri più larghi e formavano proseliti irrequieti e inesperti, smaniosi di agire. E d’altra parte che si poteva fare in un periodo di repressioni feroci in ogni angolo d'Italia, senza armi, senza mezzi, persino senza grandi speranze che il popolo seguisse i tentativi? I moti del Cilento del 27 giugno 1828 furono una nuova dura lezione, che convinse i Carbonari della necessità di agire di concerto con i liberali degli altri paesi e con l’appoggio di qualche principe ambizioso, che desse loro ogni aiuto materiale e morale. Questo ben comprese Enrico Misley da Modena, che pose a base del programma per la rigenerazione italiana : « doversi 1) neutralizzare l’Austria, dalla quale Napoli ed il Piemonte avevano avuto nel "21 i mezzi per schiacciare le rivoluzioni; 2) inserire nei moti europei, di ribellione all'assetto creato dalla Santa Alleanza, una rivoluzione, dalla quale doveva sorgere la libertà costituzionale per l’Italia centrale, eretta in un forte nucleo unitario, base di ulteriori conquiste ». Il pronipote del cospiratore, Guido Rupfini si propone non solo di illustrare l’opera dell’avo, ma- di rivendicarne la memoria dagli attacchi mossigli, con una serie di documenti dell’archivio domestico nel suo volume: «Le cospirazioni del 1831 nelle memorie di Enrico Misley», Bologna, Zanichelli, 1931-IX. I documenti da lui addotti, vagliati con cura amorosa, persuasivi nella loro aridità, ci guidano con logica serrata, attraverso alle lacune, in mancanza di una narrazione completa ed evidente. E’ vero anche, purtroppo, che queste lacune lasciano adito a dubbi, ad obiezioni, che sono giustificate dagli attacchi, mossi contro il Misley da suoi contemporanei, che lo conobbero e lo praiti- 110 KaSSEGN a lUlJLLÜLiU \ FIC v carono, e che furono al disopra d’ogni sospetto, certo meriti reali ebbe il Misley nel Risorgimenti). Occorrerebbe una dimostrazione diretta, documentata che egli non demeritò, ma elio tu un incompreso. Ma la si potrà» raggiungere, ben sapendo che le congiure si svolsero circondate d’ogni segretezza e mistero, affrettandosi ciascuno a farne scomparire le pericolose tracce materiali che potevano restare? Questo per noi à di buono il volume rispetto alla storia generale : che ci rischiara su molte incognite di quella che tu chiamata la «congiura estense». « Il progetto del Misley di sfruttare l'ambizione, le ricchezze, la posizione, le qualità personali del duca Francesco IN , facendone un re costituzionale, sorse nel ’25, e prese forma concreta dopo il primo viaggio all’estero, sulla line del '2G ». Sostituiamo a « facen clone » «credendo poterne fare», e il resto va. Ed era progetto temerario. Le mani del duca rosseggiavano ancora del sangue del sacerdote patriotta : Giuseppe Andreoli, ed egli era maledetto da ogni buon italiano per le feroci condanne nei processi di Rubiera : « cosicché fu il primo egli stesso a stupirsi della strana candidatura, quando ne fu informato». Francesco IV, di 47 anni nel IS-fj, era una volpe vecchia e un reazionario spietato, nè certo malleabile al punto da farne di un austriaco un italiano, di un assolutista 1111 mite principe costituzionale. Eppure il Misley sognò tutto questo, giocando sulla sconfinata ambizione del Duca, che aveva tentato sostituirsi al reprobo Carlo Alberto di Carignano nella successione al trono di Sardegna. Il Misley insomma fece della diplomazia anziché del patriottismo. Conobbe personalmente il Duca prima del febbraio del *20 e gli parve di aver trovato l’uomo a lui adatto. Recatosi all es»e-ro, s’abboccò coi carbonari italiani e stranieri di Ginevra e di Pa rigi, e con quelli che formavano parte del Comitato cosmopolita di Parigi, e, tornato a Modena, sulla line del’26 parlò per la prima volta al Duca del suo progetto, che aveva l’approvazione del Comitato cosmopolita. Lo immaginate il diplomatico venticinquenne che crede irret ii e la vecchia volpe diffidente? Il primo a sospettare dell’offerta lu i Λ* sburgo-Estense ; ma il Misley riuscì a farsi ascoltare e a mostrare la praticità del progetto, basata su vantaggi d’ambo le parti. E' un fatto che il Misley, il quale nel marzo ’2(» non aveva potuto ottener^ il passaporto per l’estero da Modena (lo aveva finalmente avuto U Milano) dopo allora à via libera pe’ suoi viaggi. I capisaldi delle relazioni col Duca sono segnati : dal suo colloquio col Misley a Modena in fine del ’2<>; da quello col Manzini ·ηο· denese, esule del ’21 conosciuto dal Misley a Parigi) nello seconda melA del '29 a Modena; da quello del settembre ’30 al Cattalo col Rassegna Biiiliouuafioa jjj Misley. «I primi aprirono la via alle intese, i secondi le conferma-rono ufficialmente, gli ultimi ne segnarono invece praticamente la line, come il Misley conferma, nelle sue memorie». I>ilatti nel ’20 le condizioni politiche d’Europa s’erano mutate assai dal Congresso di Vienna: la guerra d’indipendenza della Grecia attirava la simpatia di mezza Europa nel suo tragico minare. Il trattato di Vienna del luglio ’27 segnava in pratica lo scioglimento della Santa Alleanza ed isolava l'Austria. Bisognava cogliere il momento propizio. Nel '2S il Misley si ab bocca coi patrioti italiani a Milano, a Genova, a Bologna, a Parma, a Firenze: « i risultati di questi approcci furono poco conclusivi»: Punico risultato sicuro è che si diffida di lui, tanto sembra enorme l’idea di un solo regno costituzionale dell’Italia Centrale sotto Francesco d’Este. Non scoraggiato per questo, il Misley riparte nell’agosto ’28 e va a Parigi, ove si accorda coi Comitati internazionali in pieno fervore di lotta, poiché il momento è giunto. E’ scoppiata dall’aprile la guerra tra Russia e Turchia', e la Russia intanto favorisce i movimenti carbonari c rivoluzionari, per tenere occupati gli altri Stati. E il Misley da Parigi si reca a Strasburgo, Kehl, Monaco, Vienna e in l'ugheria e si spinge forse sino a Bucarest: indi ritorna per Dresda a Parigi, compiendo una complessa missione di coordinamento: come appare, ad esempio, dall’incontro a Gotha col colonnel 10 greco Orfano, emissario della Russia. Le vicende della guerra russo turca isolano sempre più l'Austria, e tornano a vantaggio dei liberali italiani eri e il momento in cui il Misley riesce ad imporre ad essi riluttatiti il MIO candidato, e in cui entra in scena Ciro Menotti, che presto si rivela insuperabile propagandista e organizzatore. La pace di Adrianopoli dà il primo grave colpo al progetti) Misley ano, poiché da allora la Russia si disinteressa de’ liberali italiani, che le sei vivano prima per tenere impegnata l'Austria : e quindi scema l’entusiasmi» di Francesco IV per il miraggio fattogli intravvedere di una corona italica. Le giornate di luglio 1830 accrescono la diffidenza del Duca : ormai in cuor suo egli deciso di tra dire i liberali e stringersi all'Austria, di cui non ii mai dimenticato d’essere figlio. E la tragedia volge fatalmente verso il mio epilogo. D’ora in poi il Misley fa la spola tra Modena e Parigi e colà è tramite tra i settari italiani in esilio e i rivoluzionari modenesi, che dietro la guida di (irò Menotti si preparano all’insurrezione. Ma questa è la parte piti nota dei moti del '31 sulla quale però 11 Rnflini. come su tutto il retroscena «li essi con il suo interessantissimo volume porta luce nuova che emana dai documenti numerosi e importanti dell’archivio avito. U2 Rassegna Bibliografica Nuove prove si recano delle varie candidature al trono d Italia, dopo il tramonto di quella estense. Scartato il Duca di Reichstad*. con gran sollievo del Menotti, questi apre trattative con Luigi Napoleone e col fraltello Carlo Luigi, alla fine di dicembre del 30 a Firenze, ove (come vedremo) essi si erano rifugiati dopo la loio espulsione da Roma. E' noto clie i due fratelli Bonaparte il 25 gennaio' *31 lasciano Firenze in vettura scoperta da posta, vestiti da cacciatori e armati di fucili, per recarsi incontro alla madre Ortensia: o meglio per recarsi'nell’Umbria a partecipare all imminente rivoluzione. Non buona impressione fa, duraujte questa, constatare che il Misley fu a Parigi, al riparo del pericolo; nè venne tra i rivoluzionali, quando il Menotti cadde prigioniero. Ma egli aveva ila compiere una missione non meno capitale: assicurarsi 1 appoggio del governo fi an. cese, coordinare le diverse iniziative discordanti degli esuli, i«ucogliere fondi per la rivoluzione che ne disponeva di assai pochi, inviare armi e radunare fuorusciti da rispedire armati in Italia. L· in verità poco raccolse, e le armi preparate lurono sequestrate a Marsiglia. Cosicché l'insurrezione non ne ebbe alcun vantaggio. Il Sebastiani lanciando all’inizio del nuovo regno di Luigi il principio che « l’intervento straniero in un paese che avesse cercato di ricuperare la sua libertà sarebbe considerato come un ostilità diretta contro la Francia», aveva riaccesa la speranza e la fede in tutti i popoli oppressi. Ma quanto più si avanzava, tanto più apparivano i lati utopistici del generoso principio. Perciò i liberali italiani vi credettero ciecamente sino alla brusca delusione. E il Misley a Parigi, osservatore diretto e interessato, quando si cominciò a dubitare, lavorò affinchè alle voci degli oppressi di tutta Europa la Francia non fosse sorda. E in parlamento le sinistre, incitate dal Misley e dagli esuli nostri, ebbero accuse roventi contro il Governo, che, malgrado i gravi imbarazzi tra cui si dibatteva, fece quello che potè, senza giungere alla guerra, affinchè il principio del «non intervento» fosse rispettato, favorendo palesameli te, per controazione, il raccogliersi di profughi italiani armati a Marsiglia, in Corsica, che avrebbero dovuto essere inviati in aiuto alle Marche e all l m-bria; e favorendo persino i piccoli tentativi di invasione fatti tra il 17 febbraio e il 1° marzo da quelli per penetrare attraverso la Savoia negli Stati del Re di Sardegna e possibilmente per spingerli a sollevarsi. Solo il mutamento del Ministero Laffitte e l’avvento di quello di Casimir Périer aprì gli occhi ai rifugiati sulla vanità del principio del « non intervento ». Il Misley, il Pepe e altri liberali italiani erano frattanto arrestati a Marsiglia il f> marzo, mentre tentavano imbarcarsi e non furono liberati sino al 22. Resogli poi impossibile il ritorno in patria, il Misley assistette di lontano alla Rassegna Bibliografica ] 13 tragedia dell’amico, che ej^li inconsciamente aveva avviato al sup plizio. Esaminata l’opera preparatoria del .Misley, passiamo a considerarne gli effetti in Modena. Anzi al disopra degli individui, vediamo la natura de’ moti che trovarono in quell’opera la causa occasionale. inizia la modenese Collezione storica del Risorgimento Italiano Aurjc i Soi.mi con il discorso commemorativo da lui pronunciato nel Teatro Comunale di .Modena il 3 febbraio 1931: « Ciro Menotti e l'idra unitaria neH'insurrezione del 1831 », in cui combatte 1111 vecchio pregiudizio, oggimai quasi interamente abbandonato, che tanto il moto di Modena, come la rivoluzione delle l’rovineie unite, che ne 6eguì, sieno «rati «episodi della vita settaria propria dei tempi o... manifestazione del municipalismo, ritenuto insanabile, della nostra patria. La realtà è diversa, e il movimento si lega strettamente allo sviluppo ideale <· pratico del Risorgimento italiano, alla rivoluzione liberale e nazionale dell’Europa del sec. \IX e alla formazione dell’ideale unitario italiano, allora molto più maturo di quanto non si sospetti ... Dimostra quindi ΓΛ. che il moto fu nazionale ed unitario; che parti dal Ducato estense (perché qui erano sorte la Cispadana, la Repubblica Italiana, il Regno Italico, appoggiati ad una milizia nazionale, e perchè il Ducato era uno stato italiano indipendente) ; e che ne furono creatori Enrico Misley e Ciro Menotti. Il Misley dapprima ideò di far partire il moto d’indipendenza dall'Italia centrale, chiamandovi a capo Francesco IV di Modena per esclusione : poiché bisognava eliminare il fedifrago Ferdinando di Napoli, Carlo Alberto compromesso ne’ moti del 21, Maria Luisa di Parma donna e austriaca, Leopoldo di Toscana austriaco e aman te del quieto vivere. Cosi rimase Francesco IV non foss’altro che per servirsene «-orno s Iterino, malgrado Rubiera. Ma s’avvidero bentosto quanto poco ci si potesse fidare di lui. Tant’è vero che nel Programma del li! dicembre 1830 il Menotti non parla più del Duca, ma di una monarchia rappresentativa, con capitale Roma, con bandiera il tiroeoi ore < cingente la croce»: «Queste idee scrive egli) sono quelle della universalità degli italiani i più illuminati di Parma, Reggio, Modena. Rologna, tutta la Romagna, Roma e Firenze e di tutti quelli che si som* intesi e che si sono costituiti in Comitato locale ». Ora a me pare che il Solmi voglia in qualche punto sorpassare la mèta. Moto unitario fuori di dubbio, degli Italiani: ma da Parma a Roma; e solo dei più illuminati. E con due «creatori» il Misley e il Menotti. Seppei'o o poterono costoro in pochi mesi traetondere questa coscienza nazionale nella «universalità degli italiani. » n dubbiamente moto unitario fu : ma le sue fonti sgoigano a mai ino degli esuli, durante tutto un decennio costretti a mano a mano a lasciare la patria in lunga schiera ; dalle sofferenze dei miseri rimasti sotto le persecuzioni austriache e dei governi austnacan i < < · volontà di pochi eletti pronti al martirio, come il Menot 1. - a a direzione del moto si spoeta da Modena a Bologna, e nell attuazione pratica moIvi. che si illusero di essere in teoria uuitan, 111 atto u-caddero inconsciamente in concetti e pregiudizi municipalistici, pagine dello Zama su La marcia di Roma, il Diario del Rossi, (per citare due tra le opere edite pel centenario) ce ne dànno numerosi dolorosissimi esempi. Lo spostarsi della Rivoluzione da .M<" ena a o logna sembra alterarne il carattere, e lo altera pei la !'l( 11 1 ;L diversa che assume il Governo Provvisorio delle Provincie 1 iute, u quale pecca nel modo in cui nasce, delude nella sua azione, li i notti libero, nella rivoluzione, le avrebbe dato tutl alt io int mzz Il concetto di «Comitati Locali» che egli propugnava nel «no Pro^ gramma, rivela, a mio modo di vedere, che egli ave\a acre a ) le linee rivoluzionarie segnate dal Comitato ( entrale di ( che le avrebbe trapiantate nel nuovo Regno, se ayesse potuto guidare la rivoluzione. L'inesperienza invece de' Capi che lo sosti m-rono rese la rivoluzione teorizzante a Bologna, più spaventata < e esaltata dal rapido propagarsi della rivolta sino ad Ancona; pn a tarmata che conscia dei suoi doveri di fronte alla mai eia de S< ico gnani ; più incapace che incurante di proteggersi alle spalle < on ro il pericolo maggiore di un intervento austriaco, a cui non si \uo < u dere per timore, e che si esclude senz'altro, iidandosi nella panacea illusoria del «non intervento». # Una maggiore energia, più audacia, più rapidità e insieme piu previdenza avrebbero potuto nel primo impeto trasfoi mai e la nv o luzione de' giovani numerosi in quella di tutti gli italiani. La < e* ficienza di denaro e di armi sarebbe stata minore. La resistenza episodica agli austriaci si sarebbe mutata in guerra, sanguinosa, poiché non mancavano buoni capitani. Anche vinti, gli italiani avrebbero mostrato d'esser maturi alla libertà e avrebbero certo affrettata la loro unione. Nella parte narrativa del volume il Solmi espone a grandi linee la congiura estense, concordando quasi in tutto col Kulfini. Ma casa d'Este mi pare indegna di associare il suo nome, insanguinato dal martirio e macchiato dal tradimento ad un gloriosissimo moto ita lia-no : chiamiamolo Menottiano? Mi parrebbe atto di riconoscenza e di giustizia. Oppure chiamatela congiura antiestense e si dirà cosa vera. L’insurrezione del 3 febbraio (anche qui la parola non Hasskg.na liruuoGiiAFlc.A ]15 mi suona giusta), Punti-rivoluzione del 3 febbraio fatta dal Duca di Modena sottrae U Capo, ma accelera l’imminente insurrezione, che egli il preparato. Il Solmi espone quindi in sintesi lo sviluppo di essa nell Italia centrale e le ragioni delle sue debolezze, e le conseguenze del moto; argomenti che rivedremo analizzati nelle successive pubblicazioni. Quanto vi sia «li vero nella tesi del Solmi appare da molte pubblicazioni, uscite alla macchia in quel tempo, e quasi tutte provenienti da 11’est ero ove le avevano composte e fatte stampare i nostri esuli anelanti alla Patria. In particolare, quali fossero i sentimenti non di tutti gli italiani. ma degli esuli nostri neH'autunno del 1S3U ce lo rivela un opuscolo diffuso allora per l’Italia, e forse solo nella settentrionale, «li cui fu scoperta una copia nella Biblioteca Nazionale Universitaria (li Torino dal dott. A. Galante Garrone e da lui comu-nieata ad Ai.nwn Soimiuxi, che ne dà notizia in un sin» impostante articolo della liivista "11 Comune di Bologna » intitolato «.S'mì principii infunili/turi dello rivoluzione italiana del 18:51 ». Qucll opiiM olo svolge più ampiamente il concetto che riappare in altri fo^li volanti e in stampe sparse celata mente per la penisola, e si intitola «Considerazioni sull’Italia». Ne è autore un meridionale (il Sorbelli accenna : forse al Salfi, forse al Palmieri) il quale afferma che gli italiani debbono e vogliono « restaurare la grandezza di mi popolo che nella grandezza soltanto può trovar la sua pace», e sostiene due concetti principali: 1| che l’Italia deve fare da sè, senza aiuti stranieri, se ne tolga quello morale della Francia che faccia rispettare il principio del non intervento da tutte le nazioni; e si deve costituire a nazione con Roma capitale. 2) Che l’Italia deve scartare la funesta idea federale, destinata a perpetuare i regionalismi e costituirsi a monarchia rappresentativa, scegliendosi poi liberamente un sovrano come l’Inghilterra, dove quel popolo nulla, deve alla famiglia regnante, nè leggi, nè prosperità, nè tutela; ma tutto deve la famiglia «li Hannover alla elezione dei popoli. E conclude I opuscolo; «Se tempo e fortuna concederanno _ e come pot ria η negarlo? ad alcuna regione d’Italia, sia presso al Tirreno, alla Dora o nH'Hridano. di frangere alcun anello della irrigginita catena ; cerchino quei popoli avventurati, di dividere, di spargere fra tntt’i fratelli della penisola, senza gelosia, senza'spirito di parte, senza rivalità di caste, la libertà conquistata, come se fosse patrimonio d'nn padre comune, non soggetto alla legge di maggiorato.... Allora la più bella, la più augusta di tutte le patrie rappresentata da un’assemblea veramente italiana, accolta in quel- 116 Rassegna Bibliografica la Roma destinata ad adunare tutte le umane grandezze... conoscerà sè medesima ne' suoi figli rappresentanti, libererà le menti e i cuori degli uomini, e facendo cessare Γinterino governo, incorrut-tibile e giusta decreterà la Corona». Ora, per quanto grandi fossero le speranze destate negli esuli a Parigi dalle giornate di luglio, non credo che quegli di essi che scrisse le « Considerazioni» pensasse che ΓItalia potesse fare da sè in un sol giorno. La sua conclusione segna la mèta, da raggiungere al più presto. Ma ora la spinta non può essere che locale e parziale: poi divamperà dovunque. Per ora, forse, « presso al Tirreno, alla Dora o alPEridano » : e allude nella forma più vaga alla toscana, al Piemonte, all’Emilia. Io escluderei, come ammette invece il Sor belli, un allusione a Napoli, perchè i tristi ricordi del 20 e del 21 non lasciavano sperare che lì s’accendesse la scintilla: inoltre noi sappiamo che il piano del Comitato di Parigi partiva dalla rivoluzione dell’Italia centrale. L’accenno al Piemonte era caro agli esuli piemontesi che speravano tornare in patria attraverso la Savoia insorta, come attesta il La Cecilia. L'accenno più vago, all Elidano, indicava appunto ΓEmilia, donde doveva partire la rivolta. Che autore delle « Considerazioni » fosse il Salli o il Palmieri non credo neppur io: tanto più che nelle adunanze che si tenevano a Parigi in casa Salii prevalevano i più fieri propositi repubblicani, e il Salti, allora di 71 anni (morì Panno dopo), usciva appena da una grave malattia per essere in grado di comporre un’opera così vibrata. Giuseppe Poerio soltanto nella seduta del 20 gennaio 1S»1 mostrava la maggior opportunità di accettare la forma monarchica, attirandosi i fulmini di Filippo Buonarroti. Chissà che autore non sia appunto il Poerio : ma chiunque sia stato, le sue «Considerazioni» profetiche mostrano oltre che un ardentissimo amor di patria, un intelletto veramente superiore. Non dimentichiamo però che questa pubblicazione e le altre consimili che precedono immediatamente i moti del *31, sono opera di italiani, ma esuli, e provengono quasi tutte dal difuori e penetrano con mille sotterfugi dalla Svizzera o dalla Savoia per terra ; per mare da Genova o da Livorno, ine’tendo in ansia le polizie ile vari Governi, ma finendo sempre coll’essere scoperte: cosicché in conclusione il più ampiamente informato di esse era Metternieh, quegli che più avrebbe dovuto ignorarle. # * * E vediamo la Rivoluzione in azione nell’Emilia e nelle Marche. Guerra vi fu: se può chiamarsi quella di un esercito esiguo, affatto impari per numero al suo compito e «solo di rabbia armato» come gli « eserciti scalzi cittadini » del Carducci. Ma per formarne Rassegna Bibliografica 117 un vero esercito occorrevano le armi, sequestrate in Francia, il de-jiaro raccolto stentatamente e insufficientemente con gravose imposizioni, una buona, preparazione militare, e valenti capi. E questi erano forse runico elemento che esistesse, tra gli antichi soldati napoleonici, quali lo Zucchi (al servizio deirAustria) il Sercognani, il Busi, l’Armandi. Λ complemento delle «Memorie» del generale Carlo Zucchi edite nel 1SG1 da Nicomede Bianchi, di quelle del Cialdini, edite dal Canevazzi nel 1924 e delle altre memorie e storie, uscite a mano a mano sui moti del *;>l, Giovanni Cankvazzi pubblica (alPinizio del nuovo anno 1932) il suo volume: «Carlo Rossi e i suoi diari inediti sul 1831 *>. 1 diari sono due. L’uno va dal 5 febbraio al 28 marzo 1831 ed è sopratutto la storia militare della insurrezione, da Reg-gio ad Ancona, narrata da un generale che la comandò sotto gli ordini dello Zucchi. con milizie improvvisate, senza istruzione militare, non annate dapprima; poi male armate, piene di amor patrio e «li entusiasmo, ma facili allo scoramento, e indisciplinate anche se infiammate; insomma, milizie difficili a manovrare, ma di cui Palifico ufficiale napoleonico parla sempre con serena indulgenza, quando non può ammirare. Narrazione fatta sugli appunti giornalieri, succosa e soldatesca : eppure vibrante di amor patrio e piena «li notizie clic* invano si cercano altrove. Γη gran numero di personaggi si muovono sulla tragica scena, e il Canevazzi ebbe a sudare chissà quanto a identificarli ad uno ad uno, a raccoglierne notizie, a corredare il lesto di dotte note biografiche, storiche e bibliografiche; tanto che su questo solo volume si potrebbe rifare la storia del '31 dilla fuga di Francesco IV d’Este in poi. Il secondo Diario va dal 2* marzo ’31 al 10 settembre '32, ed è la storia dolorosa «lei profughi: dalla cattura (ìeìl’Isotta e dalla prigionia di Venezia, sotto l’assillo delle inquisizioni esasperate e le miserie di uno squallidissimo carcere, allVsilio in Lione, che i'arve ristoro e fn angosciosa miseria e travaglio del corpo e dolio spirito in una libertà relativa, troppo tardi e avaramente concessa. Î n* Iliade il primo diario, una Odissea il secondo. E in queste schiere di guerrieri, di martiri prigionieri, di esuli impariamo a conoscere un gran numero di patriot ti, che presto ritroveremo nelle schiere mazziniane, ardenti di rinnovato zelo, non tutti malleabili, ma tuttavia tenuti nella possente mano del loro Capo, che li guiderà alla vittoria attraverso le prove, dando loro finalmente quella unità di intenti e di ideali per tutti gli italiani che prima essi avevano cercalo nanamente, dolorosamente nel santo amor della patria, sen za un'idea chiara del modo di realizzarlo. 118 KàSSEGXΛ l>1 BI.IOGRAI ICA *· * * La storia militare della Rivoluzione nelle Provincie Pontificie è esposta con ordine, precisione, obbiettività da Piero Zama néUa sua « La marcia su Roma del 1831 », che a giusta ragione à per sottotitolo : all generale Xercognani», poiché è la riabilitazione di lui dalle accuse di cui fu fatto oggetto da parte dei capi del Governo Provvisorio delle Provincie Unite, in particolare dal ministro della Guerra gen. Annandi, e specialmente dopo il crollo della rivoluzione. Riabilitazione iniziata nel 181)5 dalPavv. Mareucci, ripresa Panno seguente da Alfredo Oriani : ma che doveva essere rifatta di sana pianta coordinata e documentata in opera duratura, meglio che stilizzata nella lapide che lo ricorda in Faenza. Lo Zama, che in forma brillante a volte faceta a volte ironica, sa farsi leggere con interesse, traccia dapprima la vita prpdi-giosa del Sercognani dalla nascita, 4 maggio 1781 a Faenza, al 1831. Da soldato semplice napoleonico giunge in pochi anni al grado di colonnello; poi, spezzata la carriera dalla caduta dell’impero, ritorna a vivere a Faenza in cruccioso silenzio. Analizza quindi PA. gli stati d'animo delle popolazioni romagnole al momento «Iella rivoluzione, poste fra agenti segreti austriaci e spioni pontifici ; malcontente (e a ragione) del malgoverno e della corruzione del clero; corrotte, ignoranti, superstiziose esse, stesse, initate contro l’austrìaco che vedevano in realtà spadroneggiare in casa loro in attesa di qualche prodigio risanatore, di cui giungeva loro Pero dal proclama di Rimini, dalle frequenti speranze susurrate μ .* quindici anni dai numerosi carbonari, colti borghesi i più. In ultimo la miseria crescente, l’opera funesta di repressione del cardinal Ri varola preparano gli animi alla rivolta. Basta che Modena insorga contro il suo Duca traditore, perchè Bologna risponda ; ma qui la rivolta è blanda, bonaria, conciliata all’amichevole col prolegato monsignor Paracciani Clarelfri: come lo è il concordato... della discordia·, da cui esce il Governo Provvisorio della Città e Provincia di Bologna. L’opera di questo Governo (lasciamo per un momento lo Zama per seguire le Notizie e considerazioni su ΓAssemblea delle Pro-mici" unite italiane del 1831, di Giovanni Natali» rileva Pinesperien* za dei moderati, i quali involontariamente se ne trovano a capo, e vanno a rimorchio dei liberali e carbonari che si associano a loro. Essa si manifesta colla mania legiferante. Nominato il 5 febbraio, il Governo Provvisorio si affretta il giorno 8 a dichiarare cessato di fatto e idi diritto il potere temporale... ma (prudentemente) solo per Bologna e la provincia. Poi nomina una Commissione perchè proponga una legge elettorale, prepari elezioni, congressi: cosicché invece di una Camera di Deputati ne uscì il 28 febbraio una « Assemblea di Rassegna Biblioc.kakica Notabili » del nuovo Stato, divenuto « delle Provincie rivoluzionate dello &taito già Pontiticio ». Molte sagge cose furono deliberate nelle sette adunanze che tra il 20 febbraio e il 10 marzo potè tenere l’Assemblea: ma quanto meglio sarebbe stato se in quel periodo, in cui Paria era ardente e le incognite paurose e i pericoli d’ogni parte, avesse agito un Dittatore, lasciando a tempo più pacato quel lavoro di ordinamento, che Pavanzata austriaca impedì di mala grazia, proprio al momento della seduta più importante che doveva aver luo go il LO marzo ! invece più attraente è la storia che lo stesso Natali ci fa (nei suo studio « Intorno ai moti del 1831») della legione di Pallade, formata da quasi tutti gli studenti alPI’niversità di Bologna e delPAccademia di Belle Arti, i quali, pur partecipando alle dimostrazioni, si assunsero i»ilici di ordine pubblico, si addestrarono alle armi e ad un certo inquadramento militare, sopportando lietamente i sacrilici impostisi e preparandosi con entusiasmo a combattere per la libertà. Ma il concorso che diede la rivoluzione in provincia si ridusse in conclusione a poca cosa; chè oltre agli evviva e a una grande ostentazione di coccarde, meschino fu il concorso di denaro, di armi e ili braccia-. La campagna poi « fu più che altro passiva testimone del cambiamento di Governo e alla riattivazione del potere pontificio si affrettò a restaurarne le insegne». Ritorniamo (collo Zuma) all'inizio. La rivoluzione si propaga collie una striscia di fuoco o il i) febbraio Fano e Senigallia sono insorte. Poiché è necessario agire, il Sercognani è già al comando della <* truppa civica >♦ con cui à organizzato il 7 la rivolta di Pesaro. 11 stesso viene a colloquio con POlivieri e PArmandi, e firma col titolo ili «Colonnello comandante le Guardie Nazionali e Truppe di linea della Provincia » Pordine che dà al capitano Stelluti di impadronirsi del forte di K. Leo (prospiciente la repubblica di S. Molino) prigione dello Stato Pontificio con Ancona e Civita Castellana. Il 12 il forte è preso, 28 detenuti liberati, lì Sercognani intanto marcia risolutamente su Ancona colle sue milizie, qualificandosi «Comandante 1« Vanguardia della Annata Nazionale, e il Blocco di Ancona». I mutamenti de’ suoi titoli sono significativi e augurali per rifalla. La sua presenza in armi eccita gli animi. Perugia insorge il 11. Ottimo il 1~>. Ancona si arrende a lui il 17 e contemporaneamen te ì/ireto. Boranati, Macerata si sollevano: tutte le Marche sono in rivoluziono. O giorni di ebbrezza! E il papa atterrito invoca, il 17. l'intervento austriaco. Il Sercognani e lo Zucchi sono i veri uomini d'arme della Rivoluzione. A Bologna il 24 ΓArmandi pensa a farsi creare generale di Brigata. Solo due giorni dopo Faenza decide faro altrettanto col Sercognani e gliene trasmette Pannunzio. Ma egli mostra coi fatti di meritare P onori fica carica. Mentre Ancona si assesta, egli ritorna a Fano, vi riordina le sue milizie, risale lun- 120 Rassegna Bibliografica go il Metauro sino a Fossombrone, valica il passo del Furio, si reca a Cagli e di lì nell'Umbria, per portare il suo aiuto e la sua fede agli insorti e pei* comandare alla sua Vanguardia la marcia su Roma. Roma, ancora turbata pel moto del 13 febbraio, e per le Marche e l'Abruzzo sconvolti, vede il nemico alle porte, raccoglie forze in Civita Castellana, munisce questo suo ultimo baluardo. Se avesse avute armi (neppure un cannone, aveva, e mancava di •cavalleria, allora) il Sercognani, forse, avrebbe potuto entrare subito in Roma di sorpresa. Intanto il 23 i due giovinetti fratelli Bonaparte giungono a Terni presso il generale e si mettono a sua disposizione con anni e cavalli. E il Sercognani può fare una punta sulla Salaria sino a Corese il 25 ; e nello stesso giorno à felici scontri a Cal\ i e a Magliano Sabino. Ma non può avanzare lasciandosi alle spalle Civita Cast ellana ben armata e nemica ; non può farlo, se non riceve tutti gli aiuti necessari dal Governo Provvisorio, che non può e anche un poco non vuole aiutarlo. Cosicché è costretto a dibattersi tra questo continuo potere, come egli vorrebbe, e il non potere che gli è imposto dal malvolere altrui. Comincia allora l’arresto forzato della marcia, a cui ripara il Sercognani ordinando esercitazioni continue di allenamento e (comandate dalPimperiosa necessità di mantenere le sue piccole forze tanto lontane da Bologna e prive d’ogni risorsa) requisizioni sempre più gravose a quelli stessi che avevano accolto con festa i liberatori. Su questo argomento Giovanni Maioli nel suo studio : « I bolognesi, nella marcia· su Roma del 1831, » aggiunge notizie a quello dello Zama e porta un buon contributo di documenti nuovi. Ecco che P Armandi si fa vivo finalmente: ma per richiamare i due Napoleonidi suoi allievi, che la madre atterrita invocava e che il Sercognani aveva già messo sulla via del ritorno, mentre le Cancellerie d'Europa si interessavano con ansia alle possibili imprese dei due aquilotti, che vedevano già a^ capo di una Italia rivoluzionaria, o prigionieri delPAustria, alla vigilia della fucilazione. Il 2 marzo essi erano ad Ancona : e riprendevano la via meno pericolosa per tornare a Firenze presso la madre; ma a Forlì Luigi Napoleone, il maggiore dei fratelli, ventiquattrenne, ammala e vi muore il 17... La stella della rivoluzione tramonta. Gli austriaci, nella notte dal 5 al G marzo ànno varcato il Po. Sono a Ferrara; Bologna, benché inquieta, spera ancora nel non intervento. L’8 il Sercognani, abbandonato a sè, tenta ancora impossessarsi di Rieti: è un insuccesso prevedibile della Vanguardia, lacera e affamata. Che funesta giornata quella dell’8 marzo ! In essa, mentre lo Zucchi si ri* tira su Bologna, a Parigi il Ministero Laffitte si dimette e gli succede quello di Casimir Périer; ciò che significa il definitivo abbandono del principio del non intervento. Rassegna Bibliografica 121 Il 9 marzo comincia la dispersione della Vanguardia : eppure il Sercognani, tenace, colle forze, rimastegli, minaccia ancora e si ritrae lentamente. Allora il 16 il ministro della guerra Armandi, che sempre disapprovò e ostacolò la Marcia su Roma, pel timore delle «complicazioni diplomatiche clie ne sarebbero nate, nomina il generale Lusi al posto del Sercognani, colpevole di troppa· fede e di ostinato valore; il ϋΟ il Governo Provvisorio fugge da Bologna·, emanando un Proclama agli insorti con cui li invita a cedere all’invasore... A questo Proclama l’ufficialità del Sercognani risponde colla Protesta di Terni idei 24 marzo a lui indirizzata : « noi, Signor Generale, qui dinnanzi a voi altamente protestiamo che non saremo mai per annuire a questo consiglio, da che siamo intimamente persuasi che indegno sia per un’onorata milizia Italiana. Noi proclamammo la libertà : è nostro dovere di sostenerla, e il giurammo, colle nostre armi, per essa abbiamo volonterosi incontrati i pericoli, con egual intrepidezza incontreremo la morte;..». E il Serco-.gnani, trasmettendo la Protesta al Ministro della Guerra, aggiungeva: « ...protesto anch’io solennemente di battermi in campo con essi tino all’uiiima goccia di sangue contro chiunque osa usurpare le nostre provincie...» Ahimè Î Due giorni dopo Ancona capitola miseramente. La Vanguardia, abbandonata dal Governo, ridotta all’estremo, minacciata da-ba controrivoluzione, obbedisce e si scioglie a Spoleto. E l'atto f-u di indicibile disperazione. Dopo allora non si à che la pietosa cronaca dei fuggenti. Il Sercognani coi compagni ripara a· Siena, a Livorno, a Bastia, a Tolone... e di lì inizia i pellegrinaggi e le dure prove dell'esilio, sino alla morte nel 1844. * * * Staccata dalle regioni insorte anche Roma ne aveva sentito i liilessi, Lenclie capitale dello Stato e sede del Pontefice, anche in essa a^e^a allignato la Carboneria: e la presenza in essa dei napoleoni di di tre rami e dei murattiani, contribuiva a tener agitati gli animi dei liberali. Rina Del I iano s è assunta; l’incarico di illustrare queste vicende nel suo volume Roma e lo. Rivoluzione del 1831, ricostruendole direttamente sui documenti inediti dell’Archivio segreto Vaticano, del R. Archivio di Stato e del Museo del Risorgimento di Roma. Qui le giornate di luglio avevano avuto il loro contraccolpo : e l’impulso primo venne dalla Carboneria francese e si diffuse per opera degli studenti della Sapienza. Ma se cerchiamo un nesso fra questa preparazione e quella emiliana, constatiamo con doloroso stupore che non vi fu, o fu minimo e superficiale: o per meglio dire con diversità di intenti. Infatti gli spiriti inquieti romani cer- 122 Rassegna Bibliografica cano appoggio, direttive nella famiglia Bonaparte, i appi esentata da vari suoi membri, rifugiatisi nella Città Eterna e desiderosi di restaurare almeno in parte la fortuna di Napoleone È qui c e si pensa al Be di Roma; ed una napoleonide, Elisa Baciocclii, nata nel 1802 e sposatasi a 18 anni al conte Filippo Camarata Passione; di Ancona», si assume l’ardua impresa di recarsi a Vienna, tentar di avvicinare il cugiiietto duca di Reiclistadt e offrirgli la corona d'Italia. .Ma la polizia viennese, forse preavvisata da quella pontificia- è già vigilante, e nota « la condotta stravagante » della giovine signora e i'suoi «discorsi imprudenti relativamente a ciò che riguarda la sua famiglia materna» (essa è figlia di Elisa, sorella di Napoleone) ; ne sorveglia i tentativi per isolarsi col duca e la cor rispondenza con Itati, che risponde evasivamente ; e finisce col un viaria, senza che nulla possa· concludere. Vistasi chiusa questa via, i congiurati si rivolgono al principe Napoleone Luigi, primogenito dell’ex re d’Olanda, che già si era abboccato a Firenze con Ciro Menotti, dopo l’abbandono di Francesco IV. La morte del Papa Pio Vili, il 30 novembre, offre un’occasione propizia entro i novendiali, notoriamente turbolenti, che precedono il Conclave. Esitanze, inesperienza, aiuti mancati fanno rinviare il tentativo sino all’ultimo momento e permettono alla polizia di seguire i preparativi : il 10 dicembre, mentre pioveva allegramente, sul far della notte, una sessantina (o appena un terzo?) di congiurati, o non avvertiti in tempo della sospensione, o troppo scalmanati per obbedire, si radunarono in piazza S. Pietro, e poco dopo si allontanarono delusi. Il caso, ingrandito dalle chiacchiere del popolino e dalle denunzie, o fatte, o in parte inventate per ne cessit à diploma tiche, assunse l’aspetto di una sommossa , che non v’era stata: fu allontanato da Roma e inviato a Firenze il principe Luigi Bonaparte, il secondogenito dell'ex re d’Olanda, che più s’era messo in vista per la causa del fratello, e furono esiliati parecchi e prese precauzioni di vigilanza. Mentre tutto rientrava in pace in Roma, nelle corti estere giungeva l’eco esagerata di quell’ombra di tentativo e nascevano violenti contrasti diplomatici col Re del AVürtenberg, che esigeva soddisfazioni pel tentativo di arresto, avvenuto IMI dicembre in Roma, di suo nipote, il sedicenne Gerolamo Bonaparte. Dopo allora, l'opera dello spionaggio si fa più intenso da un lato, dall'altro cresce quella della propaganda con stampe clandestine largamente diffuse per tutto lo Stato Pontificio, con satire e pasquinate, con canti rivoluzionari; persino collo scoppio d’un petardo il 18 gennaio 1831 presso il portone del Palazzo Apostolico in Quirinale : tutte manifestazioni che riuscirono a risolvere le incertezze del Conclave e a far tacere i partiti di esso, coll’ottenere finalmente l’elezione di papa Gregorio XVI, il 2 febbraio. Rassegna Bibliografica i 23 Lo scoppio -della rivoluzione a Modena, il .suo propagarsi in Romagna, enitro lo Stato Pontificio dunque, ravviva il desiderio dei carbonari romani di tentare qualche cosa: Si doveva agire il 5 feb> braio : sino al 12 si rinvia per tre sacrosante ragioni : si è troppo in pochi, non si hanno armi, non si ha un piano ben definito. E nel temporeggiare, le spie anno buon gioco per prevenire e reprimere. Il 12 febbraio « le porte della città sono sbarrate, le piazze occupate dalla truppa, la guarnigione consegnata in Castello ». Di giorno un gruppo di congiurati, vestiti in maschera (s’era di Carnevale) ò subito arrestato alla sua uscita dal palazzo Piombino. Disorientati, gli altri rinviano il tentativo alle tre .di notte. A sera cominciano a farsi, gruppi nelle vicinanze di Piazza Colonna. L'arresto di due congiurati, compiuto dal Comandante della Gran Guardia posta presso la piazza, dà l’allarme e un congiurato, un tal Lupi, dà con un colpo di pistola il segnale dell’attacco alla Gran Guardia, la quale reagisce ai ribelli, scaricando i fucili e assalendo alla baionetta, tra il panico della folla ignara. Gli assaliti, che non avevano armi (contavano procurarsele di sorpresa ne’ Corpi di Guardia più tardi), si sbandano. E fu tutto l’attivo. Il passivo cominciò subito: arresti, perquisizioni, denunzie, inacerbimen-ti polizieschi, formazione di un Consiglio di Guerra, misure repressive e preventive che il Pro Segretario di Stato, carid. Befnetti prese con grande avvedutezza, in modo che all’estero questa volta giunse l'eco affievolita del piccolo tentativo, come di una ragazzata. I carbonari furono più che mai sfiduciati dell’insuccesso e della reazione popolare, che si abbandonò a sincere dimostrazioni di devozione al Papa e attaccamento al Governo, sonando di santa ragione liberali, sospetti o no, che in qualche modo si rivelassero imprudentemente in pubblico. Il Pontefice, preoccupato sempre più del moto delle Romagne, dopo aver tentato invano le vie della conciliazione, si decide il 19 febbraio a scrivere a Vienna, invocando l’intervento straniero. E vi era ben ragione di ansia, poiché il generale Sercognani, insensibile alle esortazioni del Governo Provvisorio di Bologna, a marce forzate si dirigeva attraverso le gole degli Apennini su Roma, ove il card. Bernetti apparecchiava di furia armi e armati per la difesa. A Roma intanto il popolo si abbandonava a dimostrazioni di entusiasmo, abilmente eccitato, verso il Papa: tale ad esempio quella del 21 febbraio in cui gli abitanti del Rione Monti staccò i cavalli della vettura papale e trascinò in trionfo da S. Pietro sino al Banco di fi. Spirito Gregorio XVI, sinché costui rinunziando alla meta, non riuscì ad ottenere d’essere ricondotto in Vaticano. Le notizie della spedizione del Sercognani avevano messo in orgasmo il Papa, il quale non ebbe pace sinché non fu organizzata la difesa a 124 Rassegna Bibliografica Civita Castellana e, meglio ancora, sinché non ebbe la certezza dell'aiuto austriaco colla notizia che l'esercito imperiale del Frimont era avanzato, il 28, su Ferrara e si accingeva a ridurre alla ragione le popolazioni ribelli. Il 7 marzo finalmente il card. Bernetti poteva dare Γannuncio ufficiale che gli Austriaci erano penetrati nello Stato Pontificio. Ma a quali patti? Lo ignoravasi affatto : e liions. Pecci dubitava esistesse un concordato che stabiliva un’oc •cupazione dello Stato per quattro anni e una indennità di sei milioni all’Austria. Intanto Mettermeli aveva giocato Luigi Filippo nella questione del « non intervento », mettendo la Francia nella ridicola posizione di non poter far rispettare il principio che essa aveva dichiarato di voler imporre colle armi. Un mutamento di ministero salva alla peggio la violazione del principio e solleva il Segretario di Stato pontificio dall’imbarazzo di giustificare la richiesta del Papa delPin-tervento straniero. Ma l’avanzata minacciosa del Sercognani mette in nuove ansie il Governo : si prendono misuro per la difesa della Capitale e si tenta riorganizzare l’esercito pontificio, nel timore che il tardigrado esercito austriaco non giunga in soccorso a tempo. Inoltre questo aiuto austriaco è una spina nel cuore a Luigi Filippo, che appunto in questo momento di incertezza angosciosa manda a Roma P8 marzo Pambasciatore Saint e-A'U jair e a proclamare l’amicizia e la protezione della Francia pel. Pontefice, si pro^ clama sostenitore dell'integrità dei suoi Stati, si dichiara pronto aft agire d'accordo con Lui per la pronta repressione della rivolta : in realtà a bilanciare e controllare l’azione dell’Austria, e ad ottenere concessioni in campo amministrativo che dimostrino una certa piccola soddisfazione a’ liberali e rialzino lo scosso prestigio della* Francia. Così nacque l’idea di una conferenza a Roma, sul tipo di quella di Londra per il Belgio, nella quale dominasse la Francia col suo ambasciatore tra il cardinal segretario e Pambasciatore d’Austria, mentre due squadre francesi nelle acque di Civitavecchia e di Ancona si mostrassero pronte ad appoggiare gli argomenti del loro Ambasciatore colla voce del cannone. S’immagini lo sdegno del card. Bernetti a vedersi (mentre gli insorti erano a Otricoli e 40.000 austriaci attendevano ordini da Vienna per avanzare da Ferrara su Bologna) sotto la minaccia di uno o più sbarchi francesi; e, come se tutto ciò non bastasse, sotto l’incubo di quella conferenza su questioni che riguardavano l’ordine interno dello Stato, per riceverne la decisione da stranieri! L’accenno al Belgio velava forse una intenzione: di formare delle provincie in mano agli insorti uno stato a sè, come il nuovo regno di Leopoldo I di Coburgo Gotha? Rassegna Bibliografica 125 Questo pericolo parve scongiurato per l’appoggio inglese al Pontefice: però anche qui a patto (li concessioni liberali, da stabilirsi in una conferenza. Il 19 marzo il Sainte-Aulaire giunge a Roma «per impedire (profonda ironia!) l’avanzarsi delle truppe austriache negli Stati della Chiesa» : e contemporaneamente vi giungeva il magnanimo appello della Vanguardia del Sercognani, incitante Roma a scuotere il giogo teocratico : i liberatoli erano alle porte, pronti ad aiutarli. Il 20 marzo gli Austriaci occupavano Bologna, il 2G capitolava Ancona e subito dopo la Vanguardia era sciolta e i volontari si sbandavano colla disperazione in cuore... Un gran cruccio cessava pel card. Bernetti: ma ne rimanevano ben altri! Il Sainte-Aula-ire, cui egli aveva dato Pannunzio dell’occupazione di Bologna, era sdegnato che il .fatto compiuto impedisse la sua missione di trattenere gli Austriaci fuori dello Stato, e protestò. Invano: che la caduca del ministero Laffitte, sostituito da quello di Casimir Périer, parve smentirlo colla famosa frase del suo capo « nous 11e concédons à aucun peuple le droit de nous forcer à combattre pour sa cause, et le sang des Français n’appartient qu’ à la France ». Ma non meno famosa la replica del La ma rq rte : «au delà des Alpes! la foi française et la foi punique sont désormais synonimes ». Ma di fatto la Francia non poteva ritrarsi senza vergogna: onde si pensò ad aprirsi un passaggio attraverso gli Stati Sardi, se ΓAustria non si ritirava. Ed ecco il card. Rernetti a giustificare, con un’abile nota a Parigi, l’intervento austriaco negli Stati della Chiesa, senza però che Parigi disarmasse: chè anzi Parigi rispose invece, come replica, a \ ienna, dimostrando la necessità di una conferenza delle Grandi Potenze per rimetter la pace negli Stati Pontifìci (31 marzoi. Si ribattè da Vienna che era stato inviato ordine al Fri-mont di retrocedere, lasciando piccole guarnigioni ad Ancona e Bolo-gna, che rimarrebbero sino alla chiusura' della Conferenza, accettata senza obiezioni. Dopo nuovi contrasti, fu scelta Roma a sede di essa. Si concluse vi partecipassero (oltre la Francia) l’Austria, la Prussia e la Russia, e intervenisse anche l’Inghilterra, benché non ufficialmente (come protestante nella capitale del cattolicesimo), per mezzo di un Rappresentante. Il card. Bernetti intanto, preoccupato delle conseguenze, che un troppo rapido ritiro delle truppe austriache dallo Stato avrebbe potuto portare, cercò di ritardarlo col richiedere prima la formazione di un esercito mercenario, in un primo tempo in Germania,.in un secondo in Austria: mentre con abili Notificazioni al popolo faceva in-travvedere la possibilità di un’amnistia e di concessioni di regime, tutte dovute alla- bontà infinita del Sovrano Pontefice. Così si giunse, il 13 aprile 1831, alla seduta preliminare della Conferenza di Roma, dalla cui azione il Governo Pontificio sperò 126 Rassegna Bibliografica potersi emancipare, emanando di sorpresa 1’Editto del li aprile, che prendeva energiche misure contro i compromessi nei moti, specialmente agli esulati, sia colle condanne processuali, sia colle confische idei beni. Protestarono subito i Ministri della Conferenza, e specialmente il rappresentante della Francia, il Sainte-Aulaire. La Conferenza minacciava di arenare sin dagli inizi, tanto più che la Santa Sede non poteva rassegnarsi a questa intrusione straniera ne' suoi affari interni; e d’altra parte aveva bisogno di appoggio, specialmente di quello dell’esercito austriaco, per salvare lo Stato ancora minacciante ruina. Il card. Bernetti allora, per accaparrarsi i Rappresentanti alla Conferenza delle Potenze contro il Sainte-Aulaire, comunicò loro un Proclama del 16 febbraio dei ribelli di Ancona, da cui risultava che la Francia era l’istigatrice della insurrezione. 11 Saint-Aulaire parò il'colpo, smentendo tutto, contro l’attesa degli insorti, che si credettero traditi, e contro le direttive del Governo Francese : ma bisogna riconoscere che più d’una volta il Sainte-Aulaire fece durante la Conferenza una politica propria, a costo di sacrificare poi sè stesso a cose finite, per ottenere vantaggi al suo Paese : cosicché, obbedendo sul posto alle mutabilità degli umori e delle condizioni dell’ambiente, andò di proposito contro le istruzioni che gli giungevano, giustificando poi col ministro Casimir Périer le ragioni della sua condotta, mentre in Francia il giornalismo indignato reclamava il suo richiamo. Intanto ai rappresentanti delle quattro potenze maggiori : Francia, Austria, Prussia, Russia (cioè gli Ambasciatori: il conte Sainte-Aulaire, il conte Lutzow, il barone Bunsen e il principe Gagarin) si aggiunse il 19 aprile il Brook Taylor, come Agende dell’Inghilterra: e la presenza di costui, fu benefica e moderatrice, permettendo alla Conferenza di ripigliarsi, e insieme dando modo all’abile Sainte-Auiaire di affermarsi sulla questione -del ritiro delle truppe austriache, colla minaccia di una crociera francese nell’Adriatico. Di riflesso il card. Bernetti tentava invano di arruolare milizie mercenarie in Irlanda, in Austria, in Isvizzera; e il Frimont ebbe ordine di non più muovere le sue guarnigioni da Bologna, Ferrara ed Ancona. Usciva inoltre un nuovo Editto pontificio di amnistia, del 30 aprile, assai più largo di quello del 14 aprile, più consono alle direttive francesi, ma che però non soddisfece appieno nè liberali nè conservatori: e il Bernetti, nel comunicarlo alle Corti straniere, mostrava la necessità· di non essere abbandonato senza difesa al perico- lo immanente di nuove rivoluzioni. Tuttavia la Conferenza continuò e insistette per l’applicazione immediata dell’amnistia, estendendola alla Capital’e: ma qui trovò la resistenza del Governo, che mostrò il pericolo di infirmare la popolarità del Pontefice di fronte ai cittadini, tutti contrari alla rivoluzione; e così si acquietarono gli spiriti sull’argomento dell’amnistia. Rassegna Bibliografica 127 Il secondo punto, della partenza degli austriaci, si risolse colla proposta dei Conferenzieri che pel 15 maggio gli Austriaci si ritirassero da Ancona, ed entro un mese dallo Stato, a condizione che fosse mantenuto integro il potere temporale del Papa e che fosse garantito da qualunque aggressione. Contemporaneamente il card. Bernetti chiese la cooperazione degli altri Stati d’Italia per ottenere dalla Conferenza una proroga alla partenza delle truppe austriache, sinché non si avesse un « atto di garanzia » delle Potenze. Non aderirono Firenze e Napoli : più favorevole fu Torino, che cosi aprì una fase nuova della Conferenza, col farvi partecipare il barone de Orosa, quale rappresentante del Piemonte accanto a quelli delle cinque grandi Potenze, dalla fine di maggio sino al termine. A Cavour toccò poi il merito di rinnovare e ampliare il principio, che il rappresentante del Re idi Sardegna partecipasse a Congressi Europei. Così si passò al terzo punto, il più intricato, quello delle riforme per cui le Amministrazioni Comunali dovevano emanciparsi dal Buon Governo, ed elementi laici dovevano essere rappresentati in esse ed in ogni grado dell’Amministrazione Statale. Il rappresentante della Prussia ebbe l’incarico di redigere un Memorandum delle proposte, non certo gradite alla Corte di Roma, ma subite, per ottenere il famoso atto di garanzia delle Potenze. E questo quarto punto della Conferenza rimise di fronte Austria e Francia, poiché la Francia non intendeva dare garanzie prima dello sgombero austriaco. Allora il Monsignor Presidente delPArmi bandì un arruolamento volontario per l’esercito pontificio, mentre privatamente disponeva per far passare in questo parte delle Truppe Provinciali. Ma queste misure mostrarono subito il grave pericolo di nutrir le serpi in .seno, temendosi che tutti i « malintenzionati)) si arruolassero: tanto pili che al principio di giugno corse voce che molti di essi, travestiti da contadini, cercassero penetrare in Poma per farvi un colpo di' mano. Infine con l’istituzione di una Cassa di ammortizzazione e colla emissione di un prestito di 500.000 scudi si provvedeva al miglioramento economico dello Stato. Contemporaneamente si radunava a Parigi dal 6 al 18 giugno una Conferenza internazionale per discutere sulle riforme, sulla abolizione delle confische e su un’amnistia completa da proporre al S. Padre, prolungando l’occupazione austriaca delle Legazioni sino al 20 luglio. E si venne, finalmente all’atto di garanzia, col riconoscere alla Santa Sede « le droit incontestable d’appeler à son recours contre des troubles intérieurs qu' il ne serait pas en état de réprimer par ses propres moyens, la Puissance dont l’appui Itti paraîtrait le plus op- 128 R ASSEG ΧΛ BlBLIOGRAFICA portuu, comme à celle-ci la faculté entièrement libre d’accorder ou de réfuser ces secours.». Così il 30 luglio terminò la Conferenza di Roma, senza risolvere· interamente alcuno de’ q-uesiti propostisi, ad eccezione di quello dell'evacuazione delle forze austriache dallo Stato. L’amnistia rimase incompleta, cliè 38 esuli ne furono esclusi, e un tentativo di co pi-razione in Roma giustificò nuovi e più numerosi arresti : le riforme furono illusorie; gli amnistiati non si fidarono, a ragione, delie 'promesse e si mantennero prudentemente al largo. Il famoso Memorandum che doveva iniziare la. nuova era di Roma, inosservato, servì invece nelle mani dei ribelli a mostrare che tutte le nazioni erano loro favorevoli (se ne servì persino Cavour nel ’59). Oli implicati nel moto, arrestati il 10 luglio e i giorni seguenti, finirono senza processo nelle carceri di Civita Castellana ; e il card. Bernetti il 28 luglio dava notizia ufficiale del moto alle Corti amiche, informando che s’erano· compiuti solo 14 ( ;) arresti e che la tranquillità di Roma non era sta-ta per nulla turbata. E... due anni dopo usciva la sentenza su i 375 implicati in questo ultimo tentativo rivoluzionario di Roma ; e sino alla fine del 1838 restavano milizie austriache e francesi nello Stato ! Quando la Francia ottenne la rivincita diplomatica di far ritirare le truppe austriache dallo Stato Pontificio, che se ne sentì sollevato e considerò quell’atto come una sua vittoria, cominciò per il Papa una triste necessità di procedere a quelle concessioni di riforme, di cui ci parlò la Del Piano. Con risultato minimo, si può aggiungere. Ma non nullo, poiché le qua/ttro legazioni in special modo attendevano ansiosamente un governo amministrativo secolare, e lo richiedevano in rispettose e coraggiose petizioni, in fogli alla macchia largamente diffuse, in manifestazioni pubbliche. Intanto la delinquenza, che durante la rivoluzione era scomparsa, risorge colla restaurazione reazionaria, e diviene necessità che si conservino le Guardie Civiche de’ singoli paesi, formate di 'uomini che, più o meno umili, avevano acquistato coscienza della libertà senza esserne stati compromettenti campioni tanto che austriaci e papalini ne concessero l’istituzione, indispensabile per la sicurezza pubblica, a cui la Gendarmeria pontificia era insufficiente. Collaborò con questa, si trovò presto in urto colle truppe regolari. Cercò di organizzarsi a sè, unendo le Guardie Civiche de’ vari paesi : non le fu concesso. Chiese un Ispettore Generale di esse, eletto dal congresso di tutti i comandanti. Neppure questo fu concesso. Questi avvenimenti del settembre ’31 culminano nel Congresso^ di Faenza del 21 ottobre in cui il rifiuto di portare la Coccarda Pontificia ordinata alle Guardie Civiche, non voluta dai più, fu fonte di disunione e di guai : ma mostrò come il fermento liberale continuasse ad agire potentemente. Ne approfittò la reazione : e tra il settembre e il dicembre 1831 si ebbero numerosi delitti politici, che un anonimo fa salire a 47 : mentre i prolegati imperversavano con vessazioni d’ogni fatta sulle infelici Provincie minacciate dai'Pinvasione de’ Pontifici. Romeo Galli, che ci narra questi avvenimenti in Imola e la rivo luzione del 1.831, ci fa sentire la crescente tensione de’ rapporti tra Roma e le Legazioni, le quali, mentre protestavano ad una voce di voler 1 unione e la concordia, si avviavano invece a scissioni sempre maggiori. E se non si ebbe una seconda Rivoluzione in fine di quell’anno fatalte, tu perchè mancò l'uomo capace di guidarla. Perciò Roma, più abile, finì col sopraffare, certa ormai di un nuovo intervento austriaco al primo appello e delPappoggio delle Potenze. E’ interessante leggere come furono ingannate, disgregate, spinte ad eccessi le Civiche, per giustificarne il disarmo e lo scioglimento il 2.7 gennaio 1832: lo stesso giorno in cui <;li austriaci ripiombavano su Bologna, ove giunsero il domani. Seguirono, è noto, anni di dura servitù per le provincie di Romagna «nelle quali (scriveva con spirito profetico il conte Giuseppe Alborghetti da Roma) una forza straniera comprimente rinnoverebbe un precario effetto bensì, ma distruggendo gli avanzi di ogni risorsa, e screditando il Governo : come si preparerebbe irreparabile alla S. Serie una perdita, alla prima opportunità». * * * Ci rimane ora da trattare in questo complesso quadro dei moti del ’31 della sorte dei rivoluzionarii, che, l’intervento austriaco e la resa di Ancona, abbandonarono alle vendette altrui o ad un esilio perenne. Nel vol. II della Collezione storica del Risorgimento Italiano di Modena Albano Sokbelli ci racconta le pagine più tristi, benché anch’esse gloriose, della storia del ’31, cioè « L'epilogo della Rivoluzione del '31 ila Rimini a Venezia ». Sappiamo quali siano i meriti del valoroso ricercatore su questo periodo, attestati da numerose pubblicazioni, precipua quella : Opuscoli, stampe alla macchia e fogli, volanti, riflettenti il pensiero politico italiano Ì1830-1835), Olschki, Firenze, 1!)27. che fornì il materiale maggiore alle ricerche degli stu diosi. In questo volume il Sorbelli riprende il filo della narrazione quando ormai lo scoramento era, entrato nell’animo degli insorti pel tradimento dell’Austria. La quale, al richiamo del Papa, aveva fatto passare alle sue schiere il Po, aveva occupato Ferrara, e quindi con 130 Rassegna Bibliografica forze prepotenti e bene armate aveva facile gioco a rioccupare la pio-vincie pontificie, in cui il generale Zucclii a capo di un picco o esei cito male fornito di armi e di difese stendeva un leggero velo di protezione su’ membri del Governo Provvisorio e sui oito tsi pi compromessi nella Rivoluzione che si ritiravano piedpi osameli e m Ancona. Il 20 marzo lo Zucchi è ad Imola, il 21 a Faenza e continua di «ionio in giorno a retrocedere cauto, mentre gli austiiaci ic il pert in avanguardia lo incalzano. Intanto i membri del Governo provvisorio, giunti in Ancona, si dimettono prontamente e coraggiosamente, dopo aver eletto il 23 un triumvirato, di cui due membri erano assenti e all’oscuro di tutto: lo Zucclii a Cesena, intento alla guerra, e il cav. Francesco Borgia presso il Sercognani nell Lmb ìa. Unico presente il conte Pietro Ferretti di Ancona, che evidentemente non poteva assumere il governo per i colleglli : tanto più * ie & i avvenimenti precipitavano. . Gli Austriaci rientravano nelle città dell’Emilia, nelle quali rinasceva 'una folla prodigiosa di devoti entusiasti dei 1 onU ce. p pure vi fu un episodio glorioso che il Sorbelli rievoca meglio di quanto si sia fatto per il passato, facendone risaltare il valore nazione, e. Lo scontro di Rimini del 25 marzo, nel pomeriggio In esso i soldati raccogliticci dello Zucchi respinsero più volte 1 soldati austiiaei de generale Menger infliggendo loro gravi perdite e ne rallentarono l’avanzata, benché essi stessi per evitare di essere aggirati fossero costretti a ritirarsi verso Cattolica. 11 2G lo Zucchi passa per 1 esaro e Fano e pernotta a Senigallia. Vi era giunto da poco quando il colonnello Ragani, provenien e da Ancona, (benché fosse diretto non a lui, ma al Geppert) gli annunziava che era stata firmata la capitolazione, il giorno s esso, tra il cardinale Benvenuti e il Governo provvisorio ! Incredulità, sgomento, disperazione. Vi fu chi parlò anche di tradimento. Ordine di sciogliere l’esercito. Voci fatte correre ac arte, che il Papa concedeva amnistia generale. Ognuno poteva rientrare a casa sua, buttate via le coccarde tricolori. Gli austriaci avrebbero cessato l’avanzata e non avrebbero più molestato alcuno. il che non era vero, nè lo credettero gli insorti. Si decise dunque, per evitare il peggio, di recarsi alla spicciolata in Ancona, entrando nel Lazzaretto, ove furono disarmati e raccolti. E i più compromessi procedettero alla loro partenza, cercando affannosamente imbarco per Corfù e per Marsiglia, poiché il cardinal Benvenuti prometteva loro passaporti che ne garantivano 1 ìm-munita ; e in verità furono loro forniti. Ma il Geppert il 28 stesso dà Senigallia rispondeva al cardinal Benvenuti « che, non essendovi stato di guerra con alcuna legittima Rassegna Bibliografica potenza,, non posso entrare in trattative con chicchessia e che mentre continuerò le operazioni militari senza remora alcuna, impiegherò a tresì la i orza ogni qualvolta io potessi incontrare resistenza, non senza usare rigorosamente «di ogni diritto a carico di coloro che ne fossero responsabili ». Intanto fra il 2ϋ e il 30 marzo si imbarcatilo su navi e barche vane ni complesso 370 profughi, protetti da bandiere pontificie e da inglesi, diretti a porti vicini o lontani, stipati in cinque ove ce ne sta appena uno, male approvvigionati, male coperti, male riforniti di denaro, affidati tuttavia al passaporto pontificio e speranzosi, benché ignari del domani. Il brigantino «Isotta», con 97 passeggeri è quello però che raccoglie i personaggi più importanti della rivoluzione e guida la nave e le loro sorti il capitano Sante Lazzarini. II Sorbelli scagiona costui dalPaccusa di tradimento, non da quello di sordida avarizia e di inumanità. Sta il fatto che le due navi da guerra Enrìclu tta (su cui stava il capitano Bandiera, là cuj opera dovevano riscattare un giorno i tigli Attilio ed Emilio) e Sofia arrestarono l’«Isottta » e, trattati i passeggeri come corsari, li perquisirono e, sospettando che tra essi vi fosse pure lo Zucchi, presa di mezzo la na\e, la condussero a Venezia. Quivi cominciò la più misera prigionia, tra attese snervanti, inquisizioni odiose, avvilimenti di ogni specie. Il metodo seguito negli interrogatori mostra che l’Austria sospettava di Francesco d'Este e voleva accertare le sue relazioni co’ rivoluzionari, dòpo aver stabilito le responsabilità di o31 si comincia col liberare i sudditi pontifici. Più lunga e dolorosa fu l’odissea dei sudditi estensi In favore loro aveva agito energicamente il Misley a Parigi, e quasi dirigendo 1 azione diplomatica del Governo di Luigi Filippo: ma più tenace era la resistenza dell’Austria e quella di Francesco IV che sperava avere nelle sue mani i suoi ribelli per fare le sue vendette come già il 26 maggio le aveva fatte su Ciro Menotti. Sull inizio del le famiglie di questi infelici sanno finalmente che i loro cari non saranno consegnati al Duca di Modena. E alla fine davvero giunge l’ordine di liberazione, il 30 maggio. Quattordici mesi di prigionia, senza alcuna accusa plausibile, dopo un arresto in violazione del diritto delle genti, si chiudevano con una espulsione non meno vergognosa per chi la pronunciava, delle inique violazioni compiute. Imbarcati in branco, come pecore, e sempre prigionieri sulla «Medea» giunsero a Marsiglia dopo 28 giorni di navigazione. 132 Rassegna Bibliografìca Ma il Governo francese non volle che vi sbarcassero, e li rinviò’ a Tolone, donde poco mancò non li inviassero in Algeria ! Per intercessione altrui finalmente si concede loro lo sbarco, purché ritirino il passaporto per la Svizzera. Decisamente erano animali infetti Î Alle proteste generali il Governo francese ebbe tuttavia vergogna di sè stesso e concesse loro di restare in Francia, dopo una sosta comune a tutti in Moulins. Di lì, più tardi, diramarono per la Francia e l’Inghilterra, a guadagnar il pane «che sa di sale». In una sua breve memoria « I bolognesi prigionieri politici a Venezia nel 1831 » Fulvio Cantoni ci dà vari documenti sugli atti del Governo Provvisorio ad Ancona dal 22 al 26 marzo '31, aggiungendovi « un breve carteggio inedito fra i fratelli conti Rangone » e contribuendo così alla storia dei patrioti prigioni in Venezia. Il generale! Zucchi, come disertore austriaco, venne condannato a morte, poi per grazia rinchiuso in fortezza da cui lo liberò soltanto la insurrezione del 1818. * -* * Non possiamo assistere senza viva simpatia al gradito fenomeno di uno straniero, C. Vidal, che con animo amico si interessa vivamente alla nostra storia, sceglie il periodo di essa meno conosciuto all’estero e non studiato affatto, e non solo, lo fa oggetto di lunghe amorose ricerche in Francia, ma viene in Italia a scrutare i nostri Archivi e le nostre opere, costringendosi persino alla fatica di apprendere la nostra lingua. Il volume che si intitola: Louis Philippe, Metternich e/ la crise italienne de 1831-32 à il merito di studiare quel periodo italiano con larghezza di vedute, collegandolo alle vicende contemporanee d’Europa, imperniate alla Francia e ali’Austria, ed estendendone i limiti nel tempo ; dal 1830 al ’32. In Francia il Vidai non poteva contare su notevoli pubblicazioni : qualcuna sulle società segrete, dall’antico De La Hodde (18o0) al· recentissimo Perreux (1931) : i ricordi del Sainte-Aulaire, importanti, pubblicati del 1929, e le notizie sull’ambasceria del De Barante presso il Re di Sardegna (1930), anche queste di grande valore. Della produzione italiana, oltre il solito materiale delle Memorie varie di antica pubblicazione (quali il La Cecilia, il Mamiani) e dei vecchi storici (Cantù, Bianchi), pochissimo dei recenti. Oltre ad una accurata conoscenza della nostra Rivista storica del Risorgimen io, consultò lo studio del Michel sul Guerrazzi (1904), gli studi dello Sforza sulla rivoluzione del '31 e sul Misley (1909, 1917), e sul Risorgimento del Manfroni (1924). Tolto un articolo del Canevazzi, ignora tutto il lavoro della Rassegna Bibliografica 133 .scuola Emiliana e Marchigiana; ed è naturale perchè contemporaneo al suo. Ma questo auzichè nuocere al1 Vidai gli giovò : poiché fu costret to a ricorrere direttamente alle fonti, rivelandoci il preziosissimo materiale degli «Archives du Quai d’Orsay » di Parigi, e dandoci di prima mano quanto desunse da 'uno spoglio lungo e coscienzioso di tutta la corrispondenza diplomatica, tra il 1830 e il 1832, scambiata· fra il Governo e gli ambasciatori francesi in Italia. Attinse perciò ai «Fonds» di Torino, Roma, Napoli, Toscana e ai «Fonds» Vienna e Londra, col risultato che logicamente deve ottenersi tra galantuomini : che le notizie combinano e spesso combaciano con quanto anno esposto i nostri recentissimi storici. E la lettura dà, quindi, un sentimento oltreché di piacere, di serenità, dovuto alla sicurezza di camminare sul vero. Il Vi dal· venne pure a Roma e consultò Γ Archivio Vaticano. Certo non vi potè fare lunghe ricerche; ma non ne sentiamo affatto la mancanza, avendo ampiamente un compenso nell’opera esauriente della Del Piano, per quanto riguarda sia la Rivoluzione romana, sia il lavorò diplomatico tra Roma e le grandi Potenze d’allora. Ci rimane ancora da conoscere la corrispondenza diplomatica da Vienna e da minori archivi pubblici e privati: ma ormai non vi sarà nulla da sconvolgere con rivelazioni stupefacenti nella paziente opera di ricostruzione storica oggi compiuta su questa rivoluzione. Premesso ciò, poco rimane a dire sul· volume del Vidai, il quale, nelle questioni che interessano direttamente la sua Francia-, sa essere in generale obbiettivo, «l^es Trois Glorieuses» (è naturale) lo esaltano, perchè segnano in Europa la ripresa della marcia verso la libertà. Ma lungi dal sentire i punti deboli della posizione di Luigi Filippo in Europa dopo le tre giornate di luglio, lungi dal preoccuparsi delle ruine che minacciano quella Monarchia e che la costringono a buttar tant’acqua sopra il proprio e gli altrui incendii rivoluzionari da lei provocati, il Vidai vede questa Francia arbitra .nei destini d'Europa sin dal suo sorgere. Perciò Luigi Filippo, bontà sua, è nel 1830 pieno di benignità pacifica verso ΓAustria, mentre questa è subdolamente aggressiva. La questione del riconoscimento non à quasi importanza, l’accentrarsi in Francia dei rifugiati inquieti d’ogni nazione non à significato ostile, il favorire palesameute rivoluzioni in Belgio, in Polonia, in Italia, in Ungheria sembrano tratti di buona amicizia internazionale, e stupisce il vedere che i governi, col Metternich a capo, non li gradiscano. Se poi Luigi Filippo, dopo aver proclamato il principio del « non intervento», che è il motore di ogni sforzo generoso liberale, se lo rimangia appena sarebbe dovere farlo rispettare, ΓΑ. chiama l’atto semplicemente «la politique italienne de Casimir Périer», e non sente la terribile responsabilità del Re borghese che provocò i moti e poi abbandonò gli 134 Rassegna Bibliografica inermi rivoluzionari alle baionette austriache e alle vendette pontificie. Questo non conta. Tutt’al più vanta come un nuovo trionfo francese il risultato della schermaglia diplomatica, uscito dalla conferenza di Roma. Si viene quindi ad una visione un po’ ingigantita de’ meriti francesi in Italia. Ingigantita, ma pai* fortuna innocua, perchè sentiamo che non è dovuta ad acredine: chè, se l’interpretazione a volte non ci persuade, il documento è dato oggettivamente e ciascuno è libero di intenderlo a modo suo. Ne vengono apprezzamenti curiosi. Ecco una nota a pag. 20 : «La Maison de Savoie, qui régne aujourd’ liui sur l’Italie, après l’avoir unifiée grâce au concours des aimées >de Napoléon III, fut en somme sauvée par la diplomatie de Louis XVIII, à Verone, en 1821. Cet «immense service» mis eu lumière par Bianchi, Costa de Beauregard et tout récemment par la pubblication des documents conservés au Quai d’Orsay a fait l’obiet, en Italie, d’aigres polémiques dont les initiateurs se souciaient fort peu de la vérité historique. De Ferrerò à Nello Rosselli, censeurs et pédants ont pris à coeur de démontrer Vinnocence de Metternich et de se faire les champions de la pure/té et du désintéressement de la diplomatie des ilabsbourgs. Tout récemment, une critique superficielle a essayé de démontrer qu’un document autrichien détruisait nécessairement tout texte français qui le contredisait. Que diront les initiateurs de cette singulière méthode historique lorsqu’ ils appliqueront leur exégèse, au récit des batailles de Magenta et de Solferino î». Sono argomenti troppo seri per discuterli cosi di passata ; ma che proprio in Italia si faccia l’apologia del Metternich e degli Asburgo, per far dispiacere a’ francesi? E non si preoccupi il Vidai per Magenta e Solferino. Gli Italiani non sono nè smemorati, nè ingrati; e ricordano sempre tanto il bene, come il male che ricevono, con quella serenità che è equilibrio di animi sani, e che gli stranieri stessi sono costretti a riconoscere loro, anche quando non riescono a ricambiarli. Del resto, a conferma che si può predicar bene pur razzolando male, le conseguenze de’ moti del ’31 furono che gli Austrìaci si insediarono nelle legazioni e che l’anno dopo i Francesi occuparono Ancona al primo pretesto, per bilanciare l’azione austriaca e non ne uscirono che il 3 dicembre del 1838, se non dopo che gli austriaci il 30 novembre avevano abbandonato Bologna. Bella soddisfazione politica! Ma in che rapporto coi principi della monarchia orleanese, colla dottrina del «non intervento», coll’impegno preso d’essere in Europa i campioni del liberalismo? L’occupazione di Ancona significò cooperazione coir Austria a tenere in freno i liberali italiani e a rinsaldare l’assolutismo fra popolazioni frementi. E diede appiglio Rassegna Bibliografica 135 nel ’49 all’assedio di Roma, e ci costò Mentana, sempre in nome del santo principio del «non intervento». Ma torniamo all’opera del Vidai, che nel suo insieme appare concepita e condotta robustamente, anche quando ci dice cose che sappiamo già ; e dice bene cose nuove. Ad esempio delle prime, le pagine sui Jtonaparte in Italia : delle seconde, varie notizie (anche se a volte rasentano le chiacchiere) sulle corti di Toscana e di Napoli, attraverso le relazioni degli ambasciatori. Maggior interesse anno le notizie sui Piemonte, sulla successione di Carlo Felice, sulle mene dei rifugiati per preparare l’invasione della Savoia. Una curiosa notizia trovo a pag. 117, e credo inedita, in un rapporto del Ministro dell’interno a quello degli Affari Esteri in data 31 ottobre 1831. Vi si narra che Francesco IV «tit appel au Prince de Canosa, singulier personnage qui s’était tristement signalé... en prenant part, en 1830, à un mystérieux attentat pour supprimer le Prince de Carignan afin de laisser la couronne de Sardaigne au Duc de Modène ». La posizione del Piemonte nel 1831 fu oltremodo difficile. Carlo Felice, reazionario della più bell’acqua, ma probo e tenace, si trovò negli ultimi giorni della sua vita di fronte ai problemi più ardui per la sua coscienza di principe e di uomo. Appena uscito dal dilemma della trasmissione della corona, e neppur contento della soluzione, sente i suoi stati minacciati all’interno dal lavorìo delle società segrete, all’esterno dai tentativi degli espatriati. I moti emiliani sono uno squillo di battaglia: il Piemonte ne sentirà i riflessi : tanto una rivoluzione nel paese quanto una guerra tra Francia ed Austria sono possibili. Perciò sollecita le difese in Savoia: dà ordini perchè si provveda alla difesa delle coste, poiché giungono notizie sicure di prossimi sbarchi a Capraia, alla Spezia, a Genova. Il Gonni ci dà informazioni interessanti sulla Regia Marina Sarda dinnanzi ai nuovi impegni: la parola a volte sarcastica del Des Geneys mostra ri spettosamente al re quanta distanza vi sia tra gli ordini da Torino e le possibilità della flotta, troppo trascurata dopo gli allori di Tripoli. Ed è in questo critico momento che Carlo Alberto sale al Trono* Non é tuttavia questa l’ora della rivoluzione per il Piemonte. Il preparatore della coscienza nuova <1 Italia, Mazzini, e a Maisiglia ed à cominciato l’opera sua. Gli borici di Carlo Felice e di Carlo Alberto, numerosi e valenti, di ieri e d’oggi, anno già affrontato e risolto le incognite dei rapporti di questi due principi coi moti del 1831. * * * Studiando nel suo insieme tutti questi moti del ’31, che a tutta prima sembrano slegati, appare a mio avviso evidente che obbedì* 136 Rassegna Bibliografica scono a un disegno occulto comune, clie si deformò tuttavia col procedere degli avvenimenti. Le tristi esperienze del 1820 e del '21 aveva no persuaso Napoletani, Piemontesi, Lombardi che non vi era nulla da fare, pel momento, contro ΓAustria. Nell'Italia centrale, meno duramente provata, si ricominciò a sperare. Qui risorse il concetto di creare un Regno che fosse erede del Regno Italico : erede di quello Napoleonico nelle forme, ma prettamente italiano nel sentimento nazionale e nei propositi. Esso doveva fronteggiare l’Austria del Lombardo Veneto, approfittando degli imbarazzi che la politica Europea le avrebbero creati. Da.ppi.i-ma si sperò nelle complicazioni della politica balcanica : tramontate queste, nelle conseguenze delle giornate di luglio e nel proclamato principio del «non intervento». Ma a capo del nuovo stato chi mettere, che fosse già una forza col. suo nome e colla sua autorità? Gli antichi soldati di Napoleone sognavano il re di Roma, già cousa· rato dal padre con quel nome alla nuova missione: ma dimenticavano che non esisteva più che il duca di Reichstadt, già sacro alla morte e inaccessibile prigioniero «in austriache piume» a Schòn-brunn. Si parlò di rapirlo romanticamente, in modi fantastici; ma si capì subito la pazzia dell'impresa. E’ questo il momento in cui il Misley concepisce l’audace progetto, brutalmente pratico, di sfruttare l’ambizione di Francesco 1Λ di Modena. Pratico, eppure ad un tempo assurdo, perchè non poggiato su alcuna idealità, ma solo sul tornaconto. E' naturale cjie •appena la sicurezza di questo mancò, Francesco IV sciolse il contratto, e non considerò sè stesso un traditore. Austriaco era, austria-c-amente aveva regnato, austriaco restava. Ma intanto la preparazione era troppo avanzata perchè anche i liberali italiani potessero... rompere il contratto. Ben altri impulsi li muovevano Î La intollerabile schiavitù presente, la coscienza altissima del loro diritto alla libertà, il bisogno di proclamarlo, a prezzo elei loro sangue, la fiducia cieca (ben diversa dalla certezza) di riuscire, la sicurezza del «non intervento». Dal settembre 1830 in poi è una fervorosa preparazione delle sette carbonaro, che agiscono in un campo italiano nettamente limitato a settentrione dal Po, a mezzogiorno dal Lazio. Nella Toscana «stessa, adagiata in discreto benessere, emissari carbonari vengono a portare la parola d'ordine de’ comitati cosmopoliti di Parigi e di Londra. Le Marche, PEmilia, sono pronte ad insorgere: Modena precipita Pazione : Bologna, oltre il prossimo confine, le porge la mano. Cadono le barriere. L’insurrezione si propaga sino ad Ancona, risale dall’altro lato sino a Parma: ma la mancanza di coordinazione, la differenza e la diffidenza degli individui, idealisti e teorici, non ancora educati alla vita politica e guerresca, fa commettere un’infinità di errori a chi si Rassegna Bibliografica 137 è buttato nella rivolta: la pronta reazione austriaca paralizza quelli che se avessero visto trionfare l’insurrezione, vi si sarebbero uniti. Perciò i moti non divamparono in tutta l’Italia centrale, ma segnarono un arco di fuoco da Modena ad Ancona, i cui pallidi riflessi giunsero da un lato a Parma, dall’altro a Roma, per spegnersi presto. I n’azione rapida, concorde, avrebbe probabilmente condotto i ribelli a Roma, e giunti in essa non sarebbe stato facile snidarli. Non si pensava persiuo, colà, di farsi un ostaggio del Pontefice? Invece i moti si limitarono ad Ancona: la spedizione del Sercognani, giunta sino ad Otricoli fra mille impacci creatile dallo stesso Ministro della guerra del' Governo Provvisorio, fu arrestata dall’invasione austriaca e dalla resa d’Ancona. Da allora i liberali cercano scampo nell’esilio. La Toscana non si fa viva: il Piemonte è sospettoso di minaccie da Oriente e da Occidente, e il nuovo suo Re, studiando ogni suo atto, evita manifestazioni che possano comprométterlo agli inizi del suo Regno. I moti del ’31 sono falliti. Del regno dell’Italia Centrale itanto meno di quello d'Italia) non si paria più. Il sacrificio di Menotti e Borelli apparentemente è stato inutile. Quelli, che anno avuto fede nella libertà, o sono prigionieri a Venezia, 0 nelle prigioni papali, 0 •esuli a Corfù, in Corsica, in Francia. Parma e Piacenza, Modena tornano sotto il giogo antico, aggravato da rancori e da sospetti, e più che mai si infeudano all*Austria. Lo Stato Pontificio si dibatte, sotto la minaccia di orna completa ruina: o cadere in potere ai ribelli, 0 essere zimbello dell’Austria 0 della Francia, Vuua padrona del territorio colle sue milizie, l’altra pronta a sbarcarvi le proprie se la rivale non si ritira. E la diplomazia europea, riunita in Conferenza a Roma·, mostra a tutto il mondo la miserevole impotenza temporale a cui è ridotto lo Stato Pontificio. Ma il sacrificio di Menotti non è vano in realtà. Le idee del Misley rifioriscono con ben altra vastità e nobiltà di concezione nella mente di Giuseppe Mazzini, immediatamente e si può dire per germinazione spontanea. Come Ciro Menotti à santificato col martirio la propaganda Mi· sleyana, Jacopo Rufììni suggellerà col sangue la. parola di Mazzini. I moti del ’31 preludono la serie de’ moti Mazziniani, che otterranno la formazione di un’ampia coscienza italiana, per tutta la penisola; quella che mancava appunto a gran parte dei ribelli delle Romagne, senza che ne avessero coscienza, anzi mentre si illudevano di possederla e lanciando il grido di «viva l'Italia» correvano armati le loro terre. Strani risultati quelli del '31! Mettermeli si reputò vincitore della partita, avendo le sue milizie 138 Rassegna Bibliografica ben salde nelle Legazioni. Luigi Filippo credette essersi ripagato colla occupazione di Ancona e coll’imposizione delle riforme allo Stato Pontificio. Il Segretario di Stato del Papa, cardinal Bernetti, forse con più ragione, potè credere di aver domati i ribelli, messo in iscacco Austriaci e Francesi gli uni contro gli altri, e col sistema del rinvio (piglia tempo e camperai) di aver elHiso l’impegno delle Riforme. I vinti, in apparenza, furono i ribelli : ma negli esili, nelle prove essi maturarono l'avvenire e prepararono l’Italia nuova, dimostrando che in realtà essi furono i vincitori. E per quesito meritarono la nostra riconoscenza eterna, e la Patria, fatta colPaiuto di Dio la vendetta, di essi sui loro persecutori, eternamente li onora. Adolfo Bassi. Arnaldo Momigliano: L'opera dell'imperatore Claudio - Vallecchi, Editore, Firenze. Succeduto all’assolutismo di Caligola, Claudio capì la necessità di ritornare al principato augusteo, di ricongiungersi alla tradizione idi Augusto, clie pur accentrando l’effettivo governo dello stato nelle mani di un solo aveva però conservato e rispettato le istituzioni tradizionali della grandezza romana. Ma la intrinseca contraddizione, che era nella politica augustea tra il conservatorismo e il rinnovamento, permane nell’opera di Claudio, giacché non era possibili che i senatori avessero o riprendessero coscienza delle loro funzioni direttive e nello stesso tempo si limitassero a seguire fedelmente il programma dell'imperatore. Così che, volendo questi rinnovare il Senato nelle persone e negli spiriti, abbattè spietatamente le persone a lui ostili, sostituendole con fedeli. Ugualmente si spiega la sua lotta contro la classe equestre. Di qui tutta una serie di provvedimenti, coi quali l’equilibrio tra le antiche classi dirigenti e il principato, che Augusto aveva tentato di instaurare, veniva irrimediabilmente rotto. Primo di tali provvedimenti l’istituzione di una cancelleria imperiale formata da liberti appartenenti alla sua jamilia. Con l’aiuto di costoro e con l’appoggio dell’armata (Claudio ebbe l’abilità di sapersi assicurare, nei primi anni di governo, il prestigio del generale vittorioso specialmente con la conquista della Mauretania e della Britannia) l’imperatore procedette alla graduale diminuzione dell’influenza senatoria ed equestre non solo, ma ad allargare anche le basi del proprio potere, contribuendo cioèJ a trasformare i fondamenti dell’impero da puramente italici a cosmopolitici: Seneca riconosce questa tendenza quando scrive constituerat enim omnes Graecos, Rassegna Btbliograkica 139 Gallo*, Hispanos,, Brilatuios togatos videre. I contemporanei stessi sentirono a che cosa Claudio mirava e riconobbero il duplice volto della sua politica ; Vapocolocijntosis senecana è la migliore testimonianza. Questo in sostanza il contenuto del libro di A. Momigliano, che è certo uno dei migliori contributi a rettamente conoscere e valutare l’opera dell'imperatore Claudio. Antonio Giusti . Giacomo Devoto, Gli antichi Italici - Vallecchi, Editore, Firenze. «Da anni convinto che le lingue osco-umbre costituiscono una unità linguistica autonoma rispetto al latino; da tempo occupato a interpretare passi delle Tavole Jguvine; sono stato condotto quasi inconsapevolmente a raccogliere le sparse notizie sui popoli di questo ceppo che hanno occupato gran parte della penisola italiana, ma non avendo potuto impadronirsi del suo cuore, da Roma sono stati poi sopraffatti. Gli antichi Italici sono dunque i popoli di parlata osco-umbra». Così neUMiitroduzione il Devoto. Questi popoli, coi quali i romani dairimbria alle montagne della Sila vennero a contatto assoggettandoli, lino ai nostri giorni, sono stati considerati della stessa stirpe romano-latina. Ma la loro storia, quale si ha dal lavoro di molte discipline, i cui risultati il Devoto ci fornisce in bella sintesi, non conferma questa opinione. Intanto la loro lingua si avvicina moke volte più al greco che al latino, poi non solo il loro arrivo in Italia dal nord è più recente di quello dei latini, ma la loro espansione verso sud si compie in piena luce di storia fra il V e il IV sec. av. Cr., e in ultimo una diversa mentalità si appalesa nel fenomeno religioso e politico. Tutto questo svolge il Devoto in 10 capitoli di una ammirevole brevità succosa: dopo aver fatto la storia del concetto di « Italia », ci parla del loro, stanziamento nella pianura padana e della loro espansione nell'Italia peninsulare, collocandoli nel loro giusto quadro geografico e seguendone le vicende; quindi ne indaga la lingua, la scrittura, la cultura, la religione, Γorganizzazione statale e comunale. Negli ultimi due capitoli vengono riassunte le principali vicende delle guerre dagli italici sostenute contro Roma, nazionali prima tino al 270 :.iv. Cr., per difendere la propria autonomia, sociali più tardi per ottenere parità di diritti. Il libro {lei Devoto ebbe, e giustamente, buona accoglienza, e migliore è destinato ad averne (piando meglio sarà conosciuto e certe sue idee saranno dit lui stesso chiarite e svolte più ampiamente. E- in verità un libro di prini’ordine - il primo in Italia e fuori, che tratti sistematicamente degli Italici -, e fa onore alla collezione Vallecchi, che lo ospita. Antonio Giusti. Rassegna Birliograiica Ernesto Bignami^ La Poetica di Aristotele e il concetto dell'arte presso gli Antichi - Le Monnier, Firenze, li)32. Grandissimo interesse lui suscitato in ogni tempo la Poetica di Aristotele, tanto che qual'che anno fa due insigni tilologi, Cooper e Gudeman (A. Bibliography of thè Poetics of Aristotele, New Haven · London - Oxford, 11)28), hanno sentito il bisogno di raccogliere in un elenco, il più possibile completo, quanto per essa si è fatto dal '500 ad oggi : edizioni, traduzioni, commenti, ecc. Il primo capitolo, che parla delfe edizioni, comincia dal 1308 con la editio princeps, l’aldina di λ enezia, e giunge al 1827 con quella di Augusto Rostagni. E sul problema estetico in Aristotele e nelPanticliità hanno scritto, per limitarci a noi e al nostro tempo, il, Valgimigli, il Rostagni, il Galli. Ecco ora sul concetto delParte in Aristotele e pressò gli antichi il dotto lavoro del Bignami. Il libro è diviso in sei capitoli: inquadramento ideale e problemi varii sulla Poetica, il concetto del Bello e sue conseguenze sul sistema delle arti greche, il piacere fine delParte, l'autonomia delParte come fatto di piacere, la mimesi artistica, il principio delPunità organica d’azione o la legge dell’u-niversale poetico. Nella trattazione e soluzione dei problemi, che si pone, l'autore cerca dì tenersi nel giusto mezzo sfuggendo le posizioni eccessive, « tra una destra, sono sue parole, gelosamente conservatrice che mira a negare al pensiero estetico antico alcun senso di modernità e una sinistra giacobina che vede in quello stesso pensiero risplendere la luce meridiana delle verità contemporanee» ha preferito assumere una posizione di centro. Ai sei capitoli l’autore fa seguire una conclusione, che ne riassume i risultati. I quali sono ι seguenti. Premesso che la coscienza artistica greca è costantemente informata a principii di bassa istintività, di sensualismo voluttuario, di agitazione patetica e che la coscienza estetica si fonda invece totalmente su principii di elevata spiritualità, l’autore constata in primo luogo che, partendo da un presupposto mentale d'indole intransigentemente dualistico, lo spirito greco è stato tratto fin dagli albori dell’epoca illuministica ad opporre- coscienza artistica a coscienza estetica e che la massima tensione di tale rapporto si ha· in fiatone, mentre in Piotino il dramma si chiude con la riconciliazione delParte con la superiore sfera del Bello o, che è lo stesso, dello spirito. Secondariamente l’autore conclude che Aristotele fu tratto, dalla sua innata inclinazione mediatrice. a risolvere il dramma platonico in una serie di formule di compromesso .piacere paidiodetico e diagogetico, universale poetico, catarsi tragica), attraverso le quali l’intero fenomeno artistico viene rivalutato e originalmente riaccostato alla sfera del Bello e dello spirito e riconciliato in tal modo con la coscienza morale. Conse- li assegna Bibliografica 141 guenpmente Aristotele mostra di aver compreso, unico pel suo tempo, la autentica natura del classico. Il libro è destinato certamente a suscitare discussioni. A testimoniare della sua importanza basta la lunga recensione, che gli dedica il Patroni (Athenaeum X - fase. 1, 1932, p. G5-78) per esprimere i suoi consensi e dissensi soltanto riguardo ai risultati, cui il Bi-gnami è pervenuto «esaminando alla luce di alcune tesi aristoteliche la posizione delle arti nel mondo dell’antica cultura greca». Antonio Giusti. Adolfo Colombo - Carlo Allerto - Società Nazionale per la Storia del Risorgimento, Roma. 1931. A circa un secolo di distanza, dileguatasi oramai quell’atmo-sfera infocata dalle passioni, che gravò specialmente sugli ultimi anni del regno di Carlo Alberto, sedate le ire di parte, chiuso il conflitto tra monarchici e repubblicani, tra -unitari e federalisti,, ritornata la calma negli spiriti,, possiamo con animo riposato e con maggior cognizione di causa giudicare e valutare l’opera del re sabaudo. Molti punti oscuri, che avevano dato motivo o pretesto ai giudizi più disparati e che avevano fornito a scrittori, non sempre in buona fede, materia per intessere intorno al nome del re per tan-t'anni bestemmiato e pianto, le più strane ed inverosimili leggende, sono oramai chiariti. Poche o forse nessuna figura del nostro Risorgimento, per le ricerche degli studiosi, per la pubblicazione di documenti pubblici e privati, si è tanto avvantaggiata quanto la figura di Carlo Alberto. Se il re, riservato per indole, appariva qualche volta taciturno, era per converso affabile ed espansivo con \e persone che egli ammetteva alla sua confidenza, e le numerose lettere di lui e le rivelazioni di coloro, i quali per ragioni di ufficio o per relazioni personali ebbero modo di conoscerlo intimamente, lo mostrano cauto e prudente, ma risoluto e fermo nei propositi. Nei primi anni del suo regno, per premunirsi contro le mene dei demagoghi, e pe.r avversione alla Francia, egli, legittimista intransigente, credette opportuno allearsi con l’Austria, ma ciò egli fece per dedicarsi con animo tranquillo al consolidamento dello Stato ed alla preparazione di quelle riforme che dovevano avviare il Regno di Sardegna a divenire, secondo l’espressione giobertiana, il braccio dell’Italia nell’auspicata lotta per l’indipendenza e per l’unità. Il pensiero dominante di Cario Alberto dal giorno che salì al trono fino a quello in cui decise l’intervento in Lombardia fu costan- Rassegna 1 îiulioc.uai ica temente la redenzione dell'Italia dalia servitù straniera. Questo pensiero parve qualche momento offuscato da episodi di reazione, ma esaminando spassionatamente l'opera di lui nei diciotto anni di regno e soprattutto considerando l'entusiasmo, la risolutezza, l'abnegazione con cui si lanciò nel vortice della guerra, le angoscie sofferte nell’anno fatale dal marzo '18 al marzo ’49·, la rassegnazione con cui accettò il sacrificio estremo, si comprende che quella reazione trovava la sua· giustificazione nella necessità di frenare ie impazienze di chi, tentando un'azione quando i tempi non erano maturi, avrebbe compromesso irrimediabilmente l’esito tinaie della santa impresa- li Colombo ci ha dato in piccola mole una sintesi felicissima dell opera del re magnanimo. Le questioni più dibattute, gli aspetti più controversi della vita di Carlo Alberto sono qui esposti con maestria, con limpidezza cristallina e con efficacia non comune. Questo felice risultato è del resto il frutto di un lavoro assiduo, durato parecchi anni. L'A. si è venuto preparando con siudi particolari sui vari aspetti e momenti della vita di Carlo Alberto, con ricerche pazienti e geniali in archivi pubblici e privati, con l’amore che egli porta all’argomento. Oggi miete, dove aveva seminato , e coltivato con cura sapiente. Non ultimo pregio, che rende l’opera particolarmente accetta al lettore spassionato, è la indipendenza assoluta dei giudizi e la libertà veramente encomiabile con cui l’A. ha dato a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. I feticismi, i falsi pudori, le pietose menzogne sono sintomi di fiacchezza morale e devono essere banditi dalle opere di chi vuol servire alla verità e soltanto alla verità. Carlo Borsate. ^Spigolature e Notizie « Natale Genovese » è il titolo d’un breve scritto, non firmato, pubblicato in «Giornale di Genova» del 25 dicembre 1931. V'è evocato un piccolo episodio ■dei tempi del Governatore Paulucci riferentesi al celebrato presepio dei Cappuccini all’Acquasola. * * * Y. B. scrive in «Giornale di Genova» del 29 dicembre 1931 di; Bernardo Strozzi, « Il Pittore col saio ». Ve n’è riassunta la vita avventurosa con promessa di toccare altra volta della sua arte. ❖ ❖ ❖ Amedeo Pesci') scrìve in «Secolo XIX» del 30 dicembre 1931 intorno ad un manoscritto conservato nella Biblioteca dei Padri Cappuccini di Portoria e cioè la « Descrizione coreografica dell’Isola di Corsica » di Monsignor Agostino Giustiniani che vi fu Vescovo, nella sede di Nebbio. $ ÿ $ M. Righetti, col titolo «Columbus de Terra Rubra» rivendica, in «Nuovo Cittadino» del 31 dicembre 1931. a Quinto al Mare l’onore d’aver dati i natali allo scopritore dell’America. % ❖ « La figura d’un genovese che contò molto nella vita del Manzoni : Prete Eustachio Degola » è rievocala da Giuseppe Maeaggi in «Lavoro» del 31 dicembre 1931. $ $ ^ Stefano Reboudi scrive in «A Compagna» di dicembre 1931 intorno a « La tassa sulle porte e finestre in Liguria durante la dominazione napoleonica ». ❖ ❖ ❖ In «Illustrazione Medica Italiana» fascicolo novembre-dicembre 1931 Giuseppe Portigliotti narra di un «Patrizio genovese parricida». Trattasi di Stefano Durazzo e l’episodio truce, svoltosi a S. Fruttuoso, in una villetta del Durazzo è del marzo 1792. ❖ ❖ ❖ Rendendo conto de « Il restauro della Torre di Palazzo » in «Genova» Bollettino Municipale del dicembre 1931 Orlando Grosso rifà in breve la storia del vetusto monumento corredandola di osservazioni e rilievi interessanti. Lo scritto fu ripubblicato nel «Nuovo Cittadino» del 10 gennaio 1932. * * ❖ Su «La Chiesa della S.S. Concezione e Padre Santo» scrive Antonio Cappellini in «Genova» Rivista Municipale del dicembre 1931. Ï44 Spigolature e Notizie * * * Col titolo « Battute polemiche » nel fascicolo del luglio-dicembre 1931 de «La Sicilia nel Risorgimento Italiano», s’è svolta una cortese polemica fræ Arturo Codignola e Liborio Giuffrè, riguardante il modo di trattare gli argomenti nelle comunicazioni da farsi ai Congressi storici del Risorgimento. ❖ * # Guglielmo Sensi scrive in «Secolo XIX» del 1° gennaio 1932, intorno a « Il Doge Pietro Fregoso » che lasciò la vita in un conflitto di fazioni il .14 settembre 1459. « ❖ ❖ Neir«Annuario 1930-31 del R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele III di Sainpierdarena» testé uscito in bella edizione e ricco di buone illustrazioni, Vincenzo Tosi dedica 3S pagine ad illustrare Nicolò Barabino nel 1° centenario della di lui nascita ricorrente in quest’anno 1932. ❖ * * Elsa Roncali scrive su « Joiian Kaspar Goethe padre di Wolfango » nel-l’oAnnuario» del R. Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II di Genova — Anno scolastico 1930-31. ÿ ^ ÿ In «Secolo XIX» del 1° gennaio 3932 Lauro Biondi rievoca una pagina di storia savonese: «Savona e O Brandale^, trattando della torre mozzata dai genovesi in odio alla città rivale. ❖ ❖ ❖ A l’opera di Arturo Codignola « Dagli albori della libertà al proclama di Moncalieri » dedica un ampio saggio critico F. Ernesto Morando in «Corriere Mercantile» del 2 gennaio 1932. Il M. segnala in particolar modo il contributo assai importante portato dall’a. nella storia genovese sia per l’illustrazione che fà dellfopera di Michele Erede, che per la ricostruzione documentaria dei moti genovesi del 1849. * ❖ * « Giuseppe Pizzorni » che fu amico di Barrili e lavorò con lui nel 8 coi tipi di * * * D « Uno studio sulla popolazione della Repubblica di Genova nel 1531 » rende conto A' in «Corriere Mercantile» dell’8 gennaio 1932. Lo studio è dovuto a Giacomo Gorrini ed ha il titolo: «La popolazione dello Stato Ligure nel 1531 ». ❖ # # Sotto il titolo « Antica casa storica restaurata » ed a firma X si parla in «Nuovo Cittadino» del 9 gennaio 1932 dell’edifìzio già del Dinegro e poi dei Fieschi in Vico Cinque Lampadi ove sì crede abitasse S. Caterina Fieschi-Adorno, oggi opportunamente ridotto allo stato pristino a cura dei proprietari. * * * Su « La difesa della Valle Roja » da parte dell’esercito piemontese di fronte all’avanzata francese (Campagne 1792-94) mentr’era neutrale la Repubblica di Genova, scrive il G en. P. T. Minto in «Secolo XIX» del 9 gennaio 1932 sunteggiando uno studio pubblicato sull’argomento dal Gen. Guido Poggi. Lo scritto è d’indole prevalentemente militare, illustra o ricorda però luoghi e fortilizi dell’estrema Liguria occidentale ben noti. * % % Arrigo Fugassa rievoca in «Corriere Mercantile» del 9 gennaio 1932 «Le ultime Galbe» genovesi sulla scorta delle opere di F. Podestà e di G. Pes-sagno, che delle antiche navi della Repubblica furono geniali illustratori. ❖ *.*: * Amedeo Peserò scrive in «Secolo XIX» del 10 gennaio 1932 col titolo « Ô Diao » (Il Diavolo), di Beppin Musso che sul principio del secolo scorso briganteggiò in Val Bìsagno e fu assai temuto e colpito di grosse taglie dal Governo. * & # Alberto Lumbroso dà notizia dei recenti studi del Bratianu in un articolo pubblicato nel «Giornale di Genova» del 12 gennaio 1932 col titolo « I Navigatori GENOVESI NEL DUECENTO». E’ curiosa la sua affermazione d’essere il primo a segnalarne l’importanza, perchè l’articolo del Vitale pubblicato nel nostro Giornale molti mesi prima della scoperta lumbrosiana fu fra l’altro ripubblicato in numerose riviste e! giornali italiani ed esteri. # * * Tra i « Vecchi Teatri Genovesi » Urbano ricorda in «Lavoro» del 12 gennaio 1932 1’«Andrea Dokia». 146 Spigolature e Notizie * ❖ ❖ a. pe. illustra in «Secolo XIX del 13 gennaio 1932 la Chiesa Carmelitana di Via Balbi che porta il nome del grande cardinale ed arcivescovo di Milano, sotto il titolo : « San Carlo ». E ricorda le distrutte chiesette attigue di San Vittore della quale, questa porta il nome in aggiunta a quello di San Carlo. * * * F. Ernesto Morando ha uno scritto in «Corriere Mercantile» del 13 gennaio 1932 su «Il mancato sbarco all’Isola di Capraia e la difesa di Genova», episodio che si riconnette ai moti del ’31. $ Φ * Arrigo Fu gassa imprende a raccogliere in «Corriere Mercantile» del 14 gennaio 1932 « Leggende di Liguria ». La «Premessa» che l’A. v’antepone assicura i lettori sulla autenticità delle fonti cui il raccoglitore andrà via via attingendo nella sua illustrazione folkloristica. Il numero del 25 gennaio stesso, del medesimo giornale, prosegue ad esporre la leggenda de « La Campana dei Morti ». Il numero del 14 marzo seguente inizia la leggenda che ha per titolo : « Le stelle, l’uomo e la donna ». * * * « Monte Gazzo e la sua storia » sono illustrati in «Corriere Mercantile» del 15 gennaio 1932 che recensisce il volume recente di Mr. L. C. Conte «Il Santuario della Madonna sul Monte Gazzo presso Sestri Ponente». * * $ «Magnoera», una fra le più tipiche parole dei Genovesi, e che significherebbe (secondo lo scrittore) Bravaccio, è illustrata in «Secolo XIX» del 16 gennaio 1932 da Amedeo Pescio. * % * Lo scritto di B. B. in «Secolo XIX» del 16 gennaio 1932col titolo: «Santa Maria della Pieve a Molare » offre qualche interesse, per referenze storiche ed artistiche, anche ai cultori di storia genovese e ligure. ÿ ÿ ÿ Il Prof. (A. Monconi scrive in «Nuovo Cittadino» del 16 gennaio 1932 su « Un manoscritto del 700 nella Biblioteca del Seminario di Massa », notevole per una migliore conoscenza della Massa lunense . ÿ ÿ ÿ « Genovesi a Ginevra » è il titolo d’uno scritto di Vito Vitale in «Giornale di Genova » del 16 gennaio 1932. L’A. studia le vicende di un ramo della famiglia Centuriore trapiantato a Ginevra e fa capo ad Adamo Centurione, celebre personaggio del tempo di Andrea Doria. Spioolature e Notizie 147 * * * k‘llticolo «Aprile .1704 lt Val Hoja» pubblicato in «Corriere Mercantile» del 10 gennaio 1932 a firma g., porta un contributo alla storia illustrando passo passo il piano strategico dì Massena e la difesa austro-sarda dei passi contesi. ❖ * * ^scrive in «Nuovo Cittadino» del 17 gennaio 1932 su «L’Oratorio dei S.>. I ietuo e Paolo ». L’edifizio, ch’è della fine del 700, possiede qualche tela di non scarso valore; una attribuita a Luca Cambiaso, ed altre tre di Scuola Genovese del secolo XV. ❖ $ >■;: Una terza puntata sulla interessante figura di « Barnaba Cicala Caserio » pubblica il «Corriere Mercantile» del 18 gennaio 1932. Le due precedenti furono pubblicate dallo stesso giornale il 9 e 18 dicembre 1931. # * * «Giuseppe Chiozza » l’opera storica di lui, ancora inedita e la collaborazione da lui data al Guglielmotti, ricorda Pietro Rembado in «Lavoro» del 19 gennaio 1932. # * * « Maria e Caterina Avegno » le due ardite donne camogliesi che cooperarono al salvataggio dei naufraghi del «Croesus» nelle acque di Portofino nell’aprile del 1855, sono ricordate dajssecì in «Secolo XIX» del 20 gennaio 1932. ❖ ❖ * « Vagabondaggi Genovesi » è il titolo d’un libro recente di Costanzo Carbone illustrante il folklore cittadino, recensito da Renzo Ricciardi in «Giornale di Genova» del 21 gennaio 1932. ❖ ❖ ❖ essecl scrive in «Nuovo Cittadino» del 27 gennaio 1932 di «Villa Camilli Valle Rechi» accennando al problema della patria di Giovanni il Buono detto da Recco. * ❖ * Nell’articolo « Levanto invernale riposa a sipario calato » a firma Oinega apparso in «Secolo XIX» del 27 gennaio 1932 si contengono rilievi di storia ed arte interessanti la gaia cittadina rivierasca. $ $ $ Omicron scrive in «Corriere Mercantile» del 27 gennaio 1932 su di «Un ROMANZIERE LIGURE DEL SECOLO XVII — CARLO LeNGUEGLIA». * * * Renato Pini scrive ne «Il Telegrafo» di Livorno del 28 gennaio 1932 su -Carlo Pozzo di Borgo » l’eroe corso reso popolare dal Guerrazzi 148 Spigolature e Notizie * * * D’« Uno scrittore colombiano» (Josè Maria Vergara) scrive L. S. in «Secolo XIX» del 28 gennaio 1932. * $ * In «Corriere Mercantile» del 29 gennaio 1932 F. Ernesto Morando scrive su «Un Maestro: Gandoijn» recando una notevole messe di aneddoti che ne illustrano la vita. * * * D. R. scrive in «Nuovo Cittadino» del 31 gennaio 1932 di «Maria Cristina di Savoia e Genova ». Si tratta della figliola di Vittorio Emanuele I che spesso a Genova dimorò. * * * In «Genova) Bollettino Municipale di gennaio 1932 Giuseppe Pessagno scrive su « I Corsari del blocco », cioè del cosidetto Blocco Continentale 1806-13, ricordando i più audaci tra i genovesi e specialmente il Bavastro. ♦ * * Antonio Monti recensisce nel fascicolo del gennaio 1932 de «La Lombardia nel Risorgimento Italiano » il volume di Arturo Codignola « Dagli albori della LIBERTÀ AL PROCLAMA DI MONCALIERI ». $ * er Genova. * * * «Il Capitano E. A. D’Albertis » è commemorato in «Genova» Rivista Municipale del marzo 1932 da Giuseppe Pessagno. * * * Nella «Revue belge de philologie et d’histoire» in una rubrica « Relations belgo-ita li k n n es dans le passé », F. L. Ganshof segnala vari studi dedicati a tali rapporti del nostro collaboratore Mario Battistini, e fra l’altro l’articolo In cui il lì. fece conoscere ai lettori del nostro Giornale, varie lettere inedite di Garibaldi. Ecco il giudizio del censore: Garibaldi, in tali lettere, «révèle une vulgarité et une étroitesse d’idées remarquables ; quant h ses correspondant belges, ils font rire». E’ superfluo ogni commento. * * * Su « Lavagna culla dei Conti Fieschi e la Basilica di S. Salvatore» seri ve Omega in « Secolo XIX » del 2 aprile 1932. * * # A firma Karaban in «Giornale di Genova» del 3 aprile 1932 è pubblicato uno scritto col titolo: «Inversioni sui Terrapieni». V’è ricordato special-mente l’antico gioco delle bocce allo Zerbino. * * * a. pc. illustra in «Secolo XIX» del G aprile 1932 «Le statue di Palazzo San Giorgio ». * * * Su «Il blocco di Genova nel 1800» scrive E. B. di Santafìora in «Giornale di Genova» del 0 aprile 1932. Lo scritto, che illustra i momenti più tragici di quell’ora, è continuato nel numero del .13 stesso aprile col titolo «Mas-sena rifiuta dì capitolare», in quello del 21 stesso mese col titolo: «La città agli estremi » e nel numero 3 maggio susseguente, sotto il titolo «Resistere per attendere Bonaparte ». * * * Vittorio Bozzolo scrive in «Secolo XIX» del 7 aprile 1932 su «Paolo Già-^ometti » ricordandone la vita e gli scritti. * * * Un breve appunto, anonimo, su « I Fieschi e la Contea di Lavagna » è pubblicato in «Secolo XIX» dell'S aprile 1932. Questo scritto completa l’altro del 2 aprile precedente stesso giornale e risponde ad appunti mossi al medesimo con lettera indirizzata all'Aulore dello scritto. Spigolature e Notizie 157 * · * * In «Giornale di Genova» del 13 aprile 1932 Massimo Scaligero scrive su «La Romanità dei Liguri » che sarebbero stati, secondo l’autore, non vinti nè sottomessi da Roma ma invece avrebbero formato l’anello di congiunzione tra la civiltà nordico-atlantica e quella dell’arcaico mediterraneo. * * * «Giuseppe Pacohiarotti da Castelnuovo Scrivi a » legato alla storia dei moti del 21 e fuggiasco a Genova, è ricordato da Vis in «Lavoro» del 14 aprile 1932 ». * * * Di « Gian Battista Cuneo, primo biografo di Ga^iraldi» scrive Stefano Roba udì in «Corriere Mercantile» del 14 aprile 1932. * * * Giovanni Descalzo scrive in « Giornale di Genova » del 15 aprile 1932 « Storia d’un miracolo » cioè sulle origini del celebrato Santuario di Montal-legro presso Rapallo. * * * Col titolo «Don Francesco Montebruno» è ricordato in « Nuovo Cittadino » del 16 aprile 1932 il fondatore dell’istituto Artigianelli in Genova al cui nome la Città intitolò di recente anche una via in regione Marassi dove il Montebruna ebbe i natali. * * * Sotto il titolo : « Baruffa di Comari» il «Lavoro» del 10 aprile 1932 pubblica un brano del volume «La bocca del lupo» di Remigio Zena di recente ristampato a cura di Mario Bozzi. E’ pagina viva di schietto folklore genovese. * * * In uno scritto dal titolo «Tre Palazzi» pubblicato in «Lavoro» del 17 aprile 1932 1rs dà conto del recente Catalogo delle Gallerie d’Arte del Co-mime di Genova pubblicato a cura di Orlando Grosso. * * * «Il prezioso contributo genovese alla Mostra Garibaldina di Roma» è illustrato in «Coriere Mercantile» del 10 aprile 1932. Lo scritto non è firmalo. La rassegna è continuata nel numero 1S aprile dello stesso Giornale. 158 Spigolature e Notizie * * * V. Roncati ricorda in «Secolo XIX» tei 19 aprile 1932 «Ux Segretario di Garibaldi» e cioè Francesco Plantulli, carissimo, tra i garibaldini, all Eroe, valoroso solcato, letterato e poeta. ❖ * * «Prepotexs Gexuexsium praesidium», cioè il valido aiuto genovese alla espugnazione di Terrasanta avvenuta ad opera dei Crociati, è illustrato in «Nuovo Cittadino» del 20 aprile 11)32 con un articolo a firma C. M. * * * In «Lavoro» del 26 aprile 1932 G. B. Allegri clà conto d’una sua «Intervista col Gex. Ardoixo» esponendo ricordi l’guri del nostro Risorgimento. ❖ * * A firma «Jaddo» è pubblicato in «Secolo XIX» dii 27 aprile 1932 un articolo illustrante la vetusta chiesa di «Saxta Maria di Castello». * * * Lo scritto «Orme di Saxti xel Golfo dei Poeti» pubblicato in «Nuovo Cittadino» del 2S aprile 1932 a firma A. Beta ricorda il passaggio di S. Francesco d’Assisi per Lerici. * * $ S. P». traccia in «Corriere Mercantile» del 28 aprile 1932 alcuni vecchi ricordi della Genova di cinquantanni addietro, raccolti sotto il titolo «Il barbiere AVVISATORE marittimo». 11 barbiere era il cosidetto «Pagali» e gli fanno corona, nell’articolo suddetto, i «Lanterne» del Molo, vecchi anch'essi e da tempo spariti. * * * Di «Giacomo Filippo Repetto» avventuroso uomo di mare camoffliese del principio del secolo scorso, scrive Amedeo Pescio in «Secolo XIX» del 30 aprile 1932. * * * «Gexova batte Milano nel gioco del palloxe» è il titolo d’uno scritto di Renzo Ricciardi in «A Compagna» dell’aprile 1932 dove è narrata una vittoria sportiva genovese alla fine del secolo XVIII. * * * In «A Compagna» dell’aprile 1932 F. Ernesto Morando recensisce il volume postumo del compianto Giuseppe Macaggi dedicato alla memoria di un compianto tribuno genovese, col titolo «Axtoxio Pellegrixi narrato da Giuseppe Macaggi». Spigolature e Notizie 159 * * * Col titolo «La vittoria navale del Capitano Domenico Castellini» figura significativa, per quanto dimenticata finora, della ligure audacia, Tomaso Pastorino illustra in ((A Compagna» dell’aprile 1932 un quadro (dove tal vffioHiT è raffigurata) esistente nel Museo Civico Navale di Genova-Pegli. * * * Stefano Rehaudi scrive in «A Compagna» dell'aprile 1932 su «Il pittore ■genovese Gaetano Gallino ed il primo ritratto dal vero di Giuseppe Garibaldi». * * * Su «Il restauro della Chiesa di S. Agostino» scrive Orlando Grosso in «Genova» Rivista Municipale di aprile 1932 illustrando le vicende storiche ed artistiche del vetusto tempio monumentale. Lo scritto è in continuazione. * * # Di «Due Tavole fiamminghe inedite a S. Michele di Pagana» dà conto Mario Bonzi in «Genova» Rivista Municipale dell’aprile 1932. * * * Una recensione del recente volume «Torriglia» di G. 0. Crosiglia, pubblica Antonio Cappellini in «Genova» Rivista Municipale dell’aprile 1932. * * * Continuando nella sua ilustrazione delle Ville Genovesi, Antonio Cappellini scrive in. «Genova» Rivista Municipale di aprile 1932 su «Villa La-varello» in regione S. Francesco d’Albara. * * * «Il Secolo XIX» del 1° maggio 1932 pubblica sotto il titolo «La bocca del leone» alcune pagine folkloristiche genovesi tratte dal volume recentemente ristampato di Remigio Zen a del medesimo titolo. * * * Renzo Ricciardi scrive una pagina di ricordi folklonstici genovesi col titolo «Nel regno dei devoti della scòpol.v» in «Corriere Mercantile» del 2 maggio 1932. * * * d. a. I. scrive in «Nuovo Cittadino» del 3 maggio 1932 su «Il San Salvatore di Sampierdarena» cioè su di una antica icone ivi conservata da secoli nella maggior chiesa e che ha un passato ricco di tradizioni e di prodigi. * * $ Januensis in «Corriere Mercantile» del 3 maggio 1932 aggiunge materia ad uno studio già pubblicato su Barnaba Casero, sotto il nuovo titolo «Misteriosi negozì - Curiosi poemetti dialettali». 160 Spioolature e Notizie * * * Di «Una visita di Cagliostro a Genova» rende conto A. C. in «Corriere Mercantile» del 4 maggio 1932. * Ψ ❖ Giulio Mertonelli recensisce in «Lavoro» del 4 maggio 1932 il volume· «Castelli Liguri» di C. M. Brunetti. * « * Intorno a «La culla degli antenati di Garibaldi» scrive Ugo O.riUa in «Giornale di Genova» del 4 maggio 1932 ricordando una lapide murata nell’aula consigliare di Chiavari nel 1SS3 a ricordo della origine Chiavarese dei Garibaldi. * * * «La partenza dei Mille da Quarto nel racconto d’uno dei quattro superstiti,» è il titolo d’uno scritto di A. C. in «Giornale di Genova» del 5 maggio· 1932. Il superstite di cui si tratta è Egisto Sivelli. * * * In «Nuovo Cittadino» del 6 maggio 1932 «Jfar» scrive su «La Repubblica di Genova di fronte alle eresie ed alla Riforma protestante». Il tema è continuato nel numero II maggio dello stesso giornale, col titolo : «La grande offensiva protestante contro l’Italia cattòlica del sec. XVI». Ed è poi ripreso-nel numero del 15 stesso mese col titolo : «Ambrogio Spinola vincitore dei Luterani nelle Fiandre ed in Germania». ♦ ♦ ♦ T'ito Vitale in uno scritto che ha per titolo: «Genovesi illustri o quasi» pubblicato in «Giornale di Genova» del 0 maggio 1932 recensisce il recente «Dizionario biografico di Genovesi illustri e notabili» di Antonio Cappellini» rilevando l’utilità e i pregi del libro ed accennando a non poche mende che s’augura veder corrette in una prossima edizione. ❖ * * «Don Agostino Roscelli» un ecclesiastico ligure che fondò una Congregazione Religiosa femminile dedicata all’educazione ed istruzione delle fanciulle è ricordato da D. D. Ardito in «Nuovo Cittadino» del 7 maggio 1932. * * * In «Corriere Mercantile» del 7 maggio 1932 E. B. di Sarda fiora chiude il suo studio sul Cantiere della Foce (vedi lo stesso Giornale del 4, 6, 9, 11,-13, 17 e 20 febbraio, e 3 marzo) ricordando «Le ultime navi per la grande. Guerra» escite dal glorioso Cantiere. Spigolature e Notizie 161 * * * «La baselga nel Pontremolese» è il titolo d’una breve nota del Canonico Mussi in «Nuovo Cittadino» del 7 maggio 1932. Baselga nel dialetto lunen.se equivarrebbe a basilica. * * * 0. a. p. illustra in «Nuovo Cittadino» del 7 maggio 1932 un celebre Santuario Mariano, quello presso Savona, col titolo «Nella Reggia della Misericordia». * * * Tra i ricordi barabiniani destinati ad illustrare il presente centenaria della nascita dell’illustre Pittore è notevole quello pubblicato da Marbet in «Lavoro» del 7 maggio 1932 dal titolo «Un famoso banchetto di Sam pierdare-nesi a Firenze». * * * In «Giornale di Genova» del 7 maggio 1932 è illustrata in uno scritto non firmato «La partecipazione di Genova alla Mostra Garibaldina». * * * In «Lavoro» dell’ll maggio 1932 Guido Marangoni illustra «Ltjni, la Pompei della Liguria». * * * Intorno a «Crispi e la spedizione dei Mille» scrive Gius. A. AndriuUi in «Secolo XIX» dell’ll maggio 1932. * * j|ì D. Ferruccio Botti traccia in «Nuovo Cittadino» del 12 maggio 1932 il profilo de «La ligure Madre Carlotta Cabagni» fondatrice d’un Istituto religioso che nella sua sede di Sampierdarena, a Villa Grimaldi, ebbe nel 1844 la visita di Re Carlo Alberto. Si: * * Nell’articolo di &. a. c. in «Secolo XIX» del 13 maggio 1932 ch'ha per titolo «Gli Italiani nel Perù» sono ricordati parecchi genovesi e liguri che* dopo Pastene, si d!istinsero in quel paese per varie attività. * * * Di «S. Alessandro Sauli», considerato come pioniere dell’Azione Cattolica giovanile, scrive P. F. >SY. in «Nuovo Cittadino» del 14 maggio 1932. « * * n. d. I. tocca di una pagina di storia un po’ oscura in «Giornale di Genova» del 15 maggio 1932 col titolo : «Due popolane genovesi nella vita di Garibaldi». Si tratta di Teresina Schenone e Natalina Pozzo che ospitarono l’Eroe fuggiasco nella loro casa in Piazza Sarzano nel 1834. 162 Spigolature e Notizie * ❖ $ «Il Secolo XIX» del 15 maggio 1932 pubblica una pagiua delle «Memorie» (il primo volume degli Scritti garibaldini oggi pubblicato) col titolo : «L'arrivo di Garibaldi λ Genova nel 1S4S». * * * «Un dimenticato della Giovine Italia : Il Principe Giuseppe Imperiale» è rievocato da F^ Ernesto Morando in «Corriere Mercantile» del 1S maggio 1932. L’Imperiale clie figura col nome di Principe df Urbino nel romanzo rulfiniano «Lorenzo Benoni» è presentato dal Morando come gentiluomo e patriota degno di ricordo. * * * Davide Bertone scrive in «Secolo XIX» del 17 maggio 1932 di «Giambattista Cuneo», il primo biografo di Garibaldi e lo scritto interessa anche pel ricordo della parte presa da Gandolin a favore dei solenni funerali del Cuneo in Firenze, avversati dall’Ubaldino Peruzzi che voleva vedere nel Cuneo un settario. * * * Di Amedeo Pescio è lo scritto su «Il Vespro di Garibaldi» pubblicato in «Secolo XIX)) del maggio 1932. * * * Il fascicolo di Giugno 1932 de «Le Vie d’Italia e dell’America Latina» ha un articolo (a firma: c. d. 1 messaggio non è altro che un falso grossolano. Naturalmente la stampa dei fuorusciti di New-York e di Parigi, sempre pronta a colpire al cuore la patria, si è abbandonata ad una imbecille, e clamorosa sarabanda affermando che i fascisti fabbricano lettere di Àbramo Lincoln per proprio uso e consumo», tentando di gettare il disprezzo sui nostri studiosi con frasi come questa: «Servizi puliti della scienza storica fascistizzata!» Bibliografia Mazziniana 169 L'immondo libello di Parigi, che intinge la sua penna nelle fogne, osava scrivere : «Il canard ha volato assai. Immaginato uel 1920 per lubrificare la campagna di imperialismo adria-tico, rivive undici auni dopo per le comodità della prostituzione fascista alla divinità americana : il dollaro». Il giornale si compiace che il prof. Eugenio Casanova con la risposta pubblicata nella «Rassegna Storica del Risorgimento» già segnalata, abbia risposto a tali insinuazioni «da quell’uomo di ingegno, di cultura e di buon gusto che è». — — L’autenticità della lettera di Lincoln sulla Dalmazia, in «Gazzetta del Lunedì», Bari, 1 febbraio 1932. Si ripubblica l’articolo comparso contemporaneamente nella «Corrispondenza», già segna lato, che verrà ripubblicato da «L'Impero» di Roma e da «Regime fascista» del 4 febbraio. Dino Fratini. Estetica letteraria di Mazzini, in «Polemica», Bologna, 1, 15 gennaio, 1, 15 febbraio, 1, 15 marzo 3932. Il Fratini continua la pubblicazione del sagace scritto critico iniziato il 1 novembre, già segnalato. La pubblicazione di esso continua. il. t.) Inscindibili, in «Regime fascista», Cremona, 2 febbraio 1932. Una pagina di Cvispi sui rapporti fra Mazzini e Garibaldi a Napoli nel 1SC0, irecentemente riesumata da «Camicia Rossa», porge il destro all’a. per affermare che i due grandi artefici dell’unità italiana — Mazzini e Garibaldi — occorre considerarli inscindibili. Superati i sospetti reciproci provati dalla ben nota lettera del Pallavicino «il Maestro — come lo chiamerà più tardi Garibaldi — e il Discepolo, sentirono p’ù forte che mai il vincolo ideale che li univa fin dal milleottocentotrentatre : l’amore alla Patria comune! Pur discordi, in qualche momento — lo furono nel milleottocentoquarantanove — come erano grandi nell’oblio e grandi altresì nell’operare per il fine a cui entrambi si erano consacrati! Più noi entriamo nell’anima dell’uno e dell’altro di questi due Uomini rappresentativi, più sentiamo crescere la venerazione verso di essi, magnifiche creazioni della nostra stirpe!». L’articolo è stato ripubblicato dalla «\oce del Mattino» di Rovigo del 3 febbraio 1932. avvenimento che accumulò su quel Pontefice grande oiasimo e dispregio; non così però che in lui non si compianga la vittima delle tenebrose mene de’ nemici Ilo.tu, che di continuo lo accerchiano, e, studiosi di tradirne la coscienza, ogni dì lo travolgono più in basso. Nel che parmi debba essere preparazione che Dio faccia per alcun bene in tutto all umano accorgimento superiore La Provvidenza che spesso per vie di mistero e per mezzi fra loro discordanti fornisce 1 opera sua, tornerà forse i tradimenti in gloria dei traditi e in vituperio e condanna dei traditori, e vorrà finalmente compiere la liberta e la indipendenza italiana, santificata dalle lagrime dai dolori delle genti. e 182 Antonio Canepa lu siffatti concetti, che sono il fondamento della mia cantica, spero converranno quei cortesi che leggeranno i miei poveri versi, ed in ispecie i Genovesi, che tanta parte si hanno nell affrancamento delia Penisola, e che io riveggo dopo tre lustri, con tutto l'amore di concittadino e di fratello». Nel Profugo Apostolico il poeta immagina che lo spettro di Pellegrino Rossi appaia al papa e lo rimproveri, attribuendo alla bontà di lui, cioè alla sua» clemenza ed al suo perdono, se la libertà aveva fatto cotanta strada da demolire 1’autorità dei Re e del Papa, ed aggiunge che egli, credendo che Pio IX fosse pentito di avere usato tanta bontà, e vedendo che questo amore di libertà avrebbe condotto alla guerra civile, « con accorgimenti e coperte vie» e con Y opera ««di sgherri e di spie» aveva cercato di fienaie il popolo, e di levarsi al soccorso dei Re e del Papa. Ma l’opera sua era stata troncata dal pugnale che lo aveva colpito alla gola, mentre egli si recava alla Camera per la riapertura del Parlamento. Quell’ombra stava per aggiungere altio, quando d’-un tratto sparì, e comparve invece una fulgida luce, il viso di Monsignor Palma, anche lui caduto per colpo \iolento, ma a differenza del Rossi, vero interprete del pensiero di Dio. Ecco quanto possediamo di questa cantica. Quella che le rapine e le vendette Suol più spesso celar, togliea la umana Specie da le diurne opre dilette; E sul Tebro accrescea l'ombra sua vana Con cui di re, che mal s'affanna e pave, Nascondere dovea la fuga arcana. Quando a Lui, ch'ha del Ciel la doppia chiave, Mentre stavasi tutto ancor sospeso Nel suo proposto periglioso e grave, Venne uno spettro con sembiante offeso, Forato nella strozza, ove pur anco 11 negro sangue si parea rappreso. Scarno nel viso e poco era nel fianco, E le conte fattezze ancor vestìa Di color men che bruno e men che bianco. E come quei, che in sè forte abborrìa Della nostra diletta alma contrada Lo stato franco ch'ogni cuor desia. Un Poeta Sanremese dei l'Ottccento__183 Vedi ;i che liu, dicea, divenga e cada La tua clemenza, o Sire, il tuo perdono Clie lece a libertà cotanta straba. Vedi fin dove minate sono Le cittadine voglie ed il furore, I regi vedi e te mal fermo in trono. Tanto allor divinai, clie a grand’onore Correa per vie di fior tuo cocchio aurato, E un nembo ne piovea dentro e di fuoie, Mentre l’augusto tuo nome adorato Sonavan l’Alpi e 1 Etna, e a mano a mano Tutto lo ripetea l’ampio creato. E, d’uom già fatto Dio, dal λ aticano L'Italia tu benedicevi, e tutta I/Italia s’accendea come un vulcano E poco men che da furor eondutta A spezzar si levava i ceppi suoi E fu la regia autorità distrutta. Io, dacché mi ponevi a’ fianchi tuoi, Io di quel seme che gittavi, o Pio, Di libertà che mal fruttò oappoi, Pentito i’ ti credei, siccome Dio DeU’uom, che fea, pentissi, e il mondo errante D'immense, espiatrici acque coprïo. Beu io vedea che, senza un mar fumante Di civil sangue non spegneasi forse Questo di libertade amor gigante: Però, ligio al tuo cor, cui mai non morse Desiderio di sangue, e che dal sangue Inorridito sempre il pensier torse. Per quella idea ch'ancora in me non langue Di creder necessari e sgherri e spie, Movea così, come sott’erba un angue. f 184 Antonio Οανεγλ (( Oli accorgimenti e le coperte vie » Tentare i’ volli, e sì gran tempo in Francia Seppi dappria menar quest’artii mie. Così pensai del poppi che si slancia Per libero commin strignere il morso Con altro aiuto che di spada e lancia. Dei re credetti levarmi al soccorso I sudditi tornando entro al confine Che già di tanto spazio avean trascorso. E tal moveami conoscenza in fine Che quanto più parea lo slancio ardito Del popol rotto, come acque marine, 10 tanto >da timor manco impedito, Porgendo il viso ov’altri avea Je spalle Siccome a fiume che soverchia il lito E ingrossa e mugge rumando a valle, Contro a tanta corrente i’ star volea, Guidando il mondo a far ritroso calle; Mentre tutto così solver credea L’immenso obbligo mio verso un Potente Che giù del trono con fragor cadea, 11 campo misurai della mia mente, E consumai, pensando, in soibit’ora L'impresa a che mi parve esser possente. Ma non mi disse il mio pensiero allora Che i Bruti partoriva il suol romano, E ch’estinto non è quel seme ancora. Ed estinto non fu : ch’ascosa mano Con esso un colpo, dentro dalla gola, Mi tolse il più parlar chiuso ed arcano ; E là caddi, ove aprir la mia parola Dovea quel giorno al popolo che molto Di mio silenzio eterno or si consola U.\T Poeta Sanremese Dell’Ottocento 1P5 Ma tu che fai? che pensi? Intorno accolto Alla sacra tua reggia acceso in ira Vedi chiuso nelFarmi un popol folto. Fonisi mente a’ fianchi, e da te mira F uggir j qual gregge che si sbranchi e tremi, I tuoi più cari, ove il terror li tira. Che più t’aspetti? O che più preghi e gemi Invendicato? Non sei tu, Signore, Quello che lancia i fulmini supremi? Più dir volea, ma un subito fulgore Come di sole, che la notte caccia, Fè sparir l’ombra innanzi al gran Pastore. E in quella luce balenò la faccia Di tal, che dalla palma il nome piglia, E che di Cristo già seguì la traccia. rarca la fronte aver rotta e vermiglia Come di sangue; ed il pensier di Dio Riflettersi parea dalle sue ciglia Ed il pensiero di Dio gli ispirava queste parole: L’amor, cui fui testeso assunto a fianco, Ove tutto è dipinto, ove giammai Non si par bianco il nero e nero il bianco, Scrisse che già servì l'Italia assai, Scrisse che più stranier non la calpesti, Scrisse che sia libera ed una ornai. E te scegliea nel coro dei Celesti Ad infrangerne i ceppi ; e in quella via Ti lanciava, ove par ch'oggi t’arresti Qual chi disvuole ciò che volle in pria, Sì che ne crolla riurtata indietro L'Italia che su’ tuoi passi venia, E par che ne trabocchi, e poco e tetro Lume le splenda ancor che la rischiari Fra il carro del trionfo ed il feretro. 186 Λντομο Canepa Dopo essersi fermato a Genova circa un anno, il nostro poeta avrebbe voluto andare di nuovo a Roma; ma, non essendogliene stato accordato il permesso, che egli aveva fatto chiedere, nel 1851 ritorno a Sanremo, presso la sorella Teresa. Intanto, come apprendiamo da un suo scritto, egli aveva compiuto la versione delle Odi d?Orazio e si era accinto alla traduzione in ottava rima dell'Eneide di Virgilio. A proposito delPottava rima da lui usata, vi fu chi volle vedervi l’influsso della Gerusalemme liberata e dell 'Orlando furioso. Noi. senz’alcuna intenzione di negare tale influsso, vogliamo solo aggiungere che certamente il nostro poeta aveva potuto apprendere la notizia che il suo concittadino, Giovanni Battista Romolo Moreno, aveva condotto a termine quella traduzione in ottava rima dell’Eneide, che è stata poi pubblicata nel 1854. ad Oneglia con i tipi del Ghilini. Ma, se possiamo con ragione ritenere che il Geva non abbia potuto vedere la versione del Moreno, se non dopo che essa era stata stampata, perchè dal 1844 al 18G1 il Moreno fu insegnante a Mentono, noi sappiamo che il Geva conobbe un’altra traduzione dell’Eneide in ottava rima. Ce lo dice egli stesso nell’avvertimento premesso alla sua traduzione del Libro secondo, pubblicato in Sanremo nell ottobre dell’anno 1851 con i tipi di Carlo Puppo, in occasione delle nozze del signor Luigi Francesco Manuel Gismondi con la nobil donzella C ostanza dei Marchesi Borea. In tale Avvertimento il Geva dichiarava che «la intera traduzione di quel poema di Annibai Caro, comecché maravigliosa> e quella in ottava rima del Beverini, senza più annoverarne, non rappresentando, a giudizio dei dotti, l’Eneide latina », egli si era proposto « a precipuo suo fine la fedeltà e la concisione». Aggiungeva ancora che gli piaceva « di avvertire che nel volgarizzamento di quel libro egli impiegava versi 1056, il Caro 1263, il Beverini 1528». A questo proposito osserviamo che il Moreno ne aveva impiegato solo ottocento, cento ottave; ma il fatto che il Geva non l’ha notato ci conferma nella supposizione che nel 1851 egli non avesse ancora avuto occasione di leggere la traduzione del, Moreno, pur avendo avuto la notizia (die era stata fatta da lui. Ci consta che per la circostanza di tali nozze il nostro poeta aveva scritto anche un’anacreontica, che durante il pranzo fu recitata dal fratello della sposa. Lavorando intensamente nei sei anni che rimase ancora a Sanremo, egli terminava la traduzione di tutto il poema virgiliano, tanto che pare che egli rabbia inviata a Torino al Ministro del- Un Poeta Sanremese Dell’Ottocento 187 l’Istruzione, il quale gli avrebbe ottenuto dalla munificenza del Re una pensione annua di trecento lire. In quella occasione parecchi giornali letterari pubblicarono articoli di lode per il nostro poeta, e questi, volendo rendere sempre più belle le sue traduzioni, attendeva con grande pazienza ed amore all’opera di lima, quando, nel 1857, alla sorella di lui, Teresa, giunse una lettera del marito, il capitano ed armatore Filippo Pesante, che le scriveva di raggiungerlo al più presto a Costantinopoli, dove egli si era fermato dopo la guerra di Crimea. Questo fu un momento doloroso nella vita del Geva, il quale, quando a Roma era rimasto solo per la morte della madre, aveva sofferto una malattia tanto grave* da essere stato obbligato ad una degenza di circa un anno in un ospedale ed era rimasto tanto abbattuto da sentire grande bisogno delle cure amorevoli della sorella. Per non rimanere solo a Sanremo, partì con lei e con lei giunse a Costantinopoli; e là, volendo vivere del proprio lavoro, special-mente perchè l’insegnamento si presentava a lui come un apostolato di italianità, accettò l'offerta che gli era stata fatta della cattedra di lettere italiane nel collegio istituito dal prof. Domenico Respone, di Benevagienna, nella terza casa a destra di via Polonia, entrando da Jeni Carsi. Proprio per aver abitato in una stanzetta un po’ umida, di questa casa, pare che il Geva abbia contratto quell’infermità degli arti inferiori, che dapprima gli rese difficile il muoversi, ed in ultimo lo costrinse ad una quasi assoluta immobilità. Egli era già ammalato. quando, avendo accettato di tenere il discorso d'occasione per una commemorazione dello Statuto, celebrata a Büyükdere, ebbe la gradita sorpresa di rivedere là l’ambasciatore sardo, Cerniti, che egli aveva conosciuto parecchi anni prima a Roma. Durante gli ultimi sei anni della sua vita, passati a Costantinopoli, egli, oltre che all'insegnamento, si dedicò a quella che ultimamente era diventata l'unica sua occupazione, trascrivere quasi calligraficamente le sue traduzioni. E quando finalmente ebbe compiuto questo lavoro, dai suoi congiunti fu sentito esclamare: «Ora posso morire contento». E morì il 21 novembre 1SG3. Queste sono le notizie che sulla vita e sulle opere del Geva sono state raccolte a Costantinopoli, a Roma ed a Sanremo ; ma finora, per quanto si riferisce alle opere di lui, poco si sa che vada oltre le due suddette traduzioni ed alcune poesie. Appartengono a quest'ultimo gruppo le Preghiere per la mattina, il mezzogiorno e la sera e per le principali solennità dell'anno, ossia versione degli inni della Chiesa (Roma, tip. dell Ospizio di S. Maria degli Angeli 1817) il canto per le nozze Augusto De Gori Pannilini e 1S8 Antonio Canepa Oi acinta dei Principi Orsini, l’anacreontica per le nozze Manuel Gi-smondi e Costanza dei Marchesi Borea, il Capitolo ed il Sonetto per la morte del tiglio del Cav. Moroni il canto In morte del cardinale Bartolomeo Pacca e le ottave Alla memoria della Principessa Guen-dalina Borghese, nata Talbot, il canto per il gruppo della pietà, scolpito da Ippolito Scalza», le ottave sul basso rilievo del Finali, rappresentante la Vergine Assunta e Fode Alla Liguria per un\ basso rilievo operato dall egregio giovine Salvatore Revelli (Roma, tip. delle Belle Arti 1845). I criteri seguiti dal nostro poeta nella versione delle Odi d’Ora-zio sono dichiarati da lui nelVAvvertimento premesso alla versione stessa: « Traslatare con fedeltà scrupolosa, ma non servile; adoperar metri corrispondenti ai latini ; starsi nella brevità e concisione dell’originale; nulla aggiungere, o togliere al testo, mantenendo non rado la stessa giacitura di voci, ove allo stile lirico ciò serva, e quella artificiosa orditura di pensieri con parole non variabili e di contrapposti in cui sta riposta l’evidenza e la virtù della poesia·; rendere insomma la natura e la fisonomia dell’esemplare quanto si possa il più : ecco in breve ciò che a suo fine propose 1 autore nella presente sua versione. Ha egli ottenuto il suo intento? Xon oserebbe affermarlo. Sa però di aver fatto diversamente dagli altri traduttori ». Per la traduzione dell’Eneide, come si è già veduto, egli ha dichiarato di essersi proposto « a precipuo suo fine la fedeltà e la concisione ». Poiché sarebbe troppo lungo un confronto un po’ esteso delle traduzioni del Geva con quelle di altri, ci limiteremo ad un passo >solo, proprio al principio dell*Eneide, per far vedere come il Geva si proponesse, per quanto gli era possibile, la traduzione alla lettera. Qui primus fato profugus è tradotto dal Geva : « che primo venne esul per fato». L’aveva tradotto con le stesse parole il suo concittadino G. B. Romolo Moreno con la sola differenza che aveva tralasciato il primo. La versione del Geva è certamente più vicina al testo latino che non il che pria per destino errando venne del Caro e che la versione dell’Alfieri, il quale trascura il primus ed il profugus e, sconvolgendo forma e pensiero, aggiunge l’epiteto di avverso al fato e :ι Paganini, dopo avere, con immenso successo, suonato, nel marzo 1834, a Amiens, Douai e Valenciennes, entrava, il giorno 14, in Belgio, dopo avere, fin dal 7 preannunziato un concerto a Mons, la prima città belga ch’egli avrebbe incontrato sulla strada che da Valenciennes conduceva a Bruxelles. La sera stessa idei 14 marzo il concerto aveva luogo a Mons, vibrante dal desiderio d’udire il famoso artista. Benché i prezzi fossero molto elevati (L) tale fu l’affluenza del pubblico che molte persone non poterono trovar posto nel teatro. Il successo di Paganini non poteva esser maggiore e L’Observateur du Eainaut di Monsi, del 18 marzo, N. 2235, scriveva: « Paganini è stato ricevuto nella nostra città come doveva essere « ricevuto. Il nostro pubblico ha fatto prova di una rara intelli-:i « in mezzo alle quali egli aveva come incastrato Paganini, compromettendo così il successo delle serate del celebre virtuoso». Dopo aver dato il secondo concerto a Bruxelles, Paganini partì il 18 per Anvers per dare il preannunziato concerto nella sala della Filarmonica. Benché i prezzi fossero elevati : 8 franchi pei sotto-scrittori e 10 alla porta, nella sala si trovavano circa 700 persone. Neppure un posto era rimasto invenduto ed il pubblico della metropoli accolse «il re dei Violinisti» col più caloroso entusiasmo. Nessuna voce discorde si elevò nei giornali d’Anvers che si occuparono largamente dell’avvenimento artistico e che misero in chiara luce il successo riportato dal genovese. Solo il corrispondente de L’Indépendant di Bruxelles, N. 80, fece notare che anche il pubblico d’Anvers non era rimasto soddisfatto delle due cantanti e che avrebbe preferito che queste si fossero mostrate meno sulla scena, per lasciare intero all/ammirazione generale il grande violinista i1). La mattina del 21 marzo Paganini lasciava defintivamente Bruxelles e si recava a Gand per darvi al gran teatro, la sera del 22, il concerto promesso' e pel. quale, già da varii giorni, benché i prezzi fossero stati triplicati, tutti i posti erano stati venduti. L’entusiasmo col quale l'artista fu ricevuto al suo apparire sul palco non cessò un momento durante la serata e, come riferiva L’Indépendant di Bruxelles (N. 83 del 24) « a prezzo di grandi difficoltà riusciva ad ottenere silenzio». «vous n’en êtes qu’ à 1’ alpha de votre expérience; vous ignorez ce Alla üne del concerto una corona di lauro fu lanciata sul palco ed il direttore dell’orchestra, in mezzo all’entusiasmo del pubblico, la pose sulla testa delPartista. Poi una folta colonna di ammiratori, accompagnati da musiche, si recò all’albergo dove quegli alloggiava e dopo vive e replicate acclamazioni, che l’obbligarono ad uscire sul balcone, gl’improvvisarono una serenata alla quale Paganini, benché stanco, assistè visibilmente commosso. Tutti i giornali di Bruxelles, concordemente, dettero notizia del magnifico successo di Gand. Le Journal des Flandres di Gand, nei N. 82 e 83, del 23 e del 24 marzo, scrisse largamente sul concerto e Le Messager de Gand del 23, N. 84, pubblicava un articolo che mi sembra interessante di riferire testualmente: «Vous avez entendu les plus célèbres violons du monde, « Kreutzer, Lefont, Bériot, Baillot, ils vous on étonné, enchanté, « transporté par la justesse de leurs modulations, l’énergie de leurs « accords, la facilité et le brillant de leur jeu. Vous avez cru jusqu’i-« ci avoir' aperçu les limites de la capacité du violiniste. Eh bien, (1) Ringrazio vivamente Mr. P, Bergmans professore e direttore della biblioteca dell’Uni-versità di (iand che ha voluto favorirmi il testo fiammingo dell’articolo contenuto nel raggiornale. Niccolò Pagani ni nel Biagio nel 1834 « que peut un homme de génie, armé d’un violon et d'un archet, « si vous n’avez vu et entendu Paganini. « Je dis vu, car s’il faut l’entendre, il faut aussi le voir tant il « y ad action, de sentiment, de poésie même dans ses mouvemens. « C’est la Pythie sur son trépied, animée, possédée du dieu qui «l’inspire; c’est un instrument qu’un homme a conquis et qu’il « s’est identifié. Il est réellement impossible de décrire les impressi sions vives, 1*attention estatique et l’empire absolu auxquels Pa-« gannii soumet ceux qui l’entendent. Il exécute des prodiges, mais « ces prodiges attachent, émouvent, charment autant qu’ils étonnent. « Ils semblent tout naturels sous son archet, tant il les produit avec ·« facilité. « Nous n’entrerons pas ici dans l’analyse des quatre morceaux « que le célèbre virtuose a joués hier. Une description, quelque juste, « quelque vive qu’elle fût ne donnerait jamais une idée du talent de « Paganini. Nous le répétons, il faut 1’entendre. Aussi, jamais artiste « nei fut applaudi parmi nous avec autant de transport, autant d?en-« thousiasme. Le célèbre musicien en a paru flatté ; il s'est montré « aussi très satisfait de notre orchestre; il l’avait même apprécié des « le matin à la répétition, où, dérogeant à son habitude, il s’était « plu à jouer les quatre morceaux qu’ il a fait entendre le soir en « public. « Cet homme extraordinaire qui n’avait pag voulu de la coopé-« ration des musiciens de Bruxelles, semblait se complaire au milieu « des nôtres. Après le concert il a adressé des remercîmens affec-«tueux et des éloges mérités à Mr. Mézéray fils, directeur et à « plusieurs artistes de nostre orchestre. Ils ne pouvaient recevoir de « suffrage plus éclairé et par conséquent plus flatteur. « Dans la soirée, nos artistes ont donné une brillante sérénade h « Paganini, qui, dès les premiers accords, s’est empressé de se mon-« trer à sa croisée, et a accueilli, par des applaudissemens et des « bravos, les différens morceaux qui ont été exécutés. Il a reçu en-« suite dans son appartement plusieurs de nos artistes, et leur a réi-(( téré, avec une aimable obligeance, l’expression de son estime « Il est inutile de dire qu’ au concert de Paganini il ne restait -« plus dans la salle une seule place disponible. Mr. le Gouverneur « n ayant pu obtenir sa loge, n’y a point paru. » L ultimo concerto che Paganini doveva dare nel Belgio, prima di 1 aggiunge! e il poi lo di Dunkerque, era fissato per il giorno 24 a biuges. Già i giornali di Mona, di Bruxelles e delle altre città ave-\ ano, lin dai primi del mese, pubblicato l’intero e particolareggiato programma che l'artista avrebbe svolto prima d’imbarcarsi per l’In-ghilterra, ma tale era stato l'interesse e Pentusiasmo a- Bruges, per l’inattesa visita del magico violinista, che nella città si era diffusa la* voce, e se ne parlava» come di cosa certissima, che il genovese vi 198 Maxio Battisti ni avrebbe dato, non un solo, ma più concerti. La notizia aveva preso tali proporzioni che il giornale locale, La Gazette van de Provincie West Vlaenderen del 12 marzo, smentendola in modo assoluto, confermava che Paganini avrebbe dato a Bruges un solo concerto e riproduceva, per maggiore chiarezza, l’intero programma di questi da Amiens a Dunkerque. La sera del 2'4 marzo Paganini eseguiva a La nouvelle salle du grand concert il magnifico programma, particolarmente annunziato nel ricordato giornale di Bruges del 19, nel quale si notava -un Preludio e rondò brillcmte, l’aria favorita Nel corla Sonata militare eseguita su di una sola corda, Il carnevale di Venezia. Benché il prezzo del biglietto fosse elevatissimo, 10 franchi, la sala era colma ed il successo dell’artista fu, come ovunque, completo. La Gazette di Bruges, ricordata, conteneva, nel N. 37 del 26 marzo, un articolo pieno d’entusiasmo che mi sembra utile riferire : « Il celebre Paganini ha dato ieri l’altro nella sala del teatro « l’annunziato concerto. Malgrado il prezzo elevatissimo dei posti « la- sala era pienissima. Tutto quello che i giornali hanno detto del « famoso violinista non può dare alcuna idea della sua arte. Bisogna tt intenderlo e vederlo. Si, vederlo, perchè il giuoco delle sue mani « per tirare dal suo strumento le sue pazze armonie, è al di sopra « di qualunque descrizione. Così mai si sono intesi applausi più « unanimi ed interminabili nella sala. Paganini, avendo terminato il « suo ultimo pezzo, fu, dal signor Bauwens, che aveva diretto Porte chestra·, coronato di lauro, in mezzo agli applausi deliranti del « pubblico. Dopo il concerto l’orchestra dette una serenata davanti « l’albergo che alloggiava Paganini. Questi manifestò la propria in- ii tensa riconoscenza al cordiale ricevimento degli abitanti di Bru- ii ges, i quali, al contrario de L’Indépendant q di altri giornali, san-« no apprezzare ed onorare l’arte e non fanno passare alcuna occasione per provarlo» γ). La Day (Pag. 229) traducendo testualmente il Prod’ilomme (pagina 85) ha scritto che a Bruges « che contava allora 33 mila abitanti (noterò per l’esattezza che ne contava oltre 42 mila) la sottoscrizione pel concerto aveva raccolto solamente 14 firme e che Paganini, quasi in fuga, guadagnò la Francia per imbarcarsi. La notizia non è completamente inventata dai due biografi citati, perchè i malevoli l’avevano veramente sparsa. Le Libéral e L’Indépendant, giornali di Bruxelles, pubblicavano, il 24 marzo, (N. 83) tale notizia ed affermavano che Paganini non si sarebbe fatto intendere a Bruges. Ambedue avevano riprodotto la notizia de Le Franc Parleur di Bruxelles, ma dando poi relazione del concerto, corressero l’errore ed abuso di forza e di ciarlantanismo. Gli rimproverava perciò acer (1) cfr. il m.'o Ecritto : Italiani nel Belgio. M. A. Zani de' Ferranti di Bologna, muiicista e letterato, in L’Archiginnasio di Bologna, 1930. fase. 4 fi XrccoLò Paganini nel Belgio nel 1834 199 insieme a Le Belge ed a L’Emancipation, informarono ampiamente il pubblico dello splendido risultato artistico e finanziario del con-certo di Bruges e riferirono, in gran parte, l’articolo de La Gazette di Bruges sopra riferito. Il giorno dopo Paganini lasciava il Belgio, nel quale l’eco del suo passaggio non si spense presto. Il Fetis che aveva ne L'Indépendant, scritto va rii articoli in onore del, genovese, che aveva ripetuto le lodi di quegli ed i giudizi nella sua Revue Musicale, era pub-plica ment e accusato di contradizione da Le Courrier belge, in uno scritto comparso nel N. 89 del 30 marzo : « Paganini et Bériot giudi_ catil da Fetis)). L’articolo notava che il Fetis, mentre aveva scritto sull Indépendant che Paganini era il più grande violinista e ne portava il valore alle stelle, nel suo libro : La musique mise à la portée de tout le monde aveva affermato che il genovese faceva un grande bamente di averlo, nel suo libro, giudicato con troppa severità « che non sarà approvata da alcuno di quelli che egli tratta di cri-« tici di qualità inferiore, perchè si può essere ottimo compositore, « direttore d’orchestra, direttore di Conservatorio, ma trovarsi an-« che in contradizione con se stesso ». Il Fetis non rispose. La contradizione era evidente; ma forse ascoltando di nuovo a Bruxelles il sommo violinista, egli si era ricreduto del suo primo giudizio. Anzi, lo stesso giorno 30 marzo, nella sua Revue musicale, N. 13, scriveva di nuovo sul Paganini, mettendo in rilievo l’incontro che questi aveva avuto a Bruxelles con Marco Aurelio Zani de’ Ferranti, insuperabile artista della chitarra, del quale Paganini, che ne era rimasta entusiasta, aveva scritto : « Ho inìteso con grandissima soddisfa-« zione qualche composizione eseguita dal Signor Ferranti colla mas-« sima nitidezza ed espressione e ritengo che detto artista sia supe-« riore ad altri celebri che ho inteso in Europa » (1). Non mi sembra inutile di seguire ancora la stampa del Belgio. Lo scandalo sollevato dal Watson, nello stesso anno 1834, a proposito del presunto rapimento di sua figlia e che fu sfruttato indegnamente da L Annotateur di Boulogne e da altri giornali francesi ed inglesi, ebbe la sua ripercussione nei giornali belgi. L’Emancipation, nei N. 189 e 192 dell’8 e delPll giugno, ne dette una lunga relazione ed anche il Fetis ne scrisse nella Revue musicale N. 27 e 28. Altri giornali, si valsero della notizia, sulla quale il futuro biografo di Paganini, che non sarà, speriamo, un romanziere, ma 'uno spassionato e metodico ricostruttore, porterà una particolare attenzione. L'anno stesso Le Courrier Belge, N. 88, del 7 luglio, informava, che Paganini aveva inventato la contro viola, e Le libéral del 29 (1) Le Libéral de Bruxelles pubblicò nel X. 184 un articolo contro Tacanini. 200 Mario Battisti ni settembre, N. 270, in un articolo « Paganini et les pauvres » riprendeva un articolo del Journal des Débats di Parigi a xjroposito dell’asserito rifiuto di quegli a dare un concerto in favore dogli inondati di Saint Etienne, per riaffermare l’ingiusta accusa- di avarizia che i francesi specialmente facevano all’artista italiano. L’eco della notizia dell’assassinio e della morte naturale poi, data dai giornali francesi in gennaio ed in settembre del 1835 si ri percosse in Belgio e Le Courrier Belge, N. 259, e Le Journal del Flandres} N. 271, la smentirono con viva gioia. Nò nel Belgio si cessò di occuparsi di Paganini, riprendendo le notizie dai giornali francesi, dei quali sarà interessante lo studio metodico, che ricamavano sull’avarizia di quegli, su l’incidente con Douglas L-oveday, sulle peripezie del Casino (x). La fine di colui che aveva fatto vibrare tutta l’Europa si approssimava. Minato dal male, contro il quale da varii anni lottava, il 27 maggio 1840 Paganini si spegneva a Nizza, al dolce clima della riviera, al quale aveva domandato conforto e sollievo. I giornali belgi ne dettero il doloroso annunzio e Le Belge dell’ll giugno 1840, N. 1G3, si trattenne lungamente sulla dolorosa questione della sepoltura del corpo dell’artista. Dette poi un resoconto del testamento di questi, N. 182 del 30 giugno, non mancando d’xnserìrvi, riprendendo la sciocchezza da pubblicazioni francesi, che raganini avesse, fra le altre cose, disposto d'esser sepolto col proprio violino « per « suonare un’aria a Satana ed alla sua corte in caso prendesse loro «il desiderio di giuoearmi un brutto tiro». Ed all’assurda notizia aggiungeva, il 4 luglio, N. 186, che avesse lasciato a B£riot un magnifico anello con brillanti. Ma di tutte queste sciocche chiacchiere il giornale di Bruxelles, faceva completa ammenda il 17 luglio, N. 199, pubblicando dettagliatamente il vero testamento del genovese, aperto il 1° giugno e che questi aveva redatto il 27 aprile 183ì, e rendeva poi un largo e caldo omaggio alla memoria dell’impareggiabile violinista in 4 lunghi articoli inseriti nei numeri 202, 203, 215, 217 e 227 del 20-21 luglio, del 2, 4 e 14 agosto dell’anno stesso. Spettava ad una rivista scientifica Le Journal historique et littéraire de Liége (2)f emanazione del partito cattolico, d’infierire, con ingiuste ed indecorose frasi sull’estinto. Un anno e mezzo era già Trascorso dalla morte di questi, nè l’ira di scrittori privi d’umanità e di spirito cristiano, si era spenta e quelli potevano scrivere un articolo, riferito dal Prod-Homme (3), del quale non sappiamo se più repugni il settarismo o la malvagità. Sia raccolto ora l’augurio ed il richiamo autorevole del Pe- (1) Le Courrier Belge N. 305 del 1836 ; X. 8, del 1480. (2) \ol. So pag. 407 del 1 dicembre 1841, op. e t, pag. 109-110. Niccolò Paganini nei, Belgio nel 1S34 201 demonte ; valga anche questa modesta nota a spingere i volonterosi a raccogliere e studiare in Italia ed all’estero il materiale che si riferisce alla vita ed all’opera del genovese. Il lavoro non sarà grave se l'entusiasmo sosterrà i nobili operai che lo intraprenderanno con pazienza e con metodo. In ogni parte d’Europa si potranno raccogliere notizie che illuminino e chiariscano la vita di Paganini, composizioni o lettere di questi. E poiché ho potuto esaminare la ricca autografoteca Warocqué, nel castello di Mariemont, mi sembra utile dare la trascrizione delle due lettere e del breve biglietto del Paganini che fanno parte di quella collezione. (]). Mario Battistini. I. Aderisco ai desiderj dell’adorabile Mademoisella Paolina ed a quello del Sig. Barone d’Eberstein. EmSj 24 luglio 1830. Nicolò Paganini IL Riveritissima Signora sorella Nicoletta, Parma} li 22 settembre 1835 Reduce da Milano da l’altra sera ricevei una vostra lettera con piacere in quanto che vi sento sana unitamente alla vostra famiglia. Mi fa egualmente piacere che abbiate aggradito la robba che ordinai al sig. Tagliavacche di consegnarvi, e che l’abbiate ricevuta. L’aria della campagna vi garantirà sicuramente da ogni malattia ; ma grazia al cielo il cholera va diminuendo, e ben presto saranno liberi da un tal flagello i miei concittadini. Pregate a nome mio vostro marito di dire al Sig. Carbone, chirurgo in codesta città, che mi incresce di non potere in alcun modo aderire al suo desiderio ; prima perchè son lontano dalla patria, e qui trovomi privo del mio amministratore sig. Avv. Germi detenuto altrove per ragioni de’ cordoni sanitarj ; per conseguenza dovrebbe dirigersi a qualche altra (1) Sui documenti italiani dellautografoteca Warocqué cfr. i miei articoli in Rivista delle scienze mediche di Firenze, 1Π30 fase. 9-10; Giornale storico della lett. italiana, 1931, Voi, 07, fase. 291; Rivista storica degli Archivi toscani, 1931, fase. 2. 202 Mario Battisti ni persona, che non sarà diffìcile di trovare l’imprestito avendo abbastanza di assicurarlo. Aggradite i miei cordiali saluti ed inculcate mio nepote per gli progressi nello studio. Il vostro aff.mo Paganini. P S. — Raccomando al Sig. Sebastiano Ghisolfi di salutarmi tanto il sig. Tagliavacche, ringraziandolo della sua cara e compitissima lettera che ho qui ricevuto. Di salutarmi il Sig. Riva padre, e di assicurarlo che se verrà il sig. Avv. Germi a Gaiona gli consegnerò l’acclusa. Mille saluti al valentissimo sig. Achille. Signora Nicoletta Ghisolfi, Genova. III. Amico, Col favore del celebre sig. Donzelli permettimi ch’io esterni i miei candidi sentimenti di gratitudine all’amicizia con che mi trattasti nel tempo della mia dimora costà, nonché alle gentilezze della tua amabile Consorte, quale riverirai pure da parte della Bianchi, che ancora in mia compagnia forse la condurrò nel mio giro fuori d’Italia questa primavera. La Medicina Curativa di Mr. Le Roy, tradotta in Italiano a Bologna, ha smascherata l’impostura medica, ed è provato da tutto il mondo che un tale purgante guarisce perfettamente qualunque incomodo ; dunque ti prego a possedere detta opera, che a leggerla ti persuaderai e, provato che avrai il purgativo, ti convincerai. Si dice che in Venezia furono recitate due commedie, una in favore del suddetto Medico Le Roy, e l’altra contro lo stesso; tali produzioni le vorrei comprare per aderire al desiderio di un mio amico di Palermo, ed eccomi a pregarti caldamente di volermi procurare un tale acquisto facendone ricerca, e comprarle per mio conto per inoltrarle al Sig. Commissario Domenico Maria Testa & Palermo, quale sborserà al presentatore delle medesime l’importo. Nella Novena partirò e ritornerò verso Milano, trattenendomi un poco in Toscana, e a Bologna, per qualche affare d’interesse. I miei saluti e quelli della Bianchi al Gran Bruchini, aU’amico Dr. Pagliari, ed agli comuni amici. Niccoli) Paganini nel Belgio nel 1834 203 A Firenze mi porterò alla posta per tue lettere, dunque non star più silenzioso, scrivimi, e dimmi le tue cose, ch’io non anelo che il piacere di leggere i tuoi preziosi caratteri. Ti abbraccio teneramente. Il tuo aff.mo amico e servitore Nicolò Paga>nini Napoli, 0 dicembre 1835. P. S. — Ti raccomando dette comedie di inoltrarle al più presto a Palermo che saranno prontamente dal Sig. Testa pagate. Addio. Ti prego di dirmi qualche cosa· dello spettacolo Fenice. (Al Signor Camerra - Direttore e concertista al Teatro della Fenice - Venezia). (Mariemont - Belgio. Autografoteca Warocqué). UNA INSIGNE OPERA D’AIVTE nel Palazzo del Governo di JVTassa in Lunigiana Una pregevole opera dell-au rea epoca della Rinascenza (secolo xv), che pochi dovevano avere visto ed ammirato perchè per tempo non corto era stata coperta da una parete, trovasi nella Cappella del palazzo del Governo della nostra Città, eretto in origine dal primo Principe di Massa e Marchese di Carrara Alberico Cibo Ma· laspina nel secolo decimosesto ed ampliato poi in epoche susseguenti dai Bergamini di Carrara (secoli xvn - xviii). Non è facile lo stabilire come Massa potè accogliere tra le sue mura quel gioiello d’arte. Al Regio Archivio di Stato non ho potuto trovare alcuna memoria riguardante tale opera in marmo; tra le varie ipotesi degne di essere studiate la migliore è questa. La fattura insigne, che riporta in rilievo la nascita del Salvatore con le figure della Vergine e del patriarca S. Giuseppe con angeli alati e con un paesaggio che ricorda il borgo di Betlem (non mancano neppure i giumenti che avrebbero riscaldato la carne del Verbo di Dio fattosi Uomo), doveva, a mio modesto giudizio, trovarsi nella Cappella del palazzo marchionale al Castello di Massa Vecchia il). Il magnifico fabbricato, fiore elettissimo dell’arte del "400, fu fatto innalzare, in parte, dal primo Marchese di Massa, Antonio Malaspina, di Fosdinovo ; e direi che lo stesso scultore che compì gli stipiti, le cordonate, i portali ed il cornicione policromo della magione monumentale dovè pur eseguire l’alto rilievo del Presepio. Purtroppo è rimasto sconosciuto il marmorario egregio che eseguì queste fatture quattrocentesche. Qualcuno vi vede lo scalpello di Matteo Givi tali, di Lucca, ma non esiste documento alcuno a suffragio di questa opinione che non è però da scartarsi. Qualche studioso direbbe che l’opera bella, riportata in luce da S. -E. il Prefetto Americo Festa, che ha fatto rivivere la Cappella ex ducale, si trovasse nel Duomo di San Pietro Apostolo, demolito nel 1807 da Elisa Baciocchi moglie di Felice I Principe di Lucca (1) Una memòria da me trovata tra le carte dell’Archivio Vescov'le di Luni-Sarzana all’anno 1599 mi darebbe ragione nel senso che lO'atorlo posto «in castello Massae» era sub titulo Nativitatis Domini Jeau Christi mentre nel 1G83 era dedicato a San Carlo liorromeo. Una insigne opera d’arte nel Palazzo del Governo in Massa 205 e di Piombino ; ma è una ipotesi che non si appoggia a documento alcuno. Regge di più la prima opinione; che cioè abbandonato il palazzo dell’arce a Massa Vecchia, i Principi Cibo-Malaspina portassero seco l’opera insigne, facendola collocare, come pala, all'altare barocco della Cappella del palazzo di piazza Avanci. Non va dimenticato il fatto che, come ci dice il Cronista Rocca (1) nel.le sue Memorie della Città di Massa, conservate al nostro R. Archivio di Stato, due erano in origine le Cappelle del palazzo ex ducale; l’una doveva servire per i serenissimi Principi; e l’altra per i componenti la Corte ed il servizio. La prima Cappella era dedicata al Crocifisso; la seconda alla Natività del Salvatore. Dove sarà stata la prima Cappella? Non si può stabilire; forse nella Camera che fu scelta poi dal Duca· per il notturno riposo; e che ancora ai nostri giorni mostra portali in marmo policromo, di stile chiesastico, ed una cornice, a forma di drappo fastoso, con Angeli in rilievo. La Cappella scomparsa possedeva un Crocifisso, sei candelieri e quattro angeli, in metallo fino, di Pietro Tacca, ed ima Madonna in ma-rmq, che era attribuita a Michelangelo Buonarroti. Il cronista Rocca, che vide la Cappella, ci dice che era stata dipinta da famosi pittori e messa a oro e che marmi preziosi la decoravano, lavorati da finissimi ornatisti. Anche il Bolgi, di Carrara, ai suoi tempi stimatissimo, vi lavorò; e tra l’altro gli si attribuisce una Madonna in marmo, che secondo alcuni, ma non so con quali plausibili argomenti, sarebbe poi passata in Casa dei Nobili Maggesi (2) Questi abitavano in Via Etnisca, ora Via Alberica e da antichi signori, avevano la facciata della loro residenza affrescata da un Ghirlanda, famiglia che da Fivizzano aveva piantato sede in Massa e precisamente nel palazzo dei Diana Paleologo in piazza già di San Pietro ed ora Umberto 1. Gli affreschi che qui si riportano si conservano nell’attuale Cappella, e dovettero essere eseguiti nel secolo decimottavo da un Lemmi di Fivizzano, che fece pure il Trionfo di Apollo (3) sul soffitto dell’attuale Accademia dei Rinnovati, se sproporzionate le figure, i colori dei panneggiamenti sono messi con lodevole gusto ; vi si scorge un tentativo di imitazione tiepolesca. Massa Carrara, 1931 - IX. Canonico Luigi Mussi. (1) Rocca, Storie Antiche di Massa di Carrara raccolte da Autori antichi, raccolta lun’gia-uese. Mss. 90. (2) Campobi, Andrea Eolgi, di Carrara dal 1605 al 1626 allievo del Bernini ecc. (Notizie degli Scultori, Pittori ed Artisti della Provincia Modenese). (3) V. «Origini e Vicende dell'Accademia de' Rinnovati di Massa*. Memoria di Luigi Staffktti, 1912. * SAGGIO DI UNA BIBLIOGRAFIA GENERALE SULLA CORSICA (Continuazione, vedi numero precedente). ACTA Sanctorum quotquot orbe coluntur vel a Catholicis Scriptoribus celebrantur quae ex Latinis et Graecis aliarumque gentium antiquis monumentis collegit, digessit, notis illustravit Johannes Bollali dus S. J. Theologus Servata primigenia Scriptorum phrasi. Antuerpiae apud Johannem Meursium, 1643, (jannuarius) [Corsica, S. Julia, 22 Maggio pagg. 107-170.] ALASIA Bernardo — Storia di S. Giulia vergine e martire.... Torino, 1864’ 32’ pagg. 352. ALLABI} — La persécution de Diocletién et le triomphe de l'Eglise, par Paul Allard, 2 Ed. rev. Paris. Libr. Lecoffre, 1908, Τοιη, I, pagg 433-431, IS. Devota]. ANGELELLI A. L. - L’Abbazia e l’isola dti Montecr:sto. Firenze, RameUa, 1903, 8°, pagg. 90, ree. Archio. Stor. 1904 (XXXIII) pagg. 452-455 [Fondata nel V sec. Monastero di S. Salvatore mauriliano, sopravvive ai Saraceni e passa sotto i Pisani. Gregorio IX vi introduce i Camaldolesi (Bened.) Distrutta nel 1553 da Dragut.] BAITE LLI Angelo — Vita, martirio e morte di S.ta Giulia Cartaginese, Brescia, 1657. BAÌs'DO del Gen. e Supremo Magistrato di Corsica per la provincia oltramontana, Sante Folacci, riguardo alle Mense Vescovili. Raccolta (V) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 36-37 BARÒNIUS Caesar — Annales Ecclesiastici auctore Caesare Baronio Sorano e Congregatione Oratorii... una cum critica Historico Cronologica P. Antonii Pagii in qua rerum narratio defenditur illustratur suppletur, ordo temporum corrig tur et Periodo greco-romano munitur. Lucae, Tip. Leonardi Venturini, 1738, (Tom I 1746 - Tom. XIX). BARTOLI Daniello — Dell’Istoria della Compagnia di Gesù : L’Italia - iRoma, presso Varese, 1673, [opere e cose fatte da Landini. Libr. II, Cap. IV, jmgg. 225-284; Libr. Ili, 8°] BEDA Danzer P. — Der heilige Gregor der Grosse in der Missionsbewegung seiner Zeit, in Studien und Mitteilungen zur Geschichtç der Benedektinerordeus und seiner Zweige. Ser. Il, 1912, II, 3 [notizie sicure sulla Corsica]. BENIELLI Giuseppe Maria - Bizzarrini Carlo — Ianuensis seu Adiacensis nullitatis Contractus, et resolutionis eiusdem nec non et recusationis sive refutationis emphiteusis pro Adm. R. D. Canonici Ambrosio et M. M. Joseph Maria et Michaele Angelo Fratribus Beniellls filiis nunc Q. M. Ariotti contra Ill.mo et Rev. Fr. Don Joannem Paulum Jnuream Episcopum Adiacens Juris allegationes cum exactissima factispecie quas in causa Saggio di una Bibliografia generale sulla Corsica 207 propria sed pro veritate scribens Joseph Maria Beniellus I. C. C. quibus accessit erudita et docta consultatio. Exc. Dom. Caroli Bizzarrini Patricii Senensis et in Pisano Lycaeo Rectoris Primarii. Genuae, Tip. Antonio Scionici 4, pagg. 42, s. d. 1687 circa. BONFANT Dionisio — Breve tratado del primato de Cerdena y Corsega en favor de los arzobispos de Caller y del reai padronasgo de su Magestad. Caller, Empr. Galcerin por Bartholome Gobelli, 1637, \i f. f. [Chiede nome e titolo e preminenza di primate al re], CANEPA Mario — Una concessione di Vittorio Amedeo. Archivio Storico di Corsica, Gennaio-giugno 1927, pagg. 135-143 [abilita un sacerdote corso a conseguire benefici riservati ai soli nativi della Sardegna]. CAPPELLETTI Giuseppe — Chiese d’Italia dalle loro origini sino ai nostri giorni, opera di G. C. prete veneziano, Venezia, Stabil. Giuseppe Antonelli, 1861, 8o, vol. XVI [Vescovati di Corsica, pagg. 273-404.] CARNICER Juan Baptista — Breve discurso del primado de Cerdena y Corsega, Madrid, per la vinda de Alonso Martin, 1616, 4. CARTA, stata presentata dal sig. Biffi console della Repubblica di Genova al Senato di Venezia, in Raccolta (\) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg» 16-19. OASANELLI — Pastorale, un amico del popolo, Lucca, 1846, in Indicatore Pisano, N. 15, 30 maggio 1846. CERRATI -- Des usurpations sacerdotales précédés du récit de la mission du P. Farina à Ajaccio par l'abbé Cerrati et publié par Sainte Edine. Paris, Tactu, 1828, 8°. CLEMENS P. P. XIII — Sanctissimi Domini Nostri Clement's Papae XIII, Allocutio habita in Concistorio Secreto Nonis Maji MCCLX, in Raccolta (I) dì Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 26-37. -CLEMENS P.P. λIII — Sanctissimi Domini Nostri Clementis Papae XIII, Literae in forma Brevis, quibus abrogatur Edictum in Civitate Genuensis nomine Ductis et Gubernatorum illius Reipublicae promulgatum contra R. P. Caesarem Crescentium de Angelis Episcopum Signinum Visitatorem Apostolicum rm quibusdam Corsicae Diocesibus a Sanctitate sua deputatum, in Raccolta (1) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 38-55. •CLEMENS P. P. XIII — Sanctissimi Domini Nostri Clementis Papae XIII, literae in forma Brevis quibus Nobiles viri, Dux, Gubernatores et Senatus Reipubblicae Genuensis at abrogandum Edictum contra Caesarem Crescentium Episcopum Sign!num et Visitatore Apostolicum portatur (15 maggio 1700), in Raccolta (1) di Documenti, Memorie et Manifesti pagg. 96-103. CLEMENS P. P. XIII — Sanctissimi Domini nostri Clementis Papae XIII Literae in forma brevis quibus R. P. Caesar Crescentius De Angelis Episcopus Signinus, in visitatorem apostolicum in quibusdam locis Dioccsium Aleriensis. Marianensis et Acciens:s atque N?bensis in insula Corsicae deputatur. [18 Sett. 1759], «Raccolta (I) di Documenti, Memorie e Manifesti» pagg. 1-15. •COLONNA ile Cesari Rocca — Evêques de Corse inconnus" d’Ughelli et ne figurant pas aux stries Episcoporum. Paris, Leroux, 1895, 8.o, pagg. 8. CONFERMA del Decreto del XVI Aprile fatto da Genovesi, in Raccolta (I) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 104-108. 208 Renato Giardelli COSTITUZIONI fatte e pubblicate: nel secondo sinodo diocesano tenuto l'anno 1781 ed incomin* ciato il di 17 Maggio dajl’lll.mo Mons. Francesco Cittadella Vescovo di Mariana e Accia... nella Chiesa cattedrale di S. Maria in Bastia. Bastia, Batini, 1781, 8°, pagg. 92, Vedi Bibl. di Bastia. CRESCENZIO de Angelis Cesare — [Editto relativo all’amministrazione delle rendite ecclesiastiche] 1) Campolorc, Ascione, Impr. Camerale, 1760; 2) Raccolta (II) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 56-57. CRESCENZIO de Angelis Cesare — Pastorale di Mons. Crescenzio de Angeli?, Vescovo di Segni, nel notificare in Corsica il breve con cui da N. S. Papa Clemente XIII felicemente regnante viene eletto per visitatore Appostolico di quel Regno. 1) in Raccolta (II) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 47-51 ; 2) Campoioro, per Domenico Ascione 1760r 4Λ pagg. 25. CULTES et Sanctuaires de la Sainte Vierge en Corse, in Bulletin Paroissial de Vile. Rousse, Oct. 1917. DECRETO dei Corsi che condanna alle fiamme quello de’ Genovesi del 14 Aprile, in Raccolta (I) di Documenti, Memorie é Manifesti, pagg. 23-25, Campoioro, per Domenico Ascione, Stampatore Camerale, 1760. DECRETO della Repubblica di Genova che mette taglia di sei mila scudi a chi prenderà e consegnerà nelle sue forze il Visitatore Appostolico (3^'c) 1) Genova, Stamperia Gc-siniana, 1760; 2) Raccolta (I) di Memorie e Manifesti, pagg. 16-17. DELLA ROCCA Pietro (P.) di Postino — Cronologia ovvero istoria serafica della provincia osservante di Corsica composta dal Rev. P. Pietro della Rocca di Rostino. Lucca, Domenico-Cinfetti, 1718, 4.o. DISCORSO teolog-co canonico politico riguardante la missione di Mons. Cesare Crescenz.o de Angelis in Corsica in qualità di visitatore apostolico, s. n. t. 8°, pagg. 71 ([Grave ed ampia materia : è ostile alla Curia.] DONATIONS faites en Corse à l’abbaye de Sa.int-Mamir»an de Monte-Cristo, in Bull. Soc. hist. de ïa Corse, 1887, (Ann. VII), fascicolo 83-84, pagr. 169-211. Cymos. Traduction par Albert Zozza, 1884. DUCIS Senatus ac nobilium virorum Reipubbljcae Genuensium Responsum ad Itteram hortatoriam Sanctissimi D. N. Clementis Papae XIII, in Raccolta (II) de’ Documenti Memorie e Manifesti, pagg. 60-71. EDITTO dei Corsi in seguito d'un Congresso Generale tenuto da essi in Corte nei giorni 10, 11 e 12 del mese di Maggio 1760, in Raccolta (II) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 55 — [il governo non si ingerisce nell’amministrazione dei proventi ecclesiastici.] EDITTO della Repubblica di Genova che proibisce ai suoi sudditi dar esecuzione, prestar ' fede o aver per autentico qualunque Editto o Scrittura proveniente dal di fuori dello Stato cioè dalla Corte di Roma o dai Corsi, 1) in Raccolta (I) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 67 68; 2) Genova. Stamperia Gcsiniana [1760]. EDITTO Pastorale per la sacra visita Cesare Crescenzio De An relie... al Clero e popolo — Supplemento al suddetto Editto. Metodo per la compilazione degli inventari dei beni ecclesiastici del’e Diocesi di Alerà, Mariana, Accia e N'ebbio, in Raccolta (V> di Documenti, Memore e Manifesti, pagg. 43-70. Saggio di una Bibliografia generale sulla Corsica 209 ENDRES Johannis Nepomucenus — Discursus politico-canonicus de recusatione visitatoris-Apostolici Censuris ecclesiasticis ac interdicto haud facile vindicanda ac illustrandam. Extravag. Super gentes et Regna Unie, de consuetudin. inter communes, pro solemni Praelectionum Canonicarum Exordio nuper in Auditorio juridico pubblice recitatus, ....a Johanne Nepomuceno Endres S. Th. et. J. U. Doctore in hujusce Wireeburgensium Universitate professore- publico, in Raccolta (I\) di varie scritture in difesa della Repubblica di Genova, pagg. 134-285. 2) Ragionamento poltico Canonico del rifiuto del Visitatore apostolico, difficilmente correggibile con le censure ecclesiastiche e l’interdetto.... da Giovanni Nepomuceno... in Raccolta (IV} di varie scritture in d:fesa della Repubblica di Genova, pagg. 4-109. EPISTULAE mixtae ex variis Europae loc'is ab anno 1537 ad a. 1556 scriptae nunc primum a Patribus Societatis Jesu in lucem editae Madrid, 1898-1901, (Tom. I - V), Monumenta historica Soc. Jesu. ERMONI — Ajaccio, in Baudrillart Dictionnaire de histoire et de Géographie ecclesiastique. Tom.I, col. 1271-1274. ESPOSIZIONE di fatto concernente la missione del Vescovo di Segni nell’isola di Corsica, (s. n. t.) 4°, pag. XXXVIII, 1) in Raccolta (I) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 69-95. 2) in Raccolta (Nuova) di varie scritture in difesa della Ser. Repubblica di Genova, pagg. 11-42. ESTRATTO della ritrattazione fatta dal \escovo intruso del già dipartimento di Ajaccio, Bastia, 24 Die. 1794. (s. n. t.) EUBEL Conradus — Hierarch’a Catholica Medii Aevi Sive Summorum Pontificum S. R. E. Cardinalium Ecclesiarum. Antistitum Series. Monasterii Libr. Regensbergianae, 1889, (1) -1910 (III); Libro II Patriarchi e Vescovi del mondo intero fino al 500; Libro III Volumen tertium sec. XVI' ab a. 1503 complectens. Tip, Ganis, Ree. Archiv. Stor. 1899, pag. 1699, seg. Ree. Giorgetti Archiv. Storie. 1912 -(49) pagg. 470-472. EUBEL Conradus — Hierarchia Catholica medii Aevi Sive Summorum Pontificum S.R.E. cardinalium ecclesiarum antistitum series ab anno 1198 usque ad a. 1431 perducta e documentis tabularis praesertim Vaticani Collecta Digesta^edita per C. E. Editio altera. Monasterii, Resenberg, 1913, pagg. \ΙΠ, 580, Ree. Cipolla in Arch. Stor., 1914, (72). E’ la 2* ediz. di Eubel (1898-1901). — Sostituisce il Ganis ed è combinata allo stesso modo con maggiori e più precise notizie biografiche. Il primo volume della seconda edi/.ione va dal 1198, anno in cui si iniziano i Registri del Potthast, fino al 1431. EXPOSÉ des faits qui ont précédé et occasionné l’envoi fait par N. S. P. le Pape Ciement XIII d’un visitateur apostolique dans l'île de Corse [18 Sept. 1759] (si) 1760, 4*. FILIA — La Sardegna Cristiana: Storia deìla Chiesa: vol. I, Sassari, Satta, 1909, 8*, pagg. VII, 153. pagg. 59 segg. ILettere di S. Gregorio — Corsica.] GAMS Pius Bonifacius — Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae qua series quae apparuit 1S73 completur et continuatur ab anno c. a. 1870 ad 20 Febbr., 18S5: a plurimis adjutus edidit P. B. G. Ratisbonae, Tip. Manz., 1886, 4*, Ajaccio, pagg. 35. GAMS Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae quotque innatuerunt a Beato Petro Apostolo a multis adjutus ed.dit P. B. G. Ratisbonae, Manz. 1S73, 4% Ajaccio, pag. 764; Nebbio, pag. 767; Sagene, pag. 767; Mariana, pag. 766; Accia, pagg. 765 - 764-76S. GIUSTINIANI Fabiano — Constituzioni eccles:astiche ...dal M. Rev. Fab. G. Vescovo di Ajaccio... pubblicate l’anno 1617-1618 per il buon governo del clero e del popolo della sua diocesi. Viterbo, P. ^4. Discepoli, 1620, 8*. -R- V. 210 Renato Giardelli GRIDA de’ Corsi con cui si vieta il pagamento delle Decime ai Vescovi ordinari e lo prestare ad essi o a loro ministri ubbidienza, in Raccolta, (I) di Documenti, Memorie e Manfesti, pagg. 109-110. GRONER — Le diocesi d’Italia dalla metà del X fino a tutto il XÏI secolo. Traduzione e preparazione di G, Battista Guarini. Melfi, Tip. Liccione, 1908, 8°, pagg. 94, [Aleria, parg. 35-36]. F* HEFÉLE Charles Joseph — Histoire des Conciles d’après les documents originaux continuée par le Cardinal Hergenrôther. Nouv. trad. française faite sur la 2* edit. allem. corrigée et augmentée de notes critiques et bibliographiques par un religieux bénédéctin de Farborough (dom. H. Leclerg, Paris, Letuzey et ainé 1907-908, (Tom. I-II), 8o, (L’opera avrà 24 vol.) nel II 2, pag. 931 bibl. relativa ai vescovi inviati in Corsica per tagliarvi legname. KLATJSING Antonius Ernestus — Controversiae recentissimae inter Pontificem romanum et Rempublicam Genuensem super legato in Corsicam misso ; Historiam orationi aditiali A. D. XII Oct, (1) Conciliorum 1765 recitandae premisit. Lipsiae, ex Off. Laugenliemia, 40, pagg. XV. LABBÆ — Historia Conciliorum Tom. III, pag. 1, £ 30: VI, 900; IX, 1015; XVII, 1253, [dà. notizie importanti sulla Corsica]. > FOATA (De) — Recherches et notes sur l’histoire de l’Eglise en Còrse, in Bulletin de la Société des Se. corses, Bastia, 1895. X LANZOXI Francesco — Santi Africani nella Bassa Italia e nelle isole adiacenti. Estr. da «La Scuola Cattolica di Milano» - Monza, Tip. Artigianelli, 1918. [Notizie su S. Vendemmiale di cui si nega la presenza in Corsica e forse di altri santi. (Vitabe Restituta] ecc. Ree. Rivista Storica, Lugano, 1919, pag. 123. LAXZONI — L'origine del Cristianesimo e dell’episcopato nella Corsica, in «Rivista Storica delle Scienze Teologiche,» 1900, Tom. 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XVIII, in Mélanges d’Archéologie et d’histoire publiée par l’école française de Rome, 1904, (XXIV) fase. 2—3. 2) Estr. Roma, Impr. de la Paix de Philippe Cuggiani, 1904, 8°, pagg. 15, Ree. in «Giornale Stor. Lett. della Liguria», 1904, pagg. 466-468. E’ una relazione di Tomaso Spinola Vescovo di Ajaccio. (1698-1715). Saggio di una Bibliografia generale sulla Corsica 211 L ORDRE des Frères Mineurs en Corse en XV siècle, in «La Nacelle de Saint François», organe du Tiers-Ordre Frainciscain. (1918..., 1920]. MACHIN Ambrogio — Defensio Sanctitatis Beati Luciferi archiep. caralitani, Sardinae et Corsicae primat's et aliorum Sanctorum quos colit ecclesia Calaritana nec non et primatus Archiep, Calaritani et eius primat alis ecclesiae una cum decisionibus Sacrae romanae Rotae m duos libros divisa. Calari, Tip. Galcerin, apud Bartolomeum Golettum, 3639. F. MANIFESTO della Serenissima Repubblica di Genova con le risposte di un corso, in Raccolta (II) di Documenti Memorie e Manifesti, pagg. 5-45. — 2) Campoloro. Per Domenico Ascion, Impressore Camerale, 1740, 8°, pagg. 28. Relativa alla missione del \ escovo Crescenzi, difende i corsi, confutando il manifesto della repubblica. G. MAREUSE S. — Chronica Sacra : Santuario di Corsica, Firenze, 1639. B. MATTHAEJUS Anton/o Felix — Ecclesiae Pisanae Historia Auctore P. M. Antonio Felice Matthaejo Franciseano Conventuale, in Academia Pisana Sacrae Theologiae publico professore. Lucae, Ex Tip. Leonardi Venturini, 1768, (Tom. I), — 1772, (Tom. II), 8°, pagg. XXII, 138; XII, 145. — [Notizie sulla Storia dei Vescovi corsi, e sulle relazioni con Pisa.] MÉMOIRE pur les habitants corps et communauté d’Ajaccio en Corse défenseurs contre Mess re Benoit André D'Oria evêque de la même ville demandeur en cassation de deux arrêts rendus au conseil supérieur de la Corse le 5 juin 1778 et 7 juin 1779, Paris, lmpr. D'Houry, 1781, So. MEMORIA ai Sovrani! di Europa, in Raccolta (V) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 20. MEMORIA data dalla Repubblica di Genova alla Corte di Roma, in Raccolta (Nuova) di vane scritture in difesa della Ser. Repubblica di Genova, pagg. 3-10. [V. Risposta.] MEMORIA 'in cui si rende ragione dei procedimenti della Corte di Roma rispetto alla missione deJ Visitatore Apostolico in Corsica, in Raccolta (1) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 56-66. MEMORIA presentata dal Card. Orsini alla Corte di Roma, in Raccolta dii (V) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 13-14. MEMORIA presentata dal Card.-Orsini alla Santità di Papa Clemente XIII, in Raccolta (V) di Documenti, Memorie e Manifesti, pafg. 6-15. MEMORIALE diretto dalla Repubblica di Genova alle potenze d’Europa in forma di circolare per mezzo dei suoi ministri, in Raccolta (I) di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 18-20. MICHEL ERSILIO — Le Sante patrone della Corsica nel carteggio Capponi-Tommaseo, in ‘Archiv. Stor. di Corsica, 1926, (II), pagg. 194-195. MICHELI Giuseppe — Lettere di Mons. Bernardi, Vescovo di Ajaccio al Card. Farnese (1504-1575), in Archivio Storico di Corsica, 1926, pagg. 195-199. MISSIONS de S. Léonard de Port-Maurice en Corse, pendant l’année 1744, in Bull. Soc. hist. de la Corse, 1889, (Ann. IX), fase. 103-106, pagg. 517-573. Estr. «Opere di S. Leonardo da Porto Maurizio, missionario apostolico.... Venezia, Tip. Emiliana, 1869, vol. V. 212 Renato Giardelli MITTARELLI Jchannes Benedictus - Costadoni Anselmus — Annales Camaldulenses ordinis-Sanct-i Benedicti quibus plura interferuntur, tum ceteras Italicas monasticas res, tum historiam Ecclesiasticam remque Diplomatlcam illustrantia D. Johanne Benedicto Mit-tarelli et Anseimo Costadoni ....ad monumentorum fidem et Veltrum Chartarum quae Appendicem constituunt. Yenetiis, apud Bapt. Pasquali, 1775, (Tom. I) — 1773, (Tom. IX). [Notizie sui beni dei Camaldolesi in Corsica e su Monte Cristo.] G. MOLARD Franc. — Les evêques de la Corse, in «Bull. hist. phil.», 1891, pagg. 52-63 e pagg 270-271 MONTI Alessandro — La Compagnia di Gesù nel territorio della Provincia Torinese : Memorie storiche compilate in occasione del I Centenario della Restaurazione di essa Compagnia-dal P. Alessandro Monti S. J. Cliieri, Stab. Ohirardi, 1914, (I) — 1920, (\1), 8°. — Corsica, II, pa^g. 160-206 (Coll. Ajaccio e Bast'a) (dall’anno 1555-1619), pag. 669. Ili, pagg. 305-320. Bastia e Ajaccio, 1848-49 ecc., pagg. 374-378; 385; 504; 523. OLIVESI Paolo — Serafici e cronicali ragguagli della prov. Minore osservante in Corsica. Lucca, 1671, 8o. PERETTI Charles Antoine — Mémoire sur la nécessité d’établir trois évêchés en Corse [signé] par Charles A. Peretti député à l’Assemblée Nationale, 2 juillet, 1790, s, n. t. 8°· PONTIFICALE (La) en Corse, in «Analecta Juris Pontificalis», (1871), XI, pagg. 426-469. POTTHAST — Regesta Pontificum Romanorum inde ab a. post Chr. n. MCXCVIII ad a. MCCCIV, edidit A. P. Berlin, Decker, 1874, (1) - [Lett. di Gregorio — 1874, (II)]. PROMEMORIA inoltrata aH'Eminentissimo Imperiali in Roma sotto li 18 Giugno da presentarsi al Sommo Pontefice a nome della Repubblica di Genova, in Raccolta (II) di documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 58-59. PROPOSTA della Corte di Napoli, in Raccolta (\) di Documenti, Memorie e Manifesti, pafg. 3. RACCOLTA (I—V) di Documenti, Memorie e Manifesti fin ora pubblicati intorno agli affari correnti fra la Corte di Roma e la Repubblica di Genova, (s, 1. t.) s. d. 16o, pagg. 111. RACCOLTA di quanto è stato fin qui pubblicato nelle presenti vertenze fra la Corte di Roma e la Repubblica di Genova, intorno alla spedlzone eli un v'sitatore apostolico nel Regno di Corsica. Campoloro, 1760, I voi. 4«. G. B. RACCOLTA (Nuova) di varie scritture in difesa della Serenissma Repubblica di- Genova sopra le differenze vertenti con la Corte di Roma per la missione in Corsica di Mons. Cesare Crescenzio de Angelis, Vescovo di Segni in qualità di Visitatore Apostolico, (s. n. t.) 1763, 8°, pagg. 1-255. •RAGGI RAFFAELE] — Controversia per la parrocchia di Corbara in Corsica, Genova, Franch'-nelli, 1710. Archivio Stato di Genova. Iurisdicioni, Busta 113. [Sui disordini della Corbara]. RINIERI Ilario — Il Cristianesimo in Corsica : la prima evangelizzazione dell’isola in Archivio Storico di Comica, 1926, (II), pagg. 339-152. RAYNALDU3 Odoricus — Annales Ecclesiastici ab anno MCXCVIII ubi desinit Card. Ba ronius auctore Odorico Rayualdo Congregationis Oratorii1 Presbytero. Accedunt in hac editione Notae chronolcgicae criti'cae historicae quibus Raynaldi Annales illustrantur, supplentur emendantur auctore Dominio Mansi Lucensi Congregationis Matris Saggio di una Bibliografia generale sulla Corsica 213 Dei, Lucae, Typ. Leonardi Venturini, 1747, (Tom. I), — (Tom. I), — 1756 (Tom.XV). [Notizie sulla Corsica in quasi tutti i libri sul periodo Pisano, Genovese e Aragonese. Vedi Indici generali aggiunti all’opera : Index universalis rerum omnium quae in Baronii ac Pagii apparatibus in Baronii Annalibus, Pagii Critica, Annalibus Raynaldi notisque Qeorgii et Mansii continentur in tres tomos distributus. Lucae, Leonardi Ven turini, 1757, (Tom. I,) — 1759, (Tom. Ili), La 1. edizione è del 1646. RELAZIONE della prima v.sita pastorale di Mons. Marliani, Vescovo di Mari'ana e Accia a cura di Caraffa, 1) in Bull. Soc. liist. Corse, X, (1890), fase. 113*114, pagg. 1-132; 2) in Observateur Bulletin eccésiastique et religieux, janvier-octobre, 1857, a. 1645-1656. REMONDINT Angelo; REMONDINI Marcello — Parrocchie dell’Archidiocesi di Genova: No-ti7j.e storico-ecclesiastiche per i fratelli sacerdoti A. e M. R. con aggiunte di Arturo Ferretto. Genova, Tip. de Va Gioventù, 1897, 8°, vol. XV iCapraia, pagg. 227-238]. RICCI — L’Oeuvre de Saint Grégoire le Grand en Corse, in San Pedron (Calvi). Bulletin mensuel illustré, 12 Avril, 1912. Ree. Bull. hist. de la Corne. 1913, (Ann. 33), n. 385-300, pagg. 111-112. .RISPOSTA a una Memoria della Corte di Roma, partecipata ai Ministri delle altre corti intorno la spedizione del Vescovo di Segni nel Regno di Corsica, in Raccolta (Nuova) di varie scritture in difesa delja Ser. Repubblica di Genova, pagg. 43-88. •RISPOSTA data dalla Corte di Roma al sig. Cardinale Orsini, il 27 Luglio 1761, in Raccolta (V) di Documenti, Memorie e Manifesti, pag. 14-16. RISPOSTA del Senato di Genova alla Lettela Ortatoria di S. Santità, in Raccolta di quanto è stato fin qui pubblicato nelle presenti vertenze fra la Corte di Roma e ]a Repubblica di Genova. RISPOSTA della Corte di Roma alla proposta della Corte di· Napoli relativa a Monsignor Creseenzi, in Raccolta (V), di Documenti, Memorie e Manifesti, pagg. 4-5. -RISTRETTO dei pretesi reati contestati dal fìsco della Corte episcopale di Aiaccio al M. R. Giovan Battista Orto di S. E. et Abb di Olmeto con la risposta ad ognuno dei medesimi e sentenza fatta a Mons. Rev. Vicario di Pisa Giudice Metropolitano attesa l’appellazione interposta dal medesimo tribunale di Ajaccio. Pisis, Ex Typ. Frane. Bindi, 1700; 4°, pagg. 8. [\enne assolto: era accusato di alcune violazioni: dire messa tard., traseuvanza dei doveri religiosi, ma senza fondamento; segue la sentenza di assoluzione]. ROCCA (Jean de la) — Misson du prête corse. Impr. Raçon et C. 1858, So. ROSSI Ambrogio (o Gio Batt. secondo Buon.) — Memorie storiche sopra il voto della città di Ajacc.o e sacro culto prestato alla Madre di Misericordia sua speciale patrona dedicato a S. A. I. Madame Madre dell'imperatore dal P. Gio. Battista Rossi - Ajaccio, Stamp. Imperiale, 1808. 8°. -SACROSANTA Concilia ad regiam ed.tionem exacta quae olim quarta parte prodiit auctior studio Philippi Labbei' et Gabr. Cossartii. Soc. Je>u Presbiterorum Nunc Vero integre insertis Stephani Baluz.i et Johannis Arduùni1 additamentis... curante Nicolao Coleti, \renetiis apud Seb. Coleti, 1728, Tom. I (ab initio usque ad a. 324) — 1733 (Tom. 2) Ano al 1727. 214 Renato Giardelli SALVI Guglielmo <— La Badia di S. Benigno di Capofaro a Genova, dal]e origini ai nostri giorni. Parte I. dal 1121 al 1500, 1) in Rivista Storica Benedettina, 1914, (IX), — 2) Roma, S. Maria Nuova, 191?·, 8o, pagg. Ili (Accenna alle Chiese di Corsica dipendenti da S. Benigno dal Sec. XII al Sec. XV]. * SEDE (La) Vescovile di Genova, eretta in metropolitana, in Rivista Diocesana : Organo-ufficiale per gli atti della Curia Arcivescovile di Genova, 1927, (XVII), n. 5, pagg, 104-107. [Notizie sulla soppressione dei tre Vescovati di Corsica.] SANCTORUM Conciliorum et Decretorum Collectio nova seu collectionis Conciliorum a Ph. Labbeo et Gabriele Cossartio primum vulgatae dein emeudatoris et amplioris opera Nicolai' Coleti Sacerdotis, Venetiis recusae Supplementum in qua additamenta, variantes sectiones, emendationes ad Concilia veneto Labbeaua, Nova Concilia ac decreta permulta exibentur. Jhoannes Diminicus Mansi. - Luccae, Salani, 1740 (Tom* I ab orig.) — Temo VI, (1752) - Giunge al 1720. SERMENTS de fidélité prêtés à i’archevêque de Gênes par Opizio evêque d’Accia et Conrad evêque de Nebbio, in Bull. Soc. Scient de la Corse, 1885-86, (Ann. \-VI), fase. 59-61,-pagg. 199-202. [Dà notizie su alcuni vescovi sconosciuti all’Ughelli riportando documenti.] SYNODUS diocesana liabita in ecclesia Cathedrali Bastiae anno 1777 *ab ili, et reverend. Francesco Cittadella episcopo, Bastia, Batini, 1778, 4°, pagg. 248. BIB. BASTIA SYNODUS diocess ab..ili. et rev. domino Benedicto Andrea de Auria episcopo Adiacensi et comite celebrata in Cathedrali Adjacensi die decima septima oct. 1771, Bastiae, Apud F. Batini, 1772, 4o. SPINOLA Augustinus vescovo di Ajaccio poi di! Savona — Ad dilectissimos alumnos Seminarii Episcopalis et R.R. Sacerdotis Civitatis ac Diocesis Monitum Pastorale, Mediolani, Tip. Malatesta, 1749, 8% pagg. 381. G. B. TACCHI Venturi Pietro — Storia della Compagnia di Gesù in Italia, Roma, Milano, Soc. Ed Dante Alghieri, 1910, 8o. [Riguarda la Corsica : pag. S2 notizie' del Landino sulla deplorevole situazione del clero. Notizie sul Sauli]. TREXQUATEON Monaco — La Corse et Sainte Dévote. Paris, Amat, 1901, 12°, pagg. 276. UGHELLI — Italia Sacra sive de episcopis Italiae et insularum adjacentium rebusque ab iis praeclare gestis deducta seria ad nostram usque aetatem opus singulare provinciis XX distinctum in quo Ecclesiarum origines, Urbium conditiones, Principum donationes, recondita monumenta in lucem proferuntur... Auctore Ferdinando Ughello Florentino... Éditio secunda aucta et emendata cura et studio Nicolai Coleti.... Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, 1727, Tom. I) _ Tom. X, (1722). Corsica, Tom. III, pagg. 493-501 (Ajaccio). (1717), 501-515 (Aleria) — Tomo IV, pagf, 903-910 (Accia), 1719, pagg. 999-1004 'Mariana) Sagona, pagg. 515-522 IV — 1050-1014. VESCOVI e Episcopati corsi, in Archiv. Storico di Corsica, 1926, (II), pagg. 214-216. [Sulla opportunità di creare due o più altri vescovati — Vescovi corsi e stranieri.] VIDAL — Aleria, in Baudrillart, Dictionaire d'histoire et de Géografie ecclesiastique. Tom. II, pagg. 131-135, Paris, Letourzey, 1914, 4o. \ IGLIETTO scritto dairEminentissimo sig. Cardinale Segretario di Stato all’EminentissimO' Imperiali, in Raccolta (II) di Documenti, Memorie e Manifesti, pag. 72. Saggio di una Bibliografia generale sulla Corsica 215 VISITA delle diocesi di Mariana ed Accia latta nell’anno 1740 per deputazione dell’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Agostino Saluzzi, "Vescovo, in Bull. Soc. Hist, Corse, X (1890), fascic. 113-114, pagg. 133-235. VITALIS Salvatore — Chronica sacra — (Santuario di Corsica), nella quale si tratta della vita e martirio della Gloriosa Vergine e martire Santa Giulia di Nonza, naturale della detta isola con altri molti santi della melesima, naturali, Fiorenza, Amador Massi, 1639, 4°. V1TENSIS VICTOR — Dé persecutione Vandalorum, Lïbr. IV, cap. 5. Corpus Script. Ecc. VII. [Notizie sui Vescovi inviati in Corsica dagli Ariani]. VOTUM Romae ad tuenda jura Reipublicae januensis contra transmissionem Legati Apostolici Insulae Corsicae, [Traduzione Italiana V. "Voto], in Raccolta (Nuova), di varie scritture in difesa della Ser. Repubblica di Genova, pagg. 89-108. (continua) Renato Oiardelli. Rassegna Bibijografica Corrispondenza diplomatica inedita di Carlo Goldoni, a cura e con prefazione di Raffaele di Tucci, Treves Treccani Tumminelli, Milano-Roma, 1932 - X, pp. 220. Della sua carica di console genovese a Venezia aveva parlato il Goldoni nelle Memorie, definendola, con serena spregiudicata sincerità, una sciocchezza che non gli era costata meno delle altre, specialmente per l’ingenua confidenza con la quale l’aveva accettata senza neanche informarsi se vi fosse annesso un compenso pecuniario e senza sapere con precisione quali ne fossero gli obblighi e le funzioni. E i ricordi a distanza di tempo non erano stati sempre precisi, anzi, specialmente sulle cause che avevano posto fine a quella parentesi diplomatica, appaiono piuttosto incerti e confusi. Li precisano con documentale esattezza di dispacci che ora il Di Tucci pubblica con una bella e .vivace introduzione. Già l’iniaticabile Bei-grano, in una delle più interessanti tra le gustose Irribreviature di Giovanni Scriba, aveva parlato del consolato goldoniano pubblicando insieme 17 dispacci, quanti gli era riuscito di trovarne, e un altro ne aveva aggiunto nel Giornale Storico della Letteratura Italiana del 1884. Ma, compiuto il riordinamento del carteggio diplomatico e consolare dell’Archivio di Stato, i dispacci del ^Goldoni, contenuti nel mazzo I Lettere Consoli Venezia, num. gen. 2704, sommano ora a 106 che il Di Tucci pubblica integralmente per la parte inedita riassumendo quelli già dati dal Belgrano. E li illustra nella introduzione, tanto spigliata e piacevole quanto dotta e precisa, seguendo il console nella sua operosità, nelle sue vicende, nelle fortune e nelle peripezie dell’ufficio. Non era alle prime armi il Goldoni; ma l’esperienza fatta a Milano come gentiluomo di camera e poi come segretario del console veneziano Bartolini avrebbe dovuto .togliergli per sempre ogni velleità diplomatica. Invece quando il suocero, il magnifico Agostino Connio, ebbe la felice idea di procurargli l’ufficio, rimasto vacante per la morte del conte Antonio Tuvo, di console genovese a Vene- Rassegna Bibliografica 217 zia, mi ufficio olle nel suo pensiero doveva facilitargli la funzione di .avvocato, quella appunto che il Goldoni non seguì seriamente mai, egli lo accettò « con riconoscenza e rispetto » e si diede ad assolverne le mansioni con tanto zelo da trascurare perfino quella riforma del teatro che era in cima a tutti i suoi pensieri. Ed eccolo ingolfato in una serie di occupazioni e di difficoltà. Perchè Genova, che non teneva ambasciatori in Italia se non a Roma e a Torino, aveva a Venezia soltanto un console, ma le vaghe e indeterminate istruzioni non ne fissavano precisamente i limiti e le attribuzioni. E il Goldoni per desiderio di mostrarsi zelante, anche un poco per una specie di vanità, allargò il campo delle relazioni puramente consolari e delle pratiche di tutela dei sudditi genovesi a informazioni di carattere politico, dando di sua iniziativa alla funzione un tono diplomatico che il governo genovese si guardò bene dallo sconfessare accogliendo i dispacci con la consueta formula cancelleresca delPac-cusar « ricevuta con gradimento di sua attenzione e con l’invito a seguitare », che egli scambiò per dichiarazione di particolare ed eccezionale soddisfazione. Si diede anche da fare a procurarsi particolari informazioni, ma le fonti dovevano essere piuttosto impure perchè in realtà molte volte le notizie erano tardive o insufficienti o contraddittorie. Il momento storico era grave e interessante, i primi anni della guerra per la successione d’Austria; e Venezia·, circondata da domini austriaci, era veramente un osservatorio politico di prim’ordine. Ma bisogna riconoscere che il Goldoni non aveva stoffa da diplomatico ; la sua natura sincera, semplice, un poco ingenua, mirabile nel cogliere e riprodurre la verità appariscente, la psicologia elementare, la media comune umanità, non era fatta per le complicazioni e gli aggiramenti della diplomazia, per la complessità dei problemi politici, per la comprensione e la visione dei grandi fatti storici. Perciò più umanamente viva è la parte in cui descrive certe questioni più precisamente consolari, dove i tipi e le vicende sono da commedia, appunto, goldoniana; la fanciulla strappata a un torbido ambiente e a una triste vicenda famigliare, anche con l'aiuto di un nobile e ricco banchiere genovese; la liberazione di un giovane marinaio quasi rapito da un capitano inglese e costretto a seguirlo e a « dilettarlo con ogni sorta di strumenti ». Ma quando si getta nei labirinti della politica ne esce malconcio. Eppure parla di movimenti di eserciti, dà notizie di forze armate, racconta le complicate vicende militari e diplomatiche dell'intricatissima guerra ; peccato che le informazioni siano erronee o tardive, i giudizi malsicuri e spesso contraddittori, le profezie destinate a sicuro insuccesso. Genova, non immaginava certo che quella guerra dovesse finire col toccarla tanto da vicino e determinare uno dei momenti più 21S Bassegna Bibliografica famosi della sua storia ; non erano ancora all'orizzonte i trattati di Worms e di Aranjuez. Tuttavia quegli eventi la interessavano egualmente perchè vi erano implicati tutti i vicini che la serravano dappresso per terra e per mare, e sopra tutti il Piemonte sempre pericoloso e sospetto. Ma se la repubblica avesse dovuto avere per fonte di informazione i soli dispacci goldoniani ne avrebbe ricavato dati e notizie ben incerte e malsicure, non sufficienti certo a dare una chiara visione delle cose e quindi a determinare un’eventuale linea di condotta. Meno male che da Torino informava Gerolamo Curio, «uno dei maggiori diplomatici Genovesi del '700, passato poi ambasciatore in Francia; da Madrid Giuseppe Ottavio Bustanzo e Girolamo Grimaldi ; da Parigi, Agostino Lomellini e Francesco Maria Doria e da Vienna, prima Domenico Bologna poi Rodolfo Brignole. E potrebbe essere non privo d’interesse un confronto fra le corrispondenze diplomatiche di questi informatori ; uno dei quali era anche destinato a un rumoroso conflitto col Goldoni. Domenico Bologna, per lunghi anni segretario di legazione poi incaricato di affari a Vienna, nel luglio 1741 era stato dispensilo' dall’ufficio e accusato di imbrogli finanziari. Riparato a Venezia fu veramente perseguitato con accanimento dal Goldoni, che non parve in quell’occasione il mite e bonario uomo che era. Egli voleva compiacere il marchese Domenico Sauli che si affermava danneggiato dal Bologna e gli aveva affidato la tutela dei suoi interessi. La vertenza ebbe gravi' e rumorose complicazioni : il Di Tucci ha potuto metter mano su un esposto del segretario accusato, in cui le cose sono narrate naturalmente in modo molto diverso da quel che non le presentasse il Goldoni. Anche maggior luce potrebbe venire dall’ampia corrispondenza ufficiale del Bologna, la quale conferma almeno la sua affermazione di essere stata richiamato perchè colpito da apoplessia. Comunque, il perseguitato non stette quieto e tanto si dette da fare che si trasformò in accusatore, e, approfittando di un disgraziato incidente in cui il Gol-doni fu vittima di un imbroglione, lo accusò perfino di appropriazione indebita riuscendo a fargli sequestrare certe rendite. Il colpo al buon nome e agli interessi del Console era grave, e a questo egli attribuì principalmente nelle Memorie l’abbandono del pericoloso ufficio. Ma il Di Tucci mostra che la causa occasionale fu un'altra; un ultimo infortunio consolare di sapore veramente comico. In seguito a una confidenza dell’ambasciatore di Spagna, il Goldoni riferì alla Signoria la straordinaria notizia che forse si nascondeva a Venezia il famoso Teodoro di Neuhoff, già proclamatosi re di Corsica, e nel desiderio di mostrare il proprio zelo si profuse in offerte dichiarandosi pronto a ogni cosa in servizio dei Serenissimi Collegi. I quali, di fronte alla preziosa notizia e prendendo alla lettera le premurose dichiarazioni, dopo molte deliberazioni e con- Rassegna Bibliografica 219 suite e udito anche il parere dei teologi sull’opportunità e giustizia di metter fuori causa il pericoloso avventuriere, invitarono il console a ricercare quel re da operetta e a disfarsene in qualunque modo* assicurandosi così il compenso che il Governo prometteva a chi gii avesse reso un tanto segnalato servizio. Dovè restar male il mite Goldoni a un invito del genere! Fortunatamente, per ricerche che facesse, re Teodoro rimase irreperibile. Quel suo rifugio veneziano era stato un gioco di fervida e credula fantasia. Dopo così clamoroso insuccesso, il console, stanco e un po' certo umiliato, chiese due mesi di congedo e i Serenissimi Collegi, pronti, gliene accordarono tre. Egli capì e non tornò più alla politica. I dispacci goldoniani hanno un valore assai più psicologico che diplomatico; ma, illustrando un lato del carattere e delFazione del grande artista, hanno un indubbio valore storico. La pubblicazione e la gustosa introduzione del Di Tucci portano un importante contributo agli studi goldoniani e sono una riprova dei risultati cospicui e delle preziose rivelazioni che sono da attendere da un accurato e sistematico sfruttamento del ricco materiale diplomatico del-Varchivio genovese. Vito Vitale. Orlando Grosso - Le Gallerie d'Arte del Comune di Genova - U. Masini, Editore - Genova, 1931. II sottotitolo « Catalogo », dall’A. apposto, non è che l'espressione del sentire modesto di lui intorno a questo lavoro che viene oggi ad aggiungersi ai molti suoi di critica e di storia, sempre in questo campo dell’Arte, dove ad Orlando Grosso è riconosciuta una indiscutibile competenza. Già nelle pagine d'introduzione e nelle « Notizie Storiche » premesse al « Catalogo » il Grossi) ha saputo all’Arte ligure ed al ricco materiale adunato nelle varie Raccolte genovesi dare quello sfondo storico che all’una ed alPaltre dona il rilievo sapiente e ne rende, d’un colpo, come in una vue d9ensemble} accessibili ai profani il valore e la bellezza. Lavoro di sintesi non agevole davvero se non a chi di quell7 Arce ha studiate le origini con indagine sagace e con attenti e pazienti rilievi seguito passo passo il lento andare pei secoli. Non facile se non ad uno che, come il Grosso, col prezioso materiale di quelle Raccolte è per lungo studio e per amor grande famigliare e sa guardarli quei pezzi uno ad uno, e come accostarli e compaginarli idealmente in un corpo, con quella facilità cli’è data proprio dall’averli studiati, a sè, ognuno, a prova della paziente virtù d’un anatomista. Pagine luminose e completo, della storia non si ricostruiscono e non s’offrono altrimenti che così: dopo il sottil lavoro d’analisi. 220 Rassegna Bibliografica Ma ecco il « Catalogo » vero e proprio. Catalogo quanto a forma, cliè proprio qui la profonda conoscenza ch’lia FA. del materiale a lui affidato e da lui razionalmente ordinato disposto, viene a dargli e veste e vita a quello che sarebbe di per sè un nudo e freddo elenco. C’eran date da ristabilire. E per ogni Autore son presentate nella migliore esattezza. Attribuzioni da discutere. E furono pesate col sussidio del criterio storico ed artistico più rigoroso ed illuminato. Il soggetto stesso trattato, per certe opere d’arte, richiedeva un’illustrazione storica. E vi fu apposta : sobria, concisa, ma sicura ed esauriente. Poi, un cenno bibliografico per quanto di scritti e d’articoli di Riviste poteva toccare all’oggetto descritto, all’autore che gli si dava, all’epoca in cui era nata l’opera, all’interesse ch’ha potuto e può destare. Chi sa come a volte, in certi lavori, la Bibliografia non è che un vuoto apparatus e vorrebbe dar fama, a chi ha trattato quell’argomento, d'averlo conosciuto assai a fondo mentre giova allo studioso ben poco, non può che allietarsi di quest'averla ricondotta il Grosso alla sua vera funzione propedeutica con la sobrietà del citare, lo scarto degli scritti inutili, il rilievo dato a quelli che sono davvero conclusivi e possono dare allo studioso un buon reinsegnement sull’argomento. Il cenno sulle Riproduzioni è pure utilissimo. E’ 'un dettaglio modesto ma ch’ha il vantaggio di farcela ritrovare senz’altro una Luona riproduzione per un’opera che c’interessi. Del resto, il Catalogo stesso di illustrazioni è abbondantemente provvisto. Scelte bene e bene eseguite. Anche all’Editore (il Dr. Masini s’è fatto un po specialista per Libri d’Arte) va un plauso per averlo, questo, così ben curato. Come all’illustre Podestà di Genova, che l’ha voluta una così pregevole illustrazione dei tesori d’Arte della s*ua Città, quanti l’amano veramente nelle sue bellezze che sono anche un po’ le sue glorie debbon essere grati. G. M. P. Vergili Maronis Ciris - Introd. testo e commento di M. Lenchan- tin de Gubernatis, Torino, Chiantore. Ciris è un poema di amore sciagurato. Megara, assediata da Minosse figlio e confidente di Giove, tonda tutta la sua speranza di fugare i nemici sul roseo crine spiccante tra i nivei capelli del re Mso; così infatti hanno decretato le Parche infallibili. La figlia Scilla, presa da folle amore per il nemico, recide il crine del pa dre e lo consegna a Minosse dietro promessa di matrimonio. Ma il cretese, giustissimo com’è, inorridito del delitto non concede le nozze e legata alla nave la fanciulla la trascina per l’ampia discesa , H e ^ maggio sul tema Genova c la Riforma Protestante, Mor pubblica in « Nuovo Cittadino» del 2 luglio 1932 ancora un articolo, dal titolo «L applicazioNh nell,Archidiocesi di Genova rei Decreti del Tridentino ». * * * J1 «Lavoro» del 2 luglio 1232 lui uno scritto a firn.n dove l’opera di « Nicolò Barabino » è esaminata ed illustrata, anche nei riguardi del a recente Mostra dei quadri e bozzetti di Lui a Palazzo Ducale, in Genova. * X * « 3 LUGiio 1S4S » è il titolo d’uno scritto di E. Merlotti in «Corriere mercantile » del 2 luglio 1932, in cui sono ritratte scene di vita genovese del Risorgimento ed è ricordato il « Circolo Nazionale » presieduto dal Cabella. * * * Lo scritto di (J. B. A. in «Lavoro» del 3 Luglio 1932 col titolo «Alla spiaggia del Finale » offre spunti storici interessanti di antica storia nnaiese. * * * A firma i, il «Lavoro» del 5 luglio 1932 pubblica un interessante rasse-gna di antiche usanze genovesi in materia di pubblica illuminazione col titolo: «Luci del passato». In «Giornale di Genova» del 7 luglio 1932 CAoramii Desealzo narra una antica leggenda ligure sotto il titolo «Il Santo Cristo». «Una luminaria memorabile» organizzata, tra gli altri festeggi amen li, per la ricorrenza del IV centenario colombiano nel 1892, è ricordata aajs. u-in « Corriere mercantile » del 7 luglio 1932. * * * Massimiliano Cardini scrive in « Giornale di Genova » dell 8 di «Giuseppe Baretti a Genova». Vi dimorò in tempi vari: nel li06, tra 1770 e 1771 e nel 1770. * * * «Carlo De Amezaga» genovese, che quale Comandante della Κ. N. Caracciolo ebbe a spiegare una pronta e decisa azione a Montevideo per la tutela di due nostri connazionali vessati dalle autorità locali attorno al 18_2, è ricordato da Amedeo Pescio in « Secolo XIX » dell’S luglio 1932. * * * a. B. A. offre in «Lavoro» del 10 luglio 1932 il resoconto d’ «Una visita a Noli » rifacendone brevemente la storia dalla Repubblica marinara al Vescovo repubblicano.... cioè a Mons. Solari che, «a differenza della gran parte dell’alto clero, accolse con molta simpatia lo stabilirsi anche nella sua città della repubblica democratica nel 1797. Spigolature e Notizie 235 * * * a. pe. scrive in «Secolo XIX» del 15 luglio 1032 su i «BarchÌ», ο barellili, uouie genovese delle fontane mormoree che s ergevano sulle più antiche piazze della città, ora in parte scomparse, in parte trasferite. * c * In «Lavoro» del 15 luglio 1032 è comparsa, a finga.* e col titolo «Bellezza di Caffaijo » una fine analisi della traduzione degli « Annali » fatta dal Monleone. C’è la lode di Caffaro, quanta ne merita, e c’è anche un po’ la lode del traduttore, per quella parte che gli viene dalla versione eccellente e dalla edizione ben curata. * * * «Anticipazioni unitarie» è titolo d'uno scritto di Vito Vitale in «Giornale di Genova» del 15 luglio 1932, col sottotitolo «Un giornale del 1799». Vi si discorre del « Redattore » e dei guai ch’ebbe col Bossi Ministro di Polizia per le sue aspirazioni italiane in tempo di sopraffazioni francesi, per quanto libertarie. * * * Lazzaro De Simoni in «Nuovo Cittadino» del 10 luglio 1932 illustra «La Chiesa del Ciuappeto » già annessa ad un cenobio francescano ora dipendente dal Seminario Arcivescovile di Genova alla cui villeggiatura è annessa. * * * In «Giornale di Genova» del 19 luglio 1932 Alfredo Obertello ricalca le orme de «I Fratelli Ruffini» in Inghilterra pellegrinando spiritualmente ai luoghi da essi abitati nell’esilio. * * * In « Corriere Mercantile » del 20 luglio 1932 S. D. espone « Come venne costruito il Bacino di Carenaggio della Darsena”» ricordando l’opera geniale di Damiano Sauli che ne fu l’ideatore. * * * F. Ernesto Morando commemora « Paolo Emilio Bensa » in « Corriere mercantile » del 21 luglio 1932 evocandone, anche con gustosi episodi, la genialità e l’altezza dell’animo. * * * Raffaele Di Tucci espone in «Secolo XIX del 22 luglio 1932 una pagina di diplomazia della Serenissima trattando di « Un progetto di trattato tra la ‘Repubblica di Genovv e gli Stati Uniti» conservato nell’Areliivio di Stato a Genova. Il documento è senza precisa data ma si deve ascrivere attorno al 1777. * * * In «Lavoro» del 22 luglio 1932 Giulio BertoneUi scrive su « Malaspinà nr Godano». Si tratta dei Malaspina del ramo detto sp[no secco, ch’ebbero feudi rei contado lunense e attorno alla Magra. * * * c< La Chiesa di Sant Nicorosio » in località Vallechiara, è, illustrata nell’arte e nella storia da Lazzaro De Simoni in «Nuovo Cittadino» del 23 luglio 1932. 236 Spigolature e Notizie * * * « Vecchi. nomi dimenticati ai margini della storia» «ono evocati da «Vis » in «Lavoro» del 26 luglio 1932. Si tratta di Voltresi soldati e borghesi il cui nome ò legato a fatti d’armi o a grassazioni violente durante il periodo di oppressione tedesca, attorno al 1747, nel quale perdettero la vita. * * * « Valentina Tinelli» è ricordata da Amedeo Pescio in «Secolo XIX» del 26 luglio 3932. Si tratta d/una patrizia genovese che prese giovanetta il velo in un convento di Agostiniane in Sevilla. * * * D> «Garibaldi all’assedio di Montevideo» scrive Giampiero Musi-Cliiari in « Secolo XIX del 27 luglio 1932. * * * «L’incoronazione del Doge» è descritta da jV. B. in «Nuovo Cittadino» del 27 luglio 1932 in base al complesso cerimoniale che s’usò un tempo a Genova per tale ricorrenza. * * * O. F. Tencajoli illustra ne « Il Telegrafo » di Livorno del 2S luglio 1932 « La Chiesa di San Giovanni Battista in Porto vecchio ». * * * B. scrive in « Corriere mercantile » del 2S luglio 3932 su « Le Mura della Marina e l'antico Porto di Sarzano» illustrando con ricordi del passato una località di Genova antica oramai completamente trasformata. * * # In « Lavoro » del 29 luglio 1932 C. Bornate rincalza a difesa d’un patriota a cui carico fu elevato il sospetto di spionaggio con uno scritto dal titolo: «La riabilitazione di G. B. Castagnino». * * * Di « Anita Garibaldi » esaltandone le fortunose gesta scrive Antonio Ban-(lini Bufi in «Le Vie d’Italia e dell’America Latina» di luglio 1932. L’articolo è ricco di riproduzioni fotografiche riferentisi alla vita, al luogo della morie e del primo sepolcro di Lei. * * * In « Le Vie d’Italia e dell’America Latina » di luglio 1932,_Cr. B. Allegri scrive sul « Retroterra Ligure - Pieve di Teoo, Vall'arroscia e Valle Impero ». Lo scritto ha spunti storici, accenni folkloristici e notizie su monumenti d'arte antichv * * * Intorno a «La Lanterna» è apparso uno '.scrffio illustrativo del monumento attraverso alla storia in « Genova » Bollettino Municipale del luglio 1932. Spigolature e Notizie 237 * * * Mario G. Celle rileva in «Genova » Bollettino Municipale del luglio 1932 « Gli elementi umanistici nella tradizione colombiana primitiva ». Lo scritto, originale ed interessante, ridà complessa la eco che nelle manifestazioni della poesia l’impresa del ligure ardito ebbe di buon’ora a dettare. * * * Anche «Realtà», la Rivista mensile del Rotarv Italiano, dedica nel suo fascicolo del luglio 1932, alcuni articoli al ricordo centenario di Garibaldi. Col titolo « Garibaldi » vi scrive Giovanni. Capri riassumendone in breve la vita, Frank de Morsier v’ha un profilo di «Anita Garibaldi » e Giulio An-zilotli cor. la sua competenza di eminente chirurgo vi discorre di «La ferita di Garibaldi ad Aspromonte». * * * Su « L’inaugurazione del Teatro Carlo Felice e Bellini a Genova » scrive Stefano Rebaudi in «A Compagna» di luglio 1932. % * * TI. Levrero scrive in «A Compagna» di luglio 1932 su «Un avventuriero genovese» Luigi Domenico Assereto, sedicente marchese, l’eroe della Vandea ligure nell’ottocento. * * * Col titolo: « Un caratteristico privilegio dell'Avvocato del Vescovo e la casata genovese dei Bolgari» Januensis scrive in «A Compagna» di luglio 1932. * * * «Yegliasco culla di Alassio» è illustrata nei suoi ricordi storici da Antonio Elena in «A. Compagna» del luglio 1932. * * * « La Corsica nei üiudizî di Gregorio Leti » è il titolo di uno scritto di Carlo Morandi in «Corriere mercantile» del l.o agosto 1932. L'amministrazione genovese nell’isola v’è giudicata piuttosto favorevolmente, in contrasto con l'opinione contraria che a preferenza si diffuse tra gli storici. * * * In « Secolo XIX » del 2 agosto 1932 Amedeo Pestio scrive su « Il Lebbroso di Aosta » (soggetto e titolo d'un noto racconto dèi De Maistre) identificandolo in un Guasco di Oneglia e proponendo che al nome dell’eroica sorella, Maria Lucia Guasco, che lo assistette per dieci anni, sia intitolato, in Aosta una Scuola femminile. L'articolo è continuato nel numero 3 agosto stesso giornale ed il Pescio vi aduna le prove della sua tesi circa l’asserita identità. * * * « Albaro d’altri tempi » è il titolo d’una pagina di Carlo Dickem che è riportata, tradotta in nostra lingua, dal «Lavoro» del *5 agosto 1932. La pagina tolta dalle «Pictures from Italy» ci dà Albaro d’un secolo addietro litratto con l’arte dello scrittore, così ricca di colore e d'umorismo. 238 SPIGOLATURE E NOTIZIE Ricorda jS. B. in «Corriere mercantile» del 3 agosto 1931 g i « * segnali luminosi all’imbocco del Porto»; vecchie boe scomparse, " pilota, la campanella, la torre detta pcippelaite e tant altri ncoidi marinara ora passata. * * * Iu «Secolo XIX» del 4 agosto 1932 Vincenzo (Hribaldi ricostruisce % * * DI « Ltjìgi Graffagli Ammiraglio LigurJ scrìve «Giornale di Genova» del 5 agosto 1932 tracciando la vl;ta “ " ®“J. fagni e ricordando ancbe di lui gli scritti non privi di terario. * * * « Giobia » scrive in « Lavoro » del G agosto 1932 di alcune « A^qa2 orafe DI Garibaldi a Società di Mutuo Soccorso tra opera! fino agli ultimi anni del Generale e furono testé esposte alla Mosti a baldina. * * * In « Corriere mercantile » del 0 agosto 1932 >9. B. scrive de «Il , \ Tempio ni S. Teodoro» costruito a picco sul mare nelle località oJ-idette Orlata di S. Lazzaro, dov’oggi più ferve il traffico del nuovo Porto di Geno>v . Della distrutta Chiesa nulla più rimane se non il titolo trasfento alla nuo\ edificata poco lungi. * * * Flavia Steno in « Secolo XIX » del 7 agosto 1932 ha uno scritto dal titolo «Carlo Goldoni, diplomatico». Sulla scorta del recente libro di R. Di Tucci ricorda l’opera del Goldoni come Console della Repubblica dii Genova a v e-nezia. « Il Santuario della Madonna rel Bosco» in Comune di Lumarzo, nella Val Fontanabuona è illustrata da P. T. in « Nuovo Cittadino » del 9 agosto 1932. Risalirebbe al secolo XIV e attorno ad esso s’adunano poetiche leggende e curiosi ricordi che l’autore dello scritto raccoglie. * * * Mario Strada in « Giornale di Genova» del 10 agosto 1932 ricorda in mezzo all’afosa estate « 1 ridenti boschi di Masone » col riconnettervi vecchie pagine di storia e specialmente la memoria della aspra e tragica resistenza che nel 1747 Masone appose agli Austro-Sardi e col far cenno delle antiche industrie del luogo, specialmente di quella dei chiodi. SPIGOLATURE E NOTIZIE 239 • * * * « La Casa di Savoia ih Val Nervia » è il titolo di un articolo di Davide Bertone in « Secolo XIX » del 10 agosto 1032. L’autore si sofferma special-mente sull’acquisto di Dolceacqua offerta ai. Duchi di Savoia da Bartolomeo II D’ori a nel 1524. Lo scritto è continuato nel numero 19 agosto dello stesso Giornale. * * * « Bonifacio Calvo » è celebrato in « Secolo XIX » del 10 agosto 1032 da Amedeo J? es ciò che mette in rilievo il carattere della di lui poesia. * * * « La chiesa dell'Assunta in Olmeto » è descritta ne « Il Telegrafo » di Livorno dell’ll agosto 1932 da 0. F. Tencajoli. * * * Nino Lamboglia ricorda in «Secolo XIX » del 13 agosto 1932 «Albenga stagione climatica di Roma Imperiale ». Albingaunum ebbe le sue Terme, edilizio appositamente costruito per usufruire del bagno marino ad opera di M. Valerio Bradua Maurico, console e curator aquarum. * * * « San Michele di Pagana » aprico paesetto che tocca vicino Rapallo perla •della Riviera Ligure ad oriente, è descritto nei suoi ricordi storici, e nei molti preziosi oggetti d’arte e ragguardevoli dipinti da Clary Bendi in « Nuovo Cittadino » del 13 agosto 1932. * * * Sotto il titolo : « Aiguës mortes - Una città di Genovesi » Roberto Lopez ricorda in « Secolo XIX » del 14 agosto 1932 la cittadina provenzale dove tanti segni rimangono dei figli della Dominante, da Guglielmo Boccanegra ch’ebbe già Aigues-Mortes in feudo, al Cominelli che ne curò specialmente il porto in parte ai suoi tempi interrato. * * * Rievocando antichi tempi, « Quando Via S. Vincenzo costeggiava il mare », Giulio Mìscosi espone rilievi geologici ed archeologici riguardanti quell’antica arteria stradale, ora prossima ad essere sovvertita dall’esecuzione del Piano regolatore. Lo scritto è pubblicato in « Giornale di Genova » del 17 agosto 1932. * * * Martel scrive su « Il Telegrafo » di Livorno del 18 agosto 1932 su Di alcuni celebri liguri in Corsica » e cioè di Cesare Contardi, Marcantonio Mon-tefiore. Pier Francesco Pallavicini, Nicolò Mascardi, Fabiano Giustiniani, Be--nedetto Giustiniani, Benedetto Rezzano, Carlo Fabrizio Giustiniani, Francesco Rodino, Agostino Bernucci,, Gerolamo Marliani, Agostino Giustiniani, Alessandro Sauli. * * * Sotto il titolo «Genova itegli scrittori francesi - Dai palazzi antichi a Via xx Settemrre» è riportata, tradotta, in «Lavoro» del 18 agosto 1932 ■una pagina del volume di D. Durandy, « Poussières d’Italie ». 240 Spigolature e Notizie DI « Francesco Μαβιλ I'asa.msi - Un grande ceograbo che amo la scrive Francesco Geraci in «Secolo XIX» del 19 agosto 1-o-. dedicò il Pasanisi gli anni migliori della sua vita di studioso. * * * Nicolò Marletta in «Giornale di Genova » del 20 agosto ^scrive di «Genova al museo navale de La Spezia» descrivendo i cxmelì più che colà sono conservati e ricordano Genova e cose gè v . .. ravlgliosi fregi in marmo che adornarono il Palazzo dell Ammiragliato Genova stessa. ❖ * * I>’un audace condottiero ligure, « Il Capitan Barbarossa » scr ive βίρ iii « Lavoro » del 20 agosto 1932. Lorenzo Barbarossa, nativo della valle de 1 Ac qua.-·anta, servì la Kepubblica con fiero valore e ben poca ^ foiium, tanta che ignorato ne è perfino il sepolcro. Naturalmente non si accenna allo studio del rierued, che è apparso sulle colonne del nostro Giornale nell ultimo fascicolo tutto dedicato ad illustrare la vita del prode ligure. * * * S B. in «Corriere mercantile» del 22 agosto 1932 ricorda le origini del «Ponte Biagio Assereto» uno dei primi sporgenti del Porto Galliera, messo principio nell*ottobre 1S77. sic * * Vito Vitale scrive, in « Giornale Genova » del 23 agosto 1932, di «Goldoni diplomatico» a proposito dello studio recente di Di Tucci. * * * 8. B. in « Corriere mercantile » del 23 agosto 1932 rievoca, tra vecchie-cose di Genova scomparsa, «La prigione natante: la ’et · · · ‘ flel di coloro che urtavano le disposizioni e 1 regolarne ti c ,nnfif0\lG munito Porto dell’epoca. Prigione aperta, a dir vero, poiché ere. di tettoia. * * * Amedeo da Yarazze scrive in «Nuovo Cittadino» del 24 agosto 19o~ «Brugnato k il suo Collegio». Nato come Seminano di chierici poc . impresso alla riforma tridentina fu poi rimodernato, ingrandito ed orient, t verso criteri moderni. Soprattutto un indimenticabile presule lunense, Giacmto-Kossi, gloria .domenicana e vanto delle diocesi di Sarzana, 1 ebbe m cure e ne promosse la meritata rinomanza. * * * Flavia Steno illustra in «Secolo XIX» del 24 agosto 1932 un episodio sentimentale della vita di Garibaldi scrivendo di « Maria Speranza Schwartz, compagna ed amica fraterna ». In « Giornale di Genova » del 25 agosto 1932 Sfinge offre « Il vero ritratto di Anita » scrivendo d'un colloquio con Menotti Garibaldi e ricordando anche un dono di Stefano Canzio e una lettera di Ricciot/ta. Spigolature e Notizie 241 * * * Lo scritto a firma M. G. pubblicato in «Corriere mercantile» del 29 agosto 3ì)32 col titolo «Γειι la geografia e la lingua marinaresca ligure» illustra il recente romanzo di Lorenzo Viani, ove si contengono affermazioni di carattere geografico e linguistico che mal suonerebbero alle orecchie d’un lettore ligure. * * * « Il Capo S. Donato di Finalmarina » oggetto di secolari vertenze giudiziarie è ricordato in uno scritto anonimo in « Giornale di Genova » del 26 agosto 3932. * * * Iiì «Corriere Mercantile» del 30 agosto 1932 Stefano Rebaudi commemora « Paolo Giacometti» nel primo cinquantenario dalla mor.e avvenuta il 31 agosto 1882. * * * Su « Il Cinquantenario di Paolo Giacometti » morto il 31 agosto 1882 scrive Giuseppe FenogUo in « Secolo XIX » del 1 agosto 1932. * * * Anche in « Giornale di Genova » del 31 agosto 3i)32 è ricordato « Paolo Giacometti » in un breve scritto a firma S. R. * * * ì'inhalo V. Cavassa in «Lavoro» del 31 agosto 1932 ha uno scritto suggestivo dal titolo « Un’ora in Convento a Taggia ». I. convento è un Cenobio Domenicano quanto mai suggestivo; quello dove Ludovico Brea profuse i tesori della sua arte. Un po’ sciupato per l'abbandono forzato dei monaci e la destinazione ch’ebbe di caserma, ma tuttavia interessante, soprattutto pel chiostro e torre cuspidata. L’autore augura giustamente ai monaci, ridivenuti possessori del convento, aiuti per completarne il restauro. * * * Nel numero d’agosto di « Genova » Rivista Municipale Antonio Cappellini scrive de «La Rocca di Pietrasanta e la Repubblica di Genova ». Pietrasauta fu posseduta dal Banco di S. Giorgio a mezzo il secolo XV. Possesso che fu di breve durata ma per Genova non ingloriosa. * * * I n cenno storico su «Almeria» traccia Alar in «Voce Amica» di Genova nel fascicolo dell’agosto 1932. * * * Nel fascicolo di agosto 1932 di «A Compagna» Stefano Rebaudi dà un rapido sguardo al passato ed al presente di «Castel Vittorio - già Castelfranco» in Val Nervia. Vi sono studiate le origini e le vicende storiche del vetusto borgo ch’ebbe anche a cittadino onorario l'indimenticabile Sindaco . HI l'f0^/£ranSsiDe Givscpnc Rizzo in «A Compagna» di ago ■ scorcio del secolo Brosses e- Air. Armond Fremy che visitò 1 Italia suuo xviii. In «Le Opere i Giorni» fascicolo di agosto> 1932 Gene- tl^rrZ “Cembro 1881 che preciserebbe al- cuni particolari inediti della epopea dei Mille. * * * Martel traccia un succoso profilo di « Sant’alessandro Sauli » m «Il legrafo » di Livorno del l.o settembre 1932. * * * vo Cittadine» del 2 settembre 1932. * * * Uno scritto, a firma' 8, B. pubblicato in «Corriere settembre 1932 ha per litoio: «La flotta genovese degli emigrar 1.^189S Ricorda il movimento migratorio di quel decennio e le navi-talpe che pavano cariche di emigranti da Genova per le Amene e. * * * «I Regesti di Val Polcevera» è il titolo di uno scritto (a firma ni. BO in « Lavoro » del 3 settembre 1932. Recensisce il volume pubblicato dall’aw. Giovanni Cipollina coi tipi di Marchese e Camperà d Hivarolo. * * * Un pioniere ligure, «Gian Battista Cerruti». es^omtore l’estremo oriente è ricordato in uno scritto anonimo in «Comere mercanti e del 3 settembre 1932. * * * Cab e Zaghi in un articolo pubblicato sul «Corriere Padano» di Ferrara ■del 4 settembre 1932 dal titolo: Un economista del *’ ^“ro- see ampiamente l’opera di A. Codignola «Dagli albori della libertà al p clama di Moncalieri». * * * A. Bari, in «Lavoro» del 4 settembre 1932 ritesse la storia de «Il Po-uteama Genovese » già Teatro Diurno alVAcquasola, creato su le ro\ me i questo dal Chiarella ed oggi per la seconda volta ancora rinnovato. Continuando il suo contributo alla raccolta del folklore ligure, Giovanni Descalzo scrivendo in «Giornale di Genova» del 6 settembre 1932 naira « l miracolo del sordo muto» ben noto nella vallata di Fontanabuona e che Spigolature e Notizie 243 alle origini del celebralo Santuario della Madonna del Bosco in quel di Lu-marzo. ê * * * A firmai, d. Z. il «Giornale di Genova» dell’8 settembre 1932 pubblica un excursus tra mura e fortezze della vecchia Genova col titolo: « Un singolare precursore del disarmo ». Trattasi di T. Giovanni De Medici, rinomato architetto militare che contribuì assai alle fortificazioni che cingono attorno Genova e la rendevano un tempo sicura dal colle di Promontorio al Bisagno e sulle quali fu chiesto il parere del Medici chiamato apposta a Genova dalla Repubblica. * * * O. F. Tencajoli illustra ne « Il Telegrafo » di Livorno dell’8 settembre 1932 « La Chiesa di San Michele Arcangelo in Asco». * * * Interessante la storia del nostro Porto è lo scritto, a firma S. B. pubblicato in «Corriere mercantile» dell’8 settembre 1932. Ha il titolo: «Vecchi e nuovi sistemi di e scavazione subacquea ». * « * Di «Paolo della Cella» geiurvese, viaggiatore ed esploratore sul principio dello scorso secolo, precursore della civilizzazione italiana nella Libia, scrive Giuseppe Borghetti in « Secolo XIX » del 10 settembre 1932. * * * Rifacendo interessanti quadri del vecchio Porto di Genova S. B. scrive in «Corriere mercantile» del 10 settembre 1932 su «I piroscafi degli indiani». Erano due superships della Pcninsular dai quali la discarica si effettuava, per privilegio, invece che dal personale pratico locale dagli indiani dell’equipaggio. * * * Continuando nella visione retrospettiva del vecchio Porto S. B. scrive ancora in «Corriere mercantile» del 13 settembre 1932. Sotto il titolo «La demolizione dei, Molo Vecchio » esamina la ciclopica costruzione del trecento che sa resistere così bene alla furia del piccone demolitore. * * * /. g. in « Nuovo Cittadino » del 15 settembre 1932 scrive su « La morte di A. Berenger ultimo amico dei Ruffini ». Agostino Berenger, spentosi a Taggia il .13 di questo settembre, era figlio di quel valoroso nizzardo che salvò la vita all’autore del«Dottor Antonio». * * * Figure ora scomparse del vecchio Porto di Genova rievoca S. B. in «Corriere mercantile » del 15 settembre 1932 sotto il titolo « Il pastrano del .marinaio » ossia il caratteristico cappotto genovese degli uomini di mare. 244 Spigolature e Notizie * ❖ * O. F. Tencajoli illustra in «Il Telegrafo» di Livorno del 19 settembre 1932 «La Chiesa di S. Andrea Apostolo in Omessa». * * * Mar pubblica in «Voce Amica» di Genova del settembre 1932 un profilo su « Ambrogio Spinola ». * * * Dal maggio 1932 s’è iniziata in Genova la pubblicazione di una rassegna mensile «Il ^Raccoglitore Ligure», diretta da Μ. II. Masini. I cinque fascicoli usciti dal 10 maggio al 15 settembre sono ricchi di studi originali, dovuti ai migliori studiosi di letteratura, d’arte e di storia di Genova. Auguri di prospera vita al confratello. Ricco di scritti folcloristici è 1’« Almacaccu di A. Muora » del 1932 - Jiia gli scritti più notevoli segnaliamo «Una carta di a Corsica di u tempu di Teo-doru » ; varie note dedicate a « Paulu Graziani » ed una a « Ghiuvan Carlu Gregori ». APPUNTI PER UNA BIBLIOGRAFIA MAZZINIANA Studi e scritti su G* Mazzini pubblicati all* Estero --, Mazzini and Joung Italy, in « Ceylon Observer», 30 aprile 1932. Ampia nota commemorativa nel centenario della Giovine Italia; l’a. rievoca pure la vita del Mazzini a Londra. —, La mostra garibaldina alla società operaia italiana, in « Messaggero degli Italiani », Costantinopoli, 1G giugno 1932. SI riassume ampiamente l’articolo pubblicato nel «Popolo d’Italia» da Bruno Biagi nel quale si rivendica al Mazzini il merito d’aver iniziato il movimento operaib in Italia. Arturo Linaker, Giuseppe Mazzini precursore della « Dante Alighieri » in «Giovinezza», New York, giugno 1932. Continua e termina la pubblicazione del sargio già segnalato del compianto Linaker. Luigi Limongelli, Mazzini nel Castello Angioino, in «Lazio», New York, giugno 1932. Si pubblica, illustrandola, l’epigrafe posta sulla Rocca Angioina dì Gaeta, in ricordo della breve prigionia ivi subita dal Mazzini nell’ottobre del 1870. I. De Brsaun, Aciertos de Mazzini y aberrationes de Ferrari, in « Informa-eiones », Madrid, 6 luglio 1932. Raffronto fra la dottrina del Mazzini e quella del Ferrari: l’a. esalta la prima e condanna nettamente la seconda, soprattutto per il suo federalismo. Dell Apostolo dà il seguente glud zio : Mazzini «era uno de los republicanos rnàs ardientes de su siglo, uno de los escritoves mas hostiles a la idea monàrquica. Però Mazzini era un alma limpia, un hombre culto, generoso, que respetaba la historia y amaba el destino de los grandes pueblos ctvilesv. , Un incontro MasHni-Garibaldi a Trescore Balneario, in «Il Giornale d;Oriente», Alessandria d’Egitto, 3 agosto 1932. li' imo scritto sul presunto incontro Mazzini·Garibaldi a Trescore che sarebbe avvenuto il 27 maggio 1862, secondo una notizia pubblicata da l’«Eco di Bergamo» del 4 luelio 1932. ° --, Het Vaderland, in « Den 1-Iaag », 24 agosto 1932. Gl’importanti documenti mazziniani recentemente rintracciati a Roma, e di cui è annunziata la imminente pubblicazione, formano oggetto di questa nota. 246 Bibliografia Mazziniana AUZ70 Berta μ, La religione di Mazzini, in «Messaggero degli Italiani», Co-stantinopoli, 25 agosto 1932. Il B. conclude il suo saggio con questa affermazione : «Non sarà inutile di ricordare che a parte il valore intrinseco del pensiero filosofico di Mazzini, l'indeterminatezza non è vizio particolare della religione di lui, ma d’ogni fede religiosa «Fede è sustanzia di cose sperate ed argomento delle non parventi», diceva Dante, che era pur un tomista, e non si vede coaie l’argomentare di ciò che non apparisce e il sustanziare la speranza. possa generare qualche cosa di men che fluttuante e indeterminato. Chi precisa in questo campo è un pinzocliero o un fariseo, da cui l’anima religiosa esulò per cedere il posto allo spirito scolastico del mestierante avveduto o all’abito cavilloso del ragionatore incartapecorito. 11 Dio di Mazzini, senza cessar (Tesser trascendentale e altissimo come il più puro spirito delle religioni più pure, il meno pagano, il meno antropomorfico, è tuttavia così p.eno delTumanìtà da trovare nell'umanità appunto la sua naturale estrinsecazione sulla terra. E l’umanità presuppone la Famiglia e la Patria. La religione di Mazzini ha dunque carattere essenzialmente soc’ale e diciamo pure politico, giacché la parola può ricondurci a quella che fu, con buona pace dei commentatori a freddo, la funzione storica dell’apostolo di Staglieno. «Un popol morto dietro a lui si mise», ma le resurrezioni dei popoli non si compiono senza fede». --, Mazzini: Propilei of Moderne Europe, in «Times Literary Suppl. », London, 25 agosto 1932. Ampia recensione critica del recente studio, che porta lo stesso tìtolo dell articolo, di 3. 0. Grilliti!, edito recentemente in Londra coi tipi di Hodder e Stonghton. Pat, Odnalezienie lisloic i rexopisow Mazziniego, in « Illustr. Kurjer cod-zienny », Krakòw, 39 settembre 1932. Si dà notizia dei documenti inediti mazziniani ritrovati recentemente in una biblioteca romana, la cui pubblicazione si annuncia imminente. —, Odnalezenie relopisow Josef a Mazzinicgo, in « Dzien Polski», Warsza-wa, 21 settembre 1932. Ancora sull’importanza dei documenti inediti mazz niani rintracciati in Roma, i quali si riferiscono, secondo il giornale, agli avvenimenti del 1849. Opere e studi su G. Mazzini pubblicati in Italia Giuseppi: Mazzini, Scritti edili ed inediti, Imola, Galeati, 1931 voli. LIX, LX. Questi due ultimi volumi rlelTedizione nazionale, che contengono il LIX gli scritti politici dettati dal M. negli ultimi mesi del 1857 e nel primo semestre del 1858 e il LX le lettere da lui indirizzate ai suoi corrispondenti dal 28 ottobre 1857 all’ottobre 1858, si integrano a vicenda ed hanno notevole importanza. Sono corredati come al solito di note ed appendici assai importanti, non solo per la migliore conoscenza dell’opera svolta dall’Apostolo, ma anche per la storia Italiana di quegli avventurosi anni / Aldo Romano, Una dimenticala lettera di Giuseppe Mazzini, in «Archivio storico per le Province napoletane », fase. 1-IV, 30 giugno 1932. Il R, ripubblica un’importante lettera del M. al Fabrizi, già fatta conoscere dall Imbriani nel 1882 e non compresa nell’edizione nazionale degli Scritti. La lettera risale alla primavera del 1853. Bibliografia Mazziniana 247 Armando Lodolini, Bibliografia mazziniana, Federazione italiana biblioteche popolari, Milano, 1932. Lo scopo prefissosi dal 1.. nel compilare Questa guida, lo dice egl'i stesso nella premessa con la seiuente dichiarazione: «Le fonti della nostra Bibl ografia si possono dividere in tre parti : ila prima va dalle origini al 1922 ed h costituita dalla ni a «Bibliografìa Mazziniana» che fu, al suo apparire nel 1922, la priana, come riconobbe uno dei migliori mazzinianis-ti, il Morando, dichiarandola di somma utilità per la cultura nazionale; la seconda dal 1922 al settembre 1927 l'abbiamo trovata nella mia Rivista e giornale «Il Patto nazionale» (cessato appunto in quel mese), che dedicammo agli studi mazziniani; la terza è in pieno sviluppo nel «Giornale Storico e Letterario della Liguria», la ciotta e brillante rivista di Genova che ”eca ad ogni numero un'appendice di bibliografìa mazziniana battezzata nrodestamente «Appunti», mentre è una vera, propria e sistematica rassegna critica di tutto ciò che si pubblica in Italia e nel mondo che abbia un riferimento a Mazzini: critica sempre acuta e serena che è certo una 'Ielle opere più bejle della letteratura storica e politica deirli anni nostri, perchè storia e politica alimentano incessantemente l'immortalità di Mazzini». Mario Puccioni, L’Unità d'Italia nel pernierò e nell’azione del Barone Ricaddi. Firenze, Vallecchi, 1932. Lo stud/io del Ρ. sul Ricasoli è invero molto importante, ma rivela non poche mende nella conoscenza dell’opera mazziniana e neila sua valutazone. Tipico è il giudizio d'impra-iicitti regalato al Genovese a proposito della tanto discus.-*a diversione proposta e preparata dal Garibaldi e dal Mazzini per coadiuvare l’impresa dei Mille attaccando il Regno di Napoli dalle frontiere pontificie. In questo volume è pure pubblicata in f ac-simile la lettera del Mazzini al Eie asoli del 22 agosto 1859, già resa nota dal Saffi nei suoi proemi a^li Scritti mazziniani. Silvio Pellico, Le mie Prigioni, I doveri degli Uomini e Francesca da Ri mini, con proemio di Francesco d’Ovidio, cenni biografici di Michele Scherillo e note di Angelo Ottolini, Milano, Hoepli, 1932. I Doveri degli uomini del Pellico sono commentati, in questa nuova ristampa, da non po- chi richiami all’aureo libretto omonimo mazziniano. Marco Aurelio Bocchiola, L’eredità principale di Giuseppe Mazzini, in «Quaderni di mistica fascista », Milano ,1932. II B. tenta una sintesi, in qualche punto felice, della figura del Genovese quale pensatore e quale uomo d’azione. Anna Errera Vita di Mazzini, Casa Editrice «E. S. T.», Milano, 1932. E’ una nuova vita dell’Apostolo, tracciata con intelletto d’amore e con sicura preparazione. L’autrice segue il metodo di far parlare sempre il Mazzini, ripubblicando bran: de’ suoi scritti, metodo talvolta pericoloso, ma che ii più delle volte riesce efficace, per raer.to dell'onesta fatica dell'Errerà, la quaie non pecca di passionalità per una sua tesi preconcetta. Vito Attilio Cetonze, Mazzini, Vallardi, Milano 1932. — E’ un nuovo saggio sul Mazzini, che non porta se non un contributo di bolsa retorica, della quale proprio non si sentiva il bisogno. Alberto M. Ghisalberti, Le trame romain nel 1S44 nelle rivelazioni dt un « fiduciario » in «Rivista di Cultura», ‘Roma, marzo 1932. Il Gh. termina la sua importante ricostruzione delle trame che condussero a soffocare i moti del ’44 nello Stato Pontificio. 24S Bibliog rafia Mazzi nia n a Italo Zingaùelli, Italiani a Parigi dopo il 1S-IS, in « Cultura », Roma, apiile 1932. Su documenti nuovi lo Z. studia ed illustra l’opera degli emigrati a Parigi dopo la prima guerra deU’indipendenza ed i rapporti ch’essi ebbero col Mazzini. Alessandro Luzio, Garibaldi e Mazzini, in « Corriere della Sera », Milano, 31 maggo 3032. ^ou la consueta sagacia il L. prende in esame le cause del diesidio, tanto nocivo per la causa della nostra unità, fra il Mazzini e Garibaldi, e lo trova oltre che nel fatto delle due «nature dominatrici, obbediente ciascuna alle leggi! superiori della propria individualità, come astri che seguono esclusivamente la loro traiettoria», anche nel pettegolezzo di non pochi «nani maligni», sia mazziniani che garibaldini. Luigi Salvatorelli, I fratelli Ruffini, in « Civiltà moderna », Firenze, 15 giugno 1932. Ampia recensione del volume di A. Codignola, più volte segnalato. Il S. à di accordo con l’a. nel ritenere che il dcss'dio Mazziui-Ruifini non sia stat'· causato da un con^ trasto «d’idee religiose propriamente dette, che almeno in quegli anni' erano nei due fratelli piuttosto vaghe e superficiali. Ma il punto fondamentale è quello che il Codignola stesso aveva accennato nella introduzione al primo volume, e tocca ora di nuovo : essi non avevano più la fede politico-rei.giosa mazziniana, quella le le, che richiedeva necessariamente l’azione, ed anzi faceva tutt’uno con essa...». La concezione fondamentale di Agostino Ruffini «è dì per sè agli antipodi del mazz.nianesimo. Essa è la rinunzia all’azione sociale-politica per quella puramente morale-individuale, e dietro questa rinunzia v’è una concezione dualistica, che separa nettamente Dio e il mondo, la vita terrena e l ai di là. Certamente chi pensava così non aveva nulla «li spiritualmente comune con Mazzitai». Il Salvatorelli afferma inoltre accennando allo studilo premesso alle lettere : «In un argomento assai studiato, quale e questo delle relazioni Ira ridee del Mazzini e le correnti *!i pensiero e di propaganda contemporanee, il Codignola ha portato uu con tributo originale». Evelina Rinaldi, Giuseppe Mazzini e gli Stati Uniti d’America, in « Rassegna del Risorgimento », Roma, aprile-giugno 3932. La R studia un argomento d’alto interesse, indagando attraverso gli zibaldoni e gli scritti mazziniani, i riferimenti non occasionali che ivi si trovano fra la concezione politic.i dell’Apostolo e le più importanti manifestazioni storiche degli Stati Unità d America nel secolo scorso. Pietro Orsi, Garibaldi e suoi rapporti con Mazzini, e con Cavour, in «Gerarchia», Milano, giugno 3932. Acuta disanima sui contrasti e sugli accordi intervenuti durante il dramma della nostra formazione unitaria fra i tre grandi fattori dell’indipendenza italiana. Uloicrico Barengo, λ ìiovì documenti sul tentativo mazziniano-garibaldino d'in- I astone del Veneto rx:l 1864, in «Rassegna storica del Risorgimento», Roma, aprile-giugno 1932. Il B. sulla scorta di nuovi documenti tratti dal museo storico dei Carabinieri Reali di Roma, ricostruisce nei suoi precisi termini il tentativo insurrezionale mazzin.ano-garibaldino del veneto nel 1864, scagionando dall’accusa di delatore la ben nota epla Adolfo Wolff, che in tale frangente non ebbe colpa, essendo stato sventato il tentativo solo dalla vigilanza attiva dei Reali Carabinieri di stanza al confine. Bibliografia Mazziniana 249 F. N., In tema di Congresso per la pace, in «Fede Nuova », Roma, giugno-luglio 1932. Si ripubblica, con breve commento Ir. lettera inviata dal Mazzini «Ai membri del Congresso della Pace a Ginevra», il G settembre 1867. P. Pantaleo, Bettino Ricasoli e l'unità italiana, in « Regime fascista », Cremona, 10, 13, If 17, 21, 23 luglio 1932. Lo studio del Puccioni, già- segnalato, dà occasione al P. di completare una lacuna del lavoro che esamina, e cioè di inquadrare l’opera del barone di ferro nelle correnti politiche del tempo, in particolar modo mettendo nel giusto rilievo l'apporto dato dal Mazzini alla causa del nostro riscatto in quei momenti tanto eccezionali, nei quali l'Apostolo ben più di una volta fece sacrificio di sè. Mario Mazzucchelli, I negoziati segreti fra- Bismarck e Mazzini nel 1867-GS, in «Sera», Milano, 15, 18 settembre 1932. Il M. rievoca le trattatve intercorse fra il Mazzini e il Bismarck, per il tramite di un ufficiale prussiano Ï1 Conte d'Ussemon, al fine di giungere ad una alleanza italo-tedesca contro l’invadenza napoleonica. Le trattative non giunsero a risultati concreti, ma le lettere scambiatesi fra Mazzini e Bismarck, per interposta persona, sono documenti assai significativi ed importanti. Caklo Zagiii, Lettere di Giuseppe Mazzini a Virgilio Estivai, in « Pègaso » Firenze, settembre 1932. La figura dell’Estival, poco nota, è studiata dallo Zaghi il quale illustra i rapporti che codesto francese, il quale tanto si prodigò per la indipendenza italiana, ebbe con Garibaldi, ma soprattutto col Mazzini. Rendono più importante lo ftudio numerose lettere inedite del Mazzini all'Estival e ad altri, scritte dall'Apostolo dal 4 luglio 1867 al marzo del 187C. Luigi Negri, Flora romantica in «Giornale storico della letteratura italiana», fase. 297, Torino, 1932. Il X. r.cerca la «fonte» mazziniana del noto paragone del «fiore delle floride» con 1% vita del -Mameli, che già era stato oggetto di note dovute a Guido Mazzoni e a C. Curto. Nella sua precisa indagine l’a. riesce a stabilire ch- il M. trasse notizia di tale fiore dal «Voyage en Amérique» dello Chateaubriand. Articoli vari in Riviste e Giornali Dino Fratini, Estetica Letteraria di Mazzini, in «Polemica», Bologna, 35 maggio 1, 15 giugno, 1. 15 luglio, 1, 15 agosto. 1 settembre 1932. Il Fratini continua la pubblicazione del suo pregevole saggio. Carlandrea Rossi, Maria Mazzini ed il suo ultimo carteggio, in « Gazzetta del Popolo della Sera», Torino, 19 maggio 1932. Succinta recensione del ben noto, ottimo volume di Itala Cremona Cozzolino. Francesco Guardiole, Dalla Libia a Vittorio Veneto, in « Ora», Palermo °4 maggio 1932. ’ Succinta recensione del volume postumo di R. Mirabelli, portante titolo eguale a quello dell articolo. «Il Mirabelli — scrive il valoroso vegliardo — devoto al suo principio politico, additò Tunisi come chiave del Mediterraneo, contrariamente a coloro che 250 Bibliografia Mazziniana con ignoranza badiale e con pienezza di servitù affermano che noi ttaKani eravamo estranei alla Tunisia. Questo non concepì mai 1 Mirabeili, e spleg““ rota oratoria in omaggio alla profetica del Mazzini, fu creduto un estraneo al ceziòul più ardue, che potevano essere le più salutari». Bruno Biagi, Garibaldi e le associazioni operaie, in «Popolo d’Italia», Milano, 2S maggio 1932. Il Biagi studia ΙΈτηβ sotto l'aspetto dell’.auimatore di ogni forma di umana sol.danetà». soprattutto illustrando la s la simpatia per il movimento assocraz.onista operaio, i pri mordi del quale sono però dall'a. rivendicati a G. Mazzini. Ludovico Brettt, ìai grandezza, di Mazzi ni, in «Fede Nuova», Roma, aprile-maggio 1932. Il Brett: definisce il M. «profeti di una nuova civiltà, precursore d’uua nuova èra». Gisella Borghi Parollo, 11 centenario di un'amica d'Albione, m «Ricchezze Italiche», Piombino, maggio 1932. Nella ricorrenza del centenario della nascita di Iessie \Miite Mario, la. ne tracJa un profilo alla Lrava, senza pretese. Nella Doria Camron, Giuseppe Mazzini da media Romana, in « Mondo occulto », Napoli, maggio 1932. Si narra, ecn molta ^rietà, rii una profezia, fatta dal Mazzni ad una medium, tredici anni or sono. Gli eventi preannunciati dovrebbero accadere in quest’anno di grazia, 1932. Ugo della Seta, Washington, Garibaldi, Mazzini in «Risveglio», Roma, maggio 1932. Si ripubblica la chiusa del discorso commemorativo su Giorgio Washington, tenuto a Roma jfc! Della Seta. Roberto Hack, Verso la nuova Era, in «Il Loto», Firenze, maggio 1932. L’a. _ seguace della religione teosofica - ritrova nella dottrina mazziniana indicata da meta luminosa da raggiungere e l’atteggiamento da seguire di fronte ai gravi problemi incombenti sull'umanità intiera*. Giovanni Gentile, L'original il à di Garibaldi, in «Nuova Antologia», Roma, l.o giugno 1932. In questo saggio il G. afferma che 6 comune tanto a Garibaldi, quanto a Mazzini, a Cavour ed a Vittorio Emanuele «una nota fondamentale, che è il requisito primo degli spiriti eroici: una ''ede incrollabile nella propria vocazione ; idea vagheggiata e mezzi di perseguirla». Di questa fede il Mazzini «fu il primo esempio, e il modello. e quindi, direttamente o indirettamente, il maestro e il primo ispiratore di tutti, il profeta : e forse perciò quello dei quattro, che, in prat-ca, quando l’ispirazione si tradus-e in concreto programma e azione determinata, meno fu d’aecorlo c^n gli altri, e più fu da esf-i avversato. Giacché sulla base comune ciascuno si inos.^ con la sua individualità e originalità, e costruì a modo suo». --jjQ giovinezza di Mazzini, in «Avvento», Palermo, C> singno 1932. Succinta recensione del volume di A. Codignola su «La giovinezza di Mazzni». Bibliografia Mazziniana 251 Francesco Previti, Attualità della mutualità, in «Lavoro Cooperativo», Roma, 9 giugno 1932. Una sezione particolare deila Mostra garibaldina, test è chiusasi in Roma, dedicata ai rapporti intercorsi fra Garibaldi e le Società operaie di M. S., offre il destro all’a. di rievocare l'importanza che la mutualità ebbe nella storia del Risorgimento. «Per Mazzini — scrive il Previti — le Mutue dovevano rappresentare qualche cosa per l’educazione delle masse e per la loro preparazione spirituale indispensabile alla elevazione materiale e all’avvenire della Nazione. Sulle origini delle Mutue Soccorso in Italia ci sarebbe da dire moltissimo: esse rappresentano una gran parte di quella storia della giovane Nazione Italiana nei periodo fatale del Risorgimento. Sulla scia dell’esempio e della propaganda mazziniana, andarono diversi uomini veramente illustri, fra cui Gaibaldi, per venire a contatto, non soltanto esteriore, col popolo dei lavoratori. A qualcuno dei Congressi Mutualistici che si seguirono dal 1851 in Italia partecipò f.nche Garibaldi presente di persona o in ispirito e sempre Incitante le migliori affermazioni della Patra. basterebbe seguire la storia minuta di questi awtn'mentl per vedere quale sviluppo le Società di Mutuo Soccorso hanno dato alla idea dell’Unità e quanti proseliti attraverso di esse furono guadagnati per le lotte della indipendenza d’Italia». Sante Lugherini, La « Giovane Italia » nel l.o Centenario della fondazione, in « « Popolo di Romagna », Forlì, il giugno 1932. Breve articolo commemorativo nella ricorrenza centenaria del glorioso sodalizio mazziniano. L’articolo è stato ripubblicato dal «Nuovo Giornale» di ΓΊτβηζβ dei 24 giugno. --, «Se fossi giovane sarei 7«...» in «Piccolo», Trieste, 14 g.ugno 1932. 11 foglio triestino riassume un lungo articolo pubblicato da Francesco Corò ne «L'avvenire di Tripoli», nel quale si illustrano due figure di patrioti emigrati a Tunisi nella seconda metà dei secolo scorso e cioè Guido Ravasini e Gaetano Fedriaul, che furono pionieri In Africa della nostra espansione coloniale. Il secondo genovese — esule dal 34 — fu in costante relazione col Mazzini e fu anzi da lui prescelto per l'ondare a Tunisi un Comitato della Giovine Italia. Gino Valori, Il centenario di un amore celebre, in « Sera ", Mlano, 18 giugno 1932. Anche per gli.... amori commemoriamo ormai i centenari, i cinquantenari ecc. Questa volta le spese son fatle dal Mazzini e da Giuditta Sidoli. Luigi Gabriele Porta, Incomprensioni, in «Giornale di Sesto San Giovanni», 18 giugno 1932. Si rievoca la ben nota polemica sulle dottrine socialiste che II Mazzini sostenne col Proudhon nel 1S52. Roberto Mazzetti, Mazziniani e garibaldini nclVultimo periodo del Risorgimento, in «Nuova Italia», Firenze, 20 giugno 1932. Ampia recensione del volume di E F. Morando, g à segnalato: «li volumetto — afferma il M. — è l'espressione dell’esigenza di guardare p.ù in concreto la portata del l'opera, diciamo in senso lato, mazziniana, nell'ultimo periodo del Risorgimento». Franco Desyo, Giuseppe Mazzini eroe dell'ideale, in «Il Fopolo di Sicilia »^ Catania, 22 giugno 1932. Nella ricorrenza della nascita deirApostolo — 127 anni or sono — v:en dedicata dall’a. una commossa e vbrante pagina in esaltazione del Genovese. L’articolo è ripubblicato uella «Gazzetta» di Messina dello stes o giorno. 252 Bibliografia Mazziniana P. Acquabella, Mazzini, Garibaldi, il Generale Jiamorino e il fallimento del duplice moto rivoluzionario del 1831 (sic), in «La Λ oce di Mantova», 22 giugno 1932. L’a. sulla scolta di quanto afferma — con precisa informazione — Gaetano Sacerdote nella sua Vita di Garibaldi, che si sta pubblicando a dispense, narra M perchè non avvenne la duplice insurrezicne in Savoia ed in Genova nel febbraio 1894. Giuseppe Bruni, Giuseppe Mazzini, in « Popolo biellese », 23 giugno 1932. Breve nota commemorativa nella riconenza del giorno della nascita dell Apostolo. Mario Mazzucchelli, Un martire dello Spielberg : Filippo Gu&nzati, in «Sera», Milano, 24 giugno 1932. La figura di Filippo Guenzati, che fu condannato nel 1835 per rapporti avuti con Mazzini in Isvizzera, alla pena di morte (poi commutata in quattro anni di carcere duro) recentemente studiata da Giuseppe Macchi, è rievocata con chiara esposizione dal Mazzucchelli. Vico Parine, Giuseppe Mazzini, in «Vedetta Iblea», Ragusa, 2G giugno 1932. Breve nota commemorativa nella ricorrenza del giorno di nascita del Mazz.ui. V. Marchesi, I moti mazziniani del 1804 nella Venezia, in «Rivista Letteraria », Udine, fase. I-II (giugno) 1932. Breve recensione dell’opuscolo di Gellio Cassi, già segnalato. G. Florio, Per Giuseppe Mazzini, in « A. Compagna», Genova, giugno 1932. Si pubblicano,... appunti biocraflci nudi e crudi dell’Apostolo preceduti dalle ben note parole del Carducci : «L'ultimo dei grandi italiani ecc. ecc.». — —,Vita di Mazzini, in «Gruppo d’azione», Milano, giugno 1932. Succinta recensione dello studio di Anna Errerà, già segnalato Anna Errera, La scuola del popolo come la intese Mazzini, in « Coltura popolare», Milano, giugno 1932. La dotta rivista milanese ripubblica un capitolo della vita di Mazzini dell Errerà, già segnalata. facendolo precedere da una breve nota, nella quale definisce 1 opera «frutto di lungo studio e dell'immenso e fervido amore per l’idea e !a figura mazziniana di Anna Errerà». Arnaldo Cervesato, Il centenario della « Giovine Italia», in «Vita Italiana», Roma, giugno 1932. Succiuta rievocazione dell’opera del Mazzini compiuta per mezzo della «Giovine Italia». Giovanni Maioli, Vita di Mazzini, in « Polemica », Bologna,l.o luglio 1932. Succinta recensione del volume di Anna Errerà, già segnalato. --, Un ignorato incontro di G. Garibaldi con Mazzini a Trescore Balneario, «Eco di Bergamo», 4 luglio 3932. li foglio bergamasco raccoglie la notizia che il 27 maggio 1802 durante la breve permanenza di Garibaldi a Trescore l’Eroe già stato visitato da un misterioso personaggio, il quale altro non era che il Mazzini e deplora che un ricordo marmoreo non eterni la memoria di tanto evento. L’articolo è stato ripubblicato da la «\oce di Bergamo» e dal «Regime fascista» di Ore- Bibliografia Mazziniana 253 mona del 5 luglio; dal «Il Piccolo» di Roma e da «Unione Sarda» di Cagliari del 7 luglio; da «Terme e Riviere» di Pisa del 15 luglio. Mercede Mundula, Vita di Mazzini, in «cUn^ne Sarda», Cagliari, 5 luglio 1932. Succinta recensione del volume di Anna Errerà, già segnalato. A. Casanova di Selve, Mazzini e il Principe di Mrttenvch, in «Giornale di Genova », 9 luglio 1932. E’ un’inconcludente chiacchierata : non son per nulla studiate le figure del Mazzini e quella del Metternich. del quale l’a. si limita a ripubblicare il ben noto giudizio sull’apostolo. L’a. »' stato ripubblicato dal «Corriere Emiliano» di Parma del 12 luglio. Pietro Di: Vincenzi, Giambattista Castagnino fu un vero patriotta del 1833? in «Lavoro», Genova, 15 luglio 1932. Il D. V, ignorando le pubblicazioni recenti che hanno ormai fatta luce meridiana sui sospetti che i patrioti ebbero sulla condotta tenuta dal Castagnino durante i processi del ’33, si stupisce che in Genova vi sia dedicata una via al nome suo. Ramperti Marco I milanesi del \>3, in « Stampa », Torino, 14 luglio 1932. Il R. prende lo spunto dallo studio del Pollini, fià segnalato, per rievocare i precedenti che condussero alla tentata insurrezione mazziniana oi Milano. Arturo Codignola, Giambattista Castagnino non denunciò Iacopo Ruffini, in « Lavoro », Genova, 1 luglio 1932. Il C. responde ai dubbi elevati da De Vincenzi, rivendicando al Castagnino il posto che gli spetta nei processi del *33 : quello di essere stato uno dei pochi che non si lasciò piegare dalla scia-ura, meritando perciò che la calunnia lanciata con leggerezza contro la sua memoria, venga finalmente sfatata. A. Rinaldi, A proposito del preteso incontro avvenuto in Trescore tra Mazzini e Garibaldi, in « Eco di Bergamo », 1S luglio 1932. Il R. con esaurienti argomentazioni e con ineccepibile cocuraentaz'one dimostra come il preteso colloquio Garibaldi-Mazzini del 27 maggo 1S62 a Trescore, dato per sicuro da l’«Eco di Bergamo» del 1 luglio 1932 e ripetuto da vari altri giornali, non è mai avvenuto. L’articolo fu ripubblicato nel «d’uovo Cittadino» di Genova del 10 agosto 1932. Ars, Giambattista Castagnino, in «Lavoro», Gcnos’a, 20 luglio 1932. A proposito della polemica De Vincenz^Codignola, il Saiucci dopo aver riesaminato tutti i precedenti che favorirono il sorgere dei sospetto di delatore contro il Castagnino, si chiede come mai il seguace di Mazzini non riuscì per tutta la sua vita a lavarsi della tremenda accusa. XXX, Che cosa risponderebbe Mazzini.1, in «Vita Cattolica», Cremona, 23 lu glio 1932. L’a. dopo aver illustrato la lotta antireligiosa che si combatte in Russia, in Ispagna ed in Cina e le persecuzioni ivi commesse contro il sacerdozio, recentemente Illustrate daH’elTemende Illustrazione Vaticana, conclude : «E poi farei leggere al Mazzini come << nrneuto a quelle illustrezûiû un altro pas?o del Capo della sua citata opera: « Senza Dio, a qualunque s'sterna civile vogliate appigliarvi, non potete trovare altra ba^c che la forza cieca, brutale, tirannica ». Qui, propre qui saluterei Mazzini profeta,. 254 ' Bl RLI0G R ΑΐΊA Μ A ZZI NIA ΝΑ perchè i fatti gli darebbero ragione, pensando che >n Sparna è vietato il t' ^ religioso dei defuuU al Cimitero! Altro thè liberto e rispetto a Dio e alle leggi che 3? i Jfco! E la pallida figura de. genovese, dovrebbe eonveu^ c^ umanità ,,ο» è migliorata affatto da quando scriveva le sue fagine a Londranel 180 E - ncn è migliorata quale altro rimedio additerebbe al uomo fl ^ Sono onvintisBimo che per il bene vero dell'umanità ripeterebbe 1 mv.to del Pontefice Pio XI : «la pace di Cristo nel Regno di Cristo». Sarebbe bello davveroJnt«^ M sla de eu >a con voluntad de vos los dichos juan francisco de grimaldo e gaspar centurion e todo el costo q-ue montare las dichas mercaderias que asy me enbiardes aveys de asentar en vuestro libro todo por quen a para que viniendo yo a dar la dicha quenta se vea el provecho que oviere e repartillo conio arriba es dicho yten que por quanto vos los sobredichos juan francisco de grimaldo e gaspar centurion aveys de endereçar todo lo que pudiei-des para pro e ganancia e de la dicha compania entre nos es concierto que todo lo que yo el dicho juan de hervez négociai e e apio vechare e ganare en la dicha ysla de cuba en qualquier manera que todo se aya de poner e ponga al. dicho monton e reparta corno arriba es dicho por quanto vos los dichos juan francisco de grimalc o e gaspar centurion poneys todo el dinero en la dicha compania que es menester e yo no pongo en ella mas de mi presona e trabajo yten es concertado que sy vos los dichos juan francisco de grimaldo e gaspar centurion tisierdes algun partido con algunas personas para que me enbie alguna fatoria que yo el dicho juan de lienez sea obligado a estai* por lo que concertardes con las dichas personas yten es concertado que lo que dios no quiera algo se peidiese en la hi da o (venlida de lo que se carga o cargare o del oro que yo el dicho juan de hervez enbiare que se aya de asentar a quenta de la. dicha compania lo quai se a de encomendar a nuestra senora del mtigua yten que yo el dicho juan de hervez me obligo de estar en la dicha ysla de cuba por tiempo de dos a nos los quales comiençan Un contratto di Società del 3516 277 desde el dia que saltare en tierra eu la dicha ysla de c uba contante (jue si a, vos los dichos juan francisco de grimaldo y gaspar centurion paresciere que yo no deva e nova le aspre polemiche, che per qualche tempo, dopo la soppressione dell’Indicatore Genovese, sembrava si fossero calmate. A <ìe nova la questione letteraria era in bocca di tutti ed aveva talmente permeato gli ambienti intellettuali che neppure le pubbliche scuole ne erano limaste estianee. Gli studenti universitari parteggiavano ora per un indirizzo ora per l'altro, suscitando non pochi disordini e discussioni che non mancavano poi di linire molto prosaicamente con vie di fatto. Pare che in uno di questi attacchi provocato ad arte dal Pa dre Gesuita Antonio Bresciani, degno amico dello Spotorno, come lui e più di lui fedele laudator temporis acti, i poveri ro mantici ne uscissero con le teste rotte. Bisognava, dice il Bresciani, narrando l'avvenimento, «rimbeccare direttamente quegli scolari di bello ingegno che, nonostante le sommesse raccomandazioni dei maestri osavano leggere nello stesso Ateneo le loro maliziose di cerie». Per questo il battagliero Gesuita aveva scritto quattro « ca pitoli sopra il Romanticismo » e li aveva gettati nell’Agone di due in due giorni per le mani di uno studente scelto fra gli inconta minati, « furono sì repenti le botte — narra egli stesso — sì rapido il volteggiare, sì duro il cozzo, che celiando e discutendo da senno, ebbi sconfitti e sbaragliati quei prodi campioni della scuola romantica. Fino dal primo giorno gli scolari di quell’Illustre Accademia risero tanto del fatto loro che i poveri romantici uscirono di scuoia a capo basso: ma, ringagliarditisi coloro che li avevano mossi all'impresa, il giorno appresso recitarono una loro Filippica, che colpeggiava il vento; al secondo capitolo s'udiron voci fra que' scolari di buon giudizio, che sciamavano: Viva l'antica scuola ita liana! Al terzo tacquero, e... de' rei intendimenti de’ romantici fie ramente indignarono. 11 quarto gli attizzò tanto contro quella setta ch’essi medesimi, accalorati, saltarono a piè giunti nell'arena e serratisi di fronte vennero a battaglia. Dico che io mi rimasi dallo scrivere e quei poverelli dei Romantici, venuti alle mani con gli scolari, pur vinti e rotti gagliardamente. Laonde quel savio e dotto professore (evidentemente il Padre G. B. Spotorno), m'ebbe gradi» e grazia grandissima, e il bello e retto scrivere della antica scuola italiana godette in quell'università pacificamente il suo impero ».(1) Ma a rialzare le sorti della nuova scuola pensavano il Mazzini, il Benza e il Bettini, che continuavano con eguale ardore l'affermazione del loro credo politico letterario. Il Romanticismo propugnato negli articoli del Livornese rappresentava una netta evoluzione. Era ancora il pensiero del Mazzini che s’imponeva agli amici caldeggiando egli l'avvento di una letteratura Europea, che (1) F. L. Mannucci. Ter la storia della questione Romantica, in Giornale Storico letterario del’a Liguiia, 192(5, N. S. n. 2. 290 IjA fine di una polemica letteraria mazziniana in una più vasta concezione mirava ad un cosmopolitismo letterario preludente a quello politico. Così il Bensa, suo fratello di fede, in un lungo articolo sullo Spirito del Romanticismo, mostrava di accogliere quelle idee ormai comuni in Francia dove erano sostenute da Benjamin Constant e più tardi dal Lamartine e da tutti i rappresentanti del romanticismo d’oltralpe, (i) L'articolo del Benza, ricevuto dal Guerrazzi, fu corretto °d adattato alle opinioni del Livornese e sarebbe opportuno avere i due testi per confrontarli; ma, pur come ci rimane è tutto assai interessante e piacque tanto al Guerrazzi che nel rispondere al-Tamico lo incitò a scriverne ancora: «Avanti dunque, gli diceva, ti prendo coi tuoi stessi argomenti : che in Livorno o in Genova si faccia la fiera poco importa: andando oltre l’Italia non può rimanervi un membro. Questo mio paese è più nudo che non pensi, ed io qui apprestai per voi un mezzo -onde manifestiate i vostri pensieri e un asilo. Sprona que’ giovani. Non sono sepolte in Genova l’ossa dei Doria. Il tuo articolo sarà posto nel secondo numero, vaglia quasi d’impronta per farne conoscere lo spirito. Mandatemi quanti potete più scritti. Avvertimi come possa fare per rimettervi i numeri se la posta non basta. Un bacio in fronte a Mazzini » (2). Così il Benza nel secondo numero dell’Indicatore caratterizzava io spirito del nuovo Giornale e faceva presagire future lotte non dissimili da quelle sostenute per il periodico genovese. (3) « Quel plauso concorde » — egli dice — « che dalla universa Europa si leva· in gloria del giovili secol nostro sarebbe stolta lusinga d’ingannato amor proprio, o vile ostentazione d’imprudente superbia?..... Nobile ornamento dell’intera specie e patrimonio comune formano per certo le magnanime azioni di ogni individuo, e stanno testimonio perenne degli alti destini dell'uomo, come le Piramidi delPantica grandezza di Egitto. Però il magistero della natura vegliava che non fosse bellezza dove non era spirito di universalità». E continua «Se non m’illude il desio vedo uno spirito europeo di miglioramento moi'ale anelante con tutte le forze vitali, vedo negli animi un fervido affannarsi di virtù, un destarsi di affetti indefiniti, un germogliar nelle George Sand., scriveva che «L’artiste a pour patrie le mond entier» e che «les temps sont venus ou l’inspiration divine n’est plus arrêtée aux frontières des états par la couleur des uniformes et la bigarrure des bannières». Cfr, L’artîùolO di G. Guadagnini «Le fonti delle teorie e Romantiche Mazziniane» in Giornale Storico della Letteratura Italiana. \ol. 86, 1927 - I sem. pag. 42. (2) F. D. Guerrazzi. Lettere per cura di F. Martini, 1891 Vol. I, pag. 17. (3) «Dopo un anno di lotte titaniche contro l’indifTerenza dei più e contro la miseria che l’opprimeva, spegnevasi l'indicatore Livornese, Ved. Guastalla. Vita di Guerrazzi, Rocca S. Casciano 1903, Vol. I, pagg. 181 - 182. Noi*a Cozzolixo 291 nienti di sublimi pensieri, e ne deduco un prodigioso progresso nel cammino clic deve condurci alla perfezione civile. « Quest’ansia del bello a me pare che costituisca lo spirito del Romantici*ino ». Ciò posto, egli conclude con un’aperta adesione alla nuova idea « Lo spirito Europeo nuovamente con tanta forza manifestato forma l’essenza e la generalità del Romanticismo ». (1) Frattanto il Mazzini che aveva fatta sua l’idea propugnata dal Goethe, pubblicava sull 'Antologia il famoso articolo D’ima Letteratura Europea, Tale idea ben presto ebbe proseliti, perchè sgorgava dalle aspirazioni del tempo; infatti anche il Condiliatore aveva propugnato « una lega universale tra 'i dotti onde abbreviare gli studi di ciascheduno ed accelerare questo simultaneo perfezionamento» e prima ancora dal 181G la Staël aveva sollevato tale questione provocando infinite querele. Benché fossero passati molti anni e i tempi sembrassero maturi, lo scritto del Mazzini levò il campo a rumore. Il suo programma di Letteratura Europea trova la base nella sua lede religiosa e nella presenza d’una umanità volgente ad una unica meta e ad un comune progresso informatore di nuove ère. La Letteratura, nazionale nelle forme ed europea nel concetto, deve essere parte dello credenze e delle passioni, procedere parallelamente alla vita dei popoli, divenire anzi l’interprete delle comuni tendenze. Così il Mazzini conciliava la sua fede col suo amor patrio. Chi più di tutti seppe controbattere ad una ad una le idee da lui esposte, fu ancora lo Spotoriio in un vivacissimo articolo polemico; ed è interessante vedere con quale spirito pungente ed ironico il battagliero Barnabita procedesse. Egli inizia l’attacco chiamando la Scuola Romantica una Setta «perchè prima di dire scuola aspettiamo di averci imparato qualcosa », quindi toccando con molta maestria il punto più debole della dottrina, cioè l’imitazione straniera esclama : « Si sono essi mai dati pensiero di dirci quali sono i principi, quali le massime di questa nuova dottrina? Hanno essi mai, sull’esempio degli antichi esposto in qualche loro poetica, il nuovo codice che serve di norma per ogni maniera di composizione, essi cui suona perpetuamente sulle labbra — amor di patria e gloria d’Italia —, e hanno a vile il prezioso tesoro della nostra letteratura, e ci propongono a modello e idolatrano scrittori stranieri? Era forse serbato all’autore dell’articolo Sopra una Letteratura Europea lo svelarci l’arcano e sarebbe forse per accreditarlo qual voto unanime della nuova Setta, l'essere stato inserito nell’Antologia, e strombettato dalFeditore di questo giornale come parto d'ingegno d’un vero italiano?..... Crediamo pertanto che « il « preteso voto dei popoli per una nuova letteratura, la concordia (1) Indicatore Livornese, n. 2 (2 marzo 1829). 292 JjA fine di una polemica letteraria mazziniana « di tutta Europa, che accusa la sterilità delle norme antiche, Pinci sufficienza degli antichi modelli », sia uu vero sogno del nostro A., a meno che egli non abbia preso l’Europa per qualche crocchio di. scioperati.....». Questo era parlar chiaro e davvero non si può dire che lo Spo-torno mancasse di spirito critico e di acume dialettico, specie quando accenna ai reconditi fini politici della scuola : «.....Ma tant’è a sentirne PA. la natura, deve esser muta al cuore e alla mente degli scrittori, poiché la letteratura di diversi popoli tutta dipende dalle loro politiche istituzioni. E qui prima di andare innanzi domanderemo al nostro A. che cosa intende egli per istituzione e per lo stato politico delle nazioni. Che se per istituzione egli intende buone scuole, dove la gioventù si è istruita nelle lettere, e nelìe sane regole del gusto; se per lo stato politico intende quello stato di prosperità e di quiete, che 11011 è meno necessario a chi scrive che a chi legge, pienamente consentiamo con lui, ma se nelle istituzioni politiche si mirasse, e qui sta il tarlo a certe peculiari forme di governo, non sapremmo per verità come queste istituzioni abbiano siffattamente a governare, e incatenare le menti ed il cuore degli uomini di genio, per loro natura insofferenti d’ogni giogo. Nè oseremmo affermare, se per parlare d’amore, che sarà sempre frequente oggetto di poesia, convenga più esser governati a repubblica che a monarchia o ben anche a tirannide..... e se, come pensa PA. che amore non alligna in anima schiava, saremmo vaghi di sapere quali istituzioni va maturando la setta romantica, affinchè in ogni parte di Europa si possa amoreggiare da anime libere ». Dopo una lunga serie di esempi che a parer suo dovevano sembrare inoppugnabili, ribatte ancora: «Ma è egli possibile che l'A. abbia a vedere in tutto la politica!». Poi affermando il primato della letteratura classicheggiante esclama con ironia « cessi adunque l’italico cuore del nostro romantico di palpitare sopra i futuri destini delle lettere italiane e sappia che non può rimanerci addietro chi non ha alcuno al davanti ; e che da pochi in fuori che partecipano nelle sue dottrine, nessuno prende parte delle sue ambascie » ed accennando ancora alle conseguenze politiche della dottrina mazziniana avverte «Qui il segreto è caduto di bocca al Romantico, e a noi la benda degli occhi. Sventurati poeti e letterati in quale aspro ginepraio avete mai a cogliere gli allori della letteratura europea!..... Fuvvi già. nei tempi andati, in qualche parte d’Europa, questo concorso di scrittori, i quali esplorando i supposti bisogni dei popoli, discesero a interrogare il cuore dei loro fratelli, ne rivelarono il segreto e maturarono gli avvenimenti che tutti conoscono. Da questa loro let teratura che per poco non divenne Europea, ne sortì una tragedia che fece sparger torrenti di lagrime ad un’intera Nazione; ma 11011 Nora Cozzolino 293 furono di quelle che si spargono con tanta dolcezza sulle tombe di Agamennone per la morte d’Ifigenia! ». (1) L’accenno alla rivoluzione Francese è quanto mai maligno perchè metteva sempre più in mala luce i giovani, già così tristamente indiziati sotto il punto di vista politico (2). Ma le continue querele dello Spotorno linirono con l’infastidire le autorità che avevauo già avute altre noie per un giornaletto II Nuovo Poligrafo non si sa da chi e quando fondato. Si trattava di un piccolo giornale senza pretese; ma nei brevi suoi articoli letterari, tutti anonimi, lo Spotorno seppe avvertirò l'opera dei Liberali; pare anzi che in uno scritto egli si vedesse chiaramente preso di mira, poiché si accennava ad « una goffa composizione, opera d'un frate, protetto da irati»: (3) L’allusione diretta pungeva nel vivo il fiero Barnabita che non ristette dal prenderne vendetta. Il giornaletto iniziò le pubblicazioni in Genova forse il 5 settembre 1821) e chiuse la prima annata col 28 agosto 1830. I pochi fascicoli da me veduti, sono alcuni sciolti dell'anuata seconda e precisamente dal 4 settembre 1830 all’ll dicembre. Ma per quanto io li abbia attentamente esaminati, non ho potuto trovare nessuna allusione di carattere politico, solo in una recensione ad un volume Elogi dei Liguri Illustri mi pare che l’autore si valga degli esempi delle libere repubbliche italiane del Medio Evo per trarne velate conclusioni di attualità : «.....Basta la storia delle repubbliche italiane del Medio Evo del Sismondi oltre gli annali del nostro Muratori per convincersi come in mezzo a quelle continue fluttuazioni di stato, a quelle sanguinose e nazionali fazioni, a quelle tenebre d'ignoranza e di superstizione sorsero quasi in ogni angolo di questa penisola numerosi uomini di stato sagaci e profondi, coraggiosi ed intrepidi, guerrieri e capitani, dotti versatissimi nelle sacre e profane lettere, propagatori zelanti della purissima filosofìa cristiana. Qual profitto la presente generazione s’abbia ella tratto da sì nobile divisamelito, egli è assai.arduo a dirsi, poiché a ohe sia volta, quali dottrine abbia dai dettati di quegli -uomini succhiate e quali esempi abbia preso ad imitare, nessuno vi sarà da tanto di defer- ii ) Giornale Ligustico - Fase. V, settembre, ottobre 1829. (2) Ad affrettare la sentenza di morte del Giornale Livornese contribuirono le sprezzanti parole del Mazzini in risposta alle continue richieste da parte dello Spotorno di una definizione di Romanticismo : «Forse ΓAutorità che tulminò in Italia il Conciliatore ed angariò i giovani scrittori di quel giornale indovinò più che altri il senso vero della parola» (Indicatore Livornese, n. 41, 14 dicembre 29, Articolo di Mazzini : Saggio sepra alcune tendenze della Letteratura Europea nel XIX secolo). (3) Ved. il breve studio del Neri «.-1 proposito del Poligrafo» in Rassegna Nazionale, Fase. 12, 1922, pag. G e seguenti. 294 La fixe di una polemica letteraria mazziniana minarlo, che d'ogni virtù, d’ogni dottrina, d’ogni sistema di pubblico reggimento vedemmo le più strenue prove a’ di nostri, ma a qual prò, il tempo avvenire lo deciderà.....». (1) L'articolo firmato al solito con un C. non si sa a chi possa attribuirsi. Certo il P. Spotorno doveva essere ben addentro alle segrete cose se appena sentì che lo si accusava con una sua lettera che si trova in minuta fra le carte Spotorno al R. Museo del Risorgimento di Genova· e fu pubblicata dal Neri : « Siamo avvisati che in un foglio politico, il quale si stampa in Francia da tre giovani italiani co] titolo di Giovane Italia, si attribuisce con parole contumeliose al solito, la cessazione del foglietto Genovese che aveva quel titolo Serie 11a del Nuovo Poligrafo, ad un ricorso fatto dal Direttore del Nuovo Giornale Ligustico. Azeramente è cosa con traria ad animi liberali accogliere così di leggeri le accuse, e svillaneggiare l'accusato. Come che sia, il Direttore del Nuovo Gìol4-nale Ligustico, dichiara formalmente e protesta, di non avere mai nè in voce nè in scritto, nè direttamente nè indirettamente, domandato, nè promosso, anzi neanco desiderato, la sospensione o soppressione del Poligrafo e acciocché i tre compilatori della Giovane Italia si convincano viemeglio della sincerità di questa dichiarazione, possono rivolgersi all'autore dell’articolo, che si crede avere dato motivo alla soppressione del Poligrafo, e sapranno da esso, come lo seppe il Direttore del Ligustico, chi abbia procurato dal R. Governo quell’atto di giusta severità. Ma generalmente parlando, desideriamo che la Giovane Italia sia meno corriva nel prestar fede agli articoli che gli (sic) vengono comunicati.....». (2) La dichiarazione, destinata alle stampe, fu poi con più saggio consiglio lasciata tra le carte inedite; ma pur con questi atti di acquiscente servilismo il giornale dello Spotorno subì la stessa sorte dell'Indicatore prima e del Poligrafo poi. Infatti le Autoritàr stanche delle continue lotte e polemiche sempre alimentate dalla cattiva lingua del frate, sospesero la pubblicazione del Nuovo Giornale Ligustico togliendogli di mano l'arma tagliente. Questo avvenne nel 1833-34, anche perchè un altra grave questione ferveva fra i dotti genovesi quella ormai da tempo agitata intorno alla Patria e Famiglia di Cristoforo Colombo, i conten denti erano da una parte lo Spotorno e il Belloro, dall altra Felice Isnardi, fiancheggiati dai comuni amici. La polemica sovente assunse carattere ingiurioso e violento, e come sempre non mancò (1) Il Nuovo Poligrafo, ossia giornale di Letteratura, Scienze, Arti, Teatri ecc., Tip. Michele De Carli, Anno II n. 4 ; pag. 28. Del Giornale credo si conservino solo 13 fascicoli che il Codignola, a cui appartengono, mi ha gentilmente mostrati. (2) A Neri - Articolo cit. pag. 8. Nora (Tozzolino lo sfondo politico (1) Infatti lo Spotorno in una lettera di risposta per la soppressione del suo giornale accenna a ciò con chiare parole «In quanto a me, reggendo che le dottrine cattolico romane e monarchiche, in esso giornale contenute, mi hanno concitato contro il livore oscuro, ma operativo de’ liberali..... colgo con piacere l’occasione di troncare una pubblicazione a me onerosa, per mancanza di associati ». (2) Ben si comprende come all’Autorità non sembrasse vero di troncare le importune questioni che tanto facilmente esulavano dal campo letterario per sfociare in quello più ampio e pericoloso della politica. Scomparso da Genova il Mazzini nel 1830, tutto s’acquetò. I nobili continuarono nel loro freddo riserbo ; i letterati o tacquero o non osarono più affrontare argomenti pericolosi. Seguirono lustri di raccoglimento o meglio d’inerzia, interrotti solo dal tentativo del ’33, che finì con il sacrificio dell’angelico Jacopo Ruffini. Ma sotto le ceneri covavano sempre alcune scintille; quelle che più tardi, nel '47 e nel ’48 per opera del Mameli e del Bixio, dovevano suscitare il grande incendio della attesa riscossa italiana. Allora la letteratura fu tutta un inno ; l'inno di Goffredo : Fratelli d’Italia, L’Italia s'è desta. XORA COZZOLINO. (1) La questione uon era solo verbale, Si conservano intorno all’aspra polemica numerosi scritti, fra l’altro ho avuto ncdle maui un rarissimo libretto (intitolato : «Le Dodici Lettere di Felice Isnardi al Rev. P. Spotorno», Genova, Tip. F.lli Pagano, 1S3S, che illumina sullo spirito della polemica, ma non mi fermerò suH'argomento perchè esulerei dai limiti del presente articolo. (2) Lettera riportata dal Neri, in articolo cit. pag. 9. V A R I E T A’ SETTARISMO..... ANTIMAZZINIANO Mazzini, forse più d’ogni altro, ebbe la disavventura durante la sua vita d’essere denigrato più dai suoi seguaci clie dai suoi avversari, perché spesso gli zelanti amici, per settarismo congiunto spessissimo ad angustia mentale, riescirono nell’intento opposto a quello prefissosi. Però dopo oltre sessantanni dalla morte dell’Apostolo speravamo che tale vergogna fosse ormai scomparsa, ma evidentemente ci illudevamo. Ed éccone la riprova. _ . Il signor Pietro De Vincenzi in un articolo comparso sul « Lavoro » di Genova del 15 luglio 1932 si chiedeva come mai si fosse onorata la figura di G. B. Castagnino dedicando nella Superba, una via al suo nome ed esplicitamente faceva sua l'accusa già fatta al patriota d’essere stato responsabile del suicidio di Jacopo Ruffini. Per l’onestà degli studi storici credetti doveroso rispondere sullo stesso giornale non celando di stupirmi che, dopo le pubblicazioni dei processi del ’33 si potessero ancora gabellare per verità calunniose asserzioni sostenute sulla fede della Jessie Mario, evidentemente male informata. Intervenne nella polemica Arturo Saiucci, il quale con la competenza che ha negli studi Mazziniani, dopo aver riesaminato le cause che favorirono il sorgere del sospetto di delatore contro il Castagnino, si chiedeva come mai il seguace di Mazzini non si fosse difeso in vita. Al Saiucci rispose Carlo Boriiate più che esaurientemente dimostrando, con la pubblicazione di documenti tratti dall Archivio di Stato di Genova, che non solo il Castagnino si difese, ma riuscì, prima ancora che fossero noti i documenti del processo, a far individuare senza possibilità di equivoci, i delatori del protomartire della Giovine Italia: l’Aymini, che fu uno di costoro, ebbe la peggio, tanto da doversi allontanare da Genova nel dicembre del 1853. La vexata quaestio sembrava definitivamente risolta, ma, secondo Fede Nuova di Roma, tutte le prove documentarie su accennate non provano che... la colpabilità del Castagnino. Varietà 297 Udite! Scrive in tale quaderno ((settembre-ottobre 1932) Tacito Da-gnino : « Bisogna bene che dopo 40 anni rilegga per la terza volta la vita di Giuseppe Mazzini, anno 1886, editore Edoardo Sonzogno -Milano - della scrittrice Wite Mario : A pag. 147 cap. 8° si legge che questo Gian Battista Castagnino era una spia o volendo dire più elegantemente delatore del povero martire Jacopo Ruffini. « In data 12 giugno 1932 inviai una lettera al « Lavoro » giornale locale, perchè desse una spiegazione in proposito ; ma il detto giornale non pubblicò la lettera : indarno attesane la pubblicazione per oltre un mese narrai tutto ad un amico, il quale a sua volta scrisse una lettera al predetto giornale, che dopo un giorno di dilazione la pubblicò, allora un certo signor prof. Codignola risponde : <( Che Castagnino dietro documenti di Luigi Castagnino era innovent e come un agnello, e chi affermava che Castagnino fu un delatore era in errore, e che l'accusa della Mario era falsa. ((Replichiamo noi con indiscutibili argomentazioni di fronte alla gratuita accusa· fatta ad una esimia scrittrice quale W ite Mario il ((Lavoro» nulla pubblicò, ma con un colpo al cerchio e 1 altro alla botte cercò di salvare capra e cavoli, in modo da non dar ragione nè a noi nè al professore ; insomma una forma ambigua in modo da ingarbugliare la matassa rendendo sempre più ascosa la verità. « Ora dopo alcuni giorni e cioè nel 29 luglio anno corrente, viene fuori un certo signor C. Bornate, che vuole addirittura riabilitare il Castagnino. Rispondiamo noi pretendete di dichiarare innocente il Castagnino attingendo prove da fonti auliche noi invece l'attingiamo da fonti irrefutabili patriottiche Mazziniane, che sono sempre sincere ed attendibili e troviamo opportuno ricordare in questa versione come Luigi Minuti mazziniano egregio e profondo studioso di uomini e cose, il quale con un suo opuscolo col titolo Attentati Mazziniani riuscì vittoriosamente a smascherare il Luzio che aveva diffamato e calunniato Giuseppe Mazzini il nostro Grande e Venerato Maestro ». Assicuro il lettore che la trascrizione dell7importante documento è.... diplomatica: non ho corretto assolutamente neppure gli errori di ortografia e di grammatica che in esso si ritrovano. Ma ciò che supera i limiti della fervida immaginazione del signor Tacito Bagnino, e della direzione di « Fede Nuova», è Vamena testimonianza ch'io avrei posto innanzi prove fornitemi da un— Luigi Castagnino. Udite! Udite in che modo la direzione commenta: « Per nostro conto troviamo assai puerile per non dire ridicola l’affermazione che si fa dell’innocenza; del Castagnino appoggiata ai documenti di Luigi Castagnino. Ci fa ricordare quella mamma· 298 Varietà clie sosteneva la bianca purezza della sua figliola adombrata da accuse di vita tutt’altro che pura. Veramente si sarebbe portati a sorridere se non ci fosse da piangere innanzi a martiri denigrati e obliati mentre tanti noti professori difendono con tanto calore un Castagnino. Ma il mondo fin dai tempi di Cristo e di Ante Cristo è andato sempre così». Garantisco ancor qui la trascrizione diplomatica del commento e faccio grazia al lettore di un secondo articolo, sempre pubblicato nello stesso quaderno di Fede Nuova, dettato da Giuseppe Biuni, il quale, anche lui!, dichiara che di fronte alle recise affermazioni della White Mario, del Faldella, del Tivaroni e del Canale, 1 documenti fatti noti dal Lu zio non dicono assolutamente nulla peic ( non portano « una prova palpabile » (trascrizione diplomatica, ut supra!). Lasciamo andare dunque, caro Bornate, le prove (( auliche » rinnegate da questi benemeriti signori, ma che proprio si invochi una testimonianza da me addotta di Luigi Castagnino , per tu ai l’acqua al loro mulino, passa il limite del credibile perchè cade nel grottesco. Benché mi ripugni ripubblicare la mia scarna prosa, son co stretto di rimettere sotto gli occhi al lettore — anche queste in edizione diplomatica — le poche righe, da me inviate al «Lavoro», causa di male tanto : « Accolgo Γinvito di entrare in disputa su problemi attinenti al nostro Risorgimento a proposito della lettera pubblicata oggi sui suo giornale da Pietro de Vincenzi, confermante il sospetto chesecondo lo scrittore — ancor oggi grava sulla memoria di G. 1>. Castagnino, accusato di essere stato il delatore di Jacopo Rumili. « In realtà l’accusato respinse sempre sdegnosamente il sospetto e gii atti dei processi del 1833 fatti conoscere per primo dal Luzio su « La Lettura » del 1920, oltre che confermare luminosamente La sua innocenza, ci dicono che fu uno dei pochi spiriti οι i non piegati dall'arresto e dalle delazioni degli altri congiurati, come fecero purtroppo tanti suoi compagni ed amici. « Non comprendo questo volersi accanire nell'offuscare la memoria anche di quelle poche figure adamantine — in verità nontroppo numerose — del nostro Risorgimento, poiché in questo caso particolare non dovrebbe essere permessa, l’ignoranza inchi di proposito scrive su problemi già tanto studiati e ormai risolti. «Mi limite qui ad accennare che il Luzio ripubblicò nel 1923 le conclusioni tratte dalla lettura dei processi, nel suo volume Carlo Alberto e Mazzini ; che il sottoscritto due anni dopo nell introdu zione al suo quasi clandestino I Fratelli Raffini, ribadì le asserzioni del Luzio e che infine nel 1930 il Passamonti nel suo saggio ■Nuova luce sui processi del 1S33 in Piemonte■ riconfermò senza am- Varietà 299 bagi che il sospetto elevato dalla Mario e da chi da lei attinse scrivendo sul Castagnino, altro non deve considerarsi che come una calunnia sfatata una volta per sempre. Non mi resta che fare una melanconica constatazione : i libri di storia si scrivono si, ma non si leggono ». Dov’è la famigerata testimonianza di Luigi Castagnino? Parole non ci appulero e mi limito soltanto a consigliare al signor Tacito Dagnino ed alla direzione di Fede Nuova, che pomposamente si autodeiinisce « Rivista Mazziniana e Bollettino della Università Mazziniana », di non gonfiar troppo le gote pronunciando il nome dell’Apostolo, e di leggere invece quanto Egli scrisse, non tre volte, come asserisce il Dagnino d’aver letto la Mario, ma una volta sola. 11 Mazzini stesso infatti, se nel ’33 sospettò nel Castagnino il delatore di Jacopo Ruffini, nel ’45 lo difese a viso aperto, perchè conobbe finalmente la verità e ne ebbe probabilmente la « prova palpabile» invocata da Giuseppe Bruni. A pag. 408 del vol. XXXI degli Scritti mazziniani, Edizione Nazionale, il Dagnino e gli esponenti dell'Università Mazziniana troveranno quanto preme a loro, a meno che il..... settarismo antimazziniano, non prevalga ancora una volta di fronte all’evidenza più palmare. Chiedo scusa ai lettori dello spazio rubato nel fascicolo del « Giornale storico», ma assicuro che non l'ho fatto apposta e che ci sono stato tirato proprio per i capelli. ARTURO CODIGNOLA. SAGGIO DI UNA BIBLIOGRAFIA GENERALE SULLA CORSICA (Continuez vedi numero precedente). STORIA DELL'ARTE ARU — Chiese Romane in Corsica: Contributo alla Storia dell’Architettura Romanica. Roma, Joescher, 190S, 80, pagg. 94, Tav. 10, Ree. Bull., hist. de la Corse, 1913, (Ann. 33) n. 385-360, pagg. 114, (Ambrosi). Ree. Santoni in Revue de la Corse 1923 (IV), pagg. I0o-110; pagg. 342-145. — BERTOLOTTI _ Esportazione di oggetti di Belle Arti nella Liguria, Lunigiana, Sardegna e Corsica nei sec. XV, XVII, ΧΎΙΙΙ. Ree. Giornale Ligustico, voi. IH, pagg. 351; XVI; 1876. BOSIO G. — La Chiesa parrocchiale di Santena. — Ree. in Riv. Stor. (XIV-433). BRADI (Lorenzo de) — L’art antique en Corse. — Paris, Figuière, 1912, 80, pagg. 72. CH1ECO G. C. _ La Chiesa di S. Fiorenzo in Bastia, Cuneo, Galimberti, 1887, 16o, pagg. 26. CLAVEL Aug. — Les tours Génoises du littoral de la Corse, in Revue de la Corse, 1925 (VI) pagg- 33-40. COMPTON E. T. — The artist in Corsica, in The Magazine of Art. Febr, 1885, R. S. III, 409. KNLART C. — Quelques monuments du moyen âge en Corse, in Revue de la Corse, 1925, pagg. r)9-70 ; pagg. 113-116; pagg. 129-136. [Monumenti di Bonifacio.] ENXART C. — "V ili es mortes du Moyeu Age. Paris, Libr. Boctard, 1920, 80, pagg. 164. Ree. Bulì. Soc. hist. Corse, 1921, (Anno 41) η, 425-428, pag. 98-100. [Monumenti dii Aleria, Mariana, Nebbio, specialmente ecclesiastici]. ESPERANDIEU Emile — Recueil général des bas reliefs de la Gaule romaine. Paris, Ιιηφτ. Nationale, 1907, (Tom. I) Ree in Revue historique Vol. 102, pagg. 358. [Bassorilievi di Corsica]. FERRATO — A. La Corsica, in Cosmos Catholicus, Roma, 1900, (II), 9-10. Rivist. Stor. XVII, pagg. 2é3. [Riassunto storico dell’isola specialmente considerata nei suoi rapporti coi papato, con numerose incisioni di monumenti ecclesiastici.] Renato Giardelli 301 FRENCINVILLE (M. de) — Tours Géno'ses du littoral de la Corse. Communication in 1) jbull, archéologique, 1894; 2) Paris, Impr. Nationale, 8 oct. 1894, 8°, pagg. 11. LAFAYE — Sainte Marie Majeure à Bonifacio, in Bull. Société Antiquaire de France, 1887, parg. 21G-218. MARCAGGI — La cathédral d’Ajaccio in 50 esemplari, 1926, pagg. 14 [Descrizione dell’edificio deciso nel 1852 «la Gregorio XIII, cominciato dai vicario apostolico Giuseppe Mascardi] - MARTIN Maricu — La tour de Sénèque, in Revue de la Corse Moderne, 1925, (VI), pagg. 1-3. [Sostiene che la torre detta di Seneca, sul colle di S. Lucia si deve identificare con un castello medioevale, quello d: Mobi, adibito a segnali]. PESSAGNO G. — Forti e Castelli Genovesi (Aleria e Corte), in Gazzetta di Genova, Rassegna dell’attività ligure, 1917, (Ann. LXXXV), 30 aprile - pagg. 1-3. PIÈCES relative à la construction de la tour de Punta d’Arco, in Bull. Soc. hist. de la Corse, 1885-86, (Ann. \-VI), fase. 59 61, pagg, 388-340. [Documenti relativi alla costru-zoiic della torre destinata a guida dei naviganti e a guardia contro i pirati]. PORRI. — Mémoire sur les monuments religieux détruits depuis trente ans dans les parties qui forment aujourd’hui les arrondissements d'Ajaccio et de Sartine, 1821, in Bull. Soc. hist. de la Cosse, 1887, (Ann. IX), fase. 103-106, pagg. 338-356. RENUCCI F. O. — Détails historiques sur les monuments religieux de l’ancien département de Golo detru ts depu s trente ans, ou qui ont reçu une autre destination in Boll, de la Soc. hist. de la Corse, 1887, (Aun. VII), fase. 83-84; pag. 45-104. 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LEITZM.VNN Ueber eiuige coreiche Miinzen in Kumismatische Zeitung, 1834, (I) n. 19. 10BIESEN Dubj (Pierre Ancher) — Recueil général des pièces obsvdionales et de nécessité gravées dans l'ordre chronologique des événements avec l’explication dans l’orde alpha bèt.quo des faits historiques qui ont donné lieu il leur fabrication à la suite desquels se trouvent plusieurs pièces curiouses et intéressantes sur le titre des Récréations r.umismatiques. Ouvrage postume publié par Michel d'Ennery, Paris, D'Houry et de Buré ainé, 1786, 4o, Tav. III. PERIODO FENICIO CARTAGINESE AUCAPITAIN Les Phéniciens en Corse, in Revue Africaine (Algeri), 1862, pag. 471. [Studia la statua d’Apricciani che crede coperchio di un sarcofago antropoide semitibo.] 304 Saggio di una bibliografia generale sulla Corsica CORPUS Inscriptionum Semiticarum — Vol. I, pag. 213, [nega l es stenza di mon CURTIUS E. — Histoire grecque traduite de l’allemand sou la direction ^ j j ^ Paris, Ernest Leroux, 1883, (Tom. I). [Pochi cenni sulla Corifea durante il dominio Fenici e de>i’ Cartaginesi]. GSELL Stephane — Histoire ancienne de l’Afrique du Nord. Tom. ï, Les ^"dl^nS ^ développement historique, les temps primitifs, la colonisation phénicienne et pire de Carthage. Paris, Hachette et C., 1913, 8<\ pagg. 544. MELTZER — Geschichte der Kartager — Weidmann sche Rüchhandlung. Beri η, V, ® * 3 voli. [Relaz. Cartaginesi con le isolò nella I guerra Punica, Corsica, tag'nese in Corsica, pag. 98, pagg. 12i, 511 - 281, ‘-83, *83]. TOSCANELLI Nello _ Le ongtai italiche: Origini della letteratura. I L%1ÌDg“%“f^ dell'Italia antica. Milano, Hocpii, 1914, 4«, pagg. 754. [Nota* a su. Poces. fondatori di Aleria (tradizone negata); sulla mancanza di avanzi fonici in ors.ca e statue preistoriche.] PERIODO ROMANO AKE Eliason — Be-trage zur Geschichte Saxd nieus und Corsica in ersten Punischen Kr.ege Quellemkritisch-geschichtliche Untersuchungen Inaugural Dissertation. Upsa a, iqu-s und Wiksell, 1906, go, pagg. XII, 119. 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CANTARELLI — Il vicariato di Roma, in Ballettino archeologico Comunale, 1893, pagg 205-207. [Afferma la divisione delle due provincie nel 297; Barbarus, governatore di Corsica e poi di Sardegna, avrebbe momentaneamente conservato l’amministrazioue delle due isole.] CLAVEL _ La carrière romaine de San Bainzo, in Revue de la Corse, 1924, (V), pagg. 156-160 CORPUS INSCRIPTIONUM LATINARUM, consilio et auctoritate Academiae Litterarum Regiae Borussicae, 1863. Vol. X. Inscriptiones Bruttioruirt, Lucan'ae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae latinae, ed. Theodorus Mommsen ; Pars Posterior. ICorsica, pagg. 838 840.] DE RUGGIERO Ettore — Dizionario Epigrafico di Antichità Romane di E. De R., pubblicato da L. P^squalucci, Spoleto, Tip. dell'Umbria, 1910, So: s. v. Ligurum Cohors; s. v. Renato Giardelli 305 Corsica. [K'otizie storiche. Amministrazione, presidio, reclutamento; s. v. Corsorum Cohortes s. v. Aleria.] EPHEMERIS Epigrafica Corporis Inscriptionum latinarum; supplementum edita iussu Instituti archaeologici Romani, cura Th. Mommsen, I. B. Itossü, Hirschfelds. Berolini I. Apud Georgium Reinerum. 1892, (vol, VIII), fase. 2, pagg. 200-201, (n. 788-804). [Iscrizioni di Aleria.] E, ESPÉRANDIEU — Inscriptions antiques de la Corse. Bastia, Ollagnier, 1893, in Bulletin Archéologique du Comité des travaux historiques, 189.3. [Sostiene che la Corsica nell’età romana ò nei primi tempi dell’impero confidata a prefetti dell’ordìne equestre. Ree. Tais, Studi storici, III, pagg. f,39-542.] GOTTHELF — Eclogae antiquitatum corsicarum. Quas praeside Jo. Guilielmo, de Berger. .. MDCCXLIII disputando executtet. Samuel Gotthelf Petri. \itembergae. Eichsfeld, 1743. GRASSI — Aleria : étude historique et archéologique, in Nouvelles Annales de voyage, Ser. VI, vol. IV, anno X, (1864), pag. 257 e segg. KLEEDITZ — Eclogae antiquitatum Corsicarum quas praeside Guilielmo de Berger, pubbl. S Ii al. Quinctiles A. R. G. MDOCLIII, disputando excutiet David Henricus Kleeditz. Vitembergae, Typ. Eichsfelds, (sd), 4o, KLEIN — Die Verwaltungsbeamten von Sicilien und Sardinien, Bonn, Emile Strauss, 1878. [Afferma fino al I\ sec. Corsica e Sardegna essere una sola provincia.] KUBITSCHEK — Imperium Romanum tributim descriptum. Praga, Tempsky, 1889, 8o, pag 28 e eegg. LETTERON (Abbé) — Notice historique sur 1 île de Corse jusqu'à l’établissement de l’Empire romain, in Bulletin de la Société de Sciences Corses, 1911. I.EUZE O. — Les luttes pour la Sardaigne et la Corse pendant la première guerre puniaue. m Klio, 1910. Band. X, 4. MARQUARDT — L’administration Romaine par Joachira ?.Iarquardt. 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Lecr.Yaiu, Revue hist. 1025, pagg. 261-202 [dice che P. non porta nulla di nuovo, !o.accusa di .rredeu-tismo, ecc.] PAIS ETTORE - Storia dell’Italia antica - Roma, Casa FA. Opima, 1925, 80, 2 voli. [I pi* antichi abitatori della Corsica e della Sardegna - pat'g 12o-138] PAOLI - Notes historiques sur Kogliaoo dédiées aux touristes, in Bulletin paroissial de Ro-gliamo, 1921, Sent, [appunti per la storia di Aurelianum, Origliano.] PAULYS - Real-Encyclopadie der classischen Altertumswissenchaft ; neu Jîearbeitung unter mitwirkung zahlreicher Fachgenossen herausgegeben, von Georg Wiesowa, Stuttgart, Metr.lerscher Verlag, 1894, 80; s. v. Cosica; s. v. Coriors. PEREI,LI - Inscription tumulaire trouvée à Moriana, in Bu». Soc. ΠΜ. Corse, 1881, (I). R. S. III, 350. QUBXZA _ Thermes romains du Sigino in Balagna, in Revue de Ια Cor,e, 1920, I, pagg. 88-130 QUESZA (Jean de) - Le sentiment de justice chez 'es Corses, (L'an de Rome 517), in Revue de la Corse, 1923 (Ann. IV), pagg. 116-117. 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Qui c'è confusione, anzi sdoppiamento di persona, pere io lo stesso personaggio Ambrogio Dinegro, commissario del Banco durante la repressione della ribellione suscitata da Giovau laoio da Leca nel 1488-89 è ricordato sotto il nome di Xegrone ; rnentie Ambrogio Negrone, Governatore dell'isola, non e mai esistito A pa<» 105-107 sono ricordati molti Pallavicino più o meno illustu, ma è dimenticata la celebre Luisa Pallavicino cantata da Ugo Fo- scolo in un'ode famosa. « > Più che per quello che non dice, questo Dizionario biografico o difettoso per quello che dice. Le inesattezze, gli errori intorno» a personaggi noti sono incredibilmente numerosi e dimostrano che l’A ha poca familiarità con la storiografia genovese. Per non moltiplicare gli esempi e per non tediare i lettori limiteremo le ossei-vazioni ad alcuni tra i nomi più celebri. Cristoforo Colombo sarebbe nato, secondo il Cappellini, nel 1445, mentre da trait anni e noto che lo scopritore dell’America vide la luce fra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451. Invece di dare, come vorrebbe il titolo dell opera, a biografia del personaggio, 1Ά. ci dà una bibliografia che dimostra soltanto la sua impreparazione circa la materia trattata. Eg « come biografi di C. Colombo alcuni che non sono tali e \ice\ersa dimentica il De Lollis, il Belilo, il Sanggneti, l’Almagia per_ non parlare che degl’italiani. La biografia di Paolo da Nom Ridotta poche e scarne notizie relative agli ultimi mesi <1ι 'ιί^11.1 .. felice Doge. Al qual proposito il Cappellini ricorda uno studio di M. Staglielio, ma dimentica il ben più Pandiani, Un anno di storia genovese, gnigno 1506-lo07, in Atti della società ligure di storia patria, vol. XXXVII. Di Andrea D’Ona si sbriga in sei righe, sbaglia la data di nascita, ponendola nel 1468 invece che nel 1466; dice che scrissero di lui Lorenzo Capelloni e Carlo Sigonio, ma dimentica F. D. Guerrazzi, il francese E. Petit ed A Neri Parlando di Agostino Giustiniani il Cappellini seme che il vescovo di Nebbio « compilò anche il Nuovo Testamento nella Rassegna Bibliografica 313 lingua gìeca, latina, ebraica ed araba». Forse egli lia inteso dire die il Giustiniani nel 1515 pubblicò il Salterio quadrilingue, ma confuse il Salterio col Nuovo Testamento e scambiò una versione con una compilazione. Mentre ad alcuni personaggi di secondo o di terzo piano sono dedicate dodici o tredici righe; Giuseppe Mazzini è accomiatato con tre righe, nelle quali, come ognuno può facilmente comprendere, non si trova neppure l’inizio della biografìa del grande Apostolo dell’unità italiana. Questi esempi, scelti tra i moltissimi che si potrebbero citare, sbastano, credo, a dare un’idea del valore scientifico di questo Dizionario biografico e della sua attendibilità. La risposta, dunque, alla domanda posta in principio è assolutamente negativa, perchè quest’opera non accresce di uno iota ii patrimonio delle conoscenze storico-biografiche di Genova e della Liguria, e pare fatta più per indurre nell’errore che per diffondere la verità. Il libro diventa pericoloso, se si considera che esso è de stinato ad andare per le mani di persone che non saranno in grado di conoscere gli errori e che prenderanno per verità di vangelo tutto ciò che lì è stampato. Prova palmare della impreparazione dell*A. è data dalla Bibliografia (pag. 169-171), nella quale sono compresi autori che hanno scritto, in tutto e per tutto, un articolo di giornale o di rivista, e sono dimenticati tutti 0 quasi tutti i migliori i più diligenti ed i più autorevoli cultori di storia ligure. C. Bornâtes. Ambrogio Casaccia - Giuseppe Saredo, Savona - Stabilimento tipografico editoriale Ricci, 1932-X. Era la fine del 1902, e l’Europa e i\ mondo, avidi di scandali, si interessavano alla enorme truffa di Teresa Humbert ed all’avventura fresca fresca della principessa Luigia di Sassonia e dell’istitutore Giron. L’Italia, timoneggiante Giolitti, navigava in acque infide: s’era al rinnovamento della Triplice e il riavvicinamento alla Francia impensieriva gli Imperi centrali e permetteva la visita di "Vittorio Emanuele III a Nicola II in Russia. All’interno si acuivano le lotte tra le due tendenze dei socialisti imperanti, e gli scioperi erano all’ordine del giorno: da quelli fastidiosi dei tramvieri a quello buffo delle piccole commesse di modiste. La corruzione dilagava da un capo all’altro d’Italia: dal cupo dramma di Bologna e dal fallimento del Banco Sconto di Torino, al processo Pa-lizzolo di Palermo. E’ naturale, quindi, che in queste circostanze passasse forse '«volutamente dissimulata, certo appena notata la morte di un uomo, 314 Rassegna Biblioorafica che tutta la vita austera aveva indicato come il più atto a tentare depurazione dell’ambiente che parve tra i più corrotti d’Italia: quello napoletano. E nella lotta titanica egli lasciò la vita, tra le calunnie e gli attacchi dei colpiti sempre indomito. Morì Giuseppe Saredo la sera del 20 dicembre 1902, dopo due mesi di sofferenze-atroci per un cancro al legato. Ma anche agli estremi continuò nella sua missione. La vigilia di Natale dettava le conclusioni della sua inchiesta sulle Opere pie di Napoli, terza ed ultima parte dell'enorme lavoro d· epurazione affidatogli. Chi era Giuseppe Saredo? Il presidente del Consiglio di Stato. Donde era giunto a questa altissima carica? Ambrogio Gasaccia·, suo conterraneo, si addossò l’incarico di tracciarne la vita, sui i documenti affidatigli dalla famiglia: e quanto fosse grave l’ufficio assunto apparirà subito all’evidenza, se per sommi capi ne vie\ ochiamo le vicende. Il 16 settembre 1832 nacque a Savona Giuseppe Saredo di povera famiglia, in origine forse spagnuola e nobile. Il padre era impiegato nei magazzini delle Privative doganali di Savona: i giornali dell’epoca dicono semplicemente cli’era un facchino. Ebbe quattordici figli, di cui sei vissero a lungo, e le sue modestissime condizioni non gli permisero di dare loro una soda coltura. Giuseppe, intelligentissimo, aiutato dal suo maestro il buon padre scolopio Nicolò Cigliuti, passò al ginnasio e si avviò al sacerdozio nel 1847 : ma l’anno dopo depose l’abito e lasciò la scuola, e cominciò la sua lotta per vivere e farsi strada, alternando giorno e notte il lavoro ad un’improba fatica da autodidatta. Dà lezioni private in città : passa poi a Genova come giornalista e correttore di bozze del cattolico ((L’Armonia» diretto dal Cigliuti: e a 16 anni affronta la capitale in fermento, Torino del 1848, e vive colà in miseria e in ostinata attività, non scoraggiato dalle molte ripulse; ma temprando il carattere, che fu veramente d’acciaio. Entra alfine come correttore al giornale satirico « 11 Fischietto » e tosto ne è arguto collaboratore. Protetto dal marchese Corsi di Cairo Montenotte e dal conte Solaro de La Margarita (di cui fu poscia riconoscente e coraggioso biografo), indi dal Cavour, è presto noto: tenta lanciare vari periodici con poca fortuna e quando, scoraggito, medita tentar la sorte oltre Oceano, ottiene dal ministro Carlo Cadorna la nomina a professore di lettere nel Ginnasio di Bonneville in Sa\oia. Entrato così nella vita regolare nel 1858, può finalmente sposare l’amata poetessa Luisa Emmanuel, che gli fu spirituale e devotissima compagna sino alla morte, per quasi cinquantanni. Essa fu feconda e valente scrittrice anche di storia, e rimase inconsolabilmente rimpiantata dall’uomo, che, al culmine della carriera, non ebbe gioia per la privazione di lei. ... Dal 1858 comincia pel Saredo un’ascensione rapida, fantastica,. Rassegna Bibliografica 315 eppure dovuta al merito e allo studio indefesso. Benché non fornito di alcun titolo accademico è creato professore di ginnasio; nel ’59, direttore di scuola tecnica a Cliambery, pubblica un poderoso studio: «Du principe des alliances internationales» che attira su di lui Pattenzione (li Cavour; nel ‘00 il ministro Mamiani lo nomina professore di scienze giuridiche all’Università di Sassari, cioè straordinario di Diritto costituzionale e incaricato di quelli amministrativo e internazionale. Quali proteste, quale indignazione ! Ma il ministro tien duro, e il neo professore risponde subito con i due volumi dei « Principes de philosophie politique » e due anni dopo coi quattro volumi de’ « Principi di diritto costituzionale », opere che imposero rispetto ed ammirazione. Passò all’Università di Parma, poi a Siena: insegnante valentissimo e autore di continue pregevolissime pubblicazioni è creato..... avvocato «honoris causa» nel ’65, e nel ’TO il Mamiani lo nominò alla Sapienza straordinario, il Correnti lo promosse ordinario : infine nel ’79 il De Pretis lo elesse consigliere di Stato, ponendo così termine alla sua carriera universitaria. Liberale convinto e battagliero, sostenne i principi del suo partito specialmente nella rivista giuridica «La legge» che diresse per trent’anni. Ed è interessante sapere quale parte ebbe il Saredo nei tentativi di conciliazione colla Santa Sede nel 188G, onde egli deve essere considerato un precursore della soluzione cui si giunse col Trattato del Laterano. Presidente di Sezioni nel '91, è creato nel gennaio *98 presidente del Consiglio di Stato alla morte di Marco Tabarrini. Dal ’91 era già senatore; rifiutò più volte la carica di ministro, e nel duplice ufficio portò la sua attività fenomenale, la sua austera coscienza incorruttibile, la sua scienza profonda: e il Governo gli affidò i più difficili e importanti incarichi, il più delicato de’ quali fu la nomina a Commissario straordinario presso il Municipio di Napoli e, in seguito alle prime risultanze, a Presidente della Commissione d’inchiesta sulle Amministrazioni Napoletane. E ne ebbe in compenso tutte le amarezze, che però non arrestarono affatto l’opera sua. Odi, insulti, calunnie, malafede e debole fede non lo smossero d’un filo dalla via segnatagli dalla coscienza : l'opera fu compiuta e, come dicemmo, egli ne morì. Il biografo di fronte all’impegno di una così complessa ed alta narrazione è coscienziosissimo e preparatissimo, e si è fatto biografo e storico per amore del « natio loco », disimpegnando con scrupolo e fedeltà il suo impegno. Buon sacerdote e buon cristiano, osserva con compiacenza la salda fede del Saredo. Non politico nè consumato polemista, non pesca a fondo in quella lunga lotta che ferve in Italia fra il 1870 ed il 1900: nell*avvicendamento al potere di Destra e Sinistra, nel sorgere di nuovi partiti, parlameli- 316 Rassegna Biblioqrafica tari ed extra, e nella portata della guerra mossa prò e contro il Saredo, che non è solo di onestà e di camorra, di interessi morali e materiali, ma di conflitti profondi e taciti di principi, di influenze, di idee. Quindi se non è strano trovare fra gli avversari un Giolitti, stupisce che uno dei concitadini savonesi, lo Sbarbaro, di alto ingegno e retto, sia stato suo irreducibile e acerrimo oppositore. Perciò vari dettagli della vita politica del Saredo e, più, ii loro significato e la portata, sfuggono all’onesto1 critico, che più con agio ci narra della vita intima del suo uomo. Forse il non aver potuto diffondersi nello studio dell’ambiente, fanno apparire meno grande la figura delPeminentissimo politico. E il tono bonario e sereno del racconto, pure. Il Saredo, uomo, era asprigno assai nella sua· incorruttibile rettitudine. Perciò gli avversari lo temevano e lo apprezzavano. E furono i più sinceri nell'elogio. Il socialista Lucci, dicendo che il Saredo « resterà nella storia come Pinquisi-tore delle condizioni anormali del Mezzogiorno », concludeva: « Questa è la parte migliore, più complessa e meglio approfondita dell'opera sua: l’inchiesta comunale di Napoli. Dopo molti altri anni, quando il Mezzogiorno d’Italia sarà uscito dal suo involucro semi-feudale, quando si sarà liberato dal suo abito di pitocco, quando avrà respirato le aure di una vita vera, utile di commerci, d’industrie e di lavoro, allora soltanto l’opera di Giuseppe Saredo potrà essere serenamente giudicata; allora soltanto, morte le ire dei colpiti, svanite le mezze coscienze dei cortigiani, Popera di Saredo apparirà come -un gigantesco propulsore verso una vita nuova, alla, quale il Mezzogiorno si va affacciando». Insomma, si profetizza il Mezzogiorno del 1932: e per un socialista non è piccolo prodigio, anche se la realtà splendida non combina forse col pensiero del divinatore. Adolfo Bassi. ^Spigolature e Notizie Ne « L Illustrazione Medica Italiana» fascicolo di maggio-giugno 1932 AkuSâ (j · Celle scrive su «Colombo eroe pagano e Gerolamo Fraca storo ». 11 Celle, già noto ed apprezzato cultore di studii umanistici, ha saputo, anche su questo argomento, rilevare con acuta analisi e conoscenza completa delle fonti letterarie gli elementi umanistici onde si permeò ben presto anche la eco dellYpica impresa che aggiunse un nuovo mondo all’aiKico. * * * O. F. Tencajoli scrive su «I Gesuiti in Corsica», nel fascicolo di luglio-agosto 1932 de «La Corsica Antica e Moderna». * * * Il Canonico Mussi scrive in «Nuovo Cittadino» del 16 settembre 1932 su «L’Abbazia benedettina di san Caprasio ad Aulla» edificata oltre il mille dal Marchese Adalberto Mal aspina. ¥ * * In «Secolo XIX» del 17 settembre K32 è rifatta la storia de «L’Asilo Massoero » installato nel vetusto locale deU'antico magazzeno annonario della Repubblica di Genova e dovuto alla benefica iniziativa di 'Luigi Massoero in tempi recenti. * * * In «Secolo XIX» del 1S settembre 1932 .Raffaele Di Tucci racconta «L’avventura dell’Abate Cermelli », un finalesè irrequieto che brigò assai nei circoli di Corte a Parigi verso la fine del secolo 17° dando un bel da fare agli Ambasciatori della Repubblica genovese per impedire la vendita alla Francia del Marchesato del Gorzegno che l’Abate stava negoziando. * * * «Nostra Signora Dell’Acquasanta», aprico Santuario mariano presso Vol-tri, è illustrato nell’arte e nella scoria, assai ricca di fasti, da Antonio Cappellini in «Corriere Mercantile» del 19 settembre 1932. * * * Di «Un Genovese a Trieste» nel tempo del Risorgimento scrive ΤΊ7ο Vitale in «Giornale di Genova» del 20 settembre 1932. Trattasi di Giulio Grassi, che un recente libro di René Pollot Console francese a Milano ci presenta come precursore deU’unUii italiana in una città dov'essa fu più fieramente e cupamente osteggiata. 318 Spigolature e Notizie In aLavoro» del 21 settembre 1932 G. B. Allegri ricorda «Castel Gavone - La Grotta Pollerà - Piammarino » toccando alla storia di quei luoghi ricchi di interessanti memorie. * * * Su «Il Mezzaro » scrive * in «Lavoro» del 21 settembre 1932, facendo briosi rilievi sul caratteristico velo che ricoperse le donne genovesi fino a metà del secolo scorso. * * * «Oneglia Garibaldina» è il titolo d'uno scritto di Nino d'Althan in «Secolo XIX» del 23 settembre 1932. Vi sono passati in rassegna e brevemente illustrati luoghi e personaggi che Garibaldi toccò e conobbe nelle brevi visite sue nella cittadina di Oneglia. * * * «Un reclusorio storico» è il titolo d’uno scritto di Giuseppe Foclies in <( Giornale di Genova » del 24 settembre 1932. Tratta della fortezza di Savona che ospitò nel 1831 Giuseppe Mazzini e fu costruita tra il 1542-44 sui disegni deHOlgiati. * * * In « Secolo XIX » del 24 settembre 1932 a cura deir Avvocato Giovanni Conio di Taggia vengono esibite notevoli rettifiche ad inesattezze pubblicate di recente da qualche giornale intorno a « Gli eredi di Giovanni 'Ruffini ». * * * De « Il Marchese Giulio Cibo Malaspina a Genova » scrive brevemente il Canonico Mussi in «Nuovo Cittadino» del 27 settembre 1932. * * * In « Le Opere e i Giorni » di settembre 1932 Arturo Pettorelli ha uno scritto dal titolo : « Una storiella romanzata sul Pordenone e una eroina imaginaria genovese ». La donna menzionata nel libretto dell’Abate Pirona sarebbe una Leonessa di Lanzo, genovese. Una famiglia di tal nome non è esistita mai a Genova dove il Pordedone lavorò sì nel Palazzo Doria a Fossolo ma per ben poco 'tempo. * * * Giovanni Descalzo illustrando cose e paesaggi liguri in « Giornale di Genova?», ha nel numero del 29 settembre 1932 uno scritto dal titolo : «Contadini che citano Dante ». I luoghi e gli abitanti di cui scrive il Descalzo, sono quelli della valle dell’Entella, il fiume cantato dal sommo Poeta. * * * Lo scritto di Attilio Momigliano dal titolo: «La diplomazia del Goldoni» apparso in «Corriere della Sera» del 30 settembre 1932, tocca anche alla storia di Genova di cui il Goldoni fu rappresentante a Venezia, e specialmente all’epoca in cui Teodoro di Neuhoff tentò di sottrarre Corsica al dominio delia Repubblica. Spigolature e Notizie 319 Il fascicolo luglio-settembre 1932 de Γ«Archivio Storico di Corsica», pubblica una monografia di C. Domate su « La Corsica verso la fine del secolo XI», un altra di R. di Tucoi su «La Congiura di Jacopo Manioso, vescovo di Ajaccio». Padre Rinieri prosegue le sue ricerche su «I Vescovi della Corsica ». Ricche, come di consueto le rubriche Notizie di fonti e documenti, Varietà, Questionario e Bibliografia. * * * Dei « Viaggi d’un Papa ligure (Giulio II) » scrive Umberto Zuceardi Merli in «A Compagna» di settembre 1932. * * * A « Paolo Giacometti » dedica uno scritto commemorativo del cinquantenario della nascita Stefano Rcbaudi in «A Compagna» del settembre 1932. * * * Scrivendo in «Le Vie d’Italia e delPAmerica Latina» di ottobre 1932, Silvio Paeetti riproduce una lettera autografa di Garibaldi a «La Società Italiana di Mutuo Soccorso di Montevideo» della quale il Condottiero fu socio ed al quale nel 1SG2 fu offerta la nomina a Presidente Onorario perpetuo. * * * « Via Aurelia e Via Giulia Augusta » strade romane nella Liguria occidentale, è il titolo d’uno scritto di G. B. A. in «Lavoro» del l.o ottobre 1932. L’A. annunzia prossimo uno studio di Lodovico Giordano e Nino Lamboglia, che tratterà compiutamente l’argomento. * * * S. B. continua in «Corriere Mercantile» del l.o ottobre 1932 a passare in rassegna ricordi del Vecchio Porto, scrivendo ora su «Il pazzo sul fanale del Paleocafa », tipica figura di guardiano del faro impazzito improvvisamente .sulla breccia. * * * In «Corriere Mercantile» del 4 ottobre 1932 S. B. ricorda l’intraprendenza ligure in fatto di cose marinare sotto il "titolo : « Operosità ligure sulla Laguna». Rimorchiatori e Bacini di carenaggio a Venezia appaiono legati ad intraprese genovesi. * * * « Nostra Signora di Moxtebruxo » santuario mariano in Val Trebbia già cenobio agostiniano, è ricordato in «Nuovo Cittadino» del 5 ottobre 1932 da Mario Pappo. * * * « Nel mondo dei patrioti » è il titolo d'uno scritto di Vito Vitale In « Giornale di Genova » del 6 ottobre 1932. Prende occasione dalla recente destinazione a sede della R. Biblioteca Universitaria di Genova della ex Chiesa di S. Gerolamo già annessa all'Unlversìtà medesima per ricordare come essa fu anche la sode dell'« Istituto Ligure» riandando così un po’ gli uomini più rappresentativi dell’epoca in cui esso visse e prosperò. 320 Spigolature e Notizie • * * * In «Corriere Mercantile» del G ottobre 1932 S. B., scrive ancora di « Opcre e tradizioni PORTUARiE» come ad esempio i poufΓ"'(HTcalafato ed altre opere tra le cose e gli usi una volta in fiore nel Porto di Genova. * * * A firma Kelly uno scritto sul « Giornale di Genova » del 7 ottobre 1932 rifìi la storia deìì’illuminazione a Genova sotto il titolo: «Dalle lampade ad OLIO ALLA LUCE ELETTRICA ». * * * Su «Le bellezze artistiche medioevali di Tortovenere » scrive il Canonico Mussi in «Nuovo Cittadino» dell'S ottobre 1932. * * * «La Tavola di Bronzo» è il titolo di uno scritto pubblicato dal «Corriere Mercantile» dell’8 agosto 1932. Riproduce integralmente l'articolo illustrativo del cospicuo cimelio comparso nella Rivista Municipale di Genova di luglio 1929 a cura del Civico Ufficio di Belle Arti e Storia. * * * Di Antonio Cappellini è Particolo illustrativo del Santuario di «Nostra Signora di Belvedere » presso Sampierdarena in « Corriere Mercantile » del 10 ottobre 1932. * * * Giovanni Descalzo scrive in «Giornale di Genova» dell 11 ottobre 1932 intorno a «Una vallata invasa dai foresti». Trattasi della Val Sturla presso Chiavari, della quale VA. descrive i luoghi più interessanti per antiche memorie, alcune precismente collegate alla dimora di stranieri in quella Valle. * * * Karaban ricorda in «Giornale di Genova» del 12 settembre 3932 «Il teatro più popolare: l'Apollo», un altro degli edilizi di Genova Aeccna sta per scomparire. Ampia rassegna delle Compagnie che agirono in teatro dalla fisionomia tutta sua speciale, messa in rilievo da graziosi quadretti. * * * In «Nuovo Cittadino» del 14 ottobre 1932 si dà conto de «Il restauro del tempio di S’. Agostino», vetusto monumento genovese che risoige a cu a del Comune e sotto la direzione di Orlando Grosso. * * * Col titolo « Cenni critico-storici su Rivarolo- Ligure» è recensito in, «Nuovo Cittadino » del 34 ottobre 1932 1Omonimo volume dell avvocato Cipollina testé edito dalla Tipografìa Marchese di Certosa-Rcarolo. SPIGOLATURE E NOTIZIE 321 * * * In « Giornale di Genova » del 14 ottobre 1932 « Il restauro del Tempio di S. Agostino » viene illustrato nelle singole parti. * * * Aldo Aldi ha in «Corriere Mercantile» del 15 ottobre 1932 uno scritto su « Pubblico e teatro cent’anni fa e oggi ». Riporta parecchi manifesti teatrali dei vari teatri genovesi nel 1832 richiamando spunti di vita genovese di quell’epoca così lontana di costumi ed abitudini dalla nostra. * * * « Il restauro di S. Agostino » voluto dal Comune di Genova ed eseguito a cura del Capo del Civico Ufficio di Belle Arti è rilevato con opportuni rilievi in «Lavoro» del 16 ottobre 1932. * * * « Dumas padre a Genova » è ricordato da Renzo Ricciardi in « Corriere Mercantile» del 18 ottobre 1932. * * * D’un poeta ligure poco noto, « Vincenzo Podestà», scrive G. de Cibè in « Nuovo Cittadino » del 19 ottobre 1932. * * * « L’Inquisitore di Napoli » è il titolo d'uno scritto di Pietro Rembado in «Lavoro» del 21 ottobre 1932. V’è recensito il recente volume di Ambrogio Casaccia su Giuseppe Saredo, l’eminente statista savonese che condusse la laboriosa inchiesta sul Mezzogiorno ch’ebbe a suo tempo celebrità clamorosa. * * * Altri ricordi del Vecchio Porto aduna £. in «Corriere Mercantile» del 22 ottobre 1932 nello scritto « Un mese di villegglvture sull’Oregina », un pontone già gai-azza turca, adibito a servizi vari di trasporto sotto la guida d’un tipico uomo di marca ligure, capitan Babbulia. * * * « Il secondo bacino galleggiante » e le strane forme dei suoi congegni sono ricordati du^Jg. B. in « Corriere Mercantile » del 24 ottobre 1932 in continuazione d'altri articoli sul Vecchio Porto. * * * Alfredo Ohertello ha in «Giornale di Genova», del 23 ottobre 1932 uno scritto dal titolo: «A Carloforte, fra Genovesi». Colonia di Genova, quella cittadina ne conserva ancora il dialetto e gli usi. * * * Su « I Francescani a Massa all’epoca del dominio francese » scrive il Prof. A. Moriconi in «Nuovo Cittadino» del 29 ottobre 1932. 322 Spigolature e Notizie * * * A firma erre e sotto il titolo: «La Libertà VUOL marito» è pubblicato in «Corriere ÆrâEBle» del 29 ottobre 1932 un bizzarro commento a Periodici del 1803 in Genova. * * * Ricordando 1 progressi della viabilità, dall'antica mulattiera alla mo-derna camionabile V. Levrero rlfà in «A Compagna» di ottobie 193-storia de «La strada dei Giovi». Stefano Kebaudi rileva e documenta una poco nota coUaborazione pa-triottica, col titolo «Casto di guebbì - Versi di Mameli e musica di λ erd in «A Compagna» di ottobre 1932. ♦ * * Riprendendo un tema già altre volte da lui trattato ^e^ scrivo «Ancora sclle nobiltà locali in Liguria» nel fascicolo di ottobre 1932 di «A Compagna». i * * * D’una inaugurazione cinquantenaria ^ yara-Pino» festeggiata solennemente a Genova nel novembre 1 · -seppe Scolari in «A Compagna» di ottobre 193- t * * · «Il Teatro Apollo», oramai condannato a sparire, è illustrato nella eoa storia da È L D. in «A Compagna» dell’ottobre 1932. * * * Il Generale Colonna di GlovnLTNArieTO^ m«Revu^de la borse» settembre-fi!tobre 1932, la figura de «Le Général iaros υττ del * * * * * * T 1 o TmrPTnhre 1939 Orbano offre brevi «Divagazioni topo-KOMAOTC^I^Interessairto la derivazione proposta pel nome di «Albaro, ♦ ♦ · τλγ Ανττηττ documenti genovesi » dii v D’« Importanti ricerche amefuca- novembre im in un suo breve scritto conto U «Giornale di Genova» del 2 llazione (Vim glossario di termini non firmato. Tali ricerche “ * contribuirà grandemente col suo ricco commerciali medievali: e Genova vi <-« repertorio. Spigolature e Notizie 323 * * * corali fief f ££ sere ancora ^Tuturo^^080 *“ PaSSat° aÌ nav^anti e come Γο "potrebb’es- * * * da r7rL^'TR0 DrLLE Peschiere» sParito da oltre cinquantanni, è ricostruito eia m «Lavoro» del 7 novembre 1932. istruito * * * _ Nello scritto fa firma anftnvnnl. .far» gentelfSa'f'S^V^T alle °risini di quella S0COlare istltuzi0ue il recente IrtÏlTl r®CensiseeDiI1 « 11 Telegrafo» di Livorno del 9 novembre recente volume di Rosario Busso su «La ribellione di Sampiero Corso» il 23 novemb nS£> alle osservazioni del Venturini nello stesso giornale rlrf QAtL?fÜiT°“,ϋ1 titol° d’uno scritto anonimo in «Giornale di Genova» nd pssn o f, V.’è (iescriita ia Chiesa vetustissima e le memorie che aa essa si ricollegano vi sono rievocate. TAsiÌi^^r0 £ittadino»i?el 1° novembre 3932 sotto il titolo «Nuove fantasie intorno λ Cristoforo Colombo» si dà conto, di alcune originali pensate il ΕΓ,ΊηΓ°η *ίΓ0 Bristane’ "no scrittore americano che torna a dire che Sonato ebre° CaCClato d’Italia e poi dagli ebrei sowen- zionato nella sua audace impresa. Una pagina di storia del commercio nel secolo XVI è riprodotta da uno ιορο ΐ*„^\Andr6 SajT°ns in «Corriere Mercantile» del 12 novembre ±υόΔ’ sotto u titolo: «Mercanti genovesi a Siviglia». * * * Interessa il folltore genovese lo scritto di Karaban in « Giornale di Ge-nova» del 15 novembre 1932 dal titolo «Costumanze gastronomiche genovesi». * * * S. B. continua (in «Corriere Mercantile» del 15 novembre 1932) a rievocare memorie del vecchio Porto di Genova, sotto il titolo «La rotta d’entrata nel Porto», cioè un problema che venticinqu’anni fa diede luogo a polemiche vive ed anche ad un referendum. 324 Spigolature e Notizie «La Chiesa di Sant'Agostino a Montemaggiore » è illustrata da 0. P. T enea joli in «11 Telegrafo» di Livorno del 16 novembre li)3‘-. Il «Corriere Mercantile» del 10 novembre 1932 ripubblica une» «ritto di Arturo Codiynola dal titolo « Fazzoletti patriottici ». Ai s>ono ìllustiati pc . assai interessanti del Museo del ìftisorgimento. * * * Di «Hfi\'e Λ Genova» scrive Renzo Ricciardi in «Corriere Mercantile» del 17 novembre 1932. Particolarmente notevole l’accenno all ammirazione del Poeta per le Pinacoteche di Palazzo Durazzo. * * * In « Giornale di Genova » del 19 novembre 1932 Karaban, ha una pagina di tipico femore nostrano, sotto il titolo rivedono macchiette da tempo scomparse e si uodono grwa cne al nostro orecchio di bimbi. * * * f scrive in «Corriere Mercantile» del 19 novembre 1932 sugli «Asm-in sports genovesi ». * * * a» ma> .ΐίΕ5.^5Γ2α*^^ΐΚ! DEL matrimonio della Λ en. Mariì novembre 1032, in quanto le auguste Sf fiTrono ceiebrate "nel Santuario dell’Acquasanta presso Veltri ed ivi ne rimangono ricordi. * * * «Corriere Mercantile» del novembre 19.,- * * * Santro CcMone in «Giornale « 'g^ovese £ SSiïftS.'HÏÏTSv^·» Ml'Ortl» Oc,.».»..»» «« 1. Genova, contro i tedeschi di Seliulemburg. Spigolature e Notizie 325 * * * In «Lavoro» del 27 novembre 1932 Urbano continua le sue «Divagazioni toponomastiche ». V ò proposita, tra l’altro, una ingegnosa spiegazione della voce « Prementone », luogo presso Sampierdarena, poi detto «Promontorio». * * * «Un vecchio genovese» dedica ad «Erasmo Piaggio», in «Lavoro» del .29 novembre 1932 uno scritto dove al bicordo dello scomparso è annodato un cinquantennio di storia marinara genovese. * * * « Diplomatici liguri » è il titolo d'uno scritto di Vito Vitale in « Giornale di Genova» del 30 novembre 1932. Vi sono elencati, da Nicolò Oderigo in giù, personaggi ohe rappresentarono Genova con accortezza e le resero buoni servigi. * * * Nel fascicolo di novembre 1932 della Rivista Miinicipale « Genova » Lazzaì o De Simoni tratta de « La Chiesa di &. Sisto in un documento iconografico » illustrante il dono d’un aureo pallio alla detta Chiesa fatto da Benedetto Zaccaria. * * * E. L. D. scrive in «A Compagna» del novembre 1932 su «Il Teatro Alfieri » da anni scomparso. * * * « La Corsica in un manoscritto anonimo ed inedito del sec. XVIII » è il titolo d uno scritto di Tomaso Pastorino in «A Compagna» di novembre 1932. Interessante il rilievo sui processi ex informata coscientìa rinfacciati dal Vincens al governo genovese nell’isola. * * * Lo scritto « Nel centenario di Nicolò Barabino » pubblicato da Jr. 0. de Landolina in «A Compagna» di novembre 1932 raccoglie notizie e particolari sulla vita del grande artista sampierdarenese. * * * Nel fascicolo di novembre 1932 de «Le Vie d’Italia e dell’America Latina» Nino D'Aìtlian scrive su «I congiunti di Manuel Belgrano e la redenzione d'Italia ». L’articolo ricorda pure i rapporti corsi tra Carlo Bei-grano e G. B. Cuneo il Generale Garibaldi di cui è riprodotta una lettera. * * * Di F. Ernesto Morand è lo scritto «Amore e politica nella vita di Carlo Pisacane » pubblicato in « Corriere Mercantile » del 1 dicembre 1932. 326 Spigolature e Notizie * * * In « Giornale di Genova » del 3 dicembre 1932 Karahan ricorda « La vecchia Marinetta », un ristorante (oggi mutato di aspetto e di colore pittoresco assai svanito) sulla scogliera di Albaro, tra S. Giuliano e S. Nazaro. Lo scritto evoca figure notissime a Genova, specialmente nel campo dell’arte e del giornalismo, che in tempi oggi remoti frequentarono quel tipico luogo. * * * Un breve scritto anonimo pubblicato in « Lavoro » del 3 dicembre 1932 rende conco di recentissime scoperte sotto il titolo «Vestigia dell'antica Roma nella Liguria ponentina» e cioè un asse della Repubblica a Loano e tre monete imperiali a Finalmarina. * * * Interessante per la storia dell’arte ligure e per il folklore genovese è lo scritto di X. Y. in « Giornale di Genova » del 24 dicembre 1932 col titolo : « Vigilia di Natale ». Quattro secoli di tradizione artistica del Presepio vi sonò esaminati, con particolare riguardo al presepe genovese ed alle collezioni preziose ohe ne conserva il Comune. * * * Anche il «Corriere della Sera» nel suo numero del 25 dicembre 1932 recensisce, a firma y. ven. e sotto il titolo «Avventura Garibaldina», il recente volume di Augusto Monbello «Mentana», edito a Milano dal Mondadori. » * * G. B. Allegri scrive in «Lavoro» del 25 dicembre 1932 di «Albium In-gaunum » dicendo di Albenga da Magone a Costanzo e da Rotari a Napoleone ed illlstrando i più cospicui monumenti di Albenga romana. * * * * Genova di mezzo secolo fa è studiata da S. B. in « Corriere Mercantile » del 29 dicembre 1932 stfcto il titolo: «Gli spettri contrabbandieri della Marina », cioè del popolare rione tra Sarzano e il Colle di Carignano. * * * V. D. L. scrive in «Giornale di Genova» del 30 dicembre 1932 su «Il Bombardamento di Genova nel 3GS4 cantato dal Pindaro Gesuita» 11 Gesuita è il P. G. B. Pastorini che poetò attorno al 1740. * * * Francesco Geraci tratta in «Secolo XIX» del 30 dicembre 1932 di «Pisa- CANE E I GENOVESI A SaPRT ». Spigolature e Notizie 327- * * * B. de’ Leonardo tratta nel fascicolo £i «Fert» del 31 dicembre 1932 di «Un famoso bersagliere nizzardo del ’48», e cioè di Giuseppe Lions. I * * * « Il Mondo Classico », la bella Rivista bimestrale diretta ed edita a Torino da Angelo Tallone, pubblica nel suo fascicolo settembre-dicembre 1932 uno studio di Mario G. Oelle su « Gli elementi umanistici nella tradizione colombiana primitiva ». * * * ' La Rivista Municipale « Genova » reca nel suo fascicolo di dicembre 1932 uno studio di Orlando Grosso su « Il sarcofago di S. Maria delle Vigne rimesso in luce ». Il Grosso non illustra soltanto con la sua riconosciuta competenza la vicenda storica del monumento, ma propone una nuova interpretazione della rappresentazione in esso scolpita, i “ , ·. · ) + * * « Matteo Vinzoni Contributo alla storia della Cartografia genovese del secolo XVIII» è il titolo d’uno studio çlel dott. Undello Levrero pubblicato dalla Rivista Municipale « Genova » nel suo numero di dicembre 1932. «A Campagna» del dicembre 1932 ba uno scritto di Angelo Daglio che* dice de «La commemorazione di Paolo Giacometti nella sua Città natale» avvenuta il 16 scorso ottobre a Novi. * * * ι Di « Via Luccoli nella vita elegante genovese » scrive brevemente Rio cardo Castelli in «A Compagna» di dicembre 1932. * * * « Natali infausti e miti nel passato » ricorda, con referenza a Genova, G. Florio in «A Compagna» del dicembre 1932. . * * * Una buona pagina di folklore ligure ci dù. Stefano Rebaudi in « A Compagna » dì dicembre 1932 nell'articolo « Natale, Capodanno ed Epifania a Castel Vittorio » paesello della Provincia di Imperia. * * * «Il venturiero e la Dominante» è il titolo d’uno scritto di g. ven. in « Corriere della Sera » del 6 dicembre 1932. V’è recensito il volume di R. Russo «La ribellione di Sampiero còrso» ed analizzati i rapporti tra Corsica e Genova. . ■ " > * * # j Di « Antiche storie paurose » correnti in Val di Vara scrive Giovanni Discalzo in «Giornale di Genova» del 6 dicembre 1932. Specialmente sui misfatti di Leonardo Malaspina si intrattiene l’A. secondo il quale il castellano di Tresehìetto avrebbe effettivamente esercitato il tanto contestato jus primae noctis. ■ ' v 328 Spigolature e Notizie * * * IHetro Pedrotti illustra in «Il Telegrafo» di Livorno del 7 dicembre 1932 Mazzini tenuta alla Società Letteraria «St. James» di Montreal, da Π. LI. Pritchard il 15 novembre 1932. > Giuseppe Mazzini, in « Norrboitteiis Kurirevv», Stockholm, 19 novembre 1932. Succinto profilo della figura di G. Mazzini. --, Odnalezienie litòte 1 Relcpisóio Mazziniego, in « Polonia - Italia », Varsavia, il 7-9, settembre-novembre 1932. Si dà notizia dei manoscritti e delle lettere di Mazzini, recentemente rintracciati a Roma, già segnalati. --, La Giovim Italia, in «Indipendente», New York, novembre 1932. Breve nota commemorativa nel centenario della fondazione della Giovine Italia. Opere e studi su G. Mazzini pubblicati in Italia Nello Rosselli Carlo Pisacane nel Bisorgimerdo Italiano, Torino, P»occa, 1932. L’opera, frutto di grande studio e grande amore, illustra l’Eroe di Sapri non solo nella vita — che ricostruisce come mai, sino ad ora s’è fatto — ma anche nel pensiero, inquadrandone la figura nella storia della cultura del suo tempo. Ai rapporti fra il Pisacane ed il Mazzini l’a. dedica numerose sagaci pagine. Giuseppe Solitro, Mazzini, Garibaldi e i moti del 1S63-64 nella; Venezia, con documenti mediti e rari, in «Atti dell’Accademia di Padova», 1932. Il Solitro mantiene quanto afferma nella Premessa e cioè chiarisce «con documenti nuovi le ragioni e lo sviluppo del dissidio verificatosi» durante i moti del 1863-64 nella Venezia «fra i Comitati Nazionali e quelli del Partito d'Azione; contrari i primi a un moto da essi giudicato intempestivo e per più motivi non consigliabile ; decisi invece i secondi a tradurla in atto a orni costo, come mezzo per tener desto lo spirito del popolo, e, insieme, come risveglio e spinta al governo ad agire». Gellio Cassi, Un pugno d'eroi contro un impero, Modena, Società tipografica Modenese, 1932. L’opera costituisce il V volume della «Collezione storica del Risorgimento italiano» fondata e diretta dal compianto Giovanni Canevazzi. Il tentativo insurrezionale veneto del 1864, preparato dal Mazzini, è studiato su nuovi-documenti tratti dall’istruttoria processuale austriaca ed apporta nuova luce su quegli eventi precorritori della liberazione del Veneto. Leona Ravenna, Maria Mazzini, Firenze, Le Monnier, 1932. E’ la prima biografia della madre dell’Apostolo, che può considerarsi esauriente. Detr- 332 Appunti per una bihliorafia mazziniana tata con sobrio eloquio e con appassionata cura, riesce a far rivivere intrecciata nella vita del figlio, la figura di questa singolare madre, cui tanto il Mazzini dovette. A. Carino - Canina, Economisti italiani del Risorgimento, Torino, U.T.E.T., 1933. E' il volume secondo della «Nuova Collana di Economisti stranieri» diretta da Giuseppe Bottai e Celestino Arena. Vi sono ripubblicati saggi di Romagnosi, Cattaneo, Cavour e Ferrari. Dei Mazzini si ripubblicano gli scritti Interessi e Principii, Questione sociale, e la Questione economica (tratta dai Doveri deH’Uomo). La raccolta è preceduta da una prefazione del Garino-Oanina. Augusto Mombello, Mentana, Ricordi di un veterano, Milano, Mondadori, 1932. Il Mombello in questo suggestivo volume, narra cose viste durante la campagna del 1867 e ribadisce anch’egli la necessità di smentire la calunniosa asserzione fatta credere a Garibaldi che il Mazzini abbia fatto disertare i suoi dalla battaglia. Ettore Montecchi, Mattia Montecchi nel Risorgimento Italiano, Roma, Società Nazionale per la Storia del Risorgimento, 1932. Il figlio di Mattia Montecchi ha raccolto in un volume di oltre 600 pagine tutti i documenti rfferentisi alla vita ed all’opera paterna, facendoli precedere da una breve biografia. N’on pochi dei documenti inediti o ripubblicati, che si trovane in quest’opera, riguardano direttamente od indirettamente il Mazzini. Leone Ginzburg, Garibaldi e Hersen, in « Cultura », Roma, ottobre 1932. Importante monografia dedicata quasi esclusivamente ad illustrare le cause e l’importanza dello storico brindisi di riconciliazione avvenuto tra Garibaldi e Mazzini, in casa Jlerzen a Londra, il 17 aprile 1864. P. Pantaleo, Storia di un maestro di vita, in «Regime fascista», Cremona, 13, „15, 17, 19, 24, 25. 27, 29 novembre 1932. L’a. •dichiara di esporre in sintesi l’opera dettata dall’Errera sul Mazzini, ma in realtà, •con la profonda conoscenza che possiede sull'argomento e con un entusiasmo scevro da eccessi, traccia un nuovo profilo dell’Apostolo, con mano s.cura e con ardente fede. Alssandro Luzio, Mazzini Wagner e la musica, in « Corriere della Sera », Milano. 8 dicembro 1932. Il Luzio si chiede se il Wagner conobbe le geniali intu zioni di Mazzini sulla Filosofia della musica « che in nuce contenevano quanto egli poi non solo affermò teoricamente, ina ciò che più vale, concretò con una serie di opere gigantesche» e se il Mazzini a sua volta «fu in grado .di valutare l’importanza del compositore alemanno, che incarnava gli ideali propugnati da lui». All’uno ed all’altro quesito, attraverso una geniale indagine intorno a quanto è stato pubblicato, riguardante la musica e l’amore di Mazzini per essa, lo storico insiene dà una risposta affermativa all’una e all’altra domanda. Articoli varï in Riviste e Giornali Domenico Spadoni, Filippo Pislrucci e la sua famiglia, in « Rassegna storica del Risorgimento, Roma, luglio 1932. Lo Spadoni in questa importante monografia sui Pi-strucci, non tralascia di indagare sui rapporti ch’essi ebbero col Mazzini. Appunti per una bidliorafia mazziniana 333 Antonio Monti, Il centenario de « La Giovine Italia», in «Scuola e Cultura», Firenze, 10 settembre 1932. II Monti riesuma succintamente la λ ita della ben nota rivista mazziniana, illustrando le Origini, lo sviluppo e l’importanza che ebbe nel nostro Risorgimento. Dino Fratini, Estetica letteraria di Mazzini, in «Polemica», Bologna 15 settembre, 15 ottobre 1932. Continuazione e ^pe della monografia già segnalata. Giulio Muscosi, La Caso di Mazzini in San Nicolosio, in «Lavoro», Genova’, 24 settembre 1932. Ancora sulla precisa ubicazione della casa abitata dal giovine Mazzini jn Genova nella Piazza dietro ì Forni. - Pietro Zama, Mazzini e l'attentato di Pianori, in «Camicia Rossa», Roma, settembre 1932. Lo Zama postosi il quesito se il Mazzini sia stato consenziente ed abbia avuto rapporti col Pianori durante la preparazione dell’attentato commesso dal fiero romagnolo il 28 aprile 1855 contro Napoleone III, lo risolve affermativamente. L’articolo è stato ripubblicato dal «Corriere Padano» di Ferrara del 18 ottobre 1932. Domenico Bartoli, l/amicizia italo-magiara, in «Esercito e Nazione», Roma settembre 1932. Si rievocano i rapporti italo-magiari durante il periodo del Risorgittiento, con particolar riguardo all’opera di Kossuth e Mazzini per la redenzione dei popoli oppressi. Eugenio Righini, La meteora degli Estivai, in «Corriere radano», Ferrara l.o ottobre 1932. La recente pubblicazione di Carlo Zaghi, già segnalata, dà lo spunto all’a. per rievocar la figura di Virgilio Estivai, corrispondente e seguace del Mazzini. --, La Corsica, la Dalmazia e le vie del mare rivendicate all’Italia da un Presidente degli Stati Uniti d'America, in «Libro e Moschetto», Milano, 4 ottobre 1932. Si ripubblica per l'ennesima volta «lo storico messaggio» a Macedonio Melloni. Arturo Salucci, Un libre inglese su Mazzini « Profeta della nuova Europa », in « Lavoro », Genova, 5 ottobre 1932. Sagace recensione del recente studio dal Grifflth, già segnalato. «Gwilym Griffith, come appare dalla breve introduzione e dalle note in fondo al volume — scr.ve il Saiucci , mostra di conoscere del tutto quanto di essenziale è stato scritto su Mazzini, fino ai più recenti studi del Luzio, di Codignola, Levi, Mondolfo, Rosselli ed altri; e larga fonte ha pure trovato in pubblicazioni pochissime note agli studiosi italiani, come le memorie di Thomas Cooper, David, Masson, Mrs. Fletcher, Margaret Fuller - Ossoli, Holyake, Herzen ; le lettere di J, Welsh Carlyle, quelle di Swinburne, la corrispondenza di Carlyle con Emerson, le conversazioni di Duffy, le carte postume di J. White Mario, ecc,; oltre a numerosi scr.tti apparsi in riviste e giornali stranieri. E’ dunque una biografìa perfettamente aggiornata, e nel suo complesso robusta ed armonica, che può stare alla pari con quella ormai classica del Bolton King e — per analogia dell'argomento — coi bei lavori del Trevelyan tuli epopea garibaldina». Arnaldo Cérvesato, La madre di Mazzini, in «I diritti della Scuola .), Roma. 9 ottobre 1932. Si ripubblita l’articolo edito dal Cervesato in «Vita Italiana» del settembre, che si è già segnalato 334 Appunti per una bibliografia mazziniana , Massini, G a ribaldi e i moti del 1SG3-G4 nella Venezia, in « Provincia di Padova », 1.2 ottobre 1932. Succinta recensione della memoria che porta egual titolo, di Giuseppe Solitro, già segnalata. ? Farinata, Precursori, ispiratori, ecc., in «Popolo d'Italia», Milano, 14 ottobre 1932. A proposito degli spropositi che si scrivono dai ricercatori di... precursori, e molti ve ne sono che si accaniscono anche sul Mazzini, Farinata scrive, riferendosi ai precursori di Mussolini : «Questa storia degli scopritori deve finire, come deve sparire la leggenda dei precursori. Che noia!..... C’è, nella storia, un precursore al Napoleone? A meno che non lo si debba individuare in Giovanni dalle Bande Nere. C’è un precursore di Augusto? Nemmeno Cesare Il Genio sta a sè. Neanche Mazzini lia avuto precursori; come Dante. Se si vuole, si potrà trovare una solidarietà storica o di destino tra i genii, in quanto sono i grandi iniziati che costituiscono le forze direttrici e trascendenti dell’umanità; o si potrà stabilire una specie di concent~icità del genio nazionale, nelle sue espressioni umane, come per esempio, nella trilogia Dante, Mazzini, Mussolini. Ma preghiamo i nani di starsene umilmente in disparte. Sono passati i tempi nei quali gli speroni od il bagliore dei bottoni potevano far confondere lo staffiere con il cavaliere od il cameriere con il principe». Roscellixo, Pisacane, in « Lavoro », Genova, 14 ottobre .1932. Recensione della monografia del Rosselli’ già segnalata. Scrive J’a. : «E’ una narrazione di ampio respiro, stesa in uno stile appassionato e caldo, non disgiunto da un’acuta indagine psicologica. Ed era diffìcile trattare di Pisacane, figura di non primissimo piano nel nostro Risorgimento, ma pur cinta di un fascino che forse può mancare ad alcuni personaggi principali : ha ragione, infatti, il Rosselli, quando nota, all’inizio del suo libro, che la personalità di Pisacane è di quelle che disorientano per la loro molteplicità : il soldato e il tecnico di questioni militari, il mazziniano puro di Sapri, il socialista e il nazionalista, l’uomo romantico e il seguace idei positivismo politico del Cattaneo, si agitano invero nel suo spirito. E la tragica impresa di Sapri, forse, da un punto di vista di stretta coerenza politica, fu la più gloriosa smentita alle sue concezioni civili». U. V. C., Mazzini sulla «Fieramosca», in «Lavoro», Genova, 20 ottobre 1932 II Cavassa illustra sulla scorta del lecente studio di G. Gonni sulle Cronache navali dell’anno 2870, il ben noto viaggio compiuto dal Mazzini prigioniero da Palermo a Gaeta nell’agosto del 1870. Z,. Biblioteca di cultura, in «Marzocco», Firenze, 30 ottobre 1932. Ampia recensione della monografia dì Anna Errerà, già segnalata. F. S., Mazzini e il sindacalismo fascista, in «La Stirpe», Roma, ottobre 1932. Recensione della monografia di Alice Galimberti, già segnalata. --, Una dimenticata lettera di Mazzini, in «Marzocco», Firenze, 6 novembre 1932. Si riassume la lettera di Mazzini ripubblicata da Aldo Romano nell’ultimo quaderno del-l’«Archivio storico napoletano», già segnalata. L., Bibliografìa mazziniana, in «Lavoro», Genova, 6 novembre 1932. Il Saiucci recensisce la «Vita di Mazzini» dell’Errera; segnala una pubblicazione svizzera Appunti per una bibliorafia mazziniana 335 assai interessante, dove son edit,e lettere di Mazzini e dei Ruffini ad Anna Courvoisier e • cioè il «Musées Keuchatelois» del novembre-dicembre 1928 e gennaio-febbraio 1929, e pubblica, infine, una lettera inedita di Mazzini ad un Comitato di emigrati italiani di Alessandria ■ d’Egitto, nella quale l’Apostolo escrta i suoi connazionali a favorire in ogni modo l'impresa dei Mille. La lettera del Mazzini fu ripubblicata con breve commento da «Camicia Rossa» di Roma nel fascicolo d’ottobre, uscito però in ritardo, e ne «L‘lmpero» di Roma dell’ll novembre 1932. C. R., I moti insurrezionali del ’G3-’C4, in «Veneto», Padova, 8 novembre 1932. Succinta recensione della memoria di Giuseppe Solitro, già segnalata. Silvio Benco, Pisacane, in «Piccolo della Sera», Trieste, 10 novembre Ü932. Recensione critica al recente volume del Rosselli, già segnalato. Luigi Re, Giovanni Piardi da Pezzazo, in « Popolo di Brescia », 13 novembre 1932. L’a. su documenti inediti tratti dall’Archivio di Stato di Milano, illustra l’opera del Piardi, affiliato alla «Giovine Italia», arrestato nel ’33 per tale reato e condannato cor altri diciannove congiurati a pene gravissime dal governo austriaco. Fra i condannati son da segnalarsi il famigerato Brescianini, Gaetano Bargnani e Gabriele Rosa. E. Fabietti, Una vita di Mazzini, in «Diritti della Scuola», Roma, 13 no- vembre 1932. Recensione dell’opera, più volte segnalata, di Anna Errerà. Il pregevole studio è stato pure recensito da abrz in «Corriere delle Maestre» di Milano del 20 novembre 1932. --, Umberto Urbani, Il poeta Luigi GradvÀk-, in «Piccolo della Sera», Trieste, .15 novembre 1932. Note critiche idell’opera di Luigi Gradnik, in occasione del 50.o compleanno del poeta, che fra l’altro tradusse in slavo 1 doveri dell'Uomo di Mazzini F. S., Massini e il Sindacalismo Fascista, in «Grido d’Italia», Genova, 20 novembre 3932. Recensione alla monografìa di Alice Galimberti, più volte segnalata. P. Rubeo, Montana, in «Lavoro», Genova, 23 novembre 1932. Succinta recensione delle memorie di Augusto Mombello già segnalate. Luigi Re, Tre arresti ad Iseo di affigliati alla «Giovarle Italia», in « Γο-polo di Brescia», 27 novembre 1932. Il Re, proseguendo le sue ricerche negli Archivi di Stato di Milano e di Brescia, illustra ancora l’opera degli affiliati alla «Giovine Italia» nel 1833 le vicende del loro arresto e della successiva condanna. Si tratta di Ambrogio Giulitti, di Gabriele Rosa e di Cr’sto-foro Battaglia. A. M., Carlo Pisacane, in «Rassegna Nazionale». Roma, novembre 1932. Succinta recensione del volume di Nello Rosselli, già segnalato. .S. C., Vita di Mazzini, in «La parola e il libro» Milano, novembre 1932. Breve recensione della monografia di Anna Errerà già segnalata. 336 Appunti per una biuliorafia mazziniana Giorgio Basini, Mattia Montecchi e Je suc prigioni, in « Messaggero », Roma, 2 dicembre 1932. Succinta recensione dell’opera di Ettore Montecchi già segnalata. Della stessa opera scrivono anonimi su il «Tevere» di Roma del G dicembre e il «Popolo di Roma» del 30 dicembre 1932. Mario Mazzucchelli, Mazzini e la Convenzione di Settembre, in «Sera», Milano, 7 dicembre 1932. Il M. riesamina la situazione creatasi in Italia subito dopo la ben ncta Convenzione ed. illustra l’atteggiamento del Mazzini ed i suoi propositi di azione che non potè portare a compimento. Antonio Monti, La «Giovine Italia» in Corriere della Sera», Milano, 7 dicembre 1932. Rievocazione sintetica delle benemerenze del fiorioso sodaliz'o mazzin:ano nella ricorrenzacentenaria della sua fondazione. L’articolo è stato riassunto dal «Marzocco» di Firenze del 28 dicembre 1932. A. Rico, Le eroiche giornate di Mentana nei ricordi di un veterano, in «Gazzetta del popolo della Sera », Torino, 9 dicembre 1932. Recensione della monografìa di Augusto Mombello, già segnalata. Francesco Geraci, Nuove pagine su Carlo Pisacane, in «Roma», Napoli, 10’ dicembre 1932. Il G. prende lo spunto dalla recente monografìa del Rosselli su Pisacane per ritesserne la singolare figura. F. Ernesto Morando, Mentana, in « Corriere Mercantile », Genova, 12 dicembre 1932. «Rinnovata amarezza è — scrive il Morando recensendo il volume del Mombello — li dover tornare sopra un triste inganno in cui venne irretito Garibaldi e mantenutovi fino· alla, morte da odiosità partigiane: del che avemmo ad occuparci altrove dii proposito. 3i vuol dire della menzogna che le diserzioni precedenti la giornata di Mentana fossero provocate dal 'Mazzini e dai suoi. Il Mombello, per ben due volte, si adopera a sfatare la triste leggenda. «Mazzini — ribadisce la seconda volta — aveva operato infaticabilmento per fornire armi ed armati, alle schiere di Garibaldi. L’ultima legione, l’anconitana, era tutta reclutata dai suoi amici che fin d'allora erano numerosissimi ad Ancona; era lui che aveva chiamato il Missori per assumerne il comando, fu ancora per l’influenza indiretta di lui che il generale Ricotti', di Terni, aveva consegnato ai legionari tutte le armi di cu'i poteva disporre». Dante Serra. L’amore di Mazzini per la Corsica e le ragioni del suo soggiorno nelV isola, in «Telegrafo», Livorno, 14 dicembre 19:]2. Si ripubblica l’articolo edito in «Regime Fascista» del 2 agosto 1932, g>ià segnalato. --? cappa si confessa, in « Corriere Emiliano», Parma, 10 dicembre 1932. Commento ad una commemorazione del Pellico tenuta da Innocenzo Cappa a Parma il 15 dicembre. L’a. dopo aver affermato che l’oratore «volendo seguire una lunea... è scivolato quasi senza accorgersene in un sottile e morbido disfattismo», prosegue affermando quanto sia stata inopportuna la polemica da- lui fatta «anche contro il carbonarismo, mettendo in istato d’accusa Pietro Maroncelli, colpevole di aver attratto nella Carboneria il mite Silvio, amante, unicamente e soltanto della verità. E, quando ha parlato di un incontro fra Mazzini e il Pellico, non ha saputo dir altro che essi si sono incontrati in Dio. Al che, con molta tranquillità, è facile rispondere che senza i carbonari — che seppero diventare martiri — l’Italia non avrebbe conquistato quella libertà, la qual© sotto altre vesti e sotto· Appunti per una birliorafia mazziniana 337 altri climi politici, piacc tanto all'on. Cappa; è facile rispondere che l’aver complottato è una gloria, anche se tu attentato alia verità ; a quella verità inerte, rassegnata infingarda, che avrebbe ribadito le catene e della quale Pellico senti, a un certo punto il peso inutile o l’inutile forza. Ma poi bizzarramente peregrino è quel concetto metafisico, dellfAustria, che esercita il suo diritto di difesa, come Stato e come potere politico — corne se la tirannìa antitaliana potesse giustamente, non d'ciamo difendersi, ma esser difesa, e &i potesse oggi sacrificare all’astratto il concreto, eroico e divino, del Risorgimento. La logica pura di Cappa è insomma inverosimilmente in contrasto con la realtà, con la storia e col mito del Risorgimento. Errore di impostaz'one, errore di tono, complessiva svalutazione di motivi e di esigenze cari a tutti gli Italiani. Questa volta il magnifico gioco oratorio e la lusinga del tema hanno mal servito le intenzioni certo nobilissime di Cappa conferenziere». Pietro de Vincenzi, Il Generale G. B. Capurro, in «Lavoro», Genova 1S dicembre 1032 Si rievoca la figura del Capurro, che fu in gioventù uno dei più ardenti mazziniani genovesi, condannato a 20 anni di carcere per aver partecipato ai moti insurrezionali di Genova del giugno 1857. Il Capurro mori maggior generale dell’esercito italiano. B. Brandi, Maria Mazzini, in «Gazzetta del popolo della Sera», Torino 23 dicembre .1932. Lusinghiera recensione della monografìa di Leone Ravenna, già segnalata. Lo stesso volume è recensito da un anonimo in «Tevere» di Roma del 29 dicembre 1932. --, Mentana nei ricordi di ut;* superstite, in «Resto del Carlino», Bologna, 24 dicembre 1932. Ampia recensione della monografìa di Augusto Mombello, già segnalata. Luigi Papa, La battaglia di Novara e le sue ripercussioni a Genova, in «Giornale di Genova », 24 dicembre 1932. Si rievocano i dolorosi fatti dell’insurrezione genovese del marzo-aprile 1849 e si ripubblica commentandola la lettera scritta dal Mazzini al Lamarmora il 30 marzo 1849. Riccardo Castagnole, Mazzini e la musica, in « L’Ambrosiano », Milano, 2S dicembre 1932. Il C. riassume e commenta il mirabile saggio mazziniano «Filosofia della musica». --, Mentana nei ricordi di un♦ superstite, in «Roma», Napoli, 2S dicembre 1932. Ampia recensione del volume di Augusto Mombello, già segnalato. P. Pantaleo, Tra i libri, in « Regime Fascista », Cremona, 29 dicembre 1932. Il P. segnala l’operosità deireditore \allecchi di Firenze e si sofferma ad illustrare le opere da lui pubblicate sul Risorgimento, con queste parole: «Anche la Storia del Risorgimento ha nelle Collezioni Vallecchi, produzioni di indimenticabile valore. Accenno a «La giovinezza di Mazzini» di A. Codignola, studio esauriente sui primi anni del futuro Apostolo dell’unità, sulla educazione familiare che ne plasmò il carattere, su gli studi, sulle sue letture, sulla cultura, sull’ambiente in cui visse, sulle idee che andarono formandosi ed elaborandosi nel suo spirito. Volume indispensabile per chi vuol comprendere l’anima del Grande ». Fracesco Geraci, Pisacane e i genovesi a Sapri, in « Secolo XIX », Genova, 30 dicembre 1932. L’a. recensisce la monografia del Rosselli ripetendo quanto già espose sul Pisacane nel-1 artìcolo pubblicato in «Roma» del 10 dicembre 1932, già segnalato. I NOSTRI LUTTI GIOVANNI CANEVAZZI Il 20 ottobre 1932, in una clinica di Bologna, dove s’era recato con spirito forte, per subire un’operazione chirurgica che avrebbe dovuto liberarlo dalle atroci sofferenze, che da più mesi lo tormentavano, Giovanni Canevazzi è stato rapito all’affetto dei parenti, dei numerosissimi amici che aveva in Italia, ed alla cultura italiana. Chi scrive queste poche meste note era unito a Lui da legami fraterni e dalla più schietta ammirazione per il Suo carattere ada mantino, per la Sua squisita bontà, per la dote di un ingegno veramente non comune. L’uomo, il cittadino, lo studioso si fusero sempre nel Suo spirito in una perfetta armonia. La cultura fu per lui vita e non indagine erudita fine a se stessa; nelle discipline storiche, cui particolarmente si dedicò, sembravano placarsi le sottili e vive esigenze di uno spirito ricco di umanità e di gentilezza, che spaziava da signore in ogni campo della cultura. Nella sua conversazione arguta e vivacissima sempre, anche negli ultimi tempi della Sua vita, quando il Suo corpo era martoriato, rifulgeva Fanimo Suo nobilissimo, estraneo ad ogni interesse volgare, sempre innamorato di ogni cosa bella e buona, inteso ad esaltare nelle opere quanto potesse elevare gli spiriti. Docente per molti anni nella Scuola Militare di Modena, illustrata da lui in una poderosa opera, che ancor fa testo, seppe inculcare ai giovani ufficiali in tempo di guerra, quel fuoco sacro d’amor patrio, che dava a Lui la forza di prodigarsi in iniziative tante* nobili quanto aspre. Non mi è qui concesso di illustare la Sua opera di studioso : basti dire che il Suo nome è legato a circa duecento scritti di varia mole ed importanza, ma notevoli tutti per il contributo portato alle discipline storiche, alla letteratura, all’arte, alla biografìa di personaggi, in parti colar modo della Sua Modena. Gli studi non l’estraniavano però dalla vita: egli sedette nel civico Consiglio di Modena e fu assessore dell’istruzione pubblica nell’amministrazione presieduta dal Senatore Pier Luigi San Don-nino; fu membro dell’Opera Pia Formiggini e consigliere delegato I NOSTRI LUTTI 339 fino dalla fondazione dell’Opera Pia Colfì, alla quale seppe infon· dere fiorente vita. Presidente della li. Deputazione di Storia Patria e segretario della li. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, oltre che Direttore del Museo del Risorgimento di Modena, prese iniziative di carattere nazionale e seppe portarle a termine, con plauso di tutti. Ricordo qui soltanto VAedes Muratoriana da lui ideata, che i congressisti della Società Nazionale per la Storia del Risorgimento, riunitisi a Modena nell’ottobre del 1931, ebbero agio di ammirare sotto la Sua guida affabile e sapiente. A Lui si deve pure la compilazione della Miscellanea muratoriana) e l'ultima audacia nella vita degli studi italiani: la creazione di quella Collezione storica del Risorgimento, iniziativa presa in un momento di grave crisi per gli editori nostri, ma ch’Egli seppe imporre all’attenzione della cultura italiana. Fu l'ultima cura degli ultimi due anni della Sua vita: ben cinque volumi in questo breve tempo si pubblicarono sotto la Sua direzione, uno dei quali, Carlo Rossi e i suoi « diari » inediti del 1831, egli dettò, cou la serena sicurezza ch'era — come purtroppo avvenne ! — il suo testamento. Il compito dello scrittore Egli intese come una nobile missione e fu perciò pure pubblicista: diresse per breve tempo la Gazzetta dell'Emilia, della quale fu uno dei più apprezzati collaboratori, collaboro al Corriere della Sera, al Resto del Carlino, al Giornale d'Italia ed alla Gazzetta del Popolo. Di tanto tesoro di mente e di cuore, non resta ora che l'eredita d’affetti; ma essa è ben vasta, come ha dimostrato il cordoglio da cui furono colpiti tutti coloro che a Modena ed in Italia appresero la Sua immatura dipartita. Aveva G2 anni. a. c. Direi fore Responsabile : UBALDO FoRMENTINI s. A. INDUSTRIE POLIGRAFICHE NAVA - BERGAMO - MILANO - GENOVA INDICE ANNO 1952 MEMORIE Vittorio Calettasi, Dai Liguri moderni agli antichi Liguri Pug· 1 Giuseppe Pierucci, Un Condottiero ligure, il Capitan Barba- rossa ........- · . » 31 Ferruccio Sassi, Attività marinare degli Estensi . . » 48 Giacomo Gorrini, L'istruzione elementare in Genova e Liguria durante il Medio Evo....... » 86 Renato Giardblli, Saggio di una bibliografia generale della Corsica.......pagg. 96, 206, 299 Antonio Canepa, Un poeta sanremese dell'ottocento . pag. 177 Luigi Mussi, Una insigne opera d'arte nel Palazzo del Governo di Massa in Lunigiana......» 204 Mario Battistini, Nicolò Paganini nel Belgio nel 1834 . » 191 Mario Battistini, Due lettere di Garibaldi . . . · » -78· Alfredo Obertello, Agostino Ruffini a Edimburgo . . » 257 Andre E. Sa vous. Un contratto di Società nel 1516 . - »271 Mario Pedemonte. Musicisti Liguri....." -SO Evelina Rinaldi, La protesta di un patriota ligure, esule in America^ .........» .. - Xora Cozzolinu, La tiue di una polemica letteraria mazziniana » 2S8 Arturo Codignola, Settarismo... antimazziniano . . - » 295 Rassegna bibliografica.....pagg. 103, 216, 306 Spigolature e Notizie ..... » 1^3, 227, 316 Appunti per una bibliografia mazziniana . » 163, 245, 329 I nostri morti : Giovanni Cane va zzi.....» 338 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA COMITATO DI REDAZIONE; GIUSEPPE PESSAGNO, PIETRO NURKA, VITO A. VITALE La pubblicazione esce sotto gli auspici del Municipio e della Reg ia- Università di Genova e del Municipio della Spezia DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE : G}enoVa, Palazzo Rosso, Vuz C?aribaldi, ίδ CONDIZIONI DI ABBONAMENTO Il Giornale si pubblicò a Genova in fascicoli trimestrali. Ogni fascicolo contiene scritti originali, recensioni, spigolature. notizie ed appunti per una bibliografia Mazziniana ABBONAMENTO ANNUO per Γ Italia L: 30 - per Γ Estero L. 60 Un fascicolo separato Lire 7.òO - Doppio Lire 1 ó